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La genetica è una delle branche della biologia la quale si occupa di studiare i geni, l’ereditarietà e la
variabilità genetica negli organismi viventi, il suo oggetto di studio risulta perciò essere il materiale
genetico, cioè il DNA.
La maggior parte del materiale genetico si trova all’interno del nucleo delle cellule, sottoforma di molecola
di DNA spiralizzata su sé stessa a costituire i cromosomi, ma è presente anche in minima parte all’interno
dei mitocondri (DNA mitocondriale).
Eventuali mutazioni del DNA mitocondriale hanno delle conseguenze piuttosto gravi, provocano danni a
livello di tutti gli organi (sono gli organelli deputati principalmente alla produzione di energia, quindi
impatto fisico importante) e possono essere trasmesse SOLO dalla madre = trasmissione soltanto in LINEA
MATERNA, indipendentemente sia ai maschi che alle femmine, poiché vi sono mitocondri nel citoplasma
della cellula uovo ma non nello spermatozoo.
COSTITUZIONE DEL DNA la doppia elica di partenza della molecola di DNA si avvolge attorno a delle
proteine (si crea la cosiddetta collana di perle), si ha una spiralizzazione estrema fino alla formazione del
cromosoma, ogni molecola di DNA viene spiralizzata e condensata fino ad una riduzione della sua
dimensione di circa 50.000 volte.
STRUTTURA DI BASE:
Gruppo fosforico
Deossiribosio = NUCLEOTIDE
Base azotata
Le basi azotate sono: purine (adenina e guanina) e pirimidine (citosina e timina). Si legano tra di loro
attraverso legami ad idrogeno specifici G-C A-T, tra guanina e citosina avvengono tre legami, tra adenina e
timina soltanto due e si legano alla struttura laterale di desossiribosio e gruppi fosfato attraverso legami
fosfodiesterici.
CROMOSOMI
Un cariotipo normale deve avere 46 cromosomi, 44 autosomi, dall’uno al ventidue disposti a coppie, e due
cromosomi sessuali che determinano il sesso dell’individuo. La presenza di una Y determina lo sviluppo in
senso maschile (es. XXY è comunque maschio). Il corredo normale è un corredo 2n, diploide, ovvero avente
due copie di ogni cromosoma.
Trasformazione da DNA a RNA (trascrizione) e traduzione in proteine. Dal DNA mediante il processo di
trascrizione si ha la formazione di mRNA con la perdita degli introni, l’RNA è quindi praticamente costituito
soltanto da esoni; l’mRNA passa attraverso la barriera nucleare, entrando così nel citoplasma, ed avvia il
processo di traduzione in proteine (sintesi proteica).
Esistono programmi informatici che inserendo una mutazione riescono a valutare se questa è importante
(clinicamente significativa) oppure no, poiché esistono mutazioni le quali provocano danni alquanto gravi,
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ed altre definite silenti che non provocano alcun problema: PROGRAMMI INFORMATICI DI PREDIZIONE.
La maggior parte delle mutazioni non provocano una vera e propria malattia.
IL CODICE GENETICO
Il codice genetico è l’insieme di regole necessarie per la traduzione in proteine dei filamenti di mRNA.
La lettura del codice genetico viene letta a tre a tre, tre basi azotate costituiscono una tripletta la quale
presenta una corrispondenza per un determinato aminoacido (tripletta=aminoacido).
Caratteristiche:
o Triplette diverse possono dar luogo ad uno stesso amminoacido U=uracile (RNA), corrisponde
(es. CUU, CUC, CUA, CUG creano l’aminoacido leucina). alla timina del DNA
o Alcune triplette non codificano per nessun amminoacido (codone di inizio AUG, codoni di stop
UAA, UAG, UGA, non definiscono nessun aminoacido ma segnano l’inizio/fine della sintesi
proteica).
Possibili mutazioni (alterazione della sequenza nucleotidica di una molecola del DNA, c’è una variazione a
livello delle basi di una sequenza di DNA):
- Non producono modifiche della proteina sintetizzata grazie alla ridondanza del codice, es. il
gene presenta una mutazione per cui la tripletta CUU risulta mutata in CUC (CTT e CTC nel
DNA), entrambe codificano per l’aminoacido leucina, perciò non vi è alcun mutamento a livello
della proteina.
- Producono modifiche a livello della proteina sintetizzata poiché vi è una mutazione di una
tripletta che non codifica per l’aminoacido che dovrebbe, es. la tripletta CUC che codifica
leucina è mutata in CCC, tale tripletta non codifica per la leucina ma per la prolina, perciò vi è
una mutazione anche a livello della proteina.
La fecondazione porta alla creazione dello zigote, singola cellula costituita dalla cellula uovo e dallo
spermatozoo, dalla quale si forma poi l’embrione e l’individuo adulto, il quale deve mantenere le
informazioni genetiche
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La replicazione fedele del DNA (replicazione in DNA uguale) permette di trasmettere inalterata
l’informazione genetica di cellula in cellula (riproduzione cellulare), e anche di generazione in
generazione (riproduzione sessuata).
Vi sono due tipi di riproduzione, che presentano una fase identica di duplicazione del DNA, mentre
differiscono nei processi di divisione attraverso cui il materiale duplicato è ripartito nelle cellule figlie.
Essi sono:
MITOSI, riproduzione cellulare la quale da origine alle cellule SOMATICHE (= tutte le cellule
del nostro organismo escluse le cellule che daranno vita all’ovocita e agli spermatozoi).
Tali processi prevedono entrambi, prima dell’inizio delle varie fasi che permettono la riproduzione,
un’identica fase di duplicazione del DNA.
Duplicazione del DNA è definita semiconservativa: i due filamenti della doppia elica si separano e
fungono ciascuno da stampo per la sintesi di una nuova catena. Le due molecole figlie risultano costituite
ciascuna da un filamento originario e uno neo polimerizzato (nuovo), conserva quindi metà della sua
molecola originaria.
MITOSI
Processo per cui partendo da una cellula somatica diploide (2n=46 cromosomi, corredo doppio), la
quale si duplica, si originano due cellule figlie diploidi con corredo genetico identico (avviene
all’interno di tutti i tessuti ad esclusione di quelle che danno luogo a spermatozoi ed ovocita).
Fasi:
1. INTERFASE= fase di preparazione durante la quale l’involucro nucleare è intatto e i cromosomi non
sono visibili, suddivisa a sua volta in tre fasi:
G1= nel nucleo avviene la sintesi di proteine, istoni, nucleotidi, enzimi e nel citoplasma si duplicano
gli organelli subcellulari.
S= fase di duplicazione del DNA, semiconservativa.
G2= si completa la sintesi del DNA.
5. ANAFASE= ciascun cromosoma si divide in due cromatidi, e i due cromatidi di ciascun cromosoma
vengono sospinti ai poli opposti.
7. CITODIERESI= il completamento della divisione citoplasmatica da origine alle due cellule figlie.
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MEIOSI
Il processo di meiosi è alla base della GAMETOGENESI, ovvero il processo che dà origine alla formazione dei
gameti, cellule germinali le quali contengono un numero aploide (n) di cromosomi, 23.
1a divisione meiotica: i due cromosomi omologhi di ciascuna coppia si appaiano (sinapsi), segregano
in due cellule diverse con i cromatidi fratelli ancora uniti, e il numero dei cromosomi viene ridotto a
metà (divisione riduzionale) interfase I, profase I, metafase I, anafase I, telofase I
2a divisione meiotica: per ciascun cromosoma, i due cromatidi vengono separati in altre due cellule
(divisione equazionale) interfase II, profase II, metafase II, anafase II, telofase II
Nei processi di maturazione dei gameti, la riproduzione cellulare avviene tramite la meiosi:
SPERMATOGENESI OVOGENESI
I cromosomi si separano in modo indipendente. I due tipi di riproduzione presentano una fase identica di
duplicazione del DNA, mentre differiscono nei processi di divisione attraverso cui il materiale duplicato
viene ripartito nelle cellule figlie.
ALLELE = una o più forme alternative di un gene o di una sequenza di DNA che si trovano nella stessa
posizione su ciascun cromosoma omologo (es. un cromosoma 3 che possiede un allele con base azotata C
ereditato dalla madre e un allele con base azotata T ereditato dal padre nello stesso punto).
LOCUS = regione cromosomica unica che corrisponde ad un gene o a qualche altra sequenza di DNA.
Individuo ETEROZIGOTE= individuo che presenta alleli diversi in uno stesso locus,
ha quindi due copie diverse di DNA.
Individuo OMOZIGOTE= individuo che presenta alleli identici in uno stesso locus.
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GENOTIPO = indica la costituzione genetica di un individuo, generalmente con tale termine ci si riferisce
al/ai gene/geni che stiamo analizzando, non al DNA nella sua totalità (es. soggetto che rispetto al gene
della fibrosi cistica ha il genotipo TT).
FENOTIPO y677= indica l’insieme delle caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo, le quali
risultano dall’espressione del suo genotipo e dalle influenze ambientali (es. fenotipo patologico o meno).
MURAZIONE/VARIANTE = alterazione della sequenza del DNA rispetto alla sequenza normale, il termine
variante risulta essere maggiormente corretto (seguito da aggettivo: positiva, negativa…)
POLIMORFISMO = variazione della normale sequenza nucleotidica di un gene, senza alcun effetto
fenotipico, non è responsabile di alcuna malattia ed è frequente nella popolazione per almeno l’1% degli
individui.
ALBERO
GENEALOGICO
MONOGENICHE A EREDITÀ MENDELIANA sono malattie dovute alla mutazione di un singolo gene, è
sufficiente un singolo gene mutato per sviluppare la malattia.
X-LINKED, differenza rispetto a gene maschile e femminile, poiché il gene mutato si trova sul
cromosoma X.
MULTIFATTORIALI malattie in cui sono coinvolti i polimorfismi ma, sono in realtà almeno il 60%
delle nostre malattie (infarto, pressione alta, tumori, ecc..), sono dovute a una moltitudine di fattori, come
fattori genetici (prevalentemente polimorfismi) o anche ambientali.
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La prevalenza di malattie genetiche alla nascita rappresenta un totale tra il 3-7%:
- Cromosomiche = 0.6-0.9%
- Monogeniche = aut. dominante 0.3-0.95%, aut. recessiva 0.2-0.25%, legata all’X 0.05-0.2%
- Difetti congeniti = 2-5% (congenito ≠ genetico, congenito significa presente dalla nascita, può
essere o meno genetico)
EREDITÀ MENDELIANA
Le leggi sull’eredità di Gregor Mendel affermano che i geni sono ereditati in coppia, uno dal padre e uno
dalla madre, ognuno di essi possiede diversi alleli, alcuni dei quali (i dominanti) “vincono” agendo sugli altri
(i recessivi) e alla meiosi gli alleli segregano singolarmente ed indipendentemente nei gameti.
