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Uno dei rischi in sala operatoria risulta essere rappresentato dall'INALAZIONE degli ANESTETICI.
I principali anestetici che vengono utilizzati sono rappresentati da : PROTOSSIDO DI AZOTO,
ISOFLUORANO, ENFLUORANO e l'ALOTANO.
La più importante fonte di esposizione risulta essere rappresentato dalle PERDITE DI GAS
ANESTETICO dall'apparecchiatura per anestesia, ma da non sottovalutare sono i comportamenti
degli anestesisti, oltre alla scorretta installazione e manutenzione dei sistemi di aspirazione e di
convogliamento all'esterno dei gas. Nel 1989 il Ministero della Sanità ha stabilito il VALORE
MASSIMO DI 100 ppm (TWA) come limite tecnico per le sale operatorie esistenti e di 50 ppm per
quelle di nuova costruzione.
ANALIZZATORI per CAMPIONAMENTI FISSI;
DOSIMETRI per CAMPIONAMENTI PERSONALI.
Per quanto riguarda il DESTINO METABOLICO, per tutti gli anestetici volatili è stata dimostrata una
BIOTRASFORMAZIONE:
della quota di ALOTANO, assorbito e poi metabolizzato a livello epatico, si ritrova nelle urine
un 18‐20% come bromuri e un 12% come acido trifluoro acetico;
l'ENFLUORANO subisce una biotrasformazione più limitata, viene eliminato come tale per
l'80% per via respiratoria e la quota restante con le urine;
l'ISOFLUORANO viene eliminato quasi in toto per via respiratoria;
il PROTOSSIDO DI AZOTO, essendo poco solubile nel sangue e nei tessuti, viene solo
parzialmente metabolizzato dall'organismo e rapidamente eliminato per via respiratoria.
Per quanto riguarda poi gli EFFETTI BIOLOGICI:
FEGATO, determinano PEROSSIDAZIONE LIPIDICA, CITOLISI EPATICA ed effetti sugli enzimi
epatici microsomiali.
SISTEMA EMOPOIETICO. Nel 1950 è stata dimostrato che nei pz con tetano trattati con
anestetici si determinava DEPRESSIONE MIDOLLARE con una ANEMIA PERNICIOSA. Esso
dovrebbe agire inattivando la VITAMINA B12 e dunque la METIONINA SINTASI. E' proprio
all'INATTIVAZIONE DELLA VITAMINA B12 che è dovuto anche l'EFFETTO GONADOTOSSICO e
NEUROTOSSICO.
ANOMALIE DELLA RIPRODUZIONE quali aborti spontanei e malformazioni congenite nella
prole, ma sono stati poi smentiti da studi epidemiologici condotti in altri Stati.
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L'asma professionale è una malattia cronica infiammatoria delle vie aeree caratterizzata da:
OSTRUZIONE VARIABILE DELLE VIE AEREE;
IPERRESPONSIVITA' DELLE STRUTTURE BRONCHIALI.
Sulla base della presenza o meno di un periodo di latenza nella comparsa dei sintomi, distinguiamo:
ASMA IMMUNOLOGICO, compare dopo un periodo di latenza variabile, durante il quale si
verifica la sensibilizzazione ad un agente asmogeno presente nell'ambiente di lavoro. E' la
forma più frequente di asma bronchiale professionale;
ASMA IRRITATIVO, in cui non c'è periodo di latenza. Esso compare dopo un'esposizione
intensa a polveri, vapori, fumi irritanti. E' raro. In alcuni pz, dopo l'episodio acuto, l'asma
persiste nel tempo.
Per quanto riguarda l'asma immunologico, c'è da dire che le forme di ABP IgE‐mediate non sono
distinguibili dal punto di vista clinico e funzionale da quelle in cui le IgE non svolgono un ruolo
preminente (isocianati, cedro rosso).
Il meccanismo patogenetico comune coinvolge il sistema immunitario. In entrambi i casi l’evento
che condiziona la malattia è la sensibilizzazione.
Gli AGENTI EZIOLOGICI più comuni sono : ISOCIANATI, FARINE, LEGNI, LATTICE NATURALE.
I SINTOMI sono:
o DISPNEA ACCESSUALE, notturna o mattutina;
o SIBILI INTRATORACICI;
o TOSSE;
o OPPRESSIONE TORACICA.
Nella PATOGENESI rientrano:
SPASMO DELLA MUSCOLATURA LISCIA,
EDEMA DELLA MUCOSA
IPERSECREZIONE.
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Consideriamo poi che esistono FATTORI DI SUSCETTIBILITA' INDIVIDUALE:
ATOPIA (solo per gli asmogeni ad alto peso molecolare)
FUMO DI TABACCO;
RINITE PRESISTENTE, che è un fattore predisponente per l'asma.
DIAGNOSI
STORIA CLINICA E SINTOMATOLOGIA CARATTERISTICA;
RILIEVO ANAMNESTICO ed E.O.;
TEST CUTANEI O IN VITRO POSITIVI PER ALLERGENI ANAMNESTICAMENTE SIGNIFICATIVI. Tra
questi è compreso il Prick Test con allergeni presenti nell'ambiente lavorativo.
TEST DI PROVOCAZIONE BRONCHIALE POSITIVI. Il test di provocazione bronchiale più diffuso è il
test con metacolina. In questo test il soggetto inala dosi crescenti di metacolina, una sostanza
farmacologica che determina una minima ostruzione dei bronchi dei soggetti con asma bronchiale
mentre non ha nessun effetto nei bronchi dei soggetti normali. Dunque, dopo ogni singola
inalazione, viene effettuata una spirometria (va a misurare la funzione del polmone, in particolare il
volume e/o la velocità con cui l’aria può essere inspirata o espirata da un soggetto. Il risultato ci
fornisce anche il grado di pervietà dei bronchi), i cui risultati vengono rapportati a quelli della
spirometria basale, eseguita prima di cominciare il test. Spesso, infatti, la spirometria risulta negativa
anche in pz con asma bronchiale se non è in corso una crisi asmatica. Se il test è positivo viene
rilevata l'ipereattività bronchiale, tipica dell'asma bronchiale. Si ottiene così una curva dose‐risposta
che esprime il grado di responsività bronchiale del soggetto.
MONITORAGGIO DEL PEF. La misurazione del picco di flusso espiratorio (PEF) viene eseguita
soffiando con la massima forza possibile dentro uno spirometrino portatile, in genere di materiale
plastico da utilizzare al proprio domicilio al mattino, alla sera e ogni volta che si è in presenza di una
crisi asmatica. I valori misurati devono essere riportati in un diario del respiro. Il misuratore del PEF
rappresenta quindi uno strumento indispensabile per l'autovalutazione domiciliare dell'asma;
RICERCA DI IgE SPECIFICHE per allergeni presenti nell'esposizione lavorativa.
Segni preclinici di asma professionale
Per l’asma IgE‐mediata la positivizzazione dei test cutanei o della ricerca di IgE specifiche per
allergeni presenti nell’ambiente di lavoro.
Per l’asma non IgE‐mediata non disponiamo di segni preclinici
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Con il termine alveolite allergica estrinseca o polmonite da ipersensibilità si definisce un processo
infiammatorio di natura immunologica a carico delle strutture polmonari distali, dovuto a ripetute
inalazioni di polveri organiche di diversa natura in soggetti predisposti.
Gli AGENTI EZIOLOGICI sono:
MICRORGANISMI spore di miceti, lieviti, amebe Ne deriva che le classi di
lavoratori a rischio sono agricoltori, allevatori di bestiame, coltivatori di funghi,
lavoratori del formaggio, conciatori di pellami, parrucchieri.
POLVERI VEGETALI (spore di funghi, caffè verde); sono a rischio, quindi, coltivatori di funghi e
lavoratori del caffè
DERIVATI ANIMALI (proteine aviarie, ittiche, proteine urinarie di ratto, proteine di larve di
baco da seta)‐‐> a rischio allevatori di uccelli, ricercatori, allevatori bachi da seta.
SOSTANZE CHIMICHE SEMPLICI (isocianati).
PATOGENESI
CLINICA
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Le alveoliti allergiche intrinseche possono presentarsi in forma ACUTA o SUBACUTA e quindi
possono evolvere verso una completa restitutio ad integrum, oppure dar vita alla forma CRONICA
che evolve verso la FIBRO SI POLMONARE.
1. La forma ACUTA è caratterizzata da :
SINTOMI SISTEMICI quali FEBBRE, DOLORI ARTICOLARI E MUSCOLARI, NAUSEA,
VOMITO E DIARREA;
SINTOMI RESPIRATORI come SENSO DI OPPRESSIONE TORACICO, TOSSE CON O
SENZA ESPETTORAZIONE, DISPNEA A RIPOSO O DA SFORZO.
2. La forma SUBACUTA è caratterizzata da:
SINTOMI SISTEMICI quali FEBBRICOLA, CALO PONDERALE;
SINTOMI RESPIRATORI quali TOSSE CON SCARSA ESPETTORAZIONE, DISPNEA DA
SFORZO.
3. La forma CRONICA è caratterizzata da:
ASSENZA DI SINTOMI SISTEMICI;
SINTOMI RESPIRATORI quali DISPNEA DA SFORZO INGRAVESCENTE e SINTOMI DI
BRONCHITE CRONICA E/O DI CUORE POLMONARE.
Inoltre, non sono stati individuati ad oggi marker genetici di predisposizione e numerosi studi
suggeriscono che l'abitudine al fumo sia un fattore di protezione, sia nei riguardi della
sensibilizzazione sia nei riguardi della malattia.
CLINICA
Quadri clinici caratteristici sono:
polmone dell'agricoltore
polmone da coltivatore di funghi
polmone dei lavoratori del formaggio
polmone dei lavoratori del caffè
polmone dell allevatore di uccelli
DIAGNOSI DI MALATTIA
Valutazione della Gravità del quadro anatomo clinico
Valutazione della evolutività
Diagnosi di interstiziopatia
Radiografia del torace
TAC ad alta risoluzione
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Studio citologico e fenologico del liquido di broncolavaggio (BAL)
Biopsia transbronchiale
Biopsia a cielo aperto
Scintigrafia con Gallio 67
Indagini funzionali respiratorie
• Esame spirometrico (CV‐VEMS‐VRCPT)
• (Esame pletismografico)
• Studio della capacità di diffusione del CO
• Emogasanalisi
Alterazioni funzionali respiratorie
• Il quadro tipico è caratterizzato da una insufficienza ventilatoria di tipo restrittivo.
• Sono frequenti le alterazioni funzionali di tipo ostruttivo sovrapposte
Criteri maggiori
Sintomi compatibili alcune ore dopo l’esposizione;
Accertamento dell’esposizione: a) rilievo anamnestico b) riscontro di anticorpi precipitanti
per Ag delle AAE c) studio igienistico ed aerobiologico ambientale.
