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SOCIOLOGIA

-differenza tra sport e gioco


Lo sport ha una valenza culturale straordinaria, infatti il linguaggio sportivo e l’idea della sfida/obiettivo
della gara sono parte della nostra cultura. Gerhard Lukas, uno storico marxista, aveva una CONCEZIONE
MATERIALISTA della società, pensava che si servisse dell’ambiente per ricavarne i mezzi necessari per la
sopravvivenza. Si chiese quale fosse stata la PRIMA DISCIPLINA SPORTIVA praticata dall’essere umano
ed individuò la risposta nel LANCIO DEL GIAVELLOTTO -> una pratica quotidiana di caccia grazie alla
quale l’essere umano primitivo poteva catturare le prede per cibarsi e quindi per sopravvivere.
•ATTIVITÀ STRUMENTALE: attività vista come MEZZO per raggiungere un fine (la caccia allora).
•ATTIVITÀ ESPRESSIVA: attività che viene svolta per piacere (la caccia ora).L’invenzione della lancia fu
una grande innovazione perché permetteva di cacciare a distanza, evitando quindi lo scontro diretto con la
preda: era uno strumento letale di precisione, che necessitava però di un’ abilità per utilizzarlo. La precisione
e richiedeva perciò un addestramento (allenamento), così l’essere umano primitivo cominciò ad elaborare
l’idea della CACCIA SIMULATA.La caccia simulata iniziò a divertire l’uomo primitivo e divenne quindi
un’attività espressiva (gioco).
Affinché un’attività espressiva diventi uno SPORT devono entrare in gioco due componenti:
•L’AGONISMO: scatta quando l’essere umano vuole dimostrare a se stesso quanto può essere bravo.
•L’ANTAGONISMO: quando l’essere umano vuole dimostrare di essere più bravo degli altri.La differenza
tra gioco e sport consiste che nello sport ci sono delle regole e dei metodi standardizzati (arene, tempo,
materiali...) e a differenza del gioco deve avere un esito (risultato).ROGER CAILLOIS nel 1958 scrisse “I
GIOCHI E GLI UOMINI”, affinando alcune tipologie di giochi e affermando che l’uomo quando gioca è
spinto da DUE MOTIVAZIONI:
•LUDUS: l’atteggiamento del gioco che spinge l’uomo verso la socializzazione, per giocare deve sacrificare
qualcosa di sé.
•PAIDIA: l’atteggiamento opposto; è una dimensione individualizzante che spinge l’essere umano ad essere
egoista, massimizzando il piacere.Quando noi giochiamo dobbiamo affermare entrambi gli atteggiamenti, i
quali agiscono l’uno sull’altro.
Caillois afferma al contrario di molti che il gioco è assolutamente un’attività seria e per confermare questa
tesi, egli riprese la teoria di Johan Huizinga nel “HOMO LUDENS”, la quale distingue DUE FIGURE:
•IL BARO: colui che nel gioco cerca di utilizzare tutti i mezzi possibili (anche quelli illeciti) per avere la
meglio, PRENDE IL GIOCO TREMENDAMENTE SUL SERIO.
•IL GUASTAFESTE: colui che rompe il cerchio magico del gioco dicendo che si tratta di una cosa
immaginaria.
Caillois inoltre distingue 4 CATEGORIE DI GIOCO:
•ALEA (DADO): sono i giochi di fortuna nei quali l’esito dipende soltanto dalla fortuna
•AGON: sono i giochi che richiedono una performance, il soggetto è chiamato a dimostrare le proprie abilità
•MIMICRY: sono i giochi di mascheramento, il soggetto è impegnato a far finta di essere qualcosa che non è
(un esempio nello sport può essere la figura dell’arbitro).
•ILINX: sono i giochi di sballo e vertigini, i giochi rischiosi come ad esempio gli sport estremi.Alcuni giochi
possono essere anche trasversali, cioè un misto di categorie, ad esempio il poker.

-processo sportivizzazione loisir


processo che ha trasformato giochi professionali in discipline sportive altamente formatizzati e basati sulla
performance.
Quasi tutte le discipline sportive hanno origine da giochi nobiliari/popolari, tutte tranne 2:
-basket e pallavolo
entrambe nate dall’esigenza di far svolgere un’attività sportiva (con una qualche derivazione ludica) indoor
agli studenti dei licei americani nei rigidi mesi invernali.
Affinché un gioco diventi sport si deve avere un processo di sportivizzazione.
La teoria della sportiviz. è stata elaborata da Norbert Elias, sociologo tedesco di origine ebraica che negli
anni 30 dovette scappare dalla germania nazista; Elias dice che il processo di sportivizzazione è un pezzo di
quel processo più generale istituito presso tutte le società che si sviluppano da uno stato poco complesso a
via via più complesso, che è il processo di civilizzazione. Norbert Elias tratta molto in primis di questo tema:
si tratta di una dinamica generalizzata che viene affrontata da tutte le società in sviluppo da uno stato meno
complesso a uno più complesso; tra le tante dinamiche individuabili vi è quella della civilizzazione
progressiva:
Norbert Elias divide in 2 dimensioni la sua teoria della civilizzazione=
macro sociale: fa riferimento alla società nel suo complesso, questo aspetto viene individuato nella
trasformazione delle società che diventano sempre più pacifiche grazie, secondo Elias, al conferimento del
monopolio dell’utilizzo della violenza legittima alle strutture dello stato. Non si ha più quello che avveniva
nello società pre moderne, ossia una logica di giustizia privata che minacciava un costante pericolo di
scoppio di guerra civile, si ha così, con il monopolio della violenza legittima nelle mani delle strutture dello
stato, l’esaurimento dei cicli di violenza interna. Elias sottolinea che la violenza non cessa, tuttavia diventa
illegale.
-micro sociale: si entra nell’ambito della società delle “buone maniere”, concentrandoci sui singoli individui.
Si tratta dell’affermarsi di standard sempre più elevati di autocontrollo, pudore, igiene e altri elementi che
rendono sempre più civilizzate e decorose le civiltà sotto il punto di vista dei singoli comportamenti. La
soglia di ripugnanza è andata via via ad aumentare, cosicché alcune pratiche per lungo tempo indiscusse,
cominciano a sembrarci sconvenienti (sputacchiera a tavola, raccogliere escrementi dei propri animali, etc).

La dinamica della civilizzazione nello sport si manifesta con la sportivizzazione, si avvale dell’aiuto di Eric
Dunning, sociologo britannico, per dimostrare la sua teoria. Anche la sportivizzazione è divisibile in due
dinamiche che si sono applicate ai giochi:
-regolamentazione= il processo che ha portata a standardizzare una certa disciplina (durata, regole, numero
giocatori etc), ha portato la pratica di un determinato sport a essere chiara e univoca universalmente.
-sterilizzazione= processo che ha portato alla rimozione della violenza “fine a sé stessa”, non si rimuove la
violenza (necessaria in alcuni sport come pugilato e rugby), tuttavia si penalizza la brutalità tramite
l’espulsione dei gravi comportamenti sanguinari nello sport. Ne è un esempio la pratica dell’hurling at the
goal oppure over the country, antenate del rugby e del calcio, che era un gioco molto diffuso nell’Inghilterra
del 15simo secolo, caratterizzato dalla violenza e lo scontro tra i villaggi adiacenti. Si rimuove inoltre il
concetto di morte durante la pratica sportiva=eroismo. Un altro esempio calzante di sterilizzazione si ha con
il pugilato, più nello specifico con la decisione di concedere la vittoria a punti e non per K.O.