Sono patologie che si sviluppano indipendentemente dal sesso dell’individuo, possono svilupparle sia figli
maschi che figlie femmine, poiché il gene mutato si trova su uno degli autosomi. Le caratteristiche di
trasmissione di tali patologie sono:
È sufficiente una singola dose dell’allele mutato per sviluppare la malattia (monogeniche), si indica
l’allele mutato con ‘A’, e l’allele normale con ‘a’ Aa= patologia
Il 50% dei figli nati da un genitore affetto manifestano la stessa malattia, cioè vi è un rischio del 50%
per ogni gravidanza affrontata.
Tale rischio del 50% deriva dalla formazione dei gameti, i quali sono solitamente così:
25% rischio che nascano omozigoti affetti (situazione grave, spesso non compatibile con la
vita).
Nel caso di una coppia all’interno della quale uno dei due genitori è affetto da malattia autosomica
dominante, vi è, in alcuni casi (soltanto se è conosciuta la mutazione del genitore), la possibilità di
effettuare una diagnosi prenatale al fine di capire se il bambino è affetto da tale malattia. Le possibilità per
effettuare tale diagnosi sono:
1. VILLOCENTESI, viene effettuata intorno alle 12 settimane e si effettua estraendo del materiale dei
villi coriali che costituiscono la placenta (che contiene lo stesso DNA del feto).
2. AMNIOCENTESI, viene effettuata intorno alle 16-18 settimane di gestazione tramite prelievo di
liquido amniotico (il quale contiene cellule del feto disperse).
Estraendo quindi molecole di DNA dalle cellule fetali che si trovano nel liquido amniotico o dalle cellule
della placenta è possibile andare a ricercare il gene che si trova mutato nel genitore affetto dalla malattia.
Nonostante sia possibile individuare il gene mutato nel feto ed affermare quindi se questo sarà affetto o
meno dalla malattia, è difficile affermare quale saranno le manifestazioni cliniche che la malattia avrà su di
lui. Questi esami comportano una probabilità di aborto di circa 1%, perciò (nelle strutture pubbliche) tali
esami sono indicati ed effettuati quando la coppia presenta un rischio aumentato, rispetto alla popolazione
generale, di una qualche problematica visibile con lo svolgimento di questi esami. In Italia, nelle strutture
pubbliche, per legge ogni donna sopra i 35 anni al momento del parto può scegliere di svolgere villo e
amnio centesi, oppure ogni coppia con un rischio del 50% di una malattia dominante (poiché vi è un
genitore affetto), oppure in casi in cui il feto presenta malformazioni visibili, e perciò un rischio aumentato
che vi siano mutazioni cromosomiche. Nelle strutture private invece vengono effettuate sotto richiesta,
senza tener conto del possibile pericolo di aborto con possibilità maggiore dello sviluppo della patologia.
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Avviene perché i soggetti che non manifestano la malattia sono detti FENOTIPICAMENTE SANI, poiché
avviene un meccanismo di penetranza incompleta.
La PENETRANZA sta ad indicare la percentuale di individui che possiedono un determinato genotipo e che
manifestano il carattere associato con quel genotipo (=fenotipo), questa può essere variabile, non tutte le
mutazioni geniche provocano sintomi. Es: acondroplasia: penetranza del 100%, tutti gli individui che
presentano la mutazione dell’acondroplasia manifestano i sintomi= penetranza completa.
Quando vi è una parte dei soggetti affetti da mutazione i quali però non manifestano clinicamente la
malattia si tratta di penetranza incompleta, ciò dipende dalla tipologia di malattia.
Altra irregolarità: ESPRESSIVITÀ VARIABILE manifestazione clinica variabile di una stessa mutazione,
anche all’interno di una stessa famiglia, in alcuni casi può anche non manifestarsi. Es: distrofia miotonica:
può provocare gravi sintomi, come l’impossibilità di stringere ed afferrare cose, o sintomi più lievi come la
cataratta.
Perché avviene?
Nel secondo meccanismo di mutazione si ha una fecondazione corretta, ma nelle prime divisioni cellulari
dello zigote si ha un errore che provoca la mutazione e conseguentemente tutte le cellule del bambino
presenteranno la mutazione. Nelle gravidanze successive la probabilità che ricapiti una mutazione post-
zigotica è molto bassa.
Non è possibile distinguere quale dei due meccanismi sia avvenuto, ma nelle gravidanze successive è
possibile attuare una villocentesi o amniocentesi ricercando la presenza del gene mutato nel figlio nato
precedentemente con la mutazione.
SINDROME DI MARFAN (MFS) patologia caratterizzata molto spesso da una statura superiore alla
statura media e dal fatto che l’apertura delle braccia (denominata arm span) è superiore all’altezza.
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Non esiste un gene specifico della sindrome di Marfan, ma può essere dovuta a tantissimi geni, perciò
l’analisi genetica effettuata è un’analisi molecolare complessa con pannelli multigenici (esperimenti in cui
contemporaneamente si analizzano i geni coinvolti in tale patologia). Essa è infatti causata da mutazioni del
gene della FIBRILLINA-1 (FBN1) + altri geni.
La fibrillina-1 è una glicoproteina che costituisce una componente importante delle fibre elastiche
presenti nel tessuto connettivo, mutazioni di tale gene sono responsabili anche di malattie come la
lussazione del cristallino e, in parte, dell’aneurisma aortico-toracico familiare. Ad oggi sono note
centinaia di mutazioni del gene FBN1.
È una patologia che colpisce il tessuto connettivo, cioè il tessuto che costituisce quella che è l’”impalcatura”
di tutto il corpo, importante per la struttura e la funzione di quasi tutti i tessuti dell’organismo.
I pazienti con MFS tendono ad essere molto alti, hanno spesso dita lunghe e affusolate ed articolazioni
lasse, ovvero eccessivamente mobili. La gravità delle manifestazioni cliniche è variabile da caso a caso,
infatti alcuni pazienti presentano sintomi lievi o addirittura non hanno alcuna manifestazione clinica,
mentre altri possono avere disturbi più importanti che devono essere presi in considerazione per il
monitoraggio e l’eventuale trattamento. Un difetto frequente è la miopia con lussazione del cristallino, con
un rischio di distacco della retina.
La dilatazione dell’aorta avviene progressivamente col passare degli anni e, essendo asintomatica, può
passare inosservata causando rischi molto gravi. L’allargamento delle pareti aortiche prende il nome di
ANEURISMA AORTICO e poiché porta un rischio di rottura, deve essere periodicamente controllato con
frequenti controlli cardiologici (ecocardiogrammi-ecocardiografie) ed opportuni interventi preventivi.
Quando avviene la rottura dell’aorta il paziente avverte un improvviso e violento dolore a torace, schiena o
addome spesso accompagnato da perdita di coscienza intervento chirurgico immediato.
Per evitare di trovarsi in questa situazione è quindi fondamentale che i pazienti affetti da MFS vengano
posti in ambiti di monitoraggio clinico nel quale vengono controllate le dimensioni dell’aneurisma per poter
intervenire con interventi di correzione elettiva prima che si giunga al rischio di rottura, ed è ciò che avviene
oggi.
DISTURBI DELL’APPARATO SCHELETRICO: i pazienti affetti hanno un aspetto longilineo, alta statura, arti e
mani lunghe e sottili. Le articolazioni sono lasse ed eccessivamente mobili, causa di frequenti lussazioni;
spesso è presente anche il piede piatto. Possono presentare anche deformità a livello della gabbia toracica,
come il petto carenato (costole e sterno sporgenti) ed il petto escavato (infossamento al centro del torace),
e problemi alla colonna vertebrale come scoliosi, lordosi o cifosi (dorso curvo) di gravità variabile.
Tale condizione può essere evidenziata dalle ecografie in gravidanza, in un periodo però avanzato di essa,
ciò comporta l’impossibilità di interrompere la gravidanza poiché è visibile soltanto dopo il periodo in cui è
possibile abortire in Italia (dopo i 3 mesi), se non tramite attestazione psichiatrica di impossibilità da parte
della madre di continuare la gravidanza problematica (in tal caso la possibilità di aborto è data fino alle 22
settimane).
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Già alla nascita i bambini presentano delle caratteristiche, pressoché sovrapponibili a tutti i soggetti affetti:
Parte bassa della colonna vertebrale esageratamente curvata in avanti (lordosi lombare).
La mutazione che causa tale patologia riguarda praticamente sempre il gene FGFR3, il quale è implicato
nella trasmissione del segnale della crescita di cartilagine, e nel 98% dei casi circa si ha sempre la stessa
mutazione (G1138A), ciò è estremamente vantaggioso in campo genetico.
In una coppia di genitori entrambi affetti da acondroplasia essi hanno 1 probabilità su 4 di concepire un
figlio con acondroplasia omozigote (AA), grave forma di acondroplasia letale alla nascita, 1 possibilità su 4 di
avere figli normali (aa) e 1 possibilità su 2 di avere figli affetti come loro.
Comporta un aumentato rischio prevalentemente di tumore della mammella femminile (50-80% BRCA1,
26-84% BRCA2) e di ovaio (24-40% BRCA1, 10-20% BRCA2) ma anche di tumore della prostata (10-20%) e di
tumore della mammella maschile (7-8%), in alcune famiglie anche di tumore del pancreas e di melanoma.
Patologie derivanti da autosomi, cromosomi da 1 a 22, trasmesse perciò indipendentemente dal sesso del
figlio. A differenza delle malattie autosomiche dominanti è necessaria la presenza di due copie dell’allele
mutato (aa) per sviluppare la patologia è necessario quindi essere omozigoti del gene mutato, gli
eterozigoti sono fenotipicamente normali ma portatori del carattere patologico.
In un incrocio di due portatori, individui eterozigoti che possiedono quindi una sola copia del gene mutato,
vi è il 25% di avere figli affetti.
Nelle coppie di parenti vi è un aumento del rischio di specie che va dal 3 al 6%. Cos’è il rischio di specie?
Ogni coppia appartenente alla popolazione generale ha un rischio di avere bambini aventi problemi più o
meno gravi pari al 3%, se la coppia è costituita da consanguinei il rischio di avere bambini con patologie è
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pari al 6%, poiché vi è un aumentato rischio di bambini omozigoti affetti da un qualsiasi tipo di malattia
autosomica recessiva. Questo accade perché, appartenendo alla stessa famiglia, hanno un rischio maggiore
di essere portatori sani di un gene scatenante una qualsiasi malattia recessiva. Più lontana è la parentela
minore sarà il rischio aggiuntivo rispetto alla popolazione generale, e viceversa.
In tal caso non vi sono esami da poter attuare, dovrebbe essere analizzato tutto il DNA per poter trovare
una qualche mutazione, non ci sono esami specifici.
Entrambi i genitori ETEROZIGOTI (aA, aA) = 25% omozigote sano (AA), 25% omozigote affetto (aa),
50% eterozigoti sani (aA).
Un genitore ETEROZIGOTE sano (aA), uno OMOZIGOTE sano (AA) = 50% eterozigoti sani (AA), 50%
omozigoti sani (aA).
Un genitore OMOZIGOTE sano (AA), uno OMOZIGOTE affetto (aa) = 100% eterozigoti sani (aA).
