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GENETICA

La genetica è una delle branche della biologia la quale si occupa di studiare i geni, l’ereditarietà e la
variabilità genetica negli organismi viventi, il suo oggetto di studio risulta perciò essere il materiale
genetico, cioè il DNA.

La maggior parte del materiale genetico si trova all’interno del nucleo delle cellule, sottoforma di molecola
di DNA spiralizzata su sé stessa a costituire i cromosomi, ma è presente anche in minima parte all’interno
dei mitocondri (DNA mitocondriale).

Eventuali mutazioni del DNA mitocondriale hanno delle conseguenze piuttosto gravi, provocano danni a
livello di tutti gli organi (sono gli organelli deputati principalmente alla produzione di energia, quindi
impatto fisico importante) e possono essere trasmesse SOLO dalla madre = trasmissione soltanto in LINEA
MATERNA, indipendentemente sia ai maschi che alle femmine, poiché vi sono mitocondri nel citoplasma
della cellula uovo ma non nello spermatozoo.

COSTITUZIONE DEL DNA la doppia elica di partenza della molecola di DNA si avvolge attorno a delle
proteine (si crea la cosiddetta collana di perle), si ha una spiralizzazione estrema fino alla formazione del
cromosoma, ogni molecola di DNA viene spiralizzata e condensata fino ad una riduzione della sua
dimensione di circa 50.000 volte.

STRUTTURA DI BASE:

 Gruppo fosforico

 Deossiribosio = NUCLEOTIDE

 Base azotata

Le basi azotate sono: purine (adenina e guanina) e pirimidine (citosina e timina). Si legano tra di loro
attraverso legami ad idrogeno specifici G-C A-T, tra guanina e citosina avvengono tre legami, tra adenina e
timina soltanto due e si legano alla struttura laterale di desossiribosio e gruppi fosfato attraverso legami
fosfodiesterici.

CROMOSOMI

Cariotipo= esame cromosomico

Un cariotipo normale deve avere 46 cromosomi, 44 autosomi, dall’uno al ventidue disposti a coppie, e due
cromosomi sessuali che determinano il sesso dell’individuo. La presenza di una Y determina lo sviluppo in
senso maschile (es. XXY è comunque maschio). Il corredo normale è un corredo 2n, diploide, ovvero avente
due copie di ogni cromosoma.

Cariotipo maschile= 46, XY e cariotipo femminile= 46, XX

Trasformazione da DNA a RNA (trascrizione) e traduzione in proteine. Dal DNA mediante il processo di
trascrizione si ha la formazione di mRNA con la perdita degli introni, l’RNA è quindi praticamente costituito
soltanto da esoni; l’mRNA passa attraverso la barriera nucleare, entrando così nel citoplasma, ed avvia il
processo di traduzione in proteine (sintesi proteica).

Esistono programmi informatici che inserendo una mutazione riescono a valutare se questa è importante
(clinicamente significativa) oppure no, poiché esistono mutazioni le quali provocano danni alquanto gravi,

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ed altre definite silenti che non provocano alcun problema: PROGRAMMI INFORMATICI DI PREDIZIONE.
La maggior parte delle mutazioni non provocano una vera e propria malattia.

IL CODICE GENETICO

Il codice genetico è l’insieme di regole necessarie per la traduzione in proteine dei filamenti di mRNA.

La lettura del codice genetico viene letta a tre a tre, tre basi azotate costituiscono una tripletta la quale
presenta una corrispondenza per un determinato aminoacido (tripletta=aminoacido).

Caratteristiche:

o Triplette diverse possono dar luogo ad uno stesso amminoacido U=uracile (RNA), corrisponde
(es. CUU, CUC, CUA, CUG creano l’aminoacido leucina). alla timina del DNA

= Degenerato o ridondante 43 = 64 triplette, gli aminoacidi sono 20

o Alcune triplette non codificano per nessun amminoacido (codone di inizio AUG, codoni di stop
UAA, UAG, UGA, non definiscono nessun aminoacido ma segnano l’inizio/fine della sintesi
proteica).

Possibili mutazioni (alterazione della sequenza nucleotidica di una molecola del DNA, c’è una variazione a
livello delle basi di una sequenza di DNA):

- Non producono modifiche della proteina sintetizzata grazie alla ridondanza del codice, es. il
gene presenta una mutazione per cui la tripletta CUU risulta mutata in CUC (CTT e CTC nel
DNA), entrambe codificano per l’aminoacido leucina, perciò non vi è alcun mutamento a livello
della proteina.

- Producono modifiche a livello della proteina sintetizzata poiché vi è una mutazione di una
tripletta che non codifica per l’aminoacido che dovrebbe, es. la tripletta CUC che codifica
leucina è mutata in CCC, tale tripletta non codifica per la leucina ma per la prolina, perciò vi è
una mutazione anche a livello della proteina.

REPLICAZIONE DEL GENOMA

La fecondazione porta alla creazione dello zigote, singola cellula costituita dalla cellula uovo e dallo
spermatozoo, dalla quale si forma poi l’embrione e l’individuo adulto, il quale deve mantenere le
informazioni genetiche

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La replicazione fedele del DNA (replicazione in DNA uguale) permette di trasmettere inalterata
l’informazione genetica di cellula in cellula (riproduzione cellulare), e anche di generazione in
generazione (riproduzione sessuata).

Vi sono due tipi di riproduzione, che presentano una fase identica di duplicazione del DNA, mentre
differiscono nei processi di divisione attraverso cui il materiale duplicato è ripartito nelle cellule figlie.

Essi sono:

 MITOSI, riproduzione cellulare la quale da origine alle cellule SOMATICHE (= tutte le cellule
del nostro organismo escluse le cellule che daranno vita all’ovocita e agli spermatozoi).

 MEIOSI, meccanismo di generazione delle cellule germinali (= GAMETI, oocita e


spermatozoi).

Tali processi prevedono entrambi, prima dell’inizio delle varie fasi che permettono la riproduzione,
un’identica fase di duplicazione del DNA.

Duplicazione del DNA è definita semiconservativa: i due filamenti della doppia elica si separano e
fungono ciascuno da stampo per la sintesi di una nuova catena. Le due molecole figlie risultano costituite
ciascuna da un filamento originario e uno neo polimerizzato (nuovo), conserva quindi metà della sua
molecola originaria.

MITOSI

Processo per cui partendo da una cellula somatica diploide (2n=46 cromosomi, corredo doppio), la
quale si duplica, si originano due cellule figlie diploidi con corredo genetico identico (avviene
all’interno di tutti i tessuti ad esclusione di quelle che danno luogo a spermatozoi ed ovocita).

Fasi:

1. INTERFASE= fase di preparazione durante la quale l’involucro nucleare è intatto e i cromosomi non
sono visibili, suddivisa a sua volta in tre fasi:
G1= nel nucleo avviene la sintesi di proteine, istoni, nucleotidi, enzimi e nel citoplasma si duplicano
gli organelli subcellulari.
S= fase di duplicazione del DNA, semiconservativa.
G2= si completa la sintesi del DNA.

2. PROFASE= i cromosomi cominciano a condensarsi e si sviluppa il fuso bipolare.

3. PROMETAFASE= si dissolve l’involucro nucleare, i cromosomi ormai visibili cominciano a migrare


verso il piano equatoriale (piastra metafasica) e si vede che sono formati da due cromatidi.

4. METAFASE= i cromosomi sono completamente condensati (maggiormente visibili) e si localizzano


sulla piastra metafasica (zona equatoriale), è la fase in cui il DNA è maggiormente condensato.

5. ANAFASE= ciascun cromosoma si divide in due cromatidi, e i due cromatidi di ciascun cromosoma
vengono sospinti ai poli opposti.

6. TELOFASE= i cromosomi raggiungono i poli opposti e cominciano a de condensarsi, si riforma la


membrana nucleare e il citoplasma comincia a dividersi.

7. CITODIERESI= il completamento della divisione citoplasmatica da origine alle due cellule figlie.

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MEIOSI

Il processo di meiosi è alla base della GAMETOGENESI, ovvero il processo che dà origine alla formazione dei
gameti, cellule germinali le quali contengono un numero aploide (n) di cromosomi, 23.

 Spermatogenesi, se dà origine agli spermatozoi.


Poiché poi, con la fecondazione, si
 Ovogenesi, se dà origine agli oociti. uniscono e devono dar vita ai 46
Nel processo meiotico avvengono due divisioni: cromosomi del corredo genetico.

 1a divisione meiotica: i due cromosomi omologhi di ciascuna coppia si appaiano (sinapsi), segregano
in due cellule diverse con i cromatidi fratelli ancora uniti, e il numero dei cromosomi viene ridotto a
metà (divisione riduzionale) interfase I, profase I, metafase I, anafase I, telofase I

 2a divisione meiotica: per ciascun cromosoma, i due cromatidi vengono separati in altre due cellule
(divisione equazionale) interfase II, profase II, metafase II, anafase II, telofase II

Nei processi di maturazione dei gameti, la riproduzione cellulare avviene tramite la meiosi:

SPERMATOGENESI OVOGENESI

-produzione di quattro spermatidi


-produzione di una cellula uovo e tre
-milioni di spermatozoi globuli polari (che vengono poi persi

-avviene a livello dei tuboli seminiferi del -un solo ovulo


testicolo, con una prima fase di divisioni
-comincia quando la donna è ancora un
mitotiche e poi fasi meiotiche con la
embrione, la meiosi poi si blocca (va in
formazione degli spermatozoi
“standby”) e riprende poi con l’inizio dei
-dura circa 60gg (vi è quindi continuo cicli mestruali
rinnovo) ed inizia alla pubertà
-dal primo ciclo mestruale vi è la
-con il passare degli anni aumentano le maturazione, per ogni ciclo mestruale, di
divisioni per mitosi, perciò vi è un rischio una cellula uovo
aumentato di mutazioni che può portare
a malattie nel bambino (es.
acondroplasia) 4
-il fatto che inizino la loro meiosi quando
ancora sono embrioni comporta il fatto che,
col passare del tempo, i cromosomi rischiano
di non dividersi correttamente, quindi con
l’aumento dell’età della mamma aumenta il
rischio soprattutto di trisomie. Un ovulo
prodotto a 40 anni ha avuto un processo di
meiosi durato 40 anni.

I cromosomi si separano in modo indipendente. I due tipi di riproduzione presentano una fase identica di
duplicazione del DNA, mentre differiscono nei processi di divisione attraverso cui il materiale duplicato
viene ripartito nelle cellule figlie.

MODELLI DI TRASMISSIONE EREDITARIA

All’interno di ogni cromosoma vi sono un numero di geni variabile da cromosoma a cromosoma,


dipendente da vari fattori.

Un po’ di terminologia genetica:

ALLELE = una o più forme alternative di un gene o di una sequenza di DNA che si trovano nella stessa
posizione su ciascun cromosoma omologo (es. un cromosoma 3 che possiede un allele con base azotata C
ereditato dalla madre e un allele con base azotata T ereditato dal padre nello stesso punto).

LOCUS = regione cromosomica unica che corrisponde ad un gene o a qualche altra sequenza di DNA.

In base agli alleli ed al locus:

 Individuo ETEROZIGOTE= individuo che presenta alleli diversi in uno stesso locus,
ha quindi due copie diverse di DNA.

 Individuo OMOZIGOTE= individuo che presenta alleli identici in uno stesso locus.

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GENOTIPO = indica la costituzione genetica di un individuo, generalmente con tale termine ci si riferisce
al/ai gene/geni che stiamo analizzando, non al DNA nella sua totalità (es. soggetto che rispetto al gene
della fibrosi cistica ha il genotipo TT).

FENOTIPO y677= indica l’insieme delle caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo, le quali
risultano dall’espressione del suo genotipo e dalle influenze ambientali (es. fenotipo patologico o meno).

MURAZIONE/VARIANTE = alterazione della sequenza del DNA rispetto alla sequenza normale, il termine
variante risulta essere maggiormente corretto (seguito da aggettivo: positiva, negativa…)

POLIMORFISMO = variazione della normale sequenza nucleotidica di un gene, senza alcun effetto
fenotipico, non è responsabile di alcuna malattia ed è frequente nella popolazione per almeno l’1% degli
individui.

ALBERO

GENEALOGICO

CLASSIFICAZIONE MALATTIE EREDITARIE

MONOGENICHE A EREDITÀ MENDELIANA sono malattie dovute alla mutazione di un singolo gene, è
sufficiente un singolo gene mutato per sviluppare la malattia.

 AUTOSOMICHE, dovute a geni che si trovano su un cromosoma dal 1 al 22.

 X-LINKED, differenza rispetto a gene maschile e femminile, poiché il gene mutato si trova sul
cromosoma X.

MULTIFATTORIALI malattie in cui sono coinvolti i polimorfismi ma, sono in realtà almeno il 60%
delle nostre malattie (infarto, pressione alta, tumori, ecc..), sono dovute a una moltitudine di fattori, come
fattori genetici (prevalentemente polimorfismi) o anche ambientali.

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La prevalenza di malattie genetiche alla nascita rappresenta un totale tra il 3-7%:

- Cromosomiche = 0.6-0.9%

- Monogeniche = aut. dominante 0.3-0.95%, aut. recessiva 0.2-0.25%, legata all’X 0.05-0.2%

- Difetti congeniti = 2-5% (congenito ≠ genetico, congenito significa presente dalla nascita, può
essere o meno genetico)

EREDITÀ MENDELIANA

Le leggi sull’eredità di Gregor Mendel affermano che i geni sono ereditati in coppia, uno dal padre e uno
dalla madre, ognuno di essi possiede diversi alleli, alcuni dei quali (i dominanti) “vincono” agendo sugli altri
(i recessivi) e alla meiosi gli alleli segregano singolarmente ed indipendentemente nei gameti.

