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SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE:

(29 settembre 2022 SOCIOLOGO e SOCIETÁ, Cap. 1)

- SOCIOLOGO colui che indaga sulla realtà che lo circonda


- SOCIOLOGIA  ha come oggetto l’essere umano all’interno della società, è interessata
alle relazioni e al comportamento sociale
La nostra vita quotidiana è basata su regole, abitudini e convenzioni. Tutte le volte che ci
relazioniamo con un’altra persona cerchiamo di entrare nei ruoli richiesti dalla circostanza, per fare
ciò non abbiamo ogni volta bisogno di ripartire da zero, ma ci serviamo di sistemi che abbiamo
appreso nel corso della nostra vita attraverso la socializzazione. Questi modelli appresi però non
sono universalmente validi, bensì, culturalmente definiti, il nostro è soltanto uno dei mondi
possibili.
La sociologia è dunque la scienza che studia la società, il termine fu coniato da Auguste Comte
(dal latino sociare mettere insieme, unire e logos che indica il pensiero, la ragione).
La sociologia nasce durante la prima metà dell’800 è proprio in questo periodo che si impone
l’esigenza di comprendere il progresso dello spirito umano e della società in modo scientifico.

Discipline affini alla sociologia:

 Antropologia, scienza che studia le società semplici/primitive (la sociologia studia l’essere
umano in un ambiente globalizzato
 Demografia, studio quantitativo delle popolazioni
 Diritto, regolamenta i rapporti di scambio fra le persone, da giudizi di valore stabilendo cosa
è giusto e cosa è sbagliato
 Economia, scienza umana perché regola i rapporti tra le persone
 Storia, studia i fatti che riguardano gli individui in determinate epoche (la sociologia se
studia documenti del passato lo fa con il fine di studiare il presente

Il fatto sociale secondo Emile Durkheim, il compito del sociologo è quello di analizzare la
società esattamente come fanno il fisico, il chimico, il biologo… determinando i fatti che vuole
studiare e scoprendo le leggi in base a cui si producono. Il fatto sociale di cui parla Durkheim è un
dato esterno all’individuo e non è modificabile da esso, il fatto sociale si impone al soggetto
indipendentemente dalla sua volontà. A costituire i fenomeni sociali sono le credenze, le tendenze e
le pratiche del gruppo collettivo. I fatti sociali hanno una dimensione collettiva e sono per esempio
la famiglia, l’opinione pubblica, l’istruzione, la moda, il diritto, la coscienza collettiva.

SOCIOLOGO (paragrafo 1.3):


Può adottare due punti di vista: analizzare i micro-ambienti o i macro-ambienti
(ES. l’università si può studiare attraverso i rapporti tra studenti o studenti-insegnanti oppure
attraverso il sistema educativo nel suo complesso, indipendentemente dalle persone che la
popolano).
Il sociologo deve avere infatti.
Curiosità avere la voglia di guardare, vedere, indagare senza farsi limitare. Guardare l’abituale
come insolito, scoprire ciò che è nascosto.
Immaginazione per poter dare una spiegazione a quello che osserva, calandosi nell’ambiente
sociale senza subire l’influenza di barriere sociali, deve essere imparziale.
Attenzione per i piccoli gesti quotidiani

La società è fatta di persone, ma le persone sono tali perché vivono in una determinata società (le
società ci determinano tanto). Per alcuni sociologi, quindi, è importante studiare la società per
capire le persone che la compongono
Es. la società può essere vista come una danza, immagine che concilia le due prospettive: noi siamo
danzatori possiamo scegliere se danzare o rimanere seduti, possiamo scegliere con chi ballare e
come farlo, ci sentiamo protagonisti, ma in realtà non possiamo danzare se non c’è un’orchestra che
suona. C’è un’istituzione esterna che ci da il ritmo e la musica su cui noi possiamo danzare con un
certo margine di libertà.
I rapporti umani nella società tradizionale sono gerarchici e li visualizziamo come una piramide, ma
oggi i rapporti sociali tra le persone sono visti in modo dinamico e ugualitario, si parla di RETE.
I legami tra le persone collegate nelle reti variano per intensità, durata, frequenza e contenuto (Es.
una persona che viene frequentata solo per lavoro, oppure sia per lavoro che per amicizia).

Simmel, analizza… ogni stella ha una sua vita propria, ma l’essere umano in ogni società ha voluto
vedere le stelle in modo collegato, come costellazioni attitudine a dare significato a tutto, avviene
la stessa cosa per le società in cui vengono fatti raggruppamenti arbitrari, categorie di persone. Tutti
questi raggruppamenti sono creati socialmente. Le conseguenze sono importanti, si sottintende che
ci si comporti in modo diverso con le varie categorie individuate
Es. in antichità il grande e il piccolo carro prendevano ispirazione per i loro nomi da cose
conosciute dalle persone di quel tempo, si vede quello che si conosce, si riconosce quello che già si
conosce. Tante civiltà non le chiamavano Orsa Maggiore e Orsa Minore perché hanno esperienza di
cosa sia un orso, le chiamavano con qualcosa che conoscono e che ci riconoscono.

IL METODO DI RICERCA:
Come scegliere il metodo d’indagine? Scopo e mezzi adeguati per raggiungerlo
- Osservazione partecipante/sul campo (es. open day)
- Analisi dei documenti (es. sito università)
- Intervista qualitativa (es. chiedere informazioni ad amici)
- Analisi dei dati statistici (es. dati Almalaurea)
- Esperimento, modificare la realtà circostante e osservarne le conseguenze
- Questionario quantitativo

Serendipity indica l’influenza della ricerca empirica (basata sull’osservazione) sulla teoria
sociologica. Identificare quelle situazioni in cui il caso favorisce certe intuizioni e certe scoperte
(Es. la mela di Newton).

La ricerca sociologica:
la ricerca prende le mosse da un’idea e dall’intenzione di indagare la causa di un evento o di un
comportamento. Si formula quindi delle ipotesi che sono l’elemento fondamentale del metodo
scientifico, i termini che generalmente vengono presi in analisi sono:
 I fatti, l’insieme delle osservazioni, quindi le informazioni reperibili nel corso di un’indagine
empirica
 La teoria, insieme sistematico di analisi delle relazioni tra i fatti
 I concetti, la forma di cui ci si serve per compiere osservazioni e collegamenti sui fenomeni
empiricamente verificabili

METODI QUALITATIVI. ANALISI DEI DOCUMENTI:


Es. “il contadino polacco in America” di William Thomas e Florian Znaniecki (1918-20)
intercettando le lettere degli immigrati si accorgevano che la mentalità dei contadini cambiava man
mano che trascorrevano più tempo in America, aderendo a una cultura diversa da quello d’origine.
Es. Max Weber per capire il capitalismo deve capirne le origini analizzando i documenti della
cultura protestante
Es. ex voto mezzi di ringraziamento dei fedeli nei confronti delle divinità, da cui si sono ricavate
molte informazioni riguardo la società e il suo sviluppo
Es. documenti pubblicitari di oggi in futuro serviranno a ricavare informazioni sul nostro sociale:
valori, preoccupazioni, temi, trend e nessi causali del periodo difficoltà di individuare le relazioni
causali.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(17 novembre, Cap. 2)

Per riuscire a comprendere sia le azioni delle persone che le istituzioni occorre tener conto di tre
dimensioni: individuale, locale e globale.
Il nostro comportamento deriva da scelte individuali, ognuno di noi è assolutamente libero e
indipendente di comportarsi, sono le emozioni che ci muovono. La dimensione individuale è da un
lato quella più specifica, è infatti quella del singolo cittadino e consumatore, d’altra parte è anche
quella più universale, se ci consideriamo tutti appartenenti a un’unica specie umana. È a questo
livello che si parla di valori, ragione, sentimenti, emozioni, bisogni…

È in ambito locale che sono possibili la condivisione, la solidarietà e la vita di comunità, è


altrettanto vero che è a questo stesso livello che avvengono le chiusure verso l’estraneo e il diverso.

La dimensione globale rappresenta lo strato più esterno, superficiale e generalizzato della realtà.
L’omologazione e l’offerta globalizzata dei beni sul mercato ci fanno pensare che ormai siano
scomparse le differenze locali. Quando si parla di globalizzazione si fa riferimento alla tendenza
alla mondializzazione alla digitalizzazione, significa che con i mezzi di trasporto e di
comunicazione che ci uniscono facilmente, ormai il mondo sia globalizzato.
È realmente così?
La risposta è no, accanto ai fenomeni prodotti dalla globalizzazione assistiamo sempre più di
frequente a una sorta di reazione a essi, ad esempio accanto alle grandi catene di centri commerciali
vediamo il contrapporsi di mercatini locali.
I paesi, le città per paura di incorrere nella troppa standardizzazione e di conseguenza
nell’anonimato, cercano di inserire tratti caratteristici, che permettano di essere facilmente
riconosciute
Cosa succede allora all’individuo a livello globale?
Le minacce diventano globali, ad esempio un attentato che avviene dall’altra parte del mondo ci
crea comunque ansie e preoccupazioni. La globalizzazione crea intolleranze, se infatti ci sono
guerre nel mondo che spingono le persone a emigrare e arrivare sul nostro suolo, questa situazione
ci obbliga a prendere delle decisioni, non possiamo ignorare. Ci sono poi i pericoli legati alla rete, le
pandemie o le preoccupazioni per il pianeta.
Si creano però anche nuove opportunità, internet ad esempio rappresenta una delle più importanti,
manteniamo una comunicazione anche con chi è dall’altra parte del mondo rispetto a noi, gli scambi
facilitati grazie ai mezzi di trasporto e grazie a tutti questi mezzi anche le collaborazioni risultano
più immediate.
L’antropologa americana Ruth Benedict nel 1934 pubblica “Modelli di Cultura”, considerato uno
dei documenti fondamentali del relativismo culturale. In questo testo l’autrice riafferma la dignità di
ogni cultura e va contro l’etnocentrismo imperante dell’uomo bianco.
La Benedict apre una parentesi sul costume, considerato da molti come il comportamento nelle sue
forme più banali e comuni. L’autrice sostiene che il costume in realtà rappresenta proprio l’opposto.
Il costume tradizionale, se si tiene presente l’intera umanità è una somma di comportamenti
particolari che mostra singolarità. “Nessuno uomo guarda il mondo con occhi vergini, lo vede
inquadrato in uno schema ben preciso di costumi, istituzioni e modi di pensare”.
L’industria è sicuramente globalizzata, basti pensare ai danni recenti provocati dalla guerra in
Ucraina che hanno bloccato l’arrivo di alcuni beni. Perciò se succede qualcosa dall’altra parte del
mondo necessariamente influisce anche su di me.
Ralph Linton, archeologo e antropologo funzionalista, mostra quanto sia difficile stabilire confini
netti tra le diverse culture. L’autore, infatti, spiega come le merci riescano a superare velocemente
le barriere e a diffondersi nel mondo, vengono accolte e favoriscono il mutamento sociale.
Oramai, le distanze non si misurano più in chilometri ma in ore di trasporto, per cui luoghi lontani,
ma ben collegati consentono rapporti commerciali continui.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE:


(5 ottobre 2022/ Capitolo 3 paragrafo 3 MOVIMENTI E ISTITUZIONI)

Alberoni scrive “movimento e istituzioni”, di che cosa parliamo quando parliamo di movimento?
Di movimenti sociali (politici, religiosi ecc..) sostiene che nascano da una discontinuità, qualcosa di
discontinuo che irrompe nella quotidianità. Diversamente dai pensatori classici come Hobbes e
Locke, Alberoni elabora una teoria che pone i movimenti all’origine delle istituzioni.

Da cosa ha avuto quest’intuizione? Alberoni viene a conoscenza dei “culti del cargo” della
Melanesia. Nel terzo mondo il contatto con gli uomini bianchi ha avuto un effetto rovinoso sulle
società indigene. Dall’incontro di due civiltà si è creata un’area di confine, di mescolanze, dove
gli individui appartengono almeno parzialmente a tutte e due e vivono questa duplice appartenenza
come duplice frustrazione e come contraddizione insolubile. Acquistando dagli occidentali i beni
che non sono in grado di produrre, le popolazioni autoctone perdono la fiducia nel proprio valore e
l’amore per i beni che ritenevano preziosi. I singoli si lasciano sedurre dai nuovi oggetti e
tradiscono le proprie tradizioni. Gli uomini non sanno più esattamente che cosa volere e in questa
situazione vi è chi vuol conservare il passato e chi desidera il nuovo. La società si lacera e tutti ne
sono coinvolti. Con l’aumentare del disorientamento generale e del disordine, diminuisce la
solidarietà sociale. In Melanesia le tensioni portano all’esplosione di movimenti collettivi.
Alberoni inizia così a elaborare l’idea chiave che tutte le società periodicamente mutano grazie
all’esplosione di un movimento collettivo.
Che cosa c’è alla base di questi movimenti? Lo STATO NASCENTE. La trasformazione sociale
nel mondo moderno è incessante, la gente inquieta e insoddisfatta entra in conflitto con i partiti che
governano il Paese finché il disordine non supera una soglia critica. È a questo punto che Alberoni
si distacca dal pensiero degli altri autori e introduce l’idea dello stato nascente un fenomeno
irrazionale che nasce come fenomeno individuale. Per Alberoni ogni movimento può essere
ricondotto a questo schema, dal disordine creato che disintegra il vecchio ordine, si producono un
nuovo ordine e una nuova autorità. Lo stato nascente è per Alberoni inizio del movimento che si
trasforma successivamente in istituzione. Lo stato nascente è caos che non va confuso con il
disordine, quest’ultimo è dato dalla mancanza di regole, mentre il caos è regolato dagli attrattori
strani è in realtà un’uscita dal disordine e segue regole che Alberoni cerca di individuare.
Secondo l’autore la storia dell’occidente è stata generata da movimenti religiosi, politici e culturali
tutti caratterizzati da fiammate di entusiasmo così avviene anche nella formazione della coppia che
nasce dall’innamoramento (la coppia rappresenta il gruppo nella sua forma più piccola).
Quando vivono questa esperienza gli individui tendono a formare campi di solidarietà
incredibilmente intensi ed hanno una capacità di rinnovamento, il movimento è messo in moto da
questi nuclei sociali.

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Ci sono esperienze apparentemente simili a quella dello stato nascente, ma che non vanno confuse
con esso, quando parliamo di movimento è necessario distinguere tra due tipi di fenomeni:
1) fenomeni collettivi di aggregato (es. moda, panico, boom) questi processi hanno in comune il
fatto che ogni individuo pur comportandosi in modo uguale agli altri, agisce in realtà per sé e solo
per se. Tutti coloro che si comportano in quel determinato modo, non hanno la consapevolezza di
essere un noi collettivo. Sono accomunati dal fatto che in un determinato momento le persone si
aggregano quando poi sono nel privato la loro natura non è mutata. Non producono di per se una
nuova solidarietà sociale.
2) fenomeno collettivo di gruppo invece, produce una modificazione dell’interazione dei soggetti
che ne fanno parte. Ciascuno dei partecipanti mette in discussione l’entroterra culturale e sociale e
instaura un nuovo tipo di solidarietà con gli altri partecipanti. Coloro che entrano nel processo
collettivo acquisiscono la coscienza di costituire una collettività, un noi. Questi fenomeni portano al
formarsi di nuovi raggruppamenti sociali. È solo dai fenomeni collettivi di gruppo che può nascere
movimento.
Il fenomeno collettivo di aggregato può precedere quello di gruppo, ma è solo quello di gruppo che
da vita a un movimento.

Quando si entra in stato nascente? Alberoni spiega che il principio alla base dello stato nascente è il
passaggio dal disordine all’ordine. Di fronte a problemi tendiamo a ripetere schemi che nel passato
ci hanno permesso di giungere alla soluzione, ma quando il problema presenta un grado di novità
troppo elevato, sentiamo che la situazione è bloccata. La quotidianità rappresenta un sistema
perfettamente ordinato, nel momento in cui intervengono eventi che rompono questo equilibrio ciò
porta disordine sociale: tensione tra antico ordine e nuovo disordine. Occorre fare una premessa, gli
esseri umani fin dall’infanzia hanno bisogno di oggetti assoluti e totali d’amore (mamma, Dio, la
patria). Tutti gli oggetti concreti d’amore spesso diventano oppressivi e frustranti. Quanto più sono
importanti, tanto più hanno la possibilità di deluderci. Così finiamo per provare sentimenti
aggressivi verso le persone che amiamo, questo porta a una situazione che Freud ha
definitoAMBIVALENZA, è una confusione e ci procura sofferenza. Cerchiamo di diminuirla
idealizzando i nostri oggetti d’amore, prendendo su di noi la colpa di quanto avviene.
Teoria della dinamica: Alberoni riprende Freud le pulsioni libidiche dell’uomo sono
determinate dall’eros, noi siamo legati a due pulsioni, una erotica e una legata all’aggressività.
Abbiamo due tipi di investimento sugli oggetti gli oggetti d’amore, investiti dalle nostre cariche
libidiche e gli oggetti persecutivi, quelli verso i quali viene incanalata la violenza e l’aggressività.
Tutti i meccanismi con cui prendiamo su di noi l’aggressività che non rivolgiamo verso il nostro
oggetto d’amore li chiameremo depressivi (Es. se il mio fidanzato mi fa un torto la colpa è
sicuramente mia che ho fatto qualcosa di sbagliato per indurlo a comportarci così). Tutti quelli con
cui noi scarichiamo l’aggressività su qualche oggetto esterno li chiameremo persecutivi (Es. se il
nostro fidanzato si dimentica un appuntamento con noi, la colpa sarà sicuramente degli amici che lo
hanno distratto).
PRINCIPIO DI RECIPROCITÀ AMO CHI MI AMA, ODIO CHI MI ODIA.

