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Consiglio Sanitario Regionale Regione Toscana

LINEE GUIDA PER LA DIAGNOSI E CURA DELLE MALATTIE REUMATICHE

Coordinatore: M. Matucci Cerinic

Membri: L. Bernini, S. Bombardieri, F. Cantini, F. Corradi, M. Galeazzi, S. Giovannoni, A. Lombardi, S. Martini, L. Saladini, G.C. Tartarelli Hanno collaborato alla stesura delle Linee Guida C. Angotti, L. Bazzichi, F. Bellisari, M. Benucci, L. Bertinotti, G. Biasi, M.L. Brandi, R. Cecchetti. N. Colangelo, A.Del Rosso, O. Di Munno, A. Falchetti, A. Fioravanti, G. Fiori, B. Freudiani, S. Generini, A. Mannoni, I. Miniati, M. Mosca, F. Nacci, R. Neri, A. Righi, A. Tavoni, M. Zoppi

Indice Analitico
I. Introduzione II. Artrite reumatoide
1. Definizione 2. Rilievi epidemiologici 3. Modalit di approccio al paziente con patologia osteoarticolare 4. Il percorso clinico nellartite reumatoide 5. Il sospetto clinico per la diagnosi di artrite reumatoide precoce 6. Stabilire la diagnosi di artrite reumatoide 7. Valutazione clinica iniziale 8. Stima della prognosi 9. Valutazione dellattivit di malattia 10. Valutazione del miglioramento di malattia 11. Valutazione della remissione della malattia 12. Valutazione dello stato funzionale globale della malattia 13. Management e trattamento non farmacologico 14. Terapia farmacologia 15. Allegati

pag. 12 pag. 13
pag. 13 pag. 13 pag. 13 pag. 15 pag. 15 pag. 16 pag. 16 pag. 17 pag. 18 pag. 18 pag. 18 pag. 18 pag. 18 pag. 19 pag. 21

III. Artropatie da cristalli


1. 2. 3. 4. Introduzione Gotta Condrocalcinosi o artropatia da pirofosfato di calcio Reumatismo da idrossiapatite

pag. 26
pag. 26 pag. 26 pag. 29 pag. 30

IV. Artropatia psoriasica


1. 2. 3. 4. 5. 2 Introduzione Quadri clinici Manifestazioni extrarticolari Diagnosi Diagnosi differenziale

pag. 31
pag. 31 pag. 31 pag. 32 pag. 32 pag. 33

6. 7.

Terapia Allegati

pag. 34 pag. 35

V. Artriti infettive
1. 2. 3. 4. Definizione Artriti batteriche non gonococciche Artriti batteriche gonococciche Allegati

pag. 39
pag. 39 pag. 39 pag. 41 pag. 43

VI. Artriti reattive e sindrome di Reiter


1. 2. 3. 4. 5. 6. Definizione Quadri clinici Diagnosi Diagnosi differenziale Trattamento Allegati

pag. 45
pag. 45 pag. 45 pag. 47 pag. 48 pag. 48 pag. 50

VII. Spondiloartrite associata a Morbo di Crohn e Colite Ulcerosa


1. 2. 3. 4. 5. Definizione Manifestazioni cliniche Diagnosi Terapia Allegati

pag. 52
pag. 52 pag. 52 pag. 53 pag. 54 pag. 55

VIII. Spondilite anchilosante


1. 2. 3. 4. 5. 6. Definizione Manifestazione cliniche Diagnosi Diagnosi differenziale Trattamento Allegati

pag. 57
pag. 57 pag. 57 pag. 58 pag. 59 pag. 59 pag. 62

IX. Artrosi delle articolazioni periferiche


1. 2. 3. 4. Definizione Caratteristiche cliniche Diagnosi Terapia

pag. 65
pag. 65 pag. 65 pag. 65 pag. 66

X. Iperostosi scheletrica idiopatica diffusa (DISH)


1. 2. 3. Definizione Manifestazioni cliniche Terapia

pag. 70
pag. 70 pag. 70 pag. 71

XI. Polimialgia reumatica


1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Definizione Epidemiologia Caratteristiche cliniche della PMR Diagnosi Diagnosi differenziale Terapia Allegati

pag. 72
pag. 72 pag. 72 pag. 72 pag. 74 pag. 74 pag. 74 pag. 75

XII. Le vasculiti
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Definizione Classificazione delle vasculiti Epidemiologia Approccio generale alla diagnosi di vasculite sistemica Arterite di Takayasu Arterite a cellule giganti Angioite isolata del Sistema Nervoso Centrale Poliartrite nodosa Malattia di Churg-Strauss

pag. 77
pag. 77 pag. 77 pag. 78 pag. 79 pag. 81 pag. 83 pag. 84 pag. 85 pag. 87 pag. 87 pag. 88 pag. 89 pag. 90

10. Granulomatosi di Wegener 11. Poliangioite microscopica 12. Vasculiti da ipersensibilit 13. Malattia di Bechet 4

14. Crioglobulinemia mista

pag. 93

XIII. Granulomatosi di Wegener


1. 2. 3. 4. 5. Generalit Diagnosi differenziale Sospetto clinico Diagnosi Terapia

pag. 94
pag. 94 pag. 95 pag. 96 pag. 97 pag. 99

XIV. Crioglobulinemia Mista HCV correlata


1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Definizione Epidemiologia Il percorso clinico nella CM Il sospetto clinico per la diagnosi di CM La diagnosi di CM Valutazione clinica iniziale Stima della prognosi Valutazione dellattivit di malattia Terapia

pag. 101
pag. 101 pag. 101 pag. 101 pag. 102 pag. 102 pag. 103 pag. 104 pag. 105 pag. 105

XV. Eritema nodoso


1. 2. 3. 4. 5. 6. Definizione Epidemiologia Manifestazioni cliniche Diagnosi Diagnosi differenziale Terapia

pag. 107
pag. 107 pag. 107 pag. 107 pag. 108 pag. 109 pag. 109

XVI. Osteomielite
1. 2. 3. 4. 5. 5 Definizione Fattori predisponesti Quadro clinico Diagnosi Flow-chart diagnostica

pag. 110
pag. 110 pag. 110 pag. 110 pag. 111 pag. 112

6.

Terapia

pag. 112

XVII. Reumatismi Extrarticolari e Sindromi Dolorose Loco-Regionali


1. 2. 3. 4. Definizione Reumatismi extrarticolari della spalla Reumatismi extrarticolari del gomito Reumatismi extrarticolari del polso e della mano

pag. 113
pag. 113 pag. 113 pag. 115 pag. 116

XVIII. Artropatie neurogene


1. 2. 3. 4. Definizione Clinica Indagini di laboratorio e strumentali Diagnosi differenziale

pag. 119
pag. 119 pag. 119 pag. 120 pag. 120 pag. 121

5. Terapia

XIX. Algie vertebrali


1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Definizione Quadri clinici Anamnesi Esame Obiettivo Esame neurologico Diagnosi Differenziale Terapia Protocollo terapeutico-riabilitativo in soggetti affetti da algia vertebrale Flow-chart

pag. 122
pag. 122 pag. 122 pag. 123 pag. 123 pag. 124 pag. 124 pag. 126 pag. 127 pag. 133

XX. Neuropatie da compressione


1. 2. 3. Compressione del canale midollare e delle emergenze radicolari Compressione dei nervi periferici Flow-chart diagnostico-terapeutica

pag. 135
pag. 135 pag. 136 pag. 149

XXI. Sindrome da fatica cronica


6

pag. 150

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Definizione Epidemiologia Diagnosi Diagnosi differenziale del sintomo stanchezza Indagini strumentali e di laboratorio Terapia Flow-chart diagnostica

pag. 150 pag. 150 pag. 150 pag. 151 pag. 151 pag. 151 pag. 152

XXII. Osteoporosi
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Introduzione Identificazione dei soggetti a rischio Diagnosi strumentale di osteoporosi Le osteoporosi secondarie Diagnosi bioumorale Trattamento dellosteoporosi: interventi non farmacologici Trattamento farmacologico Vertebroplastica o kifoplastica percutanea Losteoporosi nel maschio

pag. 153
pag.153 pag. 154 pag. 157 pag. 165 pag. 166 pag. 168 pag. 170 pag. 179 pag. 180

XXIII. Osteoporosi da glucocorticoidi


1. 2. 3. 4. 5. 6. Introduzione Procedure da attuare Evidenze fondamentali per il management Follow-up Da ricordare Flow-chart diagnostico-terapeutica

pag. 182
pag. 182 pag. 182 pag. 183 pag. 184 pag. 184 pag. 184

XXIV. Osteonecrosi
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7 Definizione Fattori predisponenti Manifestazioni cliniche Esami strumentali Diagnosi differenziale Trattamento

pag. 187
pag. 187 pag. 187 pag. 187 pag. 188 pag. 188 pag. 189

7.

Flow-chart diagnostica

pag. 191

XXV. Morbo di Paget


1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. Definizione Epidemiologia Manifestazioni cliniche Diagnosi Diagnosi differenziale Terapia Il paziente da trattare Monitoraggio della terapia

pag. 193
pag. 193 pag. 193 pag. 194 pag. 195 pag. 197 pag. 198 pag. 200 pag. 201

XXVI. Bibliografia XXVII. Allegati


1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. Guida struttura algoritmi Algoritmo B: Patologie extra-articolari Algoritmo C: Patologie articolari Algoritmo D: Patologia articolare acuta non infiammatoria Algoritmo E: Mono/oligoartrite infiammatoria Algoritmo F: Poliartrite infiammatoria acuta Algoritmo G: Patologia articolare cronica non infiammatoria Algoritmo H: Artrite infiammatoria cronica

pag. 203 pag. 216


pag. 216 pag. 217 pag. 218 pag. 219 pag. 220 pag. 221 pag. 222 pag. 223

Glossario delle abbreviazioni significative


ACE: Enzima di Conversione dellAngiotensina ACR: American College of Rheumatology AGC: Arterite Giganto-Cellulare ANA: Autoanticorpi anti nucleo AP: Artropatia psoriasica AR: Artrite Reumatoide BMC: Bone Mineral Content BMD: Bone Mineral Density Bps: Bifosfonati CM: Crioglobulinemia Mista COX-2 inibitori: Farmaci che inibiscono selettivamente la ciclo-ossigenasi 2 (COX2) CsA: Ciclosporina A Ct: Calcitonina CV: Coefficiente di Variazione DEXA ( DXA): Densitometria ossea a doppio raggio fotonico DISH: Iperostosi scheletrica idiopatica diffusa DMARDs: Farmaci di fondo capaci di modificare la storia naturale della malattia (Disease Modifying Anti-Rheumatic Drugs) FA: Fosfatasi Alcalina FANS: Farmaci Anti-infiammatori Non Steroidei FKT: Fisiochinesi terapia GC: Glucocorticoidi GISC: Gruppo Italiano di Studio delle Crioglobulinemie GW: Granulomatosi di Wegener IBD: Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (Inflammatory Bowel Diseases) IFD: Articolazioni interfalangee distali IFN: Interferone LTD: Cambiamento Minimo Rilevabile (Least Detectable Change) MB: Malattia di Bechet MCF: Articolazioni metacarpofalangee MRX: Morfometria con RX convenzionale MTF: Articolazioni metatarsofalangee MTX: Metotrexate MXA: Morfometria con DEXA 9

OA: Osteo-artrosi ON: Osteonecrosi PAN: Poliartrite nodosa PEG-IFN: Interferone Peghilato PMR: Polimialgia Reumatica PTH: Paratormone QCT: Tomografia Computerizzata Quantitativa QUS: Ecografia Quantitativa ReA: Artriti reattive SA: Spondilite anchilosante SAPHO: Sindrome caratterizzata da: Sinovite, Acne, Pustolosi, Ipercheratosi e Osteomielite SAV: Sindrome da algie vertebrali SERMs: Modulatori Selettivi dei Recettori Estrogenici SFC: Sindrome da Fatica Cronica SIOMMMS: Societ Italiana dellOsteoporosi del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro SR: Sindrome di Reiter SSZ: Salazopirina TAS: Titolo Anti-Streptolisinico TENS: Stimolazioni Elettriche Transcutanee TOS: Terapia Ormonale Sostitutiva

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Grading delle raccomandazioni


(Secondo il Piano Nazionale Linee Guida-PNLG) LIVELLI DELLE PROVE I: Prove ottenute da pi studi controllati randomizzatie/o revisioni sistematiche di studi randomizzati II: Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato III: Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi IV:Prove ottenuti da studi retrospettivi tipo caso controllo o loro metanalisi V: Prove ottenute da studi di casistica senza gruppo di controllo VI: Prove basate sullopinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti o basata su opinioni dei membri del gruppop di lavoro responsabile delle linee guida

FORZA DELLE RACCOMANDAZIONI A: Procedura diagnostica o terapeutica fortemente raccomandata. Indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche di buona qualit, anche se non necessariamente di tipo I o II B: Si nutrono dei dubbi sul fatto che la procedura o lintervento debba sempre essere raccomandato, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata C: Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o lintervento D: Lesecuzione della procedura o intervento non raccomandata E: Si sconsiglia fortemente lesecuzione della procedura o intervento
Ogni snodo decisionale deve presentare il gradinng delle raccomandazioni in grassetto-corsivo tra parentesi tonde

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I. Introduzione
La stesura delle Linee Guida stata condotta dalla commissione e dai colleghi che lhanno coadiuvata secondo precise indicazioni. Nellambito delle malattie reumatiche stata presentata una parte generale con la definizione della malattia, i principali rilievi epidemiologici e le modalit dapproccio al paziente. Questo stato integrato con delle flow-chart che dovrebbero aiutare il reumatologo e il medico curante a ottimizzare sia le procedure diagnostiche che quelle terapeutiche. Nella parte finale delle Linee Guida stata inoltre preparata unappendice elaborata con algoritmi per le diagnosi delle malattie reumatiche in generale, con particolare riferimento alle malattie infiammatorie articolari. La commissione desidera ringraziare la dottoressa Rossella Neri e il dottor Luigi Bernini per il prezioso contributo dato nella revisione e stesura di tutte le Linee Guida elaborate.

La Commissione Regionale per le Linee Guida in Reumatologia

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II. Artrite reumatoide

1. Definizione
L'Artrite Reumatoide (AR) una malattia autoimmune ad eziologia sconosciuta caratterizzata da una sinovite simmetrica ed erosiva e in alcuni casi da manifestazioni extraarticolari.

2. Rilievi epidemiologici
Prevalenza media 0,75% (1-2). L'evoluzione invalidante della malattia la principale causa del notevole impatto economico sulla societ e sulle famiglie (3). Lo strumento delle Linee Guida diagnostiche e terapeutiche necessario a fronte della complessit della malattia, in particolare nelle fasi iniziali, quando invece cruciale una diagnosi precoce ed un tempestivo trattamento. La presa in carico di un malato presuppone la volont di affrontare tutte le necessit per la risoluzione dei suoi problemi; avvalersi di competenze diverse, a volte indispensabili, pu portare i risultati migliori. Le figure professionali coinvolte nella gestione dell'AR sono: il Reumatologo ("case manager"), il Medico di Medicina Generale (ruolo essenziale nel sospetto diagnostico in fase precoce, nella educazione del paziente e inserito nella gestione della malattia se specialista Reumatologo), il Fisiatra, il Terapista della riabilitazione, il Terapista occupazionale, l'Educatore sanitario, l'Assistente sociale, lo Psicologo, il Chirurgo ortopedico. Dato che il livello di esperienza nella diagnosi e gestione dell'AR molto variabile nell'ambito della Medicina Generale, la responsabilit della diagnosi accurata e del monitoraggio appropriato dell'attivit di malattia e/o della tossicit da farmaci prerogativa dello specialista Reumatologo (4-7).

3. Modalita di approccio al paziente con patologia osteoarticolare


Circa il 14% dei pazienti che si rivolgono al Medico di Medicina Generale lamentano comparsa di dolore o altri sintomi a carico dellapparato muscoloscheletrico (8). Lapproccio comincia con lanamnesi e lesame obiettivo, la cui esecuzione premessa indispensabile per la scelta di indagini utili alla diagnosi. 13

Principali Elementi Utili Modalit di esordio della sintomatologia Precedenti (comorbidit) Familiarit Traumatismi Malattie infettive Sintomi generali Distribuzione dellimpegno articolare Segni di flogosi Manovre valutative ed evocative Coinvolgimento di altri organi ed apparati (cute, occhio, uretra, intestino, ecc.)

ANAMNESI

ESAME OBIETTIVO

Occorre innanzitutto discriminare se la sintomatologia dovuta ad una patologia degenerativa, infiammatoria o extra-articolare (Tabella I).

Tabella I. Diagnosi differenziale tra patologia degenerativa e patologia infiammatoria Patologia degenerativa Patologia infiammatoria Sintomi Rigidit mattutina Sintomi generali (malessere, astenia, febbre) Esacerbazione del dolore Disfunzione, blocco articolare, instabilit Simmetria Segni Dolorabilit Segni di flogosi Malattia multisistemica 14 Inusuale, focale Inusuale No Su tutta la superficie articolare Diffusi sulle articolazioni colpite Frequente Localizzata, di breve durata Assenti Dopo uso prolungato Per incongruenza, corpi mobili intra-articolari, lussazione Occasionale Prolungata Presenti Dopo prolungato riposo Possibile nelle forme erosive Comune

4. Il percorso clinico nellartrite reumatoide


Gli obbiettivi: 1. 2. 3. prevenzione o controllo del danno articolare; prevenzione della perdita della funzione; controllo del dolore.

Le tappe iniziali: 1. 2. 3. stabilire la diagnosi nella fasi precoci; valutare la situazione clinica di base; valutare la prognosi.

5. Il sospetto clinico per la diagnosi di AR precoce (entro i primi 3 mesi dall'esordio dei sintomi) (9)
Razionale: 1. la valutazione precoce da parte del reumatologo consente la diagnosi di AR definita (criteri ACR 1987) nel 70% dei casi entro due settimane dalla prima visita (10); 2. evidenza (grado C) che il trattamento con DMARD impostato dopo 3 mesi riduce le probabilit di migliorare la prognosi a lungo termine (11). A. Criteri (uno qualsiasi dei seguenti) di individuazione precoce dei pazienti a rischio di sviluppo di AR persistente (evidenza grado C): 1. 2. 3. 3 articolazioni tumefatte (12-19) rigidit mattutina > 30 minuti (20) dolorabilit di MCF-MTF ("squeeze test") o di singole articolazioni MCF-MTF (19)

B. Da ricordare (21): 1. il Fattore Reumatoide , all'inizio, spesso negativo; 2. VES e PCR possono essere solo leggermente alterate; 3. FANS possono mascherare sintomi e segni; 4. i corticosteroidi non dovrebbero essere prescritti senza una diagnosi precisa.

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6. Stabilire la diagnosi di AR (Criteri ACR 1987)


Formato algoritmico:
O O O

Artrite di 3 o pi delle seguenti articolazioni: IFP, MCF, polso gomito, ginocchio, caviglia e MTF, lato destro o sinistro

Artrite di 3 o pi aree articolari comprendenti le articolazioni MCF e polso (Fattore reumatoide negativo e reperti Rx della mani negativi)

Artrite interessante una singola area articolare sui due lati del corpo

Oligoartrite delle articolazioni MCF o del polso

E
Osteoporosi radiografica localizzata a livello delle articolazioni interessate o in quelle adiacenti o fattore reumatoide positivo

E
Fattore reumatoide positivo

E
Fattore reumatoide positivo

I criteri ACR 1987 (13), nel formato tradizionale sono riportati nella Tabella II in Allegato.

7. Valutazione clinica iniziale


Alla prima visita documentare: 1. Sintomatologia: dolore articolare (mediante scala visoanalogica: VAS); durata della rigidit mattutina > 30 minuti (> 60 minuti nella malattia stabilizzata); grado di astenia. 2. Esame obbiettivo presenza di sinovite: numero di articolazioni tumefatte e dolenti; alterazioni meccaniche: limitazione della mobilit articolare, crepitio, instabilit, disallineamento e deformit;

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manifestazioni extraarticolari: sierositi, noduli, vasculite, osteoporosi (locale e generalizzata), sindrome di Sjogren, impegno polmonare, sindrome di Felty, interessamento oculare (sclerite, episclerite); 3. Valutazione della presenza di altre malattie. 4. Esami di laboratorio: VES e PCR; emocromo, funzione renale (creatinina), funzione epatica (AST, ALT, albumina), esame urine; allinizio per eventuale disfunzioni dorgani da altre malattie, prima di ogni trattamento; fattore reumatoide: allinizio con significato diagnostico, se negativo da ripetere dopo 12 mesi; esame del liquido sinoviale: allinizio per escludere altre malattie, in seguito per escludere unartrite settica. 5. Esame radiografico e densitometria ossea: radiografia di mani, piedi e di altre articolazioni eventualmente interessate (tumefazione delle parti molli, osteoporosi iuxtarticolare, erosioni). 6. Disabilit e qualit di vita: valutazione della qualit della vita mediante questionari validati (HAQ, AIMS2) (22-23); valutazione globale dellattivit di malattia da parte del paziente e del medico.

8. Stima della prognosi


Prima di definire il tipo di trattamento occorre stabilire la prognosi perch i pazienti con prognosi sfavorevole hanno pi del 70% di probabilit di sviluppare erosioni articolari nei primi 2 anni di malattia. (24-29) Una prognosi sfavorevole indicata, allesordio della malattia, da (24, 30): 1. 2. 3. 4. inizio in et pi precoce; fattore reumatoide positivo; VES elevata; tumefazione di > 20 articolazioni;

5. presenza di manifestazioni extrarticolari. 17

9. Valutazione dellattivit di malattia


Ad ogni ulteriore visita (almeno ogni 3 mesi od ogni volta che si renda necessario): Valutazione dei sintomi e segni di malattia (vedi punto 1. e 2. della valutazione clinica iniziale) VES e PCR Valutazione periodica della progressione della malattia: Progressione radiografica Altri parametri di valutazione della risposta al trattamento: Valutazione della qualit della vita mediante questionari validati (HAQ, AIMS2) (22-23); Valutazione globale dellattivit di malattia da parte del paziente e del medico.

10. Valutazione del miglioramento della malattia (14)


I criteri ACR 20, per valutare il miglioramento della malattia sono riportati nella Tabella III in Allegato.

11. Valutazione della remissione della malattia (31)


I criteri per valutare la remissione della malattia sono riportati nella Tabella IV in Allegato.

12. Valutazione dello stato funzionale globale della malattia


I criteri ACR di classificazione in classi funzionali (32) sono riportati nella Tabella V in Allegato.

13. Management e trattamento non farmacologico

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Allesordio della malattia opportuno un approccio relazionale che aiuti il paziente a convivere con la malattia e che lo coinvolga nelle scelte del programma terapeutico. Ci comporta che lo staff sanitario adotti un atteggiamento professionale e gli strumenti per leducazione del paziente e dei suoi familiari su tutti gli aspetti della malattia. Un elemento indispensabile del management dellArtrite Reumatoide rappresentato dalla Riabilitazione che pu intervenire positivamente in ogni momento della storia naturale della malattia ma in particolare nelle fasi iniziali quando, insieme al trattamento farmacologico, ha come scopo la prevenzione delle deformit articolari, il mantenimento della stabilit articolare e del trofismo muscolare, laddestramento allautonomia nella self-care e pi in generale nelle attivit quotidiane. Occorre, dunque, attivare gi nelle fasi iniziali della malattia un rapporto funzionale stretto con la Fisiatria per la programmazione di un percorso riabilitativo adeguato secondo lo stadio evolutivo dellartrite e integrato con tutte le professionalit. Pu rendersi necessaria, in qualsiasi momento della storia della malattia, la terapia chirurgica che consistere in sinoviectomia nelle fasi precoci, artrodesi, artroprotesi nelle fasi di danno avanzato accompagnato da dolore scarsamente controllato o limitazione della motilit o gravi alterazioni anatomiche

14. Terapia farmacologica


Il programma terapeutico prevede la combinazione di una serie di interventi farmacologici (FANS, DMARDs, steroidi), e non farmacologici (Tabella VI Allegato). a. FANS Da associare sempre alla terapia di fondo per ridurre dolore e tumefazione articolare. Aggiungere gastroprotezione, preferire COX-2 inibitori o sostituirli con piccole dosi di steroide se presenti fattori di rischio per sanguinamento gastrointestinale. Aggiungere analgesici in caso di mancato controllo del dolore. Nessun effetto sullevoluzione della malattia n sulla progressione radiologica. b. Steroidi Dose unica al mattino dopo colazione.

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Utilizzare a bassi dosaggi per periodi brevi in attesa che funzioni la terapia di fondo o nelle fasi di attivit quando i FANS non sono sufficienti o sono controindicati. Se utilizzati per periodi prolungati, usare la dose minima efficace. Dosaggi medio-bassi nelle riacutizzazioni e medio-alti in caso di coinvolgimento sistemico. Monitoraggio dei possibili effetti collaterali. A tutti i Pazienti in terapia prolungata con steroidi si associa calcio (1500mg/die) e vitamina D (400-800UI/die). Infiltrazioni locali in pazienti con una attivit di malattia in una o poche articolazioni. Aggiungere analgesici in caso di mancato controllo del dolore. Probabile azione di rallentamento del danno articolare (33)

c. DMARDs Da iniziare entro 3 mesi della diagnosi. Molti sono i fattori che determinano i criteri di scelta (Tabella VII in Allegato): 1. caratteristiche del paziente (attivit e gravit di malattia, precedenti terapie, altre patologie, et, compliance); 2. caratteristiche del farmaco (efficacia, tossicit, rapidit di azione, costo). Criteri generali di scelta: Forme lievi, iniziali non erosive iniziare con clorochina o salazopirina (7). Forma attiva, erosiva e non, usare MTX o se, controindicato o poco tollerato o inefficace, Leflunomide o Ciclosporina. Quando il singolo DMARD inefficace ricorrere alla terapia di combinazione. E dibattuto la strategia terapeutica da: aggiunta sequenziale di farmaci (step-up) o iniziale combinazione di pi farmaci e loro progressiva riduzione se controllata della malattia (step-down). Nelle terapie di combinazione usare dosaggi pi bassi rispetto alla monosomministrazione e un monitoraggio di laboratorio pi stretto. La maggior parte dei DMARDs richiede adeguata contraccezione; generalmente sconsigliato luso di vaccini vivi. La guida alluso dei singoli DMARDS nellAR riportata nella Tabella VIII in Allegato.

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15. Allegati
Tabella II. Criteri diagnostici per la diagnosi di A.R. (ACR 1987) 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. rigidit articolare mattutina di almeno 1 ora tumefazione (artrite) di 3 o pi articolazioni osservata da un medico tumefazione (artrite) della IFP, MCF e dei polsi tumefazione (artrite) simmetrica noduli reumatoide positivit del Fattore Reumatoide erosioni e/o osteoporosi articolari alle mani e/o ai polsi rilevate con la radiografia

(Per la diagnosi di AR sono necessari almeno 4 criteri; i primi 4 criteri devono persistere per almeno 6 settimane).

Tabella III. Criteri ACR 20 per la valutazione del miglioramento della malattia. 20% di miglioramento in 5 dei seguenti criteri: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. numero di articolazioni dolenti (aa. 68) numero di articolazioni tumefatte (aa. 66) autovalutazione globale dellattivit di malattia (VAS o Lickert scale) valutazione globale dellattivit di malattia (VAS o Lickert scale) autovalutazione del dolore (VAS o Lickert scale) autovalutazione della disabilit funzionale (HAQ, AIMS2) reattanti della fase acuta (VES e PCR)

I primi due punti sono obbligatori. Da ricordare: I criteri ACR20 sono accettati per i trials clinici ma non sono diffusamente adottati per la pratica clinica. In questo contesto si raccomanda una definizione pi netta di miglioramento che non pu essere inferiore al 50% (con i criteri suddetti) (34).

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Tabella IV. Criteri ACR per la valutazione della remissione della malattia: 1. 2. 3. 4. 5. 6. rigidit mattutina inferiore a 15 minuti assenza di astenia assenza di dolore articolare assenza di dolorabilit o di dolore al movimento articolare assenza di tumefazione articolare e/o tendinea VES < 30 nelle donne, < 20 negli uomini

Si parla di remissione quando sono presenti almeno 5 criteri per almeno 2 mesi. Tabella V. Criteri ACR di classificazione in classi funzionali Classe I II III IV Criteria Paziente in grado di effettuare le attivit della vita quotidiana (cura della propria persona, attivit professionale, attivit non professionale) Paziente in grado di provvedere alla cura della propria persona e di svolgere lattivit professionale, ma inabile a svolgere lattivit non professionale Paziente in grado di provvedere alla cura della propria persona, ma inabile a svolgere lattivit professionale e non professionale Paziente inabile a provvedere alla cura della propria persona e a svolgere lattivit professionale e non professionale

a. Le attivit relative alla cura della propria persona sono: vestirsi, alimentarsi, lavarsi, curare il proprio aspetto e andare in bagno; le attivit professionali comprendono il lavoro, le attivit educative e/o casalinghe; le attivit non professionali comprendono le attivit ricreative e/o del tempo libero.

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Tabella VI. Algoritmo per la terapia dellartrite reumatoide Diagnosi e valutazione dellartrite reumatoide (valutazione dellattivit di malattia e del danno articolare, stima della prognosi) Tipo di intervento Educazione del Paziente FANS (1) Steroidi (2) DMARDs entro 3 mesi dalla diagnosi (3) (Fig. 1) Terapia fisica e occupazionale (Terapia chirurgica) Inefficacia del trattamento Controllo soddisfacente monitoraggio Riattivazione della Malattia Controllo soddisfacente monitoraggio

Riattivazione della Malattia

Riconsiderare il trattamento Cambiare/aggiungere DMARDs/farmaci biologici

Tabella VII. Flow chart terapia artrite reumatoide

AR scarsamente attiva iniziale, non erosiva

AR attiva erosiva e non erosiva

Clorochina, SSZ Risposta efficace

MTX o SSZ o CsA o Lef Risposta inefficace MTX+CsA, MTX+SSZ+Cloroch, LEF Risposta efficace continua

continua Risposta inefficace (AR aggressiva) DMARDs+ anti-TNF o altri biologici Risposta efficace

continua

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Tabella VIII. Riassunto delle caratteristiche dei DMARDs usati nellartrite reumatoide
Farmaco (Dosaggio) Schema posologico 400 mg/die per 1 mese, poi 200 mg/die per 8 mesi; nuovo ciclo dopo 3 mesi di sospensione 1 gr/die aumentando di 500 mg ogni 10 gg fino ad un massimo di 3 gr/die Valutazione basale Nessuna (in assenza di patologie oculari) Eventi avversi Monitoraggio Progressione radiologica Teratogenicit

Clorochina

Epigastralgia, rash cutanei, Visita oculista tossicit (ogni 6-12 mesi) retinica (disturbi visivi) Epigastralgia, dolori addominali, rash cutanei, mielotossicit Epigastralgia, nausea, rash cutanei, stomatite, alopecia, tossicit epatica e midollare, dispnea1,2 Epigastralgia, nausea, parestesie ipertensione, ipertricosi, iperplasia gengivale, nefrotossicit Diarrea, rash cutanei, epatotossicit, alopecia, infezioni respiratorie Infezioni delle vie respiratorie, cefalea, nausea, reazioni correlate allinfusione Reazioni nel sito diniezione, infezioni, cefalea, rinite Emocromo, funzione epatica; ogni 3 settimane per i primi 3 mesi, poi ogni 2 mesi per 6 mesi, poi ogni 3 mesi Emocromo, funzione epatica, creatininemia ogni 4 settimane per i primi 3 mesi, poi ogni 2 mesi Creatininemia, elettroliti ed emocromo ogni 2 settimane per i primi 2 mesi, poi mensile3, controllo PA Emocromo, funzione epatica ogni mese per i primi 6 mesi, poi ogni 2 mesi Non richiede monitoraggio specifico

NO

Dubbia

Sulfasalazina

Emocromo completo G6PDH, funzione epatica Emocromo completo, creatinina, Rx torace, Markers HCV ed HBV

Modesta

Negativa (oligospermia)

Metotrexate

7,5 20 mg/settimana

SI

Positiva

Ciclosporina

0,3-0,5 mg/kg/die

Test di funzionalit epatica e renale, elettroliti

SI

Negativa (oligospermia)

Leflunomide

Emocromo, 100 mg/die per creatininemia, 3 giorni seguiti markers HCV da 20 mg/die ed HBV 3mg/Kg/die e.v. da ripetere dopo 2,6 settimane e poi ogni 8 settimane 25 mg/2 volte alla settimana s.c. Escludere infezioni in atto ed eventuali fattori di rischio Rx torace, test tubercolina Escludere infezioni in atto ed eventuali fattori di rischio

SI

Positiva

Infliximab

SI Monitoraggio come nel Methotrexate Non richiede monitoraggio specifico

Sconosciuta

Etanercept

SI

Sconosciuta

Note 1. Linsorgenza di tossicit polmonare un evento raro che pu verificarsi indipendentemente dalla durata della terapia e dal dosaggio; richiede limmediata sospensione.

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2.

Per lieve aumento di GOT e GPT (<2 v.n.) ripetere il dosaggio. Per valori compresi tra 2-3 v.n: stretto

monitoraggio ed eventuale riduzione della posologia. Per aumento persistente (> 3 v.n.) sospendere la terapia ed eventuale biopsia epatica. 3. E necessaria una riduzione della dose del 25-30% se la creatinina aumenta oltre il 30%, in pi di una misurazione, anche nellambito del range di normalit. Se tale riduzione del dosaggio non porta entro un mese alla diminuzione della creatinina, il trattamento deve essere interrotto gradatamente (25 mg/settimana).

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III. Artropatie da cristalli


1. Introduzione
Le artropatie da cristalli sono un gruppo di disordini clinici caratterizzati dal deposito di cristalli in sede articolare e periarticolare.Le patologie sono: la gotta, la artropatia da pirofosfato di calcio diidrato (condrocalcinosi), la malattia da depositi di idrossiapatite, la malattia da depositi di ossalato di calcio.

2. Gotta
a. Definizione. E una sindrome clinica causata da una risposta infiammatoria al deposito di cristalli di urato monosodico nei tessuti o alla soprasaturazione dellacido urico nei fluidi extracellulari. Il disordine metabolico sottostante la gotta definito da livelli di acido urico superiori a due deviazioni standard della media definita come limite: 7 mg/dl per il sesso maschile e 6 mg/dl per il sesso femminile. b. Epidemiologia. Et di insorgenza tra 40-50 anni; rapporto M/F 7:1. Prevalenza 13,6/1.000 nel maschio; 6,4/1,000 nelle donne.

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c. Aspetti clinici e diagnostici

Elementi orientativi Obesit Ipertensione Diabete Iperlipemia Calcolosi renale Sindrome plurimetabolica

Attacco acuto Artrite acuta mono-oligoarticolare, che colpisce nel 90% la 1 MTF del piede. Nel 50% dei casi monoarticolare, pu interessare il mediopiede, caviglia, tallone, ginocchio e meno comunemente polsi, dita, gomiti. Sintomi sistemici: febbre, brivido, malessere. Lattacco pu risolversi in un periodo che va da 1 giorno a due settimane.

Diagnosi Differenziale Artrite settica Trauma Pseudogotta Iniezione di steroidi Artrite sterile: AR, SA, SLE, Sarcoidosi

Esami I Livello Ves, Pcr, Emocromo, creatinina, Ac.urico, Colesterolo, Trigliceridi

Esame Liquido sinoviale Conta di leucociti da 5.000 a 80.000/mm3 (con predominanza di neutrofili). Presenza di cristalli intracellulari, aghiformi, a birifrangenza negativa allesame a luce polarizzata; possibile presenza di piccoli cristalli tronchi extracellulari nei periodi intercritici. EVOLUZIONE GIOVANILE, della DONNA, SECONDARIA: ciclosporina, mieloma, linfoma, iperparatiroidismo, ipotiroidismo, diuretici, trapiantati,

RISOLUZIONE

FORME SUBENTRANTI

1. SIMIL-REUMATOIDE 2. CRONICA TOFACEA

Esami II Livello Clearance Ac Urico, Uricuria 24 ore, esame genetico per Lesch Nyhan, Kelley Segmiller, Glicogenosi

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d. Condotta terapeutica

ATTACCO ACUTO Colchicina: 0,6-1 mg, fino a 6 mg die per 5-7 giorni. (III/A) FANS: Diclofenac 150 mg/die, Indometacina 150-200 mg/die, (III/A) Ibuprofene 2400 mg/die, Ketorolac 90 mg/die, Naprossene 1000-1500 mg/die. Traimcinolone Acetonide 40-80 mg nelle grosse articolazioni, 10 mg nelle piccole articolazioni. (VI/B)

CONTROLLO DELLIPERURICEMIA Soggetti Normo-iperproduttori (uricuria 250-750 mg/24 ore): Allopurinolo: 100-300 mg die. (III/A) Soggetti Ipoescretori (uricuria <250 mg/24 ore): Sulfinprirazone: 200-800 mg die Probenecid: 0,5-2 g die Benzbromarone: 100 mg die.

GOTTA REFRATTARIA Urato-ossidasi: 1000-3000 U die per 5-7 giorni. (VI/B)

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3. Condrocalcinosi o artropatia da pirofosfato di calcio


La condrocalcinosi dovuta alla presenza di cristalli di pirofosfato di calcio nelle cartilagini articolari, nel lining sinoviale, nei ligamenti, nei tendini e talora nei tessuti molli periarticolari. Lartropatia pu essere ereditaria autosomica dominante con suscettibilit localizzata sul cromosoma 5 o associata ad altre condizioni come iperparatiroidismo, ipotiroidismo, emocromatosi, ipomagnesemia, ipofasfatasia, amiloidosi, morbo di Wilson. a. Aspetti clinici e diagnostici PSEUDOGOTTA: artrite acuta della durata da 5-7 giorni a due settimane; colpito nel 50% dei casi il ginocchio. Altre sedi colpite: polsi, gomiti, spalle, caviglie, 1 metatarsofalangea. SIMIL-REUMATOIDE: (5% dei casi), con rigidit mattutina, impegno della 2 e 3 metacarpofalangea e dei polsi; nel 10% dei casi il fattore reumatoide pu essere positivo a basso titolo. PSEUDOARTROSICA: nel 50% dei pazienti si pu avere una artropatia degenerativa con impegno di ginocchio, metacarpofalangee, polsi, anche, spalle, gomito. Pu interessare la mano con presenza di noduli di Heberden. PSEUDONEUROPATICA: un quadro destruente che colpisce anca, ginocchio e spalla con dolore spesso notturno e talora presenza di emartro. ASINTOMATICA: valutabile radiologicamente. Esame Liquido sinoviale Presenza di cristalli a bastoncello o romboidali con birifrangenza positiva (azzurra) allesame a luce polarizzata. Aspetti radiologici lindagine radiologica diagnostica, (calcificazioni delle fibrocartilagini come i menischi del ginocchio, il ligamento triangolare del carpo, la sinfisi pubica. Esami ematici Ves, PCR, Emocromo, Fosfatasi Alcalina, Calcio, Ferritina, Sideremia, Transferrina, PTH, Magnesio, FT3 FT4 TSH, Cupremia.

b. Condotta terapeutica

ATTACCO ACUTO Vedi terapia dellattacco acuto di gotta.

