Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1
sinostosi (o sindrome di Kllippel-Feil)fusione di due o più corpi vertebrali contigui
che si riscontra soprattutto nel tratto cervicale causando accorciamento del collo e
ridotta escursione articolare (attaccatura dei capelli bassa);
emispondilia mancato sviluppo di una metà del corpo vertebrale che si presenta a
forma di cuneo laterale e da luogo a malformazioni complesse;
schisi vertebrale mancata fusione mediale dei due nuclei del corpo vertebrale
(schisi anteriore) o dell’arco neurale (schisi posteriore o spina bifida); quella posteriore
è più frequente in sede sacrale e porta ad erniazione delle meningi (meningocele)
oppure di meningi, midollo e radici (mielo-meningocele).
2
pseudo lussazione di C2 su C3 dislocazione di C2 su C3 durante la flessione
causata da lassità dei legamenti intervertebrali;
agenesia lombosacrale mancato sviluppo del sacro e di alcune vertebre lombari.
3
più rispetto alle lombari ma non vengono facilmente diagnosticate perché non danno
sintomi, presentano quindi pochi disturbi e raramente si ricorre alla chirurgia. A livello
cervicale si ha interessamento solo della radice metamerica (all'altezza dell'ernia), a livello
lombare invece saranno interessate anche le radici appartenenti al livello superiore e
inferiore rispetto alla localizzazione dell'ernia (ES. ernia L5-S1 crea sofferenza L4-L5).
L’ernia porta ad una limitazione della funzione, se il paziente ha dolore assume delle
posture compensatorie per ridurre tale sensazione:
contrazione dei muscoli per appianare la lordosi;
nella sciatica il paziente assume un atteggiamento scoliotico antalgico per evitare il
dolore, si assisterà quindi ad una deviazione della colonna;
con ernia laterale alla radice, il paziente tende ad inclinarsi verso il lato opposto per
avvertire meno dolore;
con ernia presente medialmente al nervo, il paziente si inclina dalla stessa parte per
avvertire meno dolore.
In merito alle ernie, vengono svolti diversi test di valutazione, tra i principali:
test di Neripaziente supino, gli si chiede di flettere il capo per stirare il midollo e
valutare il dolore nelle varie zone;
test di Valsalva paziente supino; comprimendo le giugulari aumenta la pressione
del liquor nello spazio subaracnoideo causando dolore posteriore al rachide che viene
irraggiato anche agli arti inferiori in caso di ernia discale;
test di Lasegue con il paziente supino la flessione dell'anca a gamba tesa e la
flessione dorsale forzata del piede riproduce il dolore sciatico. La flessione simultanea
del collo (manovra di Neri), aumenta di molto il dolore perché viene stirata la dura
madre. Il segno di Lasegue è fondamentale per diagnosticare la lesione radicolare:
occorre prendere nota del livello doloroso dell'elevazione passiva per valutare
l'evoluzione del tempo;
Inoltre con il paziente prono, palpando la parte inferiore della schiena, la comparsa di
dolore può essere sintomo di lesione discale e dovrà essere ben distinguibile da un dolore
laterale indice di un punto trigger. Misurare i parametri della coscia e della gamba
permette di valutare l’ipotrofia muscolare che accompagna una radicolopatia. Ricorda:
una riduzione unilaterale del riflesso rotuleo suggerisce una radicolopatia L2, L3 o L4;
i riflessi achillei devono essere presi con il ginocchio su una sedia (imbottita); la
riduzione o l’assenza di tale riflesso è sintomo di radicolopatia S1;
camminare sulle punte dei piedi fornisce dati sul tricipite surale; se vi è debolezza
unilaterale si pensa ad una radicolopatia;
l’impossibilità di camminare sui talloni e la riduzione della dorsi-flessione della caviglia
e delle dita del piede da un lato sono un’anomalia dei peronieri innervati soprattutto da
L5;
dolore e formicolio a braccio e avambraccio medialmente, 4° e 5° dito, deficit motorio
della mano e deficit riflessi stiloradiali sono sintomi di compromissione dell’8°nervo
cervicale (ernia C7-D1);
dolore e formicolio al braccio ed avambraccio posteriore, al dorso della mano fino al
medio, deficit motorio del tricipite e degli estensori, deficit riflessi tricipite sono sintomi
di compromissione del 7°nervo cervicale (ernia C6-C7).
La DIAGNOSI prevede:
RX (riscontra la riduzione dello spazio discale se c’è ernia);
EMG (serve per valutare la sofferenza della radice nervosa controllando la velocità di
conduzione);
TAC (individua in sezione la presenza dell'ernia);
RMN (individua la differenza di colore tra un disco e l'altro: quello bianco è pieno
d'acqua mentre quello nero è disidratato).
4
La TERAPIA per l'ernia del disco si distingue in:
incruenta (di mantenimento della sintomatologia) che comprende: riposo, cortisonici,
FANS, anti-cox2, miorilassanti, analgesici, neurotrofici (dopo 10 giorni, utili per alleviare
la sofferenza del nervo), vitamine B1, B6, B12, trazioni vertebrali (tonificano i muscoli
paravertebrali per una corretta funzionalità residua), corsetti dinamici lombari e collari
ortopedici, chinesiterapia;
chirurgica che comprende: chemionucleolisi (iniezione di enzimi litici nel nucleo),
asportazione per via posteriore (microchirurgia), discectomia a cielo aperto, artrodesi
per via anteriore o posteriore (innesto di un osso per bloccare la colonna) e
ozonoterapia. A livello cervicale si interviene solo anteriormente perché posteriormente
c'è il midollo che non si deve assolutamente toccare.
Ogni trattamento varia da paziente a paziente; non esiste una cura dell’ernia, ma solo una
cura dei sintomi che provoca agendo sulla compressione del nervo interessato.
5
circa 175°. É presente in adolescenti gracili e longilinei in associazione al dorso curvo ed
al piede piatto valgo. L'EZIOPATOGENESI è legata alla lassità capsulo-legamentosa
costituzionale, cui consegue l’incremento sotto carico del valgismo fisiologico del
ginocchio. Ciò comporta un maggiore pressione sulle cartilagini di accrescimento femorale
e tibiale del compartimento esterno del ginocchio (cresce di meno la porzione esterna, di
più la porzione interna). Il QUADRO CLINICO presenta tale patologia come una deformità
più o meno ingravescente, per cui le ginocchia tendono a sfiorarsi o addirittura a toccarsi
con la loro superficie interna, mentre aumenta la distanza intermalleolare (DIM).
