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42
Argomenti
di Terapia occupazionale
a cura di
Marcello Imbriani
Giacomo Bazzini
Franco Franchignoni
ARACNE
Copyright © MMVI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it
ISBN 88–548–0589–0
69 I passaggi posturali
F. FRANCHIGNONI, M. BIANCHI, G. BAZZINI, G. FERRIERO
5
6 Indice
7
8 Giacomo Bazzini, Franco Franchignoni, Marcello Imbriani
ICF
Condizioni di salute
Funzione
Attività Partecipazione
e struttura corporea
G. Bazzini, M. Taricco
Introduzione
La “Foundation for Health Services Research” ha definito nel ‘94 gli “out-
come” come gli effetti dei processi sanitari sulla salute e sul benessere dei
pazienti e delle popolazioni (9).
* Bazzini: Fondazione Clinica del Lavoro, IRCCS. Servizio di Fisiatria Occupazionale ed Er-
gonomia, Istituto Scientifico di Riabilitazione di Pavia–Montescano; Taricco: UO Recupero e rie-
ducazione funzionale, Azienda Ospedaliera “G. Salvini”, Ospedale di Passirana di Rho (MI).
15
16 Giacomo Bazzini, Mariangela Taricco
Con questo non si vuol dire che le valutazioni funzionali con scale stan-
dardizzate non abbiano una loro utilità. Diverse ricerche hanno dimostrato
come il grado con cui una persona riesce ad attuare con successo alcuni
compiti quotidiani — soprattutto relativi alla cura di sé — sia un indicatore
di adattamento all’ambiente e, come tale, serva a migliorare l’autostima.
Uno studio ha, per esempio, documentato che pazienti mielolesi consape-
voli che il livello di indipendenza raggiunto corrispondeva alle proprie capa-
cità (potenzialità) fisiche avevano maggiore autostima di quelli che ritene-
vano di non aver raggiunto il massimo delle proprie possibilità (23). Un
altro studio, su 100 soggetti mielolesi, ha documentato che la convinzione
di saper controllare le proprie decisioni è strettamente correlata con la sen-
sazione di benessere (24).
Negli ultimi anni, infine, è cresciuta la ricerca sugli strumenti di valu-
tazione funzionale e sono ora più chiare le specifiche caratteristiche neces-
sarie che le scale di valutazione devono avere per essere appropriate per
l’assistenza ai pazienti o per scopi di ricerca clinica (25, 26).
Tutto ciò ha permesso di superare i dubbi sulla affidabilità delle scale di
valutazione funzionale puramente descrittive e sulla dipendenza dei loro
risultati dalla soggettività e variabilità inter–osservatori. L’uso di strumenti
standardizzati ha portato, inoltre, a migliorare notevolmente la comunica-
Figura 6 – VFM: area uso della carrozzi- Figura 7 – VFM: area uso della carrozzina;
na; prova n. 10 prova n. 15
22 Giacomo Bazzini, Mariangela Taricco
La VFM comprende
otto aree funzionali suddi-
vise in un numero variabi-
le di prove (tabella 2):
passaggi di posizione (fi-
gura 1) (5 prove), alimen-
tazione (figure 2–3–4) (6
prove), trasferimenti (fi-
gura 5) (12 prove), uso
della carrozzina (figure
6–7) (15 prove), igiene
personale (figure 8–9) (7
prove), abbigliamento (fi-
Figura 12 – VFM: area abbigliamento; prova n. 7 gure 10–13) (8 prove),
stazione eretta (4 prove)
cammino (7 prove), attivi-
tà della vita di relazione (9
prove).
L’area “3. trasferimenti”
prevede, per i pazienti
con lesione incompleta, la
possibilità di essere valu-
tata con l’uso del cammi-
no attraverso l’area “3b.
cammino”.
Così pure sono in al-
ternativa l’area della “sta-
zione eretta” e quella del
“cammino” rispettiva-
mente la 8 e la 8 bis
Figura 13 – VFM: area abbigliamento; prova n 8
2. La valutazione funzionale del mieloleso 27
AREA N° ITEM
Passaggi di posizione 5
Alimentazione 6
Trasferimenti 12
Uso della carrozzina 15
Igiene personale 7
Abbigliamento 8
Vita di relazione 9
Stazione eretta 4
Cammino 7
TOTALE 66
Riproducibilità:
È la capacità di uno strumento di fornire la stessa misurazione se ripe-
tuta in momenti diversi e/o da persone diverse. Lo scopo principale nel
valutare la riproducibilità di uno strumento è quello di verificare la sua
capacità di ridurre al minimo l’errore casuale. La riproducibilità inter–os-
servatori è legata al grado di concordanza che esaminatori diversi rag-
giungono quando valutano in modo indipendente lo stesso soggetto.
Per la VFM essa è stata valutata su un gruppo di mielolesi che doveva-
no eseguire il test alla presenza di 4 esaminatori con differente qualifi-
ca professionale (37). L’analisi statistica del grado di bontà dell’accordo
è stata calcolata utilizzando il “K statistico” (44) evidenziando una so-
stanziale buona riproducibilità.
Validità:
Si riferisce al grado di accuratezza con cui uno strumento misura effet-
tivamente ciò che si intende misurare. La validità della VFM è stata tes-
tata su un campione di 100 pazienti (67 paraplegici, 33 tetraplegici, età
media 37 anni, eziologia traumatica in 31 soggetti) reclutati con uno
studio multicentrico in 8 Unità Spinali del Nord Italia. Ogni paziente ve-
niva valutato con la VFM e il Barthel Index (BI) all’inizio e alla fine del
programma riabilitativo (39).
Validità di contenuto:
Valuta se le aree contenute nello strumento sono coerenti con ciò che
si vuole misurare. È generalmente misurata comparando i contenuti
teorici del nuovo strumento con quelli di strumenti già esistenti e at-
traverso il giudizio di esperti riguardo alla chiarezza, comprensibilità e
ridondanza degli “items”. La VFM include tutte le principali attività quo-
tidiane, contempla un numero di prove elevato nelle due aree (trasfe-
rimenti e uso della carrozzina) particolarmente rilevanti per mielolesi,
inoltre, contiene una specifica area che valuta le attività della vita di
relazione.
2. La valutazione funzionale del mieloleso 31
Validità di costrutto:
È il grado con cui uno strumento aderisce al modello teorico in ba-
se al quale è stato elaborato. Per tutte le aree della VFM il coeffi-
ciente di correlazione tra gli “items” all’interno della stessa area (va-
lidità convergente) e tra aree diverse (validità discriminante) rag-
giungeva gli standard psicometrici raccomandati. Anche il coeffi-
ciente di correlazione tra aree diverse che richiedevano pari livello
di attività fisica o coordinazione è risultato buono. Ciò a dimostra-
zione che l’ipotesi concettuale di base della VFM combaciava con i
dati empirici.
Validità di criterio:
È la valutazione della relazione tra i punteggi della scala e alcune varia-
bili cliniche indipendenti (“Known group validità”). Nel caso della VFM
le variazioni del punteggio tra le due valutazioni (“baseline” e finale)
sono state correlate alla diagnosi classificando i pazienti in 3 classi: te-
traplegici, paraplegici con lesione alta (T1–T5), paraplegici con lesione
bassa (T6–S5). La validità clinica della scala è stata confermata dal rilie-
vo di un diverso pattern di miglioramento non solo tra tetraplegici e pa-
raplegici ma anche da importanti differenze tra paraplegici “alti” e “bas-
si” specie nelle aree dei trasferimenti, uso della carrozzina e attività di
relazione.
Validità concorrente:
Si riferisce alla capacità di una misurazione di correlarsi con un’altra
misura già accettata come valida (“gold standard”). I risultati della vali-
dità concorrente verso il Barthel Index (BI) evidenziano alti coefficien-
ti di correlazione e la significatività statistica nelle tre aree valutate dai
due strumenti, confermando che la VFM è comparabile al BI, inoltre,
analizzando i punteggi VFM con i livelli di punteggio del BI si eviden-
zia un incremento nella stessa direzione.
32 Giacomo Bazzini, Mariangela Taricco
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2. La valutazione funzionale del mieloleso 35
Allegato 1
SCALA DI FRANKEL
per la classificazione delle lesioni del midollo spinale
Allegato 2
Allegato 3
Alimentazione
Igiene personale
Abbigliamento
Trasferimenti carrozzina/letto
Continenza urinaria
Continenza intestinale
Deambulazione
Scale
Totale
42 Giacomo Bazzini, Mariangela Taricco
Allegato 4
LIVELLI
———————-
La FIM è un marchio di “The Research Foundation of the State University of New York, distri-
buito in Italia da SO.GE.COM Editrice srl, Milano.
