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OLIMPIADI

La nascita dei giochi olimpici


Nel 776 A.C. venne istituita la prima Olimpiade in Grecia dedicata a Zeus che si svolgeva ogni 4 anni nello
stadio di Olimpia tra luglio e agosto. Olimpia era un importante centro culturale e religioso del mondo Ellenico,
sede di uno dei più grandi e celebri santuari dedicati a Zeus, centro principale delle attività sportive.

La fiamma è uno dei simboli dei Giochi olimpici. Le sue origini risalgono all'Antica Grecia dove questo
simbolo rappresentava un collegamento tra gli uomini e gli Dei , il fuoco veniva tenuto acceso per tutto il
periodo di celebrazione delle Olimpiadi antiche. La fiamma venne reintrodotta nelle olimpiadi del 1928, e
da allora fa parte del cerimoniale delle Olimpiadi moderne.

Durante lo svolgimento dei giochi veniva instaurata la “tregua sacra”, non venivano svolte guerre in quel
determinato periodo. Le donne erano escluse dai giochi.

I primi sport praticati nelle olimpiadi antiche furono la lotta, salto, corsa, lancio del disco e del giavellotto
(con le dovute differenze rispetto ai tempi moderni).

Le Olimpiadi moderne
I Giochi olimpici dell'era moderna sono un evento sportivo quadriennale che prevede la competizione tra i
migliori atleti nel mondo in quasi tutte le discipline sportive praticate nei cinque continenti abitati.
Il barone Pierre de Coubertin (storico e pedagogista) alla fine del XIX secolo ebbe l'idea di organizzare dei
giochi simili a quelli dell'antica Grecia, e quindi preclusi al sesso femminile, ma su questo punto non venne
ascoltato. Da questo momento fu fondato il CIO (Comitato Olimpico Internazionale). Le prime Olimpiadi
dell'era moderna si svolsero ad Atene nel 1896.
A partire dal 1924, vennero istituiti anche dei Giochi olimpici specifici per gli sport invernali. A partire dal
1994 l'edizione invernale non si tiene più nello stesso anno dell'edizione estiva, ma sfasata di due anni.
I giochi paralimpici sono l'equivalente dei giochi olimpici per atleti con disabilità fisiche. Pensati come giochi
olimpici paralleli, i primi giochi paralimpici riconosciuti come tali si disputarono nel 1960 a Roma.

La bandiera olimpica, uno dei simboli più riconosciuti al mondo, raffigura cinque anelli intrecciati in campo
bianco, che simboleggiano i cinque continenti. I colori scelti sono presenti nelle bandiere di tutte le nazioni,
quindi la loro combinazione simboleggia tutti i Paesi, mentre l'intreccio degli anelli rappresenta
l'universalità dello spirito olimpico.
Le regole e le linee guida per l'organizzazione dei giochi olimpici (sia quelli estivi che quelli invernali),
compreso come deve essere il simbolo delle Olimpiadi, quale deve essere la bandiera e il motto, sono
contenuti nella Carta Olimpica, un documento ufficiale composto da 6 capitoli e 61 paragrafi, nei quali si
spiegano i valori del Movimento olimpico, come si celebrano, si organizzano e si amministrano i giochi
olimpici.
“La Bandiera Olimpica ha un fondo bianco,
con cinque anelli intrecciati al centro:
azzurro, giallo, nero, verde e rosso. Questo
disegno è simbolico; rappresenta i cinque
continenti abitati del mondo, uniti
dall'Olimpismo; inoltre i cinque colori sono
quelli che appaiono fino ad ora in tutte le
bandiere nazionali.” Pierre De Coubertin

Il tema del fuoco


La fiamma olimpica, o fuoco olimpico, è portata dalla torcia olimpica (chiamata anche fiaccola) e brucia
durante lo svolgimento dei giochi olimpici nel braciere olimpico o tripode.

La fiamma è uno dei simboli dei Giochi olimpici. Le sue origini risalgono all'Antica Grecia, quando un fuoco
veniva tenuto acceso per tutto il periodo di celebrazione delle Olimpiadi antiche. Il fuoco venne
reintrodotto nelle olimpiadi del 1928, e da allora fa parte del cerimoniale delle Olimpiadi moderne.

Vanno distinti e tenuti separati il fuoco della torcia che, attraverso una staffetta, viene portata in giro per il
mondo (introdotta successivamente, nelle olimpiadi del 1936 dal regime nazionalsocialista di Adolf Hitler),
e dal braciere, che mantiene la fiamma viva durante lo svolgimento delle gare.

Dal 1960 la fiamma olimpica viene accesa diversi mesi prima della cerimonia di apertura dei Giochi olimpici,
nel luogo delle Olimpiadi antiche, Olimpia (Grecia). Undici sacerdotesse (impersonate da attrici) accendono
il fuoco ponendo una torcia all'interno di uno specchio parabolico concavo, che concentra i raggi del Sole.

La torcia rimane per qualche giorno in Grecia, poi viene trasportata nel Paese ospitante i Giochi, dove viene
organizzata una staffetta formata da "tedofori" (coloro che portano per un tratto la fiamma olimpica) che
percorre tutte le strade del Paese. L’ultimo tratto della staffetta è costituito dal percorso nella città che
ospita i Giochi, che si conclude durante la cerimonia di apertura.