Entrambi i genitori OMOZIGOTI affetti (aa, aa) = 100% omozigoti affetti (aa).
BETA TALASSEMIA o anemia mediterranea. Patologia causata da una mutazione del gene β-globina
(una delle catene polipeptidiche che costituiscono l’emoglobina), nei soggetti omozigoti affetti inizia a
manifestarsi intorno al 4°-6° mese di vita, con difficoltà di crescita e pallore, difficoltà di alimentazione ed
altri sintomi.
Se non vengono effettuate trasfusioni questi soggetti presentano un ritardo di crescita piuttosto marcato,
epatosplenomegalia (ingrossamento di fegato e milza che causa addome gonfio e globoso), modificazioni
scheletriche e febbricola. Quasi tutti i soggetti affetti presentano la parte degli zigomi molto pronunciata,
poiché, normalmente le ossa del volto non sono deputate all’ematopoiesi, in casi di anemia grave si ha
un’attivazione ed ingrandimento anche delle ossa facciali al fine di contrastare l’anemia e produrre più
globuli rossi possibile. Può causare morte tra i 3 e 6 anni di vita se non viene curata fin da subito.
Diagnosi: oltre alla comparsa di tali caratteristiche anche attraverso un emocromo possiamo individuare la
patologia, tali soggetti presentano infatti globuli rossi molto piccoli rispetto a soggetti sani (grave anemia
microcitica), le emoglobine in quantità diversa rispetto a quella corretta (alterazioni del quadro
elettroforetico delle emoglobine).
Le terapie necessarie sono trasfusioni continue, talvolta anche più di una volta al mese (+ chelanti del Fe) o
il trapianto di midollo.
Per inquadrare se due genitori sono portatori, e quindi eterozigoti, viene effettuato un emocromo dal quale
è già possibile definire la grandezza dei globuli rossi, ma non basta, è necessaria anche una valutazione dei
valori di Fe (Sideremia, Transferrina, Ferritina) e dell’assetto emoglobinico.
È dovuta ad una mutazione del gene CFTR (cystic fibrosi transmembrane regulator), il quale codifica per una
proteina implicata nel passaggio degli ioni cloro attraverso la membrana cellulare, la specifica mutazione
non è nota poiché esistono oltre 1500 mutazioni note nel mondo, vi sono mutazioni che vanno dall’essere
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piuttosto frequenti, e quindi più individuabili, ad altre presenti soltanto in un unico nucleo familiare in tutto
il mondo e quindi rarissime.
Ad esempio, la mutazione ΔF508 è una delle più frequenti e quindi ha maggior possibilità di essere
ricercata, presente in oltre il 51% dei casi, è una delezione in cui viene a mancare un aminoacido.
Tale patologia è la più frequente malattia genetica ereditaria nella popolazione caucasica, colpisce soggetti
dall’età pediatrica all’età adulta con una frequenza di 1:2500 circa, la frequenza dei portatori è invece circa
del 4% della popolazione generale (1:25).
Gli organi sono colpiti in modo estremamente diffuso, i polmoni sono quelli più coinvolti, poiché tale
patologia provoca un accumulo di muco il quale causa una riduzione del calibro delle vie aeree con
sintomatologia variabile:
POLMONI:
Tossi persistenti con espettorato viscoso e purulento.
Bronchiti e broncopolmoniti.
Bronchiectasie.
Broncopneumopatie.
Infezioni polmonari (Staphylococcus aureus e Pseadomonas aeruginosa).
PANCREAS:
Insufficienza pancreatica.
Avitaminosi.
Alterazione assorbimento dei grassi e delle proteine.
INTESTINO:
Ileo meconio (ostruzione intestinale durante le prime 24h di vita), possono già essere visibili
ecograficamente.
APPARATO GENITALE:
Inizio ritardato della pubertà causato dai problemi respiratori e dal malassorbimento.
Infertilità femminile causata da alterazioni del muco cervicale.
Infertilità maschile ed azoospermia (non c’è fuoriuscita degli spermatozoi, non si formano i canali di
uscita) colpiscono il 95% degli uomini.
FEGATO:
Epatopatia.
Cirrosi epatica.
Accumulo di grassi.
ALTRE CONSEGUENZE:
Sinusite e poliposi nasale.
Maggior sensibilità ai colpi di calore.
Diabete.
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Le terapie sono varie, dipendono dalla gravità della patologia, sono comunque in ogni caso croniche e
variano da antibioticoterapie, fisioterapie respiratorie, aerosol, diete specifiche, terapia medica e/o
chirurgica delle complicanze (drenaggi di muco polmonare) e possibile trapianto di organi.
Sono patologie legate al cromosoma X, a differenza delle malattie autosomiche sono quindi dovute ad una
mutazione localizzata sul cromosoma sessuale X, ciò significa che lo sviluppo e l’eredità dei caratteri
patologici sarà legato alla X e quindi sesso del soggetto. I maschi non possono essere portatori.
Il sesso maschile è determinato dalla presenza del cromosoma Y, oltre al cromosoma X, i maschi vengono
per questo anche detti EMIZIGOTI. Il cromosoma Y nella specie umana, nelle altre specie questo è
differente, presenta dimensioni ben minori rispetto al cromosoma X.
Nel maschio vi è quindi un solo cromosoma X, nella femmina ne sono invece presenti due e, per
compensare tale differenza nella specie umana (in realtà generalmente nei mammiferi) avviene che una
delle due X viene inattivata attraverso una serie di meccanismi compenso di dose.
Questo cromosoma, la X inattivata, viene osservato ed indicato come CORPO DI BARR, il numero del quale
varia in base al numero di cromosomi X presenti: in una donna patologica che presenta tre cromosomi X vi
saranno due corpi di Barr, in una donna normale ne sarà presente uno.
Ma come avviene questa inattivazione? Fenomeno della LYONIZZAZIONE (dal nome della
scienziata Mary Lyon).
Il fenomeno della Lyonizzazione è una inattivazione quasi totalmente casuale di uno dei due cromosomi X
nella femmina. Processo esplicativo:
Normalmente abbiamo un meccanismo di inattivazione dell’X casuale, al termine del quale nella donna nel quale si è svolto
risulteranno presenti un 50% di X paterne ed un 50% di X materne (attive), metà normali e metà mutate, le quali si
compensano a vicenda non permettendo la manifestazione della malattia. Se non vi è equilibrio e le X mutate sono in
numero maggiore il soggetto tende ad avvicinarsi alle manifestazioni a livello del fenotipo con espressibilità variabile.
La maggior parte delle mutazioni presenti sul cromosoma X sono recessive, e perciò si manifestano solo in
soggetti maschi per la loro condizione di emizigoti (perché le femmine, avendo due X, compensano la X
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mutata possedendo l’altra X normale risultando così portatrici sane. La malattia è sempre trasmessa
attraverso una femmina eterozigote fenotipicamente sana.
La trasmissione non avviene mai da padre malato a figlio, ma vi è una trasmissione a “zig-zag”.
4. Le femmine eterozigoti, portatrici sane, hanno una probabilità di trasmissione dell’X mutato del
50% per i figli maschi, i quali saranno affetti, e del 50% per le figlie femmine, le quali saranno
portatrici (con padre sano).
Condizione estremamente rara, è sufficiente avere una singola copia della X mutata, anche nelle femmine.
Sono patologie molto rare poiché letali in emizigosi (nei maschi non è tendenzialmente compatibile con la
vita).
Caratteristiche di ereditarietà:
I maschi affetti trasmettono il carattere mutato a tutte le figlie, poiché una delle due X viene
ereditata dal padre e, essendo una malattia dominante, anche se la madre trasmette la X sana le
figlie saranno affette (basta una sola copia del gene mutato). I figli maschi saranno invece
necessariamente sani poiché non ereditano la X dal padre ma ereditano necessariamente soltanto
la Y.
Le femmine affette trasmettono invece la malattia al 50% dei figli, indifferentemente sia maschi che
femmine, poiché in entrambi i casi ha la probabilità di trasmettere o la coppia mutata o la coppia
normale.
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SINDROME DELL’X FRAGILE (FraX) molto importante perché è la forma più frequente di ritardo nei
maschi. Quasi costante è un deficit cognitivo, variabile (raramente più lieve, talvolta più grave), e alcune
caratteristiche comportamentali.
Il ritardo cognitivo rappresenta il primo segno di sviluppo della malattia, si ha un ritardo dello sviluppo
psicomotorio, in particolare nell’apprendimento del linguaggio. È un ritardo di grado piuttosto variabile ed
è spesso associato ad anomalie comportamentali come irrequietezza, instabilità psicomotoria e incapacità a
fissare l’attenzione. Queste caratteristiche persistono con l’avanzare dell’età.
Il carattere delle persone affette da FraX può oscillare da un carattere estroverso e sociale a comportamenti
simili all’autismo ovvero iperattività, incapacità di fissare gli altri negli occhi, avversione all’essere toccati,
comportamento stereotipato.
Molte persone affette da FraX presentano tratti somatici tipici ma non universali:
Altre sintomatologie possono essere iperestensibilità delle articolazioni, piede piatto e il prolasso della
valvola mitrale.
Tale patologia fa parte delle malattie aventi un meccanismo di mutazione dinamica. Il gene implicato in tale
mutazione da FraX è il gene FMR1, che codifica la proteina FMRP, questo gene presenta triplette CGG in
ognuno di noi che si ripetono più volte in modo fisiologico. In soggetti normali questa tripletta può essere
ripetuta in un numero variabile da 6 a 55 volte, quando il numero di queste triplette supera le 200 volte si
ha la patologia, poiché la proteina non è codificata nella maniera giusta.
La zona compresa tra le due condizioni (sano-affetto), ovvero con ripetizioni di CGG tra 55 e 200, viene
definita zona di pre-mutazione, nelle femmine caratterizza una menopausa precoce, nei maschi non
provoca disabilità intellettiva ma possono presentare una forma di atassia (difficoltà nel camminare,
mantenere l’equilibrio ecc..). Una donna premutata (soprattutto con ripetizioni superiori a 150) può avere
un figlio affetto da FraX, poiché al momento della produzione dell’ovulo (solo nella gametogenesi
femminile) le ripetizioni CGG possono aumentare fino a superare le 200. Quanto è più alto in n. di
ripetizioni tanto è più alto il rischio che questo aumenti nelle generazioni successive.
I soggetti affetti da tale malattia alla nascita si presentano senza alcuna caratteristica clinica, la debolezza
muscolare si evidenzia tra i tre e i cinque anni, con sintomi di esordio quali un’andatura “dondolante” e
sulla punta dei piedi, una difficoltà dall’alzarsi da terra o da posizioni sedute e una difficoltà nella corsa e nel
salire le scale.
La debolezza muscolare è progressiva, aumenta con il corso degli anni e si ha una perdita di deambulazione
intorno ai 10-11 anni. Si può arrivare alla morte intorno ai 20-30 anni quando la debolezza muscolare causa
deficit ed insufficienze cardiache/respiratorie (indebolendo muscoli del cuore ed altri).