44 Giacomo Bazzini, Mariangela Taricco
Allegato 5
Cura de ll a pe rs ona
9. Mobilità nel letto e per 0. Richiede assistenza in tutte le attività: ruotare la parte superiore
prevenire le piaghe da ed inferiore del corpo nel letto, sedersi sul letto, sollevarsi dalla
decubito carrozzina, con o senza ausili, ma senza ausili elettrici
2. Riesce a svolgere soltanto una delle attività senza assistenza
(autonomo in una sola attività)
4. Riesce a svolgere due o tre attività senza assistenza (autonomo
in 2 o 3 attività)
6. Esegue in modo autonomo tutti i movimenti al letto e per
prevenire le piaghe da decubito
10. Trasferimenti letto- 0. Necessita di assistenza totale
carrozzina (frenare la 1. Necessita di assistenza parziale e/o supervisione e/o ausili (es.
carrozzina, sollevare tavoletta)
l’appoggiapiedi, togliere e 2. Indipendente (oppure non necessita di carrozzina)
rimettere i braccioli,
spostarsi, alzarsi in piedi)
11. Trasferimenti carrozzina- 0. Necessita di assistenza totale
W.C.-vasca (se usa una 1. Necessita di assistenza parziale e/o supervisione e/o ausili (es.
“comoda”: trasferimenti da sbarre per afferrarsi)
e per; se usa una carrozzina 2. Indipendente (oppure non necessita di carrozzina)
regolare: frenare la
carrozzina, sollevare
l’appoggiapiedi, togliere e
rimettere i braccioli,
spostarsi, alzarsi in piedi)
Mobilità (in luoghi chiusi e aperti, su ogni superficie)
Allegato 6
LA VFM
Introduzione
* Orlandini, Moscato e Nicita: Centro Protesi INAIL – Budrio; Panigazzi e Bazzini: Servizio
di Fisiatria Occupazionale ed Ergonomia – Istituto Scientifico di Montescano (Pv) – Fonda-
zione “S. Maugeri” – IRCCS.
49
50 Duccio Orlandini, Tancredi Moscato, Danilo Nicita, Monica Panigazzi, Giacomo Bazzini
Jebsen test
Questo storico test è costituito da 7 prove a tempo: 1.scrivere, 2.girare
cartoncini, 3.raccogliere piccoli oggetti, 4.simulare il nutrirsi, 5.impilare le
pedine della dama, 6.spostare barattoli leggeri, 7.spostare barattoli pesanti
(30). (Vedi Allegato 1).
•Alcuni osservano che il test sia poco rappresentativo delle attività quo-
tidiane poiché esamina solamente attività unilaterali. Nella valutazione della
funzionalità della mano protesica questo test trova indicazione limitata poi-
ché purtroppo per alcuni item (soprattutto i primi tre) valgono le stesse
considerazioni fatte per i test di coordinazione e destrezza (vedi), anche se
è stato utilizzato, per esempio da Stein, in associazione con altri test (19).
Abilhand
Si tratta di un test con il quale si richiede al soggetto di definire, secon-
do la sua attuale situazione, la difficoltà di 46 “items” riguardanti la vita quo-
tidiana (igiene, abbigliamento, alimentazione, attività ricreative, ecc.) (figg.
3, 4).
L’esaminato ha a disposizione solo una griglia a 4 risposte standard pos-
sibili: molto difficile, un po’ difficile, facile, molto facile. È anche prevista
l’autosomministrazione (33). (Vedi Allegato 2).
• È un test molto recente ma molto significativo per la valutazione della
funzionalità della mano protesica in quanto:
— gli “items” sono accuratamente scelti fra i più significativi delle AVQ (=
attività della vita quotidiana);
— nella sua elaborazione sono stati utilizzati i rigorosi criteri della “Rasch
analysis”;
— è semplice, chiaro e relativamente veloce da somministrare.
Permane qualche dubbio sulla completa efficacia della griglia di 4 rispo-
ste standard disponibili, da verificare nella pratica e soprattutto sull’effettiva
efficacia nel quantificare i miglioramenti funzionali ottenuti con l’applicazio-
ne di una protesi di arto e con la relativa rieducazione motoria, in quanto
il suo scopo non è indagare direttamente l’utilizzo dell’arto (protesizzato)
bensì la funzionalità e l’autonomia motoria globale, indipendentemente
dalle strategie motorie con cui questa viene ottenuta.
Barthel Index
È la progenitrice di tutte le scale di misura dell’autosufficienza e della
disabilità e consiste in 10 “items” relativi alle principali attività quotidiane: il
punteggio assegnato va da 0 a 100 (35, 36).
•È l’indice di valutazione del livello di disabilità forse più vecchio, anche
se sempre utilizzato, specialmente in ambito infermieristico.
Anche in questo caso, visto che la patologia protesica incide solo su al-
cuni degli “items” e vista la griglia dei punteggi disponibili (limitata a 4 livel-
li di capacità), per la valutazione della funzionalità della mano protesica,
possono risultare più selettivi ed efficaci altri test.
Questionario ADL
Consiste in domande circa la capacità e il tempo impiegato dal soggetto
stesso nel compiere con l’arto protesizzato 35 “items” riguardanti: 6 l’alimenta-
zione (figura 5), 11 l’igiene, 6 la comunicazione (figura 6), 5 le attività utili, 7 le
attività ricreative. La risposta va indicata necessariamente su una griglia di valori
dove: incapace=0; quasi mai=1; circa la metà del tempo=3; quasi sempre=5
(2 e 4 sono valori intermedi); N/A=non applicabile. (Vedi Allegato 3).
•Si tratta di un questionario proposto specificatamente per soggetti por-
tatori di protesi di arto superiore, quindi risulta accurato nella scelta dei
compiti significativi e quindi degli “items” proposti, anche se per una cor-
retta e ripetibile valutazione della funzionalità della mano protesica, la gri-
glia dei punteggi e soprattutto la relativa legenda solleva alcuni dubbi, da
chiarire con studi che ne prevedano l’utilizzo pratico quotidiano.
sta di invertire il punteggio 0 con l’1, in quanto è discutibile che aver neces-
sità di aiuto, pur utilizzando parzialmente la protesi, sia meglio che svolge-
re il compito autonomamente (pur non usandola).
Southampton Hand Assessment Procedure (SHAP)
Questo test, consiste nella misurazione del tempo necessario all’esecu-
zione di 26 attività semplici (quali afferrare e/o utilizzare oggetti, compiti
eseguibili da una mano sana con diverse tipologie di presa): 14 relative alla
vita quotidiana, 12 di tipo astratto. Il test si presenta ben strutturato, con
una tecnica statistica specifica per calcolare un ”Index of Functionality”e con
uno studio di validità e affidabilità (41, 42).
• È molto recente e sono allo studio applicazioni pratiche.
PUFI
Per dovere di completezza ricordiamo infine il PUFI (“Prosthetic Upper
Extremity Functional Index”) proposto recentemente come valido indicatore
dello stato funzionale di amputati di arto superiore, ma per ora pubblicato in
versione esclusivamente pediatrica (43).
È un test che ha ripreso spunti da precedenti valutazioni funzionali moto-
rie di ambito pediatrico e che nella versione definitiva viene proposto in due
versioni, per i bambini da 3 a 6 anni e per i ragazzi da 7 a 18 anni. Per i primi
gli “items” sono così suddivisi: 7 per l’abbigliamento, 3 per le attività domesti-
che, 12 per quelle scolastiche e ricreative, 4 per le varie; per i secondi: 8 per
l’abbigliamento, 6 per l’autosufficienza quotidiana, 9 per le attività domestiche,
7 per quelle scolastiche e ricreative, 6 per le varie.
•È una proposta interessante, in un campo dove è particolarmente dif-
ficile avere riferimenti condivisi e standardizzati, in quanto alle consuete dif-
ficoltà clinimetriche nel “pesare” gli “items” si sommano le diverse compe-
tenze motorie relative alle diverse età.
Commento e conclusioni
dei lavori, volti alla ricerca di un sempre maggior consenso circa la definizio-
ne chiara e precisa delle attività indagate (figure 7, 8) e dei punteggi asse-
gnati (48, 49).
Secondo altri (50) non è corretto cercare di fornire una valutazione
quantitativa assoluta di eventuali deficit dell’attività manuale perché, per
ogni disabilità manuale, esisteranno tanti indici relativi, a seconda del
compito (lavorativo) che il soggetto vorrà/dovrà eseguire.
Resta comunque fondamentale per una scelta ponderata del test da
utilizzare la chiara definizione dell’obiettivo che si vuole raggiungere, e in
relazione a ciò anche la scelta dello strumento di misura sarà facilitata.
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3. La valutazione della prensione in protesizzati di arto superiore 65
Allegato 1
TEST DI JEBSEN
est n. 2: g i r a r e c a r t o n c i n i
ND
Test n. 3: P r e n d e r e o g g e t t i d i
t a g l ia d i f f e re n t e e ri p o rl i d e n t ro ND
u n a s ca t o l a.