Rx torace o TAC con alterazioni compatibili con AAE
Linfocitosi nel BAL con fenotipo caratteristico
Quadro istologico compatibile con AAE alla biopsia
Positività test di esposizione “naturale” (lavorativa).
Criteri minori
1. Rantoli crepitanti basali all’auscultazione toracica;
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2. Insufficienza respiratoria di tipo restrittivo
2. Diminuita capacità di diffusione alveolocapillare del CO;
3. Ipossiemia a riposo o dopo sforzo
INDICATORI BIOLOGICI
DI SUSCETTIBILITA’
Nell’ambito del monitoraggio biologico i fattori di suscettibilità genetica e/o acquisita possono essere
utilizzati quali indicatori biologici di suscettibilità per descrivere, spiegare e/o misurare la variabilità
osservata negli indicatori biologici.
APPLICAZIONI DEGLI INDICATORI BIOLOGICI DI SUSCETTIBILITA’
Gli indicatori biologici di suscettibilità possono fornire un importante contributo per:
•una corretta interpretazione della variabilità degli indicatori biologici di esposizione o di effetto
•una comprensione dei meccanismi biochimici e molecolari alla base di modificazioni biologiche che
possono o precedere una manifestazione clinica
•una stima del rischio mirata al singolo individuo o su sottogruppi di soggetti ipersuscettibili
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L’inquinamento indoor si riferisce alla presenza di contaminanti fisici,
chimici e biologici nell’aria degli ambienti chiusi di vita e di lavoro non
industriali e in particolare di tutti i luoghi confinati adibiti a dimora, svago,
lavoro e trasporto. Con il temine “indoor” si intendono pertanto sia le
abitazioni, gli uffici pubblici e privati (ospedali, scuole, uffici, caserme, ecc.),
le strutture commerciali (alberghi, banche, ecc.), i locali destinati ad attività
ricreative e/o sociali (cinema, bar, ristoranti, negozi, strutture sportive, ecc.)
ed infine i mezzi di trasporto pubblici e privati (auto, treno, aereo, nave,
ecc.).
Le CAUSE dell'inquinamento possono essere molteplici. I vari contaminanti possono infatti
derivare da:
IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE E DI RISCALDAMENTO;
ARREDI;
PRODOTTI PER LA PULIZIA E LA MANUTENZIONE;
ARIA ESTERNA;
PERSONE.
I parametri che influenzano la qualità dell'aria indoor possono essere:
fisici
chimici
microbiologici
I parametri fisici che influenzano la qualità dell'aria indoor sono:
VENTILAZIONE, processo di scambio dell'aria interna contaminata con l'aria esterna pulita;
TEMPERATURA;
UMIDITA' DELL'ARIA;
CONFORT TERMOIGROMETRICO, stato psicofisico in cui un soggetto esprime soddisfazione
nei riguardi dell'ambiente termico, in termini sia del confort globale sia di disconfort locale.
Analizziamo ora i PRINCIPALI CONTAMINANTI e i loro effetti:
1. ANIDRIDE CARBONICA. Deriva principalmente dalla respirazione e da fonti di combustione.
Determina difficoltà di respirazione, mal di testa e nausea.
2. MONOSSIDO DI CARBONIO. Deriva dall'ossidazione incompleta di composti organici in processi di
combustione (sistemi di riscaldamento, fumo di tabacco, fonti outdoor come il traffico
autoveicolare).
3. PARTICOLATO. Deriva dal fumo di sigaretta e impianto di ventilazione non in ottimo stato di
manutenzione. Gli effetti sono correlati con l'inalazione delle sostanze adsorbite sulla sua superficie
che WWWW.SUNHOPE.IT
facilmente possono penetrare nell'apparato respiratori (come i composti organici volatili).
4. VOC (COMPOSTI ORGANICI VOLATILI). Derivano dal fumo di sigaretta, ma anche disinfettanti,
insetticidi, colle ed adesivi. Determinano EFFETTI ACUTI e CRONICI: senso di fatica, mal di testa,
vertigini, debolezza, irritazione cutanea, oculare e al tratto respiratorio, aritmia cardiaca.
5. FORMALDEIDE. Deriva dal fumo di sigaretta e dai collanti per prodotti in legno. Determinano
effetti irritativi e sensibilizzanti: irritazione oculare, a naso, gola,starnuti e tosse, nausea e dispnea.
6. OZONO. Deriva da strumenti elettrici come stampanti laser, fax. Determina aumento della
reattività bronchiale, riduzione della funzione ventilatoria, aumento di infezioni batteriche e disturbi
del SNC.
7. AGENTI BIOLOGICI (acari,funghi, muffe e batteri). Deriva da fonti outdoor, polveri su superfici e
moquette, componenti del sistema di ventilazione. Determinano effetti tossici e danni soprattutto a
livello dell'apparato respiratorio.
8. RADON. Dal suolo sottostante l'edificio, il radon viene spinto verso l'esterno (dalla differenza di
pressione o per diffusione) e penetra negli edifici mediante le fessure presenti nelle fondamenta. Il
Radon è un gas radioattivo classificato come cancerogeno.
Le PRINCIPALI PATOLOGIE che sono connesse con una cattiva qualità dell'aria degli ambienti
indoor sono:
1. MALATTIE ASSOCIATE AGLI EDIFICI: sintomi o affezioni che colpiscono uno o
più abitanti di un edificio, attribuibili ad un agente causale noto, generalmente
correlato a una CATTIVA MANUTENZIONE DELL'IMPIANTO DI VENTILAZIONE E
CONDIZIONAMENTO DELL'ARIA.
Rientrano:
‐ malattie infettive (legionellosi, tbc, aspergillosi);
‐ malattie immunologiche (polmonite da ipersensibilità);
‐ malattie allergiche (dermatiti, riniti);
‐ malattie irritative (dermatiti, irritazione delle vie aeree).
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Nel caso degli ambienti indoor, risultano assenti VALORI LIMITE per i vari inquinanti.
In Italia, solo da pochi anni, sono state emanate le "LINEE GUIDA PER LA TUTELA E LA PROMOZIONE
DELLA SALUTE NEGLI AMBIENTI CONFINATI" e i "REQUISITI IGIENICI PER LE OPERAZIONI DI
MANUTENZIONE DEGLI IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE".
Come si effettua la VALUTAZIONE DEL RISCHIO? Si basa su differenti punti:
1. ACQUISIZIONE DATI SULL'EDIFICIO:
o CARATTERISTICHE DELL'EDIFICIO (come è stato costruito, dove si trova e com'è il
suolo sul quale poggia);
o CENSIMENTO DELLE PRINCIOPALI FONTI DI INQUINAMENTO INDOOR (arredi e
impianti);
o PROCEDURE DI GESTIONE (pulizia e manutenzione).
2. ANALISI DELLA SITUAZIONE mediante SOPRALLUOGHI e SOMMINISTRAZIONE DI QUESTIONARI
SULLA PERCEZIONE SOGGETTIVA DEL COMFORT DEI LAVORATORI.
3. INDAGINE AMBIENTALE STRUMENTALE mediante la misura dei differenti parametri
(microclimatici, anidride carbonica, monossido di carbonio);
4. INDAGINE AMBIENTALE SPECIALISTICA mediante la misura di parametri come composti organici e
formaldeide.
Tra le varie misure di sicurezza e prevenzione :
‐ per le POLVERI, tra le misure primarie rientra una settimanale pulizia e riduzione/eliminazione di
tappeti e moquette, tra le misure secondarie miglioramento dei sistemi di riscaldamento,
ventilazione e condizionamento dell'aria;
‐ per le FOTOCOPIATRICI e STAMPANTI LASER tra le misure rientra la COLLOCAZIONE IN LOCALI
APPOSITI;
‐ per il RADON, bisognerà aumentare la ventilazione e mantenere una differente pressurizzazione
intorno al seminterrato.
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Il rischio biologico rappresenta l'esposizione ad agenti biologici nell'ambito dell'attività lavorativa.
La definizione di agente biologico sec. il decreto legislativo 81/08:
• per Agente Biologico si intende qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato,
coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni.
• Microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire
materiale genetico.
• Coltura cellulare: risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari
Classificazione degli agenti biologici. (Art. 268 D.Lgs.81/08)
Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:
agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie
in soggetti umani
agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e
costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di
norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche (come ad esempio S. Aureus, C.
Tetani, B. Pertussis, N. Meningitidis, N. Gonorrhoeae)
agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e
costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità,
ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche (come ad es. per
HBV, HCV, HIV, S. Typhi)
agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in
soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato
rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure,
profilattiche o terapeutiche (come ad es. per Virus Ebola, Variola, Crimea‐Congo)
I Rischi presenti in ambito ospedaliero non sono solo biologici, ma ci sono anche il rischio chimico:
[sale operatorie (gas anestetici)], quello fisico (radiazioni ionizzanti e non ionizzanti) e quello
trasversale.
Il rischio da agenti biologici, in ospedale, è dovuto a:
Presenza di sorgenti naturali di infezione: pazienti affetti da patologie da agenti biologici con
frequente necessità di prelievo e/o manipolazione di loro materiali biologici;
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Modalità di contatto per lavorazioni specifiche (es. laboratori di microbiologia o di anatomia
patologica)
presenza di agenti biologici e/o derivati che può essere riferita a quella di qualsiasi moderno
edificio (es. rischi legati al sistema di condizionamento dell’aria)
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Titolo X D.lgs.81/08
Il campo di applicazione del Titolo X del Decreto comprende tutte le attivita' che possono
comportare rischio di esposizione ad agenti biologici:
sia quelle con uso deliberato di microrganismi: Settori lavorativi con l’uso deliberato di agenti
biologici sono:
Universita' e Centri di ricerca – ricerca e sperimentazione nuovi materiali e processi
utilizzanti agenti biologici; – laboratori di microbiologia (diagnostica e saggio)
Sanita‘ – ricerca e sperimentazione nuovi metodi diagnostici, – farmaci contenenti
agenti biologici (uso e sperimentazione)
Industria delle biotecnologie – produzione di microrganismi selezionati
che quelle con rischio potenziale di esposizione: attivita' con potenziale esposizione ad agenti
biologici sono
Industria alimentare
Agricoltura
Macellazione carni
Servizi veterinari
Industria di trasformazione di derivati animali (cuoio, pelle, lana, ecc.)
Servizi di raccolta, trattamento, smaltimento rifiuti
Servizio Sanitario Servizi sanitari
attività ambulatoriale o di ricovero (studi dentistici, ect.)
