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PATOLOGIE TRAUMATICHE OSTEO-ARTICOLARI

La patologia osteo-articolare si verifica quando è presente uno squilibrio tra la forza resistente dei
tessuti, in riferimento a tutte le ossa, cartilagini e i liquidi costituenti l’articolazione, e la forza
applicata, considerandone l’entità, la violenza, la direzione della pressione, per compiere una
determinata azione.

La forza applicata supera la forza resistente e determina un’azione innaturale (ad esempio la
torsione tibio-tarsica) che deforma in superficie ed in profondità la struttura interessata.

FRATTURE
Per frattura intendiamo l’improvvisa rottura di un osso, determinata da una causa violenta.

Le fratture possono essere traumatiche o spontanee: quelle traumatiche o vere si verifica quando
la causa violenta agisce su un osso sano, mentre quelle patologiche o spontanee si verificano in
presenza di osso malato.

Le fratture possono essere dirette quando si producono nella stessa sede di applicazione del
trauma e indirette quando si verificano lontano dalla sede del trauma. In qualsiasi modo agisca un
trauma, un osso si rompe quando la sua resistenza e la sua elasticità risultano superate
dall’intensità e dalla e dalla forza del trauma stesso.

In presenza di danni che interessano tutto l’osso o solo una parte le fratture sono classificate in
totali o complete e incomplete o parziali.

Inoltre le fratture che non comunicano con l’esterno vengono chiamate chiuse, mentre quelle che
vanno a lacerare la cute vengono chiamate aperte o esposte.

L’osso fratturato può produrre eventuali frammenti ossei che possono spostarsi e determinare la
lacerazione delle parti molli circostanti.
Le fratture hanno delle caratteristiche comuni:

 Anomala mobilità dell’osso lesionato


 Dolore intenso nella zona interessata
 Possibile deformazione della parte interessata
 Impossibilità di muovere la parte lesionata
 Presenza di tumefazione dovuta a perdita di sangue

GUARIGIONE DELLA FRATTURA

1. Fase di infiammazione / ematoma immediatamente successiva all’evento traumatico, 24-


72 ore.

2. Callo molle o fibrocartilagineo nelle successive 4-8 settimane, si forma un nuovo


collegamento fra i due segmenti ossei, un collegamento non ancora stabile. Fondamentale
che la parte interessata stia ferma ed immobile (gesso, stecca ecc…)

3. Callo duro dopo 8-12 settimane si forma il collegamento fra i due segmenti ossei in
maniera più solida e stabile.

4. Rimodellamento dopo 12 settimane il callo duro viene rimodellato nella forma originaria
dell’ossa precedentemente fratturato.
LUSSAZIONE

Col termine lussazione si intende la perdita dei rapporti tra due capi articolari all’interno di
un’articolazione, a causa di un trauma che può intervenire direttamente o indirettamente sulla
parte interessata. La lussazione è completa quando la perdita dei rapporti è totale, è incompleta o
sub-lussazione quando permane un punto di contatto tra le due superfici articolari. L’articolazione
che si lussa più frequentemente è la scapolo-omerale (spalla) per l’assenza di blocchi ossei, ma
troviamo in questa sede la cuffia dei rotatori (4 muscoli) che tengono in sede l’articolazione.

Affinché si possa determinare una lussazione è necessario che la forza traumatica applicata
possegga una intensità tale da superare le forze resistenti che rendono stabile un’articolazione.
Queste forze resistenti sono costituite da blocchi ossei, capsule articolari, dai legamenti e dai
tendini.

Sintomi evidenti delle lussazioni traumatiche sono il dolore e la conseguenza impotenza funzionale
nonché deformità del profilo articolare.

