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DELL’Età EVOLUTIVA
CAPITOLO 1 : I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE DELL’Età EVOLUTIVA
1.1 GENERALITà:
Le difficoltà alimentari in età evolutiva sono frequenti e spesso transitorie, ma alcune possono
tradursi in un disturbo del comportamento alimentare. Almeno il 24-25% dei bambini con
sviluppo nella norma e l’80% dei bambini con una qualche forma di alterazione dello sviluppo
manifesta un problema alimentare. Di questi una piccola parte ha un FEDING AND EATING
DISORDER (FED) cioè un disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione. Purtroppo i dati
epidemiologici sui bambini di età inferiore a 13 anni sono insufficienti e , per quanto riguarda la
prima infanzia sono quasi del tutto assenti, perché è arduo selezionare campioni composti di soli
bambini con FED, a causa della dispersione dei casi tra ambulatori pediatrici e di psichiatria
infantile. Per comprendere le cause sui FED dell’età evolutiva adottiamo un modello complesso
e ipotizziamo che i FED siano esito dell’interazione tra fattori biologici e ambientali. La letteratura
indica che la presenza di ascendenti (in particolare la madre) e collaterali con disturbi del
comportamento alimentare è fattore di rischio. Altri fattori di rischio sono i tratti temperamentali
del bambino (ad es. l’oppositività) o della madre (ad es. eccessiva ansia). Le malattie pediatriche
che si accompagnano a ridotta alimentazione, vomito e scarso accrescimento possono favorire
l’insorgenza dei FED.
1.2 LA DIMENSIONE EVOLUTIVA:
l’età evolutiva è il periodo della vita in cui l’essere umano è sottoposto a veloci cambiamenti fisici
e psicologici che lo portano da forme più immature di organizzazione a forme progressivamente
più mature. A differenza dei disturbi dell’adulto quelli che insorgono tra la prima infanzia e
‘adolescenza riguardano un individuo in rapida evoluzione. Come il corridore di una gara, il
bambino deve raggiungere il proprio traguardo che si concretizza nel miglior dispiegamento
possibile del suo potenziale evolutivo, modellato dall’interazione con il contesto. Le
caratteristiche della dimensione evolutiva :
- Il disagio psichico si manifesta a ogni età come può, in relazione alla fase evolutiva
attraversata e al grado di maturazione dell’apparato mentale. Ne consegue che la morfologia
clinica assunta da una data entità psicopatologica cambia con l’evolversi dello sviluppo.
- I sintomi sono “datati”. Essi si manifestano per la prima volta secondo un “calendario” dettato
dal grado di maturazione. I sintomi della prima infanzia hanno espressione somatica (sintomi
psicosomatici) o motoria. Dalla seconda infanzia cominciano a rendersi evidenti sintomi
comportamentali , le fobie e tratti ossessivi. Questi ultimi si notano con maggiore frequenza
nella media infanzia, epoca in cui compaiono anche le inibizioni dell’apprendimento. Sempre
in questa fase dello sviluppo notiamo i sintomi “mentalizzati” che sono propri dei disturbi
d’ansia o della depressione. Tardivamente compaiono sintomi gravi come il delirio e le
allucinazioni. È evidente, scorrendo questo calendario, che si va da sintomi più elementari a
forme di disagio più articolare che coinvolgono attività mentali complesse.
- Le caratteristiche cliniche possono modificarsi nel tempo. Ben pochi disturbi dell’età evolutiva
tendono a persistere senza modificarsi, essi sono mutevoli in ragione della parallela
evoluzione psico-affettiva del bambino.
- Ogni sintomo o condizione clinica assume un significato preciso in riferimento a tre
coordinate: lo stato dello sviluppo globale; la fase evolutiva; il contesto ambientale. Ad
esempio , un disturbo dell’alimentazione in un bambino al di sotto di un anno orienta verso
un’interpretazione psicopatologica di tipo relazionale diadica, riferibile a una disfunzione della
relazione caregiver-bambino su base multifattoriale ( bambino-madre contesto). Viceversa,
un disturbo alimentare della media infanzia si realizza in un soggetto il cui apparato psichico
è maturato ed ha assunto autonomia funzionale. In questo caso, pur tenendo conto di
dinamiche familiai alterate e fattori contestuali sfavorevoli, il disturbo è indicativo di un
disagio intrapsichico. Sarà allora importante comprendere il funzionamento mentale del
bambino e la conflittualità da cui è attraversato.
- Il confine tra disturbo clinico e condotte somatiche prive di significato patologico è molto
fluido. È ben noto che i bambini e gli adolescenti possono manifestare transitoriamente, in
relazione a specifiche fasi evolutive, sintomi comportamentali o affettivi che non configurano
una condizione psicopatologica.
- Nella prima infanzia è consigliabile adottare la distinzione tra TURBA, PERTURBAZIONE E
DISTURBO. La turba è un’alterazione comportamentale normale, legata a una specifica fase
evolutiva che scompare quando il compito evolutivo fase-specifico è raggiunto. La
perturbazione è un’alterazione di maggiore gravità che interferisce con altre aree dello
sviluppo e può indicare un rischio evolutivo. Un disturbo è una condizione clinica
relativamente organizzata che dura più a lungo.
- Un disturbo psichico insorto in età evolutiva può influenzare negativamente lo sviluppo
globale in atto: rallentandolo, deviandolo o, raramente, arrestandolo. Abbiamo quindi più
parametri ai quali fare riferimento per la prognosi: nel primo includiamo la tipologia, la gravità
e la durata del disturbo; il secondo è la fase evolutiva in cui esso si manifesta ( più veloce è
l’esordio, maggiore è il rischio); il terzo parametro è il “peso” che il disturbo ha sullo sviluppo.
- La dipendenza e la relativa immaturità del bambino lo rendono più esposto all’impatto di
fattori ambientali, tuttavia l’ambiente familiare non è la causa del disturbo. Bisogna tenere
presente che nella primissima infanzia la mente umana si sviluppa in un contesto relazionale
e in rapporto con altre menti. Perciò i fattori ambientali che influenzano il disagio emotivo del
bambino/adolescente vanno attentamente esplorati.
- È della massima utilità la comprensione del rapporto tra disturbo del bambino e ambiente
familiare.