Tradizionalmente, Il primo tedoforo è greco, e la torcia viene trasportata a piedi, ma possono essere usati
altri mezzi di trasporto (quando è necessario attraversare dei mari la si porta in aereo o nave). Tra i tedofori
si contano anche atleti e celebrità, ma la maggior parte sono persone comuni. Accade non di rado che la
fiamma si spenga durante il tragitto.

La staffetta della torcia olimpica termina il giorno della cerimonia di apertura, nello stadio principale dei
giochi. L'ultimo tedoforo è spesso tenuto segreto fino all'ultimo momento, di solito è uno sportivo famoso
della nazione ospitante. L'ultimo tedoforo usa la torcia per accendere la fiamma nel braciere che di solito è
situato nei pressi dello stadio olimpico. Questa fiamma brucia per tutto il periodo di celebrazione dei Giochi
Olimpici e viene estinta nella cerimonia di chiusura.
L’etica delle Olimpiadi
Il 24 luglio 1908, il municipio londinese offre la cena di chiusura della IV Olimpiade Moderna. Durante il
discorso di saluto, il barone Pierre de Coubertin per sdrammatizzare la situazione un po' tesa tra la squadra
britannica e quella statunitense, che avevano avuto parecchi attriti durante i Giochi, offrì una citazione
delle parole del vescovo Ethelbert Talbot della Pennsylvania, il quale aveva detto durante una messa
solenne per gli atleti: "L' importante in questi Giochi non è vincere, ma prendervi parte”. De Coubertin non
si assunse la paternità della frase ma la fece sua, pur dichiarandone l' origine. La frase utilizzata dal
succitato vescovo è del discepolo Paolo nella prima Lettera ai Corinzi. Certamente l'intento era onorevole,
peccato che l'originale nelle intenzioni di Paolo era esattamente l'opposto: esaltava il vincitore e umiliava
gli sconfitti che secondo lui potevano addirittura fare a meno di partecipare!

Da allora è divenuta una frase simbolica che esprime bene lo spirito con cui furono creati i Giochi Olimpici
Moderni e furono gettate le basi per lo Sport con tutto il suo insieme di valori positivi per l'individuo e la
società.

Per la prima volta alle Olimpiadi di Anversa nel 1920 venne pronunciato il giuramento olimpico, scritto da
Pierre de Coubertin, il quale pone al centro del comportamento dell’atleta alcuni valori che, lontani
dall’essere solamente sportivi, sono fondanti per la vita di ognuno di noi e per il nostro vivere sociale. Il
testo, che viene pronunciato da un atleta del paese organizzatore durante la cerimonia di apertura dei
Giochi Olimpici, così recita: “A nome di tutti i concorrenti, prometto che prenderò parte a questi giochi
olimpici rispettando e osservando le regole che li governano, impegnandoci nel vero spirito della sportività
per uno sport senza doping e senza droghe, per la gloria dello sport e l’onore della mia squadra. Rispetto
delle regole e dell’avversario, rispetto per la salute, rispetto per la propria squadra e per il proprio paese”. Il
giuramento vincola l’atleta a grandi responsabilità nei confronti delle comunità in cui vive (quella sportiva,
ma anche quella del paese che rappresenta, del paese ospitante e di tutti i paesi rappresentati dai cinque
cerchi) e, allo stesso tempo, nei confronti dei valori sportivi di cui si fa rappresentante ai massimi livelli. Non
si arriva sul podio e non si diventa campioni olimpici soltanto perché si è “forti” o particolarmente dotati in
una disciplina. L’allenamento fisico è fondamentale, ma anche i valori devono essere “allenati” e ai grandi
atleti viene chiesto di essere preparati a rappresentare il proprio paese dando il massimo sul campo, ma
anche facendosi testimoni di un modo di vivere sano e rispettoso. L’atleta olimpico s’impegna infatti per
raggiungere un traguardo personale, ma non è mai da solo. Porta con sé la bandiera del suo paese e, anche
nelle discipline individuali, gareggia sempre per la sua squadra. Il risultato è quindi un risultato personale e
di tutti coloro che lo hanno sostenuto e accompagnato.
Il giuramento olimpico non riguarda però solo gli atleti e le parole in esso contenute non valgono soltanto
durante i giorni di gara. Tutti i giorni nella comunità in cui viviamo – a scuola, quando facciamo sport, in
famiglia, con gli amici, quando ci dedichiamo al volontariato o alle nostre passioni – possiamo praticare i
valori olimpici (un giuramento di civiltà).
Berlino 1936
La Germania nazista utilizzò i Giochi Olimpici del 1936 come strumento di propaganda. I Nazisti promossero
l'immagine di una Germania nuova, unita e forte, mascherando allo stesso tempo le
politiche antisemite e razziste del regime, così come il suo crescente militarismo.

Per la prima volta nella storia delle Olimpiadi, in Europa e negli Stati Uniti vi furono appelli al boicottaggio
dei Giochi a causa delle violazioni dei diritti umani che avvenivano nel paese organizzatore.

