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METODOLOGIA INFERMIERISTICA

OBIETTIVI:

1. SPECIFICITÀ DELL’INFERMIERISTICA: applicare le classificazioni accreditate NANDA, NOC, NIC nella


pratica clinica per applicare la professione specifica.

2. RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE: organizzare e gestire le prestazioni assistenziali (di base e


infermieristiche), attraverso l’adozione di strumenti organizzativi e le pianificazioni standard.

3. METODO SCIENTIFICO DI LAVORO – PRESA IN CARICO: conoscere, documentare il processo


infermieristico e strutturare il sistema documentale infermieristico.

IDENTIKIT – INFERMIERE ESECUTORE o INFERMIERE PROFESSIONISTA?

INFERMIERE ESECUTORE (ciò che eravamo prima) → infermiere pre-profilo professionale (operava secondo
il mansionario che definiva gli ambiti in cui l’infermiere doveva, appunto, eseguire) gli elementi che vanno a
connotare e definire un infermiere esecutore sono:

• Mandato sociale = elementi che vanno a connotare la figura e gli ambiti operativi dell’infermiere
(norme giuridiche, mission e vision della professione, codice deontologico, mansionario).

• Competenza tecnica = abilità manuale e gestuale nell’esecuzione di compiti e di prescrizioni


mediche.

Aveva una funzione limitata nel suo agire professionale, ribadita soprattutto dalle norme giuridiche.

INFERMIERE PROFESSIONISTA (ciò che siamo oggi) → gli elementi che definiscono invece un infermiere
professionista sono:

• Mandato sociale = norme giuridiche, codice deontologico ecc. come per l’infermiere esecutore
(norme differenti ovviamente: profilo professionale) ma è un mandato sociale che non confina i
limiti dell’infermiere, non mettono confini all’esercizio professionale purché l’infermiere dimostri
di possedere le competenze in ambito professionale e di poterle esercitare.

• Specificità: gestore – decisore = capacità di gestire e di decidere, l’infermiere ha autonomia


gestionale, decisionale e operativa rispetto all’ambito disciplinare di appartenenza (es. prestazioni
da attuare in caso di incontinenza, non prescrizione di farmaci). → gestisce tutto il percorso
assistenziale del paziente, avendo anche responsabilità dei risultati.

• Management = scienza che studia l’organizzazione, la gestione. L’infermiere deve possedere quella
competenza organizzativa, che gli permetta di recepire le priorità assistenziali dei pazienti in base
alle quali agire (valutare la complessità del processo assistenziale di ogni paziente ed in base ad
essa agire). → ci sono strumenti di organizzazione che permettono di applicare una organizzazione
adeguata. ATTENZIONE però a non confondere infermiere generalista (organizzare il proprio lavoro)
ed infermiere coordinatore (organizzare le unità operative).

EVOLUZIONE:

INFERMIERE ESECUTORE -> ESECUTORE e/o PROFESSIONISTA (IPASVI) -> INFERMIERE PROFESSIONISTA
Formazione per PROFESSIONALIZZAZIONE Formazione per
compiti competenze

Sapere Usi e
esperienziale consuetudini
Legislazione Sistema 1
professionale formativo
Nel processo di professionalizzazione hanno contribuito: sistema formativo, legislazione professionale, usi e
consuetudini e sapere esperienziale.

SAPERE ESPERENZIALE = definito da Kolbe (psicologo anni 60) come il sapere che il professionista
acquisisce durante l’esercizio della professione, ovvero il livello di sicurezza e manualità che aumenta
progressivamente e gradualmente durante lo sviluppo e l’esperienza professionale. Alimenta e contribuisce
alla professionalizzazione purché il sapere esperienziale sia RIFLETTUTO in funzione delle evidenze
scientifiche (RACCOMANDAZIONI DI UNA BUONA PRATICA CLINICA) e dell’approccio sul paziente.

• Lo distingue dagli altri professionisti e lo abilita allo svolgimento della professione, acquisito tramite
la presa in carico dei pazienti attraverso un approccio PROATTIVO ovvero un approccio che valuta
l’ambito di azione, cerca di riflettere sui tipi di azione necessarie e agisce in relazione alle proprie
competenze.

USI E CONSUETIDINI = rappresentano l’ultima fonte del diritto (sono 5 fonti, in alto la costituzione, in fondo
gli usi e consuetudini), sono definite come usi e consuetudini nel modo di agire del professionista: “faccio
così perché ho sempre fatto così”. Nel mondo scientifico possono rappresentare anche un elemento
negativo, poiché una consuetudine potrebbe andare contro a determinati principi e raccomandazioni
scientifiche.

- Potrebbero contribuire a far regredire il processo di professionalizzazione piuttosto che progredire.


o Es. Inserimento di un catetere venoso periferico: “l’ho sempre inserito in un modo X,
continuo a farlo in questo modo X”, ad oggi però esce un’evidenza scientifica che afferma
quanto la manovra Y sia molto più efficace della manovra X per il contenimento delle
infezioni. “Continuo a farlo nella manovra X” → non vi è alcun progresso nel processo
assistenziale (ma vi è regresso).

LA COMPETENZA valore aggiunto del professionista, intesa in termini di conoscenze, capacità,


abilità e comportamenti (“L’infermiere” 4/2017 = rivista FNOPI) -> identifica e valorizza le differenze
professionali tra una professione e l’altra (ci contraddistingue), la competenza è un elemento
professionalizzante. → associata agli atti: profilo professionale e legge 251 del 2000.

Ulteriore definizione: caratteristica del professionista che dimostri una performance efficace → collegata al
livello di performance, genera un livello più o meno alto di performance con un valore di risultati più o
meno alto. → risposta sana

Vi deve però essere necessariamente un equilibrio tra conoscenze, abilità e comportamenti, poiché per
acquisire completamente una competenza devono essere sviluppati tutti e tre gli elementi. L’equilibrio che
mi permetta di agire in maniera razionale con un pensiero ipotetico-deduttivo e riflessivo che faciliti la
gestione del problema del paziente.

Vi sono diversi livelli di competenza, anche in relazione al percorso formativo che l’individuo effettua
(formazione post- base = secondo livello come Laurea Magistrale o master di primo o secondo livello):

• COMPETENZE CLINICHE GENERALISTICHE: infermiere generalista con piano formativo triennale.


• COMPETENZE CLINICHE PERFEZIONATE: corso di perfezionamento post base su uno specifico tema.
• COMPETENZE CLINICHE ESPERTE: master di primo o secondo livello.
• COMPETENZE CLINICHE SPECIALISTICHE: laurea magistrale (in realtà la magistrale in Italia è sul lato
gestionale e non clinico).

In relazione al livello di competenze vi è il percorso formativo che si effettua, le competenze si espandono


infatti in relazione alla formazione post-base.

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Quindi evolvendosi l’infermieristica diviene una vera e propria disciplina intellettuale a tutti gli effetti, con
una sua specificità (che opera in settore specifico di afferenza) → a differenza dei periodi precedenti nei
quali si possedeva sola componente tecnica ed esecutrice.

Nel grande passaggio da concetto di compiti a concetto di competenze vi sono dei provvedimenti giuridici e
norme che hanno sostenuto e permesso l’attuazione dell’evoluzione, rafforzando anche l’adozione di una
metodologia di lavoro propria ed efficace → dal punto di vista metodologico

• D.M. 739/94 → PROFILO PROFESSIONALE:

“(…) partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività (…)
identifica i bisogni di assistenza infermieristica (…) pianifica, gestisce e valuta l’intervento
assistenziale (…) garantisce l’applicazione delle prescrizioni diagnostico terapeutiche (…)”

Nei confronti degli assistiti l’infermiere ha la responsabilità e la competenza di identificare i bisogni


di salute, non considerando la salute come mera assenza di malattia, ma come benessere fisico,
psichico e sociale della persona, si prende in carico quindi il benessere globale dell’assistito.

Il soggetto dell’azione → il soggetto dell’assistenza è in primis la persona assistita, le persone che


ruotano intorno (ma non solo la famiglia) all’assistito poiché fanno parte della sua sfera sociale, e la
collettività.

La metodologia → dà la possibilità di capire quali sono i bisogni assistenziali della persona,


permettendo di pianificare, gestire e valutare un piano assistenziale adeguato (valutare
l’autonomia del paziente e capire indirettamente il livello di assistenza infermieristica che egli
necessita). → la metodologia fa da supporto al fine di poter sviluppare un pensiero ipotetico-
deduttivo, portando la capacità di fare prognosi, diagnosi e di sviluppare piani assistenziali congrui.

• L. 42/99 → ABROGAZIONE DEL MANSIONARIO:

“regolamentazione dell’esercizio professionale derivante da profilo professionale, codice


deontologico, formazione ricevuta”.

Questa legge ribadisce e rinforza il concetto di necessità di una metodologia adeguata, che
permetta di sviluppare ed attuare le proprie competenze nel migliore dei modi.

• L. 251/2000 → AUTONOMIA PROFESSIONALE:

“espletamento delle funzioni individuate dai profili professionali e dagli specifici codici deontologici.
Organizzazione dei percorsi assistenziali per obiettivi e personalizzazione dell’assistenza”.