Chi entra in stato nascente? Siamo portati a pensare che la nascita di nuovi movimenti è causata
dalle grandi rivoluzioni, ma non sempre è così. È importante il concetto di FASCIA DI CONFINE,
chi entra in stato nascente è qualcuno che è profondamente legato alle tradizioni, coloro che hanno
dentro di sé i valori del passato ma sono delusi dal presente, coloro che sono frustrati da una
situazione a cui erano profondamente e sinceramente legati e da cui aspettavano cose che non sono
avvenute, da ciò nasce una profonda insoddisfazione e una ricerca delle alternative. Per produrre
non solo una ribellione personale, ma una ribellione di molti, occorre che queste condizioni siano
generalizzate a intere categorie di individui, a ceti, classi o gruppi etnici.
LA TEORIA DI ALBERONI È INSERITA ALL’INTERNO DELLE TEORIE DELLA
DIOSCONTINUITÁ.
sbocchi del movimento:
 Estinzione
 repressione nel sangue, apparato burocratico non troppo forte
 fiammata illusoria, compaiono all’orizzonte e poi scompaiono
 istituzionalizzazione del movimento, va a buon fine.
Abbiamo due forme di istituzioni che nascono dai movimenti di dominio  DI RECIPROCITÁ e
DI DOMINIO.
Come si passa dal movimento allo stato nascente?
Come già detto il movimento nasce come una scoperta, una rivelazione fino a diventare dottrina,
ideologia mentre prima era solo l’intuizione sconvolgente che il mondo poteva essere modificato. Il
movimento termina quando ormai l’istituzione si è consolidata. Abbiamo quindi due poli opposti: lo
stato nascente e la quotidianità tra questi due il movimento è il ponte.
L’istituzione conserva sempre qualcosa dello stato nascente, rappresenta l’erede.

Il capo carismatico
Alberoni afferma che sia un errore pensare che il movimento sia formato da un capo esaltato che
trascina i suoi seguaci. L’unità elementare del movimento non è il capo, ma è il piccolo gruppo che
si forma quando due o tre persone che si trovano nello stato nascente si incontrano, si riconoscono e
cominciano a elaborare un’azione comune. Il riconoscimento è il meccanismo con cui si forma il
gruppo dotato di altissima solidarietà e capace di durare nel tempo nonostante tutti i dubbi, le prove
e i dilemmi.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE:


(cap. 4, Natura e Cultura)

Secondo Aristotele l’uomo è un animale sociale, c’è una parte di noi che agisce come gli animali.
Durkheim da la definizione dell’essere umano definendolo Homo Duplex siamo caratterizzati da
una componente animale che ci fa agire in base all’istinto primordiale di sopravvivenza (siamo lupo
tra i lupi). D’altra parte, siamo anche esseri sociali per necessità: nasciamo da altri esseri sociali e
durante la vita cerchiamo l’anima gemella.
Dunque, abbiamo bisogno dell’altro, non possiamo solo combatterlo, emerge anche una
componente altruistica oltre a quella egoistica.
Viviamo anche per aiutare l’altro, di cui abbiamo e con cui costruiamo la società.
Per Freud il punto più alto della parte sociale e altruistica degli esseri umani è contenuto nella fede
cristiana, in particolar modo nella frase che recita: “Ama il tuo prossimo come te stesso”.

Oggi siamo cambiati?


Oggi siamo esseri digitalizzati, abbiamo nuove esigenze sociali, nuovi legami, abbiamo bisogno del
continuo contatto con il mondo e gli altri fino ad arrivare al punto di sviluppare vere e proprie
patologie (nomofobia: la paura di non avere lo smartphone).
Apparentemente siamo cambiati e questi cambiamenti hanno dei risvolti interessanti che meritano
di essere analizzati.
Da queste nuove esigenze nascono nuovi prodotti (es. iPhone) se non posso disconnettermi è
indispensabile il caricatore, ciò significa che nascono continuamente nuovi bisogni e di
conseguenza nuovi prodotti.
Se fossimo però realmente cambiati significherebbe non riuscire più a immedesimarsi nei canti
della Divina Commedia. Una parte di noi quella più radicata non muta, agisce solamente in modo
diverso.

Tolkien, diceva che la fiaba è un’evasione dal carcere fatta da chi è prigioniero, non è la diserzione
di un guerriero. Le fiabe parlano di cose permanenti.
Gli animali sono poi così diversi da noi?
In realtà da vari documentari sul mondo animale, emerge che alcune specie non agiscono solo per
istinto, in alcune circostanze esiste un processo di scelta molto simile a quello dell’essere umano
(Es. la consapevolezza affettiva della femmina lemure).
Nell’animale c’è una catena di reazioni che partono da uno stimolo, come la fame e sfociano in una
linea di condotta più o meno rigidamente determinata ì, che elimina la tensione creata dallo stimolo.
Nell’uomo questa catena è ininterrotta. Lo stimolo c’è, ma l’uomo è costretto a scegliere tra diverse
linee di condotta possibili: comincia a pensare.
Il suo ruolo rispetto alla natura muta, dall’adattamento puramente passivo a uno attivo, egli
produce, inventa strumenti e nel dominare così la natura, se ne separa sempre di più.
Gli salta in mente che il suo destino è tragico: fa parte della natura pur trascendendola.

Quanto c’è di naturale e quanto di culturale nell’uomo?


Siamo facilitati nell’agire soprattutto come istinto, poiché alla nascita non siamo autosufficienti, il
bambino non può vivere in autonomia, deve apprendere cultura dai genitori e dall’ambiente che lo
circonda.
L’essere umano rispetto all’animale è più debole biologicamente, questa debolezza però non ci
nuoce, anzi, diventa libertà e civiltà e ci permette di continuare a sopravvivere (Es. animali
preistorici dotati di manti resistenti e caldi, al cambiare delle condizioni climatiche si estinguono).
L’uomo è libero di usare le attrezzature più adatte al momento ed è capace di creare tutto.

Peter L. Berger e Thomas Luckmann, descrivono l’individuo come un essere naturale e un essere
sociale al tempo stesso. Facendo parte della natura il suo organismo presenta dei limiti biologici,
mentre come essere sociale il suo organismo subisce le limitazioni dovute alla società.
Di conseguenza l’animalità dell’uomo è trasformata nella socializzazione, ma non annullata.

Sigmund Freud palesa il profondo legame fra la psiche dell’individuo e la società in cui egli è
immerso: è la scoperta della coscienza morale che chiama super-io.
Egli scompone la personalità in tre parti:
 l’Es è il polo inconscio, il calderone di impulsi
 L’Io la parte organizzata dalla personalità che ha il compito di porre in relazione l’es, il
super-io e il mondo esterno
 Il Super-Io l’insieme degli obblighi e dei doveri inculcati fin dall’infanzia, è la coscienza
morale.
Nella mappatura che Freud presenta della psiche umana, il ruolo svolto dal Super-io è estremamente
importante perché costituisce il risultato dell’azione del potere esterno.
Freud spiega che il ruolo svolto dal super-io viene dapprima svolto da un potere esterno,
dall’autorità dei genitori. I genitori esercitano il loro influsso e governano il bambino mediante la
concessione di prove d’amore e la minaccia di castighi.

Morale e Legge: quando la coscienza si è formata, non può capitare che le norme morali
introiettate non corrispondano alle leggi esterne, allora è l’io che deve decidere quali seguire
(Es. la legge punisce chi ruba, ma in condizioni estreme vediamo una persona che sta morendo di
fame e non abbiamo altro mezzo per farla sopravvivere se non quello di rubare del cibo, allora ci
troviamo davanti a un dilemma).
Peter Berger e Thomas Luckmann, descrivono il processo di socializzazione secondaria che aiuta
l’individuo a conoscere i ruoli che dovrà assumere nell’ambiente in cui verrà a trovarsi.
La socializzazione secondaria è l’interiorizzazione di sottomondi istituzionali o fondati su
istituzioni. Questi sottomondi sono in genere realtà parziali in contrasto con il mondo- base
acquisito nella socializzazione primaria.
Istruzione e Controllo Sociale: la vita umana si presenta come il passaggio in mondi sociali
diversi. Ogni volta che usciamo dal vecchio per entrare nel nuovo dobbiamo apprendere modi di
vita a noi sconosciuti, stabilire nuovi rapporti (Es. al termine degli studi quando dobbiamo entrare
nel mondo del lavoro).
In ogni fase della vita siamo guidati da agenti di socializzazione, formali o informali che ci
trasmettono informazioni sul ruolo che dobbiamo assumere.

Una grande influenza nella suddivisone all’interno dei ruoli della famiglia è rappresentata ancora
dai giochi socializzazione anticipatoria (le bambine giocano con le bambole e i bambini
giocano con le macchine), il tutto dipende dal gruppo di riferimento.
Come le coppie utilizzano il loro tempo in casa?
Da vari sondaggi emerge che la stanza più utilizzata dagli uomini è il salotto, mentre le donne si
sentono di appartenere di più alla cucina. La maggior parte delle donne dichiara di trascorrere la
maggior parte del proprio tempo libero a svolgere le faccende domestiche, mentre l’uomo
guardando la tv. Il cucinare diventa sempre di più una mansione amata dagli uomini, che lo
percepiscono come un gesto d’amore.
La pandemia ha allungato i tempi di raggiungimento della parità di genere a livello globale.

Gli agenti di socializzazione:


per far si che il processo di socializzazione riesca, l’individuo è aiutato dagli agenti di
socializzazione. Il primo agente che incontriamo nella nostra vita è la figura della madre e in
seguito l’intera famiglia. La scuola è un altro grandissimo agente di socializzazione.
Poi c’è la tv… partendo dall’infanzia i cartoni animati racchiudono una serie di valori. Le attività
del doposcuola che sono sempre più frequenti, perché i genitori hanno orari di lavoro via via più
impegnativi. Nella fase adolescenziale si è influenzati dal “gruppo dei pari”, i nostri coetanei. Già
da bambini c’è una differenziazione nel comportamento di genere, le bambine sono più selettive
soprattutto nella scelta delle amiche, inoltre preferiscono trascorrere il tempo nella loro cameretta e
parlare di se (introspettive); i bambini preferiscono giocare con i loro amici in luoghi aperti.
Il processo di socializzazione non termina con il raggiungimento dell’età adulta, ogni esperienza
nuova richiede un nuovo tipo di socializzazione specifico.
Meccanismi di socializzazione (positivi) identificazione (agisco proprio come se fossi un altro)
e imitazione (resto io e in apparenza voglio prendere le sembianze dell’altro).
Meccanismi di socializzazione (negativi) vergogna (esterno, lo provo di fronte agli altri) senso
di colpa (interno, è introspettivo, lo provo con me stesso).

La scuola
È un agente di socializzazione politica. Quando pensiamo alla scuola siamo convinti che serva ad
imparare, in realtà non deve formare solo persone istruite, deve soprattutto plasmare i cittadini in
base alle esigenze di quella determinata società, in quel preciso periodo storico.
Es. le scuole coraniche in Sudan, dove i bambini e i ragazzi vanno a scuola per imparare il corano,
ogni giorno si impara a memoria un paragrafo.
Es. scuole indiane, l’educazione e la formazione dei bambini è strettamente legata alla natura
Es. le scuole giapponesi, c’è un’eccessiva responsabilizzazione, i bambini sono molto indipendenti
e si basa su un sistema meritocratico
Es. nelle scuole francesi (nelle piccole realtà rurali) la tavola rotonda rappresenta uguaglianza tra le
persone sedute, il maestro siede con i bambini non sta in piedi a osservali, non da giudizi sul lavoro
svolto, sono i bambini che danno un parere ognuno sul proprio compagno, il maestro non da una
risposta alle domande del bambino, lo fa ragionare da solo. L’insegnante non è solo punitivo, cerca
di spiegare al bambino le motivazioni.
SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE:
(30 Settembre 2022/ Goffman e Microsociologia cap.11)

Goffman è un sociologo e psicologo canadese, le sue teorie vengono ampiamente criticate poiché
possono sembrare banali, lui non da spiegazioni di quanto teorizzato e non risponde alle critiche
ricevute.
MICROSOCIOLOGIA studia le interazioni delle persone nelle piccole società, analizza e
studia le relazioni sociali all’interno di piccoli gruppi (coppie, famiglie, classi), la microsociologia
non ha più come oggetto d’indagine i fatti sociali, ma l’azione e l’interazione umana dettata dai
significati che i soggetti attribuiscono alle situazioni.
Il sociologo ha una posizione privilegiata nella società perché guarda ma non giudica, osserva e
legge ciò che vede, non ha un’opinione sul valore delle persone.

11.1 LA VITA COME RAPPRESENTAZIONE TEATRALE


“Chose your self-presentation carefully, for what starts out as a mask may become your face”.
Il modo di vestire e il modo in cui si appare è una scelta della persona per veicolare le relazioni che
incorrono fra sé e gli altri.
Goffman interpreta la società come un teatro all’interno del quale le persone sono attori. Descrive il
mondo come una scena sulla quale uomini e donne recitano parti diverse esattamente come fanno
gli attori a teatro. Quando una persona viene a trovarsi alla presenza di altre persone, queste,
cercano di avere informazioni sul suo conto. Le notizie riguardanti la persona aiutano a definire una
situazione, permettendo agli altri di sapere in anticipo che cosa quella si aspetti da loro e che cosa
essi a loro volta possano aspettarsi da lei. Ciò che a Goffman interessa sono le interazioni tra attori e
spettatori.
Goffman legge in ottica sociale tutte le componenti del teatro e teorizza alcuni elementi specifici:
- Interazione faccia a faccia è l’influenza che due individui a breve distanza fisica
esercitano gli uni sugli altri. Due persone l’una di fronte all’altra interagiscono mostrando
qualcosa di sé e nel corso di questa interazione si influenzano a vicenda nei comportamenti.
L’esposizione faccia a faccia porta necessariamente a uno scambio e quindi esporsi
comporta un’influenza reciproca.
- Rappresentazione è l’azione che svolge un individuo volta a influenzarne un’altra. Lo
scenario della rappresentazione è l’interazione faccia a faccia.
- Routine l’azione che si svolge durante la rappresentazione, che può essere ripetuta in
altre occasioni.
- Facciata termine comune, è fissa e non si può cambiare è l’equipaggiamento espressivo
applicato durante la rappresentazione. È composta da ambientazione, apparenza e maniera.
- Ambientazione si riferisce a tutte le ambientazioni e a tutto quello che è il mobilio e gli
accessori presenti nell’ambiente in cui si è inseriti. Goffman li definisce anche “dettagli di
sfondo e scenario”, stanno a creare il contesto/ambientazione (es. ufficio: scrivania- sedie-
tende- cestino- computer- stampante- telefono/ es. parata: tutti vestiti uguali- si muovono
tutti allo stesso modo).
- Facciata personale  si identifica con l’attore e si divide in apparenza e maniera. 1)
apparenza= è lo status sociale, ha una natura estetica perché è il modo in cui ci appare, il
modo in cui si sceglie di apparire (che è spesso diverso da come si è veramente). 2) la
maniera= è il ruolo, il modo in cui ci si comporta e ci si atteggia è come tramite
l’atteggiamento si vuole essere riconosciuti dagli altri, l’atteggiamento da un messaggio che
riguarda il proprio ruolo all’interno della società (es. sorelle Hilton negli anni ’90
ostentavano il loro essere delle ereditiere, dando un messaggio di ruolo all’interno della
società).
Lo status è quello che si sceglie di mostrare.
Per Goffman ambientazione, apparenza e maniera devono funzionare in maniera armonica, se
uno di questi elementi viene meno durante la rappresentazione, succede qualcosa che porta la
rappresentazione a stridere agli occhi degli altri, se qualcosa non funziona crolla un pezzo della
rappresentazione e il pubblico si accorge della messa in scena, crolla l’impalcatura di Goffman.
Equipe composta da più persone perché la rappresentazione funziona meglio se l’attore non è
da solo sulla scena. Nell’equipe ci sono tre pilastri:
- Interdipendenza reciproca: tutti gli attori coinvolti sulla scena si influenzano e sono
interdipendenti, ogni azione di un attore ha ricadute sugli altri, e se accade qualcosa durante
la rappresentazione, questo influisce su tutto il gruppo, la componente necessaria è la
fiducia.
- Correggere l’errore solo quando il pubblico non c’è: “The show must go on” e una volta
finita la rappresentazione si affronta il problema e si capisce cos’è andato storto.
- Essere concordi: quando ci si presenta davanti al pubblico bisogna avere una posizione
concorde (es. genitori concordi davanti ai figli, ci si mette d’accordo per evitare di dare un
messaggio ambiguo e contraddittorio al pubblico in questo caso il bambino).

