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BIOMECCANICA

• È l’applicazione delle leggi fisiche sul vivente


quindi è lo studio del vivente attraverso le
leggi della MECCANICA
MECCANICA

• È quella parte della fisica che studia la statica e il moto dei corpi
• Viene suddivisa in 3 parti:
– Cinematica (dal greco «chinema» ovvero movimento): studio del
movimento dei corpi senza tener conto delle forze che lo producono. I
concetti di base sono: lo spazio, il tempo, il moto. Le grandezze
fondamentali sono i vettori di posizione, la velocità e l’accelerazione;
– Dinamica (dal greco «dinamis» ovvero forza): studio del movimento in
considerazione delle cause che lo producono. I concetti di base sono:
la forza, la massa, lo spazio, il tempo. I principi della dinamica sono: il
principio di inerzia, la legge fondamentale della dinamica, e il principio
di azione-reazione;
– Statica (dal greco «statos» che significa fermo): studio delle condizioni
per le quali un corpo assoggettato a più forze rimane fermo. Per
questo la statica può essere considerata una condizione particolare
della dinamica.
IL PIEDE
PIEDE

MESOPIEDE RETROPIEDE
AVAMPIEDE
• SCAFOIDE • ASTRAGALO
• METATARSI
• CUBOIDE • CALCAGNO
• FALANGI
• CUNEIFORME

ARTICOLAZIONI DEL PIEDE


TIBIO-TARSICA,
ASTRAGALO-CALCANEARE
MEDIO-TARSICA DI CHOPART
TARSO-METATARSICA DI LISFRANC,
SCAFO-CUBOIDEA,
SCAFO-CUNEIFORME,
METATARSO-FALANGEE
Funzione del piede

• Organo di senso: invia informazioni


riguardanti la superficie di appoggio al sistema
nervoso centrale che, dopo averle elaborate,
pone la struttura podalica in condizione di
introdurre il moto

• Servomeccanismo antigravitario

• Organo di moto
FUNZIONI DEL PIEDE

• STATICA
• DINAMICA
FUNZIONE STATICA DEL PIEDE

• DIPENDE DA:

1.Architettura del piede


2.Strutture propriocettive
3.Biotipo funzionale del soggetto
1) ARCHITETTURA DEL PIEDE IN STATICA

Il piede è costituito da una capriata centrale


(volta plantare) rappresentato dalle ossa
medie del tarso; un appoggio posteriore per lo
scarico di una parte delle forze, il calcagno; un
appoggio anteriore per lo scarico dell’altra
parte delle forze, la paletta metatarsale, il
tutto assemblato da importanti strutture
legamentose, aponeurotiche e muscolari.
L’apice della volta plantare è formata dalle
ossa del medio-piede, ovvero scafoide,
cuneiformi (medialmente) e cuboide
lateralmente. L’apice della volta ha concavità
inferiore ed è solidamente mantenuto da un
contingente legamentoso che integra e
redistribuisce le pressioni che vi giungono.
• L’apice della volta plantare si
articola:
• posteriormente con il
retropiede a livello
dell’interlinea di Chopart: art
astragalo-scafoidea+art.
calcaneo-cuboidea
• Anteriormente con le teste
metatarsali a livello
dell’interlinea di Lisfranc
In carico gravitario

• L’astragalo ha una funzione nella statica di


demoltiplicatore e distributore di forze; è,
infatti, la struttura ossea che riceve il peso
corporeo e lo ripartisce
– Per il 50% sul «tallone posteriore»- sulla tuberosità
posteriore del calcagno,

– Per il 50% sul «tallone anteriore»-


• Per il 35% sul primo metatarso seguendo
l’arco interno;
• Per il 15% sul quinto metatarso seguendo
l’arco esterno
Archi del piede

• Sono 3:

– 1 Anteriore e

– 2 laterali (uno interno e l’altro esterno)


ARCO ANTERIORE
L’arco anteriore passa per le teste delle ossa metatarsali e appoggia:
- medialmente sulla testa del primo metatarso e delle ossa sesamoidi
- Lateralmente sulla testa del V metatarso
La testa del 2° metatarso (secondo alcuni autori del 3° metatarso)
funge da chiave di volta di questo arco.
La concavità inferiore dell’arco anteriore è mantenuta dai legamenti
intermetatarsali e da un solo muscolo, il fascio obliquo (detto anche
fascio trasverso) del muscolo adduttore dell’alluce.
La concavità inferiore dell’arco anteriore si continua dall’avanti
all’indietro coinvolgendo tutta la volta plantare e formando così due
altri archi trasversali più posteriori del primo che passano per i 3
cuneiformi e il cuboide (formano l’arco trasversale medio) e dalla
coppia cuboide-scafoide (arco trasversale posteriore). L’arco
trasversale medio poggia solo a livello del cuboide mentre i cuneiformi
restano sollevati dal terreno. La chiave di volta di questo arco
trasverso è rappresentata dal secondo cuneiforme che, si articola con
il secondo metatarso anteriormente formano l’asse longitudinale del
piede. Questo arco trasverso medio è sostenuto dal tendine del
muscolo peroneo lungo. L’arco trasversale posteriore, passante per la
coppia cuboide-scafoide poggia solo sul cuboide. La concavità inferiore
è mantenuta dalle espansioni plantari del muscolo tibiale posteriore.
ARCO INTERNO
Comprende 5 segmenti ossei che sono dall’avanti a dietro:
• Il primo metatarso che poggia al suolo con la sua testa
• Il primo cuneiforme interamente sospeso
• Lo scafoide, interamente sospeso, che forma la chiave
di volta di questo arco
• Astragalo
• Il calcagno che poggia al suolo con la sua tuberosità
posteriore
La concavità inferiore di questo arco mediale è
mantenuta:
1. Da strutture legamentose quali: legamenti cuneo-
metatarsali, leg. Scafo-cuneiformi, ma soprattutto i VINE CONSIDERATO L’ELEMENTO DINAMICO
legamenti calcaneo-scafoideo (o spring ligament) e il DEL PIEDE IN QUANTO PIU’ ELASTICO DELL’
ARCO ESTERNO GRAZIE ALLA CAPACITA’ DI
legamento astragalo-calcaneale. Riveste inoltre un MOVIMENTO DELL’ASTRAGALO SUL
ruolo importante l’aponeurosi plantare la cui resezione CALCAGNO
riduce la resistenza di questo arco mediale del 25%.
2. Da strutture muscolari intrinseche
3. Da strutture muscolari estrinseche che collegano i
pilastri dell’arco alla gamba
ARCO ESTERNO
• Viene considerato l’elemento statico del piede in
quanto è molto più rigido dell’arco interno al fine di
trasmettere l’impulso motore del tricipite surale. Questa
rigidità si deve al grande legamento calcaneo-cuboideo
plantare con i suoi fasci profondo e superficiale. Alcuni
autori lo indicano come l’elemento statico del piede in
quanto ha la funzione di allargare la base di appoggio
(poligono di sostegno) del corpo.
• Comprende 3 segmenti ossei:
– Il V metatarso, che, a sua volta, con la sua testa,
costituisce il punto di appoggio esterno dell’arco
anteriore
– Il cuboide, sospeso
– Il calcagno
La chiave di volta dell’arco è il cuboide o, per alcuni autori, la
grande apofisi del calcagno dove vengono ad opporsi le forze
provenienti dai pilastri anteriori e posteriori.
I muscoli che attivamente si oppongono alla caduta di questo
arco sono:
– Muscoli intrinseci: opponente del 5° dito
– Muscoli estrinseci: tutti i peronei (lungo, breve,
anteriore e terzo)
ORGANIZZAZIONE NEUROLOGICA
La volta plantare è organizzata in strati muscolari, dotati di
funzione specifica, ma costituenti nell’insieme un sistema
riflesso, sotto la dipendenza del sistema corticale per
resistere alla gravità.

Fascia plantare: subisce l’influenza del sistema cerebellare


per attivazione delle catene muscolari.
Quando è perfettamente innervata si instaura il cammino
fisiologico.
Questo è il motivo per cui il bambino non esegue il transfert
tallone-pianta-punta, e quindi cammina sule punte.

Primo strato, sotto l’influenza del sistema paleocerebellare


sottocorticale, serve a ripartire i carichi.

Le formazioni muscolari mediane permettono l’ortostatismo


Le formazioni muscolari laterali ( m. abd alluce e quinto dito )
favoriscono la dinamica.

Strato medio ( lombricali e quadrato della pianta ) è sotto


l’influenza della corteccia archipalliale rinencefalica per la
componente involontaria e neocerebellare per la volontaria.
Sono detti muscoli emozionali e si rapportano con le
oscillazioni sagittali causate dalla respirazione, attività
pendolare.
Durante l’inspirazione il baricentro si porta
avanti e si attivano lombricali e catena
flessoria che riportano il baricentro indietro
preparando l’espirazione.