MONOGENICHE A EREDITÀ MENDELIANA

MALATTIE AUTOSOMICHE DOMINANTI

Sono patologie che si sviluppano indipendentemente dal sesso dell’individuo, possono svilupparle sia figli
maschi che figlie femmine, poiché il gene mutato si trova su uno degli autosomi. Le caratteristiche di
trasmissione di tali patologie sono:

 È sufficiente una singola dose dell’allele mutato per sviluppare la malattia (monogeniche), si indica
l’allele mutato con ‘A’, e l’allele normale con ‘a’ Aa= patologia

 Si ha una trasmissione verticale dell’allele mutato all’interno dell’albero genealogico, ovvero la


malattia si trasmette di generazione in generazione, generalmente non compie salti generazionali.

 Uguale rapporto di maschi/femmine che ereditano l’allele mutato, e perciò la malattia.

 Il 50% dei figli nati da un genitore affetto manifestano la stessa malattia, cioè vi è un rischio del 50%
per ogni gravidanza affrontata.
Tale rischio del 50% deriva dalla formazione dei gameti, i quali sono solitamente così:

Rischio riproduttivo relativo a:

1. Un soggetto eterozigote affetto ed un soggetto omozigote non affetto:

 50% possibilità che nascano omozigoti non affetti.

 50% rischio che nascano eterozigoti affetti.

 Nessun rischio che nascano omozigoti affetti.


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2. Entrambi i soggetti eterozigoti affetti:

 50% rischio che nascano eterozigoti affetti.

 25% rischio che nascano omozigoti affetti (situazione grave, spesso non compatibile con la
vita).

 25% possibilità che nascano omozigoti non affetti.

Nel caso di una coppia all’interno della quale uno dei due genitori è affetto da malattia autosomica
dominante, vi è, in alcuni casi (soltanto se è conosciuta la mutazione del genitore), la possibilità di
effettuare una diagnosi prenatale al fine di capire se il bambino è affetto da tale malattia. Le possibilità per
effettuare tale diagnosi sono:

1. VILLOCENTESI, viene effettuata intorno alle 12 settimane e si effettua estraendo del materiale dei
villi coriali che costituiscono la placenta (che contiene lo stesso DNA del feto).

2. AMNIOCENTESI, viene effettuata intorno alle 16-18 settimane di gestazione tramite prelievo di
liquido amniotico (il quale contiene cellule del feto disperse).

Estraendo quindi molecole di DNA dalle cellule fetali che si trovano nel liquido amniotico o dalle cellule
della placenta è possibile andare a ricercare il gene che si trova mutato nel genitore affetto dalla malattia.
Nonostante sia possibile individuare il gene mutato nel feto ed affermare quindi se questo sarà affetto o
meno dalla malattia, è difficile affermare quale saranno le manifestazioni cliniche che la malattia avrà su di
lui. Questi esami comportano una probabilità di aborto di circa 1%, perciò (nelle strutture pubbliche) tali
esami sono indicati ed effettuati quando la coppia presenta un rischio aumentato, rispetto alla popolazione
generale, di una qualche problematica visibile con lo svolgimento di questi esami. In Italia, nelle strutture
pubbliche, per legge ogni donna sopra i 35 anni al momento del parto può scegliere di svolgere villo e
amnio centesi, oppure ogni coppia con un rischio del 50% di una malattia dominante (poiché vi è un
genitore affetto), oppure in casi in cui il feto presenta malformazioni visibili, e perciò un rischio aumentato
che vi siano mutazioni cromosomiche. Nelle strutture private invece vengono effettuate sotto richiesta,
senza tener conto del possibile pericolo di aborto con possibilità maggiore dello sviluppo della patologia.

TRASMISSIONE VERTICALE (abbiamo soggetti affetti di generazione in generazione).

FENOMENI DI IRREGOLARITÀ DELLA TRASMISSIONE AUTOSOMICA DOMINANTE

Salto di generazione: un soggetto affetto ha avuto un


figlio sano, il quale però ha una figlia affetta. Una
generazione è “saltata”, non ha contratto la malattia.

In realtà, poiché il soggetto “sano” ha avuto una figlia


affetta, anch’esso sicuramente presenta la mutazione ma
non possiede manifestazioni cliniche della malattia
(completamente assenti o lievi).

La mutazione è dunque stata ereditata di generazione in


generazione ma la generazione di mezzo non ha
manifestato clinicamente la malattia.

Perché avviene questo “salto generazionale”?

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Avviene perché i soggetti che non manifestano la malattia sono detti FENOTIPICAMENTE SANI, poiché
avviene un meccanismo di penetranza incompleta.

La PENETRANZA sta ad indicare la percentuale di individui che possiedono un determinato genotipo e che
manifestano il carattere associato con quel genotipo (=fenotipo), questa può essere variabile, non tutte le
mutazioni geniche provocano sintomi. Es: acondroplasia: penetranza del 100%, tutti gli individui che
presentano la mutazione dell’acondroplasia manifestano i sintomi= penetranza completa.

Quando vi è una parte dei soggetti affetti da mutazione i quali però non manifestano clinicamente la
malattia si tratta di penetranza incompleta, ciò dipende dalla tipologia di malattia.

Il salto di generazione è quindi un salto della manifestazione, non della mutazione.

Altra irregolarità: ESPRESSIVITÀ VARIABILE manifestazione clinica variabile di una stessa mutazione,
anche all’interno di una stessa famiglia, in alcuni casi può anche non manifestarsi. Es: distrofia miotonica:
può provocare gravi sintomi, come l’impossibilità di stringere ed afferrare cose, o sintomi più lievi come la
cataratta.

COMPARSA IMPROVVISA DI UN CASO DI MALATTIA AUTOSOMICA DOMINANTE DA DUE GENITORI SANI


Classico esempio: ACONDROPLASIA (nanismo).

La nascita di un individuo affetto da genitori sani è causata da


una mutazione definita MUTAZIONE DE NOVO.

Perché avviene?

Vi sono fondamentalmente 2 meccanismi:

1. Mutazione che avviene durante la meiosi a livello delle


cellule gametiche parentali (mosaicismo germinale), è
un errore casuale.
La prima modalità di mutazione viene definita MOSAICISMO, poiché le
gonadi parentali (dei genitori) presentano alcune cellule normali ed alcune cellule mutate, un genitore con
tale condizione è clinicamente sano ma presenta una mutazione a livello gonadico che può essere
trasmessa al figlio. Nelle gravidanze successive la probabilità che si possa ripresentare una gravidanza con la
mutazione è di circa 1%.

Nel secondo meccanismo di mutazione si ha una fecondazione corretta, ma nelle prime divisioni cellulari
dello zigote si ha un errore che provoca la mutazione e conseguentemente tutte le cellule del bambino
presenteranno la mutazione. Nelle gravidanze successive la probabilità che ricapiti una mutazione post-
zigotica è molto bassa.

Non è possibile distinguere quale dei due meccanismi sia avvenuto, ma nelle gravidanze successive è
possibile attuare una villocentesi o amniocentesi ricercando la presenza del gene mutato nel figlio nato
precedentemente con la mutazione.

ESEMPI DI MALATTIE AUTOSOMICHE DOMINANTI

SINDROME DI MARFAN (MFS) patologia caratterizzata molto spesso da una statura superiore alla
statura media e dal fatto che l’apertura delle braccia (denominata arm span) è superiore all’altezza.

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Non esiste un gene specifico della sindrome di Marfan, ma può essere dovuta a tantissimi geni, perciò
l’analisi genetica effettuata è un’analisi molecolare complessa con pannelli multigenici (esperimenti in cui
contemporaneamente si analizzano i geni coinvolti in tale patologia). Essa è infatti causata da mutazioni del
gene della FIBRILLINA-1 (FBN1) + altri geni.

La fibrillina-1 è una glicoproteina che costituisce una componente importante delle fibre elastiche
presenti nel tessuto connettivo, mutazioni di tale gene sono responsabili anche di malattie come la
lussazione del cristallino e, in parte, dell’aneurisma aortico-toracico familiare. Ad oggi sono note
centinaia di mutazioni del gene FBN1.

È una patologia che colpisce il tessuto connettivo, cioè il tessuto che costituisce quella che è l’”impalcatura”
di tutto il corpo, importante per la struttura e la funzione di quasi tutti i tessuti dell’organismo.

I pazienti con MFS tendono ad essere molto alti, hanno spesso dita lunghe e affusolate ed articolazioni
lasse, ovvero eccessivamente mobili. La gravità delle manifestazioni cliniche è variabile da caso a caso,
infatti alcuni pazienti presentano sintomi lievi o addirittura non hanno alcuna manifestazione clinica,
mentre altri possono avere disturbi più importanti che devono essere presi in considerazione per il
monitoraggio e l’eventuale trattamento. Un difetto frequente è la miopia con lussazione del cristallino, con
un rischio di distacco della retina.

DISTURBI CARDIOVASCOLARI: Il dato clinico più significativo è a livello cardiovascolare, in particolare il


problema maggiore è costituito dalla dilatazione dell’aorta.

La dilatazione dell’aorta avviene progressivamente col passare degli anni e, essendo asintomatica, può
passare inosservata causando rischi molto gravi. L’allargamento delle pareti aortiche prende il nome di
ANEURISMA AORTICO e poiché porta un rischio di rottura, deve essere periodicamente controllato con
frequenti controlli cardiologici (ecocardiogrammi-ecocardiografie) ed opportuni interventi preventivi.

Quando avviene la rottura dell’aorta il paziente avverte un improvviso e violento dolore a torace, schiena o
addome spesso accompagnato da perdita di coscienza intervento chirurgico immediato.

Per evitare di trovarsi in questa situazione è quindi fondamentale che i pazienti affetti da MFS vengano
posti in ambiti di monitoraggio clinico nel quale vengono controllate le dimensioni dell’aneurisma per poter
intervenire con interventi di correzione elettiva prima che si giunga al rischio di rottura, ed è ciò che avviene
oggi.

DISTURBI DELL’APPARATO SCHELETRICO: i pazienti affetti hanno un aspetto longilineo, alta statura, arti e
mani lunghe e sottili. Le articolazioni sono lasse ed eccessivamente mobili, causa di frequenti lussazioni;
spesso è presente anche il piede piatto. Possono presentare anche deformità a livello della gabbia toracica,
come il petto carenato (costole e sterno sporgenti) ed il petto escavato (infossamento al centro del torace),
e problemi alla colonna vertebrale come scoliosi, lordosi o cifosi (dorso curvo) di gravità variabile.

ACONDROPLASIA malattia autosomica dominante che rappresenta la più comune causa di


nanismo nell’uomo. È caratterizzata da un mancato sviluppo armonico della cartilagine di accrescimento
delle ossa lunghe degli altri che comporta quindi gravi disturbi della crescita. Ha una penetranza del 100%
(non esistono portatori sani).

Tale condizione può essere evidenziata dalle ecografie in gravidanza, in un periodo però avanzato di essa,
ciò comporta l’impossibilità di interrompere la gravidanza poiché è visibile soltanto dopo il periodo in cui è
possibile abortire in Italia (dopo i 3 mesi), se non tramite attestazione psichiatrica di impossibilità da parte
della madre di continuare la gravidanza problematica (in tal caso la possibilità di aborto è data fino alle 22
settimane).

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Già alla nascita i bambini presentano delle caratteristiche, pressoché sovrapponibili a tutti i soggetti affetti:

 Testa grande rispetto al resto del corpo.

 Arti corti e tozzi rispetto al resto del corpo.

 Fronte prominente, “bombata”.

 Radice del naso infossata.

 Mano e dita corte e tozze (cosiddetta mano a tridente).

 Parte bassa della colonna vertebrale esageratamente curvata in avanti (lordosi lombare).

La mutazione che causa tale patologia riguarda praticamente sempre il gene FGFR3, il quale è implicato
nella trasmissione del segnale della crescita di cartilagine, e nel 98% dei casi circa si ha sempre la stessa
mutazione (G1138A), ciò è estremamente vantaggioso in campo genetico.

In una coppia di genitori entrambi affetti da acondroplasia essi hanno 1 probabilità su 4 di concepire un
figlio con acondroplasia omozigote (AA), grave forma di acondroplasia letale alla nascita, 1 possibilità su 4 di
avere figli normali (aa) e 1 possibilità su 2 di avere figli affetti come loro.

CARCINOMA MAMMARIO ED OVARICO EREDITARI patologie tumorali connesse a mutazioni dei


geni BRCA1 (cromosoma 17) e BRCA2 (cromosoma 13), comporta un aumentato rischio più lieve nei
maschi, più aumentato nelle donne, perciò è comune un apparente salto generazionale nei figli machi.

Comporta un aumentato rischio prevalentemente di tumore della mammella femminile (50-80% BRCA1,
26-84% BRCA2) e di ovaio (24-40% BRCA1, 10-20% BRCA2) ma anche di tumore della prostata (10-20%) e di
tumore della mammella maschile (7-8%), in alcune famiglie anche di tumore del pancreas e di melanoma.

MALATTIE AUTOSOMICHE RECESSIVE

Patologie derivanti da autosomi, cromosomi da 1 a 22, trasmesse perciò indipendentemente dal sesso del
figlio. A differenza delle malattie autosomiche dominanti è necessaria la presenza di due copie dell’allele
mutato (aa) per sviluppare la patologia è necessario quindi essere omozigoti del gene mutato, gli
eterozigoti sono fenotipicamente normali ma portatori del carattere patologico.

In un incrocio di due portatori, individui eterozigoti che possiedono quindi una sola copia del gene mutato,
vi è il 25% di avere figli affetti.

I RISCHI PER OGNI GRAVIDANZA

Per due individui eterozigoti portatori di un gene mutato la


probabilità di avere un figlio che manifesta la malattia è del 25%
(1:4= omozigote affetto), poiché questo deve presentare
entrambi i geni mutati, vi è poi un altro 25% di avere un figlio
omozigote sano ed un 50% di avere figli eterozigoti, e perciò
portatori sani come i genitori.