Il valgismo può essere:
lieve con DIM < 3
moderato con 3<DIM<5
severocon DIM >5
La TERAPIA può consistere o in una terapia medica calciotrofica o in tutori ortopedici
correttivi. Si può intervenire anche chirurgicamente con l’osteotomia (preferibilmente al
termine dell’accrescimento) che ripristina il fisiologico asse di carico femoro-tibiale.
6
interviene invece con esercizi di stimolazione propriocettiva ed esterocettiva, di flessione
dorsale soprattutto di sollevamento delle punte dei piedi e di supinazione del piede (tibiale
anteriore e posteriore).
PIEDE TORTO
Rappresenta la seconda malformazione ortopedica dopo la displasia dell’anca che
colpisce più gli uomini che le donne. Le CAUSE sono legate all’ereditarietà o a fattori
intrauterini (mal posizionamento). Il piede torto congenito può essere in inversione o in
eversione. Nella vita intrauterina il piede fino al 7° mese è in inversione per poi passare in
eversione e infine normalizzarsi alla nascita. I bambini prematuri avranno quindi un piede
in eversione dovuto o a fattori genetici o a un'immaturità del piede stesso. Quando invece
il piede è in inversione, la causa sarà genetica e tale deformità interesserà anche le
gambe che assumeranno l'aspetto ipotrofico a “bottiglia rovesciata”. Nel dettaglio:
PIEDE IN EVERSIONE si ha retrazione di capsule, legamenti e tendini dorsali e
laterali di piede e caviglia. Sono interessati i tendini peronieri, l’estensore comune delle
dita e il tibiale anteriore che è il vero responsabile dell’eversione. Per quanto riguarda
le alterazioni scheletriche si ha una extra-rotazione della tibia e gamba ipotrofica che
indica la partecipazione della tibia alla deformità;
PIEDE IN INVERSIONEsi ha retrazione dei tendini della parte mediale e posteriore
(tendine d’Achille) del piede, delle capsule e di alcuni legamenti della caviglia.
Responsabile della flessione plantare (equinismo) è il tendine d’Achille; la varo
supinazione è causata dai tendini retro malleolari interni (tibiale posteriore, flessore
comune dita e flessore proprio alluce). Le alterazioni scheletriche includono, invece,
intrarotazione della tibia, scafoide compresso tra astragalo e cuneiforme, perdita dei
rapporti tra gli assi longitudinali di astragalo e calcagno e gamba ipotrofica che indica la
partecipazione della tibia alla deformità.
La TERAPIA include la correzione entro l’anno di vita con bendaggi elastici adesivi e
terapia manipolativa. Si inizia con le manipolazioni, con massaggi preparatori, fino
all’applicazione di connettivo per evitare stiramento forzato che può danneggiare parti
muscolari o nervose. Altri trattamenti vengono effettuati tramite fasce correttive applicate
con linee di trazione opposte alla deformità, gessi secondo il metodo Ponseti
(applicazione gesso nei primi mesi di vita per la correzione immediata). Per quanto
riguarda la chirurgia si esegue l’intervento correttivo di Codvilla che prevede
l’allungamento del tendile d'Achille e dei tendini retro-malleolari tramite incisione a Z.
PIEDE CAVO
Il piede cavo è una malformazione congenita o acquisita della volta della pianta del piede,
causato dall’eccessiva forza degli estensori del piede e del flessore lungo dell’alluce che
provocano un' eccessiva supinazione del calcagno e un sollevamento dell'arco plantare.
L'area di appoggio del piede è limitata alla parte anteriore e al calcagno, la parte
intermedia ha un contatto limitato o assente con la base di appoggio. Il calcagno si supina,
a differenza del piede piatto in cui si prona. Nel piede cavo, la situazione peggiore si
verifica quando a toccare il suolo sono solo la parte calcaneare e l’avanpiede. Il dolore si
avverte nel piede cavo per l'aumento del carico su determinate zone con conseguente
formazione di calli. Il TRATTAMENTO può essere conservativo (esercizi di
allungamento), ortesico (plantari, rialzi), o chirurgico (interventi sulle parti
molli, osteotomie, artrodesi).
7
ARTROSI
L'ARTROSI è una patologia degenerativa con lesione progressiva della cartilagine
articolare che porta ad alterazioni regressive anche di altre strutture dell’articolazione
come ossa, sinovia e capsula. L’incidenza di questa malattia aumenta notevolmente dopo
i 50 anni, nelle donne con più di 65 anni è presente soprattutto nelle forme di gonartrosi e
artrosi interfalangea, mentre la coxartrosi è distribuita equamente in entrambi i sessi.
All'interno di un'articolazione la cartilagine ha il compito di consentire lo scivolamento
osseo e ammortizzare così il movimento (attutisce i carichi dell’osso). Distinguiamo le
artrosi in:
PRIMARIA o IDIOPATICA che dipende da fattori generali come età, ereditarietà,
ormoni (soprattutto estrogeni), obesità (sovraccarico delle articolazioni), alterazioni
metaboliche e ambiente. L’artrosi idiopatica può essere:
o LOCALIZZATA:
anca eccentrica (superiore), concentrica (assiale, mediale), diffusa (coxa
senile);
ginocchio compartimento mediale, laterale o femoro-rotuleo;
colonna interapofisaria, intervertebrale (dischi) o legamentosa;
maninoduli di Heberden e Bouchard, artrosi cronica interfalangea, prima
carpo-metacarpale;
piedi alluce valgo, rigido, dita a martello, articolazione astragalo-navicolare.
o GENERALIZZATA se interessa tre o più articolazioni tra quelle citate.
8
osteofiti marginali cercini ossei a becco formatisi per ossificazione delle cartilagini
ai margini delle superfici articolari.
osteosclerosi subcondriale addensamento di tessuto osseo nelle zone di maggiore
carico.
Tutte queste alterazioni si sviluppano progressivamente.
La SINTOMATOLOGIA si manifesta con ritardo rispetto all’esordio della malattia e varia in
base alla fase della patologia. All’inizio il dolore è minimo ma, con il passare del tempo e il
conseguente progredire della malattia, diventa più intenso. Il dolore è intermittente e
passa da meccanico a infiammatorio (si differenzia dell’artrite che è infiammatoria e
presenta un dolore continuo). Quindi, i principali segni clinici sono:
dolore;
rigidità articolare;
limitazione dei movimenti;
rumori articolari;
deformità delle articolazione;
spasmi muscolari;
atteggiamenti viziati come per esempio la zoppia che può essere da caduta quando
un arto è più corto, oppure da fuga quando l'appoggio mi causa dolore.