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La diagnosi può essere effettuata in vari modi, ovvero tramite biopsie muscolari, elettromiografie (EMG=
tecnica di individuazione della conduzione nervosa nel muscolo) o analisi del DNA sul gene distrofina sul
cromosoma Xp21, il quale codifica una proteina necessaria per la stabilità della fibra muscolare.
Vi sono alcune terapie, ma soltanto fisioterapie, niente che faccia progredire la patologia.
DEFICIT DI G6PD (favismo) condizione per cui si hanno delle razioni emolitiche (distruzione dei
globuli rossi) a contatto con i baccelli.
EMOFILIA difetto della coagulazione del sangue, con tendenza quindi emorragica.
Il DNA normalmente nelle cellule si trova completamente despiralizzato, perciò risulta impossibile poter
osservare i cromosomi, mentre durante la mitosi, in particolare durante la metafase mitotica (fase in cui i
cromosomi risultano maggiormente visibili rispetto alle altre fasi), il DNA è estremamente spiralizzato e ciò
permette di osservare anche i cromosomi.
La metafase è infatti la fase durante la quale vengono principalmente osservati ed analizzati i cromosomi.
La tecnica più diffusa per effettuare un esame cromosomico è attraverso un prelievo di sangue venoso,
mediante una villo o amniocentesi (durante la gravidanza).
Le cellule presenti nel sangue (o villi coriali o liquido amniotico) vengono bloccate in metafase per
osservare al meglio i cromosomi in esse presenti, questi vengono poi colorati con determinate colorazioni
in base ai dati che vogliamo raccogliere e analizzare su di essi. I cromosomi vengono poi osservati al
LA NASCITA DELLA CITOGENETICA
microscopio, vengono riconosciuti nelle varie copie al fine di poter allestire il cariotipo finale, il quale
presenta tutti i cromosomi ordinati in coppie corrette. =studio della morfologia dei cromosomi e
del cariotipo.
I cromosomi vengono ordinati secondo una serie di criteri, vengono distinti principalmente secondo le loro
dimensioni, la lunghezza relativa delle loro braccia (braccio p rivolto verso l’alto), la posizione del loro
centromero (acro-, meta-, submeta-centrici), la colorazione e il bandeggio.
I cromosomi si possono dividere, in relazione alla posizione del loro centromero, in:
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Cromosomi METACENTRICI, i quali presentano il centromero approssimativamente a metà dei
bracci, per definizione i bracci si distinguono in braccio corto ‘p’ (in alto) e braccio lungo ‘q’ (in
basso).
Gli esperimenti effettuati per poter poi analizzare il cariotipo dei cromosomi sono effettuati con tecniche di
lavorazione diverse, più o meno raffinate, le quali creano colorazioni e visualizzazioni dei cromosomi
diverse, con delle bande e sottobande (sottobande evidenziate solo con tecniche più raffinate) chiare/scure
sempre uguali e specifiche.
Ogni cromosoma possiede infatti la sua specifica alternanza di bande chiare e scure la cui presenza viene
verificata dall’operatore che li osserva ed analizza, poiché la mancanza di queste specifiche bande può
determinare un qualche problema = BANDE G.
Alcune varianti cromosomiche sono varianti fisiologiche che ogni individuo della popolazione generale
potrebbe possedere, non hanno alcuna conseguenza clinica né nella persona stessa né nelle ipotetiche
gravidanze, queste varianti possono anche essere denominate come ETEROMORFISMI CROMOSOMICI e i
più frequenti nella popolazione sono:
- Siti fragili
1. DIAGNOSI CLINICA
2. DIAGNOSI PRENATALE
3. CITOLOGIA ONCOLOGICA, spesso per tumori del sangue causati da anomalie genetiche non
ereditarie ma che si sono verificate durante il corso della malattia.
L’esecuzione dell’esame è indicata in svariate situazioni, quali aborti ripetuti (due o più aborti spontanei),
sterilità o infertilità, genitali ambigui, oligospermia o azospermia, amenorrea (assenza di mestruazioni)
primaria (=mai venute) o secondaria (=venute e poi scomparse), menopausa precoce, coppie con diagnosi
prenatale di riarrangiamento cromosomico e/o varianti cromosomiche (può essere stato ereditato) e
coppie candidate a fecondazione assistita, persone con disabilità intellettiva e quindi ritardo mentale o
storia familiare di ritardo mentale, anomalie congenite multiple quali malformazioni, quadro clinico
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riconducibile ad una qualche patologia cromosomica (per conferma), fenotipo dismorfico associato o meno
a ritardi dello sviluppo, aborto o nato morto con quadro dismorfico/malformativo, ipostaturalità.
L’aborto spontaneo è una condizione molto frequente, circa una gravidanza su cinque ha un aborto
spontaneo, e il 50% di tutti gli aborti isolati sono riconducibili ad anomalie cromosomiche. Inoltre, nelle
coppie con aborto spontaneo ricorrente è frequente (3-6%) il fatto che uno dei due genitori sia portatore di
un’anomalia cromosomica.
L’incidenza di anomalie cromosomiche in soggetti maschi infertili è compresa tra 2% e 8%, ed oscilla fino ad
un 15% nei soggetti azoospermici (assenza di spermatozoi nell’eiaculato), tra i quali l’anomalia più
frequente è rappresentata dalla aneuploidia 47, XXY (cromosoma X in più= sindrome di klinefelter).
Ciò è stato definito osservando che, quanto più è minore il numero di spermatozoi tanto più è probabile
che vi sia la presenza di un’anomalia cromosomica.
Circa lo 0,5% (1 persona su 200) presenta anomalie cromosomiche che se non provocano effetti gravi
sono definite bilanciate, non provocano un quadro clinico patologico e problematico.
La frequenza di anomalie cromosomiche nella infertilità femminile può essere stimata intorno ad un 5%, tra
cui un 2,8% dovute ad anomalie numeriche dei cromosomi sessuali (es. 45, X) ed un 2.1% di anomalie
strutturali degli autosomi.
Le situazioni più frequenti per le quali è indicata l’esecuzione del cariotipo fetale per effettuare una
diagnosi prenatale sono quelle situazioni in cui il rischio della presenza di una malattia cromosomica è
svantaggioso rispetto al rischio di aborto causato da villo e amniocentesi, è molto più alto il rischio di una
malattia cromosomica piuttosto che il rischio di aborto (nelle strutture pubbliche è obbligatorio che sia
presente questa condizione, alcune donne decidono di rivolgersi a privati poiché non rientrano in queste
categorie ma vogliono comunque sottoporsi all’esame).
o ETÀ MATERNA AVANZATA (≥ 35 anni), con l’aumentare dell’età materna aumenta anche l’”età”
degli ovuli, perciò aumenta il rischio di eventuali patologie quali la sindrome di down.
o PRECEDENTE FIGLIO AFFETTO DA ANOMALIA CROMOSOMICA, bambino nato o abortito con una
patologia cromosomica.
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o GENITORE CON ANEUPLOIDIA O TRISOMIA FEMMINILE DEL CROMOSOMA X, la presenza di un
cromosoma in più provoca rischi maggiori di possibili cromosomi in più nel feto.
o POSITIVITÀ AD UN TEST DI SCREENING PER SINDROME DI DOWN, test non invasivi effettuati per
calcolare il rischio della presenza di sindrome di down e delle principali trisomie. È un calcolo di
rischio personalizzato, ovvero fatto in base ad età, dati ormonali, dati ecografici, ecc.… della donna
esaminata.
MALATTIE CROMOSOMICHE
Rappresentano le patologie più frequenti al concepimento ma, la maggior parte dei feti concepiti con
malattia cromosomica vene eliminata come aborto spontaneo o in epoca perinatale, la frequenza dei nati
vivi è dell’1%, ma rappresentano anche una delle principali cause di mortalità neonatale o infantile.
ANOMALIE NUMERICHE
TRISOMIE dovute alla presenza di un cromosoma in tre copie anziché due, esempio la sindrome di
down-trisomia 21 dovuta alla presenza di tre cromosomi 21 (è la trisomia con maggiore vitalità),
potenzialmente tutti i cromosomi possono presentare delle trisomie, alcune sono talmente gravi che non
vengono riscontrate neanche a villo o amnio centesi, non compatibili quindi neanche con la vita fetale.
Le trisomie si verificano generalmente a causa di errori commessi durante il processo di meiosi, nella
maggior parte dei casi si tratta della meiosi materna (88%), in piccola parte anche della meiosi paterna
(7%). In particolare si tratta di un errore di NON DISGIUNZIONE, ovvero, sia che si realizzi durante la 1° o
durante la 2° divisione meiotica avviene che si viene a creare una cellula uovo che possiede due cromosomi
21 i quali vanno ad unirsi con quello dello spermatocita e alla fecondazione danno luogo alla trisomia,
definita in questo caso trisomia libera, il terzo cromosoma è libero, vi sono tre cromosomi 21 tra loro
separati (situazione più frequente).
Ci sono anche dei casi, in percentuale bassa, molto importanti perché possono portare delle sindromi di
down ereditarie: vi sono comunque tre cromosomi 21, ma essi non sono liberi poiché presentano una
traslocazione. In questo caso la sindrome viene definita come trisomia 21 da traslocazione. Il cromosoma
21 è uno dei cromosomi acrocentrici, i quali talvolta tendono a fondersi l’uno con l’altro, e possiede questa
tendenza creando una traslocazione robertsoniana es. traslocazione dei cromosomi 13 e 14.
Questa trisomia 21 da traslocazione è una forma molto più rara della
patologia, caratterizzata dal fatto che il cromosoma 21 è comunque
presente in tre copie anziché due, ma: due di essi sono liberi, separati
tra un
Da loro, la terza
punto copia
di vista è invece
clinico presente
i soggetti con traslocata
trisomia daa traslocazione
fondersi con altri
sono affetti da sindrome di down come i
soggetti aventi trisomia libera classica, ma da un puntoil di
cromosomi. La frequenza delle traslocazioni è di circa 4%, e ladi caratteristiche cromosomiche è
vista
traslocazionediverso,
nettamente 14, 21 èpoiché
la più un
frequente
bambino(ilche
cr. 21 va acon
nasce fondersi con uno
tale caratteristica ha solitamente ereditato da uno
dei 14, anch’essi acrocentrici). Acrocentrici sono: 13, 14, 15, 21, 22.
dei due genitori questa traslocazione, uno dei due genitori è portatore della traslocazione ma non affetto
da sindrome di down. Come succede? Accade perché il genitore in questione presenta complessivamente
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due cromosomi 14 e due cromosomi 21 ma presenta una traslocazione del cromosoma 21 sul 14, non vi è
alcuna trisomia ma soltanto la traslocazione, con cariotipo 45, XX/XY, t (14;21).
È importante determinare, in caso di sindrome di down, se questa sia libera o da traslocazione poiché, nel
caso fosse da traslocazione ereditaria comporta sia un aumento di rischio per eventuali gravidanze future,
ma anche un aumento di rischio a livello del nucleo familiare (gravidanze di fratelli ecc..).