Test n.4: r a c c o g l i e r e f a g i o l i e
ri p o rl i i n u n a s ca to l a ND
Test n.5: I m p i l a r e l e p e d i n e d e l l a
dama ND
Test n.6: s p o s t a r e o g g e t t i g r o s s i
e l eg g eri ND
Test n.7: s p o s t a r e o g g e t t i g r o s s i
e pesanti ND
(ri s p et to a l l a n o rma )
D
66 Duccio Orlandini, Tancredi Moscato, Danilo Nicita, Monica Panigazzi, Giacomo Bazzini
Allegato 2
ABILHAND
Allegato 3
QUESTIONARIO ADL
Mangiare
Mangiare con le dita (es.: hamburger) 0 1 2 3 4 5 N/A
69
70 Franco Franchignoni, Manuela Bianchi, Giacomo Bazzini, Giorgio Ferriero
gie di trasferimento del momento (inteso come quantità di moto angolare) che
richiedono la generazione di rapide contrazioni concentriche ed eccentriche per
controllare il movimento e assicurare la stabilità. I soggetti anziani, invece, utiliz-
zano strategie caratterizzate da una frammentazione del movimento, che per-
mette un’esecuzione più lenta, a basse accelerazioni, con sviluppo di una mino-
re forza in alcuni segmenti e con un miglior controllo globale della stabilità (1).
Anche le dimensioni corporee influenzano il tipo e il numero di “pattern”
di movimento usati nei passaggi posturali. Di solito gli individui più magri e alti
presentano una maggiore varietà di strategie di movimento, mentre un au-
mento del peso corporeo tende a ridurre il numero di strategie utilizzabili (2).
Analogamente, i soggetti che effettuano regolarmente attività fisica (2–3
volte a settimana) usano “pattern” di movimento più evoluti e veloci rispet-
to agli individui più sedentari (2,3). In questo capitolo prenderemo in con-
siderazione — prevalentemente sotto il profilo biomeccanico — una serie di
passaggi posturali fondamentali per la mobilità evoluta: il passaggio dalla
stazione seduta a quella eretta, il rotolamento, il passaggio da supino a
terra alla stazione eretta, l’alzarsi dal letto e il salire e scendere le scale.
Il rotolamento
Figura 3 – Strategia di movimento più comune negli adulti per eseguire il rotolamento
4. I passaggi posturali 75
Figura 6 – Le tre strategie più comuni per il raggiungimento della stazione eretta.
A. Movimento simmetrico del tronco con “squat” simmetrico.
B. Movimento simmetrico del tronco con “squat” asimmetrico.
C. Movimento asimmetrico del tronco
2 4 6
3 5
Figura 7 – Strategia di movimento più comune nei giovani adulti per alzarsi dal letto
3 4
Figura 8 – Strategia di movimento più comune negli anziani per alzarsi dal letto
4. I passaggi posturali 81
Salita
Durante la salita, si possono distinguere a livello di ciascun arto inferiore
due diverse fasi, una di appoggio e una di oscillazione. Come nel cammi-
no, esiste naturalmente un movimento alternato dei due arti inferiori, con
due fasi di doppio supporto intervallate da due fasi di supporto su un sin-
golo arto.
82 Franco Franchignoni, Manuela Bianchi, Giacomo Bazzini, Giorgio Ferriero
D
C
Discesa
Mentre per salire le scale si deve sviluppare energia (potenze positive in figu-
ra 9D) per consentire la progressione in avanti e verso l’alto, per scendere le
scale (figura 10) è invece richiesta principalmente una contrazione eccentrica de-
gli estensori di anca, ginocchio e caviglia (e assorbimento di energia – figura
10D), al fine di controbilanciare gli effetti della forza di gravità. Anche nella disce-
sa si possono distinguere due diverse fasi, una di appoggio e una di oscillazione.
D
C
Il passaggio dalla posizione seduta alla stazione eretta può essere in-
fluenzato da diversi fattori legati alle caratteristiche della sedia (altezza), del
soggetto (età, forza muscolare), o alla strategia utilizzata (18). Dopo una
valutazione delle caratteristiche di movimento spontaneo, viene proposta
al paziente una esercitazione nel movimento stesso, che adotti sequenze
motorie o accorgimenti miranti a migliorarne l’efficienza. Questo passaggio
posturale può essere valutato variando l’altezza della sedia, l’inclinazione
dello schienale (105° vs 90° standard) o reclinando il sedile (10° vs 5°
standard), in quanto i cambiamenti delle caratteristiche della sedia deter-
minano variazioni nelle richieste biomeccaniche e richiedono modifiche
della strategia utilizzata (19).
Ad esempio, se il trasferimento viene realizzato impedendo l’uso degli
arti superiori, il momento estensorio da produrre a livello delle anche è
superiore di circa il 50% (18).
Nel caso il movimento completo fosse impossibile o comunque molto
rallentato, le esercitazioni iniziano con la ripetizione delle sue parti di più
difficile realizzazione:
— alzarsi dalla sedia da differenti altezze utilizzando l’appoggio e la spinta
sugli arti superiori (dato 100% FK se l’altezza della sedia è uguale alla
distanza tra il terreno e il condilo laterale del ginocchio, l’esercizio parte
dal 140% FK per arrivare al 80% FK);
— alzarsi da una sedia con sedile reclinato posteriormente di 10° e con lo
schienale inclinato a 105°, con l’uso degli arti superiori;
— alzarsi da differenti altezze, senza l’uso degli arti superiori (10).
L’esecuzione del passaggio posturale può essere eseguita addestrando
il soggetto a utilizzare posizioni facilitanti quali quella di scivolare in avanti
vicino al bordo della sedia, aumentare la flessione anteriore del tronco, svi-
luppare un momento a livello del tronco sufficiente per sollevare i glutei
dalla sedia, utilizzare al meglio il supporto dei braccioli, e così via. Al sog-
getto viene inoltre richiesto, a ogni seduta, di descrivere verbalmente la
nuova strategia adottata e di svolgerla poi nelle sue parti di più difficile rea-
lizzazione e infine nella sua interezza.
Nel caso il movimento completo sia inizialmente possibile solo tramite
il ricorso all’appoggio ai braccioli, l’esercizio terapeutico mira a portare il
88 Franco Franchignoni, Manuela Bianchi, Giacomo Bazzini, Giorgio Ferriero
Rotolamento
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PROGRAMMI RIABILITATIVI INTENSIVI
PER IL LAVORATORE INFORTUNATO:
WORK HARDENING E WORK CONDITIONING
F. Franchignoni, S. Vercelli
95
96 Franco Franchignoni, Stefano Vercelli
Valutazione
Interventi riabilitativi
Terapie comportamentali
Molti pazienti con disordini cronici a carico dell’apparato muscolo–schele-
trico, oltre all’evidente decondizionamento fisico, presentano importanti pro-
100 Franco Franchignoni, Stefano Vercelli
A) B)
(molto, molto dura) (Borg scale). Questo tipo di valutazione può costituire
una misura rilevante nei pazienti che assumono farmaci beta–bloccanti,
dove le raccomandazioni circa la HRmax non sono più applicabili.
La durata dipende dall’intensità e l’attività può essere continua o intermit-
tente. Gli esercizi a intensità piuttosto bassa vanno eseguiti almeno per 30–60
minuti, mentre quelli più intensi devono durare almeno 20 minuti. Il primo
tipo di esercizi è quello più sicuro e spesso associato a una maggiore aderen-
za da parte dei pazienti. I soggetti meno allenati possono “accumulare” se-
quenze di esercizi durante il giorno, a patto che ogni sequenza duri almeno
10–15 minuti (inclusi 3 minuti per raggiungere il livello desiderato).
La frequenza delle sedute varia fra 3 e 5 giorni alla settimana.
A) B)
Simulatori standard
I simulatori standard sono progettati per allenare, in maniera semplice e ap-
propriata, le più importanti abilità legate al proprio lavoro (sollevare, trasportare,
5. Programmi riabilitativi intensivi per il lavoratore infortunato 109
Conclusioni
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I DISTURBI MUSCOLO–SCHELETRICI DI NATURA LAVORATIVA
117
118 Francesco Sartorio, Franco Franchignoni, Stefano Vercelli
che può portare a una compressione del nervo mediano a livello del
passaggio tra il capo superficiale e quello profondo. È caratterizzata
da dolore alla regione prossimale dell’avambraccio, sordo a riposo e
molto acuto durante certi movimenti, spesso accompagnato da per-
dita di destrezza, sensazione di debolezza della mano, intorpidimen-
to e parestesie nel territorio di innervazione del mediano a valle della
lesione. La pronazione contro resistenza, eseguita a pugno stretto,
aumenta il dolore all’avambraccio. Occupazioni a rischio sono ad
esempio: lavorare in catena di montaggio su bancali orizzontali,
macellare carni o pesci, martellare, remare, giocare a tennis e fare
canottaggio (10,31).
Nervo ulnare:
La sindrome del tunnel cubitale si presenta clinicamente con iposte-
nia–ipotrofia del flessore ulnare del carpo, dei flessori profondi del quarto
e quinto dito, degli interossei, dell’adduttore del pollice e dei muscoli dell’e-
minenza ipotenar, associate a disturbi della sensibilità del lato ulnare della
mano e del quarto e quinto dito. Movimenti ripetitivi e improvvisi di fles-
sione del gomito accompagnati da prono–supinazioni dell’avambraccio
possono a lungo termine favorire l’insorgenza della sindrome (figura 2).
Inoltre l’appoggio continuo dei gomiti al banco di lavoro o alla scrivania, fre-
quente in soggetti che debbano compiere lavorazioni al banco su piccoli
oggetti, può comportare danni da compressione diretta (2,10,41,42).