-teoria dello sport paragonato all’industrialismo di Allen Gutmann


un’altra teoria fondamentale per la sociologia sportiva è quella elaborata dallo storico sociologo statunitense
Gutmann, che compara lo sport all’industrialismo nel suo testo “dal rituale al record” (1978 in USA, 1982
Italia). Quest’opera è molto importante perché centra il tema dello sport come “fenomeno sociale” e
espressione della modernità. Tutte le manifestazioni da noi etichettate come sportive, ma che appartengono
all’epoca pre-moderna, non hanno ragione di essere definite sportive, data la differenza enorme con le attuali
discipline (mancanza di violenza, etc), da qui deriva il non sense nel definire uno sport moderno, qualora si
parli di sport, ovviamente si parla del periodo moderno.
Gutmann ci parla del carattere dello sport come fenomeno che illustra la modernità della società,
caratteristiche simili a questo stesso fenomeno si trovano nell’industrialismo, che “è un sistema di
produzione e riproduzione di risorse basato su alti gradi di standardizzazione e con una tecnologia che
prevede l’ampio ricorso al lavoro delle macchine in sostituzione al lavoro umano”. L’industrialismo si
sviluppa coevo allo sport e anche nello stesso ambiente: l’Inghilterra del 18/19esimo secolo. Oltre a essere
coevi, sport e industrialismo condividono la medesima filosofia e, più nello specifico, 7 caratteristiche:
1. SECOLARISMO (definizione= passaggio di beni ecclesiastici in mano allo stato): secondo
Gutmann lo sport è un fenomeno profano, che appartiene all’uomo e si distacca dal rituale e dalla
religione, risponde alla logica umana e non a quella divina. L’autore giustifica la sua insistenza su
questa caratteristica per controbattere alla teoria che i giochi da cui erano originati gli sport erano di
stampo religioso (teoria di Karl Diem). Gutmann invece dice che lo sport è profano, facendo
riferimento alla gara spiega come essa non sia un rituale, poiché un rituale ha sempre un esito chiuso,
sappiamo come inizia, come si svolge e come si conclude; al contrario la gara sportiva è una
circostanza fatidica, ci sono molteplici eventuali e variabili che non sono mai prevedibili e
calcolabili inequivocabilmente. L’esito stesso della gara non corona alcuna previsione iniziale poiché
è imprevedibile. Similmente l’industrialismo è secolare poiché anch’esso era dominato da una
mentalità in cui l’uomo era in controllo e gestiva il lavoro grazie alla tecnologia, per esempio non c’è
più il rischio incalcolabile delle calamità e dei cambiamenti climatici.
2. UGUAGLIANZA: lo sport, secondo Gutmann, come fenomeno sociale è caratterizzato
dall’uguaglianza, lo sport è infatti pensato per garantirne a tutti l’accesso e la partecipazione, l’unico
elemento che può fare da discrimine alla competizione agonistica a livelli elevati è il talento.
Tuttavia quest’ultimo è distribuito ugualmente e randomicamente nella società, indipendentemente
dall’identità etnica, razza, luogo di nascita, etc.. Lo sport quindi come dimensione di principio è
caratterizzato dall’uguaglianza, tuttavia se applichiamo la teoria ai fatti, notiamo come il quadro sia
più complesso. Per esempio un elemento di grande ostacolo, passato ma anche attuale, per
l’uguaglianza è la frattura di classe: i componenti delle classi operaie prima non avevano grandi
possibilità di partecipare alla pratica sportiva, poiché sottraeva tempo e quindi denaro ai lavoratori,
così, per superare questa impasse, si dovette introdurre il “professionismo”, facendo diventare così lo
sport un fenomeno di massa e non soltanto una pratica di élite. Le discipline formalmente
professionistiche in Italia sono solamente 4 (calcio, ciclismo, golf , basket, SOLTANTO NEL
SETTORE MASCHILE). Lo sport dilettantistico tuttavia non esiste più, la vera distinzione dovrebbe
essere fatta tra PROFESSIONISMO FORMALE (discipline sportive e rapporti di lavoro sportivo
che dalla legge sono riconosciuti come professionali) e PROFESSIONISMO DI FATTO (discipline
sportive in cui gli atleti e le atlete facciano del loro lavoro sportivo la principale, se non l’unica,
fonte di reddito). Se il professionismo non si fosse affermato sarebbe rimasto un loisir, un’attività di
svago per pochi, diventando un professionismo dilettantistico. Un altro punto, causa di
disuguaglianza, è la differenza di genere che, oggi come allora, rimane un cancro nel mondo sportivo
che trova la massima espressione nella questione del pay-gap (differenza di paga), nonostante le
donne abbiamo combattuto a lungo per i pari diritti sportivi. La figura della donna era considerata,
nello sport, come molto complementare, principalmente per il fattore, motivo di scandalo, che la
pratica sportiva femminile richiedeva il parziale denudamento e il compimento di azioni non
consone alla figura graziosa della femmina. Poco a poco la polemica si spostò dal voler praticare
sport, al voler praticare solo alcune discipline, poiché delle pratiche sportive erano viste dalle donne
stesse, non adatte alla persona femminile, una stessa femminista, Madame Dusè, affermò che il
tennis non si addicesse alle donne. Iniziarono a girare voci che sconsigliavano fortemente le
passeggiate in bicicletta alle donne per il rischio dell’epatite del pedale, dolore alle ovaie, e chi
addirittura sosteneva che andare in bici per le donne fosse un atto di autoerotismo. Tutt’ora ci sono
pregiudizi sulla possibilità che le donne pratichino certi sport (come rugby), tuttavia una
discriminazione di genere simile è avvenuta con bill may, atleta di nuoto sincronizzato (sport quasi
totalmente femminile), a cui stava per essere vietato di gareggiare durante una competizione, alla
fine ottenne il permesso, diventando quasi un mito e simbolo in quel periodo. Tra gli altri motivi di
polemica c’è quello della maternità che, se avviene durante la carriera, prevede quasi
obbligatoriamente, per ovvi motivi, l’interruzione del proprio percorso sportivo (anche nella vita di
una non sportiva ovviamente). Inoltre al ritorno post gravidanza, non è detto che la prestanza fisica
originale sia recuperabile, ancora il mondo dello sport non sa come risolvere questa situazione e
risulta particolarmente indicativa la storia di Alicia Montagno che corse, incinta di 8 mesi e,
successivamente, venne ostracizzata dalla Nike (per la quale faceva da sponsor) poiché una clausola
stabiliva che nel momento in cui queste atlete non potevano più concedere la massima prestazione
fisica, cessavano i pagamenti, nacque così una grande polemica che ha riportato sotto i riflettori il
problema. Si ha poi la questione pay-gap, la differenza tra la paga maschile e femminile, basti
pensare che, secondo la lista FORBES, l’atleta maschile più pagato del 2019 è stato Lionel Messi
con uno stipendio di circa 112 milioni annuali, mentre la sportiva più pagata nel medesimo anno è
stata Serena Williams con “soli” 30 milioni annuali. In più si hanno la questione del transgender e
degli sport misti, causa di tabù per il contatto che avviene tra sessi opposti e l’impari prestanza fisica.
Similmente nell’industrialismo, l’uguaglianza ha un valore centrale, perché tramite la mentalità
dell’achievement ossia del “raggiungimento degli obbiettivi”, l’uomo si svincola dal concetto di
ascrizione fissa in vigore fino al momento (non potevi fare la scalata sociale, o nascevi nobile,
oppure nobile non diventavi).
3. SPECIALIZZAZIONE: è quel processo che porta il singolo soggetto/gruppi a sviluppare delle
competenze sempre più specifiche e settorializzate. Nello sport la specializzazione la possiamo
vedere in 3 dimensioni:
-SPECIALIZZAZIONE per PROFESSIONISMO= racchiude tutta la condotta di vita che l’atleta deve tenere
in merito all’impegno professionale sportivo preso (sessioni di allenamento, tenore di vita, diete, disciplina,
etc) per ottenere un’ottima performance.
-SPECIALIZZAZIONE per DISCIPLINA= in passato esistevano atleti “polisportivi”, ossia che si
concentravano su più di una pratica sportiva (jesse owens, cesare rubini), col passare degli anni e con
l’innalzamento del livello di performance però questo diventa impossibile, infatti l’atleta polisportivo toglie
energie, tempo e allenamento a entrambe le discipline diventando discreto in entrambe ma non eccellendo in
nessuna delle due. Questo avviene tutt’oggi negli atleti che si preparano per esempio per il triathlon, iron
man, etc, dove gli sportivi sicuramente saranno abili in tutte le varie pratiche, ma, paragonate a un campione
di una singola disciplina, non potrebbero competere.
-SPECIALIZZAZIONE per RUOLO= il ruolo è un repertorio di comportamenti attesi, ossia ciò che ci
aspettiamo quando ci rivolgiamo a un soggetto tenendo conto di quale sia il suo ruolo. Questa
specializzazione traspare principalmente negli sport di squadra, dove si hanno le sofisticazioni di tattiche,
azioni, prassi, formazioni, etc, che trovano massima espressione in un singolo atleta che assume un
determinato ruolo (libero nella pallavolo, difensore nel calcio,allenatore per difesa e per attacco nel football
americano e la divisione stessa della squadra, etc). Uno degli esempi più calzanti di questa specializzazione
per ruolo è sicuramente ritrovabile in una delle prime formazioni applicate al calcio 1_1_8 (messo il portiere
in porta, veniva lasciato solo 1 calciatore in difesa, 1 solo in centrocampo e ben 8 attaccanti), da questo
iniziale schieramento, è stato via via capito come il lavoro di squadra fosse fondamentale per ottenere
armonia e successo tra compagni di squadra. La scelta del ruolo va ricordato come si tratti di un mix tra le
caratteristiche dell’atleta e le necessità della squadra.
Nell’industrialismo la specializzazione è fondamentale perché ogni operaio si specializza in un piccolo gesto
(taylorismo, catena di montaggio) che è però fondamentale per ottenere il prodotto finale.

4. RAZIONALITA’ e RAZIONALIZZAZIONE: la razionalità è un criterio di organizzazione e di azione


che viene adottato per raggiungere il risultato più efficiente e positivo possibile tra quelli ottenibili, a partire
dalle risorse che si possiedono. Tuttavia il razionale non rappresenta l’optimum per sempre e in ogni caso,
infatti una cosa razionale in un dato momento x può non esserlo più successivamente; è qui che entra in
gioco la razionalizzazione, ossia un processo di aggiustamento progressivo a cui noi sottoponiamo
determinati oggetti, seguendo quindi l’ottica che l’optimum di eccellenza sempre valide non sia
raggiungibile, bensì si punta all’esito migliore ottenibile in quel momento. Lo sport è un fatto di razionalità e
razionalizzazione nella misura in cui costituisce un passaggio dalla dimensione “ludica” di una pratica
sportiva alla sua dimensione agonistica formalizzata, tramite per esempio la fissazione di un corpus
regolamentare (razionalità perché lo sport deve essere giocato nello stesso modo oggettivo e standardizzato,
in qualsiasi tempo e circostanza), tuttavia si ha un processo di razionalizzazione man mano che le regole
vengono provate e applicate per vedere qualora funzionino oppure provochino complicazioni con
l’evoluzione della disciplina. Questo è un costante processo evolutivo che possiamo trovare, per esempio, nel
lancio del giavellotto che, come tutte le discipline dell’atletica leggera, è una performance leggera ma,
tuttavia, è stata caratterizzata da un lungo percorso di razionalizzazione del lancio dell’attrezzo stesso. I
regolamenti delle discipline sportive sono quindi in costante aggiornamento, perché lo sport deve adattarsi
alle mutate condizioni tecniche e fisiche. Troviamo tuttavia anche cambiamenti regolamentari dettati da altre
esigenze che non hanno a che fare con lo sviluppo della performance, bensì soddisfano l’esigenza degli atleti
e “attori” della gara, oppure del pubblico e dello spettatore, lo sport infatti si basa molto sul pubblico e il
seguito che genera, diventando una fonte di “spettacolo”, ossia una circostanza che è stata organizzata per
generare emozioni collettive. Soprattutto a causa della televisione (payTV) e del finanziamento dello
spettacolo sportivo, ultimamente lo sport è cambiato molto per adattarsi alle pretese dei suoi principali
finanziatori. Queste pretese hanno influenzato in particolar modo tutti quelgi sport di durata “imprevedibile”
come il tennis o la pallavolo dando vita alle meccaniche di tie break (penstao per la prima volta nel 1965 e
introdotto nel 1970 in occasione degli US open, inizialmente Wimbledon rimase scettico, tuttavia
successivamente adottò anche questo torneo la nuova meccanica tranne nel quinto set) e rally point system.
Nello sport di alta competizione anche il gesto tecnico la razionalizzazione va specializzato nella modalità
più produttiva possibile, spesso anche rivoluzionando la disciplina stessa, come è successo nel salto in alto
con la tecnica di Fosbury, nel salto in alto principalmente si ha avuto l’avvicendarsi di 3 tecniche: salto
classico quando l’asticella era ancora bassa, poi la tecnica “Ventrale” quando l’asta venne posta più in alto e
infine la tecnica “dorsale” di Fosbury dal 1968. Nell’industrialismo la razionalità è il fine ultimo da
raggiungere per trovare il modo migliore di produrre, si deve tuttavia tenere di conto di variabili in costante
cambiamento quindi diventa fondamentale l’aggiustamento periodico (razionalizzazione).

5. BUROCRAZIA: risponde a un’esigenza di razionalità, la burocrazia è una struttura di apparati e


procedure che servono a orientare le azioni in vista del raggiungimento di un obiettivo; si hanno quindi 2
dimensioni della burocrazia:
-apparati= struttura amministrativa, più o meno amplia e articolata, che è costituita da soggetti e uffici
dedicati a svolgere mansioni piuttosto specifiche.
-procedure= comportamento prefissato, stabilito tappa per tappa, da rispettare quando si deve prendere una
decisione.
Nel caso in cui lo sport non avesse sviluppato una dimensione burocratica, non sarebbero mai state possibili
le competizioni sportive di grande portata (mondiali per esempio) e saremmo rimasti alle semplici gare fine a
se stesse. Ogni parte dell’organo sportivo rientra dentro una specializzazione burocratica, un club sportivo è
una prima dimensione di burocrazia per esempio. La burocrazia sportiva ha il compito di assicurare la
continuità delle manifestazioni, gestire le figure dei giudici di gara, decidere le punizioni disciplinari e
combattere il fenomeno del doping tanto per citarne alcuni. Un altro aspetto della burocrazia è che ogni
azione in vista di un obbiettivo, deve svolgersi secondo un procedimento standardizzato, fatto di tappe che
non si possono saltare.

6. QUANTIFICAZIONE: nasce dalla necessità di standardizzare ulteriormente lo sport. Infatti tramite


l’invenzione di metodi di misurazione abbiamo reso più facile l’assegnazione della vittoria, tramite punti,
distanza, tempistica, etc, e sempre con minor margine di errore. Principalmente questa diffusione è nata negli
sport nordamericani (football etc) nei quali vengono prodotte cifre in base al rendimento individuale del
giocatore e quello di squadra, e grazie a questi dati si può ricavare una lettura più approfondita della gara
stessa. Nell’industrialismo si basa tutto sulla fissazione di obbiettivi quantitativi.