Laboratori diagnostici (esclusi quelli di microbiologia in cui si effettuino attività
comportanti uso deliberato di microrganismi)
Servizi mortuari e cimiteriali
Altre attivita' con potenziale esposizione ad agenti biologici
Servizi di disinfezione e disinfestazione
Impianti industriali di sterilizzazione, disinfezione e lavaggio di materiali potenzialmente
infetti
Impianti depurazione acque di scarico
Manutenzione impianti fognari
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Principali rischi infettivi in ambiente sanitario sono Virus Epatitici: HBV, HCV e altri
agenti virali epatitici, HIV, TBC., scabbia, agenti infettivi causa di meningite.
Le MODALITÀ DI TRASMISSIONE sono diverse
Nosocomiale (da paziente infetto a paziente, da ambiente a paziente)
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Occupazionale (da paziente infetto ad operatore)
Da operatore infetto a paziente
La TRASMISSIONE può essere:
o Diretta: Contatto sessuale Contatto tra cute e/o mucose Via transplacentare
Passaggio attraverso il canale del parto Allattamento materno
o Indiretta: Goccioline di saliva nell’aria espirata, vomito, feci, urine, sangue, pus,
attrezzature, aghi, oggetti taglienti, attrezzature contaminate
o Vettori : insetti, artropodi
Le VIE DI TRASMISSIONE sono: ingestione, Inalazione (aerogena per: contatti stretti come i familiari,
contatti regolari o saltuari), Inoculazione, contaminazione di cute e mucose
Ma in che modo si può essere esposti al rischio biologico? Vediamo le MODALITA' DI
ESPOSIZIONE: punture accidentali con aghi contaminati (modalità più frequente), tagli con
oggetti taglienti (bisturi, vetri rotti, etc.), contatto con mucose integre (occhi, cavo orale, naso) o
cute lesa (eczemi, lesioni) altri fluidi corporei assimilabili al sangue, attraverso liquidi corporei:
sperma, secrezioni vaginali, liquido cerebrospinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido
pericardico, liquido peritoneale, liquido amniotico, saliva nelle pratiche odontoiatriche, colture
cellulari o colture di tessuti infettati da HIV o HBV, sangue, organi o altri tessuti di animali da
laboratorio infettati sperimentalmente con HIV o HBV.
Il livello di RISCHIO è :
o TRASCURABILE, quando non c'è assistenza diretta dei pz, nè manipolazione di
campioni biologici;
o LIEVE, quando c'è assistenza diretta ai pz o manipolazione dei campioni biologici;
o MEDIO, esecuzione di procedure invasive a rischio di esposizione;
o ALTO, quando c'è assistenza diretta ai pz, manipolazione di campioni biologici,
esecuzione di procedure invasive a rischio di esposizione in condizioni tecniche,
organizzative, procedurali insufficienti o sfavorevoli
MISURE DI PREVENZIONE
WWWW.SUNHOPE.IT (norme di corretto comportamento)
o divieto di fumare mangiare al di fuori degli spazi appositamente riservati
o vietato toccare oggetti (telefono,porta,ecc ) con guanti utilizzati per prestazioni
sanitarie
o tutti gli operatori sanitari devono adottare le misure necessarie a prevenire incidenti
causati da aghi,bisturi ed altri oggetti taglienti utilizzati
o gli aghi non debbono essere reincappucciati, o volontariamente piegati o rotti, rimossi
dalle siringhe o altrimenti manipolati, al fine di prevenire punture accidentali
o dopo l’uso gli aghi , le lame di bisturi e altri oggetti taglienti debbono essere riposti
,per l’eliminazione , in appositi contenitori sistemati in posizione vicina e comoda
rispetto al posto dove vengono usati
E' fondamentale l' INFORMAZIONE E FORMAZIONE. Nelle attività nelle quali esistono
rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni su: a) i rischi
per la salute derivanti dagli agenti biologici utilizzati b) le precauzioni da prendere per evitare
l’esposizione c) le misure igieniche da osservare d) l’impiego di mezzi individuali di protezione e) le
procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici di gruppo 4 f) il modo di prevenire gli
infortuni e ridurne al minimo le conseguenze.
Nel luogo di lavoro sono presenti cartelli in cui sono riportate le procedure da seguire in caso di
infortunio. La formazione è fornita prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e
ripetuta con frequenza almeno quinquennale.
Il datore di lavoro: a) evita l’utilizzo di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo
consente e limita al minimo i lavoratori esposti al rischio di agenti biologici b) progetta
adeguatamente i processi lavorativi ed adotta misure collettive o individuali di protezione c) adotta
misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente
biologico fuori dal luogo di lavoro e definisce procedure di emergenza per gestire infortuni d) Segnala
adeguatamente la presenza di rischio biologico f) predispone i mezzi necessari per lo smaltimento
dei rifiuti e concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto di agenti biologici nel luogo di
lavoro
Misure specifiche di protezione e di prevenzione
Il datore di lavoro, sulla base dell’attività e della valutazione dei rischi di cui all’articolo 60‐bis,
provvede affinché il rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura
dell’attività lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono o sono
meno pericolosi per la salute dei lavoratori.
Quando la natura dell’attività non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore
di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione delle seguenti misure
nell’indicato ordine di priorità:
progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonchè uso di attrezzature
e materiali adeguati;
misure di protezione collettive;
misure di protezione individuali;
sorveglianza sanitaria dei lavoratori.
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Inoltre, il datore di lavoro adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali si
richiedano delle misure speciali di protezione, come la messa a disposizione di vaccini
efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni a quel determinato agente biologico presente
nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente. Vediamone alcuni:
Vaccino Anti HBV Vaccino sintetico con la tecnica del DNA ricombinante. Dopo un ciclo completo la
% di sieroconversione è superiore al 95% nei soggetti sani, sia bambini , che adulti. La durata della
protezione varia tra 5‐10 aa. Vaccino anti‐HBV La vaccinazione contro l'epatite virale B è
raccomandata, e offerta gratuitamente – agli operatori sanitari – e al personale di assistenza degli
ospedali e delle case di cura private – alle persone conviventi con portatori cronici del virus
dell'epatite B – agli operatori di pubblica sicurezza – ai politrasfusi e agli emodializzati – e a tutte le
altre categorie indicate nel D.M. del 4 ottobre 1991
Vaccinazione antitubercolare Il DPR 465 del 7/11/2001 ha stabilito che la vaccinazione
antitubercolare è ora obbligatoria soltanto per il personale sanitario, gli studenti in medicina, gli
allievi infermieri e chiunque, a qualunque titolo, con test tubercolinico negativo: – operi in ambienti
sanitari ad alto rischio di esposizione a ceppi multifarmacoresistenti – oppure che operi in ambienti
ad alto rischio e non possa essere sottoposto a terapia preventiva, perché presenta controindicazioni
cliniche all’uso di farmaci specifici
Cosa fare dopo la Mantoux?
o Se negativa: non è necessario fare altro‐‐‐> direttamente vaccinazione
o Se positiva –> Rx torace
Se il torace è normale con assenza di sintomi (infezione senza malattia) si esegue
una profilassi farmacologica.
Torace normale con presenza di sintomi si prosegue l’iter diagnostico
Rx torace alterato si prosegue l’iter diagnostico, vale a dire visita specialistica
pneumologica, infettivologica, esame escreato e coltura batterica per diagnosi
differenziale (TB o altra malattia).
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE Guanti Maschere Camici Occhiali Calzari
DPI
Camici. In campo sanitario gli indumenti da lavoro di norma non sono considerati D.P.I. salvo quando
vengono utilizzati in aggiunta alla divisa per proteggersi da un rischio specifico presente
nell’ambiente. I camici da adottare come D.P.I. sono quelli di tipo
chirurgico monouso di tipo idrorepellente in tessuto non tessuto, con
allacciatura posteriore, maniche lunghe con polsino di elastico o maglia, di
lunghezza almeno al di sotto del ginocchio. Durante l’esecuzione di
particolari manovre in cui l’operatore sanitario può essere esposto a schizzi
di liquido, per esempio broncostimolazione, il camice può essere rinforzato
anteriormente e sulle braccia può essere utilizzato un manicotto di
materiale barriera che oltrettutto facilita l’adesione del guanto sopra il
camice. I camici non vanno utilizzati fuori dalle aree di esposizione, come va
assolutamente evitato il loro utilizzo dopo precedenti esposizioni.
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Maschere: E' indispensabile l'uso di maschere filtranti facciali a conchiglia quando si eseguono atti
sanitari su pazienti che trasmettono malattie per via aerea o se si eseguono operazioni che possono
produrre schizzi di sangue. E' preferibile la conchiglia di tipo rigido, con idonea e morbida bardatura,
con stringinaso e con due elastici, in modo da permettere di adattare perfettamente la maschera al
viso dell'operatore sanitario
Occhiali: Gli occhiali devono essere dotati di protezione laterale oppure
a mascherina. Per gli Operatori che utilizzino sistemi di correzione, i DPI
devono essere compatibili con l’uso degli occhiali o con le lenti a
contatto. Sono sconsigliati gli schermi a visiera perché si sono verificate
contaminazioni degli occhi soprattutto quando si eseguono lavori che possono produrre schizzi con
notevole quantità di materiale biologico oppure schizzi provenienti dal basso. Devono avere lenti in
policarbonato antigraffio, incolori, otticamente neutre che non producano distorsioni (Classe ottica
1), montatura robusta, comoda, leggera e ben aderente al viso, possibilmente con astine regolabili.
Devono essere resistenti all’impatto (almeno simbolo F sia per la montatura che per le lenti),
antiappannanti (simbolo N) ed antigraffio (simbolo K). Per gli Operatori che utilizzino sistemi di
correzione, i DPI devono essere compatibili con l’uso degli occhiali o con le lenti a contatto. Gli
occhiali vanno lavati dopo l'uso con un detergente compatibile non aggressivo (sapone di marsiglia) e
sciacquati sotto un moderato getto d'acqua. L’eventuale disinfezione deve essere attuata utilizzando
prodotti quali: l’amuchina al 3%. In caso di sterilizzazione si devono utilizzare sistemi a freddo come
l’ossido di etilene o l’acido peracetico. Non bisogna mai usare detergenti abrasivi o fortemente
alcalini, solventi o liquidi organici come benzina.
Guanti Per la protezione delle mani occorre indossare guanti monouso in
lattice sufficientemente lunghi in modo da essere sempre indossati sopra i
polsini dei camici. Essi vanno indossati in tutte le fasi di manipolazione,
diretta ed indiretta, del sangue o di altri materiali biologici.
Non esistono guanti in lattice capaci di garantire una impermeabilità
assoluta al sangue ed una lunga resistenza nel tempo e pertanto devono
essere sostituiti ogni 30 minuti. I guanti in PVC possono essere utilizzati quando si deve manipolare
uno strumento od eseguire una procedura che termina in pochi minuti.