CONSANGUINEITÀ E MALATTIE RECESSIVE

Nelle coppie di parenti vi è un aumento del rischio di specie che va dal 3 al 6%. Cos’è il rischio di specie?

Ogni coppia appartenente alla popolazione generale ha un rischio di avere bambini aventi problemi più o
meno gravi pari al 3%, se la coppia è costituita da consanguinei il rischio di avere bambini con patologie è

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pari al 6%, poiché vi è un aumentato rischio di bambini omozigoti affetti da un qualsiasi tipo di malattia
autosomica recessiva. Questo accade perché, appartenendo alla stessa famiglia, hanno un rischio maggiore
di essere portatori sani di un gene scatenante una qualsiasi malattia recessiva. Più lontana è la parentela
minore sarà il rischio aggiuntivo rispetto alla popolazione generale, e viceversa.

In tal caso non vi sono esami da poter attuare, dovrebbe essere analizzato tutto il DNA per poter trovare
una qualche mutazione, non ci sono esami specifici.

TRASMISSIONE ORIZZONTALE (abbiamo soggetti affetti appartenenti alla stessa generazione).

Probabilità di trasmissione dell’allele mutato per ogni gravidanza:

 Entrambi i genitori ETEROZIGOTI (aA, aA) = 25% omozigote sano (AA), 25% omozigote affetto (aa),
50% eterozigoti sani (aA).

 Un genitore ETEROZIGOTE sano (aA), uno OMOZIGOTE sano (AA) = 50% eterozigoti sani (AA), 50%
omozigoti sani (aA).

 Un genitore OMOZIGOTE sano (AA), uno OMOZIGOTE affetto (aa) = 100% eterozigoti sani (aA).

 Entrambi i genitori OMOZIGOTI affetti (aa, aa) = 100% omozigoti affetti (aa).

ESEMPI DI MALATTIE AUTOSOMICHE RECESSIVE (le più comuni)

BETA TALASSEMIA o anemia mediterranea. Patologia causata da una mutazione del gene β-globina
(una delle catene polipeptidiche che costituiscono l’emoglobina), nei soggetti omozigoti affetti inizia a
manifestarsi intorno al 4°-6° mese di vita, con difficoltà di crescita e pallore, difficoltà di alimentazione ed
altri sintomi.

Se non vengono effettuate trasfusioni questi soggetti presentano un ritardo di crescita piuttosto marcato,
epatosplenomegalia (ingrossamento di fegato e milza che causa addome gonfio e globoso), modificazioni
scheletriche e febbricola. Quasi tutti i soggetti affetti presentano la parte degli zigomi molto pronunciata,
poiché, normalmente le ossa del volto non sono deputate all’ematopoiesi, in casi di anemia grave si ha
un’attivazione ed ingrandimento anche delle ossa facciali al fine di contrastare l’anemia e produrre più
globuli rossi possibile. Può causare morte tra i 3 e 6 anni di vita se non viene curata fin da subito.

Diagnosi: oltre alla comparsa di tali caratteristiche anche attraverso un emocromo possiamo individuare la
patologia, tali soggetti presentano infatti globuli rossi molto piccoli rispetto a soggetti sani (grave anemia
microcitica), le emoglobine in quantità diversa rispetto a quella corretta (alterazioni del quadro
elettroforetico delle emoglobine).

Le terapie necessarie sono trasfusioni continue, talvolta anche più di una volta al mese (+ chelanti del Fe) o
il trapianto di midollo.

Per inquadrare se due genitori sono portatori, e quindi eterozigoti, viene effettuato un emocromo dal quale
è già possibile definire la grandezza dei globuli rossi, ma non basta, è necessaria anche una valutazione dei
valori di Fe (Sideremia, Transferrina, Ferritina) e dell’assetto emoglobinico.

FIBROSI CISTICA malattia genetica ereditaria, caratterizzata da un’anomalia di secrezione delle


ghiandole esocrine (che sono presenti in quasi la totalità del corpo), gli organi coinvolti sono perciò
numerosi.

È dovuta ad una mutazione del gene CFTR (cystic fibrosi transmembrane regulator), il quale codifica per una
proteina implicata nel passaggio degli ioni cloro attraverso la membrana cellulare, la specifica mutazione
non è nota poiché esistono oltre 1500 mutazioni note nel mondo, vi sono mutazioni che vanno dall’essere
12
piuttosto frequenti, e quindi più individuabili, ad altre presenti soltanto in un unico nucleo familiare in tutto
il mondo e quindi rarissime.

Ad esempio, la mutazione ΔF508 è una delle più frequenti e quindi ha maggior possibilità di essere
ricercata, presente in oltre il 51% dei casi, è una delezione in cui viene a mancare un aminoacido.

Tale patologia è la più frequente malattia genetica ereditaria nella popolazione caucasica, colpisce soggetti
dall’età pediatrica all’età adulta con una frequenza di 1:2500 circa, la frequenza dei portatori è invece circa
del 4% della popolazione generale (1:25).

Gli organi sono colpiti in modo estremamente diffuso, i polmoni sono quelli più coinvolti, poiché tale
patologia provoca un accumulo di muco il quale causa una riduzione del calibro delle vie aeree con
sintomatologia variabile:

POLMONI:
 Tossi persistenti con espettorato viscoso e purulento.
 Bronchiti e broncopolmoniti.
 Bronchiectasie.
 Broncopneumopatie.
 Infezioni polmonari (Staphylococcus aureus e Pseadomonas aeruginosa).
PANCREAS:
 Insufficienza pancreatica.
 Avitaminosi.
 Alterazione assorbimento dei grassi e delle proteine.
INTESTINO:

 Ileo meconio (ostruzione intestinale durante le prime 24h di vita), possono già essere visibili
ecograficamente.

APPARATO GENITALE:
 Inizio ritardato della pubertà causato dai problemi respiratori e dal malassorbimento.
 Infertilità femminile causata da alterazioni del muco cervicale.
 Infertilità maschile ed azoospermia (non c’è fuoriuscita degli spermatozoi, non si formano i canali di
uscita) colpiscono il 95% degli uomini.
FEGATO:
 Epatopatia.
 Cirrosi epatica.
 Accumulo di grassi.
ALTRE CONSEGUENZE:
 Sinusite e poliposi nasale.
 Maggior sensibilità ai colpi di calore.
 Diabete.

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Le terapie sono varie, dipendono dalla gravità della patologia, sono comunque in ogni caso croniche e
variano da antibioticoterapie, fisioterapie respiratorie, aerosol, diete specifiche, terapia medica e/o
chirurgica delle complicanze (drenaggi di muco polmonare) e possibile trapianto di organi.

MALATTIE RECESSIVE X-LINKED

Sono patologie legate al cromosoma X, a differenza delle malattie autosomiche sono quindi dovute ad una
mutazione localizzata sul cromosoma sessuale X, ciò significa che lo sviluppo e l’eredità dei caratteri
patologici sarà legato alla X e quindi sesso del soggetto. I maschi non possono essere portatori.

Il sesso maschile è determinato dalla presenza del cromosoma Y, oltre al cromosoma X, i maschi vengono
per questo anche detti EMIZIGOTI. Il cromosoma Y nella specie umana, nelle altre specie questo è
differente, presenta dimensioni ben minori rispetto al cromosoma X.

Nel maschio vi è quindi un solo cromosoma X, nella femmina ne sono invece presenti due e, per
compensare tale differenza nella specie umana (in realtà generalmente nei mammiferi) avviene che una
delle due X viene inattivata attraverso una serie di meccanismi compenso di dose.

Questo cromosoma, la X inattivata, viene osservato ed indicato come CORPO DI BARR, il numero del quale
varia in base al numero di cromosomi X presenti: in una donna patologica che presenta tre cromosomi X vi
saranno due corpi di Barr, in una donna normale ne sarà presente uno.

Ma come avviene questa inattivazione? Fenomeno della LYONIZZAZIONE (dal nome della
scienziata Mary Lyon).

Il fenomeno della Lyonizzazione è una inattivazione quasi totalmente casuale di uno dei due cromosomi X
nella femmina. Processo esplicativo:

1. Vi è uno zigote, la prima cellula formata dalla fecondazione, in


questo caso femmina (XX), il quale ha ereditato un cromosoma
X da uno e uno dall’altro genitore.

2. Man mano che avvengono le divisioni (mitosi) avviene una


inattivazione casuale di uno dei due cromosomi X.

3. Avremo che, nell’adulto, la metà delle cellule avrà inattivata la


X proveniente dal genitore1, l’altra metà avrà inattivata la X
proveniente dal genitore 2.

4. L’individuo adulto avrà quindi metà cellule con una


inattivazione e metà con un’altra, si parla così di mosaico
costituito da cellule aventi una inattivazione diversa (circa 50%)

Normalmente abbiamo un meccanismo di inattivazione dell’X casuale, al termine del quale nella donna nel quale si è svolto
risulteranno presenti un 50% di X paterne ed un 50% di X materne (attive), metà normali e metà mutate, le quali si
compensano a vicenda non permettendo la manifestazione della malattia. Se non vi è equilibrio e le X mutate sono in
numero maggiore il soggetto tende ad avvicinarsi alle manifestazioni a livello del fenotipo con espressibilità variabile.

TRASMISSIONE DIAGONALE (i soggetti affetti sono in posizioni variabili dell’albero genealogico, né


nella stessa generazione, né di generazione in generazione).

La maggior parte delle mutazioni presenti sul cromosoma X sono recessive, e perciò si manifestano solo in
soggetti maschi per la loro condizione di emizigoti (perché le femmine, avendo due X, compensano la X
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mutata possedendo l’altra X normale risultando così portatrici sane. La malattia è sempre trasmessa
attraverso una femmina eterozigote fenotipicamente sana.

Di conseguenza generalmente le caratteristiche principali di un albero genealogico dove segrega una


malattia recessiva x-linked sono:

 La presenza della malattia a livello del fenotipo in soggetti maschi.

 La presenza di femmine geneticamente portatrici sane.

 La trasmissione non avviene mai da padre malato a figlio, ma vi è una trasmissione a “zig-zag”.

XAXA= FEMMINA NORMALE CARATTERISTICHE EREDITARIETÀ:


XAXa= FEMMINA PORTATRICE 1. Il carattere si manifesta solo nei maschi, una donna
può essere affetta solo se (evento raro) la madre è
XaXa= FEMMINA MALATA (RARO!)
portatrice ed il padre è affetto, con probabilità del
XAY= MASCHIO NORMALE 50% poiché dipende dalla X trasmessa dalla madre.

XaY= MASCHIO MALATO 2. Assenza di trasmissione da maschio malato (con


madre sana) a figlio perché in caso di figlio maschio il
padre trasmette soltanto la Y e non la X.
3. Presenza in tutte le figlie di un maschio malato e femmina normale dell’X mutato del padre, il padre
trasmette necessariamente la X mutata e perciò le figlie saranno eterozigoti portatrici sane.

4. Le femmine eterozigoti, portatrici sane, hanno una probabilità di trasmissione dell’X mutato del
50% per i figli maschi, i quali saranno affetti, e del 50% per le figlie femmine, le quali saranno
portatrici (con padre sano).

MALATTIE X-LINKED DOMINANTI

Condizione estremamente rara, è sufficiente avere una singola copia della X mutata, anche nelle femmine.
Sono patologie molto rare poiché letali in emizigosi (nei maschi non è tendenzialmente compatibile con la
vita).

Caratteristiche di ereditarietà:

 I maschi affetti trasmettono il carattere mutato a tutte le figlie, poiché una delle due X viene
ereditata dal padre e, essendo una malattia dominante, anche se la madre trasmette la X sana le
figlie saranno affette (basta una sola copia del gene mutato). I figli maschi saranno invece
necessariamente sani poiché non ereditano la X dal padre ma ereditano necessariamente soltanto
la Y.

 Le femmine affette trasmettono invece la malattia al 50% dei figli, indifferentemente sia maschi che
femmine, poiché in entrambi i casi ha la probabilità di trasmettere o la coppia mutata o la coppia
normale.

ESEMPI DI MALATTIE X-LINKED

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SINDROME DELL’X FRAGILE (FraX) molto importante perché è la forma più frequente di ritardo nei
maschi. Quasi costante è un deficit cognitivo, variabile (raramente più lieve, talvolta più grave), e alcune
caratteristiche comportamentali.

Il ritardo cognitivo rappresenta il primo segno di sviluppo della malattia, si ha un ritardo dello sviluppo
psicomotorio, in particolare nell’apprendimento del linguaggio. È un ritardo di grado piuttosto variabile ed
è spesso associato ad anomalie comportamentali come irrequietezza, instabilità psicomotoria e incapacità a
fissare l’attenzione. Queste caratteristiche persistono con l’avanzare dell’età.

Il carattere delle persone affette da FraX può oscillare da un carattere estroverso e sociale a comportamenti
simili all’autismo ovvero iperattività, incapacità di fissare gli altri negli occhi, avversione all’essere toccati,
comportamento stereotipato.

Molte persone affette da FraX presentano tratti somatici tipici ma non universali:

- Viso stretto e allungato

- Fronte e mandibola prominenti

- Orecchie grandi e con bassa attaccatura

- Ipotelorismo, occhi più avvicinati rispetto alla normalità

- Ipoplasia nella regione zigomatica, scarso sviluppo degli zigomi

- Macrorchidismo, testicoli più grandi del normale

Altre sintomatologie possono essere iperestensibilità delle articolazioni, piede piatto e il prolasso della
valvola mitrale.

Tale patologia fa parte delle malattie aventi un meccanismo di mutazione dinamica. Il gene implicato in tale
mutazione da FraX è il gene FMR1, che codifica la proteina FMRP, questo gene presenta triplette CGG in
ognuno di noi che si ripetono più volte in modo fisiologico. In soggetti normali questa tripletta può essere
ripetuta in un numero variabile da 6 a 55 volte, quando il numero di queste triplette supera le 200 volte si
ha la patologia, poiché la proteina non è codificata nella maniera giusta.