Anche se, alla fine, il movimento per il boicottaggio fallì, ebbe il merito di stabilire un precedente
importante per le successive campagne, organizzate in epoche più vicine a noi, per attirare l'attenzione
internazionale sull'abuso dei diritti umani in paesi organizzatori dei Giochi.

L'ultimo dei 3.000 corridori che portarono la torcia olimpica dalla Grecia accende la fiamma olimpica a
Berlino, dando inizio all'undicesima edizione dei Giochi Olimpici.

Per due settimane, nell’agosto del 1936, quando la Germania ospitò i Giochi Olimpici, il regime
nazista guidato da Adolf Hitler fece del proprio meglio per nascondere la propria natura razzista e
militarista. Rallentando il suo programma antisemita e le sue mire espansionistiche, il regime sfruttò i
Giochi per abbagliare molti tra gli spettatori e i giornalisti stranieri presenti, proponendo l’immagine di una
Germania tollerante e pacifica.

Nel 1931, il Comitato Olimpico Internazionale aggiudicò a Berlino l’organizzazione dei Giochi Olimpici Estivi
del 1936. La scelta fu un segnale chiaro del ritorno della Germania nella comunità internazionale, dopo il
suo isolamento nel periodo successivo alla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale.

Due anni più tardi, il leader del Partito Nazista Adolf Hitler fu nominato Cancelliere della Germania e la già
fragile democrazia divenne ben presto una dittatura che avrebbe perseguitato gli Ebrei, i Rom (Zingari),
tutti gli oppositori politici e molti altri. L’obiettivo dei Nazisti di controllare ogni aspetto della vita tedesca si
estendeva anche allo sport. Le immagini collegate alle attività sportive diffuse negli anni Trenta servirono a
diffondere il mito di una razza “Ariana” superiore e fisicamente più forte. Gli artisti tedeschi idealizzarono
nelle loro sculture e in altre opere l’immagine di atleti dalla muscolatura ben sviluppata e dall’aspetto
eroico, accentuando anche i tratti chiaramente ariani, soprattutto nei volti. Questo tipo di
rappresentazione rifletteva anche l’importanza attribuita dai Nazisti alla prestanza fisica, un requisito
essenziale alla vita militare.

Nell’aprile del 1933, in tutte le organizzazioni sportive tedesche venne istituita la politica dei “solo Ariani”: i
“Non-Ariani”—atleti Ebrei o in parte Ebrei, così come Rom (Zingari)—furono sistematicamente esclusi dalle
associazioni tedesche e venne loro impedito l’uso degli impianti sportivi. Gli atleti ebrei esclusi dai club
sportivi tedeschi, entrarono a far parte delle associazioni ebraiche, inclusa quella dei Maccabei e del
Gruppo Shield, e si allenarono in impianti sportivi separati.

Il primo agosto 1936, Adolf Hitler diede ufficialmente inizio alle Undicesime Olimpiadi. Le fanfare, dirette
dal famoso compositore Richard Strauss, annunciarono al pubblico tedesco l’arrivo del dittatore. Centinaia
di atleti recanti le insegne tipiche di ogni cerimonia d’apertura marciarono nello stadio, squadra dopo
squadra, in ordine alfabetico. Inaugurando un nuovo rito olimpico, una staffetta arrivò con una torcia che
era stata portata da diversi corridori dalla città di Olimpia, in Grecia, sede degli antichi Giochi.

Quarantanove squadre di atleti, provenienti da tutto il mondo, presero parte alle Olimpiadi di Berlino, più
che in qualunque precedente edizione. La Germania era rappresentata dalla squadra più numerosa: 348
atleti. La seconda squadra con il maggiore numero di atleti era quella degli Stati Uniti, con 312 membri, tra i
quali 18 Afro-americani.

La Germania pubblicizzò i giochi con abilità, utilizzando poster dai colori vivaci e articoli illustrati che
apparvero in diverse riviste. Quelle immagini sportive miravano a creare un collegamento diretto tra la
Germania nazista e l’antica Grecia, rappresentando visivamente il mito nazista che la superiore civiltà
tedesca fosse l’erede di diritto dell’antica cultura classica “Ariana”. Quella visione dell’antichità classica
enfatizzava i caratteri somatici “Ariani”: portamento eroico, occhi azzurri, capelli biondi e lineamenti
finemente cesellati.

La storia di Jesse Owens

https://www.youtube.com/watch?v=yFvXoR72etU
Messico 68
I Giochi della XIX Olimpiade (in spagnolo: Juegos de la XIX Olimpiada, in nāhuatl: Āltepētl Mēxihco 1968),
noti anche come Città del Messico '68, (o Messico '68) vennero svolti a Città del Messico, in Messico, dal 12
al 27 ottobre 1968.

Per appoggiare la propria candidatura il Messico presentò, in un libro di 180 pagine in due lingue, non solo
la documentazione ufficiale richiesta ma anche un piano di ammortamento delle spese, una raccolta storica
del paese, i risultati degli eventi sportivi svolti prima, una descrizione dettagliata delle strutture sportive e
le condizioni climatiche di Città del Messico, e una raccolta di pareri e ricerche mediche sui possibili effetti
dell'altitudine (2240 m sopra il livello del mare).