Legge che ha istituito la dirigenza infermieristica, ovvero la possibilità per un infermiere di essere
dirigente di distretti o unità operative.

Si ribadisce ancora una volta il concetto di autonomia professionale, enfatizzando ancora una volta
l’autonomia decisionale rispetto all’autonomia operativa. → METODOLOGIA fondamentale.

Personalizzazione dell’assistenza → fondamentale poiché ogni paziente presenta necessità e


bisogni differenti.

• CODICE DEONTOLOGICO 2019 → DEONTOLOGIA:

Autonomia professionale.
Garanzia di qualità e adeguamento delle competenze.
Responsabilità dei risultati e della presa in carico della persona assistita.
Consapevolezza del ruolo di agente morale.
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Anche la deontologia ci ribadisce l’importanza di una metodologia adeguata, poiché il codice
deontologico, stipulato dagli stessi infermieri professionisti, contiene norme e comportamenti da
dover attuare durante l’esercizio della professione. → adottare un metodo → METODOLOGIA.

FARE o ESSERE INFERMIERI? → ESSERE!! → Siamo infermieri professionisti, mente e corpo, perciò si è
infermieri, un infermiere esecutore invece fa l’infermiere.

SIAMO INFERMIERI PROFESSIONISTI PERCHÉ ABBIAMO:

1. COMPETENZA GIURIDICA → delineata da norme giuridiche che regolano l’esercizio professionale.

2. COMPETENZA PROFESSIONALE → delineata dal mio ambito disciplinare di appartenenza.

3. METODO SCIENTIFICO DI LAVORO → valutazione, pianificazione e valutazione del piano


assistenziale.

4. DECISORE – GESTORE DEL PROCESSO INFERMIERISTICO → processo che mi permette di agire con
metodo sui bisogni del paziente.

5. PRESA IN CARICO DELL’ASSISTITO → piena responsabilità dei pazienti e dei loro bisogni, prendiamo
in carico l’intera globalità dell’assistito.

MA COS’È L’INFERMIERISTICA E QUALI SONO GLI ELEMENTI CHE LA CONTRADDISTINGUONO?

“L’infermieristica consiste nella diagnosi e nel trattamento delle risposte umane ai problemi di
salute/processi vitali presenti o potenziali” (American Nurses Association, 1980)

Diagnosi e trattamento → si riconosce nella disciplina la capacità dell’infermiere di attuare piani diagnostici
(identificare e classificare i problemi dei pazienti, secondo delle classificazioni accreditate di diagnosi
infermieristiche) e trattamenti, ovvero capacità di associare al problema interventi efficaci (che diano
risultati), appropriati (indicato dalle classificazioni) ed efficienti (mantenimento del risultato nel tempo).

NOI CI OCCUPIAMO DELLE RISPOSTE UMANE AL PROBLEMA DI SALUTE, IN ATTO O POTENZIALI →


l’infermiere si prende cura della persona e delle risposte soggettive che essa ha ad un problema di salute
(cosa provoca una patologia nella sfera globale del paziente), non solo di quelle in atto ma anche di quelle
che potrebbero presentarsi in maniera potenziale.

PROCESSI VITALI → “processo che funziona”, portato nella nostra disciplina è: la gravidanza, la crescita, la
senescenza (invecchiamento), anche non

OGGI… “L’infermieristica consiste nell’utilizzo del GIUDIZIO CLINICO per l’erogazione di un’assistenza che
consenta alle persone di MIGLIORARE, MANTENERE* O RECUPERARE LA SALUTE, di far fronte ai problemi
di salute e di conseguire la qualità della vita migliore possibile, qualunque sia la loro malattia o disabilità,
fino alla morte”. (Royal College Of Nursing, 2003)

Questa definizione è uguale alla precedente, se non per un valore aggiunto, ovvero afferma che l’infermiere
ha giudizio clinico, riconoscendo così il valore intellettuale e scientifico della disciplina ed il possesso di
conoscenze che permettono all’infermiere di riflettere e possedere quel ragionamento ipotetico-deduttivo
necessario per l’identificazione dei problemi di natura infermieristica.→ GIUDIZIO CLINICO=professionista.

*MANTENERE → mai sostituirsi al paziente in azioni che egli è ancora in grado di fare, non si arriverebbe
mai al nostro scopo, ovvero quello di ottenere una risposta sana.

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Fase della morte → è vista, in ambito infermieristico come una delle fasi caratteristiche della vita (non
come sconfitta), pertanto l’infermiere è tenuto ad intervenire in aiuto e supporto ad essa.

Il passaggio da INFERMIERE ESECUTORE a INFERMIERE PROFESSIONISTA possiamo considerarlo in


parallelo con il passaggio da ASSISTENZA INFERMIERISTICA (associata all’infermiere esecutore) a SCIENZE
INFERMIERISTICHE (associate all’infermiere professionista):

- Scienza infermieristica = capacità di dare giudizio alle risposte di un problema di salute in atto o
potenziale per andare a migliorare, recuperare e garantire una buona qualità di vita in tutte le fasi
della vita. → contributo disciplinare (l’assistenza viene inglobata in questa definizione)

- Assistenza infermieristica = garantire prestazioni per la risoluzione di un problema prettamente


medico.

Ad oggi potremmo definire l’assistenza infermieristica come il mezzo attraverso il quale l’infermiere applica
la scienza infermieristica, e attraverso il quale dimostriamo la scienza e le conoscenze che possediamo.

QUINDI OGGI… dalla diagnosi medica si è passati alla diagnosi infermieristica (attuazione del pianifica –
gestisci – valuta) come priorità dell’infermiere, dando rispetto ai nostri ambiti disciplinari, e dall’attuazione
di prescrizioni mediche alla attuazione e gestione di percorsi assistenziali ovvero il profilo di cura del
paziente, adottando con questi una metodologia di attuazione.

DA ATTUARE COMPITI E TECNICHE AD OTTENERE RISULTATI NOC… → finalizzare l’assistenza per gli
obiettivi per ottenere un risultato ed una risposta sana, il livello di risultato è però influenzato anche da
quanto il paziente risponde e collabora agli interventi da noi attuati.

“(...) metodologie di pianificazione


per obiettivi, criteri di esito dell’assistenza (...)
diretta responsabilità e gestione delle attività (...)”
L. 251 art. 1

I MODELLI DI RIFERIMENTO – LE CLASSIFICAZIONI ACCREDITATE

Vi sono modelli di riferimento al fine di sviluppare un’adeguata metodologia di lavoro, secondo le proprie
competenze e livelli di competenza ed in ambito sia autonomo (con autonomia decisionale che prevale su
quella operativa, in relazione alla classificazione delle competenze) che collaborativo (con responsabilità di
tipo condiviso ed autonomia principalmente operativa) per ripristinare al meglio il livello di autonomia
dell’assistito. → fondamentale una METODOLOGIA ed un modello teorico (teorie con meno filosofia ma più
scienza, più moderne).

I modelli teorici moderni non vengono più denominati teorie ma classificazioni con una filosofia che viene
ricondotta al METAPARADIGMA dell’infermieristica (filosofia base):

• Concetto di PERSONA

• Concetto di AMBIENTE

• Concetto di SALUTE

• Concetto di ASSISTENZA INFERMIERISTICA

Queste classificazioni fanno riferimento alla letteratura americana, in particolare

1. Il modello BIFOCALE di CARPENITO → bifocale poiché vede attuazione in due ambiti, quello
autonomo (con la diagnosi infermieristica) e quello collaborativo (con il problema collaborativo).
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Il modello Carpenito viene ritrovato intanto all’interno della classificazione NANDA, ovvero quella
classificazione che si occupa di studiare, sviluppare ed incrementare le diagnosi infermieristiche
applicabili alla clinica, ad oggi tali diagnosi riconosciute NANDA sono 204, di cui 183 realmente
applicabili nella pratica clinica (perché 8 modificate e 6 in revisione).

DIAGNOSI INFERMIERISTICA → DIMENSIONE AUTONOMA

Diagnosi infermieristica = “Giudizio clinico riguardante le risposte della persona, della famiglia o
della comunità a problemi di salute/processi vitali in atto o potenziali. La diagnosi infermieristica
costituisce la base sulla quale scegliere gli interventi infermieristici volti a conseguire dei risultati di
cui l’infermiere è responsabile”. (NANDA, 1990)

L’espressione del giudizio clinico è in funzione delle competenze e della capacità ipotetico-
deduttiva dell’infermiere espressa attraverso un approccio prognostico. Prevale più la
responsabilità e l’ambito decisionale piuttosto che quello operativo.

→ APPROCCIO OLISTICO = approccio riguardante la globalità della persona, nella sua sfera fisica,
psicologica e sociale e nella nostra disciplina. Contrapposto all’APPROCCIO BIOMEDICO che pone
l’attenzione alla sola componente fisica.

PROCESSI VITALI → l’infermieristica si occupa anche di quelli che sono i fisiologici processi vitali
(nascita, crescita, invecchiamento) nonostante non presentino problemi, l’approccio olistico
comprende anche questo, e per questo vi è la presenza di diagnosi di benessere.

