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PSICOPATOLOGIA DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

DELL’Età EVOLUTIVA
CAPITOLO 1 : I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE DELL’Età EVOLUTIVA
1.1 GENERALITà:
Le difficoltà alimentari in età evolutiva sono frequenti e spesso transitorie, ma alcune possono
tradursi in un disturbo del comportamento alimentare. Almeno il 24-25% dei bambini con
sviluppo nella norma e l’80% dei bambini con una qualche forma di alterazione dello sviluppo
manifesta un problema alimentare. Di questi una piccola parte ha un FEDING AND EATING
DISORDER (FED) cioè un disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione. Purtroppo i dati
epidemiologici sui bambini di età inferiore a 13 anni sono insufficienti e , per quanto riguarda la
prima infanzia sono quasi del tutto assenti, perché è arduo selezionare campioni composti di soli
bambini con FED, a causa della dispersione dei casi tra ambulatori pediatrici e di psichiatria
infantile. Per comprendere le cause sui FED dell’età evolutiva adottiamo un modello complesso
e ipotizziamo che i FED siano esito dell’interazione tra fattori biologici e ambientali. La letteratura
indica che la presenza di ascendenti (in particolare la madre) e collaterali con disturbi del
comportamento alimentare è fattore di rischio. Altri fattori di rischio sono i tratti temperamentali
del bambino (ad es. l’oppositività) o della madre (ad es. eccessiva ansia). Le malattie pediatriche
che si accompagnano a ridotta alimentazione, vomito e scarso accrescimento possono favorire
l’insorgenza dei FED.
1.2 LA DIMENSIONE EVOLUTIVA:
l’età evolutiva è il periodo della vita in cui l’essere umano è sottoposto a veloci cambiamenti fisici
e psicologici che lo portano da forme più immature di organizzazione a forme progressivamente
più mature. A differenza dei disturbi dell’adulto quelli che insorgono tra la prima infanzia e
‘adolescenza riguardano un individuo in rapida evoluzione. Come il corridore di una gara, il
bambino deve raggiungere il proprio traguardo che si concretizza nel miglior dispiegamento
possibile del suo potenziale evolutivo, modellato dall’interazione con il contesto. Le
caratteristiche della dimensione evolutiva :
- Il disagio psichico si manifesta a ogni età come può, in relazione alla fase evolutiva
attraversata e al grado di maturazione dell’apparato mentale. Ne consegue che la morfologia
clinica assunta da una data entità psicopatologica cambia con l’evolversi dello sviluppo.
- I sintomi sono “datati”. Essi si manifestano per la prima volta secondo un “calendario” dettato
dal grado di maturazione. I sintomi della prima infanzia hanno espressione somatica (sintomi
psicosomatici) o motoria. Dalla seconda infanzia cominciano a rendersi evidenti sintomi
comportamentali , le fobie e tratti ossessivi. Questi ultimi si notano con maggiore frequenza
nella media infanzia, epoca in cui compaiono anche le inibizioni dell’apprendimento. Sempre
in questa fase dello sviluppo notiamo i sintomi “mentalizzati” che sono propri dei disturbi
d’ansia o della depressione. Tardivamente compaiono sintomi gravi come il delirio e le
allucinazioni. È evidente, scorrendo questo calendario, che si va da sintomi più elementari a
forme di disagio più articolare che coinvolgono attività mentali complesse.
- Le caratteristiche cliniche possono modificarsi nel tempo. Ben pochi disturbi dell’età evolutiva
tendono a persistere senza modificarsi, essi sono mutevoli in ragione della parallela
evoluzione psico-affettiva del bambino.
- Ogni sintomo o condizione clinica assume un significato preciso in riferimento a tre
coordinate: lo stato dello sviluppo globale; la fase evolutiva; il contesto ambientale. Ad
esempio , un disturbo dell’alimentazione in un bambino al di sotto di un anno orienta verso
un’interpretazione psicopatologica di tipo relazionale diadica, riferibile a una disfunzione della
relazione caregiver-bambino su base multifattoriale ( bambino-madre contesto). Viceversa,
un disturbo alimentare della media infanzia si realizza in un soggetto il cui apparato psichico
è maturato ed ha assunto autonomia funzionale. In questo caso, pur tenendo conto di
dinamiche familiai alterate e fattori contestuali sfavorevoli, il disturbo è indicativo di un
disagio intrapsichico. Sarà allora importante comprendere il funzionamento mentale del
bambino e la conflittualità da cui è attraversato.
- Il confine tra disturbo clinico e condotte somatiche prive di significato patologico è molto
fluido. È ben noto che i bambini e gli adolescenti possono manifestare transitoriamente, in
relazione a specifiche fasi evolutive, sintomi comportamentali o affettivi che non configurano
una condizione psicopatologica.
- Nella prima infanzia è consigliabile adottare la distinzione tra TURBA, PERTURBAZIONE E
DISTURBO. La turba è un’alterazione comportamentale normale, legata a una specifica fase
evolutiva che scompare quando il compito evolutivo fase-specifico è raggiunto. La
perturbazione è un’alterazione di maggiore gravità che interferisce con altre aree dello
sviluppo e può indicare un rischio evolutivo. Un disturbo è una condizione clinica
relativamente organizzata che dura più a lungo.
- Un disturbo psichico insorto in età evolutiva può influenzare negativamente lo sviluppo
globale in atto: rallentandolo, deviandolo o, raramente, arrestandolo. Abbiamo quindi più
parametri ai quali fare riferimento per la prognosi: nel primo includiamo la tipologia, la gravità
e la durata del disturbo; il secondo è la fase evolutiva in cui esso si manifesta ( più veloce è
l’esordio, maggiore è il rischio); il terzo parametro è il “peso” che il disturbo ha sullo sviluppo.
- La dipendenza e la relativa immaturità del bambino lo rendono più esposto all’impatto di
fattori ambientali, tuttavia l’ambiente familiare non è la causa del disturbo. Bisogna tenere
presente che nella primissima infanzia la mente umana si sviluppa in un contesto relazionale
e in rapporto con altre menti. Perciò i fattori ambientali che influenzano il disagio emotivo del
bambino/adolescente vanno attentamente esplorati.
- È della massima utilità la comprensione del rapporto tra disturbo del bambino e ambiente
familiare.

1.3 NOSOGRAFIA:
L’esigenza scientifica di ordinare i quadri clinici in corrette categorie deriva dalla necessità di avere
parametri diagnostici utilizzabili a livello internazionale. In campo psichiatrico sono disponibili
sistemi nosografici che descrivono i differenti quadri clinici e indicano i criteri necessari per la
diagnosi. Tutti i principali sistemi nosografici propongono categorie diagnostiche per i Disturbi del
Comportamento Alimentare.
- Il DSM-5 è la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM)
dell’ American Psychiatric Association (APA). I disturbi sono classificati in base alla
presentazione clinica con maggiore attenzione rispetto all’edizione precedente all’approccio
dimensionale che rende evidente la contiguità di alcuni disturbi che rappresentano un
continuum nosografico. Il manuale è ateorico perché non è orientato da nessuna teoria
psicopatologica. All’interno del DSM-5 troviamo il gruppo dei DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E
DELL’ALIMENTAZIONE, mentre nell’edizione precedente prendeva il nome di DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE. Inoltre è stata eliminata la sezione specifica per l’infanzia
presente nel DSM-IV che era denominata Disturbo della Nutrizione e dell’’Alimentazione
dell’Infanzia o della prima Adolescenza.
Dunque le modifiche sono scaturite anche dall’osservazione che la maggior parte dei disturbi
dell’alimentazione dell’età evolutiva non era individuabile al DSM-IV. Nel DSM-5 si considera la
salute mentale lungo tutto l’arco della vita con maggiore attenzione al continuum dello sviluppo
, senza separare nettamente infanzia da età adulta; inoltre il DSM-5 assegna maggior spazio al
ruolo dei genitori, introduce nuovi disturbi e precisa meglio i criteri diagnostici di disturbi gia
descritti precedentemente.
- L’ICD-10, (1992) , decima versione dell’ICD International Classification of Diseases , è una
classificazione delle malattie proposta dall’OMS. Include un’apposita sezione per i disturbi
mentali, all’interno della quale sono trattati i disturbi dell’infanzia con due quadri specifici :
disturbo dell’alimentazione della prima infanzia e seconda infanzia; Pica della prima infanzia
(Il picacismo, anche denominato allotriofagia o, più semplicemente, pica, è un disturbo del
comportamento alimentare caratterizzato dall'ingestione continuata nel tempo di sostanze
non nutritive (terra, sabbia, carta, gesso, legno, cotone, etc.).
- La CLASSIFICAZIONE DIAGNOSTICA DELLA SALUTE MENTALE E DEI DISTURBI DI SVILUPPO
DELL’INFANZIA, DETTA 0-3 ( zero to three), (CD-03R,1995), è stata elaborata da un gruppo di
studiosi, è un sistema multiassiale che include i disturbi che si manifestano tra 0-3 anni. La
sezione per i disturbi alimentari , denominata DISTURBI DEL COMPORTAMENTO
ALIMENTARE, è particolarmente accurata.
- I criteri GOS ( great ormond street criteria) , sono stati elaborati da alcuni autori inglesi allo
scopo di ottenere criteri operazionali che consentano di fare diagnosi di disturbi del
comportamento alimentare in età evolutiva, la classificazione GOS ha individuato sei diversi
quadri clinici di disturbi dell’alimentazione dell’infanzia e dell’adolescenza.

1.4 INTEGRARE GLI APPROCCI :


La clinica dei FED è una sfida all’integrazione di 3 approcci : medico, psichiatrico e psicopatologico.
Questi disturbi hanno rilevanti ricadute sulla salute fisica del paziente, sul suo accrescimento e
sviluppo puberale. È ormai opinione condivisa che l’organizzazione assistenziale per pazienti con
disturbi del comportamento alimentare debba coinvolgere figure con varie competenze e che più
specialisti debbano lavorare in modo integrato. Non si tratta di una mera collaborazione quanto
piuttosto della condivisione di un modello di lavoro basato sulla conoscenza delle caratteristiche
psichiche e fisiche del disturbo e della specificità di tali caratteristiche in età evolutiva. Integrare
il lavoro di operatori con formazioni diverse quali i pediatri e i neuropsichiatri infantili è un
traguardo che si raggiunge nel tempo. L’ostacolo principale è il diverso modo di concepire un
disturbo. La formazione medica abitua a operare una precisa distinzione tra salute e malattia. Di
fronte alle domande poste dal paziente e dai genitori circa la causa e la cura del disturbo, il
pediatra o il medico internista possono fare ricorso a modelli etipatogenetici “forti” che
individuano cause biologiche, le conseguenti disfunzioni e in gran parte dei casi offrire una cura.
Quando un bambino o un adolescente sviluppa un disturbo psichico (come un disturbo
dell’alimentazione su base non organica) abbiamo poche risposte per i genitori. Infatti i disturbi
psichici sono entità cliniche eterogenee, dai confini sfumati, che rispondono alla logica
psicopatologica. Lo psichiatra dell’età evolutiva adotta modelli complessi. In particolare riconosce
: la pluralità dei fattori causali interagenti (molti dei quali di tipo relazionale); il principio di
equifinalità ( secondo il quale uno stesso disturbo può essere l’esito di processi diversi); la grande
differenza individuale nella rappresentazione clinica di uno stesso disturbo; la scarsa specificità
clinica di alcuni sintomi psichici e la frequente comorbidità ; l’estrema mutevolezza
dell’espressività clinica in base all’età. Infine lo psichiatra dell’età evolutiva è più addestrato del
pediatra a tollerare l’incertezza diagnostica e terapeutica connaturata nei disturbi psichici dell’età
evolutiva. Un indispensabile aiuto nella comprensione dei FED viene dalla psicopatologia che
studia il funzionamento mentale disfunzionale ed elabora modelli interpretativi secondo
prospettive puramente psicologiche. Si distinguono 2 tipi di psicopatologia : descrittiva ed
interpretativa. La prima descrive e classifica i sintomi osservati e le esperienze soggettive riferite
dal paziente , la seconda studia le alterazioni psichiche in conformità a teorie di riferimento
estrapolando modelli psicopatologici per i singoli disturbi .