1.3 NOSOGRAFIA:
L’esigenza scientifica di ordinare i quadri clinici in corrette categorie deriva dalla necessità di avere
parametri diagnostici utilizzabili a livello internazionale. In campo psichiatrico sono disponibili
sistemi nosografici che descrivono i differenti quadri clinici e indicano i criteri necessari per la
diagnosi. Tutti i principali sistemi nosografici propongono categorie diagnostiche per i Disturbi del
Comportamento Alimentare.
- Il DSM-5 è la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM)
dell’ American Psychiatric Association (APA). I disturbi sono classificati in base alla
presentazione clinica con maggiore attenzione rispetto all’edizione precedente all’approccio
dimensionale che rende evidente la contiguità di alcuni disturbi che rappresentano un
continuum nosografico. Il manuale è ateorico perché non è orientato da nessuna teoria
psicopatologica. All’interno del DSM-5 troviamo il gruppo dei DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E
DELL’ALIMENTAZIONE, mentre nell’edizione precedente prendeva il nome di DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE. Inoltre è stata eliminata la sezione specifica per l’infanzia
presente nel DSM-IV che era denominata Disturbo della Nutrizione e dell’’Alimentazione
dell’Infanzia o della prima Adolescenza.
Dunque le modifiche sono scaturite anche dall’osservazione che la maggior parte dei disturbi
dell’alimentazione dell’età evolutiva non era individuabile al DSM-IV. Nel DSM-5 si considera la
salute mentale lungo tutto l’arco della vita con maggiore attenzione al continuum dello sviluppo
, senza separare nettamente infanzia da età adulta; inoltre il DSM-5 assegna maggior spazio al
ruolo dei genitori, introduce nuovi disturbi e precisa meglio i criteri diagnostici di disturbi gia
descritti precedentemente.
- L’ICD-10, (1992) , decima versione dell’ICD International Classification of Diseases , è una
classificazione delle malattie proposta dall’OMS. Include un’apposita sezione per i disturbi
mentali, all’interno della quale sono trattati i disturbi dell’infanzia con due quadri specifici :
disturbo dell’alimentazione della prima infanzia e seconda infanzia; Pica della prima infanzia
(Il picacismo, anche denominato allotriofagia o, più semplicemente, pica, è un disturbo del
comportamento alimentare caratterizzato dall'ingestione continuata nel tempo di sostanze
non nutritive (terra, sabbia, carta, gesso, legno, cotone, etc.).
- La CLASSIFICAZIONE DIAGNOSTICA DELLA SALUTE MENTALE E DEI DISTURBI DI SVILUPPO
DELL’INFANZIA, DETTA 0-3 ( zero to three), (CD-03R,1995), è stata elaborata da un gruppo di
studiosi, è un sistema multiassiale che include i disturbi che si manifestano tra 0-3 anni. La
sezione per i disturbi alimentari , denominata DISTURBI DEL COMPORTAMENTO
ALIMENTARE, è particolarmente accurata.
- I criteri GOS ( great ormond street criteria) , sono stati elaborati da alcuni autori inglesi allo
scopo di ottenere criteri operazionali che consentano di fare diagnosi di disturbi del
comportamento alimentare in età evolutiva, la classificazione GOS ha individuato sei diversi
quadri clinici di disturbi dell’alimentazione dell’infanzia e dell’adolescenza.
IL FUNZIONAMENTO :
descritta la struttura dell’apparato mentale e i suoi componenti, bisogna capire il funzionamento. Si
tratta si un sistema dinamico all’interno del quale si muove e distribuisce energia psichica, variabile
qualitativamente e quantitativamente. Tale energia proviene dai bisogni pulsionali , determina uno
stato di tensione e tende ad esercitare una spinta verso la gratificazione e la riduzione della tensione.
Le pulsioni costituiscono il nucleo dell’inconscio e rappresentano un concetto al limite tra lo psichico
e il corporeo, in quanto la fonte delle pulsioni è sempre un processo di eccitamento di un organo o
di una parte del corpo. La pulsione è, dunque, una spinta istintuale che necessita di una scarica, è
innata e biologicamente determinata. Freud ipotizzò l’esistenza di 2 pulsioni: la sessuale e l’aggressiva
e chiamò “libido” l’energia propria della pulsione sessuale. In tutte le manifestazioni psichiche sono
presenti entrambe le pulsioni che vi partecipano, mescolate e fuse tra di loro, in proporzione
variabile. Le pulsioni , di per sé, sono inaccessibili all’analisi psicologica ma possiamo conoscerle e
studiarle tramite le rappresentazioni mentali ad esse relative, vale a dire i pensieri, le fantasie, i
ricordi. Per raggiungere il soddisfacimento la pulsione trova un oggetto (termine che indica
generalmente una persona----ad es. la fame determina una spinta istintuale che ha come meta la
cessazione della stessa e si realizza tramite il seno materno che fornisce il latte. La madre, per tal via,
diventa il primo oggetto, fonte di importanti gratificazioni pulsionali). Secondo Freud , l’attività
psichica è regolata da 2 principi fondamentali: il principio di piacere e la sua modifica, ossia il principio
di realtà. Il dispiacere è legato ad un aumento della quantità di eccitamento presente nel sistema,
mentre il piacere ad una diminuzione; di conseguenza lo scopo ultimo dell’attività psichica è
mantenere bassa e costante la quantità di eccitamento operante in un determinato periodo di tempo.
Il principio di piacere , che assolve questa funzione, si modifica sotto l’influenza dell’IO e delle
esigenze del mondo esterno, prendendo la forma di principio di realtà.
- La fase orale : 1anno di vita, è la prima fase dell’evoluzione libidica, in cui la bocca , le labbra
e la lingua costituiscono la fonte di eccitazione e del piacere.
- La fase anale: all’incirca tra il 2 e 3 anno di vita, primato della zona erogena anale e
perianalel’espulsione e la ritenzione delle feci determinano intense sensazioni di piacere e
dispiacere e le feci stesse sono oggetto di attenzione ed interesse del bambino, acquistando
il valore simbolico di dono o di rifiuto.