La zona compresa tra le due condizioni (sano-affetto), ovvero con ripetizioni di CGG tra 55 e 200, viene
definita zona di pre-mutazione, nelle femmine caratterizza una menopausa precoce, nei maschi non
provoca disabilità intellettiva ma possono presentare una forma di atassia (difficoltà nel camminare,
mantenere l’equilibrio ecc..). Una donna premutata (soprattutto con ripetizioni superiori a 150) può avere
un figlio affetto da FraX, poiché al momento della produzione dell’ovulo (solo nella gametogenesi
femminile) le ripetizioni CGG possono aumentare fino a superare le 200. Quanto è più alto in n. di
ripetizioni tanto è più alto il rischio che questo aumenti nelle generazioni successive.

DISTROFIA MUSCOLARE la più frequente e conosciuta è la distrofia muscolare di Duchenne.

I soggetti affetti da tale malattia alla nascita si presentano senza alcuna caratteristica clinica, la debolezza
muscolare si evidenzia tra i tre e i cinque anni, con sintomi di esordio quali un’andatura “dondolante” e
sulla punta dei piedi, una difficoltà dall’alzarsi da terra o da posizioni sedute e una difficoltà nella corsa e nel
salire le scale.

La debolezza muscolare è progressiva, aumenta con il corso degli anni e si ha una perdita di deambulazione
intorno ai 10-11 anni. Si può arrivare alla morte intorno ai 20-30 anni quando la debolezza muscolare causa
deficit ed insufficienze cardiache/respiratorie (indebolendo muscoli del cuore ed altri).

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La diagnosi può essere effettuata in vari modi, ovvero tramite biopsie muscolari, elettromiografie (EMG=
tecnica di individuazione della conduzione nervosa nel muscolo) o analisi del DNA sul gene distrofina sul
cromosoma Xp21, il quale codifica una proteina necessaria per la stabilità della fibra muscolare.

Vi sono alcune terapie, ma soltanto fisioterapie, niente che faccia progredire la patologia.

DEFICIT DI G6PD (favismo) condizione per cui si hanno delle razioni emolitiche (distruzione dei
globuli rossi) a contatto con i baccelli.

EMOFILIA difetto della coagulazione del sangue, con tendenza quindi emorragica.

CARIOTIPO UMANO NORMALE E PATOLOGICO

Il DNA normalmente nelle cellule si trova completamente despiralizzato, perciò risulta impossibile poter
osservare i cromosomi, mentre durante la mitosi, in particolare durante la metafase mitotica (fase in cui i
cromosomi risultano maggiormente visibili rispetto alle altre fasi), il DNA è estremamente spiralizzato e ciò
permette di osservare anche i cromosomi.

La metafase è infatti la fase durante la quale vengono principalmente osservati ed analizzati i cromosomi.

Come si effettua un esame dei cromosomi?

Intanto: esame cromosomico = CARIOTIPO. L'insieme delle caratteristiche di forma, dimensione,


numero e proprietà dei cromosomi di una data cellula o di un dato organismo.

La tecnica più diffusa per effettuare un esame cromosomico è attraverso un prelievo di sangue venoso,
mediante una villo o amniocentesi (durante la gravidanza).

Le cellule presenti nel sangue (o villi coriali o liquido amniotico) vengono bloccate in metafase per
osservare al meglio i cromosomi in esse presenti, questi vengono poi colorati con determinate colorazioni
in base ai dati che vogliamo raccogliere e analizzare su di essi. I cromosomi vengono poi osservati al
LA NASCITA DELLA CITOGENETICA
microscopio, vengono riconosciuti nelle varie copie al fine di poter allestire il cariotipo finale, il quale
presenta tutti i cromosomi ordinati in coppie corrette. =studio della morfologia dei cromosomi e
del cariotipo.

L’analisi cromosomica nasce nel 1956,


anno in cui Tijo e Levan definirono il
corredo cromosomico umano, e si continua
a fare poiché permette di vedere anomalie
che, anche con tecniche estremamente
all’avanguardia, non sarebbero altrimenti
visibili.

I cromosomi vengono ordinati secondo una serie di criteri, vengono distinti principalmente secondo le loro
dimensioni, la lunghezza relativa delle loro braccia (braccio p rivolto verso l’alto), la posizione del loro
centromero (acro-, meta-, submeta-centrici), la colorazione e il bandeggio.

I cromosomi si possono dividere, in relazione alla posizione del loro centromero, in:

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 Cromosomi METACENTRICI, i quali presentano il centromero approssimativamente a metà dei
bracci, per definizione i bracci si distinguono in braccio corto ‘p’ (in alto) e braccio lungo ‘q’ (in
basso).

 Cromosomi SUBMETACENTRICI, i quali presentano il centromero in una posizione asimmetrica, ciò


conferisce realmente un braccio più lungo ed un braccio più corto.
 Cromosomi ACROCENTRICI, cromosomi molto
particolari poiché tendono ad incollarsi tra di loro,
presentano il centromero nella parte terminale del
cromosoma, come se fossero costituiti da un
cromosoma unico. Molte persone hanno cromosomi
acrocentrici fusi tra loro, ma ciò può non comportare
alcuna conseguenza.

Gli esperimenti effettuati per poter poi analizzare il cariotipo dei cromosomi sono effettuati con tecniche di
lavorazione diverse, più o meno raffinate, le quali creano colorazioni e visualizzazioni dei cromosomi
diverse, con delle bande e sottobande (sottobande evidenziate solo con tecniche più raffinate) chiare/scure
sempre uguali e specifiche.

Ogni cromosoma possiede infatti la sua specifica alternanza di bande chiare e scure la cui presenza viene
verificata dall’operatore che li osserva ed analizza, poiché la mancanza di queste specifiche bande può
determinare un qualche problema = BANDE G.

Alcune varianti cromosomiche sono varianti fisiologiche che ogni individuo della popolazione generale
potrebbe possedere, non hanno alcuna conseguenza clinica né nella persona stessa né nelle ipotetiche
gravidanze, queste varianti possono anche essere denominate come ETEROMORFISMI CROMOSOMICI e i
più frequenti nella popolazione sono:

- Regioni eterocromatiche pericentrometriche

- Braccio lungo del cromosoma Y

- Satelliti dei cromosomi acrocentrici

- Siti fragili

Quando, nella pratica clinica, è importante effettuare un esame cromosomico?

Le applicazioni mediche della citogenetica umana sono:

1. DIAGNOSI CLINICA

2. DIAGNOSI PRENATALE

3. CITOLOGIA ONCOLOGICA, spesso per tumori del sangue causati da anomalie genetiche non
ereditarie ma che si sono verificate durante il corso della malattia.

L’esecuzione dell’esame è indicata in svariate situazioni, quali aborti ripetuti (due o più aborti spontanei),
sterilità o infertilità, genitali ambigui, oligospermia o azospermia, amenorrea (assenza di mestruazioni)
primaria (=mai venute) o secondaria (=venute e poi scomparse), menopausa precoce, coppie con diagnosi
prenatale di riarrangiamento cromosomico e/o varianti cromosomiche (può essere stato ereditato) e
coppie candidate a fecondazione assistita, persone con disabilità intellettiva e quindi ritardo mentale o
storia familiare di ritardo mentale, anomalie congenite multiple quali malformazioni, quadro clinico

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riconducibile ad una qualche patologia cromosomica (per conferma), fenotipo dismorfico associato o meno
a ritardi dello sviluppo, aborto o nato morto con quadro dismorfico/malformativo, ipostaturalità.

IMPLICAZIONI CROMOSOMICHE IN CASI DI ABORTO SPONTANEO

L’aborto spontaneo è una condizione molto frequente, circa una gravidanza su cinque ha un aborto
spontaneo, e il 50% di tutti gli aborti isolati sono riconducibili ad anomalie cromosomiche. Inoltre, nelle
coppie con aborto spontaneo ricorrente è frequente (3-6%) il fatto che uno dei due genitori sia portatore di
un’anomalia cromosomica.

IMPLICAZIONI CROMOSOMICHE NELLA STERILITÀ MASCHILE

L’incidenza di anomalie cromosomiche in soggetti maschi infertili è compresa tra 2% e 8%, ed oscilla fino ad
un 15% nei soggetti azoospermici (assenza di spermatozoi nell’eiaculato), tra i quali l’anomalia più
frequente è rappresentata dalla aneuploidia 47, XXY (cromosoma X in più= sindrome di klinefelter).

Ciò è stato definito osservando che, quanto più è minore il numero di spermatozoi tanto più è probabile
che vi sia la presenza di un’anomalia cromosomica.

Circa lo 0,5% (1 persona su 200) presenta anomalie cromosomiche che se non provocano effetti gravi
sono definite bilanciate, non provocano un quadro clinico patologico e problematico.

Le anomalie cromosomiche implicate nell’infertilità maschile sono prevalentemente anomalie riguardanti i


cromosomi sessuali ma vi possono essere anche anomalie ad esempio strutturali che provocano la presenza
di un numero minore di spermatozoi.

IMPLICAZIONI CROMOSOMICHE NELLA STERILITÀ FEMMINILE

La frequenza di anomalie cromosomiche nella infertilità femminile può essere stimata intorno ad un 5%, tra
cui un 2,8% dovute ad anomalie numeriche dei cromosomi sessuali (es. 45, X) ed un 2.1% di anomalie
strutturali degli autosomi.

INDICAZIONI ALL’ANALISI DEL CARIOTIPO FETALE

Le situazioni più frequenti per le quali è indicata l’esecuzione del cariotipo fetale per effettuare una
diagnosi prenatale sono quelle situazioni in cui il rischio della presenza di una malattia cromosomica è
svantaggioso rispetto al rischio di aborto causato da villo e amniocentesi, è molto più alto il rischio di una
malattia cromosomica piuttosto che il rischio di aborto (nelle strutture pubbliche è obbligatorio che sia
presente questa condizione, alcune donne decidono di rivolgersi a privati poiché non rientrano in queste
categorie ma vogliono comunque sottoporsi all’esame).

Situazioni più frequenti:

o ETÀ MATERNA AVANZATA (≥ 35 anni), con l’aumentare dell’età materna aumenta anche l’”età”
degli ovuli, perciò aumenta il rischio di eventuali patologie quali la sindrome di down.

o PRECEDENTE FIGLIO AFFETTO DA ANOMALIA CROMOSOMICA, bambino nato o abortito con una
patologia cromosomica.

o GENITORE PORTATORE DI RIARRANGIAMENTO CROMOSOMICO BILANCIATO, ovvero avente


un’anomalia strutturale dei cromosomi.

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o GENITORE CON ANEUPLOIDIA O TRISOMIA FEMMINILE DEL CROMOSOMA X, la presenza di un
cromosoma in più provoca rischi maggiori di possibili cromosomi in più nel feto.

o MALFORMAZIONI FETALI ECO-EVIDENZIATE, presenza di malformazioni visibili evidenziate da una


delle ecografie programmate (protocollo in Toscana ne prevede 3, nel primo trimestre di
gravidanza a 11/13 settimane, nel secondo trimestre a 20/22 settimane, nel terzo trimestre a 30/32
settimane).

o POSITIVITÀ AD UN TEST DI SCREENING PER SINDROME DI DOWN, test non invasivi effettuati per
calcolare il rischio della presenza di sindrome di down e delle principali trisomie. È un calcolo di
rischio personalizzato, ovvero fatto in base ad età, dati ormonali, dati ecografici, ecc.… della donna
esaminata.

MALATTIE CROMOSOMICHE

Rappresentano le patologie più frequenti al concepimento ma, la maggior parte dei feti concepiti con
malattia cromosomica vene eliminata come aborto spontaneo o in epoca perinatale, la frequenza dei nati
vivi è dell’1%, ma rappresentano anche una delle principali cause di mortalità neonatale o infantile.

Le patologie cromosomiche si possono distinguere in anomalie cromosomiche numeriche, nelle quali il


numero di cromosomi è diverso dal numero normale (46), e anomalie cromosomiche strutturali, in cui il
numero può essere corretto ma non è corretta la forma, la struttura di uno o più cromosomi.

ANOMALIE NUMERICHE

TRISOMIE dovute alla presenza di un cromosoma in tre copie anziché due, esempio la sindrome di
down-trisomia 21 dovuta alla presenza di tre cromosomi 21 (è la trisomia con maggiore vitalità),
potenzialmente tutti i cromosomi possono presentare delle trisomie, alcune sono talmente gravi che non
vengono riscontrate neanche a villo o amnio centesi, non compatibili quindi neanche con la vita fetale.

Le trisomie si verificano generalmente a causa di errori commessi durante il processo di meiosi, nella
maggior parte dei casi si tratta della meiosi materna (88%), in piccola parte anche della meiosi paterna
(7%). In particolare si tratta di un errore di NON DISGIUNZIONE, ovvero, sia che si realizzi durante la 1° o
durante la 2° divisione meiotica avviene che si viene a creare una cellula uovo che possiede due cromosomi
21 i quali vanno ad unirsi con quello dello spermatocita e alla fecondazione danno luogo alla trisomia,
definita in questo caso trisomia libera, il terzo cromosoma è libero, vi sono tre cromosomi 21 tra loro
separati (situazione più frequente).