Le risposte ai problemi possono essere:

- IN ATTO = ci sono e si manifestano oggi.

- POTENZIALI = non si manifestano oggi, ma sono presenti fattori di rischio che potrebbero
farli presentare in futuro.

DIAGNOSI INFERMIERISTICA E FORMAZIONE UNIVERSITARIA → importante sia nella pratica clinica


che nella formazione universitaria.

Una formazione universitaria ci permette e ci aiuta a sviluppare quel che è il ragionamento


ipotetico-deduttivo diagnostico e prognostico, ovvero la capacità di saper identificare il fenomeno,
il problema di natura infermieristica = diagnosi infermieristica.

DIAGNOSI INFERMIERISTICA NELLA PRATICA CLINICA → rappresenta il sistema attraverso il quale


noi diamo evidenza della capacità di individuare nel paziente un problema specifico di natura
infermieristica (assistenziale) e:

• Facilitare l’impegno comunicativo nel team assistenziale

• Metodo di descrizione del sapere esperienziale → la classificazione di tutte le diagnosi


accredita il sapere esperienziale e lo descrive.

• Ricerca infermieristica → ricerca nell’ambito disciplinare di pertinenza, la ricerca è una


delle funzioni dell’infermiere.

• Linguaggio comune uniforme → tutti i concetti comuni tra gli infermieri, uniforma
l’approccio.

• Sviluppo della scienza infermieristica → fa crescere la nostra disciplina.

• Qualità delle cure → un approccio comune da seguire indirizza verso le scelte più “giuste”.
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PROBLEMA COLLABORATIVO → DIMENSIONE COLLABORATIVA

L’ambito del problema collaborativo è stato messo in evidenza successivamente, per permettere al
modello bifocale di Carpenito di uscire dal territorio nazionale americano (in America non è molto
presente questa componente di collaborazione). → per usarlo a liv. Internazionale.

Problema collaborativo = “Certe complicanze che gli infermieri controllano per individuarne
l’insorgenza o una modifica. Gli infermieri gestiscono i problemi collaborativi con interventi di
prescrizione medica o infermieristica, volti a ridurre al minimo le complicanze di determinati eventi”.
(Carpenito, 1999)

Con un approccio collaborativo si mettono in pratica sia diagnosi mediche che diagnosi
infermieristiche, la responsabilità che più utilizziamo è quella operativa e non quella decisionale.

La NANDA oltre a classificare tutte le diagnosi infermieristiche, classifica pure i problemi


collaborativi, nel repertorio NANDA sono classificati 53 problemi collaborativi → responsabilità di
tipo condiviso.

La diagnosi infermieristica e il problema collaborativo sono gli ambiti in cui agiamo in ambito clinico

la metodologia aiuta a definire quegli elementi per andare a capire il livello di autonomia del
paziente, potendo così indirettamente riuscire ad organizzare, gestire, valutare il piano
assistenziale osservando gli ambiti di dipendenza. → permette di arrivare a diagnosi
infermieristica.

Per effettuare tale valutazione, passaggio prima della diagnosi infermieristica, vi è un altro modello
di riferimento: il modello funzionale di Gordon (derivante sempre dalla letteratura americana).

Questo modello permette di valutare una serie di parametri, di aree, attraverso la raccolta di una
serie di dati arrivando a capire se l’area valutata è funzionale o disfunzionale, l’area di pertinenza
dell’infermiere è quella valutata disfunzionale.

11 MODELLI FUNZIONALI – GORDON: fare sul libro

▪ Mantenimento percezione della salute

▪ Attività/esercizio fisico

▪ Nutrizionale/metabolico
Questo modello possiede un approccio
▪ Eliminazione
OLISTICO, e contiene quella filosofia di
▪ Riposo/sonno base che corrisponde al meta
paradigma dell’infermieristica,
▪ Cognitivo/percettivo
nonostante il modello sia
▪ Percezione di sé/concetto di sé estremamente scientifico.

▪ Ruolo/relazioni

▪ Sessualità/riproduzione

▪ Coping/tolleranza allo stress

▪ Valori/convinzioni

Questo modello di Gordon si è unito, con il passare del tempo, al modello Carpenito → si è venuto
a creare il modello Gordon-Carpenito.
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Ad ogni modello funzionale sono state infatti associate le possibili diagnosi infermieristiche con le
quali l’infermiere dovrà intervenire laddove vi saranno aree disfunzionali.

Il modello di Gordon rispecchia e riporta la PIRAMIDE DEI BISOGNI (Maslow) che propone una
gerarchia dei bisogni, dai primari a quelli secondari. → Maslow ha preso dalla Henderson ii
concetto di bisogno che lei teorizzò. Fare la henderson

Ogni modello può essere associato ad una o più diagnosi, ma non è detto che esse siano applicabili
ad ogni paziente indistintamente.

La letteratura ci propone anche un ulteriore supporto, ci dà anche a disposizione:

2. I SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE → Vanno a catalogare e sistematizzare in maniera più approfondita


e completa i fenomeni e i problemi di natura infermieristica.

si configurano come le nomenclature che possono essere utilizzate dall’infermiere nella pratica
clinica, per gestire e documentare il paziente ed il piano assistenziale.

• NANDA INTERNATIONAL → classificazione delle diagnosi infermieristiche appartenenti anche


al modello Carpenito.

• NOC (Nursing Outcames Classification) → classificazione dei risultati infermieristici, ovvero i


possibili risultati che noi vogliamo raggiungere con il paziente.

• NIC (Nursing Interventions Classification) → classificazione degli interventi infermieristici,


ovvero gli interventi che possiamo mettere in atto per raggiungere un determinato NOC.

• TASSONOMIA NNN → sistema di classificazioni che comprende la classificazione NANDA, la


classificazione NOC e la classificazione NIC, ovvero ad ogni possibile diagnosi NANDA sono stati
associati dei NOC ai quali al loro volta sono stati associati dei NIC.

L’infermiere è quindi notevolmente supportato da tutte queste classificazioni accreditate, che sono
modelli di diagnosi, di risultati e di interventi. → supporto totale dalla letteratura.

TASSONOMIA NNN

All’interno della tassonomia NNN, II NANDA International, la diagnosi infermieristica ha oltre alla
definizione (come nel Carpenito), più elementi che la compongono, che servono a classificare la diagnosi,
sono denominati come le 7 ASSI della tassonomia NNN, e si aggiungono alla definizione di diagnosi di
Carpenito andando così a supportare la classificazione di esse ed aiutano a rendere ancora più specifico il
problema di ambito infermieristico. → evoluzione del modello Carpenito.

Queste sono: fare sul libro

1. FOCUS DIAGNOSTICO = corpo della diagnosi, descrittore che permette di entrare più nello specifico
nella natura del problema.
2. LOCALIZZAZIONE = dove è localizzato il problema.
3. SOGGETTO DELLA DIAGNOSI = il soggetto della diagnosi può variare, adulto, bambino, anziano
4. ETÀ = l’età del soggetto influenza e varia le diagnosi possibili.
5. GIUDIZIO (descrittore/modificatore) = descrive il problema nel dettaglio, andando a delineare lo
stato (gravità) e da quanto è presente e indica quanto è modificato lo stato rispetto alla normalità
(modificatore).
6. STATO DELLA DIAGNOSI
7. TEMPO

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STRUTTURA DELLA TASSONOMIA II NANDA fare sul libro

Le diagnosi, NOC e NIC devono essere classificate in base a dei criteri di appropriatezza, qualità all’interno
della struttura.

Si compone quindi di:

➢ DOMINI, sono 13, sono ambiti di studio e di azione dell’infermiere, di interesse della scienza
infermieristica e di natura infermieristica, sono i contenuti disciplinari e scientifici della professione.
Es. funzione gastro-intestinale.

➢ CLASSI, sono 47, suddivisione più specifica, segue aspetti più specifici associati ai domini, i quali
contengono infatti una o più classi. Es. funzione movimento intestinale.

➢ DIAGNOSI INFERMIERISTICHE, sono 183, seguono aspetti ancora più specifici, e vengono infatti
attribuite alle classi, le quali ognuna contengono una o più diagnosi. Es. diarrea o stipsi.

➢ NOC, ad ogni diagnosi viene associato uno o più NOC, ovvero i risultati che possiamo ottenere sul
paziente. → al NOC viene associato il NIC, ovvero i tipi di interventi che posso attuare sulla persona
al fine di ottenere un determinato NOC.

Dominio → Classi → Diagnosi → NOC → NIC

DOMINI Ad ogni dominio corrispondono una o più classi (indicate nel numero tra
Promozione della salute (2) parentesi). Es. nel dominio della nutrizione (5) potrei gestire un problema
Nutrizione (5) relativo a 5 classi:
Eliminazione/scambi (4)
• Ingestione
Attività/riposo (5)
• Digestione
Percezione/cognizione (5) • Idratazione
Auto - percezione (3) • Assorbimento
Ruoli e relazioni (3) • Metabolismo
Sessualità (3)
E ad ogni classe corrisponde una o più diagnosi infermieristiche approvate
Coping tolleranza allo stress (3)
che vanno messe in atto e valutate con ragionamento ipotetico-deduttivo
Principi di vita (3)
per attuarle.
Sicurezza protezione (6)
Crescita/sviluppo (2) Una volta ottenuta la diagnosi ho ad ogni diagnosi dei possibili NOC ai quali
Benessere (3) poi assocerò i possibili NIC per poterli ottenere.