- La fase fallica: 3-4 anni ,la zona erogena dominante è rappresentata dai genitali , sia perché il
pene costituisce, secondo Freud, il principale oggetto di interesse , sia per i bambini che per
le bambine. In questa fase va collocato il complesso di EDIPO che è una configurazione
relazionale conflittuale caratterizzata dall’amore per il genitore del sesso opposto e dalla
rivalità con quello dello stesso sesso. Questo conflitto genera un tipo particolare di angoscia
detta di “castrazione”. Entrambi, bambini e bambine, temono di essere puniti per i loro intensi
desideri libidici ed aggressivi, aspettandosi la disapprovazione, la perdita d’amore o qualche
forma di vendetta da parte dei genitori. Finiscono quindi per rinunciare ai desideri edipici,
mettendoli completamente da parte e controllandoli grazie ai meccanismi di difesa dell’IO. Il
declino del complesso edipico segna l’entrata nel
- Periodo di latenza: va dai 5,6 anni fino pubertà. Vede un arresto dell’evoluzione libidica e degli
interessi sessuali ed una prevalenza di aspirazioni morali e culturali.
La meta del processo evolutivo ed il suo compimento si raggiunge con la genitalità , che è intesa
come meta finale dello sviluppo psicosessuale. L’organizzazione genitale si istituisce con la
pubertà ed è caratterizzata dal primato delle zone genitali che integrano in sé le pulsioni parziali
relative alle precedenti zone erogene. Con l’acquisizione della genitalità, si raggiunge la forma
definitiva della vita sessuale.
Contemporaneamente ad Anna Freud, Melanie Klein (1882-1960), una analista infantile , elaborò una
propria teoria detta teoria delle relazioni oggettuali. In psicoanalisi il termine “relazioni oggettuali” si
riferisce ai rapporti che il bambino intrattiene con gli “oggetti” significativi per la sua vita psichica.
Parallelamente all’evoluzione libidica, anche le relazioni oggettuali cambiano, passando da una
condizione di indifferenziazione madre-bambino a stati progressivamente più differenziati. La Klein
ipotizzò che la realtà psichica personale (mondo interno), diversa dalla realtà fisica (mondo esterno),
si forma a partire dalle primissime settimane di vita per un processo detto “introiezione”. Attraverso
tale processo la relazione reale con l’oggetto d’amore (in principio la madre), si trasforma
progressivamente nella rappresentazione mentale della relazione con l’oggetto (relazione
oggettuale) e, come tale, è immaginata essere dentro di sé. Va precisato che la rappresentazione
interna non è la fedele riproduzione della esperienza reale ma ha un carattere fantastico in quanto
deformata dalla naturale intensità dell’amore e dell’aggressività propria del piccolo bambino. La
teoria kleiniana dà importanza alle prime forme di angoscia e ai meccanismi di funzionamento
primitivi e individua configurazioni-tipo di relazioni oggettuali che definisce “posizioni”, attraverso le
quali il bambino evolve nel 1anno di vita.
Uno psicoanalista e pediatra inglese Donald W. Winniccott (1896-1971) affermò che l’individuo
matura per effetto dell’intreccio tra potenziale ereditario e cure materne e che il tipo di cure
ambientali favorisce o danneggia il dispiegamento di tale potenziale. Per Winniccott i processi
psicologici che fondano la personalità umana sono tre: integrazione, personalizzazione e acquisizione
del senso di realtà. A questo autore si devono concetti molto noti, basti pensare alla preoccupazione
materna primaria che è il particolarissimo stato di sensibilità empatica della madre nelle prime
settimane dopo il part, stato che permette alla madre di comprendere in maniera soddisfacente i
bisogni del proprio bambino, il quale, a sua volta, si trova n una condizione di dipendenza assoluta
dell’ambiente. Se l’individuo nel crescere è riuscito ad introiettare una madre che ha fornito
continuativamente sostegno e fiducia all’IO , può permettersi di trarre piacere da se stesso, dalla
propria attività mentale e di farne un’esperienza personale autentica (vero sé). Il concetto di area
transizionale definisce una modalità di funzionamento psichico intermedio tra la realtà percepita
oggettivamente e la fantasia come dimensione soggettiva dell’esperienza. Un concetto di rilievo in
campo psicopatologico definisce un tipo di assetto psichico caratterizzato dall’operare di un FALSO
Sé: Winniccott ipotizza che il bambino si possa adattare a pressioni ambientali eccessive organizzando
una personalità adesiva e compiacente, che asseconda le richieste ambientali a scapito della
espressione del potenziale originale individuale. Il concetto di FALSO Sé è importante nello studio dei
disturbi alimentari, esso uò spiegare l’adattamento all’apparenza perfetto all’ambiente, che è
descritto nella storia clinica delle anoressiche, antecedente allo scompenso clinico.
2.4 DALLA TEORIA CLASSICA ALL’APPROCCIO INTERPERSONALE:
Si è passati da approccio incentrato sulla mente personale allo studio della mente duale. Una
prospettiva duale della mente cominciò ad emergere da Winniccott grazie all’importanza attribuita
all’ambiente reale di vita del bambino e all’unicità e inscindibilità della relazione diadica e al lavoro
della Klein che aveva valorizzato le relazioni oggettuali.
A partire da ciò , un filone di ricerche successive, focalizzando l’attenzione sul sistema interattivo , ha
progressivamente esteso il campo di ciò che definiamo mente.
Secondo Bowlby (1907-1990) e la Teoria dell’Attaccamento da lui formulata, l’essere umano è
costituzionalmente predisposto a stabilire un legame emotivo con la figura che si prende cura di lui,
denominata figura di attaccamento. Mentre la teoria psicoanalitica sostiene che la relazione affettiva
con la madre è una conseguenza della spinta a soddisfare il bisogno istintuale(fame), la teoria
dell’attaccamento pone le basi del legame con la madre nei comportamenti innati di attaccamento,
finalizzati alla sopravvivenza fisica. Questo principio è derivato dall’etologia. L’osservazione del
bambino in contesti naturali di vita mette in luce l’esistenza di comportamenti innati di attaccamento,
il cui scopo è garantire la prossimità fisica all’adulto e la conseguente proiezione dai pericoli. Il legame
di attaccamento si sviluppa a partire da pattern comportamentali innati e automatici, che attivano la
vicinanza del caregiver. Ne sono un esempio i comportamenti di segnalazione (pianto,sorrisi,vocalizzi)
e quelli di avvicinamento (aggrapparsi, seguire, camminare a gattoni verso l’adulto)..
progressivamente i pattern diventano più complessi, meno automatici ed intenzionali, fino a quando
, intorno al primo anno di vita, si stabilisce un legame privilegiato con la figura di attaccamento
preferita. Cosi si stabilisce il sentimento di sicurezza che è indispensabile per lo sviluppo psico-
affettivo normale , sempre che la madre o altre figure di riferimento rispondano in modo
complementare e coerente ai comportamenti del bambino. Ponendo in primo piano l’interazione
adulto-bambino, la teoria dell’attaccamento spiega come il succedersi di stabili e costanti esperienze
interattive porti alla costituzione di MODELLI OPERATIVI INTERNI O MOI. Si tratta di modelli cognitivi
formati da rappresentazioni mentali sia delle interazioni vissute dal bambino che degli stati del sé
corrispondenti. I MOI possono essere descritti anche come gli schemi di relazioni prototipiche che
regolano il comportamento dell’individuo e le sue aspettative relazionali ed affettive in ogni
interazione significativa futura.