Nervo radiale
La sindrome del nervo interosseo posteriore è caratterizzata da una pa-
ralisi che colpisce l’estensore comune delle dita, ma anche gli estenso-
ri propri del secondo e quinto dito, l’estensore ulnare del carpo, l’esten-
sore lungo e l’abduttore lungo del pollice. Non si hanno deficit di sen-
sibilità, essendo il nervo interosseo posteriore solo motore. Questa sin-
drome può essere dovuta a cause lavorative, legate all’esecuzione ripe-
tuta di movimenti di prono–supinazione forzata o di improvvisa esten-
sione del gomito o dalla pressione esterna esercitata sulla porzione dor-
sale dell’avambraccio da bande o cinghie (10,31,42,43).
2) Disturbi muscolo–scheletrici
Borsiti
Nell’arto superiore la borsa dell’olecrano è frequentemente colpita (31). È
osservabile clinicamente solo quando si infiamma e assume l’aspetto di una
palla ingrandita sulla faccia posteriore del gomito (può raggiungere anche
alcuni centimetri di diametro). Il range di movimento del gomito è general-
mente integro, con un abbondante e fluttuante gonfiore e un leggero erite-
ma. La causa più frequente è un evento traumatico diretto, ma può anche
essere il risultato di costanti pressioni sul gomito, microtraumi ripetuti o infe-
zioni batteriche. Occupazioni a rischio sono l’idraulico, il carpentiere, il mura-
tore e tutte le mansioni che richiedono un appoggio sui gomiti (10,20,31).
Epitrocleite
È conosciuta anche come gomito del lanciatore o gomito del golfista. Si
tratta di una entesopatia che interessa i tendini dei flessori/pronatori
della mano a livello dell’epitroclea: i muscoli maggiormente coinvolti so-
no il pronatore rotondo (capo omerale) e il flessore radiale del carpo
(45). La causa è solitamente legata al sovraccarico funzionale in coloro
che utilizzano, scorrettamente o senza adeguati tempi di recupero, at-
trezzi che trasmettono stress in valgo (ad es. mazza da golf o giavellot-
to) o vibrazioni (martello pneumatico, trapano elettrico). Il paziente rife-
risce dolore alla regione mediale del gomito a insorgenza solitamente
graduale, con periodi di remissione e riacutizzazione in rapporto all’atti-
vità; può essere esacerbato da manovre che provocano una pronazio-
ne o una flessione del polso contrastata (2,31,40,47,48).
Epicondilite
È un entesopatia dei muscoli epicondiloidei (estensori–supinatori) alla loro
origine omerale, che interessa prevalentemente i tendini del brachio–radia-
le e gli estensori radiali del carpo (45). La sua eziopatogenesi è analoga a
quella descritta per l’epitrocleite: overuse oppure sollecitazioni muscolari
troppo intense nel modo e nella frequenza. Il paziente riferisce dolore alla
faccia esterna del gomito a insorgenza insidiosa e progressiva, frequente-
mente irradiato all’avambraccio e alla mano, specie in alcuni movimenti
6. I disturbi muscolo–scheletrici di natura lavorativa 127
Sindrome di De Quervain
È caratterizzata da stenosi dolorosa della guaina dei tendini dell’abduttore
lungo e dell’estensore breve del pollice, nel punto in cui questi scorrono
nell’anello osteo–fibroso esistente a livello del processo stiloideo del ra-
dio. È prevalente nel sesso femminile e frequentemente è unilaterale.
Consegue, in genere, a microtraumatismi indotti da attività lavorative che
impongono ripetute abduzioni del pollice. I movimenti interessati sono:
flessione ed estensione forzata del polso e deviazione ulnare durante la
pressione alla base palmare o con supinazione, rotazioni del polso. Il pa-
ziente riferisce dolore a livello del processo stiloideo del radio, irradiando-
si verso l’avambraccio e la mano; inoltre si nota una limitazione antalgica
ai movimenti del primo dito della mano (45,47,51,52). Clinicamente vie-
ne evidenziata attraverso il test di Finkelstein (figura 3).
3) Disturbi vasomotori
Sindrome di Raynaud
È una sindrome vasomotoria spontanea, caratterizzata da crisi di vasocostri-
zione seguite da vasoparalisi che possono causare anche gangrena alle
estremità. Predilige il sesso femminile e i giovani e interessa in particolare le
dita della mano e del piede, per lo più simmetricamente. Il freddo e l’espo-
sizione a vibrazioni si comportano spesso da fattori scatenanti. La sintoma-
tologia è legata alla comparsa, all’evoluzione e al succedersi delle crisi vaso-
motorie. Queste per effetto di una intensa vasocostrizione esordiscono con
pallore alle dita (che diventano fredde e insensibili) per alcuni minuti, a cui
segue una fase di vasodilatazione attiva che rende le dita di colorito ciano-
tico, calde con cute lucida e tesa e manifestazioni di dolore. Col tempo le
crisi si fanno più frequenti sino allo stabilirsi di una cronica vasocostrizione
arteriolare e capillare, con cianosi permanente, disturbi del trofismo, delimi-
tazione di zone gangrenose e formazione di piaghe (53,54).
Figura 4 – In a, a sinistra orientamento del manico che impone una flessione con devia-
zione ulnare del polso; a destra modifica ergonomica del manico dell’utensile.
In b, a sinistra prese scorrette, con flessioni e/o deviazioni del polso; al centro
e a destra prese e utensili corretti con allineamento avambraccio–polso
130 Francesco Sartorio, Franco Franchignoni, Stefano Vercelli
Esercizi
Conclusioni
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6. I disturbi muscolo–scheletrici di natura lavorativa 141
Allegato 1
143
144 Francesco Sartorio, Franco Franchignoni, Giorgio Ferriero
A) B)
A) B)
La mobilizzazione passiva
La mobilizzazione attiva
La rieducazione funzionale
1 Prodotti distribuiti negli Usa dalla North Coast Medical Inc., San Jose, CA e com-
mercializzati in Italia dalla Sostiene, Torino.
2. Prodotto commercializzato in Italia dalla Mediland RuschCare s.r.l., Varedo (MI).
150 Francesco Sartorio, Franco Franchignoni, Giorgio Ferriero
Figura 3 – Differenti posizioni di chiusura del pugno da assumere durante gli esercizi di
“scivolamento tendineo”
Figura 5 – Elastici a diversi gradi di resistenza per l’esercizio terapeutico della mano
(Theraband™ Strips)
7. Il recupero delle lesioni traumatiche della mano 151
sportive, ecc. Queste attività vanno commisurate alle reali capacità e neces-
sità di ciascun paziente. Le gestualità quotidiane possono essere valutate e
allenate tramite apposite strumentazioni, tra cui ricordiamo:
1) Test manuali come il Jebsen, il Minnesota Rate of Manipulation, il Nine Hole,
il Functional Dexterity Test o il Purdue Pegboard, che esercitano destrezza e
precisione in compiti di manipolazione eseguiti a tempo (32–35).
2) I sistemi di simulazione Valpar, che utilizzando materiali e attrezzi di uso
abituale consentono la valutazione e l’allenamento di specifiche mansio-
ni lavorative. Ad esempio: a) nel Valpar 4 (Upper extremity range of mo-
tion) è necessaria una rapida manipolazione di oggetti di piccole e medie
dimensioni (dadi di differente grandezza da avvitare su bulloni) in un’area
ristretta e nascosta alla vista (un cubo con un’apertura sulla faccia fronta-
le), variando continuamente le posizioni dell’arto superiore (figura 6); b)
il Valpar 8 (Simulated assembly) richiede un processo di assemblaggio
ripetitivo di tre parti (un puntello e due cilindretti) su un cerchio rotante,
con impiego simultaneo di entrambe le mani; c) l’esecuzione del Valpar
9 (Whole body range of motion) prevede un’attività manipolativa veloce
in differenti posture lavorative (stazione eretta con braccia sopra la testa,
posizione accosciata, in piedi con tronco flesso, ecc.) (36–38).