Parteciparono 5516 atleti, in rappresentanza di 112 paesi, gareggiando in 18 sport e 172 specialità.

Città del Messico fu scelta come sede nell'assemblea del Comitato Olimpico Internazionale del 1963 svoltasi
a Baden-Baden, Germania. Le altre città che si erano candidate a ospitare i giochi
erano: Lione, Detroit e Buenos Aires.

Non mancarono però le polemiche, soprattutto da vari quotidiani europei, riguardo possibili problemi
dovuti all'elevata altitudine della città:

«Se gli atleti dovessero abituarsi a sei o otto giorni a un'altitudine di duemila metri... sarei pessimista: cadrebbero come mosche!
Non bisogna farsi influenzare dalla propaganda dei messicani, che naturalmente parlano molto bene della loro città.»

«I Giochi olimpici di Città del Messico sono seriamente minacciati. Sportivi da molti paesi europei sono stati invitati a Città del
Messico per prendere parte a una specie di pre-Olimpiade. Sono tutti tornati dicendo: è uno scandalo che le Olimpiadi siano state
assegnate al Messico! Servirebbe arrivare almeno sei mesi prima per potersi abituare all'aria povera di ossigeno... Si potrebbe
addirittura rischiare la vita, se si cercasse di battere un record. Tutta la stampa europea si chiede come sia possibile che il Comitato
Olimpico abbia accettato che così tanti sportivi fossero esposti a condizioni così poco normali. La richiesta è già stata formulata:
togliete i Giochi al Messico!»

Il massacro pre-olimpico

Il 2 ottobre 1968, dieci giorni prima dell'apertura dei Giochi, nella Piazza delle tre culture a Città del
Messico, un gruppo di studenti manifestò pacificamente per protestare contro la grossa spesa sostenuta
dal presidente Gustavo Díaz Ordaz per costruire gli impianti per gli imminenti Giochi Olimpici. I soldati, non
si sa se per ordine diretto del presidente, iniziarono a sparare ad altezza d'uomo. Fu una strage: non venne
mai reso noto il numero dei morti, secondo alcuni forse furono addirittura qualche centinaio.

Alcuni giornalisti erano già presenti sul posto, tra cui l'italiana Oriana Fallaci rimasta ferita e creduta morta,
per cui notizie e immagini del massacro non tardarono a fare il giro del mondo e contribuirono all'idea di
dover disputare questa edizione dei Giochi in un'altra sede, diversa da Città del Messico. Il presidente
del CIO, l'americano conservatore Avery Brundage, si adoperò perché il programma olimpico seguisse il suo
corso regolare, come se il fatto non fosse accaduto. Durante la cerimonia di apertura, gli studenti fecero
volare un uccello e un aquilone a forma di colomba nera, sopra il palco presidenziale, come una protesta
silenziosa per la repressione.

In sintesi fu steso una sorta di “velo pietoso” sulla strage di Tlatelolco, per far sì che i ben più importanti
Giochi Olimpici potessero offuscare questo crudele massacro. Da una parte si riuscì nell'impresa, dall'altra
però c'è da considerare che i giochi di Città del Messico non furono i primi in cui qualcuno, sfruttando la
popolarità delle Olimpiadi, manifesterà per i propri diritti o contro i problemi che avvolgono la società.

C'è da tener conto anche che il 1968, l'anno dei giochi, fu un anno non troppo felice: ci furono la primavera
di Praga, gli assassinii di Martin Luther King e Robert Kennedy, la guerra civile e la carestia in Biafra con
migliaia di morti per fame, le impiccagioni di neri in Rhodesia e in Sudafrica, il maggio francese e la
dilagante rivolta giovanile.

Il Saluto di Smith e Carlos

Uno degli eventi per il quale questa Olimpiade è oggi principalmente ricordata fu la premiazione dei 200
metri piani, durante la quale il vincitore a tempo di record del mondo Tommie Smith e il suo
connazionale John Carlos, terzo classificato, alzarono il pugno chiuso guantato in nero in segno di protesta
contro il razzismo e in risalto delle lotte di potere nero. Essi ascoltarono l'inno nazionale americano con il
capo chinato, tenendo gli occhi fissi sulle loro medaglie come in segno di protesta.

https://www.youtube.com/watch?v=uKC9vYi3j-M
Monaco 72
I Giochi della XX Olimpiade, noti anche come Monaco 1972, si sono svolti a Monaco di Baviera,
nella Germania Ovest, dal 26 agosto all'11 settembre 1972.

Sono i secondi Giochi olimpici estivi che hanno avuto luogo in Germania dopo l'edizione di Berlino del 1936.

Quest'edizione delle Olimpiadi fu segnata da un tragico episodio: l'omicidio di undici atleti israeliani da
parte di un commando di terroristi palestinesi di Settembre Nero. Tale tragedia passò alla storia come
il Massacro di Monaco.