Ci sono anche dei casi, in percentuale bassa, molto importanti perché possono portare delle sindromi di
down ereditarie: vi sono comunque tre cromosomi 21, ma essi non sono liberi poiché presentano una
traslocazione. In questo caso la sindrome viene definita come trisomia 21 da traslocazione. Il cromosoma
21 è uno dei cromosomi acrocentrici, i quali talvolta tendono a fondersi l’uno con l’altro, e possiede questa
tendenza creando una traslocazione robertsoniana es. traslocazione dei cromosomi 13 e 14.
Questa trisomia 21 da traslocazione è una forma molto più rara della
patologia, caratterizzata dal fatto che il cromosoma 21 è comunque
presente in tre copie anziché due, ma: due di essi sono liberi, separati
tra un
Da loro, la terza
punto copia
di vista è invece
clinico presente
i soggetti con traslocata
trisomia daa traslocazione
fondersi con altri
sono affetti da sindrome di down come i
soggetti aventi trisomia libera classica, ma da un puntoil di
cromosomi. La frequenza delle traslocazioni è di circa 4%, e ladi caratteristiche cromosomiche è
vista
traslocazionediverso,
nettamente 14, 21 èpoiché
la più un
frequente
bambino(ilche
cr. 21 va acon
nasce fondersi con uno
tale caratteristica ha solitamente ereditato da uno
dei 14, anch’essi acrocentrici). Acrocentrici sono: 13, 14, 15, 21, 22.
dei due genitori questa traslocazione, uno dei due genitori è portatore della traslocazione ma non affetto
da sindrome di down. Come succede? Accade perché il genitore in questione presenta complessivamente

20
due cromosomi 14 e due cromosomi 21 ma presenta una traslocazione del cromosoma 21 sul 14, non vi è
alcuna trisomia ma soltanto la traslocazione, con cariotipo 45, XX/XY, t (14;21).

È importante determinare, in caso di sindrome di down, se questa sia libera o da traslocazione poiché, nel
caso fosse da traslocazione ereditaria comporta sia un aumento di rischio per eventuali gravidanze future,
ma anche un aumento di rischio a livello del nucleo familiare (gravidanze di fratelli ecc..).

TRISOMIA 21: sindrome di down. È stata la prima patologia cromosomica evidenziata negli anni ’50-’60, i
soggetti affetti da sindrome di down presentano una copia di cromosoma 21 in più (esempio di cariotipo=
47, XY (maschio), +21). La frequenza alla nascita è di circa 1:600 neonati, ma è molto più frequente se ne
includiamo gli affetti al concepimento (poiché la maggior parte dei feti affetti da trisomia 21 vengono
abortiti spontaneamente), la frequenza è di 1:222 se consideriamo quindi tutte le gravidanze.

Il rischio di avere figli affetti è correlato all’età materna, maggiore è l’età maggiore è il rischio della
mutazione, tale rischio riguarda anche altre trisomie.

Vi possono essere dei casi molto più particolare, definiti casi a mosaico (es. cariotipo= 46, XX/47, XX, +21), i
quali possiedono alcune cellule normali ed alcune cellule aventi un cromosoma 21 in più. I soggetti con tale
mosaicismo possono avere un quadro clinico che oscilla tra le condizioni patologiche di un soggetto affetto
da trisomia 21 classica (che comunque ha un’espressività variabile) e condizioni estremamente più lievi, il
fatto che sia così variabile causa una difficoltà nel prevedere il fenotipo di un bambino al quale si riscontra
questo mosaicismo in gravidanza.

Questa estrema variabilità è causata dal fatto che in tutto il corpo può esservi una diversa distribuzione di
cellule aventi trisomia 21 in organi diversi (es. nel sangue 80%, nel cuore 30%, nel cervello 20%), ciò
determina sintomi più/meno gravi.

I soggetti affetti da sindrome di down presentano caratteristiche comuni, che permettono un possibile
sospetto in gravidanza:

 Ritardo mentale di grado variabile, ma costante

 Ipotonia costante in epoca neonatale e assenza del riflesso di moro, iperlassità

 Viso rotondo, ipertelorismo, macroglossia, profilo appiattito

 Rima palpebrale obliqua rivolta verso l’alto

 Brachidattilia, clinodattilia del mignolo (storto), solco palmare trasverso

 Cardiopatie congenite nel 40% dei casi

 Anomalie gastrointestinali gravi

 Suscettibilità ad infezioni, leucemie, patologie di età senile in età più precoce

TRISOMIA 13: sindrome di Patau. Patologia molto più rara, ha una frequenza di circa 1/20 000 ed il 97% dei
concepiti viene abortito spontaneamente, non è una trisomia tendenzialmente compatibile con la vita,
porta malformazioni anche più gravi di quelle comportate dalla trisomia 21 e per questo è maggiormente
individuabile durante le ecografie.

Il quadro clinico in epoca prenatale riporta malformazioni cerebrali e facciali, difetti cardiaci e anomalie
renali, oloprosencefalia di varia gravità, malformazioni di naso, bocca, palato e polidattilia. Alla nascita
invece si ha un basso peso, delle compromissioni neurologiche come ipo/iper tonia, crisi convulsive,

21
dismorfismi cranio-facciali e determina la morte entro i primi mesi di vita a meno che non vi sia un
mosaicismo (circa il 5% dei casi è a mosaico).

La forma più comune è la trisomia libera, presente nel 75% degli affetti, il restante 15% è dovuto a
traslocazione robertsoniana (13,15 o 13,14).

TRISOMIA 18: sindrome di Edwards. Patologia piuttosto rara, ha una frequenza di circa 1:7000 nati e come
per la trisomia 13 nel 97% dei casi i feti affetti vengono abortiti spontaneamente.

In epoca prenatale tra le anomalie più frequenti si riscontrano polidramnios, placenta piccola, ritardo di
crescita intrauterino, difetti cardiaci, difetti degli arti, ossa frontali strette e occipite piatto. Alla nascita
invece si riscontra un peso sotto la norma, dita delle mani accavallate, malformazioni del SNC, cardiache,
oculari, gastrointestinali e urinarie, malformazioni cranio-facciali e piede torto congenito. Anch’essa
presenta una possibilità di individuazione durante la gravidanza maggiore.

Geneticamente è una trisomia libera (poiché il cromosoma 18 non è acrocentrico) che nel 90% dei casi
deriva da una non disgiunzione di origine materna.

TRISOMIA X: trisomia del cromosoma sessuale. Patologia che colpisce soggetti esclusivamente femminili i
quali presentano il cromosoma X in tre copie, il cariotipo è 47, XXX.

Ha una frequenza di circa 1:1200, è una situazione meno grave rispetto a quelle finora elencate e perciò
presenta un rischio di aborto spontaneo piuttosto basso, il quale si aggira intorno ad un 30%, è correlata
all’età materna.

Può presentare un cariotipo omogeneo o a mosaico mentre il fenotipo risulta essere femminile, vi possono
essere irregolarità del ciclo mestruale con fertilità normale. Le donne affette da tale trisomia possono
quindi condurre una normale gravidanza ed è stato osservato che in realtà il rischio del bambino di
ereditare la patologia della madre è medesimo al rischio della popolazione generale.

Caratteri tipici sono un’alta statura frequente, non è caratteristica alcuna disabilità intellettiva, anche se si
possono riscontrare difficoltà nell’apprendimento. Molte persone per tutti questi motivi non sanno di
esserne affette.

Ci sono situazioni ancora più estreme in cui il cromosoma X è presente in quattro copie, o addirittura cinque
(rarissime):

 TETRASOMIA X, (48, XXXX) condizione associata ad una sindrome con dismorfismi e disabilità
intellettiva di varia entità, il fenotipo sessuale è femminile e sono presenti disfunzioni dei cicli
mestruali.

 PENTASOMIA X, (49, XXXXX) rara aneuploidia associata ad un grave ritardo dello sviluppo, con
malformazioni multiple e disabilità intellettive, il fenotipo sessuale è femminile e in alcuni casi è
riferita disgenesia ovarica.

Restando in ambito dei cromosomi sessuali…

SINDROME DI KLINEFELTER: anomalia dei cromosomi sessuali con fenotipo maschile (47, XXY) più
frequente, comporta la presenza di un cromosoma X in più.

Le caratteristiche più comuni sono alta statura, uno scarso sviluppo di barba e peli e talvolta anche una
ginecomastia, ovvero uno sviluppo del seno maschile con ingrossamento delle mammelle, con atrofia
testicolare, la riduzione del volume di uno o entrambi i testicoli.

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La sopravvivenza fetale dei soggetti affetti da tale patologia è del 50% circa, ha una frequenza di 1:900 e nel
15% dei casi si presenta a mosaico (46, XY; 47, XXY). Circa il 10% dei maschi azoospermici possiede tale
patologia.

Anche per questa sindrome molti dei soggetti affetti lo sono inconsapevolmente, poiché non comporta
gravi sintomi o quadri clinici, lo sviluppo intellettuale è infatti nella norma, nonostante siano state talvolta
rilevate difficoltà di apprendimento, di espressione verbale o di integrazione sociale, spesso la diagnosi
viene effettuata in età adulta in caso di analisi cromosomiche effettuate per infertilità.

SINDROME DA XYY: patologia caratterizzata dalla presenza di un cromosoma Y in più, “sindrome del
Superman”.

Questa aneuploidia non è associata ad alcuna mortalità prenatale selettiva, il cariotipo (47, XYY) è
generalmente omogeneo e risultante da non disgiunzione in II divisione meiotica, alla spermatogenesi, o da
non disgiunzione alla I divisione mitotica post zigotica con frequenza di 1:1000.

Il fenotipo è maschile normale, alta statura, sviluppo intellettivo e sessuale normale e fertilità normale.

MONOSOMIE dovute alla presenza di un cromosoma in singola copia anziché due. Tendenzialmente
le monosomie non sono mai compatibili con la vita, neanche con la vita fetale, poiché talmente gravi che
portano all’aborto quasi immediatamente. L’unica monosomia compatibile con la vita è la monosomia X o
sindrome di Turner, le altre non lo sono.

MONOSOMIA X: sindrome di Turner. È una patologia che colpisce soggetti di sesso femminile le quali
presentano il cromosoma sessuale X in singola copia, il cariotipo è quindi 45, X.

Le caratteristiche dei soggetti affetti da sindrome di Turner sono:

o Bassa statura (<150 cm)

o Collo slargato

o Torace a scudo

o Seno poco sviluppato, con capezzoli iperdistanziati

o Ovaie rudimentali, ovvero fibrotiche, che solitamente non permettono una fertilità normale

Il fenotipo della sindrome di Turner è femminile, di sviluppo quindi in senso prettamente femminile, poiché
è presente soltanto un cromosoma X e non una Y, e si ha un’immaturità sessuale, amenorrea primitiva e di
conseguenza infertilità, presentano anomalie somatiche quali pterigium colli (collo slargato), mani e piedi
paffuti, gomito valgo ed attaccatura dei capelli a “tridente”.

La frequenza di tale patologia è elevata al momento del concepimento, ma oltre il 99% degli embrioni viene
abortito spontaneamente.

Circa il 55% dei casi di ST presenta monosomia omogenea, cioè tutte le cellule presentano un unico
cromosoma X anche se un 13% circa presenta un cariotipo a mosaico (hanno più possibilità di non essere
infertili), determinata da un errore meiotico della spermatogenesi (80%), nel restante 32% è determinata
da riarrangiamenti strutturali del cromosoma X.

Dal punto di vista ecografico, durante la gravidanza, vi sono casi di IDROPE fetale (= accumulo di liquido in
tutto il corpo del bambino) causati da problemi soprattutto dei vasi linfatici che non permettono il corretto
scambio di liquidi.

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POLIPLOIDIE situazioni estreme e gravissime per cui tutti i cromosomi non si trovano in numero
corretto, la più frequente è la triploidia, patologia nella quale tutti i cromosomi sono presenti in tre copie
come se vi fosse una trisomia di tutti i cromosomi, vi è quindi un cariotipo a 69 cromosomi, situazione
estremamente grave. Oltre alle triploidie, piuttosto comuni sono anche le tetraploidie, patologie nelle quali
l’assetto cromosomico si trova raddoppiato, vi sono quindi 92 cromosomi totali.

Sono patologie incompatibili con la vita, talvolta sì con quella fetale, ma vengono riscontrate
frequentemente in aborti spontanei.

Come si originano triploidie?

L’origine di tale mutazioni è solitamente casuale, la probabilità che ricapiti è quindi bassa, e può derivare
dal fatto che una cellula uovo viene fecondata allo stesso tempo da due spermatozoi (23 cromosomi
dell’ovulo, 23+23 degli spermatozoi= 69 cromosomi nella cellula risultante= triploidia) 66% dei casi, o dalla
presenza di una cellula uovo non maturata correttamente che possiede 46 cromosomi, ai quali si
aggiungono i 23 dello spermatocita causando la triploidia nel 10% dei casi, oppure viceversa, una cellula
uovo che presenta un corredo cromosomico n (23 cr.) viene fecondata da uno spermatozoo 2n (46 cr.).

SINDROME DA TRIPLOIDIA: patologia che possiede una frequenza inferiore all’1/10 000, rappresenta la
causa di aborto nel 7% dei casi. I possibili cariotipi sono 69, XXX; 69, XXY; 69, XYY.

Nelle rarissime gravidanze che riescono ad arrivare a termine la triploidia nel 90% dei casi è letale entro le
24h dalla nascita, la gravidanza risulta molto complicata, causa emorragie durante il 1° trimestre,
polidramnios o oligodramnios, gestosi, anomali valori ormonali ed emorragie anche post partum.

Porta poi una vasta serie di malformazioni, mancato sviluppo ed è veramente grave.

ANOMALIE STRUTTURALI

Anomalie cromosomiche che coinvolgono la forma, la struttura, dei cromosomi, il numero di essi risulta
solitamente corretto.

Sono denominate anche RIARRANGIAMENTI cromosomici strutturali e sono dovuti a mutazioni che portano
alla perdita, all’aumento o al trasferimento di segmenti cromosomici (o vi è un pezzetto in meno, o vi è un
pezzetto in più o si trasferiscono dall’uno all’altro) con conseguente cambiamento della costituzione e, nella
maggior parte dei casi, della morfologia cromosomica.

Essi possono essere:

 INTRACROMOSOMICI, quando avvengono all’interno dello stesso cromosoma (es. inversioni).