Sono stati individuati specifici modelli di attaccamento: sicuro, insicuro-evitante, insicuro
ambivalente, disorganizzato-disorientato. Di questi , l’attaccamento sicuro è quello che si riscontra
nei bambini che hanno potuto godere di cure adeguate. La psicopatologia derivata dalla teoria di
Bowlby è basata sull’ipotesi che forme di attaccamento patologico, come l’attaccamento insicuro-
evitante o ambivalente e disorganizzato, possano essere alla base della sofferenza psichica.
DANIEL STERN (1934-2012) ha descritto le sequenze interattive del primo anno di vita che non solo
costituiscono i primi apprendimenti sociali, ma partecipano alla formazione graduale delle
rappresentazioni mentali. Il bisogno innato di relazionarsi con gli altri costituisce una motivazione
forte e significativa, al pari della spinta alla riduzione della tensione e alla gratificazione libidica,
consentendo al bambino si svolgere un ruolo attivo e competente nelle prime relazioni significative.
All’interno di questo modello evolutivo psicopatologico si colloca il contributo teorico di PETER
FONAGY nel quale confluiscono concetti propri del cognitivismo , della teoria dell’attaccamento e
della teoria della mente. L’autore descrive lo sviluppo della mente infantile , il cui livello più maturo
è l’acquisizione della capacità di mentalizzare e della funzione riflessiva. Mentalizzare significa essere
in grado di concepire gli stati mentali propri e degli altri; cioè il bambino deve diventare capace di
attribuire il comportamento della madre a intenzioni, stati d’animo e pensieri propri della mamma in
quel momento e fare lo stesso con i propri comportamenti. Il nucleo originale del pensiero di Fonagy
sta nell’idea che la capacità di rappresentare e distinguere gli stati mentali dell’altro e di sé è
fondamentale per la vita mentale personale ed interpersonale. Il modello proposto è interpersonale
in quanto la capacità di mentalizzare si forma nell’ambito della relazione di attaccamento e matura
lentamente tra la prima e seconda infanzia , tramite una complessa interazione tra funzione riflessiva
e capacità di mentalizzare dei genitori, attaccamento sicuro, e capacità di mentalizzare del bambino
stesso.
La seconda area psicopatologica include i disturbi che riguardano una struttura con difetti di
costruzione e di integrazione armonica dei suoi componenti. Essi danno luogo a quadri clinici più
gravi. In questi casi è stato precocemente danneggiato lo sviluppo psico-affettivo in vari aspetti :
integrazione delle componenti dell’apparato, distinzione tra realtà e fantasia, costituzione dell’IO,
consolidamento del senso di sé e dell’identità. Ne risultano configurazioni psicopatogliche
diversificate e complesse ; alcuni di questi quadri definiti borderline o patologie limite sono
caratterizzati da oscillazioni transitorie tra stati di organizzazione e disorganizzazione della struttura,
debolezza dell’organizzazione dell’IO e tendenza a sviluppare angoscia pervasiva.
Capitolo 5: I DISTURBI PRECOLARI DELL’ETA’
5.2 CLINICA
DISTURBI INCLUSI NELLA CLASSIFICAZIONE DIAGNOSTICA 0-3
• L’ Avversione Sensoriale per il Cibo si sviluppa in bambini che non riescono ad adattarsi ad
alimenti nuovi per sapore, colore, e consistenza. L’esordio del rifiuto del cibo si verifica durane
l’introduzione di un nuovo tipo di cibo per esempio, il bambino beve un tipo di latte ma ne
rifiuta un altro). I bambini mostrano disgusto verso il cibo non gradito e lo rifiutano o lo
sputano mentre mangiano senza difficoltà i cibi preferiti. Si produce così una alimentazione
selettiva che comporta l’evitamento di cibi rifiutati. Tale disturbo può provocare un deficit
nutrizionale o un ritardo nello sviluppo della motricità orale.
Oltre alla Anoressia Infantile descritta nella classificazione 0-3 sono state individuate altre forme di
anoressia ad esordio nella prima e seconda infanzia che prendono il nome di Anoressie Precoci.
Kreisler descrive due grandi tipologie di Anoressie Precoci.
La prima è definita Anoressia Comune precoce o di opposizione. Essa insorge tra sei mesi e due anni
e prevale nelle femmine. Il fattore scatenante è lo svezzamento, a partire dal quale il bambino rifiuta
in tutti i modi di alimentarsi ma continua ad assumere liquidi. La relazione bambino/madre è di
opposizione/costrizione in quanto il bambino rifiuta in tutti i modi di alimentarsi e la madre
esasperata lo forza. Il bambino non manifesta alterazione dello sviluppo pscico-fisico anzi è molto
vivace. Il disturbo può incidere negativamente sull’accrescimento ma non evolve verso un grave
dimagrimento. Il tratto oppositivo può permanere nel tempo come caratterista comportamentale del
bambino.
La seconda tipologia è denominata Anoressie Neonatali. Questi disturbi si dividono in due sottotipi.
- Una forma benigna detta “banale” in cui il rifiuto tenace del nutrimento da parte del neonato
è transitorio e si accompagna a mancanza d’appetito.
- Una forma detta “grave” che invece è caratterizzata da un diverso tratto temperamentale del
bambino che rifiuta il cibo tramite l’inerzia cioè il bambino ha scarsa o nulla suzione,
deglutizione lenta, mancanza di adattamento posturale… Questi bambini, inoltre, sono poco
vitali.
Infine vi sono Forme Secondarie quelle dovute a disfunzione della sfera oro-alimentare. I bambini
rifiutano il cibo a causa della disfunzione ma conservano integro l’appetito.