PARTE SECONDA – MODELLI PSICOLOGICI E PSICOPATOLOGICI

CAP. 2 : LA PSICOANALISI E I SUOI SVILUPPI


2.1 ASPETTI GENERALI:
La teoria psicoanalitica elaborata da Freud tra la fine del 19sec e i primi decenni del 20esimo si è
arricchita nel tempo di numerosi contributi. Sin dall’inizio della sua lunga opera, Freud, in linea con
la cultura medica e neuropatologica del suo tempo, ha attribuito priorità all’esperienza clinica e
metodologica. Il termine Psicoanalisi , come ebbe a dire lo stesso Freud, indica dunque ,
contemporaneamente, un procedimento per l’indagine dei processi psichici, un metodo terapeutico,
un insieme di conoscenze “acquisite per questa via che gradualmente si assommano e convergono
in una nuova disciplina scientifica. L’intreccio tra teoria, pratica clinica e tecnica costituisce il requisito
fondamentale della teoria psicoanalitica. Freud concepì la mente come una struttura all’interno della
quale di distribuiva energia pulsionale di tipo libidico e aggressivo e si animavano conflitti
intrapsichici. Successivamente , l’interesse degli psicoanalisti si è sempre più orientato verso lo studio
dei fenomeni mentali che si originano nella primissima infanzia , descrivendo la mente umana come
una scienza interna, popolata da rappresentazioni fantastiche di relazioni e percorsa da intense
tensioni emotive. In seguito, l’attenzione si è focalizzata sull’importanza dell’ambiente per lo sviluppo
della personalità e si è compreso che la mente umana ha bisogno di un’altra mente e di un idoneo
contesto interpersonale per svilupparsi ed evolvere.

2.2 LA TEORIA CLASSICA:


Verso la fine dell’800 Freud studia alcuni casi clinici e giunge a formulare l’ipotesi dell’esistenza di
processi mentali inconsci dei quali l’uomo non ha consapevolezza, ma che hanno capacità e potere
di influenzare pensieri e comportamenti: la vita psichica non risulta quindi limitata e determinata
soltanto da contenuti mentali coscienti e la maggior parte delle operazioni mentali si svolge al di fuori
della coscienza. A partire dal concetto di INCONSCIO, Freud costruisce una nuova disciplina scientifica
detta PSICOANALISI. Con il termine METAPSICOLOGIA si fa riferimento al complesso insieme di
concetti e di modelli che costituiscono la teoria psicoanalitica. L’apparato psichico e i processi ad esso
relativi, vanno interpretati e descritti tenendo conto di 3 punti di vista fondamentali : dinamico, topico
ed economico. Il punto di vista dinamico descrive i fenomeni psichici come risultanti dal gioco
interattivo di forze contrastanti; tali forze dinamiche hanno un’origine comune, derivando da
un’unica fonte rappresentata dalle pulsioni. Gli impulsi istintivi hanno la tendenza a scaricarsi, le forze
contrarie vi si oppongono con risultati e modalità variabili diverse. I conflitti sono dunque
contrapposizioni tra istanze o tra forze opposte e possono essere sia consci che inconsci. Il punto di
vista topico ipotizza che l’apparato psichico sia costituito da luoghi o sistemi psichici distinti. Il punto
di vista economico prende in considerazione l’energia funzionale, variamente quantificabile , che
circola e subisce svariate trasformazioni. L’apparato psichico nel suo complesso tende a prevenire
l’accumulo di energia e mantenere la somma totale degli eccitamenti a livello più basso possibile.
Secondo Freud questi tre punti di vista sono fortemente correlati tra loro e copresenti in tutte le
manifestazioni della vita psichica.
2.2.1 IL MODELLO FREUDIANO DELLA MENTE :

La teoria psicoanalitica ha sempre fornito un’immagine DINAMICA e in movimento della mente,


descrivendo i fenomeni psichici come risultanti dal gioco e composizione di forze interagenti che, a
seconda dei casi, possono essere in conflitto tra loro, inibirsi, contrastarsi, come anche integrarsi e
promuoversi a vicenda. In un primo tempo Freud immaginò che la mente fosse organizzata in modo
TOPOGRAFICO ( dal greco topos, luogo) e ipotizzò l’esistenza di luoghi psichici distinti e
funzionalmente differenziati: l’inconscio, il preconscio ed il conscio (ipotesi topografica). Per quanto la
rappresentazione della mente tramite spazi psichici separati e con caratteristiche e funzioni diverse
possa sembrare statica, in realtà vengono descritti, già in questo primo modello, scambi e relazioni
dinamiche continue tra i diversi sistemi, per cui una rappresentazione mentale può transitare da una
localizzazione all’altra, subendo svariate trasformazioni. Il sistema inconscio ( Inc) comprende
contenuti mentali e processi che sono fuori dalla sfera della consapevolezza; il sistema preconscio
(Prec) include contenuti mentali che , per quanto possano essere non presenti e non attualizzati nel
campo della coscienza, possono essere rievocati e resi coscienti con un semplice sforzo di attenzione
o memore. Infine il sistema conscio (C ) comprende contenuti mentali e processi di cui abbiamo
completa consapevolezza. Data la vicinanza funzionale, i sistemi conscio e preconscio sono stati
raggruppati come sistema Prec-C e ricevono informazioni e stimoli sia dal mondo esterno che
dall’interno. C’è fluidità e facilità di transito tra l’uno e l’altro: un pensiero preconscio, per esempio,
diviene conscio con uno sforzo attentivo e ritorna ad essere preconscio appena l’attenzione viene
distolta.
A partire dal 1920 Freud rielaborò progressivamente il primo modello dell’apparato psichico,
introducendo la “seconda topica” in base alla quale l’apparato mentale è composto da tre strutture,
dette ISTANZE , denominate: ES,IO,SUPER-IO (ipotesi strutturale)(1923). Esse hanno caratteristiche
diverse ma sono funzionalmente collegate tra loro. Questa seconda ipotesi non annulla la precedente
ma, anzi, si sovrappone alla prima qualificandola e sviluppandola ulteriormente. In particolare, la
scoperta che anche l’IO ha una parte inconscia, rappresentata dai meccanismi di difesa, portò freud
a riformulare le definizioni precedenti in quanto l’Io non poteva più coincidere con il sistema
Preconscio-Cosciente.
L’ES: rappresenta la parte più primitiva della personalità ed è inconscio. È il grande serbatoio della
energia pulsionale e potrebbe essere raffigurato in contrapposizione all’IO, come un’entità caotica.
In realtà questa istanza psichica ha una propria organizzazione e funziona rispondendo a regole
specifiche. La prima è quella del PRINCIPIO DI PIACERE ( l’altro è il principio di realtà di cui si parlerà
poi a proposito dell’IO) che , in coppia e relazione tra loro, regolano l’intero funzionamento psichico
. il principio di piacere tende a ridurre immediatamente il dispiacere prodotto dall’aumento di
tensione istintuale per ripristinare una situazione di quiete: le pulsioni tenderebbero infatti a
scaricarsi e trovare soddisfacimento per le vie più dirette e brevi. L’ES è regolato da un particolare
tipo di funzionamento, con meccanismi e leggi proprie molto diverse da quelle del pensiero logico
tradizionale. Il processo primario caratteristico dell’ES non risponde alle categorie spazio/tempo, né
alla logica razionale, gli opposti coesistono e non conosce la negazione e tende alla gratificazione
immediata di ogni desiderio. Possiamo comprendere come opera il processo primario pensando ai
nostri sogni in ci le leggi del reale e della logica non sono affatto rispettate .
L’IO : è la parte centrale della personalità e svolge una importante funzione di integrazione e
unificazione dei processi psichici garantendo l’adattamento sia interno che esterno. È in larga misura
conscio e in parte inconscio. Secondo la teoria freudiana questa istanza si sviluppa e si va
differenziando progressivamente dall’ES sotto la spinta delle esigenze di adattamento alla realtà.
All’IO spetta il compito di mediare tra le influenze contrastanti dell’ES , del SUPER-IO e della realtà
esterna. Le sue funzioni esecutive sono : l’attenzione, la percezione, la memoria, il controllo sulla
motricità e l’esame di realtà. Con il termine “esame di realtà” si indica lo strumento del principio di
realtà ossia la capacità di distinguere tra ciò che è interno e ciò che è esterno, realtà e fantasia e
quindi correggere le interpretazioni soggettive dopo averle confrontate con i dati percettivi. L’IO si
differenzia dall’ES anche per il modo di operare del pensiero, che interviene ritardando la scarica
psichica e rimandando la gratificazione (processo secondario). Un’altra importante caratteristica
dell’IO è di rispondere agli aumenti di tensione istintuale con uno stato affettivo particolare,
“angoscia-segnale”. L’angoscia è una funzione dell’IO che si attiva automaticamente in tutte le
situazioni ed esperienze nelle quali l’IO si trova a dover fronteggiare minacce provenienti dal mondo
reale o dal mondo interno,o un accumulo di eccitamento, per evitare di essere sopraffatto , l’IO ha
a disposizione una misura di protezione costituita dai meccanismi di difesa e questi meccanismi di
difesa rappresentano la parte inconscia dell’io, sono svariati e diversi a seconda dell’età evolutiva.
Il SUPER-IO : è l’istanza che esercita funzioni di critica e giudizio. Questa struttura, in parte inconscia,
si forma per derivazione dall’IO ed è la componente depositaria degli aspetti normativi. Per Freud, il
SUPER-IO nasce dalla risoluzione del complesso edipico: il bambino rinuncia ad ottenere il
soddisfacimento dei suoi desideri edipici, sia libidici che aggressivi, identificandosi con i genitori e
interiorizzandone norme e divieti. In quanto istanza normativa, il SUPER-IO può essere più o meno
severo. Le caratteristiche individuali e la qualità del suo operare non corrispondono solo alla reale
severità dei genitori, perché il SUPER-IO si plasma anche con il contributo di caratteristiche emotive
proprie del bambino e di identificazioni secondarie extra familiari.

IL FUNZIONAMENTO :
descritta la struttura dell’apparato mentale e i suoi componenti, bisogna capire il funzionamento. Si
tratta si un sistema dinamico all’interno del quale si muove e distribuisce energia psichica, variabile
qualitativamente e quantitativamente. Tale energia proviene dai bisogni pulsionali , determina uno
stato di tensione e tende ad esercitare una spinta verso la gratificazione e la riduzione della tensione.
Le pulsioni costituiscono il nucleo dell’inconscio e rappresentano un concetto al limite tra lo psichico
e il corporeo, in quanto la fonte delle pulsioni è sempre un processo di eccitamento di un organo o
di una parte del corpo. La pulsione è, dunque, una spinta istintuale che necessita di una scarica, è
innata e biologicamente determinata. Freud ipotizzò l’esistenza di 2 pulsioni: la sessuale e l’aggressiva
e chiamò “libido” l’energia propria della pulsione sessuale. In tutte le manifestazioni psichiche sono
presenti entrambe le pulsioni che vi partecipano, mescolate e fuse tra di loro, in proporzione
variabile. Le pulsioni , di per sé, sono inaccessibili all’analisi psicologica ma possiamo conoscerle e
studiarle tramite le rappresentazioni mentali ad esse relative, vale a dire i pensieri, le fantasie, i
ricordi. Per raggiungere il soddisfacimento la pulsione trova un oggetto (termine che indica
generalmente una persona----ad es. la fame determina una spinta istintuale che ha come meta la
cessazione della stessa e si realizza tramite il seno materno che fornisce il latte. La madre, per tal via,
diventa il primo oggetto, fonte di importanti gratificazioni pulsionali). Secondo Freud , l’attività
psichica è regolata da 2 principi fondamentali: il principio di piacere e la sua modifica, ossia il principio
di realtà. Il dispiacere è legato ad un aumento della quantità di eccitamento presente nel sistema,
mentre il piacere ad una diminuzione; di conseguenza lo scopo ultimo dell’attività psichica è
mantenere bassa e costante la quantità di eccitamento operante in un determinato periodo di tempo.
Il principio di piacere , che assolve questa funzione, si modifica sotto l’influenza dell’IO e delle
esigenze del mondo esterno, prendendo la forma di principio di realtà.