TRISOMIA 21: sindrome di down. È stata la prima patologia cromosomica evidenziata negli anni ’50-’60, i
soggetti affetti da sindrome di down presentano una copia di cromosoma 21 in più (esempio di cariotipo=
47, XY (maschio), +21). La frequenza alla nascita è di circa 1:600 neonati, ma è molto più frequente se ne
includiamo gli affetti al concepimento (poiché la maggior parte dei feti affetti da trisomia 21 vengono
abortiti spontaneamente), la frequenza è di 1:222 se consideriamo quindi tutte le gravidanze.
Il rischio di avere figli affetti è correlato all’età materna, maggiore è l’età maggiore è il rischio della
mutazione, tale rischio riguarda anche altre trisomie.
Vi possono essere dei casi molto più particolare, definiti casi a mosaico (es. cariotipo= 46, XX/47, XX, +21), i
quali possiedono alcune cellule normali ed alcune cellule aventi un cromosoma 21 in più. I soggetti con tale
mosaicismo possono avere un quadro clinico che oscilla tra le condizioni patologiche di un soggetto affetto
da trisomia 21 classica (che comunque ha un’espressività variabile) e condizioni estremamente più lievi, il
fatto che sia così variabile causa una difficoltà nel prevedere il fenotipo di un bambino al quale si riscontra
questo mosaicismo in gravidanza.
Questa estrema variabilità è causata dal fatto che in tutto il corpo può esservi una diversa distribuzione di
cellule aventi trisomia 21 in organi diversi (es. nel sangue 80%, nel cuore 30%, nel cervello 20%), ciò
determina sintomi più/meno gravi.
I soggetti affetti da sindrome di down presentano caratteristiche comuni, che permettono un possibile
sospetto in gravidanza:
TRISOMIA 13: sindrome di Patau. Patologia molto più rara, ha una frequenza di circa 1/20 000 ed il 97% dei
concepiti viene abortito spontaneamente, non è una trisomia tendenzialmente compatibile con la vita,
porta malformazioni anche più gravi di quelle comportate dalla trisomia 21 e per questo è maggiormente
individuabile durante le ecografie.
Il quadro clinico in epoca prenatale riporta malformazioni cerebrali e facciali, difetti cardiaci e anomalie
renali, oloprosencefalia di varia gravità, malformazioni di naso, bocca, palato e polidattilia. Alla nascita
invece si ha un basso peso, delle compromissioni neurologiche come ipo/iper tonia, crisi convulsive,
21
dismorfismi cranio-facciali e determina la morte entro i primi mesi di vita a meno che non vi sia un
mosaicismo (circa il 5% dei casi è a mosaico).
La forma più comune è la trisomia libera, presente nel 75% degli affetti, il restante 15% è dovuto a
traslocazione robertsoniana (13,15 o 13,14).
TRISOMIA 18: sindrome di Edwards. Patologia piuttosto rara, ha una frequenza di circa 1:7000 nati e come
per la trisomia 13 nel 97% dei casi i feti affetti vengono abortiti spontaneamente.
In epoca prenatale tra le anomalie più frequenti si riscontrano polidramnios, placenta piccola, ritardo di
crescita intrauterino, difetti cardiaci, difetti degli arti, ossa frontali strette e occipite piatto. Alla nascita
invece si riscontra un peso sotto la norma, dita delle mani accavallate, malformazioni del SNC, cardiache,
oculari, gastrointestinali e urinarie, malformazioni cranio-facciali e piede torto congenito. Anch’essa
presenta una possibilità di individuazione durante la gravidanza maggiore.
Geneticamente è una trisomia libera (poiché il cromosoma 18 non è acrocentrico) che nel 90% dei casi
deriva da una non disgiunzione di origine materna.
TRISOMIA X: trisomia del cromosoma sessuale. Patologia che colpisce soggetti esclusivamente femminili i
quali presentano il cromosoma X in tre copie, il cariotipo è 47, XXX.
Ha una frequenza di circa 1:1200, è una situazione meno grave rispetto a quelle finora elencate e perciò
presenta un rischio di aborto spontaneo piuttosto basso, il quale si aggira intorno ad un 30%, è correlata
all’età materna.
Può presentare un cariotipo omogeneo o a mosaico mentre il fenotipo risulta essere femminile, vi possono
essere irregolarità del ciclo mestruale con fertilità normale. Le donne affette da tale trisomia possono
quindi condurre una normale gravidanza ed è stato osservato che in realtà il rischio del bambino di
ereditare la patologia della madre è medesimo al rischio della popolazione generale.
Caratteri tipici sono un’alta statura frequente, non è caratteristica alcuna disabilità intellettiva, anche se si
possono riscontrare difficoltà nell’apprendimento. Molte persone per tutti questi motivi non sanno di
esserne affette.
Ci sono situazioni ancora più estreme in cui il cromosoma X è presente in quattro copie, o addirittura cinque
(rarissime):
TETRASOMIA X, (48, XXXX) condizione associata ad una sindrome con dismorfismi e disabilità
intellettiva di varia entità, il fenotipo sessuale è femminile e sono presenti disfunzioni dei cicli
mestruali.
PENTASOMIA X, (49, XXXXX) rara aneuploidia associata ad un grave ritardo dello sviluppo, con
malformazioni multiple e disabilità intellettive, il fenotipo sessuale è femminile e in alcuni casi è
riferita disgenesia ovarica.
SINDROME DI KLINEFELTER: anomalia dei cromosomi sessuali con fenotipo maschile (47, XXY) più
frequente, comporta la presenza di un cromosoma X in più.
Le caratteristiche più comuni sono alta statura, uno scarso sviluppo di barba e peli e talvolta anche una
ginecomastia, ovvero uno sviluppo del seno maschile con ingrossamento delle mammelle, con atrofia
testicolare, la riduzione del volume di uno o entrambi i testicoli.
22
La sopravvivenza fetale dei soggetti affetti da tale patologia è del 50% circa, ha una frequenza di 1:900 e nel
15% dei casi si presenta a mosaico (46, XY; 47, XXY). Circa il 10% dei maschi azoospermici possiede tale
patologia.
Anche per questa sindrome molti dei soggetti affetti lo sono inconsapevolmente, poiché non comporta
gravi sintomi o quadri clinici, lo sviluppo intellettuale è infatti nella norma, nonostante siano state talvolta
rilevate difficoltà di apprendimento, di espressione verbale o di integrazione sociale, spesso la diagnosi
viene effettuata in età adulta in caso di analisi cromosomiche effettuate per infertilità.
SINDROME DA XYY: patologia caratterizzata dalla presenza di un cromosoma Y in più, “sindrome del
Superman”.
Questa aneuploidia non è associata ad alcuna mortalità prenatale selettiva, il cariotipo (47, XYY) è
generalmente omogeneo e risultante da non disgiunzione in II divisione meiotica, alla spermatogenesi, o da
non disgiunzione alla I divisione mitotica post zigotica con frequenza di 1:1000.
Il fenotipo è maschile normale, alta statura, sviluppo intellettivo e sessuale normale e fertilità normale.
MONOSOMIE dovute alla presenza di un cromosoma in singola copia anziché due. Tendenzialmente
le monosomie non sono mai compatibili con la vita, neanche con la vita fetale, poiché talmente gravi che
portano all’aborto quasi immediatamente. L’unica monosomia compatibile con la vita è la monosomia X o
sindrome di Turner, le altre non lo sono.
MONOSOMIA X: sindrome di Turner. È una patologia che colpisce soggetti di sesso femminile le quali
presentano il cromosoma sessuale X in singola copia, il cariotipo è quindi 45, X.
o Collo slargato
o Torace a scudo
o Ovaie rudimentali, ovvero fibrotiche, che solitamente non permettono una fertilità normale
Il fenotipo della sindrome di Turner è femminile, di sviluppo quindi in senso prettamente femminile, poiché
è presente soltanto un cromosoma X e non una Y, e si ha un’immaturità sessuale, amenorrea primitiva e di
conseguenza infertilità, presentano anomalie somatiche quali pterigium colli (collo slargato), mani e piedi
paffuti, gomito valgo ed attaccatura dei capelli a “tridente”.
La frequenza di tale patologia è elevata al momento del concepimento, ma oltre il 99% degli embrioni viene
abortito spontaneamente.
Circa il 55% dei casi di ST presenta monosomia omogenea, cioè tutte le cellule presentano un unico
cromosoma X anche se un 13% circa presenta un cariotipo a mosaico (hanno più possibilità di non essere
infertili), determinata da un errore meiotico della spermatogenesi (80%), nel restante 32% è determinata
da riarrangiamenti strutturali del cromosoma X.
Dal punto di vista ecografico, durante la gravidanza, vi sono casi di IDROPE fetale (= accumulo di liquido in
tutto il corpo del bambino) causati da problemi soprattutto dei vasi linfatici che non permettono il corretto
scambio di liquidi.
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POLIPLOIDIE situazioni estreme e gravissime per cui tutti i cromosomi non si trovano in numero
corretto, la più frequente è la triploidia, patologia nella quale tutti i cromosomi sono presenti in tre copie
come se vi fosse una trisomia di tutti i cromosomi, vi è quindi un cariotipo a 69 cromosomi, situazione
estremamente grave. Oltre alle triploidie, piuttosto comuni sono anche le tetraploidie, patologie nelle quali
l’assetto cromosomico si trova raddoppiato, vi sono quindi 92 cromosomi totali.
Sono patologie incompatibili con la vita, talvolta sì con quella fetale, ma vengono riscontrate
frequentemente in aborti spontanei.
L’origine di tale mutazioni è solitamente casuale, la probabilità che ricapiti è quindi bassa, e può derivare
dal fatto che una cellula uovo viene fecondata allo stesso tempo da due spermatozoi (23 cromosomi
dell’ovulo, 23+23 degli spermatozoi= 69 cromosomi nella cellula risultante= triploidia) 66% dei casi, o dalla
presenza di una cellula uovo non maturata correttamente che possiede 46 cromosomi, ai quali si
aggiungono i 23 dello spermatocita causando la triploidia nel 10% dei casi, oppure viceversa, una cellula
uovo che presenta un corredo cromosomico n (23 cr.) viene fecondata da uno spermatozoo 2n (46 cr.).
SINDROME DA TRIPLOIDIA: patologia che possiede una frequenza inferiore all’1/10 000, rappresenta la
causa di aborto nel 7% dei casi. I possibili cariotipi sono 69, XXX; 69, XXY; 69, XYY.
Nelle rarissime gravidanze che riescono ad arrivare a termine la triploidia nel 90% dei casi è letale entro le
24h dalla nascita, la gravidanza risulta molto complicata, causa emorragie durante il 1° trimestre,
polidramnios o oligodramnios, gestosi, anomali valori ormonali ed emorragie anche post partum.
Porta poi una vasta serie di malformazioni, mancato sviluppo ed è veramente grave.
ANOMALIE STRUTTURALI
Anomalie cromosomiche che coinvolgono la forma, la struttura, dei cromosomi, il numero di essi risulta
solitamente corretto.
