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DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Con la collaborazione di
B. Truosolo, C. Ceribelli, S. Manfroni
Con la partecipazione di
E. Adami, R. Bertolini, E. Cingolani, G. Natuzzi,
M. Tomassetti, R. Piagnerelli, G. Raselli, T. Mastropietro
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Bruno Benini
DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Con la collaborazione di
S. Manfroni e B. Truosolo
Con la partecipazione di
E. Adami, R. Bertolini, C. Ceribelli, E. Cingolani, G. Natuzzi,
M. Tomassetti, R. Piagnerelli, G. Raselli, T. Mastropietro
Ad Alessio
R. Kypling
Indice
Prefazione ................................................................................................................................. » 7
B. Benini
È con vivo piacere che ho accolto l’invito di Bruno Benini ad introdurre e presentare il suo Ma-
nuale pratico di chirurgia laparoscopica.
Dopo un lungo periodo contrassegnato da profonda curiosità e vitalità scientifica, la laparosco-
pia diagnostica degli anni 80 si è inevitabilmente, anche per la spinta dell’industria medicale, tra-
sformata in laparoscopia operativa, modificando attitudini ed esperienze personali consolidate.
A venti anni circa dalla prima colecistectomia , dopo innumerevoli confronti e discussioni, è
emersa con assoluta chiarezza la assoluta insussistenza di artificiose dissonanze tra chirurgia
laparatomica, intesa come chirurgia tradizionale, e chirurgia laparoscopica, vista come tecnica
di avanguardia con potenzialità illimitate.
Oggi appare evidente la possibilità di perseguire, nel periodo formativo e professionale dei gio-
vani Chirurghi, l’integrazione di tutte le tecniche disponibili.
La Chirurgia è, infatti, un’arte,indipendentemente dalle tecniche utilizzate, che deve avere come
obiettivi indicazioni e tecniche chiare, lineari, semplici, standardizzate, riproducibili, innovative,
sintesi e sedimento di tutte le esperienze. In nessun caso la Chirurgia può essere autoreferenziale,
azzardata o sperimentale.
In questa ottica, il libro appare strutturato con chiarezza di indirizzo, ispirato ad una solida
esperienza personale, anche nel campo dell’urgenza chirurgica, rivolto prevalentemente ai chi-
rurghi in formazione, concentrato su temi essenziali e divulgativi, ricco di immagini operatorie
estremamente efficaci e didattiche, utilissime per il lavoro quotidiano anche di Chirurghi più ma-
turi.
Non posso, quindi, che complimentarmi con gli Autori del libro, sottolineando l’elevato livello qua-
litativo che la chirurgia laparoscopica ha raggiunto in questi anni nell’Ospedale S.Camillo di
Roma.
Queste note sono nate alcuni anni or sono, in forma di breve linea guida, ad uso interno
del reparto; il loro compito era quello di standardizzare le procedure per affrontare con
maggior sicurezza gli interventi laparoscopici, specie in urgenza.
Sono poi state estese, quasi in un gioco, per riordinare il flusso continuo di dati prove-
nienti dalla letteratura e dalla nostra personale esperienza. Infine, sono diventate, gra-
zie all’aiuto di colleghi entusiasti, un breve manuale.
Questo handbook nulla quindi ha a che vedere con i trattati dei maestri della Chirurgia
Laparoscopica, ma semmai vuole fornire le basi di questa disciplina permettendo al let-
tore ulteriori approfondimenti.
Si è solo cercato di riassumere in forma schematica i rudimenti della chirurgia laparo-
scopica di interesse per il chirurgo generale, tralasciando gli interventi meno comuni o
molto specialistici. In particolare si è cercato di standardizzare l’organizzazione della
sala operatoria e la gestione perioperatoria dei pazienti .
Si è prestata molta attenzione alle procedure di sicurezza che possono ridurre l’inci-
denza di complicanze, anche gravissime, specie nel periodo di training.
Si è infine scelto uno stile schematico e ripetitivo per favorire la comprensione ai neofiti,
cui sostanzialmente questo handbook è dedicato.
Bruno Benini
Ringraziamenti
Questo manuale non avrebbe visto la luce senza il contributo di molti colleghi ed amici.
Ringrazio pertanto i coautori che hanno contribuito con entusiasmo a scrivere e cor-
reggere i testi e tutti i colleghi del reparto di Chirurgia generale e d’Urgenza dell’Ospe-
dale S.Camillo de Lellis di Roma per le lunghe ore passate pazientemente davanti al
monitor: Sabrina Casale, Carlo Cataldi, Renato Mancini, Domenico Paolicelli,
Luigi Papa, Cesare Pirozzi, Mario Pistocchi, Antonietta Roveran, Maura Sal-
vatelli, Pietro Sciacca, Francesco Scocchera, Patrizia Staltari, Giovanna Trezza,
Beniamino Verde.
Ringrazio il Prof. Roberto Tersigni per i consigli che mi ha sempre dato oltre ad aver
scritto la presentazione di questo testo, ed il Prof. Donato Antonellis, direttore del-
l’U.O. in cui lavoro, per la simpatia e fiducia che mi ha sempre dimostrato.
E, “last but not least”, ringrazio il Prof. Giorgio Massi per avermi spinto ad iniziare e
proseguire l’attività di “laparoscopista” e per avermi insegnato molto di quello che so
in chirurgia tradizionale.
Ringrazio infine Elisa, mia moglie, per avermi sopportato e, spero, per continuare a
farlo in futuro.
Bruno Benini
CAP. I
B. Benini - C. Ceribelli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
L’ergonomia in sala operatoria è lo studio scientifico della “coreografia” del gesto chirurgico con
l’intento di migliorare la performance; si ottiene attraverso il design dello strumentario, la di-
stribuzione spaziale della strumentazione, la coordinazione del team di sala operatoria.
I monitor, dovrebbero essere sempre due: uno per l’operatore ed uno per gli aiuti. La posi-
zione migliore del monitor è di fronte al chirurgo, per aumentare la coordinazione occhi-
mano che raggiunge il massimo quando la linea occhi-mano-strumento è retta.
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CAP. I.I Ergonomia in chirurgia laparoscopica
Zucker, pioniere della chirurgia laparoscopica, sosteneva che in questa tecnica fosse
facilitato il chirurgo che avesse dimestichezza con i videogiochi, quella che definiva la
Nintendo-generation.
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Tip: La miglior ergonomia viene raggiunta quando gli strumenti sono per metà all’in-
terno del paziente e metà all’esterno, funzionando così come una leva di primo tipo.
Trick: Aiutano ad aumentare il proprio skill anche manovre semplici di uso quotidiano
condotte allo specchio (visione bidimensionale) e l’aumento dell’esercizio della mano
non dominante (ad.es. provate a lavare i denti di vostro figlio con la mano sinistra
guardando nello specchio del bagno di casa).
Il Pedale
Il pedale ideale, dovrebbe soddisfare le seguenti caratteristiche:
• design tale da evitare una posizione statica forzata del chirurgo
• attivazione con una flessione del dorso del piede inferiore a 25°
• essere posto vicino al piede del chirurgo in una posizione ergonomica
• avere ridotte possibilità di attivazione accidentale della funzione sbagliata, mediante forme
differenti dei pedali riconoscibili anche dal piede calzato
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CAP. I.I Ergonomia in chirurgia laparoscopica
Una cattiva conformazione del pedale od un suo malposizionamento possono essere causa
di imprecisione nell’utilizzo dello strumento ad esso collegato (fig. 1.4).
Attualmente le impugnature più utilizzate dai chirurghi in Europa soddisfano meno del 50%
dei suddetti criteri.
Team
Il concetto di ergonomia deve essere esteso anche allo stato mentale del team, includendo
alcune considerazioni sulla riduzione delle performance legata allo stress ambientale.
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Il set-up della sala operatoria ed il valersi di personale addestrato e disponibile sono requi-
siti indispensabili per ridurre la fatica mentale dell’operatore e dell’intera equipe miglioran-
done le prestazioni. Tale risultato si ottiene più facilmente con flussi di pazienti elevati e con
l’adozione di linee guida standardizzate.
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CAP. I.II Malattie professionali correlate alla chirurgia laparoscopica
La pratica della chirurgia laparoscopica, soprattutto nella fase di training o quando il chi-
rurgo la esegue saltuariamente, ha talvolta alcune ripercussioni sulla salute dell’operatore.
La sindrome è dovuta all’inserimento del pollice nell’anello della pinza associata ad una
iperflessione e rotazione ulnare del polso.
Si può prevenire impugnando gli strumenti all’esterno degli anelli. Tale impugnatura in re-
altà non è sempre possibile, in quanto le dimensioni dell’impugnatura mal si adattano a
mani piccole, inferiori alla misura di guanto 7. Può anche essere utile rivestire gli anelli degli
strumenti con un supporto di silicone.
Artromialgie
Dolore e rigidità del collo sono lamentati rispettivamente dal 19% e 23% dei chirurghi, ri-
gidità e dolore alla spalla si manifestano nel 20% dei casi, mentre dolore e rigidità arti-
colare di mano e polso sono riportati nel 45% e 37% rispettivamente.
• posizione fissa in iperestensione di testa e collo, per parecchie ore, durante l’intervento
• postura globale del corpo non ergonomica
• eccessiva lunghezza degli strumenti laparoscopici che comportano una maggiore appli-
cazione di forza per maneggiarli
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• alto grado di precisione, necessario durante l’intervento operatorio, che aumenta la fatica
muscolare
• eccessiva adduzione delle braccia per maneggiare gli strumenti laparoscopici
• posizione fissa del braccio durante l’intervento responsabile di danni ischemici e biomec-
canici.
• molti strumenti laparoscopici determinano lo spostamento forzato del polso dalla posi-
zione di base, causando un’eccessiva flessione, supinazione e deviazione ulnare e radiale
Prevenzione:
• il monitor dovrebbe essere basso, posto di fronte al chirurgo, all’altezza compresa tra la
testa ed il gomito, in modo tale che il capo sia flesso tra 15o- 45o
• posizionare il monitor molto vicino al campo operatorio
• l’esperienza del chirurgo può ridurre lo stress muscolare attraverso una migliore coordi-
nazione del gesto
• un costante esercizio al simulatore costituisce un’ottima palestra
• regolare l’altezza del tavolo operatorio al 70-80% della distanza del piede del chirurgo dal
suo gomito
• progettazione di strumenti migliori, basati sui principi ergonomici, in modo tale che, du-
rante l’intervento, il polso rimanga leggermente esteso, le giunture metacarpofalangee ed
interfalangee prossimali siano flesse tra 30o e 50o, le giunture interfalangee distali estese
ed il pollice si opponga all’indice
Trick: Alcuni consigliano due monitor vicini per l’operatore, lievemente sfalsati e con di-
verse inclinazioni, per consentire al chirurgo di cambiare posizione durante le procedure
di lunga durata
Stress mentale
Studi condotti per quantificare e descrivere lo stress mentale nei chirurghi laparoscopisti,
hanno dimostrato che la riduzione dell’ammiccamento e l’aumento della frequenza car-
diaca sono segni indiretti della maggiore concentrazione necessaria all’esecuzione di inter-
venti laparoscopici.
Lo stress mentale che ne consegue si manifesta con episodi di cefalea, mancanza di atten-
zione e bruciore agli occhi, tanto più intensi quanto più lunga è la durata dell’intervento.
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CAP. I.II Malattie professionali correlate alla chirurgia laparoscopica
straendo gli operatori durante gli esercizi (dovevano ad esempio eseguire addizioni a 2 co-
lonne). Il test ha dimostrato come gli esperti, al contrario dei neofiti, anche se distratti, man-
tengano un livello di performance quasi invariato.
Disturbi visivi
Durante la laparoscopia, l’accomodamento diventa più difficile e fastidioso quando l’inten-
sità luminosa dello schermo è insufficiente; inoltre, se in sala operatoria vi sono oggetti lu-
centi o immagini riflesse che entrano nel campo visivo, anche periferico, si determina una
diminuzione dell’acuità visiva.
Prevenzione:
Infezioni
Sebbene nei fumi e nell’aerosol che si ottengono durante le fasi di desufflazione dell’ad-
dome siano presenti sia carcinogeni che particelle batteriche e virali, non è descritto in let-
teratura maggior pericolo di contagio o di incidenza di neoplasie per l’equipe chirurgica che
abitualmente conduce interventi in laparoscopia, rispetto alle equipe tradizionali.
Va comunque sottolineato come si debba disporre di sistemi di insufflazione-desufflazione
chiusi, dotati di filtri.
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CAP. II
Strumentario per
chirurgia laparoscopica
B. Benini - R. Piagnerelli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Strumentario per
chirurgia laparoscopica
Sistemi video
Telecamera
Le telecamere, negli ultimi anni, hanno subito uno sviluppo tecnico che ne ha migliorato
le caratteristiche di magnificazione delle immagini, miniaturizzazione, bilanciamento del
colore e della luce.
Se prima erano costituite da un obiettivo che veniva connesso all’oculare dell’ottica lapa-
roscopica attualmente la tendenza è quella di montare gli elementi sensibili della teleca-
mera direttamente sulla punta dello strumento.
La qualità dell’immagine è detta risoluzione ed è in relazione al chip o CCD (charged cou-
ple device) (vedi capitolo III “Acquisizione ed elaborazione dell’immagine”).
La risoluzione delle telecamere varia tra 450 e 1080 linee per pollice, ma la visione è sem-
pre bidimensionale.
Sono in sviluppo, ma non ancora diffusi, sistemi di visione tridimensionale (3D) che si ot-
tiene con la stereoscopia, ovvero la proiezione di immagini ottenute da due telecamere con
punti di osservazione diversi: ogni immagine deve andare ad un occhio.