Dove avviene la rappresentazione? (ribalta e retroscena) nel Territorio spazio in cui si svolge
l’azione dove ci sono degli ostacoli (fisici: altre persone, mobili, alberi, edifici).
Ribalta luogo dove si svolge la rappresentazione, due componenti: cortesia e decoro.
- Cortesia: come l’attore tratta gli altri, modo in cui si relaziona all’altro nel corso
dell’interazione.
- Decoro: come l’attore si comporta al di fuori dell’interazione, non interagisce quindi, non è
attivo, ma è comunque osservato.
Retroscena fatti componenti dell’atteggiamento eliminati dalla ribalta perché non consoni ad
essere mostrati al pubblico.
Es. colloqui di lavoro certe professioni richiedono abbigliamento specifico, non ci si può
presentare in pantaloncini e ciabatte.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(5 ott. 2022 I SENTIMENTI cap.8)

Alberoni si domanda se le sue teorie possono essere applicate a gruppi ridotti, quindi la coppia.
Il potere creatore dell’amore Alberoni pubblica “Innamoramento e Amore”, ciò che gli interessa
è capire se esistono meccanismi d’amore universali che mutano attraverso la cultura, ma che di base
restano invariati. Alberoni arriva alla conclusione che l’innamoramento è un fenomeno da sempre
esistito, non può essere imposto è spontaneo, segue delle regole proprie.
Alla base dei movimenti collettivo, come abbiamo già visto, c’è sempre lo stato nascente; quindi,
questa teoria può essere applicata all’amore? La risposta è si, la coppia infatti è il più piccolo dei
movimenti collettivi, formato da due sole persone, l’innamoramento è lo stato nascente di un
movimento collettivo a due.
“Tendiamo a innamorarci quando siamo pronti a cambiare, perché siamo mutati interiormente,
allora cerchiamo qualcuno che ci indichi la strada e ci faccia assaporare un nuovo modo di
essere”.
Chi sostiene di innamorarsi continuamente mente, la realtà dei fatti è che ci innamoriamo poche
volte, si tende infatti a confondere l’infatuazione con l’innamoramento due cose ben distinte.
L’innamoramento vero prodotto da uno stato nascente implica morte-rinascita che accade raramente
nella vita.
Esistono 3 tipi di legami amorosi:
- Deboli ad esempio il flirt estivo, vengono definitivi deboli perché non ci mutano nel
profondo;
- Medi il legame medio per eccellenza è il legame d’amicizia;
- Forti sono essenzialmente i legami di sangue e l’innamoramento.

POSSO AMARE CONTEMPORANEAMENTE DUE PERSONE, MA NON POSSO


INNAMORRAMI CONTEMPORANEMANTE DI DUE PERSONE.

Sigmund Freud, sostiene che le nostre radici, i nostri legami emotivi stanno nell’identificazione.
Quando siamo piccoli assimiliamo dei tratti caratteriali di chi ci cresce e ci modelliamo processo
di identificazione. Inoltre, tutti abbiamo affrontato il Complesso di Edipo, secondo il quale il
bambino è spinto a provare sentimenti d’amore nei confronti del genitore di sesso opposto e al
contrario sentimenti di astio per il genitore del medesimo sesso, che successivamente che cade in
latenza e si risveglia nella fase adolescenziale  sentimento di ambivalenza.
- Di chi ci innamoriamo? Per la psicanalisi quando ci innamoriamo, ricerchiamo
inconsciamente qualcuno che ricalchi fisicamente o psicologicamente i modelli genitoriali.
Secondo Alberoni questo punto è opinabile; infatti non ci innamoriamo del nostro passato,
bensì del nostro futuro, ci innamoriamo di chi potenzialmente potremmo diventare. Ci
innamoriamo quando incontriamo qualcuno che ci aiuta a crescere, a realizzare nuove
possibilità.
- Quando ci innamoriamo? Quando siamo pronti a mutare a cambiare schemi prestabiliti
nella nostra vita, quando siamo insoddisfatti del presente, quando abbiamo lo slancio vitale
per compiere una nuova esplorazione, per cambiare vita.
- Quando non ci possiamo innamorare? Quando siamo depressi, quando non abbiamo
nessuna speranza di essere ricambiati oppure se siamo già innamorati.
- Come ci innamoriamo? Può avvenire per colpo di fulmine, Alberoni per “colpo di
fulmine” intende il momento di riconoscimento tra due persone entrambe in stato nascente.
Alberoni parla di colpo di fulmine con una seconda accezione, riferendosi a momenti di
discontinuità, che possono interrompere la nostra realtà quotidiana e farci intravedere
l’essenza delle cose. Avviene quando opponiamo resistenza, non vogliamo o abbiamo paura
di lasciarci andare, così ci difendiamo e il processo si svolge per tappe successive. Anche in
questo caso però avviene un momento particolare che rompe il tempo la rivelazione. Ciò
avviene quando ad esempio ci innamoriamo del migliore amico.
Affinità elettiva, qui l’innamoramento scatta perché tra i due innamorati vi è una profonda
comunanza di sentire, percepire il mondo, di valori, vi è un’essenza comune che li unisce.
- Quali sono i meccanismi dell’amore? Esistono meccanismi che possono presentarsi nelle
forme d’amore. 1. Il principio del piacere, l’amore è una pulsione sessuale, è rivolto sia alla
nostra parte più interiore che alla parte più erotica. 2. La perdita, ha una doppia componente
la coppia brucia d’amore solo se c’è un qualcosa che ostacola il loro amore (i genitori non
approvano il nostro amore e lo ostacolano) 3. L’indicazione, la natura del nostro desiderio è
mimetica, i nostri desideri sono “appresi”, sono gli altri che ci indicano cos’è socialmente
desiderabile, è un meccanismo sociale che agisce dall’esterno. 4. Lo stato nascente, solo in
questo caso abbiamo il vero innamoramento.

Perché ci sia innamoramento occorre che ci sia un fattore scatenante e come si passa
dall’innamoramento alla formazione della coppia?
Per capire come dall’innamoramento si passa all’amore e alla costruzione della coppia, Alberoni
illustra delle fasi che si pongono come vere e proprie prove tra innamorati:
1) Prova di verità: per sapere se siamo realmente innamorati (ci allontaniamo fisicamente per
capire se il nostro sentimento è reale)
2) Prova di reciprocità: per sapere se anche l’altro è innamorato (metto il mio amato alla
prova)
Da queste due prime fasi inizia il processo di fusione da cui emerge il progetto comune  quando
le prime due prove vengono superate, si iniziano a creare progetti condivisi.
Al termine avviene il patto, in cui ciascuno fa propri i diritti e le aspirazioni essenziali dell’altro.
Nascono cos’ le istituzioni di convivenza della coppia. se invece i progetti individuali sono
incompatibili si giunge a un punto di non ritorno e avviene la rinuncia.

E come si passa dall’innamoramento all’amore? Esistono dei punti di non ritorno, come ad
esempio il concepimento di un figlio. Il patto di continuità si verifica quando troviamo un accordo.

Come si costruisce la coppia? Attraverso la fusione e l’individuazione. L’individuazione viene


intesa come il processo individuale di costruzione di noi stessi.
Razionalizzazione dell’amore di coppia:
l’amore che è qualcosa di imprevedibile che irrompe nella nostra vita viene sempre più vissuto
come elemento da razionalizzare, basta pensare ai quiz di coppia che troviamo online o nei
magazine.

Dopo la formazione della coppia si possono comunque creare delle rotture…

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE:


(5 Ottobre 2022, il Triangolo dell’amore cap.8)

Robert. J. Sternberg sostiene che alla base dell’amore sono presenti sempre tre componenti
fondamentali  passione- intimità- impegno.
(Es. passione+ intimità= Amore Romantico passione= Infatuazione intimità+ impegno= Amore,
Amicizia).
Questa teoria (a differenza della teoria di Alberoni) crea una tassonomia, a seconda della presenza
delle varie componenti possiamo avere varie forme d’amore.
la forma “del triangolo” è concettualmente, graficamente legata alla diversa concezione dell’amore
che stiamo vivendo, anche le sue dimensioni possono essere diverse in base alla diversa intensità di
apporto affettivo nella relazione.

Che cos’è la gelosia? È una reazione emozionale legata al timore che un rivale ci sottragga
l’oggetto d’amore, presenta diverse forme (quotidiana, patologica, del passato). Scatta quando
l’amato si lascia sedurre dalle avances del rivale. Ha sempre tre protagonisti: soggetto- rivale-
oggetto, le dinamiche aggressive di chi prova gelosia possono essere rivolte o all’oggetto o al rivale
(ammessa dalla società entro un certo limite).

Che cos’è l’invidia? È un meccanismo di difesa, che entra in azione nel momento in cui ci
sentiamo sminuiti se ci confrontiamo con qualcun altro, implica sempre la presenza di un
“pubblico”, qualcuno che dall’esterno ci sta giudicando. L’invidia si nutre del processo di
identificazione. È un sentimento che presuppone una rivalità. Secondo René Girard ogni nostro
desiderio in realtà non è spontaneo ma viene appreso da un modello che abbiamo di riferimento, in
particolare riprendendo il triangolo del complesso di Edipo ne modifica i termini. Girard sostiene
che non sia vero che il bambino vuole la madre perché è un oggetto d’amore innato, ma perché
identificandosi con il padre ne imita il desiderio, il mediatore desiderando l’oggetto, lo indica al
soggetto come desiderabile  Il desiderio è Mimetico.
Nell’invida ci sono due protagonisti (non più tre come nella gelosia) invidioso/ invidiato (spesso
e volentieri è tale senza sapere di esserlo).
I momenti del processo invidioso sono tre:
1) Il confronto che operiamo con chi è più dotato di noi
2) L’impulso di odio e aggressività che sentiamo verso chi riesce dove noi falliamo e,
soprattutto il tentativo di svalutarlo
3) La condanna sociale, l’interiorizzazione dell’invida

La società come tratta l’invida? È un sentimento non ammesso, la società non può permettere che
l’individuo attacchi quelli che sono i valori.
INVIDIA COLLETTIVA l’invidia è un meccanismo sociale per evitare che gli altri salgano di
livello, ma quando muta per mezzo dei movimenti viene indirizzata verso un nemico collettivo
comune e assume legittimità, diviene odio di classe, di razza, religioso, politico…

In conclusione…
Le civiltà nascono dal potere creativo dell’amore, dai movimenti e vengono distrutte o si
autodistruggono attraverso l’odio, le rivalità, l’invidia.

La teoria svedese dell’amore di Erik Gandini (Cap.8)


Si vede come la trasformazione sociale può mutare il legame sociale. La tesi fondamentale è che
deve esistere un principio di indipendenza (le donne devono essere indipendenti dagli uomini, gli
adolescenti dai genitori e gli anziani dai figli). Questo ha portato a una massima individualizzazione
della persona.
Oggi in Svezia quasi la metà degli individui vive da sola e detiene anche il primato delle nascite in
famiglie monoparentali. Il futuro sarà sempre più orientato verso l’inseminazione casalinga e i
rapporti sempre meno fisici e più virtuali.
Bauman sulla teoria dell’amore…
“Non è vero che la felicità significhi una vita senza problemi. La felicità nasce dalla lotta contro i
problemi, si raggiunge uno stato di felicità quando ci accorgiamo di riuscire ad affrontare le sfide.
L’indipendenza ti priva della capacità di fare tutto questo. Più siamo indipendenti, meno siamo in
grado di fermare la nostra indipendenza e sostituirla con una piacevole interdipendenza. In
conclusione, l’indipendenza non è la felicità, alla fine l’indipendenza porta a una vita vuota e priva
di senso e ad una completa e assoluta noia”.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(Individui e società. Mutamenti: dal XX al XXI secolo Cap. 6)

È possibile individuare delle dinamiche di cambiamento?


Riesman teorizza come l’ansia e la paura ci portino ad avere comportamenti conformisti, il nostro
adeguamento inconsapevole a quelli che sono i valori dominanti nella società.
La folla solitaria (1950) i mutamenti sociali a lungo andare modificano i caratteri degli individui.
Che cos’è il carattere sociale? Quella parte del carattere tipica dei gruppi sociali, che li
contraddistingue e dipende dalla socializzazione e dai mezzi che la società attua perché gli individui
vi si conformino. La socializzazione è quel processo che inizia alla nascita e che serve all’individuo
per apprendere valori, credenze e comportamenti che lo aiutano a inserirsi nella società. Se ci si
discosta troppo dalla massa si cade nella devianza. Un eccesso di adattamentoconformismo
Riesman usa demografia e economia per determinare i momenti storici di discontinuità che lui
chiama: momenti di transizione di carattere sociale, le due variabili che prende in considerazione
sono la popolazione e il tempo.
Tre tipi di carattere sociale:
1. Individuo diretto dalla tradizione (Dall’antichità al Medioevo). Il carattere è modellato
dalla famiglia o dal gruppo di appartenenza, ma anche da ciò che è esterno all’individuo e ha
un’influenza (magia, religione). Siamo in pieno patriarcato.
2. Individuo auto-diretto (inizia con l’Umanesimo): La scoperta di nuovi territori non è solo
geografica, ma anche mentale, l’uomo cambia la propria posizione. L’individuo auto-diretto
è sempre legato alla famiglia e alla comunità, ma a differenza dell’individuo diretto è in
grado di darsi degli obiettivi autonomi rispetto a ciò che propone la tradizione. Nasce
l’individualità. L’idea del self-made man.
3. Etero-diretto (fine ‘800): individuo tipico della società industrializzata moderna. Deve
cambiare valori velocemente per sentirsi parte della società. Cambia adattandosi all’esterno.

Un approfondimento sulla teoria di Riesman che riguarda le nuove generazioni (nati dopo il 200):
iGen nuova mutazione antropologica per uso di smartphone e social network, meno tempo fuori
casa, meno attività di gruppo, si innalza l’età dei primi rapporti sessuali e l’età di conseguimento
della patente di guida. “Generazione di figli infelici, in cui diminuisce la probabilità di incidenti
fisici poiché non si esce di casa, ma aumenta la probabilità di suicidi e depressione”.

Lasch scrive La cultura del narcisismo (1979) a cui segue L’io minimo (1984). Lasch si rende
conto (facendo tesoro delle tesi di Riesman), che la personalità dei suoi contemporanei (anni 70
USA) può essere collegata a uno sviluppo del concetto di narcisismo. In questo modo può spiegare
come i mutamenti sociali abbiano influito nella diffusione del fenomeno del narcisismo.
La cultura del narcisismo
l’ossessione dei contemporanei è vivere per il presente, non mi interessa di quello che avverrà in un
futuro, si sta perdendo il senso della continuità storica, inoltre si sta disgregando il legame sociale,
c’è un allontanamento dalle istituzioni. Tutto questo non è egocentrismo o egoismo, ma è una
fragilità che ci permette di quietare ansia e insicurezza. Lasch si accorge che il narcisismo riguarda
l’individuo del suo tempo, ma non si scatena per voler provare piacere a tutti i costi, bensì per il
desiderio di colmare un’ansia.
I tratti distintivi del narcisista: personalità caotica che agisce anziché reprimere i propri conflitti
1. Sensazione di vuoto e bassa autostima (ricerca di fama, consumismo) più colmo il
mio vuoto attraverso i consumi, più cerco di placare la mia ansia e la mia insicurezza. Ho
un forte bisogno di reputazione, ricerco la fama.
2. Ricerca del benessere personale (psicoanalisi, discipline orientali, pratiche di
autocoscienza, yoga, buddhismo) ideologia che è solo superficialmente ottimista, ma in
realtà non raggiungiamo mai un punto di arrivo, quindi cela sconforto e rassegnazione
3. Indebolimento dei vincoli sociali e timore della dipendenza dagli altri (comportamenti
antisociali) evita coinvolgimenti, poco attento al senso di continuità storica.
4. Ossessiva attenzione allo specchio metafora del vero se, specchiandomi capisco qual è
l’immagine che gli altri hanno di me, ciò che trasmetto all’esterno
5. Culto dell’intimità si carica di aspettative eccessive la coppia
6. Spettro della vecchiaia incapacità di identificarsi con le generazioni future, non da
spazio ai giovani

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(13 ottobre 2022, Il narcisismo oggi, studio sui manager Cap.6)

Il narcisista vuole apparire, da uno studio sui manager è emerso che il manager è una persona
simpatica, socievole, ma che in realtà nutre un desiderio di ambizione individuale, ciò che gli
interessa è il prestigio sociale, la visibilità, non è realmente fedele all’azienda e ai suoi valori.
Il narcisismo oggi, evidente soprattutto in internet e nella società dei selfie, è importante il numero
dei like, la quantità di riconoscimento da parte degli altri, piuttosto che la vera relazione con gli
altri.
Lasch continua i suoi studi sul narcisismo e pubblica L’io minimo (1984). Alcune delle tendenze
viste precedentemente si sono accentuate, l’individuo si rende sempre più indipendente dalla
società, c’è un bisogno sempre maggiore di riconoscimento per non sentirtisi un fallito. Questo
porta all’indebolimento del legame sociale. Il se nasce con noi è la gratificazione del nostro piacere,
mentre l’io si sviluppa in seguito con le funzioni cognitive, iniziamo quindi a capire la permanenza
delle cose, lo sviluppo del tempo. In una società dove non c’è più fiducia nelle istituzioni e l’io si
deve contrarre, in una società l’io dipende quindi dalla fiducia nella presenza delle cose L’identità si
contrae non per egoismo ma perché l’individuo si percepisce come assediato e sviluppa
un’individualità da sopravvivenza. Questo aspetto è particolarmente evidente nel fenomeno
giapponese dei “Hikikomori” ragazzi che si rinchiudono nelle loro stanze e non hanno più
contati col mondo esterno, questo accade perché la società giapponese è particolarmente
competitiva, si sviluppa il terrore della vita reale.

