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Recensione a
Herbert MARCUSE
I numeri che seguono corrispondono ai capitoli del libro. Ecco una sintesi:
consumo. Siamo diventati puri strumenti di una produttività all’infinito. Il nostro unico
sogno è quello di avere una vita più confortevole.
2. In questa società non è più possibile ormai alcun cambiamento di fondo, perché
ogni opposizione è assimilata dalla società di mercato e ridotta a merce. L’uomo adesso
non è dominato tanto dalla forza, quanto piuttosto dall’amministrazione e dalla
burocrazia. Le forze sindacali sono addomesticate al sistema. La nuova schiavitù non è,
come prima, essere sottomessi a lavori più duri, ma piuttosto il fatto che adesso tutto il
sistema lavorale è puramente strumentale. L’industrializzazione arriva ai paesi in via di
sviluppo e li sottomette, in quanto li integra in un universo tecnologico, con una violenta
rottura delle loro tradizioni. Nel nuovo “Stato del benessere” ormai non c’è più un vero
tempo libero, perché ogni cosa è incorporata agli usi tecnici, anche il divertimento.
Siccome c’è benessere, soddisfazione nel consumo, ogni prospettiva di cambiamento è
bloccata. Il capitalismo produce così uno stile di vita edonista, soddisfatto, mantenendo
l’illusione di una guerra contro “il nemico” esterno, che è l’Unione Sovietica.
L’importante è che ci sia un nemico, il che favorisce la coesione dello Stato. Ma anche
l’Unione Sovietica opprime. Capitalismo e socialismo opprimono ugualmente l’uomo.
uccide e si tortura, mentre nella metropoli tutto è felicità. La società opulenta assorbe
ogni contraddizione. Marcuse rileva specialmente il linguaggio che usa questa società, un
linguaggio da cliché (“libera impresa”, “costruzione socialista”, ecc.), stereotipato,
funzionalista, che impedisce di pensare le cose. Così avviene nelle forme attuali di
neoliberismo e di neoconservatorismo. Ormai non c’è più pensiero con carica ontologica
e universale. I problemi degli operai, ad esempio, si riducono a questioni tecniche che si
risolverebbero facilmente. Critica anche la democrazia elettoralista, nella quale ormai il
gioco è fatto, con presupposti intoccabili, dove c’è soltanto un’apparenza di libertà.
così nega nel mondo dei fatti ciò che sembra bello e non lo è. I particolari realizzano gli
universali, ma al contempo li negano. I veri universali sono concetti molto ampi, con una
portata storica, che così permettono che l’uomo sviluppi le sue grandi battaglie.
L’orizzonte che Marcuse prospetta quindi è la lotta radicale contro la società stabilita.
10. Nel capitolo conclusivo, Marcuse sostiene che oggi l’immaginazione umana è
schiavizzata dalla tecnica e dalla propaganda, per cui è come mutilata dalla nostra attuale
“società delle immagini”. In una sorta di chiamata generica alla rivoluzione, incoraggia la
gente a ribellarsi, a negare, a criticare, senza che comunque importi dove ci
incamminiamo, se non lo sappiamo di preciso. Siamo dominati dagli amministratori e
l’unica soluzione è il rifiuto totale. I canali democratici non servono perché non sono
autentici. Gli sventurati, gli esclusi, i poveri, i disoccupati, i paria, dovrebbero associarsi
in una critica totale e radicale. Eppure la teoria critica sociale non promette niente e non
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offre dei rimedi concreti. Il libro finisce così: “La teoria critica della società non possiede
concetti che possano colmare la lacuna tra il presente ed il suo futuro; non avendo
promesse da fare né successi da mostrare, essa rimane negativa. In questo modo essa
vuole mantenersi fedele a coloro che, senza speranza, hanno dato e danno la loro vita per
il Grande Rifiuto” (p. 265).
Commenti
La condanna marcusiana della società è giusta in tanti aspetti, e lo stesso si può dire
delle sue osservazioni critiche rivolte alla filosofia della scienza, al positivismo, allo
scientismo e alla filosofia analitica. Anzi alcuni elementi di tale critica, oggi ampiamente
noti, sono stati utilizzati dai filosofi, in contesti diversi dal pensiero marcusiano, ad
esempio per rivalutare la cultura e la filosofia classica, per augurarsi il ritorno ad
Aristotele e a San Tommaso, nonché per suscitare una maggiore adesione alla moralità,
alla religione e ai valori umani. È vero che la società attuale, se non si possiedono certi
valori, tende facilmente a ridurre l’uomo a merce, ad un frammento dell’ingranaggio
economico, senza che ci sia spazio per un’attività che si collochi all’infuori del gioco
economico.
Il difetto di fondo della critica di Marcuse è che, anche se talvolta si riferisce alla
filosofia classica in un tono nostalgico e comprensivo, in definitiva l’impostazione appare
come una nuova versione della dialettica hegeliana, nella quale predomina la negazione e
la contraddizione.
Questo spiega perché la sua critica sia purtroppo da ritenere inutile, anche se fosse
realizzato seriamente l’intento di operare una distruzione completa della società attuale,
come difatti è accaduto in movimenti di pensiero, specialmente ideologici, antioccidentali
o di critica radicalizzata, fino ad arrivare al terrorismo (il che comunque non è la pretesa
di quest’opera).
L’atteggiamento di fondo marcusiano non è però sempre del tutto coerente, dal
momento che nella parte conclusiva si fanno avanti certe proposte concrete che non sono
distruttive, come ad esempio quella di lavorare soltanto in funzione delle necessità vitali,
senza sprechi, con cura e riguardo della natura. Sono però proposte alquanto generiche, e
dato che egli stesso ne vede la poca efficacia, finiscono per favorire l’atteggiamento di
negazione totale dello “stabilito”, senza una proposta positiva.
senza volerlo contribuisce ancora alla scomparsa degli antichi valori morali, che egli vede
comunque con nostalgia, offrendo così un nuovo sostegno alla società di cui si lamenta.