Sono denominate anche RIARRANGIAMENTI cromosomici strutturali e sono dovuti a mutazioni che portano
alla perdita, all’aumento o al trasferimento di segmenti cromosomici (o vi è un pezzetto in meno, o vi è un
pezzetto in più o si trasferiscono dall’uno all’altro) con conseguente cambiamento della costituzione e, nella
maggior parte dei casi, della morfologia cromosomica.
Altra classificazione:
o Di tipo SBILANCIATO, anomalie in cui si ha o aumento o perdita di cromatina, in tal caso vi sono
conseguenze quali malformazioni e/o disabilità intellettiva. Hanno una frequenza di 1,54% negli
aborti ed uno 0,06% nei nati vivi.
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Nella popolazione generale circa 1 soggetto su 200 è portatore di una anomalia cromosomica bilanciata,
spesso senza esserne a conoscenza.
I portatori di riarrangiamenti strutturali di tipo bilanciato sono in genere fenotipicamente normali, cioè
presentano un quadro clinico nella norma, ma nonostante questo possiedono una maggiore possibilità,
rispetto a soggetti aventi un cariotipo normale, di produrre gameti di tipo sbilanciato i quali possono essere
causa di aborti o di figli con patologie malformative e/o ritardi psicomotori.
ORIGINE DEI RIARRANGIAMENTI STRUTTURALI vi sono caratteristiche strutturali del genoma umano
che predispongono gli individui al verificarsi di riarrangiamenti cromosomici, in alcuni tratti del DNA si ha
quindi una maggiore frequenza di rotture che portano a tali anomalie di tipo strutturale.
ATTRAVERSO CARIOTIPO: molte anomalie sono visibili con un cariotipo standard, ad esempio le
traslocazioni (due cromosomi attaccati) o la mancanza di un segmento di cromosoma piuttosto importante,
altra tecnica è l’esecuzione di un cariotipo ad alta risoluzione, il quale permette di visualizzare tutte le
bande presenti nei cromosomi.
Altre tecniche:
FISH= ibridazione in situ, tecnica che prevede l’utilizzo di una fluorescenza. Consiste nell’aggiungere
al preparato cromosomico alcune sonde colorate che vanno ad attaccarsi in specifiche zone dei
cromosomi.
Esempio: sono state inserite nel vetrino di cromosomi
delle specifiche sonde, di colore rosso e verde, che si
dispongono sulle estremità terminali del cromosoma,
in questo esempio il cr. 2. Si nota che le sonde verdi
sono entrambi visibili ed attaccate alla parte
terminale del braccio corto, di sonde rosse ne è
presente solo una, ciò significa che il braccio lungo di
uno dei due cr. 2 non presenta il segmento finale di
tale braccio.
CGH ARRAYS= cariotipo molecolare, tecnica che effettua un confronto tra il DNA di riferimento e il
DNA normale mediante un algoritmo, un meccanismo computerizzato, osservando se vi sono
segmenti cromosomici in più/in meno.
Permette di vedere la mancanza o l’aggiunta di segmenti molto più piccoli di quelli visibili al
microscopio, però ha anche alcuni limiti pur essendo molto raffinata.
Il problema è il possibile riscontro di varianti a significato clinico incerto: essendo un esame molto
recente evidenzia anomalie che potrebbero non essere mai state ancora individuate (poiché visibili
soltanto con questa tecnica), e perciò non avere certezze riguardanti il quadro clinico che esse
potrebbero provocare. Per questo motivo viene solitamente effettuato, oltre che sul feto in
gravidanza, anche sui genitori, poiché se l’anomalia è presente anche nei genitori i quali non
presentano alcuna variazione del quadro clinico, è molto probabile che questo avvenga anche nel
bambino.
DELEZIONI patologie in cui si ha una perdita di segmenti cromosomici, e perciò di materiale più o
meno ricco di geni. Generalmente provocano delle conseguenze cliniche in relazione alla quantità del
materiale genetico perso, dalla tipologia di tale materiale (quanti geni contiene), al cromosoma interessato.
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Se la delezione comporta perdita di eterocromatina, la sintomatologia sarà meno grave o assente. Circa il
6% dei soggetti con disabilità intellettiva e lievi dismorfismi presenta microdelezioni delle regioni
cromosomiche subtelomeriche non rilevabili dal cariotipo standard.
Genitori aventi cariotipo normale, il cui figlio presenta una delezione de novo, hanno un rischio di
ricorrenza (probabilità che ricapiti) molto basso, pari a quello della popolazione generale. Se invece i
genitori sono individui portatori di traslocazioni bilanciate o inversioni vi è una maggiore probabilità di
concepire prole con delezione. Solitamente le delezioni portano conseguenze cliniche anche gravi.
MALATTIA DEL CRI DU CHAT (grido del gatto): patologia dovuta a delezione del braccio corto del
cromosoma 5 (5p-).
Il nome della patologia deriva dal pianto caratteristico dei pazienti alla nascita e nelle prime settimane di
vita, provoca dei dismorfismi, microcefalie, ipertelorismo ed un grave ritardo mentale.
ADIACENTI: una di seguito all’altra sullo stesso cromosoma, possono essere in tandem (AB-AB) in
ordine inverso (AB-BA), fig. A.
NON ADIACENTI: non l’una di seguito all’altra, possono presentarsi sia sul medesimo cromosoma
(fig. C) che su cromosomi diversi (fig. B).
26
Le duplicazioni possono derivare da:
Crossing over ineguale tra due cromosomi omologhi, i cui prodotti reciproci sono delezione e
duplicazione.
Possono provocare ritardi dello sviluppo psicomotorio pre e post-natale, dismorfismi e malformazioni, e
possono essere diagnosticate in base alla dimensione del segmento duplicato attraverso cariotipo standard,
ad alta risoluzione, FISH e CGH array.
Come nelle delezioni il rischio di ricorrenza nei figli di genitori aventi cariotipo normale è pari a quello della
popolazione generale, se essi sono invece individui portatori di traslocazioni bilanciate o inversioni vi è
maggiore probabilità di concepire prole con duplicazione.
La frequenza non è nota, ma sono anomalie molto rare, le diagnosi sono effettuate di solito con cariotipo
standard o FISH.
Gli effetti sono variabili, solitamente in caso di inserzioni bilanciate il fenotipo risulta normale, in caso di
inserzioni sbilanciate il fenotipo è generalmente anomalo.
Gli eterozigoti per tali riarrangiamenti, anche con anomalia bilanciata, sono di solito normali ma a rischio di
produrre gameti sbilanciati. Genitore: ha cr. 1 normale, uno con delezione il cui
segmento mancante si è inserito nel cr. 2.
Possibili gameti:
- NORMALE: eredita il cr. 1 normale e il cr. 2
normale.
- ETEROZIGOTE BILANCIATO: eredita il cr. 1 con
delezione ed il cr. 2 con inserzione.
- CON DUPLICAZIONE: eredita il cr. 1 normale ed il
cr. 2 con inserzione (c’è un segmento di cr. 1 in
più).
TRASLOCAZIONI anomalie strutturali più frequenti, sia nei periodi di gravidanza che in individui
adulti e consistono in situazioni in cui avviene uno scambio di segmenti tra cromosomi non omologhi.
Possono avvenire tra due cromosomi acrocentrici (traslocazione robertsoniana) oppure tra qualsiasi altro
cromosoma, in due tipologie:
TRASLOCAZIONI RECIPROCHE: non avvengono tra i cromosomi acrocentrici, gli scambi possibili sono
molteplici, possono infatti interessare sia gli autosomi che i cromosomi sessuali. Hanno una frequenza di
1:1000. Alla nascita il rischio di progenie con cariotipo sbilanciato è: 7% se è eterozigote la madre 3% se
è eterozigote il padre.
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Generalmente gli individui che presentano una traslocazione reciproca bilanciata hanno un fenotipo
normale, ma possiedono spesso fertilità ridotta, poliabortività e sterilità ed hanno il 50% di probabilità di
produrre gameti sbilanciati (25% normali, 25% bilanciati). In realtà la percentuale di neonati con cariotipo
sbilanciato, e quindi fenotipo patologico, è inferiore all’atteso, per una serie di meccanismi tra cui l’aborto
spontaneo.
I portatori di queste traslocazioni risultano possedere 45 cromosomi, in realtà due di essi sono fusi tra loro,
e sono fenotipicamente normali. Il rischio di feto sbilanciato è maggiore se la portatrice è la madre.
Da tali traslocazioni si possono originare cromosomi MONO o DICENTRICI, in base alla presenza di uno o
due centromeri nello stesso cromosoma.
Possono avere figli con fenotipo normale o patologico o avere problemi di sterilità, subfertilità o
poliabortività.
Possono essere inoltre causa di aborto, malformazioni congenite multiple e ritardi psicomotori.
PORTATORI DI T. ROBERTSONIANE:
Traslocazioni coinvolgenti il cr. 21: il rischio di generare un figlio affetto è del 25% quando è
eterozigote la madre, 1% quando è eterozigote il padre.
Traslocazioni coinvolgenti cromosomi non omologhi (13, 14, 15): rischio 1% di figli con
riarrangiamento sbilanciato.
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Traslocazioni tra acrocentrici omologhi (14-14, 21-21, 13-13): portano esclusivamente alla
formazione di zigoti sbilanciati per trisomia o monosomia. Una delle rare condizioni per cui si ha il
100% di rischio di prole affetta, poiché se un genitore è portatore, ad esempio di una traslocazione
tra due cr. 21, unendosi al gamete dell’altro genitore porterà alla formazione nel figlio di 3 cr. 21.
INVERSIONI sono anomalie molto più rare, esse avvengono a seguito di crossing-over all’interno
dello stesso cromosoma, presentano una rotazione di 180° del tratto coinvolto.
Possono interessare tutti i cromosomi ma raramente sono patologiche, quelle più frequenti, definite
eteromorfismi cromosomici (situazioni parafisiologiche), sono quelle interessanti i cromosomi 9, 1, 16 che
colpiscono circa 1% della popolazione, ma non comportano un quadro clinico patologico né aumento di
rischio riproduttivo o di produzione di gameti sbilanciati.
Il rischio di avere feto patologico è maggiore nel caso di madre portatrice (7,5%), minore se lo è il
padre (4%).
- PARACENTRICHE: nel tratto invertito non è compreso il centromero. I gameti anomali contengono
cromosomi dicentrici o acentrici, generalmente instabili, la probabilità che nasca prole avente
corredo cromosomico sbilanciato è bassa (< 3%).
EFFETTI: le inversioni producono un nuovo allineamento dei geni sul cromosoma il quale solitamente non si
associa ad alterazioni fenotipiche ma possono portare la possibilità di rottura di qualche gene con perdita
della sua funzione o effetti di posizione.
Gli individui portatori di un’inversione sono a rischio di produrre gameti sbilanciati a causa di un eventuale
appaiamento anomalo dei cromosomi omologhi al momento della meiosi.
Vengono diagnosticate tramite cariotipo standard, le pericentriche sono più facilmente individuabili.