LA PICA E IL DISTURBO DA RUMINAZIONE
Due quadri clinici inclusi nella classificazione DSM-5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi
mentali) sono di frequente riscontro nella prima e seconda infanzia e sono la Pica e il Disturbo da
ruminazione. Tali disturbi possono insorgere a qualsiasi età e quindi da tenere chiaro che essi non
hanno esclusivo esordio infantile.
La Pica è caratterizzata dalla ingestione di sostanze non alimentari. Questi bambini mangiano carta,
bottoni, legno, vetro ed altri oggetti non commestibili.
Il disturbo può essere diagnosticato se il comportamento persiste per almeno un mese; se avviene a
un’età nella quale questo comportamento è inappropriato rispetto al livello di sviluppo; e se
l’assunzione di sostanze non alimentari non sia una pratica culturalmente sancita.
L’assunzione di sostanze non alimentari si riscontra anche in soggetti con ritardo mentale, con
schizofrenia e con disturbo dello spettro dell’autismo. Essa è riscontrata anche in soggetti con deficit
di ferro, calcio, zinco e vitamine B e C.
La pica può produrre conseguenze negative per l’ingestione di sostanze dannose inoltre gli oggetti
ingeriti possono arrestarsi in esofago e produrre ulteriori rischi. I bambini con pica possono rifiutare
di alimentarsi ma non perdono l’appetito e riferiscono una sensazione di dolore all’ingestione del
cibo. Dal punto di vista psicopatologico la Pica può essere interpretata in vario modo: secondo alcuni
autori sarebbe simile a disturbi del controllo degli impulsi, secondo altri il disturbo ha natura
depressiva.
Il Disturbo da ruminazione detto anche Mericismo, è caratterizzato da rigurgito e masticazione di
quanto rigurgitato. Il disturbo può essere diagnosticato se il comportamento persiste per almeno un
mese. Il disturbo non è attribuibile a malattie gastrointestinali esso inoltre non si manifesta
esclusivamente durante anoressia, bulimia …
Il mericismo in genere insorge durante il secondo semestre di vita, è quindi un tipico disturbo della
prima infanzia ma si può manifestare anche in epoche successive. Nonostante la rarità, è una
condizione che può risultare rischiosa per la vita del bambino. Il bambino, in genere maschio, fa salire
il cibo in bocca poco dopo l’inizio del processo digestivo. Il cibo è trattenuto nella bocca, masticato e
nuovamente ingoiato. Il cibo può essere anche vomitato. In genere la ruminazione si verifica quando
il bambino è solo e per questo non è facile l ‘individuazione clinica. Il sospetto diagnostico viene posto
per i segni indiretti quali vomito o il costante reperimento di materiale rigurgitati sul cuscino.
(secondo me da qui in poi è solo da leggere)
5.4 PROGNOSI
5.5 PSICOPATOLOGIA
Molteplici sono le interpretazioni psicopatologiche dei disturbi alimentari della prima infanzia essi
pur nella differenza dei paradigmi teorici adottati, concordano nel ricondurre questi disturbi ad una
qualche disfunzione della relazione alimentare e adottano una prospettiva attenta ai
fenomeni che intercorrono tra caregiver-bambino.
In questo testo adottiamo dunque una prospettiva relazionale. Proponiamo quindi di denominare
l’insieme dei disturbi alimentari psicogeni della prima infanzia come Disturbi Specifici della Relazione
Alimentare. Con questa denominazione si intende sottolineare l’origine relazionale del disturbo.
La relazione alimentare che si instaura tra madre e bambino nei primi mesi di vita è una struttura
multidimensionale organizzata in funzione dello sviluppo umano globale.
Le componenti che definiscono la relazione alimentare sono: materne; del bambino; ambientali.
Inoltre esse posso essere ulteriormente distinte in: comportamentali; affettive; fantasmatiche.
Le componenti materne sono: le componenti operative (per es. il modo in cui la mamma allatta o
prepara il cibo); quelle interattive e affettive (per es. il modo in cui risponde ai segnali del bambino
sia sul versante comportamentale che affettivo); i tratti di personalità (per es. la quota di ansia o
depressione); le produzioni fantasmatiche attivate dal pasto del bambino.
Le componenti infantili sono: l’integrità anatomico- funzionale che permette la suzione/
alimentazione; le componenti interattive; i tratti temperali; tratti costituzionali.
Le componenti ambientali sono il contesto in cui sono immersi madre e bambino.
La relazione alimentare è una struttura vulnerabile in quanto l’alterazione di una o più delle sue
componenti produce una difficoltà transitoria o un disturbo stabile. Madre e bambino hanno a
disposizione un’ampia capacità di recupero e possono superare la disfunzione transitoria. Tuttavia,
talvolta la madre e l’ambiente familiare non riescono ad adottare i dispositivi psicologici e
comportamentali atti a ripristinare l’armonia.
CAPITOLO 6 : I DISTURBI DELL’ETA’ SCOLARE
6.1 ASPETTI GENERALI E NOSOGRAFIA
I FED ad esordio tra 6-10 anni sono eterogenei sia dal punto di vista clinico che psicopatologico. Questi
disturbi non hanno ancora una soddisfacente collocazione nosografica. La presentazione clinica dei
FED della media infanzia è differente da quella dell’adolescenza.
Gran parte dei disturbi alimentari della media infanzia può rientrare nella nuova categoria diagnostica
del DSM-5 denominata Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione del cibo (ARFID). Una maggiore
precisazione diagnostica si ottiene utilizzando i Great Ormond Streat Criteria (GOS). Un’ulteriore
classificazione dei FED della media infanzia in tre gruppi è stata proposta da Bryant-Waugh:
inadeguate food intake, restricted range of food intake, avoidancedue to specific fear.
6.2 CLINICA
Si tratta di bambini che hanno paura di inghiottire, vomitare o masticare. Manifestano notevole ansia
al pasto fino al rifiuto dello stesso. Spesso il disturbo ha esordio dopo un evento precipitante, ad
esempio un episodio di soffocamento o vomito o indagini strumentali del tratto oro-faringeo. Non è
presente preoccupazione per il peso e forma corporea e né un ‘alterata percezione del corpo.