Bauman scrive “Modernità liquida” la trasformazione dalla società moderna a quella post-
moderna.
La postmodernità secondo Bauman è un periodo di “interregno” caratterizzato dalla velocità, dalla
provvisorietà, da un’identità in perenne divenire, perché il cambiamento è divenuto l’unica costante
di un mondo in continua trasformazione.
La vita liquida è caratterizzata dalla rapidità del cambiamento sociale, la nostra è una realtà
individualizzata, in cui i modelli non conservano mai a lungo la propria forma. Ciò che
caratterizza la società contemporanea è: il principio di piacere: la libertà individuale regna
incontrastata, l’idea di una libertà come valore supremo, il cui prezzo da pagare è la perdita di
sicurezza, in cambio di un aumento della probabilità o della speranza di felicità.
Dall’inizio degli anni ’60 inizia una sorta di intolleranza versa un sistema di regole rigido e nascono
una serie di movimenti che tendono alla libertà, per noi il concetto di libertà coincide con la felicità.
Ciò che avviene nella postmodernità è il rincorrere scenari sociali sempre mutevoli, liquidi, per
cui riuscire a stabilizzare l’identità individuale un compito sempre più arduo. Uno dei caratteri
peculiari della postmodernità diviene l’incertezza, la quale si declina in un senso di insicurezza in
tutte le sfere della vita.

Da che cosa è caratterizzata la vita liquida?


La vita liquida è caratterizzata dall’imperativo del consumo, non vi è più una vita utile degli
oggetti, il desiderio è stato sostituito dal capriccio, “tutto e subito”. Gli oggetti hanno una vita
limitata e sono presto sostituibili, la loro obsolescenza è appunto data dal loro potere di attrazione e
di seduzione che ne rappresenta il valore, per questo la fedeltà appare anacronistica, ci si libera
velocemente degli oggetti come ci si svincola dai valori e dalle relazioni.
L’amore liquido le relazioni diventano oggetti, vengono mercificate. Anche l’amore è stato
soppiantato dalla gratificazione immediata del desiderio (autodistruttivo) per cui il “tutto e subito”.
L’innamoramento secondo la medicina è solo una questione di sostanze chimiche che ci portano a
provare attrazione, a godere del sesso. A sentirci dunque innamorati. La natura ha prescritto che
questo “farmaco” venga prodotto per un periodo limitato, sufficiente per tenere unite le persone il
tempo necessario per fare tanto sesso.
Quindi, perché sentirsi in colpa se le relazioni non funzionano? È solo una questione di chimica,
non serve a nulla colpevolizzarsi.
L’amore, d’altra parte è il desiderio di prendersi cura e di preservare l’oggetto della propria cura, se
il desiderio vuole consumare, l’amore vuole possedere. Se il desiderio è autodistruttivo, l’amore è
autoperpetuante.
DINK (double income no kids): coppie libere che non vivono nella stessa casa, hanno una
relazione part-time, non hanno intenzione di creare una famiglia e condividono tempo e spazio solo
quando ne hanno voglia. Se una volta i figli rappresentavano una sorta di ponte da mortalità e
immortalità, oggi sono divenuti oggetti di consumo emotivo, generati per soddisfare i desideri e i
bisogni del consumatore- genitore.
SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NERR’ERA DIGITALE
(Sociologia delle emozioni: dalla realtà solida alle emozioni 2.0, Cap. 7)

Le emozioni sono fenomeni multidimensionali che hanno componenti biologiche, cognitive e


sociali. Si presentano come stati affettivi intensi e di breve durata. L’intelligenza emotiva
precede quella razionale. L’uomo diventa Homo Sentiens, questo accade a partire dagli anni ’90
con la pubblicazione di un libro in particolare “Intelligenza Emotiva” di Daniel Goleman.
Ormai da secoli sappiamo che il nostro cervello è suddiviso in due emisferi, uno più logico (quello
sinistro) e uno più creativo e emotivo (quello destro).
Non vi è una definizione univoca di emozioni, ma possono essere considerate da tutti fenomeni
multidimensionali, con componenti biologiche, cognitive e sociali. Le emozioni non vanne confuse
con i sentimenti (che sono appresi, cognitivamente strutturati).
1. Emozioni di base sono emozioni primarie (paura, collera, felicità, disgusto, tristezza,
sorpresa) nascono con noi sono innate, nascono nell’amigdala. La loro particolarità è che
rappresentano le loro condizioni fisiologiche, psicologiche e comportamentali in tutte le
culture, sono dunque universali.
2. Emozioni complesse (secondarie) nascono verso i 18 mesi e sono più strutturate,
vengono apprese durante la socializzazione (vergogna, senso di colpa, orgoglio). Ciò che
si può e non si può fare, ciò che si deve o non si deve fare. Si sviluppano in un secondo
tempo, perché richiedono una componente cognitiva.
Un’ulteriore suddivisione delle emozioni è riferita alla loro rilevanza nella convalida e nel
rafforzamento delle credenze del gruppo:
emozioni egoistiche- tutte quelle coinvolte nell’affermazione o nella difesa del se; le emozioni
altruistiche- come le emozioni sessuali, famigliari e sociali; le emozioni superiori- che abbracciano
il sociale e l’umanità.

La Rilevanza sociale delle Emozioni


Nel pensiero sociologico troviamo una costante attenzione alle emozioni come variabile dell’azione
sociale.
La sociologia delle emozioni nasce alla fine degli anni ’80 e qual è l’oggetto della sociologia delle
emozioni? È la cultura emozionale, l’insieme delle regole dei modi di sentire e di espressione delle
emozioni, dipende dalla cultura e dall’epoca storica.
Cultura socializzazione- devianza / cultura emozionale socializzazione emozionale
devianza emozionale.
Ma che cos’è la Socializzazione emozionale? L’apprendimento delle regole e della regolazione dei
propri stati emotivi, in relazione alle attese sociali e alle circostanze. I modelli tradizionali denotano
differenze di genere, per cui alle donne sono attribuite emozioni più legate alla comprensione e
all’affetto, mentre agli uomini si prescrivono aggressività e competizione.
La sociologia delle emozioni si basa su vari assunti:
 Le emozioni si costituiscono socialmente
 Le emozioni sono attivate direttamente dalle relazioni che si instaurano tra gli attori
 Ogni società ha proprie regole su quali emozioni siano accettabili e su come esse debbano
manifestarsi (componente normativa)
 Le emozioni e la loro espressione cambiano nel corso della storia
 Le emozioni vanno distinte dalle loro espressioni
 Le emozioni hanno un’importante funzione cognitiva

Esperimento “Still Face” di Edward Tronick


Ci fa capire nel momento in cui lo scambio emotivo figlia/mamma si interrompe brutalmente, cosa
accade nella bambina. La bambina cerca infatti di attirare in tutti i modi l’attenzione della madre,
non si accontenta solo della sua mera presenza fisica. Cosa accade se nell’infanzia la madre è
assente per il figlio? il trauma dell’infanzia si ripercuote in tutte le relazioni che vivremo da adulti.
Intorno ai 18 mesi i bambini iniziano a strutturare il proprio se e a sviluppare la coscienza di
emozioni complesse. Numerosi studi hanno evidenziato come il processo di socializzazione sia
differente nei due sessi.
La distinzione di genere nello studio delle emozioni appare una delle fondamentali categorie
d’analisi; infatti, la socializzazione e la repressione sociale e culturale hanno influenzato la capacità
delle donne di esprimere la collera con disinvoltura e naturalezza.
Sin dalla prima infanzia, il senso comune tende a ritenere la donna più comprensiva, affettuosa e
meno incline a esprimere la collera dei maschi o, viceversa, gli uomini meno soggetti a provare o
esprimere tristezza e paura.

Alla base della sociologia delle emozioni abbiamo 6 assunti:


a. Le emozioni si costituiscono socialmente
b. Le emozioni sono attivate dell’interazione tra attori
c. Ogni società ha regole su quali emozioni sono accettabili e come devono manifestarsi
d. Le emozioni e la loro espressione cambiano nel tempo
e. Le emozioni vanno distinte dalla loro espressione
f. Le emozioni hanno un’importante funzione cognitiva

Le regole dei modi di sentire (Hochschild) Norme Emozionali


Credenze sulla gamma, l’intensità e la durata appropriata di sensazioni provate in certe situazioni.
Significa che noi possiamo vivere situazioni in cui non proviamo ciò che è prescritto dalle regole
emozionali.
Definite regole di esibizione o norme di espressione. Le situazioni ci impongono di controllare le
nostre sensazioni e lo possiamo fare a due livelli:
1. A livello superficiale, ad esempio alterando l’espressione esterna della sensazione
2. Con la simulazione profonda (deep acting) ossia cercando di modificare il nostro modo di
sentire o percepire la situazione.
Le strategie emozionali influenzano i comportamenti e a loro volta sono profondamente
condizionate dall’ideologia di genere legata ai ruoli.

Regole di Esibizione (Ekman) Norme d’Espressione


Riguardano la gamma, l’intensità e la durata del nostro comportamento emozionale (Es. chi ride
troppo a lungo per una battuta non così tanto divertente).

La devianza emozionale
La società prescrive e ammette determinate emozioni e non ne permette altre, ci indica inoltre
come e quando queste emozioni devono essere espresse, per un buon funzionamento
dell’interazione sociale.
La devianza emozionale indica, perciò, la discrepanza tra quello che sentiamo in una determinata
occasione e ciò che invece è prescritto dalle feelings rules, ovvero regole che prescrivono per ogni
situazione le emozioni ammesse e le forme appropriate della loro espressione.
Cosa accade se non siamo in grado di rispondere alle attese sociali? Possiamo vivere una forma di
devianza emozionale che è l’incontro di ciò che noi sentiamo e ciò che è prescritto dalle norme
emozionali.
Peggy A. Thoits esaminando determinate subculture e studiandone comportamenti e
organizzazione, giunge a definire quattro condizioni strutturali che possono produrre più
frequentemente emozioni o comportamenti non-convenzionali:
1. Copertura dei ruoli multipli Es. un giovane ragazzo che diventa padre, questo da una
parte crea gioia, ma d’altra parte può iniziare a provocare una sensazione di gelosia nei
confronti del bambino perché le attenzioni della partner si concentreranno anche su di lui
2. Marginalità Subculturale è l’appartenenza a due o più subculture con norme
emozionali differenti a generare devianza emozionale: ed esempio un individuo
omosessuale non dichiarato deve gestire i propri sentimenti in un mondo di eterosessuali
3. Le transizioni di ruolo fino a qualche decennio fa erano ben scansionate (avere dei figli,
sposarsi, andare in pensione). Prendiamo una neomamma con una depressione post partum
che non le permette di provare quello slancio nei confronti del bambino e questo la fa
sentire in colpa, perché ciò che prescrive la società è che lei sia folle d’amore per il
bambino. Riguardano quindi quelle circostanze in cui le aspettative in merito alla
transizione di ruolo sono chiare, ma i sentimenti e le emozioni che prova l’individuo non
sono allineati.
4. La presenza di regole rigide Es. delle Hostess di volo che devono riuscire a gestire le
proprie emozioni e mostrarsi sempre sorridenti anche con passeggeri maleducati.

Controllo delle emozioni, vergogna e senso di colpa:


La società ha interesse a regolare emozioni per mantenere l’ordine sociale; le dittature costruiscono
consenso mediante il controllo delle emozioni, creando un’identità collettiva ripescando nel passato
simboli ad alto indice di emotività.

Società ed emozioni (Shott)


All’interno degli studi sulle strategie di controllo delle emozioni è possibile includere la ricerca di
Susan Shott su quelle che definito emozioni strutturate sul ruolo.
La studiosa suddivide tali emozioni in riflessive- si presentano nel momento in cui l’attore mette in
atto pratiche comportamentali atte a rispristinare la sua autostima nelle situazioni in cui immagina
che gli altri possano giudicare il suo pensiero o il suo comportamento non allineato o non
convenzionale (Es. se si sente in colpa o imbarazzato o vergognoso può agire in modo altruista per
rispristinate la propria immagine)- ed empatiche- l’empatia è la capacità di cogliere i sentimenti
altrui, quindi questo tipo di emozioni si attivano quando l’individuo sperimenta a livello emotivo
quelli che possono essere i sentimenti che st vivendo l’altro in una specifica situazione.

La società moderna inibisce l’espressione di emozioni negative, ma la repressione porta alla


nevrosi. La società fornisce dei mezzi per scaricare le emozioni spiacevoli trattenute
collettivamente attraverso rituali, rappresentazioni drammatiche e competizioni che permettono
agli individui di ripristinare il benessere fisico e emozionale.

Il mercato delle emozioni:


la rivoluzione psicanalitica è rivoluzionaria perché ha spostato il focus dell’individuo dall’esterno
all’interno, grazie all’inconscio. Grazie alla mia capacità di decodificare, di superare e guarire da
traumi riesco a raggiungere una stabilità.
Oggi la felicità si è trasformata in una mentalità dobbiamo essere felici. La felicità è la meta da
raggiungere e come raggiungerla? Con il mercato della felicità: counselling, self-help, corsi di
autostima…
Le emozioni si sono dunque trasformate in oggetti sociali, noi siamo diventai veri e propri
consumatori emozionali, abbiamo dato vita al culto delle emozioni, che genera un collasso
culturale (desocializzazione/ deculturazione). Dalla valorizzazione del mondo emozionale si è
passati in breve tempo alla sua mercificazione, attraverso il trionfo dell’intimismo. Questo processo
porta all’aumento della depressione patologia del cambiamento, disagio interiore, implosione,
ricerca di emozioni.
Società Tecno-liquida ed emozioni:
Il passaggio dalla società offline a quella online la rivoluzione tecnologica ha prodotto
un’accelerazione del cambiamento sociale, ma all’incapacità di rispettare tempi biologici,
psicologici e sociali per strutturazione identitaria (I.T.S.O inability to switch off, l’incapacità di
riuscire a staccarsi dalla tecnologia).
EMOZIONI 2.0
- identità mutevole
- narcisismo
- tutto e subito
- virtualizzazione della propria vita

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(venerdì 21 ottobre, Il Conformismo cap.5)

Il conformismo è il risultato della socializzazione, viene definito come l’adesione a valori, norme e
comportamenti predominanti nel gruppo di appartenenza o di riferimento. Nella nostra società
nessuno è totalmente conformista, ma d’altro canto non c’è neanche qualcuno totalmente deviante,
siamo quindi una via di mezzo.
Esperimenti sul conformismo…
1) Conformismo verso l’autorità (Stanley Milgram) nell’esperimento si voleva vedere quanto
in una società come quella americana si potesse essere succubi di un’autorità. Le persone di
fronte alla presenza di un’autorità riescono a dare risposte con una scarica di scosse
più alte.
2) Conformismo verso l’ambiente (Philip Zimbardo) Zimbardo è riuscito a creare una
situazione ottimale, per la riuscita dell’esperimento, assegna un numero a ogni detenuto (li
spersonalizza), inoltre ognuno indossa un camice bianco senza biancheria intima e con il
capo coperto, per nascondere l’acconciatura. Le guardie indossano divise e occhiali a
specchio, per limitare il contatto visivo con i detenuti e per cercare di risultare più sicuri e
sostenuti. Gli studenti dopo solo 6 giorni si adattano all’ambiente e alle regole che gli
vengono imposte, senza ribellarsi alle guardie.
3) Conformismo verso il gruppo (incendio) con l’esperimento vediamo che nonostante la
fuoriuscita di fumo i soggetti analizzati non escono dall’edificio perché si adattano al
comportamento del gruppo.
Gli psicologi Bibb Latanè e Jhon M. Darley furono i primi a studiare l’effetto spettatore o
Bystander Effect, prendendo spunto da un tragico fatto di cronaca avvenuto a New York. Una
giovane donna era stata assassinata in modo brutale, ma delle 38 persone che dalle indagini erano
risultate testimoni del fatto, nessuna era intervenuta in suo soccorso.
Da questo tipo di comportamento emergono due meccanismi sociali:
 L’ignoranza pluralistica: fenomeno per cui in un nuovo ambiente tendiamo ad adeguarci al
comportamento degli altri, se nessuno compie un’azione anche il singolo individuo sceglie
di fare lo spettatore e di non prendere iniziative
 La differenziazione delle responsabilità: si tende a non assumersi responsabilità per
un’azione quando sono presenti altri che potrebbero prendersela

Il Controllo Sociale
Si basa sulla sanzione, la gravità della sanzione varia come variano i valori e la valutazione dei
danni subiti con il reato. Analizzare le sanzioni sociali non è un fatto giuridico, ma ci fa capire i
valori sociali. Ad esempio, nella nostra società il vandalismo è poco punito, per cercare di limitare
questo danno i comuni cedono dei muri appositi dove poter realizzare graffiti. (A Pamplona, i
cittadini stanchi del vandalismo pubblico, hanno appeso dei post-it sui vari monumenti/muri/edifici
con segnata la cifra che servirebbe per ripagare il danno commesso).

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(mercoledì 26 ottobre, il Lavoro cap. 12.2 12.2)

Il lavoro definisce la struttura della società, le sue regole e il modo di vivere delle persone
nonché le possibilità di sviluppo e crescita delle stesse. Il lavoro è una lente attraverso cui rileggere
il mondo attorno a noi.

Lavoro e diritto l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Con questo incipit la
Costituzione Italiana sancisce l’assunto fondamentale che spinge tutti noi a considerare il lavoro un
diritto inalienabile dell’uomo.
Noi pensiamo sia importante preservare il lavoro che riempie la gran parte delle ore di veglia degli
adulti e definisce il modo di vivere delle persone che non lavorano più perché pensiamo sia un
diritto. In questo momento gli anziani stanno meglio dei giovani. Bisogna guadagnare per vivere
perché la vita ha un costo, per questo preserviamo il lavoro.

Lavoro e parole alcuni termini associati al lavoro e alla posizione della società: democrazia,
politica, conflitto, disparità di genere o territorio o istruzione/opportunità. Il lavoro è trasversale a
tante altre tematiche sociali, come la dinamica di coppia (donne impiegate nel lavoro sono meno
degli uomini e sono lavoratrici part-time). Diverse società con diversi livelli hanno diversi tassi di
occupazione delle donne.

