DIALETTOLOGIA
OCCITANA
Introduzione
A partire da questo numero della rivista comincia un viaggio in molte puntate
attraverso i dialetti occitani in Francia, Spagna e Italia. La motivazione che mi
ha spinto ad affrontare questo viaggio è essenzialmente dovuta all’esigenza di
conoscere meglio la realtà dialettale occitana – quella interna ma anche quella
esterna ai confini italiani – di cui si parla molto ma in fondo si sa poco.
Il viaggio inizierà nelle regioni meridionali dell’Occitania transalpina, proce-
derà in senso orario attraverso la Guascogna e l’Occitania del nord, e arriverà
all’Occitania cisalpina. I dialetti dell’Occitania ‘francese’ saranno trattati in modo
generale, senza insistere troppo sulle varianti locali, mentre dei dialetti delle
Valli occitane d’Italia verrà data una trattazione dettagliata, anche a livello
sotto-dialettale. Per ogni dialetto o sottodialetto saranno analizzati alcuni testi,
perlopiù letterari, trascritti nella grafia fonematica presentata più avanti, e verrà
dato un piccolo glossario ortografico che potrà essere utilizzato dal lettore per
affrontare altri testi nel dialetto ogni volta studiato.
La grafia normalizzata
Per venire a capo di questa impresa ho dovuto un po’ fare i conti con quella
che da qualche anno è la bestia nera di molti occitanisti, la famosa o famige -
rata grafia ‘classica’ o ‘normalizzata’ o ‘dell’I.E.O.’: molto materiale infatti, so-
prattutto nello stato francese, è stato prodotto utilizzando questa grafia che,
come è noto, tende a nascondere le differenze dialettali. Un aiuto validissimo in
questo senso sono stati per me due libri di Pierre Bec: “La langue occitane 1” e
il “Manuel pratique d’occitan moderne2”, sia perché trattano esaurientemente i
dialetti occitani, sia perché lo fanno dando di ogni testo riportato una versione
in grafia normalizzata e una in grafia fonetica.
La grafia normalizzata ha fama di essere una grafia ‘etimologica’, basata
sulla pronuncia dell’occitano medievale, quindi non fonetica. Eppure nel Ma-
nuel3 si può leggere la seguente frase: "On peut parler même, sous réserve de
certaines concessions, communes à toutes les langues néo-latines [...] d'une
graphie relativement phonétique, ou mieux, phonologique, qui rappelle d'assez
près les conditions de l'espagnol et de l'italien". Forse Bec intende dire che tale
grafia, per quanto etimologica, essendo stata costruita a tavolino da linguisti ha
in sé elementi di sistematicità. Ad esempio la grafia jorn si può leggere jour,
djour, djoun, dzour, tsour, tsoun, djourn e dzourn, ma queste varianti di pro-
nuncia si escludono a vicenda e non coesistono mai nell'ambito della stessa
parlata. Il problema è che spesso solo un linguista può stabilire quali varianti
sono importanti e quali no: è così che in provenzale si tiene conto della voca-
lizzazione di -l finale (aquelaqueu), mentre in nord occitano non si tiene
conto della velarizzazione di a pretonico (aqueu*òqueu). Si può capire da ciò
quale sia l'importanza per questa grafia dei dizionari normativi, compilati da lin-
guisti, che riportano forme accettate dall'I.E.O. e regole di pronuncia. In ogni
caso, conoscendo queste regole, è possibile risalire abbastanza fedelmente
alla fonologia di ciascun dialetto.
Vocali e semivocali
[á] a velare: limousin quauque [éü] [èü] si pronunciano sia la é/è
[è] e aperto: it. vento, fr. sel che la ü (u palatalizzata)
[é] e chiuso: it. verde, fr. dé [ë] e muet francese: porte, venu
[ò] o aperto: it. otto, fr. sotte [ã] [õ] [ĩ] ecc.: vocali nasali
[ó] e chiuso: it. botte, fr. saute [â] [ê] [û] ecc.: vocali lunghe
[ou] u non palatalizzata: it. luna [i] [ou] [u] quando sono semi-vocali
[u] u palatalizzata: fr. lune o semiconsonanti vengono scritte
[ă] come nel romeno gură in uno stile tipografico diverso: ièro,
[œ] [eu] come in fr. œil, yeux uèi, aouro.
L'accento tonico non viene segnato se cade sulla vocale che precede l'ultima
consonante o semivocale della parola. In casi dubbi la vocale accentata viene
sottolineata.
Consonanti
[qu] c velare davanti a i, e, ë: sp. quedar, it. chiedere
[gu] g velare davanti a i, e, ë: fr. guerre, it. ghepardo
[güe] [güi] la ü si pronuncia come u palatalizzata
[s] s sorda: it. sole, fr. poisson
[z] s sonora: ingl. rose, fr. poison
[ch] fricativa prepalatale sorda: it. pesce, fr. chat
[tch] affricata corrispondente: it. pece, sp. mucho
[j] fricativa prepalatale sonora: fr. jaune, portoghese janela
[dj] affricata corrispondente: it. pece, sp. mucho
[ts] affricata alveolare sorda: it. zucchero, antico sp. caçar
[dz] affricata alveolare sonora: it. zeta, antico sp. razon
[lh] [nh] [th] consonanti palatalizzate: sp. llegar, it. vigna, gascon beth
[b] [d] [g] consonanti fricative come in sp. cantaba, vida, pagar
Vediamo i caratteri principali dei tre gruppi dialettali presentati in figura 1.: il
nord-occitano, l’occitano meridionale e il guascone.
Il nord-occitano (dialetti limousin, auvergnat e alpin) si estende sulla seguente
area: Limousin, Périgord del nord, Auvergne (tranne l’Aurillacais), parte della
Lozère, Ardèche, Delfinato del sud e valli occitane d’Italia. Le sue caratteristi-
che più importanti (molte delle quali condivise con il francese o con il franco -
provenzale) sono:
1) palatalizzazione di CA e GA latini: cantar tchantar e galino djalino;
2) caduta o indebolimento del d intervocalico latino, come in SUDAREsuar,
CREDĒMUScreién, AUDIREaouvir;
3) mantenimento di v (fricativa labiodentale), che né passa a b né diventa b
(fricativa bilabiale);
4) caduta delle consonanti finali e di -s del plurale (tranne che nelle parlate
alpine);
5) passaggio di -l- fra vocali a r, g, ou: palaparapagapaoua;
6) caduta o evoluzione di s preconsonantica: escoloecolo, eicolo.
Riferimenti bibliografici
1. Pierre Bec, La langue occitane, Parigi, 1963
2. Pierre Bec, Manuel pratique d’occitan moderne, Parigi, 1973
3. Pierre Bec, Manuel... pag. 26
4. Pierre Bec, Manuel... pagg. 9-11
5. François Fontan, La Nazione Occitana, Frassino, 1982, pag. 38