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Il fair play

“fair play” è una locuzione inglese che significa «gioco leale» cioè senza scorrettezze e
inganni; si adopera anche con un valore più ampio, per indicare un comportamento
corretto con gli altri.

Nelle situazioni agonistiche si genera automaticamente la competitività come elemento


centrale, ma è necessario tenere come valore di riferimento anche la lealtà. Competizione
e lealtà sono però due valori che possono anche a scontrarsi. In che modo siamo in grado
di tenerli in equilibrio? Qui entra in gioco il concetto di Fair Play.
Non è una regola scritta, bensì un comportamento eticamente corretto da adottare nella
pratica dei diversi sport. Fair play significa rispettare le regole e l’avversario, accettare e
riconoscere i propri limiti, sapere che i risultati sportivi ottenuti sono correlati all’impegno
profuso. Tuttavia tale concetto non si esaurisce nel semplice rispetto delle regole. Esso,
infatti, promuove valori tanto importanti nella vita quanto nello sport come l’amicizia, il
rispetto del prossimo e lo spirito di gruppo.
Ancor prima di un modo di comportarsi, il Fair Play è un modo di pensare allo sport come
un’occasione di partecipazione e di assunzione di responsabilità. È una contrapposizione
all’inganno, alla violenza fisica e verbale, allo sfruttamento, all’eccessiva
commercializzazione del “prodotto sportivo”.
Ricade sotto tale definizione anche la prevenzione di atti quali violenza e discriminazione
razziale. Al fine di promuovere su vasta scala il fair play, non di rado le federazioni sportive
hanno fatto ricorso a slogan quali «Say no to racism» («no al razzismo») e «My game is
fair play» («il mio gioco è corretto»).

Sport nell’antica Grecia

Lo sport nell’antica Grecia era legato originariamente ad aspetti religiosi e culturali e


veniva praticato solo in occasione di riti funebri oppure di festività in onore delle divinità.
Solo con il passare degli anni lo sport diventerà anche di carattere agonistico. Troviamo
infatti nell’Iliade i primi accenni a uno sport che si stava trasformando, con la celebrazione
dei giochi funebri per Patroclo, dove però non esistevano ancora atleti professionisti; negli
spettacoli allestiti per celebrare riti funebri, i Greci miravano a ridare al morto la vitalità che
aveva perduto.
Nel 776 A.C vennero istituite le prime
Olimpiadi: gare in onore di Zeus che si
svolgevano ogni quattro anni, durante i quali
veniva stabilita anche la cosiddetta “pace
olimpica”, ovvero la sospensione
temporanea delle guerre, così che tutti i
popoli potessero partecipare alle gare
sportive. Nel mondo greco esistevano
anche altri tipi di gare, come ad esempio quelle panelleniche o
quelle che venivano svolte solo a livello locale, ma venivano
affrontate comunque sotto l’insegna dell’agonismo. L’agonistica si
legò anche al campo dell’arte, in cui cantanti, danzatori e
compositori gareggiavano tra di loro per primeggiare sull’altro ed
essere acclamati dal pubblico.
I giochi greci quindi ruotavano intorno a due sfere: quella culturale e quella agonistica.
L’atletismo greco si legò moltissimo all’ideologia aristocratica. Infatti, l’uomo aristocratico e
l’atleta condividevano una serie di valori, tra cui: la superiorità fisica, il desiderio del
primato e della gloria, il disprezzo per il perdente. Secondo i Greci, l’importante non era
partecipare ma contava solamente la vittoria, attraverso la quale un atleta veniva portato
alla gloria e avvicinato agli dei. Inoltre non esistevano giochi di squadra, poiché secondo
l’ideale greco la gloria spettava ad un singolo individuo. Nei giochi non esisteva un podio,
perché non arrivare prima rappresentava una sconfitta totale; veniva però celebrato un
banchetto, a cui vi partecipava tutto il popolo e gli atleti stessi, in onore dei quattro atleti
che avevano spiccato maggiormente nella rosa dei giochi principali. Sotto questo aspetto
lo sport greco si differenziò molto da quello romano: infatti a Roma i giochi erano uno
spettacolo allestito per il popolo; le gare romane venivano utilizzate dagli imperatori per
ingraziarsi la plebe e non grondavano di agonismo come quelle greche.
Successivamente, quando l’agonismo si sviluppò del tutto, la cerchia di coloro che
partecipavano alle gare si restrinse sempre di più, a causa dell’eccessivo costo che
prevedeva il mantenimento dei cavalli o delle armature per partecipare alle corse e ai
duelli. Da tenere in considerazione, c’è anche il fatto che non sempre il popolo poteva
partecipare alle gare, perché costretto a lavorare; per cui per un lungo periodo, gli atleti
continuarono ad essere i rappresentanti delle famiglie più nobili e ricche.
Con il passare del tempo, l’aumento delle gare sportive e dei premi offerti ai vincitori e la
diminuzione del potere del ceto aristocratico, fecero perdere allo sport la sua stretta
connessione con la sfera sacrale e religiosa, rendendolo così solo uno strumento di
competizione tra i popoli. Possiamo così parlare di un fenomeno detto “laicizzazione dello
sport”.