7. RECORD: quando parliamo di record dobbiamo rifarci alla duplice accezione che lo caratterizza, un
significato è registrare/lasciare la traccia, ma anche nello sport l’accezione è doppia:
-prestazione che sposta una spanna più in là i limiti delle possibilità umane= è la prestazione che ci colpisce
e stupisce perché l’uomo riesce a strappare un altro margine di miglioramento alle condizioni di adattamento
all’ambiente circostante;
-record come cumulo di prestazioni= anche questo da luogo a dei primati che ci colpiscono, nonostante non
venga compiuta la singola prestazione d’eccellenza che è un evento “spot” che fa la storia nella storia di un
certo sport singolo, la collezione di titoli, vittorie da parte di un singolo atleta o da una squadra è comunque
impressionante.
Il record è una categoria fondativa dello sport, perché lo sport si basa sul fatto che la prestazione possa
sempre essere migliorata, il limite viene visto come una frontiera che può sempre espandersi.
Questo concetto fa parte della logica dell’industrialismo, la produzione industriale infatti viene concepita
come se non dovesse avere limiti alla crescita, se noi guardiamo quale sia l’indice con cui misuriamo lo stato
di salute di una economia industriale, vediamo che è il PIL (prodotto interno lordo), un indice pensato per
produrre esclusivamente numeri positivi, se produce numeri negativi se decreta subito lo stato di crisi; questo
ci fa capire come l’economia industriale, proprio come lo sport, abbia un principio incrementale.
Il record è il massimo simbolo dello spirito dello sport e dell’industrialismo.

RELAZIONE TRA SPORT E MODERNITA’:


Lo sport moderno non esiste, perché ogni disciplina sportiva è di per sé frutto del processo di
modernizzazione. Come dobbiamo quindi analizzare lo sport nella società attuale, post moderna? Uno degli
elementi trainanti della post modernità è il fenomeno della globalizzazione, che trasforma lo stato-nazione
facendolo uscire dai propri confini territoriali e identitari, dando vita a nuove culture, nate dall’unione di
etnie differenti, evento che prima non avrebbe avuto modo di verificarsi per la mancanza di mezzi e trasporti.
La globalizzazione ha impattato molto sullo sport, in special modo sulla sua struttura. Con il concludersi del
processo di modernizzazione, il fenomeno del record inizia a venire a meno, diventando quasi un evento di
mainstream. Questo perché anche lo sport è un’industria, con un enorme introito economico, tant’è che dal
punto di vista della sua dimensione agonistica, lo sport produce da sempre 2 categorie di “merci”:
-la prestazione= nello sport si sviluppa una performance in vista di un risultato, in costante crescita e
miglioramento;
-spettacolo= lo sport è spettacolo da che esiste, impatta su una classe di attori che etichettiamo come
pubblico che vuole consumare sport non come direttamente impegnati nell’attività agonistica ma in quanto
fruitori dello spettacolo.
Tenuto conto di ciò ricordiamo che nel pieno della modernità lo sport era un’industria capace di produrre in
egual misura entrambe queste 2 merci, anzi era tarato in modo tale che più cresceva la prestazione, più
cresceva lo spettacolo, e in questo senso il record era la massima manifestazione di tutto ciò. In passato
l’abbattimento del record era un processo che richiedeva tempo, dedizione e performance impeccabili, tanto
che quando avveniva, era davvero motivo di stupore. Nella società post moderna però questo rapporto è
andato rompendosi, anzi invertendosi, perché il sempre costante, crescente e eccessivo aumento della
performance porta a deprimere il grado di spettacolo (più prestazione=meno spettacolo) e il pubblico non si
stupisce più dell’abbattimento del record, che non viene più visto come un faticato processo con cui l’uomo
sposta di una spanna il proprio limite, bensì come un evento frequente e comune. L’eccesso di prestazione
trova il suo apice nei mondiali di nuoto svolti a Roma nel 2009 a causa dell’introduzione e uso dei costumi in
poliuretano che, a causa di uno sviluppo eccessivo della performance prodotta da una tecnologia che
diventava fine a sé stessa, vennero definiti doping tecnico. In quei giorni i record venivano battuti con un
susseguirsi costante, spesso non duravano nemmeno un paio di ore prima di essere superati, è così che, in
funzione di proteggere lo spettacolo, viene stabilito il ritorno ai costumi in tessuto. Tuttavia il vantaggio
tecnologico non è l’unico elemento che rischia di sbilanciare questo rapporto tra performance e spettacolo,
infatti anche lo sviluppo eccessivo di alcune abilità tecniche, prassie, perfezionate a tal punto da diventare
fonte di punto quasi certo (come l’ace nel tennis), possono dar vita a elementi di anti spettacolarità se elimina
la disputa nella gara. Infatti poiché una gara susciti interesse è necessario che mantenga un “equilibrio di
tensione” ossia la disputa tra le forze in campo deve essere fatta di scambi fitti, con incertezza sul possibile
esito della gara. Similmente nella formula 1 è avvenuta una paralisi in gara data dall’eccessiva crescita della
performance che ha portato a una quasi totale perdita della spettacolarità, quindi in risposta a questo
mutamento, c’è stato un contenimento della crescita di performance, cosa che ha investito lo sport
industrialista per eccellenza.

LA NARCISIZZAZIONE DELLO SPORT:


il rapporto spettacolo prestazione, come già detto, si è squilibrato, tanto che ci potremmo chiedere qualora la
performance agonistica stia o meno diventando un elemento secondario rispetto allo spettacolo. Lo storico
Christopher Larsch pubblicò nel 1979 negli US il libro “l’origine del narcisismo”, nel quale si interrogava
e trattava del narcisismo, ossia quella predisposizione che porta l’individuo a indugiare su sé stesso, a essere
orientato verso il piacere immediato a cui si da privilegio rispetto ai valori morali, una tendenza verso i valori
estetici e la prevalenza dell’estetica sull’etica; in poche parole una società basata sul proprio godimento
personale. Larsch analizza i singoli aspetti del narcisismo e, tra i tanti temi, troviamo anche quello dello sport
e della sua trasformazione sociale e culturale negli US in quel periodo, sempre sotto uno stampo narcisista.
Larsch afferma come si ha un affermarsi sempre più pervasivo della società dell’immagine, cambiamento
indotto dal ruolo che la TV aveva nella società di quegli anni, cambiamenti che portavano a spostarsi dalla
mentalità di società a quella dell’individuo. Tornando allo sport il sociologo ritiene che la prestazione
dell’atleta non è più esclusivamente l’insieme di azioni che portano al raggiungimento di un certo obbiettivo,
bensì anche l’esibizione per attirare il pubblico e la sua approvazione, anche al di fuori della mera sfera
sportiva, creandosi così un rapporto di autocompiacimento. Questo riguarda sia il rapporto degli atleti degli
sport individuali, sia di quelli degli sport di squadra. Tale atteggiamento viene accentuato dalla presenza
delle TV, dei media, che scorporano gli atleti dallo sport di squadra, amplificandone i tratti, le espressioni, i
gesti, etc. In epoca pre-narcisistica, la fama dell’atleta dipendeva da quanto riuscisse a dimostrare sul campo,
il successo come personaggio pubblico dipendeva da quanto talento fosse in grado di mostrare in campo.
Successivamente, nello sport narcisizzato, la fame dell’atleta dipende in particolar modo anche dalla sua
abilità di produrre una certa immagine di sé. Successivamente alle affermazioni di Larsch, anche in Europa
inizia a verificarsi la stessa situazione e ne diventa un esempio Anna Kournikova, giovanissima tennista di
origine russe emigrata in America per formarsi presso una delle più importanti accademie mondiali del
tennis. L’atleta, nonostante fosse solo 16enne, riuscì a raggiungere la semifinale di Wimbledon dove incontrò
la sconfitta, tuttavia aveva davanti a sé una carriera che prometteva un successo enorme, ma,
successivamente non vinse più quasi nulla in alcun tipo di torneo; tuttavia una caratteristica di Anna
Kournikova era la bellezza oltre che la bravura, cose che la portarono a diventare un personaggio di fama
pubblica e con grande seguito, diventando una grande testimonial pubblicitaria, giocando anche sul ruolo del
tennista da lei ricoperto, sposò anche la popstar Enrique Iglesias, aggiungendo ancora più notorietà alla sua
persona. Si arriva così a trattare delle concezioni di:
-eroe nello sport= colui che primeggia nella disciplina sportiva;
-celebrità nello sport= è un giudizio descrittivo (che si limita a registrare la realtà delle cose) e non valutativo
(soggettivo), si può essere celebri per cose positive e negative (papa Francesco e Totò Rina per esempio);
ci sono atleti che vengono considerati low hero ma high celebrity e vice versa.
-tipi di narcisismo nello sport contemporaneo:
abbiamo visto come l’immagine che ciascun atleta fa passare di sé, diventa un elemento sempre più
fondamentale nello sport contemporaneo, curando il proprio atteggiamento, outfit, comportamento e vita
privata, conscio del fatto che la sua è una vita da “personaggio pubblico” sotto tutte le sfere, costantemente
sotto l’attenzione mediatica. Il giudizio che il pubblico si fa di un atleta non è più basato esclusivamente sulla
sua capacità sportiva, bensì anche sulla sua attitudine. Ci sono diverse tipologie di narcisismo perché diverso
può essere il percorso:
-narcisismo dell’atleta che diventa una sorta di eroe “maledetto” tipo rockstar (es. Balotelli, Best, Luigi
Meroni), personaggio che va incontro a sfortune nella vita cercate o meno, che non va a genio ai benpensanti,
stravagante e imprevedibile. Rientrano nelle figure che sono sempre state perdonate dal pubblico che
attribuiva a questi soggetti uno stile di vita “sopra le righe”. Degli sportivi cavalcando l’onda del, anche
mediocre, successo sportivo sono diventati vere e proprie celebrità (stefano Bettarini);
-narcisismo dell’atleta che conquista il successo sportivo al massimo livello, per esempio Aldo Montano alle
olimpiadi di Atene del 2004, in cui conquistò l’oro all’età di 26 anni, nel pieno della carriera e venne posto
da quel momento sotto i riflettori, tanto che la sua vita personale iniziò ad essere più seguita della sua
carriera sportiva, causando anche litigi con la famiglia dell’atleta stesso. Il palmares di Montano rimase
comunque molto rispettabile, pieno di medaglie e di podi conquistati grazie alla prestanza e abilità sportiva,
facendo intuire che la grande esposizione che ha avuto come personaggio pubblico non ha influenzato
drasticamente sulla sua carriera, però sicuramente, non avesse profuso così tante energie per la sua immagine
pubblica, probabilmente avrebbe ottenuto ancora più successi;
-narcisismo estetico e professionale, ne è un esempio David Beckham che è indubbiamente stato un
calciatore che ha dimostrato di aver un grandissimo talento, ottenendo numerose vittorie e essendo
indiscutibilmente un “eroe sportivo”, tuttavia con Beckham il calciatore diventa il prototipo del personaggio
pubblico che fa comunicazione a 360 gradi, nonostante il livello di vigoria atletica. David Beckham divenne
subito uno straordinario testimonial di “sè stesso”, anche grazie al fidanzamento con Victoria Adams (spice
girl) dato che inizialmente era lei il personaggio famoso e lui i primi anni divenne noto come lo “spice boy”;
la seconda ragione del suo successo sociale è che ha dato un imprinting alla figura del calciatore che ha
plasmato anche il ruolo del calcio nella post modernità, diventato ormai fonte di intrattenimento per
eccellenza. Nonostante questo processo si fosse già messo in moto prima di Beckham, quest’ultimo è
sicuramente uno dei massimi rappresentanti di tale cambiamento. Il ruolo da testimonial di Beckham ci viene
dimostrato anche dagli ultimi passaggi della sua carriera calcistica, venne infatti ingaggiato da club europei
di fama mondiale (milan, PSG), in cui giocò pochissimi match, per il fatto che era un vero e proprio “brand”
con un seguito mediatico, di marketing e sociale enorme; per lo stesso motivo a fine carriera approvò nella
MLS nei L.A. Galaxy, nella speranza che la lega calcistica nordamericana grazie a lui potesse avere una
spinta definitiva verso il decollo per la fama mondiale. Ancora oggi continua a essere un’icona pubblicitaria,
nonostante la sua carriera sia da molto terminata; per capire il suo enorme successo da testimonial, basti
pensare che da uno studio fatto sui suoi guadagni annuali, soltanto ¼ era legato alle prestazione agonistiche, i
restanti ¾ erano legati a tutto ciò che ha a che fare con il marketing. Beckham è stato anche un simbolo dello
stile metrosexual, un attitudine androgina, una quasi maniacale attenzione all’aspetto estetico (depilazione,
etc).