Il principio di realtà, a sua volta, consente condizioni di soddisfacimento dilazionato , in


considerazione delle necessità ambientai , favorendo, in questo processo di adattamento mondo
interno-mondo esterno, la nascita e l’evoluzione del pensiero e dell’azione finalizzata.
Per Freud Il passaggio tra principio di piacere a principio di realtà costituisce una tappa fondamentale
nello sviluppo dell’IO e dell’intera personalità in quanto permette di adattarsi alla realtà ma anche di
intervenire su di essa per cercare di modificarla e di trovare situazioni di soddisfacimento sicure. Il
rapporto tra principio di piacere e p. di realtà ha inoltre importanti implicazioni cliniche intervenendo
anche nel definire la differenza tra psicosi e nevrosi: una caratteristica importante del p.di realtà è
infatti rappresentato dalla capacità di compiere l’esame di realtà, ossia di distinguere tra gli stimoli
interni e quelli esterni. Questo dispositivo è compreso nelle funzioni dell’IO e permette di
discriminare ciò che è rappresentato mentalmente da ciò che è percepito.
La teoria psicoanalitica individua 2 modi di funzionamento dell’apparato psichico. L’inconscio
funziona secondo le regole del processo primario che segue il principio di piacere. Il processo primario
è una modalità arcaica di funzionamento mentale che ignora le esigenze della realtà, il tempo,
l’ordino e la logica persegue la riduzione delle tensioni psichiche e il soddisfacimento immediato.
L’energia psichica è libera e nobile perché tende alla scarica il più rapida e completa possibile.
Il sistema preconscio-coscienza segue le regole del processo secondario e risponde al principio di
realtà. In questo caso l’energia è legata , cioè controllata in quanto la scarica pulsionale e la
gratificazione possono essere differite, è acquisito il senso del tempo e il pensiero logico.
2.2.2 IL MODELLO PSICOANALITICO DELLO SVILUPPO:
Il modello evolutivo elaborato da Freud è basato sul processo di maturazione della libido ed è rivolto
allo studio dello sviluppo psicosessuale, dalla primissima infanzia alla piena genitalità. Lo sviluppo
umano è concepito come il succedersi di fasi distinte ma non ha una configurazione rigidamente
stadiale. Infatti la fase successiva non cancella quella precedente ma l’assorbe in sé. L’adulto che ha
raggiunto la fase genitale conserva aspetti caratterizzanti tutte le precedenti fasi. Ciascuna sequenza
evolutiva prende il nome da una zona del corpo, detta erogena, che è la sede di eccitazione sessuale.
Il modello proposto da Freud indica per ciascuna fase le manifestazioni prevalenti della pulsione
sessuale e le relative trasformazioni dell’apparato psichico, per cui lo sviluppo deve essere visto come
il succedersi progressivo di specifiche configurazioni dell’assetto psichico e delle modalità relazionali
umane che si organizzano attorno alla maturazione libidica. Non va dimenticato che le zone corporee
descritte da freud rappresentino la sede degli scambi più frequenti ed intensi con l’ambiente,
nell’ambito delle cure e degli stimoli che la madre fornisce al bambino.

- La fase orale : 1anno di vita, è la prima fase dell’evoluzione libidica, in cui la bocca , le labbra
e la lingua costituiscono la fonte di eccitazione e del piacere.
- La fase anale: all’incirca tra il 2 e 3 anno di vita, primato della zona erogena anale e
perianalel’espulsione e la ritenzione delle feci determinano intense sensazioni di piacere e
dispiacere e le feci stesse sono oggetto di attenzione ed interesse del bambino, acquistando
il valore simbolico di dono o di rifiuto.
- La fase fallica: 3-4 anni ,la zona erogena dominante è rappresentata dai genitali , sia perché il
pene costituisce, secondo Freud, il principale oggetto di interesse , sia per i bambini che per
le bambine. In questa fase va collocato il complesso di EDIPO che è una configurazione
relazionale conflittuale caratterizzata dall’amore per il genitore del sesso opposto e dalla
rivalità con quello dello stesso sesso. Questo conflitto genera un tipo particolare di angoscia
detta di “castrazione”. Entrambi, bambini e bambine, temono di essere puniti per i loro intensi
desideri libidici ed aggressivi, aspettandosi la disapprovazione, la perdita d’amore o qualche
forma di vendetta da parte dei genitori. Finiscono quindi per rinunciare ai desideri edipici,
mettendoli completamente da parte e controllandoli grazie ai meccanismi di difesa dell’IO. Il
declino del complesso edipico segna l’entrata nel
- Periodo di latenza: va dai 5,6 anni fino pubertà. Vede un arresto dell’evoluzione libidica e degli
interessi sessuali ed una prevalenza di aspirazioni morali e culturali.
La meta del processo evolutivo ed il suo compimento si raggiunge con la genitalità , che è intesa
come meta finale dello sviluppo psicosessuale. L’organizzazione genitale si istituisce con la
pubertà ed è caratterizzata dal primato delle zone genitali che integrano in sé le pulsioni parziali
relative alle precedenti zone erogene. Con l’acquisizione della genitalità, si raggiunge la forma
definitiva della vita sessuale.

2.3 ULTERIORI APPORTI TEORICI :


Anna Freud , figlia minore di Freud, introdusse il metodo osservativo nello studio dello sviluppo psico-
affettivo del bambino ed estese al campo dell’infanzia le teorie della psicoanalisi. Ella comprese che
i meccanismi di difesa svolgono un ruolo importante nell’apparato psichico sia in condizioni di
normalità che di patologia.
I meccanismi di difesa sono dei dispositivi psicologici inconsci che l’IO utilizza per difendersi dagli
impulsi dell’ES e dalle richieste del SUPER-IO ed impedire che l’ansia conflittuale raggiunga livelli
troppo alti. I mecc. Di difesa sono diversi a seconda della fase evolutiva (più arcaico e primitivo nelle
prime epoche di vita, o più evoluti nelle fasi successive).
Anna Freud ha poi elaborato la teoria delle linee evolutive secondo la quale lo sviluppo infantile evolve
linearmente e riguarda aree distinte e parallele, ciascuna relativa ad uno specifico settore.
Normalmente le linee evolutive procedono assieme e con una certa armonia, ma si possono creare
disarmonie evolutive. Un esempio di disarmonia evolutiva può essere dato da un bambino che
sviluppa molto precocemente alcune funzioni cognitive o linguistiche ma rimane indietro nell’area
motoria o affettiva. L’evolvere maturativo ed armonico delle linee di sviluppo rappresenta uno dei
principali obiettivi evolutivi. Inoltre la FISSAZIONE ( il vincolarsi di energie libidiche ad una data fase)
o la REGRESSIONE (intesa come il ritorno a posizioni libidiche precedenti evidenziabile nei
comportamenti del bambino), possono assumere, a seconda dei casi, una funzione adattiva o indicare
una sofferenza dello sviluppo. La distinzione tra normalità o patologia è molto sfumata e di natura
quantitativa più che qualitativa, cioè ciò che varia è il peso relativo, talvolta eccessivo, che possono
assumere le modalità fondamentali di funzionamento e di sviluppo all’interno dell’organizzazione
globale .

Contemporaneamente ad Anna Freud, Melanie Klein (1882-1960), una analista infantile , elaborò una
propria teoria detta teoria delle relazioni oggettuali. In psicoanalisi il termine “relazioni oggettuali” si
riferisce ai rapporti che il bambino intrattiene con gli “oggetti” significativi per la sua vita psichica.
Parallelamente all’evoluzione libidica, anche le relazioni oggettuali cambiano, passando da una
condizione di indifferenziazione madre-bambino a stati progressivamente più differenziati. La Klein
ipotizzò che la realtà psichica personale (mondo interno), diversa dalla realtà fisica (mondo esterno),
si forma a partire dalle primissime settimane di vita per un processo detto “introiezione”. Attraverso
tale processo la relazione reale con l’oggetto d’amore (in principio la madre), si trasforma
progressivamente nella rappresentazione mentale della relazione con l’oggetto (relazione
oggettuale) e, come tale, è immaginata essere dentro di sé. Va precisato che la rappresentazione
interna non è la fedele riproduzione della esperienza reale ma ha un carattere fantastico in quanto
deformata dalla naturale intensità dell’amore e dell’aggressività propria del piccolo bambino. La
teoria kleiniana dà importanza alle prime forme di angoscia e ai meccanismi di funzionamento
primitivi e individua configurazioni-tipo di relazioni oggettuali che definisce “posizioni”, attraverso le
quali il bambino evolve nel 1anno di vita.
Uno psicoanalista e pediatra inglese Donald W. Winniccott (1896-1971) affermò che l’individuo
matura per effetto dell’intreccio tra potenziale ereditario e cure materne e che il tipo di cure
ambientali favorisce o danneggia il dispiegamento di tale potenziale. Per Winniccott i processi
psicologici che fondano la personalità umana sono tre: integrazione, personalizzazione e acquisizione
del senso di realtà. A questo autore si devono concetti molto noti, basti pensare alla preoccupazione
materna primaria che è il particolarissimo stato di sensibilità empatica della madre nelle prime
settimane dopo il part, stato che permette alla madre di comprendere in maniera soddisfacente i
bisogni del proprio bambino, il quale, a sua volta, si trova n una condizione di dipendenza assoluta
dell’ambiente. Se l’individuo nel crescere è riuscito ad introiettare una madre che ha fornito
continuativamente sostegno e fiducia all’IO , può permettersi di trarre piacere da se stesso, dalla
propria attività mentale e di farne un’esperienza personale autentica (vero sé). Il concetto di area
transizionale definisce una modalità di funzionamento psichico intermedio tra la realtà percepita
oggettivamente e la fantasia come dimensione soggettiva dell’esperienza. Un concetto di rilievo in
campo psicopatologico definisce un tipo di assetto psichico caratterizzato dall’operare di un FALSO
Sé: Winniccott ipotizza che il bambino si possa adattare a pressioni ambientali eccessive organizzando
una personalità adesiva e compiacente, che asseconda le richieste ambientali a scapito della
espressione del potenziale originale individuale. Il concetto di FALSO Sé è importante nello studio dei
disturbi alimentari, esso uò spiegare l’adattamento all’apparenza perfetto all’ambiente, che è
descritto nella storia clinica delle anoressiche, antecedente allo scompenso clinico.
2.4 DALLA TEORIA CLASSICA ALL’APPROCCIO INTERPERSONALE:

Si è passati da approccio incentrato sulla mente personale allo studio della mente duale. Una
prospettiva duale della mente cominciò ad emergere da Winniccott grazie all’importanza attribuita
all’ambiente reale di vita del bambino e all’unicità e inscindibilità della relazione diadica e al lavoro
della Klein che aveva valorizzato le relazioni oggettuali.

A partire da ciò , un filone di ricerche successive, focalizzando l’attenzione sul sistema interattivo , ha
progressivamente esteso il campo di ciò che definiamo mente.
Secondo Bowlby (1907-1990) e la Teoria dell’Attaccamento da lui formulata, l’essere umano è
costituzionalmente predisposto a stabilire un legame emotivo con la figura che si prende cura di lui,
denominata figura di attaccamento. Mentre la teoria psicoanalitica sostiene che la relazione affettiva
con la madre è una conseguenza della spinta a soddisfare il bisogno istintuale(fame), la teoria
dell’attaccamento pone le basi del legame con la madre nei comportamenti innati di attaccamento,
finalizzati alla sopravvivenza fisica. Questo principio è derivato dall’etologia. L’osservazione del
bambino in contesti naturali di vita mette in luce l’esistenza di comportamenti innati di attaccamento,
il cui scopo è garantire la prossimità fisica all’adulto e la conseguente proiezione dai pericoli. Il legame
di attaccamento si sviluppa a partire da pattern comportamentali innati e automatici, che attivano la
vicinanza del caregiver. Ne sono un esempio i comportamenti di segnalazione (pianto,sorrisi,vocalizzi)
e quelli di avvicinamento (aggrapparsi, seguire, camminare a gattoni verso l’adulto)..
progressivamente i pattern diventano più complessi, meno automatici ed intenzionali, fino a quando
, intorno al primo anno di vita, si stabilisce un legame privilegiato con la figura di attaccamento
preferita. Cosi si stabilisce il sentimento di sicurezza che è indispensabile per lo sviluppo psico-
affettivo normale , sempre che la madre o altre figure di riferimento rispondano in modo
complementare e coerente ai comportamenti del bambino. Ponendo in primo piano l’interazione
adulto-bambino, la teoria dell’attaccamento spiega come il succedersi di stabili e costanti esperienze
interattive porti alla costituzione di MODELLI OPERATIVI INTERNI O MOI. Si tratta di modelli cognitivi
formati da rappresentazioni mentali sia delle interazioni vissute dal bambino che degli stati del sé
corrispondenti. I MOI possono essere descritti anche come gli schemi di relazioni prototipiche che
regolano il comportamento dell’individuo e le sue aspettative relazionali ed affettive in ogni
interazione significativa futura.
Sono stati individuati specifici modelli di attaccamento: sicuro, insicuro-evitante, insicuro
ambivalente, disorganizzato-disorientato. Di questi , l’attaccamento sicuro è quello che si riscontra
nei bambini che hanno potuto godere di cure adeguate. La psicopatologia derivata dalla teoria di
Bowlby è basata sull’ipotesi che forme di attaccamento patologico, come l’attaccamento insicuro-
evitante o ambivalente e disorganizzato, possano essere alla base della sofferenza psichica.
DANIEL STERN (1934-2012) ha descritto le sequenze interattive del primo anno di vita che non solo
costituiscono i primi apprendimenti sociali, ma partecipano alla formazione graduale delle
rappresentazioni mentali. Il bisogno innato di relazionarsi con gli altri costituisce una motivazione
forte e significativa, al pari della spinta alla riduzione della tensione e alla gratificazione libidica,
consentendo al bambino si svolgere un ruolo attivo e competente nelle prime relazioni significative.
All’interno di questo modello evolutivo psicopatologico si colloca il contributo teorico di PETER
FONAGY nel quale confluiscono concetti propri del cognitivismo , della teoria dell’attaccamento e
della teoria della mente. L’autore descrive lo sviluppo della mente infantile , il cui livello più maturo
è l’acquisizione della capacità di mentalizzare e della funzione riflessiva. Mentalizzare significa essere
in grado di concepire gli stati mentali propri e degli altri; cioè il bambino deve diventare capace di
attribuire il comportamento della madre a intenzioni, stati d’animo e pensieri propri della mamma in
quel momento e fare lo stesso con i propri comportamenti. Il nucleo originale del pensiero di Fonagy
sta nell’idea che la capacità di rappresentare e distinguere gli stati mentali dell’altro e di sé è
fondamentale per la vita mentale personale ed interpersonale. Il modello proposto è interpersonale
in quanto la capacità di mentalizzare si forma nell’ambito della relazione di attaccamento e matura
lentamente tra la prima e seconda infanzia , tramite una complessa interazione tra funzione riflessiva
e capacità di mentalizzare dei genitori, attaccamento sicuro, e capacità di mentalizzare del bambino
stesso.