E’ necessario che sul guanto sia presente la marcatura CE come DPI di terza categoria ai sensi del
D.Lgs. 475/92 e possegga una certificazione che attesti i requisiti prescritti dalla norma tecnica EN
374 (protezione contro i microrganismi di classe 3‐ allegato XI del D. Lgs 626/94). Un organismo
notificato mediante opportuna certificazione deve attestare le caratteristiche tecniche e i requisiti
tecnici del DPI prevedendo test con impiego del batteriofago Phi X 174. Si raccomanda anche
un’accurata selezione della misura per ciascun Operatore (un guanto che non calzi bene, perché
troppo stretto o troppo largo,può costituire di per se un rischio); un altro parametro di grande
importanza di valutare all’atto dellla fornitura è lo spessore (in mm e frazioni), dovendosi soddisfare
le esigenze di resistenza alla lacerazione e/o alla perforazione con quelle di sensibilità, vestibilità e
tollerabilità per l’Operatore. Prima di indossare i guanti e soprattutto dopo averli rimossi bisogna
lavare accuratamente le mani.
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Guanti antitaglio Esistono dei presidi di protezione in fibra para –
aramidica al 100% (kevlar) che possono essere utilizzati come
sottoguanto durante gli interventi chirurgici a maggior rischio di taglio
e/o abrasione e comunque in tutti quei campi lavorativi che presentano
un rischio più accentuato. I guanti in kevlar possono essere riutilizzati. •
Le caratteristiche di questi guanto sono: elasticizzato al polso,
ambidestro, in fibra spectra o in kevlar con garanzia di una buona
resistenza al taglio, buona destrezza e sensibilità operativa, sterilizzabile
in autoclave a vapore. Ai fini della protezione nei confronti di agenti biologici, il guanto antitaglio
andrà abbinato al guanto monouso
Inoltre i calzari devono essere in dotazione presso le U.O. Pronto
Soccorso, Pneumologia, Malattie infettive, Microbiologia e Anatomia
Patologica.
Cuffie Le cuffie monouso devono essere utilizzate per proteggere i capelli da possibili contaminazioni
in presenza di aerosol e di batteri o virus diffusibili per via aerea. Si sottolinea che questi presidi
devono essere intesi come dispositivi di emergenza e per i visitatori
Grembiuli Grembiuli monouso impermeabili da utilizzarsi in particolari situazioni, che si possono
presentare in sala operatoria, sala parto e anatomia patologica, con allacciatura in vita e sul collo
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE COLLETTIVA
A questa categoria appartengono DOCCE e LAVAOCCHI : in realtà, si intende l'insieme di procedure
ed accorgimenti tecnici attuabili per la gestione del rischio biologico.
E' obbligatorio lavarsi le mani:
in caso di contatto accidentale con liquidi biologici;
dopo essersi tolti i guanti;
prima e dopo aver mangiato;
dopo aver utilizzato i servizi igienici;
tra un contatto e l'altro tra pz diversi;
prima di procedure invasive.
Quanto alle ATTREZZATURE, il lavandino è preferibile sia dotato di rubinetto a pedale o ad
azionamento a gomito o mediante fotocellula e deve contenere sapone liquido e non in pezzi, mezzi
per asciugarsi (carta in rotolo e salviette) e liquido disinfettante.
Un corretta procedura di lavaggio prevede:
togliere bracciali, anelli, orologi;
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insaponare per circa 10 secondi;
sciacquare con acqua corrente in modo completo.
solo in casi particolari (ad esempio dopo imbrattamento con liquidi organici), bagnare
le mani con liquido antisettico per almeno 30 secondi;
asciugarsi con la carta;
chiudere i rubinetti con la carta a perdere per asciugarsi, se non presenti dispositivi a
fotocellula.
Usare quantità appropriate di saponi e antisettici;
Aver cura di sciacquare completamente le mani dopo sapone o antisettico;
Alternare gli antisettici disponibili;
A fine giornata lavorativa usare creme protettive.
La SORVEGLIANZA SANITARIA relativamente al rischio da agenti biologici prevede:
o ESAMI DI LABORATORIO : per valutare l'immunizzazione nei confronti di agenti
biologici per i quali è disponibile un vaccino efficace;
o ESAME EMATOCHIMICO: transaminasi, glicemia, azotemia, cretininemia,QPE Markers
virali: HBsAb, HBcAb, HBsAg,HBeAb. HCVAb.
In occasione di infortunio con rischio infettivo per punture da ago o lesione da altri oggetti
taglienti o per contaminazioni muco‐ cutanee con sangue e/o materiali biologici, l'operatore è tenuto
ad adottare immediatamente le misure di prevenzione e gestione previste dalla Sorveglianza
Sanitaria.
Misure di prevenzione da adottare:
a) in caso di esposizione parenterale (puntura d'ago) aumentare il sanguinamento, detergere
abbondantemente con acqua e sapone, disinfettare la ferita;
b) in caso di contaminazione delle mucose(schizzo di liquido nel cavo orale o nella congiuntiva),
risciacquare abbondantemente con acqua corrente o con soluzione fisiologica;
c) in caso di contaminazione di cute lesa (liquido biologico su una soluzione di continuo di cute non
protetta) detergere abbondantemente con acqua e sapone, disinfettare la zona;
Avvisare immediatamente il responsabile della Divisione o del Servizio di appartenenza(Primario o
altro Dirigente, Preposto, Direttore del dipartimento o dell'istituto, Direttore della scuola di
specializzazione); recarsi nel più breve tempo possibile al Pronto Soccorso per le eventuali misure di
primo intervento e per ottenere la certificazione medica di apertura di infortunio.
Eseguire perlievo per markers virali a tempo: Tempo 0 Tempo 3 mesi Tempo 6 mesi Tempo 12
mesi.
Nel caso dell'epatite la somministrazione del farmaco entro 4 ore ha azione nel 98% dei casi.
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La tubercolosi (TBC) è la malattia infettiva a più elevata mortalità e morbilità da singolo agente
patogeno ed interessa circa un terzo della popolazione mondiale, rappresentando uno dei maggiori
problemi sanitari nei Paesi in via di sviluppo.
EPIDEMIOLOGIA NEL MONDO Nell’anno 2008 numero di casi incidenti di malattia TB pari a 9,4
milioni (143 nuovi casi per 100.000) 11,1 milioni di casi prevalenti 1,3 milioni di morti tra soggetti
non‐HIV+ 520.000 morti tra HIV+
Sebbene circa il 95% dei nuovi casi si verifichino in aree ad elevata endemia, dalla seconda metà
degli anni ‘80 l’infezione tubercolare ha presentato un nuovo e progressivo incremento in tutti i
paesi industrializzati: le cause sono attribuibili a diversi fattori quali l’immunodepressione, i flussi
migratori e, negli ultimi anni, l’abbandono dei programmi sanitari di controllo e prevenzione
dell’infezione.
EPIDEMIOLOGIA IN ITALIA
A fronte di questa apparente stabilità però il quadro epidemiologico della tubercolosi in Italia è
andato modificandosi sensibilmente negli ultimi anni. L’attuale situazione epidemiologica della
tubercolosi in Italia è caratterizzata da una concentrazione della maggior parte dei casi in alcuni
gruppi a rischio e in alcune classi di età. Nell'ultimo decennio i tassi di incidenza delle notifiche di tbc
sono stabili e inferori ai 10 casi per 100.000 abitanti, valore che pone l'Italia al di sotto della soglia dei
Paesi a bassa endemia.
Nonostante il quadro nazionale non desti particolare preoccupazione, sono presenti notevoli
differenze tra regioni sia nei tassi grezzi di incidenza totali che nei tassi disaggregati per classi di età e
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nazionalità. Dai dati disponibili, i casi di tbc si concentrano in particolare nel Centro‐Nord Italia.
In particolare si è assistito ad una riduzione dell'incidenza tra gli over 65 e ad un aumento
dell'incidenza tra i 15 e i 64 anni.
Un'altra condizione che crea difficoltà è la presenza di ceppi multifarmacoresistenti
EZIOLOGIA
La tubercolosi è causata daL Mycobacterium tubercolosis complex di cui fanno parte: M.
tuberculosis, M.bovis, M. africanum. Il più importante è M.tuberculosis hominis
Mycobacterium tuberculosis è un patogeno intracellulare a trasmissione interumana, a lento tempo
di moltiplicazione, presenta Alcol acido resistenza
Il bacillo tubercolare, a differenza della maggior parte dei batteri patogeni per l’uomo, è sprovvisto di
costituenti propri capaci di esercitare un’azione lesiva diretta nei confronti dell’organismo infetto.
Ciò che determina l’entità e la gravità del danno conseguente all’infezione tubercolare è
esclusivamente il tipo di risposta immunitaria che contro di essa viene organizzato
La risposta immunitaria nei confronti del BK è un classico esempio di reazione cellulo‐mediata, nella
quale, cioè, svolgono un ruolo preminente linfociti T e macrofagi, con scarsa o nulla partecipazione
di cellule produttrici di anticorpi o di altri fattori umorali. Le conseguenze dell’aggressione
immunitaria sono spesso sproporzionate rispetto alla sua efficacia, dal momento che il germe
sopravvive talvolta per anni all’interno dell’organismo infetto.
Oltre all'immunità cellulo‐mediata, un ruolo è svolto anche dall'immunità naturale.
IMMUNITÀ NATURALE (innata)
Costituisce la prima barriera atta a distruggere il germe non appena esso raggiunge la sede di
infezione.
I principali artefici di questo processo sono i macrofagi alveolari, dato che nella maggior parte
dei casi il BK penetra nell’organismo attraverso la via inalatoria.
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La distruzione del BK in questa fase dipende sia dal potere battericida intrinseco del
macrofago alveolare, sia dalle caratteristiche di virulenza (velocità di replicazione) del bacillo
inalato.
La capacità del BK di potersi mantenere vivo e non essere distrutto dai macrofagi non attivati è stata
messa in relazione con la capacità di questo microrganismo di impedire la fusione delle vescicole
fagosomiche con i lisosomi. Nel fagolisosoma i microrganismi sono uccisi, digeriti e smontati in
peptidi espressi sulla superficie cellulare, collegati con molecole del complesso maggiore di
istocompatibilità (MHC) di classe II. È il complesso MHC/peptidi di derivazione microbica che stimola
i linfociti T CD4+ e avvia una reazione immunitaria specifica.
E' bene ricordare che la funzionalità del compartimento macrofagico alveolare può essere
compromessa da una varietà di condizioni patologiche acquisite che rendono queste cellule
metabolicamente meno efficienti o ne producono un sovraccarico funzionale.
Qualora i macrofagi alveolari non riescano a eliminare completamente i bacilli inalanti, si può
assistere a una fase, detta latente, nella quale i BK si moltiplicano attivamente in macrofagi
immaturi, di derivazione ematica, senza che vengano stimolati i processi battericidi a opera di questi
ultimi e in assenza di effetti citocidi da parte del BK. La crescita esponenziale del bacillo tubercolare
in questa fase prelude l’intervento dell’immunità acquisita antitubercolare, mediata dai linfociti T.