IL SALTO CULTURALE DELLO SPORT NELLA POST-MODERNITA’


questo salto avviene sempre nell’ottica che la performance è soltanto secondaria rispetto allo spettacolo. Lo
sport diventa quindi SPORT per PURO SPETTACOLO, intendendo con questa frase la propensione a
produrre uno spettacolo non strettamente legato allo sport e alla dimensione di campo e della performance,
ma che ha contenuti tipici di altri tipi di spettacolo (fiction e reality show per esempio). Questa nascita di uno
sport “ibrido” con tratti di telefiction e reality show è una caratteristica tipica della post-modernità, ossia
l’unione di due elementi apparentemente completamente diversi. Troviamo un esempio calzante con il reality
show “Campioni, il sogno”, andato in onda tra il 2004-2006 che aveva al centro una squadra di calcio, il
Cerbia, e seguiva le vicende quotidianamente (vita da spogliatoio, allenamenti, singoli approfondimenti sui
singoli atleti, etc). Nella prima stagione la squadra vince il campionato d’eccellenza e va in serie D, tuttavia
nella seconda stagione, non riesce a entrare in c2. Era addirittura presente una tecnica di televoto che faceva
decidere parte dei giocatori che avrebbero giocato, si crea una situazione in cui dominano solamente le
ragioni dello spettacolo. I protagonisti di questo show hanno avuto successivamente più successo in altri
reality show (che non c’entrano nulla con lo sport) che nello sport. Similmente anche in occasione delle
olimpiadi di Atlanta del 1996, si ebbe un’opera mediatica che fece diventare queste olimpiadi le “soap
olimpiadi”, essendoci addirittura delle linee guida per la mediatizzazione degli eventi:
1-privilegiare gare dove vincevano gli americani;
2-tagliare i tempi morti;
3-mandare in onda gli spot al millesimo di secondo;
4-inserire al punto giusto uno dei 135 servizi, che la giornalista aveva realizzato prima delle olimpiadi in cui
esplorava il lato umano dell’atleta.

L’ultimo step della post modernizzazione dello sport: nulla di vero tranne lo spettacolo
per parlare di questo tema partiamo da 3 “gare”:
-quella fittizia tra Michael Phelps, campione statunitense del nuoto definito lo squalo, e uno squalo vero,
organizzata da discovery channel e altamente pubblicizzata. L’atleta viene chiamato a misurarsi con lo squalo
naturale, per capire chi tra i due abbia maggiore reattività e abilità su un breve tratto, inizialmente
gravitavano molti dubbi su come potesse svolgersi una gara del genere con un animale feroce e molto
pericoloso; proprio questa particolarità fece attirare molte attenzioni e seguito sulla gara. Tuttavia di sport in
questa vicenda c’è ben poco, non esisteva alcun equilibrio competitivo, nessuna continuità, si trattava
esclusivamente di un evento “spot”. Come volevasi dimostrare, non si trattò nemmeno di una gara vera e
propria, inoltre l’atleta si confrontava con 3 squali diversi: di scogliera, martello, bianco; venne ipotizzata la
velocità media sul breve tratto dei vari squali e confrontata digitalmente con quella di Phelps, il quale riuscì a
trionfare (discutibilmente) solo sullo squalo di scogliera. Di tutto ciò rimase quindi solo lo spettacolo,
camuffato da evento sportivo;
-il match di boxe tra Conor McGregor (MMA) e Floyd Maywheter Jr.(boxe), similmente pure in questo caso,
mancava completamente l’equilibrio sportivo, Floyd campione imbattuto (51-0) del pugilato, Conor,
campione di tutt’altra disciplina di contatto (mixed martial arts) con tutt’altre regole e caratteristiche. Anche
in questo caso l’operato mediatico fu enorme, venne passato come “il match del secolo”, i biglietti vennero
venduti per cifre astronomiche, le scommesse andarono alle stelle. Anche in questo caso si ha una
circostanza generata tanto per dare spettacolo, dato che lo sport non aveva, neppure qua, alcun ruolo, la gara
stessa poi si rivelò una farsa, come ci dimostra il tempo che è durata (10 riprese), infatti nel caso fosse stato
un incontro realistico, Maywheter Jr. avrebbe potuto concluderlo fin dalla prima ripresa, tuttavia, fosse
andata così, ci sarebbe stato un riscontro molto negativo da parte del pubblico. Al pubblico deve essere
sempre concesso l’equilibrio di tensione, altrimenti non viene soddisfatto. Probabilmente l’intento di tale
spettacolarità programmata è stato quello di ridare notorietà al pugilato, disciplina dal nobile passato ma dal
futuro incerto, gli atleti stessi sono stati pagati, per questo singolo incontro cifre esorbitanti (350milioni
Floyd, 100 Conor);
-il tentativo del maratoneta kenyano Eliud Kipchoge, di correre sotto il limite delle 2 ore, il circuito
automobilistico di Monza, anche in questo caso, prestazione che differisce dal classico, la maratona non
viene corsa in un tratto in “linea” bensì ciclico e con un perfetto livellamento, tant’è che il riconoscimento
delle autorità sportive non venne mai dato (anche se non era stato nemmeno richiesto). L’evento era
finanziato e organizzato dalla Nike stessa con l’obbiettivo di abbassare il tempo di percorso di una maratona
sotto le 2 ore. Terminò con un risultato che, a seconda di come lo si volesse valutare, era record e non lo era,
infatti venne realizzatò un tempo di 2 ore, 0 minuti e 25 secondi, battendo la prestazione record ufficiale in
vigore fino a quel momento di quasi 3 minuti (tuttavia il record non viene riconosciuto per i sopra citati
motivi), ma la sua prestazione non viene riconosciuta per 25 secondi perché non è riuscito a portare il tempo
sotto le 2 ore. Poco più di un anno dopo (nel 2018), lo stesso atleta battè il record ufficiale della maratona e
portò il tempo di compimento a 2 ore 0 minuti e 39 secondi (ancora imbattuto), successivamente ritentò a
portarla sotto le 2 ore e ci riuscì in maniera non ufficiale;
Con questi esempi arriviamo all’ultimo stadio (fino ad ora ) dello sport nella post-modernità.

IL CAMBIAMENTO DELLO SPORT CON LA GLOBALIZZAZIONE


Alla fine degli anni 80 l’assetto sport-statonazione viene messo in difficoltà dal fenomeno della
globalizzazione. Prima di parlare di questo tema, apriamo l’argomento parlando della sentenza Bosman del
15 dicembre 1995 che tracciò una linea di separazione tra ciò che c’era prima e ciò che avvenne
successivamente. Bosman è un ex-calciatore belga classe 1974, centrocampista di discreto livello nel
campionato belga, pressochè sconosciuto all’infuori della sua nazione. Nell’estate del 1990 Bosman aveva
25 anni e aveva appena terminato la stagione agonistica con una squadra di serie A belga, le cause per cui
originò questa battaglia legale sono le seguenti: Bosman era in scadenza di un contratto biennale con il Royal
Club Liegi, che lo pagava mensilmente 120000 franchi belgi (3000 euro circa). A poco più di 2 mesi dalla
scadenza il royal club gli ripropose un altro contratto con durata biennale e con un pagamento mensile del
minimo salariale (¼ di quanto Bosman guadagnava, circa 740 euro mensili), Bosman lo rifiutò e venne
quindi inserito nella lista dei giocatori cedibili, anche la cifra di indennità di formazione varia diventando di
circa 290000 euro (sarà questo l’elemento cruciale su cui si baserà la lotta legale di Bosman). Poichè nessuna
società aveva mostrato il suo interesse a un “trasferimento imposto”, Bosman aveva contattato la società
calcistica francese di serie B “Dunkirk” che lo ingaggia con un salario medio mensile che quasi pareggia
quello suo originale, oltre a un premio iniziale di assegnatura/di firma. L’affare sembra concluso, ma sfuma
all’improvviso, poiché dubitando della liquidità della società Dunkirk, il royal club non ha richiesto i
documenti necessari per il trasferimento, rendendo così nulla la cessione e, inoltre, impedì a Bosman di
giocare nella stagione successiva. A Bosman, nonostante fosse in termine di contratto, venne impedito di
andare al Dunkirk perché fino a prima che venisse pronunciata la sentenza Bosman, l’atleta professionista
era proprietà del club anche a contratto scaduto, era infatti in vigore un sistema di lavoro definibile
“schiavista”, se una società avesse voluto non far più giocare un proprio calciatore, avrebbe potuto farlo. I
calciatori erano alla totale mercé della propria società. La cifra di indennizzo veniva calcolata dalla uefa
attraverso il calcolo di 3 diversi parametri:
-ingaggio lordo percepito dal calciatore nell’ultima stagione;
-età (partendo dal parametro 14, ossia dai 18 anni, fino ad arrivare al parametro 2, ossia dai 30);
-coefficiente legato alla differenza di categoria tra la società acquirente e quella cedente (se il giocatore
saliva di una categoria il parametro di moltiplicazione era 2, se il calciatore saliva di 2 o più categorie il
coefficiente era 3, infine se il calciatore rimaneva nella stessa categoria, o scendeva di categoria, il parametro
era 1).
La sentenza Bosman rinnova il meccanismo di trasferimento dei calciatori sotto 2 aspetti:
-si ha l’abolizione dell’indennità di formazione da corrispondere al club cedente anche a contratto scaduto;
-si ha la liberalizzazione della circolazione degli atleti professionisti comunitari nei campionati comunitari,
elemento su cui fece appiglio il team legale di Bosman, dicendo che l’atleta si era visto negare la possibilità
di trasferirsi in un altro team militante in un campionato di un altro paese.
Nella serie A italiana, già prima della legge Bosman, vigeva già per i club la libertà di tesserare senza limiti i
calciatori provenienti da paesi comunitari, era però limitata la possibilità di schierarli in campo. Era infatti
affermato il principio del 6+5 ossia in ogni momento della gara almeno 6 giocatori dovevano essere italiani e
al massimo 5 stranieri (tra cui 3 stranieri propriamente intesi mentre 2 “assimilati”, ossia militanti
ininterrottamente da almeno 5 campionati).
Fu così che, con la sentenza Bosman, si ebbe un imprinting all’europeizzazione culturale delle società
nazionali. Il principio di nazionalità nello sport viene messo in discussione dalla nuova politica di libera
circolazione, tant’è che, questo principio stesso, muterà e troverà un nuovo spazio di espressione.