2.5 PSICOPATOLOGIA PSICOANALITICA:


Occorre chiarire che il concetto di patologia in psicoanalisi è relativo, diversamente da quanto accade
in psichiatria. In età evolutiva si riscontrano profili strutturali più fluidi e spesso i disturbi sono
transitori o reattivi a situazioni ambientali sfavorevoli. Si possono idealmente distinguere gli approcci
psicopatologici che fanno riferimento alla teoria strutturale da quelli relativi alla teoria delle relazioni
oggettuali.
Per quanto riguarda la teoria strutturale, distinguiamo due grandi aree psicopatologiche. Fanno parte
della prima quei disturbi che si sviluppano nel contesto di una struttura mentale relativamente ben
organizzata e integrata, che ha raggiunto i principali traguardi evolutivi ma che è attraversata da forti
tensioni conflittuali. Un esempio è rappresentato dalla nevrosi, nella quale l’IO non riesce a portare a
buon fine il suo compito di conciliare il bisogno pulsionale con le esigenze della realtà e del SUPER-
IO. I sintomi sono la conseguenza del lavoro che l’apparato psichico è costretto a svolgere per
attenuare la tensione, tramite l’uso di meccanismi di difesa. Nelle nevrosi è sempre presente angoscia
, qualificata come angoscia di castrazione. I sintomi nevrotici sono il frutto del compromesso tra uno
o più impulsi rimossi e le difese che si oppongono all’ingresso di questi impulsi nel pensiero cosciente;
in quanto tali, hanno significato simbolico e sono espressioni deformate dei desideri pulsionali
contrastati.

La seconda area psicopatologica include i disturbi che riguardano una struttura con difetti di
costruzione e di integrazione armonica dei suoi componenti. Essi danno luogo a quadri clinici più
gravi. In questi casi è stato precocemente danneggiato lo sviluppo psico-affettivo in vari aspetti :
integrazione delle componenti dell’apparato, distinzione tra realtà e fantasia, costituzione dell’IO,
consolidamento del senso di sé e dell’identità. Ne risultano configurazioni psicopatogliche
diversificate e complesse ; alcuni di questi quadri definiti borderline o patologie limite sono
caratterizzati da oscillazioni transitorie tra stati di organizzazione e disorganizzazione della struttura,
debolezza dell’organizzazione dell’IO e tendenza a sviluppare angoscia pervasiva.
Capitolo 5: I DISTURBI PRECOLARI DELL’ETA’

Aspetti generali e nosografia


I numerosi disturbi dell’alimentazione e della nutrizione che si manifestano tra il primo ed il quinto
anno di vita del bambino sono denominati Feeding and Eating Discorders of Infancy and Early
Childhood (FD o DCA).

Sono considerati fattori di rischio:


a) La presenza di madri con disturbi alimentari o psichiatrici
b) Situazioni familiari, in particolare il maltrattamento
c) L’eccessiva preoccupazione della madre per l’alimentazione del bambino e per il suo peso e
anche abitudini alimentari anomale imposte ai bambini
d) Alcune patologie pediatriche e neurologiche
e) Prematurità o alterazioni dello sviluppo (ritardo mentale)
I fattori elencanti agiscono come possibili attivatori di disfunzione della relazione alimentare
bambino-caregiver [caregiver: persona che assiste, senza alcun compenso, un proprio congiunto (un
familiare, un amico..) non in grado autonomamente di svolgere gli atti necessari alla vita quotidiana
a causa dell’età, di una disabilità, di una malattia]
In questo capitolo saranno presentati tutti i disturbi inclusi nella Classificazione 0-3, due disturbi
descritti nel DSM-5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) che sono la Pica e la
Ruminazione, e altri quadri clinici di frequente riscontro nella pratica clinica.
Per le forme ad esordio prima dei tre anni facciamo riferimento alla classificazione diagnostica della
salute mentale e dei disturbi di sviluppo dell’infanzia denominata sinteticamente Classificazione 0-3
o Zero To Three, introdotta per fornire ai clinici uno strumento adatto alla formulazione di una
corretta diagnosi dei disturbi di sviluppo infantile.
La Zero To Three è un sistema di classificazione multiassiale, composto di 5 assi, che consente di
pervenire alla diagnosi clinica e di ottenere profili funzionali che coprono varie aree dello sviluppo
infantile, inclusi gli aspetti relazionali.
I disturbi dell’alimentazione sono presentati nella categoria Disturbo del Comportamento Alimentare
(DCA) e sono categorizzati sull’asse 1.

5.2 CLINICA
DISTURBI INCLUSI NELLA CLASSIFICAZIONE DIAGNOSTICA 0-3

• Il Disturbo dell’Alimentazione Legato allo stato di Regolazione: descrive le condizioni in cui il


bambino è incapace di raggiungere uno stato regolato al momento del pasto, ossia ha
difficoltà a raggiugere e mantenere uno stato di calma durante l’alimentazione (ad esempio
troppo addormentato, troppo agitato o angosciato dall’alimentazione). In breve un lattante
apprende a poco a poco che la fame o il sonno possono essere meglio soddisfatti con un dato
assetto psicologico e comportamentale. Il bambino con Disturbo dell’Alimentazione Legato
allo stato di Regolazione non regola il proprio comportamento in funzione del pasto ma lo
affronta con eccessiva eccitazione o con eccessiva irritabilità (pianto). Sono lattanti che
disorientano le madri le quali non riescono a trovare il modo giusto per allattarli. Infatti non
è infrequente che la madre si senta depressa e incapace, senza rendersi conto che il bambino
ha un modo particolare di affrontare l’allattamento.
Per questo motivo interventi terapeutici di tipo psico-educativo possono essere risolutori. Le
difficoltà di alimentazione iniziano nel periodo neonatale. Gli effetti di questo disturbo sono mancato
incremento ponderale o perdita di peso.

• Nel Disturbo dell’Alimentazione Legato alla Reciprocità Caregiver-Bambino, il bambino fallisce


nella reciprocità sociale al momento del pasto. Un osservatore può notare che il bambino ha
un ridotto contatto visivo con la madre e non risponde al sorriso o alle sue stimolazioni. La
relazione con il caregiver è disfunzionale solo al momento del pasto. (a differenza dei disturbi
alimentari dei bambini autistici dove la difficoltà ad alimentarsi si accompagna ad un disturbo
relazionale esteso a tutte le relazioni del bambino). Il bambino con questo tipo di disturbo
mostra un significativo deficit di crescita.

• L’ Avversione Sensoriale per il Cibo si sviluppa in bambini che non riescono ad adattarsi ad
alimenti nuovi per sapore, colore, e consistenza. L’esordio del rifiuto del cibo si verifica durane
l’introduzione di un nuovo tipo di cibo per esempio, il bambino beve un tipo di latte ma ne
rifiuta un altro). I bambini mostrano disgusto verso il cibo non gradito e lo rifiutano o lo
sputano mentre mangiano senza difficoltà i cibi preferiti. Si produce così una alimentazione
selettiva che comporta l’evitamento di cibi rifiutati. Tale disturbo può provocare un deficit
nutrizionale o un ritardo nello sviluppo della motricità orale.

• Il Disturbo dell’Alimentazione Associato a Condizioni Mediche Coesistenti si manifesta in


bambini che hanno malattie pediatriche. La situazione al momento del pasto è abbastanza
tipica; il bambino inizia a mangiare volentieri, successivamente mostra angoscia e rifiuta di
mangiare. L’intervento sul disturbo pediatrico non migliora in modo significativo il problema
alimentare. Si ipotizza che la malattia di base sia solo un fattore favorente l’insorgenza del
rifiuto alimentare che poi si stabilizza, esitando in un disturbo con decorso autonomo. I
bambini affetti da questo disturbo mostrano un mancato incremento ponderale e perdono
molto peso.

• L’Anoressia Infantile. La diagnosi di Anoressia Infantile secondo la classificazione 0-3 si basa


sula presenza di sei criteri: rifiuto di mangiare un’adeguata quantità di cibo per almeno un
mese; esordio del rifiuto del cibo prima di 3 anni d’età; scarso interesse per il cibo associato
al non comunicare la fame; il bambino mostra un significativo deficit di crescita; il rifiuto del
cibo non segue un evento traumatico e non è dovuto a malattie mediche soggiacenti. Questi
bambini non manifestano alcuna alterazione relazionale e sono vivaci e interessati
all’esplorazione dell’ambiente.

• Il Disturbo dell’Alimentazione Associato a Insulti del Tratto Gastrointestinale. E’conseguente


a traumatismi orali tra cui quelli legati a manovre di intubazione, ad applicazione di sonde
naso gastriche, a gastroscopie particolarmente difficoltose. Viene riscontrato come fattore
traumatico anche il vomito ripetuto. Il bambino rifiuta il biberon o il cibo solido o entrambi.
Tipica è l ‘angoscia al momento del pasto: il lattante mostra ansia intensa appena vede il
pasto, si allontana dal cibo o lo allontana, una volta introdotto il cibo non lo deglutisce. Il
pasto, evidentemente attiva il ricordo traumatico. Il rifiuto del cibo è una minaccia per
l’accrescimento del bambino ed il suo stato nutrizionale.
LE ANORESSIE AD ESORDIO PRECOCE

Oltre alla Anoressia Infantile descritta nella classificazione 0-3 sono state individuate altre forme di
anoressia ad esordio nella prima e seconda infanzia che prendono il nome di Anoressie Precoci.
Kreisler descrive due grandi tipologie di Anoressie Precoci.
La prima è definita Anoressia Comune precoce o di opposizione. Essa insorge tra sei mesi e due anni
e prevale nelle femmine. Il fattore scatenante è lo svezzamento, a partire dal quale il bambino rifiuta
in tutti i modi di alimentarsi ma continua ad assumere liquidi. La relazione bambino/madre è di
opposizione/costrizione in quanto il bambino rifiuta in tutti i modi di alimentarsi e la madre
esasperata lo forza. Il bambino non manifesta alterazione dello sviluppo pscico-fisico anzi è molto
vivace. Il disturbo può incidere negativamente sull’accrescimento ma non evolve verso un grave
dimagrimento. Il tratto oppositivo può permanere nel tempo come caratterista comportamentale del
bambino.
La seconda tipologia è denominata Anoressie Neonatali. Questi disturbi si dividono in due sottotipi.
- Una forma benigna detta “banale” in cui il rifiuto tenace del nutrimento da parte del neonato
è transitorio e si accompagna a mancanza d’appetito.
- Una forma detta “grave” che invece è caratterizzata da un diverso tratto temperamentale del
bambino che rifiuta il cibo tramite l’inerzia cioè il bambino ha scarsa o nulla suzione,
deglutizione lenta, mancanza di adattamento posturale… Questi bambini, inoltre, sono poco
vitali.
Infine vi sono Forme Secondarie quelle dovute a disfunzione della sfera oro-alimentare. I bambini
rifiutano il cibo a causa della disfunzione ma conservano integro l’appetito.
LA PICA E IL DISTURBO DA RUMINAZIONE
Due quadri clinici inclusi nella classificazione DSM-5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi
mentali) sono di frequente riscontro nella prima e seconda infanzia e sono la Pica e il Disturbo da
ruminazione. Tali disturbi possono insorgere a qualsiasi età e quindi da tenere chiaro che essi non
hanno esclusivo esordio infantile.
La Pica è caratterizzata dalla ingestione di sostanze non alimentari. Questi bambini mangiano carta,
bottoni, legno, vetro ed altri oggetti non commestibili.
Il disturbo può essere diagnosticato se il comportamento persiste per almeno un mese; se avviene a
un’età nella quale questo comportamento è inappropriato rispetto al livello di sviluppo; e se
l’assunzione di sostanze non alimentari non sia una pratica culturalmente sancita.