IMMUNITÀ ACQUISITA (adattativa)
Alla prima infezione tubercolare, caratterizzata da un infiltrato flogistico aspecifico composto
prevalentemente da granulociti e dalla crescita dei micobatteri all’interno dei fagociti professionali,
segue lo sviluppo di un’immunità acquisita cellulare di tipo T helper 1 (Th1), che nella stragrande
maggioranza dei pazienti immunocompetenti riesce a controllare l’infezione tubercolare, attraverso
la formazione del granuloma tubercolare.
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TRASMISSIONE
Avviene per VIA AEROGENA attraverso le Goccioline di Flugge (saliva), particelle di 1‐5 micron di
diametro che contengono il bacillo di Koch e sono in grado di arrivare agli alveoli La carica infettante
è bassa: alcune decine di microrganismi possono provocare l’infezione Le particelle vengono emesse
con lo starnuto, la tosse, il catarro o semplicemente respirando o parlando
Altre modalità con cui si può trasmettere l'infezione x via aerogena: durante l’aerosol o
broncolavaggi
Contatti stretti (familiari, compagni di
La contagiosità della Malattia dipende da: camera, amici, colleghi di lavoro)
Immunità individuale Condivisione stabile di uno spazio confinato
N° organismi espulsi per molte ore al giorno Contatti regolari
Volume dello spazio‐ambiente e ventilazione Condivisione regolare dello stesso spazio
Tempo di esposizione all’aria contaminata chiuso Contatti saltuari (amici, colleghi o
familiari che abbiano contatti non
ravvicinati)
La trasmissione può avvenire anche meno frequentemente per:
INGESTIONE di latte non pastorizzato contaminato dal M.bovis
INCIDENTI di laboratorio
FORME CLINICHE
TUBERCOLOSI LATENTE L’OMS ha stimato che circa un terzo della popolazione mondiale ospiti il
Micobatterio tubercolare allo stato di latenza, indicando per l’Italia una prevalenza del 12%.
TBC POLMONARE PRIMARIA
TBC POST PRIMARIA: quadri morbosi polmonari: il più comune è un focolai infiammatorio localizzato
nei lobi superiori (infiltrato precoce di Assmann) che può andare incontro a remissione o
escavazione, c è poi la lobite, una broncopolmonite a focolai disseminati, una pleurite e versamento
pleurico ed infine la tbc miliare
TUBERCOLOSI MILIARE
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1. Tubercolosi linfonodale: scrofula
2.Tubercolosi genitourinaria
3.Tubercolosi scheletrica: MORBO DI POTT
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4. Tubercolosi scheletrica: ARTRITE TUBERCOLARE
5. Tubercolosi
gastrointestinale
6. Tubercolosi del SNC
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DIAGNOSI
Anamnesi ed Esame Obiettivo
Individuare i pazienti a rischio
Individuare sintomi e segni della malattia sistemici e organo specifici che possono indirizzare
verso la tubercolosi
Storia di malattia, infezione o esposizione alla tubercolosi ed eventuali trattamenti
Condizioni che aumentano il rischio di sviluppo della malattia tubercolare
Diagnosi di malattia attiva
DIAGNOSI PRESUNTIVA: MICROSCOPIA DIRETTA Presenza di bacilli acido‐resistenti (AAR) all’esame
tradizionale con colorazione di Ziehl Neelsen ‐ Auramina‐Rodamina. La presenza di micobatteri
all’esame diretto dell’espettorato, del lavaggio gastrico o del BAL è il segno della massima infettività
DIAGNOSI DEFINITIVA: ESAME COLTURALE Sono necessarie 4/8 settimane prima di poter rilevare la
crescita; tuttavia l’uso di terreni liquidi con rilevatore radiometrico di crescita può ridurre a 2/3
settimane il tempo necessario
IL CAMPIONE Può trattarsi di espettorato, frammenti di tessuto etc. Sebbene le linee guida
raccomandino l’analisi di tre campioni raccolti in giorni diversi, recenti studi negano che il secondo e
il terzo esame aumentino la sensibilità diagnostica
Il sospetto iniziale di TB è spesso basato su anomalie radiografiche in soggetti con sintomi
respiratori.
Quadro classico:
coinvolgimento dei lobi superiori
infiltrati e caverne In realtà la TB può presentarsi persino con radiogrammi negativi.
ALTRI AUSILI Amplificazione degli acidi nucleici: Può permettere la diagnosi in poche ore, ma ha una
bassa sensibilità (maggiore dell’esame diretto, minore del colturale) e alti costi. Le indicazioni sono:
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1. soggetti con AAR all’esame diretto,
2. conferma di malattia in soggetti negativi all’esame diretto
In casi selezionati si può ricorrere ai Test di sensibilità ai farmaci – inizialmente isoniazide,
rifampicina ed etambutolo – se vengono rilevate resistenze o se il paziente non risponde alla terapia
è necessario testare anche altri antibiotici
INTRADERMOREAZIONE SECONDO MANTOUX
utilizzato nello screening di LTBI
limitata sensibilità e specificità per la TB
iniezione intradermica di PPD (mix di antigeni di MTB):
1. il soggetto che ha immunità specifica produce una papula (lettura dopo 48‐72 h)
2. si misura l’infiltrato, non l’eritema
Falsi positivi:
•Legati a cross‐
reazione con altri
micobatteri
•Legati a vaccinazione con BCG (Effetto booster)
•Legati alla somministrazione
•Legati alla lettura Falsi negativi:
•Legati al soggetto testato (infezione da MTB recente, disendocrinopatie, età, terapie ecc.)
•Legati alla somministrazione o alla lettura
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TEST BASATI SULL’INTERFERON GAMMA (IGRA) Test in vitro che misurano l’IFN‐γ rilasciato dai
linfociti T in risposta ad antigeni tubercolari specifici come ESAT‐6 e CFP‐10, assenti nel BCG.
IL RISCHIO TUBERCOLOSI NEGLI OPERATORI SANITARI
EPIDEMIOLOGIA Il settore sanitario è tradizionalmente
considerato a maggior rischio di TB occupazionale. In nazioni con
elevata incidenza di TB, gli operatori sanitari hanno un rischio di
contrarre la patologia fino a 3 volte superiore rispetto alla
popolazione generale
GESTIONE DEL RISCHIO TBC NEI LUOGHI DI LAVORO
incidenza della TBC nella popolazione servita dalla struttura sanitaria
numero di pazienti con TBC contagiosa, che annualmente vengono assistiti dalla struttura
sanitaria e assistenziale
profili di resistenza della popolazione ricoverata
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• Misure prevenzione e protezione:
Misure di prevenzione ambientale
Gestione di casi indice
Dispositivi di protezione individuale
Vaccinazione La necessità o meno di vaccinazione antitubercolare discende da una specifica
valutazione del rischio, così come previsto dal DPR 465/2001 e dal D.lgs. 81/2008. Secondo il
DPR 465, la vaccinazione deve essere solamente considerata in quelle rare situazioni in cui,
per il controllo del rischio professionale, non si possa ricorrere al follow‐up e alla terapia
preventiva, per: a) Operatori esposti ad un documentato rischio di infezione tubercolare
sostenuti da bacilli MDR b) Soggetti con controindicazioni all’uso dei farmaci antitubercolari.
VACCINO BCG BACILLO DI CALMETTE E GUERIN Vaccino vivo‐attenuato costituito da un ceppo
di M.Bovis isolato dalla ghiandola mammaria di una vacca (ceppo Nocard), attenuato
mediante 254 passaggi su patata biliata e glicerinata. Somministrato per via intradermica
nella regione deltoidea bassa, monodose
La vaccinazione routinaria è raccomandata alla nascita nei paesi ad alta prevalenza di TB per
la protezione dei bambini da forme severe (meningiti e miliari) Tra gli effetti collaterali (1‐
10%) ricordiamo: ulcerazione locale e linfoadenite. Ha una bassa efficacia: 0‐80%, la
protezione dura 10 anni. Determina positività al TST, che diminuisce col passare degli anni
Chemioprofilassi: ha l’obiettivo di ridurre nel tempo il serbatoio naturale della malattia tubercolare.
Costituisce, pertanto, un valido strumento per il controllo della TBC e si basa sulla somministrazione
di un farmaco antitubercolare in particolari situazioni:
o contatti recenti e stretti di un caso contagioso di tubercolosi
o oggetti con forme di infezione tubercolare latente.
Il regime di trattamento raccomandato è Isoniazide per 6 mesi (5 mg/kg/die max 300 mg/die) in
somministrazione quotidiana. Un trattamento che ha mostrato una efficacia equivalente negli adulti
è rappresentato dall’associazione di Rifampicina (10 mg/kg/die max 600 mg/die) e Isoniazide (5
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mg/kg/die max 300 mg/die) per 3 mesi.
Secondo CDC e OMS per prevenire la trasmissione nosocomiale della tubercolosi il controllo deve
essere attuato su tre livelli che, in ordine di priorità, sono:
L’utilizzo di dispositivi di protezione individuale respiratoria va raccomandato a tutti gli operatori
sanitari che entrano in ambienti confinati dove sono ricoverati pazienti con tb polmonare accertata o
sospetta.
• Sorveglianza sanitaria Per quanto riguarda la sorveglianza degli operatori sanitari e dei soggetti
equiparati, tre sono i momenti fondamentali di controllo
Visita preventiva Visita preventiva In relazione a quanto evidenziato nel Documento di
valutazione dei rischi, nel contesto della visita preventiva, deve essere valutata l’opportunità
di effettuare lo screening per il rischio TBC che dovrebbe includere: ANAMNESI: valutazione
della storia personale o familiare di TBC, evidenza documentata dei risultati dei test per
infezione tubercolare (Test di Mantoux – TST e/o IGRA) e della pregressa vaccinazione con
BCG Ciò consentirà di non sottoporre soggetti già vaccinati ad un’altra vaccinazione e di
valutare il significato di una eventuale positività al test tubercolinico.
ESAME OBIETTIVO: valutazione di segni e sintomi compatibili con TBC o malattie che rendano
il lavoratore suscettibile all’infezione tubercolare
DIAGNOSTICA: esecuzione di test per infezione tubercolare, se non disponibili precedenti
risultati documentati positivi (diametro dell’infiltrato ≥ 10 mm) o negativi nei 12 mesi
precedenti.
All’assunzione, tutti i soggetti professionalmente esposti, inclusi quelli già precedentemente
vaccinati con BCG, dovrebbero eseguire una intradermoreazione con PPD con tecnica di
Mantoux, esclusi quelli con cutipositività documentata nei precedenti 2 anni o hanno una
storia documentata di malattia tubercolare adeguatamente trattata.
