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LEZIONE 2

CORSO OSS
COSA SONO I BISOGNI
In psicologia il bisogno indica quello stato di tensione che spinge

l’organismo ad interagire con l’ambiente. Bisogno si associa alla

carenza:

se sento il bisogno mi rivolgo all’esterno per trovare il modo di sod-

disfarlo, per mettere fine alla sensazione di mancanza.

I bisogni sono uguali per tutti, ma si esprimono differentemente a se-

conda di età, temperamento, ambiente familiare, sociale, culturale.

Abraham Maslow, psicologo americano, nei primi anni ‘50 studiò

a fondo i bisogni individuandone alcuni definiti «fondamentali» che

collocò gerarchicamente in quella che è conosciuta come PIRAMIDE

DEI BISOGNI DI MASLOW.

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se sento il bisogno mi rivolgo all’esterno per trovare il modo di sod-

disfarlo, per mettere fine alla sensazione di mancanza.

I bisogni sono uguali per tutti, ma si esprimono differentemente a se-

conda di età, temperamento, ambiente familiare, sociale, culturale.

Abraham Maslow, psicologo americano, nei primi anni ‘50 studiò

a fondo i bisogni individuandone alcuni definiti «fondamentali» che

collocò gerarchicamente in quella che è conosciuta come PIRAMIDE

DEI BISOGNI DI MASLOW.

CON LA PIRAMIDE DI MASLOW INDIVIDUIAMO


I BISOGNI FONDAMENTALI
BISOGNI FISIOLOGICI: FAME, SONNO, SETE, SESSO. Sono i

bisogni più vicini al corpo e alle funzioni fisiologiche e sono collegati

alla sopravvivenza dell’uomo, e della specie.

BISOGNI DI SICUREZZA: FISICA, FAMILIARE, LAVORATIVA, DI

SALUTE. Sono i bisogni che garantiscono all’uomo protezione e

tranquillità.

BISOGNI DI APPARTENENZA: AMICIZIA, AFFETTO, INTIMITA’

SESSUALE. Sono i bisogni collegati al sociale, come far parte di un

gruppo, di una società, di una cultura.

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BISOGNI DI STIMA: AUTOSTIMA, AUTOCONTROLLO. Sono i

bisogni che hanno a che fare con il riconoscimento da parte dell’al-

tro, con la prova del proprio valore come individuo.

BISOGNI DI AUTOREALIZZAZIONE: MORALITA’, CREATIVITA’,

RUOLO SOCIALE. Sono i bisogni collegati alla realizzazione di sé,

all’occupare un posto specifico nel mondo, nella società.

In aggiunta ai bisogni fondamentali di Maslow si inseriscono i cosid-

detti BISOGNI SPIRITUALI che hanno a che fare con il sentimento di

connessione e di appartenenza non soltanto alla vita, alla famiglia,

alla specie e alla società, ma ad un ordine cosmico eterno, che pos-

sa dare un minimo appagamento a quel bisogno così tipicamente

umano di immortalità e infinitezza. Sono i bisogni legati alla fede

religiosa

PERCHÈ PARLIAMO DI BISOGNI?


In aggiunta ai bisogni fondamentali di Maslow si inseriscono i co-

siddetti che hanno a che fare con il sentimento di connessione e di

appartenenza non soltanto alla vita, alla famiglia, alla specie e alla

società, ma ad un ordine cosmico eterno, che possa dare un minimo

appagamento a quel bisogno così tipicamente umano di immortalità

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e infinitezza. Sono i bisogni legati alla fede religiosa.

ASSISTERE In aggiunta ai bisogni fondamentali di Maslow si inseri-

scono i cosiddetti che hanno a che fare con il sentimento di connes-

sione e di appartenenza non soltanto alla vita, alla famiglia, alla spe-

cie e alla società, ma ad un ordine cosmico eterno, che possa dare

un minimo appagamento a quel bisogno così tipicamente umano di

immortalità e infinitezza. Sono i bisogni legati alla fede religiosa.