3) I dinamometri computerizzati, che permettono di simulare, valutare ed eser-
citare varie attività funzionali dell’arto superiore grazie a una ricca dotazione
di attrezzi intercambiabili (cacciaviti, manopole sferiche e piane di diverse di-
mensioni, manovelle, volanti ecc.) (39). Tra i più diffusi citiamo il Dexter
Hand Evaluation and Therapy System (Cedaron Medical, Davis, CA–USA)
(40–43), il Lido WorkSET (Loredan Biomedical, West Sacramento,
CA–USA) (44,45), il BTE Work Simulator II e il Primus (Baltimore Thera-
peutic Equipment, Baltimore, MD–USA) (figura 7) (46–48) e il Biodex
(Biodex Medical System, Shirley, NY–USA) (49,50). Interfacciati con un
computer, permettono di raccogliere, visualizzare e confrontare diversi para-
metri di performance quali: posizione angolare, momento di forza, potenza
e lavoro. La possibilità di prefissare la velocità di movimento articolare con-
sente di: a) operare confronti validi e affidabili fra diversi soggetti o fra le
diverse prestazioni di uno stesso paziente e, b) analizzare la relazione fra
momento di forza/velocità angolare e momento di forza/lunghezza, dando
così la possibilità di evidenziare eventuali deficit selettivi per lunghezza mu-
scolare o escursione articolare. Alcuni apparecchi integrano inoltre in un
152 Francesco Sartorio, Franco Franchignoni, Giorgio Ferriero
unico report una vasta gamma di esami clinici standard (test della sensibili-
tà, del ROM, ecc.), fornendo così un quadro completo del soggetto esami-
nato. Lo svantaggio di questi sistemi computerizzati è purtroppo rappresen-
tato dall’alto costo e dalla necessità di una approfondita preparazione tecni-
ca del personale che li utilizza. Ciò limita molto la commercializzazione e dif-
fusione di tali sistemi. Un adeguato e prolungato esercizio con questi siste-
mi di simulazione di attività lavorative produce un aumento della forza, della
resistenza e dell’abilità nel compito allenato: queste metodiche fanno spes-
Figura 7 – Apparecchiatura BTE Primus con set di attrezzi per l’allenamento dell’arto superiore
7. Il recupero delle lesioni traumatiche della mano 153
Le ortesi
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GLI SPLINT IN RIABILITAZIONE
157
158 Francesco Sartorio, Stefano Vercelli, Franco Franchignoni
Classificazione
3). Vengono distinti in “a basso profilo” e “ad alto profilo”: il primo è solita-
mente indicato in presenza di paresi o durante le attività funzionali, mentre
il secondo quando si vuole recuperare un’ampia escursione articolare.
— Splint funzionali: permettono al paziente con attività motoria assente o
molto compromessa di compiere una funzione (scrivere, usare le posate,
ecc.). Possono essere costituiti da un unico modulo o da più parti (figura 4).
Agli inizi degli anni Novanta, l’Associazione Americana dei Terapisti della
Mano (ASHT) avvertiva l’esigenza di un linguaggio che descrivesse in ma-
niera inequivocabile qualsiasi tipo di splint, così da facilitare le comunica-
zioni tra colleghi, in particolare nelle pubblicazioni scientifiche (7,14,15). Le
linee guida necessarie per una corretta classificazione, basata sulla funzio-
ne, furono quindi riassunte dall’ASHT nell’apposito manuale “Splint/Or-
thotic Classification System (SCS)” (14).
Il metodo segue una struttura di tipo “piramidale”: la prima grande suddi-
visione è tra splint/ortesi “articolari” o “non articolari”, dopodiché prende
in considerazione la localizzazione dell’articolazione primaria (o il segmento
osseo, se non articolari) che riceve l’effetto principale dello splint (figura 5). La
classificazione prosegue unicamente per le ortesi articolari con la segnalazio-
ne della direzione della forza, intesa come la funzione cinematica dello splint
Materiali
Indicazioni e applicazioni
Vasche termostatate
Per evitare allo stesso momento fastidiose scottature alle mani e adesio-
ni indesiderate del materiale all’interno della vasca (su se stesso, su altri pezzi
o sul fondo della vasca), si utilizzano reti di plastica termoresistente e antia-
derente o cestelli per scolare l’acqua. Diversamente, per manovrare il model-
Phon
Il ventilatore ad aria calda (phon) è utile per scaldare delle aree ristret-
te, ad esempio per effettuare correzioni parziali su splint già modellati o per
attivare in maniera selettiva parti che per motivi diversi non è possibile im-
mergere in vasca. I phon presenti sul mercato (vanno benissimo quelli pro-
fessionali in vendita nei negozi di ferramenta) possono raggiungere tem-
perature anche elevate (400°–500°): sono silenziosi, dotati di un piedistal-
lo, ed è possibile inserire dei collettori per ridurre il calibro del ventilatore e
direzionare il flusso di aria calda (figura 9).
Taglierini e forbici
Ghiaccio Spray
Velcro®
Rivestimenti
Conclusioni
I MTPBT, introdotti in Italia agli inizi degli anni Ottanta, hanno avuto nell’ul-
timo decennio un sensibile incremento del loro utilizzo nelle Unità Operative
di Riabilitazione. Questa progressiva diffusione (ancor più marcata negli Stati
Uniti e in Francia) è stata supportata da importanti e continue evoluzioni sul
piano delle conoscenze e della divulgazione scientifica. Sono stati pubblicati
numerosi testi di tecnica e teoria (5,7,40–44), sono nate le prime Riviste spe-
cializzate in terapia della mano e splinting (quali il Journal of Hand Therapy o
l’American Journal of Occupational Therapy), e tutti i più recenti trattati di ria-
bilitazione occupazionale e della mano dedicano ampio spazio a questo argo-
mento (1,2,8,32–34,46). Benché la tecnica ortesica si sia sviluppata principal-
mente per la mano, l’ambito si è poi ampliato ad altre parti del corpo: sono
state infatti sperimentate applicazioni all’arto inferiore (docce di posizione,
ginocchiere articolate, ortesi di posizionamento per tibiotarsica e per dita dei
piedi), all’arto superiore (reggispalla, valve di protezione per braccio o avam-
braccio, tutori dinamici per gomito) e al volto (maschere di protezione per
infrazioni ossee del maxillo–facciale o del setto nasale). Le potenzialità di uti-
lizzo sono notevoli, soprattutto se ad applicarle è chi quotidianamente si
confronta con le diverse problematiche funzionali del paziente. Grazie alla
diretta esperienza con il movimento e le sue alterazioni, il riabilitatore può
oggi avvalersi quindi di un utile strumento terapeutico per intervenire in
modo sempre più mirato ed efficace sui tempi di recupero e sulla disabili-
tà dei pazienti.
8. Gli splint in riabilitazione 171
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8. Gli splint in riabilitazione 173
— Rigidità: resistenza del materiale conformato alle deformazioni in torsione, trazione o di taglio. Le
caratteristiche di conformabilità e di rigidità, di primaria importanza per la buona riuscita dello splint,
difficilmente convivono nello stesso prodotto, essendo inversamente proporzionali tra loro. In talu-
ni casi è tuttavia possibile avere un elevato livello di conformabilità e una discreta rigidità dello
splint, a scapito però di una bassa resistenza alla trazione e alle impronte.
— Tempo di posa: è il tempo durante il quale il materiale mantiene le sue caratteristiche di confor-
mabilità ed è possibile modellarlo. Solitamente varia da 4 a 6 minuti.
— Controllo (resistenza alla trazione): è la resistenza del materiale attivato alle sollecitazioni in tra-
zione.
— Resistenza alle impronte: resistenza del materiale riscaldato alla deformazione per sollecitazioni
in pressione e quindi durante la manipolazione della plastica.
— Restringimento: tendenza alla diminuzione dell’area del materiale in seguito a raffreddamento.
— Autoaderenza: proprietà del materiale riscaldato di attaccarsi su se stesso. Questa proprietà è par-
ticolarmente utile quando è necessario unire porzioni accessorie al modulo base, ma occorre fare
molta attenzione ai contatti non desiderati del materiale su se stesso (soprattutto durante l’estra-
zione dall’acqua), difficili poi da staccare. Alcuni prodotto sono invece provvisti di una particolare
pellicola trasparente che impedisce al materiare di incollarsi, ma che può essere rimossa nei punti
desiderati raschiando con la lama di una forbice.
— Tempo di riscaldamento: tempo minimo di applicazione della temperatura di lavoro per rendere
il materiale lavorabile, varia da 2 a 4 minuti.
— Trasmissione di calore: è la caratteristica fisica per la quale un corpo rigido, se riscaldato in una
zona circoscritta, trasmette per convezione tale calore alle zone adiacenti. Nei MTPBT la trasmissio-
ne di calore è molto limitata, rendendo così più agevoli e precisi gli interventi di correzione che
possono essere effettuati anche con un phon dotato di un riduttore di flusso dell’aria.
Altre caratteristiche qualitative dei MTPBT sono la leggerezza (lo stesso materiale è in genere
disponibile anche con gradi diversi di perforazione, che lo alleggeriscono ulteriormente e consentono
la traspirazione), la radiotrasparenza e la lavabilità.
174 Francesco Sartorio, Stefano Vercelli, Franco Franchignoni
1.
Produttore: NORTH COAST MEDICAL INC., Morgan Hill, CA 95037–2845 USA Web Site:
www.ncmedical.com
Importatore: SOSTIENE srl, via Alassio 24/A – 10126 Torino, tel: 011/6647640 – fax: 011/6647513
– Web Site: www.sostiene.it – email: sostiene@tin.it
Materiali:
Encore: Conferisce una moderata resistenza all’allungamento per un’eccellente conformabilità e ripro-
duzione dei dettagli. Memoria elastica del 100%. Spessore da 1,6 a 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
NCM Preferred: Materiale dotato di grande versatilità grazie a caratteristiche di moderata resistenza
all’allungamento, buone doti di conformabilità e memoria moderata. Spessore da 2,4 a 3,2 mm.
Lastre lisce e perforate.