Una risposta al PPD di diametro ≥ 10 mm nel soggetto vaccinato dovrà, comunque, essere
valutata come attribuibile a probabile contagio.
Negli individui vaccinati con BCG, l’uso di test basati sul rilascio di interferon‐gamma (IGRA) è
raccomandato come test di conferma nei pazienti risultati positivi all’intradermoreazione. La
negatività del test IGRA può essere considerata indicativa di assenza di infezione tubercolare
anche in presenza di positività del TST.
Per i soggetti ad altissimo rischio di sviluppare la malattia tubercolare, se affetti o se portatori
di condizioni che determinano alto rischio relativo di malattia in seguito ad infezione con
Bacillo di Kock, il cut off è abbassato da 10 mm a 5 mm.
Controlli periodici
ANAMNESI valutazione della storia personale o familiare di TBC evidenza documentata dei
risultati dei test per infezione tubercolare (Test di Mantoux – TST e/o IGRA)
ESAME OBIETTIVO valutazione di segni e sintomi compatibili con TBC o malattie che rendano
il lavoratore suscettibile all’infezione tubercolare
PERIODICITÀ DELLO SCREENING CON PPD La necessità di ripetere lo screening e la sua
periodicità vanno stabilite in base alle specifiche valutazioni del rischio per le singole aree di
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attività ed i singoli profili professionali.
Esposizione professionale a seguito di incidente/infortunio(visita straordinaria) nel caso di
esposizione professionale avvenuta in assenza delle idonee misure di sicurezza, a tutti i
soggetti individuati come “contatti stretti” il medico competente dovrà garantire un apposito
monitoraggio in ambiente specialistico. Nella gestione di tali condizioni indispensabile è la
stretta collaborazione tra medico competente e specialista pneumologo. Gli accertamenti
andranno ripetuti a distanza di 60 giorni dall’avvenuta esposizione
• Formazione e informazione
Corretto utilizzo dei DPI
Sensibilizzazione degli operatori a richiedere visita al MC in presenza di sintomatologia
suggestiva di malattia tubercolare
Corretta gestione dei casi infetti
Informativa sui test diagnostici per la TBC
Informativa su terapia preventiva nelle forme latenti – Informativa sulla vaccinazione
Il datore di lavoro, secondo quanto previsto dall’art. 17, comma 1 let. a, del D.lgs. n. 81/2008, ha
l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi per il lavoratore (artt.28‐30); alla stessa, è tenuto a
collaborare il medico competente (art. 25, comma 1 let. a)
GIUDIZIO DI IDONEITÀ
IDONEITÀ PIENA:
Contatti che non si sono positivizzati.
Lavoratori con forme latenti che rifiutano la terapia ma che non afferiscono a reparti a rischio
per sé e per i pazienti
Lavoratori con pregressa malattia tubercolare eradicata farmacologicamente
IDONEITà CON LIMITAZION:
Lavoratori con forme latenti che rifiutano la chemioprofilassi che afferiscono a reparti a
rischio per sé e per i pazienti
Lavoratori con controindicazioni alla terapi o al vaccino
IDONEITà CON PRESCRIZIONI
Lavoratori che afferiscono a reparti ad alto rischio per TBC MDR
INIDONEITà TEMPORANEA
Lavoratori con TBC attiva,
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in trattamento farmacologico,
con sputum positivo e/o effetti collaterali del trattamento farmacologico che interferiscano
con le capacità lavorative
AMIANTO
Quando sorge il pericolo per le costruzioni manufatte a base d’amianto? Quando questo materiale,
oltre ad essere in cattive condizioni e oltre ad essere altamente friabile, viene soggetto ad esempio a
notevoli vibrazioni dell’edificio, viene soggetto a notevoli correnti d’aria, che favoriscono la
dispersione nell’atmosfera o a grossi movimenti nella struttura, da parte di macchine e di persone.
Cosa dovrebbe essere fatto per rimuovere la diffusione di amianto nell’aria? Ci sono delle persone
che si dedicano proprio alla valutazione del rischio da amianto presente nei territori dove è stato
utilizzato.
La prima cosa che viene fatta è lo studio delle condizioni dell’installazione delle strutture dove è
presente amianto, per valutare se oggettivamente possono essere rilasciate fibre di amianto in
quella realtà o meno. Dopo di che vengono misurate queste fibre di amianto nell’atmosfera per
capire se siano al di sopra o al di sotto quei parametri massimi consentiti di esposizione alla
popolazione e ai lavoratori. Le fibre di amianto vengono captate e ci sono una serie di tecniche, come
la spettrometria, che permettono di analizzare nell’aria captata, il quantitativo di fibre presenti. Dal
quantitativo di fibre presenti si capisce se quella è un’area a rischio o meno. E quindi, dopo questa
valutazione ed eventualmente, dopo aver scoperto che viene superato questo valore di 0,1
fibre/cm^3, vengono attuate una serie di misure organizzative, procedurali, igienico‐sanitarie atte a
contenere la diffusione dell’amianto.
La rimozione dell’amianto può avvenire in tre modi: con un processo che si chiama rimozione totale
dell’amianto e altre due modalità che sono l’incapsulamento e il confinamento.
La rimozione dell’amianto totale comporta un aumento del rischio di esposizione per i
lavoratori. Inoltre, il materiale che viene completamente asportato, deve essere smaltito,
quindi c’è anche tutta la procedura di controllo e prevenzione per colore che smaltiscono i
rifiuti speciali. Nella pratica, però, la rimozione totale
dell’amianto non viene mai effettuata perché ha un
costo elevatissimo, perciò vengono spesso preferite a
questa altre due fasi, che sono molto meno pericolose e
cioè l’incapsulamento e il confinamento.
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Nell’incapsulamento, praticamente, le fibre di amianto vengono incapsulate e quindi
rimangono nello stabilimento, vengono bloccate nella loro emissione e questo processo
comporta un minimo rischio per i lavoratori che ne vengono esposti, però per coloro che
abitano poi in quella struttura, la problematica più importante è la manutenzione periodica
dell’effettiva tenuta delle fibre di amianto in questo sistema di incapsulamento.
Confinamento: le fibre di amianto vengono confinate tramite una
barriera che viene sollevata tra l’ambiente esterno e l’ambiente
dove c’è l’amianto. La barriera è una barriera a tenuta, come se
fosse una parete. L’attendibilità del confinamento deve essere
sempre controllata da una buona manutenzione.
Infine, tutti i decreti legislativi, come la 626/94, il D.Lgs 81/08, il 106/09
hanno bandito completamente l’utilizzo dell’amianto, hanno ribadito
l’eliminazione dell’amianto da tutti i processi produttivi e ritengono che l’amianto sia ancora un
problema per la salute. Oggigiorno è fondamentale identificare le principali fonti di dispersione e
poter intervenire per eliminarle o quanto meno controllarle, in modo da ridurre al minimo la
diffusione anche nella popolazione generale.
La medicina del lavoro tutela la SALUTE (intesa come BENESSERE PSICO‐FISICO DEL LAVORATORE) e
la SICUREZZA DEI LAVORATORI, regolamentate giuridicamente in italia dal DECRETO LEGISLATIVO
n.81 del 2008.
Salute e sicurezza sono infatti esposte a RISCHI OCCUPAZIONALI: lo scopo della medicina del lavoro
è pertanto PREVENTIVO e CURATIVO (ricorda che la prevenzione può essere
PRIMARIA=individuazione e d eliminzaione dei rischi, SECONDARIA=diagnosi precoce di malattia,
TERZIARIA= cura,riabilitazione, contenimento lesioni permanenti…Un medico di medlav che fa
dianosi tardiva ha FALLITO!!)
La medicina del lavoro pertanto, si occupa di:
INFORTUNI SUL LAVORO;
MALATTIE PROFESSIONALI;
FATTORI DI RISCHIO OCCUPAZIONALI.
Per SALUTE intendiamo lo stato di benessere fisico, mentale e sociale, non solo assenza di malattia.
E’ uno stato che permette agli individui di svolgere il proprio ruolo sociale. La salute è garanzia
di…..BENESSERE, che può essere soggettivo, oggettivo, psicologico e sociale
I soggetti coinvolti sono:
DATORE DI LAVORO;
MEDICO COMPETENTE;
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RESPONSABILE E ADDETTI AL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE: essi
devono visitare il posto di lavoro, verificare quali sono gli agenti di rischio ed emettere il
DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO in collaborazione con il medico
competente;
RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA;
LAVORATORI. Bisogna tener conto che ad essere esposti ai fattori di rischio
professionali non sono solo i lavoratori, ma anche gli EX LAVORATORI (ricordiamo le
malattie tumorali che compaiono a lunga latenza, dopo anni dall'esposizione a
materiali tossici e radioattivi)e i FAMILIARI DEL LAVORATORE (può essere
contaminato l'ambiente domestico oppure l'abitazione può trovarsi vicino al luogo
di lavoro).
Nell'inquadramento generale della medicina del lavoro, vediamo anche quali sono le principali
AGENZIE nazionali e internazionali che riguardano tale settore:
ACGIH, americana;
DFG, tedesca;
SCOEL, europea
NIOSH, riveste grande importanza;
SIVR (società italiana valori di riferimento) e INAIL (istituto nazionale per l'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro), insieme a tante altre, in ITALIA. Innanzitutto, però, nella
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nostra nazione facciamo riferimento alla legislazione italiana e poi, se c'è qualche mancanza, si
ricorre allo SCOEL e all'ACGIH.
Tre sono gli obiettivi principali della Medicina del Lavoro:
• il mantenimento e la promozione della salute e della capacità lavorativa;
• il miglioramento dell’ambiente di lavoro e del lavoro stesso per renderli compatibili ad esigenze di
sicurezza e di salute;
• lo sviluppo di una organizzazione e di una cultura del lavoro che vada nella direzione della salute
e della sicurezza. La Medicina del Lavoro oggi si occupa di preservare non solo la salute ma anche il
benessere psicofisico del lavoratore. (Art. 2087 codice civile)
Ruolo del MEDICO DEL LAVORO
o Riconoscimento della rilevanza dell’attività lavorativa per lo stato di salute.
o Identificazione dei fattori di rischio ambientali, sociali e personali e delle loro
interazioni.
o Valutazione dei rischi per la salute.
o Informazione e formazione sui rischi, sulla prevenzione degli infortuni e delle
malattie professionali e promozione della salute.
o Sorveglianza sanitaria dei gruppi di lavoratori esposti.
o Diagnosi di alterazioni precoci dello stato di salute individuale.
o Diagnosi e trattamento di patologie occupazionali e lavoro‐correlate.
o Riconoscimento e controllo dei fattori di suscettibilità individuale (congeniti e
acquisiti).
o Valutazione (e prevenzione) degli effetti avversi di esposizioni lavorative in affezioni
non correlate con il lavoro.
o Trattamento terapeutico‐riabilitativo.
o Reinserimento lavorativo, terapia occupazionale.