La tassonomia è un’evoluzione del modello Carpenito-Gordon poiché possiede contenuti molto più
scientifici.

Esempio completo, c’è un problema:

➔ DOMINIO: ELIMINAZIONE/SCAMBI → determinare la classe alterata: ha 4 classi:

1. Funzione urinaria

2. Funzione respiratoria

3. Funzione gastrointestinale

4. Funzione tegumentaria

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➔ CLASSE: FUNZIONE GASTROINTESTINALE → determinare ora la diagnosi infermieristica: le diagnosi
applicabili sono 5:

1. Incontinenza fecale

2. Diarrea

3. Rischio di stipsi

4. Stipsi percepita

5. stipsi

➔ DIAGNOSI: INCONTINENZA FECALE → determinare ora i possibili NOC ad essa associati (per questa
ce n’è solo 1: continenza fecale).

➔ NOC: CONTINENZA FECALE → associati ai NOC ci saranno i NIC

➔ NIC: 3 tipologie di NIC associati a tale NOC:

• NIC FACOLTATIVI = gestione dell’ambiente, riduzione della flatulenza, insegnamento: dieta


prescritta, insegnamento: farmaci prescritti, gestione della nutrizione, sostegno emozionale.

• NIC PRINCIPALI = assistenza nella incontinenza fecale, training intestinale**.

• NIC SUGGERITI = aiuto per la gestione delle abitudini intestinali, assistenza nell’uso del
gabinetto, gestione della diarrea, gestione dei farmaci, assistenza nella encopresi, irrigazione
intestinale, gestione dei liquidi, gestione del prolasso rettale.

L’INSIEME DELLE AZIONI FANNO POI LA PRESTAZIONE, L’INTERVENTO.

Essendo una classificazione americana c’è da prestare attenzione al fatto che i NIC scelti siano operativi in
Italia dal punto di vista della responsabilità professionale, es. all’interno dei NIC principali per ottenere il
NOC della continenza fecale vi è il training intestinale**, in Italia l’infermiere non è abilitato ad effettuarlo.

IL PROBLEM SOLVING + DECISION MAKING → IL PROCESSO INFERMIERISTICO

Il problem solving, ovvero risoluzione del problema, è definito dalla letteratura come l’approccio mentale
ed operativo che infermieri ed ostetriche utilizzano per pianificare l’assistenza infermieristica ed ostetrica.

1. Si identifica il problema

2. Si attua il problem solving = processo infermieristico

3. Si risolve il problema

Il problem solving, insieme al decision making, sono concetti proposti dalla letteratura scientifica come
metodi utilizzati al fine di risolvere i problemi ed attuare quindi un adeguato processo infermieristico.
Nascono in ambito scientifico, in particolare nel mondo dell’industria, e sono stati contestualizzati
all’interno della scienza infermieristica → sono metodi che, uniti alle classificazioni e agli altri modelli, ci
permettono di gestire a 360° il paziente, ovvero prenderlo in carico.

➔ Dal problem solving nasce quindi quello che è denominato il processo di assistenza, oggi chiamato
processo infermieristico.

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PROCESSO INFERMIERISTICO = processo caratterizzato da una serie di fasi, l’una conseguente all’altra, che
applicate sul paziente permettono la gestione di egli e promuovono una risposta sana, per andare a
potenziare il livello di autonomia psico-fisica residua nella persona.

Il problem solving è una componente predominante nella pratica clinica, necessita di ragionamento
diagnostico e di giudizio prognostico (componenti che definiscono l’approccio mentale) che sono elementi
dei professionisti, perciò appartengono anche alla professione infermieristica, valorizzandola.

Ragionamento diagnostico → DIAGNOSI = problema rilevato → ragionamento diagnostico = capacità


ipotetico-deduttiva che ci permette di capire se un paziente possiede o meno una determinata diagnosi
infermieristica, attraverso la ricerca di determinati indicatori e caratteristiche definenti.

È definito dalla letteratura come: “Attività intellettuale a tutte le professioni che, partendo da una serie di
informazioni, conduce a identificare i problemi oggetto di interesse”. Permette quindi di attribuire un valore
ad una serie di informazioni, variabili ed indicatori che permettono di identificare il problema e la sua
possibile evoluzione.

Giudizio prognostico → PROGNOSI = evoluzione del problema nell’unità di tempo → giudizio prognostico =
capacità di ipotizzare quale sarà l’evoluzione del problema in maniera prospettica, valutare l’evoluzione
della diagnosi infermieristica e quanto questa possa influire a lungo termine sul paziente, al fine di
ripristinare quell’equilibrio che permetta alla persona di riacquisire e mantenere un livello accettabile di
autonomia.

Dal problem solving nasce quindi il PROCESSO INFERMIERISTICO, chiamato in precedenza processo
assistenziale, che è sostanzialmente la concretizzazione della scienza infermieristica, la messa in atto
operativa dell’assistenza infermieristica.

FASI DEL PROBLEM SOLVING:

• Raccolta dati → permette di identificare il problema.

• Identificazione problema → attraverso raccolta dati e ragionamento ipotetico-deduttivo.

• Pianificazione → pianifico l’assistenza in relazione al problema identificato.

• Attuazione → messa in atto della pianificazione.

• Valutazione → valuto i risultati ottenuti per eventualmente attuare altri interventi o meno.

FASI DEL DECISION MAKING:

• Definizione del problema → problema già identificato, lo si definisce.

• Identificazione cause → si identificano le possibili cause che incidono sul problema.

• Soluzioni possibili → si identificano le possibili soluzioni.

• Soluzione vantaggiosa → si identifica la soluzione vantaggiosa (= max risultato con il min n° di


risorse).

• Messa in atto → si mette in atto la soluzione vantaggiosa.

• Valutazione → si valutano i risultati.

Il più utilizzato tra i due metodi, in ambito infermieristico, è il problem solving, dall’attuazione di esso nasce
infatti il processo infermieristico.

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NEL VIVO DEL PROCESSO INFERMIERISTICO

Il processo infermieristico è costituito da una serie di fari, correlate tra loro con una gerarchia (prima una,
poi l’altra ecc.… e sono da seguire in ordine ben preciso), da attuare quindi in maniera consequenziale.

Queste fasi sono:

1. ACCERTAMENTO INFERMIERISTICO (raccolta dati)

2. DIAGNOSI INFERMIERISTICA e PROBLEMA COLLABORATIVO (o domini – classi – bisogni, in base


alle classificazioni che utilizziamo)

3. PIANIFICAZIONE

4. ATTUAZIONE

5. VALUTAZIONE (continua e costante)

6. FOLLOW UP (concetto della continuità di cura)

I professionisti che agiscono nel processo infermieristico sono essenzialmente due: infermiere (che
pianifica, gestisce e valuta, ha autonomia e responsabilità sia decisionale che operativa) e OSS (in realtà
l’OSS non è professionista, non ha un profilo professionale ma ha un profilo di competenze, attua interventi
di assistenza di base, igiene e comfort ambientale e di supporto gestionale ed organizzativo, con autonomia
solamente operativa).

Gli OSS partecipano quindi al processo infermieristico, collaborando in fase di accertamento, diagnosi,
pianificazione e follow up e agendo autonomamente nella fase di attuazione (sotto richiesta
dell’infermiere, con autonomia operativa e non decisionale).

Quali sono i criteri da seguire nell’assegnazione di compiti agli OSS? → non possedendo autonomia
decisionale hanno bisogno di assegnazioni da parte dell’infermiere.

• La prestazione oggetto di assegnazione deve rientrare nel profilo di competenza dell’OSS, perciò
l’infermiere deve essere a conoscenza di esso. Non è un mansionario, non è un elenco di attività
che l’OSS può svolgere, ma indica quali sono le competenze, dalle competenze l’infermiere deve
essere in grado di generare le funzioni e di conseguenza le attività che egli può svolgere

COMPETENZE → FUNZIONI → ATTIVITÀ

• Prendere in considerazione il paziente, la conoscenza del paziente permette di capire quanto il


paziente è clinicamente e assistenzialmente stabile attraverso la valutazione di dati clinici ed
assistenziali: se il paziente risulta stabile vi è più possibilità di assegnare determinate prestazioni
all’OSS, se risulta invece emodinamicamente instabile anche le prestazioni che potrebbe svolgere
l’OSS devono essere attuate dall’infermiere, al massimo con il supporto dell’OSS.

• IMPORTANTE: prendere in considerazione i concetti di ALTA RIPETIBILITÀ e BASSA


DISCREZIONALITÀ in relazione alla prestazione, ovvero, posso assegnare la prestazione all’OSS se
queste due caratteristiche sussistono insieme: la prestazione è altamente ripetuta in termini di
frequenza (viene effettuata numerose volte in quel contesto, in quel reparto, in quel turno di lavoro
= alta ripetibilità) e quando viene attuata non ha bisogno di particolari interpretazioni e modifiche
(viene attuata in modo quasi esclusivamente tecnico, la si attua come descritto in letteratura senza
bisogno di adattarla al paziente = bassa discrezionalità).