Lavoro e identità il lavoro che un individuo fa contribuisce a definirlo. Ad ogni lavoro


applichiamo alcune immagini che ci rappresentano le caratteristiche di quella persona almeno
nell’ambito delle sue attività quotidiane. Ci dà un’idea superficiale e una prima impressione di
come questa persona è. Ognuno di noi ha diverse rappresentazioni in funzione del lavoro che
svolge, caratteristiche legate a diverse professioni.

Il lavoro:
 impone una struttura temporale alle nostre giornate: ciò che facciamo ha impatto sul nostro
tempo.
 influenza sempre le nostre interazioni sociali: interazioni con persone che lavorano nel nostro
stesso contesto
 ha degli scopi non solo individuali ma anche condivisi e collettivi
 determina il nostro status sociale: contribuisce a definire l’identità come persone ma anche
percepita dagli altri.

Il lavoro presenta vincoli, regole, convenzioni e pressioni culturali legati al fatto che è un’attività
storicamente determinata che si svolge in un determinato contesto sociale. Il lavoro presenta aspetti
di carattere etico che condizionano il nostro lavoro, così come aspetti affettivi (amicizia e amore).

Il lavoro è funzionale a:

 la costruzione di senso e significato attorno al proprio lavoro: percezione e valutazione di noi


stessi derivate da esperienze personali nel campo lavorativo e dalle esperienze personali affettive e
sociali e del tempo libero.
 la costruzione di un’identità professionale
il riconoscimento sociale: come gli altri ci percepiscono a seconda dell’occupazione che abbiamo

Il lavoro come identità “se vuoi trasformare un uomo in una nullità non devi far altro che
ritenere inutile il suo lavoro” Dostoevskij.

Sociologia del lavoro: studia i cambiamenti dell’organizzazione, della quantità e del valore del
lavoro, nonché gli effetti del lavoro sulla collettività dei lavoratori, sulla stratificazione sociale e
sulla qualità della vita.
Evoluzione del concetto di lavoro: da punizione a vocazione le nostre giornate sono da sempre
scandite dal lavoro, variamente inteso come punizione o gratificazione, in funzione del diverso
momento storico e delle diverse culture. Secondo la tradizione cristiana, l’umanità non sceglie di
lavorare, ma è costretta.
Anche nel mondo precristiano il lavoro non è molto amato.
Il lavoro pur essendo considerato sofferenza, rappresenta l’unico strumento concesso all’uomo per
riscattare la propria condizione e vivere secondo giustizia.
Martin Lutero rivede il calendario delle festività cristiane, il monaco osserva che i giorni dichiarati
festivi diventavano occasione di peccato. I giorni veramente santi, spiega Lutero, sono i giorni
lavorativi perché Dio e i santi non vanno onorati con una giornata di bagordi, ma con una di serio
lavoro.
Anche il puritano inglese Richard Baxter invita a considerare il lavoro come un dovere richiesto
da Dio agli uomini e di conseguenza a impiegare il tempo per lavorare non solo per il proprio bene,
ma anche per il bene della collettività.
Il concetto non è stabile nel lavoro ma acquisisce significati diversi. Il lavoro non è sempre pensato
e concepito così. L’evoluzione parte dall’antichità fino ad arrivare ai giorni nostri in cui il lavoro
caratterizza la maggior parte della società.

Nell’antichità la società era strutturata in nobili, ricchi, poveri e schiavi. L’attività che si svolgeva
era l’ozio, legato al pensiero, alla cultura e alla politica. Il lavoro era una fatica svolta dalle persone
delle fasce più basse.

 Lavoro per i greci: fatica straziante fatta dai più disperati


 Lavoro per i romani: otium e negotium (vacillare sotto un peso)
 Ora et labora: San Benedetto, pone le basi per la successiva evoluzione della moderna
concezione di lavoro. Vita comune dei monaci, come una famiglia stabile di fratelli guidata
dal padre, l’abate. Alla preghiera si affianca un duro lavoro, corale e cooperativo,
incardinato in ruoli, inizia a diffondersi la conoscenza. Attorno ai monasteri si sviluppano
villaggi dove si imparano conoscenze e la comunità cresce attorno ad un lavoro organizzato
e una condivisione in conoscenza. Si modifica il concetto di lavoro e dal suo valore nella
società.

Le nostre giornate sono da sempre scandite dal lavoro, variamente inteso come punizione o
gratificazione in funzione del diverso momento storico e delle diverse culture. Secondo la tradizione
cristiana, l’umanità non sceglie di lavorare ma è costretta. Anche nel mondo precristiano il lavoro
non è molto amato. Due i termini utilizzati nella lingua greca per indicare il lavoro ponos:
corrispondente alla brutalità della fatica fisica e generalmente associato al duro lavoro dei campi, e
Ergon: inteso come opera, faccenda, occupazione che nel tempo consolida un significato meno
negativo e indica l’impegno manuale (lavoro agricolo, artigianale) e l’opera finita, il risultato di
quella medesima abilità e fatica.
Un’analoga complessità semantica ricorre nella lingua latina attraverso il binomio labor/negotium.
Il primo termine deriva dal verbo laborare e indica una condizione lavorativa di tipo servile, di duro
lavoro, assimilabile al ponos dei greci. Il secondo termine implica prevalentemente un’attività
pubblica, un impegno politico all’interno della città, spesso al servizio dello stato. In quanto
negotium vive come negoziazione del tempo dedicato a sé e ai propri interessi più elevati (nec-
otium: ciò che non è otium- negazione del tempo libero). L’otium è una dimensione sacra per il
mondo antico: è il tempo necessario per coltivare il pensiero, per esercitare la virtù; senza otium
non c’è la costruzione dell’uomo politico e filosofico, dunque la cura della parte più nobile
dell’anima. Qualche secolo dopo, è alla regola di San Benedetto che si deve il merito di aver poste
le basi per la successiva evoluzione della moderna concezione del lavoro. Ora et Labora “prega e
lavora” è la frase chiave della regola benedettina, uno dei cardini storici della nostra cultura: la
preghiera e il lavoro, la contemplazione e l’impegno fisico e materiale, l’anima e il corpo. A quasi
mille anni dalla regola di San Benedetto, nel XV secolo, i monasteri europei gestiscono svariate
attività produttive come la fabbricazione della birra, l’estrazione dei minerali, la molitura del grano,
la produzione del ferro e la lavorazione del vetro, basandosi su alcuni dei principi benedettini
(armonia, lavoro di gruppo e stabilità) che ancora oggi rappresentano i fondamenti di un’efficiente
organizzazione.

Si sviluppa l’importanza della preghiera. Il lavoro è inframezzato ai giorni di preghiera.


 Lavoro ed etica religiosa i monaci sono religiosi ma le persone non sempre. Martin
Lutero inizia ad accorgersi di questa contraddizione tra lavoro e i giorni della preghiera.
Sostiene che i giorni dedicati alla preghiera dove si doveva dare gloria al signore col tempo
sono diventati occasione di peccato e distrazione dal dovere del buon cristiano, ossia il
lavoro. Si da gloria a dio lavorando. Lavoro come giorno pio: riforma protestante. Il
lavoro è interpretato in senso etico e religioso.
 Giovanni Calvino fa un passo oltre: dice che i giorni pii sono quelli lavorativi ma anche
che gli uomini sono predestinati. L’uomo deve cercare di avere successo ciò dimostra che
è predestinato al bene. Il successo è segno della grazia divina. Il lavoro è lo strumento
attraverso cui si verifica l’esistenza del segno. Il successo non va esibito ma vissuto con
modestia e senza eccessi. Il successo lavorativo dimostra che si è nati predestinati al bene e
non al male, lavoro per guadagnare e investire sulla produzione: porta allo sviluppo delle
attività industriali e delle tecnologie.
 Richard Baxter inizia a introdurre il concetto di collettività. Dio non ha bisogno del
nostro lavoro ma è contento se lavoriamo e lavoriamo bene. Il lavoro però deve essere
mezzo per servire il bene della collettività. Si lavora prima di mangiare e non si contempla.

Si sviluppa poi la borghesia in questo concetto.


Oltre 500 anni fa un giovane monaco agostiniano osservano il modus operandi cattolico e lo stile di
vita dei suoi concittadini inizia a porsi delle domande su come la regola benedettina “ora et
labora” sia effettivamente applicata.
Nasce così lo spirito riformatore del protestantesimo che porta Martin Lutero a rivedere il
calendario delle festività cristiane. Il monaco osserva che i giorni dichiarati festivi che avrebbero
dovuto essere dedicati alla gloria di Dio e al riposo per ritemprarsi dal lavoro, sono al contrario
diventati occasione di peccato oltre che distrazione dal principale dovere del buon cristiano: il
lavoro. I giorni veramente “santi” sono i giorni lavorativi perché Dio e i santi non vanno onorati
con una giornata di bagordi, ma con una di serio lavoro. Poco dopo in un altro paese, anche il
puritano Richard Baxter invita a considerare il lavoro come un dovere richiesto da Dio agli uomini e
di conseguenza a impiegare il tempo per lavorare per il proprio bene e per il bene della collettività.
Si introduce così un nuovo tassello nella concezione moderna del lavoro: coloro che fanno parte
della chiesa o dello Stato devono dare il loro apporto per il bene di tutti, devono lavorare oltre che
per onorare Dio, per servire il bene della comunità. Qualche secolo dopo, Weber avrà una visione
del lavoro come Brief, cioè vocazione o chiamata divina, espressa nell’etica protestante a costruire
un forte propulsore alla nascita del capitalismo moderno.
Weber e lo spirito del capitalismo
Esiste un legame fra etica religiosa e lavoro? Perché alcuni paesi si rivoluzionano industrialmente
prima degli altri e in modo persuasivo?

Weber crede che esista una relazione tra i due fenomeni: lo spirito del capitalismo per Weber
consiste nella ricerca del profitto non per spendere quel che si guadagna, ma per reinvestire e
far crescere la società.
Il lavoro come “Beruf” con la riforma protestante emerge il concetto di professione come
vocazione. Il lavoro diventa il compito assegnato da Dio e il successo nel lavoro diventa il segno
della salvezza. Il lavoro da nobilita all’uomo è ciò a cui gli individui devono aspirare.
L’idea del Beruf è valida solo per i primi capitalisti. Col tempo l’aura di sacralità del profitto si
perde in una gabbia di acciaio che imprigiona lo spirito originario del capitalismo e assoggetta gli
uomini alla preoccupazione dei beni esteriori che acquistano su di lui un potere ineluttabile. La
ricerca del profitto si spoglia del suo senso etico- religioso e si avvicina sempre di più a logiche
meramente competitive e di mercato.
L’etica protestante e lo spirito del capitalismo come dimostrano le parole di Lutero e Baxter, i
riformatori protestanti pongono in primo piano il lavoro e una vita di rigore e rettitudine
nell’ambiente famigliare e professionale quotidiano (non all’interno di monasteri). Dall’altro lato
svuotano di significato culti, rituali, pellegrinaggi che distolgono l’uomo dal compito che gli ha
assegnato Dio. Il capitalista usa il suo tempo per lavorare e accumulare ricchezze.
“Il tempo è denaro e l’ozio è il padre dei vizi” diventa il motto del nuovo capitalista.
L’avidità di lucro, la ricerca di guadagno, del denaro, di guadagno pecuniario quanto più alto
possibile in sé e per se non ha nulla a che fare con il capitalismo.
Il capitalismo si identifica con la ricerca del guadagno: nell’impresa capitalistica continua, razionale
e di guadagno sempre rinnovato ossia della “redditività”.
Questa particolare forma di mentalità la ritroviamo anche nel pensiero di Benjamin Franklin, che
pone il profitto come scopo dell’uomo e che lo rende un modello ideale di vita, una vera e propria
etica.
Weber però si rende conto che ciò che sostiene è valido solo per i primi capitalisti e che con il
tempo l’aura di sacralità del profitto si è perduta in un processo di razionalizzazione e
burocratizzazione successive che hanno finito per rinchiudere l’uomo in una sorta di gabbia
d’acciaio senz’anima.
Il capitalismo si Si avvicina alla logica secondo cui per essere introdotti in società dobbiamo avere
determinati oggetti.

(Filosofia e avarizia: lucrare è il fine della vita, lucrare è doveroso. Non c’è idea del consumo di
guadagnare e spendere per me).

È cambiato il concetto di lavoro e di società: si passa al capitalismo di consumo. Ciò che


acquistiamo impatta sul modo in cui viviamo e la tecnologia cambia ancora di più in concetto di
lavoro (metodi produttivi, società e relazioni all’interno di essa). Il salto tecnologico fa diventare
l’uomo meno efficiente delle macchine tecnologiche e deve trovare altri modi di lavorare. Con la
tecnologia ci si libera delle ore lavorative per fare altro: ritorno dell’ozio creativo. Il tempo e
l’evoluzione del contesto impatta il lavoro e il cambiamento di società e individui.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(27 ottobre 2022)
Sombart contemporaneo di Weber, affronta il tema del capitalismo e trova un diverso volano
dello sviluppo delle società in senso economico. Sombart non trova il “volano” nella religione, ma
in alcune persone che mettono in moto dei cambiamenti che hanno rivoluzionato il modo di
produrre, di ragionare e la società nel modo di evolversi e comportarsi: gli imprenditori.
Le origini del capitalismo Sono gli imprenditori le forse motrici del cambiamento. Uomini che,
pur influenzati dal contesto delle istituzioni vigenti in una determinata società, riescono a introdurre
importanti innovazioni in grado di influire sulla produzione e sugli scambi economici, così come
sull’intera società. Secondo Sombart gli imprenditori di fatto utilizzano risorse tecnologiche,
umane e culturali, disponibili nel momento storico i cui operano, assemblandole come fossero
mattoncini Lego.
(Es. Pietro Ferrero/ Gianni Agnelli/ Bill Gates/ Steve Jobs/ Jeff Bezos/ Mark Zukenberg).
In tutti questi casi, gli imprenditori citati partono da un qualcosa già esistente (es. Bezos sfrutta la
rete, che è già esistente).

Le forze motrici del cambiamento c’erano anche prima del dopoguerra…


Es. Henry Ford, imprenditore e fondatore della Ford. Nel 1908 da alla luce la prima Ford T, auto
semplice ed economica, prima auto prodotta su larga scala, conquista di fatto il mercato di massa
delle automobili. Al fine di contenere i prezzi di produzione e consentire la vendita a un prezzo di
mercato ben al di sotto dei suoi concorrenti, Ford introduce una nuova tecnica produttiva: catena di
montaggio, che è il modo di lavorare più rivoluzionario. Per le imprese la catena di montaggio
abbatte di netto i costi di produzione, ma dal punto di vista dell’operaio la mansione che svolge
diventa sempre più contratta e rapida.
Il Limite a questo modello resistenza fisica umana.
Gli operai perdono sempre più di lucidità e sono sempre più frequenti gli incidenti sul lavoro.

Se l’innovazione introdotta da Ford ha consentito che non fosse più l’uomo a doversi spostare per
lavorare gli oggetti in produzione, la progressiva automazione dei processi lavorativi ha fatto si che
col tempo, non solo il lavoro umano più monotono o pesante fosse sostituito dalle macchine, ma che
anche ampie parti dei processi produttivi industriali subissero la stessa sorte.
La catena di montaggio e l’utilizzo di macchinari e tecnologia, è cos’ diventata un elemento in
grado di condizionare sempre più ruoli e mansioni dei lavoratori.
Il ruolo dell’operaio si è modificato (da esecutore a controllore, da controllore ad addetto e
talvolta a disoccupato).
Il progresso tecnologico e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale hanno fatto si che l’uomo non sia
più solo il creatore e l’utilizzatore delle macchine, ma ne diventi un concorrente in termini di posti
di lavoro.

L’evoluzione del lavoro in Italia


l’Italia parte da una situazione di economia primaria, ma l’agricoltura rendeva sempre più povere le
famiglie, questo comportò grandi migrazioni dall’Italia all’estero.
Anche in Italia inizia a svilupparsi l’industria, il vero boom economico (passaggio dal settore
primario a quello industriale) negli anni ’50, le famiglie iniziano a spostarsi dalle realtà rurali alle
grandi città, territori in cui iniziavano a crescere le realtà industriali. Grande speranza di riscatto
sociale da parte di chi partiva, momento di grande opportunità e cambiamenti.
Le fabbriche si rivelano luoghi in cui le speranze delle persone non si realizzano.

Negli anni passati ognuno aveva il suo spazio in ufficio, dove lavorava e rappresentava se stesso
agli altri, si identificava in quello spazio  idea del “posto fisso”. Oggi gli uffici sono
generalmente luoghi open space fino ad arrivare allo Smartworking, le persone costruiscono il loro
spazio di lavoro in casa.

Concetto di alienazione  A partire dagli anni ’50 la principale lente analitica attraverso la quale i
sociologi cercano di interpretare il processo di modernizzazione del lavoro e le sue ricadute sugli
individui.
SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE
(28 ottobre 2022)

L’analisi dei processi lavorativi


 Indaga i luoghi di lavoro esaminando il modo in cui i dipendenti svolgono le loro mansioni e
come i manager cercano di controllarli e dirigerli.
 Studia come si sviluppano le relazioni fra lavoratori e supervisori

Robert Blauner nell’opera “Alienazione e Libertà” (1964) partendo dalla definizione marxista
di alienazione (un soggetto che si sente estraneo cioè alieno da ciò che lui stesso ha prodotto con la
mente o con le azioni) svolge una ricerca empirica e si accorge che: vi sono diversi livelli di
alienazione in diversi settori
 Il processo di meccanizzazione può rivelarsi uno strumento in grado di agevolare gli operai,
attribuendo loro maggior controllo sulle attività produttive. Secondo il sociologo, infatti,
non è tanto la tecnologia a provocare un sentimento di alienazione fra i lavoratori, quanto la
mancanza di controllo sulle sue modalità di impiego.
 Al contrario, in adeguate condizioni lavorative, l’automazione può aumentare il processo di
controllo dei lavoratori, riducendo il loro senso di alienazione.