Lussazione anteriore la più frequente

DISTORSIONE

Con il termine distorsione intendiamo l’allontanamento temporaneo dei capi articolari in seguito
ad un evento traumatico che agisce sull’articolazione per lo più indirettamente. Nella distorsione
si ha un allontanamento repentino dei capi articolari dell’articolazione con conseguente ritorno
spontaneo. Problematica articolare meno grave della lussazione che interessa frequentemente la
caviglia in ambito sportivo e lavorativo. La lussazione tipo di caviglia è quella in inversione, mentre
in eversione è molto rara, questo è dovuto alla conformazione anatomica ossea della nostra
articolazione.
CONTUSIONE

La contusione è la conseguenza dell’applicazione di forze traumatiche direttamente sulla parte


interessata, è associata ad una fuoriuscita di liquido, ematoma, proveniente dai vasi sanguigni
interessati dalla contusione.

LESIONE CARTILAGINEA

Lesione a livello di questo tessuto molle fibroso che si verifica a causa di una forza che supera la
resistenza della cartilagine. Solitamente questo tipo di lesioni si verificano a carico del ginocchio
per traumi discorsivi o traumi indiretti.

Alcuni esempi solo le lesioni meniscali, lesioni al legamenti collaterali e lesioni al legamento
crociato anteriore.
ERNIA AL DISCO

Situazione particolarmente dolorosa per il soggetto, causata dalla compressione di una radice
nervosa. Questa compressione è causata dall’invecchiamento e dall’usura del disco
intervertebrale, dove il nucleo polposo racchiuso nell’anello fibroso fuoriesce dalla propria sede a
causa della rottura dell’anello ed uscendo dalla sua zona va a comprimere la radice nervosa. Si
verifica per usura lavorativa, predisposizione genetica o dimorfismi e paramorfismi a livello di
colonna vertebrale.
EPICONDILITE ED EPITROCLEITE

Si tratta di infiammazioni dei tendini del gomito. L’epicondilite o gomito del tennista si verifica con
infiammazione dei tendini dei muscoli estensori del polso che si inseriscono nell’epicondilo (parte
esterna del gomito), mentre l’epitrocleite o gomito del golfista riguarda i muscoli flessori del polso
che si inseriscono nella troclea (parte interna del gomito). Si verificano a causa di eccessivi sforzi
con mano e polso, usura lavorativa o microtraumatismi.

CONTRATTURA
Non è un vero e proprio danno muscolare quanto piuttosto un’alterazione del tono del muscolo.
La contrattura si può sentire palpando l’area con la mano.

STIRAMENTO

Lo stiramento è una lesione traumatica ed è dovuto ad un movimento brusco e violento eseguito,


in genere, con il muscolo a freddo. Il muscolo si presenta contratto e rigido ed ogni movimento
sarà doloroso. Lo stiramento comporta un dolore vivo ed è necessario tenere l’arto interessato a
riposo per non incorrere in uno strappo. In ambito preventivo in questo caso è importante un
buon lavoro di riscaldamento e di allungamento muscolare.

STRAPPO

Detto anche distrazione muscolare è una lesione vera e propria del muscolo che viene valutata con
una scala di gravità. Al trauma muscolare è sempre associato un ematoma che sarà tanto più vasto
quanto maggiore è il numero delle fibre muscolari interessate. Spesso è visibile un avvallamento
del muscolo in sede di rottura. La prevenzione è uguale a quella dello stiramento.

PARAMORFISMI E DISMORFISMI
I paramorfismi sono atteggiamenti posturali scorretti, più spesso causati da problemi muscolo-
tendinei e/o articolari; potenzialmente reversibili con ginnastica posturale e fisioterapia. Se non
trattati, i paramorfismi possono evolvere nei dismorfismi.
Come suggerisce il termine, i dismorfismi sono vere e proprie "alterazioni croniche
della morfologia", provocano quindi una modificazione anatomica e funzionale di una o più zone
del corpo. I dismorfismi hanno un decorso tendenzialmente ingravescente, sono molto difficili da
correggere anche con l'uso di tutori – come i busti ortopedici – e spesso richiedono interventi di
chirurgia.
Gravità: il paramorfismo è meno grave, mentre il dismorfismo è più severo
Trattamento: il paramorfismo può essere corretto con un rinforzo generale, ginnastica specifica
posturale o fisioterapia – spesso associati. Il dismorfismo invece, richiede l'uso di tutori (come il
busto ortopedico) e talvolta addirittura della chirurgia.
Paramorfismo della colonna vertebrale

I paramorfismi della colonna vertebrale sono atteggiamenti posturali scorretti, conseguenza


anche dell’assunzione di posizioni anomale ripetute nel tempo. Numerose condizioni possono
influire nello sviluppo di un paramorfismo, ma niente che non possa essere corretto dal paziente
indipendentemente.

Paramorfismi della colonna vertebrale:

 atteggiamento scoliotico, ovvero una leggera curvatura laterale della schiena;


 ipercifosi (nelle forme lievi), dove si presenta una leggera gibbosità;
 postura iperlordotica (la cosiddetta postura militare) in cui si evidenzia un incremento
della lordosi lombare, il bacino ruotato anteriormente e una tendenza alla flessione delle
anche;
 postura ipolordotica, ovvero la schiena piatta;
Tutte queste condizioni riflettono ipertrofia e ipotonia di alcune fasce muscolari, oppure
l’allungamento eccessivo e l’indebolimento di diversi gruppi di muscoli, che tendono a modificare
leggermente la postura.

Cause:

 posture scorrette della colonna vertebrale (come sui banchi di scuola, uso di smartphone);
 l’utilizzo di uno zaino pesante;
 la postura scorretta assunta in ufficio utilizzando il computer;
 le abitudini posturali sbagliate del paziente.

Non si parla di modificazioni permanenti e la ginnastica posturale o la fisioterapia rendono


queste condizioni reversibili. È importante, comunque, la correzione di ogni paramorfismo, in
quanto è possibile che questo evolva, se non trattato, in dismorfismo.

Dismorfismo della colonna vertebrale

Il dismorfismo della colonna vertebrale, invece, è una condizione più severa, in cui si presentano
delle vere e proprie modificazioni della morfologia del rachide. Il trattamento è più complesso,
in quanto la modificazione assume carattere di irreversibilità, come:

 la rotazione di una o più vertebre sull’asse


 un’anomalia della forma naturale (di natura generalmente congenita),
e mostrano un andamento sempre evolutivo.

Dismorfismi della colonna vertebrale:

 scoliosi propriamente detta (in cui si presenta anche una rotazione delle vertebre);
 ipercifosi
 iperlordosi, associata spesso ad atteggiamento scoliotico o ipercifosi lieve.
La correzione dei dismorfismi della colonna vertebrale è più complessa e richiede osservazione
costante, vista la natura ingravescente della condizione.

La ginnastica correttiva viene consigliata dopo un’attenta analisi posturale del paziente,
prevedendo in genere:

 l’allungamento delle retrazioni muscolari;


 il potenziamento dei muscoli ipotonici;
 la ricerca della postura corretta in situazioni statiche e dinamiche;
 l’autocorrezione dei difetti posturali.
Questo tipo di esercizi interessano i muscoli più deboli, come quelli a supporto della colonna e
quelli a livello addominale: l’obiettivo è quello di eliminare il dolore occasionale e permettere al
paziente di mantenere la postura in modo autonomo.

Come è facilmente intuibile, si richiede costanza nello svolgimento per poter ottenere risultati
efficaci e soddisfacenti.

Dismorfismi frequenti degli arti inferiori

 Ginocchio valgo: deviazione del ginocchio rispetto all'asse femore-tibia, formando un angolo
ottuso laterale. E' solitamente dovuto all'allontanamento della tibia dal piano sagittale.
 Ginocchio varo: deviazione del ginocchio rispetto all'asse femore-tibia, formando un angolo
ottuso mediale
 Piede piatto: riduzione dell'arco plantare e aumento della superficie d'appoggio, causata dal
cedimento di tendini, muscoli cavizzanti del piede o legamenti delle ossa. Può essere primitivo (del
bambino) o acquisito (dell'adulto)
 Piede cavo: alterazione strutturale del piede che è caratterizzata da un aumento della volta (arco)
longitudinale del piede

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