LA GLOBALIZZAZIONE NELLO SPORT DOPO LA SENTENZA BOSMAN


si inizia a parlare del termine globalizzazione intorno agli anni 80, quando processi ed elementi fino a quel
momento esclusivi di una certa nazione iniziano ad essere “sovranazionali”, costituendo scambi, interazione
e relazioni con altri paesi senza perdere d’occhio la propria cultura nazionale. Inizialmente si guardava alla
globalizzazione esclusivamente come un fenomeno economico, giostrato dalle grandi imprese nazionali, solo
in un secondo momento si è recepito quanto la globalizzazione fosse anche un fenomeno che permetteva la
comunicazione tra culture e identità che, fino a quel momento, non avrebbero mai potuto incontrarsi, dando
così vita a “contaminazioni” e aperture al cambiamento, creando nuove idee e culture eclettiche.
Lo stato nazione nella modernità è stato fondamentale per lo sport, a ripartire dalla rifondazione del
movimento olimpico nel 1896 (organizzate dal Pierre de Coubertin). Le federazioni, club sportivi,
associazione etc, si basavano tutte sullo stato nazione e continuano a farlo.
Arriviamo al tema della selezione del talento, attività svolta da coloro che vogliono mettere su una società
sportiva e devo raccogliere atleti da far gareggiare. In linea di principio si svolge in 2 modalità:
-formazione= attività che consiste nell’acquisire il talento grezzo (atleta in età giovanissima) e plasmarlo
dandogli una prospettiva di continuità in carriera agonistica secondo le sue specialità;
-reclutamento= acquisto del talento già pronto (o quasi) formato da altri, avviene tramite il mercato;
tra le due l’attività più costosa tra le due è la formazione, che prevede l’investimento di una quantità enorme
di risorse su tanti atleti per formare una squadra, senza alcuna garanzia che questi investimenti fruttino
positivamente; tante sono le variabili infatti che possono portare o a una perdita delle aspettative nei
confronti della promessa, o, ancora peggio, a una perdita del giocatore che, sviluppate le sue potenzialità e
attirate attenzioni di club di alto livello, decide di andarsene dalla sua squadra d’origine che lo ha formato
senza lasciare alcun tipo di ritorno economico.
Il club sportivo può scegliere se fare formazione, reclutamento o entrambe, sicuramente la seconda è più
vantaggiosa da un punto di vista economico. Le rappresentative nazionali tuttavia dovrebbero basarsi sulla
formazione, poiché gli atleti selezionati da questi enti sono coloro che rappresentano lo Stato a livello
internazionale, tuttavia capita che anche questi enti si dedichino al reclutamento di atleti già formati in altri
paesi, questo è sicuramente uno degli elementi più evidenti che dimostrano l’impatto della globalizzazione
nello sport. Potendo pure le federazioni sportive e comitati olimpici fare reclutamento, vediamo in cosa
consiste, si tratta infatti del tema della “naturalizzazione”(passaporto nazionale concesso a un cittadino di un
altro paese), un meccanismo diversamente regolato dalle legislazioni nazionali e che, declinato nell’ambito
dello sport, deve far conto anche con i regolamenti delle singole federazioni nazionali di disciplina che
possono essere più o meno rigidi. Ci sono dei criteri e dei principi con cui viene assegnata la
cittadinanza razionale, i criteri sono 2:
-ascrittivo= stabilisce che qualcosa ci venga stabilito alla nascita;
-acquisizione= la citt. nazionale può essere acquisita in un certo momento della nostra vita e si tratterà di una
cittadinanza diversa da quella ottenuta alla nascita;
tuttavia dobbiamo anche inserire i principi dell’attribuzione della cittadinanza:
-ius sanguinis= afferma che siamo cittadini per discendenza di sangue;
-ius solis= afferma che chiunque nasca sul territorio di una certa nazione, nonostante abbia cittadini stranieri,
è considerato cittadino di una certa nazione;
(ovviamente entrambi i diritti per essere validi devono essere riconosciuti dallo stato nazione).
A partire dagli anni 90, con la globalizzazione si ebbe un incremento esponenziale della naturalizzazioni
degli sportivi, nascendo così il fenomeno, sempre crescente, di atleti che hanno gareggiato per più nazionali,
anche a causa del frazionamento di alcuni stati nazione (ex URSS, ex iugoslavia, etc). Prima degli anni 90 i
cambiamenti di cittadinanza avvenivano ugualmente, tuttavia non era così frequente.

LA CITTADINANZA PER SKILL


L’atleta NIURKA MONTALTO, naturalizzata legalmente dalla Spagna grazie al suo matrimonio con un
cittadino spagnolo, si ritrovò al centro di una polemica con il Comitato Olimpico del suo paese di origine,
quello di Cuba. Nonostante vivesse una difficile situazione economica a causa dell’embargo commerciale
imposto dagli Stati Uniti, lo sport rivestiva un grande valore per i cubani e la nazione riusciva a garantire
comunque un sistema elevato di avviamento allo sport e di produzione di talenti in diverse discipline
specialmente nell’atletica. Gli atleti e le atlete cubane erano visti/e come dei patrioti e qualora essi
decidevano di gareggiare per un’altra nazione venivano considerati come dei traditori, Niurka Montalvo si
trovò proprio in questa situazione nel momento in cui decise di optare per la nazionale di atletica spagnola.
Nel 2000, durante le Olimpiadi di Sidney, Niurka dovette gareggiare con la Spagna ma non potè partecipare
a quella manifestazione sportiva a causa del Comitato Olimpico cubano che glielo impedì. Quest’ultimo poté
avvalersi di una regola del CIO riguardante la nazionalità degli atleti, per la quale fu impedito a Niurka
Montalvo di partecipare a quelle Olimpiadi. Nel caso in cui un atleta cambi nazionalità dopo aver già
gareggiato per la propria nazionale, non può partecipare ai Giochi Olimpici per 3 anni dopo il suo cambio di
nazionalità a meno che non intervenga un accordo tra il Comitato Olimpico del paese d’origine e quello del
paese per il quale l’atleta gareggerà. ALBERTO JUANTORENA, che all’epoca era il presidente della
federazione dell’atletica cubana, spiegò che Cuba negò la partecipazione a Niurka sia per motivi patriottici,
ma soprattutto per la necessità di contrapporsi ad una tendenza, riguardante i paesi più ricchi, che si stava
sviluppando nello sport globale, cioè “saccheggiare” il talento sportivo dei paesi più poveri. Egli sosteneva
che questa tendenza si presentava come una sorta di NEO-COLONIALISMO SPORTIVO (muscle drain),
dove il passaporto diventava a tutti gli effetti un oggetto di mercato. Un esempio di ciò che intendeva Alberto
Juantorena lo troviamo nel caso dell’atleta kenyota STEPHEN CHERONO, il quale passò alla nazionale del
Qatar cambiando addirittura il proprio nome in linguaggio arabo. La facilità nella naturalizzazione degli
atleti vede nascere quindi un tipo di naturalizzazione sportiva, che non ha più a che fare con la legalità di
essa, denominato CITTADINANZA PER SKILL e che viene erogata al termine di una trattativa fra l’ente
sportivo dello Stato-Nazione e il singolo atleta. Stephen Cherono viene naturalizzato dal Qatar non perché
abbia compiuto un percorso legale, ma secondo proprio il principio del reclutamento, in questo modo l’atleta
ottiene risorse che il Paese di nascita non poteva garantirgli, viceversa il Paese che lo acquisisce guadagna
una condizione di maggiore competitività a livello internazionale. Un’esempio che smentisce parzialmente la
tesi di Juantorena sullo favoreggiamento dei paesi più poveri riguarda la nazionale africana del Togo, la
quale nel 2002/3 decise di naturalizzare alcuni calciatori brasiliani per migliorare la qualità della propria
squadra. Questo è proprio il caso in cui le naturalizzazioni sportive avvengono anche da parte dei Paesi meno
sviluppati che vanno a reclutare talenti nei Paesi più potenti, in questi casi lo scambio non riguarda risorse
economiche ma l’opportunità sportiva data agli atleti reclutati, infatti avranno la possibilità di competere a
livello internazionale, ciò che nel loro paese sarebbe stato irraggiungibile.

LA CITTADINANZA PER SKILL (IL CASO DEL QATAR)