L’assunzione di sostanze non alimentari si riscontra anche in soggetti con ritardo mentale, con
schizofrenia e con disturbo dello spettro dell’autismo. Essa è riscontrata anche in soggetti con deficit
di ferro, calcio, zinco e vitamine B e C.
La pica può produrre conseguenze negative per l’ingestione di sostanze dannose inoltre gli oggetti
ingeriti possono arrestarsi in esofago e produrre ulteriori rischi. I bambini con pica possono rifiutare
di alimentarsi ma non perdono l’appetito e riferiscono una sensazione di dolore all’ingestione del
cibo. Dal punto di vista psicopatologico la Pica può essere interpretata in vario modo: secondo alcuni
autori sarebbe simile a disturbi del controllo degli impulsi, secondo altri il disturbo ha natura
depressiva.
Il Disturbo da ruminazione detto anche Mericismo, è caratterizzato da rigurgito e masticazione di
quanto rigurgitato. Il disturbo può essere diagnosticato se il comportamento persiste per almeno un
mese. Il disturbo non è attribuibile a malattie gastrointestinali esso inoltre non si manifesta
esclusivamente durante anoressia, bulimia …

Il mericismo in genere insorge durante il secondo semestre di vita, è quindi un tipico disturbo della
prima infanzia ma si può manifestare anche in epoche successive. Nonostante la rarità, è una
condizione che può risultare rischiosa per la vita del bambino. Il bambino, in genere maschio, fa salire
il cibo in bocca poco dopo l’inizio del processo digestivo. Il cibo è trattenuto nella bocca, masticato e
nuovamente ingoiato. Il cibo può essere anche vomitato. In genere la ruminazione si verifica quando
il bambino è solo e per questo non è facile l ‘individuazione clinica. Il sospetto diagnostico viene posto
per i segni indiretti quali vomito o il costante reperimento di materiale rigurgitati sul cuscino.
(secondo me da qui in poi è solo da leggere)

5.3 DISGNOSI DIFFERENZIALE


La diagnosi differenziale tra i DCA e altri disturbi alimentari che comportano restrizione alimentare
non è sempre facile e richiede grande esperienza clinica.
Partiamo dai disturbi della Classificazione 0-3: Un DCA legato alla reciprocità Caregiver-Bambino
differisce dai disturbi dell’alimentazione di bambini autistici (in quanto in questi ultimi la difficoltà
alimentare si accompagna ad un disturbo relazionale esteso tutte le relazioni del bambino).
Il manuale afferma che un DCA non dovrebbe essere assegnato se la diagnosi primaria è un disturbo
affettivo, un disturbo dell’adattamento, un disturbo post-traumtico da stress, un disturbo da
depravazione/maltrattamento o un disturbo della relazione. In tutti questi casi la difficoltà
d’alimentazione è un sintomo riconducibile alla diagnosi primaria.
Il Disturbo dell’Alimentazione Associato a Insulti del Tratto Gastrointestinale deve essere differenziato
da un disturbo post-traumatico da stress che si accompagna ad un’estesa e tipica sintomatologia che
va ben oltre la difficoltà alimentare. Il Disturbo dell’Alimentazione legato allo stato di Regolazione e
l’Avversione Sensoriale per il Cibo vanno differenziati dalle difficoltà alimentari che si presentano nel
contesto di un altro disturbo identificato dallo Zero-Tre: il Disturbo delle Regolazione e della
Processazione Sensoriale.
L’Anoressia Infantile è un quadro clinico molto chiaro e lo specialista dovrà essere in grado di
differenziarlo dalle altre forme 0-3 e ciò richiede una specifica esperienza clinica.
Infine ricordiamo la sindrome Failure to Thrive che qualifica i bambini al di sotto di tre anni che non
raggiungono il peso e l’altezza consone all’età. Questa diagnosi non è inclusa ancora in nessuna
classificazione DCA.
La pica può essere confusa con un DCA restrittivo una disfagia funzionale.

Infine il mericismo è difficilmente individuabile e la diagnosi differenziale con il reflusso


gastroesofageo si impone sempre

5.4 PROGNOSI

Poco sappiamo della prognosi dei disturbi della prima infanzia.

5.5 PSICOPATOLOGIA
Molteplici sono le interpretazioni psicopatologiche dei disturbi alimentari della prima infanzia essi
pur nella differenza dei paradigmi teorici adottati, concordano nel ricondurre questi disturbi ad una
qualche disfunzione della relazione alimentare e adottano una prospettiva attenta ai
fenomeni che intercorrono tra caregiver-bambino.
In questo testo adottiamo dunque una prospettiva relazionale. Proponiamo quindi di denominare
l’insieme dei disturbi alimentari psicogeni della prima infanzia come Disturbi Specifici della Relazione
Alimentare. Con questa denominazione si intende sottolineare l’origine relazionale del disturbo.
La relazione alimentare che si instaura tra madre e bambino nei primi mesi di vita è una struttura
multidimensionale organizzata in funzione dello sviluppo umano globale.
Le componenti che definiscono la relazione alimentare sono: materne; del bambino; ambientali.

Inoltre esse posso essere ulteriormente distinte in: comportamentali; affettive; fantasmatiche.
Le componenti materne sono: le componenti operative (per es. il modo in cui la mamma allatta o
prepara il cibo); quelle interattive e affettive (per es. il modo in cui risponde ai segnali del bambino
sia sul versante comportamentale che affettivo); i tratti di personalità (per es. la quota di ansia o
depressione); le produzioni fantasmatiche attivate dal pasto del bambino.
Le componenti infantili sono: l’integrità anatomico- funzionale che permette la suzione/
alimentazione; le componenti interattive; i tratti temperali; tratti costituzionali.
Le componenti ambientali sono il contesto in cui sono immersi madre e bambino.
La relazione alimentare è una struttura vulnerabile in quanto l’alterazione di una o più delle sue
componenti produce una difficoltà transitoria o un disturbo stabile. Madre e bambino hanno a
disposizione un’ampia capacità di recupero e possono superare la disfunzione transitoria. Tuttavia,
talvolta la madre e l’ambiente familiare non riescono ad adottare i dispositivi psicologici e
comportamentali atti a ripristinare l’armonia.
CAPITOLO 6 : I DISTURBI DELL’ETA’ SCOLARE
6.1 ASPETTI GENERALI E NOSOGRAFIA
I FED ad esordio tra 6-10 anni sono eterogenei sia dal punto di vista clinico che psicopatologico. Questi
disturbi non hanno ancora una soddisfacente collocazione nosografica. La presentazione clinica dei
FED della media infanzia è differente da quella dell’adolescenza.
Gran parte dei disturbi alimentari della media infanzia può rientrare nella nuova categoria diagnostica
del DSM-5 denominata Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione del cibo (ARFID). Una maggiore
precisazione diagnostica si ottiene utilizzando i Great Ormond Streat Criteria (GOS). Un’ulteriore
classificazione dei FED della media infanzia in tre gruppi è stata proposta da Bryant-Waugh:
inadeguate food intake, restricted range of food intake, avoidancedue to specific fear.

6.2 CLINICA

Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione del cibo (ARFID)


Il DSM-5 ha introdotto la categoria Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione del cibo che raccoglie
sotto un’unica denominazione varie situazioni cliniche accomunate da restrizione alimentare.
A soffrire di questo disturbo sono bambini e adolescenti incapaci di soddisfare i propri i bisogni
nutrizionali ed energetici essi infatti possono apparire come scarsamente interessati al cibo, tanto da
evitarlo per le sue caratteristiche sensoriali o per le possibili conseguenze negative del mangiare quali
vomito o soffocamento.
Per poter emettere la diagnosi di tale disturbo la difficoltà ad alimentarsi deve essere presente in
modo persistente e associarsi a uno dei seguenti aspetti:
- Significativa perdita di peso
- Significativo deficit nutrizionale
- Dipendenza dall’alimentazione parentale oppure da supplementi nutrizionali orali

- Marcata interferenza col funzionamento psicosociale.


Disturbi secondo i criteri GOS:
La classificazione GOS è stata elaborata in Inghilterra con lo scopo di raggruppare i disturbi secondo
criteri operazionali utilizzabili nella pratica clinica.
I disturbi individuati dai criteri GOS sono: Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Disturbo emozionale
con Rifiuto del Cibo, Alimentazione Selettiva, Disfagia Funzionale, Rifiuto Pervasivo. (Anoressia e
bulimia sono trattate in appositi capitoli)
Il Disturbo Emozionale con Rifiuto del Cibo (FAED).
E’stato Higgs per primo a descrivere alla fine degli anni 80 un gruppo di bambini affetti da un disturbo
emozionale con la principale caratteristica clinica di un rifiuto del cibo. Questi bambini non
rispondevano ai criteri dell‘Anoressia Nervosa pur presentando perdita di peso e rifiuto del cibo. Il
FAED venne così considerato una forma parziale di anoressia, intermedia tra tale disturbo e quello
emozionale. Questo disturbo però non si accompagna a distorsione dell’immagine corporea e né a
preoccupazione per il peso e la forma corporea.
Alimentazione selettiva
Questi bambini restringono l’alimentazione a un numero limitato di cibi e in alcuni casi anche
bevande. I cibi assunti possono essere selezionati in base alla consistenza o al sapore o alla tipologia.
L’introduzione del cibo differente da quello selezionato avviene con estrema angoscia.
L’alimentazione selettiva non compromette la crescita. Anche in questo disturbo manca la distorsione
dell’immagine corporea e la preoccupazione per il peso e la forma corporea.
Disfagia Funzionale

Si tratta di bambini che hanno paura di inghiottire, vomitare o masticare. Manifestano notevole ansia
al pasto fino al rifiuto dello stesso. Spesso il disturbo ha esordio dopo un evento precipitante, ad
esempio un episodio di soffocamento o vomito o indagini strumentali del tratto oro-faringeo. Non è
presente preoccupazione per il peso e forma corporea e né un ‘alterata percezione del corpo.

Rifiuto pervasivo
La sindrome da Rifiuto pervasivo (PRS) è molto rara ed è stata descritta per la prima volta agli inizi
degli anni 90. I soggetti che ne sono affetti rifiutano ogni tipo di alimento e bevanda e vanno incontro
ad un decadimento fisico imponente e potenzialmente letale. Il rifiuto non investe solo l’area
alimentare ma anche la vita sociale del soggetto e il suo interesse per il mondo circostante infatti vi
è un rifiuto totale di mangiare, parlare, camminare. Si ritiene che un evento traumatico possa agire
da fattore scatenante.