Di tutt’altra opinione…

Harry Braverman nell’opera “Lavoro e Capitale monopolistico” ha un approccio più


marxista ricerca empirica nelle fabbriche:
 maggiore è la sofisticazione delle macchine, minore è la competenza dei lavoratori
 i processi industriali e l’organizzazione ha derubato il lavoratore della sua maestria e del suo
patrimonio
 la conoscenza e le informazioni relative al processo di lavoro complessivo sono
appannaggio della dirigenza
 ai lavoratori sin richiede si eseguire mansioni routiniane senza conoscere tutti gli altri aspetti
del lavoro (deskilling)

Qualità del lavoro e qualità della vita lavorativa

dagli anni ’70 l’attenzione dei ricercatori si sposta dall’alienazione ai temi più attuali la
motivazione, la soddisfazione sul lavoro e la qualità della vita lavorativa
concetto di qualità del lavoro.
 Dal punto di vista dell’azienda la buona qualità del lavoro coincide con l’elevata
produttività e il duro impegno
 Dal punto di vista del lavoratore una buona qualità del lavoro coincide con la
soddisfazione dei propri bisogni.
Nel corso del tempo ha prevalso la seconda interpretazione (punto di vista dei lavoratori),
ponendosi al centro di un dibattito che ha definito e misurato il concetto di “qualità del lavoro”
secondo due approcci contrastanti.
 Da un lato, c’è la tradizione soggettiva, all’interno della quale la qualità del lavoro
rappresenta l’utilità che il lavoratore trae dal proprio lavoro. Un’utilità che dipende da
diversi aspetti quali il salario, le ore lavorate e il tipo di lavoro, ed è soggettiva in quanto
ogni lavoratore ha preferenze individuali.
 Dall’altro lato ci è la tradizione oggettiva che definisce la qualità del lavoro come misura, o
insieme di misure, volte a indicare quanto un lavoro sia in grado di soddisfare i bisogni dei
lavoratori, in questo approccio, la qualità del lavoro è costituita dalle caratteristiche che
contribuiscono alla soddisfazione di questi bisogni. Caratteristiche estrinseche quali la
retribuzione, il livello di qualificazione del lavoro e i gradi di libertà decisionale concessi
alla mansione svolta, l’ambiente di lavoro, ecc.…

La qualità del lavoro non è più da intendersi come un qualcosa legato esclusivamente al rapporto
che si instaura fra azienda e individuo, ma come un esito del rapporto fra bisogni dei lavoratori e
profilo dell’organizzazione del lavoro inserito nel contesto socioeconomico di riferimento.
È opportuno dunque considerare i fattori costitutivi della qualità del lavoro in modo dinamico
tenendo la considerazione:
1. La tendenza dei sistemi produttivi a un continuo ridisegno spazio/temporale.
2. Il crescente passaggio da una società del lavoro, a una società dei lavori in continuo
rinnovamento.
La qualità della vita lavorativa degli individui assume una doppia dimensione: la qualità del lavoro
in senso stretto, connessa al rapporto fra i bisogni del lavoratore e l’organizzazione dell’attività
svolta e la qualità della vita lavorativa, che interpreta il concetto in modo più ampio ponendolo in
relazione al rapporto fra lavoro e vita delle persone.

Costante dinamica tra bisogni soggettivi (esigenze del lavoratore) e bisogni oggettivi (legati alle
condizioni economiche lavorative e ambientali) e aspetti sociali del lavoro in sé.
La qualità della vita lavorativa degli individui assume una doppia dimensione: qualità del
lavoro in senso stretto/ qualità della vita lavorativa.

La chiave della felicità sul posto di lavoro ora, in tutto il mondo, è la qualità dei rapporti umani, ma
soprattutto il riconoscimento del valore del lavoro fatto.

Dal paternalismo al secondo Welfare…


Lo sviluppo della società fin dall’avvento della Rivoluzione Industriale, fa emergere problematiche
connesse alla rottura della tradizionale società contadina e favorendo un crescente conflitto politico
tra classi sociali.
Le città legate alle fabbriche mostrano difficoltà ad accogliere in maniera adeguata le nuove
maestranze provenienti dalle campagne. La chiave per rispondere al disordine sociale introdotto
dalla nuova realtà industriale la troviamo nello sviluppo dei villaggi.
Al disordine urbano viene contrapposto un ordinato sistema abitativo, volto al benessere della
comunità di lavoratori impiegati nella fabbrica.
Nascono così le Company Town (Es. villaggio Crespi d’Adda) pensato per offrire tutto ciò che
poteva essere utile ai dipendenti. Intorno alle fabbriche si costruiscono abitazioni, strutture
ricreative, mense, mercati e servizi per la cura dei bambini.
Proprio nel paternalismo di questi anni possiamo già riscontrare le due anime che da sempre hanno
guidato lo sviluppo del Welfare aziendale: da un lato la risposta ai bisogni dei lavoratori e delle
loro famiglie, dall’altro il perseguimento della massima produttività della forza lavoro
attraverso lo sviluppo di legami e di affezione dei confronti dell’azienda.

Le lotte sindacali dell’autunno del 1969:


A cavallo tra gli anni ’60 e ’70 cambia il modo di intendere il benessere dei lavoratori e il loro ruolo
in azienda.
L’attenzione ai loro bisogni e alle loro esigenze non è più l’elargizione di un padre-imprenditore
benigno, ma è frutto di una negoziazione tra parti contrapposte: da un lato la proprietà, dall’altro i
lavoratori sempre più attratti da un senso di appartenenza a un gruppo di riferimento avulso alla
fabbrica (visione corporativa di classe operaia).
Si consumano così situazioni lavorative fortemente diversificate:
 Da un lato abbiamo aziende guidate da imprenditori illuminati, come Adriano Olivetti (fu il
primo in Italia a offrire ai dipendenti una mutua sanitaria oltre ai servizi culturali come la
biblioteca e corsi di lingue straniere)
 Dall’altro lato vediamo imprenditori sempre più votati alla competitività e alla produttività.

Si prepara così il periodo di grandi conflitti, poi sfociati nelle lotte sindacali dell’autunno caldo del
1969.

Il Welfare State in risposta alle grandi lotte sindacali si sviluppa il welfare state. In Italia, come
nel resto del d’Europa si assiste all’intervento diretto dello stato. Politiche statali volte a garantire
l’assistenza e il benessere ai cittadini modificando e regolamentando la distribuzione dei redditi.
Tre obiettivi:
 assicurare un tenore di vita m minimo a tutti
 dare sicurezza agli individui e alle famiglie in presenza di eventi sfavorevoli di natura
economica, sanitaria e naturale
 consentire a tutti i cittadini di usufruire di servizi

Oggi siamo in una fase di Welfare aziendale integra e in parte sostituisce l’intervento pubblico.
Crisi economica e mutamenti della società hanno messo in crisi il welfare statale:
 progressiva contrazione dei lavoratori attivi
 progressivo invecchiamento della popolazione
 aumento dei NEET (giovani che non sono attivi nella formazione e nella ricerca di lavoro)
 aumento di divorzi e separazioni, calo dei matrimoni e di conseguenza calo delle nascite
Le aziende devono affiancare l’intervento pubblico.

Le aziende sempre di più iniziano ad offrire i cosiddetti “fringe benefits” come ad esempio l’auto,
il telefono, l’assicurazione sanitaria, borse di studio per i figli.
Work-life balance: è un concetto ampio che indica la capacità di bilanciare in modo equilibrato il
lavoro e la vita privata

Principali interventi del welfare aziendale:


 Flessibilità del lavoro
 Gestione e cura dei propri familiari (vari congedi)
 Strumenti colti a favorire la crescita culturale e professionale, oltre che il suo benessere e la
sua salute fisica e psicologica.

Lavoro e lavoratori oggi: situazioni attuali e tendenze

“è il momento di riflettere su cosa sia il vero Smart Working, che deve essere l’occasione per
attuare un cambiamento più profondo, incentrato sul lavoro per obiettivi e su una
digitalizzazione intelligente delle attività”

Secondo una ricerca del Politecnico Nel 2022 sono diminuiti lavoratori in Smart working rispetto
al 2021 (quasi 500 mila in meno), ma ci si aspetta un nuovo aumento per l’anno prossimo.
Lo Smart working è presente nel 91% delle grandi aziende italiane.
Secondo una stima approssimativa, un lavoratore che lavora da remoto due giorni settimana,
risparmierebbe sui trasporti in media 1000€ all’anno Si assiste a una diminuzione di emissione di
CO2; quindi, abbiamo benefici anche a livello ambientale.

Secondo una ricerca, saranno oltre un quarto i lavoratori che cercheranno di cambiare occupazione
nei prossimi 12 mesi. Tra le cause di questo fenomeno lo stipendio rappresenta il motivo principale.
Fenomeno del Quiet Quitting non ci sono reali dimissioni, ma i lavoratori si distaccano da
quello che fanno, scelta consapevole di fare il minimo sindacale perché non ci si ritrova più in
quello che si fa, è un atteggiamento tossico.

La settimana lavorativa corta (4 giorni di lavoro) risulta essere ancora un’utopia, sia dal punto di
vista delle organizzazioni che dal punto di vista dei lavoratori, non ci sono ancora le condizioni e la
cultura adatta per poterla attuare.
Grande problema il Burnout la salute mentale dei dipendenti sul posto di lavoro è sempre più
messa a rischio per i ritmi sempre più frenetici. Bisogna spingere le persone a prendere permessi,
giorni di ferie e di malattia.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(2 novembre 2022, Spazi di lavoro)

Lavoro 4.0
Nasce una consapevolezza nei confronti dell’ufficio innovativo come strumento strategico per la
produttività, la collaborazione e la crescita.
Le aziende decidono quindi di adattare i posti interni di lavoro, alle esigenze dei dipendenti.
Secondo un recente report di Sodexo, tra i dieci trend dei luoghi di lavoro per il 2017, bisogna
tenere in considerazione tre fattori importanti:
 La gestione dello spazio fisico e l’uso della tecnologia nei luoghi di lavoro permettono ai
lavoratori di sperimentare il loro ambiente in modo nuovo
 la prevenzione dei problemi di salute attraverso postazioni ergonomiche, visite mediche e un
nuovo approccio al benessere fisico e psicologico dei dipendenti
 l’aumento della collaborazione all’interno di spazi di co working.

GOOGLE è la prima azienda in California che ha promosso la costruzione di spazi di lavoro, per
il benessere dei propri dipendenti. Possibilità di mangiare e fare sport in modo gratuito all’interno
degli spazi aziendali, poltrone pensate per un relax che stimoli la produttività, tavoli da biliardo e
bowling. Tutto ciò contribuisce a stimolare la produttività del lavoratore e favorisce il suo
benessere.

CoWorking, i vantaggi:
scambio di professionalità, l’ispirazione, la community, le utenze, vantaggi economici, networking.
(Es. Talent Garden (Milano) ha sviluppato il primo concetto di co working in Italia, un network
fisico in cui i professionisti trovano gli strumenti per trasformare e far crescere la propria realtà).
Le aziende, soprattutto negli ultimi anni decidono di pubblicizzarsi essendo presenti con loghi
all’interno degli spazi di co working.
All’interno degli spazi di co working si ha anche la possibilità di rapportarsi con tante persone,
potersi confrontare.

Cos’è una Startup?


Sono una forma di impresa legittimata dalla giurisprudenza italiana.
Impresa nuova, giovane e tendenzialmente ad alto valore tecnologico. Possono esistere startup e
startup innovative in tal caso è necessario essere iscritti alla lista delle startup innovative (una sorta
di albo), per entrare all’interno della lista è necessario possedere dei requisiti.
Cos’è la scalabilità?
Quando una startup funziona? Quando è scalabile Quando riesce a produrre il proprio bene in
quantità sufficiente alla richiesta di mercato, senza avere costi che superano i ricavi.
Acceleratori e incubatori di Business: aiutano le nuove aziende a crescere e andare sul proprio
mercato di riferimento, aggiustando gli aspetti da migliorare. L’incubatore si fa carico delle startup
earlystage, le startup agli inizi. L’acceleratore è già allo stadio successivo, con startup che hanno
una società costituita, gli acceleratori forniscono una serie di strumenti alle neoimprese.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(16 novembre 2022, Cap 5)

(Pakistan: matricidio, filmato)


Delitto d’onore delitto che ha un’attenuante (Es. marito che viene tradito dalla moglie).

Henri Bergson: vince il premio Nobel per un libro chiamato “Riso”.


Nel libro tratta di una forma particolare di controllo sociale, si chiede il perché ridiamo degli altri?
È un gesto di disapprovazione sociale, abbiamo dei codici non scritti, consensuali e che vanno
rispettati e se qualcuno non li rispetta o non è conforme a ciò che la società si aspetta, allora con la
risata si cerca di correggere questo comportamento. Ha la funzione di mettere a disagio la persona
che lo compie, Bergson dice che “la natura ha usato il male in vista del bene”.

Quali sono le punizioni?


 Gogna/ Berlina, usata in tempi passati per umiliare le persone
 Sanzioni pecuniarie, multe
 Pena di morte
 Pene detentive

Il carcere a cosa serve? Espiazione/vendetta/punizione esemplare/isolamento per sicurezza.


Esempio di carcere modello: Carcere di Bollate, il più grande d’Europa.
Ci sono delle stanze dove si può trascorrere del tempo con le proprie famiglie stanze
dell’affettività.
Si punta molto sull’uso dei colori.
Vengono rispettate le tradizioni, gli usi delle carie etnie. Biblioteche, sale computer, varie palestre e
sale adibite a ludoteche per accogliere i figli dei detenuti. Campo da calcio, da tennis e cavalli per
l’equitazione. Corsi di poesia, scuola di cucina e catering e hanno un giornale. Ristorante esterno al
carcere gestito dai detenuti.

La Devianza:
termine prettamente sociologico, è il fallimento della socializzazione. È un concetto neutro, un
comportamento che si discosta dalle norme. Corrisponde al male nella religione e alla malattia in
medicina.
L’organismo umano quando funziona efficientemente e non è soggetto a nessun disturbo è
considerato sano, quando non funziona efficientemente è considerato malato.
La devianza è difficile da definire perché e relativa alle aspettative sociali, varia al variare delle
culture, dei tempi, delle circostanze e delle persone o dei gruppi sociali.
Comprende comportamenti diversi perché spesso le norme non sono chiare. È difficile identificare e
quantificare una devianza, una persona viene considerata deviante solo quando viene scoperta (Es.
pensiamo agli scandali dei colletti bianchi o politici, che fino al giorno prima era visto come un
esponente importante e rappresentante).
Mentre alcuni tipi di devianza spariscono, alcune devianze con il passare del tempo non vengono
più considerate tali, d’altra parte nascono sempre nuove devianze al giorno d’oggi potrebbe essere
l’obesità.
Secondo l’autore Howard Becker “deviante è qualunque cosa troppo diversa dalla media”.
Un’altra interpretazione sociologica e più relativistica identifica la devianza come la mancanza di
obbedienza alle norme. Una volta descritte le norme che il gruppo impone ai suoi membri,
possiamo dire con buona precisione se una persona le ha infrante o meno e se è deviante.

Robert Merton, pone un continuum fra conformità (l’accettazione delle mete culturali approvate
ovvero il successo economico e i mezzi istituzionali per raggiungerle il lavoro).
Nella devianza invece distingue tra:
 L’innovazione: l’accettazione delle stesse mete (il successo economico) ma con i mezzi non
istituzionali Es. il ladro
 Il ritualismo: l’accettazione dei mezzi istituzionalizzati e il mancato raggiungimento delle
mete. È proprio il burocrate che seguendo in maniera eccessiva le regole si preclude il
raggiungimento delle mete
 La rinuncia: si ha quando l’individuo respinge sia le mete sia i mezzi, è il caso degli
alcolizzati, dei drogati e degli emarginati
 La ribellione: anche in questo caso si rifiutano sia le mete sia i mezzi, ma si sostituiscono
con nuove mete e nuovi mezzi. I rivoluzionari, per esempio, sviluppano un’ideologia che
crea nuovi valori.

Perché c’è il deviante?


Questa tematica nasce a fine ‘800, una persona che ha in sé nel suo aspetto fisico e psicologico
qualcosa che non funziona viene considerata deviante:
 spiegazioni biologiche
 spiegazioni sociologiche teoria dell’anomia di Durkheim
 spiegazioni psicologiche
 spiegazioni culturali

Cesare Lombroso parla dell’uomo “delinquente”, sostiene che dall’aspetto fisico si possa
comprendere se un soggetto è delinquente o meno.
Le sue teorie si basano sul concetto del criminale per nascita, secondo cui l’origine del
comportamento deviante è insita nelle caratteristiche anatomiche del criminale, secondo Lombroso,
l’inclinazione al crimine è una patologia ereditaria.