Il Qatar è uno tra i paesi più ricchi al modo dal punto di vista delle risorse naturali e della capacità di
monetizzazione ma allo stesso tempo è molto piccolo demograficamente e questo lo penalizza nella
possibilità di formare delle rappresentative nazionali competitive sul piano internazionale. Negli ultimi anni
è diventato una potenza dello sport internazionale grazie a diverse acquisizioni:•Acquisizioni a livello di club
sportivi: ha comprato la squadra del PSG e trasformandolo il una squadra competitiva a livello
internazionale.•Acquisizioni dei diritti organizzativi: negli ultimi anni molti eventi sportivi di spicco vengono
e verranno disputati in Qatar (mondiali di atletica 2019, mondiali di calcio 2022).•Acquisizioni di diritti
televisivi: la BeIN SPORT è una tv che grazie alla potenza finanziaria del Qatar è diventata una delle più
importanti emittenti televisive in ambito sportivo a livello mondiale. Tutte queste acquisizioni sono state rese
possibili grazie alla forza economica del Qatar -> la forza economica di questo paese NON può comprare la
FORMAZIONE di una base sufficientemente grande di atleti da rendere competitive le rappresentative
nazionali dell’emirato quindi, per un paese così demograficamente svantaggiato l’unica alternativa è quella
del RECLUTAMENTO (caso CHERONO).Tra i regolamenti delle federazioni internazionali ci sono diverse
severità a proposito dei cambi di cittadinanza, ad esempio l’atletica era molto permissiva (come abbiamo
potuto notare con il caso Cherono) ma dal 2018 anch’essa ha irrigidito le condizioni. Nel caso del Calcio
invece, dopo quanto successo con la nazionale del Togo, la FIFA ha cambiato e irrigidito le norme sul
mutamento della cittadinanza e sulla possibilità di essere impiegati dalla rappresentativa nazionale del paese
naturalizzatore. Negli anni 2003/04 anche il Qatar, come il Togo, ha cercato di naturalizzare tre calciatori
brasiliani impegnati nella Bundesliga tedesca (Ailton militante nel Werder Brema e capocannoniere della
stagione, Leandro e Dede entrambi Borussia Dortmund) per riuscire a portare la propria rappresentativa
nazionale alla fase finale del mondiale in Germania del 2006.Il tentativo del Qatar fece molto scalpore
rispetto a quello del Togo perché si parlava di giocatori molto conosciuti a livello mondiale militanti in
società importanti come il Borussia Dortmund e non di sconosciuti. Oltre alla FIFA anche il “pubblico”
tedesco si schierò contro questo “malcostume” che stava per dilagare nel calcio internazionale e rischiava di
dare un’eccessiva forza al denaro e mettendo in secondo piano il valore agonistico e la struttura stessa delle
competizioni internazionali. Nel 2004 la sezione dei FIFA STATUES relativa all'eleggibilità dei calciatori
viene riformulata (per impedire al Qatar di naturalizzare i giocatori) con la previsione che, in caso di cambio
di nazionalità, il calciatore possa essere schierato dalla nazionale del paese di naturalizzazione soltanto se
almeno uno di questi punti sia verificato:•È nato nel territorio di rilevanza dell’associazione
naturalizzante•Uno dei suo genitori è nato nel territorio di rilevanza dell’associazione naturalizzante•Uno dei
nonni è nato nel territorio di rilevanza dell’associazione naturalizzante•Ha trascorso almeno 5 anni di
permanenza ininterrotta, dopo il compimento del diciottesimo anno di età, nel paese di naturalizzazione.
Molte federazioni, tra cui la pallamano, non stanno mostrando la medesima prontezza della FIFA e vige
ancora un “liberi tutti” dove il Qatar mostra nuovamente la sua potenza economica. Nel campionato
mondiale di pallamano del 2015 (disputati in Qatar) la rappresentativa nazionale arriva in finale mondiale
arrendendosi solo alla Francia ma, come è possibile questo?Del gruppo solamente quattro giocatori sono
Qatarioti tutti gli altri provengono dalla Tunisia, Bosnia, 1Cuba, Iran, Francia e Siria e un’allenatore
spagnolo. Il Qatar per costruire un’atmosfera d’impatto anche sugli spalti decise di reclutare un gruppo di
tifosi spagnoli pagandoli per tifare Qatar, questo evento ci mostra cosa sia lo sport nell’era della
globalizzazione e come la figura di Stato-Nazione venga rimessa in discussione. Una vicenda come quella di
una nazionale composta da diversi giocatori stranieri che arriva in finale dimostra definitivamente come il
potere dei soldi possa comprare tutto. Nel regolamento di allora si poteva cambiare nazionalità e giocare per
un’altra rappresentativa nazionale a patto che:
•Il cambio avvenisse soltanto una volta in carriera;
•Il giocatore non avesse giocato neanche una partita per la vecchia rappresentativa negli ultimi tre anni;
Anche la federazione internazionale della pallamano, come quella dell'atletica, segue l'esempio del calcio e
pone un freno alla pratica della compravendita di passaporti in seguito allo scandalo Qatar. I cambiamenti
della federazione di pallamano stabiliscono che, affinché un giocatore possa essere eleggibile dalla
rappresentativa del paese naturalizzante debba risiedere per almeno 3 anni ininterrotti nel territorio di
rilevanza dell’associazione naturalizzante. Il tentativo e la direzione delle Federazioni Nazionali è quello di
estinguere questo tipo di mercato dei passaporti.

AFFERMARSI DELLA LOGICA AGGREGATIVA


Contrariamente a quanto facessero pensare i primi effetti dei processi di globalizzazione e le relative teorie
sulla post-nazionalizzazione, il ruolo dello Stato-Nazione non è destinato a scomparire ma ad acquistare un
ruolo diverso -> si parla quindi di una logica che non è post-nazionale MA SOVRA-NAZIONALE perché si
afferma un principio secondo il quale gli stessi Stati-Nazione diventano attori competitivi nella logica della
globalizzazione (logica della globalizzazione in qualsiasi ambito, sportivo e non).“Lo sport analizzato
sociologicamente è una lente d’ingrandimento straordinaria sul mutamento sociale” -> un semplice
mutamento regolamentare nello sport è un’anticipazione su un processo culturale di cambiamento che sta
avvenendo nella società. Inizia ad instaurarsi una diversa interpretazione della nazionalità, non più
essenzialista ma AGGREGATIVA:
•INTERPRETAZIONE ESSENZIALISTA: interpretazione secondo la quale per essere cittadini di uno Stato-
Nazione bisogna esserlo in termini “ascrittivi” cioè quella data dallo IUS SOLIS O SANGUINIS
•INTERPRETAZIONE AGGREGATIVA: idea secondo la quale lo Stato-Nazione può costituire nuovi
cittadini assumendo cittadini provenienti da altri Stati-Nazione annettendoli nel proprio sistema per le ragioni
che riterrà più opportuno -> RAFFORZARE il proprio status internazionale e la competitività nell’ambito
della competizione internazionale.
Lo stato-nazione quindi assume una “forza”del tutto nuova tramite diversi strumenti tra cui quello di
NAZIONALIZZARE ovvero la possibilità di aggregare forze per rendersi più competitivo in ambito di
concorrenza globale -> non si può parlare di sport “post-Nazionale” nell’ambito della globalizzazione. Nel
contesto della globalizzazione gli atleti si vedono conferire un elevato potere negoziale che possono sfruttare
avendo una grande forza contrattuale e una mentalità con un certo cinismo (fanno di tutto per giocare a
livello internazionale, es. Ailton). KAREEM STREETE-THOMPSON, atleta che nei primi anni 2000 fu
capace di distribuire le sue capacità in due discipline diverse (100 mt e salto in lungo).Atleta con doppia
cittadinanza, statunitense e isole Cayman, dovuta al fatto che egli fu nato negli stati uniti ma poi visse fino ai
18 anni alle Cayman -> questo gli permise di gareggiare con due diverse nazioni cambiando cittadinanza
sportiva numerose volte.Inizia come atleta delle Cayman raggiungendo la prima olimpiade (Barcellona ’92),
successivamente passa agli Stati Uniti gareggiando dagli anni ’93 fino agli anni ’99, nel ’99 decise di tornare
sotto le insegne delle Cayman dove aveva meno competitività rispetto agli Stati Uniti. L’atleta ragiona come
un oggetto di mercato e si sposta in base alle opportunità e alle occasioni che avrebbero potuto dargli il
massimo mettendo in secondo piano l’amore per la patria. JON ROBERT (J.R.) HOLDEN, cestista
statunitense classe ’76 che attualmente, dopo essersi ritirato ricopre il ruolo di “director of player personnel”
ai Brooklyn Nets. Ciò che spicca nella sua carriera agonistica da giocatore di altissimo livello annovera nel
palmares personale un titolo da campione del mondo nel 2007 conquistato con la nazionale russa. All’atleta
viene rifilata un’accusa di tradimento sportivo e politico in quanto decise di giocare per quella che, fino ad
anni precedenti, storicamente era la diretta avversaria degli stati uniti sul fronte di guerra sotto il nome di
Unione Sovietica (https://www.espn.com/espn/print?id=3013469&type=story) -> cittadinanza per skill
elevata all’ennesima potenza. JOHANN MÜHLEGG sciatore di fondo tedesco naturalizzato della Spagna
alla fine degli anni ’90. L’atleta classe ’70 aveva già acquisito un certo curriculum con la nazionale di fondo
tedesca ma ebbe problemi con lo staff a causa del suo carattere. In termini di ragionamento aggregativo, in
quanto la Spagna non avesse una grande storia negli sport invernali, la possibilità di arruolare un atleta di
livello medio-alto ma non eccelso era un passo avanti per la competitività del sistema sportivo spagnolo. Nel
2002, dopo diverse vittorie ai mondiali e alle olimpiadi diventa “l’eroe” nazionale, ne ispanizzano il nome in
JUANITO e sui giornali lo considerano il più grande atleta olimpico spagnolo (era tedesco di nascita), nel
pieno di questo delirio arrivano le analisi antidoping relative alle prime due medaglie d’oro e risultò
pesantemente dopato -> PASSÒ DAL PiÙ GRANDE ATLETA OLIMPICO SPAGNOLO AD UN
USURPATORE con due passaporti di fatto ma “senza” nazione sportiva perché nessuno lo voleva. Lo stato-
nazione cambia e inizia a cogliere lo spirito della globalizzazione, non lo subisce più ma lo converte come
una nuova forma di potere gestendo il potere in termini aggregativi tramite la logica della nazionalizzazione
per catturare risorse.
IL MODELLO DELLA LEGA PROFESSIONISTICA NORDAMERICANA
Nell’assetto burocratico dello sport esistono due figure istituzionali:
•LA FEDERAZIONE: che agisce secondo il criterio della difesa e sviluppo dell’interesse generale avendo
come missione la massima diffusione della disciplina nella società (modello inclusivo);
•LA LEGA: cioè un’associazione costituita dai club per difendere i propri interessi (massimizzare gli
interessi dei proprietari e delle società). Il peso della lega nella federazione può essere molto alto e quindi la
federazione si adatta, oppure minore come nella pallavolo dove la lega si trova ad essere subordinata alla
federazione.
Notiamo ampie differenze fra i modelli sportivi europeo e nordamericano, entrambi si basano su una
struttura istituzionale che prevede la presenza di una federazione di disciplina e più leghe della medesima
disciplina. In Italia per il calcio ad esempio esistono la Serie A, B, la LegaPro e lo stesso vale per il basket in
cui troviamo la Serie A, B e cosi via, con forme organizzative diverse a seconda di quanto lo sport incide
nella società. Se proiettiamo lo sguardo nella realtà nordamericana questo rapporto di coesistenza non esiste,
in quel caso abbiamo un peso schiacciante della lega professionistica di disciplina e la federazione adibita
esclusivamente ad organizzare l’attività del quadriennio olimpico e occuparsi delle rappresentative nazionali.

Ciò che davvero fa la differenza è la SOCIETÀ SPORTIVA:


•In EUROPA abbiamo una realtà nella quale l’unità di base è il club, ciò che facciamo rientrare come
“società sportiva”. Si tratta di un’organizzazione che parte dal basso avendo un forte legame con la realtà e il
territorio ed essendo espressione della comunità che con gli anni cerca di arrivare al massimo campionato di
disciplina (dinamica bottom-up).
•In NORDAMERICA la filosofia è completamente diversa, non esiste l’esperienza della “società sportiva”
intesa come club che sorge dal basso. Esiste un soggetto chiamato FRANCHIGIA -> licenza rilasciata dalla
lega ad un proprietario, solitamente ricco, che gli consente di iscrivere una squadra al campionato e
partecipare ad una lega chiusa (dinamica top-down).
Nelle leghe europee ogni anno c’è un ricambio in quanto alcune squadre vengono promosse e altre
retrocesse, in Nordamerica non è cosi perché si tratta di una lega di proprietari di una licenza che gli viene
rilasciata dalla lega garantendo a seguito di un’esborso di denaro (licenza > società)Far parte di una lega
professionistica nordamericana come l’NBA, NBL, NHL, NFL o MLS ed essere titolari di una licenza
comporta dei privilegi che in Europa non esistono ad esempio, nessun proprietario vede retrocedere la
propria squadra in quanto non esistono leghe inferiori -> le MINOR LEAGUE sono altre leghe chiuse di
“formazione”. L ’unico modo per essere cacciati è per ragioni economiche, si può invece avere un
ingrandimento della lega se essa decide di rilasciare altre licenze.
Le leghe nordamericane sono una realtà esclusivamente metropolitana visto che il proprietario può decidere
in quale posto far crescere la propria squadra, ciò comporta una distribuzione diseguale dello sport di alto
livello -> condizioni strutturali ed economiche insufficienti affinché una piccola comunità possa raggiungere
il massimo livello competitivo (24 stati senza franchigie nel 2019).3Il fenomeno delle FRANCHISE
RELOCATION (spostamento delle franchigie) è un fenomeno estremamente 4diffuso che genera enormi
preoccupazioni sia da parte della popolazione ma anche politicamente. I proprietari agiscono come mercanti
cercando le migliori condizioni di profitto per il proprietario della licenza mentre in Europa lo spostamento
avviene per cause di fallimento e molto raramente. I possessori di licenza, facenti parte di club molto
esclusivi, hanno un elevato potere di ricatto nei confronti delle municipalità alzando la posta in gioco delle
pretese (nuovi impianti etc..) minacciando di portare via la franchigia.