 INTERCROMOSOMICI, quando sono coinvolti cromosomi diversi (es. traslocazioni reciproche)

Altra classificazione:

o Di tipo BILANCIATO, anomalie in cui non si ha (almeno apparentemente, al microscopio) né


acquisto né perdita di materiale genetico, i cromosomi sono interi ma ad es. sono traslocati l’uno
attaccato all’altro. Hanno una frequenza di 0,28% nei casi di aborto ed un 0,52% nei nati vivi.

o Di tipo SBILANCIATO, anomalie in cui si ha o aumento o perdita di cromatina, in tal caso vi sono
conseguenze quali malformazioni e/o disabilità intellettiva. Hanno una frequenza di 1,54% negli
aborti ed uno 0,06% nei nati vivi.

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Nella popolazione generale circa 1 soggetto su 200 è portatore di una anomalia cromosomica bilanciata,
spesso senza esserne a conoscenza.

I portatori di riarrangiamenti strutturali di tipo bilanciato sono in genere fenotipicamente normali, cioè
presentano un quadro clinico nella norma, ma nonostante questo possiedono una maggiore possibilità,
rispetto a soggetti aventi un cariotipo normale, di produrre gameti di tipo sbilanciato i quali possono essere
causa di aborti o di figli con patologie malformative e/o ritardi psicomotori.

ORIGINE DEI RIARRANGIAMENTI STRUTTURALI vi sono caratteristiche strutturali del genoma umano
che predispongono gli individui al verificarsi di riarrangiamenti cromosomici, in alcuni tratti del DNA si ha
quindi una maggiore frequenza di rotture che portano a tali anomalie di tipo strutturale.

Come si diagnosticano anomalie strutturali?

ATTRAVERSO CARIOTIPO: molte anomalie sono visibili con un cariotipo standard, ad esempio le
traslocazioni (due cromosomi attaccati) o la mancanza di un segmento di cromosoma piuttosto importante,
altra tecnica è l’esecuzione di un cariotipo ad alta risoluzione, il quale permette di visualizzare tutte le
bande presenti nei cromosomi.

Altre tecniche:

 FISH= ibridazione in situ, tecnica che prevede l’utilizzo di una fluorescenza. Consiste nell’aggiungere
al preparato cromosomico alcune sonde colorate che vanno ad attaccarsi in specifiche zone dei
cromosomi.
Esempio: sono state inserite nel vetrino di cromosomi
delle specifiche sonde, di colore rosso e verde, che si
dispongono sulle estremità terminali del cromosoma,
in questo esempio il cr. 2. Si nota che le sonde verdi
sono entrambi visibili ed attaccate alla parte
terminale del braccio corto, di sonde rosse ne è
presente solo una, ciò significa che il braccio lungo di
uno dei due cr. 2 non presenta il segmento finale di
tale braccio.
 CGH ARRAYS= cariotipo molecolare, tecnica che effettua un confronto tra il DNA di riferimento e il
DNA normale mediante un algoritmo, un meccanismo computerizzato, osservando se vi sono
segmenti cromosomici in più/in meno.

Permette di vedere la mancanza o l’aggiunta di segmenti molto più piccoli di quelli visibili al
microscopio, però ha anche alcuni limiti pur essendo molto raffinata.

Il problema è il possibile riscontro di varianti a significato clinico incerto: essendo un esame molto
recente evidenzia anomalie che potrebbero non essere mai state ancora individuate (poiché visibili
soltanto con questa tecnica), e perciò non avere certezze riguardanti il quadro clinico che esse
potrebbero provocare. Per questo motivo viene solitamente effettuato, oltre che sul feto in
gravidanza, anche sui genitori, poiché se l’anomalia è presente anche nei genitori i quali non
presentano alcuna variazione del quadro clinico, è molto probabile che questo avvenga anche nel
bambino.

DELEZIONI patologie in cui si ha una perdita di segmenti cromosomici, e perciò di materiale più o
meno ricco di geni. Generalmente provocano delle conseguenze cliniche in relazione alla quantità del
materiale genetico perso, dalla tipologia di tale materiale (quanti geni contiene), al cromosoma interessato.

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Se la delezione comporta perdita di eterocromatina, la sintomatologia sarà meno grave o assente. Circa il
6% dei soggetti con disabilità intellettiva e lievi dismorfismi presenta microdelezioni delle regioni
cromosomiche subtelomeriche non rilevabili dal cariotipo standard.

Genitori aventi cariotipo normale, il cui figlio presenta una delezione de novo, hanno un rischio di
ricorrenza (probabilità che ricapiti) molto basso, pari a quello della popolazione generale. Se invece i
genitori sono individui portatori di traslocazioni bilanciate o inversioni vi è una maggiore probabilità di
concepire prole con delezione. Solitamente le delezioni portano conseguenze cliniche anche gravi.

Le tipologie di delezioni sono:

 Delezioni TERMINALI= perdita di una regione terminale di un cromosoma, da rottura singola.


Frequenza 1:5000.

 Delezioni INTERSTIZIALI= un frammento intermedio derivante da due rotture in un singolo


cromosoma viene perduto. Frequenza 1:4000.

 Delezioni DA TRASLOCAZIONI SBILANCIATE.

MALATTIA DEL CRI DU CHAT (grido del gatto): patologia dovuta a delezione del braccio corto del
cromosoma 5 (5p-).

Il nome della patologia deriva dal pianto caratteristico dei pazienti alla nascita e nelle prime settimane di
vita, provoca dei dismorfismi, microcefalie, ipertelorismo ed un grave ritardo mentale.

Ha una frequenza di 1:5000.

SINDROME DI WOLF-HIRSCHHORN: patologia dovuta a delezione del cromosoma 4.

Anch’essa provoca delle gravi malformazioni, grave ritardo psicomotorio.

DUPLICAZIONI consistono nella presenza di duplicazioni di segmenti cromosomici, vi è quindi la


presenza di due copie identiche di un segmento di cromosoma. Hanno una frequenza 1:5000 nati.

 ADIACENTI: una di seguito all’altra sullo stesso cromosoma, possono essere in tandem (AB-AB) in
ordine inverso (AB-BA), fig. A.

 NON ADIACENTI: non l’una di seguito all’altra, possono presentarsi sia sul medesimo cromosoma
(fig. C) che su cromosomi diversi (fig. B).

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Le duplicazioni possono derivare da:

 Crossing over ineguale tra due cromosomi omologhi, i cui prodotti reciproci sono delezione e
duplicazione.

 Ricombinazione meiotica di un’inversione.

 Segregazione anomala di una traslocazione.

Possono provocare ritardi dello sviluppo psicomotorio pre e post-natale, dismorfismi e malformazioni, e
possono essere diagnosticate in base alla dimensione del segmento duplicato attraverso cariotipo standard,
ad alta risoluzione, FISH e CGH array.

Come nelle delezioni il rischio di ricorrenza nei figli di genitori aventi cariotipo normale è pari a quello della
popolazione generale, se essi sono invece individui portatori di traslocazioni bilanciate o inversioni vi è
maggiore probabilità di concepire prole con duplicazione.

INSERZIONI traslocazioni di un tratto di cromosoma all’interno del braccio di un altro cromosoma, i


prodotti saranno un cromosoma avente delezione interstiziale ed uno avente un segmento aggiuntivo.

La frequenza non è nota, ma sono anomalie molto rare, le diagnosi sono effettuate di solito con cariotipo
standard o FISH.

Gli effetti sono variabili, solitamente in caso di inserzioni bilanciate il fenotipo risulta normale, in caso di
inserzioni sbilanciate il fenotipo è generalmente anomalo.

Gli eterozigoti per tali riarrangiamenti, anche con anomalia bilanciata, sono di solito normali ma a rischio di
produrre gameti sbilanciati. Genitore: ha cr. 1 normale, uno con delezione il cui
segmento mancante si è inserito nel cr. 2.
Possibili gameti:
- NORMALE: eredita il cr. 1 normale e il cr. 2
normale.
- ETEROZIGOTE BILANCIATO: eredita il cr. 1 con
delezione ed il cr. 2 con inserzione.
- CON DUPLICAZIONE: eredita il cr. 1 normale ed il
cr. 2 con inserzione (c’è un segmento di cr. 1 in
più).
TRASLOCAZIONI anomalie strutturali più frequenti, sia nei periodi di gravidanza che in individui
adulti e consistono in situazioni in cui avviene uno scambio di segmenti tra cromosomi non omologhi.

Possono avvenire tra due cromosomi acrocentrici (traslocazione robertsoniana) oppure tra qualsiasi altro
cromosoma, in due tipologie:

o Traslocazione BILANCIATA: se il riarrangiamento non altera il contenuto genico dei cromosomi


interessati.

o Traslocazione SBILANCIATA: se il riarrangiamento altera il contenuto genico dei cromosomi


interessati.

TRASLOCAZIONI RECIPROCHE: non avvengono tra i cromosomi acrocentrici, gli scambi possibili sono
molteplici, possono infatti interessare sia gli autosomi che i cromosomi sessuali. Hanno una frequenza di
1:1000. Alla nascita il rischio di progenie con cariotipo sbilanciato è:  7% se è eterozigote la madre  3% se
è eterozigote il padre.
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Generalmente gli individui che presentano una traslocazione reciproca bilanciata hanno un fenotipo
normale, ma possiedono spesso fertilità ridotta, poliabortività e sterilità ed hanno il 50% di probabilità di
produrre gameti sbilanciati (25% normali, 25% bilanciati). In realtà la percentuale di neonati con cariotipo
sbilanciato, e quindi fenotipo patologico, è inferiore all’atteso, per una serie di meccanismi tra cui l’aborto
spontaneo.

TRASLOCAZIONI ROBERTSONIANE o FUSIONI CENTRICHE: riguardano i cromosomi acrocentrici, originano


infatti dalla fusione delle braccia lunghe di due cromosomi acrocentrici (cr. 13, 14, 15, 21, 22), le più
frequenti sono traslocazioni 13/14 e 14/21. Hanno una frequenza di 1:1000

I portatori di queste traslocazioni risultano possedere 45 cromosomi, in realtà due di essi sono fusi tra loro,
e sono fenotipicamente normali. Il rischio di feto sbilanciato è maggiore se la portatrice è la madre.

Da tali traslocazioni si possono originare cromosomi MONO o DICENTRICI, in base alla presenza di uno o
due centromeri nello stesso cromosoma.

EFFETTI DELLE TRASLOCAZIONI:

1) Individui portatori di traslocazione bilanciata hanno generalmente un fenotipo normale, ma sono a


rischio di produrre gameti sbilanciati.

Possono avere figli con fenotipo normale o patologico o avere problemi di sterilità, subfertilità o
poliabortività.

2) In individui portatori di traslocazione sbilanciata la gravità del fenotipo dipende da:

 Quali cromosomi sono coinvolti

 Quali segmenti monosomici o trisomici sono presenti

Possono essere inoltre causa di aborto, malformazioni congenite multiple e ritardi psicomotori.

PORTATORI DI T. ROBERTSONIANE:

 Traslocazioni coinvolgenti il cr. 21: il rischio di generare un figlio affetto è del 25% quando è
eterozigote la madre, 1% quando è eterozigote il padre.

 Traslocazioni coinvolgenti cromosomi non omologhi (13, 14, 15): rischio 1% di figli con
riarrangiamento sbilanciato.

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 Traslocazioni tra acrocentrici omologhi (14-14, 21-21, 13-13): portano esclusivamente alla
formazione di zigoti sbilanciati per trisomia o monosomia. Una delle rare condizioni per cui si ha il
100% di rischio di prole affetta, poiché se un genitore è portatore, ad esempio di una traslocazione
tra due cr. 21, unendosi al gamete dell’altro genitore porterà alla formazione nel figlio di 3 cr. 21.

INVERSIONI sono anomalie molto più rare, esse avvengono a seguito di crossing-over all’interno
dello stesso cromosoma, presentano una rotazione di 180° del tratto coinvolto.

Possono interessare tutti i cromosomi ma raramente sono patologiche, quelle più frequenti, definite
eteromorfismi cromosomici (situazioni parafisiologiche), sono quelle interessanti i cromosomi 9, 1, 16 che
colpiscono circa 1% della popolazione, ma non comportano un quadro clinico patologico né aumento di
rischio riproduttivo o di produzione di gameti sbilanciati.

Le inversioni possono essere:

- PERICENTRICHE: nel tratto invertito comprendono il centromero. Generalmente segregano


nell’ambito familiare senza effetti fenotipici, ma possono talvolta provocare patologie
malformative, sterilità o abortività.

Il rischio di avere feto patologico è maggiore nel caso di madre portatrice (7,5%), minore se lo è il
padre (4%).

- PARACENTRICHE: nel tratto invertito non è compreso il centromero. I gameti anomali contengono
cromosomi dicentrici o acentrici, generalmente instabili, la probabilità che nasca prole avente
corredo cromosomico sbilanciato è bassa (< 3%).

EFFETTI: le inversioni producono un nuovo allineamento dei geni sul cromosoma il quale solitamente non si
associa ad alterazioni fenotipiche ma possono portare la possibilità di rottura di qualche gene con perdita
della sua funzione o effetti di posizione.

Gli individui portatori di un’inversione sono a rischio di produrre gameti sbilanciati a causa di un eventuale
appaiamento anomalo dei cromosomi omologhi al momento della meiosi.

Vengono diagnosticate tramite cariotipo standard, le pericentriche sono più facilmente individuabili.

CROMOSOMI AD ANELLO (ring) cromosomi in cui avviene una perdita delle parti terminali,
causando una saldatura delle nuove estremità del cromosoma con formazione di una struttura anulare.

Sono anomalie molto rare, gli effetti dipendono dalla grandezza del tratto cromosomico perduto e dalla
stabilità del ring durante la mitosi. Tra essi vi sono:

- Ritardo psicomotorio

- Dismorfismi

- Malformazioni

Gli anelli venutisi a creare possono essere ring senza centromero, i quali sono generalmente instabili e si
perdono durante le prime divisioni cellulari perdendo così materiale genetico, e con centromero, i quali si
possono trasmettere nelle divisioni mitotiche, perdersi o avere ulteriori riarrangiamenti.

