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TESI IN
INFERMIERISTICA CLINICA I APPLICATA ALLA
MEDICINA INTERNA E ALLA CHIRURGIA
Dall’ospedalizzazione al territorio:
L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Parole chiave:
• famiglia
• territorio
• infermiere di famiglia
• cure primarie
• case management
Sessione II
INDICE
INTRODUZIONE…………………………………………………….…....……pag. V
PARTE I
CAPITOLO 1
LA MEDICINA GENERALE
1.1 Definizione…………………………………………………………….……...….…pag. 1
1.2 Storia della medicina generale………………..……………………..……….……pag. 2
1.3 Obiettivi……………….………………………………………………..…………...pag. 3
1.4 Il contesto…………………………………………………………….…….…….…pag. 6
1.4.1 Il singolo…………………..………………………………...….…………….……pag. 6
1.4.2 La famiglia………………………………………………………...………………pag. 12
1.4.3 L’ambiente.……………….………………………………………………….……pag. 19
CAPITOLO 2
LA LEGISLAZIONE
2.1 L’OMS……………….……………………………………………………...…...…pag. 21
2.1.1 “La salute 21”……………………….……………………………………….……pag. 22
2.1.2 Il corso di formazione ed il curriculum dell’infermiere di famiglia……...….……pag. 28
2.2 Il master di 1° livello………………………………………………………….……pag. 33
2.3 Il piano sanitario nazionale 2002/2004……………………………………………pag. 36
2.4 La normativa italiana…………………………………………………...…………pag. 40
2.4.1 Norme giuridiche………………………………………………………….………pag. 40
2.4.2 Norme extra-giuridiche……………………………………………………………pag. 42
I
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
PARTE II
CAPITOLO 3
L’INFERMIERE DI FAMIGLIA IN ITALIA
CAPITOLO 4
L’INFERMIERE DI FAMIGLIA ALL’ESTERO
4.1 La storia………………………………………………………….………….……pag. 93
4.1.1 Il percorso storico anglosassone………..……………………….………………pag. 93
4.1.2 Il percorso storico negli Stati Uniti……………………………...………………pag. 99
4.2 La formazione……………..……..………………………………………………pag. 100
4.2.1 Il percorso formativo anglosassone……………………………..………………pag. 101
4.2.2 Il percorso formativo negli Stati Uniti ……….…………………………………pag. 102
4.3 Le attività………………….………………………………….……..……………pag. 105
4.3.1 L’infermiere di famiglia anglosassone………..……………………..……..……pag. 105
4.3.2 L’infermiere di famiglia negli Stati Uniti……….………………………………pag. 107
4.3.3 Cure infermieristiche familiari in Slovenia………………………………...……pag. 109
II
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
CONCLUSIONI…………………………………………………...………………pag. 111
BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………..……pag. 113
III
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
IV
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
INTRODUZIONE
In questo momento di crescente autonomia della professione, non solo teorica e legislativa,
ma con una ricaduta pratica, il campo in cui giocare le carte migliori è sicuramente il
territorio. Ed è proprio in questo contesto, associato alla politica “salute per tutti” perseguita
dall’OMS, nel quale sembra assumere un ruolo di cruciale importanza una nuova figura
professionale: l’infermiere di famiglia.
Questa figura è chiamata ad offrire un significativo contributo nel perseguire gli obiettivi volti
a promuovere e a conservare la salute della popolazione lungo tutto l’arco della vita; con
questo tipo di lavoro, flessibile e polivalente, gli infermieri di famiglia possono da un lato
individuare precocemente l’insorgenza di problemi di salute e garantirne la cura sin dal loro
insorgere, dall’altro possono facilitare le dimissioni precoci dei pazienti dalle altre strutture
sanitarie (ospedali o luoghi di convalescenza), reinserendo tempestivamente l’individuo nel
proprio contesto naturale: la propria dimora.
Il nucleo familiare torna ad essere il centro di raccordo dove, chi si occupa di assistenza, è
effettivamente in grado di gestire le situazioni tenendo conto degli aspetti psicologici e sociali
del singolo individuo, adattandosi a queste e non pretendendo di applicare soluzioni prefissate
per ogni tipo di paziente. “La famiglia avrà un punto di riferimento infermieristico al pari di
quello fino ad ora rappresentato dal medico, il quale fino ad oggi, per far fronte a situazioni
di bisogno, si addentrava in competenze non sue” 1.
Ancora oggi manca una figura vicino alla famiglia che sappia accompagnarla in delicati
passaggi condizionati dai problemi di salute. E’ facile pensare a strutture sanitarie che
prescrivono i comportamenti più idonei allo stato di salute del paziente, che però il soggetto
non è in grado di adottare a domicilio perché il contesto familiare non può o non sa
soddisfare: succede così che alcune prescrizioni non vengono attuate o che le strutture si
assumono l’onere di attivare perché non esiste una soluzione alternativa idonea.
Altrettanto evidente è la necessità di intervenire tempestivamente sugli stili di vita e sui fattori
comportamentali di rischio che presentano un impatto diretto e indiretto sull’evolversi delle
condizioni di salute di un individuo e della sua famiglia. E’ dato di fatto, ad esempio, che la
V
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
nostra società negli ultimi decenni abbia prodotto cambiamenti capaci di causare un forte
impatto sulla salute pubblica come:
• il continuo aumento della popolazione anziana;
• l’aumento delle malattie croniche e degenerative;
• la configurazione di una società multirazziale.
L’infermiere di famiglia è un professionista che opera in collaborazione con il medico di
medicina generale, la sua funzione primaria è quella di assicurare la continuità assistenziale
sia in ambito domiciliare, sia in quello ambulatoriale, fornendo tutti i servizi di maggior
richiesta degli utenti e diventando un punto di riferimento per la comunità anche per quanto
attiene l’informazione sanitaria, la prevenzione, la promozione della salute e l’accesso ai
sevizi che la Ausl mette a disposizione dei cittadini.
Il punto focale, il vero valore aggiunto alla professionalità e alla competenza degli infermieri
di famiglia, sta nel rapporto che si instaura con le famiglie e con i medici di base (Fig. 1),
agendo sulla loro possibilità di continuità assistenziale e cercando di dar vita a un’azione
educativa destinata a implementare le capacità di auto cura e, quando necessario, di
adattamento dei pazienti e della famiglia alla malattia cronica e invadente.
Nel corso delle attività che competono agli infermieri di famiglia, assumono rilevante
importanza le frequenti occasioni di contatto con ampie porzioni di popolazione: in questo
modo vengono a crearsi i presupposti per una diffusione capillare degli interventi. In secondo
luogo, gli operatori hanno la possibilità di interagire con vari organismi e gruppi locali (circoli
sociali, parrocchie, associazioni di volontariato) che sono nello stesso tempo attori e
“moltiplicatori” dell’educazione sanitaria nel contesto della comunità.
Il vivere negli stessi ambiti e il condividere gli stessi problemi facilita la realizzazione di
strumenti informativi destinati alla popolazione del proprio territorio, allo stesso modo facilita
la sperimentazione di nuovi metodi di diffusione delle informazioni che mirano all’attuazione
concreta dei progetti di educazione sanitaria indirizzati a ogni specifico gruppo.
1
Alessandro Battaglini da www.ipasvigorizia.it
VI
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
INFERMIERE DI
SANITA’
PUBBLICA MEDICO DI
MEDICINA PERSONA
GENERALE
NUCLEO
FAMIGLIARE
INFERMIERE
DI FAMIGLIA
CAREGIVER
L’obiettivo del lavoro è quello di delineare le caratteristiche di una nuova area di applicazione
della professionalità infermieristica: la medicina generale.
L’infermiere di famiglia è una figura nascente nel sistema sanitario italiano, una figura non
ancora chiaramente definita nell’ambito pratico, ma ben individuata nel contesto di
applicazione quale la famiglia e la comunità. Diviene necessario raccogliere le varie
testimonianze e la letteratura, che tuttora risulta carente in materia, allo scopo di capire e
verificare l’effettiva validità di un’infermiere che utilizza le proprie competenze per agire nel
contesto familiare, passando dall’ospedalizzazione al territorio, come un vero protagonista
delle ultime riforme sanitarie.
Per meglio comprendere l’evoluzione dell’infermiere di famiglia, è utile avvalersi del
percorso storico e legislativo che già è stato seguito in altre nazioni, facendo riferimento alle
difficoltà presenti e incontrate, in riferimento anche del sistema sanitario vigente.
Infine, se l’infermiere dovrà operare in famiglia, è di quest’ultima che si dovrà capire la
conformità e il contesto di appartenenza, con un forte richiamo al significato di collettività e
di comunità.
VII
PARTE I
CAPITOLO 1
CAPITOLO 1
LA MEDICINA GENERALE
1.1 DEFINIZIONE
“Il secondo millennio si è concluso all’insegna dell’estrema specializzazione in tutto lo
scibile umano e nei suoi campi d’applicazione, quella che ci prepariamo a vivere sarà
probabilmente un’epoca nella quale la conoscenza e l’esperienza maturate dovranno ridare
all’uomo la possibilità di analizzare ciascuna realtà in modo globale”2.
Il termine generale, che sinora aveva assunto una connotazione di tipo negativo indicando
superficialità, deve riappropriarsi di significati maggiormente esplicativi, ossia considerare il
paziente come un’insieme di elementi legati fra loro. L’acquisire costantemente conoscenza
ed esperienze in diversi ambiti è certamente una necessità per chi quotidianamente ha a che
fare con l’essere umano; ma l’utilizzo del sapere e delle abilità tecniche deve al fine
manifestare una visione di tipo olistico. Infatti solo partendo dal considerare ciascun
individuo, gruppo e comunità come entità uniche e particolari, con caratteristiche ed esigenze
ben definite è possibile attuare interventi adeguati.
Ecco allora che nel considerare la Medicina Generale dovremmo aver chiaro ch’essa non è
meramente una somma di una vasta gamma di specialità, ma piuttosto è una disciplina con
peculiarità ben definite, con un corpus di conoscenze proprie e che si avvale dell’esperienza
maturata nell’ambito di più specialità per far fronte alle diverse problematiche di salute a cui
si trova ad affrontare il paziente. A fianco del termine “generale”, si alternano termini come:
generica, di base, del territorio e di famiglia, una proliferazione di termini dovuta a differenze
sociali, storiche, linguistiche e politichesi quali si sono aggiunti confini legislativi e
burocrazia.
" La Medicina di Famiglia/Medicina Generale è una disciplina originale che ha funzioni,
compiti ed abilità specifiche. Essa si fa carico della prevenzione, della diagnosi, della
terapia, della riabilitazione e comunque dell’assistenza delle Persone sane e/o ammalate, nel
loro contesto familiare e sociale. Essa basa il proprio metodo clinico sulla relazione Medico-
paziente evitando la divisione tra mente e corpo e trattando la persona e la comunità a livello
olistico e non meccanicistico"3.
2
Alessandra Semenzato dal sito: www.aimef.org
3
Maso et al. 1999
1
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
2
CAPITOLO 1
1.3 OBIETTIVI
Gli obiettivi fondamentali della Medicina di Famiglia sono gli elementi che meglio
rappresentano la professionalità degli operatori che ne fanno parte. Il Framework for
Professional and Administrative Development in General Practice/Family Medicine, nel 1998
fornisce una definizione delle peculiarità della medicina generale:
Generalità: la medicina generale si occupa di problemi di salute non selezionati
dell’intera popolazione, al suo interesse possono presentarsi casi acuti, (coliche renali,
malattie infettive); problemi cronici (scompensi cardiaci, diabete, ipertensione), e loro esiti
(deficit, limitazioni); i disagi incidono anche sulla sfera mentale con problemi di tipo
psicologico e psicopatologico (disagio esistenziale, difficoltà ad instaurare relazioni con gli
altri, disturbi mentali). Tutti i cittadini vengono considerati uguali, senza distinzione di razza,
sesso, età, cultura.
Continuità: la medicina generale si fa carico dei problemi di salute degli individui
dalla nascita, fino a tutta la durata della vita, inoltre non assiste gli individui solo durante la
malattia ma anche quando sono in salute seguendo con essi i periodi di transizione che
possono essere considerati critici, dai primi anni della fanciullezza e scuola, all’inizio del
lavoro, l’abbandono della casa, l’avvio di una propria famiglia, i cambiamenti di lavoro ed
infine il pensionamento.
La continuità dell’assistenza è la chiave per erogare un servizio di qualità per l’individuo che
sa di rapportarsi con un professionista che lo conosce e al quale può confidare i propri dubbi,
chiedere consigli, informazioni. I soggetti non vengono considerati solo esseri malati e degni
di attenzione solamente in questa fase, ma viene rivolta l’attenzione all’intera persona, con le
proprie esperienze, ed il proprio carattere. Inoltre conoscendo le influenze ambientali e
relazionali, avendo la possibilità di osservare la persona inserita nel proprio contesto di
appartenenza, si è così in grado di fare delle valutazioni maggiormente realistiche.
Globalità: la medicina generale fornisce una promozione integrata della salute, a
partire dalla prevenzione delle malattie ancora prima che si sviluppi uno stato morboso, grazie
all’educazione delle persone affinché assumano dei comportamenti che li mantengano in
salute il più a lungo possibile,
Durante la malattia, la terapia e le cure riabilitative/supporto, gli individui, in una prospettiva
fisica, hanno lo scopo di raggiungere la massima autonomia possibile; lo stesso ragionamento
è valido se si prende in considerazione la sfera psicologica e sociale sostenendo gli individui
nei momenti di crisi e favorendo il loro reinserimento nella comunità di appartenenza od in
centri protetti.
3
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
4
CAPITOLO 1
4
Organizzazione Mondiale dei Collegi e delle Accademie dei medici generali e di famiglia (WONCA)
5
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
1.4 IL CONTESTO
Il nursing comunitario viene definito come un servizio di cure infermieristiche che collega
idealmente individui, famiglie, volontari e altri membri del team e con i quali condivide un
ruolo che combina la promozione, la prevenzione della malattia e la dimensione curativa e
riabilitativa.
L’American Nurse Association afferma che gli infermieri specializzati in quest’area hanno un
ruolo in espansione nel distribuire opportunità, ridurre i costi, implementare la qualità delle
cure, specialmente per la popolazione affetta da problemi cronici di salute, come per esempio
gli anziani, i poveri e le popolazioni rurali sotto servite.5
1.4.1 IL SINGOLO
Ogni anno assistiamo ad un progressivo mutamento delle caratteristiche della popolazione in
termini di prospettiva di vita, di stile di vita o di prognosi delle malattie.
Negli anni '70 e '80 in campo demografico si sono infatti avuti netti mutamenti di tendenza:
dopo il baby-boom degli anni '60, culminato nel 1964, la fecondità si è progressivamente
ridotta e ha negli anni recenti registrato i livelli i più bassi del mondo (1,2-1,3 figli per
donna); la durata media della vita si è allungata al di là di ogni ottimistica previsione,
superando i 74 anni per gli uomini e gli 81 per le donne; l'emigrazione verso l'estero ha
lasciato il posto a consistenti flussi d'immigrazione dal Terzo mondo e dai Paesi dell'Europa
orientale.
Con il ridursi delle nuove leve e il sempre più accentuato permanere in vita delle vecchie
generazioni, uno dei principali problemi del Paese - comune peraltro a tutti i Paesi a sviluppo
avanzato - è diventato quindi quello dell'invecchiamento della popolazione (grafico 1), per
l'incremento sia del numero delle persone anziane, sia della loro proporzione sul complesso
della popolazione. Un processo questo, demograficamente inevitabile, che prende le mosse da
fatti straordinariamente positivi - il sempre maggiore e vincente controllo sulle nascite
indesiderate e sulla morte precoce - ma che ha tante e tali ripercussioni a livello macro e
micro (sistema previdenziale, assistenziale, sanitario, dei consumi, per fare solo qualche
riferimento) da essere finalmente entrato nel dibattito politico quotidiano.