L’informazione arriva al muscolo quadrato


della pianta che attiva gli estensori brevi delle
dita e gli altri estensori che lo portano
nuovamente avanti.

Lo strato profondo: collegato al sistema


archicerebellare, responsabile
dell’integrazione dei riflessi muscolari e
labirintici.
Questo strato non interviene durante la
stazione eretta ma solo nella marcia,
nell’appoggio monopodalico e nella corsa.
Sono muscoli connessi con le osssa sesamoidi,
i m. add alluce e flex breve dell’alluce che
permettono di cambiare direzione durante la
corsa
2) Strutture propriocettive
• Il piede è in grado di garantire il mantenimento della statica
grazie ad un appoggio che si modifica in tempo reale,
conseguentemente alle sollecitazioni a cui si trova sottoposto,
portando il carico a gravare maggiormente sull’arco plantare
longitudinale esterno o interno; il carico gravitario può essere
decentrato anche più o meno in avanti, impegnando così anche
l’arco trasversale anteriore.
• A livello dei muscoli del piede si riscontrano 4 tipi di recettori
propriocettivi incapsulati:

– Fusi neuromuscolari, disposti in parallelo rispetto alle miofibrille e


quindi sensibili allo stiramento
– Organi tendinei del Golgi (tendinei), disposti in serie rispetto alle
miofibrille e quindi sensibili alla contrazione muscolare, alla tensione
muscolare in risposta agli stimoli gravitari o a forze esterne
– Barorecettori (corpuscoli di Pacini) sensibili alle variazioni di
pressione
– Chemiorecettori, posti vicino a vasi e nervi che rilevano le variazioni
di circolazione locale
Catena propriocettiva muscolare e legamentosa
della statica eretta
Diversi studi elettromiografici hanno dimostrato che il mantenimento
della statica eretta è possibile solo a condizione che determinate
strutture legamentose e muscolari svolgano appieno il loro ruolo. In
particolare, per quanto riguarda la componente legamentosa, è stato
dimostrato il ruolo essenziale, affinchè la linea di gravità corporea
ricada di poco anteriormente alla pinza bimalleolare :

• del legamento rachideo longitudinale anteriore (che impedisce


eccessi di lordotizzazione lombare)
• Del legamento di Bertin dell’anca (che limita la protrusione della
testa del femore)
• Del piano legamentoso posteriore del ginocchio (che, con la
collaborazione del tricipite surale impedisce il recurvatum)
Tali legamenti agiscono in sinergia con strutture muscolari quali:
• i muscoli suboccipitali
• i muscoli spinali profondi
• Muscolo grande gluteo e tensore della fascia lata per il controllo
antero-posteriore e laterale del bacino
• Soleo, gemelli e muscoli della zampa d’oca per il controllo sul
piano sagittale e frontale del ginocchio
• Muscoli flessori delle dita
3) Biotipo funzionale del soggetto
• Il piede risente, nella sua costituzione e morfologia, della struttura che deve
sostenere e non solo relativamente al peso del soggetto ma anche in funzione del
biotipo del soggetto. Per «biotipo» si intende ad esempio la persona longilinea
astenica, l’atletica, l’obesa (per fare degli esempi estremi).
• Fra le varie deformazioni del piede ve ne sono due particolarmente frequenti: il
piede piatto e il piede cavo.
• Il piede piatto è classicamente considerato conseguenza dell’ipotonia dei muscoli
della statica posturale del piede, muscoli a funzionamento riflesso e non
volontario. A questa caratteristica anatomica si assocerà quasi sempre un
atteggiamento corporeo astenico con scapole posteriori rispetto al sacro e
rachide «afflosciato»
• Il piede cavo è caratterizzato da iperattività nervosa ed ipertonia funzionale dei
muscoli della statica posturale del piede che appaiono più corti del normale. Il
soggetto potrà sembrare «rigido» nella sua globalità con atteggiamento
sostenuto
• In caso di appiattimento della lordosi lombare o eccessiva inversione della curva
lordotica lombare, caratteristica della persona che per atteggiamento
professionale mantiene la posizione seduta per gran parte della giornata, il piede
modificherà progressivamente la sua postura assumendo un atteggiamento di
varo/cavo
Conseguenze delle
deformazioni del piede
FUNZIONE DINAMICA

• In catena cinetica aperta


• In catena cinetica chiusa (deambulazione)
IN ASSENZA DI CARICO
FLESSO- ESTENSIONE ATTORNO ALL’ASSE X
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ROTAZIONI DEL PERONE

La nuova edizione del Kapandji riporta una correzione:

a) In flex dorsale il malleolo peroneale ruota esternamente

b) In estensione, o flex plantare il malleolo peroneale


ruota internamente
LA MORFOLOGIA DELL’ASTRAGALO INDUCE

LA FISIOLOGIA DELLA TIBIO-TARSICA


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ARTICOLAZIONE
SOTTOASTRAGALICA:
articolazione multifunzionale
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COMPLESSO ARTICOLARE DI CAVIGLIA IN ASSENZA DI CARICO GRAVITARIO:
in assenza di carico gravitario l’articolazione sottoastragalica permette
movimenti di pronosupinazione attorno all’asse di Henke i quali, in
associazione ai movimenti della pinza bimalleolare e ai movimenti
della mediotarsica, danno movimenti di inversione ed eversione.
Movimenti del tarso posteriore
MOVIMENTI DI
PRONO-SUPINAZIONE

Supponendo che l’astragalo sia


fermo, durante il movimento di
inversione del piede, la testa del
calcagno si abbassa (flessione
plantare), si porta medialmente
(adduzione) e ruota internamente
(supinazione). Al contrario, in
eversione del piede in scarico, la
testa del calcagno si porta in alto,
all’esterno e ruota lateralmente,
quindi fa una flessione dorsale,
abduzione e pronazione.
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IN PRESENZA DI CARICO
Articolazione sottoastragalica in carico

• in carico l’articolazione sottoastragalica funge da


ripartitore di forze in modo tale che il piede sia pronto a
sollevare il tallone nella prima fase del passo e quindi
possa irrigidirsi sotto l’azione dei muscoli posteriori della
gamba e dei muscoli della pianta del piede. Questa
funzione può svolgersi solo grazie a:
• una buona fisiologia della sottoastragalica e delle
articolazioni con essa confinanti:
• le articolazioni a monte, ovvero l’articolazione tibio-
tarsica, l’articolazione tibio-peroneale distale (che forma
la pinza bimalleolare) e delle loro componenti ossee
• le articolazioni a valle ovvero la mediotarsica e le sue
componenti ossee
In questa immagine vediamo a sinistra
una visione anteriore della caviglia
sinistra con in primo piano la testa
astragalica e calcaneale. A destra un
modellino anatomico che ci fa capire
come la forza di gravità giunga sulla
troclea astragalica provocando la
rotazione interna e l’abbassamento
della testa astragalica in relazione al
calcagno. Come vedremo più avanti,
quando l’astragalo si dirige
internamente, medialmente, attorno
all’asse di Henke, non può che dirigersi
anche anteriormente. L’astragalo
quindi all’arrivo della gravità, si porta
in avanti e all’interno, ovvero si
posiziona antero-interno. Il calcagno,
relativamente all’astragalo resta
postero-esterno.
In fase di rilassamento la forza di All’inizio della fase del passo la
gravità direzionata dalla tibia arriva contrazione del tricipite surale contrasta la
sull’astragalo e da qui si trasferisce in forza di gravità favorendo a livello
parte sul retropiede, in parte sul dell’articolazione sottoastragalica un
mediopiede fino ad arrivare movimento rotatorio tale per cui la testa
all’avampiede. Il piede ha 2 punti di del calcagno si porta in basso e
appoggio: uno sul calcagno e uno sul medialmente mentre la testa
primo metatarso mentre l’arco interno dell’astragalo va in alto e lateralmente
è libero di muoversi. attorno all’asse di Henke.
• Le ossa della sottoastragalica
compiono i loro movimenti
di prono-supinazione
attorno all’asse di Henke che
è detto anche asse biconico
dove i due coni inversi si
incontrano al vertice a livello
del seno del tarso. La teoria
dei coni inversi spiega come
la testa dell’astragalo possa
avanzare quando questo
osso si medializza e si
abbassa.
La testa dell’astragalo ruota attorno all’asse di Henke su un piano perpendicolare
all’asse stesso passante per il vertice dei due coni inversi, quindi sul seno del
tarso. Il piano perpendicolare all’asse è obliquo e questo porta la testa ad
avanzare quando si abbassa.
E la faccetta calcaneo-cuboidea?...