ISOCROMOSOMI cromosomi in cui durante la divisione meiotica e mitotica non avvenuta


correttamente (durante metafase) si vengono a formare anziché cromosomi formati da un braccio p ed un
braccio q, cromosomi formati da o due braccia p o due braccia q identiche.

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Sono situazioni totalmente incompatibili con la vita, tranne alcune eccezioni:

 Riguardanti cromosoma X, viene solitamente associato con la sindrome di Turner, ma in genere tale
isocromosoma X è inattivo.

 Isocromosoma del braccio corto del cromosoma Y, correlato con sterilità.

Viene diagnosticato con un cariotipo standard.

MUTAZIONI e POLIMORFISMI

Con il termine MUTAZIONE si intende un cambiamento di sequenze di DNA, causa di malattia. Il numero di
mutazioni nel mondo cresce in brevissimi periodi di tempo, ad oggi sono circa 190 000.

Un POLIMORFISMO è invece identificato in un cambiamento che è frequente in almeno l’1% della


popolazione, NON è causa di malattia (→ causa piuttosto una predisposizione a malattia). 

In realtà sarebbe più corretto utilizzare termini neutri come: 

 Variante di sequenza; 
 Variante allelica; 
 Alterazione; 
 CNV (copy number variant) quando vi sono segmenti di DNA o di cromosoma in più/meno; 
 SNV (single nucleotide variant) varianti di un singolo nucleotide; 

MUTAZIONI

Le mutazioni possono essere classificate in base a vari fattori, tra cui i principali sono: 

1. Origine:

 Mutazioni spontanee: insorgono in assenza di agenti mutageni esterni e sono prodotte da errori
casuali nei fenomeni di ricombinazione (crossing-over) o replicazione del DNA;
 Mutazioni indotte: dovute all’azione sul DNA di agenti chimici, fisici o biologici esterni. 

2. Sede (determina la possibilità o meno di trasmissione alla prole:

o Mutazioni germinali: si verificano soltanto a livello dei gameti e possono essere trasmesse alla
prole;
o Mutazioni somatiche: sono presenti esclusivamente nelle cellule del corpo (cellule somatiche) e
non nei gameti, pertanto non possono essere trasmesse alla discendenza. 

3. Tipologia ed estensione: 

- Mutazioni cromosomiche: sono alterazioni di numero o di struttura dei cromosomi;


- Mutazioni geniche: interessano i singoli geni. 

4. Effetto funzionale sul fenotipo:

 Mutazioni letali: il 100% degli individui con la mutazione muore prima di raggiungere l’età adulta
riproduttiva o non si riproduce; 

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 Mutazioni subletali: il 50% degli individui con la mutazione muore prima di raggiungere l’età
riproduttiva o non si riproduce; 
 Mutazioni condizionali: gli individui esprimono il fenotipo mutante solo in determinate condizioni,
dette restrittive, e il fenotipo normale in condizioni permissive; 
 Mutazioni neutre: non hanno effetti deleteri o vantaggiosi sul fenotipo né significato
adattativo/lasciano inalterata la funzione della proteina prodotta dal gene; 
 Mutazioni vantaggiose: producono cambiamenti che favoriscono l’adattamento ambientale degli
organismi, esempio di tale mutazione è ad esempio il caso di ANEMIA FALCIFORMA e TALASSEMIA,
le quali impediscono il contagio da malaria agli individui da esse affetti, l’essere portatori di queste
permette quindi una protezione dalla malaria (il plasmodio= agente della malaria, non cresce nei
globuli rossi di soggetti portatori di tali patologie). 
 Mutazioni svantaggiose: producono cambiamenti che sfavoriscono gli organismi nell’ adattamento
oppure hanno effetti fenotipici che inducono l’insorgenza di malattie; - Mutazioni pleiotropiche:
una sola mutazione ha effetto su diversi caratteri. 

STRUTTURA GENICA 

Il tipo di variante può interessare uno o pochi nucleotidi oppure centinaia di milioni di nucleotidi ed esse
sono suddivise in delezioni, inserzioni, duplicazioni, inversioni, mutazioni dinamiche e sostituzioni.

Sostituzioni di basi = Mutazioni PUNTIFORMI 

Sono le alterazioni più comuni nel genoma umano. 

- Mutazioni in regioni codificanti, regioni in cui sono presenti geni.


- Mutazioni in regioni non codificanti, le quali non contengono geni ma comunque importanti poiché
regolano le trascrizioni, traduzioni, le proteine che devono essere tradotte, o conservate. 

Derivati delle sostituzioni, le quali rappresentano le mutazioni più frequenti= una base azotata viene
sostituita con un’altra, sono: 

a) le transizioni = Purina - Purina; Pirimidina - Pirimidina. 

b) le trasversioni = Purina - Pirimidina.

Mutazioni SILENTI/ SINONIME= mutazioni che prevedono la sostituzione di una base dove ne era presente
un’altra dando quindi origine ad un nuovo codone, il quale però codifica per il medesimo aminoacido del
codone originale (mutazioni neutre). Ad esempio: la tripletta GAA presenta una sostituzione per cui risulta
diventare GAG, sia la tripletta GAA che la GAG codificano per l’acido glutammico, perciò tale sostituzione
comporta la presenza nella proteina del medesimo aminoacido.

Sono in genere del tutto innocue, ma talvolta si ha un’interferenza con lo splicing del pre-mRNA. 

Mutazioni MISSENSO= mutazioni che prevedono la sostituzione di una base diversa da quella originaria
dando origine ad un nuovo codone che codifica per un aminoacido diverso da quello presente nella
proteina originale. 

Sulla base del tipo di aminoacido inserito, poiché gli aminoacidi si dividono in vari gruppi in base alle loro
funzioni, si dividono in: 

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1. Conservative: la catena laterale del nuovo aminoacido ha caratteristiche chimiche simili a quella
dell’aminoacido sostituito. Solitamente l’effetto di tali sostituzioni è minimo, poiché l’aminoacido che viene
a crearsi è comunque simile all’originario, dello stesso gruppo.

2. Non conservative: la catena laterale del nuovo aminoacido ha caratteristiche chimiche completamente
diverse da quelle dell’aminoacido sostituito, è di un gruppo diverso. Comportano effetti molto più
significativi, possono influenzare ad esempio la struttura tridimensionale della proteina. 

Se la mutazione si verifica a carico di uno dei 3 codoni di stop (UAA, UAG, UGA) può generare un codone
codificante per un aminoacido e determinare un proseguimento della traduzione fino al codone di stop
successivo, provocando un allungamento della catena polipeptidica. 

Mutazioni NONSENSO= Risultano da una sostituzione nucleotidica che comporta, anziché la formazione di
un codone che codifica per un aminoacido, la formazione di un codone di stop. 

Determinano l’interruzione precoce della traduzione, e la proteina finale, che è troncata, avrà una perdita
della sua funzionalità e ciò determina l’espressione di fenotipi patologici. 

Generalmente viene comunque impedita l’espressione del gene coinvolto. 

Mutazione FRAMESHIFT= mutazione legata ad una inserzione o una delezione di 1 o più nucleotidi (non
multiplo di 3) in una certa regione codificante del gene. Portano sicuramente conseguenze cliniche.

Mutazione definita così poiché provoca lo slittamento del modulo di lettura delle triplette dei codoni
seguenti, alterando completamente la sequenza aminoacidica della proteina codificata, poiché le triplette
che vengono a formarsi successivamente a quella che presenta l’inserzione/delezione saranno tutte diverse
da quelle originarie.
Tale situazione esita, prima o poi, nella comparsa di un
codone di stop prematuro, perciò la proteina sarà sia più
corta che costituita da aminoacidi diversi da quelli originari.
Se l’alterazione ha luogo all’estremità 3’ della sequenza
Effetti delle mutazioni nonsenso e frameshift codificante,
sull’espressione genica
questa può anche essere allungata fino ad un
codone nonsenso neoformato nella regione 3’ non
- Instabilità dell’mRNA (evenienza più comune)
codificante del messaggero. 
- NMD: nonsense-mediated decay= degradazione mediata da codoni nonsenso che permette di
identificare gli mRNA contenenti codoni di terminazione prematura e di degradarli; 
- Sintesi di un polipeptide tronco: difficile prevedere l’effetto fenotipico di una proteina tronca, che
può dipendere → dalla porzione di peptide persa, dalla stabilità della proteina stessa e
dall’interferenza della proteina mutata con quella wildtype.

Mutazioni di SPLICING: SPLICING= meccanismo per cui degli specifici enzimi riconoscono le zone terminali
degli introni affinché essi vengano eliminati al fine che rimangano soltanto gli esoni e si uniscano.

Sito DONATORE di splicing (GT) = 5’ss 


Siti terminali degli introni
Sito ACCETTORE di splicing (AG) = 3’ss 

Se la mutazione colpisce un sito donatore o accettore di splicing, il processo di eliminazione degli introni
non può avvenire normalmente poiché gli enzimi non riescono a riconoscerli. 

In tal caso generalmente, l’esone localizzato a monte di un sito donatore mutato, o a valle di un sito
accettore mutato, viene eliminato. Ciò comporterà sicuramente delle conseguenze gravi sulla funzione
della proteina.

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EFFETTI DELLE VARIANTI:

L’impatto finale delle mutazioni è estremamente variabile e dipende: 

 Dalla natura del cambiamento. 


 Dalla sua localizzazione sulla catena polipeptidica. 

La mutazione può avere effetto sulla funzione e/o sulla stabilità della proteina oppure non avere alcuna
influenza. 

Quando una variante viene individuata essa deve essere refertata ed interpretata, tale interpretazione/
classificazione ha lo scopo di identificare il ruolo patogenetico di tale mutazione. La attuale classificazione
internazionale prevede cinque possibili classi:

1. BENIGNA
2. PROBABILMENTE BENIGNA
3. CON SIGNIFICATO INCERTO più problematiche, possono cambiare classificazione nel tempo
4. PROBABILMENTE PATOGENETICA
5. PATOGENETICA (=responsabile di patologia)

I criteri di interpretazione patogenetica sono: 

 Precedente riscontro in altri pazienti affetti dalla stessa condizione. 


 Mutazione de novo.
 Sostituzione aminoacidica non conservativa.
 Mutazione in un una regione conservata della proteina.
 Score con software specifici open source, individua gli effetti che la mutazione comporta sulla
proteina e sul conseguente fenotipo (es. Sift, Polyphen).
 Studi funzionali in laboratorio su cosa comporta quella mutazione sulla proteina. 

es. Paziente con retinite pigmentosa (dovuta a mutazioni in numerosi geni con varie modalità di
trasmissione, estremamente variabile e particolare). 

Mutazioni DINAMICHE= mutazioni che consistono in espansioni di brevi sequenze nucleotidiche (in genere
trinucleotidi) le quali vengono ripetute in numero maggiore rispetto al numero normale, ovvero tali
sequenze risultano fisiologiche quando si presentano in un numero definito di ripetizioni, quando
superano tale soglia divengono patologiche (es. sindrome dell’X fragile).

Vengono definite dinamiche perché sono instabili e possono variare di dimensioni, ovvero può aumentare
il numero di ripetizioni oltrepassando la soglia, nella trasmissione alla prole (ma non necessariamente,
possono aumentare ma anche rimanere stabili).

POLIMORFISMI

Vengono definiti come alterazioni del DNA presenti almeno nell’1% della popolazione generale.

Ognuno di noi può potenzialmente differire dagli altri individui per quasi l’8% del genoma, e tale
differenziazione è dovuta proprio a tali polimorfismi, anche se mediamente il nostro DNA differisce per
meno dell’1%, è praticamente identico. 

POLIMORFISMI A SINGOLO NUCLEOTIDE (single nucleotide polymorphism - SNP)

Sono polimorfismi definiti come variazioni della sequenza del DNA dovute ad un cambiamento di una
singola base. Essi sono:
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- Il più comune tipo di polimorfismo. 
- Circa 50 milioni di SNPs nell’uomo → ampia copertura del genoma (National center for
biotechnology information- NCBI).
- Analizzati automaticamente perché solo 2 alleli. 

POLIMORFISMI DI LUNGHEZZA

Variabilità derivante da errori nella replicazione del DNA (replication slippage) che determinano l’aggiunta
(o la perdita) di alcune unità ripetute in maniera fisiologica che non comporta patologie (es. fraX).

- Microsatelliti (short tandem repeats): rappresentano circa il 3% del genoma; sequenze di 1-6bp
ripetute decine o anche centinaia di volte; sono oltre 1.000.000 nel genoma uman; sono
abbastanza omogeneamente distribuiti lungo tutto il genoma → vantaggio per studi di linkage (e di
associazione). 
- Minisatelliti (VNTR- Variable number of tandem repeats): rappresentano circa l’1% del genoma;
circa 30.000: unità ripetuta compresa tra 10 e 100bp. 

A differenza degli SNPs possono avere numerosi alleli, quindi sono più informativi.

VARIANTI DI NUMERO DI COPIE (CNV)

Prodotto di ricombinazione non omologa tra sequenze ripetute che determinano duplicazioni/ delezioni di
segmenti più o meno grandi. 

Lunghezza da 1kb ad alcune centinaia di kb. 

Nel database of genomic variants ne sono documentate circa 1.800.000 di dimensioni superiori a 1Kb,
considerate ormai parafisiologiche. 

COME SI REFERTANO ED INTERPRETANO LE MUTAZIONI quando viene attuato un referto in


laboratorio di una mutazione vi sono delle regole le quali è doveroso seguire, poiché la mutazione deve
essere descritta in maniera universale, per essere comprensibile in tutte le parti del mondo.

Vi è quindi una NOMENCLATURA delle mutazioni, che raccoglie le raccomandazioni per la descrizione delle
varianti del DNA = HUMAN GENOME VARIANT SOCIETY.