Rifiuto pervasivo
La sindrome da Rifiuto pervasivo (PRS) è molto rara ed è stata descritta per la prima volta agli inizi
degli anni 90. I soggetti che ne sono affetti rifiutano ogni tipo di alimento e bevanda e vanno incontro
ad un decadimento fisico imponente e potenzialmente letale. Il rifiuto non investe solo l’area
alimentare ma anche la vita sociale del soggetto e il suo interesse per il mondo circostante infatti vi
è un rifiuto totale di mangiare, parlare, camminare. Si ritiene che un evento traumatico possa agire
da fattore scatenante.
6.3 PSICOPATOLOGIA :
La psicopatologia dei FED ad esordio nella media infanzia è ancora non ben studiata e mal definita in
quanto ci riferiamo a soggetti il cui apparato psichico transita dall’assetto infantile a quello puberale
pre-adolescenziale. Spesso si tratta di sintomi transitori destinati o scomparire o cedere il posto ad
altre espressioni cliniche.
La classificazione GOS è utile per delineare i profili psicopatologici dei FED della media infanzia.
La Disfagia Funzionale ha le caratteristiche psicopatologiche proprio del profilo ansioso. Sono bambini
molto sensibili con profilo ansioso e sintomi ossessivi. La sintomatologia disfagica nella maggior parte
dei bambini osservati è scomparsa dopo pochi mesi di psicoterapia e ha ceduto il posto ad un disturbo
d’ansia. In sostanza si ipotizza che la Disfagia Funzionale sia da considerare il sintomo ad esordio di
disturbi d’ansia.
L’Alimentazione selettiva si accompagna a due tipi di profili. Uno propriamente fobico in cui il sintomo
assume un significato simbolico. Quando si cerca di indurre il paziente a ingerire nuovi alimenti si può
assistere ad una crisi di angoscia con manifestazioni vegetative. Una seconda tipologia è invece
piuttosto grave. Questo sintomo è stato osservato nel contesto di quadri borderline. In particolare si
è osservato bambini che mantenevano un’alimentazione con biberon anche in età scolare e il cui
contesto familiare non era in grado di promuovere il passaggio ad altro tipo di alimentazione. Tali
quadri sono determinati da complesse dinamiche individuali e familiari che hanno un inconsapevole
obiettivo nel mantenimento di un legame fusivo madre-bambino che esclude il terzo. Un tipico
indicatore diagnostico di tale dinamica è lo stato mentale del bambino durante l’assunzione del
biberon: egli assume un comportamento sognante e di ritiro.
L’anoressia nervosa(AN) è una delle patologie psichiatriche più frequenti in età adolescenziale ,nel sesso
femminile e nel mondo occidentale. L’AN è un disordine caratterizzato da perdita di peso indotta e/o sostenuta
dal paziente.
Clinica
L’AN inizia in modo subdolo, con una dieta magari per poi scegliere di saltare completamente i pasti o seguire
un’alimentazione sana(frutta, verdura, no carboidrati).
Tra i segni premonitori ci sono: il controllo eccessivo delle calorie, misurazione del peso, vomito(dopo ogni
pasto)
Il quadro psicopatologico si compone di una intensa paura di aumentare di peso o diventare grassi e
dall’alterato modo in cui viene vissuta la forma corporea e il peso. Il problema maggiore si riscontra
nell’incapacità da parte del paziente di riconoscere la gravità della propria condizione(chiamato anche
scarso insight) e rifiuta di modificare la condotta. L’autostima di queste ragazze dipende fortemente
dal loro peso.
Comunicare con una ragazza anoressica può essere difficile, tendono ad essere riservate e brusche.
Al contrario le ragazze bulimiche sono tendenzialmente loquaci.
I sintomi fisici ed i segni. Le pazienti sono emaciate, le ossa prominenti, le costole sporgenti.
In adolescenza si può avere amenorrea primaria (riguarda tutte le donne che non hanno ancora avuto
il primo ciclo mestruale) e secondaria(si manifesta con l'interruzione delle mestruazioni per almeno sei
mesi consecutivi in una donna con il ciclo regolare).Segni indiretti del vomito possono essere ipertrofia
delle ghiandole salivari, erosione dello smalto dentario e il “segno di Russell” che consiste nella
presenza di una callosità sul dorso della mano da ripetuto sfregamento contro l’arcata dentaria. Per
quando riguarda ulteriori complicanze mediche dell’AN ritroviamo: anemia, caduta di capelli, fragilità
delle unghie, bradicardia, ipotensione, dolori addominali ecc…
ASPETTI NEUROPSICOLOGICI :
Una serie di deficit neuropsicologici sono stati associati con l’AN e sono: la tendenza alla focalizzazione
sui dettagli a scapito dell’immagine più ampia o la forma, distorsione relativa all’immagine corporea,
rigidità del pensiero, comportamenti rigorosi riguardo l’alimentazione, perfezionismo, disturbi della
flessibilità cognitiva.
Secondo alcuni studi esisterebbe una correlazione tra la genesi dell’AN e i fattori genetici(ad esempio
una storia familiare positiva per l’AN).Dal punto di vista dei neurotrasmettitori, la serotonina è
coinvolta nella regolazione del peso corporeo e gioca un ruolo fondamentale nella sazietà post-
prandiale. Un’aumentata attività della dopamina è stata associata a numerosi sintomi dell’AN quali
repulsione del cibo, perdita di peso, anomalie mestruali ecc..
Diagnosi:
La disgnosi è di solito effettuata seguendo i criteri diagnostici del DSM-5(A:restrizione durevole
nell’assunzione di calorie, B paura elevata di incrementare il peso corporeo C alterazione importante
della percezione di sé rispetto al peso e alla forma del corpo.)Il parametro di misura, utile ai fini clinic,
è per gli adolescenti il percentile dell’IMC(indice di massa corporea. Anoressia lieve imc < 17, moderata
<16-16,99, grave <15-15,99, estrema <15.
DECORSO
il decorso clinico è estremamente variabile e vi sono casi di remissione completa dopo un singolo
episodio ma più frequentemente si assiste ad un decorso cronico con la presenza di una o più recidive
nel corso degli anni. I pazienti necessitano di trattamenti ambulatori o di ricoveri in ospedale.