10
Il trattamento chinesiterapico prevede:
tecniche manuali come la decompressione dell’articolazione o la ricentratura della
testa femorale nell’acetabolo;
tecniche meccaniche che mirano a decomprimere l’articolazione artrosica
ottenendo una distensione muscolare con l’aiuto di carrucole.
tecniche particolari come:
o stiramento e sollecitazioni di capsule e legamenti sotto tensione;
o rinforzo muscolare per ridurre gli stress articolari;
o stiramento muscolare per aumentare l’ampiezza di movimento;
o detensione dei muscoli per ridurre le contratture;
economia articolare attraverso una deambulazione con scarico dell'articolazione e
una corretta distribuzione dei carichi sull'articolazione.
11
LUSSAZIONE INVETERATA (dopo i 5 anni) ulteriore risalita della testa femorale
oltre il bordo acetabolare con sua deformazione, l’anca non è più recuperabile.
La DIAGNOSI prevede:
anamnesi (se in famiglia ci sono stati altri casi);
esame obiettivo (segni clinici di probabilità e di certezza);
esami strumentali (ecografia nei primi 3 mesi di vita, RXgrafia al 4° mese di vita
quando compare il nucleo di ossificazione dell'epifisi prossimale del femore).
12
sostenere il bacino con il muscolo quadrato dei lombi e di spostare sull’area di carico la
linea di gravità che parte dal baricentro del corpo.
Un'anca lussata può andare incontro a irriducibilità della testa femorale perché la capsula
si è allentata, il legamento rotondo si è allungato e il pulvinar è diventato ipertrofico
arrivando così a riempire il cotile stesso.
La TERAPIA è di tipo chirurgico: si interviene con osteotomia di bacino, osteotomia di
centrazione femorale, derotativa e varizzante.
TORCICOLLO
È l'inclinazione della testa sul collo involontaria, irriducibile, permanente, generalmente
dolorosa, a manifestazione improvvisa. Ne esistono 3 tipi:
torcicollo congenito osseo che può essere dovuto a fusione della cerniera
occipito-atlanto-epistrofica, morbo di Kippel-Feil (fusione di 2 o più vertebre cervicali) o
sindrome di Barr (fusione vertebre dorsali), emispondilia e deformità di Sprengel
(scapola alta congenita);
torcicollo acquisito che a sua volta può essere di diverso tipo: muscolare,
osteoarticolare, oculare, otogeno, cicatriziale o nervoso;
torcicollo ostetrico miogeno dovuto a lesione del muscolo SCM durante
l'espletamento del parto. Nel 1° anno di vita la retrazione muscolare della componente
clavicolare dello SCM causa una flessione omolaterale del capo, mentre la retrazione
della componente sternale causa rotazione controlaterale del capo. Nel tempo tale
atteggiamento può portare a emiatrofia cranio facciale (scoliosis capitis). La TERAPIA
in un primo momento prevede il mantenimento di una corretta postura tramite adatti
presidi e successivamente, se necessario, si può optare per la correzione chirurgica
dello SCM attraverso tenotomia e trattamento con gesso ipercorrettivo. La terapia
conservativa nel 1° anno di vita viene eseguita più volte al giorno e prevede:
o MANIPOLAZIONI in senso contrario alla deformità che possono essere eseguite
anche dai genitori opportunamente istruiti dal medico. L'esecuzione delle
manipolazioni necessita della presenza di 2 persone: si pone il bambino supino su
di un piano rigido e mentre un genitore lo immobilizza a livello delle spalle, l'altro
ruota e inclina il capo in verso opposto alla deformità;
o COLLARE DI SCHANZ poiché dopo il 2° mese di vita la forza del bambino può
essere sufficiente a rendere vani i tentativi di manipolazione. Con questo collare
quindi si mantiene il muscolo retratto in continua distensione.
Un altro tipo di torcicollo importante dal punto di vista riabilitativo è il TORCICOLLO
SPASTICO la cui TERAPIA può essere farmacologica (miorilassanti e antinfiammatori),
con infiltrazioni di tossina botulinica o di rieducazione. La durata del trattamento può
variare da 3 mesi a 4 anni e si avvale di tecniche manuali per correggere le componenti
del movimento patologico e per il riassetto della testa con correzione prima
dell'inclinazione, poi della flessione e infine della rotazione. La rieducazione in piscina
facilita le mobilizzazioni cervicali passive e il rilassamento muscolare. Bisogna inoltre
provvedere all'automatizzazione della correzione ponendo il paziente davanti allo specchio
durante l'esecuzione degli esercizi.
13
SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
Il tunnel carpale è un canale osteo-fibroso localizzato nel polso costituito dalle ossa carpali
come pavimento, e dal legamento trasverso del carpo teso a ponte su di esse come tetto.
Nel tunnel passano il nervo mediano e i 9 tendini dei muscoli flessori superficiali e
profondi delle dita. Il nervo mediano è un nervo misto perché costituito da:
componente sensitiva deputata al versante volare delle prime 3 dita, al lato radiale
del IV e alla regione dorsale delle falangi distali delle stesse dita;
componente motoria che innerva i muscoli dell’eminenza tenar, il II e il III muscolo
lombricale.
In una situazione patologica il tunnel carpale si presenta con un ispessimento del
legamento trasverso del carpo e con un'iperidrosi, legata a fattori ormonali, dei tendini e
dei muscoli della mano contenuti nel canale.
La STC è la più frequente sindrome canalicolare compressiva, dovuta alla sofferenza
del nervo mediano a livello del canale osteo-fibroso. Nell’87% dei casi è bilaterale o
presente nella mano dominante e colpisce maggiormente il sesso femminile. Può
comparire nel corso di un disordine metabolico (diabete mellito, artrite reumatoide,
ipotiroidismo) o come complicanza di frattura di polso e frequentemente si associa a
professioni che prevedono movimenti ripetitivi di mano e polso in flesso-estensione (sarte,
musicisti, casalinghe). A seconda dell'eziopatogenesi, di questa sindrome distinguiamo:
forme primitive (più frequenti)dovute a fattori costituzionali come restringimento del
canale carpale, ipertrofia della guaina e dei tendini flessori;
forme secondarie dovute a:
o CAUSE LOCALI infezioni, neoplasie, cisti articolari e tendinee, ispessimento del
legamento trasverso, tenosinoviti dei flessori, esiti di fratture di polso, esiti di fratture e
lussazioni delle ossa del carpo;
o CAUSE SISTEMICHE artrite reumatoide, gotta, diabete mellito, insufficienza
renale cronica, ipotiroidismo, gravidanza/menopausa.