6.3 PSICOPATOLOGIA :
La psicopatologia dei FED ad esordio nella media infanzia è ancora non ben studiata e mal definita in
quanto ci riferiamo a soggetti il cui apparato psichico transita dall’assetto infantile a quello puberale
pre-adolescenziale. Spesso si tratta di sintomi transitori destinati o scomparire o cedere il posto ad
altre espressioni cliniche.
La classificazione GOS è utile per delineare i profili psicopatologici dei FED della media infanzia.
La Disfagia Funzionale ha le caratteristiche psicopatologiche proprio del profilo ansioso. Sono bambini
molto sensibili con profilo ansioso e sintomi ossessivi. La sintomatologia disfagica nella maggior parte
dei bambini osservati è scomparsa dopo pochi mesi di psicoterapia e ha ceduto il posto ad un disturbo
d’ansia. In sostanza si ipotizza che la Disfagia Funzionale sia da considerare il sintomo ad esordio di
disturbi d’ansia.
L’Alimentazione selettiva si accompagna a due tipi di profili. Uno propriamente fobico in cui il sintomo
assume un significato simbolico. Quando si cerca di indurre il paziente a ingerire nuovi alimenti si può
assistere ad una crisi di angoscia con manifestazioni vegetative. Una seconda tipologia è invece
piuttosto grave. Questo sintomo è stato osservato nel contesto di quadri borderline. In particolare si
è osservato bambini che mantenevano un’alimentazione con biberon anche in età scolare e il cui
contesto familiare non era in grado di promuovere il passaggio ad altro tipo di alimentazione. Tali
quadri sono determinati da complesse dinamiche individuali e familiari che hanno un inconsapevole
obiettivo nel mantenimento di un legame fusivo madre-bambino che esclude il terzo. Un tipico
indicatore diagnostico di tale dinamica è lo stato mentale del bambino durante l’assunzione del
biberon: egli assume un comportamento sognante e di ritiro.

6.4 ANORESSIA NERVOSA Early-Onset


L’esordio dell’AN avviene tipicamente dalla prima adolescenza all’età adulta, meno frequente è l’AN
ad esordio al di sotto dei 14 anni che prende il nome di Anorexia Nervosa Early Onest (AN-EO). Uno
dei principali problemi per la diagnosi di AN in soggetti prepuberi è il difficile reperimento del criterio
preoccupazione per forma e peso corporeo. La mancanza di riscontro circa la preoccupazione per
forma e peso corporeo trova almeno tre possibili ragioni: il diniego di questa dimensione, la
immaturità cognitiva fase specifica, l’inefficacia delle scale di rilevamento utilizzate. Alcune di queste
pazienti sviluppano dopo mesi dall’esordio clinico della restrizione la preoccupazione per forma e
peso corporeo. Le forme di AN-EO e quelle adolescenziali differiscono per le diverse traiettorie
evolutive che portano al disturbo. Le pazienti prepuberi hanno un’anamnesi positiva per disturbi
comportamentali, tratti narcisistici di personalità e difficoltà di separazione dalla figura materna. Fin
da bambine, queste pazienti mostrano tratti temperamentali oppositivi, inappetenza, scarso
accrescimento. Viceversa i soggetti che sviluppano AN in adolescenza hanno l’anamnesi tipiche delle
anoressiche adolescenziali. Sono state bambine compiacenti e facilmente adattabili all’ambiente. I
genitori le descrivevano come brave figlie che non hanno mai dato problemi. La rottura di questo
equilibrio coincide con la fase adolescenziale. Solo allora le ragazze mostrano oppositività e
aggressività. L’unico elemento che accomuna l’infanzia di entrambe le forme è l’attitudine al controllo
tirannico nelle relazioni.

CAPITOLO 7 : I DISTURBI DELL’ADOLESCENZA----ANORESSIA NERVOSA

L’anoressia nervosa(AN) è una delle patologie psichiatriche più frequenti in età adolescenziale ,nel sesso
femminile e nel mondo occidentale. L’AN è un disordine caratterizzato da perdita di peso indotta e/o sostenuta
dal paziente.

FATTORI DI RISCHIO riconosciuti per la patologia sono di natura temperamentale, ambientale e


genetico/fisiologico.Infatti adolescenti che praticano sport come danza o atletica e che soffrono di disturbi
d’ansia presentano un rischio maggiore rispetto ad altri.Si aggiunge ai fattori di rischio il vivere in una società
occidentale dove si esalta un corpo estremamente magro e si è costantemente insoddisfatti del proprio corpo.
I fattori di rischio per gli adolescenti maschi sembrano essere la presenza di un orientamento sessuale,obesità
pregressa, l’esercizio fisico.In genere gli adolescenti maschi sembrerebbero meno preoccupati del peso
corporeo rispetto alle donne, e più indirizzati verso un forma fisica muscolosa.

Clinica
L’AN inizia in modo subdolo, con una dieta magari per poi scegliere di saltare completamente i pasti o seguire
un’alimentazione sana(frutta, verdura, no carboidrati).
Tra i segni premonitori ci sono: il controllo eccessivo delle calorie, misurazione del peso, vomito(dopo ogni
pasto)

Il QUADRO CLINICO include

A:restrizione durevole nell’assunzione di calorie;


B: paura elevata di incrementare il peso corporeo C alterazione importante della percezione di sé
rispetto al peso e alla forma del corpo.
Il quadro comportamentale è caratterizzato essenzialmente dal tenace rifiuto di assumere cibo da
condotte tese a ridurre peso. Alcuni pazienti hanno strane abitudini alimentari come ad esempio
tagliare il cibo in pezzi piccolissimi o assumere le pietanze a “piccoli morsi”. In adolescenza è comune
il rifiuto di bere per l’opprimente paura di ingrassare, o viceversa le pazienti assumono una grande
quantità d’acqua nel tentativo di eliminare la sensazione di fame.
Le pazienti salgono le scale diverse volte al giorno, restano in piedi per lungo tempo o si impegnano a
praticare fitness o ginnastica per “bruciare” l’apporto calorico
Le condotte di eliminazione, come il vomito, sono scoperte per caso dai familiari.
Sembrerebbe che lo scopo di tali pazienti è l’autoregolazione emotiva, l’agito autolesivo, permette
infatti di fronteggiare sentimenti quali l’ansia e la depressione, la preoccupazione circa l’immagine
corporea e la tendenza alla dissociazione.

Il quadro psicopatologico si compone di una intensa paura di aumentare di peso o diventare grassi e
dall’alterato modo in cui viene vissuta la forma corporea e il peso. Il problema maggiore si riscontra
nell’incapacità da parte del paziente di riconoscere la gravità della propria condizione(chiamato anche
scarso insight) e rifiuta di modificare la condotta. L’autostima di queste ragazze dipende fortemente
dal loro peso.
Comunicare con una ragazza anoressica può essere difficile, tendono ad essere riservate e brusche.
Al contrario le ragazze bulimiche sono tendenzialmente loquaci.
I sintomi fisici ed i segni. Le pazienti sono emaciate, le ossa prominenti, le costole sporgenti.

In adolescenza si può avere amenorrea primaria (riguarda tutte le donne che non hanno ancora avuto
il primo ciclo mestruale) e secondaria(si manifesta con l'interruzione delle mestruazioni per almeno sei
mesi consecutivi in una donna con il ciclo regolare).Segni indiretti del vomito possono essere ipertrofia
delle ghiandole salivari, erosione dello smalto dentario e il “segno di Russell” che consiste nella
presenza di una callosità sul dorso della mano da ripetuto sfregamento contro l’arcata dentaria. Per
quando riguarda ulteriori complicanze mediche dell’AN ritroviamo: anemia, caduta di capelli, fragilità
delle unghie, bradicardia, ipotensione, dolori addominali ecc…

ASPETTI NEUROPSICOLOGICI :

Una serie di deficit neuropsicologici sono stati associati con l’AN e sono: la tendenza alla focalizzazione
sui dettagli a scapito dell’immagine più ampia o la forma, distorsione relativa all’immagine corporea,
rigidità del pensiero, comportamenti rigorosi riguardo l’alimentazione, perfezionismo, disturbi della
flessibilità cognitiva.
Secondo alcuni studi esisterebbe una correlazione tra la genesi dell’AN e i fattori genetici(ad esempio
una storia familiare positiva per l’AN).Dal punto di vista dei neurotrasmettitori, la serotonina è
coinvolta nella regolazione del peso corporeo e gioca un ruolo fondamentale nella sazietà post-
prandiale. Un’aumentata attività della dopamina è stata associata a numerosi sintomi dell’AN quali
repulsione del cibo, perdita di peso, anomalie mestruali ecc..

Diagnosi:
La disgnosi è di solito effettuata seguendo i criteri diagnostici del DSM-5(A:restrizione durevole
nell’assunzione di calorie, B paura elevata di incrementare il peso corporeo C alterazione importante
della percezione di sé rispetto al peso e alla forma del corpo.)Il parametro di misura, utile ai fini clinic,
è per gli adolescenti il percentile dell’IMC(indice di massa corporea. Anoressia lieve imc < 17, moderata
<16-16,99, grave <15-15,99, estrema <15.

DECORSO
il decorso clinico è estremamente variabile e vi sono casi di remissione completa dopo un singolo
episodio ma più frequentemente si assiste ad un decorso cronico con la presenza di una o più recidive
nel corso degli anni. I pazienti necessitano di trattamenti ambulatori o di ricoveri in ospedale.

COMORBIDITA’ PSICHIATRICA
L’AN è in stretto rapporto con altre condizioni psichiatriche.Il DSM-5 prevede il sistema di comorbidità,
ovvero la possibilità di associazione di due o più diagnosi cliniche non incompatibili tra di loro.Nelle
pazienti anoressiche una prevalenza del 20-60% di un disturbo d’ansia, in tal caso bisogna distinguere
tra le paure legate al peso e al corpo e le più generali agorafobia, disturbo di attacco di panico, ansia
generalizzata, disturbo post-traumatico da stress.Gli adolescenti con AN spesso hanno sofferto di
difficoltà del sonno e ansia da separazione durante l’infanzia.L’AN è associata anche ad alterazioni dello
stato emotivo, del comportamento o delle modalità di relazione.
pertanto se si assume che i comportamenti alimentari disfunzionali sono strategie per evitare,
sopprimere o regolare gli effetti(della psiche e del corpo)
Altre dimensioni da valutare in associazione con l’AN potrebbero essere l’irritabilità/impulsività, le
condotte auto lesive, l’ideazione suicidaria e l’uso di sostanze, il perfezionismo, il tema del controllo
ecc…

Capitolo 8
I DISTURBI DELL'ADOLESCENZA: BULIMIA NERVSA E DISTURBO DA BINGE-EATING

BULIMIA NERVOSA
ASPETTI GENERALI E NOSOGRAFIA

La bulimia nervosa è uno dei quadri di disturbo della Nutrizione e dell'alimentazione(FED)più


frequente, la cui insorgenza si colloca tipicamente in adolescenza. Essa ha una storia più recente
rispetto all'anoressia nervosa, è apparsa infatti nel DSM 3 nel 1980.
La sua prevalenza nella popolazione interessa gli adolescenti intorno ai 16-17 anni, femmine e
soprattutto si registra una prevalenza maggiore nella razza bianca.
CLINICA
La bulimia nervosa è caratterizzata da “crisi bulimica o abbuffata”, che prevedono da parte del
paziente di ingerire in un periodo di tempo definito(es due ore) una quantità di cibo significativamente
maggiore di quanto la maggior parte delle persone ne assumerebbe in circostanze simili; inoltre deve
essere presente una situazione di perdita di controllo.
Le crisi bulimiche avvengono più spesso in solitudine e continuano il soggetto si sente sgradevolmente
pieno; sul piano emotivo è presente un'affettività negativa(come sentimenti depressivi, senso di
colpa, sentimenti di solitudine).
Un ulteriore punto da approfondire è il concetto di “comportamento compensatorio”, quello più
comune in adolescenza è il vomito, dove le dita spesso sono usate per provocarlo. Ulteriori
comportamenti per controllare il peso sono l'attività fisica inappropriata ed eccessiva.
I comportamenti compensatori sono messi in atto dal soggetto per paura di ingrassare ma anche
svolgono un ruolo” patologico” di “regolatori dell'affettività”.
Infatti gli effetti negativi aumentano prima del comportamento compensatorio e diminuiscono dopo.
Il decorso è cronico od intermittente, con fasi di esacerbazione e fasi di remissione dalle crisi
bulimiche.
Di difficile valutazione il concetto di guarigione, ma si stima che in una buona percentuale(48% e 71€)
possa avvenire la remissione.
Le tappe verso una possibile guarigione sono inizialmente la riduzione della frequenza delle crisi.