IMITAZIONI EUROPEE DEL MODELLO NORDAMERICANO


I due modelli sono assolutamente contrapposti e molto difficili da paragonare in quanto non ci siano molte
cose in comune, tuttavia una delle conseguenze della globalizzazione nel mondo dello sport è data dal fatto
che alcun tentativi di importare il modello sportivo nordamericano sono stati condotti in EU con successi
alterni ma soprattutto con un adattamento non riuscitissimo.Il modello nordamericano contiene aspetti
lodevoli:
•SALARY CAP (tetto salariale): limite dato alle franchigie per la fissazione della massa salariale degli
stipendi e degli ingaggi de loro atleti -> multa se viene superato
•DRAFT: ossia l’ingaggio dei nuovi atleti più promettenti dai college, si tratta di una distribuzione fatta a
livello centralizzato che assegna i talenti più promettenti alle franchigie peggio piazzate nella stagione
precedente così da mantenere un certo equilibrio -> L’EQUILIBRIO COMPETITIVO EQUIVALE A
SPETTACOLO
Questi due meccanismi garantiscono un’equità competitiva all’interno di leghe etichettate come le leghe
della ricchezza assoluta che non sono riusciti a trovare spazio in quei tentativi europei di inscenare il modello
nordamericano.
Nel 2000 si ebbe il primo esempio nel BASKET dove si creò una scissione che vide contrapporre FIBA
EUROPE e ULEB (associazione delle principali leghe europee). L’oggetto del contendere era
l’organizzazione di una competizione che sostituisse la coppa dei campioni e desse luogo a un super
campionato dando più posto alle squadre provenienti dalle federazioni più ricche (garantendogli un posto per
almeno un triennio) e mettesse in subordine le federazioni più povere -> lega semichiusa. Nel 2001 si ebbero
due campioni europei, la Virtus Bologna campione nella ULEB EUROLEAGUE e il Maccabi Tel Aviv
campione nella FIBA SUPROLEAGUE -> questa stagione fu l’apice di un conflitto che nella stagione
successiva vide un ricongiungimento con la FIBA che dovette scendere a patti con la ULEB. Nel calcio gli
sviluppi partono tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, non c’è un impulso da parte delle leghe ma da
parte di u gruppo di club europei che ritenendo di essere i più ricchi, gloriosi e potenti danno luogo ad un
alleanza per creare una Superlega europea -> G-14. I primi progetti di formazione del G14 risalgono al ’98
anche se la sua fondazione ufficiale risale al ’00 e i 14 club furono: Ajax e PSV Eindhoven, Barcellona e
Real Madrid, Bayern Monaco e BorussiaDortmund, Inter Juventus e Milan, Liverpool e Manchester United,
Marsillia e PSG, Porto alle quasi si aggiunsero Arsenal, Bayern Leverkusen, Olimpic Lione e Valencia. Nato
dal patto fra i grandi club europei e la società Media Partners, il G-14 minacciò di organizzare una Superlega
europea e di denunciare l’UEFA in sede UE per abuso di posizione dominante relativamente al monopolio
nell'organizzazione delle manifestazioni internazionali per club. Da quella minaccia è nato il ridisegno della
Champions League in corso d’anno secondo format che poi ha condotto a quello attuale. I due esempi di
Superleghe costituiscono delle approssimazioni, al modello della lega nordamericana, perché si trattano di
leghe che nascono con il principio di privilegiare un numero ristretto di soci fondatori. Si è tentata
un’approssimazione in Europa alla formula della lega chiusa nordamericana ma non la si è portata fino alle
estreme conseguenze anche perché non sarebbe stata completamente compresa e accettata dalla popolazione
-> il principio della meritocrazia acquisita sul campo deve stabilire chi ebba raggiungere le competizione di
maggior privilegio e ricchezza. Inoltre non vennero assunti meccanismi di contenimento degli squilibri che
sono propri dell'esperienza nordamericana, come il SALARY CAP e la redistribuzione dei talenti tramite il
DRAFT. Questa comparazione rientra nel contesto del rapporto tra sport e globalizzazione perché tra le
franchigie e i club europei che vogliono imitare il modello nordamericano vige lo stesso rapporto con il
territorio in cui trovano radicamento dal punto di vista formale (Barcellona, Juve etc.. sono come franchigie
già pronte nel caso in cui si sviluppasse una Superlega).

IL RUOLO DEGLI INVESTITORI ESTERNI NEL MERCATO DEI TRASFERIMENTI DI


CALCIATORI
Non sempre, dare più libertà significa aiutare un soggetto perché spesso lo rende solamente più fragile
anziché rafforzarlo. La libertà e il conferimento di diritti che per il calciatore sono stati conseguenze della
Sentenza Bosman determinano una necessità che è al tempo stesso rischio e opportunità: LA GESTIONE
AUTONOMA DELLA CARRIERA (libertà di mercato) -> doversi far carico di una serie di attività, di
prestazioni legali e capacità di condurre trattative che non sono all’altezza di un giocatore. La libertà a fine
contratto significa per il calciatore anche il rischio della disoccupazione se l’atleta non riesce ad avere
abbastanza visibilità oppure viene considerato “vecchio”, egli deve dunque confrontarsi col mare aperto del
mercato. Ciò determina una vasta possibilità di sviluppo per il ruolo dei PROCURATORI (gli attuali
AGENTI), che fino a quel momento erano stati uno status-symbol per i calciatori più ricchi e famosi, i quali
hanno come obbiettivo la realizzazione e l’intermediazione di una trattativa tra il giocatore e una società
sportiva. Il potere degli agenti si estende progressivamente e, alcuni fra essi, diventano attori cruciali
dell’economia calcistica. Attraverso il segmento del PLAYERS TRADING essi estendono il proprio raggio
7d'influenza fino a costruire un potere che, nel caso degli agenti di maggior rilievo, diventa ingombrante. Al
tempo stesso SI INDEBOLISCE IL RUOLO DEI CLUB, che in materia di controllo sui calciatori cede
sempre più potere agli agenti stessi e agli investitori esterni. Dopo la sentenza Bosman i club hanno subito
un’enorme influenza da parte degli investitori esterni che iniettavano denaro al mondo del calcio con
riferimento ai DIRITTI ECONOMICI DEI CALCIATORI -> si tratta di un economia “grigia” che anche il
governo nel 2015 ha tentato di mettere al bando seppure sia ancora presente in forme mascherate. Partendo
dal calcio pre-Bosman il calciatore era un bene del club, dal momento in cui diventa proprietario di se stesso
il club dispone di diritti su di lui, diritti alle prestazioni che vengono scissi in:
•DIRITTI FEDERALI: diritto che un club ha di tesserare un calciatore iscrivendolo alle competizione
sportive a cui partecipa il club e schierarlo in campo tutte le volte che lo staff tecnico lo riterrà necessario ->
DIRITTO DI ISCRIZIONE E UTILIZZO DEL CALCIATORE
•DIRITTO ECONOMICO: diritto a lucrare sulla futura cessione del calciatore, quindi l’essere in possesso di
un contratto firmato da entrambi le parti da vita a un diritto ad avere un ritorno sul trasferimento del
calciatore fino a quando sarà legato al club, questo diritto può essere esercitato da più soggetti
contemporaneamente -> DIRITTO A LUCRARE SULLA COMPRAVENDITA DEL CALCIATORE
Questo “marchingegno” è stato creato per poter sfruttare commercialmente i calciatori anche da soggetti che
sono esterni al mondo del calcio, può capitare che questi due tipi di diritti non siano sotto il controllo dello
stesso soggetto bensì di due soggetti separati (es. se un giocatore viene prestato).L’esempio che fa più
scalpore è lo scandalo che esplose nell’agosto 2006 intorno al trasferimento di Carlos Tevez e Javier
Mascherano, dal Corinthians al West Ham (club di medio livello inglese che lotta 8spesso per non essere
retrocesso), porta a conoscenza dell'esistenza di un'economia parallela al calcio. Nel caso in questione i due
giocatori sono stati “AFFITTATI”, spicca quindi l'azione di una società londinese, la Media Sports
Investments, che controlla i due calciatori argentini per conto di quattro fondi d'investimento la cui sede
legale è basato presso le Isole Vergini Britanniche, un paradiso fiscale. I due contratti dei giocatori vennero
considerati irregolari e il West Hai dovette pagare una multa di 5 milioni di sterline. Il soggetto esterno viene
etichettato come TERZA PARTE, perché e diversa sia rispetto alle due società che intervengono nello
scambio del giocatore e del denaro, sia rispetto al rapporto tra il giocatore e la società calcistica. Sono due le
formule attraverso le quali gli investitori esterni (fondi d’investimento, banche, privati, gli stessi procuratori)
possono acquisire il controllo sui diritti economici dei calciatori e speculano su questo segmento
dell’economia calcistica (messa al bando dalla FIFA nel 2008 e 2015):
•THIRD PARTY OWNERSHIP (TPO): una terza parte compra una quota dei diritti economici del
calciatore., ciò significa che avrà diritto a percepire, sulla cifra del successivo trasferimento del calciatore,
una percentuale pari a quella della quota acquisita -> l’investitore si presenta dal CLUB PROPRIETARIO
del giocatore.
•THIRD PARTY INVESTMENT (TPI): la terza parte finanzia una quota dell'acquisizione del calciatore da
parte del club, ciò ancora una volta significa che avrà diritto a percepire, sulla cifra del successivo
trasferimento del calciatore, una percentuale pari a quella della quota finanziata -> l’investitore si presenta
dal CLUB CHE ASPIRA AD ACQUISIRE un determinato giocatore.
Questo tipo di economia ha diverse conseguenze, la prima il rischio che il calcio diventi un incubatole
finanziario in quanto il denaro viene iniettato nel mercato calcistico per moltiplicarsi ed essere
successivamente portato via. In secondo luogo, il calcio viene depredato di un valore che ha prodotto quindi
il denaro generato dal suo sistema viene deviato altrove.