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Ma con assegnazione si intende prescrizione o delega?

Quando un infermiere assegna una prestazione all’OSS, non lo delega, ma prescrive all’OSS quella
determinata prestazione:

• PRESCRIZIONE → avviene tra operatori aventi livelli di responsabilità differenti, i livelli di


responsabilità maggiore prescrivono ai livelli di responsabilità minori (in termini di competenze).
L’oggetto di prescrizione deve rientrare nel profilo di competenza di chi esegue la prestazione
(medico – infermiere, infermiere – OSS, infermiere – fisioterapista, e viceversa o tra altri
professionisti, se l’oggetto di prescrizione è di tipo trasversale, cioè appartenente all’ambito
operativo e di competenza di entrambi i professionisti → es. l’infermiere prescrive al fisioterapista
un intervento di mobilizzazione di disciplina sia fisioterapica che infermieristica, e viceversa).

• DELEGA → avviene tra gli stessi livelli di responsabilità e funzione (infermiere – infermiere,
ostetrica – ostetrica, L’OSS NON PUÒ DELEGARE UN OSS perché hanno sola autonomia operativa,
non hanno il “potere” di delegare prestazioni, infermiere clinico – infermiere coordinatore se
appartiene all’ambito di competenza di entrambi).

LA RESPONSABILITÀ DELLE AZIONI

Dal punto di vista giuridico la responsabilità è di chi agisce

Es. l’infermiere prescrive all’OSS una mobilizzazione del paziente, la responsabilità dell’azione è
essenzialmente dell’OSS, ma se la prestazione prescritta non rientra nel profilo di competenza (o negli altri
due criteri per l’assegnazione) dell’OSS la responsabilità è di entrambi: l’OSS ha eseguito un’azione che non
era nel suo profilo, l’infermiere perché gliel’ha assegnata – concorso di colpa; se il paziente era invece
instabile la responsabilità è solo dell’infermiere.

In una delega tra infermiere – infermiere, l’infermiere che esegue ha la responsabilità di azione di quella
prestazione, a breve termine, la responsabilità dell’altro è quella a lungo termine, di gestione e di presa in
carico del paziente.

Come si esercita la prescrizione?

La prescrizione può essere effettuata verbalmente, con documentazione, oppure quando l’oggetto della
prescrizione è ricompreso nei documenti organizzativi pre-stipulati (documenti scritti che organizzano di
modo che vi siano prestazioni già assegnate).

LE FASI DEL PROCESSO INFERMIERISTICO:

FASE 1 – ACCERTAMENTO INFERMIERISTICO → fase che pone le basi alle fasi successive, si entra in
contatto con il paziente, si instaura il rapporto di cura e la presa in carico per poi identificare gli elementi
per gestire il paziente = valutazione iniziale.

“Rilevazione e registrazione strutturata di dati necessari a determinare, sia per il passato che presente, le
condizioni di salute e lo stato funzionale dell’utente e il suo modello di coping” (Carpenito; 2006)

Non è una semplice raccolta dati, il fatto che si debba registrare il dato prevede in maniera sistematica di
definire prima quali sono i dati da selezionare per determinare elementi necessari. Non è un modo per
definire la diagnosi infermieristica, poiché è finalizzata a definire solo lo stato funzionale (stato di salute =
livello di autonomia, per definire poi i bisogni) del paziente e non la sua globalità con modello olistico, ed il
coping, ovvero la capacità di adattarsi agli agenti stressanti (ovvero di adattarsi ad un modello di salute
alterato).
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Com’è strutturata la rilevazione dei dati?

I modelli da seguire per definire i dati da raccogliere per iniziare il processo infermieristico sono i modelli
concettuali di riferimento, in particolare i modelli funzionali di Gordon - Carpenito, oppure la tassonomia
NNN.

I documenti di raccolta dei dati possono contenere anche le voci DIAGNOSI D’INGRESSO e DIAGNOSI
RIFERITA: la diagnosi d’ingresso è la effettiva diagnosi medica del paziente, la diagnosi riferita è quella
riferita dal paziente, queste possono coincidere o meno in base alla conoscenza del paziente, al suo livello
cognitivo e ad altri fattori.

L’accertamento può essere di due tipologie:

• Accertamento iniziale/di base, effettuato la prima volta che si vede il paziente, entro le 24/48 ore
(altrimenti potrebbe capitare che l’ospedalizzazione sia un motivo di complicanze) dall’ingresso in
struttura del paziente, è un accertamento globale.

• Accertamento mirato ad uno specifico problema, si può effettuare durante tutta la presa in carico
del paziente, andando a documentare uno specifico problema che si presenta successivamente
all’ingresso, per convalidare un sospetto diagnostico (poi si effettua di nuovo un accertamento
globale), e ci permette di effettuare una valutazione continua e mirata sul paziente per capire quali
sono i risultati.

Metodi raccolta dati suggeriti dalla letteratura: fare sul libro

➢ Colloquio intervista → anche per istaurare rapporto di fiducia

➢ Esame obiettivo

➢ Osservazione

➢ Revisione della documentazione/reperti

➢ Collaborazioni colleghi

Lo strumento di rilevazione dei dati deve essere costruito secondo i modelli concettuali di riferimento
secondo questi metodi.

La fonte del dato: fare sul libro

la fonte di raccolta dei dati può essere:

- PRIMARIA, è il paziente stesso

- SECONDARIA, le persone attorno al paziente (specialmente in casi di pazienti complessi dal punto di
vista relazionale).

E quali sono i dati che andiamo a raccogliere?

I dati da ricercare nel paziente sono dati strutturati, ovvero contenuti all’interno di un documento standard
sottoposto a tutti i pazienti, e sono definiti come le caratteristiche definenti del problema, cioè una serie di
dati che permettono di definire indirettamente il problema (e di conseguenza le possibili diagnosi
infermieristiche) attraverso la definizione del livello di autonomia del paziente.

Le caratteristiche definenti sono per l’infermiere come i segni e sintomi della malattia per il medico.

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Le caratteristiche definenti sono dati:

• OGGETTIVI = dati da noi osservati sul paziente (es. lesioni cutanee, pallore).

• SOGGETTIVI = dati riferiti dal paziente, o dalla fonte primaria (es. prurito, debolezza).

• STRUMENTALI = dati che derivano dall’applicazione di una prestazione, il risultato di una


prestazione (es. temperatura corporea, PA).

Tra dati soggettivi, oggettivi e strumentali vi deve essere una correlazione interna che mi aiuti e mi
supporti nel convalidare un sospetto diagnostico. → es. dato soggettivo = debolezza; dato oggettivo =
pallore; dato strumentale = PA 90/60 mmHg → sono correlati.

Dopo aver raccolto i dati, per poter arrivare a definire la diagnosi infermieristica è necessaria una
elaborazione di essi, con attribuzione di un significato clinico assistenziale che mi permetta di confermare il
sospetto diagnostico e quindi confermare l’ipotesi di diagnosi infermieristica o di problema collaborativo.

Questa elaborazione comprende:

o Analisi e integrazione → studio della coerenza dei dati e comparazione tra dati
soggettivi/oggettivi/strumentali.

o Organizzazione → aggregazione, evincere alterazioni diversità.

o Confronto con Parametri Standard → confronto con scale di valutazione della letteratura,
parametri standard assistenziali, EBN, EBM, IADL...

A questo punto dovremmo essere in grado di definire, trai i modelli funzionali, quali modelli risultano
essere disfunzionali e influiscono quindi sull’autonomia del paziente per andare a definire le diagnosi
infermieristiche da applicare e gestire sul paziente.

Il paziente potrebbe essere in linea con numerose diagnosi infermieristiche, perciò dovrà essere messo in
atto un ragionamento per priorità: è PRIORITARIO tutto ciò che, non gestito nell’immediato o comunque
quanto prima, compromette ulteriormente lo stato di autonomia del paziente. Si comincia dalle prestazioni
prioritarie, per poi gestire quelle non prioritarie.

FASE 2 – DIAGNOSI INFERMIERISTICA/PROBLEMA COLLABORATIVO → fase di identificazione ed


enunciazione delle diagnosi/dei problemi collaborativi.

DIAGNOSI INFERMIERISTICA

Una volta identificati i modelli che risultano disfunzionali la letteratura ci propone le possibili diagnosi
infermieristiche al fine di ristabilire la funzionalità di essi, ma come si esplicitano ed enunciano le diagnosi,
di cosa si compongono, quali tipologie vi sono?

LE TIPOLOGIE DI DIAGNOSI NANDA SONO (QUELLE SOTTOLINEATE SONO LE PIÙ USATE IN ITALIA):

➢ REALI → il paziente presenta le caratteristiche definenti che definiscono un problema riconducibile


a queste diagnosi infermieristiche. Gli interventi saranno mirati a ridurre/eliminare la presenza
delle caratteristiche definenti.