Secondo la classificazione di Virginia Henderson, in ambito socio

sanitario, i bisogni del paziente sono:

1. respirare normalmente;

2. mangiare e bere in modo adeguato alle sue condizioni di salute;

3. provvedere alle sue funzioni di eliminazione;

4. muoversi e mantenersi in posizione idonea;

5. riposare e dormire;

6. scegliere gli indumenti appropriati, vestirsi e svestirsi;

7. mantenere normale la temperatura corporea mediante un vestia-

rio adatto ed eventuali modifiche dell’ambiente;

8. provvedere all’igiene e alla cura del corpo ed alla protezione della

pelle;

9. proteggersi dai pericoli dell’ambiente ed evitare di essere fonte di

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pericolo per altre persone;

10. comunicare con gli altri, esprimere i propri sentimenti, bisogni,

timori, opinioni;

11. praticare la propria religione;

12. svolgere un’attività che dia un senso di compiutezza;

13. partecipare a forme di svago di vario tipo;

14. apprendere, scoprire o soddisfare le curiosità che conducono

ad uno sviluppo adeguato, alla salute, e all’utilizzazione delle risorse

sanitarie.

COMPITO DELL’INFERMIERE, NEL MODELLO DI VIRGINIA HEN-

DERSON, È FAR SÌ CHE IL PAZIENTE RIESCA A RAGGIUNGE-

RE IL PIÙ ALTO GRADO DI AUTONOMIA POSSIBILE, RISPETTO

ALLA SUA PATOLOGIA, NEI 14 BISOGNI

Il bisogno è visto con una valenza positiva, cioè nell’ottica di una

necessità e non una mancanza come per Maslow, e l’attività infer-

mieristica deve puntare al raggiungimento dell’indipendenza.

Nella valutazione dei bisogni è importante ricordare che:

1. Non sono desideri

2. Dipendono dal contesto o dalla circostanza

3. Vanno riferiti a persone o a gruppi specifici (es. disabili)

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4. Esistono bisogni consapevoli e bisogni inconsapevoli (non sempre

è riconosciuto dalla persona)

5. Esistono bisogni che richiedono prestazioni specifiche

6. Possono essere connessi al altri bisogni

7. Si manifestano o cambiano in base all’età, ambiente sociale, am-

biente familiare, ambiente lavorativo.

Per chi svolge attività assistenziali, è importante ricordare che il biso-

gno si articola in:

-BISOGNO ORDINARIO, normalmente presente, che l’uomo riesce

a soddisfare da solo;

-BISOGNO ACUTO, a cui può corrispondere una prima azione

compensatoria di assistenza; - BISOGNO DI ASSISTENZA IN SEN-

SO STRETTO, cui corrispondono una serie di azioni che definiscono

compiutamente una prestazione assistenziale.

ASSISTERE AIUTARE SOSTENERE

SOSTITUIRE DIPENDERE

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LA CASSETTA RELAZIONALE DEGLI ATTREZZI
DELL’OSS
ASSISTERE

L’operatore socio-assistenziale non è uno psicologo né uno psichia-

tra e non dispone delle conoscenze e dell’esperienza necessarie per

aiutare una persona a superare i propri problemi o i propri limiti. Per

questo parliamo di ASSISTENZA e non di cura, o riabilitazione. Si

parla di un AIUTO, fondamentale per la persona, tarato sui bisogni

espressi dall’utente o individuati dall’equipe medico – infermieristica.

Per Assistere al meglio, è necessario che l’Operatore Socio Sanitario

sviluppi competenze relazionali prima ancora che tecniche per poter

far fronte in primis ai bisogni e poi alle richieste dei pazienti senza

sforare in ruoli e competenze non proprie. L’aiuto può essere rivolto

ad un bambino, a un anziano o a qualsiasi persona lo richieda (o

cui venga assegnato), a prescindere dall’entità del suo problema. La

modalità con cui si fornisce assistenza varia e deve variare da caso a

caso: le azioni da mettere in pratica con un adolescente problema-

tico, per esempio, sono diverse da quelle da attuare con un anziano

o con un disabile adulto. Esistono però principi di comportamento

validi in qualsiasi caso, generalizzabili a qualunque persona necessiti

di assistenza.

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APPROCCIO
È importante che la persona abbia la sensazione di essere oggetto di

attenzione e che senta di avere di fronte a sé un individuo disposto

ad ascoltarlo e aiutarlo. Conferire alla persona la dignità di «essere

importante» per chi lo assiste contribuisce a rafforzare la fiducia in sé

e la possibilità di sperimentarsi nelle sue capacità.

ATTENZIONE FISICA
«Agire fisicamente verso l’altro», rompere la barriera del distacco fi-

sico e cercare un contatto è un grande segnale di vicinanza anche

emotiva. L’operatore deve provare a superare le proprie barriere e

imparare a dimostrare affetto in maniera spontanea. Questo contri-

buisce a rafforzare il riconoscimento del paziente e favorisce un recu-

pero della socializzazione. Importante valutare il fastidio del paziente

per il contatto fisico, in tal caso anche il contatto visivo aiuta a creare

un legame e una relazione affettuosa.

EMPATIA
Quando si ascolta il paziente bisogna sforzarsi di entrare in em-

patia. L’empatia è la possibilità di sentire le emozioni dell’altro e si

raggiunge provando a mettersi nei suoi panni senza farsi trascinare;

è importante, per l’operatore che assiste, non perdere la lucidità e

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mantenersi sempre presente. Attraverso questo processo è possibile

sviluppare un alto grado di comprensione e di fiducia.

RISPETTO
Per alcuni l’assistenza implica un rapporto di subordinazione in cui

l’assistito, considerato debole, viene trattato con una benevolenza

che si avvicina alla compassione. Un modo classico e negativo per

apostrofare l’assistito è, per esempio, quello di dargli immediata-

mente del tu senza chiedere il permesso, di chiamarlo per nome o,

dargli un nomignolo. Tutti questi elementi della cassetta relazionale

degli attrezzi dell’OSS hanno a che fare con la RELAZIONE DI ASSI-

STENZA. Tale relazione si qualifica come una relazione cooperativa

particolare tra una persona che è in stato di bisogno e un’altra per-

sona che mette a sua disposizione la propria competenza professio-

nale. Per quel che riguarda la giusta distanza da mantenere con il

paziente bisogna considerare la distanza fisica, la distanza psichica e

la distanza sociale. Per la distanza fisica, l’operatore deve conoscere

e poi rispettare lo “spazio intimo” del paziente, ossia il suo grado di

tollerabilità del contatto fisico con l’operatore. L’OSS deve provare

a capire, conoscere, ascoltare l’utente che ha di fronte. Per distanza

psichica si intende la capacità dell’operatore di attivare un rapporto

empatico con l’ utente, senza lasciarsi travolgere da situazioni forte-

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mente emotive. Per distanza sociale si intende la capacità dell‘OSS di

sostenere la distanza di ruolo: Io sono l’operatore, tu sei il paziente.

La cura dei malati, dei disabili, degli anziani è un processo di

relazione, in cui il personale di assistenza aiuta non solo una

persona ma una famiglia, persino una collettività, sia a preve-

nire la malattia e la sofferenza che a convivere con gli aspetti

debilitanti della patologia, aiuta ad acquisire l’esperienza della

malattia e della sofferenza per provare a trovarvi un senso.

L’assistenza ai malati significa dare quell’aiuto, quel sollievo

e quei servizi di cui hanno bisogno. Non possiamo commettere

l’errore di considerare il paziente solo come portatore di un disagio,

fisico o psichico. È, come essere umano, portatore della sua storia;

una storia che si fonda sulla sua famiglia, i valori tramandati, le

aspettative, le delusioni, i sogni e gli anni vissuti in relazione. Nessun

individuo è privo di una storia familiare e l’OSS, come operatore di

assistenza, non può non tenerne conto.

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Spesso le famiglie con presenza di anziani o disabili (fisici o psichici)

si organizzano intorno alla patologia. La malattia diventa un fulcro,

l’unico elemento che tiene unito – in modo inconsapevole – l’intero

nucleo familiare.

Un rischio, per l’OSS, è quello di trovarsi invischiato in dinamiche

familiari problematiche, in giochi di potere e di equilibrio molto sottili

e delicati. Un esercizio fondamentale è quello di restare nelle proprie

competenze, nelle proprie mansioni, senza però costruire un’ecces-

siva distanza dall’assistito e dalla sua famiglia… per non rischiare di

fare a botte col proprio lavoro.

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