CROMOSOMI AD ANELLO (ring) cromosomi in cui avviene una perdita delle parti terminali,
causando una saldatura delle nuove estremità del cromosoma con formazione di una struttura anulare.
Sono anomalie molto rare, gli effetti dipendono dalla grandezza del tratto cromosomico perduto e dalla
stabilità del ring durante la mitosi. Tra essi vi sono:
- Ritardo psicomotorio
- Dismorfismi
- Malformazioni
Gli anelli venutisi a creare possono essere ring senza centromero, i quali sono generalmente instabili e si
perdono durante le prime divisioni cellulari perdendo così materiale genetico, e con centromero, i quali si
possono trasmettere nelle divisioni mitotiche, perdersi o avere ulteriori riarrangiamenti.
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Sono situazioni totalmente incompatibili con la vita, tranne alcune eccezioni:
Riguardanti cromosoma X, viene solitamente associato con la sindrome di Turner, ma in genere tale
isocromosoma X è inattivo.
MUTAZIONI e POLIMORFISMI
Con il termine MUTAZIONE si intende un cambiamento di sequenze di DNA, causa di malattia. Il numero di
mutazioni nel mondo cresce in brevissimi periodi di tempo, ad oggi sono circa 190 000.
Variante di sequenza;
Variante allelica;
Alterazione;
CNV (copy number variant) quando vi sono segmenti di DNA o di cromosoma in più/meno;
SNV (single nucleotide variant) varianti di un singolo nucleotide;
MUTAZIONI
Le mutazioni possono essere classificate in base a vari fattori, tra cui i principali sono:
1. Origine:
Mutazioni spontanee: insorgono in assenza di agenti mutageni esterni e sono prodotte da errori
casuali nei fenomeni di ricombinazione (crossing-over) o replicazione del DNA;
Mutazioni indotte: dovute all’azione sul DNA di agenti chimici, fisici o biologici esterni.
o Mutazioni germinali: si verificano soltanto a livello dei gameti e possono essere trasmesse alla
prole;
o Mutazioni somatiche: sono presenti esclusivamente nelle cellule del corpo (cellule somatiche) e
non nei gameti, pertanto non possono essere trasmesse alla discendenza.
3. Tipologia ed estensione:
Mutazioni letali: il 100% degli individui con la mutazione muore prima di raggiungere l’età adulta
riproduttiva o non si riproduce;
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Mutazioni subletali: il 50% degli individui con la mutazione muore prima di raggiungere l’età
riproduttiva o non si riproduce;
Mutazioni condizionali: gli individui esprimono il fenotipo mutante solo in determinate condizioni,
dette restrittive, e il fenotipo normale in condizioni permissive;
Mutazioni neutre: non hanno effetti deleteri o vantaggiosi sul fenotipo né significato
adattativo/lasciano inalterata la funzione della proteina prodotta dal gene;
Mutazioni vantaggiose: producono cambiamenti che favoriscono l’adattamento ambientale degli
organismi, esempio di tale mutazione è ad esempio il caso di ANEMIA FALCIFORMA e TALASSEMIA,
le quali impediscono il contagio da malaria agli individui da esse affetti, l’essere portatori di queste
permette quindi una protezione dalla malaria (il plasmodio= agente della malaria, non cresce nei
globuli rossi di soggetti portatori di tali patologie).
Mutazioni svantaggiose: producono cambiamenti che sfavoriscono gli organismi nell’ adattamento
oppure hanno effetti fenotipici che inducono l’insorgenza di malattie; - Mutazioni pleiotropiche:
una sola mutazione ha effetto su diversi caratteri.
STRUTTURA GENICA
Il tipo di variante può interessare uno o pochi nucleotidi oppure centinaia di milioni di nucleotidi ed esse
sono suddivise in delezioni, inserzioni, duplicazioni, inversioni, mutazioni dinamiche e sostituzioni.
Derivati delle sostituzioni, le quali rappresentano le mutazioni più frequenti= una base azotata viene
sostituita con un’altra, sono:
Mutazioni SILENTI/ SINONIME= mutazioni che prevedono la sostituzione di una base dove ne era presente
un’altra dando quindi origine ad un nuovo codone, il quale però codifica per il medesimo aminoacido del
codone originale (mutazioni neutre). Ad esempio: la tripletta GAA presenta una sostituzione per cui risulta
diventare GAG, sia la tripletta GAA che la GAG codificano per l’acido glutammico, perciò tale sostituzione
comporta la presenza nella proteina del medesimo aminoacido.
Sono in genere del tutto innocue, ma talvolta si ha un’interferenza con lo splicing del pre-mRNA.
Mutazioni MISSENSO= mutazioni che prevedono la sostituzione di una base diversa da quella originaria
dando origine ad un nuovo codone che codifica per un aminoacido diverso da quello presente nella
proteina originale.
Sulla base del tipo di aminoacido inserito, poiché gli aminoacidi si dividono in vari gruppi in base alle loro
funzioni, si dividono in:
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1. Conservative: la catena laterale del nuovo aminoacido ha caratteristiche chimiche simili a quella
dell’aminoacido sostituito. Solitamente l’effetto di tali sostituzioni è minimo, poiché l’aminoacido che viene
a crearsi è comunque simile all’originario, dello stesso gruppo.
2. Non conservative: la catena laterale del nuovo aminoacido ha caratteristiche chimiche completamente
diverse da quelle dell’aminoacido sostituito, è di un gruppo diverso. Comportano effetti molto più
significativi, possono influenzare ad esempio la struttura tridimensionale della proteina.
Se la mutazione si verifica a carico di uno dei 3 codoni di stop (UAA, UAG, UGA) può generare un codone
codificante per un aminoacido e determinare un proseguimento della traduzione fino al codone di stop
successivo, provocando un allungamento della catena polipeptidica.
Mutazioni NONSENSO= Risultano da una sostituzione nucleotidica che comporta, anziché la formazione di
un codone che codifica per un aminoacido, la formazione di un codone di stop.
Determinano l’interruzione precoce della traduzione, e la proteina finale, che è troncata, avrà una perdita
della sua funzionalità e ciò determina l’espressione di fenotipi patologici.
Mutazione FRAMESHIFT= mutazione legata ad una inserzione o una delezione di 1 o più nucleotidi (non
multiplo di 3) in una certa regione codificante del gene. Portano sicuramente conseguenze cliniche.
Mutazione definita così poiché provoca lo slittamento del modulo di lettura delle triplette dei codoni
seguenti, alterando completamente la sequenza aminoacidica della proteina codificata, poiché le triplette
che vengono a formarsi successivamente a quella che presenta l’inserzione/delezione saranno tutte diverse
da quelle originarie.
Tale situazione esita, prima o poi, nella comparsa di un
codone di stop prematuro, perciò la proteina sarà sia più
corta che costituita da aminoacidi diversi da quelli originari.
Se l’alterazione ha luogo all’estremità 3’ della sequenza
Effetti delle mutazioni nonsenso e frameshift codificante,
sull’espressione genica
questa può anche essere allungata fino ad un
codone nonsenso neoformato nella regione 3’ non
- Instabilità dell’mRNA (evenienza più comune)
codificante del messaggero.
- NMD: nonsense-mediated decay= degradazione mediata da codoni nonsenso che permette di
identificare gli mRNA contenenti codoni di terminazione prematura e di degradarli;
- Sintesi di un polipeptide tronco: difficile prevedere l’effetto fenotipico di una proteina tronca, che
può dipendere → dalla porzione di peptide persa, dalla stabilità della proteina stessa e
dall’interferenza della proteina mutata con quella wildtype.
Mutazioni di SPLICING: SPLICING= meccanismo per cui degli specifici enzimi riconoscono le zone terminali
degli introni affinché essi vengano eliminati al fine che rimangano soltanto gli esoni e si uniscano.
Se la mutazione colpisce un sito donatore o accettore di splicing, il processo di eliminazione degli introni
non può avvenire normalmente poiché gli enzimi non riescono a riconoscerli.
In tal caso generalmente, l’esone localizzato a monte di un sito donatore mutato, o a valle di un sito
accettore mutato, viene eliminato. Ciò comporterà sicuramente delle conseguenze gravi sulla funzione
della proteina.
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EFFETTI DELLE VARIANTI:
La mutazione può avere effetto sulla funzione e/o sulla stabilità della proteina oppure non avere alcuna
influenza.
Quando una variante viene individuata essa deve essere refertata ed interpretata, tale interpretazione/
classificazione ha lo scopo di identificare il ruolo patogenetico di tale mutazione. La attuale classificazione
internazionale prevede cinque possibili classi:
1. BENIGNA
2. PROBABILMENTE BENIGNA
3. CON SIGNIFICATO INCERTO più problematiche, possono cambiare classificazione nel tempo
4. PROBABILMENTE PATOGENETICA
5. PATOGENETICA (=responsabile di patologia)
es. Paziente con retinite pigmentosa (dovuta a mutazioni in numerosi geni con varie modalità di
trasmissione, estremamente variabile e particolare).
Mutazioni DINAMICHE= mutazioni che consistono in espansioni di brevi sequenze nucleotidiche (in genere
trinucleotidi) le quali vengono ripetute in numero maggiore rispetto al numero normale, ovvero tali
sequenze risultano fisiologiche quando si presentano in un numero definito di ripetizioni, quando
superano tale soglia divengono patologiche (es. sindrome dell’X fragile).
Vengono definite dinamiche perché sono instabili e possono variare di dimensioni, ovvero può aumentare
il numero di ripetizioni oltrepassando la soglia, nella trasmissione alla prole (ma non necessariamente,
possono aumentare ma anche rimanere stabili).
POLIMORFISMI
Vengono definiti come alterazioni del DNA presenti almeno nell’1% della popolazione generale.
Ognuno di noi può potenzialmente differire dagli altri individui per quasi l’8% del genoma, e tale
differenziazione è dovuta proprio a tali polimorfismi, anche se mediamente il nostro DNA differisce per
meno dell’1%, è praticamente identico.
Sono polimorfismi definiti come variazioni della sequenza del DNA dovute ad un cambiamento di una
singola base. Essi sono:
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- Il più comune tipo di polimorfismo.
- Circa 50 milioni di SNPs nell’uomo → ampia copertura del genoma (National center for
biotechnology information- NCBI).
- Analizzati automaticamente perché solo 2 alleli.
POLIMORFISMI DI LUNGHEZZA
Variabilità derivante da errori nella replicazione del DNA (replication slippage) che determinano l’aggiunta
(o la perdita) di alcune unità ripetute in maniera fisiologica che non comporta patologie (es. fraX).
- Microsatelliti (short tandem repeats): rappresentano circa il 3% del genoma; sequenze di 1-6bp
ripetute decine o anche centinaia di volte; sono oltre 1.000.000 nel genoma uman; sono
abbastanza omogeneamente distribuiti lungo tutto il genoma → vantaggio per studi di linkage (e di
associazione).
- Minisatelliti (VNTR- Variable number of tandem repeats): rappresentano circa l’1% del genoma;
circa 30.000: unità ripetuta compresa tra 10 e 100bp.