NCM Spectrum: Grazie alla buona resistenza all’allungamento e a una memoria moderata, consente
di confezionare ortesi dai morbidi profili che seguono fedelmente i contorni anatomici. Resistente
alla impronte digitali. Dotato di pellicola che, se rimossa, consente un’alta autoaderenza. Spessore
da 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
NCM Clinic: Offre un’eccellente modellabilità e precisione nel confezionamento grazie a una minima
resistenza all’allungamento. Una volta raffreddato, conferisce una grande rigidità. Basso livello di
autoaderenza. Spessore da 2,4 a 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
Omega Plus: Combinazione tra massima resistenza all’allungamento, memoria e rigidità e minima
modellabilità. Massimo grado di resistenza alle impronte digitali; buon grado di autoaderenza.
Spessore da 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
Omega Max: Materiale estremamente versatile dotato di massima resistenza all’allungamento, massi-
ma memoria, rigidità e conformabilità. Alto gradi di autoaderenza. Spessore da 3,2 mm. Lastre lisce
e perforate.
2.
Produttore: ORFIT INDUSTRIES, N.V. Vosveld 9A B–2110 Wijnegem, Belgio – Web Site:
www.orfit.com
Importatore: INTERMEDICA, v.le Teodorico, 18 – Milano – tel: 02/33002000 – fax: 02/33003888
– Web Site: www.intermedicasrl.it
Materiali:
Orfit Classic: Materiale con memoria elastica estremamente alta (100%), senza produrre punti di rot-
tura. Viene prodotto in diverse tipologie: Soft per seguire in modo più preciso i profili anatomici,
Stiff è meno elastico e quindi indicato per splint di grandi dimensioni. Spessore da 1,6 a 4,2 mm.
Lastre lisce e perforate.
Orfit NS: Questo tipo di materiale mantiene inalterate tutte le qualità dell’Orfit Classic con in più il gran-
de vantaggio di non aderire alla cute, bende e garze. Spessore da 1,6 a 4,2 mm. Lastre lisce e per-
forate. Da qualche anno in commercio anche la versione colorata del materiale (Colorfit NS).
Orfilined: È Orfit NS con un lato rivestito di soffice spugna di cotone che gli conferisce un grande com-
fort e ottima rimodellabilità. Indicato in ambito neuroriabilitativo.
Spessore da 1,6 a 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
Orfit–Eco: Materiale adatto per il confezionamento di ogni tipo di splint. È molto rigido e allo stesso
tempo elastico (85% di memoria elastica). Spessore da 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
8. Gli splint in riabilitazione 175
Orfizip: È un pretagliato di materiale Orfit rivestito di cotone elastico con chiusura a cerniera e memoria
elastica del 100%. È indicato per il trattamento di immobilizzazione di alcune fratture e tendiniti.
Spessore da 2,0 a 3,0 mm.
Importatore: OTTO BOCK, Italia via F. Turati, 5/7 – Budrio (BO) tel: 051/6924711 – fax:
051/6924720 – Web Site: info@italia.ottobock.de
Materiale:
Pedilon ThermoLyn: Materiale caratterizzato da una eccezionale plasticità che consente all’operatore
di modellarlo per caduta e non, senza provocare allungamenti e assottigliamenti della lastra.
Durante la lavorazione è resistente alle impronte digitali e possiede una memoria elastica presso-
ché completa e quindi da una capacità di rimodellamento in caso di rinnovato riscaldamento.
Diventa modellabile alla temperatura di 60° C. Spessore da 1,6 a 4,0 mm. Lastre lisce e perfora-
te (Micro, Maxi e Miniforatura).
3.
Produttore: CHESAPEAKE Medical Products, Inc, USA – tel : (888)560–2674 – fax :
(410)574–9349 – Web Site: www.chesapeakemedical.com
Importatore: COREMEC srl, via R. Lombardi, 19/18 – 20153 Milano – tel: 02/48916353
– fax: 02/48916312 – Web Site: www.coremec.it – email: coremec@coremec.it
Materiali:
Rebound: Materiale elastico che offre eccellenti qualità di conformabilità e autoaderenza. Grazie a una
memoria elastica del 100% questo materiale può essere nuovamente riscaldato e rimodellato con
facilità. Spessore da 1,6 a 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
Excel: Materiale plastico rigido che offre un allungamento facile e controllato. Elevata conformabilità ai
contorni e alla prominenze ossee. Spessore da 1,6 a 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
Infinity: Combinazione di materiale plastico e gomma che unisce le caratteristiche di conformabilità e
di moderato allungamento della plastica con quelle di eccellente memoria e facilità di applicazio-
ne della gomma. Spessore da 2,4 a 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
Marque: Materiale in gomma che offre caratteristiche di modellabilità e conformabilità molto elevate.
Semplice da utilizzare e molto resistente alle impronte digitali. Spessore da 3,2 mm. Lastre lisce e
perforate.
4.
Produttore: RUNLITE SA, Micheroux, (Belgio) – Web Site: www.runlite.com
Importatore: THAEMERT Italia p.zza A. Moro, 5/1 – Riale di Zola Predosa (BO) – tel: 051/753636
– fax: 051/754613 – Web Site: www.thaemert.it – email: thaemert@tin.it
Materiale:
X–lite: Materiale biodegradabile e non tossico. È un prodotto di tessuto in cotone naturale a maglia
larga, impregnato di una resina termoplastica . È adatto a tutte quelle applicazioni nelle quali sono
indispensabili: areazione, malleabilità e leggerezza.
5.
Produttore: SAMMONS PRESTON ROLYAN – AbilityOne Company, Bolingbrook, IL 60440–5071
USA – Web Site: www.sammonsprestonrolyan.com
Materiali:
Polyform: Materiale indicato per una modellatura molto delicata e una tenuta finale rigida. Minima
resistenza alla trazione e alle impronte. Rivestito da una pellicola antiaderente. Spessore da 1,6 a
3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
176 Francesco Sartorio, Stefano Vercelli, Franco Franchignoni
Polyflex: Questo tipo di materiale offre una combinazione ideale tra conformabilità e resistenza all’al-
lungamento, con un alto grado resistenza. Indicato per ortesi piccole e grandi che richiedono un’al-
ta precisione. Rivestito da una pellicola antiaderente. Spessore da 1,6 a 3,2 mm. Lastre lisce e per-
forate.
Synergy: Materiale adatto per il confezionamento di ogni tipo di splint di medie e grandi dimensioni.
Integra tra loro caratteristiche di rigidità e modellabilità, grazie al contenuto di polimeri gommosi.
Spessore da 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
Ezeform: È un materiale che offre alta resistenza allo stiramento, estremamente rigido e duraturo.
Ideale per pazienti non collaboranti. Spessore da 1,6 a 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
Aquaplast: Materiale disponibile in un vasto range di modellabilità, rigidità e colori (9 in tutto). Le ver-
sioni “originali” hanno un alto grado di autoaderenza, mentre quelle indicate dalla lettera “T” sono
ricoperte da una pellicola antiaderente. Tutti i materiali Aquaplast sono dotati di un alto grado di
memoria e di buona resistenza alle impronte digitali. Durante la lavorazione divengono traslucidi
per meglio individuare i punti di pressione. Spessore da 1,6 a 3,2 mm. Lastre lisce e perforate.
San–Splint: Materiale gommoso (Isoprene) che conferisce un alto grado di controllo. Può essere lavo-
rato aggressivamente senza lasciare impronte. Ideale per pazienti non collaboranti o per ortesi di
grandi dimensioni. Spessore da 2.0 a 3.0 mm. Lastre lisce e perforate.
6.
Produttore: T–TAPE COMPANY, 4645 EX Putte, Netherlands – tel: +31 (0)164 60 29 52 – fax: +31
(0) 10 486 88 08 – Web Site: www.turbocast.be
Importatore esclusivista: D.D.E. Dynamic Devices Europe srl, via Tonale, 5 – 20021 Baranzate (MI)
– tel: 02/38202015 – fax: 02/38205963 – website: www.ddeitalia.it – email: dde.italia@libero.it
Materiale:
Turbocast: Materiale caratterizzato da una ottima conformabilità e da una capacità di rimodellamento
in caso di rinnovato riscaldamento (65°–70° C). Memoria elastica del 100%. È dotato su entram-
bi i lati da un rivestimento che consente sia di evitare l’accidentale attaccamento del foglio mede-
simo, che un raffreddamento del materiale più rapido. Spessore da 1,6 a 4,0 mm. Lastre lisce e
perforate.
7.
Produttore: ALIMED, Dedham, MA 02026 USA – Web Site: www.alimed.com
8. Gli splint in riabilitazione 177
PRECAUZIONI
Tenere lo splint lontano da fonti di calore (termosifoni, sole, acqua calda, ecc.): può deformasi a
temperature superiori ai 50°C. È infiammabile.
PULIZIA
Lo splint deve essere lavato frequentemente utilizzando sapone e acqua tiepida. Per una comple-
ta detersione si consiglia di immergerlo per un ora circa in una soluzione di acqua e candeggina.