TERAPIA DI MANTENIMENTO Idrossiclorochina: 200-400 mg/die Magnesio carbonato: 30 mEq/die

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4. Reumatismo da idrossiapatite
Con tale termine si indica un eterogeneo gruppo di malattie caratterizzate da deposizione tessutale di cristalli di Fosfato di Calcio Basico o Apatite. Tali cristalli si possono ritrovare nelle strutture articolari in associazione ai cristalli di Calcio Pirofosfato. a. Aspetti clinici e diagnostici SINOVITE ACUTA OSTEOARTROSI: in associazione alla forma destruente di Crain (interfalangee distali). ARTROPATIA DESTRUENTE: colpisce la spalla con il quadro della artopatia destruente (Milwaukee shoulder) o spalla senile emorragica; clinicamente si presenta con dolore, impotenza funzionale, idrarto ed emartro, con distruzione della capsula dei rotatori e dei capi ossei. Meno frequentemente vi pu essere un impegno di anca e di ginocchio. Esame Liquido sinoviale Lesame del liquido sinoviale non permette di osservare i cristalli al M.O in quanto hanno dimensioni di 50-500 nm; sono aghiformi o a bastoncello e spesso formano aggregati di rotondeggianti di 1-5 e questi possono essere osservati al M.O con la colorazione del Rosso di Alizarina S.

PERIARTRITE DI SPALLA SPALLA DOLOROSA SEMPLICE SPALLA ACUTA IPERALGICA SPALLA CONGELATA

b. Condotta terapeutica FANS, Cortisonici locali, Ultrasuoni, onde durto 30

IV. Artropatia psoriasica


1. Definizione
Lartropatia psoriasica (AP) consiste in una serie di quadri infiammatori cronici articolari e periarticolari associati abitualmente alla psoriasi cutanea ed inquadrabili tra le spondiloartropatie.

2. Quadri clinici
Si distinguono 5 quadri clinici articolari principali (Moll & Wright) che possono presentarsi per spesso associati tra loro o con forme intermedie (notevole variabilit del quadro clinico): 1. Oligo-mono artrite asimmetrica: (pi frequente). Interessamento di 1-3 articolazioni, con fasi

alterne di riacutizzazione, stabilizzazione e remissione. Spesso coinvolta una grande articolazione, come il ginocchio, insieme con una o due articolazioni interfalangee ed una dattilite a carico di un dito delle mani o dei piedi. 2. Poliartrite simmetrica (simil-reumatoide): molto simile allAR, coinvolgendo le piccole

articolazioni delle mani e dei piedi, polsi, caviglie, ginocchi e gomiti. 3. Artrite distale o classica: prevalente, ma non esclusivo, interessamento flogistico delle IFD

(caratteristico dellAP, fa pi spesso parte di unartropatia generalizzata). Quasi sempre associata ad onicopatia psoriasica . 4. Forma ad interessamento assiale (spondilite): In quasi 1/3 dei casi con psoriasi si ha una

sacroileite asintomatica, spesso asimmetrica, che pu essere associata a spondilite, talvolta indistinguibile dalla spondilite anchilosante. Il coinvolgimento del rachide cervicale pi frequente nella psoriasi severa del cuoio capelluto. 5. Artrite deformante (mutilante): poco frequente, peculiare dellAP ed interessa le piccole

articolazioni delle mani e dei piedi. Il carattere mutilante radiologico, mentre clinicamente si hanno deformazioni gravi con articolazioni molto rigide o abnormemente lasse; dito a cannocchiale. 31

SAPHO: la pustolosi palmoplantare (psoriasi pustolosa dei palmi e delle piante, PPP) spesso associata ad una artropatia infiammatoria in particolare dellarticolazione sterno-clavicolare e delle articolazioni cartilaginee del torace anteriore. La PPP, inclusa in un gruppo di manifestazioni cutanee come lacne conglobata, lacne fulminans e lidradenite suppurativa che possono associarsi a sintomi osteoarticolari (iperostosi sternoclavicolare, osteomielite multifocale sterile cronica ricorrente, iperostosi della spina e, occasionalmente, artrite periferica) e che vengono descritte con lacronimo SAPHO (sinovite, acne, pustolosi, iperostosi, osteomielite).

3. Manifestazioni extrarticolari
1. Interessamento tendineo, con entesiti e tenosinoviti: frequenti in tutte le forme di artrite

psoriasica, talvolta unica manifestazione della AP. Sedi pi colpite: inserzione del tendine di Achille al calcagno, fascia plantare, inserzioni muscolotendinee attorno alla pelvi. Anche la spondilite un esempio di molteplici siti di entesite. 2. 3. Dattilite o dito a salsicciotto Altre manifestazioni rare: edema unilaterale di un arto (pi spesso superiore); coinvolgimento

oculare (cherato-congiuntivite, irite, episclerite); insufficienza aortica; miopatia.

4. Diagnosi
a. Clinica Storia di psoriasi cutanea personale (anche in sedi nascoste, onicopatia) o familiare. Coinvolgimento articolare e/o tendineo: oligoartrite asimmetrica, interessamento delle interfalangee distali, interessamento assiale, coinvolgimento torace anteriore, dattilite, entesiti. b. Indagini di laboratorio Primo livello: 1. Indici di flogosi (VES e PCR): aumento proporzionale alla quantit di sinovia infiammata

nellintero organismo; talora scarsamente modificati nelle oligoartriti o artriti distali; quasi sempre 32

normali nei casi con semplici entesopatie. Talvolta dissociazione fra VES e PCR con maggiore elevazione della seconda. 2. 3. 4. Uricemia. Fattore reumatoide: negativo nel 90-95% dei casi. Protidogramma: talvolta presente ipergammaglobulinemia.

Secondo livello 1. 2. Autoanticorpi: anticorpi antinucleo positivi nel 5-10% dei casi. Utili soprattutto per escludere Tipizzazione tissutale: HLA B27 (predisposizione allinteressamento assiale); Cw6, B17 e B13

altre connettiviti se persistono dubbi. (psoriasi cutanea); B38 e B39 (interessamento assiale, ed artrite periferica), DR4 (forma simil reumatoide), DR7 (presente sia nella psoriasi cutanea che nella AP). c. Indagini strumentali (Tabella I e Tabella II in Allegato) Primo livello 1. 2. Radiologia standard: ricerca dei vari elementi distintivi (variabili secondo la forma clinica). Ecografia: per lo studio di entesi, guaine tendinee, strutture periarticolari, versamento, panno

sinoviale. Secondo livello 1. 2. 3. Indagini scintigrafiche radioisotopiche. Scintigrafia con immunoglobuline umane (IgG) marcate. TC e la RMN.

5. Diagnosi differenziale
1. 2. 3. Forme poliarticolari: artrite reumatoide. Forma distale: osteoartrosi interfalangea. Forma oligoarticolare: altre spondiloartriti (in particolare con la s. di Reiter, in cui il

cheratoderma plantare pu simulare una psoriasi pustolosa), affezioni che possono dare versamenti

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ai ginocchi (infettive, microcristalline, meniscopatie, condropatie), entesiti e tenosinoviti da cause meccaniche e microtraumatiche. 4. Forma assiale: spondilite anchilosante idiopatica o secondaria, DISH.

6. Terapia
a. Trattamento farmacologico A. Terapia sintomatica e di supporto (di 1 livello, unico presidio o con DMARDs) 1. 2. 3. 4. 5. B. 1. 2. 3. Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS): dosi piene nelle fasi acute (V/A). Antinfiammatori COX 2 selettivi o COX 2 preferenziali: forme lievi e mantenimento (V/A). Terapia infiltrativa intrarticolare e periarticolare con steroidi (VI/A). Corticosteroidi sistemici: da evitare o da limitare a fasi di acuzie e per breve tempo o per Colchicina: utile nella artro-osteite e nella SAPHO; 1,5 mg giornalieri biripartiti (V/B). Terapia di fondo (DMARDs) Sulfasalazina: dosi crescenti fino a 2-3 gr./die; di primo impiego, da sola o in associazione Metotrexate (MTX): 7,5-15 mg settimanali in unica somministrazione; di primo o secondo Ciclosporina A: 1,5-4 mg/kg/die. Di secondo impiego. Utile nelle forme con prevalente

quanto necessario (V/C).

(I/A). impiego, da solo o in associazione con altri farmaci. Utile anche sulla componente cutanea (I/A). impegno periarticolare (entesiti) ed in quelle con psoriasi cutanea severa. Limiti: alto costo, raramente induce remissioni permanenti in monoterapia (I/A). 4. 5. Leflunomide: (20 mg/die), risultati simili a quelli del metotrexate ma con tollerabilit Antimalarici di sintesi (idrossiclorochina): uso molto prudente per lalta frequenza di effetti leggermente migliore (III/B). dannosi dermatologici (recentemente lincidenza di tali effetti stata ridimensionata) (V/E). C. Terapie di combinazione

Molto utili e sempre pi impiegate. I dosaggi dei singoli componenti leggermente inferiori a quelli impiegati in monoterapia. 34

Esempi: sulfasalazina e MTX, sulfasalazina e leflunomide; MTX e leflunomide, sulfasalazina e ciclosporina, MTX e ciclosporina (I/A). D. Terapie biologiche

In particolare anti TNF- (Infliximab ed Etanercept). Grande e pronta efficacia terapeutica nellartropatia psoriasica ma il loro uso ancora in corso di convalidazione per quanto riguarda il rapporto costo/beneficio e gli effetti a lungo termine. Attualmente, solo Etanercept registrato per lartrite psoriasica (I/A). b. Trattamento chirurgico 1. 2. Sinoviectomia artroscopica (grosse articolazioni con importante ipertrofia sinoviale non Chirurgia ricostruttiva-protesica (forme inveterate con gravi alterazioni funzionali) controllata da terapia medica).

c. Trattamento fisioterapico La kinesiterapia un presidio fondamentale nelle forme con coinvolgimento assiale ed in quelle con prevalente impegno periarticolare. Terapia strumentale, idroterapia e crioterapia sono utili nelle forme con infiammazione articolare ed enterite (III/A).

7. Allegati
a. Tabelle Tabella I. Caratteri generali delle lesioni radiografiche da AP: 1. Osteoporosi juxta-articolare meno marcata rispetto allartrite reumatoide. 2. Erosioni pi vistose e centrali, oltre che marginali come nellAR, talora circondate da un orletto sclerotico o una proliferazione ossea adiacente che d un quadro tipo sbafature. 3. Ispessimento del periostio, c tendenza allanchilosi delle articolazioni. 4. Apposizioni ossee a livello delle entesi, in particolare attorno alla pelvi, al calcagno (speroni calcaneari) ed al corpo delle falangi (orecchie di topo).

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Reperti specifici: 1. Artrite mutilante (aspetto a penna nel calamaio; acro-osteolisi). 2. Forma assiale: 2.1. 2.2. 2.3. 2.4. sacroileite asimmetrica; minor interessamento interapofisario; pochi sindesmofiti, spesso grossolani ed irregolari con origine non marginale; ossificazioni paravertebrali, fenomeni erosivi e riparativi ossei pi marcati ma con minor tendenza allanchilosi rispetto a spondilite primaria.

Tabella II. Caratteristiche delle altre indagini di imaging. 1. Ecografia: fondamentale per lo studio delle entesi, guaine tendinee e strutture periarticolari

in genere nonch per la valutazione del versamento e del panno sinoviale articolare. 2. Indagini scintigrafiche radioisotopiche: possono indicare in modo sensibile le sedi di articolare, soprattutto a livello sacroiliaco, sternoclavicolare e

coinvolgimento manubriosternale. 3.

Scintigrafia con immunoglobuline umane (IgG) marcate: particolarmente sensibile, utile

nellevidenziare anche la dattilite. 4. TC e la RMN: approfondimento dei reperti ecografici o radiologici. Utili per lo studio delle

articolazioni sacroiliache. La TC evidenzia le modificazioni strutturali dei bordi articolari, le fini erosioni ed il segno precoce di pseudoallargamento dellarticolazione. La RMN con gadolinio in grado di identificare modificazioni infiammatorie ancora pi precoci delle facce articolari sacroiliache (edema sottocorticale), che compaiono prima ancora delle erosioni.

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b. Flow chart diagnostica Manifestazioni articolari e/o tendinee indicative di spondiloartropatia Psoriasi cutanea evidente (ricerca anche in sedi poco visibili: gomiti, ginocchia, cuoio capelluto, orecchie, solco intergluteo, ombelico, onicopatia) Familiarit per psoriasi cutanea Anamnesi personale di psoriasi cutanea

Assenza di segni o anamnesi negativa per psoriasi cutanea

Ricerca altre cause

Indagini I livello Clinica/anamnesi: tipo di artrite, distribuzione, simmetricit Radiografia standard Laboratorio: VES, PCR, uricemia, fattore reumatoide protidogramma Ecografia articolare ed entesi

Conferma diagnostica

Negativit dei reperti o altre cause

Persistenza sospetto clinico / segni radiologici evocativi

Indagini II livello Laboratorio: Immunoglobuline totali e frazionate Autoanticorpi Tipizzazione tissutale HLA Es. liquido sinoviale (esclusione artriti microcristalline e infettive) Scintigrafia ossea Rx/TC/RMN sacroiliache e/o rachide (in caso di coinvolgimento assiale)

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c. Flow chart terapeutica

Forme lievi: Distali isolate Prevalente impegno tendineo Scarsi indici di flogosi

Monoarticolari

Segni erosivi precoci Forme poliarticolari Indici di flogosi elevati Impegno assiale

Terapia sintomatica e di supporto FANS o COX2 Infiltrazioni steroidee locali Terapia fisica strumentale Fisiochinesiterapia

Terapia di fondo

1 impiego

Sulfasalazina (2-3 g/die) Metotrexate (MTX) (7,5 -15 mg/sett.)

Risposta insufficiente o Recidiva in tempi brevi

Intolleranza, controindicazioni

Altro farmaco di fondo Leflunomide 20 mg/die Ciclosporina A (2-3 mg/kg/die) Risposta insufficiente

2 impiego

2 impiego

Terapia di combinazione Sulfasalazina (2 g/die) + MTX (5-10 mg mg/sett.) Leflunomide (20 mg a d alterni) + MTX (5-10 mg/sett) Altre associazioni

Terapie biologiche Etanercept in monoterapia CHIRURGIA Sinoviectomia artroscopica Chirurgia ricostruttiva-protesica Etanercept + altro DMARD

3 impiego

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V. Artriti infettive
1. Definizione
Le artriti infettive sono patologie articolari, di natura settica, causate, in maniera diretta o indiretta, da vari microrganismi (batteri, virus e miceti).

2. Artriti batteriche non gonococciche


a. Fattori Predisponenti Deficit immunitari (terapia immunosoppressiva, HIV) Patologie sistemiche croniche ( LES, neoplasie, diabete) Altre patologie articolari ( Artrite reumatoide, gotta , condrocalcinosi e artrosi grave) Procedure invasive articolari( protesi articolari, artrocentesi) Infusione e.v di sostanze terapeutiche Tossicodipendenza Bambini e anziani b. Agenti batterici pi frequenti Staphylococcus aureus Gram negativi: Haemophilus influenziae, Escherichia coli e Pseudomonas Salmonelle Brucelle Streptococchi Micobatterio tubercolare Microrganismo Stafilococco Streptococco Emofilo Gram negativi < 2 anni 40% 25% 30% 3% 2-15 anni 50% 35% 2% 5% 16-50 anni 15% 5% 5% >50 anni 75% 10% 10%

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c. Vie di ingresso Ematogena ( pi frequente) Traumi penetranti Contiguit da ascessi o focolai osteomielitici Strumenti d. Manifestazioni Cliniche Esordio acuto con dolore tumefazione e impotenza funzionale, frequente versamento. Nel 10-20% dei casi oligoarticolare associata a sintomi sistemici (febbre) Articolazioni pi colpite: ginocchio negli adulti ( > 50%), anca nei bambini, sacroiliache e colonna vertebrale nella brucellosi, sacroiliache e sternoclaveari nellartrite da infusione e.v. e. Diagnosi differenziale Periartrite Osteomielite Trauma; lesioni di menischi e legamenti, fratture Artriti microcristalline ( gotta e condrocalcinosi) Emorragie intra-articolari (emofilia e disordini emocoagulativi) Artriti virali Esordio di malattie reumatologiche ( artrite reumatoide, sindrome di Reiter) f. Diagnosi Esami di primo livello: Esame liquido sinoviale (colturale e batterioscopico) GB > 50.000/ mm3, PMN > 80% Esame ematochimico: aumento di VES e PCR, leucocitosi, emocoltura positiva (50%) Indagini per altri focolai infettivi: tampone genito-urinario, tampone faringeo, etc RX articolare: prime fasi: negativo dopo 1 sett: osteoporosi dei capi articolari dopo 15 giorni: riduzione dello spazio articolare successivamente comparsa di erosioni La rapidit del danno articolare dipende dalla virulenza dellorganismo Caratteristiche radiologiche particolari: presenza di gas nellarticolazione (Escherichia coli o anaerobi) 40

Esami di secondo livello: TAC e RMN per dimostrare precocemente ledema della struttura ossea e le erosioni ossee Scintigrafia con leucociti marcati

g. Terapia Antibiotico a largo spettro in attesa dellesame colturale (III/A). Cocchi Gram positivi Cocchi Gram negativi per via orale. La terapia deve essere eseguita per lungo tempo almeno per 1 mese dopo la normalizzazione degli indici di flogosi. penicillina; se penicillina resistenti vancomicina, ciprofloxacina o Aminoglicosidi o cefalosporina di terza generazione (VI/A). rifampicina, teicoplanina (VI/A). La via di somministrazione preferibilmente parenterale nelle prime 2 settimane e poi proseguire

3. Artrite batterica gonococcica


La pi comune artrite infettiva delladulto. Colpisce prevalentemente giovani, sani e sessualmente attivi. Agente eziologico: Neisseria Gonorrhoeae. a. Manifestazioni cliniche Il periodo intercorso tra il contatto sessuale e linizio dellinfezione gonococcica disseminata pu variare da 1giorno a 2 mesi. Esordio: nella maggior parte dei pazienti oliartralgie migranti oppure monoartrite. Dopo qualche giorno: la maggior parte dei pazienti presentano tenosinoviti del dorso della mano, polso, caviglia e ginocchio e una dermatite maculopapulare o vescicolare alle estremit e al tronco. Sono state anche descritte pustole, bolle emorragiche, eritema multiforme e vasculiti.Le lesioni cutanee sono spesso asintomatiche e scompaiono dopo pochi gg dal trattamento. Nel 25-40% dei pazienti compare una sinovite purulenta a ginocchio, caviglia polso o gomito. b. Diagnosi 41

Esami di laboratorio: leucocitosi, aumento della VES e lieve aumento delle transaminasi sono comuni ma non specifiche. Esame del liquido sinoviale: globuli bianchi tra 34.000 e 68.000/mm3 Esame colturale del liquido sinoviale: la N. Gonorrhoeae si identifica in meno del 50% dei casi. La positivit colturale pi frequente quando il liquido sinoviale purulento o ha una conta leucocitaria elevata. Un importante test pu essere la PCR per N.Gonorrhoeae nel liquido sinoviale.(pu risultare positiva anche quando lesame colturale negativo) Tampone genito-urinario: spesso positivo (>80% dei casi). Emocoltura e tampone cutaneo: positivi in meno del 10% dei casi.

Artrite gonococcica Giovani, adulti, sani Poliartalgia migrante Tenosinoviti frequenti (66%) Lesioni dermatologiche frequenti (33-50%) Poliartrite 30% dei casi Oligoartrite 30% dei casi Monoartrite 40% dei casi Emocoltura +<10% Es. liquido sinoviale + 25% dei casi Rapida risposta alla terapia (2-4gg)

Artrite non gonococcica Anziani, bambini, immunodepressi, tossicodipendenti, debilitati Poliartralgia rara Tenosinoviti rare Lesioni dermatologiche rare Monoartrite >85% dei casi

Emocoltura +>50% Es. liquido sinoviale + 90% dei casi Risposta lenta alla terapia (dolore > 10gg)

c. Terapia I pazienti generalmente migliorano e diventano apiretici entro 24-48h dallinizio della terapia; la sintomatologia articolare e le manifestazioni cutanee migliorano entro pochi giorni dal trattamento. Pazienti con versamento articolare purulento e ceppi antibiotici resistenti possono non rispondere velocemente. Antibiotico raccomandato: cefalosporine di III generazione (ceftraxone 1gr/die im o ev). in alternativa ceftizosima 4gr/die im o ev oeritromicina 2gr/die. Se i pazienti sono allergici alla penicillina possono esser usati ciprofloxacina o eritromicina.

42

Se il ceppo sensibile alla penicillina si dovrebbe usare ampicillina 1gr/8h ev o amoxicillina 500mg e acido clavulanico 125 mg per os.

4. Allegati
a. Flow-chart diagnostico-terapeutica-artriti infettive

Monoartrite acuta + aumento degli indici di flogosi

Esame del liquido sinoviale

Liquido infiammatorio (Gb >50.000mm3)

Liquido scarsamente infiammatorio

Se sono presenti cristalli, sangue e la colorazione Gram negativa Coltura positiva Colorazione Gram positiva Terapia antibiotica a largo spettro in attesa dellesame colturale

Coltura positiva

Cocchi gram negativi

Cocchi gram positivi

Aminoglicosidi Cefalosporine 3 generazione

Penicillina Vancomicina Ciprofloxacina Rifampicina Teicoplanina

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b. Flow-chart diagnostica Artrite Gonococcica.

monoartrite

tenosinovite, dermatite, poliartrite

coltura liquido sinoviale

Versamento

Se non presente versamento eseguire tampone genitourinario ed emocoltura

Se Negativa eseguire PCR Tampone o emocoltura pos. Se tampone o emocoltura negativi ma clinica suggestiva

PCR positiva

N. Gonorrhoae pos.

Iniziare terapia antibiotica

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VI. Artriti reattive e sindrome di Reiter


1. Definizione
Le artriti reattive (ReA) sono malattie articolari infiammatorie subacute apparentemente sterili che fanno seguito ad una infezione precedente in un altro distretto mucoso - pi frequentemente genitourinario (forma endemica o postvenerea) o intestinale (forma epidemica o enteroartriti) - e che colpiscono soggetti geneticamente predisposti. Queste malattie sono spesso accomunate dalla presenza di manifestazioni sistemiche extrarticolari, pi frequentemente della cute o degli occhi, entesiti e tendiniti, coinvolgimento preminente delle estremit inferiori e frequente, ma non costante, risoluzione spontanea in alcuni mesi. "Sindrome di Reiter" (SR): artrite reattiva caratterizzata dalla triade: oligoartrite asimmetrica, uretrite/cervicite non gonococcica, congiuntivite/irite.

2. Quadri clinici
a. Forma acuta Manifestazioni articolari-muscoloscheletriche 1. Artrite (100%): mono-oligoartrite acuta, periferica, asimmetrica, a carattere sostitutivo pi

spesso agli arti inferiori, piccole o grandi articolazioni (70-80% dei casi ginocchia, tibiotarsiche, MTF), ma anche arto superiore (50% dei casi spalle, polsi, gomiti, meno frequente la mano con impegno delle IFD). 2. 3. 4. Artralgie. Entesite/tendinite/borsite (52%): tendine di Achille, fascia plantare, estensore lungo dellalluce, Dito a salsicciotto (tendinite).

rotuleo, caviglie.

Manifestazioni extrarticolari 1. 45 Congiuntivite (60%): simmetrica, sterile, a remissione completa entro 1 mese.

2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

Irite, episclerite. Cheratodermia (Cheratoterma blenorragico): (10-30%). Balanite (46%): spesso asintomatica, meno frequente nelle forme postenteriche. Stomatite, erosioni orali, chiazze orali lucenti (27%). Uretrite/cervicite/prostatite (90%): sterile, possibile anche nelle forme post-dissenteriche. Onicopatia: sollevamento e fragilit dellunghia, ipercheratosi. Sintomi gastrointestinali: dolori addominali e diarrea. Legati allinfezione trigger iniziale o Sintomi costituzionali (febbre, malessere, fatica, perdita di peso, neuropatie periferiche,

indipendenti (con coltura negativa). pericardite), pi frequenti nelle post dissenteriche.


10. Eritema nodoso: non comune nelle ReA; pu far seguito ad un' infezione da Yersinia.

La forma acuta pu avere evoluzione benigna con remissione spontanea entro qualche mese oppure pu recidivare (soprattutto le urogenitali) o, in un numero minore dei casi trasformarsi in una forma cronica. b. Forma cronica Manifestazioni articolari 1. 2. 3. Riacutizzazioni articolari subentranti senza completa remissione, con esiti articolari Coinvolgimento pi spesso poliarticolare rispetto alla forma acuta (MTF, tibiotarsiche, Impegno assiale (soggetti HLA B27+): sacroileite monolaterale (30-40%); spondilite (spesso

permanenti. ginocchia ed arto superiore con maggior frequenza rispetto alle forme acute). asimmetrica). Manifestazioni extrarticolari tardive (rare) 1. 2. 3. 4. Impegno cardiaco: insufficienza valvolare aortica, pleuro-pericardite, miocardite, disturbi di Infiltrati polmonari. Impegno del SNC (epilessia, nistagmo). Glomerulonefrite e nefropatia da IgA.

conduzione (onde Q anomale, alterazioni S-T, allungamento PR, blocco completo AV).

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3. Diagnosi
a. Indagini di laboratorio Primo livello 1. 2. 3. 4. 5. VES: variabile da normale a 130 (frequentemente > 60). PCR: elevata allesordio di malattia (scarsa correlazione con lattivit di malattia. Nelle fasi Fattore reumatoide: abitualmente negativo. Emocromo: modesta leucocitosi (fasi iniziali); modesta anemia normocitica (fase cronica). Esame urine: possibile piuria asettica da uretrite (va eseguito allinizio e ripetuto durante il

croniche spesso si normalizzano).

follow-up); proteinuria; microematuria. Secondo livello 1. 2. 3. 4. Immuno-complessi (50-60% dei pazienti) Autoanticorpi (ANA negativi, ANCA frequentemente positivi) Complementemia: modesto aumento nelle fasi iniziali Indagini sierologiche: Ricerca degli anticorpi verso gli agenti pi Anticorpi anti Chlamydia Anticorpi IgA anti Yersinia e IgM o IgA anti Salmonella (altissima sensibilit) Anticorpi anti Shigella: attualmente non disponibili Anticorpi anti Mycoplasma Inoltre: Anticorpi anti Campylobacter, Neisseria gonorrhoeae, Borrelia burgdorferi e Streptococco beta-emolitico. Da eseguire subito (inutili dopo qualche mese dallesordio della malattia). I titoli anticorpali sono significativi se aumentati di almeno 2 deviazioni standard. IgG da sole non sufficienti per la diagnosi neanche se ad alto titolo (possono persistere per mesi). IgM: infezione acuta; IgA: infezione persistente. 5. Esami colturali Indirizzati dalla tipologia di sintomi infettivi che hanno peceduto lartrite (diarrea, disuria, faringite, ecc).

frequentemente coinvolti

47

Vengono effettuati anche in assenza di sintomi infettivi attuali (1/3 dei pazienti hanno infezione silente). Urinocolture tradizionali (prima porzione delle urine del mattino). Coprocoltura: altissima specificit ma bassissima sensibilit. Yersinia richiede metodi speciali. Tampone uretrale/ cervicale. Tampone faringeo. 6. Tecniche di biologia molecolare Ricerca del genoma della Chlamydia nelle urine di prima minzione (PCR, LRC o ELISA). Ricerca del genoma della Chlamydia nel liquido sinoviale o nella membrana sinoviale (nested PCR; Ligase Chain Reaction; ibridizzazione molecolareper rRNA). Prevalentemente per ricerca Chlamydia; nessuna importanza nella diagnosi di ReA postdissenterica. 7. Altre indagini Analisi del liquido sinoviale: esclusione altre cause di artrite; talvolta cellule di Reiter. Tipizzazione Tissutale: HLA B27 positivo conferma la diagnosi ed ha valore prognostico per la cronicizzazione e linteressamento assiale. b. Indagini strumentali Primo livello 1. 2. 3. RX articolare (erosioni marginali, riduzione dello spazio articolare, esostosi, periostite Ecografia articolare: utile nelle fasi precoci e per la diagnosi di entesiti/tendinite. ECG: va eseguito e ripetuto nei casi con decorso prolungato (disturbi di conduzione).

diafisaria, segni di entesite, speroni, spondilite, sacroileite, osteoporosi).

Secondo livello 1. 2. 3. 4. 5. 48 Scintigrafia: ultimamente rivalutata con le tecniche quantitative. TC o RMN sacroiliache. RMN con gadolinio (coinvolgimento assiale simil-spondilitico). Ecocardiogramma: sospetto di endocardite o di aortite. Ecografia prostatica: ricerca segni di prostatite cronica.

4. Diagnosi differenziale
1. 2. 3. 4. 5. 6. Artrite settica (es. liquido sinoviale: conta dei globuli bianchi e coltura). Atrite psoriasica mono-oligoarticolare. Artropatia associata a malattie intestinali infiammatorie croniche. Artropatie da microcristalli (liquido sinoviale). Artrite reumatoide (interessamento articolare simmetrico). Sarcoidosi, gotta, altre spondiloartropatie: in caso di dattilite.

5. Trattamento
a. Forma acuta 1. 2. 3. 4. 5. Antibiotici: tetracicline o chinolonici o in base allantibiogramma (III/B).* FANS o COX 2 selettivi (a piene dosi, regolarmente e per periodi prolungati) (V/A). Terapia infiltrativa locale con steroidi (non indicata quella sistemica) (V/A). Terapia fisica antalgica-antinfiammatoria: impacchi freddi, ionoforesi (VI/A). Riposo (ma evitare immobilizzazione) (VI/A).

* Non provato che gli antibiotici migliorino le ReA post-dissenteriche, mentre trattamenti a lungo termine (oltre 3 mesi) con tetracicline (in particolare la limeciclina) possono dare dei benefici nelle forme associate a Chlamydia. b. Forma cronica 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. Antibiotici per prostatite (per periodi molto prolungati, almeno 3 mesi) (III/B). FANS o COX 2 (V/A). Idrossiclorochina (V/A). Sulfasalazina (III/A). Metotrexate (III/A). Terapia infiltrativa locale con steroidi (non sistemica) (V/A). Terapia fisica strumentale, fisiochinesiterapia (importante nelle forme croniche) (V/A). Trattamento chirurgico: artrodesi, artroprotesi nelle fasi degli esiti distruttivi (V/A).

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6. Allegati
a. Flow-chart diagnostica

Artropatia asimmetrica sieronegativa (oligoartrite, predominante agli arti inferiori)

Storia di infezione urogenitale, intestinale o di altre mucose entro il mese precedente

Presenza contemporanea di uno o pi dei seguenti elementi: - Uretrite o cervicite; - diarrea; - malattia infiammatoria dellocchio (congiuntivite, uveite); - lesioni muco-cutanee; - balanite; - ulcerazioni orali, - cheratodermia Ecografia Diagnosi definita Rx standard

Livello I

Laboratorio: Indici di flogosi Emocromo Uricemia TAS, TASF Fattore reumatoide

Sospetto Livello II Indagini sierologiche: anticorpi anti-Chlamydia anticorpi anti Salmonella anticorpi anti Yersinia anticorpi anti Mycoplasma

Indagini immunologiche

Indagini colturali

Esclusione altre cause

Conferma diagnostica

Persistenza dubbio Terapia appropriata Ricerca antigeni o genoma batterici con tecniche di biologia molecolare su urine o liquido/tessuto sinoviale

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b. Flow-chart terapeutica

Artrite reattiva definita o sospetta: forma acuta

Post-venerea

Post dissenterica

Indagini colturali negative

Indagini colturali positive Terapia antibiotica mirata

Anamnesi di infiammazione urogenitale recente (entro 2-3 sett.) Terapia antibiotica con chinolonici o tetracicline per almeno 2 settimane

Terapia sintomatica e di supporto: FANS o COX2 selettivi Terapia infiltrativa locale con steroidi Terapia fisica strumentale Riposo

Segni di coinvolgimento assiale HLA B27 +

Persistenza dei sintomi Recidive frequenti

Forme croniche

Terapia di fondo: 1. Sulfasalazina (forme croniche lievi moderate) 2. Idrossiclorochina (in caso di intolleranza a Sulfasalazina 3. Metotrexate (forme aggressive, coinvolgimento arto superiore).

FKT Chirurgia: - Sinoviectomia (forme monoarticolari recidivanti) - Trattamento degli esiti

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VII. Spondiloartrite associata a Morbo di Crohn e Colite Ulcerosa


1. Definizione
Le manifestazioni muscoloscheletriche rappresentano la pi frequente complicazione extraintestinale delle malattie infiammatorie intestinali (IBD) e vengono comunemente incluse nello spettro clinico delle spondiloartropatie sieronegative.

2. Manifestazioni Cliniche
Manifestazioni muscoloscheletriche: Tipo I: artrite periferica pauciarticolare con < 5 articolazioni coinvolte. Pi spesso oligoartrite asimmetrica o monoartrite prevalenti agli arti inferiori; generalmente migrante e transitoria, con alternanze di riacutizzazioni e remissioni, spesso parallele a quelle della sintomatologia intestinale. Pu precedere la diagnosi di IBD. Tipo II: poliartrite periferica asimmetrica con 5 articolazioni coinvolte; Tipo III: spondiloartropatia con interessamento assiale, praticamente indistinguibile dalla spondilite anchilosante. Colpisce circa il 10% dei pazienti con Crohn. La SpA di tipo II e III non riflettono solitamente lattivit della malattia intestinale sottostante e raramente la precedono. Entesiti, tenosinoviti e dattiliti: di riscontro molto frequente, possono affiancare tutte le forme di coinvolgimento articolare o, talvolta, rappresentare le uniche manifestazioni muscoloscheletriche in corso di IBD. Manifestazioni extra-articolari Manifestazioni oculari (uveite anteriore e, pi raramente, congiuntivite ed episclerite). Eritema nodoso: coincide con le esacerbazioni dellinfiammazione intestinale e tende quindi a comparire nei pazienti con sinovite periferica attiva. Pyoderma gangrenosum: raro Amiloidosi secondaria che risulta spesso fatale.

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Fattori di sospetto verso lo sviluppo di una IBD associata: presenza di diarrea nelle fasi precoci di malattia; parametri infiammatori sierici costantemente elevati; HLA-B27 negativo in presenza di sacroileite; presenza di lesioni infiammatorie intestinali croniche asintomatiche.

3. Diagnosi
a. Indagini laboratoristiche Primo livello Emocromo: anemia sideropenica, leucocitosi, trombocitosi marcata (con conta piastrinica non di rado superiore di 700.000/mm3), eosinofilia. VES ed altri reattanti della fase acuta: quasi sempre elevati. Ricerca sangue occulto nelle feci. Esame colturale delle feci (in presenza di diarrea) Indici di nutrizione: colesterolo, trigliceridi, sideremia, ferritina Secondo livello Esame parassitologico delle feci Vitamina B12 e acido folico: indici di malassorbimento Tipizzazione tissutale: HLA-B27 presente nel 70% dei casi con interessamento assiale, prevalenza non superiore a quella della popolazione generale nelle forme con solo interessamento periferico. Maggior incidenza dellHLA-B62 nei pazienti con Crohn e spondiloartropatia. Autoanticorpi: ANCA, anticorpi anticeliaco (EMA, AGA, transglutaminasi) b. Indagini strumentali Valutazione articolare: vedi linee guida spondilite anchilosante Valutazione gastrointestinale: Ileo-colonscopia: esame fondamentale. 53

Ecografia anse addominali: esame estremamente specialistico. Riservato a casi dubbi con colonscopia negativa.

5. Terapia
Primo obiettivo: controllo della IBD (frequente effetto curativo sullartrite). Nelle forme in cui lattivit indipendente dalla malattia intestinale: stessi presidi impiegati nelle spondiloartropatie primarie. a. Trattamento sintomatico e di supporto dellartropatia: FANS (meglio se COX 2 selettivi) per os (con estrema cautela) (III/C). Glucocorticoidi per via intrarticolare (VI/A). Glucocorticoidi sistemici: indicati per il trattamento della malattia intestinale (Crohn) o, per brevi periodi, nelle artriti periferiche; non hanno influenza sul coinvolgimento assiale. Possibilit di esacerbazioni dei sintomi intestinali nella colite ulcerosa (III/B). FKT e terapia fisica strumentale (vedi spondilite anchilosante) (I/A). b. Terapia di fondo Predilezione per farmaci attivi sia sulla componente articolare che intestinale (induzione della remissione e mantenimento remissione): Sulfasalazina: correntemente utilizzata nella terapia della malattia intestinale efficace anche nei confronti della EA, mentre non lo lacido 5-amino-salicilico (I/A). Methotrexate: stato utilizzato con successo nel trattamento del m. di Crohn, ma non nota la sua efficacia nelle artriti ad esso associate (III/B). Infliximab: in grado contemporaneamente di controllare la sintomatologia articolare ed indurre remissione del quadro infiammatorio intestinale (V/A).

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6. Allegati
a. Flow chart diagnostico-terapeutica del Morbo di Crohn con manifestazioni

muscoloscheletriche

Clinica/anamnesi Indagini I livello Ecografia articolare ed entesi Rx distretto colpito Coinvolgimento assiale

Mono/oligoartrite Indagini II livello Aspirazione/analisi liquido sinoviale

Poliartrite Enteso/tendiniti

Tipizzazione tissutale Rx sacroiliache Iter diagnostico per SpA primaria Positivo per SpA

Esclusione altre cause (ad es. microcristallina osteoartrosi, settica, etc)

Terapia infiltrativa locale FKT Terapia sintomatica disturbi muscoloscheletici + Terapia di fondo Crohn

Persistenza sintomatologia articolare con IBD spenta

Terapia di fondo per spondilite, associata o integrata a terapia di fondo Crohn

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b. Flow-chart diagnostica di spondiloartrite con manifestazioni intestinali

Spondiloartrite con sintomi intestinali

Clinica/anamnesi Diarrea Dolore addominale Rettorragia Manifestazioni proctologiche (ragadi, ascessi, fistole) Massa addominale Febbre Perdita di peso Manifestazioni sistemiche

Indagini I livello

Indici di flogosi elevati Sangue occulto nelle feci Esame colturale e parassitologico delle feci (negativi) Anemia Leucocitosi Eosinofilia Trombocitosi Segni di malassorbimento (ferritina, sideremia, colesterolo, trigliceridi, ipoalbuminemia)

Esplorazione rettale Altra causa (infezione, colopatia funzionale, emorroidi)

Sospetta IBD

Indagini II livello

Vit. B12 e acido folico ANCA Anticorpi anticeliaco

Ileo-Colonscopia + eventuale biopsia Rx transito baritato Ecografia anse intestinali

Conferma diagnostica e valutazione complicanze

Colite aspecifica

Terapia di fondo efficace sia su Crohn che su SpA + Terapia sintomatica SpA + terapia infiltrativa locale + FKT

Terapia SpA con attenzione agli effetti irritanti sullintestino

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VIII. Spondilite anchilosante


1. Definizione
La Spondilite Anchilosante (SA) una malattia infiammatoria cronica a carattere sistemico inclusa nel gruppo delle spondiloartropatie, che colpisce primariamente lo scheletro assiale conducendo ad una progressiva rigidit e fusione delle vertebre.