ECONOMIA PARALLELA DEL CALCIO GLOBALE


Vediamo due esempi di come operano le terze parti nel mercato dei trasferimenti di calciatori:Il primo
avviene a cavallo tra Argentina e Svizzera nei medesimi giorni in cui ci fu lo spostamento di Tevez e
Mascherano al West Ham (agosto 2006). In Inghilterra nel silenzio generale viene definito un accordo tra una
grande società di calcio Argentina (River Plate) e una piccola società Svizzera di serie B (Locarno), il 29
agosto del 2006 a Londra le due società firmarono un accoro riguardante l’acquisizione di quote di 5
giocatori (tra cui Gonzalo Higuain e Mateo Musacchio) del River Plate ritenuti promettenti per 13 mln di
dollari. Gonzalo Higuain verrà poi venduto al Real Madrid nel giro di 5 mesi per duna cifra di 18 mln di
dollari. Il piccolo club della serie B svizzera faceva da schermo a un gruppo di investitori, raccolti dietro una
società denominata HAZ (la sigla è acronimo dei cognomi dei tre agenti-investitori: Fernando Hidalgo,
Gustavo Arribas e Pini Zahavi), questo per evitare di andare incontro alle ispezione della Fifa dopo che le
TPO e TPI sono state dichiarate illegali.
Le CLAUSOLE-CAPESTRO del contratto tra River Plate e Locarno-HAZ sono piuttosto sbilanciate in
quanto tutto il rischio di questo investimento è sulle spalle della squadra Argentina mentre il guadagno
invece è più a favore della squadra svizzera:
•Prima di ripartire il denaro derivato dal trasferimento del calciatore, il Locarno deve vedersi restituito il
denaro investito (che dunque è un prestito, non sottoposto a rischio) -> il Locarno incassa subito 6 mln e
quindi la successiva suddivisione del guadagno della vendita di Higuain verrà fatta su 12 mln
•Tutte le spese legali o derivanti da eventuali controversie sono a carico del River Plate.
•Il Locarno può cedere a altri soggetti le proprie quote di diritti economici senza consultare il River Plate, il
River Plate NON può cedere le proprie quote di diritti economici senza consultare il Locarno.
•Se entro due anni uno o più giocatori compresi nel gruppo dei cinque non vengono ceduti, essi verranno
restituiti al River Plate dal Locarno, che a sua volta può liberamente sceglierne altrettanti fra i più
promettenti del River e senza ulteriori esborsi di denaro.
•Nel caso non vi sia accordo fra le due parti nel caso giunga un'offerta per uno dei calciatori, la parte che
rifiuta l'offerta deve versare alla parte che l’avrebbe accettata la cifra che quest'ultima avrebbe dovuto
incassare -> pone il River Plate nelle condizioni di dover cedere se il Locarno vuole cedere.
Perché i club accettano clausole cosi rischiose? Solitamente i club sud americani sono perennemente
indebitati e arrivano ad un momento di emergenza da dover iniziare ad impegnarsi il futuro -> mettere in
vendita i diritti economici dei calciatori delle giovanili. Questi 5 giocatori non hanno mai messo piede al
Locarno in quanto non avesse nemmeno il rango per attrarre giocatori di questo calibro -> la società svizzera
ha fatto da prestanome svolgendo quella funzione definita “BRIDGE CLUB” ovvero quella società dove i
giocatori transitano per essere venduti senza vestire mai la maglia. Il secondo avviene in Portogallo, paese in
cui questo tipo di economia si è sviluppato in modo più ampio e raffinato -> l’intervento dei finanziamenti
nel mondo del calcio è di un livello di raffinatezza tecnica molto elevato. In questo affare il ruolo delle terze
parti non viene affatto celato, ne siamo a conoscenza grazie alle rivelazioni che sono state fatte da
un’operazione di esposizione di documenti segreti del mondo del calcio nominata FOOTBALL X. La
conseguenza di queste rivelazione fu la scoperta dei gravi problemi fiscali di Cristiano Ronaldo in Spagna e
di numerosi altri calciatori, l’esclusione per due stagioni del Manchester United dalle coppe europee. Tra le
tante cose svelate da questa operazione c’è stato lo strano affare riguardante DIOGO JOTA, calciatore
portoghese e attualmente al Wolverhampton, seguito dall’agente JORGE MANDES (anche agente di CR7) e
particolarmente coinvolto in questa storia. Diogo Jota esordisce a 16 anni nelle file del Paços de Ferreira,
nell'estate 2016 il Paços de Ferreira lo cede all’Atletico Madrid (società molto vicina a Mendes) per 7
milioni di euro ma la società incassa soltanto 2,8 milioni perché detiene soltanto il 40% dei diritti del
calciatore.
Il restante 60% era stato venduto a dicembre 2014 a due diversi investitori ed è così suddiviso:
•20% all’agente ANTONIO TEIXEIRA, che se lo è aggiudicato riscattando un debito da 30.790 euro e
guadagnerà 1,4 mln €.
•40% a Jorge Mendes che lo ha pagato la misera cifra di 35.000 euro e guadagnerà 2,8 mln €realizzando una
plus valenza di incasso del 7900%.
Abbiamo così visto due storie riguardanti l’economia parallela del calcio globale, nella prima le terze parti
agiscono dietro il paravento di un club ce dunque rendeva regolari delle manovre che sarebbero state a
rischio irregolarità, nella seconda invece trivio un’azione esplicita delle terze parti “cannibalizzando” il club
togliendogli grossa parte della ricchezza che avrebbe potuto generare per se stesso. Dal primo maggio 2015 il
ruolo delle terze parti è ufficialmente ILLEGALE anche se questo tipo di economia non è completamente
debellata, infatti la quantità dei BRIDGE CLUB sparsi nel mondo è aumentata notevolmente.
Quest’economia che si crea comporta enormi rischi nel mondo del calcio, non solo perché gran parte della
ricchezza viene portata al di fuori, ma anche per numerosi altri motivi come la CONTRAZIONE DELLE
CONDIZIONI DI EFFETTIVA LIBERA CONCORRENZA TRA CALCIATORI o LA PERDITA DI
SOVRANITÀ DEI CLUB (es. River Plate). Tra tutte le conseguenze negative, quella peggiore è la
“CARTOLARIZZAZIONE DI ESSERI UMANI” ossia il calciatore che viene trattato come se fosse un asset
finanziario. Tutte queste conseguenze vanno contro a quello che si voleva creare con la SENTENZA
BOSMAN -> il calciatore si vede portar via nuovamente tutte le libertà e i diritti che gli erano stati
riconosciuti rischiando di finire sotto la schiavitù dei SOGGETTI FINANZIARI ESTERNI.

L’ITALIA E LA SUA TRADIZIONE SPORTIVA: CONTINUITÀ STORICA E CESURE


(Libro -> “Storia dello sport in Italia”, di Paul Dietschy e Stefano Pivato)
Nel primo capitolo si parla delle “Origini dello sport”, un tema che ha visto molte dispute tra gli storici
riguardo a quale sia la primogenitura dello sport ossia dove siano nate le prime forme di agonismo sportivo.
Questa disputa riguarda sia gli storici che culture nazionali in quanto ci sia in gioco il ruolo di “PATRIA
ORIGINARIA DELLO SPORT”. L’esperienza storico culturale italiana, di origini antichissime risalenti alla
Magna Grecia, ci interroga su quanto questa tradizione possa essere inserita nella gamma delle storie
nazionali che contribuiscono alla strutturazione di quel fenomeno socio-culturale che noi oggi chiamiamo
SPORT. La teoria portata avanti da Guttmann e da Elias-Dunning, sostiene che lo sport sia un fenomeno
figlio della modernità industriale. Viceversa, le idee e le rappresentazioni del fenomeno proposte da altre
studiosi, di derivazione prevalentemente storica, insistono sul tema della continuità di un processo che
collega le forme di gioco e agonismo tradizionali alle attuali discipline sportive evidenziando come vi sia
prima un epoca classica e poi medievale nelle quali si possono osservare dei fenomeni equiparabili
all’agonismo sportivo. Per quanto riguarda la profondità storica dell’eredità che analizziamo quando
cerchiamo di rintracciare le origini dello sport bisogna anche interrogarsi sull’origine del termine:•SPORT:
deriva dal termine francese medievale DESPORT che sta per “Svago” e con esso si intendevano le attività
ricreative e di ristoro dell’anima cui dava luogo la nobiltà medievale francese. Il termine venne poi acquisito
e trasformato dalla cultura inglese in SPORT, riattraversò la Manica e venne riassunto dai francesi con una
spiegazione che indica questa attività come tutti gli esercizi all’aria aperta ad esempio la pesca, il tiro con
l’arco etc.. -> definizione molto restrittiva in quanto riguarda solo gli sport all’aria aperta e tratta solamente
le attività propedeutiche alla formazione militare e di sopravvivenza. Gli inglesi fecero di queste attività un
programma di educazione fisica prevalentemente orientato alla popolazione giovane maschile e che non
mirano alla performance sportiva ma alla creazione di una riserva militare alla quale attingere in caso di
necessità. La questione dell’origine dello sport è estremamente complessa e resa ulteriormente complicata, in
termini di interpretazione, dai tentativi fatti dalle élite nazionali nelle diverse epoche di appropriazione di una
tradizione e di riscriverla. Un tentativo molto evidente è quello delle élite sportive e politiche dei paesi
europei che provarono a contrastare l’egemonia inglese Vittoriana, che in quel momento era dominante in
materia di sport e di utilizzo in chiave pedagogica, nel periodo fra Ottocento e Novecento. Il modello inglese,
fondato sul primato degli sport di squadra, si impose nel resto d'Europa per le proprie virtù formative ed
educative. Esso si diffuse attraverso le rotte commerciali e le strutture del dominio coloniale diventando così
uno strumento di soft power, un potere fondato non sull'uso della forza e della costrizione ma sull'egemonia
culturale, esercitata attraverso l'adozione delle pratiche da parte delle popolazioni dominate. Le caste europee
provano a contrastare questo stato delle cose recuperando le tradizioni nazionali in materia di giochi
agonistici e svaghi con l'intento di dimostrare che il fenomeno sportivo non sia un'invenzione inglese ma
piuttosto una mutuazione con riadattamento di tradizioni provenienti da altri paesi -> JEAN JULES
JUSSERAND, diplomatico francese, fece lo sforzo di affermare che il modello inglese fosse un modello
importato e riadattato dalla Francia Di questa corsa a riscrivere la tradizione storica dello sport abbiamo delle
testimonianze anche in Italia, animate dal confronto con l’esperienza inglese, specie nel PERIODO
FASCISTA c’è stata una corsa a riappropriarsi e a ridisegnare una tradizione e una primogenitura per quello
che riguarda i giochi con la palla -> segnano il modello della sportivizzazione britannica che viene
progressivamente importato nel resto del mondo e costituisce un nervo molto forte dell’identità britannica
(calcio, cricket).
Il Regime Fascista si sforzò nel recupero di antichi giochi e antiche pratiche italiane come per esempio:
•La PALLONATA SENESE -> due squadre che si dovevano contendere una palla scaraventata dall’alto della
torre del Mangia e poi depositarla in un punto preciso della piazza Nella direzione di rivendicare la
primogenitura italiana del calcio e del rugby va l'operazione condotta dal regime fascista sul:
•Il CALCIO STORICO FIORENTINO -> Tale tradizione venne recuperata nel maggio 1930 da Alessandro
Pavolini, in occasione della 400a ricorrenza della Battaglia di Gavinana dove era stata giocata una partita dal
fortissimo valore simbolico perché segnava la resistenza della popolazione locale alle truppe di Carlo V; La
reinvenzione della tradizione ha lo scopo di dimostrare l'origine italiana delle discipline sportive di squadra
che nel Novecento si diffondono rapidamente in giro per il mondo. La stessa vicenda del Calcio Storico pone
però una lettura indicativa a proposito del dilemma su continuità e cesura nello sport. La strutturazione del
Calcio Storico secondo dinamiche di formalizzazione e differenziazione è indice di un contatto con
l'evoluzione verso la modernità, al tempo stesso, tuttavia, la trasformazione del significato sociale del Calcio
Storico durante il Rinascimento testimonia come esso fosse un mezzo per veicolare altri significati, non una
realtà che si dà significato da sé come invece è una pratica sportiva.

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