5
American Nurse Association, 1993
6
CAPITOLO 1
milioni di abitanti 20
17 17,2 16
16,5 16,3 14,8
15 14 13
11
9 9,8 11,8
10 10,2
6,9 8,5 0-19
5,7
5 più di 60
0 0-19
1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020
ANNO
7
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
610
520
700
390
600
320
500 0-19
230
400 190 20-59
210 230
%
8
CAPITOLO 1
Nel sesso maschile la principale causa di morte è dovuta a patologie cronico invalidanti e a neoplasia maligna,
seguita dalle malattie cardio-vascolari; nel sesso femminile le due cause di morte hanno la priorità inversa e
assume un peso rilevante l’invalidità dovuta a frattura del femore, che in certi casi può portare alla morte della
persona.
Sempre legato all’aumento dell’età è la maggior frequenza dei quadri di MOF (Multi Organ
Failure), ossia la presenza di più patologie croniche dovute al progressivo decadimento di tutti
gli organi (grafico 5). Di conseguenza, i professionisti della medicina generale hanno la
possibilità di valutare la persona nel complesso, sia in termini di pluripatologia, sia nelle
conseguenze che queste hanno nella qualità di vita, avendo quindi la possibilità di modificare
comportamenti e stili di vita erronei e apportando il proprio contributo nel conseguente
adattamento che la persona si trova a dover affrontare.
Essendo malattie croniche, all’ospedale è riservata la fase dell’esordio acuto e della
riabilitazione, ma risulta carente il supporto fornito a seguito della dimissione, ossia a
domicilio (grafico 4). Di conseguenza vengono ritardate le dimissioni, i famigliari spesso
sono intimoriti al pensiero di dover gestire “da soli” pazienti a volte molto “complicati”.
La presenza di una figura a cui poter fare riferimento può aumentare la sicurezza in se stessi e
anche una sola visita di controllo può avere affetti molto positivi.
9
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
10
CAPITOLO 1
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Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
1.4.2 LA FAMIGLIA
La famiglia è “costituita dall’insieme delle persone che coabitano, legate da vincoli affettivi o
di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela. Il nucleo è l’insieme delle persone che
formano una coppia con figli celibi o nubili, una coppia senza figli o un genitore solo con
figli. Una famiglia, quindi, può coincidere con un nucleo, può essere formata da un nucleo
più altri membri aggregati, da più nuclei o può non avere un nucleo se le persone sono sole, o
convivono con fratelli o figli divorziati o vedovi” 6.
La famiglia costituisce la cellula di base della società, esiste nei differenti sistemi sociali,
culturali, giuridici e politici presenti nel mondo. Le tipologie di famiglie che si possono quindi
delineare sono molte e tutte diverse fra loro, una diversità che sviluppa diversi metodi per
affrontare le problematiche che possono sorgervi all’interno.
Come già suddetto, la famiglia ha un ruolo fondamentale per la prevenzione e la cura delle
malattie e dei disagi di ogni elemento che la costituisce, la collaborazione che si può creare in
una famiglia “estesa” non può essere presente nella “famiglia unipersonale”, il cui singolo
elemento non avrà altri componenti su cui contare nel periodo di non autosufficienza.
6
Istat, Famiglia, soggetti sociali e condizioni dell’infanzia, indagine multi scopo, 1998.
12
CAPITOLO 1
7
Classificazione Internazionale della Pratica e delle Cure Infermieristiche.
8
Pierantognetti P., Sansoni J., Giustizi M., “La famiglia e le cure, gli infermieri sempre con voi”, tratto da
“Professioni infermieristiche”, n° 55, giugno 2002, pp. 145-176
13
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
nucleo
Famiglie con un
Un nucleo
senza altre persone
Coppie senza figli
senza altre persone
Coppie con figli
senza altre persone
Un solo genitore
Un nucleo
con altre persone
Coppie Senza figli
Nord-Ovest 24,4 73,3 69,6 22,5 39,9 7,3 3,6 1,1 2,0 0,6 0,6
Nord-Est 22,6 73,5 68,3 20,1 40,4 7,7 5,2 1,4 3,2 0,5 1,6
Centro 23,8 72,4 66,7 20,3 39,9 6,6 5,6 1,4 3,4 0,8 1,9
Isole 18,6 79,1 76,2 16,8 50,9 8,5 3,0 0,6 1,4 0,9 0,7
Sud 17,6 79,4 75,8 16,5 51,8 7,5 3,6 0,7 2,2 0,7 1,1
ITALIA 21,7 75,2 70,8 19,6 43,9 7,3 4,3 1,1 2,6 0,7 1,2
Istat, l’Italia in cifre. Annuario 2000
Il 75,2 % delle famiglie sono costituite da un solo nucleo di cui il 70,8 % non comprende altre persone; il 43,9
% delle famiglie è formata da una coppia con figli senza altre persone esterne al nucleo e il 21,7 % sono
“famiglie” costituite da una singola persona.
La spinta alla formazione di nuclei sempre più ristretti è agevolata da motivi di lavoro, studio
o da separazione dei genitori, con conseguente spostamento di singoli individui spinti a
formare una nuova famiglia mononucleare. La società dei giorni nostri si raffigura come una
frammentazione di piccoli nuclei con la conseguente diminuzione del numero di legami
interpersonali fra i componenti.
In una famiglia composta da due o più nuclei collocata all’interno di una grande provincia,
ogni persona può avvalersi di un ricco tessuto sociale e nello stesso tempo lo stesso infermiere
14
CAPITOLO 1
9
Donati P., “Famiglia e politiche sociali”, Manuale di sociologia, ed. F. Angeli, Milano, 1985.
10
letteralmente dall’inglese «favorire l’acquisizione di potere». Termine mutuato dalla psicologia di comunità
per indicare i processi attraverso i quali l’individuo svantaggiato acquisisce maggior potere partecipando ad
associazioni. Alcuni autori ne hanno dato varie definizioni. Rapaport (1981): «accrescere la possibilità dei
singoli e dei gruppi di controllare attivamente la propria vita». Levine e Perkins (1987): «un percorso essenziale
del cambiamento nella forma di aumentato accesso alle risorse per le persone a rischio, una di queste risorse è
l’informazione (conoscere strategie necessarie per adattarsi all’ambiente), l’altra è l’organizzazione sociale
(maggior coinvolgimento e partecipazione nel definire i problemi e nel prendere decisioni). Kiefer (1982): «il
raggiungimento di abilità politiche, di saper fare e di conoscenze, che costituiscono la capacità di partecipare con
competenza.
15
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
E’ pertanto necessario che l’infermiere conosca a fondo la famiglia con cui collabora e in
base alle proprie conoscenze adotti i sistemi più appropriati e fornendo tutte le indicazioni,
nozioni e informazioni che gli individui richiedono.
Se l’infermiere generalmente si concentra sull’individuo in termini di valutazione e di
intervento, la famiglia viene considerata come contesto o oggetto di attenzione secondaria;
essa dovrà essere quindi coinvolta a livelli variabili in funzione della situazione.
L’infermiere dovrà valutare la famiglia come elemento del sistema di sostegno sociale
dell’individuo. In certi casi questo dato non potrà essere utilizzato nell’elaborazione del
programma di cure, in altri invece avrà un diverso significato in relazione alla volontà
dell’individuo.
La famigli dovrà essere considerata sia come un’entità singola che come la somma dei suoi
membri presi individualmente. In questo caso l’assistenza viene erogata ai diversi componenti
intesi come individui singoli piuttosto che alla famiglia come nucleo o unica entità destinata a
riceverla. Ogni membro viene considerato individualmente con una propria identità,
trascurando le relazioni esistenti tra lui e il resto del gruppo.
Le cure erogate a questo livello partono dalla considerazione che se viene garantita la salute di
ognuno dei membri potrà essere soddisfatto il complesso dei bisogni dell’insieme famigliare.
Pertanto “considerare la famiglia come una “non semplice somma dei suoi componenti”, torna
a sfidare l’approccio olistico in termini d’impatto delle famiglie sull’individuo e di quello
dell’individuo sulla famiglia”11.
11
Guadagnali M., “L’infermiere di famiglia, un ruolo e una presenza tra la gente”, tratto da “Professioni
infermieristiche”, n° 53, giugno 2002, pp. 55-70
16
CAPITOLO 1
17
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Lo strumento di valutazione che si basa su questo modello è costituito dall’ inventario delle
forze e dei fattori dello stress famigliare.
Il modello Calgary della valutazione della famiglia (CFAM secondo l’acronimo inglese) e il
modello Calgary d’intervento con la famiglie (CFIM secondo l’acronimo inglese)
La CFAM e la CFIM mescolano i concetti di terapia famigliare e di terapia infermieristica e
sono basati sulla teoria dei sistemi, sulla cibernetica, sulle teorie delle comunicazioni, sulla
teoria del cambiamento e sulla biologia del sapere. La valutazione si concentra sulla raccolta
di informazioni relative alla situazione della famiglia dal punto di vista della sua struttura, del
suo sviluppo e del suo funzionamento. Si basa sulla identificazione delle forze e delle risorse
della famiglia.
La CFAM consiste in una specie di carta della famiglia e parte dal principio che essa è quello
che vuole essere. La CFIM offre uno strumento per decidere gli interventi in conformità alla
valutazione che è stata fatta della famiglia. Lo strumento si basa sul riconoscimento
dell’unicità di ogni famiglia che possiede delle forze specifiche che gli sono proprie. Gli
interventi mirano a rinforzare, promuovere e/o sostenere un suo funzionamento efficace nelle
aree cognitive affettive e comportamentali. L’obiettivo consiste nell’ aiutare i suoi membri a
scoprire nuove soluzioni che aiutino a ridurre e ad alleviare le sofferenze emozionali, fisiche e
spirituali.
Il modello OMS/EURO delle cure infermieristiche orientate verso la salute della famiglia
Il modello infermieristico di salute famigliare della regione europea dell’ OMS, aggiunto
recentemente ai modelli di valutazione, si basa su molti dei quadri già menzionati. Combina
degli aspetti della teoria dei sistemi (per analizzare la complessità delle cure sanitarie), della
teoria dell’interazione (per esaminare le relazioni infermieristiche con la famiglia e gli
individui) e della teoria dello sviluppo (per stimolare la consapevolezza e la comprensione
18
CAPITOLO 1
delle diverse tappe dello sviluppo dell’individuo e della famiglia e meglio definirle).
In questo contesto gli infermieri di famiglia sono definiti come coloro che “aiuteranno gli
individui e le famiglie a contrastare la malattia e la disabilità cronica, li aiuteranno nei periodi
di stress, passando una gran pane del loro tempo a lavorare a casa dei loro pazienti con le loro
famiglie”12.
1.4.3 L’AMBIENTE
Dalla Figura 2 si può facilmente osservare come l’ambiente possa incidere in ogni direzione
su ogni elemento del sistema infermiere/famiglia. Molti elementi dell’ambiente influiscono,
sia positivamente che negativamente, su questi sistemi, rafforzandone o indebolendone
l’esistenza e l’integrità.
Data la sua importanza non si può stereotipare il concetto di comunità come un modello unico
a cui poter fare riferimento, ma và analizzato sotto tutte le varie sfaccettature.
Come prima distinzione si può identificare un ambito rurale ed uno cittadino: le famiglie
collocate all’interno di un grande centro abitato può usufruire facilmente dei servizi che
questa offre, le distanze da percorrere sono minori, viene agevolato chi ha problemi di
deambulazione o non può avvalersi di un mezzo di trasporto proprio. Le attività fondamentali,
come fare la spesa o procurarsi beni di prima necessità, trovano meno difficoltà
nell’espletamento, favorito quindi dalla vicinanza fra famiglia e strutture.
L’ambiente rurale spesso è caratterizzato da una notevole distanza fra la famiglia e servizi, il
problema che può sorgere è riferito alle persone, come ad esempio gli anziani, che trovano
difficoltà a percorrere lunghi spostamenti. Inoltre chi vive in un contesto isolato da altre
abitazioni, come le abitazioni isolate montane, potrà godere meno della collaborazione che
può sorgere fra vari nuclei famigliari e quindi necessitare maggiormente di un aiuto esterno.
Lo stesso ragionamento è valido anche per le strutture sanitarie dove la persona che deve
usufruire frequentemente di prestazioni sanitarie (terapie giornaliere, medicazioni) si trova di
fronte a grandi spostamenti ( esempio comuni montani o a ubicazioni molto isolate) con un
conseguente dispendi di energie e un possibile aggravamento del quadro patologico.
12
Wright L.M., “Nurses and families: a guide to family assesment and intervention”, F.A. Davis, Philadelphie,
1994.
19
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
13
Tradotto dall’inglese: entroterra
20
CAPITOLO 2
CAPITOLO 2
LA LEGISLAZIONE
2.1 L’OMS
Per rispondere in modo adeguato ai bisogni espressi dai cittadini della Regione Europea e a
seguito delle politiche europee di salute per tutti, anche l’Unità per l’Infermieristica e
l’Ostetricia dell’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
cominciò ad elaborare uno studio sull’Assistenza Infermieristica nell’intento di rientrare
l’assistenza stessa, alla luce dei 38 obiettivi individuati. La prima Conferenza Europea
sull’Infermieristica fu la risposta alle necessità individuate e si tenne a Vienna nel 1988,
durante la quale nacque la “Dichiarazione di Vienna sull’Infermieristica in supporto degli
obiettivi Europei per la Salute per tutti” nella quale trovarono definizione diverse direttive. I
Ministri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che parteciparono alla Conferenza
raccomandarono lo sviluppo di servizi infermieristici innovativi, centrati sullo sviluppo della
Salute oltre che sulla malattia. Inoltre, secondo le direttive di Vienna, la pratica avrebbe
dovuto essere basata sull’assistenza sanitaria di base.
Dalla Conferenza di Vienna, le funzioni dell’infermiere: assistenziale, organizzativa -
gestionale, educativa e di ricerca trovarono una loro definizione, ma soprattutto riguardo alla
formazione professionale, si affermava l’opportunità di formare un “infermiere polivalente”,
il cui operato poteva trovare come contesto sia l’ospedale sia la comunità, con una profonda e
solida educazione di base che desse una forte enfasi alle tematiche dell’assistenza sanitaria
primaria.
La rappresentativa di Infermieri dei 32 Paesi Membri di tutta la Regione Europea abbracciò le
definizioni che scaturirono dalla conferenza avviando un progetto volto ai Governi con lo
scopo di a sviluppare programmi infermieristici per formare infermieri capaci di erogare
assistenza più adatta ai bisogni della gente e, contemporaneamente, a garantire una evoluzione
della Professione ricca di attrattive e gratificante per gli stessi professionisti.
La spinta che diede la Conferenza di Vienna sfociò nel progetto che seguì, definito “Nursing
in Action”14, elaborato nel 1993 con lo scopo di rafforzare l’infermieristica e l’ostetricia
affinché fossero entrambe in grado di supportare la politica di salute per tutti. Questa strategia
14
Salvage J., “Nursing in Action”, Ufficio Regionale Organizzazione Mondiale della Sanità per l’Europa,
Copenhagen, 1993
21
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
22
CAPITOLO 2
loro insorgere. Con la loro conoscenza della salute pubblica, delle tematiche sociali, e delle
altre agenzie sociali, possono identificare gli effetti dei fattori socioeconomici sulla salute
della famiglia e indirizzare quest’ultima alle strutture più adatte. Possono facilitare le
dimissioni precoci dagli ospedali fornendo assistenza infermieristica a domicilio ed agire da
tramite tra la famiglia e il medico di famiglia, sostituendosi a quest’ultimo quando i bisogni
identificati sono di carattere prevalentemente infermieristico”16.