COMPLICANZE MEDICHE:la pazienti bulimiche si presentano per la gran parte normopeso o


lievemente sovrappeso con indice di massa corporea tra >18.5 < 30.
Le alterazioni più pericoloso riguardano il sistema cardiovascolare (ipomagnesia, ipofosfatemia).
Spesso si assiste a una riduzione della frequenza cardiaca, ipotensione, aritmie, anomalie
nell'elettrocardiogramma ,cardiomiopatie.
Per quanto riguarda le complicanze gastrointestinali troviamo: reflusso gastroesofageo, ridotto
svuotamento gastrico, ematemesi, esofagiti e in casi estremi rotture esofagee o gastriche. Altri sintomi
molto frequenti possono essere dermatologici(segno di Russell, callosità sul dorso della mano dovute
alle ferite indotte dal vomito) ,dentali(erosione), endocrini(ingrossamento ghiandole salivali, ridotta
funzionalità tiroidea), renali(disidratazione)
PER DIAGNOSI VEDI CAPITOLO SULLA VALUTAZIONE.

CARATTERISTICHE TEMPERAMENTALI E PSICOLOGICHE:

Tutti i pazienti che soffrono di DCA presentano tratti di personalità che vanno considerati come fattori
psicologici antecedenti al disturbo.
Ritroviamo una affettività rivolta in senso ansioso-depressivo, con sentimenti di bassa autostima,
insoddisfazione ed insicurezza. Un aspetto comune sia dell'anoressia nervosa che della bulimia
nervosa è una globale difficoltà nella regolazione degli stati affettivi.

COMORBIDITA' PSICHIATRICA:

Nel 50-70% degli adolescenti bulimici si osserva un disturbo dell'umore, associato al 66% dei casi da
un disturbo d'ansia(in particolare fobie specifiche, fobia sociale ecc)
Oltre i disturbi depressivi e di ansia, tipicamente chiamati disturbi internalizzati,, le recenti ricerche
mettono in relazione il disturbo da deficit dell'attenzione e iperattività(DDAI) con la bulimia nervosa.
L'abuso di alcol e droghe è presente nel 20% dei pazienti.
Molto elevato è il tasso di suicidalità: circa la metà delle pazienti bulimiche dice di aver pensato al
suicidio, quasi un terzo di averci provato; molto frequente è il tasso di autolesionismo.
Il disturbo della personalità maggiormente associato alla bulimia nervosa è il disturbo di bordeline
della personalità. Una comorbidità molto interessante è quella con uno specifico disturbo dell'umore
di tipo bipolare, caratterizzato da alterazione dell'umore, si passa dall'euforia alla depressione.

DISTURBO DELL’ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA

ASPETTI GENERALI E NOSOGRAFIA

Il disturbo dell'alimentazione incontrollata (DAI) è un disturbo psichiatrico caratterizzato dalla


presenza di crisi bulimiche o abbuffate ricorrenti, cui non succedono, come nella bulimia,
comportamenti compensatori.
Anche in questo caso ad un'abbuffata( si mangia velocemente, enormi quantità di cibo, di nascosto
per l'imbarazzo) segue la sensazione di perdita di controllo. Ci si sente profondamente disgustati da
se stessi ed è presente un marcato disagio riguardo le abbuffate. Non sono presenti condotte
compensatorie.
Essendo una diagnosi relativamente “nuova” la ricerca clinica e psicopatologica è notevolmente
ridotta rispetto agli altri disturbi del comportamento alimentare.
L'età di esordio può essere collocata su due picchi di insorgenza ,tra i 13-19 anni(esordio
adolescenziale) e i 25-30(esordio età adulta).La prevalenza è maggiore nel sesso femminile,
ma il rapporto maschio femmina è di 1/6.
Il DAI sembra essere molto comune in gravidanza e nel periodo post-partum.

CLINICA
Non essendoci comportamenti compensatori la prima caratteristiche del DAI è l'obesità o il
sovrappeso. Il rapporto con l'obesità è complesso, perchè pur essendo essa un possibile antecedente
ed una conseguenza del disturbo, i due disturbi non devono essere confusi(l'obesità ad oggi non è
riconosciuta come diagnosi psichiatrica);difatti il DAI si differenzia per numerose caratteristiche
cliniche(la presenza di crisi bulimiche),psicopatologiche(sensazione di perdita di controllo) e
neuropsicologiche(ridotto controllo inibitorio, problem solving deficitario).
La caratteristica psicopatologica e clinica cruciale del DAI è l'alimentazione con perdita di
controllo(loss control of eating).
Affetti depressivi, di insicurezza e bassa autostima sono spesso associati al DAI.
Inoltre si riscontra un rivelante deficit nel riconoscimento e nella regolazione emotiva, con aspetti di
alessitimia( difficoltà a identificare le emozioni) ed elevati problemi interpersonali.
Le complicanze mediche più tipicamente associate al DAI sono tutte quelle legate alle crisi bulimiche
con associate le complicanze dell'obesità(es riscontro del diabete, ipertensione, ipertrigliceridemia,
fino a scompenso cardiaco e malattia ischemica. La mortalità del disturbo è sicuramente legata alla
severità delle complicanze mediche dovute all'obesità e alla suicidalità.

COMORBIDITA' PSICHIATRICA:

Il DAI è spesso associato con disturbi dell'umore(40%) disturbi d'ansia(30%) abuso di alcol e
sostanze(25%)disturbo di deficit dell'attenzione e iperattività(10%),il 34% dei pazienti presenta
ideazione suicidaria.

CAP.9 :PSICOPATOLOGIA DEI DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE IN ADOLESCENZA


9.1. ASPETTI GENERALI

L’adolescenza è una fase di sviluppo particolarmente esposta al rischio psicopatologico in quanto si


accompagna ad un processo caratterizzato da rapidi cambiamenti psico-fisici.
Il processo che porta al DCA può essere così descritto: un ragazzo/a con una configurazione di
personalità a rischio non ha a disposizione un apparato mentale atto a far fronte ai compiti evolutivi
dell’adolescenza, si sviluppa quindi un disturbo clinico caratterizzato da una regressione all’infanzia
e da sintomi che recano l’impronta adolescenziale del conflitto.
9.2. PSICOPATOLOGIA
L’origine del disturbo anoressico va ricercato in un difetto della struttura mentale che si è prodotto
entro i primi tre anni di vita, difetto causato da una carenza di quei processi mentali indispensabili
per creare il primo nucleo identitario che si accompagna ad un legame fusivo con la madre.
Nell’infanzia nulla traspare poiché l’apparato mentale organizza una difesa, mentre nell’adolescenza
la dipendenza dall’oggetto primario produce un sintomo che vuole essere atto di indipendenza e
creazione di un’altra da sé ma nei fatti rende l’adolescente dipendente oltremodo dal cibo.

L’AN è una patologia interpersonale, non solo individuale e ciò spiega perché qualsiasi percorso di
cura per i DCA ottenga migliori risultati se prevede anche il lavoro con i genitori.
Anche per la bulimia non è possibile ricondurre il disturbo ad un unico profilo psicopatologico e
bisogna tener conto dello sviluppo e del grado di organizzazione della personalità raggiunto.

In alcuni casi riflette un conflitto legato a problematiche adolescenziali, in altri comportamenti di


dipendenza come l’anoressia.
La sostanziale differenza tra anoressia e bulimia sta nel fatto che alla bulimica manca il rigore e
l’autodeterminazione del rifiuto anoressico.

Il disturbo sembra girare attorno alla difficoltà a trattenere l’oggetto-madre: le bulimiche


sperimentano una relazione materna angosciante ma soprattutto schiacciante che rinforza un senso
di insuccesso e autosvalutazione.
9.3. PSICOPATOLOGIA DEI DCA MASCHILI

I DSA che si manifestano nei maschi sono stati poco studiati. I DCA maschili sono per molti aspetti
simili a quelli femminili ma ne differenziano anche.
Uno degli aspetti specifici è la particolare apprensione dei soggetti per la propria massa muscolare.
Inizialmente gli esercizi fisici sono iniziati per pratica salutistica, poi si innesca il circolo vizioso che
porta alla denutrizione.
Un altro aspetto riguarda l’identità di genere.
Cap. 10 Il processo di valutazione
10.1. aspetti generali
Il processo diagnostico include la valutazione del disturbo psichico e delle sue conseguenze
nutrizionali.
I FED ricadono a pieno titolo tra i disturbi mentali; per pervenire alla diagnosi in neuropsichiatria
infantile si eseguono delle valutazioni:
anamnesi: ricostruzione della storia clinica ,osservazione clinica,
esame obiettivo: rilevamento sintomi psichiatrici e fisici
valutazione psicodiagnostica: definizione del profilo psico-affettivo

esame neurologico: esclusione di sintomi neurologici


esami bioumorali e strumentali: valutazione di patologie fisiche o neurologiche e dei danni biologici
del FED
esami strumentali: valutazione di patologie fisiche o neurologiche

• Il termine diagnosi assume significati diversi a seconde della teoria di riferimento. In genere
si distingue tra due tipi: la diagnosi codificata propria dell’approccio psichiatrico che si avvale
di strumenti come il DSM, e la diagnosi psicopatologica che si propone di descrivere il
funzionamento mentale in tutte le sue componenti*

Si distinguono due tipi di valutazione:


- V. neuropsichiatrica standard per descrivere e quantificare le alterazioni del comportamento
alimentare, le preoccupazioni per il peso e la forma del corpo, le componenti depressive e
ansiose
- V. dinamico-strutturale volta a ottenere un profilo di tutte le componenti, alterate e non

10.2. L’ESAME PSICODIAGNOSTICO

Processo attivo e complesso, primo passo di una valutazione di un bambini/adolescente che lamenta
un DCA. Presenta una struttura formale, a cascata, caratterizzata da una successione di prove e
approfondimenti.
10.3. PROTOCOLLO PSICODIAGNOSTICO IN ETA’ EVOLUTIVA
10.3..1. L’ANAMNESI

È la raccolta dei dati che si riferiscono alla storia familiare e personale del paziente. Essi riguardano i
principali tratti di personalità, gli interessi, la scolarizzazione ecc .in particolare con riguardo ai FED si
fa riferimento:
-presenza di fattori di rischio specifici

- storia alimentare dalla prima infanzia e storia pediatrica


-abitudini alimentari precedenti e attuali

-presenza di condotte di rifiuto e/o abbuffate


-relazioni sociali e scolarizzazione
10.3.2. L’OSSERVAZIONE
Di tipo naturalistico che ha per oggetto il bambino o la relazione madre-bambino, genitori-bambino.
Osservazioni durante il gioco o il pasto. Si possono registrare le informazioni in corso di osservazione
o dopo, può riguardare singoli aspetti prefissati o essere libera.
10.3.3. LE SEDUTE DI GIOCO E IL COLLOQUIO CLINICO
Al bambino è proposto di giocare o disegnare. Si osserverà la capacità del bambino di esprimere i
propri contenuti mentali, in che modo e se stabilisce una relazione con l’altro. In adolescenza si
ricorrerà a colloqui liveri o semidirettivi
10.3.4. IL LAVORO CON I GENITORI
Primo obiettivo dei colloqui è la raccolta anamnestica, poi si esplorano la funzione genitoriale e le
dinamiche di coppia. Gli incontri dovrebbero essere almeno tre. In adolescenza è necessario il previo
assenso dell’adolescente
10.3.5. I TEST PROIETTIVI
Si suddividono in prove grafiche, tavole disegnate … il soggetto è chiamato a disegnare liberamente
su un foglio bianco e/o a descrivere o a raccontare una storia ispirata all’immagine rappresentata
nelle tavole.
Troviamo:
-prove grafiche, utili per conoscere gli aspetti più intimi dei soggetti in modo poco intrusivo. Esse
sono:

° il test dell’albero: interpretazione del disegno di un albero. L’albero rappresenterebbe una


proiezione inconscia del bambino che lo disegna. L’età consigliata è di almeno 4 anni. Sono
fondamentali due momenti, quello dell’osservazione dell’aspetto totale del grafico e l’analisi delle
varie caratteristiche
° il disegno della persona (DAP): si chiede al bambino di disegnare una persona, inconsciamente
rappresenta se stesso, la proiezione del suo io ideale o una figura significativa. Poi si chiede al
bambino di disegnare una figura di sesso diverso dalla prima, in questo modo si conoscono gli
atteggiamenti del bambino verso la propria sessualità
-Reattivi proiettivi:

° CAT (CHILDREN’S APPERCEPTION TEST): per i bambini dai 3 ai 10 anni, è costituito da 10 tavole con
disegni di animali. Il bambino una volta osservate le tavole è chiamato a creare una storia per ognuna.
Da queste storie si ottengono informazioni sull’affettività, il rapporto con adulti e coetanei, le reazioni
di fronte ai conflitti
° TAT (THEMATIC APPERCEPTION TEST): per i bambini dai 10 anni in poi, è composto da 31 tavole con
immagini dal significato ambiguo, 11 vengono utilizzate per tutti i soggetti e 20 sono specifiche per
età e genere. Sono rappresentate scene di vita con uno o più personaggi, in vari luoghi
10.3.6. I TEST DI LIVELLO
Così definiti perché confrontano i punteggi del soggetto con quelli della popolazione generale. Sono
test intellettivi, troviamo:
-WPPSI III (WECHSLER PRESCHOOL AND PRIMARY SCALE OF INTELLIGENCE): 14 subtest, verbali, di
performance e di velocità. Diviso in due fasce d’età: 2-3 anni e 4-7 anni
-WISCIV (WECHSLER INTELLIGENCE SCALE FOR CHILDREN): valuta le capacità cognitive
-MATRICI PROGRESSIVE: misurano l’intelligenza non verbale dall’infanzia alla maturità

10.3.7. LE SCALE DI VALUTAZIONE


Troviamo:
-SCOFF (SICK, CONTROL, ONE, FAT, FOOD): test di autovalutazione con 5 domande
-EAT 26: somministrabile dai 14 anni e la versione CH-EAT tra gli 8 e 14 anni. 26 domande che svelano
l’atteggiamento verso il cibo e il peso
-EDI 3 (EATING DISORDER INVENTORY): 91 domande per soggetti con età superiore ai 12 anni per
analizzare sintomi e caratteristiche di anoressia e bulimia
- BUT (BODY UNEASINESS TEST): scala di autovalutazione divisa in 4 aree, insoddisfazione per corpo
e peso, comportamento di evitamento e controllo compulsivo, vissuti di distacco e estraneità al
proprio corpo, preoccupazioni specifiche per determinate parti
-CBCL (CHILD BAHAVIOR CHECKLIST): somministrato a genitori e/o insegnanti
10.4. LA PROSPETTIVA STRUTTURALE

Un processo pasicodiagnostico per essere serio, completo ed esaustivo deve evidenziare non solo la
presenza/assenza del rifiuto ma anche i meccanismi di difesa, il funzionamento cognitivo del
soggetto, la descrizione della personalità.
10.5. LA VALUTAZIONE DELLA RELAZIONE ALIMENTARE
L’osservazione durante il pasto è il metodo classico di valutazione. Si ricorre a varie tecniche quali:

-osservazione dell’interazione madre-figlio durante l’alimentazione. Utilizzata per i bambini tra un


mese e tre anni. Costituita da osservazioni registrate di venti minuti
-CEBI: tra i 2 e 12 anni, 40 domande che esplorano i comportamenti dei bambini e dei genitori e
l’interazione tra i membri della famiglia

-BPFAS: tra i 9 mesi e 8 anni, due sezioni, una per il bambino ed una per la madre
-CEBQ: dai 2 ai 7 anni
- THE MONTREAL CHILDREN’S HOSPITAL FEEDING SCALE: dai 6 mesi ai 6 anni, le domande riguardano
tre domini: orale-motorio, orale-sensoriale; appetito.

capitolo 12: IL TRATTAMENTO.


Psicopatologia dei disturbi del comportamento alimentare dell' età evolutiva.

Ci sono una serie di principi da dover considerare nell' applicazione della psicoterapia dei DCA (
disturbi del comportamento alimentare):

• Flessibilità e duttilità nell' uso degli strumenti tecnici messi a disposizione;


• il progetto terapeutico deve essere "a misura del paziente", ovvero, rispondere ai criteri
generali di cura del DCA e in riferimento ad ogni singolo caso;
• Nei casi gravi di Anoressia e possibile adoperare tecniche psicoterapeutiche adatte allo stato
mentale del paziente e della famiglia;
• Nell' Anoressia gli obiettivi a breve/medio termine sono:

- ripristino delle condizioni fisiche e degli standard nutrizionali accettabili,


-modifica dei fattori psicologici personali e/o familiari che favoriscono il mantenimento del
disturbo.

• In età evolutiva, la tecnica del trattamento utilizzata deve variare in base all' età;

Psicoterapie per l' età prescolare.


I disturbi della nutrizione e alimentazione della prima e della seconda infanzia hanno origine
in una disfunzione della relazione alimentare avviata da un genitore o da entrambi.; Pertanto
l'oggetto del trattamento può essere dato dalla coppia madre-figlio, dall' insieme
madre/padre/bambino o addirittura dal coinvolgimento dell' intera famiglia. In merito a cio',
spesso, vengono utilizzate anche terapie di gruppo per i genitori e fra le stesse vogliamo
ricordare:

• Trattamenti ad orientamento comportamentale: mirati a modificare i comportamenti


materni inappropriati nell' alimentare il bambino o in risposta ai comportamenti dello
stesso.
• Trattamenti ad orientamento psicoanalitico: i quali considerano la dimensione
intersoggettiva, ovvero il funzionamento mentale prodotto da due o più persone in
relazione tra loro.
• Trattamenti ad orientamento familiare: basati sul coinvolgimento della famiglia in
programmi che mirano a modificare il sistema di relazioni familiari che può facilitare o
sostenere il disturbo.
Psicoterapie applicate dalla terza infanzia all' adolescenza.
Le psicoterapie utilizzate con pazienti di età compresa tra i sei anni e l' adolescenza sono forme di
trattamento derivate dai principali modelli teorici; Ricordiamo dunque fra queste:

• Psicoterapie ad orientamento cognitivo comportamentale ( Cognitive Behavior Therapy (CBT))


: Trattamento terapeutico prevalentemente applicato sulle adolescenti anoressiche che mira
a modificare nelle pazienti la percezione relativa alla forma e al proprio peso corporeo ( durata
variabile, più o meno intorno all' anno e gestito mediante sedute settimanali).
• Psicoterapia ad orientamento Sistematico - Familiare; " Family Therapy" (FT) : Si propone di
modificare le relazioni familiari per superare lo stallo evolutivo familiare e modificare l' assetto
rigido della famiglia. ( sedute familiari affiancate da sedute individuali).
• Family Based Psychoterapy ( FBT) : Parliamo di un trattamento che mira alla ri-alimentazione
del paziente usando la famiglia come promotrice del piano terapeutico. L' FBT opera un
capovolgimento concettuale rispetto alla TF "classica" perché non considera la disfunzione
delle relazioni familiari come la causa del disturbo. La famiglia diventa. di conseguenza, risorsa
e contemporaneamente agente terapeutico per il paziente . Tale trattamento manualizzato
da Lock è strutturata in tre fasi successive:

- "refeeding ": fase in cui si abolisce la convinzione che sia stata la famiglia a causare il sintomo,
mettendo in luce le risorse per combatterlo.
- La seconda fase si concentra sugli aspetti psicologici della malattia e le conseguenze sulla vita
sociale personale e familiare.
- La terza fase ha l' obiettivo di far acquisire al paziente la piena autonomia di gestione del disturbo
e anche rispetto alla famiglia.

Psicoterapie ad orientamento psicoanalitico (PDP).


Derivando dal modello psicoanalitico, questa categoria di terapie mira alla modifica e all'
integrazione di vari aspetti della personalità; nella famiglia si propone di modificare tutte quelle
dinamiche disfunzionali inconsce e consce e può essere strutturata in modo individuale, di
coppia, familiare, di gruppo, madre-figlio.

Interpersonal Psychotherapy (IP).


E' una forma di psicoterapia di breve durata che viene applicata con successo alla cura della
depressione maggiore; Generalmente, con questa terapia si cera di curare i disturbi psichici dell'
infanzia e quelli che maggiormente si fanno spazio durante l' adolescenza.

Valutare l' efficacia della psicoterapia .


Tre sono gli aspetti da tener in considerazione per garantire l' efficacia di un processo terapeutico:
• "Cosa valutare" - definire il fulcro sul quale concentrarci;
• "Come valutare" - scegliere un metodo con il quale dirigere lo studio sperimentale;
• "Tenere presente la 2 variabilità delle tecniche psicoterapeutiche" e dunque la
disomogeneità dei trattamenti.

LINEE GENERALI DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO IN ADOLESCENZA.


L' avvio di un trattamento farmacologico in neuropsichiatria infantile è un processo e quindi non va
intesa come una mera prescrizione ambulatoriale; Sono dunque necessarie una buona alleanza
terapeutica con paziente e famiglia e un approfondito quadro generale da parte del medico
specialista, partendo proprio dalla considerazione dei vissuti del pazienti alle numerose variabili che
intercorrono nella problematica in questione.

L'uso della farmacologia in età evolutiva deve tener conto dello sviluppo psico-fisico del paziente ma
anche degli aspetti metodologici più specifici, quali, il dosaggio, la strategia di titolazione , il tipo di
monitoraggio e i possibili effetti avversi.

Anoressia nervosa.
Nel trattamento del AN vengono particolarmente utilizzati antipsicotici che agiscono sui ricettori della
dopamina bilanciando l' ipertono dopaminergico ; In senso psicologico, in questi termini, l' anoressia
nervosa viene intesa come un disturbo del pensiero di tipo delirante che incide primariamente sul
corpo. I risultati di tutte le metanalisi hanno evidenziato che non esiste una differenza significativa
tra l' uso degli antipsicotici e del placebo, soprattutto sul peso corporeo e sui sintomi di restrinzione
alimentare. Dunque si comprende in questi casi che il ruolo di questi antpsicotici è molto ridotto se
non addirittura nullo; In sintesi l'uso degli antipsicotici atipici non può essere considerato come
routinario nella gestione delle pazienti anoressiche, soprattutto in adolescenza, ma può essere
riservato ad un sottogruppo di pazienti con caratteristiche specifiche .

Bulimia nervosa.

Rispetto all' An è stata riscontrata l' efficacia dei risultati dati trattamenti farmacologici applicati nei
casi di BN; Ad esempio l' uso di "triciclici" produce una notevole riduzione dei sintomi dei abbuffate.
Il farmaco piu studiato nel trattamento della BN è la Fluoxetina con un dosaggio di 60mg al giorno
associata ad una terapia di supporto.

Capitolo 13: EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE.


I disturbi del comportamento alimentare sono una della patologie psichiatriche più diffuse nel sesso
femminile e si accompagnano ad un elevato rischio di cronicizzazione , ricadute , suicidio e ad altri
disturbi psicopatologici quali ansia e depressione. In età evolutiva i dati epistemologici sono incerti e
questo è dovuto alla molteplicità di diagnosi generalizzate fatte in infanzia e in adolescenza. Nella
prima infanzia, ad esempio, il 30/40% di bambini presenta qualche tipo di problematica relativa al
comportamento alimentare e spesso tali problemi risultano essere transitori, tuttavia sembra
mancare una buona guida clinica che permetta di distinguere i casi rilevanti da quelli passeggeri.

Prevenzione.
La prevenzione dei DCA è un compito arduo poiché i fattori di rischio e di diffusione di queste
patologie sono difficili da contrastare. L' eziopatogenesi dei DCA è infatti considerata di tipo
multifattoriale. I fattori individuali racchiudono infatti: la bassa autostima difficoltà nella regolazione
delle emozioni, presenza di ascetismo e di paure in relazione alla maturazione psicologica. E' evidente
che alcuni fattori genetici come la vulnerabilità non possono essere modificati, per cui i programmi
di prevenzione devono concentrarsi maggiormente su quelli modellabili come i fattori psicologici e
quelli ambientali. In Italia, il Ministero della Salute in collaborazione con il Ministero della Gioventù
ha sperimentato un programma di prevenzione chiamato : " Le buone pratiche nella cura e nella
prevenzione dei disturbi alimentari "che ha individuato quattro aree di interesse sociale legate sia al
mondo giovanile che al fenomeno dei disturbi del comportamento alimentare. L' area principalmente
coinvolta nel programma è stata la SCUOLA nell' intento di intervenire sulla diffusione di una
maggiore conoscenza delle problematiche dei DCA, sul potenziamento delle capacità nel riconoscerli
e sull' acquisizione degli strumenti necessari per essere capace di modificarli. Ancora sono state
coinvolte le aree dello SPORT ( in quanto l' attività sportiva sembra essere stata riconosciute come
un canale per spendere energie e quindi come fattore di rischio dei DCA); La DIET-INDUSTRY (
mercato dei prodotti alimentari p per le strategie di impiegate per la perdita di peso e per la modifica
delle proprie forme corporee); e il mondo dei MASS MEDIA ( sensibilizzazione circa i messaggi diffusi
dai mezzi d' informazione sui DCA).

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