Il monitor impiegato per la chirurgia videoassistita deve avere la migliore risoluzione possi-
bile in modo da garantire immagini nitide. È ora possibile avvalersi di monitor ad alta defi-
nizione (HDTV) a 1080 linee, quattro volte più definiti di un comune televisore.
Tip: Una volta che il monitor sia stato regolato non dovrebbe essere più toccato.
Per aumentare la percezione visiva si sta ora sperimentando la visione immersiva, attraverso
l’avvicinamento del monitor all’occhio del chirurgo, che non verrà distratto dall’ambiente.
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CAP. II Strumentario per chirurgia laparoscopica
Esistono, ma ancora in fase di sviluppo, sistemi a due display, che vengono montati sul capo
del chirurgo e sono comunemente denominati HMD (Head Mounted Display).
Per quanto la visione immersiva prodotta dall’utilizzo del sistema HMD risulti essere van-
taggiosa in termini di concentrazione (il campo visivo del chirurgo è limitato), il sistema
HMD può risultare stancante, specie durante interventi di lunga durata, ed accentuare pro-
blematiche legate a posture poco ergonomiche.
Altri tipi di visione immersiva dual-screen tridimensionale utilizzano due piccoli schermi,
uno per ogni occhio, montati su una consolle su cui il chirurgo appoggia la testa. È il si-
stema di visione tipico del robot chirurgico da Vinci (Intuitive Surgical, Inc., Sunnyvale, CA,
USA).
Altri sistemi di visione più innovativi, attualmente in fase di sviluppo, prevedono la proie-
zione dell’immagine operatoria direttamente sulla retina dell’operatore tramite un laser a
bassa intensità.
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Insufflatore
Gli insufflatori sono regolatori di pressione che
permettono la creazione della camera di lavoro ed il
suo mantenimento, oltre a provvedere al controllo
della pressione del gas insufflato ed al rinnovo dello
stesso. Sono collegati con tubi ad alta pressione ad
una bombola di CO2.
Figura 2.3 Insufflatore per pneumope-
ritoneo.
L’insufflatore controlla in modo dinamico la pressione,
immettendo o meno il gas nella cavità, al fine di man-
tenere la pressione stabilita; una volta stabilito lo pneumoperitoneo, si attiva fornendo nuova
CO2 quando la pressione endoaddominale del gas scende al di sotto del limite stabilito.
La pressione endoaddominale può variare da 0 a 30 mmHg.
Il flusso di gas può essere stabilito dall’operatore in un range variabile tra 0-30 l/min.
Durante la maggior parte degli interventi il limite pressorio deve essere regolato tra i 12-15
mmHg.
Laparoscopio
I laparoscopi sono strumenti metallici che hanno all’interno due
canali, uno che da spazio alle fibre ottiche ed un altro che ospita
una serie di lenti.
Nei laparoscopi tradizionali le lenti sono disposte secondo il si-
stema Hopkins, meglio descritto nel capitolo “Acquisizione ed
elaborazione dell’immagine”.
Sono disponibili in commercio laparoscopi di diverso diametro
variabile da 2,5 ai 12mm.
Un laparoscopio da 10mm veicola una luce dalle 4 alle 10 volte
maggiore di uno da 5mm o da 2,5 fornendo, quindi, una vi-
sione migliore.
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CAP. II Strumentario per chirurgia laparoscopica
stretta e la difficoltà tecnica nell’utilizzo dello strumento introdotto nel canale operatore.
In relazione allo sviluppo tecnico, i laparoscopi più moderni dispongono di una teleca-
mera montata sulla punta, evitando quindi che l’immagine passi attraverso un sistema
di lenti e permettendo l’acquisizione di immagini adatte all’HDTV.
I più recenti inoltre dispongono della possibilità di angolare la punta, come in un endoscopio.
Sistema suzione/aspirazione
La suzione/aspirazione può essere ottenuta con un’apparecchiatura apposita o semplice-
mente collegando la cannula di aspirazione al sistema di vuoto della camera operatoria e
l’irrigazione a sacche installate in alto od inserite in uno spremisacca.
Otre ad avere la funzione di detersione, può essere usato come “dissettore ad acqua” per
facilitare il clivaggio dei piani anatomici.
Ago di Veress
Consiste in una cannula metallica con
una punta acuminata, al cui interno
scorre un mandrino fenestrato, con-
trastato da una molla.
La punta taglia i tessuti attraverso cui
Figura 2.5 Ago di Veress.
è sospinta ed al momento in cui i tes-
suti non offrono più resistenza, cioè,
all’avvenuta penetrazione della cavità addominale, il mandrino sporge a proteggere i visceri.
Il foro, che si trova lateralmente alla punta della cannula, serve a portare la CO2 all’interno
della cavità addominale.
L’ago di Veress è stato il primo metodo usato per la creazione dello pneumoperitoneo.
È di fondamentale importanza verificare, ad ogni utilizzo, il corretto funzionamento della
lama e della molla.
In commercio esistono aghi di Veress da 80, 100, 120 mm di lunghezza.
Gli aghi più moderni, monouso, sono dotati di un sistema di verifica dell’avvenuta pene-
trazione in peritoneo.
Sono descritti in letteratura numerosi episodi di lesioni viscerali e vascolari anche gravi. Per
tale motivo l’uso dell’ago di Veress è stato abbandonato da molte scuole (vedi capitolo com-
plicanze).
Trocar
Cannule per l’introduzione di strumentario o dell’ottica laparoscopica, dotate di sistemi di
tenuta per evitare la fuoriuscita del gas, possono essere mono o poliuso.
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Trick: Il trocar per l’ottica deve essere fissato il più superficialmente possibile, per per-
mettere anche visioni panoramiche, molto utili in situazione di difficoltà anatomiche.
Trocar di Hasson
È lo strumento più sicuro per creare lo pneu-
moperitoneo, soprattutto in pazienti già sotto-
posti a chirurgia addominale e quindi ad alto
rischio di aderenze.
È costituito da tre elementi: la cannula-rubi-
netto, il distanziatore conico con due punti di
ancoraggio per i fili o con un rivestimento a fi-
lettatura destrorsa, ed un coperchio-valvola. Il
mandrino od introduttore ha punta smussa.
Viene inserito con tecnica open (vedi capitolo)
e fissato alla parete addominale con dei fili di
sutura; il distanziatore permette, inoltre, di sta-
bilire quanto debba essere lunga la porzione
endo addominale del trocar.
Trocar ottico
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CAP. II Strumentario per chirurgia laparoscopica
Mono o poliuso?
Non tutti gli strumenti sono stati prodotti anche in versione monouso; ad
esempio le pinze da presa più utilizzate (Johann) esistono solo totalmente
metalliche.
• Gli strumenti laparoscopici attualmente in commercio hanno un diametro che varia dagli
1,8 ai 12 mm, ma la maggior parte di questi sono realizzati per essere utilizzati con tro-
car da 5 e da 10 mm
• Gli strumenti poliuso possono essere personalizzati ed adattati alle esigenze dell’operatore,
cambiando l’impugnatura, il sistema di bloccaggio, la lunghezza od altro
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
a) L’ impugnatura
Alcune sono progettate con un sistema di blocco per mantenere un morso costante,
caratteristica molto utile quando è necessario effettuare la trazione di una struttura
per lungo tempo evitando inutili affaticamenti delle mani.
c) La punta o inserto
Caratterizza il tipo di strumento e la sua funzione; può essere a “singola azione” (aper-
tura della punta di minore ampiezza ma maggiore forza di presa: es. portaghi) o a
doppia azione (maggiore apertura e minor forza di presa: es. grasper, forbici).
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CAP. II Strumentario per chirurgia laparoscopica
Applicatori di clip
Gli applicatori di clip emostatiche pos-
sono essere sia mono che poliuso, co-
struite sia con materiale riassorbibile che
metallico.
Figura 2.13 Si introduce un dito di guanto, re- Figura 2.14 Introduzione del pezzo nel sacchetto
pertato con un filo, attraverso il trocar da 12 che verrà fatto fuoriuscire, una volta estratta l’ot-
mm dell’ottica. tica, facendo trazione sul filo.
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Suture Passer
Dispositivo che permette di introdurre od estrarre fili di sutura attraverso la parete addo-
minale, è indispensabile per procedure come l’ap-
plicazione di reti per laparocele.
È altresì utile per l’apposizione di punti emostatici
transparietali in caso di sanguinamento di vasi
della parete, per sollevare il legamento rotondo o
gli annessi.
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CAP. III
Acquisizione ed elaborazione
delle immagini
G. Natuzzi
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Acquisizione ed elaborazione
delle immagini
Acquisizione dell’immagine
Le Ottiche
Nel 1966 il Prof. Harald Hopkins si associò al Dott. Karl Storz ed insieme svilupparono il
primo sistema di lenti ad asta.
• La maggior parte delle ottiche tradizionali si basano su di un sistema di lenti ideato e bre-
vettato dall´inglese Hopkins; esso è formato da una serie di lenti cilindriche separate da
camere aeree dove avviene la rifrazione della luce. Il mezzo aereo agisce come lente ne-
gativa permettendo di ridurre il calo della luminosità e la distorsione dell’immagine, man-
tenendo al contempo il fuoco e l’ampiezza del campo visivo.
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CAP. III Acquisizione ed elaborazione delle immagini
• La lente dell’obiettivo può essere angolata da 0° a 30°; lenti con angolatura superiore od
addirittura a retrovisione sono ormai in disuso.
• Attualmente sono di impiego comune le ottiche integrate, in cui l’elemento sensibile della
telecamera (CCD) è contenuto nella punta. Questo sistema permette l’acquisizione di-
retta di immagini digitali in alta definizione (HD).
• Esistono videocamere a singolo CCD (attualmente non più in uso) ed a 3 CCD alle quali
si sono di recente affiancate le rispettive forme ad alta definizione (HD-TV).
• Nelle telecamere a 3 CCD la luce viene scomposta da un prisma nei 3 canali RGB (rosso,
verde e blu), ciascuno dei quali viene analizzato da uno specifico chip.
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
FILTRO CARATTERISTICHE
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CAP. III Acquisizione ed elaborazione delle immagini
• Il filmato, per essere elaborabile da un computer, deve essere ovviamente in formato di-
gitale. A seconda dell’impiego esistono vari tipi di elaborazione digitale di un segnale
video che hanno caratteristiche differenti e sono definiti codec.
Un semplice lettore dvd infatti può consentire di rivedere l’intero contenuto del disco men-
tre, grazie al pc ed a particolari programmi il video può essere modificato ed elaborato.
Trick: Se il filmato che avete preparato non funziona su di un computer o lettore diverso
da quello che avete usato per la sua realizzazione (evento non raro), significa che il di-
spositivo non è dotato del codec giusto. È generalmente sufficiente scaricare da internet
i codec per il programma che volete usare per la riproduzione o, più semplicemente, un
programma totipotente quale VLC (disponibile gratuitamente).
• Il codec è per lo più già presente nei riproduttori di DVD e nei personal computer ma, in
alcuni casi, è necessario eseguire un aggiornamento del codec stesso.
• Per realizzare la compressione si fa ricorso alla riduzione della precisione dei colori dei sin-
goli pixel (codec video) o delle frequenze da riprodurre (in alcuni codec audio vengono
soppresse le frequenze non udibili dall’orecchio umano), alla eliminazione delle ridon-
danze o alla scrittura delle sole differenze (codec video) rispetto ad una immagine di ri-
ferimento.
• Nel sistema operativo Microsoft Windows i codec sono delle librerie con estensione .dll
che i vari player audio e video gestiscono come dei plug-in.
• Nel sistema operativo Mac OS X i codec sono gestiti dal sistema QuickTime che li utilizza
come plug-in con estensione .component e vengono memorizzati nella cartella QuickTime
che si trova nella cartella Libreria.
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
I DVD-Video sono supporti digitali in grado di contenere indicativamente fino a 240 minuti
di materiale video in formato MPEG-2. È buona norma non spingersi mai al limite ma è me-
glio utilizzare 2 dvd che perdere la registrazione.
Con il termine di finalizzazione si intende un processo di ulteriore scrittura del disco grazie
al quale esso sarà leggibile da qualsiasi lettore e non solo da quello che lo ha generato.
La prima fase consiste nell’importazione del filmato da parte del programma di video-edi-
ting. Il programma stesso frammenterà il video in tante sequenze (in genere uniformi per
inquadratura) per agevolarne la gestione.
Sarà sufficiente trascinare le sequenze prescelte nello storyboard, tagliarle ad hoc, ed inse-
rire le transizioni ed i file musicali per ottenere un filmato di buona qualità.
Il programma provvederà da solo, poi, ad assemblare questo insieme di informazioni otte-
nendo un filmato finale (rendering).
Entrambi i programmi citati sono poi in grado di elaborare il filmato in formato differente,
in relazione all’utilizzazione richiesta (DVD, internet, streaming video).
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CAP. III Acquisizione ed elaborazione delle immagini
FILTRO CARATTERISTICHE
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CAP. IV
Fisiopatologia
dello pneumoperitoneo
M. Tommasetti - T. Mastropietro
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Fisiopatologia
dello pneumoperitoneo
L’induzione dello pneumoperitoneo con CO2 determina una serie di effetti meccanici che
alterano l’omeostasi circolatoria del paziente con sensibili ripercussioni su molti apparati. Le
posizioni assunte sul letto operatorio ed il riassorbimento della CO2 stessa aggravano tali
modificazioni.
È bene che il chirurgo conosca tali meccanismi nel porre indicazione ad una procedura la-
paroscopica.
Tali modificazioni fisiopatologiche, se adeguatamente corrette, non hanno influenza nei pa-
zienti a basso rischio (ASA I-II).
Questi elementi hanno come conseguenza una riduzione della gittata cardiaca oltre che un
aumento del consumo di O2.