COMORBIDITA’ PSICHIATRICA
L’AN è in stretto rapporto con altre condizioni psichiatriche.Il DSM-5 prevede il sistema di comorbidità,
ovvero la possibilità di associazione di due o più diagnosi cliniche non incompatibili tra di loro.Nelle
pazienti anoressiche una prevalenza del 20-60% di un disturbo d’ansia, in tal caso bisogna distinguere
tra le paure legate al peso e al corpo e le più generali agorafobia, disturbo di attacco di panico, ansia
generalizzata, disturbo post-traumatico da stress.Gli adolescenti con AN spesso hanno sofferto di
difficoltà del sonno e ansia da separazione durante l’infanzia.L’AN è associata anche ad alterazioni dello
stato emotivo, del comportamento o delle modalità di relazione.
pertanto se si assume che i comportamenti alimentari disfunzionali sono strategie per evitare,
sopprimere o regolare gli effetti(della psiche e del corpo)
Altre dimensioni da valutare in associazione con l’AN potrebbero essere l’irritabilità/impulsività, le
condotte auto lesive, l’ideazione suicidaria e l’uso di sostanze, il perfezionismo, il tema del controllo
ecc…
Capitolo 8
I DISTURBI DELL'ADOLESCENZA: BULIMIA NERVSA E DISTURBO DA BINGE-EATING
BULIMIA NERVOSA
ASPETTI GENERALI E NOSOGRAFIA
Tutti i pazienti che soffrono di DCA presentano tratti di personalità che vanno considerati come fattori
psicologici antecedenti al disturbo.
Ritroviamo una affettività rivolta in senso ansioso-depressivo, con sentimenti di bassa autostima,
insoddisfazione ed insicurezza. Un aspetto comune sia dell'anoressia nervosa che della bulimia
nervosa è una globale difficoltà nella regolazione degli stati affettivi.
COMORBIDITA' PSICHIATRICA:
Nel 50-70% degli adolescenti bulimici si osserva un disturbo dell'umore, associato al 66% dei casi da
un disturbo d'ansia(in particolare fobie specifiche, fobia sociale ecc)
Oltre i disturbi depressivi e di ansia, tipicamente chiamati disturbi internalizzati,, le recenti ricerche
mettono in relazione il disturbo da deficit dell'attenzione e iperattività(DDAI) con la bulimia nervosa.
L'abuso di alcol e droghe è presente nel 20% dei pazienti.
Molto elevato è il tasso di suicidalità: circa la metà delle pazienti bulimiche dice di aver pensato al
suicidio, quasi un terzo di averci provato; molto frequente è il tasso di autolesionismo.
Il disturbo della personalità maggiormente associato alla bulimia nervosa è il disturbo di bordeline
della personalità. Una comorbidità molto interessante è quella con uno specifico disturbo dell'umore
di tipo bipolare, caratterizzato da alterazione dell'umore, si passa dall'euforia alla depressione.
CLINICA
Non essendoci comportamenti compensatori la prima caratteristiche del DAI è l'obesità o il
sovrappeso. Il rapporto con l'obesità è complesso, perchè pur essendo essa un possibile antecedente
ed una conseguenza del disturbo, i due disturbi non devono essere confusi(l'obesità ad oggi non è
riconosciuta come diagnosi psichiatrica);difatti il DAI si differenzia per numerose caratteristiche
cliniche(la presenza di crisi bulimiche),psicopatologiche(sensazione di perdita di controllo) e
neuropsicologiche(ridotto controllo inibitorio, problem solving deficitario).
La caratteristica psicopatologica e clinica cruciale del DAI è l'alimentazione con perdita di
controllo(loss control of eating).
Affetti depressivi, di insicurezza e bassa autostima sono spesso associati al DAI.
Inoltre si riscontra un rivelante deficit nel riconoscimento e nella regolazione emotiva, con aspetti di
alessitimia( difficoltà a identificare le emozioni) ed elevati problemi interpersonali.
Le complicanze mediche più tipicamente associate al DAI sono tutte quelle legate alle crisi bulimiche
con associate le complicanze dell'obesità(es riscontro del diabete, ipertensione, ipertrigliceridemia,
fino a scompenso cardiaco e malattia ischemica. La mortalità del disturbo è sicuramente legata alla
severità delle complicanze mediche dovute all'obesità e alla suicidalità.
COMORBIDITA' PSICHIATRICA:
Il DAI è spesso associato con disturbi dell'umore(40%) disturbi d'ansia(30%) abuso di alcol e
sostanze(25%)disturbo di deficit dell'attenzione e iperattività(10%),il 34% dei pazienti presenta
ideazione suicidaria.
L’AN è una patologia interpersonale, non solo individuale e ciò spiega perché qualsiasi percorso di
cura per i DCA ottenga migliori risultati se prevede anche il lavoro con i genitori.
Anche per la bulimia non è possibile ricondurre il disturbo ad un unico profilo psicopatologico e
bisogna tener conto dello sviluppo e del grado di organizzazione della personalità raggiunto.
I DSA che si manifestano nei maschi sono stati poco studiati. I DCA maschili sono per molti aspetti
simili a quelli femminili ma ne differenziano anche.
Uno degli aspetti specifici è la particolare apprensione dei soggetti per la propria massa muscolare.
Inizialmente gli esercizi fisici sono iniziati per pratica salutistica, poi si innesca il circolo vizioso che
porta alla denutrizione.
Un altro aspetto riguarda l’identità di genere.
Cap. 10 Il processo di valutazione
10.1. aspetti generali
Il processo diagnostico include la valutazione del disturbo psichico e delle sue conseguenze
nutrizionali.
I FED ricadono a pieno titolo tra i disturbi mentali; per pervenire alla diagnosi in neuropsichiatria
infantile si eseguono delle valutazioni:
anamnesi: ricostruzione della storia clinica ,osservazione clinica,
esame obiettivo: rilevamento sintomi psichiatrici e fisici
valutazione psicodiagnostica: definizione del profilo psico-affettivo
• Il termine diagnosi assume significati diversi a seconde della teoria di riferimento. In genere
si distingue tra due tipi: la diagnosi codificata propria dell’approccio psichiatrico che si avvale
di strumenti come il DSM, e la diagnosi psicopatologica che si propone di descrivere il
funzionamento mentale in tutte le sue componenti*
Processo attivo e complesso, primo passo di una valutazione di un bambini/adolescente che lamenta
un DCA. Presenta una struttura formale, a cascata, caratterizzata da una successione di prove e
approfondimenti.