Howard S. Becker (anni ’60) è considerato il capostipite della corrente di pensiero definita Labeling
Theory: non mette più al centro dell’attenzione il deviante, ma punta l’attenzione sulle norme e sul
modo in cui viene trattato il deviante, mette in discussione anche l’altro rovescio della medaglia.
Becker analizza le norme, chi le stabilisce, il modo in cui le fa rispettare e i punti di vista del
trasgressore, considerato un outsider, ossia una persona situata fuori dalla comunità.
La persona a cui viene attribuita quest’etichetta può avere un altro punto di vista della questione.
Può non accettare la norma in base alla quale è giudicata e non ritenere coloro che la giudicano
competenti o legittimamente qualificati a farlo.

La devianza viene studiata e analizzata per la prima volta prestando attenzione a tre componenti:
1. la persona deviante
2. la norma
3. la persona e il gruppo che reagisce

La carriera deviante:
1. Atto deviante
2. Reazione sociale
3. Stigmatizzazione
4. Senso di ingiustizia

Esempi di rivoluzione culturale in Italia: legge Basaglia (1978)


Lo psichiatra Franco Basaglia sosteneva che la follia è una condizione umana, in noi la follia esiste
ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare
tanto la ragione quanto la follia.
Basaglia si rende conto che non vi è differenza tra il carcere e il manicomio, sono entrambi
“istituzioni totali” dove gli internati vengono privati dei loro diritti.
La legge Basaglia ha decretato la chiusura dei manicomi sostituendoli con un sistema di TSO
(trattamento sanitario obbligatorio), dove le cure avrebbero dovuto essere impartite nel rispetto e
nella dignità della persona. In questo modo le persone con disturbi mentali avrebbero acquisito gli
stessi diritti degli altri cittadini.
“il manicomio non serve a curare la malattia mentale ma solo a distruggere il paziente” (Franco
Basaglia).

Lo stigma
Ervin Goffman punta l’attenzione sui rapporti tra gli individui che si considerano normali e quelli
che invece possiedono attributi che li rendono diversi, che contribuiscono a farli screditare e che
l’autore definisce “stigma”.
La parola stigma è solitamente utilizzata in modo dispregiativo, in realtà, secondo Goffman il
termine ha in se una doppia valenza: o l’individuo può immaginare che gli altri conoscano la sua
diversità e allora si considera uno “screditato”, oppure pensa che non sia nota e allora è solo
“screditabile”.
Non esiste un solo tipo di stigma, e Goffman ne individua tre:
 Le deformazioni fisiche
 Gli aspetti criticabili del carattere
 Gli stigmi tribali della razza, della nazione, della religione, che possono essere trasmessi di
generazione in generazione e contaminare in egual misura tutti i membri della famiglia.

Il suicidio
Se il nostro istinto più forte è quello di sopravvivenza, perché alcune persone decidono che non
vale più la pena di vivere?” questa è la domanda che si pone Durkheim.
Durkheim analizza un fatto sociale ritenuto deviante, il suicidio appunto, classificandolo in diversi
tipi a seconda delle cause che lo provocano
Quali sono le cause?
 Psicologiche
 Biologiche- ereditarie (si è parlato di un gene del suicidio)
 Razziali: uno studio negli Stati Uniti sui suicidi ha messo in risalto un numero maggiore dei
suicidi da parte della popolazione nera rispetto al popolo di etnia bianca
 Climatiche- cosmiche (il famoso “Blue Monday” il terzo weekend di gennaio)
 Moventi individuali
 Cause sociali?
Durkheim nota che gli abitanti di ogni nazione hanno una tendenza più o meno accentuata al
suicidio e che questa tendenza resta costante nel tempo. Ne deduce così che , anche se di solito si
attribuiscono a questo atto cause psicologiche, in realtà, le sue vere cause sono sociali.
La risposta a questa domanda si ha in “il suicidio” di Durkheim. Analizza il suicidio in tre paesi
differenti (Italia- Francia- Sassonia), effettivamente dai dati riportati emergono delle differenze tra
nazioni, da cosa può essere dato? Durante le guerre, ad esempio, il senso di appartenenza e legame
con i connazionali è tanto forte da consentire al tasso di suicidi di diminuire, poiché le persone
sentono molto di più questo senso di comunità. Il tasso di suicidi emerge anche in relazione alla
religione, ma non nella dottrina, quanto nella comunità religiosa.
Anche l’ambiente domestico è di forte impatto sul suicidio.
La vera causa del suicido sta nella mancante o insufficiente integrazione con la società politica, la
società religiosa e domestica
(suicidio egoistico Es. figlio di Gianni Agnelli che non era mai riuscito a integrarsi nella
famiglia).

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(17 novembre 2022 Cap.5)

Più è inadeguata l’integrazione sociale, più è probabile la tendenza al suicidio, d’altra parte invece
all’aumentare dell’integrazione sociale, aumenta la capacità a tollerare certe situazioni e così
diminuisce la tendenza al suicidio. Si può comunque presentare l’ipotesi di un’integrazione sociale
altissima, che potrebbe comunque portare a un alto rischio di suicidio. Com’è possibile?
Perché si annulla l’individualità, faccio prevalere l’interesse della comunità e dell’esterno e allora si
incorre nel suicidio altruistico (Es. capitano del Titanic che affonda con la propria nave). In
Italia il suicidio altruistico è molto raro, è presente una tendenza molto forte all’individualità, che
raramente si annulla.
Spesso i suicidi altruistici sono obbligati, ad esempio le vedove indiane si bruciavano vive insieme
ai mariti, così come i servi dell’antico Egitto con i loro padroni, un esempio più recente può essere
il terrorismo suicida. Nel caso del terrorismo suicida si parla di martiri.
Qual è la differenza tra martire ed eroe?
Il martire è una persona che non vuole mostrare il proprio ego, ma si sottomette a una volontà
superiore. L’eroe è tipico di culture dove l’individuo è forte, decide di sua spontanea volontà di
combattere.
Il suicidio anomico si diffonde nelle società o nelle situazioni a rapido mutamento, quando le
regole di comportamento, lo status, i ruoli cambiano e non si ha tempo di trovare nuovi punti di
riferimento. Inizialmente si pensava che questo tipo di suicidio fosse strettamente legato alle
mutazioni economiche, alle crisi economiche, in realtà non ha a che fare con la sfera della ricchezza
o della povertà. Ad esempio, chi vince la lotteria effettua un cambiamento positivo, ma essendo così
rapido e improvviso può destabilizzare e portare a commettere un gesto estremo.

Durkheim sostiene che è difficile distinguere il suicidio egoistico da quello anomico, perché in
concreto le persone che subiscono rapidi cambiamenti (suicidio anomico) spesso diventano anche
più sole, si provano le stesse sensazioni di chi compie il suicidio egoistico.
(In Africa possiamo trovare un altro tipo di suicidio, il suicidio sansonico presuppone che lo
spirito si vendichi dei familiari e delle persone che stavano attorno).

Le famose stragi del sabato sera ci sono tantissimi casi incerti nei quali si fa passare come
incidente quello che è in realtà un suicidio, si verifica soprattutto nelle classi sociali più agiate, dove
non si vuole far apparire il parente come suicida.
Comportamenti omicidi-suicidi: ad esempio quando ci si trova in situazioni di isolamento o
esclusione da parte del gruppo, si innesca la voglia di vendetta e si compie una duplice strage.
Patti suicidi: quando una persona si sente sola e vorrebbe non vivere più, nel momento in cui riesce
a unirsi con una comunità che condivide lo stesso sentimento, il perseguimento dell’azione diventa
più forte (Es. oltre ai vari casi tra gli adolescenti, si verificano spesso anche tra le coppie di anziani).
Eutanasia: decido di uccidermi, ma non sono in grado da solo di compiere il gesto, ho bisogno
dell’aiuto di qualcuno.
Suicidio assistito: compio io l’atto di togliermi la vita, ma lo faccio pubblicamente davanti ad altri
Sedazione palliativa: io non voglio propriamente togliermi la vita, voglio non soffrire e per non
soffrire chiedo di sedarmi finché non muoio.
L’interruzione delle cure: decido in non curarmi andando in fronte a morte certa, nel nostro Paese
è un diritto la scelta di non curarsi.

Il suicidio è legato anche all’età, ma su questo criterio influisce il tipo di società. In Italia negli
ultimi anni aumentano i suicidi nelle fasce adulte, mentre fino a qualche anno fa erano gli anziani.
Un altro dato che emerge in Italia è che il tasso di suicidio più alto è al nord, rispetto al sud dove il
tasso di suicidio è molto basso, ad esempio Roma è la capitale Europea con il tasso di suicidio più
basso.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(18 novembre 2022)
Qualità della vita si inserisce nel pilastro della sostenibilità legata alla società. Quando si parla
di questa tematica cerchiamo di affrontarla in maniera trasversale. Nonostante sembri un concetto
astratto e non tangibile, in realtà può essere misurata.

Ad esempio, è possibile rilevare e misurare la città più cara del mondo?


La risposta è si, da diversi dati infatti emerge che sia Zurigo.

Oppure possiamo rilevare la città più pericoloso del mondo?


Anche in questo caso la risposta è si, Los Cabos e Caracas in Messico emergono come le due città
più pericolose. Come si può misurare la criminalità? Attraverso il tasso di denunce, omicidi, reati, il
tasso di criminalità in generale.

La felicità è misurabile?
Si, emerge infatti che la nazione più felice del mondo sia la Finlandia.

Possiamo dunque affermare che tutto è misurabile, anche un concetto ampio e complesso come la
felicità.
I bisogni variano in base ad alcune variabili come l’età, il reddito, il sesso, l’istruzione, l’ambiente e
molte altre ancora.
 Si può considerare il bisogno come uno stato di mancanza caratteristico della psiche
individuale.
 Si può tentare un approccio secondo il quale bisogni o consumi esprimono simbolicamente
l’appartenenza sociale.

È difficile dare una definizione generale e universale della qualità della vita, in quanto viene usato
con connotazioni differenti a seconda dei contesti sociali e culturali.
Fino agli anni ’60 il benessere economico era l’unico metro di misurazione, l’unico punto su cui ci
si soffermava per arrivare a calcolare il tenore della qualità della vita.
Ad un certo punto, verso la metà degli anni ’60 emergono nuovi fenomeni su scala globale
(inquinamento, malattie, traffico, povertà che diventa un tema preponderante) questi aspetti fanno
incrinare il paradigma della crescita economica a ogni costo.
Si arriva ad un momento di rottura, la crescita economica non può più essere l’unico parametro a
cui far riferimento. Il concetto di qualità della vita si sgancia da quello di benessere economico.
Con l’avvento della rivoluzione industriale (metà ‘800) vengono pubblicati i primi studi sulla
qualità della vita della classe operaia, mettendo in evidenza le disagiate condizioni umane con
riferimento al lavoro.
NB. La qualità della vita non è sinonimo di felicità e nemmeno di livello di vita.
 Il livello di vita prende in considerazione solo ciò che abbiamo a disposizione di materiale.
 lo stile di vita definisce come vengo utilizzati questi beni materiali che abbiamo a
disposizione.
La felicità
Concetto molto trasversale, che però può essere misurato. L’ONU tutti gli anni fa una stima delle
nazioni più felici al mondo, per fare questo si basa sui punti contenuti nel Welfare State.
Le variabili sono: il PIL, supporto sociale, l’aspettativa di vita in salute, la libertà di scelta,
assenza di corruzione o percezione della corruzione. Viene quindi richiesto su una scala da 1 a
10 come viene valutata la vita e in base al punteggio ottenuto viene costruita la classifica.
Come abbiamo già detto, ognuno ha una concezione di felicità differente. La felicità è quello stato
d’animo che interviene al raggiungimento di uno scopo, al sopraggiungere di un vento positivo.
Nel 1948, l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) definì ufficialmente nel suo stato di salute
anche il concetto di benessere fisico, psichico e sociale; quindi, il benessere non rappresenta più
solo l’assenza di malattie.

Gli indicatori utilizzati sono centinaia, sono stati elaborati degli “standard” di quantificazione.
Il concetto di tempo libero rientra negli indicatori per il calcolo della qualità della vita, è parallelo
al tempo dedicato al lavoro, sta assumendo sempre più rilevanza.

Il benessere viene scomposto in tre sottogruppi:


 Having: componente di tutti quei bisogni legati al possesso, non solo beni materiali ma
anche il nostro reddito. La posizione lavorativa, la salute o l’istruzione
 Loving: tutto ciò che riguarda la sfera affettiva, quello che ci lega alle altre persone, le
relazioni
 Being: tutta la parte più auto riferita a quelli che sono gli aspetti legati a ciò che desideriamo
per noi stessi, per il nostro futuro, ciò che vogliamo realizzare. Legato soprattutto al nostro
ego.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE:


(mercoledì 23 novembre, Pareto: residui ed élite, cap.3)

Pareto (Parigi 1848) è un economista, a un certo punto della sua vita inizia a vivere di rendita
grazie a una grande eredità percepita e decide di dedicarsi allo studio della sociologia.
Nel 1916, scrive il “Trattato di sociologia generale”  l’oggetto di questo trattato è l’azione
umana.
Perché studiare le azioni?
Per Pareto l’individuo si manifesta attraverso le proprie azioni è infatti dal loro insieme che si
costituisce quel tessuto umano detto società.
Pareto non da nulla per scontato, nel corso degli anni raccoglie migliaia di informazioni, una volta
analizzate nota che tendenzialmente l’uomo è un essere irragionevole, che la sua condotta è
condotta da stati d’animo e istinti. L’uomo però non accetta di essere in balia di oscuri istinti e cerca
di camuffare tutte le azioni che compie con un velo di razionalità.
L’uomo secondo Pareto è dunque Irragionevole ma Raziocinante. Le persone che Pareto analizza
le ritiene caratterizzate da due elementi:
 l’irragionevolezza: nel suo agire
 Raziocinante: come pulsione, tensione
Le azioni hanno un fine logico?
Per Pareto le azioni possono essere suddivise in logiche e non-logiche.
Un’azione viene definita logica quando esiste un rapporto razionale tra i mezzi usati e il fine che il
soggetto si pone di raggiungere.
Ricapitolando le azioni logiche si pongono un fine (realizzazione di un ponte) e sceglie i mezzi per
raggiungerlo (disegna i progetti, acquista i materiali) in un modo che appare adeguato (logico) sia a
lui che all’osservatore esterno.
Le azioni non-logiche, hanno origine da un determinato stato psichico, dai sentimenti,
subcoscienza ecc.
Nelle azioni non- logiche i mezzi non sono adeguati ai fini, per cui il fine che si propone il soggetto
non corrisponde a quello percepito dall’osservatore.
Pareto dice che le azioni logiche che compiano sono una piccolissima parte, per il resto l’essere
umano non compie azioni logiche.
Siamo esseri raziocinanti, quindi, esiste in noi una tendenza a far apparire come azioni logiche
anche le azioni non- logiche, mediante lo sviluppo di teorie morali, religiose o politiche.

Quali sono le azioni non logiche?


A Pareto non interessa studiare le azioni logiche, ma quelle non-logiche che suddivide in quattro
categorie:
1. Azioni non-logiche di primo genere sono quelle azioni che non hanno un fine logico
né per chi le compie, né per chi le osserva. Sono rarissime e, tendono a giustificare
razionalmente il loro operato, sono infatti irragionevoli, ma raziocinanti.
2. Azioni non-logiche di secondo genere hanno un fine logico e razionale per chi le
compie, ma non per chi le osserva; siamo nel campo delle azioni religiose, magiche e
rituali. Un chiaro esempio è la danza della pioggia: molte popolazioni quando si
verificano periodi di siccità si riuniscono per danzare; il fine è quello di far piovere, ma
per il sociologo che osserva il mezzo utilizzato, cioè la pioggia, non è logico.
(l’osservatore occidentale sa bene che l’azione di danzare non influisce sulla probabilità
di pioggia, ma essa svolge un ruolo sociale importante: agisce sui sentimenti di
solidarietà mantenendo coeso il gruppo e dandogli speranza anche in periodi di crisi e
carestia dovuti alla siccità).
Facendo quindi un’azione non logica hanno mantenuto unita la speranza e la
comunità (azioni non- logiche di secondo tipo).
3. Azioni non-logiche di terzo genere non hanno un fine logico per il soggetto che le
compie, ma lo hanno per l’osservatore e sono le azioni e i movimenti istintivi, dettati
dall’inconscio (Es. se mi vola un insetto davanti agli occhi alziamo istintivamente la
mano per scacciarlo, ma non impieghiamo il ragionamento per farlo, perché agiamo
d’istinto).
4. Azioni non- logiche di quarto genere hanno un fine logico sia per chi le compie, che
per chi le osserva. La differenza sta nel fatto che il fine che si pone il soggetto è diverso
da quello che può constatare l’osservatore. Sono tutte le azioni conseguenti a errori
scientifici, a illusioni politiche e a manipolazioni culturali.

Se le azioni logiche hanno alla base il ragionamento, quelle non logiche hanno il sentimento.

Il quadrato:

Pareto simbolizza con un quadrato il meccanismo delle azioni e delle giustificazioni che vengono
date. A livello di ogni singolo individuo il quadrato può essere utilizzato per spiegare come sono
generate le azioni.
A= RESIDUI pone a un vertice i residui che sono la parte latente e costante delle azioni. Oltre ai
sentimenti, infatti, sono presenti gli appetiti, gli interessi, i gusti. Tutte le cose visibili all’analisi, in
base all’azione capisco che cosa ha spinto l’individuo
B= DERIVAZIONI sono gli argomenti che gli individui portano a sostegno per giustificare le
proprie azioni. Sono dei veli che l’uomo costruisce usando l’immaginazione per coprire istinti e
sentimenti. giustificazioni che cambiano nel tempo e nei popoli.
C= DERIVATE sono le ideologie e le teologie elaborate dai filosofi, dai riformatori, dalla
religione e dalla politica per dare alle derivazioni un carattere universale.
D= AZIONI Ciò che è direttamente osservabile e che a sua volta, può influire sugli altri
elementi del quadrato.