L’infermiere di famiglia acquisisce un ruolo durante tutto il continuum assistenziale,
compresa la promozione alla salute, la prevenzione della malattia, la riabilitazione e
l’assistenza ai malati e ai morenti. Anche se il titolo di “infermiere di famiglia” fa supporre
che l’oggetto dell’assistenza siano soltanto i membri delle famiglie così come comunemente
intese, in effetti il ruolo è molto più ampio, comprendendo tutte le persone della comunità, sia
che vivano con altri in una casa, sia che si tratti di persone senza dimora o emarginate, nonché
la comunità stessa. L’infermiere di famiglia sarà coinvolto nel processo di potenziamento
della comunità e nel lavoro congiunto con queste per incrementare le risorse ed i potenziali e
perché queste riescano a trovare soluzioni proprie ai loro problemi.
La salute 21 puntualizza:
“la famiglia (ambiente domestico) è l’unità base della società dove chi si occupa
dell’assistenza è in grado non soltanto di indirizzare le lamentele fisiche somatiche, ma anche
di tenere nel dovuto conto gli aspetti psicologici e sociali delle loro condizioni. Per chi offre
assistenza primaria è importante conoscere la situazione in cui vivono i pazienti: la casa, la
famiglia, il lavoro, l’ambiente fisico e sociale possono avere un peso considerevole sulle loro
malattie. Se gli operatori non sono consapevoli di questi fattori, alcuni sintomi insorgenti
possono venire interpretati in maniera non corretta ed i problemi non riconosciuti non
vengono curati. Ne possono risultare procedure di diagnosi e cura non necessarie che
aumentano i costi senza contribuire ad analizzare i problemi reali”17.
Viene rafforzata l’importanza che può avere una figura che possiede informazione sulla vita
dell’assistito; l’assistenza alla persona non sarà di conseguenza un’assistenza solo alla
malattia, ma un’assistenza alla vita della persona, nella malattia e nel contesto in cui si è
originata.
15
Health21: the health for all policy for the WHO European Region. Copenaghen, Ufficio Regionale OMS per
l’Europa, 1999.
16
Health21: the health for all policy for the WHO European Region. Copenaghen, Ufficio Regionale OMS per
l’Europa, 1999.
17
Health21: the health for all policy for the WHO European Region. Copenaghen, Ufficio Regionale OMS per
l’Europa, 1999.
23
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
L’obiettivo costante, che costituisce il fulcro del progetto Salute 21, è quello di “raggiungere
il pieno potenziale di salute per tutti”, attraverso il perseguimento di due grandi sfide:
• promuovere e proteggere la salute della popolazione lungo tutto l’arco della vita;
• ridurre l’incidenza delle malattie e degli incidenti più comuni ed alleviare le sofferenze
che questi causano.
Vi sono tre importanti valori che delineano il fondamento etico della Salute 21:
la salute è un diritto umano fondamentale;
equità in salute e solidarietà nelle azioni tra i paesi ed all’interno degli stessi e tra gli
abitanti;
partecipazione e responsabilità dei singoli, dei gruppi, delle istituzioni e delle comunità
per uno sviluppo sanitario continuo.
Il documento pone la sua attenzione agli elementi che già fanno parte del ruolo di diversi tipi
di infermiere di comunità che lavorano in ambiti di assistenza primaria in tutta la Regione
europea. L’OMS in un suo sondaggio condotto dal programma di infermieristica ed ostetricia,
rilevò l’attività di diversi modelli di infermieristica di comunità, ma i ruoli e i titoli attribuiti a
questi professionisti nei vari paesi, delineavano un quadro molto vasto18. L’elemento che
funge da guida nel nuovo concetto di infermiere di famiglia è il rafforzamento di elementi
costituenti le basi di tale figura come l’interesse verso le famiglie e la casa come ambiente “in
cui i membri della famiglia possono farsi carico insieme dei problemi di salute e creare il
concetto di famiglia sana”19.
18
White, L.A. & Alexander, M.F. Community nursing:transitino curriculum. Afundation course to prepare
experienced hospital nurses to work in the community. Copenaghen, 1999.
19
Asvall, J. The Alma-Ata Declaration – 20 years of impact on the European Region of WHO. Ginevra, 1999.
24
CAPITOLO 2
Con l’obiettivo 15, l’OMS riconosce l’assistenza di base come elemento a fianco
dell’assistenza ospedaliera per creare un settore sanitario integrato. Questa integrazione è
duplice, da un lato si esprime in senso verticale, ossia fra professionisti di diversi settori,
dall’altra in senso orizzontale, tra professionisti che operano nello stesso settore.
Un sistema sanitario integrato si rivela più vantaggioso in termini economici, politici e sociali,
con una conseguente ottimizzazione delle risorse a guadagno della qualità dell’assistenza.
L’assistenza sanitaria di base deve essere completa e assicurare continuità delle cure
utilizzando sistemi di orientamento dei pazienti in termini di informazione clinica e in termini
di dover compiere scelte importanti.
Oltre alle figure sanitarie, entrano a far parte della definizione anche figure appartenenti a
servizi sociali e ad altri settori come le ONG (Organizzazioni Non Governative), scuole,
istituzioni, mezzi di comunicazione ed enti di volontariato, che costituiscono una grande
risorsa se inserite in un contesto concretamente organizzato ad uno scopo comune: la salute
della comunità. E chi meglio può conoscere le strategie migliori se non gli appartenenti alla
comunità stessa? non solo come componenti dell’equipe multidisciplinare, ma addirittura
25
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
come dispensatori di assistenza e di cure, con una graduale evoluzione in continua crescita
grazie alla guida di professionisti dei vari settori disciplinari.
Ogni professionista deve essere consapevole del proprio ruolo e delle proprie conoscenze.
Dalla collaborazione e dall’interazioni nascono gli obiettivi e le strategie per il conseguente
raggiungimento. Non si deve dimenticare il rapporto di fiducia che si instaura fra gli elementi
dell’equipe e i membri della comunità e delle famiglie, fondamentali per tutti i professionisti
che si occupano del territorio nello svolgere funzioni di agente, guida e consigliere.
26
CAPITOLO 2
L’obiettivo 18 cita uno degli argomenti più importanti di questi ultimi anni: la formazione
insufficiente riguardo a contenuti giudicati come indispensabili alla messa in pratica di abilità
legate alla nostra professione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità richiama la
formazione ancora non adatta per mettere in atto interventi mirati alla salute della
popolazione. Sono richieste capacità di valutazione dei bisogni dei singoli e della collettività,
la capacità di elaborazione dei dati raccolti e di pianificazione del proprio operato in termini
di efficacia ed efficienza.
Le strategie proposte sono l’adeguamento del numero di professionisti operanti nel settore
della sanità pubblica in base alle necessità presenti e future, dotandoli di competenze e
capacità in materia di assistenza e rafforzando i contenuti meno approfonditi lungo una
formazione continua nel tempo.
La stessa collaborazione dell’equipe multidisciplinare permette un passaggio di conoscenze
fra i diversi professionisti che si trovano a collaborare nella risoluzione di un problema
27
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Requisiti d’accesso:
I partecipanti al corso saranno infermieri che hanno completato positivamente un programma
di formazione di base così come descritto nella Strategia Regionale OMS per la formazione
infermieristica ed ostetrica, denominata “Infermieri ed Ostetriche per la salute”.
Essi saranno quindi qualificati a lavorare sia in ospedale che nella comunità. Dovranno inoltre
aver completato almeno due anni di pratica dopo il diploma e aver fatto un’esperienza di tre
mesi di lavoro seguendo una famiglia a domicilio e nella sua comunità. Questo periodo dovrà
essere supervisionato da un infermiere di famiglia qualificato. Ad interim, in assenza di questa
figura infermieristica, la supervisione potrà essere effettuata da un infermiere di comunità
qualificato.
Sarà necessario ottenere il consenso informato da parte della famiglia ed appropriate leggi e
regolamenti andranno a specificare i diritti di entrambe le parti. Resta inteso che la relazione
professionale tra l’infermiere e la famiglia continuerà per tutta la durata del corso in modo che
lo studente possa testare i contenuti teorici nella pratica della vita della famiglia e delle sue
esperienze di salute/ malattia20.
28
CAPITOLO 2
20
Guadagnali M., “L’infermiere di famiglia, un ruolo e una presenza tra la gente”, tratto da “Professioni
infermieristiche”, n° 53, giugno 2002, pp. 55-70
21
Marinella D’Innocenzo, ”Ambulatori Infermieristici e continuità assistenziale”, tratto da “Rivista
dell’Infermiere, Aggiornamenti professionali”, n°1, gennaio 2001, pp. 31-35
.
29
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
tipo di programmazione garantirebbe che gli studenti siano in contatto con l’erogazione
dell’assistenza mentre sono anche incoraggiati a vedere come i concetti teorici vengono
tradotti nella realtà della pratica sin dall’inizio del corso.
Strategie di insegnamento/apprendimento:
Le strategie di insegnamento/apprendimento e di valutazione impiegate nel corso saranno
congruenti ai principi pedagogici, in ragione del fatto che docenti e studenti porteranno nel
corso competenze esistenti, conoscenze rilevanti, capacità ed attitudini che contribuiranno ad
un processo formativo reciproco. La partecipazione attiva degli studenti, facilitata dagli
infermieri insegnanti che avranno un ruolo sia in ambito universitario che pratico e dai tutori
nella pratica, sarà la norma. Gli scenari assistenziali saranno il punto focale della maggior
parte dell’insegnamento che si servirà dell’approccio problem-solving oltre che di una diversa
serie di altri metodi. In generale, si privilegeranno gli approcci interattivi, tipo i seminari
condotti dagli studenti, il lavoro di gruppo, le sessioni di “chiacchiere”, le dimostrazioni
pratiche, ad esempio sulla valutazione della salute fisica, l’utilizzo di strumenti tecnici e le
tecniche di comunicazione verbale e non verbale. Per promuovere l’approccio interattivo si
dovranno utilizzare le risorse tecnologiche più aggiornate a disposizione dell’università a
seconda dello stato membro, per esempio i video interattivi. Ci sarà ancora spazio per i lettorati
ma questi costituiranno una minima parte del curriculum. I metodi di valutazione dovranno
essere adatti all’approccio dell’apprendimento nell’adulto, basarsi sulla ricerca e comprendere,
per esempio, progetti di lavoro, ricerche bibliografiche, presentazione di casi studiati,
valutazioni sanitarie, profili di comunità e contratti di apprendimento individuali.
Il successo di queste strategie di insegnamento/apprendimento e valutazione dipenderà
criticamente dalla disponibilità e dallo sviluppo di infermieri insegnanti adeguatamente
qualificati e preparati nell’impegno di insegnare agli adulti. Inoltre, l’approccio interattivo e di
problem-solving necessita di spazi adeguati, di biblioteche ed altre risorse tecnologiche, fatto
da tenere in considerazione al momento della programmazione.
30
CAPITOLO 2
Abilità acquisite:
l’infermiere di famiglia dovrà aver acquisito, al termine della formazione complementare, le
componenti fondamentali del ruolo che riguardano:
l’erogazione di assistenza;
31
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
il processo decisionale;
la comunicazione;
la leadership nell’ambito della comunità;
il management.
32
CAPITOLO 2
Nella definizione del percorso formativo si sono accolte le indicazioni della Federazione
Nazionale Collegi IPASVI22 contenute nel documento Linee guida per un progetto di
formazione infermieristica complementare nelle aree previste dal Dm 739/94, concernente gli
approcci metodologici ai percorsi formativi, e il Curriculum proposto dall'Organizzazione
mondiale della sanità23 su L'infermiere di famiglia nel contesto della Salute 21, allo scopo di
favorire una Formazione complementare infermieristica omogenea e finalizzata
all’acquisizione delle funzioni e attività professionali che un infermiere, al termine di un
22
Federazione Nazionale Collegi IPASVI, Linee guida per un progetto di formazione infermieristica
complementare nelle aree previste dal Dm 739/94, Roma, 1998, Vol. 1
23
The family health nurse. Contex, conceptual framework and curriculum. Documento EUR/00/5019309/13,
Ufficio Regionale OMS per l'Europa, Copenaghen, Gennaio 2000.
33
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Master, deve essere in grado di esercitare, per contribuire in modo specifico e significativo
alla prevenzione e al trattamento di problemi prioritari di salute di una popolazione.
24
Federazione Nazionale Collegi IPASVI, Linee guida per un progetto di formazione infermieristica di base
dell'infermiere, Roma, 1999, Vol. 2
34
CAPITOLO 2
25
Dal sito: www.ipasvi.it
35
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
26
Rodolfi R., “Dalla devolution di Veronesi alla devolution di Sirchia”, tratto da “Panorama della Sanità”, n°
13, aprile 2002, pag. 14
36
CAPITOLO 2
37
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
pazienti e alle loro famiglie. L’anziano e il disabile inoltre chiedono di poter essere assistiti al
loro domicilio, evitando il ricovero improprio in strutture ospedaliere o in residenze sanitarie
assistenziali, non appena questo è possibile. Mancano Centri di degenza riabilitativa postacuta
e di sollievo, centri diurni nei quali gli anziani possono essere assistiti, manca soprattutto un
sistema di presa in carico globale dell’assistito che ne risolva i bisogni sanitari e sociali e lo
guidi all’interno di una rete di servizi dove spesso egli si sente disorientato. Altre nazioni
hanno già provveduto a costituire un adeguato fondo assicurativo contro i rischi della non-
autosufficienza o comunque a reperire risorse capaci di assicurare all’anziano divenuto non-
autosufficiente e alla sua famiglia la possibilità di continuare una vita dignitosa, il nostro
Paese ancora non ha provveduto ad affrontare questo problema in modo adeguato ed è quindi
tempo che ciò avvenga.
Bisogna anche sviluppare la cosiddetta ospedalizzazione a domicilio ovvero trasferire a
domicilio del paziente alcuni servizi oggi erogati solo dall’Ospedale, incluse le cure palliative,
le terapie infusionali, la dialisi, etc. Viene presentato nel Piano un modello di cura ed
assistenza a domicilio che integra l’assistenza specialistica di tipo ospedaliero, quella
territoriale con i servizi sociali.
Per molti anni l’Ospedale ha rappresentato nella sanità il principale punto di riferimento per
medici e pazienti: realizzare un Ospedale ha costituito per piccoli e grandi Comuni italiani un
giusto merito, ed il poter accedere ad un Ospedale situato a breve distanza dalla propria
residenza è diventato un elemento di sicurezza e di fiducia per la popolazione, che ha portato
l’Italia a realizzare ben 1.440 Ospedali, di dimensioni e potenzialità variabili. Negli ultimi 20
anni è cambiata la tecnologia, ed è cambiata la demografia: l’aspettativa di vita è cresciuta
fino a raggiungere i 76,0 anni per gli uomini e gli 82,4 anni per le donne, cosicché la patologia
dell’anziano, prevalentemente di tipo cronico, sta progressivamente imponendosi su quella
dell’acuto.
38
CAPITOLO 2
39
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
40
CAPITOLO 2
27
Benci L., “Professioni sanitarie non più ausiliarie”, tratto da “Rivista di diritto delle professioni sanitarie”, n°
1, gennaio 1999, pp. 12-16
41
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
L’infermiere che intende svolgere la propria attività in regime libero professionale, ha come
riferimento l’articolo 2229 del Codice Civile il quale annovera la libera professione tra quelle
“intellettuali” e “protette”. Il libero professionista è il “prestatore d’opera intellettuale
effettuata in regime di autonomia tecnica e gerarchica nei confronti del cliente con ampia
discrezionalità sotto il profilo della tecnica professionale e con propria organizzazione del
lavoro. Tra i riferimenti più importanti troviamo l’articolo 348 del Codice Penale che punisce
l’esercizio abusivo, mentre è rimandato al Collegio Professionale il potere disciplinare verso
gli iscritti (lesioni al decoro e indipendenza della professione).
La legge 175 del 1992 sancisce le norme che regolano la pubblicità sanitaria che potrà essere
effettuata solamente mediante l’affissione di targhe sull’edificio di svolgimento delle attività,
oppure mediante inserzione sugli elenchi telefonici.
28
Ferri C., “Introduzione alla Legge 10 Agosto 2000, n° 251”, tratto da “L’infermiere”, n° 3, settembre-
dicembre 2000 pp. 4-6.
29
Bonanno A., “Nursing di comunità e valutazione dei bisogni socio-sanitari”, tratto da “Nursing Oggi”, n° 4,
dicembre 1999, pp. 24-28.
30
Da Re A., “La morale cercata in mille codici”, Il sole 24 ore libri, Milano, 1990.
42
CAPITOLO 2
famiglia, sono:
1.1 “l’assistenza è servizio della persona e della comunità. Si realizza attraverso interventi
specifici, autonomi e complementari, di natura tecnica, relazionale ed educativa”.
2.2 “l’infermiere riconosce la salute come ben fondamentale dell’individuo e interesse
della collettività e si impegna a tutelarlo con attività di prevenzione, cura e riabilitazione”.
2.3 “l’infermiere riconosce che tutte le persone hanno diritto ad uguale considerazione e le
assiste indipendentemente dall’età, dalla condizione sociale ed economica, dalle cause di
malattia”.
3.3 “l’infermiere riconosce i limiti delle proprie conoscenze e competenze e declina la
responsabilità quando ritenga di non poter agire con sicurezza. Ha il diritto e il dovere di
richiedere formazione e/o supervisione per pratiche nuove o sulle quali non ha
esperienza”.
4.1 “l’infermiere promuove, attraverso l’educazione, stili di vita sani e la diffusione di una
cultura della salute; a tal fine attiva e mantiene la rete di rapporti tra servizi e operatori”.
4.3 “l’infermiere, rispettando le indicazioni espresse dall’assistito, ne facilita i rapporti
con la comunità e le persone a lui significative, che coinvolge nel piano di cura”.
4.9 “l’infermiere promuove in ogni contesto assistenziale le migliori condizioni possibili
di sicurezza psicofisica dell’assistito e della famiglia”.
4.12 “l’infermiere si impegna a promuovere la tutela delle persone in condizioni che ne
limitano lo sviluppo o l’espressione di sé, quando la famiglia e il contesto non siano
adeguati ai loro bisogni”.
4.16 “l’infermiere sostiene i familiari dell’assistito, in particolare nel momento della
perdita e nella elaborazione del lutto”.
5.1 “l’infermiere collabora con i colleghi e gli altri operatori, di cui riconosce e rispetta lo
specifico apporto all’interno dell’equipe”.
6.2 “l’infermiere compensa le carenze della struttura attraverso un comportamento ispirato
alla cooperazione, nell’interesse dei cittadini e dell’istituzione”31.
31
Calamandrei C., D’Addio L., “Commento al nuovo codice deontologico dell’infermiere”, ed. McGraw Hill,
Milano, 1999.
43
PARTE II
CAPITOLO 3
CAPITOLO 3
L’INFERMIERE DI FAMIGLIA IN ITALIA
32
Rampino M., “A fianco della famiglia”, tratto da “L’infermiere” n°4, aprile 2002, pp.6-8
45
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
33
Semenzato A., “La professione infermieristica nell’ambulatorio di medicina generale”., tratto
da “Medicinae Doctor”, n° 7, aprile 1999, pp. 15-23.
34
Falconi M., “A fianco della famiglia”, tratto da “L’infermiere” n°4, aprile 2002, pp.6-8.
35
Severi F., Ballarini L., Brandini C., Gabellino I., Severi F., “Infermieri di comunità, l’esperienza di Arezzo”,
tratto da “L’infermiere” n°1, ottobre 2001, pp. 12-14.
36
International Council of Nursing (Consiglio Internazionale degli Infermieri)
37
Pierantognetti P., Sansoni J., Giustizi M., “La famiglia e le cure, gli infermieri sempre con voi”, tratto da
“Professioni infermieristiche”, n° 55, giugno 2002, pp. 145-176.
46
CAPITOLO 3
quale professionista del nursing, ma riuscire a descrivere in modo completo l’intera tipologia
di attività dell’infermiere di famiglia, è un tentativo arduo e probabilmente risulterebbe
incompleto sotto vari punti di vista.
38
D. Orem, “Nursing: Concepts of Practice”, ed. Mosby, 1991.
47
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
comprensione del proprio ruolo nell’ambito della professione, del livello e dei limiti delle
proprie capacità.
La definizione di Nursing come servizio a disposizione della comunità e della società, è
fondamentale per poter mettere in evidenza la diversa tipologia di rapporti che gli infermieri
instaurano con le persone prese in cura, nonché della società che li riconosce come tali.
Nel considerare questo particolare aspetto del Nursing, potremmo osservare che nella
relazione infermiere/paziente più che essere l’uno l’erogatore dell’assistenza e l’altro il
beneficiario, sono dei “partners in care”; infermiere e paziente sono in grado di condividere
conoscenze e capacità. Il paziente/cliente gioca altresì un ruolo attivo nel prendersi cura di
sé, in una relazione all’interno della quale l’infermiere assume principalmente un ruolo di
educatore.
39
Nightingale, “Notes on Nursing”, New York Dover Publications, Inc., 1969.
48
CAPITOLO 3
Nightingale tende a dare maggior risalto all’ambiente fisico che a quello psicologico o
sociale, ambiente considerato come l’insieme di tutte le condizioni e le influenze esterne che
agiscono sulla vita e sullo sviluppo di un organismo, capaci di prevenire, guarire oppure
contribuire alla malattia e alla morte.
La pratica infermieristica deve porre il paziente nella condizione migliore affinché la natura
agisca, in un ambiente sano atto a promuovere la salute, a favorire il miglioramento. Questo
approccio all’infermieristica è valido oggi come lo era più di cento anni fa, un approccio nel
quale l’infermiere di famiglia può trovare spunto per interagire con l’ambiente del paziente e
favorirne la salute.
Hildegard Peplau: il fulcro della sua teoria è costituito dal processo interpersonale
infermiera-paziente ritenuto parte integrante dell’infermieristica moderna.
L’uomo è definito come “un organismo che combatte alla sua maniera per ridurre la tensione
originata dai bisogni”; la salute come “una parola simbolo che implica la continua crescita
della personalità e di altri processi umani verso la creatività, costruttività e produttività sia
personale che comunitaria”40.
La società non è chiaramente definita dalla Peplau che però incoraggia il nursing a prendere
in considerazione la cultura e le abitudini della persona, per esempio, quando cambia
ambiente e deve adattarsi alla routine ospedaliera. L’infermiere di famiglia entra a far parte di
questo delicato passaggio, prima come raccordo fra i diversi professionisti della salute e
secondo come punto di riferimento per la persona che si viene a trovare in un ambiente
sconosciuto.
Il Nursing viene inteso come “un significativo processo terapeutico interpersonale, un
rapporto umano fra individuo malato o bisognoso di servizi sanitari ed un’infermiera
professionale preparata a riconoscere tali bisogni e rispondere con l’aiuto adeguato al
paziente”, una figura professionale che può essere quella dell’infermiere di famiglia.
Virginia Henderson: la sua teoria si basa sull’aiuto da fornire all’individuo per rendersi
indipendente e a fare a meno di questo aiuto appena possibile41.
Virginia Henderson considera le persone come esseri con dei bisogni fondamentali, bisogni
che sono compresi nei quattordici componenti. La società viene messa in rilievo
scarsamente, considera gli individui in rapporto alle loro famiglie, ma poco approfondito è il
rapporto con la comunità. La sua definizione di salute è basata sulla capacità dell’individuo
40
Peplau, “InternetionalRelationsin Nursing”, New York: G.P. Putnam’s Sons, 1952.
49
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Dorothea Orem: nella sua teorica “l’infermieristica si interessa in modo particolare del
bisogno che l’individuo ha di svolgere attività di autoassistenza, la quale va potenziata e
diretta al fini di conservare la vita e la salute, riprendersi da malattie o da lesioni e far fronte
alle conseguenze di tali eventi”42.
La Orem crede che l’essere umano abbia il potenziale necessario per apprendere ed evolversi
e soddisfare i propri bisogni di autoassistenza, se l’individuo non è in grado di acquisire tali
nozioni, altri devono apprenderle in vece sua e provvedere ad assisterlo.
Per individuare le persone alle quali è indirizzata l’assistenza infermieristica, nella teorica
compare il termine “unità di servizio”, costituita da un singolo individuo o da un gruppo di
persone le cui relazioni interpersonali attirino l’interesse dell’infermieristica. Nel primo caso
individuare il contesto con cui l’individuo è in relazione, nel secondo considerare il gruppo
come unità.
Il concetto di salute si riconduce al concetto dell’OMS e introduce il concetto di assistenza
sanitaria preventiva, la quale racchiude in sé la promozione e il mantenimento della salute
(prevenzione primaria), il trattamento di malattie o ferite (prevenzione secondaria) e la
prevenzione delle complicanze (prevenzione terziaria).
La Orem sviluppa il concetto di nursing in tre parti interconnesse che sono: autoassistenza,
deficit nell’autoassistenza e sistemi infermieristici; l’arte del nursing si esplica nel fare una
corretta valutazione delle ragioni per le quali le persone possono ricevere aiuto del nursing
dando luogo a tre diversi sistemi: quello totalmente compensativo, quello parzialmente
compensativo e quello educativo e di sostegno determinando i ruoli sia dell’infermiere che
del paziente.
41
Henderson, “The nature of Nursing”, New York: The Macmillan Co., 1966.
42
Orem, “Nursing: Concept of Practice”, New York: McGraw-Hill, 1971.
50
CAPITOLO 3
Callista Roy: il suo modello è composto da cinque elementi: persona, scopo del nursing,
attività infermieristica, salute e ambiente. Le persone vengono considerate sistemi viventi
adattive, con comportamenti che possono essere classificati come risposte di adattamento
positive o negative. Tali comportamenti derivano dai meccanismi regolatore e cognitivo.
Detti meccanismi agiscono nell’ambito delle modalità di adattamento costituite da: funzione
fisiologica, concetto di sé, funzione di ruolo ed interdipendenza. La Roy afferma che il
ricevente di assistenza infermieristica può essere una persona, una famiglia, un gruppo, una
comunità o una società; ognuna di queste entità deve essere considerata dall’infermiere di
famiglia come un sistema solistico capace di adattarsi.
Lo scopo del Nursing è quello di favorire risposte positive in rapporto alle quattro modalità
di adattamento mediante l’utilizzazione di informazioni circa il livello di adattamento della
persona agli stimoli focali, contestuali e residuali. Le azioni infermieristiche comprendono
l’azione esercitata su detti stimoli atta a favorire una risposta positiva all’adattamento.
La salute è un processo di integrazione capace di raggiungere gli scopi riguardanti
padronanza. L’ambiente è l’insieme di stimoli interni ed esterni ad una persona44.
43
King, “A Theory for Nursing: Systems, Concepts, Process”, New York: Wiley, 1981.
51
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
44
Roy, “Introduction to Nursing: An Adaptation Mode” Englewood Cliffs, N.J.: Prentice-Hall, Inc., 1976.
52
CAPITOLO 3
45
Neuman, “The Neuman System Model”, Norwalk, Conn.: Appleton & Lange, 1989.
53
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
collegare le nuove e più complesse finalità dei servizi agli strumenti per raggiungerle in
pratica.
46
Lynda Juall Carpenito, “Piani di assistenza e documentazione”, Ed. Ambrosiana, Milano, 1991.
54
CAPITOLO 3
55
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Tipologia di utenza: la natura della tipologia degli utenti determina non solo il mix delle
professionalità richieste al team di case management, ma anche il potenziale guadagno in effi-
cienza dell’equità attraverso l’applicazione di un intenso case management.
56
CAPITOLO 3
Associare il carico di casi per case manager alla tipologia di utenti servita è dunque necessario
per un efficiente uso delle risorse, altrimenti si causerebbe probabilmente un notevole spreco
di risorse fornendo un’eccessiva offerta di case management per casi semplici o impedirebbe
al case manager di ottenere i guadagni in termini di efficienza ed equità che potrebbero essere
raggiunti, impedendogli di dedicare abbastanza tempo e sforzi ai casi più complessi.
Ruolo del case manager nelle decisioni sulla presa in carico: la collocazione del case
manager nel percorso assistenziale dell’utente ed il suo ruolo rispetto alle decisioni sulla presa
in carico influenza fortemente la possibilità di sviluppare efficacemente una strategia di
allocazione delle risorse. Nel corso del tempo, il ruolo assunto dal case manager nelle
decisioni sulla presa in carico potrà influenzare le stesse percezioni in merito a quali sono le
priorità del servizio. Questo è vero sia per le percezioni del case manager sia per quelle degli
altri attori coinvolti nella rete dei servizi. Nel complesso, pertanto, il ruolo assegnato al case
manager sulle decisioni concernenti la presa in carico ha un impatto significativo sulla
capacità di allocare le risorse in maniera efficiente.
57
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
58
CAPITOLO 3
Un team non è sempre costituito solo dal nucleo, spesso hanno un ruolo determinante altre
figure professionali e non, che grazie alle loro abilità collaborano apportando un contributo
notevole e un migliore applicazione dei progetti condivisi coadiuvando gli interventi.
Come possiamo già comprendere molti sono i vantaggi del lavorare in team; potremmo
sinteticamente identificarli come di seguito:
- ciascun componente può offrire competenze e capacità specifiche e diversificate tra loro;
- è possibile delegare parte del lavoro alle persone più abili a trattare un dato problema;
- ogni membro del gruppo può educare l’altro;
- possibilità di condividere idee e conoscenze;
- possibilità di ottimizzare la qualità delle cure e dell’assistenza.
In questo prospettiva il team è visto come un sistema dinamico e interagente, la cui struttura
deve essere in grado di assecondare varie esigenze, sia in base agli obiettivi preposti, che alla
disponibilità, alle problematiche, ed alle capacità di ogni suo componente.
Difficoltà/ostacoli
Contemporaneamente, ogni qual volta si costituisce un sistema complesso ed organizzato,
possono emergere tutta una serie di difficoltà ed ostacoli, che possono influire negatimene sul
risultato del lavoro del gruppo e sull’autostima dei diversi componenti.
Riassumendoli, essi sono:
- scarsa comprensione dei reciproci ruoli;
- duplicazione dei ruoli;
- carenza di tempo ed incremento del carico di lavoro;
- incremento dello stress e del burn-out;
- inefficiente comunicazione, per mancanza di tempo;
- mancanza di team meeting periodici.
Se da un lato il lavoro di squadra, come già abbiamo visto, valorizza tutta una serie di aspetti
positivi che assicurano efficacia agli interventi, stimolando ulteriormente la crescita
professionale di ognuno, dall’altro pone delle difficoltà sia di tipo oggettivo che soggettivo.
Lo scambio reciproco di idee, consigli, revisioni, valutazioni, porta ad un dispendio di tempo
e di energie che spesso non è valutato, soprattutto in termini economici, costituisce uno dei
più grandi ostacoli che funge da freno allo sviluppo di nuovi gruppi di lavoro.
Dall’altro lato però la conoscenza reciproca, nella maggior parte dei casi, porta ad essere
sempre più in sintonia i vari componenti del gruppo stesso, in modo tale che la comunicazione
59
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
e l’intesa vengono sempre più migliorate, portando così ad economizzare il tempo, si tratta
quindi di un investimento che porta in seguito a risultati migliori.
E’ di primaria importanza inoltre che il team si riservi un tempo nel quale riflettere, rivedere,
analizzare e decidere ogni sviluppo successivo in quanto la valutazione è il miglior strumento
per il miglioramento dei singoli e del gruppo.
60
CAPITOLO 3
definizione dei bisogni e delle azioni di salute prioritarie, secondo il grado di urgenza e la
loro fattibilità economica
• Progettare e sviluppare una rete dei servizi nell’ambito della Sanità pubblica
• Svolgere attività di sorveglianza per gli accertamenti sanitari preventivi e periodici;
attuando controlli igienici
• a domicilio, nella comunità
61
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
62
CAPITOLO 3
• Eseguire interventi tecnici definiti nel piano di assistenza per il sostegno e lo sviluppo
dell’autonomia della persona assistita
• Partecipare all’elaborazione e applicazione di percorsi clinici integrati
• Organizzare la somministrazione dei programmi terapeutici e assicurane la compliance
• Rilevare segni e sintomi di effetti collaterali e complicanze dei trattamenti e segnalarli al
medico
• Collaborare con altri professionisti dell’équipe nell’applicazione e adattamento del piano di
cure integrato
• Documentare sulla cartella infermieristica l’assistenza realizzata
• Supervisionare la qualità delle informazioni registrate sulla cartella infermieristica
• Valutare l’assistenza infermieristica erogata
• Assistere la persona dopo la dimissione e nella fase post acuta e assicurare la continuità
delle cure a domicilio
• Organizzare la continuità delle cure a domicilio dopo un ricovero ospedaliero, attivando
persone- risorsa, mettendo a disposizione i presidi necessari, attivando la rete di operatori
con competenze specifiche alla situazione, istruendo sulle modalità assistenziali
• Informare e sostenere la persona assistita e la famiglia nelle fasi riabilitative
• Informare la persona assistita sulle opportunità offerte dai servizi territoriali utilizzabili a
supporto delle sue necessità
• Organizzare l’incontro della persona assistita con associazioni, volontari e gruppi di auto-
aiuto
• Identificare con la persona assistita e la sua famiglia gli stili di vita che possono
rappresentare fattore di rischio per la salute
• Valutare il tipo di informazioni in possesso della persona assistita e della sua famiglia e il
loro grado di comprensione
• Identificare i bisogni educativi della persona assistita e della famiglia
• Definire obiettivi educativi riferiti all’acquisizione da parte della persona assistita e la sua
famiglia di corrette abitudini di vita, tenendo conto della sua rappresentazione della
malattia e delle differenze comportamentali legate alla cultura di appartenenza
• Stabilire con la persona assistita e la famiglia un contratto educativo in cui siano definite le
strategie per far fronte ai problemi di salute
• Informare la persona assistita e la famiglia in modo mirato e scientificamente valido
• Predisporre materiale informativo relativo al controllo dei fattori di rischio e delle
complicanze
• Istruire la persona assistita e la famiglia ad autoidentificare segni e sintomi di complicanze
e a prevenire o ridurre gli effetti indesiderati dei trattamenti
• Utilizzare tecniche di counseling per sostenere la persona assistita a cambiare
comportamenti nello stile di vita e ad assumere decisioni nel controllo dei fattori di rischio
e nella gestione dei trattamenti
• Applicare metodi e mezzi educativi pertinenti alle esigenze individuate
• Identificare gli ostacoli all’apprendimento di comportamenti adattivi da parte della persona
assistita e della sua famiglia
63
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Pianificare
• Pianificare il proprio lavoro tenendo conto degli obiettivi del servizio e in modo coordinato
con l’organizzazione generale dell’istituzione
• Organizzare dei programmi di azione per problemi sanitari specifici e a differenti livelli
• Progettare procedure di raccolta dati, di comunicazione tra servizi e con enti
• Delegare ai collaboratori, sulla base della valutazione delle necessità assistenziali dei
malati, le attività assistenziali conformi al loro profilo
• Definire le priorità per utilizzare in modo ottimale le risorse esistenti
• Identificare tipologia e costi delle risorse strumentali ed ambientali, necessarie
all’assistenza infermieristica
Controllare
• Richiedere la collaborazione di altre risorse dopo aver valutato insufficienti le proprie
capacità e possibilità operative rispetto alla complessità degli interventi assistenziali e
preventivi
• Utilizzare le risorse applicando criteri di costo-efficacia
• Adattare le risorse e le attività per il raggiungimento degli obiettivi
• Utilizzare strumenti di integrazione (linee guida, procedure, protocolli assistenziali, piani
di assistenza standard) progettati con l’équipe o da altri servizi per omogeneizzare le
modalità operative
• Predisporre cartelle sanitarie di rischio, modulistica specifica
• Assicurare l’archiviazione delle posizioni sanitarie dei lavoratori e degli utenti
garantendone la conservazione e una funzionale consultazione
• Redigere relazioni sanitarie, rapporti sull’attività e statistiche
• Preparare e trasmettere l’informazione secondo i canali appropriati
• Utilizzare metodi di comunicazione interpersonale efficaci nel lavoro di équipe
• Utilizzare canali di comunicazione efficaci in relazione alla tipologia di informazioni da
trasmettere
• Collaborare con i componenti del team interdisciplinare nella realizzazione delle attività
• Gestire progetti di cambiamento per il miglioramento della qualità dell’assistenza
• Sostenere e monitorare processi di cambiamento ambientali e lavorativi volti al
miglioramento della salute, adottando tecniche di negoziazione e gestione dei conflitti
• Condurre un gruppo di lavoro volto a identificare rischi e misure di prevenzione
• Facilitare l’accesso dell’utenza ai servizi (informazione, orari, abolizione barriere
architettoniche, decentramento delle prestazioni essenziali…)
• Coinvolgere i cittadini e le loro associazioni nella valutazione del funzionamento del
servizio
• Supervisionare l’approvvigionamento di vaccini, farmaci, materiali e presidi dei servizi
64
CAPITOLO 3
Valutare
• Identificare la necessità di variare protocolli assistenziali di fronte a situazioni particolari e
concordarne l’adattamento
• Supervisionare la qualità della formulazione dei piani di assistenza
• Supervisionare la qualità delle informazioni registrate sulla cartella infermieristica
• Valutare l’assistenza infermieristica erogata
Consulenza
Funzione formazione
Funzione ricerca
• Attuare progetti di ricerca selezionati sulla base dei problemi prioritari di salute e dei
problemi prioritari dei servizi
• Collaborare ai programmi di ricerca di pertinenza di Sanità pubblica
• Contribuire al miglioramento della qualità e dell’efficacia in tema di sanità comunitaria
• Contribuire all’analisi dei fattori che hanno influenza sulla salute
• Favorire e realizzare un programma di valutazione
• Identificare specifici problemi e aree di ricerca in ambito di Sanità pubblica
• Realizzare ricerche in collaborazione con équipe multidisciplinari
• Partecipare a ricerche epidemiologiche
• Partecipare a programmi di monitoraggio e controllo di eventi critici (per esempio di
rischio infettivo)
• Utilizzare i risultati delle ricerche per facilitare la presa di decisione
65
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
47
Per gentilissima concessione di Alessandra Semenzato, I.P. responsabile dell’Unità infermieristica del
Dipartimento italiano di medicina di famiglia (Aimef)
66
CAPITOLO 3
Da segnalare che, mentre le prime tre infermiere collaborano con un unico medico, la quarta
lavora assieme a tre diversi medici di medicina generale: ciò significa che oltre ad avere un
carico di 4500 assistiti circa è presente in ambulatorio per molte ore nella giornata e questo, lo
vedremo in seguito, è stato a nostro parere, rilevante per quanto concerne l’analisi delle
risposte date dai pazienti stessi.
Gli intervistati
Sono stati intervistati in totale 174 maschi, e 283 femmine, che corrispondono alle seguenti
percentuali: il 38% dei maschi, il 62% delle femmine. La classe di età, che compare con
maggior frequenza, è compresa tra 46-65 anni e corrisponde al 37% degli intervistati. È stata
confermata una maggiore frequentazione dell’ambulatorio dei Medico Medicina Generale da
parte di donne tra i 46 e i 65 anni, rispetto ai maschi della stessa età.
In particolare è emerso:
14-30 16%
31-45 29%
46-65 37%
over 65 20%
67
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
20%
36%
14-30
31-45
46-65
16% over 65
28%
Da quanto emerge visivamente, è doveroso fare una considerazione molto importante: come
possiamo osservare gli assistiti che maggiormente frequentano l’ambulatorio di medicina
generale (AMG), rientrano nelle fasce d’età media, comprese cioè tra i 30 e i 65 anni. Questo
contrasta in qualche modo con l’affermazione che sovente viene riproposta, riguardante
l’invecchiamento della popolazione e con le malattie e le complicanze ad essa correlate,
tipiche della senescenza. Ciò significa che le patologie rilevanti, per la medicina di famiglia,
sono le più disparate e che, soprattutto, danno modo di impostare il dialogo sulla prevenzione
e sull’educazione sanitaria dei singoli e dei gruppi familiari.
Elaborazione dati
Le sedici domande sono state elaborate allo scopo di verificare alcuni precisi aspetti dei
compiti e delle attività infermieristiche. In particolare ci premeva comprendere se, il rapporto
che gli utenti hanno instaurato con la loro infermiera, possa definirsi di fiducia, al pari di
quello del medico. E di conseguenza se il loro rapporto lavorativo possa essere concretamente
di collaborazione.
In secondo luogo è necessario comprendere l’intera gamma di attività che le infermiere
svolgono, sia all’interno dell’ambulatorio, sia al domicilio dei pazienti. Inoltre, esse sono state
distinte in attività di tipo pratico, di tipo relazionale, ed educativo.
Sono state prese in considerazione anche le proposte degli assistiti, in considerazione della
loro esperienza diretta; è stato chiesto loro di esprimere non solo un giudizio, ma anche alcuni
suggerimenti per ottimizzare il servizio.
Vediamo ora di analizzare le domande che maggiormente sono risultate essere significative.
68
CAPITOLO 3
NO 0.8%
SI 99%
NON appropriato 0.2% 48
Per quanto il risultato sia di facile interpretazione, vogliamo precisare che la scelta del temine
”utile”, risponde all’esigenza di facilitare la lettura della domanda. In realtà l’intento era
quello di verificare se e quanto questa figura fosse accettata dai pazienti, visto che ancora essa
non ricopre un ruolo accreditato formalmente.
Alla domanda “Si è mai rivolto all’infermiere per chiedere dei consigli o una prima
valutazione dei problemi o dei sintomi da riferire al medico” è risultato:
SI 65.7%
NO 32.6%
NON appropriato 1.7%.
Alla domanda “Si è mai rivolto all’infermiera per chiedere consigli o informazioni per la
prevenzione di alcune malattie come il diabete o l’ipertensione, oppure per tutelare la
propria salute o quella dei propri familiari?”
48
(Il termine non appropriato include le non risposte o quelle ritenute non corrette, esempio doppia risposta).
69
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
1%
24%
36%
spesso
qualche volta
mai
non appropr.
39%
In questo caso si è voluto evidenziare l’aspetto preventivo, valutando se negli utenti vi sia una
sensibilità, un interesse reale alla tutela della propria salute. Possiamo notare che il 63% degli
intervistati ha comunque ritenuto un valido interlocutore l’infermiere di famiglia, in grado di
dare risposte adeguate, a tal riguardo. Tuttavia non esiste ancora, tra gli utenti una coscienza
diffusa dell’importanza degli atti preventivi, né tanto meno la conoscenza di chi
effettivamente possa trasmettere un sapere utile. Ciò porta ad una riflessione, che potrebbe
anche trasformarsi in un impegno futuro: poiché la “prevenzione” va fatta con costanza sulla
base dei bisogni e delle attese dei cittadini, si potrebbero creare degli spazi dedicati a
particolari tematiche rivolti appunto alla comunità. Questo, in un secondo momento, più
adeguato al singolo individuo visto e considerato che sempre più si tende a focalizzare molti
degli interventi sanitari in materia preventiva.
70
CAPITOLO 3
Consigli
9% 3%1%
1%
23%
3%3% 4% 2%
1% 21% Consigli Medicazioni
Medicazioni 8% Iniezioni
Iniezioni Ripetizioni di ricette
Ripetizioni ricette
Chiarimenti terapie
Chiarimenti terapie
10% Lavaggi auricolari 17%
Lavaggi auricolari
Informazioni S.S.N.
21% Informazioni S.S.N
45% 11% Esenzioni Esenzioni
17%
Assistenza sociale Assistenza sociale
Sondrio
Cellole (CE)
11% 0% Consigli
7% 10% 7% 3% Consigli
4% Medicazioni 0% Medicazioni
1% Iniezioni 13%
Iniezioni
40% 19%
Ripetizioni ricette Ripetizione ricette
Chiarimenti Terapie Chiarimenti terapie
Lavaggi auricolari Lavaggi auricolari
14%
27% Informazioni S.S.N- Informazioni S.S.N.
Esenzioni 20% Esenzioni
5% 5% 14%
Assistenza sociale Assistenza sociale
71
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Consigli
0%4% 2% 5%
4%
15% Medicazioni
Iniezioni
6% Ripetizione ricette
Chiarimenti terapie
Lavaggi auricolari
Ambulatorio 1
100
Ambulatorio 2
90 90
87 87 Ambulatorio 3
80 Ambulatorio 4
75
72 Ambulatorio 5
70
66 66
63 64 61
60 58
52 52
50
44
40
34 32
30
Percentuali 26
21 24 23
20 17 18 17
14 14
10 9 11 10
10 7 8 7
5 6 5 5
2 0 0 2 3 3 42 2
0
Chiarimenti
Ripetizioni di
Medicazioni
Consigli
Esenzioni
auricolari
Iniezioni
Informazioni
Lavaggi
Assistenza
sociale
terapie
SSN
ricette
In tutti gli ambulatori, la ripetizione di ricette ha una percentuale molto alta con una punta del 87%. Le
medicazioni hanno una conformazione diversa a seconda dell’ambulatorio con un 90% nell’ambulatorio 4 contro
72
CAPITOLO 3
il 9% dell’ambulatorio 5, cosi come i lavaggi auricolari che nell’ambulatori 5 non vengono eseguiti mentre in
altri raggiungono percentuali del 44%.
Amb.1
100
90
84 Amb.2
80 76
70 Amb.3
60 56 Amb.4
44
40 Amb.5
30
24
Percentuali20 16
10
0
SI NO
Amb.1 24 76
Amb.2 30 70
Amb.3 16 84
Amb.4 90 10
Amb.5 56 44
Un altro aspetto rilevante ai fini della nostra indagine, riguarda le cure a domicilio.
Dall’istogramma che segue ci rendiamo conto di quanto sia diversificata tra i vari ambulatori,
non solo la richiesta da parte degli utenti, ma soprattutto la tipologia degli interventi. Al di là
delle prestazioni assistenziali direttamente collegate alla cura, emergono due dati importanti:
• La richiesta di consigli, che evidentemente viene espressa in concomitanza con la richiesta
d’interventi di tipo tecnico;
• La richiesta di supporto emotivo: spesso, e questo potrà confermarlo quel professionista
che ne abbia diretta esperienza, gli assistiti hanno bisogno di conferme, chiarimenti, o
semplicemente della presenza di chi possa comprendere e condividere un determinato
momento di disagio, malattia, sofferenza fisica, psicologica, affettiva. Ciò ha molta
rilevanza perché mette in luce l’essenza di tale relazione: il rapporto di fiducia tra il
professionista della salute ed i cittadini che lo hanno scelto; esso è unico. Nella difficoltà
ogni individuo ha necessità di potersi affidare a chi lo conosca comunque come essere
73
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
sano, nella sua globalità; senza che debba compiersi lo sforzo di mostrare questo o
quell’altro aspetto, come sovente avviene tra estranei.
Nell’am 90
bulatori 83
80
o 4 73 72
l’inferm 70
iere dà 60
Percentuali
consigli
50
a
40
domicil 34
30
io nel 30
75% 20 19 19
15
dei casi 9
10 6 7 6
e l’83% 3 3 3 4 2 3
1 1
0
degli
Consigli Cure Sostegno/supporto Altro
interven emotivo
ti sono
per eseguire delle cure; negli altri ambulatori le percentuali sono più basse come gli ambulatori 1 e 5 con il 3% di
interventi a domicilio per dare consigli. La stessa diversità è evidente per quanto riguarda il supporto emotivo.
L’ultimo aspetto sul quale si vuole riflettere, riguarda i suggerimenti che gli utenti hanno
espresso, inerenti il giudizio dell’organizzazione del lavoro dell’infermiera in AMG. Giudizio
sia di tipo quantitativo che qualitativo. Essi sono stati espressi in due modi: tramite domande
chiuse ed aperte. Il risultato è stato interessante: molti nell’apprezzare il contributo
professionale dell’infermiera nella Medicina di Famiglia, sentono la necessità che la sua
presenza sia garantita attraverso l’ampliamento dell’orario lavorativo, (ricordiamo che
attualmente nella maggioranza dei casi copre solo mezza giornata). Inoltre, è emersa ancora
una volta l’esigenza di ricevere maggiori informazioni inerenti la prevenzione e l’educazione
sanitaria.
"Ha dei suggerimenti affinché questa nuova figura d'infermiera possa offrire un servizio
migliore nell'AMG?"
74
CAPITOLO 3
100
Percentuale
90 84%
80
73%
Ambulatorio Oriago
68%
70
61%
Ambulatorio Fiesso
D'Artico
60
53%
47%
50 Ambulatorio Caserta
38%
40
33% Ambulatorio Sondrio
30
22%
19%
17% 16%
20 14%
13%
11%
10 5%
0
Ampliare orario Maggiore Più consigli per Va bene così Altro
diservizio informazione evitare l’insorgenza
sulle terapie di malattie
Le persone intervistate in tutti gli ambulatori hanno espresso la necessità di dover ampliare l’orario di servizio e
un miglioramento dei servizi con un massimo dei 73% nell’ambulatorio di Caserta ed un minimo di 11%
nell’ambulatorio di Sondrio. Anche la domanda “va bene così” ha ottenuto risposte diverse con un massimo
dell’85% ed un minimo del5%.
CONCLUSIONI
Dall’indagine condotta risulta evidente che il ruolo dell’infermiera che opera accanto al
medico di famiglia è accettato e riconosciuto per la sua importanza all’interno
dell’ambulatorio di medicina generale.
La maggioranza degli intervistati ha dichiarato di aver instaurato un soddisfacente rapporto di
fiducia e che spesso, nei momenti di difficoltà, ritiene necessaria anche la sua presenza
accanto a quella del medico.
Come abbiamo potuto rilevare ci sono alcuni aspetti, nell’attività dell’infermiera di famiglia,
che meriterebbero di essere ampliati: tra questi, ad esempio, vi sono le cure a domicilio.
Sebbene siano poche le persone che hanno dichiarato di aver richiesto un intervento a
domicilio (40%), tutti lo reputano comunque soddisfacente.
75
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Solo per un ambulatorio vi è stata un’alta richiesta di visite a domicilio (90%), questo
probabilmente è da imputarsi, non tanto al numero di assistiti, peraltro elevato, quanto al
metodo organizzativo assistenziale che l’infermiera ha ritenuto opportuno adottare.
L’infermiera è in grado di rispondere in modo efficace ai bisogni degli assistiti, lo conferma
l’osservazione della maggioranza delle persone (96.75%) che auspica la sua presenza anche in
altri ambulatori di medicina generale, o addirittura l’ampliamento dell’orario di servizio, dove
è già presente.
In conclusione vogliamo dare risalto all’esclusivo rapporto che si è creato gli utenti e le loro
infermiere: alcune persone lo hanno voluto sottolineare firmando il questionario, anche se non
richiesto, altre hanno scritto alcune personali osservazioni. Le riportiamo così come le
abbiamo lette:
“Una sua parola a volte ti consola”
“La nostra infermiera professionale è tutto ciò che vorremmo avere. Ci sostiene, ci cura,
ci sgrida e ci accudisce nel modo più completo che il medico serve solo quando ne
abbiamo effettiva necessità”
“Conoscere meglio il suo ruolo per essere certi di poter fare riferimento direttamente a
lei”
“E’ molto necessaria”
“Si richiede alta specializzazione”
“Dare più spazio per imparare a proprie spese”
“Permettere maggiore libertà d’intervento all’infermiera senza passare
obbligatoriamente attraverso il parere del medico”
Premessa:
Nel dicembre 1991, veniva approvato dal Consiglio dei Ministri il Progetto Obiettivo Anziani
che indicava tra gli interventi prioritari da compiere, quelli a favore degli anziani non
autosufficienti ed in particolare di attivare o potenziare, tra gli altri, i servizi di Assistenza
Domiciliare.
49
Dal sito: www.aging.cnr.it
76
CAPITOLO 3
In questo ambito l'attuazione del Progetto Obiettivo tramite una iniziale sperimentazione di
modelli assistenziali innovativi riveste certamente una importanza particolare. L'obiettivo
prioritario della sperimentazione eseguita nel Comune di Rovereto (TN), unitariamente alla
Provincia Autonoma di Trento e alla Unità Sanitaria Locale delle Vallagarina, è stato quello
di ottimizzare l'intervento socio-sanitario a favore degli anziani non autosufficienti o a rischio
di divenirlo (ottimizzazione del servizio di assistenza continuativa). Sulla base delle
esperienze internazionali, si è ipotizzato che la figura fondamentale nella gestione della rete
dei servizi geriatrici di assistenza continuativa possa essere il "coordinatore del caso",
l'operatore cioè che effettua la valutazione del potenziale cliente, determinandone
l'eleggibilità o meno a uno o più servizi della rete stessa. La rete integrata dei servizi necessita
infatti di un centro di coordinamento, che allo stesso tempo sia lo "sportello" unico a cui il
potenziale cliente possa rivolgersi per la valutazione dei suoi bisogni e la conseguente
allocazione al servizio in quel momento necessario.
77
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Risultati
La sperimentazione si è conclusa quando l'ultimo cliente randomizzato ha terminato l'anno
prestabilito di osservazione (30/5/1996). I risultati sono dettagliatamente riportati nel grafico
13, dall'analisi è stato escluso un anziano del gruppo di trattati in quanto perso al follow-up.
La popolazione studiata non presentava all'inizio della sperimentazione differenze
significative tra il gruppo di trattati e di controllo sia per quanto riguarda le caratteristiche
socio-demografiche che lo stato funzionale (ADL e IADL), lo stato cognitivo ed affettivo. Ad
un anno di distanza la mortalità tra i due gruppi non ha mostrato differenze significative (12
decessi nel gruppo trattati contro 13 dei controlli). Le osservazioni più interessanti riguardano
il consumo delle risorse osservato durante l'anno di sperimentazione. Dall'analisi si evidenzia
come per ogni paziente del gruppo trattati ci sia stato un risparmio annuo superiore ai tre
milioni di lire, dovuto a:
riduzione del numero totale di giorni di ospedalizzazione,
riduzione del numero totale di giorni trascorsi in RSA (casa di soggiorno),
ottimalizzazione degli interventi di assistenza domiciliare (sociale e sanitaria).
Ulteriori analisi dettagliate sulla qualità di vita e sulla soddisfazione rispetto ai servizi erogati
sono in fase di realizzazione. Considerazioni importanti riguardano infine il grado di
partecipazione dei vari operatori alla sperimentazione (medico di medicina generale,
infermiere professionale, assistente sociale, operatori di base). Il coinvolgimento è stato
certamente di proporzioni soddisfacenti, soprattutto tenendo presente che prima dell'inizio
della sperimentazione mai erano state fatte riunioni formali del team interdisciplinare al fine
di meglio programmare gli interventi.
78
CAPITOLO 3
CONCLUSIONI
Il risultato più importante ottenuto con la presente sperimentazione è stato la netta riduzione
dell'ospedalizzazione e della istituzionalizzazione, senza un sostanziale aumento dei servizi di
assistenza domiciliare. La verosimile migliore qualità di vita degli anziani seguiti dal
coordinatore del caso sarà ulteriormente verificata attraverso l'analisi di indicatori diretti come
il consumo di farmaci, le modificazioni della funzione fisica e mentale, gli indici di
soddisfazione del cliente e dei caregiver. Tuttavia, alla luce dei presenti risultati alcune
considerazioni possono essere fatte. Per una ottimizzazione del rapporto costo beneficio è
79
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
indispensabile una effettiva realizzazione della rete integrata di servizi (divisione di geriatria,
day hospital, RSA, ospedalizzazione a domicilio, assistenza domiciliare integrata, operatoti di
medicina generale), l'unica proposta capace di offrire un modello articolato e di collegare da
un lato l'ospedale e dall'altro il professionista di medicina generale. Il ruolo del coordinatore
del caso rappresenta certamente una innovazione importante capace di realizzare una reale
integrazione dei servizi sociali e sanitari e di consentire, come dimostrato inequivocabilmente
dalla sperimentazione, una razionalizzazione dell'assistenza erogata ed una diminuzione del
consumo delle risorse e quindi dei costi. Il tutto accompagnato da una migliore qualità della
vita dei protagonisti della sperimentazione stessa, gli anziani, poiché
mantenuti al proprio domicilio in misura significativa.
“A sette mesi dalla pubblicazione, sulla rivista M.D. Medicinae Doctor, della proposta di
censire le infermiere che operano nella Medicina Generale in Italia, sono giunte solamente
cinque risposte scritte ed una tramite contatto telefonico. La necessità di contarle anche se
sommariamente, dato il limite rappresentato dal fatto che solo chi ha modo di leggere tale
rivista ha potuto parteciparvi, si è delineata innanzitutto allo scopo di fare luce sulla figura
dell’infermiere di famiglia che collabora col medico di medicina generale”.
L’Organizzazione Mondiale per la Sanità, nonchè altre organizzazioni autorevoli come
l’International Council of Nurses, ne hanno delineato le caratteristiche generali, individuando
i campi d’azione, gli strumenti operativi e le modalità d’interazione con altre professioni, ma
in Italia questa descrizione non sembra essere comune a tutti: spesso tale figura viene
assimilata all’infermiere che opera nel territorio nell’assistenza domiciliare, ma non vengono
attribuite competenze specifiche della medicina di famiglia.
Alla luce di queste emergenti necessità, è stato costruito un questionario allo scopo di
conoscere:
- le motivazioni delle scelta professionale,
- quali fossero le attività da loro svolte,
- i loro bisogni formativi,
80
CAPITOLO 3
- il loro giudizio critico riguardante la validità del loro interagire col medico di Medicina
Generale
“Il passo successivo sarà quello di quantificare le varie attività svolte, allo scopo di valutare
correttamente l’efficacia e l’opportunità della presenza delle infermiere nella medicina
generale italiana. Ciò ha grande importanza in una prospettiva futura di confronto con le
colleghe che già da molti decenni si stanno impegnando nella definizione di un “linguaggio
comune” indispensabile per ottenere il giusto credito. Nel mezzo dovrebbe porsi l’impegno
condiviso nel definire precisi percorsi formativi, individuabili attraverso una più
approfondita analisi sia delle esigenze di ciascun professionista, sia dell’ambito in cui si
opera ( inteso questo come: individui, gruppi, famiglie, comunità )”.
81
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
nell’ambito delle cure primarie. Inoltre l’aspetto del “contatto”, di cura e attenzione verso il
paziente/prossimo acquisisce nella medicina di famiglia, una particolare connotazione”.
Non trascurabile infine l’entità del carico di lavoro: indubbiamente il part-time, l’autonomia
di gestione del lavoro, come vedremo in seguito, sono aspetti valutati assolutamente in senso
positivo.
82
CAPITOLO 3
taluni argomenti rispetto ad altri. “In realtà credo sia importante in questa fase soprattutto il
confronto per cercare di trovare un “linguaggio comune” che possa in qualche modo
identificare e diversificare questa figura d’infermiera da tutte le altre”.
6 “Ritiene che la formazione di base sia adeguata per operare nella Medicina di Famiglia?”
Quattro di loro ritengono che la loro formazione di base si stata insufficiente per operare nella
Medicina di Famiglia, per le altre due è stata adeguata anche se sentono l’importanza di
doversi aggiornare periodicamente.
“Forse questa è una considerazione del tutto personale, ma è ancora un dato di fatto che
l’infermiere viene preparato per lo più ad operare all’interno di strutture ospedaliere. E
comunque anche gli interventi sul territorio non predispongono ad un tipo di rapporto di
dialogo e collaborazione col medico di Medicina Generale”.
7 “In che misura ha inciso l’esperienza personale di tipo pratico, maturata negli anni, a
inserirsi adeguatamente nella Medicina di Famiglia?”:
83
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Sì, è stata la risposta comune; anche se alcune di loro tengono a precisare l’importanza del
definire correttamente le competenze in modo tale da “non invadere la professionalità del
medico”, impegnandosi nella corretta valutazione dei bisogni assistenziali dei pazienti, al
saper consigliare ed educare.
Conclusioni:
“Per quanto scarsa sia stata la risposta a questo censimento, credo che come primo passo
possa rivelarsi un utile strumento d’indagine conoscitiva. Sia per quanto riguarda la
definizione di un ruolo, che qui in Italia ancora è misconosciuto, sia per quanto riguarda le
aspettative e prospettive future. E’ emerso un quadro certamente disomogeneo per quanto
riguarda il “tipo” di professionalità, ma senza dubbio omogeneo per quanto concerne le
attività, i tipi d’intervento, la volontà di progredire ulteriormente”.
Solo attraverso il dialogo è possibile il confronto, e solo attraverso il confronto è possibile
portare a maturazione delle idee costruttive.
Ora si tratta di comprendere se la collaborazione attiva tra medico ed infermiera nella
Medicina di Famiglia sia da considerarsi un elemento da ritenere fondamentale per il
miglioramento sia della qualità dell’assistenza ai cittadini, sia del lavoro stesso del singolo
professionista.
“Mi pare che da più parti giungano suggerimenti a favore di questa tesi (e non vorrei
sembrare monotona o tediosa nel voler menzionare i gia troppe volte citati documenti
dell’OMS !); resta indubbio che per portare avanti questo discorso occorrerà sensibilizzare
l’opinione pubblica ed il mondo politico, nonché trovare quelle giuste risorse in grado di
sostenere un tale impegno”50.
3.8 LE ESPERIENZE SUL TERRITORIO
La letteratura presa in esame, per quanto ampia fosse stata, non mi lasciava soddisfatto.
Continuamente si sottolinea la differenza che si crea quando si passa da un modello teorico
50
Alessandra Semenzato, infermiera – Responsabile Unità Infermieristica DIMF
84
CAPITOLO 3
alla pratica. Per meglio capire la portata di questa diversità ho voluto visitare gli ambulatori
dove il “teorico” infermiere di famiglia si trova svolgere il proprio lavoro e ad affrontare
quotidianamente i bisogni dei pazienti da lui seguiti, non più su modelli teorici, elenchi
puntati e tabelle, ma faccia a faccia con le persone.
L’ambiente:
Il momento in cui vi è l’accesso in ambulatorio è assai delicato ed importante: come
infermieri professionali abbiamo il primo contatto col pazienti, ed è in questo momento che
possiamo fare una prima valutazione dei suoi bisogni. A questo proposito lo spazio fisico nel
quale più professionisti collaborano si suddivide in più ambulatori, nei quali deve essere
garantita l’accessibilità, così come i collegamenti al suo interno, tra le varie parti.
La zona d’accesso consente il colloquio tra pazienti ed infermiera, in questo caso con
mansioni anche di segreteria, all’interno del quale l’infermiera dispone di tutti quegli
strumenti indispensabili per poter gestire al meglio tale compito e cioè: telefono, fax,
computer e tutto il materiale cartaceo occorrente. Naturalmente è richiesta la conoscenza di
tali strumenti indispensabile per l’utilizzo in modo appropriato delle risorse a disposizione,
risorse che agevolano e migliorano notevolmente il lavoro diminuendo la possibilità di errore.
Il ruolo dell’infermiere:
L’infermiere è la prima figura che il paziente vede all’ingresso nell’ambulatorio e con il quale
instaura un dialogo, l’avere buona padronanza del saper comunicare, saper cogliere i dati
rilevanti, saper porre le giuste domande di verifica e analisi, è indispensabile per instaurare
rapporti di fiducia ed assicurare credibilità e professionalità.
Spesso ci è semplicemente richiesto di ripetere la prescrizione di farmaci d’uso comune
(FANS, terapie in cronico: asma, diabete, ipertensione, contraccettivi, ecc...), di terapie
85
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
fisiche, di certificazioni varie, oppure informazioni di diverso tipo (dai servizi offerti dal
territorio a consigli di varia natura). Altrettanto spesso è richiesto un intervento di tipo
professionale che va dalle domande di delucidazioni sulla posologia, sugli effetti collaterali e
sulle modalità di assunzione dei farmaci, all’informazione su determinate patologie, sui
sintomi relativi, alla loro gestione, al riconoscimento delle complicanze, al significato di
determinate indagini diagnostiche, alla richiesta di interventi infermieristici o medici, a
seconda del loro giudizio.
Ecco che qui risulta essere fondamentale innanzitutto il rapporto di fiducia che si è in grado
di instaurare col paziente: questo è il nostro banco di prova, in quanto è il paziente stesso che
ha bisogno di verificare le nostre competenze, per convalidare il nostro ruolo.
Per essere in grado di instaurare rapporti di fiducia di tipo empatico, per mezzo dei quali poter
dare ad ognuno la reale possibilità di libera espressione. Ciò è fondamentale per poter poi
comprendere quando sia necessario informare, o educare, o saper ascoltare, e laddove sia
richiesto, essere capaci di fare counseling. Concettualmente è stato per così dire elaborato
innanzitutto nel nursing in ambito psichiatrico. Tuttavia oggi è ampiamente accettato come
una modalità terapeutica che si avvale di una serie di capacità e competenze di carattere
interpersonale, al fine di dare un valido supporto agli individui ed alle famiglie che per
svariati motivi non sono in grado di seguire un programma di educazione sanitaria.
“Il counseling è un processo interattivo di supporto, tra colui che offre dei consigli ad un
cliente, caratterizzato da accettazione, empatia, genuinità e congruenza. Questa relazione
consiste in una serie di interazioni che si approfondiscono nel tempo nelle quali chi consiglia,
attraverso una serie di tecniche attive e passive, prende in esame bisogni, problemi, e
sentimenti che interferiscono con il benessere e la capacità di adattamento alle situazioni
critiche del cliente”51.
E’ necessario precisare che nell’ambulatorio non arrivano soltanto i casi di interesse clinico,
spesso ci sono richieste di intervento immediato che esigono particolare considerazione: ad
esempio possono arrivare pazienti con coliche renali in atto, con crisi d’emicrania, con ferite
da medicare o suturare, e quant’altro di urgente possa esserci. Chiaramente ciò prevede che
nell’ambulatorio vi siano attrezzature e materiali in grado di darci la possibilità d’operare in
maniera adeguata: dai farmaci e materiale per iniezioni intramuscolari, fleboclisi e
vaccinazioni, agli strumenti per praticare suture.
51
Banks, L.J. 1985 - Counseling. In G.M. Bulechek & J.C. McCloskey, Nursing interventions: Treatments for
nursing diagnoses. Philadelphia: WB Saunders
86
CAPITOLO 3
AMBULATORIO DI MEDICINA DI
FAMIGLIA REPARTO OSPEDALIERO
52
Alessandra Semenzato, infermiera – Responsabile Unità Infermieristica DIMF
87
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
CLIENTE
88
CAPITOLO 3
Gli ambulatori infermieristici, chiamati “centri Socio Sanitari”, sono diramazioni dei Distretti
e delineano il punto di contatto più avanzato tra la Azienda Sanitaria Locale e i cittadini.
Nascono in collaborazione con le strutture decentrate degli Enti Comunali e delle
Associazioni del Volontariato presenti nel territorio e sono finalizzati alla erogazione di
prestazioni di maggior richiesta degli utenti che sono fornite in modo capillare all’interno
delle zone periferiche di riferimento.
Gli ambulatori infermieristici sono stati aperti nella immediata periferia di Arezzo e in grosse
frazioni vicine: San Leo, Montagnano, Rigutino e Castiglion Fibocchi. Ogni ambulatorio è
condotto dal rispettivo infermiere di comunità: è lui a gestire l’assistenza ambulatoriale e
domiciliare della propria zona di competenza in collaborazione diretta con i medici di base e
le famiglie.
L’infermiere responsabile del centro è nominato con delibera specifica del Direttore Generale
in accordo con l’Unità operativa di assistenza Infermieristica Territoriale tra il personale più
qualificato ed esperto, inoltre l’appartenenza al territorio di competenza favorisce il rapporto
di fiducia con la popolazione residente, nonché con istituzioni locali.
L’assistenza domiciliare
53
Centro Unico di Prenotazione della AUSL
89
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Passi ancora più importanti sono stati fatti nel settore dell’assistenza domiciliare, in
particolare per quanto riguarda l’assistenza degli anziani e agli utenti con malattie invalidanti.
La chiave di questo successo è la continuità assistenziale delle cure fornite assiduamente dallo
stesso operatore, che diviene punto di riferimento per il paziente e la famiglia in quanto
possono rivolgersi a lui in modo costante. Si apre così una gamma di possibilità finora
sconosciute o poco considerate.
All’oggi questa opportunità appare invece vincente per la promozione della salute nella
Comunità. In questo settore, gli infermieri si aprono grandi spazi di intervento per la
sperimentazione di protocolli operativi fondati sul potenziamento degli interventi di
educazione alla salute e di informazione sanitaria, che possono contribuire a migliorare lo
stato di salute e nel contempo razionalizzare l’uso delle risorse disponibili.
Uno studio condotto nel Distretto di San Leo ha messo a confronto la percentuale di
guarigione delle piaghe da decubito dell’ambulatorio condotto dall’infermiere di famiglia e
quelle trattate dagli infermieri del Distretto. La gestione da parte dello stesso operatore ha
dimostrato la maggiore efficacia rispetto ad un trattamento gestito dall’alternarsi di operatori
diversi.
90
CAPITOLO 3
54
Per gentile concessione di Fabio Severi, responsabile dell’ambulatorio infermieristico di San Leo.
91
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
“C’è ancora molto da fare perché l’assistenza territoriale assuma il ruolo primario che le
spetta nell’ambito del riequilibrio del sistema dei servizi sanitari nei confronti di quelli
ospedalieri e nella promozione della salute per una vera razionalizzazione della spesa e la
riduzione dei ricoveri impropri”.
“Per la nostra condizione, esistono delle difficoltà nella dirigenza medica (e non solo) a
comprendere e valutare positivamente l’autonomia operativa e professionale applicata
concretamente dall’Infermiere di Comunità, non mancano i problemi di comunicazione e di
rapporto con i medici di famiglia e c’è una carenza di collegamento con gli altri Servizi
territoriali e con la struttura ospedaliera nel suo insieme. Talvolta vi è anche mancanza di
mezzi per svolgere con tranquillità il proprio lavoro e la rigidità degli orari di servizio, eredità
della mentalità ospedaliera che nel territorio non ha alcun senso con una conseguente
limitazione del nostro operato”.
“L’organizzazione diretta degli ambulatori secondo le necessità che gli utenti esprimono in
sede locale e l’attività complessiva dell’Infermiere di Comunità in rapporto diretto con i
medici di famiglia della propria zona di competenza, rendono possibile una assistenza
ambulatoriale e domiciliare di buona qualità entro la quale stiamo conducendo il tentativo di
sviluppare il ruolo dell’infermiere come educatore all’autocura e attivatore delle risorse
dell’utente per portarlo ad una maggiore responsabilizzazione sul suo progetto di salute, un
uso più razionale delle risorse, informazioni adeguate e un più facile accesso ai Servizi
dell’AUSL”.
“Quella dell’Infermiere di Comunità è comunque una attività estremamente affascinante, si
ritrovano valori forse dimenticati nella nostra professione, il rispetto e la considerazione della
gente ed anche quella dei medici che con noi riscoprono il vero valore e il significato
dell’assistenza”55.
55
Di Liza Ballerini (IP), Claudio Brandini (IP), Ida Gabelli (IP), Fabio Severi (DAI), responsabili degli
ambulatori infermieristici di Arezzo.
92
CAPITOLO 4
CAPITOLO 4
4.1 LA STORIA
L’assistenza sanitaria nel territorio è stata una scelta che molti altri stati hanno deciso di
affrontare e sviluppare al fine di soddisfare i bisogni sempre più emergenti di una popolazione
che mutava di anno in anno.
Il percorso storico che la figura dell’infermiere di famiglia ha affrontato all’estero, è
sicuramente utile per carpire quali sono state le motivazioni e le difficoltà presentatesi alle
infermiere pioniere in un ambito che chiedeva molto, ma ancora poco esplorato.
Le società del mondo occidentale, dal punto di vista demografico e sociale, hanno avuto uno
sviluppo comune nei seguenti aspetti:
incremento della popolazione anziana;
incremento delle malattie croniche e degenerative;
incremento della multiculturalità;
maggior attenzione ai concetti di benessere e di prevenzione da parte della collettività;
maggiore richiesta di partecipazione e coinvolgimento nei progetti assistenziali da parte
della collettività;
incremento dei bisogni di conoscenza e di educazione alla salute degli assistiti.
Dal punto di vista sanitario, il modo di assistere doveva modificare la propria politica per far
fronte alle necessità che il nuovo paziente manifestava di fronte all’infermiere, non più
solamente all’interno dell’ospedale, ma in grado di muoversi all’interno del territorio e
soprattutto all’interno delle famiglie di appartenenza degli assistiti.
93
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
fu sempre facile gestire il tipo di rapporto tra i due, perché per entrambe non erano chiare le
modalità di collaborazione, dove poteva spingersi una figura e dove cedere il passo all’altra.
Una cosa però era comune e certa a tutte: il loro ruolo non poteva limitarsi alla mera
esecuzione di particolari compiti delegati da altri, ma doveva arricchirsi di conoscenze e
capacità utili per collaborare apportando un contributo autonomo ed efficiente nella Medicina
Generale. Fu così che iniziò a delinearsi la prospettiva di creare una sorta di specializzazione
per creare uno specifico bagaglio culturale per poter operare in questo settore: il Practice
Nursing.
Agli inizi degli anni settanta potevano contarsi già 1500 practice nurses, un numero
sufficiente per costituire un gruppo professionale con responsabilità in una serie di compiti
quali: immunizzazioni, vaccinazioni, la cura della donna, medicazioni, iniezioni, rimozione
punti di sutura, prelievo di campioni ematici, esecuzione di ECG e lavaggi auricolari56.
Nel 1980 il Medical Research College, con lo scopo di censire la distribuzione e le funzioni
del personale infermieristico operante nel territorio, condusse un’indagine che mise in luce le
differenze esistenti fra le practice nurses, che erano impiegate nella medicina generale, e le
district nurses. Queste ultime erogavano prestazioni “tradizionali” sia al distretto sia al
56
Reedy B., 1980 - Nurses and nursing in primary care in England. Journal of the Royal College
of General Practitioner 30:483-489.
94
CAPITOLO 4
domicilio dei pazienti (medicazioni, rimozione dei punti di sutura, analisi delle urine). Le
practice nurses rivelarono di avere maggiore autonomia e competenze nel management di
patologie croniche ( esempio diabete e asma), patologie minori e nella valutazione di alcuni
sintomi non ancora diagnosticati presentati dai propri assistiti.
Ciò che aveva dato un maggior slancio alle practice nurse era la maggiore autonomia
territoriale, ossia l’assenza di un vincolo che le limitasse ad una struttura ben definita,
l’assenza di un sistema gerarchico ed una maggiore libertà nello svolgere le proprie attività
che aveva permesso l’acquisizione di maggiori competenze specifiche.
Il 1990 diede un grosso contributo all’evoluzione dell’infermiere di famiglia in seguito al
nuovo contratto per i General Practitioner; all’interno veniva evidenziata la possibilità di
incrementare il numero delle Practice Nurses impiegate nella medicina generale con un
conseguente forte impulso allo sviluppo del loro ruolo.
Il contratto prevedeva le seguenti competenze:
controlli periodici riguardanti lo stato di salute degli assistiti nella fascia d’età
tra i16 ed i 74 anni allo scopo d’identificare patologie importanti quali l’ipertensione
arteriosa, il diabete, dipendenze da abuso di alcool e fumo. Questi controlli
consistevano nel rilevare pressione, peso, altezza, analisi delle urine.
valutazione degli anziani al di sopra dei 75 anni: i GP furono obbligati ad
offrire loro una visita annuale per accertare il loro grado di autosufficienza. La
valutazione includeva: funzioni neurologiche, mobilità, condizioni mentali, fisiche;
l’ambiente, lo stato familiare e l’eventuale uso di medicinali.
anamnesi dei nuovi assistiti: oltre alle valutazioni ed indagini di routine
veniva data ai GP l’opportunità d’eseguire le eventuali vaccinazioni ed il pap-test
alle donne. In questo modo i nuovi pazienti avevano l’occasione di conoscere anche
l’infermiera e le relative prestazioni assistenziali.
piccola chirurgia: veniva riconosciuta, anche economicamente, questo tipo
d’attività ambulatoriale.
attività di prevenzione e educazione sanitaria: fu riconosciuta l’importanza, del
ruolo della medicina di famiglia, nel promuovere il mantenimento dello stato di
salute piuttosto che, semplicemente, nel curare i particolari stati di malattia.
In questo specifico campo fu dato ampio spazio alla partecipazione delle practice nurses le
quali si specializzarono sempre più fino ad acquisire la denominazione di Nurse Practitioner.
Queste ultime acquisirono una maggior formazione e un lavoro non più per il medico di
95
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Nel 1994, il Royal College of Nurses Institute of Advanced Nurse Education, diede una
definizione formale del ruolo del Nursing Practitioner nell’ambito delle cure primarie:
“un professionista in grado di offrire un servizio complementare a quello offerto dal General
Practitioner, allo scopo di garantire alle persone assistite un accesso immediato alle cure,
mediante:
la valutazione clinica dei suoi problemi e bisogni,
la gestione diretta dei relativi trattamenti che rientrano tra le conoscenze e le abilità di
competenza” 57.
57
Royal College of Nursing of the United Kingdom Institute of Advanced Nursing Education.
Nurse Practitioner in Primary Health Care:Role Definition. London: RCN IANE.
96
CAPITOLO 4
Accanto a ciò vi sono citati i prerequisiti essenziali per il Nurse Practitioner e sono:
1) auto consapevolezza e capacità di rapportarsi con gli altri;
2) una conoscenza di base sufficientemente ampia ed approfondita da fornire le basi per poter
prendere decisioni;
3) una gamma di competenze che abbraccino il sapere clinico, psicologico e sociale.
Dunque per definire i capisaldi, attraverso i quali sviluppare questa professionalità, si dovrà
aver chiaro che la
CONOSCENZA
PROFESSIONALITÀ si fonda su CONSAPEVOLEZZA
COMPETENZA
“Ma come sarà possibile acquisire e praticare tutto questo nello specifico visto che
l’ambulatorio di medicina generale è ancora una realtà inesplorata: in modo graduale,
unicamente attraverso l’espletamento quotidiano di tale professione o piuttosto seguendo un
percorso di studi creato appositamente?
Spesso le ripercussioni sociali avvengono in maniera più rapida di quanto non sia possibile
fornire tempestivamente le risposte adeguate alle mutate esigenze: ecco perché si può
plasmare una data professionalità ancor prima che ne vengano definiti i limiti di competenza”
(A. Semenzato).
97
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
58
Steward L.,“Setting the scene for revolution.”, tratto da “Nursing Standard” n° 4, aprile 1998, pp. 21:35
98
CAPITOLO 4
99
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
La decade degli anni 90 portò una rapida crescita senza precedenti (tabella 4)
nell’affermazione del ruolo dell’infermiere di famiglia come in altri “indirect hospital-
based”59 e incontrò difficoltà con la crescente crisi fiscale della sanità negli Stati Uniti.
4.2 LA FORMAZIONE
Per poter porre le fondamenta che accreditino il ruolo dell’infermiere nell’ambito della
Medicina Generale, è necessario partire oltre che dai dati forniti dall’esperienza diretta,
dall’analisi di come altrove tale professione ha sviluppato il proprio corpus di conoscenze e
pratiche nello specifico. Teoria e pratica, pur essendo la prima in anticipo rispetto alla
seconda, hanno da sempre delineato il percorso formativo e lavorativo di tutte le professioni,
per tale motivo è importante conoscere come è avvenuto questo percorso in contesti diversi
dal nostro.
59
tradotto dall’inglese: professionisti “basati indirettamente sull’ospedale”
100
CAPITOLO 4
La definizione dei ruoli e delle funzioni del Nurse Practitioner fu accompagnata nel Regno
Unito da un intenso dibattito: alcuni utilizzarono l’espressione “role extension” per indicare
che l’attribuzione ed il riconoscimento delle funzioni proprie dovessero essere conferite
direttamente dal medico, attraverso il passaggio diretto delle competenze.60
Chiaramente ciò pose dei limiti allo sviluppo autonomo di questa nuova professionalità. Altri
preferirono aderire all’espressione di “role expansion” attraverso il quale veniva riconosciuto
il ruolo del Nursing come una “separata attività terapeutica” 61.
Il termine expansion fu inteso come lo sviluppo di un’ampia gamma di competenze e capacità
non delegate dalla professione medica ma fondanti su un’autonomia propria; inoltre in esso vi
è compresa la “visione olistica” propria del Nursing . E’ così possibile ottenere una
legittimazione del ruolo infermieristico attraverso l’ampia comprensione dei bisogni reali e
potenziali dei pazienti, piuttosto che ottenerla attraverso l’espletazione di compiti medici.
Ecco allora che nacque l’esigenza di individuare innanzitutto quali dovessero essere le
conoscenze di base necessarie per poter definire il ruolo di Nurse Practitioner. Esse devono
comprendere:
biologia
farmacologia
fisiologia
patologia
l’apprendimento delle tecniche d’esame.
Tuttavia, non si trattava semplicemente di approfondire alcune discipline di base, che peraltro
già fanno parte del tradizionale bagaglio di conoscenze scientifiche dell’infermiere, ma si
trattava di acquisire tutta una serie di abilità di tipo pratico; è chiaro che l’apprendimento del
sapere teorico dovrebbe procedere contemporaneamente a quello di tipo pratico.
A seguito di un processo alquanto dibattuto e difficoltoso, all’istituzione di alcuni corsi di
specializzazione: già nel 1989 l’English National Board istituì un corso della durata di venti
giorni, indirizzato alle numerose infermiere che, provenienti dall’ospedale, si trovarono
impreparate ad operare in un ambiente completamente diverso. Inoltre, esse si trovarono a
doversi impegnare in compiti totalmente nuovi, come precedentemente evidenziati e, per i
quali dovevano essere in grado di prendere decisioni autonomamente. Al completamento di
tali corsi veniva loro rilasciato un certificato di partecipazione, previo superamento di prove
60
Davis J., 1992 - Expanding horizons. Nursing Times s.l. 88 (47): 37-39.
61
Robinson DK., “Nurse practitioner or mini doctor? Accident and Emergency Nursing”, New York, 1993
101
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
di tipo teorico e pratico sostenute alla fine del corso. Poco tempo dopo furono istituiti dei
corsi “tematici”, attraverso i quali poter approfondire argomenti quali:
Management del diabete e dell’asma;
Family Planning;
Diagnosi infermieristiche e educazione. (Teaching and assessing in practice).
Infine si arrivò all’introduzione nel 1994 del “Post registration education and practice” da
parte dell’UKCC, basato sul concetto dell’aggiornamento e dell’approfondimento mediante la
partecipazione obbligata delle practice nurse ad almeno 5 giornate ogni tre anni per
l’approfondimento di particolari competenze ed abilità, atte al miglioramento della qualità
assistenziale.
Quest’obbligo era in linea con i principi dell’educazione professionale continua ed inoltre,
l’UKCC definì il ruolo dello “specialist practitioner” identificando un’area specifica per le
nurses che operavano nella comunità. All’interno di quest’area generale furono previste ben
otto diversi tipi di specializzazioni, una delle quali era rappresentata dal “general practice
nursing”.
Quest’ultimo passo conferì, pur attraverso numerose vicende, il giusto e meritato
riconoscimento del ruolo delle practice nurses, considerate una valida risorsa nell’ambito
delle cure primarie; le loro capacità potevano ben integrarsi con quelle di altri professionisti di
team di lavoro al fine di offrire un servizio alla comunità maggiormente efficiente e di alta
qualità.
102
CAPITOLO 4
62
“Atto della salute globale degli uomini”
103
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Alla fine degli anni 80 esistevano più di 200 programmi di formazione e 20.000 infermieri di
famiglia erano attivi nel territorio degli Stati Uniti.
4.3 LE ATTIVITÀ
Descrivere le attività dell’infermiere di famiglia nelle società in cui è presente tale figura
63
“Linee guida per infermieri di famiglia. Pianificazione del curriculum”
64
“Associazione delle facoltà infermieristica delle cure primarie”
104
CAPITOLO 4
Practice Nurse
Il Practice Nurse è l’infermiere assunto dal medico di medicina generale. Il ruolo e i compiti
del Practice Nurse sono vari, ma in aggiunta ai tradizionali compiti dell’infermiere essi sono
coinvolti nella promozione della salute, nei controlli periodici dei pazienti, pratiche
amministrative e nell’assegnazione dei pazienti ai vari medici specialistici nel caso in cui
l’ambulatorio sia di tipo associato.
Un’indagine pubblicata nel 1995 esaminava il ruolo e le attività del Practice Nurse,
evidenziando il significativo incremento del tempo speso nelle attività amministrative, nelle
immunizzazioni e nelle attività di counselling. L’indagine evidenziava anche un aumento del
numero dei compiti svolti dal Practice Nurse come la chirurgia minore e la prevenzione delle
malattie.
Il Practice Nurse deve ottenere una qualificazione e l’iscrizione come “General Nurse”; il
Royal College of Nursing ha pubblicato un documento contenente la descrizione delle
competenze, l’avanzamento di carriera e le tipologie di contratti con il medico di medicina
generale.
Nurse Practitioner
Il Nurse Practitioner è il professionista che possiede un livello di educazione molto elevato,
una maggior competenza nelle attività cliniche ed una maggiore responsabilità rispetto al
Practice Nurse, ma differenti da quelle del medico di medicina generale. La somiglianza tra i
due termini “Practice Nurse” e “Nurse Practitioner” ha generato confusione fra i due ruoli. Il
105
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
primo lavora per il medico di medicina generale, il secondo collabora con lo stesso e assieme
a tutti i membri del team delle cure primarie.
Sebbene il concetto di Nurse Practitioner sia tuttora relativamente nuovo, è un’area che ha
ricevuto un’attenzione crescente negli ultimi anni. Uno studio pubblicato nel 1993 dimostrò il
parere favorevole dei medici di medicina generale nel collaborare con un’infermiere più
qualificato e con un maggior numero di competenze, soprattutto in ambito di prevenzione
delle malattie croniche.
Il ruolo riconosciuto del Nurse Practitioner può essere riassunto come:
presa di decisioni professionali autonome;
visita dei pazienti con problemi non ancora diagnosticati;
valutazione dei pazienti a seconda dei fattori di rischio legati a specifiche malattie, nonché
dei primi segni di malattia;
definizione dei programmi di prevenzione assieme al pazienti specifico;
counselling ed educazione sanitaria ad individui, famiglie e gruppi;
assicurazione della continuità assistenziale alla comunità;
visite domiciliari;
collaborazione con altri professionisti.
In un articolo pubblicato dal “British Journal of General Practice”, alcuni medici di medicina
generale affermano che, sebbene i Nurse Practitioner abbiano un più ristretto campo di
applicazioni, il carico di lavoro del medico viene notevolmente diminuito. I Nurse Practitioner
vengono considerati più vicini alla popolazione e viene ribadita la necessità di ampliare le
aree di competenza come l’educazione. Attualmente sono in atto nuovi corsi di
specializzazione istituiti dal Royal College of Nursing.
Community Nurse
Il termine “Community Nurse” ha prodotto un’ulteriore confusione nella definizione degli
operatori che sono attivi nella sanità pubblica. Comunemente viene definito come l’infermiere
che lavora all’interno della comunità e solitamente a domicilio dei pazienti, includendo nella
definizione anche le ostetriche o gli ausiliari dell’infermiere.
Il Community Nurse è un infermiere impiegato dalle autorità locali per la promozione della
salute in un ambito predefinito come la ricerca di stili di vita corretti per la popolazione o la
prevenzione delle malattie agendo sui fattori di rischio.
Il Community Nurse possiede una qualifica in infermieristica di comunità e la maggior parte
del loro lavoro può essere svolto, ad esempio, nel domicilio di persone affette da patologie
106
CAPITOLO 4
Le attività svolte dal Nurse Practitioner assumono una notevole variabilità a seconda del
master di specializzazione svolto dal Nurse Practitioner.
65
Hickey, J.V., “Reformation of health care and implications for advanced nursing practice. Advanced practice
nursing”, Ed. Lippincott- Raven New York, 1996.
107
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
ASSISTENZA
• Ottenere una anamnesi rilevante sullo stato di salute del paziente;
• Prescrivere esami fisici appropriati all’età e all’anamnesi;
• Condurre procedure di screening preventive in base all’età e all’anamnesi del
Valutazione dello paziente (esami dell’udito, mammografia, esami della vista, ecc.);
stato di salute • Identificare i fattori di rischio riguardanti la salute del paziente;
• Prescrivere appropriati esami diagnostici (es. esami radiologici);
• Stima, valutazione e descrizione dello sviluppo
• Collaborare con gli altri operatori sanitari più adeguati al caso.
• Prescrivere appropriati esami diagnostici (es. esami radiologici);
Diagnosi • Formulazione di una diagnosi differenziale basandosi sull’anamnesi, su esami
fisici e referti clinici.
• Identificazione dei bisogni dei singoli, delle famiglie o della comunità,
basandosi sulla valutazione dei dati raccolti;
• Identificazione, implementazione e valutazione dei piani di assistenza indicati,
includendo interventi farmacologici e non farmacologici;
Case Management • Educare i pazienti e la famiglia per consentire una presa di coscienza sulla
situazione di salute e poter prendere decisioni in autonomia;
• Collaborare con altri professionisti e organismi locali;
• Rivalutare e modificare i piani di assistenza necessari per il raggiungimento
degli obiettivi prefissati.
108
CAPITOLO 4
66
Crosby F., Ventura M. R., Feldman, J. J., “Future research recommendations for establishing NP
effectiveness”, Ed. Lippincott-Raven, 1997.
67
“Norme di pratica per le infermiere familiari”, Associazione degli infermieri di Botswana, 2001
109
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
“Home Care for Elderly People”68, nel tentativo di creare un modello di servizi assistenziali di
qualità per le famiglie. Le persone selezionate per partecipare a questo progetto furono:
infermieri, assistenti sociali e fornitori di assistenza non sanitaria; tutti queste figure entrarono
a far parte del “family team”.
Il percorso formativo ha affrontato due grandi passi, il primo nel formare gli educatori per i
partecipanti al corso, il secondo nel formare questi ultimi in campo clinico, psicologico e
sociale.
Dopo un anno di sperimentazioni, i risultati ottenuti furono impressionanti al punto da
estendere il servizio in altre quattro città nell’anno successivo, utilizzando i partecipanti al
progetto come educatori.
Nel 1999 la figura dell’infermiere di comunità è diventata riconosciuta dalla legge e
l’assistenza a domicilio costituisce il punto nevralgico delle riforme sanitarie. Alla soglie del
2000, già 15.000 professionisti fanno parte di “family team”, ma “la formazione del
personale e le potenzialità espresse possono raggiungere livelli notevolmente più alti”69.
68
tradotto dall’inglese: “assistenza domiciliare per persone anziane”
69
Dal sito internet: www.homecare.ro
110
CONCLUSIONI
CONCLUSIONI
Le cure rivolte alla famiglia costituiscono un’attività centrale delle cure infermieristiche. Da
un punto di vista storico, gli infermieri hanno già portato l’assistenza alle persone nel loro
domicilio, ma la progressiva trasformazione delle famiglie in nucleari e la specializzazione
crescente delle cure sanitarie, sempre più orientate verso l’ambiente ospedaliero, hanno
determinato un’attenuazione di questo indirizzo. Con il ritorno all’assistenza comunitaria e
domiciliare e con il prevalere della consapevolezza sull’importanza delle relazioni famigliari
in tema di salute e malattia, l’attenzione si focalizza nuovamente sul nucleo di ogni società: la
famiglia.
Il percorso storico in altre nazioni mostra come l’infermiere possa esprimere le proprie
potenzialità in un ambito molto dinamico quale sia il territorio. L’infermiere ha la possibilità
di applicare la propria professionalità in un ambito ancora quasi inesplorato con
responsabilità, autonomia e continua crescita professionale. Quest’ultima non deve essere
interpretata come l’assunzione di maggiori compiti appartenenti alla professione medica, ma
una maggiore presa di coscienza delle nostre competenze, svolte con autonomia e
responsabilità decisionale.
Si tratta quindi di gestire il complesso sistema che ruota intorno alla famiglia, un sistema
dinamico che necessita di un’équipe multidisciplinare in grado di gestire tutte le necessità
della famiglia mediante un rapporto di fiducia e collaborazione.
Sono presenti tutti i presupposti perché anche in Italia possa evolversi la figura dell’infermiere
di famiglia il cui ruolo fondamentale, è quello di assistere la famiglia lungo tutto il percorso di
vita, non solo durante i periodi di malattia, ma agendo sulla prevenzione ed educazione.
Il Sistema Sanitario Nazionale ha adottato ultimamente una politica rivolta sempre
maggiormente al territorio con una riduzione dei tempi di ricovero e di accesso all’ospedale.
Gli effetti immediati sono una notevole riduzione dei costi, ma soprattutto un servizio
maggiormente gradito dalla popolazione che riscopre le cure portate direttamente al proprio
domicilio.
Le esperienze effettuate negli ambulatori di Oriago e di Arezzo mostrano le potenzialità
dell’infermiere che opera a contatto con le famiglie, le quali esprimono un notevole interesse
e gradimento del servizio loro offerto, dimostrata dalla funzionalità e dalle indagini
conoscitive svolte a tale riguardo.
Per un progetto così ambizioso nel nostro contesto sociale, l’infermiere deve prima acquisire
una maggiore formazione nell’ambito della sanità pubblica per acquisire gli strumenti
necessari a gestire in autonomia un ambito molto vario e dinamico quale il territorio.
111
Dall’ospedalizzazione al territorio: L’INFERMIERE DI FAMIGLIA
Con il parere favorevole della popolazione e di personalità che operano attivamente nel
settore delle cure primarie, si può affermare che l’impiego dell’infermiere all’interno della
comunità non sarà solamente un futuro irraggiungibile, ma al contrario un progetto su cui
investire in termini di persone e risorse, al fine di garantire un servizio di maggiore qualità
all’utenza.
112
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practice. Advanced practice nursing”, Ed. Lippincott- Raven New York, 1996.
116
Un ringraziamento speciale
alla mia relatrice Cristina Fabbri che
con la sua grinta ha reso vani i motivi di sconforto
dinanzi alle difficoltà incontrate.
Ringrazio Alessandra Semenzato per
la disponibilità al dialogo e al confronto di idee .
Un altro ringraziamento a Fabio Severi per
la collaborazione dimostrata
e le preziose indicazioni fornite.
Ringrazio l’America Academy of Nurse Association
e l’Università del Colorado
per la collaborazione dimostrata
ed il numeroso materiale ricevuto.
Un ultimo ringraziamento a Daniela Alderuccio
per l’aiuto nelle traduzioni dei testi.