Se infatti anticamente l'unico scopo era vincere, ora, secondo i principi del fair play,
l'obiettivo è fare di ogni incontro sportivo un momento unico. I valori del fair play sono
numerosi e tutti inseriti in un documento pubblicato nel 1975 dal C.I.F.P. (Comitato
Internazionale Fair Play), la “Carta del Fair Play”.
Essa afferma i seguenti punti:

• fare di ogni incontro sportivo, poco importa la posta in palio e la rilevanza


dell'avvenimento, un momento privilegiato, una sorta di festa;
• conformarsi alle regole ed allo spirito dello sport praticato;
• rispettare gli avversari come sé stessi;
• accettare le decisioni degli arbitri e dei giudici sportivi, sapendo che hanno diritto
all'errore, pur facendo di tutto per non commetterlo;
• evitare cattiveria e aggressioni nei propri atti, parole o scritti;
• non usare artifici o inganni per ottenere il successo;
• essere degni nella vittoria, come nella sconfitta;
• aiutare ognuno, con la propria presenza, esperienza e comprensione;
• soccorrere ogni sportivo ferito o la cui vita è in pericolo;
• essere realmente un ambasciatore dello sport, aiutando a far rispettare i principi
qui affermati.

Un altro documento è poi il “Codice Europeo di Etica Sportiva”, approvato durante la


conferenza di Rodi del 1992. Questo, riproponendo i principi della Carta del Fair Play,
afferma che essi non sono elementi facoltativi, ma qualcosa d’essenziale in ogni attività
sportiva, in ogni fase della politica e della gestione del settore sportivo, applicabili a tutti i
livelli di abilità e impegno, dallo sport ricreativo a quello agonistico, come i Giochi Olimpici.
Durante questi ultimi, ad esempio, per trasmettere i diversi valori, si possono trovare
elementi che li rappresentano:

A) gli anelli olimpici:


i cinque anelli intrecciati simboleggiano l’unione
e l’amicizia tra i popoli dei cinque continenti, da
cui provengono gli atleti;

B) la staffetta della torcia olimpica:


simbolo di pace e armonia tra i popoli del
mondo intero, esiste dal 1936. Durante
questo rituale viene trasportata una fiamma
su una torcia che passa di mano in mano
lungo un percorso di migliaia di chilometri, da
Olimpia, culla storica dei Giochi Olimpici, fino
alla città che ospita l’edizione in questione;

C) il giuramento olimpico:
in occasione della cerimonia di apertura dei
Giochi, un atleta pronuncia il seguente
giuramento di fronte a tutti i partecipanti: “A nome
di tutti i concorrenti, prometto che prenderò parte
a questi giochi olimpici rispettando e osservando
le regole che li governano, impegnandomi nel
vero spirito della sportività per uno sport senza
doping e senza droghe, per la gloria dello sport e
l’onore della mia squadra”.