L’attentato

All'alba del 5 settembre, 8 terroristi palestinesi, aiutati inconsapevolmente da degli atleti canadesi,
scavalcarono la rete di recinzione del villaggio olimpico e, senza essere neanche lontanamente visti da
nessuno dei 17 000 tra poliziotti mobilitati presso la città di Monaco e vicino agli impianti sportivi, irruppero
nella palazzina numero 31, nella quale soggiornava la rappresentativa israeliana. Subito vi fu una prima
vittima, Moshe Weimberg, l'allenatore della squadra di lotta, che passando per caso cercò di fermarli ma fu
colpito a morte più volte. La seconda vittima fu il pesista Yossef Romano, che accorse in aiuto
dell'allenatore pur aggrappato a una stampella e morì dissanguato; 2 atleti israeliani riuscirono a fuggire e a
dare l'allarme, mentre 9 atleti rimasero in mano ai terroristi, che subito ordinarono il rilascio di ben
234 fedayin, che erano detenuti a Tel Aviv e anche di altri due terroristi della RAF recentemente catturati e
in carcere in Germania. Il rapimento fu presto rivendicato dall'organizzazione terroristica Settembre Nero.

Le trattative tedesche furono lente e disordinate. Alle dieci di sera giunse finalmente un pullman che
trasportò gli ostaggi e i terroristi su due elicotteri, con i quali raggiunsero l'aeroporto di Fürstenfeldbruck, a
circa 20 km da Monaco, da dove sarebbero dovuti salire su un aereo diretti in Medio Oriente. Ma ad
attenderli vi era la polizia tedesca.

A un certo punto iniziò la sparatoria durante la quale un elicottero prese fuoco e per i suoi occupanti non vi
fu scampo. La terribile strage durò otto minuti: morirono 5 degli 8 terroristi, il pilota di uno degli elicotteri,
un poliziotto tedesco e tutti i 9 ostaggi israeliani. I tre terroristi rimasti vivi furono catturati.

La notizia della strage non tardò a fare il giro del mondo suscitando sgomento e indignazione. Alcuni
avanzarono l'ipotesi di cancellare questa edizione dei Giochi olimpici. Dopo un giorno di stop, però, i Giochi
ripresero nel normale svolgimento nel programma. Nonostante tutte le tranquillizzazioni del CIO,
l'atmosfera, fin qui tranquilla, non era più la stessa: si era compiuta la più grande tragedia nella storia delle
Olimpiadi.

https://www.youtube.com/watch?v=Jfrmnc3HJE8
Tokio 2020

I Giochi della XXXII Olimpiade, conosciuti anche come Tokyo 2020, si sono tenuti a Tokyo dal 23 luglio all'8
agosto 2021. Precedentemente programmati dal 24 luglio al 9 agosto 2020, sono stati posticipati a causa
della pandemia di COVID-19 e le gare si sono svolte in gran parte a porte chiuse. Nonostante ciò è stato
mantenuto il nome Tokyo 2020 per ragioni di marketing e di branding. Per la prima volta nella storia,
i Giochi olimpici sono stati rimandati anziché essere cancellati.

La capitale giapponese (alla sua seconda Olimpiade dopo quella del 1964) era stata scelta durante la 125ª
sessione del CIO, svoltasi a Buenos Aires il 7 settembre 2013, superando la concorrenza di Istanbul (Turchia)
e Madrid (Spagna).
QATAR 2022 - Doha

Prende il via l'edizione della Coppa del Mondo più controversa: morti sul lavoro,
diritti lgbt+, accuse di sportwashing, la polemica sulla birra...
Luca Bianchin – Gazzetta dello Sport

20 novembre, DOHA (QATAR)

Questa storia comincia nel 2010 e certo non finirà il 18 dicembre. Macchina del tempo al 2 dicembre 2010,
quando si assegnano due Mondiali, 2018 e 2022. Favoriti? Mah, non si capisce. Spagna-Portogallo,
Inghilterra, Stati Uniti, però i bookmaker dicono Russia e Qatar, che pure hanno grandi problemi, dalle
distanze infinite tra città all’assenza di stadi. Prima lezione: i bookmaker ne sanno sempre di più. Doha per il
2022 batte Obama al ballottaggio e subito il mondo pensa a geopolitica e sospetti di corruzione. Blatter, ai
tempi gran capo Fifa, commenterà: “La scelta del Qatar è stata un errore”.

Il Qatar per questa Coppa ha messo in campo tutte le sue forze. Sei stadi sono stati costruiti da zero e uno è
stato ammodernato. Sono nati un aeroporto, la metropolitana, strade, un centinaio di hotel, perché lo
sport è la chiave per proporsi come riferimento nel Medio Oriente e ponte con l’Occidente. Un esempio:
Lusail (o Losail), città costruita negli anni Duemila, oggi è conosciuta per MotoGP e Formula1. E poi i grandi
eventi: i Mondiali di ciclismo 2016, i Mondiali di atletica 2019, i Mondiali per club 2019 e 2020 vinti da
Liverpool e Bayern. Oltre agli investimenti su cultura, partnership internazionali, lo sport è in prima fila.