10.3. PROTOCOLLO PSICODIAGNOSTICO IN ETA’ EVOLUTIVA
10.3..1. L’ANAMNESI
È la raccolta dei dati che si riferiscono alla storia familiare e personale del paziente. Essi riguardano i
principali tratti di personalità, gli interessi, la scolarizzazione ecc .in particolare con riguardo ai FED si
fa riferimento:
-presenza di fattori di rischio specifici
° CAT (CHILDREN’S APPERCEPTION TEST): per i bambini dai 3 ai 10 anni, è costituito da 10 tavole con
disegni di animali. Il bambino una volta osservate le tavole è chiamato a creare una storia per ognuna.
Da queste storie si ottengono informazioni sull’affettività, il rapporto con adulti e coetanei, le reazioni
di fronte ai conflitti
° TAT (THEMATIC APPERCEPTION TEST): per i bambini dai 10 anni in poi, è composto da 31 tavole con
immagini dal significato ambiguo, 11 vengono utilizzate per tutti i soggetti e 20 sono specifiche per
età e genere. Sono rappresentate scene di vita con uno o più personaggi, in vari luoghi
10.3.6. I TEST DI LIVELLO
Così definiti perché confrontano i punteggi del soggetto con quelli della popolazione generale. Sono
test intellettivi, troviamo:
-WPPSI III (WECHSLER PRESCHOOL AND PRIMARY SCALE OF INTELLIGENCE): 14 subtest, verbali, di
performance e di velocità. Diviso in due fasce d’età: 2-3 anni e 4-7 anni
-WISCIV (WECHSLER INTELLIGENCE SCALE FOR CHILDREN): valuta le capacità cognitive
-MATRICI PROGRESSIVE: misurano l’intelligenza non verbale dall’infanzia alla maturità
Un processo pasicodiagnostico per essere serio, completo ed esaustivo deve evidenziare non solo la
presenza/assenza del rifiuto ma anche i meccanismi di difesa, il funzionamento cognitivo del
soggetto, la descrizione della personalità.
10.5. LA VALUTAZIONE DELLA RELAZIONE ALIMENTARE
L’osservazione durante il pasto è il metodo classico di valutazione. Si ricorre a varie tecniche quali:
-BPFAS: tra i 9 mesi e 8 anni, due sezioni, una per il bambino ed una per la madre
-CEBQ: dai 2 ai 7 anni
- THE MONTREAL CHILDREN’S HOSPITAL FEEDING SCALE: dai 6 mesi ai 6 anni, le domande riguardano
tre domini: orale-motorio, orale-sensoriale; appetito.
Ci sono una serie di principi da dover considerare nell' applicazione della psicoterapia dei DCA (
disturbi del comportamento alimentare):
• In età evolutiva, la tecnica del trattamento utilizzata deve variare in base all' età;
- "refeeding ": fase in cui si abolisce la convinzione che sia stata la famiglia a causare il sintomo,
mettendo in luce le risorse per combatterlo.
- La seconda fase si concentra sugli aspetti psicologici della malattia e le conseguenze sulla vita
sociale personale e familiare.
- La terza fase ha l' obiettivo di far acquisire al paziente la piena autonomia di gestione del disturbo
e anche rispetto alla famiglia.
L'uso della farmacologia in età evolutiva deve tener conto dello sviluppo psico-fisico del paziente ma
anche degli aspetti metodologici più specifici, quali, il dosaggio, la strategia di titolazione , il tipo di
monitoraggio e i possibili effetti avversi.
Anoressia nervosa.
Nel trattamento del AN vengono particolarmente utilizzati antipsicotici che agiscono sui ricettori della
dopamina bilanciando l' ipertono dopaminergico ; In senso psicologico, in questi termini, l' anoressia
nervosa viene intesa come un disturbo del pensiero di tipo delirante che incide primariamente sul
corpo. I risultati di tutte le metanalisi hanno evidenziato che non esiste una differenza significativa
tra l' uso degli antipsicotici e del placebo, soprattutto sul peso corporeo e sui sintomi di restrinzione
alimentare. Dunque si comprende in questi casi che il ruolo di questi antpsicotici è molto ridotto se
non addirittura nullo; In sintesi l'uso degli antipsicotici atipici non può essere considerato come
routinario nella gestione delle pazienti anoressiche, soprattutto in adolescenza, ma può essere
riservato ad un sottogruppo di pazienti con caratteristiche specifiche .
Bulimia nervosa.
Rispetto all' An è stata riscontrata l' efficacia dei risultati dati trattamenti farmacologici applicati nei
casi di BN; Ad esempio l' uso di "triciclici" produce una notevole riduzione dei sintomi dei abbuffate.
Il farmaco piu studiato nel trattamento della BN è la Fluoxetina con un dosaggio di 60mg al giorno
associata ad una terapia di supporto.
Prevenzione.
La prevenzione dei DCA è un compito arduo poiché i fattori di rischio e di diffusione di queste
patologie sono difficili da contrastare. L' eziopatogenesi dei DCA è infatti considerata di tipo
multifattoriale. I fattori individuali racchiudono infatti: la bassa autostima difficoltà nella regolazione
delle emozioni, presenza di ascetismo e di paure in relazione alla maturazione psicologica. E' evidente
che alcuni fattori genetici come la vulnerabilità non possono essere modificati, per cui i programmi
di prevenzione devono concentrarsi maggiormente su quelli modellabili come i fattori psicologici e
quelli ambientali. In Italia, il Ministero della Salute in collaborazione con il Ministero della Gioventù
ha sperimentato un programma di prevenzione chiamato : " Le buone pratiche nella cura e nella
prevenzione dei disturbi alimentari "che ha individuato quattro aree di interesse sociale legate sia al
mondo giovanile che al fenomeno dei disturbi del comportamento alimentare. L' area principalmente
coinvolta nel programma è stata la SCUOLA nell' intento di intervenire sulla diffusione di una
maggiore conoscenza delle problematiche dei DCA, sul potenziamento delle capacità nel riconoscerli
e sull' acquisizione degli strumenti necessari per essere capace di modificarli. Ancora sono state
coinvolte le aree dello SPORT ( in quanto l' attività sportiva sembra essere stata riconosciute come
un canale per spendere energie e quindi come fattore di rischio dei DCA); La DIET-INDUSTRY (
mercato dei prodotti alimentari p per le strategie di impiegate per la perdita di peso e per la modifica
delle proprie forme corporee); e il mondo dei MASS MEDIA ( sensibilizzazione circa i messaggi diffusi
dai mezzi d' informazione sui DCA).