Quindi possiamo dire che questa sindrome da compressione del nervo dipende o da un
aumento del volume del contenuto o da una riduzione della capacità del contenitore.
Il QUADRO CLINICO del paziente affetto da STC presenta una sintomatologia soggettiva:
parestesiedisturbo della sensibilità progressiva (formicolii, senso di
addormentamento, senso di impaccio) ed irreversibile delle prime 3 dita della mano e a
volte del lato radiale del 4° dito;
disestesiedisturbo della sensibilità associato a dolore. Si presentano
prevalentemente di notte, tanto che il soggetto è costretto a svegliarsi per il dolore; nei
casi avanzati persiste tutto il giorno accentuandosi con movimenti di flesso-estensione;
irradiazioni dolorose (all’avambraccio);
turbe vasomotorie.
Ma anche una sintomatologia oggettiva:
ipotonotrofia dei muscoli della manosi può notare una riduzione di volume
dell’eminenza tenar poiché il complesso muscolare è innervato dal nervo mediano;
deficit opposizione del pollice;
distrofie cutanee;
distrofie del letto ungueale;
La DIAGNOSI si distingue in:
clinica che valuta la caratteristica del dolore attraverso test funzionali quali:
14
o TEST DI TINEL (scossa) è un test di percussione del tunnel carpale; si batte con
il martello sul tunnel e si chiede al paziente se sentirà una scossa (se presente ha
patologia);
o TEST DI PHALEN (formicolii) si chiede al paziente di flettere i polsi, se ha dei
formicolii siamo in presenza di patologia;
o VALUTAZIONE DELLA SENSIBILITÀ TATTILE;
o VALUTAZIONE DELLA FORZA MUSCOLARE.
esame RX con proiezione specifica per tunnel;
esami neurologici come:
o ENG permette di determinare il ritardo della velocità di conduzione della
sensibilità e della motilità del nervo mediano;
o EMGse c’è danno dei muscoli della mano evidenzia alterata registrazione
dell’attività elettrica muscolare.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE artrosi cervicale (ha sintomi più o meno uguali alla STC
poiché interessa sempre il nervo mediano, ma nell’artrosi c’è anche l’interessamento del
volto che nella STC non c'è), discopatie cervicali, radicolopatie cervicali, tensione
muscolare cervicale, costola cervicale, errata postura, problemi vascolari, neuropatie,
tendiniti, epicondiliti. Tutte patologie aventi sintomatologia affine alla STC.
15
riferibili al fatto che la sezione dei legamenti è rapida e precisa, la guarigione della
cicatrice è più rapida e si ha un precoce ritorno alle attività del paziente.
Il PROTOCOLLO RIABILITATIVO in questi casi prevede:
1) per i primi 5 giorni bendaggio elastico per limitare l’edema, incoraggiare
esercizi di flesso-estensione con bendaggio post operatorio 10 volte ogni 2 ore;
1) dal 5° al 14° giorno mobilizzazione attiva e passiva del polso e delle dita.
Rinforzare la muscolatura con esercizi isometrici;
2) dalla 2° settimana mobilizzazione attiva e passiva del polso e delle dita,
potenziamento con esercizi di pinza e presa ed esercizi contro resistenza e con
elastici graduati. Stimolazione elettrica per controllare il dolore.
MORBO DI DEQUERVAIN
Si tratta di una tenovaginite stenosante ovvero un’infiammazione e restringimento del
tendine. Ad infiammarsi è la guaina che avvolge i tendini dell’abduttore lungo e
dell’estensore breve del pollice, che decorrono entrambi nel primo canale degli
estensori, sul lato radiale del polso. Alcuni tendini scivolano liberi, altri invece devono
passare per una sorta di strettoia, poiché devono flettere e devono essere contenuti in
quella zona per svolgere in maniera ottimale la propria funzione. Le guaine si irritano
specialmente in quella zona in cui c’è la strettoia. Tale sindrome è detta stenosante perché
avviene a seguito di un conflitto da sovraccarico funzionale dovuto a predisposizione
anatomica dei tendini o ad attività manuali ripetute. Colpisce in prevalenza le donne tra i
30 anni e i 50 anni. Il QUADRO CLINICO mostra sintomi principali quali tumor, calor,
dolor, function lesa e iperestesia. Si forma un edema dei tendini che crea rigonfiamento
della zona interessata impedendo al tendine di muoversi correttamente all'interno della
strettoia. Anche la stessa guaina si irrita e si inspessisce tanto da provocare la rottura dei
tendini, anche quelli più robusti del polso. Oppure si possono avere fenomeni meno gravi,
come ad esempio un blocco, pertanto quando si estenderà il pollice il dolore sarà violento,
dovuto all’infiammazione.
La sede di danno risulta essere il processo stiloideo del radio fino al terzo distale
dell’avambraccio e verso il pollice. Il dolore può insorgere dopo un’attività e nell’indomani
il soggetto si alzerà con dolore improvviso, tale da non poter muovere il pollice, oppure
può insorgere lentamente se l’attività è stata ripetuta nel tempo, determinando un piccolo
indolenzimento fino a quando il dolore diventerà così forte da fare in modo che il soggetto
non possa più muovere la mano. È accentuato da alcuni movimenti come afferrare
oggetti, ruotare il polso, mano a pugno, abduzione ed estensione contro resistenza.