La Qatar Investment Authority, il fondo sovrano qatariota, nel 2011 ha acquisito il 70% del Psg per circa 50
milioni, infinitamente meno di quelli che ha investito negli anni per acquisire dirigenti, progetti, calciatori.
Da Ibra e Thiago Silva a Neymar, da Mbappé a Messi. Uomini chiave, Tamim bin Hamad Al Thani, classe
1980, emiro del Qatar, e Nasser Al-Khelaifi, ex tennista – miglior ranking Atp 995 – e presidente del Psg,
dell’Eca, di BeIn Sports. Tamim ha studiato nella stessa accademia militare dei principi William e Harry ma
muove attacchi virtuali: la Qatar Investment Authority è finita sui giornali per aver acquistato quote della
Borsa di Londra, di Credit Suisse e Sony, di Porsche e Volkswagen. Non sorprende che questa sia l’edizione
più cara dei Mondiale con un investimento che sfiora i 220 miliardi di dollari.

La questione centrale però sono i diritti. In Qatar l’omosessualità è illegale, punibile con il carcere, e Human
Rights Watch ha denunciato arresti e maltrattamenti ai danni della comunità Lgbt+. Si commenta da sola la
frase di Khalid Salman, ambasciatore del Mondiale, alla tv tedesca Zdf: "L’omosessualità? È haram (cioè
vietata dalla fede islamica) perché è un disturbo della mente". Il mondo ha reagito e per giorni si è discusso
delle fasce arcobaleno per i capitani, non consentite, del boicottaggio da maxischermo di Parigi, dei 16
calciatori dell’Australia che hanno chiesto cambiamenti su lavoro e diritti Lgbt+.

L’altro grande tema, infatti, è lo sfruttamento dei lavoratori. Il Guardian ha calcolato che, dal 2010 al 2019,
sono morti sul lavoro almeno 6.500 immigrati da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka. Cifra su cui
si è dibattuto, con le stime qatarine infinitamente inferiori. Amnesty ha denunciato condizioni di lavoro
inaccettabili: operai in sistemazioni squallide, orari folli, condizioni terribili, con temperature a 40 gradi e
oltre. Sotto accusa è finito l’intero sistema di lavoro, con racconti di immigrati costretti a pagare uno
sponsor per l’ingresso nel Paese, passaporti confiscati dal datore, l’assenza di una tutela per la malattia. Il
governo ha modificato la kafala - il sistema che governa il lavoro degli immigrati – ma il dibattito su quanto
sia realmente cambiato è aperto. Con una domanda: il Mondiale ha aiutato le riforme o questo è
solo sportswashing, sfruttamento dello sport per ripulire l’immagine del Paese?

Gianni Infantino, presidente Fifa, ieri ne ha parlato. Frase a effetto, in stile Kennedy: "Oggi mi sento del
Qatar. Oggi mi sento arabo, africano, gay, disabile, oggi mi sento un lavoratore migrante". E ancora: "Sono
un figlio di lavoratori migranti. Da bambino in Svizzera mi bullizzavano perché avevo i capelli rossi, ero
italiano e non parlavo bene il tedesco. Oggi sono orgoglioso della Fifa e del Mondiale, che sarà il più bello di
sempre. Come la Svizzera a poco a poco è diventata un esempio di integrazione, così sarà il Qatar". Poi la
difesa nel merito: "Il Qatar offre possibilità a centinaia di migliaia di immigrati e lo fa in maniera legale. Noi
in Europa chiudiamo le frontiere, creiamo stranieri illegali. L’Europa dovrebbe fare come il Qatar, creare
condizioni legali per i lavoratori stranieri. Certo, le riforme hanno bisogno di tempo. Ma chi è qui in Qatar
da lavoratore straniero ha tutta l’assistenza, anche sanitaria". Al suo fianco, il portavoce della Fifa Bryan
Swanson ha fatto coming out: "Sono qui in Qatar e sono gay. Alla Fifa siamo un’organizzazione inclusiva".

SENZA BIRRA

Di calcio, insomma, si parla pochino, nonostante proprio Infantino abbia inviato una lettera alle federazioni,
chiedendo di astenersi da commentare questioni politico-sociali. Manuel Neuer, capitano della Germania, giusto ieri
ha annunciato che userà la fascia arcobaleno One Love: "Abbiamo il sostegno dei vertici della nostra federazione e non
abbiamo paura di conseguenze". Più in generale, le polemiche spuntano, crescono, arrivano a toccare nuovi temi. Gli
ultimi, il prosciutto vietato agli spagnoli e la birra negli stadi, prima permessa e poi negata. Per chi si chiedeva se
contasse di più la Fifa – con il suo contratto da 75 milioni di dollari con Budweiser – oppure l’emirato, la risposta è
confezionata in lattina

Aspettando i Mondiali: tutte le polemiche su Qatar 2022


Antonio Prisco – Il Giornale.it

16 Novembre 2022

Qatar 2022 è da tempo al centro di diverse polemiche tanto da poter essere già considerato uno dei
Mondiali più controversi della storia del calcio. Tra ombre più o meno velate di corruzione, di mancanza di
rispetto per i diritti umani e civili, le forti resistenze di stampa e opinione pubblica emerse in gran parte solo
nell'ultimo periodo. Vediamo nel dettaglio quali sono le principali polemiche che hanno contrassegnato la
marcia di avvicinamento ai Mondiali.