EREDITÀ’ MULTIFATTORIALE e MALATTIE COMPLESSE 

Meccanismo estremamente particolare di malattie genetiche, hanno caratteristiche sia molecolari che di
trasmissione totalmente diverse da malattie monogeniche e cromosomiche.

Tali patologie stanno ultimamente creando un po’ di scompiglio, poiché sono stati messi a punto una serie
di esami che chiunque può effettuare (in farmacie o strutture private) ma possono scatenare delle
interpretazioni sbagliate, se non ben analizzate e studiate.

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Classificazione delle malattie genetiche: 

 Malattie semplici (monogeniche, cromosomiche)

- Rare.
- Dipendono di solito da un singolo gene mutato (major locus) → geni causativi.
- Seguono le leggi mendeliane di segregazione ed ereditarietà.
- Mutazioni: evidenza di alleli rari.

 Malattie complesse 

- Frequenti 
- Modello di eredità non ben definito (più geni, più fattori anche ambientali) → geni di suscettibilità,
predisposizione.
- Definizione della malattia non chiara = eterogeneità fenotipica 

Chi eredita geni di suscettibilità ad una data malattia, non eredita la certezza di ammalarsi, bensì un rischio
maggiore rispetto alla popolazione generale di svilupparla.

Lo stesso “carattere” o “malattia” può essere il risultato ultimo di differenti combinazioni di geni diversi, in
persone diverse i geni coinvolti sono diversi, ed infine in aree geografiche diverse i geni coinvolti per una
stessa malattia possono essere differenti (es. geni che in Italia predisponevano all’infarto, in Giappone
proteggevano). 

Le malattie multifattoriali originano dall’interazione tra più fattori, genetici e ambientali, i quali possono
essere sia fattori predisponenti, ovvero che aumentano il rischio di tali condizioni, sia fattori protettivi, i
quali riducono il rischio di queste condizioni, ed in base al tipo di interazione tra i diversi fattori vi è un
quadro clinico differente (comparsa prima-dopo, segni clinici).

Si sviluppano nella popolazione sia negli individui neonati, sia negli anziani in tutte le fasce d’età, e
rappresentano malattie piuttosto comuni.

o Molto più frequenti delle malattie mendeliane monogeniche, hanno infatti una frequenza del 60%.
o Rappresentano una delle maggiori cause di morbilità cronica e di mortalità nella popolazione
generale. 

Importanza dello studio, il quale risulta più complesso, dei fattori genetici predisponenti al fine di: 

 Acquisire una migliore conoscenza dei meccanismi patogenetici coinvolti; 


 Definire ed attuare migliori approcci terapeutici; 
 Comprendere il loro impatto economico e sociale. 

La complessità è definita da: 


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1. Eredità poligenica: effetti additivi di più geni, ma esclusivamente geni. 
2. Eredità multifattoriale: contributo di uno o più geni e/o fattori ambientali (tutto ciò che non è
genetico, es, predisponente= fumo, protettivo= sport).

 Effetto combinato di molti geni e/o fattori ambientali. 


 Ricorrenza in famiglie, se in una famiglia è presente una malattia multifattoriale si è notato che
è più probabile che essa si ripresenti all’interno della stessa famiglia, i membri della famiglia
hanno un aumento di rischio rispetto alla popolazione generale (es. infarto). 
 Genetica non mendeliana, non si ha la trasmissione classica delle malattie ad es. monogeniche. 

Eredità multifattoriale e tratti quantitativi: 

- Tratti o malattie poligeniche → tanti geni coinvolti, ognuno con un piccolo impatto sul fenotipo;
- Tratti o malattie multifattoriale → interazione di fattori ambientali con diversi geni;
- Tratti poligenici → sono quantitativi (anziché qualitativi) e sono distribuiti in modo continuo nella
popolazione (distribuzione normale); 

es. Altezza e pressione arteriosa caratteri multifattoriali.

Geni coinvolti nelle malattie multifattoriali 

Essendo dovute al coinvolgimento di più geni, ogni singolo gene ha scarsa penetranza, espressione
variabile ed un impatto piuttosto debole sul fenotipo. Per tal motivo risulta più difficile capire e studiare i
geni coinvolti e i loro effetti fenotipici.

A differenza delle malattie ereditarie poligeniche, o oligogeniche, i fattori ambientali giocano un ruolo
fondamentale nella comparsa di un fenotipo patologico. 

ESEMPI MALATTIE MULTIFATTORIALI: 

Difetti congeniti: patologie malformative presenti alla nascita, come cardiopatie congenite (più frequenti),
difetti del tubo neurale (es. spina bifida), lussazione congenita dell’anca, piede torto ecc. 

Malattie dell’adulto: asma, cardiopatia ischemica, diabete mellito, epilessia, glaucoma, ipertensione,
obesità, psicosi maniaco-depressiva, schizofrenia, tumori ecc. = le patologie generalmente più frequenti in
tutta la popolazione generale.

IL MODELLO A SOGLIA viene identificata come soglia di suscettibilità il livello di fattori ambientali +
genetici che possono provocare la malattia:

- La soglia non viene superata →assenza della malattia; 


- La soglia della suscettibilità viene superata → i fattori ambientali pesano maggiormente → presenza
della malattia. 

Una malattia multifattoriale è quindi il risultato dell’effetto additivo o dell’interazione di un certo numero
di geni + azione di fattori ambientali esterni. 

Influisce inoltre anche una certa predisposizione individuale = variabile continua con distribuzione
gaussiana (normale). 

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Metodi per l’identificazione di caratteri multifattoriali: come si identifica una malattia multifattoriale?

1. Analisi comparata di gemelli mono- e dizigoti.


2. Studi di adozione.
3. Determinazione del grado di familiarità. 

1. Analisi comparata di gemelli mono- e dizigoti

GEMELLI MONOZIGOTI= derivano da un singolo evento di fertilizzazione, uno spermatozoo si unisce ad una
cellula uovo creando un unico zigote il quale si divide generando due individui geneticamente identici.

GEMELLI DIZIGOTI= derivano da due eventi di fertilizzazione indipendenti, due spermatozoi e due cellule
uovo creano due zigoti i quali condividono circa la metà dei geni, come due fratelli non gemelli.

L’implicazione di fattori genetici nel determinismo di un certo carattere è dimostrata da una maggiore
concordanza fenotipica tra gemelli monozigoti, ovvero:

Il cosiddetto “metodo dei gemelli” consiste nella valutazione della presenza di uno specifico carattere in
entrambi i gemelli (concordanza) oppure soltanto in uno dei due. Un più alto grado di concordanza
fenotipica tra coppie di gemelli MZ rispetto a quella riscontrata tra coppie di gemelli DZ indica che questa
differenza è da attribuire a fattori genetici. 

- Se un tratto è interamente genetico: 

 100% dei gemelli monozigoti (MZ) saranno concordanti per il tratto; 


 50% dei gemelli dizigoti (DZ) che mostrano il 50% dei loro geni (ma hanno un ambiente comune)
saranno concordanti. 

- Se un tratto è completamente non genetico: 

 la concordanza tra gemelli MZ e DZ sarà uguale ed inferiore al 100%. 

- Se un tratto è multifattoriale con componente genetica significativa: 

 i gemelli MZ saranno concordanti in una proporzione inferiore al 100%, ma significativamente più


alta rispetto a quella dei gemelli DZ. 

2. Studi di adozione 

Prevedono la valutazione: 

- Del soggetto adottato. 


- Dei suoi genitori biologici. 
- Dei suoi genitori adottivi. 

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In questo tipo di ricerche, spesso anche per la non rintracciabilità o per la scomparsa della famiglia
d’origine, l’analisi è di tipo anamnestico (con dati riferiti, piuttosto che analizzando in laboratorio i geni dei
genitori biologici) più che laboratoristico, è uno studio più complicato.

Si possono svolgere due tipi di indagine: 

 Trovare persone adottate che soffrano di una particolare malattia che solitamente ricorre nelle
famiglie e appurare se la condizione ricorre nella loro famiglia biologica o in quella adottiva.
 Partire da soggetti affetti i cui figli siano stati dati in adozione e verificare se l’essere adottati abbia
evitato la malattia ai figli. 

Il ragionamento e lo studio effettuato è in relazione al fatto che: i genitori biologici condividono con il figlio i
fattori di tipo genetico, mentre i genitori adottivi condividono con esso i fattori di tipo ambientale.

Implicazione di fattori genetici: dimostrata da una maggiore frequenza del carattere nei genitori biologici
rispetto ai genitori adottivi. 

Implicazione di fattori ambientali: dimostrata da una maggiore frequenza del carattere nei figli adottati
rispetto alla popolazione generale. 

3. Determinazione del grado di familiarità 

Una delle caratteristiche principali delle malattie ad ereditarietà complessa è che i soggetti tendono a
concentrarsi in famiglie (aggregazione familiare) poiché condividono un maggior numero di geni rispetto a
individui presi a caso nella popolazione. Come si aggrega la patologia nella famiglia?

È necessario innanzitutto escludere una segregazione mendeliana. 

L’implicazione di fattori genetici è dimostrata dall’osservazione di una maggiore frequenza del carattere in
esame nei parenti di soggetti affetti rispetto alla popolazione generale. 

Misurare l’aggregazione familiare → l’aggregazione familiare di una malattia può essere calcolata
paragonando la sua frequenza nei parenti di un soggetto affetto con quella della popolazione generale. 

Il rapporto del rischio relativo λ (lamda) si definisce come: 

λr = prevalenza della malattia in un parente di un soggetto affetto 

prevalenza della malattia nella popolazione generale

Tanto maggiore è il numero dei componenti della famiglia affetti, rispetto alla popolazione generale, tanto
più questo indica la presenza di una componente genetica importante.

Esempio: diabete di tipo 1 incidenza popolazione generale= 0,4%, incidenza tra fratelli di soggetti
affetti= 6% grado di familiarità nei fratelli (λs)= 6/0,4= 15.

Fattori complicanti l’analisi delle componenti genetiche dei caratteri multifattoriali (complicanze
nell’individuare e stabilire cosa comportano e quali sono i geni e fattori coinvolti):

a) Presenza di diversi e numerosi geni implicati, perlopiù con effetto “debole”.


b) Eterogeneità genetica: esistenza di differenti varianti (anche in geni diversi) che causano fenotipi
simili.
c) Scarsa conoscenza della relazione tra fattori ambientali e patologia. 

Strategie di identificazione dei geni implicati nella genesi dei caratteri multifattoriali:

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- Analisi di linkage (famiglie) = generalmente impiegati per la ricerca di nuovi geni

 Segue gli eventi meiotici, attraverso le famiglie, per co-segregazione di malattia e particolari
varianti genetiche; 
 Famiglie estese; 
 Coppie di fratelli; 
 Funziona molto bene per le malattie “mendeliane”.

- Studi di associazione (caso/controllo) = generalmente impiegati per testare l’ipotesi del coinvolgimento
di singoli geni candidati (= geni che codificano per proteine di cui si conosca o si sospetti un coinvolgimento
nel processo patologico) nella suscettibilità ad una malattia. Oppure studi GENOME WIDE, ovvero studi ad
ampio raggio del genoma, si analizzano caratteristiche genetiche in tutto il genoma (polimorfismi sparsi in
tutto il DNA).

 Rileva associazioni tra varianti genetiche e malattie tra le famiglie → linkage disequilibrium; >
Studi caso- controllo; 
 Reclutamento campione; 
 Più appropriato per le malattie complesse. 

Metodo più utilizzato nello studio delle malattie multifattoriali → si tratta di un confronto della frequenza
di caratteristiche genetiche tra un gruppo di casi (pazienti) e un gruppo di controlli. Si attua quindi uno
studio di 2 popolazioni distinte di soggetti: 

1. CASI: soggetti affetti dalla malattia.


2. CONTROLLI: soggetti non affetti dalla malattia

Questo studio confronta la frequenza di un polimorfismo tra un gruppo di casi (pazienti; soggetti con
determinati tratti fenotipici) e un gruppo di controllo → quando una delle varianti alleliche analizzate è più
frequente nei casi rispetto ai controlli, si dice che è “associata” con il fenotipo patologico.

CONSULENZA GENETICA 

Non è possibile, essendo malattie estremamente complesse, stabilire un rischio certo, perciò con una
consulenza genetica viene soltanto stabilito il rischio empirico.

Rischio empirico → misura puramente statistica derivata da studi osservazionali di popolazione. 

È la frequenza di un evento (condizione, patologia) osservata in una certa popolazione. Il rischio empirico
per un individuo è influenzato da:

- La gravità della condizione, tanto più è grave quanto più è riconducibile a componenti genetiche.
- Numero di familiari affetti, quanti più sono i familiari affetti tanto più è alto il rischio.
- Grado di parentela con i familiari affetti, tanto più si è vicini alla persona affetta tanto più è il
rischio. 

Regole generali per le malattie multifattoriali, ORIENTATIVAMENTE:

Il rischio medio di ricorrenza è del 2- 5% per i parenti di primo grado dei probandi e va decrescendo nei
parenti di 2° e 3° grado. 

In gravidanza viene effettuata una ecografia di II livello (più approfondita, in centri specializzati), se vi è un
precedente figlio con difetto congenito ricercando nel feto la medesima patologia. Non ci sono esami
genetici da poter fare.

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ESEMPIO: Difetti del tubo neurale (DTN/NTD) = associati a carenza di acido folico (vitamina B
idrosolubile) = fattore ambientale, dato alimentare.

Forme più comuni di NTD: anencefalia, encefalocele, spina bifida. 

La prevenzione primaria dei NTD mediante consulenza genetica è limitata poiché circa il 95% dei soggetti
affetti nasce da coppie senza precedenti anamnestici, ma sono consigliate assunzioni di acido folico al fine

di evitare tale rischio.

La stima del rischio cambia se tali difetti si presentano nel contesto di sindromi associate a mutazioni
mendeliane o ad alterazioni cromosomiche.

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