• La faccetta articolare
calcaneo-cuboidea,
ruotando sullo stesso
asse sottoastragalico,
ruota anch’essa, in
sede medio tarsica, su
un piano parallelo a
quello della testa
astragalica.
Il complesso sottoastragalico agisce come un sistema
di trasmissione della forza dal retropiede alla
mediotarsica
La funzione in carico della sottoastragalica (o subtalare) è connessa alla
contrazione del tricipite surale, ma, poiché il tricipite surale si inserisce
nella tuberosità posteriore del calcagno e che questo muscolo contrasta la
forza reattiva di gravità attraverso la tibia, la sua contrazione genera un
movimento rotatorio di prono-supinazione del calcagno trascinando la
grande tuberosità del calcagno verso il perone.
ANALISI DEL PASSO
RUOLO DEL SEGMENTO PIEDE
DURANTE IL PASSO

Il piede partecipa al ciclo del passo attraverso l’alternanza tra una fase di rilassamento in cui il piede prende
contatto con il terreno in fase di appoggio sotto l’effetto della gravità e una fase di irrigidimento che
prepara il piede a staccarsi dal suolo e quindi alla fase di propulsione del corpo in avanti. Per comprendere
come si muove il piede durante il passo occorre analizzare la biomeccanica del retropiede, del mediopiede
e dell’avampiede durante le fasi di rilassamento e di irrigidimento e durante la fase propulsiva.
FASE DI RILASSAMENTO DEL PIEDE
• QUESTA FASE CORRISPONDE AL PERIODO
FILOGRAVITARIO E SI ESPLETA DURANTE LA
FASE DI CONTATTO E PARTE DI QUELLA DI
APPOGGIO DEL PASSO

FASE DI IRRIGIDIMENTO DEL PIEDE


• QUESTA FASE CORRISPONDE AL PERIODO
ANTIGRAVITARIO E SI ESPLETA DURANTE LA
2° FASE DI APPOGGIO DEL PASSO E QUELLA
DI PROPULSIONE.
ARTICOLAZIONE TIBIOTARSICA E
SOTTOASTRAGALICA

• In fase di rilassamento la tibia


ruota medialmente, l’astragalo
intraruota, supina e si abbassa
(flessione plantare); il calcagno
prona e si porta postero-
esterno, lateralmente
all’astragalo.
• Questa rotazione inversa
astragalo-calcaneale porta
l’articolazione di Chopart
in pronazione dando inizio
allo svolgimento dell’elica
che rappresenta il
movimento della
mediotarsica.
ARTICOLAZIONE TIBIOTARSICA E
SOTTOASTRAGALICA

• In fase di irrigidimento il
calcagno, sotto l’azione del
tricipite surale, si porta con la
testa in avanti-mediale-basso,
ruotando al di sotto
dell’astragalo e attorno all’asse
di Henke; l’astragalo si porta
relativamente al contrario e
trascina con sé la tibia in
rotazione esterna
ARTICOLAZIONE MEDIOTARSICA
effettua un movimento elicoidale

• L’articolazione
mediotarsica, composta
dai metatarsi, dallo
scafoide, dal cuboide e
dai 3 cuneiformi effettua
un biomeccanismo a
moto elicoidale. Durante
la fase di rilassamento
del piede, l’elica del
biomeccanismo a moto
elicoidale si svolge
ARTICOLAZIONE MEDIOTARSICA

• In fase di irrigidimento la
testa calcaneale scende e si
porta antero-interna
rispetto all’asse di Henke.
Al contrario l’astragalo sale
e si porta all’esterno e
posteriore rispetto al
calcagno. Questi due
movimenti contrapposti
portano verso l’alto e in
supinazione l’articolazione
di Chopart andando a
tendere l’elica del
movimento mediotarsico.
IN QUESTA FASE TUTTE LE PICCOLE
ARTICOLAZIONI DEL PIEDE SI COMPATTANO TRA
LORO IRRIGIDENDO TUTTO L’AVAMPIEDE
IL COMPATTAMENTO E L’IRRIGIDIMENTO
DELL’AVAMPIEDE AVVENGONO PER:

– UN MOTIVO STRUTTURALE
– UN MOTIVO FUNZIONALE
MOTIVO
STRUTTURALE

TUTTI GLI ELEMENTI OSSEI CHE


COMPONGONO IL MECCANISMO AD
ELICA SONO DISPOSTI (CON LE PROPRIE
FACCETTE ARTICOLARI) OBLIQUAMENTE
RISPETTO AL PROPRIO ASSE DI
ROTAZIONE.
MOTIVO FUNZIONALE

La coattazione dei vari


segmenti ossei è dovuta
all’effetto torsionale
Durante la torsione di
strutture le cui superfici
articolari sono oblique
rispetto all’asse di
rotazione, si genera una
compattazione indotta
dalle strutture
legamentose che entrano
in tensione.
FASE PROPULSIVA DEL PASSO

• In fase propulsiva il
tricipite surale solleva il
calcagno insieme a tutto il
corpo creando così una
forza reattiva (g ) applicata
sulla testa del secondo
metatarso che irrigidisce
l’elica del moto elicoidale
della mediotarsica.
• L’articolazione più
importante per il
corretto svolgimento
della fase propulsiva del
passo è l’articolazione
cuboidea-3°cuneiforme
(artodia).
• L’artrodia cuboidea-3° cuneiforme funge
da fulcro attorno al quale si sviluppa il
movimento dell’elemento dinamico del
piede formato dallo scafoide, dai 3
cuneiformi e dai primi 3 metatarsi i quali,
uniti insieme, si comportano come una
leva di primo grado svantaggiosa
In cui il braccio della Potenza è più corto di quello della Resistenza.
Infatti la Potenza è esercitata dall’azione della rotazione della testa astragalica
attorno all’asse di Henke sotto l’effetto del tricipite surale (che induce il
movimento del calcagno) e il peroneo lungo (che porta la base del primo
mentatarso e del primo cuneiforme verso l’alto mentre la testa del primo
metatarso (solidale con il secondo e terzo metatarso) fa punto fisso al suolo
(punto di applicazione della Resistenza.
• Quando il peroneo lungo, con la sua
inserzione sulla base del primo
metatarso e sul primo cuneiforme,
si contrae rende vantaggiosa la leva
portando con energia verso il basso
le prime 3 teste metatarsali e in alto
il segmento osseo rappresentato da
cuneiformi e scafoide come se
questo eseguisse una flessione
plantare. In tal modo le teste
metatarsali vengono ancora più a
contatto col terreno al quale si
adattano grazie alle artrodie del
mesopiede. Questo movimento si
espleta su un fulcro a livello del
quale passa l’asse dell’articolazione
cuboidea-3°cuneiforme
• In fase di rilassamento del
piede, invece, il peroneo lungo
effettua una contrazione
eccentrica per favorire la
discesa a terra della volta
plantare indotta dalla forza di
gravità che dalla tibia viene
trasmessa all’astragalo (e da
qui all’avampiede e al
retropiede).
• Permette quindi di controllare
che l’appoggio a terra del piede
sia progressivo e sicuro.
PARTICOLARITA’
DELL’ARTICOLAZIONE CUBOIDEA-
3°CUNEIFORME
• L’articolazione tra cuboide e 3°
cuneiforme è un’articolazione
non molto studiata ma
estremamente importante in
quanto è l’unica articolazione a
collegare l’elemento statico con
l’elemento dinamico del piede,
oltre al legamento «a siepe» o
intraosseo presente nel seno del
tarso che rende solidali
l’astragalo col calcagno.
L’articolazione cuboidea-3° cuneiforme consente movimenti
di flesso-estensione del piede astragalico (elemento
dinamico del piede formato da scafoide, 3 cuneiformi e primi
3 metatarsi) rispetto al piede statico (cuboide e ultimi due
metatarsi) attorno all’asse passante per questa importante
articolazione.
Tenuto conto, però, che durante la deambulazione, le teste
metatarsali appoggiano a terra e che quindi non possono
muoversi liberamente in flesso-estensione, si evince che nel
momento in cui le teste metatarsali fanno punto fisso al suolo,
l’unico segmento che può muoversi (verso l’alto durante la fase
di irrigidimento del piede e verso il basso durante la fase di
rilassamento) è il segmento mediotarsico
Durante la fase di irrigidimento del piede
l’articolazione cuboide-3°cuneiforme si
apre e permette le rotazioni del piede
astragalico rispetto a quello calcaneale.
Ricordiamo invece che, al contrario, nello
stesso momento, le artrodie mediotarsiche
(con le loro superfici articolari oblique
rispetto ai loro assi di rotazione) si
compattano in modo che il piede
astragalico funga da corpo unico.
Durante la fase di rilassamento
l’articolazione si chiude e si compatta
comportandosi come una «fine corsa».
Quando l’astragalo si porta postero-esterno rispetto al
calcagno per tendere l’elica della mediotarsica l’avampiede si
irrigidisce e il complesso dinamico del piede, formato da
scafoide, i 3 cuneiformi e i primi 3 metatarsi ruota attorno a un
asse passante per l’articolazione tra cuboide e il 3 cuneiforme
LE TECNICHE DIRETTE ( HVLA )
• PER LA LORO EFFICACIA ESIGONO IL RISPETTO DEI PRESUPPOSTI HVLA

• È NECESSARIA UN’OTTIMA CONOSCENZA ANATOMICA PALPATORIA, AL FINE DI:

- PRENDERE CONTATTO CON LE GIUSTE STRUTTURE OSSEE


- RICONOSCERE LE INSERZIONI TENDINEE, IL DECORSO E L’AZIONE DEI VARI MUSCOLI PER
SAPER STRUTTURARE UN CORRETTO RAGIONAMENTO OSTEOPATICO
- SAPER ADATTARE LA NOSTRA MANUALITA’ AD OGNI SINGOLO PAZIENTE, PER FAVORIRE IL
RILASSAMENTO E DIMINUIRE LA QUANTITA’ DI FORZA DA UTILIZZARE NELLA TECNICA
STESSA

• VENGONO PER LA MAGGIOR PARTE UTILIZZATE DOPO AVER ESEGUITO UN BUON LAVORO
DI RIEQUILIBRIO MUSCOLARE, FASCIALE, CAPSULO-LEGAMENTOSO E RIARTICOLATORIO

• PERMETTONO DI RECUPERARE LA MOBILITA’ E DI REINFORMARE IL SISTEMA

• LE DISFUNZIONI VERRANNO NOMINATE SEMPRE CONSIDERANDO L’OSSO PIU’ DISTALE


RISPETTO AL PROSSIMALE, E IN BASE AL MOVIMENTO FACILITATO
CONCETTI ANATOMICI GENERALI DEL PIEDE
IL PIEDE SI MUOVE SU PIU’ ASSI:

ASSE BIMALLEOLARE
Asse obliquo in basso, in dietro e all’infuori che prende d’infilata i due malleoli.
Su questo asse avvengono nella tibio-tarsica movimenti di dorsiflessione 20° e flessione
plantare 40°
I movimenti avvengono su un piano 15° inclinato rispetto al piano frontale.

ASSE VERTICALE ( longitudinale alla tibia)


Avvengono movimenti di abd (in fuori) e add (verso la mediana) di circa 5°/10°

ASSE SAGITTALE
Passa per il 2° dito, 2°-3° metatarso, interlinea scafo-cuboidea, bordo esterno del collo
astragalico, spazio intermalleolare.
Si svolgono movimenti di rotazione interna 50° (faccia plantare guarda medialmente ) e
esterna 25°/30°( faccia plantare guarda esternamente).
Movimenti essenzialmnte a carico dell’interlinea di Chopart e Lisfranc.
DAL PUNTO DI VISTA FUNZIONALE L’UNIONE DEI SINGOLI
MOVIMENTI ANDRA’ A CARATTERIZZARE LA CINETICA DEL PIEDE IN
DUE GRANDI MOVIMENTI

• INVERSIONE ----------------àINVERSIONE: FLEX PLANTARE, ADDUZIONE,


SUPINAZIONE

• EVERSIONE ----------------à EVERSIONE: FLEX DORSALE, ABDUZIONE, PRONAZIONE


ANATOMIA
CATENA LEGAMENTOSA D'INVERSIONE

LA CATENA LEGAMENTOSA D'INVERSIONE E' IL SOLO


LIMITE DI QUESTO MOVIMENTO

LA LINEA DI TENSIONE PRINCIPALE PARTE DAL


MALLEOLO LATERALE
è SEGUE IL FASCIO ANT. L.L.E. TIBIO TARSICO

SI RADDOPPIA VERSO IL CALCAGNO ED IL CUBOIDE


ATRAVERSO:
è LEGAMENTI INTEROSSEI (SOTTOASTRAGALICA)

è LEG.CHOPART (FASCIO CALCANEO-CUBOIDEO)

è LEG.CALCANEO CUBOIDEO SUPERO-EXT

è LEG.CALCANEO CUBIDEO PLANTARE

è LEG.CHOPART (FASCIO SCAFOIDEO)

DALL'ASTRAGALO LA TENSIONE SI TRASMETTE ALLO


SCAFOIDE CON LEG. ASTRAGALO SCAFOIDEO DORS.

LA LINEA DI TENSIONE ACCESSORIA PARTE DAL


MALLEOLO MEDIALE
è FASCIO POST. L.L.I. TIBIO-TARSICO

è LEG. ASTAGALO-CALCANARE POSTERIORE


MOVIMENTI TARSO POSTERIORE

INVERSIONE:
è IL TIBIALE POST.TIRA LO SCAFOIDE SCOPRE LA PARTE

SUPERO EST. DELLA TESTA DELL'ASTRAGALO


è LO SCAFOIDE TRASCINA IL CUBOIDE (LEG. SCAFO-

CUBOIDEI)
è IL CUBOIDE TRASCINA IL CALCAGNO CHE SI PORTA

AVANTI SOTTO L'ASTRAGALO


è IL SENO DEL TARSO SI APRE AL MASSIMO (TENSIONE

LEG. INTEROSSEO)
è IL TALAMO RIMANE SCOPERTO ANTERO-

POSTERIORMENTE E L'INTERLINEAASTRAGALO-
CALCANEARE SI APRE

IN CONCLUSIONE LA COPPIA SCAF.-CUB. VIENE ATTI-


RATA IN DENTRO CON LA CONSEGUENZA CHE L'AVAM-
PIEDE VIENE PORTATO IN AVANTI E IN DENTRO
LA COPPIA (ASSE ANTERO-POST. PER LEG.CHOPART)
RUOTA CON INNALZAMENTO DELLO SCAFOIDE ED
ABBASSAMENTO DEL CUBOIDE = SUPINAZIONE
CATENA LEGAMENTOSA D'EVERSIONE
LA CATENA LEGAMENTOSA DI EVERSIONE
COMPRENDE:

LA CATENA DI TENSIONE PRINCIPALE CHE PARTE


DAL MALLEOLO INTERNO:
è FASCI ANTERIORI DEL L.L.I. DELLA TIBIO TARSICA

è LEGAMENTO DELTOIDEO E LEG. GLENOIDEO

(PIANO SUPERFICIALE)
è FASCIO TIBIO ASTRAGALICO E LEG. INTEROSSEI

(PIANO PROFONDO)
è LEGAMENTO CHOPART PER CALCAGNO, CUBOIDE

E SCAFOIDE
è LEG.CALCANEO CUBIIDEO PLANTARE

LA LINEA DI TENSIONE ACCESSORIA:


è FASCIO POSTERIORE DEL L.L.E. TIBIO TARSICO

è LEG. ASTRAGALO CALCANEARE ESTERNO

è FASCIO MEDIO L.L.E.


MOVIMENTI TARSO POSTERIORE
EVERSIONE
è IL PERONEO LATERALE BREVE (5° META) TIRA IL

CUBOIDE IN FUORI E INDIETRO


è IL CUBOIDE TRASCINA LO SCAFOIDE CHE SCOPRE

LA PARTE SUPERO-INTERNA DELLA TESTA DELL'


ASTRAGALO
è TRAZIONA IL CALCAGNO CHE SI AFFONDA SOTTO

L'ASTRAGALO
è IL SENO DEL TARSO SI CHIUDE

è LA PARTE POSTERO-SUPERIORE DEL TALAMO E'

SCOPERTA

IN CONCLUSIONE LA COPPIA SCFOIDE-CUBOIDE


VIENE TIRATA IN FUORI CON L'AVAMPIEDE CHE E'
TRASCINATO IN AVANTI ED IN FUORI
CONTEMPORANEAMENTE RUOTA SU SE STESSA
CON ABBASSARSI DELLO SCAFOIDE E INNALZ DEL
CUBOIDE = PRONAZIONE
IN CARICO GRAVITARIO LA FORZA PESO SI RIFLETTERA’ PER:
• 50% TUBEROSITA’ POSTERIORE DEL CALCAGNO

• 35% PRIMO METATARSO seguendo arco interno

• 15% QUINTO METATARSO seguendo arco esterno

Partendo da questo presupposto, tutto ciò che altera questo equilibrio fisiologico può
essere motivo di istaurazione di una disfunzione, sia adattativa che causativa.
ARTICOLAZIONE TIBIO-PERONEALE DISTALE
PER VALUTARE QUESTA ARTICOLAZIONE ANDIAMO A TESTARE I MOVIMENTI DEL MALLEOLO
PERONEALE IN RAPPORTO ALLA TIBIA.

POSSIAMO TROVARLO IN POSTERIORITA’ O IN ANTERIORITA’.

OVVIAMENTE FAREMO UN CONFRONTO BILATERALE.

NELLA TRASLAZIONE ANTERO-POSTERIORE DOBBIAMO RICORDARCI DELL’ORIENTAMENTO


DELLE DUE SUPERFICI ARTICOLARI.

SE RISCONTRIAMO UNA IPOMOBILITA’ DEL PERONE ANDIAMO A VALUTARLO ANCHE A


LIVELLO PROSSIMALE, PER VERIFICARE SE CI TROVIAMO DI FRONTE AD UNA QUALSIASI
PROBLEMATICA ASCENDENTE O DISCENDENTE.
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DURANTE LA FLESSIONE DELLA
CAVIGLIA:
1. Il malleolo esterno si allontana
dall'Interno.
2. Contemporaneamente si alza
leggermente, mentre le fibre dei leg.
Peroneo-tibiali e la memb. Interossea si
orizzontalizzano
3. Ruota in rotazione interna

DURANTE L'ESTENSIONE AVVIENE


L'INCONTRARIO:
1. Il malleolo esterno si avvicina
all'interno in modo attivo (Tibiale post.)
2. Si sposta verso il basso e si
verticalizzano le fibre dei legamenti
3. Rotazione ext. malleolo
ROTAZIONI DEL PERONE

La nuova edizione del Kapandji riporta una correzione:

a) In flex dorsale il perone ruota esternamente

b) In estensione, o flex plantare il perone ruota


internamente
TEST PERONE DISTALE

POSIZIONE PAZIENTE: A) supino, arto flesso a 90°, piede in appoggio sul lettino
B) supino, arto esteso.

POSIZIONE OPERATORE: A) seduto in fondo al lettino di lato al paziente


B) in fondo al lettino
OPERATIVITA’
A) la mano interna stabilizza la tibia, quella esterna pinza il malleolo peroneale ed esegue
delle traslazione antero-posteriori per valutare la direzione facilitata.
B) La mano interna stabilizza medialmente la caviglia, con quella esterna pinza il malleolo ed
esegue delle traslazioni antero posteriori
In entrambi i test se è facilitato il movimento in anteriorità sarà una disfunzione in anteriorità
del perone e viceversa.

A B
MALLEOLO PERONEALE IN ANTERIORITA’ tecnica diretta 1° tecnica

POSIZIONE PAZIENTE: disteso supino arto esteso


POSIZIONE OPERATORE: In fondo al lettino
OPERATIVITA’: la mano mediale stabilizza internamente con le dita la caviglia posizionando
l’arco pollice indice sul collo piede del paziente; il primo dito entra in appoggio anteriormente
sulla testa peroneale.
L’altra mano afferra posteriormente il calcagno fino ad appoggiare l’eminenza tenar sulla
falange distale del primo dito della mano mediale.
Si arriva a barriera e si esegue un thrust combinato con entrambe le mani a spingere
posteriormente il malleolo esterno.
MALLEOLO PERONEALE IN ANTERIORITA’ tecnica diretta 2° tecnica

POSIZIONE PAZIENTE: disteso supino arto esteso


POSIZIONE OPERATORE: In fondo al lettino
OPERATIVITA’: le mani prendono il piede medialmente con i pollici che si posizionano sulla
parte anteriore del malleolo esterno; oppure una mano tiene il piede e l’altra col tallone si
posiziona sulla parte anteriore del malleolo.
Si esegue una spinta sul malleolo in posteriorità seguita da piccoli thrust
MALLEOLO PERONEALE IN POSTERIORITA’ tecnica diretta 1° tecnica

POSIZIONE PAZIENTE: disteso prono arto esteso, piede fuori dal lettino
POSIZIONE OPERATORE: In fondo al lettino
OPERATIVITA’: la mano mediale stabilizza internamente con le dita la caviglia posizionando il
primo dito posteriormente sulla testa peroneale.
L’altra mano afferra anteriormente il collo piede fino ad appoggiare l’eminenza tenar sulla
falange distale del primo dito della mano mediale.
Si arriva a barriera e si esegue un thrust combinato con entrambe le mani a spingere
anteriormente il malleolo esterno.
TIBIA
IMPORTANTE

Poiché a livello dell’arto inferiore verrà definito sempre in lesione il segmento distale
rispetto al segmento prossimale, a livello della tibio-tarsica descriveremo le lesioni
dell’astragalo e non della tibia.

TIBIA POSTERIORE : PARLEREMO DI ASTRAGALO IN ANTERIORITA’

TIBIA ANTERIORE : PARLEREMO DI ASTRAGALO IN POSTERIORITA’

Esistono comunque delle tecniche dirette che possiamo utilizzare se ne abbiamo la


necessita’.
TIBIA IN ANTERIORITA’ tecnica diretta

POSIZIONE PAZIENTE: disteso supino, arto esteso


POSIZIONE OPERATORE: di lato al lettino
OPERATIVITA’: la mano caudale prende il piede e ingloba il tallone portando una flessione
dorsale fino ad impegnare l’astragalo.
La mano craniale afferra la tibia anteriormente, ricerca la barriera e induce un thrust in
direzione del lettino, portando la tibia in posteriorità.
TIBIA IN POSTERIORITA’ tecnica diretta

POSIZIONE PAZIENTE: disteso supino, arto esteso


POSIZIONE OPERATORE: di lato al lettino
OPERATIVITA’: la mano caudale prende il piede dorsalmente con l’arco pollice-indice a livello
dell’astragalo, dita in controappoggio sulla pianta.
Stabilizza globalmente il piede in lieve flex dorsale impegnando l’astragalo.
La mano craniale afferra la tibia.
La mano craniale ricerca la barriera portando in traslazione anteriore la tibia e induce un
thrust in direzione anteriore, portando la tibia in anteriorità.
ASTRAGALO
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ASTRAGALO
2 MOVIMENTI RISPETTO AL CALCAGNO E AL MORTAIO TIBIO-PERONEALE:

• ANTERO/INTERNO

• POSTERO/ESTERNO
TEST ASTRAGALO ANTERO/INTERNO

POSIZIONE PAZIENTE: supino, arti distesi


POSIZIONE OSTEOPATA: in fondo al lettino
POSIZIONE MANI: la mano esterna fisso il
calcagno, quella interna avvolge il piede
fino a inglobare l’astragalo.
AZIONE: stabilizzando il calcagno, si valuta
il movimento dell’astragalo che viene
portato con la mano mediale
postero/esterno.
Se non va rispetto al controlaterale è in
disfunzione Antero/interna
TEST VISIVO
Si può incrociare il test con un test
visivo: porto il piede in eversione e
valuto la fuoriuscita della testa
dell’astragalo medialmente. Se non
ritorna in neutro confermo la
disfunzione antero/interna

IN RAPPORTO ALLA TIBIA


Al test di flex/est del piede si
evidenzierà una maggior estensione (
flex plantare) e una minor flex dorsale
rispetto al controlaterale
TEST DI TRASLAZIONE POSTERIORE DELLA TIBIA SULL’ASTRAGALO
bilateralmente
POSIZIONE DEL PAZIENTE: disteso arto da testare flesso
POSIZIONE DELL’OPERATORE: in fondo al lettino
POSIZIONE MANI: una mano afferra calcagno e astragalo e fa punto fisso. L’altra afferra la
tibia anteriormente e distalmente
AZIONE: la mano sulla tibia induce una spinta antero-posteriore su un piano saggitale.
Se la tibia posteriorizza maggiormente rispetto alla controlaterale avremo un astragalo in
anteriorità
ASTRAGALO IN ANTERIORITA’ O ANTERO-INTERNO
TECNICA DIRETTA 1
POSIZIONE PAZIENTE: supino, arto da trattare esteso

POSIZIONE OPERATORE: in piedi in fondo al lettino

OPERATIVITA’: l’operatore circonda con le mani il piede del paziente contattando l’astragalo
con quarto o quinto dito, pollici sulla pianta.
Si cerca la barriera portando il piede in dorsiflessione e trazione longitudinale, poi si esegue
un thrust sull’asse longitudinale stesso.
ASTRAGALO IN ANTERIORITA’ O ANTERO-INTERNO
TECNICA DIRETTA 2
POSIZIONE PAZIENTE: supino, arto da trattare esteso

POSIZIONE OPERATORE: seduto in fondo al lettino

OPERATIVITA’: l’operatore prende con la mano esterna il tallone del paziente e con la mano
interna abbraccia il piede medialmente contattando l’astragalo, pollice sulla pianta.
Si cerca la barriera portando il piede in lieve inversione e si esegue un thrust spingendo con la
mano mediale l’astragalo in postero-lateralità combinato a una caduta del piede sul lettino.