2. Manifestazioni cliniche
a. Coinvolgimento muscoloscheletrico Rigidit Dolore lombare infiammatorio (prima manifestazione nel 75% dei casi): - riferito alla regione sacroiliaca o alle natiche, talvolta in sede lombare; - irradiazione alla coscia posteriormente (tipo sciatica mozza); - esordio insidioso; - carattere sfumato; - inizialmente unilaterale ed intermittente, poi bilaterale e persistente; - pi evidente al mattino e dopo riposo; - migliora con lattivit fisica; - persistente da almeno tre mesi. Dolore extra o juxta-articolare da entesite (giunzioni costosternali, processi spinosi, creste iliache, grandi trocanteri, tuberosit ischiatica, tubercoli tibiali, calcagno) Artrite dei cingoli ( anca e spalla) Rigidit e dolore del rachide cervicale e/o dorsale Artriti periferiche (asimmetriche, di solito lievi e transitorie) b. Coinvolgimento extra-articolare Sintomi costituzionali: fatica, anoressia, perdita di peso, febbricola, malessere. Oculare: uveite anteriore Cardiovascolare: aortite ascendente, dilatazione dellanello aortico, insufficienza aortica, disturbi della conduzione, disfunzione miocardica, pericardite. Pleuropolmonare: fibrosi 57

Neurologico: tetraplegia, sindrome della cauda equina Amiloidosi Renale: nefropatia da IgA

3. Diagnosi
a. Indagini di laboratorio Indagini di I livello VES, PCR, scarsa correlazione con lattivit clinica di malattia Protidogramma Emocromo completo (nel 15% dei casi presente lieve anemia normocromica e normocitica). Indagini di II livello Tipizzazione HLA-B27 Immunoglobuline totali e frazionate (talvolta modeste elevazioni delle IgA sieriche che correlano con i reattanti della fase acuta) Metabolismo fosfo-calcico b. Indagini Strumentali Indagini di I livello (vedi Tabella I in Allegato) Radiografia del bacino per sacroiliache: la presenza di sacroileite un criterio cruciale (anche se non necessario) per la diagnosi di spondiloartrite e va ricercata indipendentemente dalla sintomatologia clinica. Radiografia standard della colonna e di altri distretti periferici. Radiografia del torace. ECG. Nel caso di negativit dellindagine RX standard e persistenza del dolore e del sospetto diagnostico si procede ad indagini di secondo livello: Indagini di II livello Ecografia articolare: definizione della patologia periarticolare, del versamento articolare e dellipertrofia sinoviale. 58

TAC: valutazione dellimpegno delle sacroiliache, pi sensibile della radiografia standard. Da utilizzare quando limmagine radiologica standard lascia adito a dubbi o anche come prima scelta quando il quadro clinico sia fortemente evocativo di sacroileite. RMN sacroiliache: utile nella diagnosi precocissima quando le indagini precedenti abbiano dato esito negativo o dubbio ma la clinica sia fortemente evocativa di sacroileite o spondiloartrite. Evidenzia ledema midollare della sacroileite iniziale. DEXA: valutazione iniziale e monitoraggio delleventuale presenza di osteoporosi. Indagini per la valutazione dellimpegno viscerale Prove di funzionalit respiratoria Ecocardiogramma Colonscopia (in caso di dubbio diagnostico con malattie intestinali infiammatorie croniche)

4. Diagnosi differenziale
Molteplici sono le patologie da tenere in considerazione nella diagnosi differenziale della spondilite anchilosante (per i dettagli si rimanda alle singole patologie): Altre rachialgie spondilogeniche: traumatiche, degenerative, metaboliche, infettive, neoplastiche. Rachialgie non spondilogeniche: neurologiche, vascolari, viscerogeniche, psicogene. Spondilite da altre spondiloartropatie sieronegative (malattie infiammatorie intestinali, artropatia psoriasica, spondilite da artrite reattiva/Reiter). Iperostosi scheletrica idiopatica diffusa (DISH). Altre condizioni iperostosanti con possibile presenza di lesioni simil-sindesmofitiche ed anormalit delle sacroiliache: trattamento cronico con retinoidi, iperparatiroidismo, fluorosi, condrocalcinosi, ocronosi, malattia di Paget, spondilite tubercolare. Artrite reumatoide: si pone il problema solamente nelle spondiliti con preminente impegno articolare periferico. RS3PE (sinovite simmetrica sieronegativa remittente con pitting edema).

5.Trattamento

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a. Trattamento fisico/riabilitativo Presidio fondamentale, deve essere utilizzato il pi precocemente possibile, continuativamente e quotidianamente. Gli obiettivi principali del trattamento riabilitativo sono costituiti da: economizzazione articolare impostazione delle regole igieniche di vita e rimozione fattori aggravanti attenuazione del dolore e flogosi (terapia fisica strumentale, metodiche decontratturanti ad es. TENS, correnti diadinamiche, ionoforesi, massoterapia lieve, etc) mantenimento delle escursioni articolari (stretching, mobilizzazione dolce) prevenzione dellipotrofia muscolare prevenzione e trattamento delle alterazioni posturali miglioramento della ventilazione costale e diaframmatici (ginnastica respiratoria) b. Trattamento farmacologico a. Antinfiammatori non steroidei: a scopo analgesico/antinfiammatorio al fine di favorire la mobilizzazione. - Fasi iniziali e acute: FANS a dosaggio pieno per coprire lintera giornata (V/A). - Fasi subacute o croniche (sintomo predominante rigidit mattutina): FANS somministrati alla sera per favorire un risveglio migliore (V/A). b. Miorilassanti: (ad esempio 4-6 mg di tizanidina) utili alla sera per ridurre la rigidit notturna e mattutina nelle fasi acute (V/B). c. Steroidi: in generale rivestono scarso interesse nella SA, giustificati nelle fasi iniziali per velocizzare la rimobilizzazione, nelle fasi pi acute, utili in terapia infiltrativa locale nelle entesiti e nelle artriti periferiche (V/D). d. Farmaci di fondo: discreta efficacia nelle manifestazioni artritiche periferiche ma minore utilit sul coinvolgimento assiale e su quello entesitico. Indicati anche in presenza di marcate alterazioni flogistiche bioumorali (V/A).

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Sulfasalazina (Salazopyrin EN cpr 500 g): dosi crescenti fino a 2-3 g/die. Di prima scelta nelle forme lievi-moderate (I/A). Methotrexate: (7,5-15 mg orali o i.m. a settimana). Utile soprattutto nelle forme con forte componente infiammatoria e con interessamento articolare periferico. Da riservare in particolare ai soggetti giovani con malattia molto attiva (V/B). Ciclosporina: utilit dubbia nella spondilite anchilosante. Aneddotica efficacia nelle forme prettamente entesitiche che non rispondono a salazopirina (V/C). Ciclofosfamide: raramente utilizzata nelle spondiloartriti. Eventuale impiego nelle forme severe con preminente sinovite periferica non controllate con gli altri farmaci di fondo o biologici. Dose: 200 mg i.v. a giorni alterni per 3 settimane, seguiti da 100 mg orali settimanali per 3 mesi (V/C). e. Bisfosfonati: in caso di osteoporosi (V/A). f. Terapie biologiche: Infliximab (Remicade, 3-5 mg/kg t0, t15, t30, t45-60): grande efficacia sui sintomi e sulla componente infiammatoria. Terapia costosa, con importanti rischi di effetti avversi, tendenza a ridurre lefficacia nel tempo (comunque minore che nellartrite reumatoide). Da riservare a pazienti con importante componente dolorosa o infiammatoria, soprattutto assiale, non controllabile con le terapie di fondo convenzionali. Da praticarsi in centri reumatologici (I/A).

c. Trattamento chirurgico a. Chirurgia del rachide: colonna cervicale (stabilizzazione di lussazione atlanto-epistrofea; osteotomia per migliorare la postura e ripristinare il campo visivo) (V/A). colonna dorso-lombare (intervento di fusione per risolvere un problema di ultima articolazione con dolore e discite; osteotomia per migliorare la postura) (V/B) b. Chirurgia protesica: soprattutto coxofemorali. Alta incidenza di reinterventi (V/A).

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6. Allegati
a. Flow-chart diagnostica

Rachialgia infiammatoria1 Dolore in sede sacroiliaca persistente Sciatica tronca e/o alternante Indagini I livello

Sinovite asimmetrica e/o predominante agli arti inferiori

Familiarit per Sp.A. Storia personale di psoriasi, uveite, tendiniti ricorrenti, malattie infiammatorie intestinali

Esami ematochimici Routine + reattanti fase acuta

Rx bacino (Ferguson) Rx rachide

Indagini II livello

Positivi

Dubbi

Negativi

Altre cause

Valutazione complicanze2:

Conferma diagnostica Valutazione evolutivit malattia Tipizzazione HLA Ecografia entesi (talloni, rotule, regione trocanterica) Scintigrafia quantitativa

TC/RMN fat supp. sacroiliache

Terapia sintomatica (FANS/COX2)

ECG

PFR

Persistenza sintomi oltre 3 mesi

EcoCG

Biopsia grasso periombelicale

RMN rachide con gadolinio

Terapia di fondo + sintomatica + FKT

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Note (1) esordio insidioso; persistenza per almeno 3 mesi; accentuazione della rigidit della schiena al mattino o dopo riposo prolungato; miglioramento con lesercizio fisico. (2) Indagini per valutazione complicanze deficit respiratorio restrittivo turbe conduzione cardiaca valvulopatia aortica amiloidosi Da riservare a forme di lunga durata o in presenza di obiettivit clinica (riduzione espansibilit toracica importante, dispnea, soffi cardiaci, bradicardia, sincope, poliartrite similreumatoide, proteinuria, etc). Mal di schiena di tipo infiammatorio esordio del mal di schiena prima dei 40 anni;

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b. Flow-chart terapeutica Lombalgia infiammatoria con sospetto di SpA Artrite periferica

Senza alterazioni RX

Con evidenza di sacroileite e/o altri segni RX

Positivit degli indici di flogosi

FANS (ad es. indometacina, fase acuta) o COX2 selettivi (terapia continuativa, fase subacuta o cronica)

FKT

Sulfasalazina (SSZ) + FANS o COX2 + terapia infiltrativa o fisioterapica locale

Attenuazione sintomatologia

Persistenza sintomatologia

Persistenza sintomi severi dopo 3-6 mesi

Progressione RX dopo 1 anno

Intolleranza o allergia

Methotrexate (o altro DMARD) in associazione a SSZ Nuovo controllo Rx e laboratoristico dopo 1 anno Comparsa segni radiologici

Methotrexate (o altro DMARD)

Persistenza sintomatologia Indici di flogosi ancora elevati Rapida progressione dellanchilosi Terapie biologiche (da sole o in associazione a DMARD)

64

IX. Artrosi delle articolazioni periferiche

1. Definizione
Lartrosi una malattia degenerativa delle articolazioni periferiche (OA). E la pi comune malattia dellapparato muscolo-scheletrico; colpisce circa 1/3 della popolazione anziana (1), nella quale frequentemente causa di disabilit (2). Lartrosi pu interessare una o pi sedi articolari: le Linee Guida riguardano le localizzazioni pi frequenti e di maggiore impatto clinico e assistenziale.

2. Caratteristiche cliniche dellartrosi


1. 2. 3. Il dolore recede con il riposo e si accentua con le sollecitazioni meccaniche E presente rigidit articolare allinizio del movimento Presenza di segni clinici come: scrosci articolari alla mobilizzazione attiva, dolorabilit e

tumefazione dura dellarticolazione.

3. Diagnosi
Per la diagnosi di artrosi delle articolazioni periferiche possono essere utilizzati i criteri classificativi clinici dellAmerican College of Rheumatology (3): Algoritmo per la diagnosi di artrosi dellanca e del ginocchio dolore isolato al ginocchio et > 38 anni dolore isolato all'inguine - dolore all'inguine irradiato al ginocchio - dolore alla faccia anteriore della coscia - et > 50 anni
no si

si

rigidit mattutina < 30 min. al ginocchio e scrosci alla mobilizzazione attiva


si

rigidit mattutina < 60 min e dolorabilit alla rotazione interna dell'anca

no

si

gonartrosi
si

coxartrosi rotazione interna < 15 e flessione < 115 dell'anca

Sensibilit 95% Specificit 69% 65

Sensibilit 86% Specificit 75%

Criteri clinici per la diagnosi di artrosi della mano (sensibilit 94%, specificit 87%) 1. Dolore e rigidit alle mani per la maggior parte dei giorni del mese precedente 2. Tumefazione dura di 2 o pi fra le 10 articolazioni selezionate* 3. Tumefazione molle in meno di 2 articolazioni metacarpo-falangee 4. a) Tumefazione dura di pi di 2 articolazioni interfalangee distali oppure b) Deformit di una o pi fra le 10 articolazioni selezionate* *Le 10 articolazioni selezionate comprendono bilateralmente, le 2e e 3e articolazioni interfalangee prossimali e distali e larticolazione trapezio-metacarpale.

Per la conferma del sospetto diagnostico e la valutazione della gravit dellartrosi Ginocchio: Anca: Mano: Rx in AP sotto carico + LL Rx bacino con proiezioni assiali danca Rx mani e polsi

4. Terapia
a. Obiettivi della terapia dellartrosi 1. Controllo del dolore 2. Mantenimento della funzione articolare e limitazione della disabilit 3. Rallentamento della progressione del danno articolare 4. Evitare tossicit da farmaci

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b. Provvedimenti non farmacologici Abitudini di vita - esercizio fisico (camminare regolarmente) - controllo del peso corporeo Educazione del paziente Chinesiterapia (rafforzamento del m. quadricipite) Taping patellare (OA femoro-rotulea) Terapia occupazionale Strategie di protezione articolare - solette valgizzanti - ortesi di ginocchio varizzanti o valgizzanti splint di posizione (rizoartrosi) [A] (11,12) [A] (13, 14) [A] (15) [A] (5,6) [A] (10) [A] (5,6) [A] (9)

Nella parentesi riportata la forza della raccomandazione in base al livello di evidenza (4). Nei casi (di gonartrosi) parzialmente refrattari alla terapia farmacologica o nei quali luso dei farmaci sia controindicato, pu essere raccomandato il ricorso a:

Agopuntura Campi magnetici pulsati Stimolazioni elettriche transcutanee (TENS) Terapia termale

[A] (16-19) [A] (20,21) [A] (22) [A] (23-25)

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c. Terapia sintomatica dellartrosi Dolore moderato/intenso

Dolore lieve

Paracetamolo < 2 g/die

Coxibs* o FANS tradizionali + Gastroprotezione**

Tramadolo Paracetamolo + codeina

In caso di dolore refrattario e/o controindicazioni alluso di FANS (insufficienza cardiaca, renale, pregressi gravi eventi avversi g.i.)

In caso di versamento articolare

Steroidi intrarticolari (fino a 3-4 iniezioni/anno per sede articolare) Ac. Jaluronico intrarticolare

[A] (29) [A] (29)

*In presenza di fattori di rischio per eventi avversi gastrointestinali; **la gastroprotezione attuata con misoprostolo o inibitori della pompa protonica.

Fattori di rischio per eventi avversi gastrointestinali 1. Et > 65 anni 2. Uso concomitante di steroidi orali 3. Storia di ulcera peptica, dispepsia e infezione da Helicobacter P. 4. Storia di sanguinamento dellapparato g.i. superiore 5. Uso concomitante di anticoagulanti

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d. Terapia di fondo nellartrosi

Obiettivi della terapia di fondo ridurre il consumo di antinfiammatori rallentare la progressione della malattia

Farmaci di fondo antiartrosici di provata efficacia In trials clinici randomizzati e controllati stata dimostrata lefficacia di alcuni farmaci sia sui sintomi, sia sulla progressione dellartrosi. Resta da chiarire quale sia la rilevanza clinica di tali risultati (40). 1. Condroitinsolfato 1. Diacereina 2. Glucosamina solfato 3. Acido Jaluronico intrarticolare [A] (31, 32) [A] (33, 34) [A] (35, 36) [A] (38)

e. Indicazioni al trattamento chirurgico Dolore refrattario al trattamento medico Disabilit significativa nelle ADLs

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X. Iperostosi scheletrica idiopatica diffusa (DISH)


1. Definizione
E una ossificazione delle entesi (zona di inserzione di tendini, ligamenti e capsule articolari sullosso) particolarmente evidente a livello della colonna dove si formano dei ponti intervertebrali (entesofiti) ma riscontrabile anche a livello dello scheletro appendicolare. E una patologia frequente, et-correlata e prevalente nel sesso maschile.

2. Manifestazioni cliniche
Le manifestazioni cliniche pi importanti sono dovute alla compressione midollare a livello cervicale (mielopatia cervicale) ed alla compressione pluriradicolare a livello lombare (stenosi del canale). Il coinvolgimento delle articolazioni periferiche pu essere causa di dolore, di riduzione dellescursione articolare e di artrosi secondaria che pu richiedere la protesizzazione (coxopatia inguainante)

Fattori di rischio Diabete mellito Obesit Dislipidemia Iperuricemia Terapia protratta con retinoidi Sintomi e segni generali Dolore Rigidit articolare e del rachide Ridotta escursione articolare

Sintomi e segni di specifici distretti Disfagia (rachide cervicale) Sindrome piramidale (rachide cervicale) Sindrome pluriradicolare (rachide lombare) Criteri diagnostici (Forestier) Formazione di ponti ossei fra almeno 3 corpi vertebrali a livello dorsale Relativa conservazione degli spazi intervertebrali Assenza radiologica di sacroileite o di anchilosi delle articolazioni interapofisarie posteriori 70

3. Terapia
Controllo dei dismetabolismi associati e riduzione del peso corporeo (V/C) Mantenimento dellescursione articolare e del rachide mediante fisiocinesiterapia (V/C) Controllo dei sintomi con FANS o analgesici e miorilassanti (V/C).

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XI. Polimialgia Reumatica


1. Definizione.
La Polimialgia Reumatica (PMR) una malattia infiammatoria che colpisce soggetti di et maggiore di 50 anni e si associa ad un marcato aumento degli indici di flogosi.

2. Epidemiologia.
Nel 16%-21% di pazienti con PMR coesiste Arterite GigantoCellulare (AGC) biopticamente dimostrata. Al contrario, la PMR si osserva nel 40%-60% dei pazienti con AGC, potendosi presentare clinicamente prima, simultaneamente, o dopo lesordio delle manifestazioni cliniche dellarterite.

3. Caratteristiche cliniche della PMR


Esordio acuto o subacuto Sintomi sistemici (25%-50%): febbre, malessere, astenia e perdita di appetito Caratteristiche del dolore Presente a riposo, si esacerba nelle ore notturne e del primo mattino, si associa rigidit articolare mattutina di durata superiore ad 1 ora che limita fortemente i movimenti del paziente. Sedi del dolore 1. Il collo interessato nel 60%-70% dei casi. Il dolore avvertito lungo tutto il rachide cervicale

e si associa a rigidit talora cos marcata da rendere impossibile ogni movimento fisiologico di questo segmento della colonna.

72

2.

Il cingolo scapolare interessato nel 95% dei casi. I sintomi possono iniziare da un solo lato,

ma nel giro di pochi giorni si ha il coinvolgimento simmetrico. Si irradia alla regione del trapezio, al deltoide e bicipite fino al gomito. 3. Il cingolo pelvico coinvolto nel 60% dei pazienti. Il dolore bilaterale alle anche, allinguine

e si estende ai glutei ed alla faccia antero-laterale delle cosce fino al ginocchio. Il dolore e la rigidit sono talora cos importanti da impedire al paziente di alzarsi da una sedia o dal letto. 4. Il coinvolgimento simultaneo di collo, spalle ed anche si osserva nel 45% dei casi.

Esame obiettivo 1. 2. 3. Marcata limitazione funzionale antalgica delle strutture interessate. Segni clinici dinteressamento dei tendini e delle borse articolari. Talora lobbiettivit nelle sedi interessate pu non essere particolarmente evidente.

Altre manifestazioni 1. Artrite periferica: non erosiva, autolimitante, asimmetrica che pone problemi di diagnosi

differenziale con lArtrite Reumatoide. 2. Sindrome del tunnel carpale. circa il 15% dei pazienti ha sintomi alle mani di tipo algo-

parestesico sul territorio di distribuzione del nervo mediano. Questi sintomi si risolvono simultaneamente alle altre manifestazioni cliniche della PMR dopo linizio della terapia steroidea. 3. Edema improntabile distale remittente. circa il 10% dei pazienti presenta edema del dorso della

mano o del piede. Ledema imponente (con marcata fovea alla pressione), pi spesso asimmetrico ma pu essere bilaterale (mani o piedi od entrambe le sedi allo stesso tempo).

Esami di laboratorio 1. VES maggiore di 40 mm/1 ora la regola, tuttavia nel 6,5%-20% di pazienti con PMR, la VES

pu essere normale e comunque inferiore a 30 mm/1 ora. I valori pi elevati della VES hanno significato prognostico e correlano con il rischio di riacutizzazioni e recidive e di conseguenza con la durata di malattia. 73

2.

Laumento della Proteina C reattiva (PCR) costituisce un indicatore pi sensibile della VES

per la diagnosi e per seguire la risposta alla terapia sia nella PMR che nellAGC. 3. Espressione della attivazione infiammatoria sono laumento delle 2-globuline, del

fibrinogeno, la piastrinosi e lanemia dei disordini infiammatori cronici di tipo normocromiconormocitico con iposideremia, bassi livelli di transferrina insatura e aumento della ferritina plasmatica. 4. La Densitometria ossea raccomandata per il monitoraggio degli eventuali effetti

osteopenizzanti della terapia steroidea.

4. Diagnosi
1. La diagnosi di PMR clinica. Sono in uso criteri diagnostici formulati da esperti (Tabella I),

ma non statisticamente validati. Il quadro clinico di dolore e rigidit mattutina con localizzazioni elettive al collo ed bilateralmente alle strutture muscolo-scheletriche prossimali dei cingoli scapolare e pelvico in associazione con marcato aumento degli indici aspecifici di flogosi e la rapida risposta alla terapia corticosteroidea sono elementi patognomonici per la diagnosi di PMR. 2. Recenti studi suggeriscono che il reperto ecografico di borsite subacromio-deltoidea bilaterale

ha un valore predittivo per la diagnosi di PMR perci, quando possibile, pu essere indicata lesecuzione della ecografia delle spalle.

5. Diagnosi differenziale
Alcune patologie reumatiche ed extra-reumatiche, ad insorgenza nellanziano, possono mimare il quadro clinico della PMR. Nella Tabella II sono riportate le condizioni patologiche che possono simulare la PMR e i principali elementi di diagnosi differenziale.

6.Terapia

74

I corticosteroidi sono gli unici farmaci efficaci per la terapia della PMR (III/A). Una dose iniziale di 10-20 mg/die di prednisone o equivalenti adeguata nella maggior parte dei pazienti, in alcuni casi pu essere necessario aumentare la dose iniziale a 25-30 mg/die di prednisone. Come gi detto in altra parte del testo, lassenza di una risposta completa alla terapia steroidea obbliga a riconsiderare la diagnosi. Non esiste uno schema codificato di trattamento. La riduzione della dose iniziale deve essere molto graduale e stabilita infunzione dalla risposta clinica e dei dati di laboratorio (VES, PCR) anche perch il decorso clinico pu essere complicato da riacutizzazioni della malattia. La durata media della terapia per la PMR di circa 11 mesi, ma un sottogruppo di pazienti ha una malattia pi resistente e richiede terapia prolungata anche per 1-2 anni ed in qualche caso anche 5 anni. Pur non essendoci evidenze circa luso di farmaci immunosoppressori, tuttavia, in alcuni casi particolari possono essere utilizzati come steroido-risparmiatori.

7. Allegati
Tabella I. Criteri diagnostici per la PMR pi frequentemente impiegati nella pratica clinica. Healey, 1984 1. Dolore insorto da almeno un mese in almeno 2 delle seguenti aree: collo, cingolo scapolare, cingolo pelvico. 2. Rigidit articolare mattutina di durata maggiore di 1 ora. 3. Et maggiore di 50 anni. 4. Rapida risposta al prednisone (< 20 mg/die). 5. VES maggiore di 40 mm/1 ora 6. Assenza di altre malattie capaci di causare la sintomatologia muscoloscheletrica. Per la diagnosi di PMR tutti i criteri suddetti devono essere soddisfatti.

75

Tabella II. Patologie reumatiche ed extra-reumatiche che possono simulare la PMR ed elementi di diagnosi differenziale. Condizione patologica Artrite reumatoide ad esordio nellanziano Spondiloartriti ad esordio tardivo Lupus eritematoso sistemico ad esordio nellanziano Polimiosite Periartrite bilaterale della spalla Neoplasie (polmone, rene, ovaio, stomaco) Mieloma multiplo Elementi di diagnosi differenziale Marcata artrite simmetrica distale, positivit del fattore reumatoide, presenza di erosioni articolari allesame radiografico Entesite periferica, dattilite, positivit per lHLAB27, sacroileite Positivit degli anticorpi antinucleari, pleurite e pericardite, leucopenia e trombocitopenia Debolezza muscolare, aumento degli enzimi muscolari, alterazioni tipiche allelettromiogramma Indici di flogosi normali Risposta alla terapia steroidea assente o incompleta, rigidit mattutina assente o di minima durata, dolore mal localizzabile, pi diffuso e spesso anche distale Picco monoclonale allelettroforesi delle sieroproteine, aree osteolitiche allesame radiologico e tipici reperti istologici alla biopsia osteo-midollare Endocardite infettiva Ipotiroidismo Emocolture positive, ecocardiogramma patologico Basso livello sierico degli ormoni tiroidei

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XII. Le vasculiti
1. Definizione
Gruppo eterogeneo di malattie a patogenesi autoimmune, caratterizzate da flogosi e necrosi della parete vasale. Possono essere coinvolte le arterie (meno frequentemente le vene) di vario calibro ed in differenti distretti corporei. Sono forme abbastanza rare, tuttavia, per alcune di esse, dal punto di vista epidemiologico, vi sono sensibili differenze razziali ed etniche. Sul piano epidemiologico le Vasculiti possono inoltre essere stratificate in base alle fasce di et pi colpite: alcune di esse sono tipiche dellet pediatrica o adolescenziale, altre invece insorgono nellanziano.

2. Classificazione delle Vasculiti (in conformit con le linee guida dellAmerican College of Rheumatology, 1996)
Da un punto di vista pratico, seguendo un criterio misto sia morfologico che eziopatogenetico possono essere distinte in Vasculiti Primitive e Secondarie. A. VASCULITI PRIMITIVE -Arterite di Takayasu -Arterite a Cellule Giganti -Poliarterite nodosa -Poliangioite microscopica -Sindrome di Churg-Strauss -Granulomatosi di Wegener -Porpora di Schonlein-Henoch -Crioglobulinemia mista -Vasculiti leucocitoclasiche cutanee (Vasculiti da ipersensibilit) -Malattia di Behet -Angioite isolata del Sistema Nervoso Centrale -Tromboangioite obliterante -Malattia di Kawasaki* -Sindrome di Cogan di pertinenza prevalentemente pediatrica *di pertinenza esclusivamente pediatrica(e pertanto non sar considerata successivamente). 77

B. VASCULITI SECONDARIE -Vasculiti in corso di infezioni -Vasculiti in corso di Connettiviti -Vasculiti associate a neoplasie maligne -Vasculiti ipocomplementemiche orticarioidi -Vasculiti post-trapianto dorgano -Pseudovasculiti (mixoma atriale, endocardite subacuta)

3. Epidemiologia:
I dati epidemiologici delle vasculiti pi comuni sono riportati nella tabella I. Tabella I. Epidemiologia delle Vasculiti pi comuni* Tipo di Vasculite Poliarterite Nodosa# Granulomatosi di# Wegener Poliangioite microscopica# Vasculiti da Ipersensibilit Porpora di SchonleinHenoch M. di Behet M. di Takayasu Arterite a Cellule Giganti Crioglobulinemia mista M. Churg-Strauss# 78 Dati non disponibili Rara 50 (range:21-72) 45 60/40 Nessuna 35/65 Nessuna ** 178 27 261,2 690,5 66/44 14/86 20/80 Asiatici, MedioOriente Asiatici Nord-Europei Dati non disponibili 140 126,1 54/46 Nessuna 472,0 46/54 Nessuna 5,2-16 50 60/40 Nord Europei? Incidenza 1/milione 4 8,5 Et media allesordio 481,7 451,2 Sesso M/F (%) 48/52 64/36 Associazione Etnica Nessuna Nessuna

Note *I dati riportati in tabella sono relativi a studi epidemiologici di popolazione. **Lepidemiologia della M. di Behet si caratterizza per una alta incidenza (1/1000) nei paesi del Mediterraneo Orientale e in estremo Oriente. In questi paesi si ha una predilezione spiccata per il sesso maschile (M/F 75%/25%). La M. di Takayasu molto pi frequente nei Paesi Asiatici anche se mancano dati epidemiologici precisi. In Europa ed USA la frequenza stimata di 1,2-2,6 casi per milione. # Queste vasculiti si associano con variabile frequenza a positivit degli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA).

4. Approccio generale alla diagnosi di vasculite sistemica.


In linea generale si tratta di patologie che, per la gravit e la rapidit di evoluzione del processo patologico, per la corretta valutazione del coinvolgimento organico e distrettuale e per limpegnativo iter terapeutico, dopo linquadramento diagnostico iniziale richiedono lintervento di secondo o terzo livello, spesso in regime di ricovero ospedaliero. In fase di approccio diagnostico indispensabile tenere presenti le seguenti linee generali di comportamento: - Poich in circa il 70%-80% dei casi lesordio caratterizzato dalla comparsa di poliartralgie o poliartrite associate a sintomi sistemici e spesso manifestazioni cutanee, un accurato esame obiettivo e la determinazione degli indici aspecifici di flogosi indirizzano correttamente la diagnosi. - E fondamentale mantenere elevato il sospetto diagnostico di Vasculite in presenza di un paziente con marcata attivazione infiammatoria e con manifestazioni cliniche sistemiche, manifestazioni ischemiche o flogistiche dorgano sia in forma isolata che pluridistrettuale. - Stati patologici acuti o subacuti indotti da infezioni, malattie vascolari occlusive e malignit possono esitare in segni, sintomi ed alterazioni di laboratorio sovrapponibili a quelli di una Vasculite e pertanto vanno sempre tenuti in considerazione per la diagnosi differenziale. - Le connettiviti, ed in particolare il Lupus Eritematoso Sistemico, rappresentano patologie che impongono una diangosi differenziale spesso non agevole: la determinazione degli anticorpi circolanti permetter la corretta diagnosi. Nella Tabella II sono riportati i disordini di varia natura che possono mimare una vasculite.

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Tabella II. Condizioni patologiche da porre in diagnosi differenziale con una vasculite. Infezioni Azione tossica di sostanze chimiche -Endocardite subacuta -Infezioni da Neisserie -Aneurismi Micotici -Istoplasmosi -Sifilide -Epatite virale -Malattia di Whipple -HIV In corso di Vasculite il processo infiammatorio a carico della parete vasale determina manifestazioni cliniche riconducibili essenzialmente a 2 tipi: 1) Manifestazioni sistemiche correlabili allo stato infiammatorio comuni a tutte le Vasculiti quali la febbre, il malessere, lastenia, il calo ponderale. 2) La flogosi vasale e la conseguente ischemia determinano manifestazioni distrettuali, di apparato od organo che caratterizzano la singola Vasculite, quali ad esempio la cefalea di nuova insorgenza per larterite giganto-cellulare o le manifestazioni a carico dellapparato respiratorio della Malattia di Wegener (v. Tabella III). -Cocaina -Simpaticomimetici -Allopurinolo -Idantoinici -Ergotamina -Arsenico -S. da Anticorpi anti-fosfolipidi -Coagulazione intravascolare disseminata -Propora trombotica trombocitopenica -Linfoma -Carcinomatosi -S. POEMS -Sarcoma di Kaposi -Mixoma atriale -Aterosclerosi generalizzata -Sindrome da embolizzazione colesterolica -Sarcoidosi -S. Ipereosinofilica idiopatica Coagulopatie Malignit Miscellanea

80

Tabella III. Sintomi e segni clinici che caratterizzano le Vasculiti pi comuni Tipo di Vasculite M. di Takayasu Et in anni (range) 15-25 1:9 Claudicatio degli arti superiori o inferiori; riduzione dei polsi; soffio su succlavia o carotidi Arterite a Cellule Giganti Poliarterite Nodosa M. di Churg-Strauss 40-60 40-60 2:1 2:1 50-75 1:4 Cefalea di nuova insorgenza; claudicatio della lingua o mandibola; diplopia Calo ponderale; livedo reticularis; ipertensione; mono/polineuropatia Asma; Anamnesi di atopia; Mono/polineuropatia; infiltrati polmonari; eosinofilia Angioite primitiva del SNC Granulomatosi di Wegener Vasculiti leucocitoclasiche M. di Behet 20-35 1:1 30-50 1:1 30-50 1:1 30-50 1:2 Cefalea severa; demenza progressiva; eventi neurologici multifocali Sinusite; ulcere orali; otite media; emottisi; microematuria; proteinuria Porpora palpabile; rash maculo-papulare; pregressa assunzione di farmaci Ulcere orali e genitali; vasculite cutanea papulo-pustolosa; uveite; eritema nodoso; tromboflebiti recidivanti Crioglobulinemia mista Porpora di SchonleinHenoch 5-20 1:1 40-50 1:2 Astenia, artralgie, porpora palpabile a calza, neuropatia periferica, segni di danno epatico Porpora palpabile; dolore addominale; diarrea sanguinolenta; artrite Rapporto M/F Sintomi/segni clinici

5. Arterite di Takayasu
a. Generalit

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Vasculite cronica dellaorta e delle sue branche che colpisce con netta prevalenza il sesso femminile in et giovanile, pi spesso tra i 15-25 anni e comunque di et < 40 anni. La malattia diffusa nei paesi asiatici mentre rara nei paesi occidentali. b. Aspetti clinici Il decorso bifasico: -Fase precoce (durata variabile da pochi mesi ad alcuni anni): predominano i sintomi sistemici con febbricola, malessere, calo ponderale, artralgie. Si associano i sintomi dovuti allinteressamento flogistico delllaorta e sue diramazioni con dolore toracico anteriore e dorsale (aortite), carotidodinia. -Fase stenotica: prevalgono i sintomi dovuti a ischemia per restringimento flogistico e stenosi cicatriziale del lume dei vasi arteriosi colpiti. Pi frequentemente si osserva claudicatio di uno o entrambi gli arti superiori o inferiori, cefalea, amaurosi, diplopia. La pressione arteriosa diviene difficile da rilevare e si realizza la riduzione di ampiezza dei polsi fino alla loro scomparsa (pulseless disease). c. Esami di laboratorio Di norma aumento degli indici aspecifici di flogosi: VES, PCR, Fibrinogeno, Alfa 2 Globuline. Anemia dei disordini infiammatori cronici: anemia normocromica, normocitica con Sideremia normale, Trasferrinemia insatura bassa e Ferritina plasmatica elevata. Non vi sono marcatori anticorpali specifici per lA. di Takayasu. d. Esami strumentali Risonanza Magnetica Nucleare (potenziata con Gadolinio e metodica Angio-RMN): particolarmente utile nella fase precoce di malattia poich permette una buona visualizzazione dellinteressamento flogistico intraparietale vasale e dei tratti stenotici e aneurismatici. Arteriografia: dimostra le stenosi e le dilatazioni post-stenotiche, segmentarie dellaorta e delle sue branche interessate. e. Terapia I corticosteroidi ad alto dosaggio (Prednisone 1mg/Kg/die o equivalenti) rappresentano la terapia di elezione per ottenere una remissione clinica. Successivamente la dose va ridotta gradualmente fino alla dose minima di mantenimento. Recentemente il Methotrexate (7,5-20 mg/settimana) associato allo steroide ha dato ottimi risultati ed ha permesso una riduzione della dose del corticosteroide sia allattacco che nella fase di mantenimento. (I/A) 82

f. Prognosi Sopravvivenza a 15 anni nel 95% dei casi. La prognosi influenzata dalla presenza di specifiche complicazioni quali lipertensione (da stenosi dellarteria renale), insufficienza valvolare aortica (per dilatazione della radice aortica), dilatazioni aneurismatiche con possibile rottura, insufficienza vascolare cerebrale. g. Algoritmo per la diagnosi di arterite di Takayasu Paziente in et giovanile, specialmente donna Febbricola, astenia, dolori toracici: 1. Esame obiettivo normale Valutare gli Indici di Flogosi (VES, PCR) a. VES e PCR normali = terapia sintomatica e rivalutare la paziente dopo 1 mese b. VES e PCR anormali = -Escludere patologie infettive, uso di farmaci, neoplasie, linfoemopatie maligne mediante esami di laboratorio, Rx Torace, Ecografia Addominale -Esecuzione di Angio-Tc o Angio-RMN dellarco aortico e dei vasi cerebro-afferenti con studio degli spessori parietali vasali. Se patologici Esecuzione di Panangiografia aortica. 2. Presenza di soffi vascolari su carotidi o succlavie - Esecuzione di VES e PCR - Esecuzione di Angio-Tc o Angio-RMN dellarco aortico e dei vasi cerebro-afferenti con studio degli spessori parietali vasali. Se patologici: esecuzione di Panangiografia aortica.

6. Arterite a cellule giganti (Arterite di Horton, Arterite temporale)


a. Generalit Colpisce soggetti di et maggiore di 50 anni. Nel 50-60% dei casi associata a Polimialgia Reumatica. Linizio caratterizzato da malessere, astenia, calo ponderale, febbricola associati spesso a dolore e rigidit delle strutture muscolo-scheletriche del collo, cingolo scapolare e pelvico (sintomi relativi alla Polimialgia Reumatica associata). In oltre il 75% dei casi compare cefalea, pi spesso localizzata in regione temporale e associata a claudicatio della mandibola, della masticazione e turbe della visione (sintomi dovuti a ischemia dellarteria oftalmica). 83

Le arterie temporali assumono aspetto eritemato-edematoso, sono ispessite e dolenti alla palpazione. Linteressamento dellarteria oftalmica determina cecit nel 10-15% dei casi. Nel 1015% dei casi si ha interessamento dellarco aortico e delle branche aortiche. Raro linteressamento dei vasi intracranici, renali e polmonari. b. Esami di laboratorio VES e PCR aumentati (a valori di solito pi alti rispetto alle altre vasculiti). Nel 20-30% dei casi si ha aumento delle Transaminasi e della F.Alcalina. c. Diagnosi LArterite a Cellule Giganti va sospettata in pazienti di et maggiore di 50 anni che presentino cefalea di nuova insorgenza, febbricola e sintomi indicativi di Polimialgia Reumatica. Lesame clinico dellarteria temporale e lo spiccato aumento degli indici di flogosi rafforzano il sospetto diagnostico. Esame fondamentale per la diagnosi: Biopsia dellArteria Temporale che dimostra infiltrato flogistico segmentario con presenza di linfociti, macrofagi e cellule giganti e rottura della lamina elastica vasale. d. Terapia I Corticosteroidi rappresentano il farmaco di elezione. Allattacco necessaria una dose di Prednisone 1mg/Kg/die (o equivalenti). Dopo la remissione clinica e la normalizzazione degli indici di flogosi, riduzione di 5 mg al mese. La terapia va protratta almeno 1 anno (I/A). e. Prognosi La malattia esita di solito in guarigione nellarco di 1-2 anni. Ove si sia affermato irrecuperabile il danno visivo. Gravi effetti collaterali della terapia steroidea protratta.

7. Angioite isolata del Sistema Nervoso Centrale


a. Generalit E rara, ma essendo di recente individuazione le segnalazioni in letteratura sono via via pi frequenti. Et pi colpita: 30-45 anni con lieve predilezione per il sesso maschile. 84

Lesordio subacuto nel corso di 4-5 settimane. Il sintomo predominante la cefalea associata a nausea e vomito. Nella maggior parte dei pazienti insorgono anche sintomi neurologici focali con carattere aggiuntivo. Possono comparire inoltre sintomi non focali quali la confusione mentale, la demenza. Nel 10-30% dei casi episodi convulsivi. Segni e sintomi sistemici nel 20% dei casi. Indici di flogosi non significativi. b. Anatomia Patologica Flogosi granulomatosa a carico delle arteriole e venule soprattutto a carico delle leptomeningi. La sottostante corteccia meno frequentemente interessata. Lesame del liquor cefalo-rachidiano mostra pleiocitosi e aumento del contenuto proteico nel 6090% dei casi. c. Sospetto diagnostico - Cefalea di recente insorgenza associata a confusione mentale e deficit neurologici focali. - Liquor cefalo-rachidiano infiammatorio. - Sintomatologia stroke-like in soggetto giovane senza fattori di rischio. - Esclusione di altre vasculiti sistemiche e forme di danno cerebrale non vasculitico (abuso di cocaina, sclerosi multipla, linfomi, neoplasie). d. Esami indispensabili alla diagnosi: - Risonanza Magnetica Nucleare - Angiografia Cerebrale - Biopsia Cerebrale e. Prognosi In assenza di trattamento la prognosi infausta. f. Terapia Corticosteroidi + Ciclofosfamide: terapia efficace (V/A).