La DIAGNOSI è prevalentemente clinica. La radiografia del polso serve per escludere
altre possibili cause di dolore (come artrosi o frattura dello scafoide), l'ecografia invece è
utilizzata per la diagnosi di tendini, sinovite o tenosinovite. Per la conferma della diagnosi
si effettuerà il test di Finkelstein che consiste nella deviazione ulnare passiva del polso
mentre il pollice è in flessione e le dita sono piegate, da cui una recrudescenza della
sintomatologia. La forza alla prensione e alla morsa è ridotta a causa del dolore o della
mancanza di uso dovuta al dolore. Tuttavia sensibilità e riflessi tendini profondi sono
normali. Inizialmente il TRATTAMENTO è caratterizzato da riposo relativo e ghiaccio
locale per 1 o 2 settimane, dopodiché si passa ai FANS che aiutano a ridurre il dolore e
l'infiammazione. La terapia fisica ed occupazionale ha come obiettivi la riduzione
dell'infiammazione e del dolore e il rinforzo dei muscoli circostanti. L'iniezione di
anestetico locale in associazione a steroidi avviene nel primo compartimento dorsale del
polso e porta ad un significativo sollievo dei sintomi. Bisogna però fare attenzione a non
ripetere eccessivamente queste somministrazioni perché gli steroidi possono favorire la
fibrosi dei tendini e peggiorare il quadro. La chirurgia viene considerato un trattamento di
16
seconda scelta (apertura della fascia o del legamento che copre il tunnel dove decorrono i
tendini). Segue riabilitazione:
flesso-estensione del pollice e polso;
riabilitazione più tutore e manipolazioni;
rinforzo muscolare.
DITO A SCATTO
Tale sindrome colpisce soprattutto il pollice impedendone il movimento di flessione,
raramente anche le altre dita. È un processo infiammatorio che interessa i tendini
flessori delle dita e le pulegge (anelli fibrosi dove scorrono i tendini) e provoca un
restringimento della guaina tendinea, che restringe a sua volta i tendini. Quest’ultimi si
dilatano e assumono una formazione nodulare tale da non riuscire più a scorrere bene
all’interno del canale o della puleggia. Il dito, pertanto, rimane bloccato in posizione
piegata per poi raddrizzarsi con uno scatto. È una tenosinovite stenosante o morbo di
notta. In genere i pazienti riferiscono che la mattina si svegliano con il dito bloccato, poi
durante la giornata, quando viene lubrificato, riescono a farlo muovere per poi manifestare
di nuovo la patologia. Colpisce di più le donne, che solitamente tendono a soffrire
maggiormente di tendinite stenosante. Uno dei fattori principali è quello ormonale, infatti
nel periodo pre-mestruale c’è un aumento di edema del tendine, che ne ingrossa il volume
determinando una difficoltà nello scorrimento. Può essere dovuta, però, anche a cause di
tipo traumatico (es. portare la spesa con la busta che taglia le dita).
Il TRATTAMENTO è per lo più di tipo chirurgico, ma meno invasivo rispetto al Morbo di
De Quervain: si esegue un’incisione a livello della piega cutanea dove si trova il tunnel,
per ricercare il nodulo. Dopo il trattamento chirurgico, il dito a scatto scompare subito.
MORBO DI DUPUYTREN
È una fibromatosi palmare superficiale (tumore benigno) caratterizzata dall’irrigidimento
dell’aponevrosi del palmo della mano che riveste i tendini flessori delle dita. Ad essa
consegue la flessione permanente, progressiva e irriducibile di una o più dita della mano.
Il QUADRO CLINICO prevede la progressiva comparsa di noduli sottocutanei, all'inizio
molto sensibili agli stimoli esterni ma che successivamente diventano indolori. Altre
manifestazioni sono corde tendiniformi e prominenti nel palmo della mano con
progressiva flessione delle dita che si inspessiscono sempre di più diventando dure e poco
estensibili.
In base all’evoluzione che subisce la lesione possiamo distinguere 5 stadi:
STADIO 0 presenza del nodulo senza flessione delle dita;
STADIO 1deformità in flessione delle dita (flessione tra 0° e 45°);
STADIO 2 deformità in flessione delle dita (flessione tra 45° e 90°);
STADIO 3 deformità in flessione delle dita (flessione tra 90° e 135°);
STADIO 4 deformità in flessione delle dita (flessione > 135°).
Colpisce per lo più soggetti di sesso maschile, tra 40 e 60 anni. È bilaterale nel 30%-50%
dei casi e colpisce quasi sempre il lato ulnare (4° e 5° dito). Riguarda in particolar modo i
lavoratori agricoli o operai che usano martelli pneumatici o comunque tutto ciò che può
dare dei microtraumatismi al polso della mano.
Non vi è una sola CAUSA o una causa precisa di tale sindrome, infatti le teorie ipotizzate
sono molteplici:
teoria ereditaria;
teoria congenita di persistenza di residui embrionali di muscoli flessori a livello
dell’aponevrosi;
teoria traumatica da microtraumi;
17
teoria nervosa da disturbo trofico per alterazione delle vie nervose;
teoria endocrina;
teoria dell’avitaminosi (vitamina E);
teoria reumatica autoimmune.
Il TRATTAMENTO iniziale prevede fisioterapia per limitare la retrazione e
l’inspessimento della fascia palmare. Nel trattamento conservativo si utilizzano tutori
ortopedici per ritardare la flessione, fisioterapia per scollare aderenze e infiltrazioni che
degradano le corde. Nel trattamento chirurgico si procede all’apertura della mano ed
asportazione della fascia palmare.
SCOLIOSI
Il termine scoliosi indica una deviazione morfologica tridimensionale della colonna
vertebrale, non modificabile volontariamente e che può mostrare un' evolutività durante il
trattamento. È differente dall'atteggiamento scoliotico che è invece una deviazione
laterale del rachide del tutto riducibile in decubito prono. Le scoliosi si classificano in:
idiopatiche (del lattante, infantili, giovanili, adolescenziali);
congenite;
paralitiche;
nelle affezioni motorie generali;
da neurofibromatosi;
malattie genetiche del tessuto nervoso, muscolare, connettivale, osteo-cartilagineo;
altre cause (infezioni, tumori, traumi).
Le scoliosi sono definite in base alla loro convessità (scoliosi lombare destra mostra
convessità verso destra). In una curva le vertebre maggiormente inclinate sono definite
limitanti, mentre quelle situate al centro della curva stessa sono dette apicali. La curva
maggiore è quella strutturalmente più importante, al di sopra e al di sotto della quale si
formano le curve di compenso. Nella scoliosi si verifica una torsione segmentaria della
colonna a più livelli che rispetta l'equilibrio generale del corpo e la stazione eretta,
coesistente con una rotazione dei muscoli spinali e una fisiopatologia dei muscoli
paravertebrali responsabili delle azioni di flesso-estensione, latero-flessione e rotazione.