Le ombre della corruzione

Uno degli aspetti più controversi ha riguardato il processo di assegnazione da parte del Comitato Esecutivo
Fifa. Il voto favorevole al Qatar da parte dei 24 membri del Comitato arrivò nel lontano 2010.
L'assegnazione, secondo quanto ipotizzato dalle indagini, si inserirebbe in un quadro di importanza non
solo sportiva, ma anche geopolitica. Dietro a tale processo infatti, ci sarebbero Tamim bin Hamad Al Thani,
attuale emiro del Qatar col pallino del calcio; Michel Platini, ex presidente Uefa e collante di questa
trattativa e infine il coordinatore tra le parti: l'ex presidente francese Nicolas Sarkozy.

Proprio Sarkò, secondo la Procura di Parigi, avrebbe invitato Platini per un pranzo informale all'Eliseo il 23
novembre 2010, una settimana prima del fatidico voto. A sorpresa però, Platini trova un ospite in più,
seduto al suo stesso tavolo: l'emiro Al Thani. Ecco che il pranzo informale si trasforma dunque in una
trattativa per regolare i rapporti tra due paesi. Un'inchiesta francese ha poi rivelato gli esiti di quell'incontro
all'Eliseo: Sarkozy, tramite il potere di Platini, avrebbe "scambiato" il Mondiale 2022 al Qatar in cambio
dell'acquisto, da parte di quest'ultimo, di armi francesi. E non è finita qui: il presunto accordo
coinvolgerebbe anche il Paris Saint-Germain, passato neanche un anno dopo, dall'imprenditore Sebastien
Bazin, caro amico di Sarkozy, al Fondo Sovrano del Qatar per 64 milioni, praticamente il doppio dei 32
milioni inizialmente pretesi da Bazin.

Pochi giorni dopo, una telefonata di Platini avrebbe spiazzato l'allora presidente Fifa, Sepp Blatter. Tra i due
infatti, vigeva un tacito accordo sull'assegnazione del Mondiale agli Stati Uniti. Un repentino dietrofront di
Platini però, avrebbe rovesciato la corsa tra paesi. Sei anni dopo, un'indagine interna alla Fifa non è riuscita
a trovare prove concrete rispetto alla corruzione qatariota dei membri del Comitato Esecutivo. L'unica
indagine che parla di pagamenti e favori ai membri del Comitato da parte del Qatar è quella aperta
dalla Corte Federale di New York. In questo caso, furono coinvolti 17 dirigenti sportivi tra cui diversi membri
dell'esecutivo Fifa, per un giro di tangenti da 100 milioni di dollari. 2085874

Le morti bianche sul lavoro

Secondo un'inchiesta del quotidiano britannico The Guardian, sarebbero oltre 6.500 i lavoratori
immigrati morti nei cantieri realizzati per ospitare i Mondiali in Qatar. Gli operai deceduti, arrivati
soprattutto da India, Nepal e Bangladesh, ma anche da Pakistan, Sri Lanka, dalle Filippine e dal Kenya,
hanno lavorato in condizioni disumane cercando di rispettare le scadenze della road map che ha visto la
costruzione di un numero di strutture senza precedenti in un’area geografica che ne era completamente
sprovvista. Oltre ai sette nuovi stadi e alla ristrutturazione di altri 4, ci sono anche strade, aeroporti,
infrastrutture per i mezzi pubblici, hotel e di fatto la creazione di intere nuove città, completamente
ridisegnate sui centri urbani pre-esistenti.

Un gigantesco cantiere edile nazionale che però è costata la vita a tantissimi lavoratori privi di diritti e
spesso dimenticati dalla macchina burocratica spesso poco trasparente del Paese. Muratori sulle gru a 50
gradi, orari senza fine, mentre le case dove vengono alloggiati sono fatiscenti e sovrappopolate, con
condizioni igieniche terribili. Le condizioni infernali di tantissimi lavoratori sono rimaste tali nel corso degli
ultimi anni, senza che nessuno sia potuto (o abbia voluto) intervenire, né nell’ambito della Fifa, né in campo
internazionale. Per assurdo le cifre però non sono riconosciute dal comitato organizzatore che ritiene
invece che solo 37 morti siano riconducibili alla costruzione delle strutture del Mondiale. Di sicuro i conti
non tornano.

Il calendario stravolto

Altre polemiche sono scoppiate a causa del calendario. Viste le alte temperature che solitamente vengono
raggiunte in estate in Qatar, la Fifa alla fine ha deciso di far disputare il torneo tra novembre e dicembre per
la prima volta nella storia. Il cambio di programma ha portato a un autentico stravolgimento del
tradizionale calendario calcistico. Anche la Serie A, nonostante la mancata qualificazione della Nazionale
italiana, osserverà una lunga sosta con il campionato che riprenderà soltanto a inizio 2023. In pratica dal
mese di agosto le squadre, soprattutto quelle impegnate nelle coppe europee, sono state chiamate ad
affrontare un autentico tour de force.

Partite ogni tre giorni che hanno portato un numero molto elevato di infortuni muscolari e non,
pregiudicando la stagione di molti calciatori. Molti sono stati costretti a saltare i Mondiali mentre altrettanti
voleranno in Qatar in precarie condizioni fisiche. Tutto da valutare poi il fattore delle temperature elevate,
praticamente ad un valore doppio, rispetto alla solita dei mesi di novembre e dicembre. Senza considerare
poi l'incognita della ripresa dei campionati. In quali condizioni si presenteranno i calciatori reduci dalla
kermesse mondiale? Insomma ci troveremo di fronte una stagione, fortemente compromessa dalla
sciagurata scelta di stravolgere il calendario.

I tifosi finti

Il sospetto è che siano stati pagati per nascondere il boicottaggio dei tifosi veri. In uno dei primi video che
circola sui social, si vede un gruppo di uomini apparentemente di origine asiatica e africana che festeggiano
per le strade di Doha con i colori della Spagna. L'apparente incongruenza tra l'etnia dei tifosi e quella della
squadra è stata messa in risalto da molti untenti sul web. L'insinuazione riguarda la dubbia autenticità del
tifo:"Sono i lavoratori dello stadio che si prestano alla richiesta di girare questi video per arrotondare", si
legge nei commenti. Ma alle molteplici battute si mischiano sospetti reali, e non riguardano solo questo
video specifico. "Guardate ai fan di Portogallo, Argentina e Germania. Notate come tutti loro hanno la
stessa attrezzatura, le stesse bandiere e le stesse divise. Sono persone pagate", scrive un altro utente.

Un sito sportivo svedese ricorda come il Qatar abbia offerto a circa 1.600 persone un viaggio su invito ai
mondiali, in cambio della richiesta di "cantare all’inaugurazione e diffondere positività sui social". Anche nel
2019, durante i Campionati mondiali di atletica leggera a Doha, era scoppiato un caso analogo. In
quell'occasione, gli organizzatori avrebbero ordinato a un gruppo di circa 50 persone di sedersi il più vicino
possibile allo studio della BBC. Tutto per far sembrare che la gara si svolgesse davanti a tribune gremite.
Cinque anni prima, nel 2014, il Qatar venne accusato di assumere lavoratori migranti per fingere di essere
appassionati di sport. Autisti di autobus e taxi provenienti da Ghana, Kenya e Nepal dichiararono di aver
assistito al Qatar Open di beach volley per soldi. Anche in quel caso, l'obbiettivo sarebbe stato simulare
arene piene, in realtà semivuote.

La violazione dei diritti LGBT+

Altro tema discusso è che in Qatar, continuano a registrarsi violazioni dei diritti umani, in particolare,
secondo Amnesty International, le donne e le persone LGBTQ+ "continuano a subire discriminazioni nella
legge e nella pratica". L’omosessualità in questo stato del Golfo Persico è considerata un reato ma gli
organizzatori della Coppa del Mondo hanno voluto tranquillizzare tutte le coppie omosessuali, dicendo che
non saranno perseguite o troveranno problemi in caso di soggiorno in Qatar. Nonostante le buone
intenzioni, molte sono state le perplessità dopo le parole alla CNN di Al Khater, direttore esecutivo del
comitato organizzatore che aveva sconsigliato baci e manifestazioni d'affetto tra le persone dello stesso
sesso, essendo quella qatariota una società conservatrice. Senza dimenticare le dichiarazioni di Khalid
Salman, ambasciatore del Qatar per la Coppa del Mondo 2022, che in un'intervista trasmessa dalla tv
pubblica tedesca ZDF ha definito l'omosessualità "un danno psichico".

Tuttavia anche la Fifa aveva precisato nelle scorse settimane che le bandiere arcobaleno, il simbolo della
comunità LGBT+, sarebbero state autorizzate nelle vicinanze degli stadi. Gli stessi capitani di diverse
squadre europee, comprese quelle di Nazionali top come, Inghilterra, Francia e Germania,
indosseranno fasce color arcobaleno con il messaggio "One Love" nell'ambito di una campagna contro la
discriminazione di genere. Nelle ultime ore però il portiere e capitano della Francia, Hugo Lloris è
intervenuto sull'eventualità di indossare al braccio una fascia a supporto della comunità LGBTQ+. Ebbene il
numero uno del Tottenham ha precisato che non farà uso di tale fascia per rispetto della cultura del paese
ospitante. Per quanto riguarda la posizione della squadra francese sui diritti umani in Qatar, Lloris ha
sviato:"Qualcosa si farà". Atteggiamento sembrato una marcia indietro.
Negli ultimi giorni inoltre sono esplose le proteste anche degli artisti internazionali. A partire da Dua Lipa, la
cui partecipazione all'inaugurazione dei Mondiali, era praticamente data per certa nei giorni scorsi. La pop
star si è però chiamata fuori con una story su Instagram: "Non vedo l’ora di visitare il Qatar quando avrà
rispettato tutti gli impegni in materia di diritti umani che aveva preso quando ha vinto il diritto di ospitare la
Coppa del Mondo". Dello stesso avviso anche Rod Stewart, il quale avrebbe rifiutato 1 milione di dollari per
partecipare alla cerimonia di apertura. "Quindici mesi mesi fa – ha detto l’artista al Sunday Times –mi
hanno offerto davvero un mucchio di denaro, oltre 1 milione di dollari, per esibirmi lì. Ma ho rifiutato. Non è
giusto andare". Insomma, la sensazione è che anche a Mondiale in corso, non mancheranno le polemiche.

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