8. Poliarterite nodosa (PAN)


a. Generalit 85

Vasculite rara che predilige il sesso maschile (M/F= 2:1) in et di solito compresa tra i 40 ed i 60 anni. Le sedi pi comunemente coinvolte sono la cute, i nervi periferici, le articolazioni, lintestino, i reni. I polmoni sono di solito risparmiati. Lesordio di solito graduale e sono solitamente presenti sintomi sistemici quali febbre, malessere, calo ponderale, artralgie. A carico della cute si ha pi spesso porpora palpabile, livedo reticularis. Costante la comparsa di mononeuriti multiple o polineuropatia. Linteressamento delle arterie renali determina glomerulonefrite e ipertensione. Lischemia gastrointestinale determina dolori addominali talora con aspetti di addome acuto. Il coinvolgimento delle arterie coronarie esita in manifestazioni da ischemia miocardica ed insufficienza cardiaca. b. Esami di laboratorio Indici aspecifici di flogosi aumentati, leucocitosi neutrofila, anemia dei disordini infiammatori cronici. Nel 15% dei casi si ha positivit dei markers dellEpatite B. Lesame delle urine dimostra i segni del danno renale con microematuria, cilindri ematici e proteinuria. c. Diagnosi Occorre sospettare la diagnosi di PAN in presenza di un paziente con febbre, calo ponderale, ipertensione, segni di danno renale e algo-parestesie da impegno neuritico. Per la diagnosi necessario il riscontro istologico. Biopsia dei tessuti coinvolti: infiltrato flogistico con neutrofili e un numero variabile di macrofagi e linfociti e necrosi fibrinoide delle arterie di medio e piccolo calibro. La rottura della lamina elastica determina la formazione di microaneurismi. E assai tipica la diversa evolutivit delle lesioni in diverse sedi dello stesso preparato istologico. Larteriografia dimostra le stenosi e irregolarit del decorso vasale e la formazione di microaneurismi. d. Prognosi Prima delluso dei corticosteroidi sopravvivenza a 5 anni < 15%. Attualmente la sopravvivenza a 5 anni > 60%.

86

e. Terapia Corticosteroidi ad alto dosaggio + ciclofosfamide (in alternativa lAzatioprina) (V/A).

9. Malattia di Churg-Strauss
a. Generalit Rara. Insorge pi spesso nei maschi tra i 40-60 anni ed preceduta da una lunga storia di allergia e asma. Febbre, malessere, calo ponderale, asma, segni di interessamento polmonare con dispnea, tosse, manifestazioni vasculitiche cutanee, mono/polineuropatia, sintomi addominali. Linteressamento renale meno comune rispetto alla Poliarterite Nodosa rispetto alla quale ha migliore prognosi. b. Esami di laboratorio Lipereosinofilia lelemento che contraddistingue questa vasculite. Aumento dei reattanti della fase acuta e anemia normocromica normocitica. Possibile la positivit dei cANCA. c. Diagnosi - Rx Torace: infiltrati polmonari multipli di solito fugaci. - Biopsia: infiltrato flogistico necrotizzante extramurale con presenza di eosinofili. Possono essere presenti aspettti di tipo granulomatoso. d. Terapia Corticosteroidi ad alto dosaggio (V/A). Eventuale aggiunta di immunosoppressore (Ciclofosfamide, Azatioprina) (VI/B).

10. Granulomatosi di Wegener


a. Generalit Vasculite rara (8/1000000) che insorge pi spesso nel sesso maschile in et compresa tra i 40 ed i 60 anni. 87

E una vasculite necrotizzante delle arterie di medio e piccolo calibro dei tessuti del tratto superiore dellapparato respiratorio, del polmone e del rene. Febbre, malessere, calo ponderale, artromialgie, precedute da lungo tempo da rino-sinusite mucopurulenta con rinorrea sanguinolenta. Frequenti ulcerazioni nasali e orali. Tosse e dispnea con emoftoe indicano linteressamento del parenchima polmonare. Possibili localizzazioni a carico del SNC con deficit focali e dei nervi cranici. Linteressamento renale produce glomerulonefrite con ipertensione e insufficienza renale. b. Esami di laboratorio Indici di flogosi aumentati, anemia normocromica, normocitica, iperazotemia, ipercreatininemia, sedimento urinario patologico. Presenza di anticorpi circolanti Anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA) nel pattern citoplasmatico (cANCA). c. Diagnosi - Rx Torace: infiltrati polmonari fissi, non fugaci con tendenza alla escavazione. - Biopsia dei tessuti interessati: vasculite granulomatosa necrotizzante con interessamento delle arterie di medio e piccolo calibro e delle venule. d. Terapia Corticosteroidi + Ciclofosfamide. Sopravvivenza a 5 ann i= 90% (I/A).

11. Poliangioite (poliarterite) microscopica


a. Generalit una vasculite necrotizzante, non frequente, che insorge pi frequentemente nel sesso maschile (M:F = 1,5:1) verso i 50 anni e che coinvolge le arterie di medio e piccolo calibro e le venule. Allesordio sono presenti sintomi generali quali febbre, malessere, astenia a cui si associano segni clinici di compromissione renale. Possono affermarsi poi manifestazioni vasculitiche cutanee (porpora palpabile) e polmonari con alveolite emorragica (si ha una capillarite emorragica). b. Esami di laboratorio Indici di flogosi aumentati; anemia normocromica e normocitica, aumento di azotemia, creatininemia, sedimento patologico. Positivit dei pANCA diretti contro la mieloperossidasi. 88

c. Terapia Corticosteroidi + Ciclofosfamide (III/A). Nei casi resistenti sono state usate con successo le Immunoglobuline (V/B). d. Prognosi La sopravivvenza a 5 anni del 60%. I decessi si hanno soprattutto nel primo anno e sono dovuti a forme resistenti o per infezioni intercorrenti favorite dalla terapia immunosoppressiva.

12. Vasculiti da ipersensibilita


a. Generalit E una vasculite a carico delle arterie di piccolo calibro e delle venule secondarie ad una risposta immune a sostanze esogene (pi spesso farmaci). Lesordio acuto e la manifestazione clinica pi comune la porpora palpabile associata ad artralgie. La prognosi buona b. Esami di laboratorio Aumento di VES e PCR ed ipocomplementemia. c. Biopsia cutanea Vasculite leucocitoclasica con infiltrato di neutrofili, frequenti eosinofili, frammenti nucleari secondari a carioressi, depositi fibrinoidi. d. Diagnosi Anamnesi positiva per assunzione di farmaci. Reperti bioptici e.Terapia Corticosteroidi con rapida riduzione del dosaggio e interruzione della terapia dopo 6-8 settimane (III/A).

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13. Malattia di Behcet


a. Definizione. Vasculite sistemica che colpisce le arterie e vene di grande, medio e piccolo calibro. Il decorso clinico caratterizzato da manifestazioni ricorrenti mucoso-cutanee, oculari, articolari, vascolari, gastrointestinali e neurologiche. In circa il 60% dei casi associazione con lantigene di istocompatibilita HLA-B51. Il picco massimo di insorgenza compreso tra i 20 ed i 35 anni. La MB caratterizzata dalla assenza di autoanticorpi. b. Criteri diagnostici. La pluridistrettualit della manifestazioni cliniche ed il loro carattere ricorrente ed aggiuntivo, la possibilit di forme oligosintomatiche, nonch lafferenza dei pazienti alle varie discipline specialistiche a seconda della manifestazione clinica rendono non agevole la diagnosi di MB. Fin dal 1969 sono stati pertanto proposti numerosi sets di criteri diagnostici. Attualmente sono universalmente accettati i criteri sviluppati nel 1990 dal Gruppo Internazionale di Studio sulla MB. Tali criteri sono elencati nella Tabella I. Tabella I. Criteri ISG 1990 per la diagnosi di Malattia di Behet. Manifestazione clinica Aftosi orale ricorrente Definizione Afte minori, maggiori o ulcerazioni erpetiformi osservate dal medico o dal paziente con almeno 3 recidive in un anno. piu 2 tra Ulcerazioni aftose od esiti cicatriziali Ulcere genitali ricorrenti osservate dal medico o dal paziente.

Manifestazioni oculari

Uveite anteriore, uveite posteriore, presenza di cellule nel vitreo osservate mediante lampada a fessura, vasculite retinica

Lesioni cutanee

Eritema nodoso osservato dal medico o dal paziente, pseudofollicolite, lesioni papulo-pustolose, noduli acneiformi in et post-adolescenziale osservati dal medico in soggetti non trattati con corticosteroidi.

Pathergy test positivo 90

Letto dal medico dopo 24-48 ore.

La sensibilit per la diagnosi di MB dei criteri ISG risultata del 91% e la specificit del 96%. c. Quadro clinico. Le manifestazioni cliniche della MB sono proteiformi e la tendenza a recidivare ne rappresenta il comune denominatore. E da sottolineare poi il carattere aggiuntivo delle possibili manifestazioni che possono sommarsi ad altre ancora attive o sopraggiungere isolatamente. - Aftosi orale ricorrente. Si tratta di lesioni aftose, dolorose, che si sviluppano sulla mucosa delle labbra, delle gengive, sulla lingua o sulla mucosa delle guance e dellorofaringe,. Esse persistono per circa 2 settimane ed esitano in guarigione senza reliquati cicatriziali. - Ulcere genitali. Si tratta di lesioni simili alle afte orali, ma di solito sono pi grandi e profonde, sono pi dolorose e persistono pi a lungo esitando in guarigione con esiti cicatriziali. Sono localizzate allo scroto, al pene ed in regione perianale nelluomo e sulla vulva ed in vagina nella donna. - Lesioni cutanee. Si osservano tre principali tipi di lesioni cutanee: lesioni eritema- nodoso simili, lesioni acne-simili e la pseudofollicolite. Leritema nodoso della MB di solito atipico, con lesioni multiple che interessano le regioni pretibiali, leggermente rilevate, dolenti, di solito associate ad aspetti di ectasia venosa e tromboflebiti delle vene del sottocutaneo nelle regioni circostanti. Le lesioni acne-simili (noduli acneiformi) sono papulo-pustole indistinguibili dalla acne normale e compaiono sul volto, collo e porzioni superiori del dorso e nelle porzioni prossimali degli arti. Questultimo aspetto le distingue dalla acne comune. -Pathergy test. Il fenomeno della patergia rappresenta una iperreattivit cutanea a semplici traumi quali, ad esempio, la puntura con un ago. Il test viene eseguito iniettando sottocute 0,5 ml di soluzione salina con un ago 20-gauge. La lettura avviene dopo 24-48 ore ed positivo quando compare una papulo-pustola sterile di diametro maggiore di 2 mm. -Manifestazioni oculari: Luveite della MB assume alcune peculiarit con coinvolgimento prevalente del segmento posteriore dellocchio e prevalenti aspetti di retinite multifocale e vasculite retinica. -Manifestazioni muscolo-scheletriche. Sono rappresentate dalle artralgie e dallartrite periferica. Questultima di solito ad esordio acuto, in forma di mono-oligoartrite pi spesso asimmetrica ad andamento autolimitante, non erosivo. In ordine di frequenza, sono colpite pi spesso le grosse articolazioni quali il ginocchio, la caviglia, il gomito ed il polso. -Manifestazioni neurologiche: 91

a- Meningo-encefalo-mielite. E il quadro di pi frequente riscontro e pu manifestarsi con la sindrome meningea completa e i segni di interessamento encefalico e midollare, oppure solo con attacchi di cefalea correlata alla vasculite diffusa. b- Angioite cerebrale. Nel contesto dellinteressamento vasculitico, sia arterioso che venoso, spicca la frequenza della trombosi delle vene cerebrali e dei seni venosi che sul piano clinico si manifestano con la sindrome da ipertensione endocranica e deficit a focolaio. c- Neuropatie periferiche croniche. Si riscontrano nell1%-2% dei casi di neuroBehet per lo pi in forma di mononeuriti multiple. - Manifestazioni a carico dei grossi vasi. Tromboflebiti ricorrenti superficiali e profonde, pi spesso localizzate agli arti inferiori, si osservano nel 25% dei pazienti. Lembolia polmonare rara. Spesso esitano in sindrome post-flebitica con edema cronico ed ulcere. Sono descritti inoltre casi di trombosi della vena cava inferiore e superiore con esito infausto nella maggior parte dei casi. Lalbero arterioso interessato in circa il 2% dei pazienti con occlusioni e formazione di aneurismi. Pu essere interessata anche larteria polmonare con formazione di aneurismi ed emottisi di varia entit. -Manifestazioni gastrointestinali. Le manifestazioni cliniche sono secondarie alla formazione di ulcere mucose a livello dellileo e del colon. I segni e sintomi includono dolore addominale di tipo colico, diarrea che talora pu essere sanguinolenta e possibile perforazione. d. Esami di laboratorio. Non vi sono alterazioni bioumorali specifiche. Gli indici aspecifici di flogosi possono essere elevati, ma non c una buona correlazione con lattivit di malattia Le immunoglobuline sieriche possono essere aumentate, in particolare le IgA e sono assenti marcatori anticorpali. e. Diagnosi di MB. In assenza di esami di laboratorio e strumentali specifici, la diagnosi clinica e si basa sul riconoscimento della sindrome nelle sue proteiformi manifestazioni. La MB deve essere sempre sospettata in un paziente con storia di aftosi orale recidivante e presenza di 1 o pi delle manifestazioni cliniche suddette. f. Terapia. - Aftosi orale e genitale. Le forme pi lievi vengono trattate con terapia topica: si impiegano preparati a base di corticosteroidi. Le forme pi severe richiedono limpiego di immunosoppressori: Colchicina 1-1,5 mg/die; Azatioprina, Talidomide 150-300 mg/die.

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- Altre manifestazioni cutanee e manifestazioni articolari. Rispondono bene alla colchicina, associando per breve tempo prednisone 12,5-25 mg/die. Nei casi di monoartrite utile la terapia cortisonica intra-articolare. - Manifestazioni maggiori della MB (oculari, vascolari, neurologiche). Richiedono limpiego di corticosteroidi e immunosoppressori quali lAzatioprina, la Ciclosporina, la Ciclofosfamide, il Clorambucil e recentemente i TNF bloccanti.

14. Crioglobulinemia Mista


a. Generalit Vasculite caratterizzata dalla presenza nel plasma di proteine anomale che precipitano al di sotto dei 37C di temperatura. La vasculite insorge inoltre il 95% dei casi in soggetti positivi per infezione da HCV. Il picco di insorgenza attorno ai 45-50 anni, con lieve predilezione per il sesso femminile. Le manifestazioni cliniche consistono in segni sistemici quali astenia, artro-mialgie che si accompagnano alla comparsa di porpora degli arti inferiori che tipicamente ha una distribuzione a calzino (al di sotto delle ginocchia) e che esita in discromie permanenti. Si possono associare segni di poli-neuropatia periferica prevalentemente sensitiva, glomerulonefrite con sedimento urinario patologico, proteinuria e rialzo di azotemia e creatininemia. ipocomplementemia. Coesistono i segni di danno epatico con rialzo delle transaminasi. Pressoch costante la positivit del fattore reumatoide. La vasculite leucocitoclasica determina ischemia cutanea con frequente sviluppo di ulcere pi spesso acrali. b. Diagnosi. Il sospetto diagnostico deve insorgere nel paziente con i sintomi sistemici descritti in precedenza ed in cui compaiono le manifestazioni cutanee degli arti inferiori associate a segni di danno renale ed epatico. Laumento degli indici di flogosi associato a positivit del fattore reumatoide, a rialzo delle transaminasi ed eventualmente a segni di danno renale suggerisce lesecuzione della sierologia per il virus C dellepatite. Lipocomplementemia associata a negativit degli ANA e la positivit della determinazione qualitativa e quantitativa delle crioglobuline indirizza correttamente la diagnosi. c. Terapia. La terapia si avvale dellimpiego di corticosteroidi, immunosoppressori, plasma exchange. 93

XIII. Granulomatosi di Wegener


1. Generalit

Vasculite necrotizzante delle arterie di piccolo e medio calibro con probabile eziopatogenesi da ipersensibilit, caratterizzata dalla triade clinica: glomerulonefrite, vasculite dei piccoli vasi di grado variabile e vasculite granulomatosa delle alte e basse vie respiratorie. Malattia rara (8/1000000) che insorge pi spesso nel sesso maschile in et compresa tra i 40 ed i 60 anni. Tabella I. Criteri diagnostici Criteri Infiamazione nasale od orale Commento Ulcere orali dolente o non dolenti; o secrezione nasale purulenta e/o ematica Anomalie radiologiche del torace Sedimento urinario Presenza di noduli, infiltrati fissi o cavit microematuria ( >5 GR per campo microscopico ad alto ingrandimento) o cilindri di globuli rossi. Infiammazione granulomatosa alla biopsia Infiammazione granulomatosa allinterno della parete arteriosa o nellarea peri ed extravascolare (arterie od arteriole) La presenza di 2 o pi criteri suggerisce la presenza di Granulomatosi di Wegener (sensibilit 88%, specificit 92%).

Altri reperti Segni e sintomi non specifici: febbre, malessere, perdita di peso, mialgie ed artralgie (praticamente costanti ma di scarso valore diagnostico). Ostruzione nasale o sinusite con anormalit radiologiche dei seni paranasali. Otite media, otorrea Altri segni di coinvolgimento vasculitico: 94

interessamento oculare (sclerite, episclerite, ulcerazioni corneali, dacriocistite ricorrente, uveite e neurite ottica); coinvolgimento cutaneo (porpora e noduli che possono ulcerarsi, gangrena); coinvolgimento neurologico (convulsioni, mononeurite multipla, polineuropatia simmetrica); coinvolgimento cardiaco (miocardite, pericardite, disturbi del ritmo) coinvolgimento gastrointestinale (dolori addominali, sanguinamento gastrointestinale, perforazione) coinvolgimento articolare:frequentemente artralgie e mialgie, raramente vere artriti non deformanti e non erosive Presenza di autoanticorpi come il fattore reumatoide, anticorpi anti-endotelio ed anticorpi antineutrofili citoplasmatici (ANCA). Glomerulonefrite variabile da minima a severa con compromissione della funzione renale da lieve a rapidamente evolutiva in insufficienza renale. Elevati valori sierici di immunoglobuline e reattanti della fase acuta. Depositi vascolari di immunoglobuline e/o complemento. Il lavaggio broncoalveolare (BAL) pu contenere ANCA in pazienti senza segni radiologici di infiltrati.

Limitazioni La malattia pu essere limitata al solo coinvolgimento delle vie aeree. Le biopsie della mucosa nasofaringea, dei seni paranasali, delle gengive o della cute pu risultare negativa o mostrare solamente infiammazione aspecifica. I polmoni possono essere lunica sede con alterazioni istopatologiche diagnostiche.

2. Diagnosi differenziale

Infezioni fungine, tubercolosi, sifilide, berilliosi, carcinoma nasofaringeo, tumori polmonari, granulomatosi linfomatoide, granuloma della linea mediana, altre forme di vasculite (ChurgStrauss), infezioni da streptococco con glomerulonefrite, sindrome di Goodpasture.

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Tabella II. Algoritmo diagnostico per la Granulomatosi di Wegener (GW) Primo livello Secondo livello Terzo livello Quarto livello Diagnosi

Presenza di Infiammazione Presenza di granulomatosa alla biopsia infiammazione (o emottisi in mancanza di nasale e/o orale biopsia) Assenza di infiammazione nasale e/o orale Rx torace normale Assenza di infiammazione Presenza di granulomatosa alla biopsia infiammazione (o emottisi in mancanza di nasale e/o orale biopsia) Rx torace normale Alterazioni sedimento urinario Normalit sedimento urinario Assenza di infiammazione nasale e/o orale (Sensibilit 87 e specificit 93.6%) non-GW GW Anormalit Rx torace GW non-GW Anormalit Rx torace GW GW

non-GW

3. Sospetto clinico

Sintomi costituzionali (febbre, malessere, calo ponderale, artromialgie) associati a rinosinusite cronica mucopurulenta o rinorrea sanguinolenta, ulcerazioni della mucosa nasale od orale,

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deformit del naso (naso a sella), otite media sierosa ed in seguito dolore toracico, emottisi, tosse, dispnea. Eventualmente associati a segni clinici di coinvolgimento vasculitico di altri distretti.

4. Diagnosi

a. Indagini di primo livello Esami di laboratorio Emocromo completo (anemia normocromica, normocitica), VES, PCR (indici di flogosi aumentati), azotemia e creatinina/creatinina clearance (possibile insufficienza renale), esame urine completo (microematuria, cilindri jalino-granulosi e proteinuria), protidogramma, fattore reumatoide (talvolta positivo) Indagini strumentali: Rx Torace: infiltrati polmonari fissi, non fugaci con tendenza alla escavazione. Rx seni paranasali b. Indagini di secondo livello: Immunoglobuline totali e frazionate: aumento IgA e talvolta delle IgE, Immunocomplessi circolanti: spesso positivi Complemento: solitamente non consumato Autoanticorpi (ANA, ENA, anti DNA, ANCA, anti endotelio, anticardiolipina): solitamente negativit degli ANA con positivit dei c-ANCA. Questi ultimi mostrano elevata sensibilit e specificit per la granulomatosi Wegener ed il loro titolo collegato allattivit della malattia. Tipizzazione linfocitaria: Incremento dei linfociti B circolanti. Lavaggio broncolaveolare: utile in pazienti con sospetto diagnostico ma Rx torace normale. Biopsia dei tessuti interessati: vasculite granulomatosa necrotizzante con interessamento delle arterie di medio e piccolo calibro e delle venule; necrosi fibrinoide, infiltrato di cellule mononucleate. c. Diagnosi istologica della Granulomatosi di Wegener (biopsia della testa e del collo) Aree colpite nella testa e nel collo: Seni paranasali, orofaringe, laringe, orecchio, occhio, ghiandole salivari 97

Reperti istologici nelle biopsie da testa o collo caratteristici per Granulomatosi di Wegener: (1) Flogosi granulomatosa; (2) necrosi; (3) vasculite Coinvolgimento clinico in aggiunta a testa e collo: (1) polmone; (2) reni Tabella III. Diagnosi di Granulomatosi di Wegener sulla base dei reperti istologici e della sede di localizzazione. Reperti istologici Coinvolgimento dorgano (in aggiunta a testa e collo) Tutti e 3 i reperti 2 dei 3 reperti 2 dei 3 reperti 1 dei 3 reperti 1 dei 3 reperti 0 su 3 reperti 0 su 3 reperti Polmone e/o rene Sia polmone che rene Polmone o rene Sia polmone che rene Polmone o rene Polmone e/o rene N polmone n rene diagnostico diagnostico probabile suggestivo sospetto Non specifico improbabile Wegener's

d. Criteri per la remissione della Granulomatosi di Wegener Remissione parziale: netta soppressione della progressione di malattia, con stabilizzazione delle anormalit renali sia funzionali che urinarie. Assenza di progressione da lungo tempo degli infiltrati polmonari ed inizio della risoluzione. Nessun peggioramento della attivit di malattia in altri organi, tendenza al miglioramento. La VES pu essere ancora notevolmente elevata ma in via di diminuzione. Remissione completa: completa assenza di reperti di attivit di malattia. Infiltrati polmonari completamente scomparsi o esitati in cicatrizzazione stabile senza segni di infiammazione attiva. Funzione renale stabilizzata o in via di miglioramento con nessuna evidenza di sedimento urinario attivo (ad esempio cilindri eritrocitari). Possono persistere invece minime alterazioni del sedimento urinario compatibili con il danno glomerulare pregresso. La proteinuria pu persistere per mesi o anni anche in presenza di completa inattivit di malattia renale. VES normalizzata o, se lievemente alterata, spiegabile con processi non correlati allattivit di malattia (ad es. frequenti sinusiti). 98

e. Criteri per la riesacerbazione maggiore della Granulomatosi di Wegener Levenienza di una riesacerbazione maggiore della malattia in un paziente con granulomatosi di Wegener pu essere identificata con i criteri sotto elencati che devono inoltre rispondere a queste caratteristiche: 1. 2.
3.

Il paziente dovrebbe avere uno o pi dei seguenti reperti. Il reperto/I reperti dovrebbero essere di nuova insorgenza o rappresentare una ricorrenza (non reperti stabili) Il reperto non dovuto ad alter cause come infezioni, reazioni da farmaci, aterosclerosi

Criteri di esacerbazione maggiore: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. diminuzione della clearance della creatinina > 30% entro un periodo di 3 mesi o meno in combinazione con ematuria (> 15 GR per campo microscopico ad alto ingrandimento); infiltrati polmonari allRx torace associati a dispnea ed elevazione della proteina C reattiva (PCR) vasculite cerebrale; disturbi nervosi motori e sensori con elevazione della PCR; paralisi di un nervo cranico con elevazione della PCR; pseudotumore orbitario; sclerite necrotizzante; stenosi tracheale con dispnea severa; infarto miocardico dovuto a vasculite; vasculite; 11. malattia progressiva nonostante il trattamento di una recidiva apparentemente minore con prednisone 30 mg e ciclofosfamide 75 mg per almeno due settimane.

10. addome acuto (con perforazione intestinale) o emorragia gastrointestinale massiva dovuta a

5. Terapia
Corticosteroidi (prednisone fino a 1 mg/kg) e Ciclofosfamide (1-3 mg/kg/die per os) in associazione. Sopravvivenza a 5 anni = 90% (III/A).

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La dose di prednisone viene mantenuta per 4 settimane ed in seguito, nel caso di netto miglioramento, diminuita progressivamente fino alla sospensione dopo 1 anno nei pazienti senza attivit di malattia. La dose di Ciclofosfamide deve essere impostata in base alla attivit di malattia, al metraggio o peso corporeo ed alla funzione renale: mediamente 2 mg/kg/die. In pazienti con creatinina > 2,5 le dosi vengono ridotte a 1/3 o di quelle abituali. In pazienti che mostrano ancora attivit clinica di malattia, la dose di ciclofosfamide pu essere aggiustata di 25 mg ogni 2 settimane ponendo particolare attenzione ad evitare la leucopenia (conta totale leucocitaria > 3000 o, meglio, conta neutrofili totale < 1500). Leffetto della modifica di dosaggio sulla formula leucocitaria visibile in 1-2 settimane. La dose efficace di ciclofosfamide viene mantenuta per almeno un anno dopo che il paziente ha raggiunto la remissione clinica completa. Dopo tale periodo pu essere diminuita di 25 mg ogni 2-3 mesi fino alla completa sospensione o fino a raggiungere il dosaggio minimo che consente di non avere riaccensioni. In pazienti particolarmente gravi (per esempio glomerulonefrite rapidamente progressive, emorragie polmonari, mononeuriti multiple galoppanti) pu essere impiegato il seguente schema (V/A): Bolo di metilprednisolone di 1 gr/die per 3 giorni seguito da ciclofosfamide e.v 3-5 mg/kg/die per 3 giorni (200-400 mg/die) oppure ciclofosfamide 750 mg/m2 in unica somministrazione seguiti da conversione alla

ciclofosfamide per os. In caso di intolleranza o inefficacia: Metotrexate, ciclosporina, immunoglobuline ev ad alto dosaggio (2 gr/kg al mese) eventualmente in associazione tra loro. Le immunoglobuline possono indurre un miglioramento ma non la remissione se impiegate da sole. Il Metotrexate pu essere utile anche nei casi di malattia con decorso modicamente attivo ma stabile come sostituto della ciclofosfamide per la minore tossicit. Ancora dubbia lefficacia del sulfametoxazolo-trimetoprim o di altri antibiotici per ridurre la colonizzazione batterica delle vie aeree superiori (II/B).

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XIV. Crioglobulinemia Mista HCV correlata


1. Definizione
La Crioglobulinemia Mista (CM) una vasculite sistemica caratterizzata da: porpora, astenia ed artralgie. Il termine crioglobulinemia si riferisce alla presenza nel siero di una o pi immunoglobuline che precipitano a temperatura inferiore a 37 C e che si ridisciolgono riscaldando il siero.

2. Epidemiologia
La CM pi frequente nei soggetti di sesso femminile (rapporto femmine:maschi 1,5:1), nella IV-V decade di vita. La prevalenza della malattia estremamente variabile ( maggiormente rappresentata nellEuropa del Sud rispetto al Nord Europa o al Nord America); la distribuzione geografica correlata con lo stato endemico dellinfezione da virus C.

3. Il percorso clinico nella CM


a. Gli obbiettivi 1. 2. 3. 4. 5. Controllo dei sintomi sistemici e della vasculite nei vari distretti Controllo dellinfezione virale e dellepatite Controllo delleventuale neuropatia periferica Controllo delleventuale nefropatia Precoce riconoscimento di eventuale linfoproliferazione maligna

b. Le tappe iniziali 1. 2. 3. Stabilire la diagnosi nelle fasi precoci Valutare la situazione clinica di base Valutare la prognosi

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4. Il sospetto clinico per la diagnosi di CM


Il sospetto di CM si basa sulla presenza di ciascuno dei seguenti: Sintomi clinici: Porpora Astenia Artralgie Parametri di laboratorio: Infezione da HCV Fattore reumatoide positivo Ridotti valori di C4

5. La diagnosi di CM
La diagnosi poggia sulla presenza di una serie di parametri, clinici e sierologici, illustrati nella Tabella I, secondo i criteri diagnostici proposti dal GISC, Gruppo Italiano di Studio della Crioglobulinemia. Tabella I. Diagnosi di crioglobulinemia mista (Criteri diagnostici GISC) Crioglobulinemia da almeno 6 mesi pi presenza di almeno due dei sintomi seguenti: porpora artralgie astenia riscontro di fattore reumatoide a titolo elevato e/o di valori ridotti di C4 assenza di unaltra malattia autoimmune o linfoproliferativa o di altra malattia infettiva ad eccezione dellepatite C

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6. Valutazione clinica iniziale


Alla prima visita documentare: Sintomatologia: 1. 2. Sintomi sistemici: febbre, astenia, artromialgie Parestesie, iperestesie, fenomeno di Raynaud

Esame obiettivo: 1. 2. 3. 4. 5. 6. Cute: porpora, ulcere vasculitiche Addome: organi ipocondriaci, apparato digerente Stazioni linfonodali Pressione arteriosa, edemi (insufficienza epatica e/o renale) Esame obiettivo articolare (tumefazione, dolore, motilit) Esame obiettivo cardiopolmonare

Valutazione della presenza di altre malattie reumatiche e non (Sjogren secondario) Esami di laboratorio 1 livello: 1. 2. Ricerca, dosaggio e caratterizzazione crioglobuline Per la ricerca delle crioglobuline, il campione di sangue deve essere mantenuto a 37 finch

non coagulato, poi centrifugato a 37 ed il siero deve essere conservato a 4C per 5-7 giorni. La quantit di crioglobuline si valuta come criocrito, cio misurando in provetta graduata la percentuale di crioglobuline dopo aver centrifugato il siero a 4C. 3. 4. C3, C4, Ra test,VES, PCR, fibrinogeno, Emocromo, protidogramma (ipergammaglobulinemia), funzione renale, funzione epatica.

Esami di laboratorio 2 livello: 1. 2. 3. Markers HBV/HCV con quantizzazione HCV-RNA e tipizzazione genomica Ricerca di autoanticorpi (FAN, ENA, AMA, ASMA) Ormoni e anticorpi tiroidei

Indagini strumentali di 1 livello: Ecografia addominale Rx torace ECG 103

Indagini strumentali di 2 livello per documentare leventuale impegno di altri organi ed apparati: Endoscopia digestiva Biopsia epatica Biopsia renale Elettroneurografia Biopsia nervo surale Biopsia cutanea PFR, DLCO, Emogasanalisi Ecocardiogramma

7. Stima della prognosi


La prognosi della CM di solito correlata allimpegno dorgano. Costituiscono elementi prognostici sfavorevoli levidenza, documentata mediante indagini di secondo e di terzo livello, di: Epatite cronica con evoluzione cirrotica, glomerulonefrite con grave ipertensione arteriosa, vasculite intestinale con enterite necrotizzante. Malattie linfoproliferative nellambito delle quali si distinguono: quadri ad evoluzione benigna: gammopatia monoclonale (MGUS), linfoadenopatia reattiva linfomi non-Hodgkin a cellule B, di basso grado, della zona marginale, linfomi ad alto grado macroglobulinemia di Waldestrom e mieloma multiplo

Consentono di identificare i pazienti a rischio per le malattie linfoproliferative i seguenti elementi: anamnesi positiva per intensa astenia, febbricola, calo ponderale, sudorazione notturna, compromissione delle condizioni generali evidenza allesame obiettivo di linfoadenopatie diffuse e/o di splenomegalia gammopatia monoclonale alterazione dei parametri ematochimici che esplorano la crasi ematica e la funzione epatica crioglobuline di tipo II (FR monoclonale e IgG policlonali) e ridotti livelli di C4

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8. Valutazione dellattivit di malattia


Ad ogni ulteriore visita (almeno ogni 3 mesi od ogni volta che si renda necessario): 1. Valutazione dei sintomi, dei segni di malattia e dei parametri di laboratorio (vedi valutazione

clinica iniziale). Nel caso di sospetta evoluzione in senso linfoproliferativo: 1. 2. 3. 4. 5. immunofissazione sierica catene leggere plasmatiche e urinarie beta 2 microglobulina, timidinochinasi mieloaspirato, biopsia osteomidollare rx torace ed ecoaddome (per parenchimi e linfonodi).

9. Terapia
Le strategie terapeutiche utilizzabili in corso di CM sono fondamentalmente di tipo sintomatico; i cosiddetti farmaci immuno-modulatori o immuno-soppressivi che costituiscono vengono riservati ai casi pi gravi in cui la malattia abbia determinato gravi complicanze a livello parenchimale. In Tabella II vengono riportate le principali modalit terapeutiche e le loro indicazioni nella terapia della CM.

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Tabella II. Principali modalit terapeutiche e loro indicazione nella CM Antiflogistici non steroidei Steroidi a basso dosaggio Dieta ipoantigenica Artralgie Porpora Astenia Artralgie Neuropatia sensitiva Sindrome sicca Steroidi ad alto dosaggio Plasmaferesi Immunosoppressori Dieta ipoantigenica Steroidi a basso dosaggio Interferon-alfa Ribavirina Glomerulonefrite Grave ipertensione Neuropatia motoria Vasculite sistemica Epatopatia

Leradicazione dellinfezione virale nella terapia della crioglobulinemia mista sarebbe cruciale. Purtroppo, lefficacia dellIFN alfa di breve durata. Sono attualmente impiegate nuove formulazioni di IFN (PEG-IFN alfa) in associazione con ribavirina, con risultati preliminari incoraggianti (I/A). Le manifestazioni minori (artrite, astenia, porpora) sono trattate con piccole dosi di steroidi (III/B). Dosi pi elevate sono necessarie per trattare le manifestazioni pi gravi (nefrite, neuropatia, vasculite in vari distretti) (III/A). Nei casi di glomerulonefrite rapidamente progressiva, di neuropatia motoria o di sindrome da iperviscosit, si ottengono buoni risultati con la plasmaferesi, associata o no a terapia immunosoppressiva (III/A).

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XV. Eritema Nodoso


1. Definizione
Leritema nodoso una affezione caratterizzata dalla comparsa di lesioni cutanee nodulari dolenti ed eritematose ad esordio acuto come conseguenza di un processo infiammatorio del tessuto adiposo sottocutaneo.

2. Epidemiologia
Colpisce pi frequente le donne (rapporto M/F1:4) nellet compresa fra i 25 e i 40 anni. Lincidenza annua di circa 2-3 casi/100.000 abitanti.

3. Manifestazioni cliniche
Noduli cutanei rossi e dolenti con diametro 1-10 cm presenti sulle superfici estensorie delle gambe. Sintomi associati: febbre, poliartralgie, sinovite, linfoadenopatia Durata dei sintomi 6-8 settimane a. Fattori scatenanti 1. Infezioni Batteriche Streptococco del faringe Salmonella intestinale Yersinia intestinale Psittacosi Clamidia pneumonite Mycoplasma pneumonite Meningococco Gonococco 107 Sifilide Linfogranuloma venereo Tularemia Malattia del graffio di gatto TBC Fungine Istoplasmosi Coccidioidomicosi Blastomicosi

Trichophytum verrucosum Virali CMV 2. Farmaci

HBV EBV

Sulfonamidi Penicilline Contraccettivi orali 3. 4. Sarcoidosi

Sali doro Aspirina Fenazone

Spondiloartropatie: in corso di Bechet e di malattie infiammatorie croniche intestinali

(prevalentemente nel morbo di Crohn). 5. Neoplasie: rara la comparsa di eritema nodoso come fenomeno paraneoplastico. Tenere

presente il sospetto di linfoma nel caso di linfoadenopatia ilare (anche se molto pi frequente che si tratti di sarcoidosi) e di lesioni cutanee recidivanti.

4. Diagnosi
RACCOLTA DELLANAMNESI: farmacologica, su infezioni recenti, su eventuali patologie associate (sarcoidosi, malattie infiammatorie croniche intestinali, spondiloartriti). ESAME OBIETTIVO: noduli rossastri dolenti e dolorabili (1-10 cm) prevalenti sulla superficie estensoria delle gambe. INDICI DI FLOGOSI: generalmente elevate VES e proteine della fase acuta (PCR, fibrinogeno, alfa 2 globuline, mucoproteine). TAS E TASLO: importanti se presente una storia di faringite. Tampone faringeo. Reazione di MANTOUX. RX TORACE: tumefazioni ilari bilaterali frequentemente presenti in corso di sarcoidosi; in tal caso: dosaggio dellACE, TAC torace e biopsia dei linfonodi superficiali permettono la conferma della diagnosi. Biopsia cutanea. 108

MARKERS NEOPLASTICI (seguiti da eventuali indagini strumentali del caso): solo in caso di sospetta secondariet ad eteroplasia.

5. Diagnosi differenziale
Panniculite di Weber-Christian: caratterizzata da noduli sottocutanei (in qualunque parte del corpo in cui sia presente tessuto adiposo) associati a febbre e talvolta ad artromialgie. La lesione pu avere esito cicatriziale. E possibile un interessamento viscerale: panniculite mesenterica, coinvolgimento renale, cardiaco polmonare ed epatico. Allaumento degli indici di flogosi si accompagna una riduzione della complementemia. Panniculite pancreatica: in corso di pancreatite, carcinoma pancreatico, lesioni posttraumatiche, ischemia pancreatica si pu sviluppare necrosi del grasso sottocutaneo associata ad artromialgie e necrosi del grasso dellosso intramidollare. Vasculiti: in corso di PAN, vasculite nodulare e vasculiti dei piccoli vasi si pu avere ischemia del tessuto sottocutaneo ma a differenza delleritema nodoso la lesione cutanea pu ulcerarsi e lasciare esiti cicatriziali. Punture di insetto (in caso di lesione isolata).

6. Terapia
Leritema nodoso ha generalmente un andamento autolimitante e si risolve nel giro di 6-8 settimane. Al fine di ottenere una riduzione del dolore e dei segni locali di flogosi, si possono utilizzare FANS (generalmente poco efficaci) o piccole dosi di steroide per poche settimane (V/B). Si consiglia riposo.