Il ritorno venoso viene ostacolato anche dalle posizioni fatte assumere al paziente sul letto
operatorio (antiTrendelemburg, decubito laterale destro).
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CAP. IV Fisiopatologia dello pneumoperitoneo
Nei pazienti ASA III e IV è consigliato il monitoraggio cruento della PA e del volume cir-
colante (CO - PICCO) poiché permettono un rilievo precoce ed un adeguato trattamento
delle severe modificazioni emodinamiche che possono verificarsi in tali pazienti.
Devono inoltre ricevere un riempimento volemico preoperatorio (10-20 ml/kg), beta bloc-
canti e, nelle procedure di lunga durata, la compressione pneumatica intermittente se-
quenziale degli arti inferiori per aumentare il ritorno venoso.
• Una laparoscopia gasless o a bassa pressione può essere utile nei pazienti con limitata fun-
zionalità cardiaca.
• L’utilizzo di altri gas non ha dimostrato vantaggi emodinamici significativi.
La presenza di patologie cardiache non costituisce una controindicazione assoluta alla chi-
rurgia laparoscopica.
Nei pazienti con funzione polmonare nella norma non si verificano conseguenze cliniche ri-
levanti.
Nei malati con limitate riserve polmonari vi è un incremento del rischio di ritenzione di
CO2, specie nel postoperatorio; in questi casi quindi si raccomanda il monitoraggio intra e
postoperatorio dell’emogasanalisi.
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Ritorno venoso
Effetti renali:
• Lo pneumoperitoneo, con l’incremento della IAP, provoca la diminuzione del flusso pla-
smatico renale (FPR), del tasso di filtrazione glomerulare e della diuresi con un meccani-
smo di compressione diretta del parenchima e del circolo renali, associato a diminuzione
della gittata cardiaca.
• L’incremento della IAP causa una graduale diminuzione della circolazione epatoportale,
misurata con laser Doppler.
• Procedure prolungate con elevate IAP possono determinare l’aumento degli enzimi epa-
tici plasmatici.
Effetti splacnici:
• Elevate IAP provocano compressione del letto capillare splancnico, deprimendone la mi-
crocircolazione e diminuendo il trasporto di ossigeno agli organi intraaddominali.
• Nei soggetti ASA I e II una IAP sino a 12-14 mmHg viene adeguatamente compensata e
non determina effetti clinici rilevanti a carico della funzione degli organi intraaddominali.
• Nei pazienti con alterate funzioni epatiche, renali o con aterosclerosi, la IAP deve essere
mantenuta al minor livello pressorio utile, evitando procedure di lunga durata per ridurre
le alterazioni a carico del microcircolo.
• I malati con funzione renale alterata dovrebbero essere sottoposti ad adeguato riempi-
mento volemico prima e durante la procedura.
IAP e peritonite:
40
CAP. IV Fisiopatologia dello pneumoperitoneo
• Non vi sono evidenze cliniche sufficientemente valide che dimostrino che lo pneumope-
ritoneo in pazienti con patologie maligne intraaddominali incrementi il rischio di diffusione
tumorale.
• Non vi sono controindicazioni alla laparoscopia nei suddetti pazienti purché venga adot-
tata un’appropriata tecnica chirurgica.
Lo pneumoperitoneo
• L’inserzione del primo trocar con la tecnica open è più veloce di quella con ago di Veress.
• L’utilizzo dell’una o dell’altra tecnica può essere di vantaggio in particolari sottogruppi di
pazienti.
• Si raccomanda l’utilizzo della minore IAP che permetta un’adeguata esposizione del
campo operatorio, piuttosto che la scelta di una pressione di routine.
• Una IAP minore di 14 mmHg è considerata sicura nel paziente sano.
• I dispositivi per sollevare la parete addominale non consentono vantaggi clinici rilevanti
rispetto ad uno pneumoperitoneo con IAP 5-7 mmHg.
41
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• L’utilizzo di strumenti di calibro più piccolo (minore di 5 mm) è possibile solo in alcuni pa-
zienti ma non migliora in modo significativo l’outcome della chirurgia laparoscopica: è di-
mostrato soltanto un modesto vantaggio estetico e sul dolore postoperatorio.
Aspetti perioperatori
Aderenze postoperatorie:
• Il dolore dopo laparoscopia (viscerale, incisionale e dolore alla spalla) è di origine multi-
fattoriale e deve essere trattato con approccio multimodale.
42
CAP. IV Fisiopatologia dello pneumoperitoneo
CAVEAT
Nel paziente traumatizzato che abbia anche un trauma cranico minore è preferibile aste-
nersi da procedure di lunga durata.
• Nei pazienti con grave trauma cranico o condizioni associate ad elevata PIC, la IAP va
mantenuta a valori minimi, vanno evitati bruschi picchi di IAP e va considerata la neces-
sità del monitoraggio della PIC.
Trauma addominale:
• Non esistono studi controllati sulle caratteristiche delle varie tecniche di installazione dello
pneumoperitoneo nel trauma addominale; non è quindi possibile avanzare raccomanda-
zioni in tal senso.
• Non vi sono ragioni per controindicare la laparoscopia in un paziente traumatizzato che
sia stabile.
43
CAP. V
B. Benini - C. Ceribelli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Più in dettaglio, ecco gli aspetti che differenziano la chirurgia laparoscopica da quella
“open” sul piano immunitario.
46
CAP. V Risposta sistemica ed immunitaria alla chirurgia laparoscopica
L’elevazione di IL-1, IL-6, TNF-α è proporzionale all’entità del trauma e la chirurgia provoca
un aumento entro 3 ore di IL-6, che rimane elevata per 2-3 gg.
Il valore dell’IL-6 è correlato alla durata dell’intervento, alla perdita di sangue ed all’esten-
sione del trauma tissutale.
Un prolungato ed eccessivo rialzo di IL-6 corrisponde ad una peggiore prognosi e ad un au-
mento della mortalità.
I valori di IL-1 e TNF dopo un intervento convenzionale sono triplicati rispetto alla mede-
sima procedura condotta in laparoscopia: quando lo stesso confronto sia effettuato in pre-
senza di contaminazione batterica, la differenza sale a 18 volte.
In chirurgia laparoscopica l’IL-6 è notevolmente più bassa rispetto a quella rilevabile in chi-
rurgia convenzionale in caso di colecistectomia o funduplicatio, ma non altrettanto in altre
procedure come l’ernioplastica o le colectomie.
la PCR, che attiva la cascata del complemento e stimola la fagocitosi da parte dei neutrofili
e dei macrofagi tissutali, dopo un intervento chirurgico si eleva tra la 4ª e la 12ª ora , rag-
giunge un picco tra 24 e 72 ore,e torna ai valori di base dopo 2 settimane.
La PCR, che aumenta di circa 20 volte dopo colecistectomia “open”, in caso di VLC au-
menta solo 5 volte.
Immunità cellulo-mediata
La risposta immunitaria all’insulto chirurgico consiste in difetti di chemiotassi ed in produ-
zione di enzimi lisosomiali e di respirazione cellulare, la cui entità ha correlazione diretta
con ll’entità del trauma e con a prognosi.
47
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
In laparoscopia i livelli di acido cloroso, che è alla base dell’attività antimicrobica di elastasi
e collagenasi, sono immutati mentre sono molto ridotti in chirurgia open.
La chirurgia produce anche un’alterazione dei rapporti tra linfociti T e NK, in particolare
quelli tra helper e suppressor, ma, anche in questo caso, l’alterazione è meno significativa
in seguito a chirurgia laparoscopica.
Immunità peritoneale
In seguito al trauma chirurgico c’è un’alterazione della capacità di difesa contro l’ospite
anche da parte del peritoneo. Una iper attivazione dell’immunità peritoneale può de-
terminare una immunosoppressione locale, che induce una inefficace clearance bat-
terica ed una maggior incidenza di infezioni.
Non è noto se sia l’incisione peritoneale o l’esposizione all’aria a determinare questa risposta.
Gli studi sperimentali dimostrano che la cavità peritoneale libera più citochine durante una
laparotomia che durante uno pneumoperitoneo con CO2 e che vi è un aumento della conta
batterica sensibilmente maggiore a 24 e 72 ore; tale dato sarebbe correlabile ad un au-
mento della traslocazione batterica stimolato da una iperincrezione di citochine.
48
CAP. VI
Anestesia in laparoscopica
E. Cingolani - G. Raselli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Anestesia in laparoscopica
In pazienti cardiopatici la funzione cardica deve essere valutata alla luce delle alterazioni
emodinamiche prodotte dallo pneumoperitoneo e dalla posizione del paziente. I pazienti
con scompenso cardiaco congestizio e con valvulopatie severe sono quelli a maggior ri-
schio di complicanze intra e post operatorie; i pazienti con cardiopatia ischemica possono
invece affrontare la laparoscopia senza aggravio di rischio rispetto alla chirurgia “open”. In
questi pazienti vanno confrontati i rischi intraoperatori con i marcati benefici postoperatori
della metodica laparoscopica.
Controindicazioni assolute
• Aumenti della pressione intracranica (tumori, idrocefalo, trauma cranico).
• Ipovolemie severe (traumi, shock emorragici).
• Shunt ventricolo peritoneali, shunt ventricolo giugulari non clampati.
Controindicazioni relative
• Pazienti cardiopatici con frazione di eiezione < 30% all’ecocardiogramma.
52
CAP. VI Anestesia in laparoscopica
vasiva, catetere di Swan-Ganz, analisi continua del tratto ST) precauzioni nella tecnica
chirurgica (insufflazione lenta dello pneumo, limitazione della pressione intraddominale,
evitare posizioni estreme, riduzione dei tempi chirurgici)
53
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Le variazioni di anidride carbonica espirata (ETCO2) vanno osservate attentamente per co-
gliere i segni di ipercapnia ed embolia gassosa ma occorre sottolineare come il ∆ tra CO2
arteriosa e CO2 espirata può variare sia da paziente a paziente sia durante il corso della pro-
cedura nello stesso paziente; può quindi essere necessario verificare il reale valore di PaCO2
tramite frequenti rilievi emogasanalitici.
Tecniche anestetiche
L’anestesia generale con intubazione endotracheale e ventilazione controllata è la tec-
nica anestesiologica raccomandata per la chirurgia laparoscopica.
Durante lo pneumoperitoneo la ventilazione deve essere regolata per mantenere l’EtCO2 in-
torno al valore di 35mmHg. Non dovrebbe essere necessario un incremento del volume
minuto superiore al 15% - 25%; in caso siano necessari incrementi superiori si deve so-
spettare una complicanza (es. enfisema sottocutaneo).
L’incremento della frequenza respiratoria, piuttosto che del volume minuto, potrebbe essere
preferibile in pazienti broncopneumopatici con storia di enfisema bolloso o pneumotorace
spontaneo, per minimizzare l’inflazione alveolare.
La pressione intra addominale deve essere attentamente monitorata e tenuta più bassa pos-
sibile per minimizzare le ripercussioni respiratorie ed emodinamiche. Incrementi di pres-
54
CAP. VI Anestesia in laparoscopica
sione intra addominale possono essere evitati anche mantenendo una corretta profondità
del piano anestetico. Per la frequenza di reazioni vagali durante la laparoscopia, l’atropina
deve sempre essere preparata in anticipo.
CAVEAT
L’anestesia generale può anche essere effettuata in pazienti in respiro spontaneo senza
intubazione e senza uso di miorilassanti. Occorre però ricordare che un terzo delle morti
durante anestesia laparoscopica sono avvenute durante anestesie senza intubazione.
Monitoraggio
Il monitoraggio deve essere continuato nell’unità post anestesia. Infatti le variazioni emo-
dinamiche indotte dallo pneumoperitoneo, con particolare riferimento all’aumento delle
resistenze vascolari sistemiche, permangono per circa un’ora oltre la normalizzazione della
pressione intraddominale. I pazienti con funzione cardiaca ridotta vanno quindi attenta-
mente sorvegliati nelle prime ore del postoperatorio.
55
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
56
CAP. VII
Complicanze
B. Truosolo - B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Complicanze
In chirurgia laparoscopica le complicanze sono mediamente più gravi che in chirurgia aperta,
sia per la complessità delle lesioni che per la possibilità che siano misconosciute durante l’in-
tervento. È quindi importante che siano prevenute con l’impiego di un’accurata prepara-
zione del paziente e della sala operatoria, oltre che con l’impiego di una tecnica accurata e
prudente. Sono particolarmente temibili e frequenti quelle legate all’introduzione dei trocar.
Lesioni vascolari
L’incidenza di lesioni vascolari maggiori riportata in letteratura è dello 0.04% (1/ 2272 per ac-
cessi “closed” - casi complessivi 760000 - mentre sarebbe di 0 /22000 per “open laparoscopy”).
In realtà sono descritti 2 casi di lesione aortica da trocar durante “open laparoscopy”: il primo è
stato provocato dalla punta del bisturi durante l’incisione della cute periombelicale in una paziente
di magrezza estrema ed il secondo da una scheggiatura del metallo della cannula di Hasson.
Tip: Per rendersi conto di quanto sia facile una lesione a carico dell’aorta o del carrefour
iliaco basta introdurre un dito nell’ostio per il trocar ombelicale e verificare quanto siano
palpabili i vasi!!!
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CAP. VII Complicanze
CAVEAT
Un’emorragia da lesione vascolare deve essere sempre sospettata quando l’anestesista se-
gnala un quadro di instabilità emodinamica.
Prevenzione:
1. uso corretto dei trocar (vedi capitolo)
2. impiego di trocar a punta smussa per gli accessi secondari
3. controllo attento di eventuali raccolte
4. incisione cutanea sufficientemente ampia
Correzione:
Conversione laparatomica immediata in caso di dubbio.