➢ POSSIBILI → sono diagnosi non provenienti né dall’individuazione di caratteristiche definenti, né


dall’individuazione di fattori di rischio, sono condizioni che una volta ipotizzate necessitano di studi,
accertamenti e valutazioni continue perché una diagnosi possibile potrebbe ad esempio diventare

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potenziale (potrebbero insorgere dei fattori di rischio). Gli interventi saranno mirati ad impedire
l’evoluzione in diagnosi potenziale.

➢ A SINDROME → insieme di diagnosi contenente contemporaneamente diagnosi sia potenziali che


reali, che permette di aver una visione globale ed intera della diagnosi a sindrome. Nella
classificazione NANDA vi sono solo cinque diagnosi a sindrome, poiché situazioni estremamente
complesse dal punto di vista assistenziale. Quelle maggiormente utilizzate sono la sindrome da
immobilizzazione e la sindrome da deficit della cura di sé.

➢ POTENZIALI/di RISCHIO → il problema non sussiste nel paziente, ma vi è nel paziente la


vulnerabilità di svilupparlo poiché ci sono dei fattori di rischio (i fattori di rischio nelle diagnosi
potenziali sono come le caratteristiche definenti di una diagnosi reale) che possono essere
modificabili – es. fumo – o non modificabili – es. età – e rendono la persona più suscettibile nello
sviluppare un determinato problema. Gli interventi saranno mirati a ridurre/eliminare i fattori di
rischio modificabili.

➢ DI BENESSERE (meno utilizzate) → sono diagnosi che dimostrano la volontà della persona di
migliorare e mantenere il suo stato di salute sano, che non risultava comunque alterato, si parte da
una condizione ottimale e sono volte a migliorarla ulteriormente (si attua per esempio su uno dei
modelli che non risultano disfunzionali).

COMPONENTI ED ENUNCIAZIONE DI UNA DIAGNOSI INFERMIERISTICA: → essendo una diagnosi effettuata


con approccio olistico e non biomedico, ha bisogno di essere ben definita per le sue componenti al fine di
decidere e gestire al meglio (la diagnosi medica possiede solo titolo e definizione).

Componenti: Fare sul libro

1. TITOLO DIAGNOSTICO → denominazione del problema assistenziale secondo repertorio NANDA


esprime lo stato di salute dell’assisto (inefficace, compromesso, aumentato, alterato, ecc).

2. DEFINIZIONE → esprime chiaramente e precisamente in dettaglio il titolo della diagnosi,


approfondisce quindi quanto affermato dal titolo. La definizione è espressa non come una diagnosi
medica (“la definizione di … è …”) ma sottoforma di ciò che causa nella persona attraverso un
problema olistico (“… è lo stato per il quale la persona presenta/rischia di presentare …”), il
concetto di “stato” definisce e conferma la natura olistica del nostro approccio.

3. CARATTERISTICHE DEFINENTI → dati oggettivi, soggettivi e strumentali che validano la diagnosi


infermieristica. Si suddividono in caratteristiche definenti maggiori, quelle che in termini di
frequenza sono presenti nell’80-90% dei casi, la presenza di una di esse è sufficiente per
confermare una diagnosi infermieristica, e caratteristiche definenti minori, quelle che si presentano
con una frequenza minore, del 60-70%, la presenza esclusiva di quest’ultime non è sufficiente al
fine di convalidare un sospetto diagnostico, il problema necessita quindi ulteriori approfondimenti.

4. FATTORI CORRELATI → condizioni e/o situazioni che influenzano, causano o contribuiscono a


originare la diagnosi infermieristica (fisiopatologici, correlati a trattamenti, situazionali, legati alle
fasi maturative). Sono come la componente eziologica per la diagnosi medica, con approccio
biomedico. È una componente estremamente importante, poiché la scelta degli interventi, al
momento dell’analisi del piano assistenziale, è mirata ad ostacolare o eliminare i fattori correlati
(eliminando la causa si elimina il problema).

Enunciazione:

la letteratura afferma la possibilità di effettuare l’enunciazione diagnostica secondo:

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• UNA COMPONENTE → prende in esame solamente il titolo.

• DUE COMPONENTI → mette in correlazione titolo e fattore correlato.

• TRE COMPONENTI → mette in correlazione titolo, fattore correlato e secondarietà.

ESEMPI

DI:
-Compromissione della mobilità
UNA COMPONENTE
Titolo DI:
-Deficit della cura di sé (alimentarsi)

DI:
-Compromissione della mobilità
correlato a:
DUE COMPONENTI -affaticamento che si manifesta con…
Titolo
Fattore correlato DI:
-Deficit della cura di sé (alimentarsi)
correlato a:
-Paralisi parziale che si manifesta con…

DI:
-Compromissione della mobilità
correlato a:
- Affaticamento
TRE COMPONENTI secondario a:
Titolo -Scompenso cardiaco che si manifesta con…
Fattore correlato
Secondarietà (=diagnosi medica) DI:
-Deficit della cura di sé (alimentarsi
correlato a:
-Paralisi parziale
secondario a:
-Ictus cerebrale che si manifesta con…

Il concetto della secondarietà rappresenta il fattore correlato che è la causa della diagnosi: la secondarietà
genera il fattore correlato, il quale genera il titolo, ovvero la diagnosi infermieristica (lo scompenso cardiaco
ha causato un affaticamento che a sua volta ha causato una compromissione della mobilità).

La letteratura consiglia fortemente l’utilizzo dell’enunciazione a tre componenti, poiché ci permette di


prendere in considerazione più elementi per essere maggiormente supportato nello scegliere gli interventi
da decidere ed applicare al fine di raggiungere risultati. In casi di impossibilità di enunciare la diagnosi a tre
componenti (casi rari poiché la secondarietà è la diagnosi medica, conosciuta per la quasi totalità dei
pazienti) possiamo enunciarla a due componenti, l’enunciazione ad una componente è ben poco di aiuto
nella fase decisionale per la gestione del problema.

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PROBLEMA COLLABORATIVO

Se il problema riscontrato nel paziente appartiene all’ambito di più figure professionali si tratta di problemi
collaborativi, i quali possiedono classificazioni e caratteristiche come le diagnosi infermieristiche (la
tassonomia II NANDA non riporta il problema collaborativo).

COMPONENTI ED ENUNCIAZIONE DI UN PROBLEMA COLLABORATIVO:

Componenti:

1. TITOLO DIAGNOSTICO → denominazione del problema clinico assistenziale secondo repertorio


NANDA, esprime lo stato di malattia dell’assisto.

2. DEFINIZIONE → esprime chiaramente e precisamente nel dettaglio il titolo, anch’esso tramite


l’enunciazione dello stato nel quale la persona si trova.

Enunciazione:

• UNA COMPONENTE → prende in esame solamente il titolo.

• DUE COMPONENTI → mette in correlazione titolo e fattore correlato.

L’enunciazione maggiormente consigliata dalla letteratura è l’enunciazione a due componenti, poiché


fornisce maggiori informazioni rispetto all’altra (come per la DI). L’enunciazione del problema collaborativo
risulta comunque più clinica di quella della diagnosi infermieristica, poiché se per la DI possediamo maggior
responsabilità decisionale rispetto alla responsabilità operativa, nel PC possediamo maggior responsabilità
operativa poiché la responsabilità decisionale è divisa tra i membri di equipe.

ESEMPIO

UNA COMPONENTE PC:


Titolo -Sanguinamento gastrointestinale

PC:
DUE COMPONENTI -Sanguinamento gastrointestinale
Titolo correlato a:
Fattore correlato -Ulcera duodenale

FASE 3 – PIANIFICAZIONE → approccio ed intervento alle diagnosi.

Dopo aver enunciato la diagnosi infermieristica/problema collaborativo, comincia la fase di pianificazione


degli interventi, da mettere in atto partendo da un approccio alle diagnosi prioritarie.

N.B. → Le diagnosi prioritarie non sono necessariamente le diagnosi reali rispetto a quelle potenziali, bensì
il concetto di priorità suggerito dalla letteratura è definito come:

“Le Diagnosi Prioritarie sono DI o i PC che, se non gestiti immediatamente, impediranno di procedere verso
il raggiungimento degli obiettivi o influiranno negativamente sullo stato funzionale dell'assistito”.

➔ RAGIONAMENTO PROGNOSTICO: si effettua un’analisi della gravità delle diagnosi e sulla loro
evoluzione nel tempo.

Sono, invece, diagnosi NON prioritarie le DI o i PC il cui trattamento può essere rimandato a un momento
successivo senza che ciò comprometta l'attuale stato funzionale dell'assistito. Una diagnosi potenziale può
quindi essere prioritaria rispetto ad una reale e viceversa.
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Fase di PIANIFICAZIONE = identificare i criteri di esito NOC, priorità, prestazioni assistenziali, interventi NIC
e indicatori di risultato in relazione ad una diagnosi infermieristica della persona, famiglia o collettività
(Carpenito – 2006) → pianificare COSA e COME.

La fase di pianificazione permette quindi, per ogni singola diagnosi, di identificare i risultati (criteri di esito
o NOC) che vogliamo ottenere sul paziente e il mezzo (prestazioni ed interventi) attraverso il quale
possiamo raggiungere quel determinato risultato. → Ragionamento ipotetico deduttivo sulla base
dell’enunciazione della DI/PC appena effettuata, è qui che mettiamo in atto la nostra autonomia e
responsabilità decisionale che il profilo professionale ci riconosce.

UTILE ED IMPORTANTE PERCHÉ:

➢ Buona organizzazione del lavoro


1. Accuratezza
➢ Ottimizzazione delle risorse disponibili
2. Efficacia/Efficienza
➢ Definisce la complessità e gli standard assistenziali
3. Qualità dell’assistenza
➢ OMOGENEITÀ DI INTERVENTO

➢ Strumento utile per una costante revisione e valutazione della qualità dell’assistenza

La pianificazione dell’assistenza è richiesta dalla legge 251 del 2000 (profilo professionale), personalizzata
per ogni persona assistita.

OBIETTIVO = CRITERIO DI ESITO → nella tassonomia NNN (II NANDA) rappresenta il NOC, ovvero
l’OUTCOME assistenziale.

Definito come:

“Affermazioni descriventi un comportamento misurabile dell’utente/famiglia/collettività che denota uno


stato favorevole dopo l’erogazione di assistenza infermieristica” (Alfaro, 1989)

La misurabilità del comportamento permette la valutazione finale del processo assistenziale, permette di
essere in grado di misurare e valutare se si è giunti ad un determinato risultato, ovvero un passaggio di
stato da una condizione sfavorevole ad una favorevole → buona riuscita dell’assistenza.

N.B: il criterio di risultato non è un obiettivo dell’infermiere, il soggetto dell’azione del criterio di esito sono
le persone assistite, è perciò un obiettivo del paziente dopo che è stata erogata assistenza infermieristica.

Requisiti del criterio di esito:

• REALISTICITÀ → reale, specifico e correlato al problema identificato (non ipotetico, irraggiungibile)


• SPECIFICITÀ
• MISURABILITÀ
• CONDIVISIONE → sia tra infermieri che tra altre figure professionali e, fondamentale, con l’assistito

Se si segue la tassonomia NNN viene scelto nell’elenco dei NOC, non deve essere formulato ex novo.

PRESTAZIONI/INTERVENTI

“Trattamenti e/o azioni che recano beneficio, riducendo o eliminando il problema assistenziale,
promuovendo una risposta sana” (Carpenito, 2006)

Le prestazioni sono associate al criterio di esito, e sono azioni/trattamenti che hanno logica sequenziale che
permettono il raggiungimento del nostro obiettivo, una risposta sana.

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Caratteri fondamentali che l’intervento deve possedere:

- APPROPRIATEZZA → attuato quando è fortemente indicato dalla letteratura per la risoluzione di


quel determinato problema.
- EFFICACIA → generata dall’appropriatezza dell’intervento, tanto più è appropriata quanto più è
efficace (funziona).
- EFFICIENZA → generata dall’efficacia, l’efficienza indica il funzionamento e il mantenimento nel
tempo dei risultati ottenuti con l’intervento.

PIANIFICAZIONE STANDARD + PERSONALIZZAZIONE DELL’ASSISTENZA

La legge 251/2000 obbliga l’infermiere alla personalizzazione dell’assistenza, ma allo stesso tempo ci
obbliga a predisporre un PROFILO DI CURA per ogni diagnosi attivata sul paziente e ciò indica una
pianificazione di ognuno di essi.

La letteratura suggerisce di avere un approccio standard, concetto che sembrerebbe in contrasto con
quanto enunciato dalla legge 251, ma la definizione di una pianificazione standard permette la successiva
personalizzazione del profilo di cura sulla persona, grazie alla pianificazione standard possiedo infatti tutte
le possibili diagnosi infermieristiche (pacchetto di diagnosi infermieristiche = REPERTORIO DIAGNOSTICO),
le quali saranno personalizzate in base alla persona assistita.

➔ STANDARD = pianificazioni per diagnosi infermieristiche statisticamente più frequenti e complesse,


si prevedono poi piani aggiuntivi di assistenza.

La letteratura propone un repertorio diagnostico per ogni unità operativa, ovvero un numero definito di
diagnosi per ogni “reparto”, ed ogni diagnosi del repertorio ha un proprio profilo di cura.

➔ PERSONALIZZAZIONE = scelta e applicazione delle diagnosi, appartenenti al repertorio diagnostico


dell’unità operativa nella quale viene ricoverato il paziente, in base a ciò che individuo durante la
fase di accertamento (es. il repertorio presenta 10 diagnosi, ne applico 4 su Mario poiché risulta,
dall’accertamento del suo livello di autonomia, che siano adatte per lui).

Come si effettua la definizione del repertorio diagnostico per ogni unità operativa?

Attraverso un’analisi retrospettiva (con sguardo al passato, un’indagine statistica) rispetto ai problemi di
comune riscontro nei nostri pazienti, in quella determinata unità operativa. L’insieme delle diagnosi di
comune riscontro, più frequenti, vanno a costituire il repertorio diagnostico.

Fare attuazione e follow up

L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO

L’organizzazione del lavoro è fondamentale poiché, essendo gestore della presa in carico del paziente,
anche in collaborazione con altre figure lavorative e professionali, è importante che l’infermiere sappia
organizzarsi e conosca quegli strumenti organizzativi di primo livello che permettono di agire al meglio per il
raggiungimento dello stato di salute del paziente.

In secondo luogo, l’infermiere è inserito in un sistema estremamente complesso, in ragione di questo anche
il lavoro dell’infermiere deve essere organizzato al meglio, sia per rispondere a bisogni clinici e assistenziali
che a bisogni organizzativi → PROCESSO DI ACCREDITAMENTO PROFESSIONALE DELLE STRUTTURE
SANITARIE.

Sono presenti molteplici livelli organizzativi, quelli di competenza dell’infermiere sono appartenenti al
primo livello.

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L’organizzazione del lavoro eleva il livello di efficacia ed efficienza dell’intero sistema sanitario, poiché
garantisce maggiormente:

• Ottimizzazione di risorse umane e materiali


• Rispetto delle varie professionalità (riconoscimento di ruoli, funzioni, responsabilità)
• Valorizzazione/potenziamento delle competenze professionali
• Qualità delle cure, nei requisiti del SSN
• Inserimento/utilizzo dell’OSS e OSS-C fare x visceglia, conoscere profilo di competenza, funzioni-
azioni

STRUMENTI ORGANIZZATIVI DEL LAVORO INFERMIERISTICO – 1° livello

= strumenti che un infermiere clinico odierno deve essere in grado di strutturare per organizzare il proprio
lavoro e dell’OSS (organizza il lavoro solo delle discipline di afferenza), e contribuiscono al processo di
accreditamento istituzionale (ci sono anche strumenti di 2°-3° livello, ma sono di competenza del
coordinatore):

- MISSION
- JOB DESCRIPTION
- IO/IL (istruzioni operative/di lavoro)

Tali strumenti possiedono un ordine gerarchico, ovvero devono essere stabiliti con questo ordine ben
preciso, poiché gli elementi che vengono definiti nella mission vanno a condizionare quelli che saranno gli
elementi della job description, i quali a loro volta andranno ad influenzare e definire quelli delle IO.

Devono inoltre essere definiti da tutto il gruppo di infermieri clinici, effettuando una organizzazione per
sottogruppi definiscono tutti gli strumenti, poiché vanno a dichiarare la NOSTRA organizzazione del lavoro,
anche il coordinatore infermieristico può dare un contributo, ma sono definiti ufficialmente dagli infermieri
clinici.

MISSION

È il primo strumento da definire, per farlo partiamo da:

- Definizione del modello teorico di riferimento da parte del team infermieristico, quindi la mission
della UO (unità operativa), il quale ci guiderà.
- Prendere in considerazione i riferimenti aziendali, ovvero la mission e la vision dell’azienda in
generale per non andare in divergenza con le dichiarazioni dell’azienda.

Il modello teorico di riferimento deve seguire un approccio olistico, contenendo comunque molta più
scienza piuttosto che filosofia (solo metaparadigma famiglia – ambiente – persona – processo
infermieristico), perciò i modelli di riferimento possibili sono: Henderson, Gordon – Carpenito, NANDA,
tassonomia NNN.

Definizioni:

“Esprime la direzione verso la quale procedere, i valori di riferimento, l’identità dell’organizzazione”


(Santullo)

“Documento scritto sintetico che dichiara gli obiettivi che si perseguiranno: ha valore di impegno/patto con
una serie di interlocutori” (L. D’Addio – L. Pietrini)

“Indica la ragione d’essere del servizio, le finalità che si propone, i bisogni che intende soddisfare, le
caratteristiche distintive” (C. Calamandrei – C. Orland)

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Per la costruzione di questo strumento deve essere utilizzato un linguaggio semplice, di facile
comprensione, non troppo tecnico al fine di facilitarne la lettura da parte del paziente che lo deve
consultare, elemento positivo predisponente nella relazione d'aiuto e permette di far sentire la persona più
accolta.

JOB DESCRIPTION

È il secondo strumento da definire, non è altro che l'organizzazione per processi, processi che ovviamente
contribuiscono e fanno parte del lavoro dell’infermiere e dell’OSS.

PROCESSO = insieme di attività interdipendenti (dipendenti l’una dall’altra) che fanno funzionare quel
determinato processo.

Per strutturare la job description è importante che vengano definiti quali sono i processi organizzativi che
intendo definire, e perciò descrivere all'interno della job, processi ovviamente di competenza
infermieristica, appartenenti alla disciplina infermieristica

➔ OBIETTIVO FONDAMENTALE = riuscire a identificare quali processi devono essere definiti,


identificati ed inseriti all'interno della job che permettono di rendere operativo il lavoro.

Non confondere il concetto di processo infermieristico con l'organizzazione per processi della job, sono
due aspetti completamente diversi, complementari che si possono correlare l’uno all'altro, ovvero: il
processo infermieristico è la presa in carico del paziente; i processi da inserire all'interno della job sono dei
processi che contribuiscono all'organizzazione del lavoro di presa in carico del paziente, i quali devono
essere gestiti dall' infermiere.

Quindi per definire la job description il punto di partenza è definire i processi di presa in carico
infermieristica. Ma quali processi? Da cosa derivano?

La job description viene stilata di conseguenza alla mission, tali processi saranno quindi derivanti dal
modello teorico di riferimento scelto nella mission. → es. al MODELLO ATTIVITÀ ED ESERCIZIO FISICO
(Gordon-Carpenito) saranno correlati i processi di: mobilizzazione, deambulazione, igiene e cura di sé; al
BISOGNO ELIMINAZIONE (Henderson) corrisponderà il processo di eliminazione; ad ogni CLASSE,
sottogruppo del DOMINIO (tassonomia NNN) corrisponderà un processo. → ogni bisogno di Henderson = 1
processo da inserire nella job, ogni modello funzionale di Gordon-Carpenito = 1/più processi in base al
modello, ogni dominio della tassonomia NNN = tanti processi quante sono le classi.

Il processo a questo punto può rispondere a:

◼ Un’ASSISTENZA DIRETTA → il processo, al fine di ottenere esiti positivi, agisce/coinvogle in


maniera diretta il paziente.
◼ Un’ASSISTENZA INDIRETTA → contribuisce senza agire direttamente sul paziente ma gestendo
processi che hanno delle ricadute positive sul paziente (es. gestione del processo di confort
ambientale).

Quali sono i contenuti (le attività interdipendenti) di un processo, che permettono il suo funzionamento?

ATTIVITÀ del processo = le prestazioni assistenziali che possono essere assegnate a quel processo (es.
PROCESSO DI MOBILIZZAZIONE contiene al suo interno tutte le prestazioni inerenti la mobilizzazione:
posizionamento laterale destro, posizionamento laterale sinistro posizionamento prono, posizionamento
semiseduto, posizionamento semi Fowler → i posizionamenti sono le prestazioni che concorrono al
funzionamento del processo mobilizzazione)

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LA JOB DESCRIPTION È UNO STANDARD QUANTITATIVO → indica quante e quali sono (senza descrivere) le
prestazioni che sono garantite per far funzionare quel determinato processo organizzativo.

Essendo uno standard quantitativo una prestazione può stare dentro ad un solo processo, poiché indica le
prestazioni presenti in QUEL processo, e non solo non sarebbe uno standard quantitativo perderebbe
anche il concetto dell'interdipendenza tra le attività che concorrono a far funzionare QUEL processo.

Il passo successivo per completare la job description è l’ASSEGNAZIONE: una volta definite le prestazioni
che concorrono a far funzionare quel processo devo definire chi fa quella prestazione, ovvero assegnarla.

Come si assegnano le prestazioni? Si valutano i criteri di assegnazione (all’OSS):

- STABILITÀ/INSTABILITÀ del paziente


- prestazione RIENTRA/RIENTRA nel profilo di competenza dell'operatore socio-sanitario
- BASSA DISCREZIONALITÀ e ALTA RIPETIBILITÀ

ASSEGNAZIONE → COMPLESSITÀ DELLA PRESTAZIONE = BASSA / COMPETENZA = DELL’OSS

ASSEGNAZIONE → COMPLESSITÀ DELLA PRESTAZIONE = ALTA / COMPETENZA = DELL’INF.

Il numero di processi corrisponde ai riferimenti del modello teorico di riferimento che abbiamo come punto
di riferimento per la presa in carico del paziente (definito nella mission). Non c'è un numero minimo ed un
numero massimo di processi da inserire all'interno della job, i processi devono essere riflettuti e scelti in
base al modello teorico di riferimento e alla popolazione di pazienti che noi prendiamo in carico.

ISTRUZIONI OPERATIVE/DI LAVORO

L’ultimo strumento organizzativo sono le istruzioni di lavoro o istruzioni operative.

IO/IL = standard qualitativo, definiscono le modalità operative secondo le quali viene effettuata quella
determinata prestazione → definiscono come deve essere svolta quella prestazione sul paziente.

Le componenti delle istruzioni operative sono:

▪ Titolo.
▪ Lista di distribuzione → a chi devo distribuire questa istruzione operativa, chi sono gli attori in
causa di quella istruzione operativa? L’IO deve essere distribuita a quei professionisti che
applicheranno sul paziente quella istruzione di lavoro.
▪ Scopo → criteri di esito di quella prestazione, il fine della prestazione. La letteratura classifica gli
scopi delle prestazioni in tre grandi categorie:
➢ scopo terapeutico
➢ scopo diagnostico
➢ scopo organizzativo
▪ Campo di applicazione → rappresenta il target, il gruppo di pazienti ai quali applicare quella
prestazione, quello standard di prestazione. La letteratura afferma anche che il campo di
applicazione possa essere definito come l'unità operativa in cui applichiamo lo strumento
organizzativo
Ci sono quindi due scuole di pensiero rispetto al campo di applicazione: una linea di pensiero che
definisce il campo di applicazione come il target dei pazienti, le caratteristiche dei pazienti ai quali
applichiamo quelle istruzioni di lavoro, una linea di pensiero invece che definisce il campo di
applicazione come l'unità operativa, il riparto clinico nel quale andiamo ad applicare quelle
istruzioni di lavoro.
▪ Terminologia/abbreviazioni → nel mondo sanitario in genere si usano molti acronimi, acronimi
codificati dal nomenclatore presente all'interno della sanità.
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La terminologia ci permette anche di definire un termine complesso che non è di facile
interpretazione per l'operatore socio-sanitario.
▪ Matrice delle responsabilità → è costituita sempre da uno standard, non può essere modificato, si
definisce infatti:
o Chi prescrive la prestazione → sempre l’infermiere
o Chi effettua la prestazione → infermiere/OSS
o Chi valuta la prestazione → sempre l’infermiere
Il campo della responsabilità, all'interno dell'istruzione operativa, deve essere correlato con quanto
definito in fase di assegnazione all'interno della job description, in particolar modo il campo relativo
all'effettuazione della prestazione
▪ Descrizione delle attività → i materiali necessari e la sequenza logica e cronologica delle azioni (le
modalità di esecuzione), guida in maniera più operativa ad applicare la prestazione sul paziente.
▪ Riferimenti → la bibliografia di riferimento, poiché essendo un documento scientifico è importante
riportare sempre la biografia di riferimento, una bibliografia a sostegno dei contenuti che noi
abbiamo definito all'interno dell'Istruzione di lavoro.

Il numero delle prestazioni identificate all'interno della job corrisponde al numero di istruzioni operative
che devono essere definite e devono essere definite per prime le istruzioni operative che sono state
assegnate all’OSS. È un processo molto lungo richiede del tempo.

È di competenza dell’infermiere dare tutti gli strumenti necessari all'OSS per agire in sicurezza, l'istruzione
di lavoro rappresenta un ulteriore strumento che noi mettiamo a disposizione per l’OSS e che lo supporta
nell'attività che svolge sul paziente. → le IO vanno a “completare” l’atto di prescrizione all’OSS.

REVISIONE DEGLI STRUMENTI

Tutti gli strumenti hanno la necessità di essere revisionati, tale revisione deve essere periodica poiché:

• Può variare quella che è la popolazione di riferimento, ovvero i pazienti che noi assistiamo
all'interno dell'unità operativa
• Possono cambiare le esigenze organizzative e clinico-assistenziale

A fronte di queste due variabili che incidono notevolmente sul contenuto degli strumenti organizzativi
abbiamo una revisione periodica, generalmente la letteratura suggerisce di revisionare gli strumenti ogni 6
mesi o comunque ogni qualvolta vi sia esplicita necessità di revisione (variazione di una delle componenti,
ovvero delle esigenze organizzative o clinico-assistenziali o della popolazione di riferimento).

REVISIONE ≠ AGGIORNAMENTO → la revisione non implica necessariamente un aggiornamento dello


strumento, l'aggiornamento sarà reso operativo se si riscontra durante la revisione un'effettiva necessità di
aggiornamento, altrimenti la revisione resta fine a sé stessa.

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