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XVI. Osteomielite

1. Definizione
Losteomielite un processo infiammatorio causato da germi che per via diretta (trauma esposto) o per contiguit (da tessuti adiacenti) o per via ematica raggiungono losso. Esistono due forme una acuta e una cronica. 1. 2. La forma acuta non-ematogena. La forma acuta ematogena (et pediatrica, poco comune nell'adulto). Nel bambino, nel 50% dei

casi secondaria ad una infezione stafilococcica della cute. Predilige le metafisi delle ossa lunghe, dove la ricca vascolarizzazione favorisce l'impianto e la proliferazione di batteri. 3. Losteomielite cronica quando il processo persiste oltre sei-otto settimane

2. Fattori predisponenti
1. 2.
3.

Traumi esposti con contemporanea mortificazione dei tessuti molli Interventi chirurgici Diminuzione delle difese organiche ( anemia, talassemia, diabete, etc)

3. Quadro clinico
La sede colpita molto dolente con notevole impotenza funzionale e spesso si associano sintomi generali come la febbre. Una diagnosi e un trattamento precoci sono essenziali: un ritardo di 2 - 3 giorni dallesordio riduce significativamente l'efficacia della terapia ed aumenta le possibilit di cronicizzazione.

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4. Diagnosi
a. Esami primo livello Esami di laboratorio: leucocitosi, aumento della VES, emocoltura positiva nel 50% circa dei casi. Esame radiografico: generalmente negativa nei primi 10-21 giorni. b. Esami di secondo livello Scintigrafia trifasica con 99mTc-MDP: Il quadro scintigrafico caratterizzato da: 1. 2. iperattivit in fase di perfusione e di "pool ematico" (espressione dello stato flogistico) netta iperconcentrazione del radiofarmaco nella fase tardiva, generalmente interessante un'area interessante l'osso e i tessuti molli circostanti; pi estesa rispetto alla lesione radiologica perch dovuta alla reazione ossea perifocale e all'iperafflusso ematico. L'indagine positiva gi 24-48 ore dopo l'inizio della sintomatologia e resta tale anche fino ad alcuni mesi dopo la risoluzione clinica. Nei casi in cui la scintigrafia scheletrica trifasica risulti non conclusiva, in un paziente con un quadro clinico suggestivo per osteomielite, possono essere usati con successo altri radiofarmaci quali il 67Gallio, i leucociti marcati e gli anticorpi antigranulociti marcati. La Risonanza Magnetica Nucleare ha il vantaggio di un miglior potere risolutivo delle immagini e meglio evidenzia il coinvolgimento dei tessuti molli. La biopsia percutanea associata allesame microbiologico la tecnica pi idonea per una corretta diagnosi.

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5. Flow chart diagnostica

Quadro clinico + aumento indici di flogosi RX arto colpito scintigrafia ossea

Dubbia RMN

Positiva

Biopsia percutanea + esame colturale dellosso

6. Terapia
a. Trattamento antibiotico Staphylococcus aureus Gram-negativi amoxicillina-acido clavulanico (V/A) cefotaxime, piperacillina e clindamicina (V/A).

Il 5% dei pazienti non risponde alla terapia ed indicata il trattamento chirurgico. La durata del trattamento antibiotico in media da 4 a 8 settimane per via sistemica, seguita da un trattamento per via orale di 3 settimane. b. Detersione dei tessuti necrotici. c. Ossigenoterapia iperbarica letale per gli anaerobi obbligati ed agisce invece indirettamente sugli anaerobi facoltativi e sugli aerobi ripristinando una pO2 tissutale che favorisce la ripresa dellattivit dei fagociti (V/B).

112

XVII. Reumatismi Extrarticolari e Sindromi Dolorose Loco-Regionali


1. Definizione
I reumatismi extrarticolari localizzati sono entit nosologiche di frequente osservazione nella pratica clinica. Causate di solito da microtraumatismi ripetuti, specie di origine lavorativa, possono riconoscere anche cause dismetaboliche o infiammatorie Si classificano a seconda della sede interessata.

2. Reumatismi extrarticolari della spalla


a. Classificazione e caratteristiche cliniche 1. Tendinite della cuffia dei rotatori: di solito interessa il t. sovraspinato, si pu associare a borsite sottoacromiodeltoidea. Dolore, spesso anche notturno, ad esordio acuto o subdolo Test provocativi: Segno dellarco doloroso: il dolore compare nei gradi intermedi di abduzione (60120) Flessione anteriore forzata (segno di Neer): il dolore causato dallurto della cuffia dei rotatori contro il margine anteriore dellacromion Intrarotazione interna forzata del braccio flesso in avanti di 90 (segno di Hawkins) contrappone la cuffia dei rotatori al ligamento coraco-acromiale abduzione contrastata del braccio

2. Tendinite del capo lungo del bicipite dolore alla spalla, anteriormente. Test provocativi: dolorabilit alla flessione anteriore contrastata a gomito esteso (test di Speed) dolorabilit alla supinazione dellavambraccio contro resistenza (test di Yergason)

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3. Capsulite adesiva (spalla congelata): dovuta a retrazione della capsula articolare spesso di natura algodistrofica.

dolore diffuso alla spalla, continuo, anche notturno riduzione della mobilit attiva e passiva della spalla

b. Flow Chart diagnostico-terapeutica nella spalla dolorosa Dolore alla spalla Escludere cause viscerali patologia biliare patologia cardiaca e dei grossi vasi patologia polmonare ascesso subfrenico no Escludere dolore neurogenico riferito Sindrome da compressione radicolare C5 Sindromi dello sbocco toracico no Artriti di spalla: - da microcristalli di: calcio pirofosfato diidrato urato (rara) calcio fosfato basico - idrossiapatite (spalla di Milwaukee o spalla senile emorragica) - da artropatia infiammatoria (AR, PMR, SpA,): di solito bilaterale - infettiva Artrosi di spalla: generalmente secondaria (meccanica o da microcristalli) Necrosi asettica della testa omerale Algodistrofia riflessa - sindrome spalla mano Sindromi miofasciali locoregionali
No

(colecistite) (infarto miocardico, dissecazione aortica) neoplasie (S. di Pancoast)

Manovre semeiologiche suggestive Conferma con Rx ed ecografia spalle

Tendinite della cuffia dei rotatori (la pi frequente causa di spalla dolorosa) 114

Tendinite della cuffia dei rotatori Obiettivi terapeutici Controllo del dolore Mantenimento della funzione

Analgesici o antinfiammatori non steroidei Applicazioni di ghiaccio in fase acuta Ultrasuoni a contatto Fisiochinesiterapia: - iniziare con movimenti pendolari di Codman appena possibile - programma riabilitativo per rinforzo dei muscoli della cuffia dei rotatori Fra parentesi [ ] la forza della raccomandazione. Indicazioni alla terapia chirurgica [A]

Sindrome da impingement resistente alla terapia medica e fisica Lacerazione completa della cuffia dei rotatori

3. Reumatismi extrarticolari del gomito


a. Epicondilite Dolore evocabile alla pressione sullepicondilo Dolorabilit alla dorsiflessione del polso contro resistenza Terapia: Splint (bendaggio dellavambraccio per ridurre le sollecitazioni sullinserzione dellestensore radiale breve del carpo o immobilizzazione del polso) Antinfiammatori non steroidei per uso locale o sistemico Infiltrazioni si steroidi (raccomandabile una sola infiltrazione per rischio di cronicizzazione) 115 [A] [A] [A]

Nei casi resistenti Infiltrazione con tossina botulinica [A]

Intervento di distacco dellinserzione prossimale del estensore radiale breve del carpo

b. Epitrocleite Dolore evocabile alla pressione sullepitroclea Dolorabilit alla flessione del polso

c. Borsite olecranica Dolore e tumefazione localizzati in corripondenza dellolecrano Pu essere settica

4. Reumatismi extrarticolari del polso e della mano


a. Tenosinovite di De Quervain Tumefazione e dolorabilit lungo il decorso dei tendini abduttore lungo ed estensore breve del pollice. Positivit del test di Finkelstein (con il pollice flesso stretto fra le altre dita la deviazione ulnare del polso evoca la sintomatologia) Terapia Tutore di posizione del I raggio Antinfiammatori non steroidei per uso locale o sistemico Infiltrazioni di steroidi Ricorso alla chirurgia nei casi refrattari

116

b. Dito a scatto o tenosinovite stenosante dei flessori delle dita Dolore con scatto alla flessione del dito Dolorabilit lungo il decorso del tendine Frequente in soggetti con diabete o ipotiroidismo Terapia Infiltrazioni di steroidi Chirurgia nei casi refrattari c. Periartrite dellanca Spesso associata a dismetria degli arti inferiori ed a contrattura della banda ileo-tibiale Dolore localizzato alla regione laterale dellanca Sintomatologia evocata dalla extrarotazione dellanca e dalla pressione dellarea peritrocanterica

Terapia Uso di solette livellanti in caso di dismetria Antinfiammatori per uso locale o sistemico Esercizi di stretching della banda ileo-tibiale Ultrasuoni a contatto Infiltrazioni di steroidi

d. Borsite prepatellare Dolore e tumefazione circoscritti anteriormente alla rotula Pu essere settica

e. Tendinite della zampa doca Dolore nella regione mediale del ginocchio Frequente in donne obese con ginocchio valgo; talvolta associata a gonartrosi Sintomatologia evocata dalla pressione dellinserzione della zampa doca

117

Terapia Correggere il malallineamento, se presente Uso di antinfiammatori non steroidei per uso topico o sistemico Ultrasuoni a contatto Infiltrazioni di steroidi

f. Tendinite achillea Tendinite achillea

inserzionale non inserzionale

spondiloartrititi Diagnosi ecografica meccanica da chinolonici

Terapia Antinfiammatori non steroidei Uso di scarpe comode e di solette del retropiede Infiltrazioni di steroidi nella borsa retrocalcaneare (evitare di infiltrare il tendine)

g. Fascite plantare Frequente in soggetti obesi con piede piatto pronato e nelle spondiloartriti Dolore in corrispondenza della fascia plantare, evocato dalla dorsiflessione dellalluce

Terapia Antinfiammatori non steroidei, specie nelle forme infiammatorie Ortesi e scarpe adeguate

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XVIII. Artropatie Neurogene

1. Definizione
Sono artropatie, acute o croniche, che possono insorgere in corso di malattie congenite o acquisite, responsabili di alterazioni della sensibilit superficiale e profonda.

2. Clinica
Il quadro clinico, generalmente ad esordio improvviso, quello di un artrite acuta, caratterizzata dalla discrepanza tra la sintomatologia dolorosa e lentit del danno articolare evidenziabile alle indagini radiografiche. La fase cronica contraddistinta da deformazioni, instabilit e sublussazione articolare, idrartri recidivanti. a. Condizioni associate e/o predisponenti diabete mellito tabe dorsale siringomielia insensibilit congenita al dolore. Diabete Mellito E la causa maggiore di artropatia neurogena, nonostante interessi lo 0,1-0,5% dei soggetti diabetici; il sesso maschile e quello femminile sono affetti in egual misura. Il piede sicuramente la sede pi coinvolta, specialmente a livello delle articolazioni del tarso e tarsometatarsali. Frequenti sono le fratture spontanee e il reperto radiologico pi comune rappresentato dalla frattura-sublussazione di Lisfranc con eburneazione e frammentazione delle articolazioni tarsometatarsali. Nellavampiede pi tipico un pattern di riassorbimento osseo con assottigliamento o affilamento metatarsale e falangeo. Tabe Dorsale Il 5-10% dei pazienti con tabe dorsale, senza predilezione di sesso, sviluppa una neuroartropatia generalmente ad esordio in et adulta e nelle fasi avanzate della malattia di base. La sintomatologia 119

articolare interessa nel 60-75% dei casi gli arti inferiori e in particolare ginocchio ed anca; sedi meno frequentemente coinvolte sono caviglia, arti superiori e colonna vertebrale. Predominano le forme monoarticolari, sebbene non siano rare quelle bilaterali e simmetriche o poliarticolari. Siringomielia Linteressamento articolare, pi frequente nei maschi rispetto alle femmine, si verifica nel 20-25% di tali pazienti con esordio tra i 20 e i 40 anni di et. Nel 75-80% dei casi sono coinvolti gli arti superiori, soprattutto larticolazione gleno-omerale, del gomito e del polso; pi raro, rispetto alla tabe, linteressamento bilaterale e simmetrico. Insensibilita congenita al dolore E una malattia a trasmissione autosomica recessiva causata dalla mutazione del gene che codifica la proteina complesso-associata IKB chinasi del cromosoma 9; tale mutazione essenzialmente tipico degli Ebrei Ashkenazi. Le sedi coinvolte sono la caviglia e le articolazioni del tarso. Frequentemente vi notevole sproporzione tra la severit della sintomatologia e la gravit dellartropatia. b. Complicazioni Artriti settiche: soprattutto in pazienti diabetici. Osteomielite: la scintigrafia ossea con indio-111 evidenzia laccumulo di polimorfonucleati a livello della lesione.

3. Indagini di laboratorio e strumentali


Lesame emato-chimico non evidenzia laumento dei reattanti della fase acuta. Il liquido sinoviale, a carattere scarsamente infiammatorio, pu essere siero-emorragico o francamente emorragico; inoltre ricco di frammenti ossei e cartilaginei e sovente contiene cristalli di pirofosfato di calcio. Lesame radiologico convenzionale rivela nelle fasi precoci la tumefazione dei tessuti molli, leffusione articolare, la presenza di minime sublussazioni o di calcificazioni periostali; nelle fasi tardive diventano evidenti il riassorbimento osseo con disseminazione intra- ed extra-articolare di frammenti ossei, le fratture, le sublussazioni, losteofitosi e leburneazione delle superfici ossee. La scintigrafia ossea nella sua fase tardiva sembra essere pi sensibile dellindagine radiologica standard. 120

4. Diagnosi differenziale
Una monoartrite acuta in un soggetto con deficit sensitivo fa sospettare unartropatia neurogena. 1. 2. 3. 4. 5. Osteoartrosi: soprattutto a livello dello scheletro appendicolare. Osteocondrosi intervertebrale, malattia di Paget, alcaptonuria: soprattutto a livello dello Artriti da microcristalli (pirofosfato di calcio, idrossiapatite): quadro di artropatia distruttiva; Osteonecrosi, osteoartrosi post-trauma, terapia corticosteroidea intra-articolare:

scheletro assiale. dirimente lidentificazione dei cristalli nel liquido sinoviale. frammentazione e collasso osseo possono essere manifestazioni comuni. Algodistrofia: lesame radiologico non rivela frammentazioni o dislocazioni ossee.

5. Terapia
Deve essere instaurata il pi precocemente possibile per evitare la distruzione e la conseguente deformazione articolare. Principio fondamentale limmobilizzazione in completo scarico dellarticolazione interessata per un periodo da diverse settimane fino a tre mesi con possibilit miglioramento delle lesioni articolari (VI/A). Nella fase acuta possono essere utilizzati anti-infiammatori non steroidei o analgesici maggiori (VI/A). I bisfosfonati (pamidronato) si sono dimostrati efficaci nel ridurre il riassorbimento osseo (VI/A). La chirurgia richiesta per la risoluzione delle ulcerazioni nei pazienti diabetici e per la correzione delle deformazioni articolari.

121

XIX. Algie Vertebrali

1. Definizione
Sono sindromi dolorose della colonna vertebrale di origine muscolo-scheletrica. Per il 95% sono di origine meccanica conseguente ad una postura statica e dinamica scorretta con ripercussione a livello delle strutture muscolo-legamentose e con processi degenerativi dei dischi intervertebrali e delle faccette articolari. Nel restante 5% la causa non meccanica (tumori, infezioni, flogosi, aneurisma aortico, herpes zoster, psoriasi, artrite reumatoide, morbo di Crohn, ecc.).

2. Quadri Clinici
1. Lombalgia meccanica: dolore localizzato in vicinanza del rachide con possibile irradiazione

alla regione posteriore della coscia, che non scende oltre il ginocchio, riacutizzato dai movimenti e posizioni, con presenza o meno di limitazione funzionale. 2. Lombosciatalgia: dolore lombare irradiato al di sotto del ginocchio, con ricerca di postura

antalgica ed importante disturbo funzionale per interessamento delle radici nervose L5 e S1. 3. Lombocruralgia: dolore irradiato allinguine e alla superficie anteriore della coscia per

interessamento radicolare di L3 e L4. 4. Lombalgia con possibile grave patologia spinale o pluriradicolare: costante, progressiva, non

alleviata da riposo, pu peggiorare durante le ore notturne. Possono essere presenti alterazioni del controllo sfinterico, della sensibilit, del tono muscolare mono o bilaterale. 5. Cervicalgia comune: dolore muscolo-scheletrico localizzato in regione cervicale con possibile

irradiazione verso occipite/mastoide oppure verso la fossa sovraspinosa e/o la regione dorsale alta. Possono essere associati disturbi neuro-vegetativi (vertigini, nausea, vomito).

122

6.

Cervicalgia con dolore radicolare: dolore irradiato allarto superiore unilaterale a distribuzione

metamerica diverso a seconda della radice nervosa interessata accompagnato da disturbi somestesici (parestesie, disestesie). Possibili alterazioni dei ROT, positivit dei test durali. 7. Cervicalgia con possibile grave patologia spinale: costante, non alleviata da riposo che pu

peggiorare nelle ore notturne, con sintomatologia neurologica irradiata anche bilateralmente arti superiori e inferiori.

3. Anamnesi
Lanamnesi e lesame obiettivo, di norma, consentono di escludere la presenza di cause gravi (red flag) o malattie sistemiche. In assenza di questi sospetti, entro le prime 3 settimane oltre il 90% dei pazienti pu migliorare o guarire spontaneamente, per cui non vi necessit di esami di diagnostica strumentale o di laboratorio in questo periodo. Importanti indicatori da considerare: et impotenza funzionale e ripercussione sullattivit lavorativa risposta a precedenti trattamenti fattori di rischio fisici, psicosociali e lavorativi insorgenza: insidiosa, acuta, post-traumatica sede: lombare, glutea, dorso-lombare caratteristiche del dolore: urente, trafittivo, gravativo irradiazione: radicolare e non radicolare orario del dolore: continuo, diurno, notturno rapporto postura-dolore: in clino e ortostatismo, seduto sintomi neurologici: parestesie, debolezza, ipoestesie, claudicatio rigidit mattutina: se presente, per quanto tempo

4. Esame Obiettivo
dolore e/o limitazione funzionale alla flesso-estensione del tronco 123

dolore alla palpazione dei processi spinosi, delle articolazioni posteriori, dei legamenti, dei muscoli dismetria degli arti scoliosi iperlordosi lombare

5. Esame Neurologico
manovra di Lasegue, omolaterale e controlaterale: la omolaterale presenta sensibilit ma non specificit per ernia del disco; la positivit della manovra nellarto controlaterale poco sensibile ma, se presente, altamente specifica, se negativa esclude significato chirurgico dellerniazione del disco nella gran parte dei casi manovra di Wassermann valutazione della dorsiflessione del piede e dellalluce, della flessione plantare del piede, dellestensione del ginocchio e degli adduttori valutazione del trofismo muscolare: un deficit motorio significativo e progressivo richiede consulenza neurochirurgia o ortopedica urgente esame della sensibilit con ago ricerca dei riflessi patellari e achillei

6. Diagnosi differenziale
Le condizioni patologiche gravi (red flag) da sospettare nel caso di lombalgia sono: 1) Tumore anamnesi positiva per tumori perdita di peso assenza di miglioramento con la terapia dopo 4-6 settimane et sopra 50/60 anni e sotto 18/20 anni dolore ingravescente, continuo anche a riposo e con persistenza notturna Se i primi quattro fattori di rischio sono assenti, gli studi suggeriscono che il tumore pu essere escluso con una sensibilit del 100% 124

2) Frattura traumi maggiori a tutte le et o traumi minori, anche semplice caduta, negli anziani o in affetti da grave osteoporosi dolore da carico, che si attenua in clinostatismo e si accentua nelle variazioni di posizione 3) Infezione febbre recenti infezioni batteriche tossicodipendenza (uso di droghe per via endovenosa) terapie immunosoppressive HIV dolore che persiste a riposo area geografica di provenienza in relazione a specifiche infezioni 4) Stenosi midollare/s. cauda equina sciatica unilaterale o bilaterale con deficit sensitivi e motori (claudicatio neurologica) ritenzione urinaria incontinenza fecale anestesia a sella 5) Aneurisma aorta addominale et oltre i 60 anni dolore notturno e a riposo vasculopatia aterosclerotica in altre sedi massa pulsante addominale. 6) Massa retroperitoneale dolore a profilo reno-ureterale dolore utero-annessiale dolore crampiforme, compressivo o lacerante dolore non influenzato dalla postura e dai movimenti 7) Lombalgia infiammatoria (entesoartrite) esordio del dolore< 45 anni 125

andamento subdolo durata superiore a tre mesi prevalenza notturno-mattutina rigidit mattutina e allinizio del movimento miglioramento col movimento elevata sensibilit ai FANS storia di entesiti persistenti, ricorrenti e multiple presenza di mono-oligoartrite localizzata agli arti inferiori dolore tipo sciatica mozza alternante storia familiare o presenza di psoriasi, colite ulcerosa, morbo di Crohn, uveiti anteriori acute e ricorrenti, spondiloartriti.

7. Terapia
Nella lombalgia meccanica, rassicurare il paziente con le seguenti raccomandazioni, spiegando: la possibile genesi del suo mal di schiena, la verosimile causa scatenante e gli eventuali fattori di rischio connessi allattivit lavorativa e/o ricreativa, ad anomalie strutturali o posturali, ad affaticamento fisico o mentale; lalta possibilit di prognosi favorevole legata alla natura benigna del disturbo (il 70% dei pazienti migliorano entro le prime due settimane), ma anche la tendenza a recidive che comunque, a meno che i sintomi non siano molto diversi dal primo episodio, regrediranno anchesse; lutilit di mantenersi in attivit fisica controllata con rapida e completa ripresa dellattivit lavorativa se si stati costretti a interromperla; che attivit aerobica come nuoto, camminare o andare in bicicletta pu essere iniziata gi dalla seconda settimana; che il riposo a letto non indicato perch non modifica la storia naturale del disturbo, pu portare a debilitazione e far sentire il paziente malato; che le radiografie non sono raccomandate prima di 3 settimane se non per eventuali fratture in recenti traumi significativi ad ogni et o in recenti traumi anche modesti in persone anziane con storia di prolungate terapia steroidea o di osteoporosi; che TAC e RM non sono raccomandate prima di 4-6 settimane in assenza di red flag.

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La maggior parte delle SAV pu essere gestita dal medico di medicina generale; il ricorso allo specialista dovrebbe essere attivato in caso di: sospetto di sindrome della cauda equina (immediatamente) sospetto di seria patologia spinale (preferibilmente entro una settimana) deficit neurologico progressivo (preferibilmente entro una settimana) dolore radicolare che non si risolve dopo sei settimane (preferibilmente entro tre settimane) dolore di tipo infiammatorio, tale da far sospettare una spondilite (prima possibile, anche se non urgentemente) dolore lombare senza ripristino delle normali attivit dopo tre mesi, con ripercussioni sulla qualit di vita (prima possibile, anche se non urgentemente). In particolare si ricorre al: chirurgo (neurochirurgo, ortopedico) in caso di: sciatalgia con manovra di Lasegue positiva da oltre 4-6 settimane sindrome della cauda equina progressivo e severo deficit motorio (es. piede cadente, evidente ipotrofia della coscia) deficit neuromotorio persistente oltre 4-6 settimane (non inclusi deficit minori della sensibilit e variazione dei riflessi). neurologo in caso di: dolore cronico irradiato allarto inferiore in modo atipico, con manovra di Lasegue negativa nuovi o progressivi deficit neuromotori. fisiatra in caso di: lombalgia e lombosciatalgia cronica lombalgia ricorrente. reumatologo in caso di: lombalgia infiammatoria

8. Protocollo terapeutico-riabilitativo in soggetti affetti da algia vertebrale

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a. Obiettivi terapeutici specifici riduzione della contrattura riduzione dellinfiammazione riduzione del dolore incremento dellarticolarit incremento della resistenza muscolare correzione e educazione posturale b. Finalita del protocollo recupero delle attivit della vita quotidiana e dellattivit lavorativa prevenzione delle recidive

c. Gestione della LOMBALGIA SEMPLICE STADI EVOLUTIVI 1. FASE ACUTA: minore di sette giorni GESTIONE: Medico di Medicina Generale AZIONE: trattamento farmacologico messa a riposo delle strutture anatomiche colpite (riposo a letto per meno di due giorni) eventuale uso di ortesi spinali eventuale sospensione momentanea al lavoro precoce ripresa di unattivit fisica controllata consigli ergonomici eventuale consulenza specialistica fisiatrica o reumatologica

2. FASE SUB-ACUTA: dai sette giorni ai tre mesi 128

GESTIONE Multidisciplinare: Medico di Medicina Generale, Medico Specialista (Fisiatra, Reumatologo), Fisioterapista AZIONE: approfondimento diagnostico-strumentale semplice (esame radiografico) alla persistenza del sintomo terapia medico-farmacologica e/o manipolativa eventuale visita specialistica con valutazione funzionale eventuale invio al fisioterapista per trattamento fisioterapico consigli ergonomici 3. FASE CRONICA: oltre i tre mesi GESTIONE Multidisciplinare: medico di Medicina Generale, Medico Specialista (Fisiatra, Reumatologo), Fisioterapista AZIONE: trattamento medico-farmacologico e/o manipolativo visita specialistica con valutazione funzionale eventuale trattamento fisioterapico, a carattere ordinario, preferibilmente di gruppo, oppure trattamento riabilitativo individuale consigli ergonomici

d. Gestione della LOMBALGIA CON DOLORE RADICOLARE (lombosciatalgia, lombocruralgia)

STADI EVOLUTIVI 1. FASE ACUTA : inferiore a sei settimane 2. FASE SUBACUTA: tra sei settimane e tre mesi GESTIONE: Medico di Medicina Generale, Medico Specialista (Fisiatra, Reumatologo, Neurochirurgo, Ortopedico), Fisioterapista 129

AZIONE: il riposo a letto deve essere limitato perch potenzialmente dannoso trattamento farmacologico eventuale sospensione momentanea dal lavoro consigli ergonomici progressiva ripresa della normale attivit quotidiana e attivit fisica controllata consulenza specialistica medico-riabilitativa con approfondimento diagnosticostrumentale alla persistenza del sintomo e valutazione funzionale eventuale invio al fisioterapista per trattamento fisioterapico 3. FASE CRONICA: oltre i tre mesi GESTIONE: Medico di Medicina Generale, Medico Specialista (Fisiatra, Reumatologo, Neurochirurgo, Ortopedico), Fisioterapista AZIONE: trattamento medico-farmacologico e/o manipolativo eventuale visita specialistica con valutazione funzionale eventuale invio al fisioterapista eventuale trattamento fisioterapico a carattere ordinario preferibilmente di gruppo oppure trattamento individuale e. Gestione della LOMBALGIA CON POSSIBILE GRAVE PATOLOGIA SPINALE O PLURIRADICOLARE GESTIONE: Medico di Medicina Generale, Medico Specialista (Fisiatra, Reumatologo, Neurochirurgo, Ortopedico), Fisioterapista AZIONE: richiesta di consulto urgente per indagini specialistiche eventuale ricovero in UO per acuti attivazione percorso riabilitativo in presenza di postumi invalidanti con possibilit di recupero eventuale prescrizione di ortesi e ausili

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f. Gestione della CERVICALGIA COMUNE STADI EVOLUTIVI. 1. FASE ACUTA: GESTIONE: Medico di Medicina Generale AZIONE: trattamento farmacologico eventuale uso di ortesi spinali (collare) eventuale sospensione momentanea dal lavoro consigli ergonomici eventuale consulenza specialistica fisiatrica e reumatologica

2. FASE SUB-ACUTA: fino a tre mesi GESTIONE: Medico di Medicina Generale, Medico Specialista (Fisiatra, Reumatologo), Fisioterapista AZIONE: approfondimento diagnostico-strumentale semplice (esame radiografico) se persiste il sintomo eventuali approfondimenti diagnostici per diagnosi differenziale (ecodoppler dei vasi epiaortici, esame otovestibolare) trattamento medico-farmacologico e/o manipolativo eventuale visita specialistica con valutazione funzionale eventuale invio al fisioterapista per trattamento fisioterapico consigli ergonomici

3. FASE CRONICA: oltre i tre mesi GESTIONE: Medico di Medicina Generale, Medico Specialista (Fisiatra, Reumatologo), Fisioterapista AZIONE: 131

trattamento medico-farmacologico e/o manipolativo visita specialistica con valutazione funzionale eventuale trattamento fisioterapico a carattere ordinario preferibilmente di gruppo consigli ergonomici

g. Gestione della CERVICALGIA CON DOLORE RADICOLARE STADI EVOLUTIVI. 1. FASE ACUTA e FASE SUBACUTA: entro 3 mesi GESTIONE: Medico di Medicina Generale, Medico Specialista (Fisiatra, Reumatologo, Neurochirurgo, Ortopedico), Fisioterapista AZIONE: trattamento farmacologico eventuale sospensione momentanea dal lavoro consigli ergonomici progressiva ripresa della normale attivit quotidiana e attivit fisica controllata consulenza specialistica con approfondimento diagnostico-strumentale alla persistenza del sintomo eventuale invio al fisioterapista per trattamento fisioterapico con carattere prioritario

2. FASE CRONICA: oltre i tre mesi GESTIONE: Medico di Medicina Generale, Medico Specialista (Fisiatra, Reumatologo), Fisioterapista AZIONE: trattamento medico-farmacologico e/o manipolativo eventuale visita specialistica con valutazione funzionale eventuale invio al fisioterapista eventuale trattamento fisioterapico a carattere ordinario 132

h. Gestione della CERVICALGIA CON POSSIBILE GRAVE PATOLOGIA SPINALE GESTIONE: Medico di Medicina Generale, Medico Specialista (Fisiatra, Reumatologo, Neurochirurgo, Ortopedico), Fisioterapista AZIONE: richiesta di consulto urgente per indagini specialistiche eventuale ricovero in UO per acuti attivazione percorso riabilitativi in presenza di postumi invalidanti con possibilit di recupero eventuale prescrizione di ortesi e ausili

9. Flow-chart
a. Cervicoalgia e lombalgia con dolore radicolare

Fase acuta < 6 settimane

Fase subacuta < 6 settimane < 3 mesi

Fase cronica > 3 mesi

Medico di medicina generale Terapia specifica farmacologica, trattamento fisioterapico

Specialista Fisiatra, Reumatologo, Neurochirurgo, Ortopedico (approfondimento diagnostico-strumentale e valutazione funzionale)

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b. Cervicalgia e lombalgia comune

Fase acuta < 6 settimane

Fase subacuta < 6 settimane < 3 mesi

Fase cronica > 3 mesi

Medico di medicina generale

Specialista Fisiatra, Reumatologo ( valutazione funzionale)

Terapia specifica farmacologica, trattamento fisioterapico

c. Cervicalgia e lombalgia con possibile grave patologia spinale o pluriradicolare

Medico di medicina generale

Consulto urgente da specialista Fisiatra, Reumatologo, Neurochirurgo, Ortopedico

Indagini specialistiche Eventuale ricovero in U.O. per acuti

Terapia specifica

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Attivazione percorso riabilitativo in presenza di postumi invalidanti con possibilit di recupero, eventuale prescrizione di ortesi e ausili

XX. Neuropatie da Compressione

1. Compressione del canale midollare e delle emergenze radicolari


a. Definizione Compressione del midollo spinale e delle radici nervose dovuta a spine irritative di varia natura. b. Condizioni associate e/o predisponenti 1. Congenite (accentuata e/o anomala angolazione della colonna, canale midollare congenitamente stretto). 2. Traumi, spasmi muscolari. 3. Neoplasie. 4. Mielopatie paraneoplastiche. 5. Vascolari (trombosi arteria spinale anteriore, malformazioni artero-venose spinali, ematomi epidurali spinali, mielopatia in corso di patologia da decompressione). 6. Infiammatorie del SNC (mielite trasversa post-infettiva ed idiopatica, sclerosi multipla). 7. Infettive. 8. Patologia infiammatoria (spondiloartropatie) o degenerative artrosiche (spondilosi, protrusione dei dischi intervertebrali, osteofiti, ipertrofia legamenti gialli, ipertrofia faccette articolari, spondilolistesi). 9. Ipovitaminosi. 10. Tossiche.

c. Sintomatologia A. Sintomi irritativi Compressione del midollo spinale: dolore urente, sensazione di scossa elettrica al tronco o agli arti inferiori. Compressione radicolare: dolore limitato ad una specifica area di pertinenza della radice emergente nel punto di compressione. B. Sintomi deficitari Motori: deficit piramidale (spasticit, aumento dei riflessi profondi e segno di Babinski nelle fasi avanzate). 135

Sensitivi: riduzione fino alla perdita della sensibilit superficiale e profonda. Autonomici: incontinenza o ritenzione.

d. Diagnosi Anamnesi ed esame obiettivo. Radiografia (a livello cervicale anche proiezione obliqua), TC, RMN. Elettromiografia. Esame del liquor. Arteriografia, angio RMN.

e. Terapia Trattamento farmacologico (brevi cicli di FANS o altri farmaci specifici per il dolore neuropatico, miorilassanti). Riposo a letto (fase acuta). Fisioterapia (fase post-critica). Correzioni del sovrappeso. Riabilitazione professionale. Consulenza neurochirugica per valutare leventuale necessit di un intervento.

2. Compressione dei nervi periferici


a. Definizione Patologie dei nervi periferici (Tabella I) da aumentata pressione al loro passaggio allinterno di strutture anatomiche non espansibili.

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Tabella I. Neuropatie da intrappolamento Struttura nervosa Arti superiori e torace Plesso brachiale N. scapolare dorsale N. sovrascapolare N. muscolocutaneo N. radiale N. mediano Arti inferiori al gomito allavambraccio al polso anteriore intraosseo al gomito al polso Legamento di Struthers Pronatore rotondo Sindrome del tunnel carpale (Tab. II) Avambraccio Sindrome del canale cubitale Sindrome del canale ulnare di Guyon Pelvi Sindrome del piriforme Addome inferiore Meralgia parestetica Anca Canale fibulare Canale di Hunter Parte inferiore della gamba Sindrome del tunnel tarsale Metatarsalgia di Morton Localizzazione o sindrome relativa Sbocco toracico Scaleno medio Incisura sovrascapolare Gomito Sindrome del n. interosseo posteriore

N. ulnare

N. otturatore N. sciatico N. ilioinguinale N. cutaneo latero-femorale N. femorale N. peroneale N. safeno N. surale N. tibiale posteriore N. interdigitale plantare

b. Condizioni associate e/o predisponenti Diabete, ipotiroidismo, gotta, emodialisi cronica, amiloidosi, artrite reumatoide, tenosinovire gonococcica, allattamento, esposizione ad agenti tossici, cause lavorative. c. Sintomatologia Allinizio sintomi da irritazione della componente sensitiva del nervo (parestesie, poi dolore). Successivamente anche la componente motoria viene coinvolta (ipostenia, difficolt nei

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movimenti). In qualche caso esistono anche disturbi vasomotori (freddo, sbiancamento, cianosi). In casi estremi alterazioni del trofismo cutaneo, e raramente infarti cutanei. d. Diagnosi e Terapia Vedi Flow-Chart in Allegato.

e. Quadri principali 1. Sindrome dello sbocco toracico Varie entit cliniche che determinano la compressione di una o pi unit neurovascolari che passano attraverso lapertura toracica superiore: la sindrome dello scaleno anteriore la sindrome costoclavicolare la sindrome da iperabduzione. La costa cervicale come causa di compressione molto ridimensionata (si trova in oltre lo 0.5% delle radiografie eseguite routinariamente). Molto frequenti nella popolazione generale sono le banderelle fibrose congenite che originano da una costa cervicale, dal processo traverso di C7 o possono essere associate al muscolo scaleno. Segni e sintomi Parestesie a distribuzione del n. ulnare (lato mediale di braccio e avambraccio, e IV e V dito); dolore irradiato al collo, spalla e arto superiore. La sintomatologia aumentata dalladduzione della spalla, portare oggetti pesanti, usare larto superiore al di sopra la testa. Debolezza muscolare, ipotrofia della muscolatura intrinseca delle mani e delle eminenze tenar e ipotenar. Disturbi vasomotori (fra cui fenomeno di Raynaud alle dita) e in rari casi alterazioni distrofiche, infarti tissutali ai polpastrelli. Diagnosi Semeiotica: senso di tensione nel territorio di distribuzione del plesso brachiale; deficit sensitivi; debolezza muscolare; atrofia muscolare. Test provocativi (manovra di Adson, costoclavicolare e delliperabduzione): devono riprodurre i sintomi oltre alla riduzione del polso radiale. Radiografia della regione cervico-toracica (costa cervicale sovrannumeraria, megapofisi di C7, per escludere una banderelle fibrose). 138

Studio elettrofisiologico: difficile da interpretare. E utile per la diagnosi differenziale con altre condizioni (radiculopatia cervicale, sindrome del tunnel cubitale o carpale). Diagnosi differenziale Lesioni cervicali (tumori, discopatie, spondilosi); distrofia simpatica riflessa; sindrome del tunnel carpale; vasculite; aterosclerosi. Anche la sindrome del tunnel carpale pura (nel 44% dei casi le due sono concomitanti e si parla di sindrome double crush) pu irradiarsi alla spalla. Terapia Conservativa: da protrarre pi a lungo possibile. Tende al miglioramento della postura (rafforzamento dei muscoli trapezio e romboide); evitare i movimenti di iperabduzione (cambiamento delle attivit lavorative) Chirurgica: da attuare tardivamente (quando sussistano segni di debolezza muscolare, rapide parestesie intermittenti seguite da perdita continua della sensibilit, dolore invalidante o peggioramento della situazione circolatoria). I risultati sono spesso incerti (ad eccezione delle compressioni costo-clavicolri) ed spesso difficoltoso identificare prima dellintervento una zona specifica di decompressione. 2. Sindrome del tunnel cubitale Compressione del nervo ulnare al gomito. Cause Traumi (soprattutto la frattura dellomero), pressione croniche sulla zona del gomito per attivit lavorative o vizi di postura, artrosinovite del gomito. Segni e sintomi Parestesie a distribuzione del nervo ulnare, spesso bilateralmente. Segno di Tinel spesso positivo sopra il canale ulnare. Dolore alla compressione diretta del nervo. Atrofia della muscolatura (ipotenar), ridotta capacit del pinzamento e della forza di presa, e lieve inarcamento del IV e V dito. Segno di Wartenberg: adduzione del V dito indebolita. Diagnosi Radiologia tradizionale: utile per lo studio del tunnel cubitale. Rilevamento di osteofiti. Studio elettrofisiologico: importante per la definizione della sede di compressione e per il follow-up post-chirurgico. 139

Diagnosi differenziale Altre localizzazione di compressione del nervo ulnare (colonna cervicale, sbocco toracico, canale di Guyon); neuropatie post-traumatiche allo stadio terminale. Terapia In caso di artrite, infiltrazioni di corticosteroidi nel canale di decorrenza del nervo ulnare (V/A). Inizialmente (sintomi sensitivo-motori lievi): evitare la flessione prolungata del gomito. Tardivamente decompressione chirurgica con risultati efficaci per anni (V/A). 3. Sindrome del tunnel ulnare Intrappolamento, spesso bilaterale, del nervo ulnare nel canale di Guyon al gomito. Cause La pi frequente sono i gangli. Altre cause sono muscoli aberranti; morbo di Dupuytren; artrite reumatoide; osteoartrite; cisti. Traumi cronici (uso di apparecchiature che provocano urti al palmo delle mani). Segni e sintomi Nelle lesioni pi prossimali: deficit combinati sensori-motori, ipoestesia della regione ipotenar e del IV e IV dito, dolore al gomito (pi raro), debolezza della muscolatura intrinseca della mano. Nelle lesioni pi distali: anche deficit sensoriali o motori isolatamente. Diagnosi Semeiotica: segno di Froment, ossia lincapacit a trattenere un foglio di carta tra pollice ed indice, senza flettere la seconda falange del pollice. Nelle fasi pi avanzate si ha il segno della mano ad artiglio per atrofia delleminenza ipotenar. Studio elettrofisiologico: utile nellidentificazione della sede di compressione e della branca coinvolta. Radiologia tradizionale: utile per lo studio del tunnel cubitale. Rilevamento di osteofiti. Diagnosi differenziale Sindrome dello sbocco toracico; sindrome del canale cubitale. Terapia Evitare traumi del palmo della mano, altrimenti decompressione chirurgica (V/A). 140

4. Sindrome del nervo interosseo anteriore Branca puramente motoria del nervo mediano innerva il pronatore quadrato, il flessore lungo del pollice e il flessore profondo delle dita. Cause Muscoli aberranti o accessori, banderelle fibrose al di sotto del muscolo pronatore rotondo o pressione esercitata dalla borsa bicipitale ingrandita. Segni e sintomi Solo sintomi di debolezza muscolare: perdita della flessione distale Diagnosi Semeiotica: valutazione del pronatore quadrato mediante flessione totale del gomito, il che determina una ridotta resistenza alla supinazione forzata dellavambraccio e una sensazione di dolore intenso alla superficie volare dellavambraccio prossimale. Studio elettrofisiologico: fornisce la conferma. Diagnosi differenziale Rottura del tendine flessore lungo del pollice, ad esempio, in corso di artrite reumatoide e lesioni pi prossimali, quali una nevrite brachiale. Terapia Inizialmente conservativa (evitare movimenti ripetitivi di prono-supinazione. Se dopo 2 3 mesi la situazione non si risolta, si raccomanda lintervento chirurgico (V/A). 5. Sindrome del pronatore Intrappolamento del nervo mediano allavambraccio. Cause Intrappolamento ad opera del lacerto fibroso, del capo prossimale del flessore superficiale delle dita o, pi comunemente, del muscolo pronatore rotondo o di banderelle fibrose al capo superficiale di questo muscolo.