La DIAGNOSI di scoliosi si espleta attraverso l'esame posturale e l'RX. Il TRATTAMENTO
prevede essenzialmente sedute di kinesiterapia comprendenti:
rieducazione posturale ricerca e correzione dei difetti posturali del paziente
(disarmonie fisiche e dinamiche);
mobilizzazione aumenta l'ampiezza articolare nel rispetto dei limiti fisiologici del
paziente. I movimenti mobilizzanti sono slanciati e utilizzano la forza centrifuga e il
tempo di molleggio, è importante (quando esiste l'indicazione) mobilizzare in tutte le 4
direzioni di lavoro. La tecnica di Duffield è importante per la rieducazione della
scoliosi con kinesi in acqua: si procede con abduzione bilaterale degli arti inferiori con il
paziente in galleggiamento supino, con flessione laterale del tronco, estensione da
entrambi i lati. Tutte le forme di trazione assiale che partono da una presa cervicale
permettono una mobilizzazione soddisfacente agendo in modo simmetrico su tutto il
rachide. I movimenti asimmetrici, invece, creano una mobilizzazione del rachide nel
senso della correzione cercando di porre la curva nella posizione più corretta possibile,
essi devono essere localizzati con grande precisione. Anche le mobilizzazioni
toraciche con movimenti di inspirazione e espirazione forzati, consentono un
miglioramento posturale con aumento dell'elasticità della gabbia toracica;
rinforzo muscolare deve interessare soprattutto i muscoli di sostegno rappresentati
dai paravertebrali e dagli addominali che devono possedere una forte tonicità e una
grande resistenza alla fatica. A tal fine ottimali saranno le contrazioni lente, statiche, di
18
piccola ampiezza e grande intensità. Il rinforzo muscolare va eseguito con il rachide
posto nella posizione più corretta possibile. Il carico massimo in correzione (CMC) è
quello che può essere sostenuto per 10 secondi in posizione perfettamente corretta
durante l'esecuzione dell'esercizio. Il lavoro in CMC deve rispondere alle seguenti
regole:
1) carico massimo in correzione adattato al soggetto e ai suoi progressi;
2) riscaldamento prima di praticare esercizi di rinforzo;
3) curve e contro curve in posizione corretta (N.B. non si deve mai rinforzare la
muscolatura su un rachide deformato);
4) esercizi praticati in maniera simmetrica;
5) lavoro con metà del CMC incrementato successivamente;
6) durata della contrazione prolungata (10 secondi);
7) contrazioni di tipo statico che favoriscono lo sviluppo di muscoli lunghi e resistenti;
8) serie di 10 contrazioni (3 serie con tempo di riposo);
9) respirazione normale;
10)sedute quotidiane o biquotidiane.
rieducazione respiratoria i cui scopi sono educare, mantenere e sviluppare la
funzione respiratoria nel suo insieme e modellare la regione toracica;
correzione della postura a lavoro (ergonomia) una volta che il soggetto ha preso
coscienza del proprio corpo nello spazio e delle sue posizioni ottimali, è necessario
modificare l'ambiente del soggetto in modo da facilitare, perfezionare e prolungare nel
tempo l'abitudine alla posizione corretta. Si devono considerare: forma e altezza di
seduta e schienale, altezza e inclinazione del piano di lavoro, ecc.
I diversi metodi utilizzati per il trattamento della scoliosi sono:
METODO PSICOMOTORIO O PERCETTIVO il paziente acquisisce capacità do
controllo raffinato dei propri movimenti e posture;
METODO SCHROTH metodo antico che si proponeva di influire con un'adeguata
rieducazione respiratoria sulle curve dorsali attraverso un rimodellamento del torace;
METODO KLAPP utilizza la quadrupedia per la mobilizzazione della colonna,
allontanandosi così dalla rieducazione del rachide nelle variabili condizioni della avita
quotidiana;
METODO NEIDERHOFFER;
METODO I.O.P. esercizi in scarico senza integrazioni psicomotorie o
neurofisiologiche che però permettono la localizzazione dell'esercizio sul segmento
rachideo interessato;
METODO DELLO PSOAS esercizi svolti in posizione seduta che mitrano al rinforzo
dello psoas utili in scoliosi lombari e dorso-lombari;
METODO MEZIERES ha azione delordosizzante ed è utile a scopo antalgico nelle
scoliosi dell'adulto;
METODO DI SOHIER esercizi prevalentemente in carico che tengono conto delle
asimmetrie rispetto ai piani spaziali, spesso di non facile acquisizione;
METODO "IN CIFOSI" esercizi in cifosi che potrebbero favorire l'antepulsione del
capo, delle spalle e accorciamento della muscolatura del cingolo scapolare;
MOTODO DEGLI EQUILIBRI esercizi in carico e in maniera graduale. Questa teoria
è accreditata in quanto le risposte alle situazione di squilibrio non sono coscienti ma
automatiche e quindi rispettano totalmente la personalità funzionale dei gruppi
muscolari coinvolti, però si concentra solo su scoliosi non molto strutturate;
SCUOLA LIONESE lavoro globale abbastanza individualizzato svolto su un gruppo
di pazienti;
RIEDUCAZIONE POSTURALE GLOBALE si basa sul concetto che tutti i muscoli
sono organizzati in catene muscolari e che quindi ogni tentativo di allungamento di un
19
muscolo si paga con un compenso in un punto qualsiasi della catena. È necessario
stirare i muscoli nella totalità delle loro componenti in maniera simultanea. Gli esercizi
proposti consentono contemporaneamente un rinforzo per i muscoli ipotonici e un
allungamento per quelli rigidi.
20
patologica a seguito di movimenti normali o azioni traumatiche lievi in un segmento
scheletrico alterato;
distacco epifisarioavviene a livello della cartilagine di coniugazione (nei giovani);
frattura-lussazione si accompagna a dislocazioni dei capi articolari;
articolare è compresa entro i limiti della capsula articolare;
espostai frammenti comunicano con l’esterno e le parti molli vengono lese;
chiusa il focolaio di frattura non comunica con l’esterno;
completa l'interruzione del segmento scheletrico è totale;
incompleta l'interruzione del segmento scheletrico è parziale.
FRATTURE COMPLETE
La SEDE delle fratture può essere diafisaria, metafisaria ed epifisaria (o articolare).
In base al NUMERO DI SEGMENTI SCHELETRICI COINVOLTI abbiamo fratture:
isolate 1 osso;
multiple più ossa.