ATTENZIONE
Se lo splint causa uno dei seguenti problemi, contattare prontamente il vostro Fisioterapista:
— gonfiore eccessivo
— dolore intenso
— arrossamenti localizzati
— formicolio o cianosi (colorito bluastro o pallore della parte tutorizzata)
P. Capodaglio
179
180 Paolo Capodaglio
Tabella – I livelli di lavoro prodotto in 3 prove a potenza costante consentono nel sistema
di riferimento lavoro/tempo di definire una retta y= a + (b x t) la cui pendenza
b rappresenta il carico sostenibile (Watt)
Anamnesi
HASKELL USES
Dal 1990 al 1998 Operaio presso ditta, in qualifica di magazziniere Industria elettrica
Dal 1998 a oggi Operaio presso ditta, in qualifica di confezionatore Industria meccanica
Sport – – – – – –
Attività occupa- 480 2.2 5461 273 568 4
zionale (vedi
parte seguente)
Totale 1440 13154 657.5
186 Paolo Capodaglio
Il costo energetico medio ponderato delle attività fisiche giornaliere attuali è O2 (ml/m)
medio ponderato = 456, per un costo totale pari a O2 (l) totale = [O2 (ml/m) x durata
(min)] / 1000 = 657.5 e con un corrispondente meccanico di KJ = O2(l) x 20 = 13154.
Questo ci consente di fornire una stima del costo energetico giornaliero in 13154 KJ che
corrispondono a 3146 KCAL = 657.5 O2 (l) = 1.78 MET.
Attività occupazionale
Fasi Componenti Durata Ripetizio Totale MET attri- KJ O2 (l)
(min) ne tempo buiti
evento (min)
Movimenta Prelievo confezioni kg 25 manual- 30 2 60 4 613.2 30.6
zione mente da altezza cm 110, carico su
materiale transpallet e trasporto per 50 metri,
deposito ad altezza cm 120; fre-
quenza sollevamento 2/min
Assemblag Attività continuata e ad alta frequen- 90 1 90 2.8 1287 64.3
gio piccoli za, con presa fine delle dita e movi-
pezzi menti di avambracci, AS elevati
Attività ripe- Uso di attrezzi manuali, mo- 40 4 160 3.4 695 34.7
titiva con vimentazione pezzi assemblati
arti supe-
riori
Compiti Spostamenti, controllo 170 1 170 3.3 2866 143.3
vari
Il costo energetico medio ponderato (O2 (ml/m) medio ponderato) dell’attività lavora-
tiva attuale nel suo complesso è 568 ml/m O2, pari a O2 (l) totale = [O2 (ml/m) x dura-
ta (min)] / 1000 = 273, che corrisponde a KJ = O2(l) x 20 = 5461. Questo ci consente
di fornire una stima del costo energetico occupazionale giornaliero in 5461 KJ = 1306 KCAL
= 273 O2 (l) = 2.2 MET. I picchi stimati di impegno energetico sono risultati di: 613 KJ=
146.6 KCAL = 1022 O2 (ml/min) = 4 MET.
Lavoro sostenibile
tempo di durata della prova nell’attività spontanea. Le misure non devono con-
sistere in prove massimali che portano all’esaurimento per raggiunto limite di
meccanismi fisiologici coinvolti. L’attività deve piuttosto simulare gesti o esercizi
abituali del paziente e la durata deve essere mantenuta sino al momento in cui
si evidenzia una chiara “difficoltà” a continuare resa riconoscibile da un livello
percettivo della difficoltà a continuare o da un segnale fisiologico di superamen-
to di limiti preventivi di rischio. Per le disabilità cardio–respiratorie, nelle quali è
determinante la limitazione di produzione energetica con meccanismo aerobi-
co che si manifesta soprattutto in attività coinvolgenti grandi masse muscolari,
si possono utilizzare il test dei 6 minuti di cammino e il test della potenza soste-
nibile al cicloergometro.
Il test del cammino libero, 6–minute walking test, 6MWT (5,7) è un test
semplice, molto diffuso tra i cardiologi e pneumologi. La strumentazione
richiesta è un cronometro e un metro. Consiste nel misurare la distanza per-
corsa da un soggetto facendolo camminare per 6 min il più velocemente
possibile. La velocità è scelta spontaneamente dal soggetto e può variare nel
corso della prova; inoltre al soggetto è consentito fermarsi e riprendere a
camminare. Questo test determina un livello di capacità funzionale. Abbiamo
cercato di dare un significato biologico a questo limite, trasferibile ad attività
reali e quantificabile in termini di costo energetico. La distanza percorsa nei
6 minuti è moltiplicata per il peso corporeo del soggetto e questo parame-
tro è relativamente ben correlato al lavoro meccanico complessivamente
compiuto. La distanza percorsa può essere divisa per 6 minuti per conosce-
re la velocità media. In tal modo è possibile valutare il dispendio energetico
medio utilizzando le relazioni riportate in letteratura e ottenere un dato di rife-
rimento per altre attività fisiche. I risultati del test dei 6 minuti possono dun-
que essere utilizzati per stimare, in base al peso corporeo e alle velocità, il
costo energetico teorico (l O2 e KJ) e la relativa potenza energetica (VO2 e
Watt). Abbinando una misura di consumo di ossigeno si può ottenere anche
la valutazione dell’energia aerobica utilizzata durante l’attività.
Il test della potenza sostenibile al cicloergometro si basa sulla relazione tra
potenza meccanica e durata ottenuta in una sola sessione con una serie di 3–5
prove submassimali a potenza costante e di diversa intensità (8,9,10,11,12). Il
valore di potenza meccanica (Watt) della prima prova viene fissato attorno al
50% della potenza massima raggiunta in un test ergometrico massimale, in ge-
nere disponibile dalla valutazione funzionale. In base alla durata di questa prova
188 Paolo Capodaglio
viene scelto il valore di potenza delle prove successive in modo tale che la dura-
ta della prova sia compresa tra 2 e 20 min. La frequenza di pedalata è mante-
nuta a 60 rpm. Ciascuna prova termina quando la percezione soggettiva rag-
giunge il livello 5 (“pesante”) sulla scala a 10 punti di Borg.
ratura per soggetti abili. Per queste prove distrettuali si adotta un criterio di
una serie limitata di prove nelle quali si possono variare alcuni parametri ca-
ratteristici del lavoro (es. frequenza, forza) e osservare le modifiche di indica-
tori soggettivi (percezione di fatica, discomfort) o fisiologici (EMG, forza di-
strettuale) di impegno in modo da individuare il livello di intensità di lavoro
che consenta di mantenere costanti ed entro limiti di sicurezza gli indicatori
stessi. In alcuni casi viene calcolata una potenza sostenibile ricavata, come
nel paragrafo precedente, dai diversi livelli di lavoro e relativi tempi.
M–P–PP secondo Haskell e USES. Costi energetici variabili tra 3.6 e oltre
7.5 MET.
6 – Manipolazione di strumenti o oggetti grandi e pesanti, in varie posture.
Discriminanti: forza e durata. Classi energetiche: M–P–PP secondo Haskell;
P–PP secondo USES. Costi energetici variabili tra 3.6 a oltre 7 MET.
7 – Sollevamento oggetti Discriminanti per questi items sono forza e
8 – Trasporto durata.Le classi energetiche variano da L a
9 – Spinta–trazione PP secondo Haskell e USES.I costi energe
10 – Cammino–salita tici variano da 3.6 a oltre 7.5 MET, secondo
peso del materiale, frequenza di sposta
mento, velocità dimarcia.
Comparazione capacità–richieste
Conclusioni
Bibliografia
M. Panigazzi, G. Bazzini
Introduzione
193
194 Monica Panigazzi, Giacomo Bazzini
Criteri di accesso
Documentazione clinica
Per ciascun ricovero deve essere compilata una Cartella Clinica che con-
tenga:
— Documento Clinico Specifico compilato dallo Specialista Fisiatra:
* esame obiettivo funzionale iniziale
* verifica dell’appropriatezza
* progetto riabilitativo individuale
* programma/i riabilitativo/i
* diario clinico giornaliero
* terapia farmacologica
* esame obiettivo funzionale finale
* indicatori di risultato (“outcome”)
— Foglio di Lavoro per l’attività rieducativa (compilato dal Terapista della
Riabilitazione)
— Copia di tutti gli esami strumentali eseguiti nel corso della degenza
— Copia della Relazione di Dimissione
— Copia di eventuali documenti sanitari relativi a prestazioni eseguite in al-
tre sedi o nel corso di precedenti ricoveri, rilevanti rispetto alla storia cli-
nica del paziente.
Il Diario Clinico viene aggiornato per ciascuna giornata di presenza e con-
tiene l’esplicitazione delle attività svolte, annotazioni circa l’andamento del pro-
gramma, del quadro clinico–rieducativo obiettivo e di quello soggettivo.
198 Monica Panigazzi, Giacomo Bazzini
Obiettivi
— Miglioramento delle attività motorie e del recupero funzionale in pazien-
ti con esiti non ancora stabilizzati o con sequele importanti dal punto di
vista del reinserimento familiare, sociale e lavorativo.
— Apprendimento di norme di economia articolare per la corretta gestione
di protesi o osteosintesi, onde evitare sovraccarichi, usura, complicanze,
rischio di mobilizzazioni o lussazioni.
— Trattamento volto alla minimizzazione di dolore e disabilità e alla riduzio-
ne dell’handicap.