A differenza degli SNPs possono avere numerosi alleli, quindi sono più informativi.
Prodotto di ricombinazione non omologa tra sequenze ripetute che determinano duplicazioni/ delezioni di
segmenti più o meno grandi.
Nel database of genomic variants ne sono documentate circa 1.800.000 di dimensioni superiori a 1Kb,
considerate ormai parafisiologiche.
Vi è quindi una NOMENCLATURA delle mutazioni, che raccoglie le raccomandazioni per la descrizione delle
varianti del DNA = HUMAN GENOME VARIANT SOCIETY.
Meccanismo estremamente particolare di malattie genetiche, hanno caratteristiche sia molecolari che di
trasmissione totalmente diverse da malattie monogeniche e cromosomiche.
Tali patologie stanno ultimamente creando un po’ di scompiglio, poiché sono stati messi a punto una serie
di esami che chiunque può effettuare (in farmacie o strutture private) ma possono scatenare delle
interpretazioni sbagliate, se non ben analizzate e studiate.
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Classificazione delle malattie genetiche:
- Rare.
- Dipendono di solito da un singolo gene mutato (major locus) → geni causativi.
- Seguono le leggi mendeliane di segregazione ed ereditarietà.
- Mutazioni: evidenza di alleli rari.
Malattie complesse
- Frequenti
- Modello di eredità non ben definito (più geni, più fattori anche ambientali) → geni di suscettibilità,
predisposizione.
- Definizione della malattia non chiara = eterogeneità fenotipica
Chi eredita geni di suscettibilità ad una data malattia, non eredita la certezza di ammalarsi, bensì un rischio
maggiore rispetto alla popolazione generale di svilupparla.
Lo stesso “carattere” o “malattia” può essere il risultato ultimo di differenti combinazioni di geni diversi, in
persone diverse i geni coinvolti sono diversi, ed infine in aree geografiche diverse i geni coinvolti per una
stessa malattia possono essere differenti (es. geni che in Italia predisponevano all’infarto, in Giappone
proteggevano).
Le malattie multifattoriali originano dall’interazione tra più fattori, genetici e ambientali, i quali possono
essere sia fattori predisponenti, ovvero che aumentano il rischio di tali condizioni, sia fattori protettivi, i
quali riducono il rischio di queste condizioni, ed in base al tipo di interazione tra i diversi fattori vi è un
quadro clinico differente (comparsa prima-dopo, segni clinici).
Si sviluppano nella popolazione sia negli individui neonati, sia negli anziani in tutte le fasce d’età, e
rappresentano malattie piuttosto comuni.
o Molto più frequenti delle malattie mendeliane monogeniche, hanno infatti una frequenza del 60%.
o Rappresentano una delle maggiori cause di morbilità cronica e di mortalità nella popolazione
generale.
Importanza dello studio, il quale risulta più complesso, dei fattori genetici predisponenti al fine di:
- Tratti o malattie poligeniche → tanti geni coinvolti, ognuno con un piccolo impatto sul fenotipo;
- Tratti o malattie multifattoriale → interazione di fattori ambientali con diversi geni;
- Tratti poligenici → sono quantitativi (anziché qualitativi) e sono distribuiti in modo continuo nella
popolazione (distribuzione normale);
Essendo dovute al coinvolgimento di più geni, ogni singolo gene ha scarsa penetranza, espressione
variabile ed un impatto piuttosto debole sul fenotipo. Per tal motivo risulta più difficile capire e studiare i
geni coinvolti e i loro effetti fenotipici.
A differenza delle malattie ereditarie poligeniche, o oligogeniche, i fattori ambientali giocano un ruolo
fondamentale nella comparsa di un fenotipo patologico.
Difetti congeniti: patologie malformative presenti alla nascita, come cardiopatie congenite (più frequenti),
difetti del tubo neurale (es. spina bifida), lussazione congenita dell’anca, piede torto ecc.
Malattie dell’adulto: asma, cardiopatia ischemica, diabete mellito, epilessia, glaucoma, ipertensione,
obesità, psicosi maniaco-depressiva, schizofrenia, tumori ecc. = le patologie generalmente più frequenti in
tutta la popolazione generale.
IL MODELLO A SOGLIA viene identificata come soglia di suscettibilità il livello di fattori ambientali +
genetici che possono provocare la malattia:
Una malattia multifattoriale è quindi il risultato dell’effetto additivo o dell’interazione di un certo numero
di geni + azione di fattori ambientali esterni.
Influisce inoltre anche una certa predisposizione individuale = variabile continua con distribuzione
gaussiana (normale).
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Metodi per l’identificazione di caratteri multifattoriali: come si identifica una malattia multifattoriale?
GEMELLI MONOZIGOTI= derivano da un singolo evento di fertilizzazione, uno spermatozoo si unisce ad una
cellula uovo creando un unico zigote il quale si divide generando due individui geneticamente identici.
GEMELLI DIZIGOTI= derivano da due eventi di fertilizzazione indipendenti, due spermatozoi e due cellule
uovo creano due zigoti i quali condividono circa la metà dei geni, come due fratelli non gemelli.
L’implicazione di fattori genetici nel determinismo di un certo carattere è dimostrata da una maggiore
concordanza fenotipica tra gemelli monozigoti, ovvero:
Il cosiddetto “metodo dei gemelli” consiste nella valutazione della presenza di uno specifico carattere in
entrambi i gemelli (concordanza) oppure soltanto in uno dei due. Un più alto grado di concordanza
fenotipica tra coppie di gemelli MZ rispetto a quella riscontrata tra coppie di gemelli DZ indica che questa
differenza è da attribuire a fattori genetici.
2. Studi di adozione
Prevedono la valutazione:
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In questo tipo di ricerche, spesso anche per la non rintracciabilità o per la scomparsa della famiglia
d’origine, l’analisi è di tipo anamnestico (con dati riferiti, piuttosto che analizzando in laboratorio i geni dei
genitori biologici) più che laboratoristico, è uno studio più complicato.
Trovare persone adottate che soffrano di una particolare malattia che solitamente ricorre nelle
famiglie e appurare se la condizione ricorre nella loro famiglia biologica o in quella adottiva.
Partire da soggetti affetti i cui figli siano stati dati in adozione e verificare se l’essere adottati abbia
evitato la malattia ai figli.
Il ragionamento e lo studio effettuato è in relazione al fatto che: i genitori biologici condividono con il figlio i
fattori di tipo genetico, mentre i genitori adottivi condividono con esso i fattori di tipo ambientale.
Implicazione di fattori genetici: dimostrata da una maggiore frequenza del carattere nei genitori biologici
rispetto ai genitori adottivi.
Implicazione di fattori ambientali: dimostrata da una maggiore frequenza del carattere nei figli adottati
rispetto alla popolazione generale.
Una delle caratteristiche principali delle malattie ad ereditarietà complessa è che i soggetti tendono a
concentrarsi in famiglie (aggregazione familiare) poiché condividono un maggior numero di geni rispetto a
individui presi a caso nella popolazione. Come si aggrega la patologia nella famiglia?
L’implicazione di fattori genetici è dimostrata dall’osservazione di una maggiore frequenza del carattere in
esame nei parenti di soggetti affetti rispetto alla popolazione generale.
Misurare l’aggregazione familiare → l’aggregazione familiare di una malattia può essere calcolata
paragonando la sua frequenza nei parenti di un soggetto affetto con quella della popolazione generale.
Tanto maggiore è il numero dei componenti della famiglia affetti, rispetto alla popolazione generale, tanto
più questo indica la presenza di una componente genetica importante.
Esempio: diabete di tipo 1 incidenza popolazione generale= 0,4%, incidenza tra fratelli di soggetti
affetti= 6% grado di familiarità nei fratelli (λs)= 6/0,4= 15.
Fattori complicanti l’analisi delle componenti genetiche dei caratteri multifattoriali (complicanze
nell’individuare e stabilire cosa comportano e quali sono i geni e fattori coinvolti):
Strategie di identificazione dei geni implicati nella genesi dei caratteri multifattoriali:
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- Analisi di linkage (famiglie) = generalmente impiegati per la ricerca di nuovi geni
Segue gli eventi meiotici, attraverso le famiglie, per co-segregazione di malattia e particolari
varianti genetiche;
Famiglie estese;
Coppie di fratelli;
Funziona molto bene per le malattie “mendeliane”.
- Studi di associazione (caso/controllo) = generalmente impiegati per testare l’ipotesi del coinvolgimento
di singoli geni candidati (= geni che codificano per proteine di cui si conosca o si sospetti un coinvolgimento
nel processo patologico) nella suscettibilità ad una malattia. Oppure studi GENOME WIDE, ovvero studi ad
ampio raggio del genoma, si analizzano caratteristiche genetiche in tutto il genoma (polimorfismi sparsi in
tutto il DNA).
Rileva associazioni tra varianti genetiche e malattie tra le famiglie → linkage disequilibrium; >
Studi caso- controllo;
Reclutamento campione;
Più appropriato per le malattie complesse.
Metodo più utilizzato nello studio delle malattie multifattoriali → si tratta di un confronto della frequenza
di caratteristiche genetiche tra un gruppo di casi (pazienti) e un gruppo di controlli. Si attua quindi uno
studio di 2 popolazioni distinte di soggetti:
Questo studio confronta la frequenza di un polimorfismo tra un gruppo di casi (pazienti; soggetti con
determinati tratti fenotipici) e un gruppo di controllo → quando una delle varianti alleliche analizzate è più
frequente nei casi rispetto ai controlli, si dice che è “associata” con il fenotipo patologico.
CONSULENZA GENETICA
Non è possibile, essendo malattie estremamente complesse, stabilire un rischio certo, perciò con una
consulenza genetica viene soltanto stabilito il rischio empirico.
È la frequenza di un evento (condizione, patologia) osservata in una certa popolazione. Il rischio empirico
per un individuo è influenzato da:
- La gravità della condizione, tanto più è grave quanto più è riconducibile a componenti genetiche.
- Numero di familiari affetti, quanti più sono i familiari affetti tanto più è alto il rischio.
- Grado di parentela con i familiari affetti, tanto più si è vicini alla persona affetta tanto più è il
rischio.
Il rischio medio di ricorrenza è del 2- 5% per i parenti di primo grado dei probandi e va decrescendo nei
parenti di 2° e 3° grado.
In gravidanza viene effettuata una ecografia di II livello (più approfondita, in centri specializzati), se vi è un
precedente figlio con difetto congenito ricercando nel feto la medesima patologia. Non ci sono esami
genetici da poter fare.
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ESEMPIO: Difetti del tubo neurale (DTN/NTD) = associati a carenza di acido folico (vitamina B
idrosolubile) = fattore ambientale, dato alimentare.
La prevenzione primaria dei NTD mediante consulenza genetica è limitata poiché circa il 95% dei soggetti
affetti nasce da coppie senza precedenti anamnestici, ma sono consigliate assunzioni di acido folico al fine
La stima del rischio cambia se tali difetti si presentano nel contesto di sindromi associate a mutazioni
mendeliane o ad alterazioni cromosomiche.
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