1 2
TEST ASTRAGALO POSTERO/ESTERNO

POSIZIONE PAZIENTE: supino, arti distesi


POSIZIONE OSTEOPATA: in fondo al lettino
POSIZIONE MANI: la mano mediale fisso il
calcagno, quella esterna avvolge il piede fino
a inglobare l’astragalo

AZIONE: stabilizzando il calcagno, si valuta il


movimento dell’astragalo che viene portato
antero/interno. Se non va rispetto al
controlaterale è in disf. Postero/esterna
TEST VISIVO
Si può incrociare il test con un test visivo:
porto il piede in inversione e valuto la
fuoriuscita della testa dell’astragalo
lateralmente.
Se non ritorna in neutro confermo la
disfunzione postero/esterna

IN RAPPORTO ALLA TIBIA


Al test di flex/est del piede si evidenzierà
una maggior flessione ( flex dorsale) e una
minor estensione (flex plantare) rispetto al
controlaterale
TEST DI TRASLAZIONE ANTERIORE DELLA TIBIA SULL’ASTRAGALO
bilateralmente
POSIZIONE DEL PAZIENTE: disteso arto da testare flesso
POSIZIONE DELL’OPERATORE: in fondo al lettino
POSIZIONE MANI: una mano afferra calcagno e astragalo e fa punto fisso. L’altra afferra la
tibia posteriormente e distalmente
AZIONE: la mano sulla tibia induce una spinta postero-anteriore su un piano sagittale.
Se la tibia anteriorizza maggiormente rispetto alla controlaterale avremo un astragalo in
posteriorità
ASTRAGALO IN POSTERIORITA’ O POSTERO-ESTERNO
TECNICA DIRETTA 1
POSIZIONE PAZIENTE: supino, arto da trattare esteso

POSIZIONE OPERATORE: in piedi in fondo al lettino

OPERATIVITA’: l’operatore circonda con le mani il piede del paziente contattando l’astragalo
con quarto o quinto dito, pollici sulla pianta.
Si cerca la barriera portando il piede in flex plantare e trazione longitudinale, poi si esegue
un thrust sull’asse longitudinale stesso.
ASTRAGALO IN POSTERIORITA’ O POSTERO-ESTERNO
TECNICA DIRETTA 2
POSIZIONE PAZIENTE: supino, arto da trattare esteso

POSIZIONE OPERATORE: seduto in fondo al lettino

OPERATIVITA’: l’operatore stabilizza con la mano interna il tallone del paziente e con la mano
esterna abbraccia il piede esternamente contattando l’astragalo.
Si cerca la barriera portando il piede in lieve eversione e si esegue un thrust spingendo con la
mano esterna l’astragalo in antero-medialità combinando una caduta del piede sul lettino.

1 2
CALCAGNO
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CALCAGNO

LE DISFUNZIONI CHE INTERESSANO IL CALCAGNO SONO:

• CALCAGNO POSTERO/ESTERNO

• CALCAGNO ANTERO/INTERNO

• CALCAGNO ANTIVERSO/RETROVERSO
TEST CALCAGNO ANTERO/INTERNO E POSTERO/ESTERNO

POSIZIONE DEL PAZIENTE: decubito supino

POSIZIONE DELL’OPERATORE: seduto o in piedi ai piedi del paziente

OPERATIVITA’ : con la mano interna si abbraccia dorsalmente il piede portando il 5° dito a


contatto con il collo dell’astragalo, pollice alla base dei metatarsi.
La mano esterna afferra e sorregge dal basso il tallone.
Mantenendo i gomiti in asse si decoatta l’astragalo dal calcagno e mantenendo saldamente la
presa si porta il calcagno in:

EVERSIONE POSTERO/ESTERNO sollevando i gomiti

INVERSIONE ANTERO INTERNO abbassando i gomiti

L’astragalo esegue il movimento opposto


TECNICA CALCAGNO ANTERO-INTERNO O IN INVERSIONE
POSIZIONE PAZIENTE: disteso supino arto esteso
POSIZIONE OPERATORE: In fondo al lettino seduto o in piedi.
OPERATIVITA’: l’operatore mantiene la stessa posizione del test.
Le tecniche correttive saranno riarticolatorie: si stabilizza l’astragalo e si ESAGERA il
movimento di EVERSIONE del calcagno (postero/esterno) fino ad ottenere una buona
mobilità.
Alla fine della tecnica si può tentare un thrust: mantenendo saldamente la presa sulla
barriera d’eversione, si alzano velocemente entrambi i gomiti.
TECNICA CALCAGNO POSTERO-ESTERNO O IN EVERSIONE
POSIZIONE PAZIENTE: disteso supino arto esteso
POSIZIONE OPERATORE: In fondo al lettino, seduto o in piedi
OPERATIVITA’: l’operatore mantiene la stessa posizione del test.
Le tecniche correttive saranno riarticolatorie: si stabilizza l’astragalo e si ESAGERA il
movimento di INVERSIONE del calcagno (antero/interno) fino ad ottenere una buona
mobilità.
Alla fine della tecnica si può tentare un thrust: mantenendo saldamente la presa sulla
barriera d’inversione, si abbassano velocemente entrambi i gomiti.
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TEST CALCAGNO IN ANTIVERSIONE
E RETROVERSIONE
POSIZIONE PAZIENTE: decubito supino, calcagno fuori
dal lettino
POSIZIONE OPERATORE: In fondo al lettino in affondo
IMPORTANTE
cefalico.
OPERATIVITA’: la mano cefalica blocca il collo
del’astragalo con l’arco pollice-indice, e stabilizza la
pinza bimalleolare sul lettino con il resto della mano. Il
gomito caudale è in appoggio sulla goscia
dell’operatore e impugna con la mano il calcagno sulla
sua faccia plantare.
Si esegue una compressione per detendere il legamento
interosseo, dopodichè si inducono sul calcagno dei
movimenti di antiversione e retroversione sul piano
sagittale.
Apprezzeremo dei piccoli movimenti guidati dalla
respirazione dell’operatore, come se fosse il torace ad
indurli.
Valuto bilateralmente.
TECNICA RIARTICOLATORIA CALCAGNO IN ANTIVERSIONE E
RETROVERSIONE
POSIZIONE PAZIENTE: decubito supino, calcagno fuori dal
lettino
POSIZIONE OPERATORE: In fondo al lettino in affondo
cefalico.
OPERATIVITA’: la mano cefalica blocca il collo del’astragalo
con l’arco pollice-indice e comprime la pinza bimalleolare
stabilizzandola sul lettino con il resto della mano.
Il gomito caudale è in appoggio sulla coscia dell’operatore e
impugna con la mano il calcagno sulla sua faccia plantare.
Si esegue una compressione per detendere il legamento
interosseo, dopodichè si inducono sul calcagno i movimenti
di correzione sul piano sagittale in antiversione se è
retroverso e viceversa.
Apprezzeremo dei piccoli movimenti guidati dalla
respirazione dell’operatore, come se fosse il torace ad
indurli.
Ripetere più volte fino a correzione.
TECNICA RIARTICOLATORIA CALCAGNO IN ANTIVERSIONE