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Segni e sintomi Intenso dolore allavambraccio prossimale con inizio spesso insidioso, e aggravato dalle manovre che sforzano il gomito e che richiedono la pronazione e la presa. Comuni le parestesie a distribuzione del nervo mediano alla mano, ma, diversamente che nella sindrome del tunnel carpale, poco frequentemente notturne. In qualche caso atrofia del tenar, ma rari i segni di debolezza muscolare intensa. Diagnosi Semeiotica: sensibilit localizzata alla palpazione del muscolo pronatore rotondo. Segno di Tinel positivo con irradiazione alla mano. Riproduzione delle sensazioni dolorose con la pronazione dellavambraccio e la flessione del polso contro resistenza. Studio elettrofisiologico: spesso inutile. Diagnosi differenziale Sindrome del tunnel carpale; lesioni nervose alla colonna cervicale; Sindrome dello sbocco toracico (il dolore si irradia pi spesso sul lato ulnare pi che radiale). Terapia Astensione dalle attivit che aggravano la sintomatologia. Decompressione chirurgica quando i sintomi divengono cronici (V/A). 6. Sindrome del tunnel carpale Compressione del nervo mediano al polso nel suo passaggio attraverso il tunnel carpale. E la neuropatia da intrappolamento pi frequente e una delle pi frequenti cause di invalidit lavorativa. Epidemiologia Il rapporto F:M di 3,8:1. La maggiore incidenza per classe di et per entrambi i sessi 50 59 anni. Particolari attivit lavorative elevano lincidenza della sindrome fino a 60/100 lavoratori. In circa il 70% dei casi bilaterale, con prevalenza della mano dominante. Cause Le cause di sindrome del tunnel carpale sono molteplici (Tabella II). Talvolta la sindrome del tunnel carpale idiopatica, tuttavia le cause lavorative giustificano gran parte dei casi.

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Tabella II. Condizioni associate con la sindrome del tunnel carpale Lesioni occupanti spazio Gangli Emangiomi Osteoma osteoide Lipomi Ispessimento del legamento carpale traverso (familiare) Muscolatura anomala (muscolo palmare lungo) Vascolarizzazione anomala (arteria mediana) Tenosinovite (non associata a causa specifica) Connettiviti Artrite reumatoide Osteoartrite Sclerosi sistemica Polimiosite Polimialgia reumatica Artropatie da cristalli Gotta Artropatia da pirofosfato di calcio Artropatia da idrossiapatite Patologie occupazionali Macellai (movimenti ripetitivi) Musicisti Lavoratori con la tastiera Malattie metaboliche ed Diabete mellito endocrine Tireopatie (mixedema) Acromegalia Mucopolisaccaridosi Neuropatia periferica in corso di uremia Emodialisi Infezioni Osteomieliti Tenosinoviti Granulomatosi cronica da (Mycobatterio tubercolosis, micobatteri atipici, istoplasmosi, coccidioidomicosi) Cause iatrogene Ematoma Flebiti Miscellanea Gravidanza (solitamente autorisolventesi dopo il parto) Uso di contraccettivi orali Menopausa Amiloidosi Dialisi Fratture

Segni e sintomi (Tabella III) Sintomi irritativi Parestesie alle dita, prevalentemente notturne. (bruciore, sensazioni di spilli, intorpidimento, pizzicamento) Nel 34% dei casi esiste anche una compressione del nervo ulnare. Pu essere presente anche dolore pi o meno intenso, con irradiazione allavambraccio, talora fino alla spalla lateralmente. Sintomi deficitari 143

Perdita di sensibilit al I, II, III e met del IV dito. La caduta degli oggetti dalle mani sono da ascrivere ad una perdita di sensibilit dei polpastrelli. Tabella III. Segni e sintomi nella sindrome del tunnel carpale Segni e sintomi Parestesie del territorio di distribuzione del nervo mediano Parestesie notturne Dolore esteso prossimamente Segno di Tinel Positivo Negativo Test di Phalen Positivo Negativo Sensibilit allesame obiettivo Diminuita Normale Forza muscolare del tenar Diminuita Normale Volume delleminenza tenar Ridotto Normale Diagnosi 1. Anamnesi: storia clinica del paziente. in particolare anamnesi lavorativa. 2. Esame Obbiettivo: Segno di Tinel: lieve percussione con un martelletto sul polso in iperestensione, appena al di sotto del legamento traverso del carpo. Positivo se riproduce i sintomi. Segno di Phalen: posizionare entrambi i polsi, affrontati fra loro, in flessione non forzata per 30 60 secondi. Positivo se riproduce i sintomi. Compressione col bracciale dello sfigmomanometro per circa 40 secondi. Positivo se riproduce le parestesie. 144 18 31 18 42 28 36 53 23 55 29 % di pazienti 100 71 38

Il grado di conservazione della forza muscolare delleminenza tenar viene valutato sia mediante lispezione della mano che potr evidenziare unatrofia della muscolatura, sia mediante due test: Valutazione del muscolo abduttore breve del pollice: far affrontare I e V dito, chiedere di abdurre quindi il I dito contro resistenza. Valutazione del muscolo opponente del pollice: far chiudere (polpastrello contro polpastrello) I e V dito a pinza, tentare quindi di romperla con un dito tirando dallinterno della pinza stessa. 3. Indagini Radiologiche (solo in casi selezionati): Radiologia con proiezione specifica per tunnel carpale: evidenzia le ossa del carpo e i tessuti molli. RMN: fornisce una visione pi accurata delle strutture non ossee (edema o distorsione del nervo mediano, ispessimento dei rivestimenti del tendine flessore, lesioni occupanti spazio, muscoli aberranti). Ecografia: sempre pi utilizzata, questa tecnica si dimostrata valida per specificit e sensibilit diagnostiche, tuttavia sono pochi gli operatori capaci di eseguirla. 4. Indagini neuroelettriche: Elettroneurografia: il gold-standard, data la discreta percentuale di falsi negativi e positivi delle prove semeiologiche. Permette di determinare il ritardo nella conduzione della sensibilit e della motilit del nervo mediano a livello del canale carpale. Elettromiografia: utile in quei casi in cui vi una grave danno dei muscoli della mano. Diagnosi differenziale Cervicobrachialgia; sindrome dello sbocco toracico sindrome double crush; tumori midollari; siringomielia; sclerosi multipla; sindrome di Pancoast; sindrome spalla-mano; adenopatie. Terapia 1. 2. 3. Trattare la causa primaria se identificabile (VI/A). Evitare le condizioni lavorative eventualmente favorenti. I trattamenti conservativi sono preferiti qualora i sintomi siano di breve durata: uso di split, da

posizionare sulla superficie volare del polso per mantenerlo in posizione neutra, soprattutto durante il riposo notturno. Ultimamente stato introdotto anche un nuovo polsino (Policarpal) che riduce, pur senza bloccare il polso, i movimenti di flesso-estensione. Esso permette di conservare una normale funzionalit della mano, compresa lopposizione del pollice. Pu essere indossato sia di giorno che notte (VI/A). 145

4.

Ugualmente efficaci nei casi di recente insorgenza (meno di 1 anno) e in assenza di segni di

atrofia muscolare le infitrazioni locali di corticosteroidi (metilprednisone o triamcinolone) da evitare luso frequente e ripetuto (V/A). 5. La chirurgia di resezione del legamento traverso del carpo va riservata ai casi pi gravi (indici di latenza motoria distale siano aumentati) o non responsivi, o tardivi (atrofia muscolare, segni neurologici persistenti) (V/A). 7. Meralgia parestesica Intrappolamento del nervo femoro-cutaneo laterale, esclusivamente sensitivo. Cause Compressione da parte di cinture o altro del nervo al suo passaggio al di sotto del legamento inguinale. In associazione con obesit, gravidanza, diabete, ascite e trauma alle cosce o alla regione inguinale, interventi chirurgici alla pelvi che provochino una lesione del nervo (appendicectomia, ernioplastica inguinale, escissione di osso dalle creste iliache). Segni e sintomi Tipico dolore urente e disestesia a distribuzione nel territorio del nervo. Comune anche una piccola area di deficit sensitivo. Certe posture esacerbano la sintomatologia (seduto con le gambe incrociate, stazione eretta prolungata e estensione posteriore della gamba). Diagnosi Semeiotica: talora senso di tensione spontaneo al di sopra del legamento inguinale. Studio elettrofisiologico: pu essere utile nel confermare la diagnosi. Diagnosi differenziale Radiculopatie L2 o L3 o stenosi del canale midollare. Terapia Inizialmente: riduzione del peso corporeo, eliminazione dei danni occupazionali, evitare la compressione al di sopra del legamento inguinale. Iniezioni locali con anestetici o cortisonici. Decompressione chirurgica (neurolisi, meglio con approccio sovrainguinale) se il dolore si cronicizza. Iniezioni epidurale di corticosteroidi, se lorigine a livello della colonna vertebrale.

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8. Sindrome del tunnel tarsale Incarceramento del nervo tibiale posteriore. Cause Deformit ossee dopo fratture; compressione da ingessature; ipertrofia del muscolo adduttore dellalluce; tenosinovite del flessore; sinovite proliferativi in corso di artrite reumatoide; cisti sinoviali; gangli; diabete mellito. Segni e sintomi Dolore urente, parestesie alle dita, pianta del piede o al calcagno. La sintomatologia pu svegliare il paziente: camminare da sollievo. Senso di tensione alla palpazione diretta del nervo posteriormente al malleolo mediale. Questa zona pu presentarsi come un rigonfiamento fusato. Debolezza della muscolatura intrinseca del piede e alla flessione delle dita. Manifestazioni vasomotorie. Diagnosi Semeiotica: segno di Tinel positivo al tunnel tarsale. Studio elettrofisiologico: utili per confermare la diagnosi. Diagnosi differenziale Artriti delle ossa del tarso; fascite plantare; insufficienza venosa; neuropatie sistemiche periferiche; radiculopatia delle radici nervose lombosacrali; ipertrofia del muscolo adduttore dellalluce nei podisti. Terapia La terapia conservativa, compresa quella iniettiva locale, inefficace. La terapia che d i migliori risultati quella chirurgica.

9. Metatarsalgia di Morton (neuroma di Morton) Intrappolamento dei nervi interdigitali plantari, soprattutto nello spazio fra 3 e 4 dito. Lirritazione cronica del nervo determina la formazione di un neuroma.

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Cause Compressione da parte del legamento metatarsale traverso. Anche le borse intermetatarsali possono intrappolare il nervo o dare metatarsalgia, quando infiammate. Scarpe a punta e tacchi alti aggravano la condizione (probabile causa della maggior incidenza nelle donne). Segni e sintomi Intenso dolore urente che si irradia distalmente alle dita affette. Senso di tensione alla pressione diretta sullo spazio fra le ossa metatarsali, con occasionale reperto di noduli dolorosi. Diagnosi Ecografia: pu identificare i neuromi (lesioni ipoeogene ovoidali) RMN: utilizzata con successo per la localizzazione dei neuromi. Radiologia tradizionale: non utile. Diagnosi differenziale Condizioni infiammatorie del piede. Lartrite reumatoide pu presentarsi con metatarsalgia, ma presente sinovite ed infrequente il dolore neuropatico. Terapia Inizialmente conservativa: protezione dellarea metatarsale con imbottiture e uso di scarpe senza tacco; evitare la corsa (soprattutto su superfici dure) e la stazione eretta protratta; iniezioni locali di anestetici e corticosteroidi possono portare qualche beneficio. In mancanza di miglioramenti: resezione chirurgica del neuroma (al paziente residua un deficit sensitivo); in alternativa, resezione del legamento metatarsale traverso e neurolisi epineuronale del nervo interdigitato.

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3. Flow-chart diagnostico-terapeutica
Sintomi irritativi o deficitari Anamnesi, esame obiettivo

Sospetto intrappolamento

Indagini I livello

EMG + Ecografia tiroidea + Esami ematochimici (TSH, Glicemia, Protidogramma) Radiografia

Indagini II livello

Ecografia Visita chirurgica, visita ortopedica Altre indagini (per escludere tireopatie, amiloidosi, eteroplasie)

Terapia A. Non chirurgica: - Evitare condizioni precipitanti - Trattamento farmacologico (FANS, farmaci per il dolore neuropatico, cicli infiltrativi) - Fisioterapia riabilitativa (fase post-critica) B. Intervento chirurgico

149

XXI. Sindrome da Fatica Cronica (SFC)

1. Definizione
La SFC una sindrome caratterizzata dalla presenza da almeno sei mesi di una inspiegabile grave, persistente, stanchezza fisica, che non si allevia con il riposo, che compromette le attivit sociali, personali, ed occupazionali e si associa a sintomi simil influenzali. La diagnosi comporta lesclusione di una malattia organica e psichiatrica. La presenza di fatica, senza alcuna causa identificabile, si classifica (1): fatica prolungata, se perdura per oltre un mese fatica cronica idiopatica, se perdura per 6 mesi o pi sindrome della fatica cronica se si associa a particolari sintomi.

2. Epidemiologia
La malattia interessa circa 3 persone su 1000. Colpisce prevalentemente il sesso femminile con un et media tra i 35-40 anni.

3. Diagnosi
Per definire la sindrome della stanchezza cronica bisogna che il sintomo stanchezza si associ contemporaneamente ad almeno 4 dei seguenti sintomi (2-3): 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 150 alterazione della concentrazione e della memoria rispetto ai livelli precedenti faringite dolenzia dei linfonodi cervicali e/o ascellari mialgie poliartralgie senza segni di infiammazione cefalea con caratteri diversi da quella eventualmente presente precedentemente sonno non ristoratore

8.

malessere post-esercizio fisico che perduri per almeno 24 ore.

4. Diagnosi differenziale del sintomo stanchezza:


1. 2. 3. 4. 5. disturbi psichiatrici specifici uso e abuso di droghe ed alcool o farmaci miorilassanti alterazione delle funzioni cerebrali superiori disturbi neurologici altre patologie internistiche.

Nel 70% dei casi possono essere presenti dispnea da sforzo, vertigini e problemi di equilibrio, disturbi gastrointestinali, sensazione di freddo alle estremit, irritabilit, depressione, febbre, disturbi della vista. La presenza di una fatica cronica prolungata quindi richiede unattenta valutazione clinica e lesclusione di altre possibili cause per presupporre tale diagnosi: ipotiroidismo, demenza senile, depressione maggiore, schizofrenia, infezioni croniche ed acute come epatite C, B non risolte, citomegalovirus, herpes virus, obesit severa, narcolessia, apnea notturna, malattie neurologiche (sclerosi multipla), tumori, cardiopatie, insufficienza renale, disordini immunitari ed autoimmunitari (LES), effetti collaterali da farmaci.

5. Indagini strumentali e di laboratorio


Non esistono indagini specifiche per la diagnosi di SFC salvo quelle eventualmente necessarie per lesclusione di altre patologie.

6. Terapia
Non esiste una terapia specifica ed un trattamento definitivo che va valutato nel singolo paziente. I trattamenti utilizzanti hanno come obiettivo quello di ridurre il dolore muscolare ed osseo, la febbre ed il trattamento dei sintomi depressivi, lattivit fisica consigliabile ma in maniera moderata. Preparati a base di Magnesio. Acetilcarnitina: la somministrazione di acetil carnitina e di carnitina sembra determinare un miglioramento della forza muscolare della memoria e delle capacit di concentrazione. 151

Vitamina B 12 (anche in associazione con lacetilcarnetina) (2).

7. Flow-chart diagnostica

Valutazione clinica di stanchezza o fatica cronica prolungata Contemporanea presenza di 4 dei seguenti sintomi: alterazione della concentrazione o della memoria a breve termine, mal di gola, 1. Anamnesi o cervicale), Sospetto di altra dolenzia linfonodale (ascellarecompleta 2. Esame obiettivo accurato eziologia mialgie, 3. Valutazione dello stato mentale 4. Test di infiammazione , poliartralgie senza segni di laboratorio standard 5. Ulteriori test specifici indicati dallesame clinico sonno non ristoratore, Follow up per conferma

Nessuna causa identificata

Fatica cronica non spiegabile con altre condizioni mediche

SI

NO

Sindrome della fatica cronica 152

Fatica cronica idiopatica

XXII: Osteoporosi
1. Introduzione
a. Note epidemiologiche Losteoporosi rappresenta una malattia di rilevanza sociale. La sua incidenza aumenta con l'et sino ad interessare la maggior parte della popolazione oltre l'ottava decade di vita. Si stima che ci siano oggi, in Italia, circa 3,5 milioni di donne ed 1 milione di uomini affetti da osteoporosi. Poich nei prossimi 20 anni la percentuale della popolazione italiana al di sopra dei 65 anni det aumenter del 25%, ci dovremo attendere un proporzionale incremento dellincidenza dellosteoporosi. Il "life time risk" di andare incontro ad una tipica frattura osteoporotica a carico del polso distale, corpi vertebrali o femore prossimale del 15% circa per ogni sito e del 40% per un qualsiasi sito. Nella popolazione italiana oltre i 50 anni det il numero di fratture di femore superiore alle 55.000 unit/anno. Alterazioni morfologiche vertebrali sono state riscontrate in oltre il 20% dei soggetti di et superiore ai 65 anni di entrambi i sessi. Le fratture osteoporotiche hanno importanti implicazioni sociali ed economiche oltre che sanitarie. I pazienti con frattura del femore prossimale presentano entro un anno dalla frattura, un tasso di mortalit del 15-30%. Tra gli anziani le fratture osteoporotiche sono una delle maggiori cause di mortalit, sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e carcinoma mammario e 4 volte superiore a quello per carcinoma endometriale. Il 50% delle donne con frattura di femore presenta inoltre una consistente riduzione del livello di autosufficienza e, in circa il 20% dei casi, richiede una istituzionalizzazione a lungo termine. b. Definizione Losteoporosi una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una ridotta massa ossea e da alterazioni qualitative (macro e microarchitettura, propriet materiali) che si accompagnano ad aumento del rischio di frattura. Lindagine densitometrica consente oggi di misurare in modo abbastanza accurato e preciso la massa ossea ed in particolare la sua densit minerale (Bone Mineral Density o BMD) in g/cm2 di superfice ossea proiettata. La BMD giustifica il 60-80% della resistenza meccanica dellosso. Per lOMS la diagnosi densitometrica di osteoporosi si basa sulla valutazione con tecnica dualenergy x-ray absorptiometry (DXA) della densit minerale, raffrontata a quella media di soggetti adulti sani dello stesso sesso (Picco di massa ossea). Lunit di misura rappresentata dalla deviazione standard dal picco medio di massa ossea (T-score). stato osservato che il rischio di 153

frattura inizia ad aumentare in maniera esponenziale con valori densitometrici di T-score < -2.5 SD, che secondo lOMS, rappresenta la soglia per diagnosticare la presenza di osteoporosi. La densitometria ossea rappresenta quindi il test diagnostico di osteoporosi e di rischio di frattura come la misurazione della pressione arteriosa serve per diagnosticare la presenza di ipertensione e quindi il rischio di ictus. Secondo la OMS, nellinterpretare i risultati della BMD si conviene di adottare le definizioni seguenti: 1. La BMD normale definita come un T-score compreso fra +2,5 e 1,0 (la BMD del paziente cio fra 2,5 deviazioni standard (DS) sopra la media di un giovane adulto e 1 DS sotto la media di un giovane adulto). 2. Losteopenia (bassa BMD) associata ad un T-score compreso tra 1,0 e 2,5 DS. 3. Losteoporosi caratterizzata da un T-score inferiore a 2,5 DS. 4. Per osteoporosi conclamata si intende un valore di T-score inferiore a 2,5 DS con la contemporanea presenza di una o pi fratture da fragilit.

Va tuttavia ricordato che si tratta solo di una diagnosi densitometrica che pu tradursi in diagnosi clinica solo dopo una valutazione complessiva di diagnostica differenziale. Inoltre la soglia diagnostica in T-score non coincide con la soglia terapeutica poich altri fattori scheletrici ed extrascheletrici condizionano il rischio di frattura del singolo soggetto e la decisione di intraprendere o meno un trattamento.

2. Identificazione dei soggetti a rischio


a. Genetica dellosteoporosi Il contributo genetico della patogenesi dellosteoporosi sembra essere il maggior determinante della variabilit interpersonale in massa ossea. La propensione allosteoporosi, al pari di molte altre condizioni morbose, attribuibile alleffetto complessivo e combinato di molti polimorfismi genetici a carico di diversi geni.

154

Attualmente, polimorfismi di geni che codificano il collagene tipo 1 (COLIA1), il recettore estrogenico (ER) e della vitamina D (VDR), vengono proposti come possibili determinanti genetici del rischio osteoporotico. Ognuno di questi polimorfismi spiega solo meno del 30% della varianza della massa ossea ed ancor meno del rischio di sviluppare osteoporosi. Luso diagnostico e prognostico della determinazione di polimorfismi genetici appare pertanto ancora ingiustificato. b. Fattori di rischio Losteoporosi e la frattura osteoporotica hanno una patogenesi multifattoriale. Alcuni di questi fattori aumentano il rischio fratturativo mediante la riduzione della massa ossea mentre altri lo aumentano con meccanismi totalmente indipendenti dalla BMD. Tra i numerosi fattori associati in maniera indipendente al rischio di osteoporosi e fratture solo alcuni presentano una importante livello di evidenza come la ridotta massa ossea, una precedente frattura da fragilit, let e la familiarit per fratture da fragilit. Da questa evidenza deriva che la sola valutazione della massa ossea adeguata per la diagnosi di osteoporosi (soglia diagnostica) ma non sufficiente per identificare correttamente un soggetto a rischio per frattura (soglia terapeutica). Inoltre, poich i vari fattori di rischio presentano un effetto cumulativo nella determinazione del rischio fratturativo, la loro completa identificazione fondamentale nella corretta valutazione dellentit del rischio di un soggetto. Si possono identificare fattori di rischio di osteoporosi relativi a: 1. Acquisizione del picco di massa ossea 2. Densit massa ossea in et senile 3. Aspetti strutturali scheletrici (macro e microarchitettura, qualit materiali) Assumono un significato clinico diagnostico solo i fattori di rischio facilmente identificabili e quantificabili. Per le finalit di queste linee guida vengono esaminati solo i fattori di rischio connessi alla massa ossea di soggetti adulti. Poich dal punto di vista clinico losteoporosi si traduce in un aumento del rischio di frattura vanno anche tenuti in conto i fattori di rischio indipendenti dalla quantit-qualit ossea e quasi sempre connessi alla propensione a cadere. I principali fattori di rischio di fratture osteoporotiche sono elencati in Tabella I.

155

Tabella I. Fattori di rischio di fratture osteoporotiche Sesso femminile Menopause prematura Et* Amenorrea priamria o secondaria Iogonadismo maschile primitive o secondario Etnia europea o asiatica Storia di fratture atraumatiche* Bassa densit minerale ossea (BMD) Trattamento cortisonico* Elevato turnover osseo* Famialiarit per frattura di femore* Scarsa acuit visiva* Basso peso corporeo* Malattie Neuromuscolari* Fumo di sigarette* Eccessivo consumo di alcoolici Imobilizzazione protratta Basso apprto di calcio Carenza di vitamina D *Queste caratteristiche aumentano il rischio di frattura anche indipendentemente dalla densit minerale ossea.

I fattori di rischio di frattura osteoporotica con livelli di evidenza (Tabella II) possono quindi essere classificati in due categorie,: 1. Fattori di rischio per ridotta massa ossea: vengono in genere utilizzati per identificare i soggetti da sottoporre a screening densitometrico. 2. Fattori di rischio di frattura osteoporotica indipendente dalla massa ossea: possono essere utilizzati per ragioni prognostiche e quindi per definire la soglia di intervento terapeutico.

156

Tabella II. Fattori di rischio clinici pi comuni con livelli di evidenza. Fattori di rischio Massa ossea Et Fratture da fragilit dopo 40 anni Familiarit per fratture Terapia cronica steroidea Menopausa precoce (< 45 anni) Peso Ridotto apporto di calcio Ridotta attivit fisica Fumo Abuso di alcolici Fattori rischio cadute * Il 2 1A 1A 1A 1A 2 2 2 --2 1A 2 2 1A 2 1A 3 1A Fattori di rischio per bassa massa ossea --1A 2 Fattori di rischio per frattura 1A 1A 1A

valore diagnostico delle metodiche di misura della massa ossea discusso in dettaglio

separatamente.

3. Diagnosi strumentale di osteoporosi


a. Densitometria ossea La massa densit scheletrica pu essere valutata con varie tecniche genericamente definibili come densitometria ossea (o Mineralometria Ossea Computerizzata, MOC). Lindagine densitometrica consente oggi di misurare in modo abbastanza accurato e preciso la massa ossea e rimane il miglior predittore del rischio di fratture osteoporotiche. La refertazione densitometrica si basa sul raffronto con i valori medi di soggetti adulti sani dello stesso sesso (Picco di massa ossea). Lunit di misura rappresentata dalla deviazione standard dal picco medio di massa ossea (T-score). Il valore si pu anche esprimere in raffronto al valore medio di soggetti di pari et e sesso (Z-score) . Va ricordato nuovamente che la soglia OMS per diagnosticare la presenza di osteoporosi (T-score < -2.5 SD) applicabile oggi solo ai valori densitometrici ottenuti con tecnica DXA (vedi sotto).

157

1. Tecniche DXA. La Densitometria Ossea oggi eseguita quasi esclusivemente con la tecnica a doppio raggio X (DXA). Questa tecnica consente di valutare il Bone Mineral Content (BMC, g/cm di segmento osseo) e la Bone Mineral Density (BMD, g/cm di segmento osseo) virtualmente su ogni segmento scheletrico. I siti pi frequentemente misurati sono la colonna lombare, il femore prossimale, il radio prossimale e distale, il calcagno ed il total body. Laccuratezza del risultato densitometrico minata da numerosi possibili condizioni interferenti che vanno considerate da chi lo referta o lo utilizza. La valutazione densitometrica lombare spesso poco accurata dopo i 65 anni per linterferenza di osteofiti vertebrali, addensamenti artrosici, calcificazioni extra-scheletriche o fratture vertebrali. Per queste ragioni la valutazione della densit femorale pu essere preferibile dopo questa et. QCT. La tomografica computerizzata quantitativa (Quantitative Computerized Tomography, QCT) consente di misurare oltre che BMC e BMD anche la densit vera (g/cm3 di tessuto) a livello di substrutture ossee (ad esempio componente trabecolare o corticale) e larea sezionale. La tecnica DXA stata sinora preferita alla QCT vertebrale per precisione, tempi di scansioni pi brevi, calibrazione pi stabile, minore dose di radiazioni e di costi. Esiste anche una strumentazione QCT dedicata allo studio di segmenti ossei periferici (p-QCT) ma la diffusione e le esperienze cliniche con questa metodica sono ancora limitate. QUS. Lindagine ultrasonografica fornisce due parametri (velocit ed attenuazione) che sono indici indiretti di massa e integrit strutturale ossea. Questi indici (talora combinati in uno cumulativo) sono predittivi del rischio di frattura in donne in menopausa in maniera non inferiore alla DXA. I dati relativi alla popolazione maschile sono simili a quelli ottenuti nella popolazione femminile, ma non sono ancora conclusivi. Limpiego combinato degli ultrasuoni e della densitoemtria pu migliorare la predizione del rischio di frattura. Dal momento che lultrasonografia non misura direttamente la densit o il contenuto minerale osseo, non pu essere usata per la diagnosi dellosteoporosi secondo i criteri OMS. Un ulteriore limite di questa indagine la ampia eterogeneit di strumenti che danno valori non correlabili tra loro. Anche se alcuni studi hanno dimostrato un significativo incremento dei parametri ultrasonografici, in particolare del calcagno, in pazienti trattati con farmaci antiriassorbitori, non esiste a tuttoggi la possibilit di raccomandare lultrasonografia ossea per il monitoraggio terapeutico del singolo individuo. Lindagine ultrasonografica, anche considerando i costi relativamente pi bassi rispetto alla DXA, pu essere raccomandata uno screening di primo livello. 2.Capacit predittiva del rischio di frattura

158

Esistono evidenze di I livello che la DXA fornisce la migliore stima per il rischio di frattura in donne in postmenopausa. Il rischio relativo di frattura aumenta di 1,5-3 volte per ogni deviazione standard di riduzione del valore della densit minerale ossea (unit di T score) (vedi Tabella III). Le valutazioni densitometriche a radio, calcagno, colonna e femore prossimale sono in grado di predire il rischio di ogni tipo di frattura, anche se ogni sede densitometrica predice meglio il rischio di frattura per la sede misurata. La valutazione densitometrica total body non ha ancora sufficienti documentazioni in termini di predittivit del rischio di frattura. Alcuni indici ultrasonografici dellosso sono risultati predittivi del rischio di frattura in donne in menopausa in maniera non inferiore alla DXA. Pertanto, nellimpossibilt di una documentazione DXA, un basso valore ultrasonografico in presenza di altri fattori di rischio clinici per frattura, ritenuto adeguato per definire la soglia di intervento terapeutico. Tabella III. Accuratezza diagnostica di siti di misurazione della massa ossea per la predizione del rischio di frattura. Il valore esprime laumento del rischio relativo (con intervallo di confidenza al 95%) per ogni calo del valore di una deviazione standard (T score). Rischio Relativo di frattura Siti di misurazione della densit ossea Avambraccio DXA Radio prossimale DXA Radio distale DXA Femore DXA Lombare DXA Calcagno DXA una di 3 1.8 (1.5-2.1) 1.7 (1.4-2.0) 1.4 (1.4-1.6) 1.5 (1.3-1.8) 1.6 (1.4-1.8) 1.6 (1.5-1.7) Femorale 2.1 (1.6-2.7) 1.8 (1.4-2.2) 2.6 (2.0-3.5) 1.7 (1.2-2.2) 2.0 (1.5-2.7) 2.0 (1.7-2.4) Vertebrale 2.2 (1.7-2.6) 1.7 (1.4-2.1) 1.8 (1.1-2.7) 2.3 (1.9-2.8) 2.4 (1.8-3.2) 2.1 (1.9-2.3) Tutte 1.5 (1.3-1.6) 1.4 (1.3-1.6) 1.6 (1.4-1.8) 1.5 (1.4-1.7) 1.5 (1.3-1.8) 1.5 (1.4-1.6)

Ultrasuoni Calcagno* 2.2 (1.8-2.7) 1.8 (1.5-2.2) 1.5 (1.4-1.7) * Lultrasonografia ossea non rappresenta una misura diretta della densit ossea

3. Monitoraggio La valutazione delle variazioni della massa ossea nel tempo possono essere utili sia per monitorare lefficacia di alcune terapie, sia per individuare soggetti che stanno perdendo osso ad una velocit 159

eccessiva. La perdita annua di massa ossea nelle donne in postmenopausa dello 0.5-2% e la maggior parte delle terapie incrementano la BMD dell1-6% allanno. Queste variazioni vanno commisurate con il cosiddetto least-detectable change (LTD) ovvero con la variazione minima rilevabile dalla tecnica utilizzata non attribuibile allerrore della misura. Il LTD pu variare a seconda di sito e tecnica dal 2 al 4% per cui un controllo dellindagine generalmente giustificato solo dopo 18-36 mesi e comunque mai prima di un anno (Tabella IV). Sono comparabili solo le indagini densitometriche eseguite con lo stesso strumento in centri sottoposti a controlli di qualit.

Tabella IV. Eventuale controllo densitometrico non giustificato prima di: METODICHE con CVs < 1 METODICHE con CVs = 1-2 METODICHE con CVs > 2 DXA SPINA DXA FEMORE DENSITOMETRIE PERIFERICHE a raggi X o ad US (polso, calcagno, falangi) 1 anno 1,5-2 anni > 2 anni

La densitometria della colonna lombare pi sensibile alle modificazioni longitudinali ed quindi preferita nel monitoraggio della massa ossea, purch vadano escluse eventuali condizioni concomitanti che ne compromettono la precisione. Le densitometrie appendicolari (a raggi X od a US) e la DXA totalbody sono attualmente poco utili per il monitoraggio terapeutico perch per evidenziare variazioni certe nel singolo paziente richiedono intervalli di tempo troppo lunghi. Pertanto anche se alcuni studi hanno dimostrato un significativo incremento dei parametri ultrasonografici, in particolare del calcagno, in pazienti trattati con farmaci antiriassorbitori, non esiste a tuttoggi la possibilit di raccomandare lultrasonografia ossea per il monitoraggio terapeutico del singolo individuo. In Tabella V sono riportate le tecniche di misurazione della massa ossea con i loro livelli di evidenza e le raccomandazioni duso.

160

Tabella V. Tecniche di misurazione della massa ossea con livelli di evidenza e raccomandazione duso. Rischio Sito /tecnica Frattura vertebrale BMD colonna/DXA BMD collo femore/DXA BMD polso/DXA BMD calcagno/DXA Ultrasuoni calcagno Ultrasuoni (altri) 1A 1A 1A 1B 1B 2 Rischio Frattura non vertebrale 1A 1A 1A 1A 1B 2 Monitoraggio terapeutico 1B 1B 1B 2 3 3 Raccomandazione Impiego diagnostico A A A A/B A/B B

b. Indicazioni alla indagine densitometrica Secondo tutte le linee guida internazionali lindagine densitometrica raccomandata a tutte le donne oltre i 65 anni. Per donne di et inferiore o nei maschi lindagine raccomandata solo in presenza di fattori di rischio. Il ministero della Sanit ha elaborato delle raccomandazioni ad uso di tutte le regioni. Queste raccomandazioni possono essere fatte proprie da queste linee guida anche se non del tutto in linea con quelle fatte dalla SIOMMMS Criteri di appropriatezza per laccesso alla densitometria secondo il Ministero della Sanit La densitometria non un esame prescrivibile con caratteristiche durgenza. La principale finalit clinica dellindagine densitometrica la valutazione del rischio di frattura. L'esame indicato solo quando la conoscenza dei valori densitometrici rilevante nella gestione clinica del paziente (dieta, attivit fisica, abitudini di vita, riduzione del rischio di cadute, trattamenti medici e riabilitativi). Al momento non sono disponibili evidenze scientifiche, n stime del rapporto costo/beneficio che giustifichino limpiego della densitometria come screening generalizzato, ma essa trova indicazione su base individuale in presenza di specifiche condizioni cliniche caratterizzate da un rischio aumentato di frattura. In particolare, per le donne in menopausa, le pi recenti revisioni scientifiche basate sulla medicina delle evidenze hanno dimostrato che a partire dai 65 anni di et la prevalenza di osteoporosi e di 161

fratture da fragilit tale da giustificare in termini di rapporto costo/beneficio la valutazione diagnostica densitometrica,( anche in assenza di altri fattori di rischio ). In pazienti con pregresse fratture da traumi minimi lindagine densitometrica serve a confermare il dubbio diagnostico di osteoporosi. Del tutto inappropriata , invece, la richiesta di densitometria per sintomatologia algica diffusa e/o segni e sintomi attribuibili ad artrosi, rachialgia o lombosciatalgia, in assenza di fattori di rischio per osteoporosi. Nella individuazione dei criteri di accesso alla indagine densitometrica si fa riferimento a fonti di letteratura riconosciute a livello nazionale ed internazionale, tenendo conto, inoltre,delle indicazioni contenute nei provvedimenti regionali sulle specifiche condizioni cliniche per lerogabilit della densitometria ossea di cui allallegato 2B, lettera b) del D.P.C.M.29/11/2001. Lindagine densitometrica quindi indicata in presenza di: A) uno dei seguenti fattori di RISCHIO MAGGIORI: 1. Per donne e uomini di ogni et: a. Precedenti fratture da fragilit (causate da trauma minimo) o riscontro radiologico di fratture vertebrali. b. Riscontro radiologico di osteoporosi c. Terapie croniche (attuate o previste): Cortico-steroidi sistemici (per pi di 3 mesi a posologie >/= 5 mg/die di equivalente prednisonico). Levotiroxina (a dosi soppressive). Antiepilettici. Anticoagulanti (eparina). Immunosoppressori. Antiretrovirali. Sali di litio. Agonisti del GnRH. Chemioterapia Radioterapia d. Patologie associate ad osteoporosi: Malattie endocrine con rilevante coinvolgimento osseo (amenorrea primaria non trattata, amenorrea secondaria per oltre un anno, ipogonadismi, iperparatiroidismo, ipertiroidismo, sindrome di Cushing, acromegalia, deficit di GH, iperprolattinemia, diabete mellito tipo 1). 162

Rachitismo. Sindromi da denutrizione. Celiachia e sindromi da malassorbimento, malattie infiammatorie intestinali croniche severe, epatopatie croniche colestatiche. Insufficienza renale cronica, sindrome nefrosica, nefrotubulopatie croniche e ipercalciuria idiopatica. Emopatie con rilevante mastocitosi). Reumatismi infiammatori cronici (artrite reumatoide e patologie reumatiche correlate), connettiviti sistemiche. Patologie genetiche con alterazioni metaboliche e displasiche dellapparato scheletrico. Trapianto dorgano. Allettamento e immobilizzazioni prolungate (>3 mesi). Paralisi cerebrale, distrofia muscolare, atrofia muscolare e spinale. 2. Limitatamente a donne in menopausa Anamnesi familiare materna di frattura osteoporotica in et inferiore a 75 anni Menopausa prima di 45 anni Magrezza: indice di massa corporea < 19 kg/m2. B) 3 o pi FATTORI DI RISCHIO MINORI PER LE DONNE IN MENOPAUSA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Et superiore a 65 anni Anamnesi familiare per severa osteoporosi Periodi superiori a 6 mesi di amenorrea premenopausale Inadeguato apporto di calcio Carenza di vitamina D Fumo > 20 sigarette Abuso alcolico (>60 g/die di alcool) coinvolgimento osseo (mieloma, linfoma, leucemia, thalassemia,

C) 3 o pi FATTORI DI RISCHIO MINORI PER GLI UOMINI DI ET SUPERIORE A 60 ANNI 1. 2. 3. 4. 5. 163 Anamnesi familiare per severa osteoporosi Magrezza (indice di massa corporea < a 19Kg/m2 Inadeguato apporto di calcio Carenza di vitamina D Fumo >20 sigarette

6.