Come agiscono tra loro questi quattro elementi?


Prendiamo l’esempio dell’omicidio. Secondo Pareto, la maggior parte degli uomini non uccide, non
perché Dio punisce, ma perché nel suo stato psichico l’uomo non ha la tendenza a uccidere i suoi
simili. Per dare maggior forza e credibilità alle giustificazioni legate all’omicidio, l’uomo si crea
una spiegazione logica (derivazione): inizialmente lo si attribuisce a un culto, in seguito il culto
viene sistematizzato nella teologia “Dio punisce chi uccide”.

Per Pareto bisogna togliere alle azioni non logiche quel velo di razionalità che gli uomini vi hanno
posto, altrimenti non capiremo mai i veri motivi.
Le azioni non logiche vanno scomposte in due parti:
 Residuo: parte costante, è la faccia latente delle azioni
 Derivazione: parte variabile, è quello che si vede esternamente

Pareto studiando riti, religioni, superstizioni dei diversi popoli, capisce che c’è una tendenza
comune attribuire un significato benefico o malefico a giorni, numeri, luoghi, persone ecc..
per ragioni che mutano in base balle diverse società.

I residui:
Pareto precisa che i residui non sono una realtà concreta, ma un concetto analitico creato dal
sociologo che permette di analizzare la realtà. È la parte che non muta, il vero movente delle azioni.
I residui sono quella parte di sentimenti che si riesce a dedurre dall’osservazione delle azioni.
Un’azione religiose molto frequente è legata ai riti di purificazione: nella nostra cultura è diffuso il
rito del battesimo; questo per Pareto è il fattore costante, ovvero un istinto alla base di tutte le
società umane.
Pareto individua sei classi di residui:
1) L’istinto delle combinazioni: gli uomini hanno una tendenza a stabilire nessi logici tra
cose e nomi per giustificare le proprie azioni, tutti gli esseri umani tendono a dare dei
significati e questo se vogliamo porta a un continuo cambiamento
2) Persistenza degli aggregati: è la tendenza a unire cose diverse per formarne una sola e
denota il bisogno di attaccamento dell’uomo a persone, luoghi, beni, riti e alla vita stessa.
Da un lato continuiamo a fare associazioni, ma dall’altro lato abbiamo bisogno di stabilità.
3) Bisogno di manifestare sentimenti con atti esterni: l’esigenza di rendere palese agli
altri ciò che proviamo. Molti dei gesti che facciamo sono manifestazioni che derivano da
questo residuo, noi abbiamo bisogno di esternare i nostri sentimenti. È un bisogno comune
anche agli animali: i cani abbaiano quando hanno paura e scodinzolano quando sono
felici.
4) Residui in rapporto alla socialità: noi siamo esseri sociali, è insito nella natura umana il
bisogno dell’approvazione degli altri, è ciò che ci porta ad accettare la disciplina. Pareto
riscontra che noi abbiamo bisogno di rapportarci alla società e lo facciamo in due modi
opposti (la prima è l’essere portati a essere caritatevoli oppure posso avere comportamenti
neutri come il seguire la moda, ma questo sentimento può assumere comportamenti
negativi, perché ci costringe ad adeguarci al conformismo. Quindi compassione e carità
VS pretendere agli altri di adeguarsi).
5) Integrità dell’individuo e delle sue dipendenze: abbiamo bisogno di avere con noi i
nostri beni, che ci danno sicurezza, non abbiamo un distacco dalle cose, non stiamo bene
se non abbiamo supporti che possono essere i nostri beni, ci danno una sorta di riparo
dall’esterno
6) Residuo sessuale: come le società gestiscono la pulsione sessuale. Questo residuo non
interessa i bisogni sessuali, che sono comuni agli uomini e agli animali, ma ai
ragionamenti e alle teorie che ne derivano, alle giustificazioni che se ne danno e ai vincoli
che crea: pensiamo ai tabù, al pudore, alla castità e dall’altro lato alla pornografia.
L’appetito sessuale esiste in tutti gli esseri umani, ma ogni società costruisce le proprie
derivazioni e le proprie derivate definendo una linea di confine tra ciò che è lecito e ciò
che non lo è.

Le derivazioni:
Rappresentano la faccia manifesta delle azioni, ossia le giustificazioni pseudorazionali che l’uomo
fornisce al proprio agire.
Pareto rintraccia quattro categorie di derivazioni:
1) Affermazione: comprende le semplici narrazioni di eventi, le affermazioni di un fatto, le
affermazioni di accordo con sentimenti espressi in modo assoluto, dottrinale
2) Autorità: è una derivazione che permane nel tempo senza perdere la sua forza. Vengono
citate fonti classiche, autorevoli per autoaffermarsi o difendersi dalle confutazioni (Gli
antichi dicevano che...). L’autorità è usata come strumento di persuasione e di
prevaricazione su chi dissente, o come mezzo di distruzione per coprire sentimenti ignobili.
Troviamo tre tipi di derivazioni che nel tempo non perdono il loro potere: l’autorità di uno
o più uomini, l’autorità della tradizione, usi e costumi e l’autorità di un essere divino o
di una personificazione.
3) Accordo con sentimenti o con principi: è sottinteso il consenso dei più. Chi accoglie la
derivazione la tratta come una verità evidente, condivisa da tutti. Con questa modalità molti
pensatori hanno creato entità estremamente persuasive.
4) Prove verbali: i residui adoperati per creare una derivazione persuasiva sono quelli che
danno corpo a un’astrazione che ha un nome. Ad esempio “natura” e “stato naturale”. Sono
termini indeterminati che si prestano a creare indefinitezza, al contrario della scienza che usa
termini specifici per sostenere il proprio ragionamento.

Le derivate:
quando si vuole dare alle derivazioni un carattere universale, si elaborano le derivate, ossia
ideologie e teologie che ne sostengono la veridicità. Servono all’Élite per affermare i propri
interessi, sono uno strumento di dominio per l’élite le quali le utilizzano in modo o con tipologia
diversi a seconda dei momenti storici.

Quale è la forma della società? Per rappresentare la società Pareto si serve di una trottola
rovesciata basandosi sulla sua esperienza di economista. Dall’analisi economica, infatti, deduce che
presso tutti i popoli la distribuzione della ricchezza è fissa: in cima vi è l’élite dei ricchi che è
sempre formata da una minoranza e man mano che si scende verso il basso la figura si allarga e
troviamo la massa, ovvero i poveri che comprendono la maggioranza.
La storia per Pareto è lotta tra le élite che si contendono il potere. Tutte hanno un medesimo ciclo
nella storia, c’è il momento in cui si formano, segue il momento di prosperità e infine la decadenza,
quando vengono scalzate da un’altra élite.
Uno degli elementi di degenerazione delle élite è il sentimento di benevolenza, l’indebolimento dei
sentimenti virili indispensabili nella lotta per la vita. Non bisogna confondere la violenza con la
forza, la violenza infatti accompagna spesso sentimenti di debolezza.
Nelle società variano le forme ma non il sentimento che sta sul fondo.
Come distinguiamo le vecchie élite dalle nuove?
Le distinguiamo attraverso il modo in cui governano le masse: la forza usata dalle élite giovani e
l’astuzia usata dalla vecchie élite.
 Le nuove élite secondo Pareto sono costituite dagli uomini- leone dove prevale il residuo
della persistenza degli aggregati (usano la persistenza degli aggregati per salire al potere
Quando salgono al potere non hanno più bisogno della forza quindi…
 Le vecchie élite si compongono di uomini-volpe dove prevale l’istinto delle combinazioni

Luoghi, simboli e valori (cap.9)

L’essere umano è in grado di investire di valore simbolico qualsiasi cosa. Tali significati sono
condivisi dagli individui all’interno delle diverse società che li hanno prodotti.
Segnale es. cartello stradale
Simbolo è dato da un significante (oggetto in se) e un significato
Un significante può rappresentare contemporaneamente diversi significati:
 Con il tempo, uno stesso significante può assumere nuovi significati
 Si può cambiare il significante e mantenere lo stesso significato

Talvolta, per combattere il significato si distrugge il significante (a volte quando si abbatte un


regime, vengono distrutti oggetti che ricollegano a certi significati).
Possiamo anche aggiungere sovrapposizioni (sopra un oggetto ne aggiungo un altro per
modificarne il significato).
Cosa rappresentano le banconote europee? Hanno dei significati simbolici tutte ritraggono una
porta che rappresenta un’apertura e il un ponte che è un collegamento, tutte le banconote quindi
raffigurano porte e ponti appartenenti a epoche diverse.
I simboli riflettono la visione del mondo.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NERR’ERA DIGITALE


(24 novembre Cap. 9 par.3)

Quando qualcosa non funziona nella quotidianità spunta nelle società qualcuno che si pone come
quello che vede al di sopra degli altri ed è colui che guida.
Quali sono gli strumenti che legittimano il potere?
L’ordine è già un sintomo di potere da parte di chi ci comanda (Es. congresso di Norimberga).

I miti rimangono, questi capi carismatici rimangono impressi nella storia, tutte le volte che muore
un capo carismatico la gente stenta a crederci.

Ogni rivoluzione ha i suoi simboli, che facilitano la comunicazione.

Anche le città sono cariche di simboli:


 Città orizzontali (case basse, giardino ecc.) denotano una comunità di impronta femminile e
legata alla natura) o verticali (grattacieli) simboli fallici, di potere, simbolicamente maschili
 Centri e periferie; nel centro c’è il potere, la vita, il sacro. La periferia viene quasi vista in
negativo, per chi non ha rispetto al centro. Per centro posso intendere centro:
storico/geometrico/direzionale.
 Habitat: è un concetto artificiale, aree residenziali.

La città è il risultato dell’opera di chi? Cittadini/ Imprese private/ poteri pubblici.

La casa e le cose (cap.10 par.7)

Più l’essere umano si sente fragile, più necessita di un involucro che lo rassicuri. La casa è un
ambiente per definizione privato, è il nostro rifugio, il nostro nido.
“L’intimità ha bisogno di un nido” (Gaston Bachelard).
Nelle civiltà del passato le città erano chiuse da mura che stavano a significare il confine tra mondo
esterno e interno collegati solo dalle porte urbane ben sorvegliate. Oggi invece, le città sono
completamente aperte all’esterno e propongono continui scambi, facendo venir meno il senso di
sicurezza che provavano gli abitanti. Perciò essi ricreano le porte e le mura nelle loro abitazioni
private che diventano sempre più chiuse, seppur vivine le une dalle altre non comunicano affatto.
L’abitazione fa parte dell’essere, non dell’avere, del possedere. La vita dei cittadini una volta
arrivati a casa diventa impermeabile.
L’Abitazione è vista dal punto di vista di chi la abita o come status symbol, dall’esterno.
Ogni oggetto si trasforma da “strumento per” in “immagine di”.

Dostoevskij nelle “Notti Bianche” nella nostra casa proiettiamo i nostri stati d’animo.
La casa può soddisfare tutti i bisogni della scala di Maslow: i bisogni fisiologici, ci da sicurezza, ci
da senso di appartenenza, inoltre con la casa proiettiamo anche noi stessi, assume un certo status.
È l’espressione dei nostri sogni, ed è lo specchio dei suoi abitanti, dice chi siamo.
Come possono essere categorizzati gli abitanti in rapporto alla propria casa?
 Gli egocentrici: chi ha bisogni di propri spazi e propri oggetti, ben distinto da quelli dai
propri famigliari.
 Familiocentrici: tutto è in comune, condiviso, la casa è il luogo della famiglia
 Sociocentrici: Non vedono la casa come un nido, ma come un luogo aperto dove ospitare gli
amici e far festa

La casa rivela i rapporti dei propri abitanti.

(Cap 5.5 le vittime nei furti delle abitazioni)


Che cosa capita a chi subisce un furto in casa?
Da una ricerca condotta sulle vittime di furti in casa, appena scoperto il furto, la prima cosa che
controllano non sono, di solito, gli oggetti di maggior valore commerciale, ma soprattutto i beni
personali: le collezioni, i ricordi e le cose in generale più care.

(Cap. 14.6 l’abitazione è un prodotto sociale)

L’arredamento di una casa può definire lo status di chi abita.


La porta... anche la porta rappresenta uno status symol.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE


(25 novembre, Cap. 13.3/13.4, Materialismo Consumi e Creatività)
Nel momento in cui aggiungiamo loghi agli oggetti il loro valore cambia. Il consumo non è soltanto
la continua riconcorsa all’acquisto e ad avere sempre nuoci oggetti. Diventiamo consumatori nel
significato più ampio del termine, non solo consumatori in un insieme specifico di oggetti.

I brand, gli oggetti, i beni ci rappresentano:


 La pubblicità ed il marketing spingono i consumi non incrementando il bisogno di oggetti
specifici, ma piuttosto “il bisogno di avere bisogno”
 Il fine delle merci è quello di comunicare, aiutano a definire noi stessi e la società in cui
viviamo, la nostra cultura
 Il consumo è un processo rituale che svolge la funzione di integrazione e controllo sociale
 Analizzando i diversi sottoinsiemi culturali, è possibile comprendere l’interpretazione della
società in un determinato periodo.

(Paninari/ Punk/ ecc.  Modo di affermare sé stessi in un periodo storico (’80) nel contesto dei
ragazzi di Milano).

Riprendendo un po' il pensiero di Douglas e Isherwood…


Gli individui utilizzano gli oggetti per dare senso al mondo circostante, considerandoli un mezzo
per trasmettere e condividere significati e valori relazionali o sociali all’interno delle diverse
culture.
I beni sono necessari per rendere visibili e stabili le categorie della cultura.
Servono a creare e conservare i rapporti sociali.
(Es. pensiamo alla questione del velo in Iran).

Che significato hanno gli oggetti nella nostra vita quotidiana?


Tutti possediamo oggetti che non hanno un gran valore per gli altri, ma che per noi lo assumono per
quello che gli attribuiamo, hanno un valore affettivo.
Il materialismo:
è interessante vedere gli studi di Russel W.Belk che sviluppa il concetto di materialismo, che
secondo lui però non ha un’accezione negativa, ha un atteggiamento neutro a riguardo.
Lo interpreta come atteggiamento delle persone nei confronti di tutto ciò che possiedono.
Le persone possono possedere beni tangibili, ma anche immateriali.
I beni a cui siamo legati quindi non sono solo tangibili, possono essere anche tipi di esperienze, il
denaro, i terreni.
Tutti questi beni ci rappresentano, ci identificano, come il nostro nome.

Belk sviluppa delle scale di materialismo, dei livelli.


Alti livelli di materialismo:
 I beni assumono un ruolo predominante nella vita di una persona
 Diventano fonti di grandi soddisfazioni e dolorose insoddisfazioni

Belk ipotizza tre scale:

Possessività (esigenza di possedere materialmente e fisicamente gli oggetti, mantenerli nella


propria sfera di controllo); Non generosità legata al fatto di non voler condividere con gli altri ciò
che si ha; Invidia (sentimento malevolo nei confronti di un altro, perché reputa i suoi oggetti e il
suo status migliore e lo vorrebbe avere); conservazione (bisogno di rendere tangibile l’intangibile).

Successivamente Belk introduce un nuovo concetto che va oltre il materialismo: il sé Esteso


A livello conscio o inconscio noi guardiamo i nostri averi come parte di noi, ed essendo parte di noi
ci definiscono e ci rappresentano.
La perdita di oggetti importanti per me rappresenta una sofferenza perché è come se perdessi un
pezzo di ciò che sono.
Se il possesso di beni per noi è così importante, contribuisce ad estendere simbolicamente la
percezione delle capacità d’azione dell’individuo sugli altri.

La teoria di Belk nel mondo digitale…


In realtà il concetto di sé esteso è applicabile anche nel mondo virtuale, semplicemente cambiando
gli oggetti e le categorie di riferimento.
La logica è sempre quella l’estensione di sé attraverso beni che siano materiali o immateriali.

SOCIOLOGIA DEL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE:


(30 novembre, Gruppi e tipi di Immigrati Cap 2 par.5)

Teorema di Thomas: “Se gli uomini definiscono reali le situazioni, esse saranno reali nelle loro
conseguenze”.
Non tutte le migrazioni sono uguali.
Beni di cittadinanza: ci sono dei beni che non rappresentano solamente uno status symbol, ma
fanno proprio sentire di essere parte di un mondo.
Integrazione VS pregiudizi (non solo dalla parte di chi accoglie/ospita, ma pregiudizi nutriti anche
da chi arriva).

Come definire l’integrazione dell’immigrato da assimilazione, assorbimento, acculturazione,


adattamento a INTEGRAZIONE.

Noi italiani non siamo più solo emigranti come negli anni passati, oggi diventiamo anche ospitanti.

(Cap.9 par.3)
Esistono due concezioni sullo spazio:
 Con la prima parte l’uomo stabilisce un rapporto poetico. Corrisponde a quella di molte
civiltà del passato e ad alcune civiltà orientali di oggi.
 La seconda crea un rapporto razionale, funzionale. Lo troviamo in Grecia e nella società
post-rinascimentale
La concezione orientale: molti popoli costruiscono solo dopo aver indagato sullo spirito del luogo
(geomazia).
In Cina si è sviluppato oltre 4000 anni fa il Feng Shui.

Anche in occidente non c’è stata solo una visione razionale del mondo. Si sviluppa anche da noi
l’idea che tutto sia connesso: a un certo punto nel medioevo si riprendono le idee che tutto sia
connesso

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