Decreti legislativi che hanno dettato le regole per la sicurezza
nei luoghi di lavoro
I Nuovi decreti post 626
Testo unico in materia di tutela e sicurezza dei lavoratori D. Lgs 81/2008 D.
Lgs 106/09
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DEFINIZIONI
Rischio= Probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di
esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione.
Pericolo= Proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare
danni. (per esempio di un materiale)
Esposizione= probabilità reale e misurabile di contatto del lavoratore con un agente di rischio.
(vedere le condizioni di esposizione…x es se ho messo i guanti o no)
CLASSIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DEI RISCHI NEL LUOGO DI LAVORO
Il rischio viene espresso :
in termini di PROBABILITA', come il PRODOTTO DELL'ESPOSIZIONE PER IL PERICOLO ed
eventualmente per la SUSCETTIBILITA' INDIVIDUALE. Dunque: R = E x P (x S);
P Indice di pericolosità intrinseca di una sostanza o di una miscela (identificato con le frasi o
indicazioni di pericolo H) E livello di esposizione dei soggetti nella specifica attività lavorativa
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come STIMATORE DI PROBABILITA' (che un evento dannoso si verifichi), in termini di PRODOTTO
DEL DANNO PER LA PROBABILITA'.
In realtà, sebbene la prima definizione sia quella più accreditata, viene utilizzata anche la seconda. Il
motivo è che esiste una particolare griglia che si può utilizzare per stimare il rischio di un'attività
lavorativa, la quale è così costituita:
La probabilità è matematicamente indicata con un numero (0 = non c'è probabilità, 1 = 100% di
probabilità).
Gli STRUMENTI di cui si avvale la medicina del lavoro sono:
1. VALUTAZIONE DEI RISCHI, intesa come:
a. IDENTIFICAZIONE DEGLI AGENTI DI RISCHIO;
b. VALUTAZIONE DELL'ENTITA' DEL RISCHIO.
2. GESTIONE DEI RISCHI, di cui fa parte:
a. SORVEGLIANZA SANITARIA;
b. MISURE ORGANIZZATIVE (turni, gestione del personale, ecc..);
c. MISURE DI CONTROLLO (monitoraggio);
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Va sottolineato che "valutazione rischi" e "gestione rischi" sono dei processi in CONTINUO DIVENIRE:
per legge, bisogna rifare la valutazione dei rischi e la gestione dei rischi in qualsiasi momento ci sia
una modifica aLl'interno sia della struttura gerarchica, sia del ciclo produttivo dell'azienda e, anche
se esse non ci sono, vengono comunque fissate delle scadenze in cui tali strumenti vanno rinnovati.
CLASSIFICAZIONE.
Vediamo innanzitutto brevemente la differenza tra:
RISCHIO OGGETTIVO, quando esiste una potenzialità lesiva OGGETTIVA. Un rischio oggettivo è
una sostanza cancerogena, che, in effetti, ha una potenzialità di danno elevata;
RISCHIO SOGGETTIVO, è la percezione diversa del rischio che può avere una persona rispetto ad
un'altra. La percezione di un rischio ALTO, sebbene esso OGGETTIVAMENTE SIA BASSO, da parte di
una persona nell'ambiente lavorativo può comportare INCREMENTO DEL RISCHIO EFFETTIVO che
subisce il lavoratore stesso e può determinare il FALLIMENTO DI TUTTI I PROGRAMMI DI
PREVENZIONE.
Quindi, quando questo si verifica è FONDAMENTALE incrementare i programmi di formazione al fine
di far percepire correttamente il rischio.
I rischi vengono classificati in:
RISCHI PER LA SICUREZZA, di NATURA INFORTUNISTICA: possono essere dovuti alle
STRUTTURE STESSE, ai MACCHINARI, agli IMPIANTI ELETTRICI o a SOSTANZE PERICOLOSE;
RISCHI PER LA SALUTE, di NATURA IGIENICO‐AMBIENTALE: possono essere dovuti ad
AGENTI CHIMICI, FISICI e BIOLOGICI.
Gli agenti chimici, indicati nella categoria precedente come SOSTANZE PERICOLOSE, hanno questa
duplice azione : possono causare incidente quando le si tocca e possono compromettere la salute
quando vengono lentamente assunte a seguito dell'esposizione ad esse.
RISCHI PER LA SALUTE E PER LA SICUREZZA, di tipo TRASVERSALE.
Più nei dettagli, abbiamo:
RISCHI DI TIPO FISICO, in cui rientrano RUMORI E VIBRAZIONI; Rischi da esposizione a fattori
fisici che interagiscono in vari modi con l'organismo umano: •Rumore •Vibrazioni
•Ultrasuoni •Radiazioni non ionizzanti (presenza di apparecchiature che impiegano radiofrequenze,
microonde, radiazioni infrarosse, luce, laser, etc.) •Microclima (carenze nella climatizzazione
dell'ambiente per quanto attiene a temperatura, umidità relativa, ventilazione, calore radiante,
condizionamento) •Illuminazione (carenze nei livelli di illuminamento ambientale e dei posti di
lavoro (in relazione alla tipologia della lavorazione)
•Videoterminali (posizionamento, illuminotecnica, postura, microclima, etc.)
RISCHI DI TIPO BIOLOGICO, in cui rientrano varie malattie come EPATITE, AIDS, TBC,
MORBILLO, PAROTITE, ROSOLIA; Rischi connessi con l'esposizione (ingestione, contatto
cutaneo, inalazione) a organismi e microrganismi patogeni o non, colture cellulari,
endoparassiti umani, presenti nell'ambiente a seguito di: • emissione involontaria (impianto
condizionamento, emissioni di polveri organiche, etc.) • emissione incontrollata (impianti di
depurazione delle acque, manipolazione di materiali infetti in ambiente ospedaliero,
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impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti ospedalieri, etc.) • trattamento o manipolazione
volontaria, a seguito di impiego per ricerca sperimentale in vitro o in vivo o in sede di vera e
propria attività produttiva (biotecnologie)
RISCHI DI TIPO ALLERGOLOGICO, in cui rientrano DERMATITI DA CONTATTO e ASMA
BRONCHIALE;
RISCHI TRASVERSALI,
Organizzazione del lavoro
Processi di lavoro usuranti: per esempio, lavori in continuo, sistemi di turni, lavoro
notturno
Pianificazione degli aspetti attinenti alla sicurezza e alla salute: programmi di
controllo e monitoraggio ambientale e biologico
Manutenzione degli impianti, comprese le attrezzature di sicurezza
Procedure adeguate per far fronte agli incidenti e a situazioni di emergenza
Movimentazione manuale dei carichi Lavoro ai VDT (es.: DATA ENTRY)
Fattori psicologici
Intensità, monotonia, solitudine, ripetitività del lavoro
Carenze di contributo al processo decisionale e conflittualità
Complessità delle mansioni e carenza di controllo
Reattività anomala a situazioni di emergenza
Fattori ergonomici
Sistemi di sicurezza e affidabilità delle informazioni
Conoscenze e capacità del personale
Norme di comportamento
Soddisfacente comunicazione e istruzioni corrette in condizioni variabili
Condizioni di lavoro difficili
Lavoro con animali
Lavoro in atmosfere a pressione superiore o inferiore al normale
Condizioni climatiche esasperate
Lavoro in acqua: in superficie (es.: piattaforme) e in immersione
Conseguenze di variazioni ragionevolmente prevedibili dalle procedure di lavoro in
condizioni di sicurezza
Ergonomia delle attrezzature di protezione personale e del posto di lavoro
Carenza di motivazione alle esigenze di sicurezza;
RISCHI DI TIPO CHIMICO, in cui rientrano SOLVENTI, CANCEROGENI e METALLI. Rischi di
esposizione connessi con l'impiego di sostanze chimiche, tossiche o nocive in relazione a:
ingestione, contatto cutaneo, inalazione per presenza di inquinanti aerodispersi sotto forma
di: polveri, fumi, nebbie, gas e vapori.
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1.ETICHETTE
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Questi pittogrammi arancionni, oggi non sono più usati, ma ne sono stati creati dei nuovi al fine
di UNIFORMARE A LIVELLO MONDIALE LA NOMENCLATURA E LA RAPPRESENTAZIONE
Notare che il pittogramma con la bombola è nuovo! Non c’è il corrispettivo arancione! Inoltre non
c’è più differenza tra tossico ed estremamente tossico, ma c’è differenza tra tossico che produce
effetti ACUTI e tossico che produce effetti CRONICI.
Frasi di rischio chimico
Frasi R
Sono chiamate frasi R (frasi di rischio) alcune frasi convenzionali, oggi abrogate, che descrivevano i
rischi per la salute umana, animale ed ambientale connessi alla manipolazione di sostanze
chimiche[1].
Queste frasi erano state codificate dall'Unione europea nella direttiva 88/379/CEE, sostituita dalla
direttiva 1999/45/CEE a sua volta modificata dalla direttiva 2001/60/CEE. La normativa prevedeva
che ogni confezione di prodotto chimico recasse sulla propria etichetta le frasi R e le frasi S
corrispondenti al prodotto chimico ivi contenuto. Ad ogni frase era associato un codice univoco
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composto dalla lettera R seguita da un numero, e ad ogni codice corrispondevano le diverse
traduzioni della frase in ogni lingua ufficiale dell'Unione europea.
In seguito la direttiva 1999/45/CEE è stata abrogata dal Regolamento (CE) n. 1272/2008, che ha
sostituito le frasi R con le frasi H.
Le frasi H (Hazard statements), contenute all'interno del Regolamento (CE) n. 1272/2008,
rappresentano indicazioni di pericolo relative a sostanze chimiche.
Riporto qualche esempio detto a lezione: H300= letale se ingerito; H301= tossico se ingerito; H302=
nocivo se ingerito; H350= può provocare cancro
Frasi S
Sono chiamate frasi S (frasi di sicurezza) alcune frasi convenzionali, oggi abrogate, che descrivevano i
consigli di prudenza cui attenersi in caso di manipolazione di sostanze chimiche.
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Le frasi S erano state codificate dall'Unione europea nella direttiva 88/379/CEE, che prevedeva che
ogni confezione di prodotto chimico recasse sulla propria etichetta le frasi R e le frasi S
corrispondenti al prodotto chimico ivi contenuto. Ad ogni frase era associato un codice univoco
composto dalla lettera S seguita da un numero, e ad ogni codice corrispondevano le diverse
traduzioni della frase in ogni lingua ufficiale dell'Unione europea.
Nel 2008 è entrato in vigore il Regolamento (CE) n. 1272/2008, che ha sostituito le frasi S con i
cosiddetti consigli P.