POSIZIONE PAZIENTE: decubito supino,


piede fuori dal lettino
POSIZIONE OPERATORE: In fondo al lettino,
di spalle al paziente, seduto sulla gamba da
trattare.
OPERATIVITA’: l’operatore con i talloni della
mano impugna il calcagno sulle facce
laterali, incrociando le dita per regolare e
stabilizzare la presa. I gomiti sono
mantenuti in linea.
Utilizzando il tronco induce dei movimenti
sui parametri di correzione ( trazione verso
il suolo e rotazione posteriore ), fino a
liberazione.
Si può completare la tecnica con un thrust
verso il basso per mezzo di una brusca
contrazione dei tricipiti.
TECNICA RIARTICOLATORIA CALCAGNO IN RETROVERSIONE
POSIZIONE PAZIENTE: decubito prono, piede
fuori dal lettino.
POSIZIONE OPERATORE: di fianco al paziente, dal
lato della lesione in affondo distale.
OPERATIVITA’: la mano interna blocca la tibio-
tarsica con l’arco pollice-indice e comprime la
pinza bimalleolare per serrare l’astragalo.
Stabilizza il tutto sul lettino con il resto della
mano.
La mano esterna impugna il calcagno nella sua
porzione posteriore.
Con i gomiti tesi, utilizzando il proprio peso,
l’operatore induce dei movimenti di correzione
sul piano sagittale portando una graduale
anteriorizzazione del calcagno.
Ripetere più volte fino a correzione.
Si può completare la tecnica con un thrust sui
parametri di correzione.
LAVORO RIARTICOLATORIO SULL’INTERLINEA DI CHOPARD E
LISFRANC
INTERLINEA DI CHOPARD
POSIZIONE PAZIENTE: decubito prono, arto inferiore flesso.
POSIZIONE OPERATORE: di fianco al lettino, dal lato da
trattare.
OPERATIVITA’: la mano caudale ingloba calcagno e astragalo e
fa punto fisso, la mano craniale ingloba cuboide e scafoide.
L’operatore esegue una decoattazione per liberare il piano
articolare e induce una lieve flex dorsale per impegnare
l’astragalo nel mortaio.
A questo punto si testano con la mano distale i mov di RE-RI
combinati a movimenti di ABD-ADD.
Si valuta il senso facilitato e si corregge invertendo i
parametri.
Si ripete più volte
Possiamo anche seguire la cinetica fasciale fino a
normalizzazione.

SPESSO LA CAUSA DI INSUCCESSO NEL TRATTAMENTO DELLE


DISFUNZIONI DEL PIEDE TROVA LA SUA CHIAVE IN QUESTA
INTERLINEA ARTICOLARE.
INTERLINEA DI LISFRANC
POSIZIONE PAZIENTE: decubito supino, arto inferiore
flesso.
POSIZIONE OPERATORE: di fianco al lettino, dal lato
da trattare.
OPERATIVITA’: la mano caudale ingloba le tre ossa
cuneiformi e il cuboide, la mano craniale ingloba i
metatarsi fino alla base.
L’operatore esegue una decoattazione per liberare il
piano articolare e induce dei movimenti di torsione e
controtorsione, ABD, ADD con la mano distale.
Si valuta il senso facilitato e si corregge invertendo i
parametri.
Si esegue più volte.
Possiamo anche seguire la cinetica fasciale fino a
normalizzazione.
SPESSO LA CAUSA DI INSUCCESSO NEL
TRATTAMENTO DELLE DISFUNZIONI DEL PIEDE
TROVA LA SUA CHIAVE IN QUESTA INTERLINEA
ARTICOLARE.
SCAFOIDE
SCAFOIDE
SCAFOIDE TEST DI MOBILITA’ 1

POSIZIONE DEL PAZIENTE: supino


POSIZIONE OPERATORE: in piedi, in fondo
al lettino
OPERATIVITA’: la mano esterna sorregge il
piede impugnando il tallone.
La mano esterna pinza in presa pollice
indice lo scafoide.
Stabilizzando il calcagno si inducono, con
la presa a pinza, dei movimenti di
rotazione interna ed esterna dello
scafoide.
Se è facilitata la rotazione interna
parleremo di scafoide con tubercolo alto
(RI), se è facilitata l’esterna allora avremo
uno scafoide con tubercolo basso (RE).
Per determinare RI o RE dello scafoide ci
si riferisce al senso di direzione facilitata
della faccia plantare dell’osso
SCAFOIDE TEST DI MOBILITA’ 2
POSIZIONE DEL PAZIENTE: decubito prono,
ginocchio flesso.
POSIZIONE OPERATORE: in piedi, in fondo al lettino,
dal lato del piede da testare.
OPERATIVITA’: la mano craniale mantiene il piede
impugnando il calcagno.
La mano caudale in appoggio con l’eminenza
ipotenar sul 1° metatarso induce una flessione per
impegnare l’astragalo nella pinza bimalleolare.
Con la presa pollice indice pinza il tubercolo dello
scafoide.
Stabilizzando il calcagno si inducono, con la presa a
pinza, dei movimenti di rotazione interna ed esterna
dello scafoide.
Se è facilitata la rotazione interna parleremo di
scafoide con tubercolo alto ( RI ), se è facilitata
l’esterna allora avremo uno scafoide con tubercolo
basso (RE).
Per determinare RI o RE dello scafoide ci si riferisce
al senso di direzione facilitata della faccia plantare
dell’osso
SCAFOIDE IN ROTAZIONE INTERNA O
TUBERCOLO ALTO tecnica 1

POSIZIONE DEL PAZIENTE: supino, ginocchio


semiflesso, piede in appoggio sul ginocchio
dell’operatore che fa cuneo sul lettino.
POSIZIONE OPERATORE: in piedi, ai piedi del
paziente, ginocchio sul lettino.
OPERATIVITA’: la mano esterna prende
appoggio con l’eminenza ipotenar sulla faccia
dorsale dello scafoide, l’altra mano stabilizza
e mantiene il piede conto il ginocchio
dell’operatore.
Si esegue una esagerazione nel thrust,
portando il tubercolo dello scafoide verso il
basso, in rapporto all’astragalo.
SCAFOIDE IN ROTAZIONE INTERNA O TUBERCOLO ALTO
tecnica 2
POSIZIONE DEL PAZIENTE: decubito laterale
sul lato da trattare, con arto inferiore in
appoggio sul lettino sul comparto esterno.
POSIZIONE OPERATORE: in piedi, ai piedi del
paziente.
OPERATIVITA’: una mano stabilizza il
calcagno sul lettino con appoggio tenar-
ipotenar, dita sulla faccia distale e posteriore
della gamba.
L’altra mano in appoggio 5° metacarpo-
eminenza ipotenar sulla faccia dorsale del
tubercolo dello scafoide.
Si cerca la barriera e si induce un thrust
portando il tubercolo dello scafoide in
inferiorità.
SCAFOIDE IN ROTAZIONE ESTERNA O TUBERCOLO BASSO
tecnica 1
POSIZIONE DEL PAZIENTE: decubito laterale sul
lato da trattare, con arto inferiore in appoggio
sul lettino sul comparto esterno.
POSIZIONE OPERATORE: in piedi, ai piedi del
paziente.
OPERATIVITA’: una mano stabilizza il calcagno
sul lettino con appoggio tenar-ipotenar.
L’altra mano si incrocia dietro la prima e va in
appoggio 5° metacarpo-eminenza ipotenar
sulla faccia plantare del tubercolo dello
scafoide.
Si cerca la barriera e si induce un thrust
portando il tubercolo dello scafoide in
superiorità.
CUBOIDE
CUBOIDE : RAPPORTI ARTICOLARI
LA RIFLESSIONE DEL TENDINE
DEL MUSCOLO PERONEO
LUNGO SUL BORDO ESTERNO
DEL CUBOIDE INDUCE UNA RE
DEL CUBOIDE STESSO.

INSERZIONE
1° CUNEIFORME
1° METATARSO
CUBOIDE TEST DI MOBILITA’
POSIZIONE DEL PAZIENTE: supino
POSIZIONE OPERATORE: in piedi, in fondo al
lettino
OPERATIVITA’: la mano interna sorregge il
piede impugnando il tallone.
La mano esterna pinza in presa pollice
indice il cuboide.
Stabilizzando il calcagno si inducono con la
presa a pinza dei movimenti di rotazione
interna ed esterna del cuboide.
Se è facilitata la rotazione interna parleremo
di cuboide con tubercolo basso, se è
facilitata l’esterna allora avremo un cuboide
con tubercolo alto.
Per determinare RI o RE del cuboide ci si
riferisce al senso di direzione facilitata della
faccia plantare dell’osso
CUBOIDE IN ROTAZIONE ESTERNA O
TUBERCOLO ALTO

POSIZIONE DEL PAZIENTE: supino, ginocchio


flesso
POSIZIONE OPERATORE: in piedi, di lato, in
fondo al lettino
OPERATIVITA’: la mano esterna abbraccia il
piede posizionando le dita chiuse o le ultime 1
falangi perpendicolarmente sul bordo interno
del cuboide.
La mano interna passa al di sopra del piede
per posizionare il pollice in posizione di spinta
sulla faccia dorsale e laterale del cuboide.
Il thrust avviene con una spinta verso il lettino
del pollice della mano interna combinato al
contrappoggio plantare della mano esterna
2
CUBOIDE IN ROTAZIONE INTERNA O TUBERCOLO BASSO
tecnica 1
POSIZIONE DEL PAZIENTE: prono,
ginocchio flesso, pianta del piede verso il
soffitto
POSIZIONE OPERATORE: in piedi,
lateralmente al piede da trattare
OPERATIVITA’: la mano caudale abbraccia
il piede dorsalmente, quella craniale si
appoggia sul tallone in modo di aver un
buon appoggio sulla faccia infero esterna
del cuboide.
Si eseguono con l’azione combinata delle
due mani dei movimenti riarticolatori,
terminando con un thrust sul tubercolo
del cuboide portandolo in superiorità.
CUBOIDE IN ROTAZIONE INTERNA O TUBERCOLO BASSO
tecnica 2

POSIZIONE DEL PAZIENTE: prono, gamba


fuori dal lettino, ginocchio che cade verso
il suolo.
POSIZIONE OPERATORE: in piedi,
lateralmente al piede da trattare
OPERATIVITA’: le mani abbracciano il
piede posizionando entrambi i pollici
sovrapposti sul tubercolo del
cuboide(comparto infero-esterno) .
Si esegue un movimento a frusta del piede
con l’intento di far risalire il tubercolo in
superiorità.
CUNEIFORMI
TEST DI MOBILITA’ SCAFO-CUNEIFORME

POSIZIONE DEL PAZIENTE: decubito supino.


POSIZIONE OPERATORE: seduto sul lettino dal
lato da trattare, piede del pz sulla coscia craniale
dell’operatore.
OPERATIVITA’: la mano craniale afferra il piede
fino a fissare lo scafoide con l’arco pollice-indice,
resto della mano a rinforzare la presa.
La mano caudale prende a pinza il relativo osso
cuneiforme da testare, (pollice in appoggio
1
dorsale e indice in appoggio palmare) e induce
dei movimenti in traslazione superiore e
inferiore dopo aver effettuato una lieve
decoattazione.
Di fronte a una restrizione di mobilità sarà il
senso facilitato a nominare la disfunzione.
CUNEIFORME IN SUPERIORITA’
TECNICA STRUTTURALE
POSIZIONE DEL PAZIENTE: decubito supino.
POSIZIONE OPERATORE: ai piedi del paziente.
OPERATIVITA’: l’operatore afferra il piede con
la mano interna posizionando le articolazioni
interfalangee del terzo dito sulla faccia dorsale
del cuneiforme in lesione, il più vicino
possibile all’astragalo. resto della mano in
appoggio.
La mano esterna rinforza la presa
sovrapponendosi alle dita della mano interna.
I pollici prendono contatto con le teste delle
ossa metatarsale.
Con il peso del corpo si ricerca la barriera
ponendo l’intero arto in tensione portando
lentamente il cuneiforme in inferiorità, poi si
esegue un thrust nei parametri correttivi, con
l’azione combinata della leva pollici, terzo dito.
CUNEIFORME IN INFERIORITA’
TECNICA STRUTTURALE
POSIZIONE DEL PAZIENTE: decubito supino, ginocchio flesso.
POSIZIONE OPERATORE: in fondo al lettino, lateralmente al
piede da trattare.
OPERATIVITA’: la mano caudale posiziona la falange del
secondo dito sui cuneiformi creando un cuneo, il più vicino
possibile all’interlinea cuneo-scafoidea, inglobando il piede col
resto delle dita.
La mano craniale si posiziona col bordo esterno del secondo
metacarpo sullo scafoide, presa interna a formare un cuneo.
Si cerca la barriera e si induce con tutto l’arto superiore esteso
e col peso del corpo un thrust, spingendo lo scafoide in
inferiorità.
In questo modo si riposiziona l’osso cuneiforme che si trovava
in inferiorità rispetto allo scafoide.
Se il lettino è troppo morbido, porre sotto il piede una
superficie più rigida, onde evitare l’annullamento della
controspinta del dito a cuneo.
METATARSI
INSERZIONI MUSCOLARI
SUPERIORITA’

INFERIORITA’
METATARSI A BASE SUPERIORE ( 1°-2°-3° )
TECNICA STRUTTURALE
POSIZIONE PAZIENTE: decubito supino, arto
inferiore disteso.
POSIZIONE OPERATORE: in piedi o seduto in fondo
al lettino.
OPERATIVITA’: l’operatore abbracciando il piede
posiziona il terzo dito sulla superficie dorsale della
base metatarsale in disfunzione di superiorità.
L’altra mano si sovrappone alla prima rinforzando la
presa.
I pollici delle mani si posizionano trasversalmente
sulla faccia plantare delle teste metatarsali.
Trazionando si cerca la barriera e si induce negli
stessi parametri correttivi un thrust, spingendo con
una coppia di leve le basi metatarsali verso il basso
con l’appoggio del terzo dito e le teste metatarsali
verso l’alto con i pollici.
METATARSI A BASE SUPERIORE ( 4°-5° )
TECNICA STRUTTURALE
POSIZIONE PAZIENTE: decubito supino, arto inferiore
sulla coscia prossimale dell’operatore.
POSIZIONE OPERATORE: seduto in fondo al lettino,
dal lato del piede da trattare.
OPERATIVITA’: la mano craniale dell’operatore si
posiziona a taglio col la linea 5° metacarpo pisiforme
sul margine superiore della base del 4° o 5°
metatarso.
La mano craniale si posiziona, sempre con il
medesimo contatto, plantarmente alla testa
metatarsale del metatarso in lesione.
Questo posizionamento permetterà di
controbilanciare le forze correttive con un movimento
combinato delle due mani, creando una coppia di
leve più efficace.
Il thrust arriverà direttamente, senza perdere la
barriera, sulla base del metatarso in superiorità
normalizzandolo.
METATARSI A BASE INFERIORE ( 1°-2°-3° )
TECNICA STRUTTURALE
POSIZIONE PAZIENTE: decubito supino, ginocchio flesso
POSIZIONE OPERATORE: in fondo al lettino, di lato al piede da
trattare.
OPERATIVITA’: la mano craniale abbraccia distalmente i
cuneiformi con l’arco 1°-2° dito, gomito in estensione.
La mano caudale abbraccia le basi dei metatarsi ponendo la
falange del 2° dito a cuneo sul lato plantare della base
metatarsale.
La morfologia del piede tendente al cavismo permette alla
mano distale di trovarsi più in basso della prossimale e
rimanere più alta rispetto al cuneo.
Decoattando, la mano distale con una rotazione ricerca barriera
portando la base del metatarso in disfunzione verso l’alto.
Si esercita una spinta, a partenza dalla spalla, sui cuneiformi
verso il basso
Il thrust permette al metatarso in inferiorità di risalire in
relazione al cuneiforme.
METATARSI A BASE INFERIORE ( 4°-5° )
TECNICA STRUTTURALE
POSIZIONE PAZIENTE: decubito supino, arto
inferiore sulla coscia prossimale dell’operatore.
POSIZIONE OPERATORE: seduto in fondo al lettino,
dal lato del piede da trattare.
OPERATIVITA’: la mano caudale dell’operatore si
posiziona a taglio con la linea 5° metacarpo-
pisiforme sul margine inferiore della base del 4° o 5°
metatarso.
La mano craniale si posiziona, sempre con il
medesimo contatto, dorsalmente alla testa
metatarsale del metatarso in lesione.
Questo posizionamento permetterà di
controbilanciare le forze correttive con un
movimento combinato delle due mani, creando una
coppia di leve più efficace.
Il thrust arriverà direttamente, senza perdere la
barriera, sulla base del metatarso in inferiorità
normalizzandolo.
FALANGI
FALANGI IN SUPERIORITA’ E INFERIORITA’
TECNICA DI RIDUZIONE
POSIZIONE PAZIENTE: decubito supino, arto inferiore disteso.
POSIZIONE OPERATORE: in piedi in fondo al lettino.
OPERATIVITA’: una mano stabilizza il metatarso corrispondente
alla falange da testare, l’altra mano pinza la falange in presa
pollice-indice.
Con lieve decoattazione si induce un movimento di traslazione
supero-inferiore e si determina il verso facilitato.
Dopo un lavoro riarticolatorio si induce un thrust verso la
restrizione di mobilita’.
FALANGI TEST DI MOBILITA’
SEQUENZA MECCANICA ASCENDENTE E DISCENDENTE

• LA LESIONE MECCANICA ASCENDENTE TROVA LA SUA LESIONE PRIMARIA


NELLA COPPIA SCAFOIDE-CUBOIDE E LA SUA LESIONE SECONDARIA NELLA
ROTAZIONE POSTERIORE DELL’ILIACO

• LA LESIONE MECCANICA DISCENDENTE TROVA LA SUA LESIONE PRIMARIA


NELLA ROTAZIONE ANTERIORE DELL’ILIACO E LA SUA LESIONE SECONDARIA
NELLA COPPIA SCAFOIDE-CUBOIDE

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