Fair play e rispetto vanno quindi di pari passo, soprattutto nello sport, dove durante le
competizioni ci si misura gli uni con gli altri. Senza il rispetto delle regole, dell’arbitro e dei
propri avversari, tutto sarebbe lecito: inganni, brutalità e insulti.
Il fair play però va ben oltre lo sport. Questo codice di condotta deve essere infatti adottato
da chiunque ed ovunque, senza che ci sia bisogno di un documento ufficiale che lo
imponga; deve essere considerato prima di tutto uno stile di vita da adottare
costantemente al lavoro, a scuola e in qualunque altro contesto. Esso permette di
intrattenere relazioni più pacifiche con gli altri e di combattere contro l’intolleranza, le
molestie e le discriminazioni. Favorisce inoltre il lavoro di squadra, che permette di
imparare a non glorificarsi per un successo personale, ma a condividerlo con il gruppo
accrescendo la forza dell’intero insieme.

Tifoserie e Hooligans

Ancora oggi ci sono tifoserie violente e scorrette che sminuiscono ogni gesto di fair play in
campo, risse e pestaggi infatti nel calcio moderno sono “all’ordine del giorno”, questo
fenomeno nacque in Inghilterra alla fine degli anni ‘60, a seguito del malcontento della
classe operaia inglese si formarono le cosidette firms gruppi uniti dal senso di
appartenenza a uno stesso gruppo sociale.
Le firms di squadre opposte al tempo avevano solamente l’obbiettivo di dominare il tifo
avversario facendolo scappare; col tempo questi gruppi divennero sempre più organizzati
tanto da partecipare alle trasferte della loro squadra e naquero rivalità tra squadre e
gemellaggi.
Negli anni ‘70 la televisione mette in luce un feomeno ormai radicato nel mondo del calcio
e la polizia locale comincia a prendere in considerazione gli hooligans.
il 24 agosto 1970 si registrò il primo caso di morte in uno stadio causato dagli hooligans,
dopo questo fatto vennero adottate delle misure restrittive che però non impedirono agli
hooligans di sfogare la loro violenza nelle città dove la loro squadra era in trasferta come
testimoniato dalla partita Feyenoord-Tottenham nel 1974 dove la firm del Tottenham
saccheggiò la città olandese.

Il 29 maggio 1985, allo stadio Heysel di Bruxelles si gioca la finale di Coppa Dei Campioni
tra Liverpool e Juventus. I tifosi del Liverpool non avevano ben chiara la situazione del tifo
italiano, infatti credevano che fosse omogeneo come quello inglese soprattutto dopo aver
visto, l’anno prima durante la finale di Coppa Campioni tra Liverpool e Roma, i tifosi della
squadra capitolina. Appurata quindi, la loro carica violenta, erano convinti che tutte le
tifoserie italiane fossero dello stesso tipo di quella giallorossa. Questo errore di valutazione
è una delle cause della tragedia, a cui però dobbiamo aggiungere l’inadeguatezza
dell’impianto sportivo, la disorganizzazione delle autorità belghe e, non ultimo, il take an
end (gruppi che mettono in fuga il nemico). I tifosi
juventini, impauriti e nella totale assenza delle forze
dell’ordine belghe, si ammassano contro il muro
opposto alla curva dei sostenitori del Liverpool.
Alcuni si lanciano nel vuoto, altri cercano di
scavalcare ed entrare nel settore adiacente ed altri
ancora finiscono sulle punte delle recinzioni. Il muro
su cui sono ammassati gli juventini crolla per il peso
eccessivo, moltissime persone vengono travolte,
schiacciate e calpestate nella corsa verso una via
d’uscita. Muoiono trentanove persone e, se prima di
allora, fuori dall’Inghilterra, non era chiaro cosa
fossero gli hooligans, dal 29 maggio 1985 tutti, nessun
escluso, hanno capito la violenza di questi gruppi, di
queste persone che vedono il tifo come una sorta di
dominio sugli avversari. Nei giorni successivi, l’UEFA
escluderà le squadre inglesi a tempo indeterminato dalle Coppe europee.
Blood, sweat and beer (sangue, sudore e birra), è questo lo slogan ossessivo degli
hooligans che passavano il loro tempo tra scontri allo stadio, bevute colossali di birra nei
pub e raid violenti.
Gesti di fair play