Abuso alcolico (>60 g/die di alcool)

c. Il follow up diagnostico e terapeutico Lindicazione allesecuzione di un esame successivo proporzionale allentit del rischio di frattura precedentemente rilevato, tenendo conto che fine pi importante dellindagine laccertamento del rischio di frattura. La precisione diagnostica delle varie tecniche espressa dal coefficiente di variazione (CV%) in misure ripetute, che oscilla tra lo 0.5% ed il 3% a seconda delle tecniche. Sulla base di questo valore pu essere calcolato il cambiamento minimo rilevabile (Least Detectable Change), pari a circa 2,8 volte il CV, che a seconda della tecnica e del sito di esame quindi compreso tra l1% e l8%. La ripetizione di esami densitometrici pertanto giustificata di regola non prima di 18 mesi e solo se la conoscenza delle variazioni di massa ossea serva a modificare le decisioni cliniche sul singolo paziente. Lintervallo di tempo pu essere pi breve, comunque non inferiore a 12 mesi, in determinate condizioni fortemente osteopenizzanti (ad esempio, terapia cortico-steroidea ad alte dosi, neoplasie maligne, iperparatiroidismi primitivi e secondari, immobilizzazione prolungata). d. La morfometria vertebrale (identificazione delle fratture vertebrali da fragilit) Le fratture vertebrali da fragilit possono essere diagnosticate con il metodo semiquantitativo (SQ) o quantitativo, cio con la morfometria vertebrale. Il metodo SQ si basa su una prima fase di valutazione visiva delle immagini radiografiche del rachide per la diagnosi differenziale delle deformit vertebrali e, quindi, sulla gradazione visiva della frattura vertebrale osteoporotica in lieve, moderata o grave. La morfometria vertebrale la misurazione dei corpi vertebrali al fine di accertare la presenza di una nuova frattura vertebrale sulla base del valore soglia di 4mm o del 15% di riduzione di una delle altezze del corpo vertebrale. La morfometria viene eseguita sulle immagini del rachide dorsale e lombo-sacrale ottenute con la radiologia convenzionale (MRX) o con la metodica DEXA (MXA) (Tabella VI). In ogni caso la morfometria vertebrale non pu prescindere da una precedente analisi qualitativa delle radiografie per poter escludere cause di deformit diverse dallosteoporosi.

164

Tabella VI. Indagini morfometriche Metodo di valutazione Semiquantitativo Rx Semiquantitativo DXA Morfometria Rx (MRX) Morfometria DXA (MXA) Sensibilit Specificit +++ +++++ +++++ +-+-+-Impiego Diagnostico A C B B A C A B Follow-up

4. Le osteoporosi secondarie
Losteoporosi postmenopausale-senile va sempre distinta dalle forme secondarie di osteoporosi. Numerose sono le condizioni potenzialmente in grado di provocare la comparsa di osteoporosi (Tabella VII). Per le implicazioni diagnostico-terapeutiche strattamente connesse alla gestione dellosteoporosi, verranno qui fornite indicazioni di gestione per alcune forme pi tipiche o frequenti di osteoporosi secondaria. Tabella VII. Cause di osteoporosi secondaria
Malattie endocrine:

Ipogonadismo Ipercortisolismo Iperparatiroidismo Ipertiroidismo


Malattie ematologiche:

Iperprolattinemia Diabete mellito tipo I Acromegalia Deficit GH

Malattie mielo e linfoproliferative Mieloma multiplo


Malattie apparato gastro-enterico:

Mastocitosi sistemica Talassemia

Malattie croniche epatiche Morbo celiaco Malattie infiammatorie croniche gastro-intestinali


Malattie reumatiche:

Gastrectomia Intolleranza al lattosio Malassorbimento intestinale Insufficienza pancreatica

Artrite reumatoide LES Spondilite anchilosante 165

Artrite psoriasica Sclerodermia

Malattie renali:

Ipercalciuria idiopatica renale Acidosi tubulare renale


Altre condizioni:

Insufficienza renale cronica

Broncopneumopatia cronica ostruttiva Anoressia nervosa

Emocromatosi Fibrosi cistica

Malattie metaboliche del collagene (osteogenesi imperfecta, omocistinuria, Ehlers-Danlos, Marfan,

ecc.)
Trapianto dorgano Alcoolismo Fumo Tossicodipendenza Farmaci (oltre ai cortisonici): ciclosporina, diuretici dellansa, ormoni tiroidei a dosi soppressive

in postmenopausa, anticoagulanti, chemioterapici, anticonvulsivanti, agonisti e/o antagonisti del GnRH)


Immobilizzatione prolungata Grave disabilit

5. Diagnosi bioumorale
Il paziente che giunge alla osservazione con una osteoporosi, o anche con solo una forma di osteopenia molto superiori superiori a quanto atteso per let, una valutazione ematochimica fortemente raccomandata. Il laboratorio da considerarsi un utile complemento nella diagnostica dellosteoporosi in quanto: pu consentire una diagnosi differenziale con altre malattie che possono determinare un quadro clinico o densitometrico simile allosteoporosi; pu individuare possibili fattori causali, consentendo una diagnosi di osteoporosi secondaria e quindi, dove possibile, un trattamento etiologico La normalit dei seguenti semplici esami bioumorali di I livello esclude nel 90% dei casi altre malattie o forme di osteoporosi secondarie (Raccomandazione gradoA)

Esami di I Livello Esami di I Livello 166

VES Emocromo completo Protidemia frazionata Calcemia

Fosforemia Fosfatasi alcalina totale Creatininemia Calciuria 24h

Talvolta per sospetti clinici mirati bisogna procedere con indagini di laboratorio di II livello pi specifiche: Esami di II Livello Transaminasi TSH, FT4, FT3 Paratormone sierico 25-OH-vitamina D sierica Cortisoluria/24 ore Testosterone libero nei maschi *I markers specifici del turnover osseo I markers specifici del turnover osseo, dosabili nel siero o nelle urine, si dividono in markers della neoformazione (isoenzima osseo della fosfatasi alcalina, osteocalcina, propeptidi del procollagene di tipo I) ed in markers di riassorbimento osseo (idrossiprolina, piridinolina, desossipiridinolina, telopeptidi N o C terminali del collagene di tipo I). Un incremento dei marker del turnover scheletrico al di sopra dei valori di normalit suggerisce che il paziente sta perdendo osso in modo significativo o lesistenza di altre patologie scheletriche primitive o secondarie. In studi di popolazione, particolarmente nelle donne anziane in postmenopausa, i markers del turnover osseo sembrano essere utili per la stima del rischio di frattura [Livello II], anche indipendentemente dalla BMD. Ulteriori studi che utilizzino come endpoint levento fratturativo sono necessari per confermare lutilit di questi markers nei singoli pazienti. . I markers, indici complessivi di turnover osseo, possono rivelarsi utili nel monitoraggio della terapia. Vi sono evidenze che indicano lutilit dellimpiego dei markers laboratoristici di turnover osseo nel verificare la risposta terapeutica e la compliance al trattamento. Lapparente vantaggio dei markers rispetto alla densitometria la riduzione dei tempi di attesa necessari per verificare nel singolo individuo lefficacia della terapia anti-riassorbitiva o con PTH. I tipici utilizzi dei markers (valutazione del rischio di frattura e monitoraggio terapeutico) sono condizionati dalla loro ampia variabilit di dosaggio e biologica. Per questa ragione essi non 167 Elettroforesi proteine urinarie Anticorpi anti-gliadina o anti-endomisio o anti-transglutaminasi Esami specifici per patologie associate Marker specifico di turnover osseo*

possono essere utilizzati per una valutazione clinica routinaria. Ulteriori studi sono necessari per confermare il loro uso nei singoli pazienti. Con il miglioramento delle tecniche di dosaggio e una migliore comprensione della variabilit biologica presumibile un loro sempre pi ampio utilizzo nella gestione routinaria del paziente osteoporotico.

6. Trattamento dellosteoporosi: interventi non farmacologici


La prevenzione dellosteoporosi consiste nelle misure tese ad impedire o rallentare la comparsa dellosteoporosi. Per trattamento si intendono invece i provvedimenti rivolti ai soggetti gi osteoporotici, con o senza fratture preesistenti, ad elevato rischio di prima o ulteriore frattura. I provvedimenti di prevenzione e trattamento sono tuttavia sovrapponibili. a. Alimentazione 1. Apporto di Calcio e Vitamina D Lintroito medio giornaliero di calcio nella popolazione italiana risulta insufficiente, specie in et senile. Ancora pi drammatica lincidenza di ipovitaminosi D oltre la sesta decade di vita. A queste carenze alimentari viene ascritto un largo eccesso di osteoporosi, fratture osteoporotiche e morbilit generale. Non esistono studi sulla efficacia di un incremento dietetico di calcio e vitamina D, anche per limpossibilit pratica di condurli. In realt di fronte ad una carenza spiccata pi facile consigliare supplementi che incoraggiare diete ricche di grassi animali o lesposizione al sole. Supplementi con calcio e vitamina D sono in grado di ridurre significativamente il rischio di frattura. La loro efficacia proporzionale alla severit e frequenza di carenze alimentari tra la popolazione trattata. In Italia la supplementazione con vitamina D si rivelata utile persino in prevenzione primaria tra gli anziani (Livello IA; Raccomandazione grado A). Le dosi consigliabili di supplementi di calcio vanno commisurate al grado di carenza alimentare (in generale tra 500 e 1000 mg/die). L intervallo terapeutico per la vitamina D molto ampio e questa vitamina pu essere anche somministrata in boli. Gli schemi raccomandabili variano tra 400 U/die a 400.000 U ogni 1-6 mesi. Luso dei metaboliti attivi della Vitamina D non indicato per la prevenzione dellipovitaminosi D, presenta maggiori rischi di ipercalcemia ed ipercalciuria ed attualmente giustificato solo in casi selezionati (grave insufficienza renale od epatica, grave malassorbimento intestinale, ipoparatiroidismo). La supplementazione con calcio (specie se si superano i 1000 mg/die) controindicata in presenza di condizioni associate a rischio di ipercalcemia (es. iperparatiridismo primitivo, granulomatosi croniche, insufficienza cortico168

surrenale, ipotiroidismo) e nelle ipercalciurie idiopatiche. Qualche cautela va anche osservata in caso di terapia concomitante con tiazidici o in presenza di insufficienza renale. In tutti i trials terapeutici condotti sinora sulla attivit anti-fratturativa (bisfosfonati, SERMS, PTH, stronzio) sia ai pazienti in placebo che quelli in trattamento attivo veniva raccomandato un adeguato apporto di calcio e vitamina D, quasi sempre con supplementi contenenti 500-1000 mg di calcio e 400 U di vitamina D. Al momento non noto leffetto terapeutico di farmaci per losteoporosi in condizioni di inadeguato apporto di calcio e vitamina D. 2. Apporto di macronutrienti Laumento dellapporto proteico in soggetti con inadeguato introito riduce il rischio di fratture del femore in entrambi i sessi (Livello III). Lapporto di fibre alimentari non mai stato studiato in relazione allincidenza di osteoporosi. 3. Altri Micronutrienti Per carenze o eccessi alimentari di fosforo, magnesio, rame e zinco non sono state osservate correlazioni significative con il rischio di frattura o con la densit minerale nelle donne (Livello III). Un elevato introito di ferro potrebbe associarsi ad un rischio aumentato di fratture di femore . b. Attivit fisica E noto che periodi anche brevi di immobilizzazione sono particolarmente deleteri per la massa ossea. Pi incerto appare il ruolo di un programma di attivit fisica sulla prevenzione dellosteoporosi. Limpatto di tali programmi appare variare in funzione della frequenza, durata, intensit del programma, dellet di inizi. Inoltre il suo impatto specifico per la sede scheletrica sottoposta a carico. Liperattivit specie in giovani donne puo comportare alterazioni ormonali e nutrizionali che potrebbero essere deleterie per losso. Lattivit fisica pu inoltre influenzare il rischio di frattura modificando anche il rischio di cadute. I vari tipi di attivit fisica sono fondamentalmente classificabili in due categorie: 1. attivit aerobica o dimpatto o comportanti carico (es. jogging, calcio, pallacanestro, pallavolo, baseball, sport con la racchetta, ginnastica) 2. attivit di resistenza o di forza (pesistica, body building, nuoto, bicicletta o cyclette, uso di strumenti per esercizi statici). Gli studi, per lo pi caso-controllo e non randomizzati, che hanno valutato gli effetti dellattivit fisica sulla densit minerale ossea vanno distinti a seconda dellet.

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In ragazzi prepuberi o in giovani adulti solo gli esercizi che comportano carico scheletrico risultano efficaci (livello IIA). Al momento non ci sono sufficienti evidenze per raccomandare tali esercizi n in prevenzione primaria n secondaria. In donne in postmenopausa lattivit fisica con carico in grado di prevenire l1% della perdita minerale ossea annuale. Il beneficio maggiore stato riportato sulla colonna vertebrale e con gli esercizi dimpatto (Livello I). Sono disponibili solo studi epidemiologici di connessione tra attivit fisica e minor rischio di frattura. La raccomandazione di svolgere un minimo di attivit fisica (camminare > 30 minuti al d) pur non avendo alcun supporto scientifico di efficacia in termini di massa ossea, appare condivisibile per leffetto sul rischio di caduta e per quello indiretto sui livelli di vitamina D. c. Interventi sul rischio di caduta Lattivit fisica, in particolare esercizi personalizzati di rinforzo muscolare e di rieducazione allequilibrio ed alla deambulazione, hanno mostrato di ridurre negli anziani sia il rischio di cadute (Livello IA) che di traumi correlati (Livello IIA). Un impatto positivo hanno anche test di valutazione individuale delle condizioni di rischio di caduta associati a raccomandazioni sulla loro prevenzione (Livello IIA). Ad esempio il minor uso di psicofarmaci si associata ad una diminuzione del rischio di cadute. Una strategia di prevenzione delle cadute in soggetti anziani che includa un adeguato apporto di vitamina D, esercizi fisici ed educazione sui rischi domestici altamente raccomandabile (grado A). d. Protettori Una strategia alternativa o meglio integrativa per ridurre il rischio di frattura quella di attenuare lenergia traumatica sul segmento scheletrico. Luso di questi protettori ha dato risultati non univoci per cui per ora il loro impiego consigliato solo in casi specifici (altissimo rischio di caduta).

7. Trattamento farmacologico
a. Soglia di intervento Il trattamento dellosteoporosi deve essere finalizzato alla riduzione del rischio di frattura. I provvedimenti non farmacologici (dieta, attivit fisica) o la eliminazione di fattori di rischio modificabili (fumo, igiene di vita) possono essere raccomandati a tutti in assenza di controindicazioni . Lutilizzo di farmaci specifici, sia che volti alla prevenzione, sia alla terapia, 170

condizionato dal rapporto rischio/beneficio, la cui valutazione sempre complessa sul piano individuale, ed spesso condizionata, quando si disegnino le strategie per interi segmenti di popolazione, da aspetti di farmaco-economia come il Number Needed to Treat o NNT. Comunque, rischi superiori al 20-30% a 10 anni rappresentano una soglia di intervento socialmente inconfutabili. Condizioni di rischio di questa entit sono quelli associati a precedenti fratture osteoporotiche ed alla terapia cortisonica (almeno per dosi > 5 mg/die, prednisone equivalenti). In questi ultimi due casi il rischio di frattura cos elevato che la decisione di avviare una terapia farmacologica pu prescindere dai valori densitometrici. Per questi livelli di rischio si applicano i criteri di rimborsabilit della nota 79. La definizione della soglia di intervento farmacologico in prevenzione primaria risulta pi complessa. Molte linee guida hanno cercato di identificare la soglia di intervento farmacologico sulla base di valori densitometrici (ad esempio T-score <-2.0 o -2.5). Questo approccio sempre parso piuttosto limitato tenendo conto del rischio attuale di frattura piuttosto che del life-time risk o comunque del rischio proiettato in un arco di tempo realistico (ad esempio 10 anni). Cos un valore soglia di 2.5 pu apparire inaccettabile per una donna di 50 anni con una attesa di vita di 30 anni ed inproprio per una di 90 anni. In analogia con il rischio cardio-vascolare lapproccio pi attuale rappresentato dallo sviluppo di tabelle di rischio. Attualmente sono disponibili solo quelle stimate su dati svedesi che tengono conto solo di BMD ed et (vedi tabelle VII). Tabella VIIa. Stime del rischio a 10 anni di frattura osteoporotica in funzione dellet e del Tscore
T score (collo femore) Et (anni) 45 50 55 60 65 70 75 80 85 1.8 2.4 2.6 3.2 4 4.3 4.2 4.6 4.5 2.3 3 3.3 4.1 5 5.5 5.4 6 5.8 1 0.5 0 2.8 3.8 4.1 5.1 6.3 7.1 7 7.7 7.4 -0.5 3.5 4.7 5.3 6.5 8 9 9.1 9.9 9.4 -1 4.3 5.9 6.7 8.2 10 11.5 11.8 12.7 12 -1.5 5.4 7.4 8.5 10.4 12.6 14.6 15.2 16.2 15.3 -2 6.6 9.2 10.7 13 15.6 18.3 19.4 20.5 19.1 -2.5 8.1 11.3 13.4 16.2 19.3 22.8 24.5 25.6 23.8 -3 10 14.1 16.8 20.2 23.9 28.4 30.8 31.8 29.4 -4 15 21.3 26 30.6 35.5 42.3 46.2 46.4 42.7 Rischio a 10 anni di ogni tipo di frattura osteoporotica (%)

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Tabella VIIb. Stime del rischio di frattura vertebrale a 10 anni in funzione dellet e del Tscore
T score (collo femore) Et (anni) 45 50 55 60 65 70 75 80 85 0.1 0.3 0.32 0.35 0.6 0.8 0.9 0.95 1 1 0 0.2 0.4 0.7 0.8 1 1.6 1.7 2 1.8 -1 0.9 1 1.2 1.4 1.5 2.1 2.3 2.4 2.1 -2 2.1 2.7 3.1 3.3 3.5 4.5 4.8 5 4 -3 2.7 3.8 5.2 5.2 5.8 8 10.1 9.2 7 -4 5.8 8.1 10 9 9.3 14 18.5 15.2 11.8 Rischio a 10 anni di frattura vertebrale (%)

In un prossimo futuro saranno sviluppate tabelle pi complesse che terranno conto di fattori di rischio aggiuntivi come peso, fumo, rischio di cadute, ecc. E inoltre auspicabile che venga attuata una validazione di queste tabelle di rischio per la popolazione italiana. Queste tabelle di rischio debbono essere utilizzate in maniera flessibile tenendo conto di una serie di fattori: 1. Farmaco-economia. Una soglia di intervento basata su concetti di farmaco-economia non tiene conto dellintervallo terapeutico (rapporto rischi benefici) ottimale di ogni singolo farmaco ed sempre diversa da quella indirettamente emergente, ad esempio dalle indicazioni riportate sul fogletto illustrativo. 2. Valutazione individuale. Un rischio di frattura a 10 anni del 10% ha un significato enormemente diverso per una persona in perfetta salute di 50 anni e per unaltra con altri gravi problemi di salute. 3. Valutazione soggettiva. Contrariamente al rischio di cancro o di infarto il rischio di frattura pu venir percepito da taluni, se non molto elevato, come accettabile. 4. Farmaco proposto. La soglia di intervento farmacologica pi facilmente valutabile per farmaci che agiscono solo sullosso come bisfosfonati, PTH o, in prossimo futuro, lo stronzio ranelato. La soglia meno conservatrice intuitivamente quella in cui il rischio di frattura superiore per incidenza e gravit a quello di effetti collaterali a lungo termine. La soglia di intervento per farmaci come la terapia ormonale sostitutiva (TOS) o i SERMs 172

assai pi complessa dovendo tener conto di una serie di effetti extra-scheletrici sia in positivo che in negativo. b. Bisfosfonati I bisfosfonati sono composti sintetici in grado di fissarsi elettivamente sulle superfici ossee sottoposte a rimodellamento. In queste sedi sono in grado di bloccare lattivit osteoclastica con un meccanismo dazione diverso in funzione della presenza o meno di un gruppo aminico. Tutti i bisfosfonati sviluppati sinora per il trattameto delle malattie focali scheletriche o dellosteoporosi riducono in maniera dose-dipendente il turnover osseo con incrementi proporzionali della densit ossea. I bisfosfonati sono assorbiti solo per il 0.5 5% dal tratto gastro-intestinale. Molti bisfosfonati sono in corso di sviluppo per il trattamento dellosteoporosi. Al momento sono disponibili letidronato, il clodronato, lalendronato ed il risedronato. Letidronato ed il clodronato nelle donne in menopausa aumentano la densit vertebrale e mantengono stabile quella a livello del collo femorale (livello I). Lefficacia anti-fratturativa stata documentata in studi non conclusivi e limitatamente alle fratture vertebrali. La dose ottimale o non mai stata adeguatamente studiata (clodronato) o sub-ottimale per evitare difetti di mineralizzazione ossea (Etidronato). Etidronato e clodronato rappresentano quindi farmaci di seconda scelta che hanno trovato utilizzo specie nella prevenzione primaria per il loro minor costo. L alendronato e il risedronato sono in gradio di aumentare la densit ossea vertebrale in 3 anni del 10 6% rispettivamente. Entrambi hanno una ampia documentazione di efficacia per la prevenzione delle fratture vertebrali e non vertebrali (incluse quelle di femore) ridotte di circa il 4050% in 3 anni. Sono i farmaci di prima scelta nelle donne in menopausa con osteoporosi ed elevato rischio di frattura (livello IA). Il risedronato e lalendronato si sono confermati efficaci anche nel ridurre le fratture vertebrali nellosteoporosi cortisonica (Livello IB). Lalendronato lunica molecola studiata nel trattamento dellosteoporosi maschile e si dimostrata in grado di aumentare in maniera significativa la densit ossea riducendo, al contempo, lincidenza di fratture vertebrali (Livello I). c. Altre terapie non ormonali Hanno documentazioni dirette o indirette di efficacia sulla massa ossea vari altri farmaci non ormonali: calcitonina (sia parenterale che per spray nasale), ipriflavone, fluoruri, diuretici tiazidici. Nessuno di questi farmaci oggi registrato in Italia per il trattamento dellosteoporosi.

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d. Paratormone (PTH) Il frammento 1-34 del paratormone (teriparatide) registrato alla EMEA per la terapia dellosteoporosi postmenopausale severa e sar commercializzato in Italia a breve. Si tratta del primo farmaco in grado di stimolare direttamente la neoformazione ossea osteoblastica. La terapia con teriparatide determina i maggiori incrementi della massa ossea trabecolare, mentre leffetto sullosso corticale paragonabile a quello dei bisfosfonati. E in grado di ridurre drasticamente il rischio di fratture vertebrali e non vertebrali (Livello I). Per il suo elevato costo questa terapia sar riservata ai pazienti a pi elevato rischio o non-responsivi ai farmaci antiriassorbitivi (estrogeni, SERM o bisfosfonati). e. Tabelle Sinottiche sulla terapia dellosteoporosi (escluso la terapia ormonale sostitutiva) Tabella VIII. Bisfosfonati: Livelli di evidenza Intervento farmacologico alendronato risedronato etidronato clodronato BMD IA IA IA IB IA IA IA II Obiettivo terapeutico Fx -vert Fx- non vert IB IB III III Fx- Femorali IA IA III III

Tabella IX. Altre terapie: Livelli di evidenza Intervento farmacologico calcitonina ipriflavone vitamina K fluoruri paratormone BMD IA* III III IB IA IA IA // Obiettivo terapeutico Fx -vert IA* Fx- non vert Fx- Femorali

* I risultati sono stati criticati o non confermati Nessun supporto scientifico giustifica luso di calcitonina, ipriflavone, vitamina K, Sali di fluoro per il trattamento dellosteoporosi.

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Tabella X. Grado di raccomandazione per la terapia donne prevenzione alendronato risedronato etidronato clodronate paratormone A A A B / donne terapia A A B B A OP cortisone OP cortisone prevenzione A A A / C terapia A A B / C A / B / C maschi

e. Terapia ormonale sostitutiva Gli ormoni ovarici femminili (estradiolo in particolare) inibiscono il turnover. Durante il climaterio, la riduzione di tali ormoni determina un aumento del rimodellamento dello scheletro, che, associato ad una ridotta capacit ricostruttiva, esita in una accelerazione della perdita ossea. La somministrazione di estrogeni in donne postmenopausali in grado non solo di prevenire la perdita ossea postmenopausale, ma anche di indurre un aumento della densit ossea in tutte le sedi scheletriche valutate (3-8%) (Nelson et al 2002). Tale effetto non si limita ai primi anni dopo la menopausa, ma si osserva ad ogni et postmenopausale. Questo trattamento, comunemente definito come terapia ormonale sostitutiva (TOS), comprende vari regimi, che si diversificano per composto utilizzato (estrogeni coniugati, estradiolo, composti sintetici), via di somministrazione (orale, transdermica, gel, crema, spray) e associazione o meno con progestinici (assunti in modo ciclico o continuativo). La dose ottimale per gli estrogeni coniugati (Premarin) di 0.625 mg/die (o lequivalente con altri composti), ma anche una dose inferiore in grado di produrre effetti positivi sullo scheletro (Lindsay et al 2002). La TOS efficace nella prevenzione della perdita ossea postmenopausale in donne con ridotta massa ossea [Livello IA] e in donne con menopausa precoce (prima dei 45 anni) [Livello IV]. E anche efficace nella prevenzione delle fratture [Livello IA] (WHI 2002; Wells et al 2002). La sospensione del trattamento porta a una perdita ossea accelerata (Greenspan et al 2002). Leffetto positivo sul rischio di frattura, ipotizzato da numerosi studi osservazionali, stato recentemente documentato da uno studio randomizzato e controllato di grandi dimensioni (Womens Health Initiative Study, WHI) in donne a moderato rischio di frattura. Il trattamento ormonale riduceva significativamente il rischio di fratture vertebrali e non vertebrali, incluse quelle di femore. Ha il vantaggio, per donne che hanno anche gravi sintomi vasomotori, da menopausa, di essere il farmaco pi efficace per controllarli.

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Nonostante leffetto positivo sulle fratture, a cui si aggiunge la riduzione del rischio di carcinoma colon-rettale il trial WHI ha confermato in maniera inconfutabile che la TOS, perlomeno in donne con una et relativamente avanzata aumenta significativamente il rischio di carcinoma della mammella (+0,08%/anno di trattamento), ictus (+0,08%/anno di trattamento), cardiopatia ischemica (+0,07%/anno di trattamento), ed eventi tromboembombolici (v.o.), con un rapporto rischio/beneficio sfavorevole. Risultati sovrapponibili sono stati osservati anche in altri studi epidemiologici di grandi dimensioni. Questi risultati hanno indotto le autorit europeee ad eliminare lindicazione prevenzione e trattamento dellosteoporosi dal foglietto illustrativo delle TOS. Le Agenzie governative si sono quindi limitate a considerare valide le risultanze dello studio WHI, estendendo ad ogni donna le conclusioni tratte per donne sensibilmente pi anziane. Per molti osservatori la validit dello studio WHI da considerare specifica limitatamente a donne solo di quella et media, cio 63,5, e non del tutto rapportabile anche ad et sensibilmente minori. In questa prospettiva, la dichiarazione rilasciata dallEMEA (con conseguente adeguamento dei foglietti illustrativi), secondo cui la terapia estrogenica o estro-progestinica, non debba pi essere considerata come di prima scelta per la terapia della osteoporosi in donne di 50 o pi anni deve essere correttamente interpretata. Essa impone infatti il divieto di prescrivere la TOS in donne che non presentano sintomi menopausali, esclusivamente in funzione del rischio osteoporotico, ma esso rimane uno dei fattori di cui tenere conto nella valutazione individuale dei rapporti vantaggi e svantaggi della TOS. La TOS rispetto ad altri farmaci offre il vantaggio di poter intervenire in maniera realistica per la prevenzione (ossia in donne a rischio di osteoporosi anche se ancora a basso rischio di frattura). Ad esempio lutilizzo di bisfosfonati in una simile condizione considerato irrealistico sotto vari punti di vista. Per donne molto giovani, con et inferiore ai 50 anni, la somministrazione di estrogeni, o di estro-progestinici (a seconda che siano isterectomizzate o meno), anche fino al raggiungimento del 50 compleanno pu essere considerata in qualche modo fisiologica e quindi di prima scelta anche in funzione della prevenzione dellosteoporosi, malgrado lassenza di dati sul profilo di sicurezza della TOS per questa et. Con lavanzare dellet il bilancio tra vantaggi e svantaggi si modifica gradualmente anche su base individuale sino a far divenire la TOS improponibile anche in presenza di importanti disturbi soggettivi. In conclusione i risultati degli studi clinici confermano che: IV] 176 La TOS efficace nella prevenzione della perdita ossea postmenopausale in donne con ridotta massa ossea [Livello IA] e in donne con menopausa precoce (prima dei 45 anni) [Livello

La TOS efficace nella prevenzione delle fratture [Livello IA], ma per la necessit a questo riguardo di condurre terapie di lunga durata non pu rappresentare per ragioni di safety una opzione per il trattamento dellosteoporosi. [Grado B]

Raccomandazioni generali La TOS rappresenta per molte donne un ausilio di grande valore per il controllo dei sintomi legati alla menopausa. La sua prescrizione in funzione solo del rischio osteoporotico oggi fuori indicazione e quindi fatta solo sotto diretta responsabilit del prescrittore Nella pratica clinica, tuttavia, il rischio osteoporotico pu essere messo nel bilancio vantaggi- svantaggi per il trattamento sintomatico dei disturbi menopausali con TOS. f. Modulatori selettivi del recettore estrogenico (SERM) I modulatori selettivi del recettore estrogenico (SERM) sono composti sintetici in grado di legarsi al recettore per gli estrogeni e produrre effetti agonistici a livello osseo ed epatico e antagonistici per mammella ed apparato genito-urinario. In commercio sono disponibili due SERM, il tamoxifene ed il raloxifene, e vari SERM sono in fase di studio. Il tamoxifene ha effetti ossei, ma non stato studiato adeguatamente per il trattamento dellosteoporosi. Lunico SERM attualmente approvato per prevenzione e trattamento dellosteoporosi il Raloxifene. 1. Il Raloxifene Il raloxifene previene la perdita ossea dei primi anni dopo la menopausa e determina un incremento del 2-3% della densit ossea in donne con osteoporosi. Lefficacia antifratturativa del raloxifene stata valutata in un solo studio di grandi dimensioni (MORE). Dopo 3 anni, il raloxifene alla dose di 60 mg/die ha ridotto lincidenza di nuove fratture vertebrali sia nelle donne con fratture vertebrali preesistenti (30%) sia nelle donne senza precedenti fratture (-50%). Lincidenza di fratture extra-vertebrali non veniva conseguita dalla terapia con raloxifene nello studio MORE, peraltro non dimensionato per questo obbiettivo terapeutico. Nel corso dello studio MORE si osservata una riduzione significativa dellincidenza di carcinoma della mammella invasivo e di eventi cardiovascolari in relazione ad un significativo miglioramento dellassetto lipidico. Sono in corso studi per valutare lefficacia del raloxifene nella prevenzione del

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cancro della mammella in donne postmenopausali ad alto rischio e per la prevenzione delle patologie cardio-vascolari. Il raloxifene non migliora i fenomeni vasomotori postmenopausali e pu accentuarne lincidenza. Gli effetti collaterali pi comuni sono rappresentati da un aumento dei fenomeni vasomotori e di crampi agli arti inferiori. Il raloxifene, al pari della TOS si associa ad aumentato rischio di eventi tromboembolici, anche se il rischio assoluto rimane molto modesto. 2. Prevenzione e trattamento dellosteoporosi Il raloxifene in grado di ridurre lincidenza di fratture vertebrali nelle donne con osteoporosi postmenopausale [Livello IB], ma non finora risultato in grado di prevenire le fratture extravertebrali. Il raloxifene indicato nella prevenzione della perdita ossea postmenopausale in donne con ridotta densit ossea e nella prevenzione delle fratture vertebrali in donne con osteoporosi postmenopausale [livello IB]. 3. Raccomandazioni generali Il raloxifene un farmaco di prima scelta in donne ad alto rischio di frattura vertebrale per i suoi potenziali vantaggi su rischio di neoplasia mammaria e su assetto lipidico (Grado A). Il raloxifene non indicato nelle donne a rischio di frattura di femore o di tromboembolismo venoso (in generale in donne anziane). 4. Tabelle riassuntive per la terapia ormonale sostitutiva e raloxifene Tabella XI. Livelli di evidenza Intervento farmacologico Terapia ormonale sostitutiva Raloxifene IB IB Massa ossea IA Obiettivo terapeutico Fratture vertebrali IA Fratture non vertebrali IA Fratture di femore IB

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Tabella XII. Grado di raccomandazione per la terapia Intervento farmacologico Terapia ormonale sostitutiva Raloxifene Grado di raccomandazione C* A**

* lefficacia antifratturativa va considerata alla luce degli effetti potenzialmente negativi ** per le sole fratture vertebrali

8. Vertebroplastica o kifoplastica percutanea


Le fratture vertebrali sono spesso accompagnate da dolore improvviso o rapidamente ingravescente, avvertito anche a riposo e che si aggrava ulteriormente col movimento o il carico. Il trattamento dellepisodio acuto include misure conservative come il riposo, busti o corsetti, analgesici minori e maggiori. Il dolore di solito inizia ad attenuarsi entro 1-3 settimane e scompare del tutto solo dopo uno o pi mesi. Tuttavia in qualche caso pu protrarsi per mesi per la progressione o instabilit della frattura. Per controbattere questo quadro clinico si pu alla iniezione di cemento (metilmetacrilato) allinterno del corpo collassato (vertebroplastica). Pi recentemente stata sviluppata una nuova tecnica di espansione del corpo vertebrale, promossa come pi sicura ed efficace (Kyphoplastyrm ). La vertebroplastica comporta la iniezione percutanea, guidata in scopia o con TAC, di cemento (polimetilmetacrilati con aggiunta di bario) da uno o entrambi i lati del corpo vertebrale. Il rischio maggiore la fuoriuscita di cemento nel canale midollare o nei forami vertebrali o embolie polmonari. La kifoplastica si basa sullinserimento nel corpo vertebrale di un palloncino la cui espansione a forza pu consentire un certo ripristino del volume vertebrale. Nello spazio creato dal palloncino viene immediatamente iniettato cemento per stabilizzare il risultato. La vertebroplastica o la kifoplastica possono essere raccomandati solo per pazienti con un dolore intrattabile da settimane. Un trattamento teso a ricostruire il corpo vertebrale giustificato solo nei casi in cui la riduzione dello spazio toracico possa compromettere le capacit vitali del pazienti. I rischi connessi alle procedure sconsigliano ogni utilizzo in pazienti pauci-sintomatici. A tuttoggi mancano studi controllati sia a breve che a lungo termine. 179

9. Losteoporosi nel maschio


Losteoporosi rappresenta un problema di salute pubblica anche nei maschi. Circa il 20% di tutte le fratture di femore si verifica nel sesso maschile e lincidenza di fratture vertebrali circa la met rispetto a quelle nella femmina. Tuttavia mortalit e morbilit per frattura di vertebra e femore sono pi elevata rispetto alla femmina. La forma pi comune di osteoporosi nel maschio quella secondaria prevalentemente ad ipogonadismo, alcoolismo, mieloma multiplo, iperparatiroidismo, malassorbimento ed uso di corticosteroidi. In soggetti maschi senza frattura la misurazione della massa ossea rimane il metodo di scelta per la definizione di rischio di frattura (Livello I). Uno screening giustificato anche in anziani solo in presenza di fattori di rischio (Livello III) sostanzialmente sovrapponibili a quelli trovati nella donna. Non vi un sicura definizione dei criteri densitometrici per la diagnosi di osteoporosi nel maschio. Attualmente si utilizza come cut-off diagnostico un T-score < -2.5 DS rispetto al soggetto giovane adulto maschio (Livello II). Lalendronato aumenta la massa ossea a livello vertebrale e femorale ed riduce il rischio di fratture vertebrali (Livello I). La teriparatide una promettente opzione terapeutica in quanto incrementa significativamente la BMD alla colonna e femore anche se per ora non completamente definito il suo potere antifratturativo nel maschio (Livello I). Non vi evidenza di trattamenti che nel maschio riducano il rischio di fratture femorali. a. Raccomandazioni Nel maschio raccomandato un controllo della BMD nei maschi con almeno un fattore di rischio (vedi densitometria), come presenza di frattura da fragilit, storia familiare di frattura osteoporotica, terapia corticosteroidea, patologie osteopenizzanti (Grado A). Losteoporosi maschile frequentemente secondaria (ca. 50% nei maschi e 20% nelle donne). Si suggerisce di utilizzare come cut-off diagnostico densitometrico DXA per la definizione di osteoporosi nel maschio il livello di 2.5 T score ricavato dal range di normalit per il maschio. Va tuttavia tenuto presente che per questo cut-off diagnostico il rischio di frattura probabilmente superiore a quello trovato nelle donne (Grado B ). Lunico farmaco registrato per il trattamento dellosteoporosi del maschio lalendronato associato ad un adeguato apporto di calcio e vitamina D (Grado A). La teriparatide un farmaco molto promettente per losteoporosi maschile ma non ancora registrato in Europa per questa indicazione (Grado A/B). 180

b. Tabelle sinottiche Tabella XIII. Osteoporosi maschile:valutazione della massa ossea e diagnosi di Osteoporosi. Sito/tecnica Rischio frattura vertebrale BMD Colonna/DXA BMD BMD calcagno DXA US calcagno II II II B collo IA IIB I IIB IB ND A B femore/DXA IA Rischio frattura non vertebrale IA IB Monitoraggio terapia Raccomandazio ne impiego diagnostico A

Tabella XIV. Trattamento farmacologico dellosteoporosi nel maschio.


Intervento farmacologico Alendronato Teriparatide Calcio+ vitamina D Calcitonina Clodronato Etidronato Risedronato* Terapia sostitutiva androgeni** ormonale con Effetto BMD IB IB IB II II-IIIB III IB II Effetto fratture vertebrali IB ND ND IIB ND ND IB ND Effetto fratture nonvertebrali ND ND ND ND ND ND ND ND Effetto frattura di femore ND ND ND ND ND ND ND ND A A/B C C/D C C A* A** Raccomandazione

* solo nellosteoporosi cortisonica ** solo in pazienti con ipogonadismo

181

XXIII. Osteoporosi da glucocorticoidi


1. Introduzione
Una terapia con glucocorticoidi (GC), per qualsiasi malattia effettuata, della durata > 3 mesi rappresenta un importante fattore di rischio per osteoporosi (OP) e fratture, particolarmente tra donne in postmenopausa e tra uomini con > 50 anni (1). La maggior parte degli studi identifica in una dose 5 mg di prednisone o equivalente la soglia per attuare la valutazione densitometrica e clinica del paziente, al fine di prevenire o trattare lOP da GC (2). Tuttavia, gi con dosi di 2.5 mg/die il rischio relativo di fratture del femore risultato di 1.7 e quello di fratture vertebrali di 2.59 (3). Peculiarit dellosteoporosi da glucocorticoidi (GC): 1. 2. 3. 4. 5. (3). Le suddette caratteristiche dellOP da GC raccomandano rapidit di intervento sia in termini di accertamento diagnostico, di prevenzione e di trattamento. La perdita di massa dose- e durata-dipendente; ha un andamento bifasico, con una fase iniziale di rapida perdita di circa il 12-15% entro i preferenzialmente ma non esclusivamente interessato losso trabecolare; a parit di riduzione di massa ossea il rischio di frattura di 20 volte pi elevato di quello lincremento del rischio di frattura pare parzialmente reversibile alla sospensione della terapia

primi 6 mesi dallinizio del trattamento, seguita da una fase pi lenta, del 2-5% allanno (4);

rilevato nell'OP postmenopausale (5);

2. Procedure da attuare
A) In ogni paziente che assume GC a dosi 5 mg/die di prednisone o equivalente da > 3 mesi

o che inizia tale terapia per un periodo prevedibile 3 mesi.

182

1.

Valutazione di ogni altro fattore di rischio modificabile per OP: deficit degli ormoni sessuali,

fumo, sedentariet, basso indice di massa corporea (BMI < 19 kg/m2), basso introito di calcio, uso di farmaci osteopenizzanti. Questi fattori dovranno essere corretti separatamente. 2. 3. Valutazione dellapporto dietetico di calcio, da attuare tramite specifico questionario. Valutazione, tramite esami di laboratorio, dei seguenti parametri: proteine ed elettroforesi,

calcio, fosforo, fosfatasi alcalina, creatinina, 25(OH)vitamina D3, PTH, escrezione urinaria nelle 24 ore di calcio, TSH; assetto degli ormoni sessuali negli uomini (testosterone libero) e nelle donne in premenopausa (LH). 4. 5. Valutazione, tramite densitometria a raggi x (DEXA), della BMD vertebrale e femorale, Valutazione con tecnica ad ultrasuoni al calcagno (QUS), se la precedente non disponibile. indipendentemente dallet.

B) In tutti i pazienti indipendentemente dalla loro BMD. 1. Incrementare lattivit fisica 2. Assumere una quantit di calcio pari a 1.2-1.5 g/die, tramite alimentazione o integrazione farmacologica 3. Assumere 400-800 IU/die di vitamina D3, con le dosi pi elevate per i pazienti anziani o in cattivo stato nutrizionale. Possono essere impiegati anche vitamina D2 e derivati idrossilati della vitamina D3, a dosaggi equivalenti; in questultimo caso deve essere attuato un monitoraggio della calciuria. 4. Correggere eventuali deficienze degli ormoni sessuali

3. Evidenze fondamentali per il management (vedi flow-chart)


La presenza di fratture da fragilit rappresenta una indicazione assoluta al trattamento indipendentemente dalla misurazione della BMD o dal valore di questa. In assenza di fratture da fragilit, una BMD corrispondente ad un T-score < -1 rappresenta la soglia di intervento farmacologico. Il trattamento farmacologico deve essere proseguito almeno per tutta la durata della terapia con GC.

183

4. Follow up (7)
Valutazione delle variazioni della massa ossea (DEXA) ogni 12-18 mesi. Valutazione delle variazioni della massa ossea (DEXA) ogni 6 mesi in soggetti ad alto rischio di fratture: 1. GC a dosaggi > 15 mg/die, 2. donne in menopausa, 3. uomini di et > 65 anni, 4. precedenti fratture da fragilit, 5. familiarit materna per fratture, 6. BMI < 19 kg/m2.

5. Da ricordare
1. 2. In soggetti con ipercalciuria non legata ad un eccesso di vitamina D3 pu essere preso in Esiste ancora incertezza sullimpatto su massa ossea e fratture dei GC somministrati

considerazione limpiego di diuretici tiazidici. cronicamente per via inalatoria (9), anche se le molecole pi recenti come il fluticasone (10) sembrerebbero meno o per niente osteopenizzanti.

6. Flow-chart diagnostico-terapeutica

184

GC 5 mg di prednisone-equivalente per > 3 mesi

Misure generali 1

Misurare BMD vertebrale e femorale 2

Presenza di fratture cliniche

T-score tra 1 e 1.5 T-score >- 1 T-score < - 1.5

Trattare 4

Ripetere misurazione BMD dopo 6-12 mesi 5

No

Alto rischio di fratture 3

Si Ripetere misurazione BMD dopo 12 18 mesi

Se la riduzione della BMD lombare > 4% e/o quella femorale > 7% , modificare terapia 185

Note esplicative della Flowchart

Dopo aver escluso altre cause di osteoporosi occorrer: 1. 2. 3. 4. Valutazione e correzione di ogni altro fattore di rischio modificabile per OP: deficit degli ormoni sessuali, fumo, sedentariet, basso indice di massa corporea (BMI < 19 kg/m2), basso introito di calcio, uso di farmaci osteopenizzanti. Questi fattori dovranno essere corretti separatamente. Valutazione dellapporto dietetico di calcio, da attuare tramite specifico questionario; assunzione di una quantit di calcio pari a 1.2-1.5 g/die, tramite alimentazione o integrazione farmacologica Incrementare lattivit fisica Assumere 400-800 IU/die di vitamina D3, con le dosi pi elevate per i pazienti anziani o in cattivo stato nutrizionale. Possono essere impiegati anche vitamina D2 e derivati idrossilati della vitamina D3, a dosaggi equivalenti; in questultimo caso deve essere attuato un monitoraggio della calciuria.

1. 2.

Valutazione, tramite densitometria a raggi x (DEXA), della BMD vertebrale e femorale, indipendentemente dallet. Valutazione con tecnica ad ultrasuoni al calcagno (QUS), se la precedente non disponibile.

sufficiente uno solo dei seguenti: GC a dosaggi > 15 mg/die, uomini di et > 65 anni, precedenti fratture da fragilit, familiarit materna per fratture, BMI < 19 kg/m2.

La presenza di fratture rappresenta una indicazione assoluta al trattamento, indipendentemente dalla misurazione della BMD o dal valore di questa. Il trattamento farmacologico deve essere proseguito almeno per tutta la durata della terapia con GC. In pazienti candidati alla prevenzione o al trattamento farmacologico i bisfosfonati (alendronato e risedronato) (6,7) rappresentano i farmaci di prima scelta. Cautela deve essere posta nelle donne in et fertile ed in tutti i soggetti pi giovani che ancora non hanno raggiunto la maturit scheletrica. Il paratormone, hPTH (1-34) (8), potr rappresentare, quando disponibile, una valida alternativa ai bisfosfonati.

Valutazione delle variazioni della massa ossea ogni 12 mesi. In pazienti ad alto rischio di fratture vedi nota 3 - tale valutazione dovrebbe essere eseguita ogni 6 mesi.

186

XXIV. Osteonecrosi

1. Definizione
Losteonecrosi (ON) una patologia ossea conseguente ad una necrosi ossea e midollare in unarea ben delimitata, al di sotto della superficie dellosso; si distinguono una ON traumatica e una ON secondaria a malattie sistemiche (LES, AR) o a terapia.

2. Fattori predisponenti
terapia corticosteroidea alcolismo traumi infezione HIV malattie del connettivo

3. Manifestazioni cliniche
La testa del femore la sede pi frequente della malattia, ma altre sedi possono essere colpite: femore distale, testa omerale, piccole ossa del polso e del piede. La sintomatologia dellON aspecifica e molti casi sono asintomatici. Quando presente il dolore pu durare da settimane a mesi prima che siano visibili alterazioni radiografiche. In caso di ON della testa del femore il dolore si localizza a livello inguinale o del gluteo o della coscia o del ginocchio, solitamente esacerbato dal carico, ma spesso presente anche a riposo. In seguito con levoluzione della malattia il paziente pu riferire la presenza di un andamento zoppicante e successivamente una riduzione della mobilit articolare. Allesame obiettivo possono essere rilevati segni non specifici. In molti casi lesame obiettivo risulta nei limiti della norma, anche quando gli esami radiografici mostrano alterazioni di grado avanzato. In seguito al collasso dellosso necrotico compaiono: riduzione della mobilit dellarticolazione coinvolta con dolorabilit alla mobilizzazione forzata. Dopo collasso esteso dellosso appare evidente un accorciamento dellarto. 187

4. Esami strumentali
a. Indagini di I livello Esame radiografico diretto. Fase precoce: 1. 2. 3. 4. 1. nella norma osteopenia diffusa aree di sclerosi lineare area centrale radiotrasparente con bordo sclerotico (alterazione non specifica). Fase avanzata: area di radiotrasparenza subcondrale (crescent sign), pi spesso visibile nelle proiezioni LL, segno di frattura subcondrale. Evenienza patognomonica per ON: 2. 3. 4. appiattimento osseo. collasso osseo. A livello della testa del femore: perdita della sfericit della testa femorale che deve essere ricercata sia nelle proiezioni AP che in quelle LL. restringimento della rima articolare, sclerosi ossea cisti ossea a livello dell acetabolo totale distruzione ossea. b. Indagini di II livello Scintigrafia ossea con tecnezio bisfosfonato. aree di aumentata captazione. area di diminuita captazione allinterno di unarea di aumentata captazione Esame poco sensibile con scarso valore nel caso di coinvolgimento bilaterale, in quanto comparativo, TC. sclerosi ossea RMN. La RMN una tecnica molto sensibile per la diagnosi soprattutto nelle fasi precoci; ha sensibilit e specificit (75%) migliori rispetto ad altre tecniche. 188

5. Diagnosi differenziale
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

condromatosi sinovite tumori della sinovia assottigliamento locale della cartilagine osteoartrite precoce osteoporosi algodistrofia

6. Trattamento
E importantissima una diagnosi precoce per evitare lintervento di artoprotesi che una volta raggiunto lo stadio avanzato della malattia rimane lunico trattamento possibile. Nel 50% dei pazienti affetti da ON viene coinvolta larticolazione controlaterale. La prevenzione nei casi a rischio consiste nel: Controllare diabete e iperlipidemia, ridurre luso di alcool. Monitoraggio dei pazienti in terapia cortisonica (soprattutto se ad alte dosi per periodi prolungati. Ridurre il pi possibile il dosaggio del cortisonico. Seguire i protocolli per la decompressione. a. Trattamento medico: Uso di stampelle per ridurre il carico sullosso interessato; immobilizzazione; fisioterapia in completo scarico (V/A). Farmaci vasodilatatori (V/A). Bifosfonati (V/A). Campi elettromagnetici pulsati, applicati esternamente (V/B). b. Trattamento chirurgico Decompressione midollare (negli stadi precoci, in cui ancora non c stato collasso osseo) (V/A). Osteotomia dellarea necrotica con trapianto di tessuto osseo sano (V/B). 189

Sostituzione protesica (unica soluzione terapeutica in caso di collasso osseo) (V/A).

190

7. Flow-chart diagnostica
DOLORE ARTICOLARE
ECOGRAFIA

INDAGINI DI I LIVELLO

pos

RX

DIAGNOSI DI OSTEONECROSI

neg

POSITIVO PER ALTRE CAUSE (ES. PERIARTRITE E/O OSTEOARTROSI))

POSITIVA PER VERSAMENTO ARTICOLARE

TERAPIA SINTOMATICA (BREVE PERIODO) EVENTUALE TAC o RMN O SCINTIGRAFIA PER LA VALUTAZIONE DELL ESTENZIONE DEL DANNO

TERAPIA ADEGUATA

PERMANE DOLORE?

NO

Dolore articolare non causato da Osteonecrosi

TERAPIA ADEGUATA pos

SI

RMN

INDAGINI DI II LIVELLO

PAZIENTI AD ALTO RISCHIO DI ON

neg

PAZIENTI A BASSO RISCHIO DI ON

pos
SCINTIGRAFIA OSSEA CON TECNEZIO BISFOSFONATO

neg

PERIODICI CONTROLLI

191

XXV. Morbo di Paget


1. Definizione
La malattia ossea di Paget una malattia focale dello scheletro, con interessamento mono-o poliostotico, da rimodellamento osseo caotico al di fuori dei fisiologici meccanismi di regolazione (Kanis, JA, 1998). Losso pagetico si caratterizza per tre aspetti: 1. sede di unintensa attivit metabolica ed riccamente vascolarizzato; 2. ha un volume superiore alla norma; 3. possiede una scarsa efficienza biomeccanica. Losso pagetico infatti: non acquisisce la normale disposizione lamellare (osso woven); non viene adeguatamente mineralizzato; possiede una organizzazione architetturale impropria (cio non adeguata al carico meccanico variabile per ogni specifico segmento scheletrico). Le conseguenze di queste alterazioni sono: 1. compressione delle strutture che decorrono nel suo interno (sindromi da compressione neurologica); 2. deformit scheletriche; 3. maggiore suscettibilit alle fratture; 4. frequente osteoartrite secondaria allanomalo carico articolare.

2. Epidemiologia
Data lelevata percentuale di forme asintomatiche, verosimile che i dati epidemiologici attuali sottostimino la prevalenza dellaffezione (Sissons HA, 1996). Colpisce con lieve prevalenza il sesso maschile (M/F = 1.4-1.9), quasi sempre oltre i 40 anni di et. E descritta una maggiore incidenza familiare, che suggerisce una suscettibilit genetica.. In Italia la prevalenza delle forme sintomatiche si aggira attorno all1% (Detheridge FM, et al., 1982).

193

3. Manifestazioni cliniche
Le forme sintomatiche, sono la minoranza, non pi del 5-10%. Il rilievo occasionale di una fosfatasi alcalina elevata o lindividuazione radiologica di lesione pagetiche nel corso di indagini eseguite per altri motivi sono le modalit di presentazione delle forme asintomatiche, spesso monostotiche. I sintomi desordio e le sedi scheletriche maggiormente coinvolte sono indicate nella Tabella I.

Tabella I. Caratteristiche desordio del Paget Sintomi Dolore osseo movimento Dolore articolare Tumefazione calda Deformit scheletrica Dolore radicolare Aumento volume cranio Sordit Cefalea Fratture Asintomatico (%) 50-60 40-50 30 20-30 15-20 10-15 5-15 5-15 5-10 30 Localizzazione scheletrica Monostotico Poliostotico Pelvi/Anca Femore Colonna vertebrale Tibia Cranio Omero Radio/ulna (%) 30 70 60-65 40 34 33 31 23 12

Segmenti maggiormente coinvolti

accertato che mentre vi una progressione della lesione pagetica nellambito del segmento scheletrico coinvolto, soprattutto nei pi giovani ed in presenza di lesioni a carattere osteoaddensante, non si assiste allestensione del Paget in segmenti scheletrici inizialmente non coinvolti dalla malattia. Se ci accade necessario escludere una seconda patologia, in particolare una neoplasia. Nella Tabella II sono riportate le possibili complicanze della Malattia di Paget.

194

Tabella II. Complicanze della malattia di Paget Osteo-articolari Osteoartrite Fratture Mancata saldatura Sarcoma Emorragia chirurgica Edentulia Neurologiche Compressione: Tronco encefalico Midollo spinale/Cauda Nervi cranici Radici spinali Furto vascolare: Carotide Interna Vertebrale Sordit Cefalea Ematoma epidurale Altre Ipercalcemia Scompenso cardiaco Nefrolitiasi

4. Diagnosi
a. Individuazione dei soggetti asintomatici Data la scarsa probabilit di sviluppare complicanze in maniera silente non conveniente (basso rapporto costi/benefici) uno screening di massa o orientato alle famiglie di pazienti pagetici. Tuttavia il rilievo occasionale di un incremento della fosfatasi alcalina serica non giustificato da altra patologia deve indurre alla ricerca di lesioni pagetiche dello scheletro. b. Diagnosi radiologica 1. Radiologia classica Le alterazioni radiologiche tipiche del Paget sono lesioni miste di tipo osteolitico/osteosclerotico (vedi Tabella III). Si possono tuttavia osservare lesioni puramente osteolitiche o osteoaddensanti: in presenza di queste ultime che si pongono i principali problemi di diagnostica differenziale, soprattutto nei confronti della patologia neoplastica.

195

Tabella III. Segni radiologici tipici del Paget Lesioni Rx iniziali zone di rarefazione ossea circoscritta (osteoporosis circumscripta) Lesioni Rx tipiche aumento di volume dellosso ispessimento della corticale riassorbimento osseo intracorticale accentuazione del disegno trabecolare aspetto cotonoso deformit dello scheletro

maggiore evidenza del disegno trabecolare fronte di riassorbimento a V

Nessuna di tali alterazioni patognomonica del Paget, ma la loro combinazione virtualmente diagnostica. 2. RMN e TC Trovano applicazione nella valutazione di complicanze neurologiche o nel sospetto di trasformazione sarcomatosa.

3. Scintigrafia ossea Il tracciante utilizzato un bisfosfonato marcato con 99 Tc o 18 F. Rispetto alla radiologia presenta i seguenti vantaggi: Ha una maggiore sensibilit Consente di valutare lestensione della malattia Fornisce indicazioni sullattivit di malattia Rispetto alla radiologia presenta per scarsa specificit. Problemi particolari: Eventuali variazioni scintigrafiche, successive ad un precedente trattamento con BPs, sono espressione della modificazione dellattivit della malattia indotta dal trattamento stesso. Lo sviluppo di un sarcoma si associa a riduzione della captazione di
99

Tc-bisfosfonato. In

questi casi una scintigrafia con Gallio-67-citrato evidenzia elettivamente la lesione sarcomatosa. c. Diagnosi di laboratorio: marcatori biochimici di turnover osseo Utili per: 196

definire in condizioni di base lattivit della malattia; valutare nel follow-up variazioni dellattivit di malattia indotte dal trattamento. Dei marcatori disponibili, nella malattia di Paget il pi utile la fosfatasi alcalina totale o, se disponibile, lisoenzima osseo. Luso di un marcatore di riassorbimento (OH-prolina o uno dei peptidi di degradazione del collageno) non d informazioni aggiuntive.

5. Diagnosi differenziale
I principali problemi di diagnostica differenziale si hanno in seguito al rilievo di lesioni radiologiche caratterizzate da alterazioni di tipo osteoaddensante o osteolitico (Tabella IV), in particolare per la possibilit che si tratti di lesioni da malattia neoplastica. Molte di tali patologie determinano un incremento dei markers di turnover e captano il
99

Tc-bisbosphonato ma

eccezionale che posseggano tutte le caratteristiche tipiche del Paget, in particolare laumento di volume dellosso. La comparsa di nuove lesioni su un segmento scheletrico pagetico, in particolare dopo terapia e la presenza di lesioni in sedi scheletriche abitualmente risparmiate dal Paget devono far sospettare una patologia associata. In tali casi la RMN o la TC possono essere di sensibile ausilio; se persiste il dubbio necessaria la biopsia ossea.

Tabella IV. Affezioni che pongono problemi di diagnostica differenziale con il Paget Osteoclerosi generalizzata metastasi ossee* mielosclerosi osteodistrofia renale fluorosi displasie ossee: iperfosfatasia displasia fibrosa poliostotica Osteosclerosi focale metastasi ossee* linfoma mielosclerosi ipotiroidismo osteomielite emangioma tumore osseo displasia fibrosa monostotica spondilite anchilosante osteite condensante * = prostata, mammella, polmone, pancreas Osteolisi focale metastasi mieloma cisti displasia fibrosa monostotica tumore a cellule giganti sarcoma tumore bruno

197

6. Terapia
Al momento attuale solo per pochi agenti comprovata lefficacia (Tabella V). a. La Calcitonina La calcitonina (Ct) inibisce il riassorbimento osseo. Sono disponibili varie calcitonine (McIntyre, I, 1980), da somministrare per via parenterale, ad una posologia di almeno 50 IU/die (I/B); la via nasale non stata adeguatamente valutata nel Paget (III/D). In Italia la calcitonina in fiale prescrivibile in nota 41 con lindicazione specifica per il morbo di Paget. I principali problemi connessi con luso delle Ct sono: riducono il turnover osseo portandolo ad un nuovo plateau, di circa il 50% pi basso del valore di partenza. Il livello del plateau non viene ulteriormente ridotto dalluso di una posologia pi elevata. Pertanto la normalizzazione dei marcatori bioumorali di turnover si osserva quasi esclusivamente nei pazienti con malattia di moderata attivit. Lazione delle Ct nel Paget di breve durata per cui lattivit di malattia riprende pi o meno rapidamente sino ad avere una recidiva completa nellarco di pochi mesi. La resistenza alla Ct si registra in circa il 20% dei pagetici, riferibile ad un fenomeno di down regulation dei recettori per la selezione di cloni di osteoclasti insensibili allazione dellormone La compliance ridotta dallelevata frequenza di effetti collaterali (nausea, flushing). b. I Bifosfonati I bisfosfonati (Bps) sono potenti inibitori dellattivit osteoclastica e riducono il turnover. I nuovi Bps sono dotati di una maggiore potenza anti-riassorbitiva che ne consente limpiego a dosi molto basse da non disturbare il processo di mineralizzazione ossea. Le seguenti caratteristiche fanno dei Bps i farmaci di 1a scelta nel trattamento del Paget: Lefficacia dei Bps nel ridurre il turnover osseo e la durata della remissione sono dose dipendenti, in funzione pi della dose globale somministrata che della modalit di somministrazione, il che consente di attuare cicli di terapia di breve durata. Consentono remissioni di lunga durata, anche di anni. La sensibilit ad un Bps rimane pressoch immutata dopo recidiva. Non vi resistenza crociata tra i vari Bps (alternative terapeutiche). incerta lutilit di associare Bps e Ct nei pazienti non responsivi o poco responsivi ai soli Bps (Adami, S, et al, 1984). Lassociazione di supplementi di calcio alla terapia anti-riassorbitva sembra migliorarne lefficienza terapeutica in quanto riduce liperparatiroidismo secondario conseguente al blocco dellattivit osteoclastica. 198

1. Aspetti Pratici Quale bisfosfonato e quale via di somministrazione. Nonostante tutti i Bps abbiano pi o meno dimostrazioni di efficacia nel morbo di Paget solo letidronato ed il risedronato hanno attualmente lindicazione per questa malattia e solo letidronato prescrivibile in nota 42. Al momento attuale non esistono indicazioni su quale sia la migliore modalit di somministrazione: la compliance generalmente migliore con la via ev, vuoi per la brevit dellimpegno terapeutico che per lassenza di effetti collaterali gastroenterici, ma questa modalit non sempre praticabile nella routine clinica sicch molte volte si costretti ad optare per la via orale. In Italia solo il clodronato disponibile sia per somministrazione orale che parenterale; letidronato, lalendronato ed il risedronato solo per os; il pamidronato solo ev ed in regime ospedaliero. Effetti collaterali. Precauzioni nelluso dei Bps. Linfusione e.v.: se rapida pu determinare una tromboflebite chimica nella sede di infusione e, favorendo la formazione di complessi con il calcio, pu indurre una ipocalcemia molto raramente sintomatica. I microaggregati di bisfosfonato di calcio precipitano facilmente nei tubuli e possono dare una insufficienza renale acuta e per questi motivi linfusione e.v. di bisfosfonati deve essere eseguita in un adeguato volume di liquidi (250-500 mL di soluzione salina o glucosata) ed in tempi superiori alle 2-3 ore (Papapoulos, S, 1992). I Bps vanno evitati nei pazienti con insufficienza renale (creatininemia > 2 mg/dL), a meno che il danno renale non sia indotto da una ipercalcemia. La reazione di fase acuta degli aminobisfosfonati, quale che sia la velocit di infusione, caratterizzata da febbre e artromialgie, abitualmente di durata non superiore alle 48 ore ed limitata abitualmente alla prima somministrazione degli aminobisfosfonati. La via orale: lassorbimento intestinale dei Bps basso ed ostacolato dagli alimenti. Con la via orale si pu avere intolleranza gastroenterica: la comparsa di epigastralgia non supera abitualmente il 10% dei pazienti trattati, ma decisamente pi frequente se presente una patologia del tratto gastroenterico superiore, in particolare unernia iatale complicata da esofagite da reflusso. In questi pazienti la via orale va evitata. Il trattamento prolungato con etidronato pu indurre osteomalacia. c. La Mitramicina La Mitramicina un agente citotossico che agisce inibendo la sintesi dellRNA. A basso dosaggio (15-25 g/Kg/die x 10 gg) efficace nel ridurre il riassorbimento osse osteoclastico, ed stato impiegato per il trattamento dellipercalcemia e del Paget (III/E). I principali problemi con la Mitramicina sono: necessaria la somministrazion IV. 199

dotata di tossicit epatica, renale, midollare (trombocitopenia). La dose efficace nel Paget vicina alla dose epatotossica. d. Altri agenti: Actinomicina D ( = mitramicina; non epatotossico) (III/D) Gallio nitrato (= 0.5 mg/Kg/die x 7-14 giorni) (III/E)

Tabella V. Farmaci attivi nel trattamento del Paget in commercio in Italia Posologia CALCITONINE 50-100 IU/die im o sc ETIDRONATO 400-600 mg/die os CLODRONATO [&] 300 mg/die iV infusione [*] 800-1600 mg/die os PAMIDRONATO [] 15-30 mg/die iv ALENDRONATO [&] 20-40 mg/die os RISEDRONATO 30 mg/die os Durata indefinita 6 mesi Controindicazioni ipersensibilit ipersensibilit Effetti collaterali Nausea, vomito,flushing Osteomalacia (reversibile allinterruzione) Diarrea, Nausea, PO4 Lieve proteinuria, Ipocalcemia [*] Ins. renale [*] Intolleranza gastrica lieve, diarrea Reazione di fase acuta, proteinuria Ipocalcemia [*], Ins. renale [*] Disturbi gastroenterici

5 giorni 6- 3 mesi 5 giorni

Ipersensibilit Ins. renale Ipersensibilit Ins. renale Ipersensibilit, Ins. Renale, esofagite Ipersensibilit Ins. renale

6 mesi

2 mesi

Disturbi gastroenterici

[*] = di 3 ore; luso in bolo pu provocare ipocalcemia e danno tubulare acuto [] = uso ospedaliero; non indicazione Paget [&] = non indicazione Paget

7. Il Paziente da trattare
Alcuni anni fa solo i pagetici sintomatici erano avviati al trattamento; oggi latteggiamento terapeutico divenuto pi aggressivo, soprattutto nei pi giovani nei quali una maggiore aspettativa di vita rende pi alto il lifetime risk di sviluppare complicanze (Tabella VI).

200

Lo scopo del trattamento di un Paget : attenuazione della sintomatologia dolorosa, arresto e, se possibile, regressione delle lesioni (in particolare quelle da compressione di strutture nervose); la normalizzazione degli indici di anomalo turnover osseo il pi a lungo possibile.

Tabella VI. Indicazioni al trattamento di un Paget attivo (Scintigrafia +; ALP) INDICAZIONI P. poliostotico in giovane et P. cranio, colonna, bacino, arti inferiori P. con dolore P. con deformit P. con sindrome neurologica compressiva P. con sordit P. con frattura / immobilizzazione P. in attesa di chirurgia P. poliostotico in cardiopatico EFFETTO ATTESO no complicanze no osteo-artrite; no fratture; no deformit; no sindrome neurologica riduzione dolore stabilizzazione miglioramento stabilizzazione no ipercalcemia vascolarizzazione; migliore struttura osso no scompenso cardiaco

8. Monitoraggio della terapia

Un adeguato monitoraggio dovrebbe prevedere un primo controllo del turnover osseo a 3 mesi dallinizio del trattamento: sufficiente determinare un solo marcatore, possibilmente la fosfatasi alcalina serica, meglio se lisoenzima osseo. I controlli successivi andrebbero eseguiti almeno 2 volte lanno. Nel caso si decida per un secondo marker la scelta dovrebbe cadere su un indice di riassorbimento, ad esempio uno dei cross-links del piridinio o i telopeptidi N- o C- terminali del collageno. Nei pazienti responsivi alla terapia la F.A. si riduce oltre il 25% dopo i primi 3 mesi per collocarsi al di sotto del 50% a distanza di 6 mesi. Lobiettivo del trattamento dovrebbe essere quello di ottenere la normalizzazione del turnover, ma questo purtroppo non sempre possibile. Tuttavia se dopo 6 mesi il decremento della F.A. risulta inferiore al 50%, ed ovviamente essa rimane al di sopra del range di normalit, il successivo ciclo dovr utilizzare una posologia pi elevata; in alternativa un agente pi potente. Una risposta insoddisfacente con la via orale suggerisce la possibilit di un assorbimento inadeguato e consiglia il ricorso alla via parenterale. In 201

generale la gran parte dei pazienti recidiva, a distanza variabile di tempo, da alcuni mesi a qualche anno: un incremento della F.A. del 25% o pi oltre il limite superiore del range di normalit indica la necessit di un ri-trattamento. (Vedi anche Tabella VII)

Tabella VII. Flow-chart e iter diagnostico terapeutico Presentazione Sintomatologia scheletrica Indagini 1 livello Rx scheletro Se Paget Scintigrafia ALP

F.A.

Rilievo Rx Scintigrafia ossea se positiva

Rx segmento interessato Rx dubbio RMN TC Altre indagini appropriate Diagnosi dubbia Biopsia ossea Se Paget attivo + criteri tabella V Bps preferibilmente per via iV infusionale

F.A.

Indagini 2 livello Indagini 3 livello Terapia

Monitoraggio

F.A. dopo 3 mesi 25% F.A. ogni 6 mesi Recidiva: F.A. 25% limite superiore range di normalit Ritrattare Posologia maggiore Bps Altro Bps Bps + Ct < 25%

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XXI. Sindrome da fatica cronica


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XXIII. Osteoporosi da glucocorticoidi


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215

XXVII. Allegati
1. Guida struttura algoritmi
Questa guida fornisce uno schema semplificato degli algoritmi per la diagnosi e il trattamento delle affezioni delle malattie dellapparato muscolo-scheletrico. I singoli algoritmi sono identificati dalle lettere racchiuse tra i riquadri neri; per esempio lapproccio alle patologie extra-articolari viene definito in maggiore dettaglio nellAlgoritmo B. Un bordo doppio segnala una decisione critica e la scelta della fase successiva potrebbe essere particolarmente importante e/o difficile.

Paziente con disturbi dellapparato muscoloscheletrico


Anamnesi reumatologica iniziale ed esame obiettivo

E una patologia articolare?

Si

No

Patologie extra-articolari

Patologie articolari

I disturbi durano da 6 settimane?

No

Si

Patologia articolare

Patologia articolare

Patologia No No articolare acuta non infiammatoria

E presente infiammazione?
Si Si Artrite infiammatoria acuta

E presente infiammazione?
Si

G Patologie
No articolari croniche non infiammatorie

H SiArtrite
infiammatoria cronica
No

Impegno di >3 articolazioni?


Si

Oligoartrite No infiammatoria acuta

E mono/

No

Impegno di >3 articolazioni?


Si No

Impegno di >3 articolazioni?


Si Poliartrite cronica

Patologia monoarticolare cronica non infiammatoria

Poliartrite cronica non infiammatoria


In caso di interessamento delle interfalangee distali o delle carpometacarpiche oppure dellanca o del ginocchio, prendere in considerazione una OA

F Poliartrite
infiammatoria

Mono/oligoartrite cronica

I
216

Trattamento dellAR

Se lartrite simmetrica e sono interessate le interfalangee prossimali, le metacarpofalangee o le metatarsofalangee, prendere in considerazione unAR

J Trattamento dellOA

2. Algoritmo B: Patologie extra-articolari


Se la natura del disturbo a carico dellapparato muscolo-scheletrico esclusa o improbabile, il medico deve accertare leventuale presenza di una fibromialgia o di una polimialgia e stabilire se sono necessarie ulteriori indagini.
B1 Il disturbo muscolo-scheletrico di natura articolare? No o incerto* B2 Patologia extra-articolare Si o incerto* Vedi Algoritmo C

B3 I sintomi sono localizzati in una particolare struttura? No B5 Prendere in considerazione una patologia extra-articolare diffusa

Si

B4 Prendere in considerazione una patologia extra-articolare localizzata

B6 Sono presenti dolore diffuso e tender point tipici della fibromialgia?

Si Considerare una fibromialgia

B7 Trattamento della fibromialgia

No

B8 E presente infiammazione?

Si

B9 Sono presenti le caratteristiche della No B10 E presente una connettivite?

Si

Trattamento della polimialgia reumatica Prendere in considerazione la diagnosi e il trattamento della connettivite

No

Si

Prendere in considerazione unaltra patologia extra-articolare diffusa

No

B11 Sono necessarie ulteriori indagini? No B13 Osservare il paziente; instaurare un no trattamento sintomatico

Si

B12 Prescrivere unindagine specifica

No

B14 I valori sono alterati? Si

Sottoporre il paziente ad osservazione e valutazione periodiche

B15 Prendere in considerazione diagnosi e trattamenti specifici

217

*Se il medico non sicuro della natura articolare o extra-articolare della patologia, il paziente deve essere valutato per entrambe le condizioni

3. Algoritmo C: Patologie Articolari


Se la natura articolare del disturbo a carico dellapparato muscolo-scheletrico certa o probabile, il medico deve stabilire se il disturbo cronico o acuto e se presente una patologia di tipo infiammatorio o non- infiammatorio.
No* C1 Il disturbo muscolo-scheletrico di natura articolare?

Vedi Algoritmo B

Si* C2 Il disturbo dura da 6 settimane? No Patologia articolare acuta si

Patologia Articolare cronica Vedi Algoritmo G

C3 E presente infiammazione?

No

Patologia Articolare Acuta Non Infiammatoria

Si Artrite infiammatoria acuta?

C4 Sono interessate > 3 articolazioni?

Si

Poliartrite infiammatoria acuta


Vedi Algoritmo F

C5

Mono/Oligoartrite Infiammatoria acuta (pu essere episodica)

*Se il medico non sicuro della natura articolare o extra-articolare della patologia, il paziente deve essere valutato per entrambe le condizioni. 218

4. Algoritmo D: Patologia articolare acuta non infiammatoria


Se la patologia articolare acuta e non infiammatoria, il medico deve accertare leventuale presenza di una frattura o stabilire se sono necessarie ulteriori indagini.

D1 Patologia articolare acuta non infiammatoria

Si
D2 Sospetto di frattura? No

Prescrivere la radiografia appropriata.


La radiografia positiva?

Si

No

D3 Prendere in considerazione alter diagnosi

D7 Considerare la diagnosi specifica. Instaurare un trattamento adeguato

Si D4 Sono necessarie ulteriori indagini? No

D5 Prescrivere le indagini appropriate. I risultati sono anomali?

Si

No

D6 Instaurare un trattamento sintomatico. Sottoporre il paziente a osservazione e valutazione periodica

I sintomi perdurano? No

Si

D8 Patologia articolare acuta non-infiammatoria

Vedi Algoritmo G

Patologia risolta

219

5. Algoritmo E: Mono/Oligoartrite infiammatoria


Se la patologia una mono/oligoartrite infiammatoria acuta, il medico deve stabilire se presente uninfezione o unartrite da deposito di cristalli (gotta o pseudogotta) o stabilire se sono necessarie ulteriori indagini.
E1 Mono/Oligoartrite infiammatoria acuta

E2 Prendere in seria considerazione laspirazione e lesame del liquido sinoviale

E3 Sono evidenti segni di infezione? No E4 Sono presenti segni di artrite da depositi di cristalli? No

Si

Instaurare una terapia specifica e sottoporre il paziente a osservazione e valutazione periodica

Si

E5 Prendere in considerazione la gotta o la pseudogotta

Instaurare una terapia specifica e sottoporre il paziente a osservazione e valutazione periodica

Prendere in considerazione altre diagnosi

E6 Sono necessarie ulteriori indagini? No E7 Instaurare un trattamento sintomatico e sottoporre il paziente a osservazione e valutazione periodica

Si

E8 Prescrivere indagini specifiche. I valori sono anormali? No Si

Dopo la risoluzione dellepisodio acuto elaborare un piano di trattamento cronico

E9 Prendere in considerazione diagnosi e trattamenti specifici

I sintomi perdurano?

Si

E10 Mono/Oligoartrite cronica

No
Patologia risolta

220

6. Algoritmo F: Poliartrite infiammatoria acuta


Se la patologia una poliartrite infiammatoria acuta, il medico deve accertare se presente uninfezione o stabilire se sono necessarie ulteriori indagini.

F1 Poliartrite acuta infiammatoria

F2 Prendere in considerazione laspirazione e lesame del liquido sinoviale

F3 Sono presenti segni di infezione? No Prendere in considerazione altre diagnosi

Si

Instaurare una terapia specifica e sottoporre il paziente a osservazione e valutazione periodica

F4 Sono necessarie ulteriori indagini? No F5 Instaurare un trattamento sintomatico

Si

No

F6 Prescrivere indagini specifiche. I valori sono anomali? Si

Sottoporre il paziente ad osservazione e valutazione periodica

F7 Prendere in considerazione una diagnosi e un trattamento specifico

I sintomi perdurano? No

Si

F8 Poliartrite cronica

Vedi Algoritmo H

Patologia risolta

221

7. Algoritmo G: Patologie articolari croniche non-infiammatorie


Se la patologia cronica e non-infiammatoria, il medico deve verificare la probabilit di una OA o stabilire se sono necessarie ulteriori indagini.
G1 Patologia articolare cronica

G2 E presente infiammazione?

Si

Artrite Infiammatoria Cronica

No G3 Patologia articolare cronica non-infiammatoria

Sono interessate > 3 articolazioni?

Si

G4 Patologia poliarticolare cronica non-infiammatoria

No G5 Patologia mono/oligoarticolare cronica non-infiammatoria

G6 Sono interessate le interfalangee distali o la prima carpometacarpica, lanca o il ginocchio? No

Si

G7 Il paziente presenta dorsalgia e/o cervicalgia da cause meccaniche? No

G9 Probabile OA. Considerare una OA periferica e/o assiale. Confermare la diagnosi e iniziare il trattamento Vedi Algoritmo J
Si

G8 OA improbabile. Considerare altre diagnosi ed effettuare ulteriori valutazioni

222

8. Algoritmo H: Artrite infiammatoria cronica


Se la patologia unartrite infiammatoria cronica, il medico deve stabilire leventuale presenza di una mono/oligoartrite o di una poliartrite. In presenza di una poliartrite, il medico deve stabilire se si tratta di una spondiloartropatia, di unAR e se necessaria unulteriore valutazione.

H1 Artrite infiammatoria cronica H10 Sono interessate le interfalangee prossimali, le metacarpofalangee e/o le metatarsofalangee? No H12 Considerare la possibilit di altre artriti infiammatorie croniche

H2 Sono interessate > 3 articolazioni? No H3 Mono/Oligoartrite cronica

Si

H6 Poliartrite infiammatoria cronica. Lartrite simmetrica? No

Si

Si

H11 Probabile AR. La diagnosi di AR pu essere confermata? No

Si

H13 Diagnosi di AR. Iniziare il trattamento

Vedi Algoritmo I

H4 Prendere in considerazione laspirazione e lesame del liquido sinoviale e/o una biopsia sinoviale H9 Considerare altre diagnosi, instaurare il trattamento sintomatico o specifico. Sottoporre il paziente a valutazione periodica per seguire levoluzione dei sintomi

H5 Sono presenti segni di infezione? Si

No

H7 Il paziente affetto da spondiloartrite? Si

No

Instaurare una terapia specifica e sottoporre il paziente a frequente valutazione

H8 Instaurare una terapia adeguata e sottoporre il paziente a valutazione periodica

223

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