In base al NUMERO DI FRAMMENTI abbiamo fratture:
uniche con una rima di frattura;
doppie con due rime di frattura;
comminute o da scoppio quando i frammenti sono molto numerosi e addirittura
l’osso non si distingue in quanto polverizzato.
In base allo SPOSTAMENTO DEI FRAMMENTI DI FRATTURA, abbiamo fratture:
composte o ingranate i frammenti rimangono a contatto;
scomposte i frammenti non sono a contatto tra di loro;
periostee il mancato spostamento è dovuto all’integrità del periostio;
longitudinali i frammenti si spostano secondo la lunghezza dell’osso;
angolari i frammenti si spostano secondo il proprio asse;
trasversali i frammenti si spostano su un piano frontale o sagittale;
rotatorie in caso di rotazione dei frammenti.
In base all’IRRADIAZIONE DELLA RIMA abbiamo fratture:
capsulari se avvengono all'interno della capsula;
extracapsulari se avvengono al di fuori della capsula.
Ad esempio nel collo del femore decorrono i vasi terminali che innervano la testa del
femore, se si rompe il collo del femore all'interno della capsula, si romperanno anche i vasi
che innervano la testa che andrà in necrosi; se si rompe il collo del femore fuori dalla
capsula, i vasi non si romperanno, pertanto non ci sarà necrosi e la frattura guarirà.
FRATTURE INCOMPLETE
Si verificano nell’età infantile mediante un meccanismo di flessione che crea la rottura
della corticale di un lato, mentre quella del lato opposto si flette senza fratturarsi grazie alla
particolare elasticità delle ossa nell’età infantile. Tipi di fratture incomplete sono:
a legno verde le ossa di un bambino sono più morbide e flessibili rispetto a quelle di
un adulto, quindi sono più propense a piegarsi piuttosto che a rompersi del tutto. In
questo tipo di fratture si formano delle crepe sull’osso che però non si rompe
interamente, si necessita di immobilizzazione;
infrazione come ad esempio le infrazioni costali o del piatto tibiale; sono rime di
frattura che non riescono a raggiungere il versante opposto perché in pratica la forza
traumatica si esaurisce prima;
infossamento si verificano in corrispondenza del tessuto spugnoso, costituito da
varie trabecole che si intersecano fra loro e per delimitare degli spazi pieni di sangue.
Può accadere che una forza che agisce su questo tessuto spugnoso venga a
21
determinare una compattazione delle lamelle ossee che vengono a schiacciarsi fra loro
determinando un infossamento.
Il QUADRO CLINICO delle fratture incomplete comprende segni di certezza come:
crepitazione per attrito reciproco delle superfici di frattura;
mobilità preternaturale per discontinuità della leva scheletrica.
I segni di probabilità invece sono:
atteggiamento di difesa o di riposo dell’arto traumatizzato;
deformità per accorciamento, angolazione o rotazione del segmento scheletrico in
esame;
dolore spontaneo accentuato dalla palpazione profonda o dalla percussione;
ecchimosi comunemente chiamato livido, è un ematoma derivato da un trauma
contusivo;
tumefazioni per travaso ematico;
impotenza funzionale per il dolore.
Le COMPLICANZE possono essere:
generali tra cui distinguiamo le IMMEDIATE (shock, embolia adiposa, trombo
embolia) o le TARDIVE (piaghe da decupito, cistopieliti da ristagno vescicale,
complicazioni broncopolmonari da stasi);
locali tra cui distinguiamo le IMMEDIATE (esposizione del focolaio di frattura,
frattura-lussazione, lesioni viscerali, lesioni vascolari, lesioni nervose), le PRECOCI
(infezione del focolaio, sindrome Di Volkmann) o le TARDIVE (disturbi di
consolidazione, necrosi asettica, rigidità articolare, artrosi post-trumatica).
La TERAPIA può essere
provvisoria riduzione dell’emorragia se presente e immobilizzazione;
di elezione riduzione incruenta (gesso, trazione transcheletrica) o cruenta,
contenzione incruenta o cruenta (placche, chiodi, fissatori esterni);
di riabilitazione con il gesso si esegue movimento attivo delle articolazioni dell’arto
traumatizzato non incluse nell’apparecchio gessato e contrazione dei gruppi muscolari
inclusi in gesso. Senza gesso si esegue contrazione muscolare (contro gravità e contro
resistenza), elettrostimolazioni e massaggi, mobilizzazione articolare attiva e passiva.
La GUARIGIONE della frattura avviene attraverso delle fasi:
1) prima si forma l’ematoma, poiché in seguito alla frattura fuoriesce del sangue che
verrà raccolto intorno alla frattura stessa;
2) poi c’è il riassorbimento dell’ematoma che causa l’infiammazione;
3) poi l’ematoma si fibrotizza, creando una neoangiogenesi (nuova formazione di vasi
sanguigni), si forma così il callo fibroso (20 - 30gg);
4) poi, attraverso i fibroblasti, vi è la deposizione minerale del callo osseo. La formazione
del callo osseo giunge a maturità completa intorno ai 40 - 50gg, diventando un callo
osseo ossificato capace di mantenere una certa resistenza.
Ci sono alcune zone con strutturazione compatta dove la guarigione è ritardata (ossa
lunghe). Nelle zone dove non c’è calcificazione vi è un ritardo di consolidazione; se
dopo 6 - 7 mesi l’osso non consolida, si parlerà di pseudo-artrosi, cioè si è formata una
nuova articolazione poiché il callo fibroso non si calcifica più.
FRATTURE VERTEBRALI
Le fratture vertebrali possono essere mieliche se vi è un danno midollare o amieliche se
non c'è danno midollare. La zona colpita può essere:
arco anteriore (corpo)più frequentemente per trauma indiretto (caduta dall’alto sui
talloni, sulle natiche e sul capo) o per trauma diretto (ferita da arma da fuoco). Può
avvenire:
22
o PER COMPRESSIONE linee di forza agiscono perpendicolarmente provocando
uno schiacciamento uniforme;
o PER FLESSIONE la porzione anteriore dei corpi vertebrali subisce una
sollecitazione, la vertebra si deforma a cuneo con apice anteriore;
o PER ESTENSIONE o TORSIONE il corpo vertebrale si frattura per strappamento
per la forzata distensione dei legamenti longitudinali anteriore e posteriore;
arco posterioredelle apofisi trasverse, delle lamine e dei peduncoli, delle apofisi
articolari, delle apofisi spinose;
associatecon dislocazione (anteriore o laterale), con lussazione.