Andy Roddick

Andrew Stephen Roddick, detto Andy, è un ex tennista statunitense. Nella sua carriera ha
vinto 32 titoli, di cui un torneo del Grande Slam, lo US Open 2003, e 5 tornei Masters
Series/Masters 1000. È stato il secondo più giovane giocatore statunitense, dopo John
McEnroe, ed il quarto di sempre dopo Lleyton Hewitt, Marat Safin e lo stesso McEnroe, a
diventare numero 1 del ranking ATP, all'età di 21 anni il 3 novembre 2003. Dopo molte
vittorie il 30 agosto del 2012, mentre gioca gli US Open, annuncia che lo Slam americano
sarà il suo ultimo torneo da professionista. Viene sconfitto agli ottavi di finale da Juan
Martín del Potro, in uno scontro tra ex campioni degli US Open. Lascia il tennis con le
lacrime agli occhi e la standing ovation dell'Arthur Ashe Stadium: con il suo ritiro gli Stati
Uniti rimarranno senza giocatori in attività ad aver vinto almeno un torneo dello Slam.
Nel Maggio del 2005 il tennista ha compiuto un celebre gesto di Fair Play. Infatti durante i
Masters Series di Roma lo statunitense smentì infatti l'arbitro dopo che gli aveva
assegnato un punto dubbio e la vittoria finale, consentendo al suo avversario di turno, lo
spagnolo Verdasco, di ‘rientrare' in partita e alla fine di vincere l'incontro valido per
approdare ai quarti di finale. Questo gesto gli è valso l’applauso di tutto il pubblico italiano.

Luz Long
Carl Ludwig Hermann Long è stato un lunghista e triplista tedesco, medaglia d'argento nel
salto in lungo ai Giochi olimpici di Berlino 1936.
E’ ricordato per il gesto compiuto nei confronti di Jesse Owens, che è stato un velocista e
lunghista statunitense durante le Olimpiadi di Berlino nel 1936. Durante le competizioni
olimpiche Long e Owens ebbero modo di diventare amici, nonostante le tensioni politiche
allora esistenti tra la Germania nazista e gli Stati Uniti d'America. Anni dopo fu lo stesso
Owens a raccontare il gesto di sportività compiuto dal saltatore tedesco nei suoi confronti.
Le qualificazioni del salto in lungo si svolgevano contestualmente alle batterie dei 200
metri piani. Distratto dalla contemporaneità dei due eventi, Jesse Owens rimediò due nulli
nei primi due salti di prova. Luz Long gli suggerì di partire più indietro, circa trenta
centimetri prima dell'inizio della pedana di rincorsa. Jesse Owens seguì il consiglio, e
riuscì a qualificarsi per la finale, dove vinse la medaglia d'oro proprio davanti al tedesco,
che fu il primo a congratularsi con lui subito dopo il balzo vincente.
Durante quelle Olimpiadi Jesse Owens vinse quattro ori: nei 100 m piani, nel salto in
lungo, nei 200 m piani e nella staffetta 4×100 m. Owens in realtà era pronto a rinunciare
alla staffetta dicendo che aveva già vinto tanto e che avrebbe preferito lasciare posto alle
riserve, ma i dirigenti gli ordinarono di restare in pista.
Nel 2000 il suo gesto venne ricordato nella campagna promozionale Celebrate Humanity
del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) come esempio del messaggio di pace e
fratellanza tra i popoli, secondo lo spirito originario dei Giochi olimpici ideati da Pierre de
Coubertin.

Lawrence Lemieux

Durante le Olimpiadi del 1988 a Seul, in Corea del Sud, precisamente a Pusan il 24
settembre, Lawrence Lemieux compì un gesto che diede un grande esempio di onestà. In
quel giorno avrebbero dovuto gareggiare in contemporanea nel porto di Pusan le regate
della categoria 470, ossia con imbarcazioni di circa 7 metri con un equipaggio di due
persone, e quelle della categoria Finn, con imbarcazioni di dimensione sotto ai 5 metri e
un solo uomo, ovvero la categoria a cui
partecipò Lemieux. Lemieux doveva portare a
termine sette gare che avrebbero determinato
la sua vittoria finale e la sua situazione era
ottimale perché grazie ai buoni tempi delle
passate gare, con la vittoria delle ultime due
avrebbe potuto ottenere un posto sul podio.
Arrivato alla fine della regata, vicino al giro di
boa, Lemieux scorse un’imbarcazione
rovesciata e più in là, due uomini in preda tra le
onde. Erano Siew Shaw Her e Joseph Chan
della categoria 470 della squadra di Singapore.
Quindi Lemieux lasciò la traiettoria della regata e si diresse verso i due uomini. Chan era
ferito, a 20 metri lontano dalla sua imbarcazione, mentre Shaw era aggrappato a ciò che
restava della sua barca. Nonostante il vento fosse contrario, Lemieux riuscì a mantenere
la sua vela stabile e aspettò l’arrivo di una nave di soccorso. Ritornò in gara per onorare la
competizione e si posizionò in ventunesima posizione.
Quel giorno Lemieux compì un gesto più che leale, dimostrando tutta la sua onestà e
correttezza. Durante la consegna delle medaglie, il
Presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Juan
Antonio Saramanch, rivolgendosi a Lemieux disse: “Per
la sportività, il sacrificio e il coraggio dimostrato, hai
rappresentato in pieno gli ideali dei Giochi Olimpici”. Gli
venne consegnata la medaglia Pierre De Coubertin,
creata per quegli atleti che con i loro gesti si sono distinti
mostrando la propria lealtà nei confronti dell’avversario e
dello spirito sportivo.
“La prima legge della vela è che, se vedi qualcuno in
difficoltà, lo devi aiutare.”
Braima Suncar Dabò

Nel 2019, durante la prima giornata dei mondiali di atletica di Doha, capitale del Qatar,
Braima Suncar Dabò, un atleta 26enne dei 5000 metri della Guinea Bissau, vedendo un
avversario in difficoltà compì un gesto di grande lealtà.
Nell’ultimo giro di pista, Dabò si accorse che un avversario accanto a lui, Jonathan Busby,
era in difficoltà sentitosi male a causa del
caldo e della fatica; allora Dabò si
avvicinò all’avversario, crollato a terra
stremato, per aiutarlo a rialzarsi, e lo
accompagnò fino alla fine del traguardo.
Questo gesto magnifico strappò applausi
non solo dal pubblico del Khalifa
International Stadium che è stupito ed
emozionato, ma anche dal mondo.
Anche questa volta un atleta,
rinunciando ad una medaglia, ha
dimostrato una grandissima umanità e
onestà, valori che vanno oltre ad ogni
competizione e ad ogni medaglia.

Tala Gray

Uno dei gesti più ammirevoli e recenti di fair play è sicuramente quello compiuto dal
giocatore di rugby Talalelei Gray nel 2017, durante il campionato francese. La partita da
giocare è tra il Lione, squadra di casa, ed il Tolosa, in cui Gray gioca in seconda linea. Al
20’ del primo tempo, però, accade un imprevisto: Virgile Bruni, terza linea e giocatore di
casa, si rompe il ginocchio e lancia un grido di dolore. Nessuno si accorge di quanto
accaduto, nella foga della partita, solo Gray nota l’infortunio: dunque protegge il corpo
dell’avversario con il suo, affinchè non venga schiacciato dagli altri giocatori.

SITOGRAFIA:
https://sportnews.snai.it/calcio/glihooligans4102018-41137
giocopulito.it , www.ilgiornale.it , www.sportfair.it , lifefactorymag.com
http://www.fragliavela.it/wp-content/uploads/2018/05/
codice_europeo_di_etica_sportiva.pdf
TOM-Fair-play-et-valeurs-olympiques-IT.pdf (olympic.org)
*carta_del_fair_play.pdf (panathlon-international.org)
www.treccani.it
https://www.fanpage.it/sport/shopping-news/giornata-mondiale-dello-sport-10-
storie-di-fair-play-da-ricordare/
https://it.wikipedia.org/wiki/Jesse_Owens
https://it.wikipedia.org/wiki/Luz_Long
https://it.wikipedia.org/wiki/Andy_Roddick
https://www.ultimavoce.it/sport-nellantica-grecia-una-societa-basata-sull-
agonismo/

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