Prevenzione:
1. estrarre sotto visione tutti i trocar ed attendere qualche attimo per verificare l’avvenuta
emostasi.
2. impiegare trocar senza lama (bladeless).
Correzione
1. emostasi diretta per coagulazione: in molti casi è possibile raggiungere e coagulare il
vaso con uno strumento a punta curva.
2. sutura a tutto spessore della parete, su di uno gnocchetto di garza, impiegando un ago
retto od un ago curvo di grande diametro. Ancora più efficace è l’ago di Reverdin od un
suture-passer.
3. allargamento dell’incisione e sutura emostatica.
4. introduzione di un plug di fibrina.
Lesioni viscerali
Complicazioni relativamente frequenti, da mettere spesso in relazione al primo accesso. La
loro incidenza in relazione alla introduzione dei trocar è dello 0.067%. Spesso sono misconosciute
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Prevenzione:
1. Evitare la coagulazione se non necessaria in prossimità di visceri cavi
2. Impiegare correttamente i trocar (vedi)
3. Non manipolare l’intestino dilatato (occlusioni) afferrandone la superficie sierosa ma
piuttosto il meso
4. Manipolare l’intestino con pinze da presa delicate e poco traumatiche (es. pinza di Jo-
hann)
5. Non abbandonare strumenti (soprattutto se collegati al coagulatore) in addome e non
effettuare manovre senza visione
6. Mantenere un adeguato valore di pneumoperitoneo
7. Effettuare l’adesiolisi in prossimità delle anse con le forbici, senza coagulare
Correzione:
1. Conversione minilaparatomica
2. Sutura laparoscopica
Trick: È molto utile, dopo un’adesiolisi difficile, praticare una minilaparatomia sotto om-
belicale di 3 cm e far scorrere all’esterno le anse del tenue tra le dita per verificarne l’in-
tegrità.
Prevenzione:
1. Esercitare una trazione laterale (verso destra) dell’infundibolo durante la dissezione e
non verso l’alto
2. Dissezione completa dell’ilo della colecisti aprendo tutto il peritoneo del triangolo di
Calot
60
CAP. VII Complicanze
3. Dissezione dell’inserzione del cistico sulla VBP fino a scoprire l’epatico comune
4. Dissezione dell’inserzione del cistico sulla colecisti
5. Clippage alto, verso la colecisti, del cistico
Correzione:
1. Conversione laparatomica
Trick: Controllate sempre che il tubo di deflusso del catetere sia aperto prima di intro-
durre un trocar sovrapubico.
Prevenzione
1. Mantenere la dissezione su di un piano superiore alla fascia di Gerota
2. Inserire uno stent ureterale se si prevede una dissezione difficile
3. Riconoscere l’uretere e possibilmente seguirlo
4. Ricordarsi che a sinistra, sotto il legamento di Gruber, l’uretere è molto superficiale ed
adeso al mesosigma
5. Eseguire lo scollamento uterovescicale per via smussa, mantenendosi vicino all’utero
stesso
6. In caso di dubbio somministrare bleu di metilene endovena e ricercare un eventuale
spandimento
Correzione
1. Le lesioni vescicali, riconosciute durante la procedura, possono essere riparate agevol-
mente con sutura della soluzione di continuo in duplice strato e catetere a permanenza
per 7-10 gg
2. Le lesioni ureterali sono di più difficile riscontro intraoperatorio. Nel dubbio è bene far
posizionare uno stent intraoperatoriamente
3. Nei casi di riscontro tardivo la correzione richiede il reintervento
Pneumotorace
È legato ad una soluzione di continuo iatrogena del diaframma od all’apertura della pleura
61
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
in corso di dissezione dello iato esofageo. In assenza di iatrogenia può essere legata alla
ventilazione meccanica.
Prevenzione:
1. Evitare coagulazioni in prossimità del diaframma
2. Evitare di abbandonare strumenti in addome che non siano sotto visione
3. Cautela nella dissezione dello iato esofageo
Correzione:
1. Interruzione dello pneumoperitoneo
2. Se di piccola entità rx torace ripetuti nel postoperatorio (la CO2 si riassorbe rapidamente)
3. Se maggiore drenaggio pleurico
4. Eventuale riparazione del diaframma
L’intervento, una volta corretto il pnx, può essere generalmente proseguito in laparoscopia.
Ipercapnia
È legata ad interventi di lunga durata, ad insufflazione in spazi extraperitoneali, a pneumo-
torace, ad errori nell’intubazione. Se di lieve entità può essere corretta dall’anestesista con
appropriata ventilazione.
Prevenzione:
1. Bassa pressione dello pneumoperitoneo (max 12-14 mmHg)
2. Evitare insufflazione properitoneale (trocar malposizionato)
Correzione:
1. Rx torace ed eventuale drenaggio del pnx
2. Riduzione della pressione dello pneumoperitoneo
3. Conversione laparatomica
Prevenzione
1. Estrarre i pezzi, se infetti, con l’impiego di un sacchetto (endobag)
62
CAP. VII Complicanze
Correzione:
1. Apertura della ferita e drenaggio
2. Antibioticoterapia
Embolia gassosa
Complicanza estremamente rara dovuta alla presenza di un vaso venoso beante (letto della
colecisti, superficie di sezione del fegato, vene presacrali). Altra causa di una certa impor-
tanza è l’insufflazione con ago di Veress dello properitoneo durante la closed laparoscopy.
Deve essere sempre sospettata quando, in un paziente stabile emodinamicamente, si os-
servino, specialmente in occasione di un cambiamento posturale, significative e gravi va-
riazioni della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e del valore end-tidal CO2 e della
compliance toracica.
Ricordarsi che la CO2 si scioglie rapidamente nel sangue.
Diagnosi:
• Rx torace
• Ecocardiografia transesofagea
Prevenzione:
1. Preparare anatomicamente le strutture venose, effettuare un’emostasi accurata senza
mai lasciare strutture venose beanti, anche se non sanguinano
Correzione:
1. Interruzione della procedura chirurgica
2. Procedure rianimatorie
3. Aspirazione intracardiaca del gas tramite un catetere di Swan-Ganz
63
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Prevenzione
1. Cauta dissezione con il coagulatore in prossimità del diaframma
2. Non abbandonare strumenti in addome, specie durante la desufflazione
3. Eseguire le manovre sempre sotto visione
Correzione
1. Desufflazione immediata
2. Drenaggio toracico
3. Se possibile, sutura laparoscopica della lacerazione con filo non assorbibile
Ipotermia
È una complicanza legata ad una serie di fattori:
• Fuga di gas attraverso un trocar in procedure molto lunghe (il calo termico è stimato in
0.3 C° ogni 50 lt di CO2)
• Evaporazione peritoneale (il peritoneo ha una superficie equivalente a quella cutanea di
1-2 mq)
• Alterazioni metaboliche indotte dall’anestesia
• Somministrazione di fluidi freddi
Prevenzione
1. Controllare la tenuta dei trocar
2. Monitorizzazione della temperatura esofagea o vescicale
3. Impiego di materassini od altri dispositivi riscaldanti
Correzione
1. Infusione di soluzioni calde
2. Lavaggio peritoneale con soluzioni calde
64
CAP. VIII
Norme di sicurezza
B. Truosolo - B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Norme di sicurezza
Troppo spesso abbiamo visto in televisione o letto sui giornali articoli su drammatiche com-
plicanze dopo un “semplice” intervento laparoscopico. Al fine di ridurre al minimo tali
eventi, riteniamo indispensabile che si attuino una serie di semplici procedure di sicurezza
che, ripetute meccanicamente nel tempo, diventano parte integrante del modus operandi.
Si tratta di piccoli gesti, spesso esagerati, che permettono al neofita di lavorare con mag-
gior tranquillità, senza comportare, di contro, ritardi nelle procedure eseguite dai più esperti.
66
CAP. VIII Norme di sicurezza
• Qualora il peritoneo si scolli dalla parete addominale, come accade frequentemente nella
pelvi, è consigliato perforare il peritoneo coagulandolo con uno strumento inserito nel
trocar stesso.
• Per introdurre un trocar con maggior sicurezza, far effettuare dall’aiuto una controspinta
con la mano aperta sulla parete addominale dal lato opposto.
• Nel caso di pazienti pediatrici od adulti di piccole dimensioni, l’introduzione dei trocar suc-
cessivi al primo può essere resa sicura facendone penetrare la punta nel trocar ombelicale,
una volta ritirata parzialmente l’ottica (trocar nel trocar). Una volta superato il piano
aponeurotico si indirizza la punta del trocar verso l’ombelico e si introduce la punta, an-
cora rivestita dal peritoneo, dentro al trocar ottico.Tale tecnica è indispensabile nel neo-
nato.
Figura 8.3 La punta viene fatta penetrare nel trocar che contiene l'ottica.
67
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
CAVEAT
L’incisione cutanea insufficiente può creare un aumento della resistenza all’ingresso
del trocar; il chirurgo, specie se poco esperto, aumenterà la pressione sul trocar per supe-
rare l’ostacolo. L’improvviso cedimento della resistenza offerta dalla cute può causare la
brusca penetrazione del trocar nell’addome con conseguenze disastrose.
CAVEAT
Non coagulate se tutta la parte metallica dello strumento non è visibile e se non siete si-
curi che non sia a contatto con altri visceri.
• Il dorso degli strumenti non è isolato; è consigliabile coagulare solo quando si abbia
completamente sotto visione lo strumento e si sia controllato che non sia a contatto con
altri tessuti limitrofi.
• Usare l’emostasi per compressione, ove possibile, con l’impiego di piccole garze o di
spugne in fibrina (Tabotamp™).
68
CAP. VIII Norme di sicurezza
Figura 8.4 La manipolazione dei visceri con strumenti non adatti è pericolosa.
• Durante l’adesiolisi verificare che l’aderenza non nasconda un’ansa intestinale che po-
trebbe essere lesa.
69
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Non forzare l’ingresso degli strumenti se offrono una sensazione di ostacolo, ma con-
trollare contro cosa sta urtando la punta.
• Essere certi che lo strumento inquadrato sia quello che sta usando l’operatore.
• Controllare eventuale emorragia dagli orifizi dei trocar o da lesioni apparentemente non
sanguinanti a pneumoperitoneo pieno (ad es. lacerazione epatica in prossimità dell’in-
serzione del legamento rotondo).
Trick:
Se sanguina la breccia del penultimo trocar rimosso può essere utile, sempre sotto visione:
• ricreare lo pnp e reintrodurre il trocar
• introdurre una pinza di Maryland nel trocar
• sfilarlo lentamente e coagulare mantenendo la punta della pinza a contatto con la
parete
Figura 8.6 Coagulazione di vaso muscolare della breccia del penultimo trocar.
70
CAP. VIII Norme di sicurezza
• Evitare l’erniazione di epiploon negli orifizi dei trocar, che facilita la formazione di
ernie.
71
CAP. IX
Open laparoscopy
B. Benini - B. Truosolo
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Open laparoscopy
Tecnica
• Con l’impiego di pinze da presa di Bernarde si afferra la cute all’interno della cicatrice
ombelicale e la si mette in tensione evertendola.
• Dissociazione smussa del sottocutaneo fino ad esporre l’aponeurosi sulla linea mediana ed
il residuo del dotto onfalomesenterico, con l’ausilio di due piccoli divaricatori di Farabeuf.
74
CAP. IX Open laparoscopy
• Il dotto viene afferrato ed attratto verso l’alto con pinze di Kocher. Con le forbici si incide
l’aponeurosi in corrispondenza dell’inserzione del dotto sul piano fasciale, fino a pene-
trare nello spazio properitoneale. Si incide il peritoneo sottostante, direttamente o dopo
averlo sotteso con 2 pinze di Kelly.
• È importante restare sempre sulla linea mediana per evitare di entrare nelle guaine dei retti
dove spesso si determina un fastidioso gemizio ematico.
75
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Figura 9.4 Incisione del piano aponeurotico alla base della cicatrice ombelicale.
• Prima dell’introduzione del trocar deve essere verificato che non vi siano epiploon od anse
adese alla parete. Nel caso vi fossero, è possibile liberarle per via smussa con un dito fatto
ruotare a 360° fino ad ottenere uno spazio sufficiente all’introduzione del trocar.
• Per evitare squilibri emodinamici l’insufflazione deve essere effettuata lentamente rego-
lando il flusso del gas a 1,5-2 l/min.
76
CAP. IX Open laparoscopy
CAVEAT
La distanza tra piano cutaneo all’ombelico e grossi vasi oscilla tra 0,5 ed 1,5 cm. Per ren-
dersene conto basta introdurre un dito nella ferita del trocar ombelicale ad addome de-
sufflato ed apprezzare palpatoriamnte la distanza cui è posta l’arteria iliaca destra.
• Se l’apertura fasciale fosse troppo grande per evitare la perdita di gas, si impiegano alcuni
punti in ac. poliglicolico per ridurne l’ampiezza ed eventualmente ancorare il trocar stesso,
secondo la tecnica originale di Hasson.
• Per inserzioni del primo trocar al di fuori della cicatrice ombelicale, come nelle procedure
sul giunto gastroesofageo, si prepara per piani la parete fino a raggiungere il peritoneo.
Si applicheranno due punti di sutura per esercitare una trazione verso l’alto, facilitando l’in-
serimento ed il fissaggio del trocar. Durante la dissezione i vari piani incontrati devono es-
sere afferrati con pinze di Kocher ed esteriorizzati per trazione rispetto al piano cutaneo.
Si introduce nella ferita, a contatto con il peritoneo, il dorso di una pinza, mentre il piano
fasciale viene esposto con un divaricatore di Farabeuf o con delle pinze di Bernarde.
Figura 9.6 Il piano peritoneale ed aponeurotico vengono trasfissi in sicurezza con ago da 5/8 od a J.
77
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Si appone un punto ad U che comprenda anche il peritoneo stesso. Ideali per questa tec-
nica sono i punti di sutura in ac. poliglactinico od in polidiossanone, dotati di aghi da 5/8
di cerchio o di aghi a J.
Prima di serrare il nodo si controlla che non vi siano epiploon od anse affioranti. Qualora si
usino trocar ottici o ad espansione, non sarà necessaria la sintesi del difetto fasciale, escluso,
naturalmente, quello ombelicale. Le sedi di inserzione dei trocar da 5 mm non richiedono
riparazione.
Miglior risultato estetico si ottiene senza l’impiego di punti di cute. Questi possono essere
sostituiti da punti sottocutanei introflettenti e da colla in cianoacrilato.
78
CAP. X
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Per HALS si intendono quegli interventi in cui viene utilizzato un dispositivo che permetta
l’introduzione della mano non dominante dell’operatore nell’addome del paziente, senza
che venga perso lo pneumoperitoneo.
• Resezioni coliche
• Splenectomia
• Nefrectomia
• Interventi sull’aorta
• Chirurgia dell’obesità
Tecnica
• Esistono dispositivi per HALS di vari diametri ma, il più utilizzato, è quello da 7.5 cm.
• L’incisione di 7.5 cm deve essere praticata lontano dall’area anatomica dell’intervento per
evitare che la mano inserita interferisca con la visione.
LAPDISC
È uno strumento costituito da un anello deformabile e da un anello rigido esterno dotato
di una ghiera regolabile; tra gli anelli è posta una membrana in silicone che, una volta ruo-
tata la ghiera, forma un diaframma a valve contrappposte, analogamente a quello della
macchina fotografica.
80
CAP. X Hand Assisted Laparoscopic Surgery (HALS)
• Le dimensioni dell’incisione devono essere precise ed interessare, in egual modo, tutti gli
strati fino al peritoneo per garantire la tenuta pneumatica del dispositivo. Il device per
HALS più impiegato è il lap-disc.
• Il dispositivo ed il guanto devono essere cosparsi con apposito gel per prevenire l’attrito
e la lacerazione della membrana che è estremamente fragile.
• È possibile, quando si rendesse necessario, ridurre il diametro del diaframma fino a chiu-
derlo ed inserire un trocar. Il dispositivo permette inoltre, una volta aperto completa-
mente, di essere usato per proteggere la parete addominale dalla contaminazione durante
l’estrazione di un organo.
81
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• È preferibile usare guanti di colore scuro per evitare l’abbagliamento della telecamera.
• Esistono altri dispositivi per HALS: pneumosleeve e portgel. Il primo è costituito da due
anelli semirigidi che si introducono allo stesso modo del lap-disc. I due anelli sono uniti
da un sacchetto collegato ad una piccola pompa, simile a quella degli sfigmomanometri.
Gonfiando il sacchetto si ottiene la tenuta pneumatica attorno al guanto. Il portgel è co-
stituito sempre dai due anelli di fissazione alla parete uniti da una membrana siliconica
spessa attraverso la quale è possibile inserire sia la mano guantata che trocar o strumenti.
82
CAP. XI
B. Benini - R. Piagnerelli
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Best transfusion
is the avoided one
W. Schmitt
In chirurgia laparoscopica, ancor più che in quella tradizionale, l’emostasi gioca un ruolo
fondamentale nel successo della procedura. Infatti, la scarsa cura dell’emostasi, provoca un
abbattimento della qualità dell’immagine, sia per l’assorbimento della luce da parte del co-
lore rosso che per la mancanza di visualizzazione dei piani di dissezione.
Emostasi meccanica
In laparoscopia lo pneumoperitoneo stesso riduce il sanguinamento delle piccole strutture
vascolari sia per la vasocostrizione indotta dalla CO2 che per effetto pressorio diretto sulle
venule (Baroemostasi).
La baroemostasi, che viene sfruttata nella ricerca di piani di dissezione esangui, deve es-
sere verificata al termine dell’intervento con l’abbassamento della pressione endoaddomi-
nale per alcuni minuti e la revisione successiva del campo operatorio.
Molto utili nel controllo dell’emostasi sono piccoli tamponi di garza o longhette tagliate
in 4-5 porzioni.
• Il loro colore bianco rischiara un campo operatorio reso buio dall’assorbimento della luce
da parte del colore rosso del sangue
• Si possono impiegare per eseguire una compressione, in attesa di gesti emostatici defini-
tivi
• Permettono di aspirare i liquidi senza che i fori dell’aspiratore siano ostruiti da frange epi-
ploiche
84
CAP. XI Emostasi in chirurgia laparoscopica
ELETTROCHIRURGIA
In laparoscopia la dissezione tissutale non viene eseguita con strumenti taglienti, come in chi-
rurgia “open”, ma con tecniche elettrochirurgiche. Questo consente di ottenere piani di cli-
vaggio pressoché esangui; la pulizia del campo operatorio, importante anche in chirurgia
“open”, è fondamentale nelle procedure mini invasive. Infatti, l’esiguità del campo visivo, è
facilmente compromessa anche dal minimo sanguinamento e la visione è ostacolata dalla di-
minuzione della luminosità provocata dall’assorbimento della luce da parte del sangue.
Tutti i tessuti, se riscaldati, subiscono delle modificazioni istologiche che variano al variare
della temperatura:
Fino a 60° non vi sono modificazioni visibili ad occhio nudo.
Oltre i 60° inizia la coagulazione che è visibile per l’accartocciamento e lo sbiancamento del
tessuto ed in particolare della quota di collagene.
Quando la temperatura raggiunge i 100° l’acqua cellulare va in ebollizione ed il vapore
rompe le membrane cellulari.
COAGULAZIONE MONOPOLARE
Tip: Perchè l’applicazione della corrente elettrica ai tessuti in chirurgia non è mortale,
come avviene con quella domestica?
L’elevata frequenza della corrente elettrica impiegata in chirurgia non provoca altera-
zioni ioniche e la conseguente depolarizazzione delle placche neuromuscolari. Al con-
trario, l’elettricità per uso domestico che è a bassa frequenza (60MHz), depolarizzando
la membrana neuromuscolare, è in grado di provocare una fibrillazione ventricolare.
85
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
2. Diffusione del calore ai tessuti limitrofi: Può essere causa di danni a visceri che ge-
neralmente non sono immediatamente evidenti ma si manifestano dopo ore o giorni.
86
CAP. XI Emostasi in chirurgia laparoscopica
6. Contatti diretti: Dovuti alla presenza di aree non isolate nell’asta dello strumento; an-
ch’essi spesso provocano danni termici al di fuori dell’area visiva del chirurgo.
7. Contatti da capacitanza: Accade quando la carica elettrica passa a distanza tra due
conduttori separati da un isolante.
8. Ferite da “guanto bucato”: Perdita del potere isolante o lesione dell’isolante dovuto
ad alta tensione. Danno solo per il chirurgo.
9. Esplosioni: Il 43% dei colon non preparati contengono miscele di gas potenzialmente
esplosivi e l’idrogeno, già a concentrazioni dal 4 al 7%, è esplosivo.
87
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Figura 11.4-5-6 Impiego corretto della coagulazione monopolare: hook, look and cook.
88
CAP. XI Emostasi in chirurgia laparoscopica
COAGULAZIONE BIPOLARE
Tale modalità si serve di “pinze o forbici coagulanti” le cui estremità sono isolate tra loro e
sono elettrodi di polarità opposta. Con questa modalità il paziente non diventa parte del cir-
cuito elettrico ma l’energia viene applicata solo al tessuto incluso tra le due estremità dello
strumento. La coagulazione si ot-
tiene così a potenza ridotta rispetto
alla monopolare.
Non necessità di piastra perché
l’energia elettrica passa solo nel tes-
suto compreso tra le due punte
della pinza. L’impiego di pinze bi-
polari permette un’emostasi molto
precisa, senza diffusione ai tessuti
circostanti. Di contro la coagula-
zione bipolare non ha capacità di
taglio e non permette quindi la dis-
sezione; il tessuto coagulato ri-
chiede di essere tagliato con le
forbici e questo spiega la diffusione
limitata della coagulazione bipolare.
Figura 11.7 Coagulazione bipolare.
Trick: Qualora si preveda un uso intenso della bipolare, come nella chirurgia ginecologica,
per guadagnare tempo si possono adottare pinze da presa bipolari da impiegare con la
mano sinistra e le forbici nella destra.
A margine va segnalato come nell’impiego della pinza bipolare questa non vada mai ser-
rata troppo e gli elettrodi solo accostati altrimenti non si avrà alcun effetto sui tessuti ma solo
la trasmissione diretta dell’elettricità da un polo all’altro.
89
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
mico piezoelettrico che vibra alla frequenza di 55 kHz trasmettendo il movimento al tessuto
contenuto tra le branche dello strumento. La frizione sul tessuto ne determina il riscalda-
mento che causa la denaturazione del collagene.
La vibrazione della lama attiva induce sui tessuti un fenomeno di cavitazione. La cavita-
zione consiste nella formazione di bolle e vapore senza ebollizione, come nelle eliche dei
motori marini. Infatti l’applicazione del dissettore ad ultrasuoni su di una superficie perito-
neale provoca la cavitazione del tessuto adiposo sottostante eseguendo una predissezione.
Questa tecnica si rivela molto utile nella ricerca dei piani di clivaggio e nella preparazione
delle strutture vascolari.
Gli strumenti ad ultrasuoni, se usati a bassa potenza, hanno un ottimo potere coagulante
sulle strutture vascolari di diametro fino a 3,5 mm anche se vi sono studi sul maiale che
hanno dimostrato la possibilità di trattamento di arterie fino a 5 mm.
Il principale difetto dei dispositivi ad ultrasuoni è costituito dalla lentezza di utilizzo che è
stata però ridotta dall’introduzione sul mercato dell’Harmonic Ace.
CAVEAT
Per evitare che la punta del manipolo si riscaldi troppo, non attivare mai l’Ultracision a
branche serrate senza tessuto interposto.
Non scostare visceri immediatamente dopo aver effettuato una coagulazione; raffreddare
la punta toccando un lobulo di tessuto adiposo.
RADIOFREQUENZA
Si tratta di altri dispositivi per emostasi che somministrano corrente elettrica bipolare ad alto
amperaggio e bassa potenza. Provocano la denaturazione parziale del collagene e dell’ela-
stina delle pareti vasali ed il tessuto, al termine dell’applicazione, appare semitrasparente.
90
CAP. XI Emostasi in chirurgia laparoscopica
I dispositivi più recenti (Ligasure Atlas) sono dotati di una lama per sezionare il tessuto pre-
coagulato.
A differenza degli apparecchi ad ultrasuoni, gli strumenti a radiofrequenza, non hanno nes-
suna capacità di dissezione; il loro uso è quindi esclusivamente di emostasi di peduncoli va-
scolari; ne è stato proposto anche l’uso in assoluta assenza di legature o clip nell’emostasi
dei vasi splenici (staplerless splenectomy).
Il Ligasure, però, è molto lento nella sua azione, richiedendo tra i 2 ed i 10 sec. per appli-
cazione. Inoltre, come tutti i dispositivi a corrente bipolare, coartando i tessuti, non ne per-
mette la dissezione.
Emostasi farmacologica
COLLE DI FIBRINA
La colla di fibrina é priva di tossicità per i tessuti su cui viene applicata, promuove la for-
91
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Attualmente in Europa sono disponibili in commercio diversi prodotti identificati come colla
di fibrina tra i quali i più comunemente utilizzati sono noti con il nome commerciale di
Quixil™ e Tissucol™/Tissell™.
Il Tissucol, capostipite delle colle di fibrina ed in commercio da oltre 20 anni, presenta il li-
mite di non poter essere conservato una volta scongelato e di avere una scarsa adesività.
Il Quixil, di recente introduzione, rappresenta un’evoluzione del prodotto; infatti, una volta
preparato, può essere conservato per 30 gg in frigorifero, riducendo i costi in caso di man-
cato utilizzo.
Nel corso del processo di preparazione, tutti i prodotti attualmente in commercio sono sot-
toposti ad uno o più processi di sterilizzazione ed inattivazione virale che variano da pro-
dotto a prodotto.
I rischi di trasmissione di agenti virali attraverso questi prodotti sono da ritenersi oggi su-
perati.
FloSeal Matrix non dovrebbe essere usato in presenza di infezioni. FloSeal Matrix non do-
vrebbe essere usato insieme a colle chirurgiche a base di metilmetacrilato.
La procedura corretta per l’applicazione consiste nel tamponare il sito del sanguinamento
con un tampone bagnato con soluzione fisiologica (non eparinizzata) ed applicare il pro-
dotto tra il tampone e la superficie sanguinante. Rimuovere il tampone dopo due minuti.
Se una volta fermato il sanguinamento è presente un eccesso di prodotto, questo può es-
sere rimosso con un’irrigazione con soluzione fisiologica.
Questo prodotto, derivato dalla lavorazione della cellulosa estratta dal cotone, agisce cre-
ando un ambiente acido che facilita l’emostasi, denaturando le proteine plasmatiche.
92
CAP. XI Emostasi in chirurgia laparoscopica
• TABOTAMP FIBRILLARE™, con l’aspetto del cotone idrofilo, molto adesivo, anche
adatto a riempire piccole cavità.
In laparoscopia viene introdotto a piccoli batuffoli, attraverso un trocar da 10 mm.
• TABOTAMP KNU-NIT™, un vero e proprio tessuto che può essere impiegato per trat-
tare superfici estese. Ha una certa resistenza che gli permette di essere suturato, come ad
esempio nella riparazione delle lesioni spleniche. Costituisce un ottimo supporto su cui ef-
fettuare una divaricazione di un fegato con una glissoniana molto fragile, come avviene
ad esempio negli obesi.
93
CAP. XII
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
L’esecuzione delle prime suture endoscopiche risale agli anni ’70, tuttavia l’esplosione della chi-
rurgia mininvasiva, a partire dagli anni ’90 ne ha inevitabilmente aumentata la diffusione e
l’importanza.
Principi di base
• il trocar: per la sutura il chirurgo deve prestare attenzione ad alcuni particolari quali
l’apertura manuale della valvola ed il sistema di controllo della stessa per evitare la per-
dita eccessiva di CO2 al momento dell’annodamento o ancora la presenza del riduttore a
scatto o il manicotto riduttore
• Passafili e spinginodi
• Pinze da presa, che alcuni sostituiscono con un secondo porta-aghi, spesso sono curve
in punta.
96
CAP. XII Sintesi tissutale laparoscopica
Nodi
NODO INTRACORPOREO
Tecnica di annodamento
1. Dopo aver passato il punto da destra a sinistra si dispone il capo con ago a formare
un’ansa a C, la cui concavità è rivolta a destra, mentre il porta-aghi ne sostiene un’estre-
mità afferrando la punta dell’ago.
Figura 12.1 Preparazione dell’annodamento: il filo forma un’ansa con convessità a destra.
97
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
3. Lo strumento di sinistra afferra la coda della sutura che deve essere lunga 15-20 mm,
massimo.
Figura 12.3 Trazione in senso opposto dei due capi e creazione della prima semichiave.
98
CAP. XII Sintesi tissutale laparoscopica
4. Trazione dei due capi in senso opposto e formazione del primo nodo, a frizione.
99
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
6. Lo strumento di sinistra, afferrando la punta dell’ago esegue un avvolgimento del filo at-
torno al porta-aghi, che invece afferra la coda.
NODO EXTRACORPOREO
Si impiegano preferibilmente il
nodo di Roeder o quello di Meltzer
100
CAP. XII Sintesi tissutale laparoscopica
• L’ansa viene tenuta aperta dal dito indice della mano sinistra dell’operatore
• Il capo corrente del filo viene avvolto tre volte attorno all’ansa
Figura 12.10 Nodo di Roeder: secondo avvolgi- Figura 12.11 Nodo di Roeder: terzo avvolgimento.
mento.
101
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Scivola bene ed ha ottima tenuta. I cappi preconfezionati sono annodati con un nodo di Roeder.
Il nodo di Meltzer è una modifica del precedente che consiste in un triplo avvolgimento
del nodo a frizione iniziale ed in una doppia ansa finale. È particolarmente indicato con
l’uso dei fili in polidiossanone.
Suture
• Il filo ideale nelle suture laparoscopiche deve essere scorrevole, con poca memoria,
ben visibil
• Sono da preferirsi le suture di colore nero o bianco perché più visibili in laparoscopia.
• Anche gli aghi per le suture laparoscopiche devono essere di colore nero od aver subito
trattamenti di brunitura antiriflesso
• I trocar devono essere disposti in modo da formare con la sutura un angolo di 60-90°.
• L’altezza del tavolo operatorio deve essere tale che l’operatore possa tenere le braccia vi-
cino al corpo e che gli strumenti entrino con un angolo di 30-60° rispetto ad un piano
orizzontale
• la triangolazione tra le due mani e l’ottica deve essere sempre tenuta in mente nella di-
sposizione dei trocar
• l’ago va introdotto nel trocar afferrando il filo con il porta aghi
• i fili intrecciati sono più facili da annodare rispetto al monofilamento
• Il monofilamento è più scorrevole nell’esecuzione di suture continue
• Il nodo iniziale di una sutura continua può essere sostituito da un cappio preconfezionato
attraverso cui viene fatto passare il filo una volta apposto il 1° punto
• Curare la tensione della sutura ad ogni passaggio; correggerne la tensione alla fine può
essere impossibile
• Esercitare una controspinta con il tessuto verso l’ago per favorirne la penetrazione.
• Le suture perpendicolari all’operatore sono più facili e devono essere condotte dalla parte
più lontana dall’ottica a quella più vicina.
Scelta dell’ago
102
CAP. XII Sintesi tissutale laparoscopica
103
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Trick: La lunghezza del filo di sutura deve essere compresa tra i 10 e i 20 cm max
(se la sutura sembra lunga è lunga, se sembra giusta è lunga, se sembra corta è giusta).
TECNICA
• I porta aghi per suture laparoscopiche hanno spesso la punta con curvatura a sinistra, al
contrario dello strumento di assistenza alla sutura, per favorire l’ergonomia sia durante
l’annodamento che durante il passaggio del punto.
• Fondamentale per la sutura è che l’ago si trovi a 90° rispetto al morso, ma questo non è
facile da ottenere per via della visione bidimensionale. Per disporre l’ago in questo modo
lo si appoggia contro un viscere e lo si afferra oppure lo si sospende con una pinza te-
nendolo per il filo e lo si afferra ritrovandolo direttamente ortogonale al morso.
• La distanza ideale tra i trocar operatori, in una sutura è di 20 cm, mentre la distanza dal-
l’oggetto è di 15 cm.
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CAP. XII Sintesi tissutale laparoscopica
Lapra-ty™
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MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Trick: Nei pazienti magri la sutura può essere fatta passare direttamente attraverso la pa-
rete addominale pungendola ed allo stesso modo può essere estratto l’ago. Questo può
essere molto utile quando si impieghino solo trocar da 3-5 mm.
Colle
Sono impiegate per permettere l’adesione di protesi al tessuto, ma non tra due tessuti, al-
meno al momento.
Perché una colla sia efficace la protesi deve essere macroporosa, molto leggera e flessibile.
Le colle si usano anche per risparmiare il numero di clip che possono danneggiare strutture
sottostanti, favorire adesioni di visceri od erosione degli stessi e provocare dolore anche
grave per intrappolamento di strutture nervose (ad es. pain triangle nell’ernia inguinale).
Le colle sono applicate con un apposito introduttore per uso laparoscopico; in assenza di
questo si può usare una sonda di Nelaton di calibro 8 avendo cura di insufflare una bolla di
aria al termine per recuperare tutto il materiale rimasto nel tubo.
Alcune colle hanno lo scopo di aumentare l’impermeabilità delle anastomosi viscerali anche
se il vero beneficio in questo utilizzo deve essere ancora dimostrato. Il loro impiego come
sigillanti è limitato alla chirurgia vascolare.
I dettagli della loro composizione e delle loro caratteristiche sono esposti nel capitolo de-
dicato all’emostasi.
106
CAP. XII Sintesi tissutale laparoscopica
107
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Suturatrici meccaniche
Principi e vantaggi:
Lo stapler è lo strumento utilizzato in chirurgia per apporre graffette in titanio (RM com-
patibile) sui tessuti allo scopo di realizzare suture semplici e anastomosi come alternativa alla
sutura manuale.
Figura 12.19 Diverso tipo di punto in relazione allo spessore del tessuto da suturare.
108
CAP. XII Sintesi tissutale laparoscopica
1. Circolari - Applicano una doppia fila di punti sfalsati disposta circolarmente, con con-
temporaneo taglio di un bisturi circolare al centro. Sono disponibili suturatrici di diverso
calibro per diverse misure intraluminali: 21- 25 –29 –33 mm
2. Taglia e cuci – applicano due doppie file di punti sfalsati e paralleli con taglio al centro.
sono disponibili suturatrici di diversa lunghezza e soprattutto con altezza del punto di-
versificata.
Al momento oltre alle ordinarie altezze vascolari (chiusura a 1 mm) piuttosto che tessuti
standard (chiusura 1,5 mm) e spessi (chiusura 2,0 mm) vi si aggiunge il punto gold che
chiude alla misura di 1,8 mm e che sicuramente ottimizza le scorte perché valido sia per
tessuti standard che spessi
109
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
I punti applicati:
I punti sono contenuti in cartucce monouso che sono caricate sul manipolo.
Il punto metallico ha forma rettangolare che si trasforma a “B” dopo compressione sull’ in-
cudine della suturatrice.
Esistono punti di dimensioni diverse a seconda dello spessore di tessuto da suturare, scelta
in base ai parametri:
• Altezza gamba del punto
• Altezza punto chiuso
• Corona del punto
Nelle suturatrici lineari e taglia e cuci, in generale, le ricariche sono di tre tipi:
• Per tessuti sottili o vascolari (bianco): altezza punto chiuso 1,0 mm, altezza gamba 2,5 mm
• Per tessuti “standard” (blu): altezza punto chiuso 1,5 mm, altezza gamba 3.5mm
• Per tessuti spessi (verde): Altezza punto chiuso 2,0 mm, altezza gamba 4,8 mm
Con la suturatrice circolare la scelta dell’altezza del punto chiuso da applicare al tessuto
da suturare non è predeterminata da una tipologia di punto.
La regolazione dell’altezza del punto chiuso viene regolata dal chirurgo a seconda di quanto
si “avviti” il pomo di regolazione ovvero di quanto si avvicini l’alloggiamento dei punti al-
l’incudine.
Altezza punto chiuso variabile da 2,5 a 1,0 mm.
110
CAP. XII Sintesi tissutale laparoscopica
Fra le suturatici meccaniche vi è da menzionare anche la suturatrice taglia e cuci curva de-
nominata “Contour™”.
È uno strumento utilissimo nella resezione del retto basso e facilita l’accesso nelle pelvi più
stretti e difficili.
Visto il campo di applicazioni sono prevaricate con sole 2 tipi di cartucce, blu e verdi.
• Punti da 35 - 45 - 60 mm
• Ricariche intercambiabili: vascolari, tessuti normali, gold (Echelon™ 60), tessuti spessi
• Articolabile e retta, compact e long
• Ricariche, tutte con diametro da 12 mm.
• Stelo in acciaio antiriflesso
• Impugnatura ergonomica a doppio grilletto
• Utilizzo con una sola mano
• Elevata compressione del tessuto da trattare.
111
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
45
60
Trick:
• Bisogna fare attenzione che lo strumento sia
completamente fuoriuscito dal trocar, altri-
menti le ganasce non si aprono.
• Anche la giunzione degli steli articolabili può
essere attivata solo quando completamente
fuoriuscita dal trocar.
• Quando lo spazio è ridotto o quando si
usano suturatrici da 15 mm di diametro e si
dispone solo di trocar da 10-12 mm è possi-
bile estrarre il trocar stesso ed introdurre lo
strumento direttamente attraverso l’incisione
della parete senza perdita sensibile dello
pneumoperitoneo.
112
CAP. XIII
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Il miglioramento dei risultati e la riduzione degli errori in chirurgia è legata, oltre che alle ca-
pacità del singolo operatore, all’accurata pianificazione del gesto chirurgico da parte di
un’intera equipe.
In chirurgia laparoscopica contribuiscono in maniera ancor più determinante la distribu-
zione ergonomica dell’attrezzatura di sala operatoria, la corretta preparazione del paziente,
la ripetizione di procedure standard, la rapida correzione degli inconvenienti tecnici.
Sala operatoria
La sala operatoria adibita alla chirurgia laparoscopica deve possedere alcuni requisiti stan-
dard:
Dotazioni standard
114
CAP. XIII Set-up della sala operatoria e del paziente
115
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
3. Controllare che il consenso informato sia stato firmato dal paziente e dal chirurgo
4. Controllare che gli esami preoperatori siano in ordine e che sia stata eseguita la valuta-
zione anestesiologica
116
CAP. XIII Set-up della sala operatoria e del paziente
2 pinze di Bernarde
2 pinze di Durante
Pinza schermata da coagulazione
Forbici di Mayo
Forbici di Metzembaum
Porta aghi corto
Divaricatori di Farabeuf
Divaricatori di Matieu
4 pinze di Crile
2 pinze di Kocher
Bisturi con lame
Suture
4 Pinze fermateli
Pinza portatampone
2) Tavolo madre
117
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Divaricatore autostatico
Pinze anatomiche o tipo DeBakey corte, medie e lunghe
Pinze schermate da coagulazione
Cannula di aspirazione tipo Yankauer
Clamp vascolari di Satinsky rette e curve
Clamp vascolari autostatici tipo Bulldog
Clamp vascolari tipo Debakey
Porta aghi corti e lunghi robusti
Porta aghi corti e lunghi intestinali
Porta aghi corti e lunghi vascolari
118
CAP. XIII Set-up della sala operatoria e del paziente
Cavo elettrobisturi
Copritelecamera (se necessario)
Trocar
Tubo per insufflazione
Aspiratore-irrigatore e relativi tubi
Uncino da dissezione
Pinze di Johann, clinch, forbici, grasper
Applicatore di clip
119
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Perdita attorno ad uno dei trocar Serrare la ferita cutanea con una
sutura
120
CAP. XIII Set-up della sala operatoria e del paziente
Nessuna immagine Uno degli apparecchi (monitor, Controllare che i cavi siano
sul monitor telecamera, VCR) sono spenti correttamente connessi. Dalla
telecamera il segnale video deve
Il cavo di connessione telecamera raggiungere prima il VCR ( se
monitor o telecamera VCR presente) attraverso la porta
monitor non è collegato video IN e successivamente il
monitor uscendo dalla porta
video OUT del VCR
121
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
122
CAP. XIV
Trattamento perioperatorio
B. Benini - S. Manfroni
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Trattamento perioperatorio
“Antibiotics may convert a third class
surgeon into a second class surgeon,
but never a second class surgeon into
a first class one”
O.H. Wangensteen 1898–1981
Esami preoperatori
Rx Torace
Esami ematochimici compresa la coagulazione
ECG
124
CAP. XIV Trattamento perioperatorio
+ Amoxicillina + acido
clavulanico 2,2 g e.v.
Classe Definizione
PULITO Intervento in cui non si incontra infiammazione e non si penetra nelle vie respiratorie, nel
tubo digerente e nelle vie urinarie. Non si interrompe l’asepsi in sala operatoria
PULITO- Intervento in cui le vie respiratorie, il tubo digerente o le vie urinarie sono aperte, ma
CONTAMINATO senza significativa fuoruscita del loro contenuto
CONTAMINATO Intervento in cui si incontra infiammazione acuta (senza pus) o vi è una visibile
contaminazione della ferita, come per fuoruscita grossolana del contenuto di un viscere
cavo o trauma aperto operato entro le 4 ore.
SPORCO Intervento in presenza di pus, dove vi sia una precedente perforazione di viscere cavo, o
trauma aperto da più di 4 ore.
125
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Classe Definizione
ASA 3 Paziente con malattia sistemica severa, che limita l’attività ma non è invalidante
ASA 4 Paziente con malattia sistemica invalidante, che è una minaccia costante alla vita
Indice di rischio
2 entrambi i fattori
% Infezioni attese
Trattamento postoperatorio
Il postoperatorio del paziente sottoposto a chirurgia mini invasiva è caratterizzato da una
ridotta componente dolorosa , da scarsa distensione addominale e da una ripresa dello stato
generale estremamente rapida. Questi fattori hanno consentito di eseguire interventi di chi-
rurgia laparoscopica con dimissione nelle 24 ore che in alcune casistiche viene ulteriormente
anticipata a 4-6 ore. Si tratta comunque di esperienze numericamente limitate ed attuate
in nazioni in cui l’organizzazione del sistema sanitario prevede un’assistenza domiciliare ca-
pillare.
126
CAP. XIV Trattamento perioperatorio
Nei paziento sottoposti a resezione colica si sta valutando , anche in laparoscopia, l’impiego
di un protocollo aggressivo , detto FAST-TRACK , che ha dato già ottimi risultati in chirur-
gia tradizionale.
127
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Condizioni acquisite
• Malnutrizione
• Età oltre 40 a.
• Gravidanza e/o trattamento con estroprogestinici
• Obesità
• Pregresse TVP od EP
• Varici arti
• Poliglobulia
• Trauma
• Anticorpi antifosfolipidi
128
CAP. XV
Bedside Laparoscopy
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Bedside Laparoscopy
Quanto detto ha reso di attualità la bedside laparoscopy (BL). Tale metodica consiste
nell’eseguire una laparoscopia esplorativa direttamente al letto del paziente, sia in aneste-
sia locale che in narcosi.
La BL permette una diagnosi accurata con una specificità ed una sensibilità superiori alle tec-
niche di imaging attualmente in uso; consente anche, seppure in casi selezionati, di eseguire
semplici manovre terapeutiche.
Indicazioni:
• Paziente in terapia intensiva con alterazione dei parametri emodinamici e/o acidosi
• Sospetto di sepsi addominale: colecistite acuta, ulcera peptica perforata, pancreatite acuta,
ascessi, altre peritoniti.
• Sospetto di ischemia intestinale.
• Stati emorragici: valutazione della presenza di emoperitoneo, lesioni spleniche ed epati-
che, lesioni diaframmatiche.
• Altre: dislocazioni di cateteri da PEG o digiunostomie., posizionamento di cateteri per dia-
lisi peritoneale, confezionamento di digiunostomia.
Controindicazioni:
• Coagulopatie severe
• Ipertensione endocranica non trattata e non monitorizzata con PIC
• Cirrosi epatica
• Angina instabile od infarto in atto, altre cardiopatie da valutare con il rianimatore
• Obesità patologica (relativa)
• Addome ostile
• Instabilità di circolo
130
CAP. XV Bedside Laparoscopy
Strumentario
• Ottica 30° gradi
• Trocar da 10 mm (1)
• Trocar da 3-5 mm (2)
• Materiale per es colturale
• Aspiratore
Tecnica chirurgica
• Al letto del paziente viene ap-
prontato un piccolo set chirur-
gico e collocato il trolley
laparoscopico.
• Si induce uno pneumoperitoneo a bassa pressione (8-10 mmHg) e se ne valutano gli ef-
fetti sull’emodinamica.
• Si esegue poi un’esplorazione di tutta la cavità peritoneale, cambiando il decubito del pa-
ziente (letto basculante) per ottenere l’esposizione dei visceri. Vanno ricercate: presenza
di versamento libero (biliare, enterico, ematico, ecc…), o fibrina.
131
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Nel caso di instabilità legata a sepsi in un paziente degente in ICU è consigliabile eseguire
la BL precocemente, in alcuni casi anche come alternativa alla diagnostica di immagine;
sono considerati indicazione alla diagnostica aggressiva la somma di alcuni di questi fat-
tori: contrazione della diuresi, peggioramento degli scambi respiratori, movimento enzi-
matico, alterazioni dell’equilibrio acido-base.
• Qualora non fosse possibile avere una piena esposizione dei visceri, si può inserire un tro-
car operatore da 5 mm in cui inserire un ferro da presa delicata (Johann) od un aspiratore,
per sollevare l’omento ed osservare le anse sottostanti.
132
CAP. XVI
B. Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
134
CAP. XVI Internet e chirurgia laparoscopica
CHAT: forma di messaggistica istantanea che ancora è limitata a chiacchiere per il tempo
libero, ma viene talvolta impiegata su dispositivi portatili per la comunicazione tra elementi
dello stesso gruppo. In questo caso richiede l’impiego di push-mail e di dispositivi in grado
di gestirla (Blackberry o simili).
Didattica
135
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Video on line
E books
Linee guida
136
CAP. XVI Internet e chirurgia laparoscopica
Riviste
137
CAP. XVII
Chirurgia Robotica
R. Bertolini - G. Natuzzi
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Chirurgia Robotica
A robot may not injure a human being or,
through inaction, allow a human being
to come to harm. 1st law of robotics
I. Asimov 1920-1992
Si è ampliato quindi il numero dei pazienti che possono beneficiare di una “Chirurgia alta-
mente tecnologica“ che, a parità di risultati in confronto alla Chirurgia tradizionale, offre:
• riduzione del dolore post operatorio
• riduzione della degenza
• migliori risultati cosmetici
• più rapida ripresa della efficienza fisica.
140
CAP. XVII Chirurgia Robotica
L’operatore, seduto alla consolle, grazie alla magnificazione dell’immagine ed alla visione
tridimensionale può, mediante l’utilizzo di strumenti fisiologicamente articolabili, eseguire
movimenti precisi, accurati, privi di tremori trasmessi, compiendo manovre fino ad oggi
ritenute impossibili. E’ in grado pertanto di eseguire una fine dissezione, suture intracor-
poree e microanastomosi non altrimenti eseguibili con la tecnica laparoscopica tradizionale.
141
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Consolle chirurgica
• Precisione di movimento
• Possibilità di demoltiplicare il movimento fino a 5 volte
• Eliminazione dei tremori fisiologici
Carrello
• Monitor
• 2 Camera Control Unit
• 2 Fonti luminose (Xenon)
• 2 Sincronizzatori
• Controllo messa a fuoco
• Telecamera PAL
• 3CCD
Strumentario
1. Sistema ottico (specifico e dedicato al robot)
2. Sistema Endo-Wrist
3. Strumentazione di base
4. Strumentazione avanzata
142
CAP. XVII Chirurgia Robotica
2) Strumenti Endowrist
Il sistema da Vinci utilizza degli strumenti
dedicati prodotti dalla stessa INTUITIVE
• Progettati per riprodurre fedelmente
i movimenti della mano umana
• Garantiscono completa libertà
nei movimenti (7 gradi di libertà: 6+la presa)
Strumenti Endowrist
• Guidati via cavo
• Riproducono i tendini della mano
• Precisione assoluta
• Eliminazione dei tremori
• Movimenti graduabili
• Grande libertà di movimento
• Risposta immediata
• Autoclavabili/sterilità garantita
• Riutilizzabili per 8-10 interventi
• Diametro stelo di 8 mm
Sono disponibili 17 diversi strumenti
a) 9 Pinze (1 bipolare)
b) 2 Forbici
c) 1 Applicatore di clip piccole
d) 1 Ultrasonic Shears
e) 2 Elettrocautery (spatola-uncino)
f) 2 Bisturi
Applicazioni
• Chirurgia generale
• Chirurgia toracica
• Cardiochirurgia
• Urologia
• Chirurgia ginecologica
• Chirurgia vascolare
• Otorinolaringoiatria
Chirurgia Mininvasiva
Vantaggi Svantaggi
• Minor dolore postoperatorio • Aumento dei tempi operatori
• Diminuzione della degenza post-operatoria • Risultati oncologici da verificare
• Pronta ripresa della canalizzazione • Inadeguata linfoadenectomia
• Minore impatto sulla parete addominale • Difficoltà nell’eseguire suture
• Diminuzione delle perdite ematiche • Alti costi
• Minore compromissione del sistema immunitario
• Minore morbilità
143
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Chirurgia robotica
• Migliora la dissezione chirurgica
• Supera le limitazioni della laparoscopia
• Permette suture di alta precisione
• “Solo Surgery”
Possiamo, in ultima analisi suddividere gli interventi chirurgici in interventi che non hanno
risentito sensibilmente della chirurgia robotica, interventi che si possono considerare mi-
gliorati grazie alla tecnologia robotica ed interventi fattibili esclusivamente con tecnologia
robotica.
144
CAP. XVI
B.Benini
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Indicazioni:
Controindicazioni
CAP. Plastiche antireflusso per GERD
REPERI ANATOMICI
DEL GIUNTO GASTRO-ESOFAGEO E DELLO IATO
Nervi vaghi X paio dei nervi cranici. Formano due tronchi, che decorrono
aderenti all’esofago, ai suoi lati; il sinistro si dirige verso la pic-
cola curva ed il destro posteriormente.
Arteria epatica Presente nel 25% dei casi, nasce dall’a.gastrica sinistra ed ir-
sinistra accessoria rora il fegato sinistro dopo averlo raggiunto a livello del solco
o di Hyrtl trasverso di Haller.
Vasi brevi Piccoli vasi che originano dall’ a. splenica, decorrono nel le-
gamento gastro-splenico e si anastomizzano con i vasi ga-
stroepiploici sinistri.
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
CAP. Plastiche antireflusso per GERD
Equipe
• Chirurgo tra le gambe ed aiuto a sinistra
• Assistente a destra
• Strumentista a destra dell’operatore.
• Monitor alla testa del letto.
Operatore ●
Aiuto ●
Strumentista ● Figura 26.1 Disposizione dell’equipe
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
• Esofagogramma
• pH manometria esofagea
• Esofagogastroscopia con biopsie
• TC torace
• Digiuno per almeno 6 ore.
• Antibioticoprofilassi
Postoperatorio
Rimozione sng e cv al risveglio
POD I
Assunzione liquidi
Deambulazione
POD II
Alimentazione semiliquida (da continuarsi per 7-15 gg)
Rimozione drenaggio e dimissione
Strumentario
1. Standard
3. Pronti in sala
• Dissettore di Maryland “endodissect”
• Lapra-tye
• Endoclip
• Divaricatore laparoscopico
CAP. X I Plastiche antireflusso per GERD
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” sovraombelicale ad un
terzo della distanza tra ombelico e xifoide
(10-15 cm sopra l’ombelico) e creazione
dello pneumoperitoneo (trocar A). L’accesso,
specie negli obesi, è bene sia eseguito per
via transrettale per evitare il legamento ro-
tondo.
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Qualora si scelga di eseguire una “floppy” Nissen si procede alla sezione dei vasi gastrici
CAP. Plastiche antireflusso per GERD
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Tip: La valva, una volta fuoriuscita dalla finestra retroesofagea deve rimanere morbi-
damente in questa posizione , senza necessità di essere trattenuta. Solo in questo modo
si potrà confezionare una plastica corretta.
CAP. Plastiche antireflusso per GERD
• Dopo aver provveduto alla creazione della finestra retroesofagea si afferra con una pinza
parte del fondo gastrico, per lo più la superficie anteriore e lo si attrae a destra dell’eso-
fago. Si procede poi alla sutura, come nel caso precedente, delle due cuffie di tessuto fun-
dico. I punti di sutura sono più di due, generalmente 4-5. Il più craniale deve includere
anche la parete anteriore dell’esofago. Per evitare lo slippage della valva viene posto un
punto di ancoraggio tra la valva gastrica sinistra e la piccola curvatura (punto di Rossetti).
• Questa tecnica trova la sua indicazione nelle discinesie esofagee in quanto non è quasi mai
complicata da disfagia o quando la fundoplicatio a 360° non sia agevole.
• La parete anteriore del fondo gastrico viene suturata ai pilastri diaframmatici ed alla mu-
scolare dell’esofago.
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Non esistono studi controllati sull’utilizzo di questa tecnica nella malattia da reflusso o
nell’ernia iatale.
CAP. Plastiche antireflusso per GERD
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Indicazioni:
Ernia iatale associata a:
• Sanguinamento con esofagite severa od esofago di Barret
• Ulcera esofagea di Cameron
• Complicazioni respiratorie
• Sintomatologia extradigestiva (dispnea, episodi broncopneumonici recidivanti, asma,
tosse cronica,aritmie cardiache non cardiogene)
• Episodi di torsione o volvolo.
• Disfagia
Controindicazioni:
• Generiche per la laparoscopia
Equipe
• Chirurgo tra le gambe ed aiuto a sinistra
• Assistente a destra
• Strumentista a destra dell’operatore
• Monitor alla testa del letto
Operatore ●
Aiuto ●
Strumentista ● Figura 26.13 Disposizione dell’equipe
CAP. Ernia iatale
Strumentario
1. Standard
3. Pronti in sala
• Divaricatore esofageo (endoretract I)
• Dissettore di Maryland “endodissect”
• Lapra-tye
• Pledget di teflon
• Divaricatore laparoscopico
• Protesi in materiale composito
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
Esofagogramma
pH manometria esofagea
Esofagogastroscopia con biopsie
TC torace
Digiuno per almeno 6 ore.
Profilassi antibiotica e TVP, inibitori di pompa
Postoperatorio
Rimozione sng e cv al risveglio
POD I
Assunzione liquidi
Deambulazione
POD II
Alimentazione semiliquida per7-15 gg
Rimozione drenaggio e dimissione
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” sovraombelicale ad un
terzo della distanza tra ombelico e xifoide (10-
15 cm sopra l’ombelico) e creazione del PNP
(trocar A). L’accesso, specie negli obesi à bene
sia eseguito per via transrettale.
• Con l’aspiratore od un palpatore introdotto nel trocar B si solleva il lobo sinistra del fegato
mettendo in evidenza lo iato.
Tipo III Ernia mista con scivolamento della giunzione gastroesofagea in torace e lo sto-
maco in posizione paraesofagea.
Tipo IV Analoga alla precedente con associata la dislocazione di altri organi (milza,
colon).
CAP. Ernia iatale
• L’aiuto, con la pinza da presa introdotta nel trocar di sinistra (Trocar D), mette in ulteriore
tensione la pars condensa del piccolo epiploon, facendo presa sul peritoneo in prossimità
della piccola curva. Tale membrana verrà aperta con l’uso dell’uncino coagulatore o con
il dissettore ad ultrasuoni, introdotti nel trocar di destra.
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Il sacco costituisce, una volta ridotto in addome, un’ottima presa per le successive ma-
novre, e quindi conviene resecarlo ad intervento quasi ultimato.
• La dissezione viene estesa seguendo il pilastro destro del diaframma verso lo iato esofa-
geo. Tale manovra, che deve essere molto delicata ed attenta, è facilitata dalla trazione dal-
l’aiuto; egli afferra con un grasper il sacco ed il cuscinetto adiposo presente in
corrispondenza del legamento frenoesofageo ed esercita una trazione in senso caudale ed
verso sinistra.
• L’isolamento del pilastro sinistra è la fase di dissezione più difficile, soprattutto in corri-
spondenza della porzione più distale, dove la riflessione peritoneale riveste pilastro sini-
stro, giunzione e fondo gastrico. In questo punto la visione è ostacolata da frange omentali
e dalla distensione aerea del fondo gastrico, soprattutto nei pazienti obesi.
CAP. Ernia iatale
• La preparazione estesa del pilastro sinistro consente poi l’agevole e sicura preparazione
della finestra retroesofagea.
• Per favorire la dissezione, l’aiuto solleva il fondo gastrico, sempre afferrandolo per il sacco;
in questo modo allontana l’esofago dai pilastri diaframmatici. Ruotando la telecamera è pos-
sibile avere una visione frontale dello spazio retroesofageo ed eseguire così, per via smussa,
con strumenti a punta arrotondata (Johannes, aspiratore) una dissociazione del cellulare lasso
retroesofageo, fino ad esporre il bordo superiore del pilastro diaframmatico di sinistra.
• Si ribadisce il concetto che la dissezione vada condotta per via smussa, con ridotto uso
della coagulazione, in quanto la perforazione dell’esofago è possibile, spesso non ricono-
scibile intraoperatoriamente, di difficile riparazione e dalle conseguenze disastrose.
• Una volta terminata la dissezione, l’esofago viene circondato da una fettuccia che, messa
in tensione dall’aiuto, permette di esporre adeguatamente lo iato esofageo.
• Si introduce una sutura 2-0 di prolene od altro materiale non riassorbibile, di lunghezza
pari o superiore a 90 cm, per consentire l’annodamento extracorporeo o l’impiego del-
l’endo-suture system. In alternativa, se si predilige l’annodamento intracorporeo, si può
usare una sutura di 10-15 cm di lunghezza.
• Si suturano i pilastri diaframmatici con 1-2 punti che includano una buona quantità di tes-
suto e possibilmente anche la fascia endoaddominale. Per meglio esporre lo iato esofageo
si deve divaricare a sinistra la giunzione esofagogastrica.
• La sutura garantirà una miglior tenuta se eseguita su “pledget” di teflon con punti ad U.
La cruroplastica non deve essere troppo stretta, pena la disfagia, e può essere calibrata con
l’uso di una “Bougie“ da 60 Fr introdotta in esofago o più semplicemente inserendo uno
strumento da 10mm tra esofago e pilastri ed aprendolo. Far eseguire l’introduzione della
sonda per calibrazione da una mano esperta ( la maggioranza delle perforazioni avven-
gono nell’introduzione della “bougie”).
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
sezione dei vasi brevi; questi ultimi sono stati stirati dalla dislocazione dello stomaco e
non ostacolano la creazione della valva a 360°.
• La fissazione del corpo gastrico alla parete addominale anteriore con punti in mate-
riale assorbibile è buona norma sia per ridurre l’incidenza di volvolo gastrico endoaddo-
minale che per limitare la possibilità di recidiva ed è consigliato da molti autori.
Complicanze
• Sanguinamento
Per lo più origina da lesione della milza, dei vasi brevi, di vasi diaframmatici (specie a sini-
stra), di vasi della piccola curva.
Controllare l’emostasi con coagulazione bipolare od ad ultrasuoni (vedi capitolo XI), even-
tuale conversione laparatomica.
CAVEAT
In letteratura sono descritti casi di lesione aortica durante fundoplicatio, a causa della vi-
cinanza tra iato aortico ed esofageo.
Pneumotorace (capnotorace)
Complica il 4% delle procedure. Si previene con un’accurata dissezione della pleura. Il pneu-
motorace si riassorbe rapidamente in modo spontaneo. E’ utile che l’anestesista proceda ad
includere nell’assistenza respiratoria la PEEP (positive end expiratory pressure). Qualora il
pneumotorace fosse di estensione tale da dare una compromissione dell’emodinamica o
della respirazione può essere drenato con l’introduzione di un piccolo catetere vascolare, che
sarà rimosso al termine della procedura, una volta eseguito il controllo rx
Perforazione esofagea
Abbastanza rara (1%). E’ per lo più associata all’introduzione transorale di una sonda di
grosso diametro per la calibrazione ma anche a lesioni della parete durante la preparazione
dell’esofago. Deve essere prevenuta dalla dissezione su di un piano corretto e dall’impiego
limitato della coagulazione. Deve essere riconosciuta intraoperatoriamente. In caso contra-
rio può essere seguita da una mediastinite con una mortalità superiore al 40-50%. Se indi-
viduata, la perforazione deve essere suturata con punti 4-0 in materiale riassorbibile. La
fundoplicatio deve completare la riparazione, coprendola.
CAP. Ernia iatale
prima è spesso collegata anche alla eccessiva tensione della plastica che impedisce al pa-
ziente di eruttare.
Disfagia
Complicanza presente precocemente nel 30% dei pazienti. E’ per lo più funzionale, di lieve
entità e si risolve spontaneamente entro 30gg. Qualora fosse persistente il paziente deve es-
sere rivalutato e trattato secondo lo schema della tabella sottostante.
Recidiva
Dovuta ad incompleta resezione del sacco o mancata tenuta della iatoplastica. E’ abba-
stanza frequente.
CAP. X X
B.Benini - B. Truosolo
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
Indicazioni:
Controindicazioni:
Equipe
• Chirurgo tra le gambe ed aiuto a sinistra
• Assistente a destra
• Strumentista a destra dell’operatore
• Monitor alla testa del letto.
Operatore ●
Assistente ●
Aiuto ●
Strumentista ●
Figura 27.1 Disposizione dell’equipe
CAP. X X Cardiomiotomia esofagea extramucosa (int. Di Heller)
Trattamento perioperatorio
Preoperatorio
• Esofagogramma
• pH manometria esofagea
• Esofagogastroscopia con biopsie
• TC torace
• Digiuno per almeno 8-12 ore e sondino naso ga-
strico per la detersione dell’esofago dilatato che
può contenere residui alimentari che potrebbero
essere inalati all’induzione dell’anestesia. Alcuni au-
tori preferiscono un’esofagoscopia subito prima
dell’intervento.
• La facilità alla colonizzazione da parte della candida
albicans e di altre specie fungine della porzione di- Figura 27.2 Disposizione dei trocar
stale dell’esofago consigliano l’uso di una profilassi
antimicotica.
• Profilassi antibiotica e TVP
Postoperatorio
POD 0
Rimozione sng al riveglio
Terapia infusionale
POD 1
Transito gastroesofageo con gastrografin
Se transito negativo alimentazione liquida e sospensione fluidoterapia
POD 2
Alimentazione semiliquida
Dimissione
Il paziente continuerà a domicilio alimentazione semiliquida per 20 gg
Strumentario
1. Standard
3. Pronti in Sala
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Armonic ace da 5 mm
• Spinginodo
• Pinza bipolare
Tecnica chirurgica
• Accesso VLS “open” sovraombelicale mediano (10 cm
sopra l’ombelico) e creazione del PNP (trocar A)
• La pinza da presa introdotta nel trocar di sinistra (Trocar C) facendo presa sul peritoneo
metterà in tensione ulteriore la pars flaccida del piccolo epiploon che verrà aperta con l’uso
dell’uncino coagulatore o con il dissettore ad ultrasuoni, introdotti nel trocar di destra.
• Tale gesto permette di esporre il pilastro destro del diaframma ed il lobo caudato del fe-
gato che costituiscono i primi punti di repere.
• La dissezione prosegue con l’incisione della membrana di Bertelli e viene condotta se-
guendo il pilastro destro del diaframma verso l’apice dello iato esofageo. Tale manovra,
che deve essere molto delicata ed attenta, è facilitata dalla trazione verso il basso, eserci-
tata dall’aiuto; questi afferra con una pinza di Johann il cuscinetto adiposo presente in
corrispondenza del legamento frenoesofageo e lo attrae distalmente.
CAP. Cardiomiotomia esofagea extramucosa (int. Di Heller)
• La manovra di dissezione
smussa procede sino a liberare il Fig. 27.5 Fase iniziale della miotomia
connettivo lasso che circonda
l’esofago mediastinico per circa
10-12 cm; tale dissezione è faci-
litata dalla dissociazione provo-
cata dall’ingresso del gas in
mediastino (pneumodisse-
zione).
• Dopo aver ottenuto un’immagine ingrandita e definita si affronta la parete muscolare , di-
varicando prima le fibre longitudinali. Al di sotto di queste le fibre circolari verranno se-
zionate cautamente fino a poterle divaricare ed esporre la sottomucosa, che protruderà
nello spazio così creato.
• Individuato così il “golden plane”, tra muscolare e sottomucosa, si permette al gas di pe-
netrarvi.
MANUALE (MOLTO) PRATICO DI CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
• Gli strati muscolari vengono quindi sezionati. Non esiste uno strumento ideale per ese-
guire la miotomia ma la scelta è dettata dalle preferenze dell’operatore. Un atteggiamento
eclettico è sicuramente consigliato. Molto sicura è la precoagulazione delle fibre musco-
lari con una pinza bipolare e la successiva sezione con le forbici. Anche Harmonic-Ace
permette un taglio netto ed esangue, ma è necessario fare attenzione che la lama vibrante
non tocchi la sottomucosa, pena la perforazione della stessa. L’uncino permette di ese-
guire una sezione fibra per fibra, ed è utile soprattutto per completare la miotomia se-
zionando i tralci residui.
• La miotomia viene estesa per almeno 7 cm sull’esofago e 2-3 sullo stomaco. La effettiva
estensione della miotomia, deve essere misurata con un filo di giusta lunghezza.
• L’intervento termina con Il confezionamento della plastica antireflusso sec. Dor; si avrà
cura di mantenere aperta la miotomia solidarizzando la la muscolare esofagea di ogni lato
alla valva gastrica ed al pilastro diaframmatico omolaterale .
Trick: Per una corretta calibrazione della miotomia è utile introdurre un filo di sutura di
8 cm di lunghezza, in intrecciato riassorbibile.
CAP. Cardiomiotomia esofagea extramucosa (int. Di Heller)
Complicazioni
Perforazione mucosa
Abbastanza frequente. Deve es-
sere prevenuta dalla dissezione su
di un piano corretto e dall’im-
piego limitato della coagulazione.
Deve essere riconosciuta intraope-
ratoriamente. In caso contrario
può essere seguita da una media-
stinite. La fundoplicatio anteriore
di Dor previene questa compli-
canza. Se individuata, la perfora-
zione deve essere suturata con
punti 4-0 in materiale riassorbi-
Fig. 27.8 Plastica di Dor al termine
bile.
Pneumotorace
Complica il 4% delle procedure. Si previene con un’accurata dissezione della pleura. Lo
pneumotorace si riassorbe rapidamente in modo spontaneo. Qualora fosse di estensione tale
da dare una compromissione dell’emodinamica o della respirazione può essere trattato con
l’introduzione di un piccolo catetere vascolare, che sarà rimosso al termine della procedura,
una volta eseguito il controllo rx.
Ringraziamenti
Questo manuale non avrebbe visto la luce senza il contributo di molti colleghi ed
amici.
E, “last but not least”, ringrazio il Prof. Giorgio Massi per avermi spinto ad iniziare
e proseguire l’attività di “laparoscopista” e per avermi insegnato molto di quello che
so in chirurgia tradizionale.
Ringrazio infine Elisa, mia moglie, per avermi sopportato e, spero, per continuare
a farlo in futuro.
Bruno Benini