La TERAPIA prevede:
senza paralisi iper-estensione su lettino di Coutrel con trazione al mento e alle
caviglie, corsetto gessato in ipercorrezione per 3 - 5 mesi;
con paralisitrattamento chirurgico, laminectomia decompressiva precoce o
tardiva.
rachialgie ribelli artrodesi vertebrali.
FRATTURE DEL BACINO
In queste fratture si deve intervenire immediatamente avvolgendo il bacino con un
lenzuolo o asciugamano, questo perché se il bacino rimanesse aperto creerebbe una
grave perdita di sangue. Possiamo avere: fratture del cingolo pelvico, fratture parziali o
marginali del cingolo pelvico che non ne compromettono l'integrità e fratture
acetabolari, che determinano gravi danni alla funzione dell’anca. Per quanto riguarda le
fratture del cingolo pelvico si distinguono:
fratture dell’emicingolo anteriore
fratture dell’emicingolo posteriore
verticali doppie
Per le fratture marginali del cigolo pelvico la sintomatologia prevede dolore spontaneo e
provocato da ecchimosi, mentre il trattamento prevede la riduzione del frammento e
l'eventuale osteosintesi nelle fratture con notevole spostamento.
Nelle fratture del cotile possiamo avere fratture del ciglio cotiloideo o della parte posteriore
del cotile con o senza lussazione d’anca e fratture per infossamento del cotile con o senza
dislocazione intrapelvica della testa femorale. Le fratture del fondo del cotile sono
determinate da un trauma che agisce sul grande trocantere con arto abdotto, intra o extra
ruotato. Si verifica in caso di resistenza del collo femorale e anelasticità del cotile (non si
verificano nei bambini e negli anziani). La frattura del cotile può essere senza lussazione,
con lussazione posteriore della testa femorale, da sfondamento centrale con lussazione
intrapelvica.
Tra le lussazioni della pelvi quella della sinfisi pubica è la più frequente: si ha uno
spostamento verso l’esterno degli emibacini che ruotano attorno ad un asse verticale. Le
lussazioni sacro-iliaca ed emibacino sono rarissime. La SINTOMATOLOGIA prevede
impotenza funzionale completa, dolore alla pressione sulla sacro iliaca e sinfisi pubica,
positive le manovre di Larrey, Varneull e Grosselin. Le COMPLICANZE più frequenti sono
lesioni intestinali (retto), del rene e delle vie urinarie.
23
o SOTTOCAPITATE interessano la zona immediatamente sottostante alla testa
femorale;
o MEDIO-CERVICALI o TRANSCERVICALIinteressano la porzione intermedia del
collo anatomico;
laterali (meno gravi) come:
o BASICERVICALIinteressano la base di impianto del collo anatomico;
o PERTROCANTERICHE interessano lo spessore del grande trocantere e si
irradiano fino al piccolo trocantere;
SOTTOTROCANTERICHE sono localizzate inferiormente al grande e piccolo
trocantere.
Si possono avere fratture:
per adduzione la rima delle fratture è più o meno verticale.
per abduzione la rima è quasi orizzontale perché la forza fulnerante esplica
un’azione che tende ad aprire l’angolo cervico-diafisario.
FRATTURE DELLA ROTULA o per trauma diretto che provoca una frattura comminuta
spesso complicata da esposizione del focolaio o da lesioni contusive delle parti molli, o
per trauma indiretto per brusca contrazione del quadricipite con ginocchio in semiflessione
(la rotula si appoggia contro i condili, si frattura all’unione del terzo medio con il terzo
inferiore con un meccanismo di trazione e flessione). La TERAPIA può essere chirurgica e
quindi prevede la sintesi dei frammenti associata a sutura circolare fibro-periostia di
rinforzo (cerchiaggio).
25
a voluta stretta). La TERAPIA consiste in trazione scheletrica, probabile osteoclasia
del perone o immobilizzazione gessata per 3 mesi.
isolate del peroneper traumi diretti (rima a decorso trasversale o leggermente
obliquo) o per traumi indiretti si possono originare fratture spiroidi spesso associate a
fratture malleolari. La TERAPIA consiste nell’ immobilizzare il segmento in apparecchio
gessato deambulatorio.
26
notevole. La TERAPIA prevede per l’incompleta bendaggio immobilizzante ad arto
superiore addotto al tronco, per la completa trattamento cruento;
sterno-claveare determinata da una forte trazione della spalla all'indietro.
FRATTURE DI POLSO
Tra le più importanti abbiamo:
fratture di Colles sono le più frequenti, tipiche lesioni indirette per caduta sulla
regione thenar della mano a polso esteso e abdotto. Dislocazione in senso dorsale o
dorso-radiale del frammento distale (a dorso di forchetta).Tra le complicanze
secondarie vi sono consolidazioni viziate, osteoporosi post-traumatica ecc. La
28
TERAPIA per le forme recenti prevede manovre manuali in anestesia locale,
immobilizzazione in apparecchio gessato, per le fratture inveterate invece, un
trattamento cruento solo se gravemente dislocate e implicanti gravi limitazioni
funzionali;
fratture di Goyrand tipiche lesioni indirette per caduta sul dorso della mano estesa.
Il frammento distale si disloca volarmente (deformità a baionetta, a ventre di forchetta)
La TERAPIA per le forme recenti prevede manovre manuali in anestesia locale,
immobilizzazione in apparecchio gessato, per le fratture inveterate invece, un
trattamento cruento solo se gravemente dislocate e implicanti gravi limitazioni
funzionali;
fratture di Scafoide tipiche lesioni indirette per caduta sul palmo della mano
atteggiata in iper-estensione, abduzione o adduzione. Nella combinazione iper-
estensione/abduzione si ha compressione dello scafoide tra glenoide radiale,
semilunare, trapezio, trapezoide e grande osso (frattura per chiusura dell’angolo di
curvatura dello scafoide). Nella combinazione iper-estensione/adduzione si ha azione
distraente dei fasci legamentosi lunato-scafoidei (frattura per apertura dell’angolo di
curvatura dello scafoide). La TERAPIA nelle forme recenti prevede l'immobilizzazione
gessata in posizione riduttiva, nelle forme recenti irriducibili, invecchiate e
pseudoartrosi consiste nell' avvitamento previa stiloidectomia, e infissione di trapianto
osseo.
29