I cosiddetti consigli P (Precautionary statements) sono prescrizioni di natura sanitaria
contenute all'interno del Regolamento (CE) n. 1272/2008[1] e rappresentano consigli di prudenza
relativi a sostanze chimiche.
I consigli P hanno sostituito le più vecchie frasi S, oggi abrogate.
Per esempio P301= se la respirazione è difficile, trasportare l’infortunato all’aria aperta e
mantenerlo in posizione a riposo.
2 SCHEDA DI SICUREZZA
1.Identificazione del preparato e della società
La denominazione del prodotto deve essere la stessa che compare in etichetta. Devono essere
riportati i dati d’identificazione del responsabile dell’immissione sul mercato (fabbricante,
importatore o distributore), con nominativo, indirizzo completo, telefono.
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2. Composizione – Informazioni sugli ingredienti
L’informazione deve permettere d’identificare agevolmente i rischi
rappresentati dal preparato, mediante l’indicazione della presenza e
relativa concentrazione di: sostanze pericolose per la salute ai sensi
della legge 256/74 e successive modifiche, sostanze per le quali
esistono, in virtù delle disposizioni comunitarie, dei limiti di
esposizione riconosciuti, ma che non sono coperte dalla direttiva suddetta con menzione della
classificazione, vale a dire i simboli e le frasi R loro assegnate
3. Identificazione dei pericoli
Si devono identificare i rischi più importanti che presenta il preparato, con
descrizione degli effetti dannosi più importanti per la salute dell’uomo ed i sintomi
che insorgono in seguito all’uso ed al cattivo uso ragionevolmente prevedibili, in
analogia a quanto riportato sull’etichetta.
4. Misure di primo soccorso
Devono essere fornite indicazioni, brevi e di facile
comprensione, sulle misure di primo soccorso per l’infortunato,
per le persone a lui vicine e per coloro che prestano i primi
soccorsi. I sintomi e gli effetti devono essere descritti
succintamente e le istruzioni devono indicare cosa si debba
fare subito in caso d’infortunio e quali effetti ritardati siano da
attendersi a seguito dell’esposizione. Si consiglia l’uso di
ripartizione in paragrafi relativi a: • inalazione • contatto con la
pelle • contatto con gli occhi • ingestione.
Indicare se è necessaria o consigliabile la consultazione di un medico. Per alcuni prodotti può essere
importante segnalare se occorre la presenza, sul posto di lavoro, di mezzi speciali di trattamento
specifico ed immediato
5 Misure antincendio
Devono essere indicate le prescrizioni per la lotta contro gli incendi causati
dal prodotto, o che si sviluppano nelle sue vicinanze, precisando: • I mezzi
di estinzione appropriati • I mezzi di estinzione che NON devono essere
usati • Eventuali rischi di esposizione derivanti dal preparato stesso dai
prodotti di combustione, dai gas prodotti • L’equipaggiamento speciale di
protezione per gli addetti all’estinzione degli incendi. Misure antincendio
6. Misure in caso di fuoriuscita accidentale
Indicare, sulla base del tipo di prodotto, le misure da adottare in caso di fuoriuscita accidentale.
Misure relative alle precauzioni individuali: rimuovere le fonti d’innesco di
incendio, predisporre di adeguata ventilazione o di una protezione
respiratoria, lotta contro le polveri, prevenzione del contatto con la pelle e
con gli occhi.
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Misure relative alle precauzioni ambientali: tenere la sostanza lontano dagli scarichi, dalle acque di
superficie e sotterranee e dal suolo, dare l’allarme al vicinato ed alle autorità competenti, misure
relative ai metodi di pulizia, quali: uso di materiale assorbente (ad es sabbia, farina fossile, legante
acido, legante universale, segatura, ecc), riduzione con acqua dei gas e dei fumi, diluizione
7. Manipolazione e stoccaggio
MANIPOLAZIONE Se il caso indicare gli accorgimenti tecnici per la manipolazione in sicurezz
STOCCAGGIO Indicare, se il caso, le condizioni per uno stoccaggio sicuro: • Progettazione specifica
dei locali e dei contenitori • Paratie di contenimento • Ventilazione • Materiali incompatibili • Limiti
o intervalli di temperatura ed umidità, luce, gas inerte • Necessità di impianto elettrico speciale •
Prevenzione dell’accumulo di elettricità speciale • Limiti quantitativi in condizioni di stoccaggio •
Indicazioni sul tipo di materiale utilizzato per l’imballaggio ed i contenitori del preparato
8. Controllo dell’esposizione – Equipaggiamento per la protezione individuale
Indicare ulteriori misure e accorgimenti per garantire la
sicurezza durante la manipolazione del prodotto, a
completamento delle informazioni relative alla
manipolazione. E’ bene ricordare che occorre sempre
privilegiare le misure di natura tecnica, per il controllo
dell’esposizione, e soltanto in seconda battuta o per
complemento, ricor rere ai DPI. Indicare in questa sezione
eventuali parametri specifici di controllo, quali valori limite
o standard biologici. Fornire informazioni in merito ai
procedimenti di controllo raccomandati indicandone i
riferimenti. Nel caso in cui occorra una protezione individuale, specificare il tipo di equipaggiamento
in grado di fornire l’adeguata protezione. • Protezione respiratoria: autorespiratori, maschere e filtri
adatti. • Protezione delle mani: guanti o misure supplementari per la protezione della pelle o delle
mani • Protezione degli occhi: occhiali di sicurezza, visiera, schermo facciale • Protezione della pelle:
camice, grembiule, stivali, indumenti protettivi completi.
9. Proprietà fisiche e chimiche
Questa voce comprende, se attinenti, le seguenti informazioni sul preparato: • Aspetto: stato fisico
(solido, liquido, gassoso) e colore del preparato all’atto della fornitura • Odore: se percettibile • pH
• Punto o intervallo di ebollizione • Punto o intervallo di fusione • Punto di infiammabilità •
Infiammabilità (solidi, gas) • Auto‐infiammabilità • Proprietà esplosive • Proprietà comburenti •
Pressione di vapore • Densità relativa • Solubilità: idrosolubilità o liposolubilità (solvente grasso da
precisare) • Coefficiente di ripartizione: n‐ottanolo/acqua • Altri dati: indicare i parametri
importanti per la sicurezza, come la densità di vapore, la miscibilità, la velocità di evaporazione, la
conducibilità, la viscosità
10. Stabilità e reattività
Questa voce riguarda la stabilità del preparato chimico e la possibilità che si verifichino reazioni
pericolose in determinate circostanze Occorre pertanto indicare: • Le condizioni di rischio (es.
temperatura, pressione, luce, urti e simili) • Le sostanze che possono reagire in modo pericoloso (es
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acqua, aria, acidi, basi, ossidanti o altre sostanze) • Prodotti di decomposizione pericolosi11.
Informazioni tossicologiche
11. Informazioni tossicologiche
Devono essere indicati: • Gli effetti nocivi che possono derivare dall’esposizione al
preparato, sulla base dell’esperienza o di conclusioni tratte da esperimenti
scientifici • Le vie di esposizione (inalazione, ingestione, contatto con la pelle
o con gli occhi) con descrizione dei sintomi • Eventuali effetti ritardati
ed immediati in seguito ad esposizione breve o prolungata: ad esempio effetti
sensibilizzanti, cancerogeni, mutageni, tossici per la riproduzione compresi gli
effetti teratogeni, nonché narcotizzanti
12. Informazioni ecologiche
Fornire una valutazione d’impatto ambientale del prodotto. Indicare eventuale: •
Persistenza e degradabilità • Potenziale di bioaccumulo • Tossicità acquatica ed altri
dati relativi all’ecotossicità, ad esempio, comportamento negli impianti di
trattamento delle acque residue
13. Considerazioni sullo smaltimento
Indicare metodi di smaltimento idonei compresi quelli per i contenitori
contaminati (incenerimento, riciclaggio, messa in discarica, ecc)
14. Informazioni sul trasporto
15. Informazioni sulla regolamentazione
Questa voce prevede la trascrizione delle informazioni riportate in etichetta, in applicazione della
normativa sulla classificazione, sull’imballaggio e sull’etichettatura dei preparati pericolosi.
Eventualmente, si devono indicare al destinatario specifiche disposizioni comunitarie in relazione
alla protezione dell’uomo e dell’ambiente (ad es. restrizioni di commercializzazione ed uso, valori
limite di esposizione negli ambienti di lavoro). E’ inoltre raccomandato che la scheda di sicurezza
ricordi al destinatario di fare riferimento ad ogni altra disposizione nazionale applicabile
16. Altre informazioni
Questa voce può contenere qualsiasi altra informazione che potrebbe essere rilevante per la sicurezza
e la salute. Può inoltre essere indicata qui la data dell’emissione della scheda
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Tutte le attività lavorative vengono classificate nel CODICE ATECO (attualmente in uso la versione
del 2007, prima quella del 2002). Tale classificazione è stata adottata dall'ISTAT (istituto nazionale di
statistica italiana), per effettuare delle rilevazioni statistiche italiane di carattere economico. È la
traduzione italiana della Nomenclatura delle Attività Economiche (NACE) creata dall'Eurostat,
adattata dall'ISTAT alle caratteristiche specifiche del sistema economico italiano. L'ATECO
è stata definita ed approvata da un COMITATO DI GESTIONE appositamente costituito. Esso prevede la
partecipazione, oltre all'Istat che lo coordina, di numerose figure istituzionali: i Ministeri interessati,
gli Enti che gestiscono le principali fonti amministrative sulle imprese (mondo fiscale e camerale,
enti previdenziali, ecc.) e le principali associazioni imprenditoriali. Grazie alla stretta
collaborazione avutasi dai membri, per la prima volta il mondo della statistica ufficiale, il mondo
fiscale e quello camerale adotteranno la stessa classificazione delle attività economiche.
Il codice ATECO è una classificazione alfa‐numerica con diversi gradi di dettaglio: le lettere indicano il
macro‐settore di attività economica, mentre i numeri (che vanno da due fino a sei cifre)
rappresentano, con diversi gradi di dettaglio, le articolazioni e le disaggregazioni dei settori stessi. Le
varie attività economiche sono raggruppate, dal generale al particolare, in sezioni (codifica: 1
lettera), divisioni (2 cifre), gruppi (3 cifre), classi (4 cifre), categorie (5 cifre) e sottocategorie (6 cifre).
Ovviamente le sei cifre, vanno ad indicare sempre più specificamente di cosa si tratta: pertanto, ad
esempio, ogni denuncia di un lavoratore per malattia professionale o per infortunio sul lavoro, deve
specificare qual è l'appartenenza al settore Adeco del lavoratore stesso.
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La precedente classificazione ATECO 2002 si sviluppava in cinque livelli di dettaglio: sezioni
(codifica: 1 lettera), sottosezioni (due lettere), divisioni (2 cifre), gruppi (3 cifre), classi (4 cifre) e
categorie (5 cifre)
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