— Analisi, valutazione e affinamento delle capacità residue ai fini del rein-
serimento in ambito familiare, sociale e lavorativo.
— Miglioramento della qualità di vita.
Programma
1) Valutazione iniziale:
— Anamnesi tradizionale e lavorativa specifica.
— Esame clinico generale, con visita fisiatrica tradizionale ed ergonomica
specifica.
— Valutazione funzionale strumentale quantitativa delle attività in cui il
paziente presenta deficit; quindi misurazione di: forza, resistenza, de-
strezza, velocità, ecc., durante riproduzione delle suddette attività,
svolte con arti superiori (manipolazione, costruzione, ecc.), tronco
(spostamenti, sollevamenti, ecc.), arti inferiori (cammino, scale, equi-
librio, ecc.).
— Valutazione soggettiva di disabilità (Backill, o ICIDH, o equivalenti), dolo-
re e funzionalità (analogo visivo di Skott–Huskisson), affaticamento
durante attività (scala 0–10 di Borg).
2) Sintesi valutativa e stesura percorso terapeutico–rieducativo:
200 Monica Panigazzi, Giacomo Bazzini
Operatori
Tutti gli operatori del servizio concorrono in équipe e ciascuno per le
proprie competenze alla regolare e corretta gestione dell’attività sanitaria, in
base alle normative sanitarie vigenti.
In particolare per quest’attività di Day–Hospital sono dedicate risorse
umane che hanno acquisito particolare competenza ed esperienza in que-
st’ambito; quindi sotto la diretta responsabilità del Dirigente di II livello lavo-
rano Medici Specialisti in Medicina Fisica e Riabilitazione, Terapisti della
Riabilitazione, Tecnici.
Carattere Multidisciplinare
Per la più completa ed efficace esecuzione del programma riabilitativo
prescritto, e in linea con i criteri di appropriatezza del ricovero, è necessa-
rio che esso sia multidisciplinare e quindi alla sua realizzazione concorrono
altre strutture e altri operatori dell’Istituto.
In particolare tale multidisciplinarietà si evidenzia dai punti:
2.3 — indagini diagnostico–valutative
2.4 — prestazioni di fisio–cinesiterapia
— esecuzione di programmi per il contenimento di rischi specifici e per la
prevenzione della recidive (competenze cardiologiche, pneumologiche,
nutrizionistiche, ecc.).
Tali interventi, allorché necessari, risultano facenti parte integrante dei
protocolli descritti e richiedono la partecipazione dei diversi operatori delle
relative Unità Operative coinvolte.
10. Il day–hospital di Fisiatria occupazionale–ergonomica 203
Durata
La durata media di questo programma è di circa 15–25 giornate, ese-
guite in genere consecutivamente; quindi una durata complessiva di circa
3–5 settimane.
Allegato 1
NO SÌ SPOSTARE IN DEGENZA
NO
Allegato 2
PAZIENTE ____________________________________________________________________
Ingresso Dimissione
SOGGETTIVI: Analogo Visivo Funzionalità (0 100)
Analogo Visivo Dolore (100 0)
OBIETTIVI:
Il Fisiatra
10. Il day–hospital di Fisiatria occupazionale–ergonomica 209
Allegato 3
I = Ingresso: il *****
D = Dimissione: il *****
60
INGRESSO
40
20 DIMISSIONE
0
DES. SIN.
30
25
20
15
10
5
0
1I 2 3 4 D
5
SETTIMANE
210 Monica Panigazzi, Giacomo Bazzini
2
Fless. 1462 380 (+158%)
4
Sup. 414 142 (+97%)
(Nella colonna relativa alla mano sinistra fra parentesi l’incremento rispetto all’ingresso)
10. Il day–hospital di Fisiatria occupazionale–ergonomica 211
GUIDA DI AUTOVEICOLI
Il Fisiatra
LAVORO, DISABILITÀ E TERAPIA OCCUPAZIONALE:
PROBLEMATICA, DATI EPIDEMIOLOGICI E RIFERIMENTI LEGISLATIVI
M. Ferrari, M. Imbriani
213
214 Massimo Ferrari, Marcello Imbriani
ne “per via diretta”, cioè per una via non mediata dalla stato di disabilità.
Una deformità può per esempio originare difficoltà nella instaurazione di
rapporti sociali e determinare handicap pur senza causare nel contempo
una disabilità. D’altra parte la sequenza può essere interrotta a ogni livello
(alla menomazione non necessariamente segue la disabilità e a quest’ulti-
ma non necessariamente segue un handicap) (figura 1).
Un ulteriore passo in avanti, ancora a favore di una nuova considerazio-
ne della persona disabile, con impatto significativo sulla sua potenziale per-
cezione collettiva, anche in funzione della integrazione professionale, si è
realizzato grazie alla Classificazione Internazionale del Funzionamento,
della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning,
Disability and Health, ICF), nuovo modello di classificazione introdotto dal-
l’OMS nel 2001, che cerca di individuare secondo una omogenea modali-
tà le strutture e le funzioni corporee classificandole in percentuale (0%:
completa inattività… 100%: completa attività) e intendendo descrivere
“ciò che una persona malata o in qualunque condizione di salute può fare
e non ciò che non può fare”. L’attenzione è focalizzata non più sulla disa-
bilità ma sulle abilità residue.
secondo i criteri indicati nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
13 gennaio 2000 (DPCM 13/01/2000, “Atto di indirizzo e coordinamento
in materia di collocamento obbligatorio dei disabili”). Interlocutori diretti
delle commissioni di valutazione preposte all’accertamento sono i Comitati
Provinciali della Massima Occupazione: questi comitati, mediante propri
membri e consulenti designati, prendono in considerazione le opportunità
di collocamemento di particolari disabili per particolari mansioni offerte da
certe specifiche aziende. Le commissioni ASL accertano la condizione di di-
sabilità, formulano la diagnosi funzionale e redigono la relazione conclusiva;
i comitati tecnici valutano le residue capacità lavorative, definiscono gli stru-
menti utili all’inserimento lavorativo, predispongono i controlli periodici per
la permanenza delle condizioni di disabilità e informano le commissioni me-
diche circa il percorso di inserimento al lavoro del disabile. Le commissioni
di accertamento, secondo le disposizioni vigenti, devono essere costituite da
un medico specialista in medicina legale (presidente), due medici di cui
uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro, un sani-
tario in rappresentanza degli invalidi appartenenti alle rispettive categorie
(Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili, Unione Italiana Ciechi, As-
sociazione Nazionale Famiglie Fanciulli e Adulti Subnormali, ecc.), un opera-
tore sociale e uno specialista esperto del caso clinico in esame, in servizio
presso le unità sanitarie locali. In ambito ASL i disabili sono “persone in età
lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e i portatori di
handicap intellettivo, che comportino una riduzione delle capacità lavorativa
superiore al 45%”; la riduzione della capacità lavorativa è accertata sulla
base della classificazione internazionale delle menomazioni della OMS.
Mentre in ambito ASL l’invalidità civile viene riconosciuta a fronte di una in-
validità pari al 33% o di una riduzione della capacità lavorativa superiore a
un terzo, la Legge 68/99 definisce il limite del 45% di invalidità civile neces-
sario per considerare disabile l’invalido civile. Invalido civile è dunque colui
che, previamente sottoposto ad accurato esame clinico, atto a valutare
l’esatta natura e l’entità del danno alla sua validità, secondo la tabella in vigo-
re (Decreto del Ministero della Sanità 5 febbraio 1992, modificato con D.M.
14 giugno 1994. “Nuova tabella indicativa delle percentuali di invalidità”) ri-
sulta compromesso nella capacità lavorativa sia semispecifica, ossia nelle at-
tività lavorative confacenti alle attitudini, sia specifica, manifestando una in-
validità permanente superiore a 1/3 (>33%) (Legge 30 marzo 1971, n.
11. Lavoro, disabilità e terapia occupazionale 225
Tabella 1.
Decreto legge Norme per la revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti,
509/88 nonché dei benefici previsti dalla legislazione vigente
Legge 289/90 Modifica alla disciplina delle indennità di accompagnamento di cui alla legge 21
novembre 1988, n. 508 recante norme integrative in materia di assistenza econo-
mica agli invalidi civili, ai ciechi e ai sordomuti e istituzione
di un’indennità di frequenza per i minori invalidi
Dpr 309/90 T.U. delle Leggi in materia di disciplina degli stupefacenti
Legge 223/91 Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione,
attuazione delle direttive CEE, avviamenti al lavoro e altre disposizioni in materia
di mercato del lavoro
Legge 381/91 Disciplina delle cooperative sociali
Legge 104/92 Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale
e i diritti delle persone handicappate
DPCM 43/92 Approvazione delle nuove tabelle indicative delle percentuali di invalidità
per le minorazioni e le malattie invalidanti
DPCM 1/93 Fondo per l’incremento e il sostegno all’occupazione
www.aracneeditrice.it
Finito di stampare nel mese di luglio del 2006
dalla tipografia « Braille Gamma S.r.l. » di Santa Rufina di Cittaducale (RI)
per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma