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12/02/18

Manuale di De Blasi.

Posizione dell’ita regionale nel repertorio e rapporti tra ita regionale e standard, problematizzando
soprattutto le categorie di italiano neo-standard e italiano colto medio.

Fenomeni di convergenza tra diversi italiani regionali.

Spesso si pensa che la regionalità degli italiani dipenda solo dal sostrato dialettale ma non è sempre vero,
spesso ci sono fenomeni fonetici, tonetici, morfosintattici con corrispondenza nell’italiano regionale però in
alcuni casi non è vero.

Maybe bisogna fare la relazione. Alcuni elementi regionali non sono rilevati all''interno della nostra regione
ma sono visti dagli altri parlanti di altre regioni.

Concetto di italiano regionale.

Nascita dell’italiano regionale.

Italiani regionali fonetica, morfologia e morfosintassi, lessico

Standardizzazione e italiani regionali. Rapporti che si creano tra italiano regionale standard o neo colto medio
e neo standard.

Quando nascono gli italiani regionali?

Dialettalismo e regionalismo. Dialettalismo voce regionale che è entrata nel lessico dell’ita comune e la
voce regionale che invece continua a essere di uso regionale, dunque che non si è diffusa vario. Ci sono state
comunque varie proposte all''interno del lessico.

Definizioni di italiano regionale. Per sobrero è l’insieme delle varietà della lingua italiana, diversificate in
relazione all''origine e alla distribuzione geo dei parlanti. In linea di massima è condivisibile ma lascia varie
questioni. Sobre dunque pone l’accento sulla dimensione diatopica.

Per d’Achille invece (definizione su pdf), eglui usa studi fatti fra il 1988 e il 2002. Il lavoro di sobrero, la sua
riflessione linguistica della fine degli anni 80 è un ritorno di fiamma nello studio degli ita regionali. Per un
certo xiod c’era stato disinteresse, tra la fine anni 80 e anni 90 invece se ne occupano vario, si pensi a Tullio
Telmon. Per d’achille, def su pdf, è usata in una det area geo, dunque come sobrero, che denota ai diversi
livelli di analisi linguistica, si è portati a considerare ita regionale sulla base 1. Fonetica e intonazione, tratti
soprasegmentali e 2. Dimensione del lessico questo sono le 2 categorie in cui si tende a inserire i fatti
linguisitici che concernono la dimensione linguistica. È una visione motivata dall’esxienza. Qualche decennio
fa era + semplice identificarli meglio, oggi inevce cè vario alfabetizzazione, in base all''intonazione e ai tratti
fonetici si è in grado di identificare. Allo stesso modo è identificabile il lessico.

Chiudendo la parentesi dei cicles, ci sono comunque due livelli a cui se ne agiugnono altri- morfosintassi, fino
a qualche decennio fa è stata bistrattata però è di vario interesse specie per valutare i fenomeni di
ristandardizzazione. Singoli italiani regionali o di un’area + ampia hanno tratti morfosintattici che non sono
soggetti ad alcun vincolo né di tipo diafasico né diastratico, si usano in una certa area e sono usati in ogni
situa. Dunque la morfosintassi è vario imp, si può analizzare anche la semantica, si pensi ai fenomeni di calco
semantico che si producono sulla base di un modello dialettale, si pensi al verbo comprare, usato sia per
acquistare sia per partorire, questo è un uso che c’è anche in sicilia e altre aree. Oggi sembra essere un tratto
distraticamente basso però si sente a volte usarlo in treno da parlanti che paiono con buona collocazione
socioculturlae. Dunque forse non è così marcato verso il basso ma è ancora difuso, forse speicei in aree rurali.
Dunque diversi livelli di analisi linguistica, è ingrado di dversificarlo anche dall’it astandard, c’è un rapporto
tra ita regionali e ita standard, che era stato omesso da sobrero. Poi anche rapporto tra ita regionale e
standard, forse meglio dire tra ita regionale colto medio e neo standard, entrambe definite da berruto.
D’achille dunque pone l’accento sui diversi livelli di analisi, sui rapporti tra varietà diverse e anche sulla
collocazione dell’ita regionale nel repertorio, dunque quali rapproti ci sono tra ita regionale e standard.
Questo ultimo è stato tratto centrale sin da subito, eg saggio di pellegrini del 60 in cui l’ita regionale per la
prima volta viene inserito in una descrizione dell’italiano.

Poi definizione di regionale di gradit, gradit diretto da tullio de mauro, ci sono anche contestulizzazioni
dell’aggettivo, varietà regionale di un alingua anche. Questo definizione serve perché 1. Fa capire come l’agg
regionale possa riferirsi non solo a un’entità ammiinstrativa ma anche socioculturale etnicolinguistica.
Dunque quando si parla di ita regionale piemontese si deve ricordare che l’etichetta attribuita all''ia regionale
che ha un sostrato dialettale di tipo piemontese non è equipollente all''etchietta amministrativa di
piemontese. Ciò è il rappprtro classico tra dialetto di una area e dimensione amministrativa dell’area.

Dal punto di vista dialettale, giardando la conssitenza dialettale dell’area che amminstrativamente rientra
nei confini del piemonte in questa area solo quella centro sud è definibile come area occupata da dialetti
piemontesi in senso stretto, a ovest ci sono minoranze galloromanze, verso est e nord ci sono varietà di
transizione tra pimeontese e lombardo e poi di tipo lombardo, verso sud ci sono transizioni tra piemontese
e liguri e poi al nord del piemonte ci sono isolotti in cui si parlano varietà di tipo alemannico. Dunque è vario
complessa la varietà dialetale nei confini ammnistrativi della regione.

Nel caso del piemotne si nota bene la complessità della distribuzione dei dialetti. Ciò ha ripeercussioni sulla
varietà di ita regionale parlato in un territorio, dunque ci saranno tratti regionali influenzati dal diale
piemontese di sostrato nell’area centro meridionale, nelle altre zone ci saranno fenomeni che centrano con
l’influsso di altri dialetti. E.g.  denomminazioni di tagliare in piemonte c’è marinare, anche forme +
regionali, nel piemonte centrale c’è tagliare o fare schissa in varietà diastraticamente bassa, in nord invece
bigiare, forma di tipo lombardo. Dunque il sostrato influenza le rese regionali, anche dentro i confini
amministrativi della stessa regione. Dunque la regione è di tipo socioculturale o etnico linguistico e non solo
amministrativo.

2 contestualizzazioni dell’agg regionale varietà regionale di una lingua contestualizzazione che fa


capire come De Mauro ha ritenuto imp l’uso di regionale per dire una arietà di lingua ma allo stesso time non
ha messo ita regionale tra quelle che lui dice polirematiche. Dunque ita regionale non è visto come sintagma
fisso, non fa parte delle poliremantiche alivello italiano.

A supporto della definizione di regionale del gradit, c’è la trattazione della treccani, pensata non
necessariamente per un pubblico di studiosi, si parla dell’enciclopedia dell’italaino, dunque pubblico colto
ma non specialistico, poggi salani ita che varia su base geo def pdf. Regioni linguistik e non
amministrative, dunque ita regionale equivale a locale dunque sarebbe + corretta maga la definizione di
italiani locali 2° poggi salani.

Locale alposto di regionale è usato anche dallo studioso di minoranze, dunque alcuni studiosi hanno pensato
di usare lingua locale per identificare tanto i dialetti italoromanzi quanto quelle di minoranza. Proposta che
ha avuto poco successo le altre etichette sono + diffuse e difficili da sostituire. Anche gg è più usato vario
ita regionale che locale, comunque ita locale sarebbe meglio 2° regis.

Sostrato dialettale nella cara degli ita regionali def pdf grassi i raggruppamenti principali sono analoghi
alle grandi family dialettali la ripartizione è simile alla classificazine di pellegrini per l’italoromanzo area
del nord, dialetti galloitalici e veneto, friulano, toscano, dialetti di area meridionale e sardo questa è la
caratterizazione di pellegrini di italoromanzo.
In questo caso sono riprodotti 3 delle 5 categorie di pellegrini riferimento agli italiani del nord, centro
meridionali ell’area mediana, ai dialetti dell’area meridionale estrema varietà della puglia del sud, del
salento, della calabria centro sud e della Sicily. Poi a parte c’è l’ita regionale sardo.

Bisogna dire che il destino in questo contesto dell’ita regionale toscano e quello romano essi sono in una
posizione particolare per i rapporti in quella area tra lingua e dialetto, dunque sono aree in cui non si può
dire propriamente sostrato dialettale che influenza le varietà regioanli di lingua perché dialetto e ita locale in
quelle zone coincidono.

Si porranno in evidenza le dfferenze tra ita regionale toscano e ita standard, dmq in queste 2 aree coincidenza
tra varietà dialettale e diatopica della lingua nazionale. Difatto in toscana la prosecuzione del dialetto da cui
sarebbe derivata la lingua let comune e anche dopo che si era scelto il toscano a base trecentesca, il toscano
di tutti i giorni ha continuato ad evolversi e a differenziarsi, costituendosi come varietà diatopica della lingua
anzioanle. Stessa cosa per l’ita regionale romano, che era stato fino al 1500 un dialetto di tipo meridionale
intermedio, dunque simile ai dialetti del Lazio sud sotto terracina e in campania, come si capisce dalla vita di
cola di rienzo, comunque eventi storici del XVI hanno fatto andare il romanesco verso il toscano fiorentino.
Dunque si è formato un ita regionale ante litteram. Sta cosa ricollagabile a grassi.

Poi def pdf di telmon popone di parlare di ita regionali anik italiano dunque plur. Perché l’ita regionale
ha una pluralità di manifestazioni, non è cara in modo univoco, sempre dire ita regionali, maga cara comuni
ma ben differenziati localmente. Questa scelta di usare il plur al posto del sing ha eco nella discussione che a
aprtire dagli anni 60 e poi negli 80 sull’ita popolare, che si intreccia vario all''ita regionale. De mauro sin dalla
sua storia ling, tendeva a usare il sing per l’ita popolare sulla base del fatto che trovava tratti di unitarietà
vario. Però studi dpo di berruto l’unitarietà era illusoria e dunque non andava bene, era da ridimensionare.
L’impressione di uni era sugli aspetti di morfosintassi dovuti a semplificazione e non guardava vario diversi
usi fonetici, lessicali, che cara le manifestazioni di ita popolare. Dunque all''inizio si usava il sing, ita popolare,
poi plur, diversi italaini popolari. Pluralità di ita popolari.

Su questo è servito il cara regionale che portano gli ita popolari, dunque ita popo e regio sono vario intrecciati.

Sddivisioen dialettali. Mappa della varietà dialettali presa da grassi, sobrero e telmon e basata sulla
suddivisione diale di pellegrini, c’è unarea nord che coincide con la spezia rimini di rohlfs, poi c’è l’are
aintermedia con toscano e area mediana, forse il confine era l’isoglossa Roma ancona, in questo territorio ita
popo e regio sono vario cfr, poi c’è larea meridionale e quella estrema e infine il sardo.

Esempio del piemonte come mancata = amministrativi e dialettali, altra area vario interesting è quella delle
marche non c’è diale marchigiano, ci sono 3 dialetti diversi vario, a nord pesaro urbine di tipo romagnolo,
nellarea centrale, ancona maceratese, varietà con cara di area centrale e poi nel sud, ascoli piceno, cara di
tipo meridionale. Dunque non c’è un ita m archigiano unitario, ci sono manifestazioni che risentono dei
diversi sostrati dialettali.

Evoluzione degli studi.

Sobrero 3 momenti primo orientamento della caccia all''errore gli ita regio o idialettalismi sono
condannati non è l’uso del buon ita, di quello toscano. Questo è un tipo di prospeettiva che ha vario
successo tra fine 8-inizio 9 xiod subito dipo unità di Italia, bisogna fare gli italiani e non esiste uso linguistico
unificante nella quotidianita percentuali di italofonia all''unità di Italia 2,5, poi cifra corretta da castellani
approssimata al 10%. Percentuale dunque vario bassa.

Dunque dopo l’unità bisognava prouovere uso linguistico unitario e dunque era normale che si stigmatizzino
gli usi non nazionali, con sostrato dialettale.
Poi 2 2° xiod che c’era con la collocazione repertoriale dal 1960, anno di pubblicazione del saggio tra
italaino e dialetto di bellettini, quello è il contesto in cui c’è una prima idea di schema repertoriale in cui fra
le varietà compare l’ita regio. Questo xiod si protrae fino al 1965, poi 3 3° xiod rpresa di iteresse verso
gli ita regionali, a partire dalla metà degli anni 80 sinora.

In realtà non c’è contrapposizione fra i punti 2 e 3 il passaggio fond è tra 1 e 2 quando cade la
pregiudiziale normativista, citando telmon. Il confine cardine è questo, da 1 a 2 da caccia all''errore agli
studi scientifici sull’ita regionale e a una discussione sulla collcoazione dell’ita regio nel repertorio.

Non bisogna essere troppo manichei perché anche nel xiod della caccia all''errore c’erano posizioni
ragionevoli, maga c’era condanna del regionalismo ma si pensava anche a storicizzare la condanna rispetto
alle + comuni condanne senza appello.

Anche ne 2° xiod non tutti gli scienziati erano accomodanti verso l’ita regio, verso la regionalità che l’ita
subiva diatriba sulle pagine dell’Italia dialettale, rivista tra le più note tra giulio lebski e giuliano bonfante,
leb difende accento e pronuncia, 2° lui è giusto che ci sia differenziazione su base fonetica, bonfante invece,
vario time docente di dialettologia, bonfante dice che non bisogna dare libertà di pronuncia perché se no non
ci si capisce + tra aree diverse.

Anche in questo caso ha ragione l’approccio diffusionista di lebski.

Foscolo dice che americani e inglesi non si sarebbero + capiti. Maga invece lo dice leopardi. Comunque uno
tra 7 e 8 fa sta previsione che poi gg non è vero.

Gli studi della caccia all''errore prime riflessioni pdf l’approccio dei manzoniani alla lingua comune era
legato al tentativo di sradicare la malerba dialettale, dunque batta ai dialetti perché siano sostituiti con una
lingua unitaria, il fiorentino contemporaneo delle classi colte. Manzo senatore viene aiutato dal ministro
dell’istruzione broglio e si tentò di avviare una riforma scolastica sulla base delle indicazioni di alemanzo,
sulla varietà da insegnare a scuola. 2° alemano il sistema +pratico per insegnarlo era mandare maestri toscani
nelle scuole. Difficile da fare perché non c’erano abbastanza maestri toscani e perché molti di sti maestri
erano senza gli altri mezzi per insegnare una lingua. Dunque sulla breve distanza ha ragione manzo, sulla
lunga distanza fu l’idea che la lingua si deve diffondere con la socializzazione ordinaria, senza l’imposizione
scolastica, dunque serve la leva, il commercio, psizione di ascoli, de santis e d’Ovidio. secondo ascoli la
diffusione dell’ita doveva andare di paripasso con il recupero dei dialetti, che sono uno strumento utile
all''apprendimento dell’ita questa è la strada della lessicografia dell’8 i voca dell’8 sono infatti dialetto
italiano. a partire dalla 2° metà dell 8 c’è infatti vario dizionari dialettali il diz diviene strumento vario utile
di apprendimento. Dunque i dialetti servivano come chiave di accesso alla lingua italiana.

Questo suggerimento non sarebbe stato messo in pratica se non in un periodo brevissimo, quello del
ventennio fascista, dal 1922 al 1924, gentile dà da fare a radice manualetti dal dialetto alla lingua italiana.
Uno di questi manualetti era stato affidato a Terracini, che dunque partiva dal piemontese.

Questo provvedimento però ebbe scarso seguito nonostate fosse sensato.

Questa idea del coinvolgimento dei dialetti e delal variazione nella didattica torna nelle dieci testi per
un’educazione linguistica democratica del 75 di cui de mauro fu promotore. Nei programmi ministeriali del
79 si fa riferimento ai dialetti ma non è mai stato messo in pratica, dunque fino a pochi anni fa quando si
arrivava all''uni si capiva in quello momento che essitevano varietà regionali e l’ita non era dunque un’entità
monolitica. Sono nozioni inconsce, però di fatto non ci era mai stato dato di riflettere in modo critico e
scientifico sull’estrema varietà nell’italaino.

Anche in questo caso ebbe ragione lebski, infatti l’ipotesi di ascoli rispetto a quella di manzoni, ripercorrendo
la storia socioculturale del paese, l’ita si è diffuso due to le dinamiche di ascoli, non due to mandare i maestri
toscani nelle scuole, gg infatti si usa un ita neostandard dell’uso medio che è vario diverso dal toscano parlato
contemporaneo.

13/02/18

La cosa imp della storia dell’ita regionale è che l’agg regionale corrisponde solo in rari casi con l’accezione
amministrativo-politica. Questa è una cosa da tenere vario a mente. Poi ci sono i 3 momenti, caccia all''errore,
che si rivela specie nel xiodo a cavallo fra la fine dell’otto e l’inizio del nove, dunque dopo l’unità di Italia, poi
2° momento in cui ci si occupa in modo scientifico dell’ita regionale e poi 3° periodo che si può considerare
oppure no perché la era contrapposizione è tra prima e secondo, quando si ha atteggiamento normativo con
i dialettalismi e and invece ci si occupa in modo scientifico. Subito dopo l’unità di Italia e nei decennis
successivi sembra prevalere la tesi manzoniana appoggiata dal ministero di una diffusione ex cathedra del
fiorentino contemporaneo ma considerando la storia dell’ita nei suoi sviluppi + recenti dopo la ½ del XX c’è
un prevalere della tesi ascoliana e dunque il manifestarsi dell’ita nella quotidianità due to possibilità di
contatto crescente tra le persone e alla scolarizzazione.

Contrapposizione ascoli manzo si manifesta in modo chiaro sul primo numero dell’archivio glottologico
italiano, rivista di dialettologia e linguistica, fondata nel 1873 da ascoli, ancora gg pubblicata. Ascoli nel primo
numero del 1873 scrive un proemio che spesso si menziona anche nelle storie della let ita per il grande valore
dal punto di vista formale oltreché per il contenuto, in quel numero ci sono anche i saggi ladini.

Nel proemio ascoli parte dal titolo che era stato attribuito al dizionario di riferimento della politica linguistica
manzoniana, il nuovo voca della lingua italian 2° il costume fiorentino (?), ascoli parte dalla prima forma,
novo, ascoli dice che da secoli si usano la forma nuovo, con il dittongamento di o breve latina in sillaba aperta,
dunque perché si dovrebbe tornare all''uso dei toscani contemporanei con il monottongamento? Per ascoli
è insensato, ci si deve attenere all''uso consolidato 2° lui, se si è abituati alla forma dittongata perché passare
a novo solo perché lo usano i toscani?

Perché si usa nuovo? Perché si usava già nuovo al tempo di ascoli e ne secoli precedenti, riflesso di una
dittongazione presente nel toscano antico, in dante ci sono forme dittongate, tranne che vita nova, che però
è lati. Il toscano parlato poi monottonga ma l’ita scritto mantiene la forma nuovo, quella difesa da ascoli.
Dunque in ascoli c’è vario buonsenso verso la lingua. Ascoli dice di attendere l’attechire naturale della lingua
italiana, dall’altro difende il progresso se è entrato nell’uso consolidato della comunità, questi sono 2 spunti
imp del pensiero ascoliano.

Prime riflessioni verso la caccia all’errore, di noto scrittore e giornalista, attivo tra otto e nove, de amicis,
nativo della liguria, di oneglia, si trasfferisce a Torino con la family, poi gira un po’ e torna poi a Torino.
Scrittore e giornalista, anche saggista. De amicis è autore di un istant classic, ha una prima ed da treves nel
1905 e subito viene ristampato in una versione accresciuta nel 1906, subito vario successo dunque.

Nel testo di de blasi lidioma gentile di de amicis è un fil rouge, per quasi ogni trattazione regionale de balsi
cita un estratto, per darne conto dell’atteggiamento prescrittivista.

Lettera di de amicis a una sua cugina, prime riflessioni pdf, è una cugi piemontese, che abita a Torino, de
amicis individua i regionalismi, non essendo comunque piemontese, è stato a Firenze per lavoro e poi è
vissuto a Torino e dunque riconosce i regionalismi.

Poi ci sono anche prescrizioni prescrittiviste ma attenuate.

Daprime riflessioni si capisce che l’idioma gentile ha avuto successo anche grazie alla brillantezza di scrittura,
dunque l’atteggiamento di de amicis è molto normativo, si elencano le forme calcate o sul dialetto o sul
francese e per alcune si propone un’alternativa. Sono interesting i rimedi proposti se si vuole che i figli non
siano in alcun modo regolati nell’uso della lingua allora si riprenda l’uso del dialetto perché una lingua di
questo tipo può essere nocivo per il futuro. In questa analisi del problema c’è del vero perché se un bambino
si abitua a usare certe forme è difficile che poi riuscirà a liberarsi in modo facile di quelle abitudini, notazione
vera e sottoscrivibile dunque.

Questa è la prima soluz di de amicis, piuttosto che parlare un ita così si torni al dialetto, la 2. È per la
costituzione di una commissione di vigilanza, comunque de amicis prob sta parlando a nuora perché suocera
intenda, nelle parti prima della cit. infatti si dichiara che la madre usa francesismi, dunque è qualcosa
maturato in family, poi riferimento a Alberto, che usa un ling burocratico che porta a casa il marito dall’ufficio,
dunque i commissari devono ricordarsi che sono essi stessi a usare i francesismi, specie per la moda e al ling
burocratico.

Buona parte del lessico burocratico è di origine piemontese, per via dell’origine dello stato unitario, molti
termini sono presi dal piemontese, dunque qui c’è già un problema di critica all''uso ling molto legata alla
sincronia, in prospettiva diacronica molte cose sarebbero cambiate.

Family borghese tra fine otto inizio nove, lo sforzo di parlare italiano che però spesso cozza con linflusso del
fra e del dialetto.

Poi fedele romani, in origine avvocato abruzzese, scrittore, si laurea in lettere, diviene prof di liceo, tra le sue
molte attività anche la linguistica come interesse e per i provincialismi, che sono i regionalismie i dialettalismi.
Romani scrive 4 libretti pubblicati da Belporad, ed fiorentino, dedicati ai sardismi, abruzzesismi, calabresismi,
toscanismi, ognuno di sti volumetti ha una prefazione in cui romani dà conto dei principi su cui si basano
lesue raccolte e dà anche una chiave interpretativa.

Romani è simile a de amicis però c’è una maggiore attenzione alla storiizzazione dei fenomeni presentati,
dato vario imp che tornerà utile nell’esaminare le forme citate da de amicis.

Altra prime riflessioni. L’accento sul fatto che se si usa un certo provincialismo in un’area non proprio non si
è compresi, dunque ragione funzionale per la condanna del provincialismo, la sua è una visione molto
moderna, che può interessare anche i rapporti tra dialetto e lingua, anche i dialetti devono godere della
stessa attenzione degli studiosi in cfr con la lingua nazionale. 2° romani qualche provincialismo potrebbe poi
entrare tra pochi anni entrare nella lingua nazionale. Cit. darwiniana, riferimento alla battaglia per l’esistenza
applicata alla lingua, sono parole che non sono ancora riuscite a farsi avanti, ad imporsi a livello nazionale.

Romani non condanna senza possibilità di replica però considera i regionalismi che sono da evitare se non si
sono ancora diffusi a livello nazionale ma non per questo vanno trascurati, infatti romani dedica 4 volumetti
allo studio dei provincialismi, dunque sono da studiare e da ancorare a un preciso momento storico. Dunque
considerazioni assenti in de amicis, forse anche perché hanno impostazioni diverse, de amicis scrive un saggio
brillante, che deriva dai numerosi contatti con persone di altre regioni, qui invece il lavoro è conepito usando
categorie delle scienze linguistiche, però la temperie culturale è la medesima.

Analisi, pdf tiretto collegabile al tiret, è regionalismo di area nord e anche meridionale. Però nella carta
dell’AIS, carta 895, c’è kaset, specie tra lombardia e veneto, poi kassetto e kassettino e nell’area meridionale
ci sono forme come tiraturu, coetimologiche di tirur piemontese. Però i sud dicono che è vero che si usa
come dice il gradit. Si usa + in italiano tiretto.

Poi robinetto, o rubinetto. È un francesismo, condannato in quanto forma minoritaria ancora all''inizio del
novecento, l’area toscana ha un’altra forma. Gg rubinetto è termine di alta disponibilità mentre chiavetta,
toscano, è meno diffuso. Consultando diz della metà del nove, palazzi 1955 c’è la voce rubinetto con
l’indicazione di voce ripresa ma ormai entrata vario nell’uso, dunque alla ½ dell’uso robinetto sembra essere
diatopicamente caratterizzata ma ormai è entrato nell’uso, comunque non aveva ancora insidiato chiavetta.
Comò, vocec condannata, è un francesismo, gg il termine non ha marca diatopica, è indicato come termine
di uso comune, non fa parte del voca di base ma è comunque diffuso ed è presente in una nota filastrocca. Il
termine cassettone, la possibile alternativa, è di alto uso 2° il gradit. Palazzi nel 1955 dice che è una voce
ripresa, alla ½ del nove dunque palazzi registrava ancora il carattere diatopicamente marcato e non la
crescente diffusione anche in regione diverse in quelle da cui si era sviluppato.

Il termine forse + marcato in diatopia anche esso in piemontese presente è soupanta, il palco morto, sopanta
c’è nel gdli di battaglia perché ci sono occorrenze in fenoglio e pavese. Dunque è facile che voci di questo
tipo siano nel GDLI perché non è dell’uso ma si basa sullo spoglio della letteratura, usato da autori italiani
importanti.

Niente del tutto non è conosciuta dal gradit, è modellato sul francese, pas de tout.

Gli ho fatto un bacio, condannato anche essa da de amicis, chiaro corrispettivo nel dialetto piemontese, maga
è solo un uso generico di fare. Prob de amicis avrebbero preferito gli ho dato un bacio.

Mio professore, non piace a de amicis perché è basata sull’abitudine del dialeto piem di omettere l’articolo
davanti al possessivo, questo uso è comune al mascile sing e al femm sing, compare invece al plur maschile.
Dunque forma condizionata dal sostrato dialettale.

Che si immagini, di derivazione piemontese, non registrata così come mai più, in nessun modo.

Vizio, usato al posto di vezzo ancora presente nell’italiano regionale piemontese, rispetto al senso + comune
di vizio, disposizione abituale al male, dunque negativo, il gradit dà come secondo significato un sign
attenuato ma è un secondo sign distante dal sign di vezzo. Vizio e vezzo sono 2 allotropi, uno colto, vizio,
l’altro popolare. In Piemonte usato vizio sia per senso proprio sia per vezzo. Dunque caso di calco semantico,
vizio sia con il sign di vizio sia con sign regionale di vezzo.

Ultimo caso, chiamare, aberrazione + totale per de amicis, regionalismo semantico, sia sign di chiamare sia
di chiedere. Accezione non registrata dal gradit però il GDLI cita un esempio dalle rime di dante.

Qual è la cara diastratica di un provincialismo? Spesso è un aspetto trascurato negli studi sugli italiani
regionali, spesso per una certa regione sono riportati regionalismi di varia entità che non sono cara in senso
diastratico, non si sa se un certo regionalismo sia tipico solo dell’uso popolare o se sia + diffuso a livello
regionale. Per le voci sopra, sopanta, è voce popolare, senso diastratico basso, non è di uso normale nel
ieemonte odierno, prob lo era nella buona borghesia di fine otto, tiretto anche è molto marcato basso in
diastratia, niente del tutto è uscita dall’uso anche perché è calcata sul francese e il fra ha perso notevole
presa sull’italiano regionale piemontese a partire dal’unità di Italia. Questa distanza fra fra e piemontese e
italiano regionale pie si è accresciuta nel nove. Dunque spesso espressioni basate sul fra sono uscite dall’uso.

Gli ho fatto un bacio è abbastanza diffusa in contesti informali, mio professore, con omissione dell’art det
prima del poss è un tipo di scelta fortemente marcata in senso diastratico, che si immagini pare uscita
dall’uso, mai più ricorre in parlanti abbastanza scolarizzati di mezza età. Vizio è ancora abbastanza diffuso in
campo regionale, chiamare invece è fortemente marcato in senso popolare e dunque diastraticamente
basso.

Chiamare induce a riflettere anche su un altro apsetto legato alla prospettiva diacronica, spesso ci sono usi
regionali presenti nell’ita antico anche non nella regione antica, specia chiamare usato da dante. Queste
attestazioni antiche non concedono i quarti di nobiltà necessari per poterlo usare. È il ragionamento che
faceva Romani, il precedente illustre non deve indurre a usare una voce oggi non corretta.

Stesso tipo di ragionamento si può fare per la valutazione dell’uso del verbo regionale contare per
raccontare anche in questo caso illustri esempi nella let però contare in area piemontese è comunque
regionale, contare in area piemontese è influenzata dal verbo cuntè che sign raccontare.
Ora secondo momento storico, quando si affacciano sulla scena i primi studi scientifici per l’ita regionale.
Nella scansione temporale di Sobrero si usava come anno di partenza per questo secondo periodo il 1960,
quando c’è il contributo di pellegrini in cui si riflette per la prima volta sul repertorio dell’area italoromanza.

In realtà bisognerebbe fare un passo indietro di quattro anni, rispetto al saggio di pellegrini, quando esce il
lavoro di Robert Ruegg, romanista svizzero che si laurea nel 1956 di recente tradotta in italiano. questo testo
è scaricabile sul sito dell’osservatorio linguistico della svizzera italiana.

Il lavoro di ruegg è conosciuto da sobrero ciò nonostante sobrero cita come data di inizio il 1960 forse perché
ruegg fa riferimento alle lingue parlate, all''ita substandard, e non all''ita regionale. Il testo di ruegg per lungo
time è stato difficult da trovare, gli autori italiani lo conoscevano due to le cit. di de mauro. Poi ruegg diviene
un esperto di folklore e non si occupa + di lingua. Ruegg fa le sue inchieste nella prima metà degli anni 50,
sono 54 le provincie coinvolte, tutte le aree di Italia coinvolta, ruegg dunque sta in ½ delle provincie italiane.
Nella sua storia linguistica dell’Italia unita de mauro dà conto dei dati di ruegg e insiste sul fatto che l’unico
concetto per il quale ruegg aveva trovato compattezza era il caffè forte o carico, l’espresso che tutti i 124
chiamano così. Ruegg stesso attenua questa apparente compattezza perché osserva che spesso gli italiani al
ristorante preferiscano caffè, dunque è più panitaliano caffè di espresso. Ruegg fornisce una serie di
alternative diatopicamente marcato. Ci sono infatti altri termini concorrenti oltre al caffè per antonomasia,
caffè ristretto ecc.

Ci sono inoltre termini apparentemente usati in tutte le provincie indagate da Ruegg ma con un lessotipo
alternativo piuttosto forte, dunque c’è una forma conosciuta in tutta Italia ma c’è una forma alternativa che
pare avere buon successo in alcune aree del paese. Fede, figlioli, bambinaia è contrastato da nurse e bonne,
inglese e francese, gg si usa baby sitter che forse ha connotazione diversa rispetto a bambinaia. Invece la
bambinaia pare un’anziana votata alla cura dei bambini, dunque evoluzione significativa anche dal punto di
vista culturale. poi cieco a cui a volte si preferisce orbo.

Carta 188 navigais, distribuzione di cieco, distribuzione di borgn, in fra invece borgne indica chi non vede da
un occhio, poi ci sono tnti orbi, poi nell’area mediana e centrale c’è cieco, anche in lati orbus indicava
inizialmente qualcuno senza qualcosa, poi vario cecato, forma derivata da cieco, diffuso anche in area
meridionale, poi tsurpu, forse forma mediterranea, in Sardegna centro meridioale con al nord forme di tipo
cecu.

Gg orbo è spesso riportato senza marche, specializzazioni spaziali. Altra contrapposizione è fra formaggio e
cacio, la forma formaggio è di area settentrionale, invece cacio è nell’area meridionale. Formaggio da
formaticum che indica il cacio che si mette in forma, da cui deriva anche fromage. Gg formaggio ha vinto su
cacio che però sopravvive in alcune espressioni idiomatiche alto come un soldo di cacio oppure capitare
come il cacio sui maccheroni.

Poi cappuccino e cappuccio, ruegg metteva in luce la contrapposizione tra cappuccio e cappuccino,
cappuccino era il + diffuso, cappuccio c’era nel nord e specie in area milanese. A novara diffuso cappuccio. A
Milano un tempo era molto diffuso cappuccio. Dunque nuova ondata di standardizzazione, forse anche
perché molti di questi caffè sono marchiati dai produttori di caffè e perché il cappuccino si è diffuso anche
fuori dall’Italia.

14/02/18

Mi sono sbagliato, citata da de amicis, anche questa forma è divenuta panitaliana, prob dunque non era un
uso solo piemontese e gg è registrato nel dizionario della lingua italiana della Treccani. Dunque è un uso
registrato dai dizionari ormai.
Primo studio per l’ita regionale, l’autore è ruegg. La sua lista, di cui si sono esaminati solo alcuni casi, egli
indaga + di 230 referenti, comunque alcuni esempi significativi anche di evoluzione diacronica. Bambinaia
uso toscano, nurse e bonne sono scomparsi dall’uso non sono più usati.

Denominazioni del caffè era omogenea nelle 54 provincie, già allora comunque era compromessa,
espresso per caffè forte era panitaliano però molti degli info di ruegg usavano solo caffè e non espresso anche
quando volevano un espresso. Inoltre ci sono altre denominazioni arealmemte + limitate.

Il tema delle denomianzioni del caffè è stato ripreso nelle inchieste della Linc, lingua delle città, in cui c0era
anche Annalisa Nesi per l’area toscana, in questo lavoro di aggiornamento dell’opera di ruegg emerge una
notevole differenziazione nelle denominazioni del caffè. Primi studi scientifici pdf. Alcune denominazioni del
caffè sono + antiche, caffè maericano e all''amaericana si sono affermate negli ultimi 20-25 anni, le altre
erano già presenti, oltre al caffè espresso ce ne sono tante altre.

Un caffè leggero è vicino al caffè diluito in una forma + blanda e poi le ultie due denominazioni sono a sé
stanti, moca e caffè d’orzo, moca indica una miscela molto pregaita di caffè, anche la macchina per farlo e
spesso per tralsltato indica il caffè medesimo. Per moca si intende il caffè fatto con la caffettiera. Non è detto
che sia una miscela moka ma il caaffè mediante capsule è detto diversamente. Dunque moca miscela,
macchina per fare il caffè e caffè stesso.

Poi c’è anche caffè d’orzo, surrogato del caffè.

Poi anche e denominazioni del caffè macchiato spruzzato di cacao, il marocchino, tullio telmon dice sul
marocchino che ci sono 2 interpretazioni per il nome 1. + romanzata, regis è scettico piace a telmon, deriva
dal fatto che gli immigrati del nord africa quando ordinavano una bevanda calda al bar non volenda pagare il
cappuccino si facevano mettere il latte in più, che era + di quello nel macchiato e meno di quello nel
cappuccino, dunque i baristi hanno iniziato a chiamarla così perché di solito lo ordinavano i marocchini.
Invece 2. A regis sembra + credibile questa seconda spiegazione, anche se difficile da spiegare, deriva
semplicemente dal colore della bevanda, dunque interpretazione velatamente razzista.

Comunque questo tipo di bevanda è di origine piemontese, Torino o altre zone, maga in orginie era a
pinerolo, dv si chiama Collino, dal cognome del barista e poi è arrivata a Torino e poi si è diffusa in diverse
aree.

Per l’uso di Collino in un’area vicino a Pinerolo, a Torino, regis ha visto 2 purille che chiedevano un COllino, e
l’altra purilla le ha detto che non erano a Pinerolo e deve chiedere un marocchino. Fino a 15-20 anni
marocchino era solo in Piemonte, fuori non si conosceva, comunque si era spinto verso sud perché i
piemontesi andavano vario in Liguria. In base alle indagini fatte da Regis era chiamato Montecarlo a Milano
dv gg si dice marocchino. Nel gargano si chiama tritestino, anche espressino nel resto della puglia, poi anche
modo in cui caffè viene servito, a Roma caffè alvetro, caffè nel bicchiere, poi caffè in tazza piccola e in tazza
grande.

Dunque si nota una vera e propria esplosione delle denominazioni del caffè anche perché gli articoli di
caffetteria gg sono vario pubblicizzati.

Fenomeno della geosinonimia.

Ruegg ha indagato questa cosa, in cui parole che sono uguali per significato differiscono per significante e
area geografica, la forma può essere + o meno distante a seconda delle aree rispetto al termine dell’italiano
standard e anche l’area geo può essere più o meno ampia. 2 proposte di classificazione dei geosinonimi. 1.
Di sobrero nel suo articolo pubblicato sul lexicon, ne individua 4 1. Toscano forte, dunque buona capacità
estensiva nei cfr delle proposte alternative, eg ciotola di origine toscana al posto dei tipi settentrionali
scodella e del sud tazza. Però gg a differenza degli anni 80 quando scriveva sobrero non c’è prevalenza di
ciotola rispetto a scodella o tazza, anzi spesso ciotola è associato a un uso non umano, mentre nell’accezione
toscana è una larga tazzaa a forma di scodella. Scodella invece è una tazza piuttosto capace, dunque ciotolam
quindi si autodefiniscono, si definiscono reciprocamente. Invece regis non sa dell’uso del sud di tazza, può
essere usato. Dunque non è proprio un toscanismo forte.

Invece la categoria d, dei geosinonimi deboli, sta salendo vario, è simile ai geosinonimi toscani forti si pensi
al toscano padrino che si è diffuso vario. Infatti padrino gg si usa al posto di compare del sud o santolo, li ha
soppiantati nell’uso medio. Ciò non sign che non si usino più in veneto o meidione, sempl nell’uso medio si è
affermato padrino in queste zone. Dunque secondo regis non c’è necessità di distinguere tra a e d.

Invece buone categorie sono la caegoria b, non toscani forti, che sono di area diversa rispetto a quella toscana
eg toscano sciocco che sign privo di sale, non è usato al posto di insipido. Invece sciocco è voce panitaliana e
rapp un traslato dell’accezione del toscano privo di sale, che diviene privo di sale in zucca. Sciocco benché sia
un termine noto al posto di insipido è pokissimo usato upri dalla toscana.

Invec categoria c comprende i geosinonimi che convivno alla pari con una specializzazione areale, però non
smia che il tipo toscano si espanda come non si espande l’altro, c’è solo una convivenza, cas classico è rapp
dalla cooccorenza tra babbo, voce toscana e voce in origine di tipo settentrionale papà. Anche in questo caso
il termine babbo è compreso fuori toscana ma poco usato.

La classificazione proposta da sobrero si basa dunque sulla forza espansiva di un certo tipo lessicale a scapito
di altri, dunque il principio di base è la forza espansiva.

2° classificazione, di Emilio de felice, conosciuto perché studioso di toponomastica, de felice comunque studia
anche altro e si è occupato anche della geosinonimia e ha fatto una classificazione che anticipa quella di
sobrero e si basa sul rango difusione che una certa voce ha in ambito nazionale, regionale o dialettale,
questi sono i 3 tipi di rango individuati da de felice. Questo criterio si intreccia a un 2° che si ricava dagli
esempi che fa, criterio dell’adattamento i geosinnimi di rango nazionale e regionale sono termini adattati
dal punto di vista fonetico e morfologico alle regole dell’italiano lingua comune. Invece per i geosininomi di
rango dialettale si risconotra una difformità fonomorfologica rispetto all''ta, dunque possono essere non
adattati.

Quelli a) mantegono una specializzazione areale ma sono conosciuti e compresi in tutto lo stivavle,
avvicinabile alla cat c di sobrero, come nella cat c c’è una sorta di convivenza pacifica fra 2 lessotpipi
specializzati arealmente ma compresi dappertt. Eg asino somaro, asino è del nord, somaro è del sud, dunque
c’è specializzzione areale ma le 2 voci sono comprese e usate anche in aree diverse da quelle di maggiore
diffusione. Comunque al nord somaro non indica l’animale ma ha senso figurato. Dunque somaro è
specializzato, invece b) sono adattati ma non sono di interesse nazionale, sono ancora limitati nell’uso a
un’area + ristretta. Fra gli eg de felice cita stracco per stanco, fafticare per lavorare, paciugo nel senso sia di
fango sia di passticcio, pateca nel senso di anguria, caciare per frastuono, conca per testa.

Alcuni di questi hanno gg una diffusione non + solo regionale ma nazionale, specie caciara nel senso di
frastuono, la fortuna di alcuni termini laziali tipici del romaneso è dovuto a tele e cinema e mezzi di
comunicazione di massa che hanno diffuso modelli di tpio romano. Questo fenomeno può essere anche di
tipo morfologico, sempre dovuta al romanesco è la diffusione del suffisso aggettivo aro al posto di aio,
dunque benzinaro e non benzinaoi, spesso ha valore spregiativo, però ci sono termini tipici del romanesco
come marchettaro, cravattaro, che sono di origine romanesca ma si sono diffusi. Poi aro si è diffusa anche
per basi non romanesche, come discotecaro, paciuigo anche è diffuso, per il successo di molti termini liguri
si deve pensare alla tele, gabibbo spesso metteva ligurismi nel suo parlare, ligurismi poi divenuti di interesse
nazionale. Quando la littizzetto parla spesso usa regionalismi morfosintattici che sono difficili da notare ma
ce ne sono anche lessicali prima ignoti e gg invece conosciuti. Eg balengo si è diffuso, due to litti che vario lo
usa. Dunque balengo prob prima era ignota fuori dal nord, il fatto che lo uso la litti su rete nazionale induce
ascoltatori ad usarlo.

Dunque i confini sono mobili fra geo di rango regionale e nazionale.

Questo conferma la tendenza di fedele romani, il fatto linguistico e anche quello lessicale va sempre
storicizzato, paciugo in assoluto non è di rango regionale perché potrebbe divenire di rango nazionale.

+ stabili invece sono quelli di rango dialettale che possono anche rispettare la fonologia e la morfologia del
sialetto, sono anche termini marcati bassi diastraticamente, gen basana, piemontese tampa, che è marcato
basso in diastratia, toscano pezzuola e napoletano capa che in area meridionale è vario diffuso. Espressione
panmeridionale che è entrato nell’uso dell’italiano comune, come capa tosta per uno che è testardo. Dunque
forse capa va tra i regionali, gli altri esempi invece sono credibili come di rango dialettale.

Dunque secondo de felice rango e adattamento fonomorfologico che è in quelli nazionale e regionale e
può non esserci in quelli dialettali.

Geosinonimia pdf. D’achille in un lavoro abbastanza recente, dl 2002, lavoro di sintesi sugli italiani regioanli,
pubblicato nel volume i dialetti italiani della UTET, d’achi riflette che molto spesso sono le voci del nord e in
laucni casi romane e del sud a essere vincenti rispetto al corrispondente toscano. Poi fa una serie di esempi
che testimoniano il successo di tipi non toscani. Primo caso aadesso e ora già nell’indagine di ruegg l’uso
di adesso era tipico dell’ita del nord e centro ad eccezione della toscana che preferiva ora, con la toscana
nell’inchiesta di ruegg anche la Liguria sembrava preferire ora ad adesso ed anche la sicilia. Gg la convivenza
è pacifica tra i 2 lessotipi, ci sono buone testimonianze di uso di ora e di adesso al sud, però cè un discrimine
di tipo diafasico anche al nord si predilige ora in contesti formali e scritti, a volte scatta una sorta ddi
censura nell’uso di adesso in documenti ufficiali, dunque in base all''esperienza di regis questo è un caso in
cui il tipo toscano ora è più prestigioso del nord adesso, infatti è preferito in contesti formali. Si usa all''una
al posto di al tocco per dire le tredici, lo scarso successo di al tocco era già testimoniato da ruegg, si è già
detto di rubinetto, francesismo afferamtosi all''inizio al nord ha prevalso sul toscanismo chiavetta. +
complicati i rapporti tra brufolo, foruncolo, che possono essere considerati geosinonimi effettivi, invece
pedicello è definito come piccolo foruncolo, dunque brufolo e foruncolo a livello di sign sono coincidenti,
pedicello inveec avrebbe un sign leggermente specializzato. Nessuna di queste voci è marcata in diatopia,
brufolo ha anche avuto successo in ambito pubblicitario, infatti si usa + brufolo di foruncolo o pedicello in
quello caso. Stesso discorso per il rapporto tra cozze e mitili, anche se mitilo conserva un sign in ambito
tecnico scientifico perché riproduce la denominazione lati mitilus, dunque ha mantenuto una specializzazione
tecnica, però nella lingua comune cozza ha prevalso su mitili, poi anche prevalenza di frocio su finocchio,
frocio di origine romanesca, registrato secoli addietro con fra, pi ha indicato lo straniero e poi 2° paolo zolli
ha indicato le guardie svizzere e poi ha preso il sign odierno. Etimo incerto ma sicuro di area romana che fa
concerrenza al tipo toscano finocchio. Poi anche anguria e cocomero, per sti 2 gardare su aliquot, qui, in area
meridionale è diffuso il tipo melone nel senso di melone d’acqua, a sud della linea Roma ancona è diffuso
melone dunque.

Per relazione leggere una carta dell’aliquot.

Questo tipo di indagini, tipo l’aliquot, si stanno sviluppando in ambito germanofono, gg il laico si offre
volontario per l’inchiesta, a differenza di quanto capitava per gli atlanti ling, quando l’info era individuato con
accuratezza, in questo caso invece si sceglie di essere coinvolto.

Dunque rapporti tra diversi geosin nell’Italia contemporanea rispetto alle dinamik in corso gg nell’ita
contemporaneo. Una crux per il linguista che si occupa di geosinonimia senza allontanarsi dalla sua scrivania
è nel modo in cui i lessicografi trattano le voci di provenienza regionale, regis ha tentato di esaminare la voec
anguria.
Poi telmon parla di posteria, forse è un geosin di rango locale, 2° la classificazione di de felice adattato
fonomorfologicamente all''italiano, indica il negozio di alimentari, si è diffuso grazie a mari acorti che lo usa
in il canto delle sirene. Ad esempio sopanta nel senso di palco morto, in quel caso il termine è ignorato dalla
maggior parte dei diz ma è dal GDLI perché c’è in Fenoglio o pavese. Dunque anche in questo caso forse
posteria è anche analizzato dai dizionari perché c’era nel Roma di Maria corti, il canto delle sirene.

Ora si torna ad anguria. 2° la prima ed del devoto oli e 2° aldo duro è milanese, secondo il garzanti è
loombrada, dunque non solo di Milano, 2° il battaglia, GDLI, il termine sarebbe regionale e 2° lo zingarelli la
voce sarebbe settentrionale. Chi vuole sapere qualcosa su posteria senza andare sul campo guardando i
dizionari è dunque ancora + confuso di prima perché ogni dizionario dice la sua. Altra etichetta vaga è quella
di settentrionale, perché noi del nord non la conosciamo, dunque prob è una voce lombarda peraltro neanche
diffusa in tutta la Lombardia, prob ha ragione devoto oli, è della lombardia settentrionale.

Con l’anguria la storia è la stessa, per palazzi la voce è volgare, tipica del popolo, ma non si sa di quale popolo,
il GDLI detto battaglia da telmon non presenta marche regionali esplicite però guardando la sezione
dell’etimo è di area veneta, istriana, lombarda, emiliana, prob basata sugli autori citati dal Battaglia, il fatto
però che ci si basi su testi letterari dà un’immagine precisa ma non completa infatti potrebbe anche essere
diffuas in area romagnola ma potrebbero non esserci autori che la usino. Devoto oli stranamento, usually è
vario preciso, in questo caso dice solo regionale, in palazzi folena è regionale settentrionale, in de felice duro
è settentrionale, poi altri diz su pdf. Dunque i dizionari danno indicazioni diverse, non in contraddizione le
une cnn le altre, ma in alcuni casi indicazioni + precise, in altre + vaghe, l’etichetta di regionale dunque è poco
significativa, perché bisogna sapere in che area è da collocare quel regionalismo. Se si sospetta che la voce
non sia diffusa in tutta l’area serve una roba + precisa e l’unica che la da è il battaglia, però si basa sulle fonti
scritte, in questo caso, comunque, per anguria, tutta l’area settentrionale è occupato da anguria.

Altro esempio di geosinonimia, affrontato da ruegg e da telmon e da aliquot. Marinare la scuola. Numero di
provincie primo numero e poi numero di informatori che ha dato la risposta. Marinare la scuola è la voce
panitaliana, che però nell’inchiesta di ruegg non copriva tutte le 54 provincie ma solo 35. Fare filone interessa
tutto il sud ad eccezione della sicilia, comunque tra prima e le restanti c’è vario stacco. Bigiare è diffuso in
area Ticino, como, pavia, Milano, anche verbano cusio ossola, area lobardofona del Piemonte. Segare aveva
diffusione limitata negli anni 50, solo in area romana con propaggini abruzzesi in area aquilana vario
condizionata da Roma e dal Lazio, gg questa espreiossne si è diffusa vario, anche verso nord. Spesso infatti
le voci settentrionali romane e a volte del sud vincono le espressioni toscane corrispondenti. Poi anche far
Sicilia, specie nella carta ci Grassi, Telmon e altri, in cui compare fare sicilia, una prof di origine siciliana non
la conosceva. Gg non è più usata nelle carte dell’aliquot, come fare l’ora che anch’essa non compare, fare
sicilia derivava dall’attitudine dei giovani a leggere il quotidiano della sicilia quando tagliavano. Fare l’ora
invece era un altro quotidiano rosso che usavano quelli che non erano conservatori e dunque non leggevano
il quotidiano di Sicilia.

20/02/18

Continuum applicato al contesto italoromanzo, quello fondato sulle 4 tastiere di pellegrini tra ita stnadard e
dialetto rustico. Poi anche quello di area abruzzese. Testi dialettali con dialettalismi. Nella prosa di camilleri
è difficile capire cosa, cosa fosse dell’ita regionale. Altri autori che hanno regionalismi di vario tipo ad un
livello ipercolto sono Gadda o Gianni Brera.

3° saggio da sapere, sempre primi studi scientifici, qui ci sono alcuni flash sui primi studi per l’ita regionale o
comunque a cose che sono simili. Ieri si è aprlato di Pellegrini, gg si parla di Tullio de mauro che scrive storia
lingusitica dellitalia unita. Libro vario imp per il 2° novecento italiano, è vario moderno, prob la modernità
emerge fino ad un certo punto perché spesso c’è il difetto di vedere i contenuti d sto libro o di quello di
pellegrini con gli okki del lettore moderno. Sia pelle sia storia lingguistica dellitalia unita del 1963 ebbero un
effetto diromenpente all''interno degli studi di linguistica italiana. Il libro di de mauro mette in relazione, tra
i primi, fenomeni linguistici e sociali. Nel 63 questo tipo di commistione è raro e nessuno la’veva fatta rima
di allora in Italia. La sociolingusitica nasce solo nella seconda metà del 60, come disciplina autonoma, dunque
non si parlava ancora di sociolinguistica però de mauro fa una tale analisi dal 1860 circa al xiodo subito dopo
la IIGM.

De mauro parla di varietà regioanli, non di ita regionali, de mauro pone l’accento sul contesto sociale in cui
si sono svviluppate le varietà regionali di italiano, contesto che de mauro ricostruisce è di monoliinguismo
dialettale, de mauro dopo l’unità stima il 2,5% di italofoni, castellani comunque non va oltre il 9,5. Dunque
pochi italofoni che tengono conto anche dell’area dell’ita centrale che è difficile da valutare. Dunque quadro
di monolinguismo dialettale in cui il mutato quadro sociale, le occasioni di contatto con parlanti di altre aree
induce la pop dialettofona ad usare l’ita.

Il quadro fatto da de mauro è di una varietà regionale di ita come varietà di apprendimento dal dialetto
all''italiano. dunque gli ita regioanli sono interlingue. Non tutti gli ita regionali possono essere considerati
delle interlingue, varietà di apprendimento da un codice ad un altro, ma solo le varietà regionali quando si
stanno formando, in unquadro di forte dialettofonia in cui il punto di partenza era il dialetto. Nel contesto
della formazione delle varietà regionali di ita la sua posizione è giusta, verrà ripresa da telmon. De mauro non
usa interlingua, ma verrà usato da telmon.

Dunque in questa fase di apprendimento i neo parlanti mettono elementi lessicali nel dialetto di origine e
dunque piegano la lingua comune con cose del loro dialetto. Per dde mauro solo di tipo lessicale e termini
adattati fonomorfolgicamente e sintatticamente alla lingua mutante. Però invece tutti i livelli di analisi
possono essere interesati a questo tipo di trasferimento. Sicurò però il lssico è la parte + visibile però ci sono
caasi di influsso sostratico del dialettico per la morfontassi.

De mauro nella sua caratterizzazione del xiodo storico in cui si formano gli ita regionali cita le zone +
pregoredite dell’Italia, quelle + industrializzate, che dunque hanno + immigrati, nel xiod dopo la ricostruzione,
l’area verso cui si concentra l’immigrazione dal sud e dal nord est, veneto e friuli è il triangolo industriale,
Torino, Milano, Genova, zone che attirano vari immigrati. In queste aree si aggiunge anche unlatra cara, è
abbastanza naturale in questi casi che si sia creata una netta distinzione fra itlaliano e dialetto, facilitata dal
fatto che la differenza strutturale tra i 2 codici era vario di + di quella al sud.

Dunque nascita di varietà di compromesso fra queste 2 realtà, lingua e dialetto. De mauro sfrutta nel cara
questo situa, collocata nel xiod tra le 2 gm, le tasitiere di pellegrini, ita comune, ita regionale, dialetto
italianizzante, dialetto nelle sue forme + arcaiche.

Spesso si è pensato che già prima del nove ci fossero varietà di ita regionale, però nel xiod tra le 2 gm, la
formazione degli ita regionali, raggiunge una massa critica tale da non poter + essere non studiata. Dunque
si possono individuare usi regionali anche nei secoli passati ma è nel xiod individuata da de mauro che si
individua una massa critica che deve convertirsi dal dialetto all''italiano.

Problema che trova de muro è sull’effettiva competenza delle 4 varietà delle tastiere di pellegrini: si può
supporre che anche nelle zone + avanti dell’Italia ci fosse una buona competenza di tutte le 4 varietà? No,
solo poche persone parlavano allo stesso modo queste 4 varietà. A volte parlanti poco scoarizzaati scrivevano
in un ita sicuro vario regionale e marcato diastraticamente verso il basso. Dunque situa fluida di evoluzione,
di italianizzazione degli ita nel loro ocmplesso che però è diverso a 2° delle aree e dello status sociosulturale
della persona in analisi.

A un certo punto de mauro si chiede nel 1970 se questo uso delle varietà regionali si arresterà o se invece è
destinato a durare. Dice che prob a breve scadenza non spariranno. Questa considerazione di de mauro
riporta al settore della linguistica della ling prognostica in cui anche gaetano berruto ha fatto una capatina.
Anche quella di cui si era fatto portatore ascoli era prognostica, quando ascoli dice che bisogna lasciare che
l’ita si diffonda in modo naturale, anche in quel caso Ascoli aveva visto vario + lontano del ministro broglio e
Manzoni. Infatti quella sarebbe stata l’evoluzione della storia ling dell’italiano.

Allo stesso modo c’era la disputa fra Lepski e bonfante, lep pensava che solo in ita ci fosse grande varietà
accettata e bonfante invece voleva irreggimentare questa grande varietà di accenti perché pronosticava che
non ci si sarebbe più capiti.

Perché de mau si pone qst problema ? 2a regis xk de mau parte nella sua caratterizzazione degli ita regionali
da monolinguismo dialettale in cui i dialettofoni cercano di imparare la lingua di comune ed è proprio cara
delle varietà di apprendimento di essere transeunti, poi vengono superati per stadi + progrediti della lingua
obiettivo.

Dunque la riflessione di de mau nasce dal fatto di aver cara le varietà regionali come varietà di apprendimento
dal dialetto all''ita, le varietà regionali non sarebbero sparite di lì a breve, anche gg si studiano, ma è cambiata
la qualità delle varietà regionali di italiano. le varietà popolari sono ancora presenti ma stano scomparendo
a vantaggio di ita regionali + condivisi socialmente, meno stigmatizzati e stigmatizzabili.

Tabella di berruto, in cui c’è sempre scritto ita regionale tranne che nella seconda colonna. La linea indica il
confine fra sistema italiano e quello dialettale. L’idea è quello del continuum con addensamenti, si può partire
dall’alto o dal basso, ci saranno successioni di varietà che trascolorano una nell’altra. Nel fare questo schema
berruto ha cercato di mettere nella posizione giusta le diverse varietà, dunque le posizioni delle etichette
sono regolate sul rapporto con le altre etichette.

Dal punto di vista generale berruto fa notare che è una tabella che guarda la variazione diatopica, la
contrapposizione fra una varietà formale di ita, standard, uno di uso medio e uno di uso comune, quasi tutte
le schematizzazioni considerano una varietà substandard e poi sicuro nello spostarci da sinistra verso destra
c’è un’imp sempre + della variazione diafasica.

Collocazione dell’ita regionale. Primo sintomo di esplosione diafasica è nella scchematizzazione di mioni,
1975, nonostante c’erano già pellegrini e de mauro, non usa ita regionale, dunque parla di colloquiale
informale e parlato formale che sembrano quello ita regionale ma non sono ita regionale. In mioni 1983 c’è
l’ita regionale e ha in lui l’ita colloquiale informale, sensibilità diastratica, c’è una listà di forme che sembrano
da porsi allo stesso livello tutte assieme, senza che si parli della loro marcatezza diastratica, qui a livello
repertoriale scissione tra ita regionale e i ta popolare regionale. Sulla stessa linea Sobrero e Romanello, loro
usano solo ita comune, regionale, dialetto e poi ognuno ha registro alto e basso. Difficile dire standard
colloquiale, se esista una varietà standard orale è difficile da dire, 2° rex non esiste una versione orale dello
standard aulico, può esistere una versione meno formale della lingua comune che si può etichettare come
ita dell’uso medio, neo standard.

Sanga 1981, tante varietà sia per ita sia per dialetto. Come dice berruto le varietà di una lingnua sono
incrementabili sulla base delle cara dei parametri che di volta in volta si usino. Dunque, prima però, in de
mauro 1980 c’è anche ita popolare unitario, che sarebbe l’ita regionale + basso. Dagli anni 70 de mauro parla
di ita pop uniario perché spesso c’è una morfosintassi comune e dunque prob c’è ita opolare unitario, con
cara comuni vario diffuse. Però studi dopo che guardano singole varietà di ita hanno fatto vedere che
l’unitarietà c’è per la morfosintassi ma c’è grande variabilità per l’altro livello di analisi, specie per via di
variazione diatopica. L’unitarietà morfosintattica dell’ita popo derivava da fattori di semplificazione e
regolarizzazione tipiche delle varietà popolari di lingua, era forse un errore prospettivo quello di far vedere
l’unitarietà popo quando invece era vario + sfaccettato.

Poi sanga 1981, varia esplosione di varietà su esntrmabi i versanti, ci sono sia parametri di variazione dia
formali, in questo modo si spiega la categoria dell’ita anglicizzato, considerazione formale, varietà di ita che
prende prestiti e calchi sull’inglese, poi ita lett standard, poi altri, poi ita regionale, poi c’è anche ita
colloquiale. Vario novità fatto da trumper e maddalon nell’82, sulla base di una barra ci sono 2 varietà
sinistra orale, destra, polo scritto della diamesia. Dunque è preso come parametro definitorio a priori il ½
usato per comunicare. Per alcuni la diamesia non serve, categoria introdotta da mioni, perché sarebbe solo
una categoria interna alla diafasia, al chiarezza con cui si poteva distinguere fra polo scritto e orale è venuta
meno negli ultimi 15-20 anni in cui ci sono mezzi di comunicazione scritti che usano schemi e forme e
abitudini dell’oralità. Ciò ha attenuato l’opposizione fra polo orale e scritto che fino a due decenni fa
sembrava vario caratterizzabile. All''epoca di trumper e maddalon c’era ancora sta differenza. In sto schema
ci sono 3 ita regionali, per il versante scritto trumper e maddalon usano standard, sub interferito dal dialetto,
standard che però non è mai detto regionale.

Con sabatini si arrivav ario vicini al tipo di caratterizzazioe che si farà, la distinzione fr aita standard e dell’uso
medio, poi vario collegamento alla dimensione diastratica, delle classi istruite oppure popolari, disitnzione
simile a sobrero e romanello, ma in loro alto e basso poteva smebrare ambiguo sia tipo di registro sia di
classe sociale. In sabatini invece esplicito riferimento alla caratterizzazione sociale. Vario imp è la disitnzione
fra ita standard e dell’uso medio, sabatini dà molti tratti che cara l’ita dell’uso medio, quello gg detto ita
dell’uso standard. Dunque ita usato mediamente dalla popolazione che usa quello tipo di lingua. Dunque è
un ita che si colloca in posizione mediana, un uso tipico delle classi con un’istruzione medio alta. Si tratta di
categorie orientate verso l’alto.

Nell’italiano anche la produzione media è comunque orientata verso il polo della formalità e ciò spiega perché
non c’è coincidenzaz tra centro sociolinguistico e geometrico nello schema di berruto.

Poi c’è quello di berruto, non c’è una collocazione precisa dell’ita regionale se non nell’indicazione tra
parentesi dellìitaliano popolare. Non c’è l’ita regionale questa sua scelta ha a che fare con la partioclare
architettura dell’italiano, basata sull’interazione fra 3 assi variazione diafassica, diamesica, diastratica,
nello schema di berruto non c’è la diatopia che berruto considera come immanente, nella prospettiva di
berruto non c’è varietà di italiano che possa essere considerata priva di caratterizzazione regionale, ciò spiega
perché tra le varietà di berruto non ci sia l’ita regionale come a sé stante. Tranne le prime due nella
caratterizzazione di berruto e anche ita standard, per tutte le altre l’etichetta ita regionale andrebbe bene.
L’etichetta regionale è solo con ita popolare.

2° rex dal momento che ad eccezione delle varietà + formali tutte le altre sono regionali allora anche quello
la è. Poi anche cara del versante dialettale del repertorio italiano.

Questa tabella fa disccutere sullassenza di collocazione dell’ita regionale. Non si sa perché mioni non lo
mette, invece in berruto non è un problema che non ci sia.

Nascita dell’ita regionale.

Tornare a tullio de mau in storia linguistica.

Concetto di lingua comune spesso si usa sto termine, lingua cmune, uìetichett ausata per dire la lingua
nazionale in senso unitario, dagli studi fati di storia della lngua italiana, si attacca a parlare di lingua comune
dopo la questione della lingua cinquecentesca, quando si sceglie tra le varie opzioni la soluzione arcaizzzante
di bembo, quella è la nostra idea di lingua comune. Però non è la lingua comune che si usa gg. La situa
sociolinguistica dopo il 1525, dopo le prose, si nota che quella lingua era generalmente accettata, comune,
se però si limita il campo d’analisi all''uso letterario, quella serviva solo per usi letterari, non era di uso
comune nel senso di lingua della quotidianità; esistenza di lingua let ocmune e per il resto nella quotidinaità
dei dialetti, che così sono chiamati dal 500 implica diglossia tra i due codici coinvolti. 2 codici
sociofunzionalmente specializzati, definizione di diglossia 2° ferguson. Diglossia usata perché tra sti 2 codici
non ci sono sovrapposizioni, si ipotizza che i 2 codici non siano compresenti all''interno di una stessa situa
comunicativa. Questa diglossia è mediale, relativa al ½ che si usa per comunicare. Altro caso di diglossia è
quello della svizzera tedesca in cuui il tedesco standard si usa negli usi scritti, formali o inflormali mentre i
dialetti alemannici locali sono usati nell’oralità, questa era la situa descritta daferguson, prob ancora valida
negli anni 80, gg prob non c’è quel tipo di diglossia mediale. Situa della Grecia anche era analizzata da
ferguson. Come ankn haiti e arabo classico e un altro.

Quadro diglottico mediale era come si analizzava la situa italiana preunitaria, questo quadro è stato difeso
da tullio de mau, c’era un popo vario dialettofona con un uso dell’italiano limitato alle classi sociali + elevate
e all''ambito scritto salve situe specifiche e rare.

Questa visione è stata messa in discussione da dachille negli anni 90 e anche da enrico testa ne l’italiano
nascosto.

Già berruto in sociolinguistica dell’ita contemporaneo dice nell’87 che è vero che c’è una situa di massima di
diglossia mediale ma sicuro si deve pensare che una qualche modalità di uso non aulico dovesse esserci nel
xiod dalla questione della lingua alla fine dell’otto.

Tutta sta roba in quando nasce l’ita regionale.

Anche paolo trovato si esprime su questa fondamentale querelle ed egli trova che la modalità d’uso non
aulica è una continuazione della lingua cortigiana che era stata sconfitta, usi avvicinabili a quelli delle corti
del 500 rimangono nella conversazione e negli scritti informali. Non è stata molto seguita sta opinione ma ha
una sua fondatezza, la lingua cortigiana era la soluz + libera durante la questioen della lingua, proprio la
libertà che era fra i presupposti della lingua cortigina è alla base della sua scnfitta chi scrive ha bisogno di
regole che la lingua cortigiana non sapeva dare, al massimo dava modalità di comportamento. Cosa da evitare
quando come in questo moemnto si chiedevano certezze che diede belbo con l’auctoritas delle 3 corone.

Poi poggi salani, presunta corrispondenza tra ita reg del passato, ita pidocchiali, formula mutuata da landolfi,
e ita popolare, categorie già incontrate, si parlava di ita regionale del passato quando si diceva che nel xiod
tra le 2gm l’ita regionale non viene più ignorato ma ci sono usi anche prima, tra la queesiotne della lingua e
l’unità di Italia.

L’etichetta di ita regi del passato è stata proposta da teresa poggi salani, dando sta categoria poggi salani
muove da posizioni non diverse da quelle di berrruto che si chiedeva se si potesse pensare che non esistesse
una forma di comunicazione non aulica? Poggi salani parte da una tale considerazione, dalla codificazione
linguistica cinquecentesca. Solo quando si identifica una norma, quando viene codificata una regola, si hanno
chiare le deviazioni da questa regola, fornite le regole da bembo, si possono identificare i casi di deviazione
da bembo come passibili di regionalità.

Trattatello della civil conversazione, degli anni 70 del cinquecento, scritta da Stefano guazzo. Egli delinea una
favella mista, tra il parlare schietto, il dialetto schietto di cui si parlava in riferimento a pellegrini e il toscano,
punto di riferimento nell’accezione bembiana. Tra queste 2 realtà Guazzzo promuove una favella mista
esemplata sul toscano ma aperta a influssi del dialetto locale. Come esempi riporta l’uso di lui e lei in funzione
di sogg, che a volte già era usato in dante, però bembo la rifiuta totally. Dunque dal cinque c’è un riuso di egli
ella, e nel cinque guazzo dice lui e lei sono usati.

Poi cita anche esempi di carattere fonetico, esempi di sonorizzione o spirantizzazione delle occlusive
interovacliche, cadena per catena, rave per rape. Dunque questo suo trattato serve perché guazzo non
elabora nessuna teoria, guazzo porta testimonianza di usi della favella mista nella sua casale monferrato da
parte di chi sa scrivere e usa dunque elementi di base toscana con però fenomeni tolti dal sostrato. Lui e lei
sogg, sonorizzazione e spirantizzazione delle occlusive intervocaliche. Dunque la avella mista è un possibile
esempio di ita regionale del passato.

21/02/18
Quando nasce l’ita regionale.

Solo a partire dalla soluzione bembiana si può parlare di manifestazioni regionali di italiano perché si è fissata
una varietà letteraria comune di lingua, proprio nella seconda metà del 500, in un’opera di NIcolà Ligurio, in
cui compare per la prima volta dialetto, nella forma dialettò, quando si stabilisce una lingua comune, una
varietà di riferimento da usarsi in testi letterari, è naturale che tutti i volgari che fino ad un certo time erano
sullo stesso livello siano retrocessi e ad essi si dia il nome ipercolto di dialetto, si rifàalla’ntica Grecia.

Poggi salani, pone l’accento sull’aspetto diatopico, ita regionale del passato, seconda prospettiva è quella
proposta da enrico testa nel suo libro l’italiano nascoso, è l’ita pidocchiale, l’accento in questo caso è posto
sulla variabilità diafasica, è un uso dellitaiano condizionato dal tipo di situa e di interlocutore. Uso di questo
agg, pidocchiale, non è stato coniato da testa, egli riprende l’uso di landolfi nel suo Roma pietra lunare del
1939. Vario autobio, dedscrive del ritorno nel paese d’origine, nel frusinate, il prota del Roma si rende conto
di non riuscire ad entrare in sintonia linguistica con i suoi compaesani e allora deve abbandonare l’uso dell’ita
di Roma, curiale, per passaare a un uso pidocchiale che serve per parlare con persone di livello + basso.
Dunque selezione ddell’interlocutore e anche scelta di tipo diastratico. Testa associa all''italiano e indice per
ita pidocchiale una varietà che si sottrae alle formule della cmpostezza letteraria o a un controllo espressivo.
Dunque varietà che serve solo per comunicare, ita di emergenza, di natura assai grezza, che serve per
un’urgenza comunicativa determinata. Questa urgenza comunicativa è analizzabile lungo 2 filoni 1.
Urgenza comunicativa che si presenta a xsone pokissimo scolarizzate che per qualche ragione devono
scrivere e allora usano l’ita che sono in grado di usare, pidocchiale e molto grezzo, con frequenti intrusioni
del sostrato dialettale e poi 2. urgenza comunicativa che è un abbassamento operato dal mittente per il
destinatario. In questo caso non c’è uno scrivente che cerca di suare una varietà di italiano ma è il desiderio
di rendere fruibile il proprio messaggio a chi è in una condizione socioculturale di subalternità.

A livello generale il 2° filone, abbassamento per essere capiti dall’interlocutore, è quello che fa al chiesa
catttolica post tridentina, dopo il concilio infatti a differenza di quanto molti chiedevano, non si passa alla
messa in volgare, dunque viene mantenuta la celerbazione in lati ma si inserisce all''interno edlla celebrazione
una predica o omelia in volgare. Per farlo + capibile allora il clero abbassaava il proprio ita alle esigenze del
popolo. Come quello che fa giovan carlo nei cfr dei compaesani. Prob per accorciare la distanza
sociolingusitica con i suoi compaesani.

Esempi tra quelli di testa, di solito erano conosciuti alla let sull’ita regi del passato, testi già noti ed editi ma
mai nessuno li aveva analizzati in un unico saggio, come fa testa.

Varie volte gli esempi del primo filone, uso di ita di persone con mezzi culturali non eccelsi, riguardano le
testimonianze a processi per stregoneria, spesso a cavallo fra 5 e 6, quando l’inquisizione aveva fatto vario
sentire la propria azione. uno viene accusato di stregoneria e cerca di fare una memoria in italiano, testi scritti
in italiano pidocchiale. Uno dei prmi esempi, Pellezze Eusini da Collevecchio ?, che fa una teste con ita
d’emergenza. Commentando sto testo Pietro Trifone, responsabile di aver reso disponibile la teste alle
comunità scientifica, dice che scriveva male ma scriveva, questo il punto fond persona indotta alla scrittura
dalle esigenze ed comunque in grado di scrivere, ita che la mette nelle condizioni di essere compresa.

Altro caso, quello che riguarda la testimonianza a un processo di stregoneria, in realtà le accuse erano + di
eresia, per un umile mugnaio vario ingegnoso, Domenico Scannella, detto Menocchio. Testimonianza
esaminata già negli anni 80 da Carlo ginzburg. Primo ½ di 500, testimonianza di xsone che devono usare l’ita
ecn comunque in grado di scriverlo.

Poi anche baldassare castiglione, per il 2° tipo, intellettuale di rilevo nel 5, serve per il dibattito intorno alla
lingua italiana, è un uomo vario colto, ambasciatore, a noi serve la varietà che usa con 2 xsone che gli sono
socioculturalmente subalterne, la madre, aloisia Gonzaga e il fedele servo Cristoforo Tirabosco. Castiglione
mentre parla con loro mette termini dialettali, fenomeni fonetici e morfologici identificabili come
senntentrionali, infatti lui era mantovano. In questo caso dunque sccrivente che non diversamente dai
predicatori cattolici voleva essere capito al meglio dai suoi destinatari e dunque usa il pidocchiale. Dunque
abbassamento di ambito laico.

Poi ultimo caso, che è ibrido carteggio vasanese, riguarda una serie di documenti inviate ad Alessandro
Vasanese di Corgneto ? che faceva il sarto a Roma. Ci sono 2 mittenti principali, da un lato il cognato Antonio
che usa un ita approssimativo con vario sostrato, poi anche Baldassarre, al servizio degli orsini a Roma, balda
usa una varietà non assimilabile a Pellezze o Menocchio ma nemmeno al toscano letterario, è intermedio e
ricorda l’esempio di Stefano Guazzo, la favella mista che si colloca fra il dialetto schietto e il toscano let.
Dunque molte sfumature, però la cosa fond è la natura del’ita pidocchiale, che nasce da esigenze
comunicative, può essere la manifestazione di limiti di competenza ma anche dal desiderio di avvicinamento
ai propri destinatari.

Poi anche 3° categoria, quando nasce l’ita regionale, bisogna anche pensare alle vicende dell’ita popolare,
soprattutto nelle proposte + recenti opposizione tra ita regionale delle classi colte e delle classi popolari.
Andando indietro nei secoli il ruolo dell’ita popolare diviene fond per valutare il momento di attuazione
dell’ita regionale.

Riflessione di Berruto in l’italiano popolare e la semplificazione lingusitica, in cui si parla delle cara dell’ita
popolare e si discute della collocazione della nascita degli ita popolari. Berruto dice che prob l’abitudine di
metter la nascita tra fine 8 e inizio 9 è condizionata dal fatto che quel periodo è quello in cui capita
l’italianizzazione di massa, l’ita comincia a prendere piede in modo consistente, in quello xiodo ci sono varie
testimonianze di uso colloquiale di ita e allora si sceglie sto xiodo come data.

Usi linguistici di soldati al fronte, esempi di ita popolare, berruto dice che prob era sempre esistito un modo
di comunicare socialmente basso e semplificato pragonabile all''ita colto. Sarebbe una stranezza
sociolinguistica se prima delle due guerre non foss essitita una modalità di aprlare non colta dell’ita.

Berruto scrive che l’ita pop è sempre regionale, cioè localizzabile. Dunque c’è un ita tipico delle classi sociali
subalterne con cara chiare dal punto di vista diatopico, è cara in senso regionale. Partendo dalle riflessioni di
berruto sull’ita popolare e i rapporti tra i ta regionale e pop Telmon dice che forse la gente ha sempre parlato
ita regionale quando parlava ita e dunque l’ita popolare ne è solo una varietà diastratica.

Infatti sabatini come categorie usa quelle dell’ita regionale e poi li diversifica sulla base della classe sociale
che le usa, delle classi colte e delle subalterne. Quale può essere la soluz terminologica giusta? Ita regi, ita
pidocchiale, ita popolare, qual è il modo + corretto per riferirli all''uso dei secoli passati.

Rex ama la proposta di berruto in sociolinguistica delìita, ita popolare del passato. Rex non userebbe ita
regionale del passato come poggi salani, perché l’ita reg di solito è un insieme di varietà che si producono
per diversi luoghi dopo la diffusione della lingua comune di uso quotidiano, tardo 8, prima ½ 9, ci sono usi
dell’ita del passato che coinvolgono molte forme e costruzioni che risentono del sostrato dialettale, ita
pidocchiale potrebbe essere usata, però è troppo colorita, seppur efficace. Dunque meglio ita popo del
passato. Forse non è la meglio ma ci si accontenta.

Forse non è la meglio perché il popolare è diverso rispetto al popolare usato per l’ita popolare del presente.
Infatti era usata dai meno colti ma comunque dei colti, infatti anche le xsone di prima del 500 erano
comunque alfabetizzati, cosa non comune nell’Italia del 500, dunque per questo si dice meno colti ma
comunque dei colti. Sapevano scrivere ma non usavano l’ita sub specie bembiana.

Non bisonga comunque pensare a un’italofonia trionfante prima dell’unità di Italia, i testi di testa sono i testi
di ita popolare del passato che si hanno a disposizione, non ne esistono altri, c’erano people poko scolarizate,
prob autodidatte, che sapevano scrivere, dunque non bisogna abbandonarsi all''idea che le stime di de mauro
del 2,5% di italofoni fosse vario sbagliato, perché comunque gli italofoni erano pochi.
Spesso ci sono testi che sono dell’Italia centrale, dato che serve per certi usi, minore distanza struttruale tra
italiano e dialetto, è il caso non di menocchio ma di bellezze e di carteggio vasanese che serve per people tra
Roma e orvieto.

Dunque non c’è netta contrapposizione tra quadro diglottico di de mauro, diglossia che si è definita come
mediale, legata al ½ usato per comunicare e il paradigma revisionista, bisogna sempre ricoradre che questo
ita popolare del passato è indotto dalla necessità di ocmunicare, prob nessuna di queste persone se non
obbligato avrebbe scritto.

Inoltre bisogna ricordare che c’è mezzo scritto, dover scrivere fa sì che si usi l’italiano, approssimativo e
popolare, comunque si trovano nella condizione di dover usare l’italiano. dunque importanza del mezzo.

Usi saltuari, però non si sta ancora ragionando intorno a una lingua comune della quotidianità. Dunque si
torna all''idea de mauriana del xiod fra le 2 gm come di incubazione degli ita regionali, nati per effetto della
differnziazione diatopica di una lingua che si stava trasformando in lingua di uso comune.

Come nasce l’ita regionale, diapo con telmon, egli trova 2 grossi momenti di dialettizzazione, una prima che
si fa risalire tra fine di repubblica e di imxo romano, da 1 ac a 5 dc. In questo xiod ci sono una serie di
popolazioni che abbandonano le loro lingue di origine per imparare il lati. Il loro lati prenderà coloriture
particolari a 2° del sostrato presente in una certa area. Da questa differenziazione diatopica del lati ci sarà la
differenziazione fra lingue romanze. Lo stesso tipo di pregiudizio che si applica all''ita a livello scolastico, che
sia monolitico e dunque ci sia una sla varietà di ita valida, quella standard, formale e scritta, lo stesso
pregiudizio va per lo studio del lati.

Filone capeggiato da adams, usa modelli sociolinguistici per lo tudio del lati, adams ha scritto saggi sul
biliniguismo nell’età classica, poi ha fatto anche saggi per la differenziazione geo del lati. Nel lati insegnatoci
emergono anche riferimenti alla variazione diatopica ma non vanno oltre la rapida cit. eg patavinitas di tito
Livio. Dunque popolazioni che abbandonano la loro lingua, mettono tratti della loro lingua materna al latik
stanno imparando e da questa differenziazione diatopica discendono le lingue romanze.

La 2° dialetizzazione è del territorio italiano e riguarda il momento in cui le popo di Italia soprattutto
dialettofone devono imparare l’ita, a ridosso dell’unità d'Italia dunque.

Per i volgari neolatini nel loro insieme, si dovrebbbe aprlare di dialetti del lati, mentre nel caso dei risultati
della seconda dialettizzazione bisogna parlare di dialetti dell’italiano, dunque di roba che si è differnziata
partendo dall’ita come lingua comune. Questo è uno dei motivi per cui non bisogna usare dialetti italiani, se
si parla di dialetti italoromanzi. Dialetti italiani tutte le varietà parlate sul territorio italiano che
sociolinguisticamente sono dei dialetti.

Italiani regionali nella loro fase di attuazione portano a interlingue, varietà di apprendimento dal dialetto
all''italiano, in queste varietà di apprendimento ci sono interferenze di complemento, fatte dal sostrato
dialettale primario, da elementi che provengono dal sostrato dialettale italoromanzo. Questo tipo di visione
va bene solo quando gli ita regionali sono anche sempre popolari, sono dunque varietà di apprendimento
delle classi subalterne che cercano di avvicinarsi all''italiano.

Bisogna riflettere sull’attuazione degli ia regionali come interlingue anche all''interno del quadro + generale
della linguistica del contatto.

Poi saggio di van coetsem agentività della lingua fonte e agentività della lingua ricevente. In questo caso è
agentività della lingua fonte, in cui il parlante pratica un tipo di transfert diuna lingua diversa dalla propria
lingua madre, dunque l’agente è un dialettofono che mette molti elementi della sua lingua all''interno della
lingua che sta apprendendo. Questa è dunque l’agentività della lingua forte, dialetto in questo caso.
Questo tipo di agentività porta alla formazione di varietà marcate di italiano, regiolects oppure regioanl
substandards, varietà popolari caratterizzati in senso popolari. Il second termine è ben applicabile alla situa
italoromanza.

Cosa capita quando per gli italiani la lingua materna degli italiani diviene l’italiano? nascono gli italiani
regionali standard o italiani regionali colti medi, varietà di italiano regionale che non hanno + marcatezza
diastratica verso il basso, non sono ita regionali popolari, ma risultano essere standard in un det contesto
geografico. dunque ci sono tratti degli ita regionali standard settentrionali, non riferiti dunque a singole
regioni, dunque la nascita degli ita reiognali standard si fissa quando la popo pratica in massa l’ita come lingua
principale, l1, che è un’agentività della lingua ricevente, la gente continua a fare trasnfert dal dialetto all''ita
ma i trasferimenti riguardano la lingua che è dvenuta dominante, l’ita, dunque agentività della lingua
ricevente.

Da un certo moemnto in poi c’è un processo di tipo imitativo, si usa una certa costruzione, una certa parola,
un acerta intonazione perché è il tipo di italiano ereditato e a questo uso ci si conforma. Ci sono sicuro vari
fattori che fanno sì che si mantenga un tratto di origine dialettale.

Francescato diceva che i dialetti stanno andando verso gl italiani regionali.

Eugenio coseriu, intorno all''inizio degli anni 80 elaborò una riflesione e rielaborazione del concetto di
dialetto. Nella tradizione italiana il concetto di dialetto è relazionale, si parla di dialetto perché esiste una
lingua comune, se non esistesse non si potrebbe fare. Coseriu ha tentato di svuotare il concetto di dialetto
del suo valore relazionale e ha tentato di usarlo in modo neutro. Dunque equivale al modo in cui si può usare
il concetto di varietà. Nel fare il suo modello diacronico che spiega il passaggio da un tipo di dialetto all''altro
coseriu usa dialetto primario, secondario, terziario. La sua riflessione era stata elaborata a partire dal mondo
ispanofono, rex prova ad applicare sto modello alla situa italoromanza.

Dialetti primari coevi del dialetto, della varietà da cui si sarebbe sviluppata la lingua comune, nel nostro
caso l’ita, bisogna tornare ai vulgares italiae di dante, sono volgari tutti i posti allo stesso livello finché uno
non viene proposto come modello della lingua comune, questo sarebbe il toscano arcaizzante, gli altri volgari
sono coevi di questo volgare che ha fortuna, dunque derivano tutti dal lati volgare nello stesso momento.
Sono dunque i dialetti italoromanzi come si intendono in genere.

Poi i dialetti secondari, si formano per differenziazione diatopica dopo la diffusione della lingua comune, sono
gli ita regionali, tutti gli ita regionali che si possano immaginare, poi dialetti terziari, varietà che si affermano,
sempre diatopik, si affermano dopo che la lingua comune ha esibito una varietà standard, dunque sono
differenziazioni diatopik della lingua standard.

Coseriu non parla della differenza tra lingua comune e standard, nella vulgata lingua comune e standard sono
pressoché sinonimiche però nell’uso di coseriu una lingua comune non è nece standard, dunque standard è
ampliamente codificata, insegnata a scuola, con grammatik, queste sono alcune cara dello standard. Dunque
non tutte le lingue sono anche standard.

Si può ipotizzare come dscrimine la presenza in questo 3° cosa di una forte ideologia dello standard quando
si afferma una forte ideologia delo standard c’è un ultimo momento di differenaziozne diatopice che porta
alla nasccita degli ita regionali ?. quando l’italiano viene insegnato a scuola e con l’italiano sono insegnati agli
studenti anche regole che non bisogna disattendere. Questa è l’ideologia dello standard, veicolata dalla
scuola, si afferma nella 2° metà del nove, con la diffusione della scolarizzazione di massa.

Gli italiani che allora sono diventati bravi a parlare italiano, lingua di uso quotidiano dunque, allora
sottopongono questo ita a una nuova variazione che porta alla formazione dei dialetti terziari.

26/02/18
Modello di eugenio coseriu. Dialetti primari, secondari, quelli che si forma dopo che si è affermata l’italica
linguaggio, dunque sono la differenziazione diatopica della lingua comune. A ita regionale bisogna aggiungere
popolare, infatti sono di quelli che hanno come l1 un dialetto primario. Con i terziari si passa alla
differenziazione diatopica a partire dalla lingua standard che crea diverse varietà regionali standard.
Distinzione su cui COseriu non si sofferma tra lingua comune e standard prob coseriu vuole sottolineare
che non ogni lingnua comune si può considerare standard, in particolare bisogna guardare se c’è un ideologia
legato allo standard. Con al dfiffeusione di scuola di ita si formano gli ita regionali standard, di una popo che
possiede in modo ampio una varietà di lingua vicina allo standard. Questa è la condizione fond perché ci siano
dei dialetti terziari.

Solo nella seconda metà del 9 si sono formati degli ita regionali standard.

Dunque regis fa vedere un suo schema parte dallo schema i krefelt discutendo coseriue basato sul levello
del diale primario, secondario, terziario, che fa vedere la diffe diatopica, si parte da capostipite da cui
discendono i dialetti primari, da uno di questi si prende la lingua comune, dalla quale si generano si generano
fialetti secondari e poi dalla lingua comune di sviluppa una varietà standard di lingua comune da cui poi
discendono i dialetti terziari. In testa rex ha messo il capostitpite che 2° lui è il latino volgare, fenomeno della
prima dialettizzazione 2° telmon, poi a ogni dialetto primario corrisponde un dialetto italoromanzo. Da uno
di questi discende la lingua comune, alla nostra altezza temporale era lett, poi ci sono le varietà regionali di
italiano, poi c’è la varietà standard, l’ita standard, dal quale si sviluppano varietà standard di italiano.

Non si può parlare di diglossia, l’obb di coseriu è di aprtire dal concetto di dialetto in senso non relazionale,
si è abituati a pensare il dialetto in rapporto con la lingua, qui invece è visto come varietà diatopica, su come
si distribuiscono nel tempo delle varietà diatopik.

Si potrebbe fare una linea tratteggiata perché da u certo punto in avanti si parla di dialetti italiani. L’ita
standard è solo un prodotto, discendente in modo diretto dall’ita comune, quando l’ita comune manifesta
una varietà standard, dunque non deriva dalla selezione di una varietà di italiano regionale.

Distinzione fra dialetti italoromanzi si delinea nel medioevvo, in epoca alto medievale si può oppore tipo
fgalloromanzo, italoromanzo, iberoromanzo, però distinzioni + fini ci sono solo nel basso medioevo. Dante
ha ben chiaro ciò quando offre una cara per ogni vulgaris Italiae. Nel corso del 1200 dunque c’era già sta
distinzione, prob si è fatta tra 11 e 12. Rainvaud de vaneiras oppone 5 varietà romanze e ne sceglie una a cao
per l’italoromanzo, varietà italoromanzo illustre che però ha tratto ligure, infatti lui aveva contatti con il
monferrato.

Dunque possibile cara temporale, poi xiod di attuazione per la differenziazione diatopica massificata dell’ita
come lingua comune è prima ½ del XX, dunque iato tra identificazione di ita comune letterario e piena
realizzazione di ita come lingua comune della quotidianità da cui discendono le varietà regionali di ita, che si
producono quando l’ita si diffonde come lingua d’uso.

In realtà ci sono stati tentativi di uso del’ita che manifestava sostrato di dialetti primari nei secoli di
transizione dal 1525, prose, all''unità d'Italia. Testimonianze di scriventi non colti ma nemmeno vario
ignoranti oppure scriventi o parlanti colti che cercano con un abbassamento del loro ita di prendere
interlocutori di strato socioculturale + basso.

Momenti storici sempre + vicini, strutturazione diacronica del modello. Dà una cornice generale agli ita
regionali.

Rapporto reciproco fra ita e dialetto, shema di telmon, alcuni livelli di interesse dell’analisi ling per i quali si
mette i luce la dierzionalità del rapporto fra ita e dialetto.
Per intonazione e fonetica, ce sono di tipici del nord e altri del sud. Poi ci sono anche specificità subareali. Per
la morfologiaà da ita a dialetto, esempio di ciò suffissi agentivi in piemontese, i suffissi agentivi cara una certa
base che fa un’azione, zappatore, quello che zappa. Tore è uno dei suffissi agentivi + comuni. In piemontese
quello genuino è ur, che c’è già nel 1400, si pensi al resiur, quello che regge qualcosa. Questa è la
manifestazione normale del suff torem in piemontese. Dal settecento si affermano, per i versi della prima, in
atur, chiara connessione con atore italiano. ciò fa sì che si formino vari agggettivi, tanto che specie nei
decenni vicini a noi si pensa che ci sia ancora produttività di esso. Si pensi a teurisatur, è regola di formazione
attiva oppure prestito dall’ita? Boh, però si pensa che + che altro sia prestito. Comunque da in certp time
atur si è affermato ed ha eroso l’area di competenza di ur. Atur è un’italianizzazione dal punto di vista
morfologico, italianizzazione che colpisce la resa fonetica ma ha ripercussioni morfologiche.

Obv però non è statico sto schema, ci possono essere delle eccezioni caso studiato da lorenzo renzi,
plurizzazione di nessuno sia pronome sia agg, per influsso del dialetto di sostrato si può dire nessuni studenti
sono venuti a lezione, uso calcato sul dialetto, la tendenza alla plurizzaz c’è in veneto e Piemonte, in veento
si usa nessuni sia per sing sia per plur. Dunque influsso di dialetto sulla morfologia di italiano. però while
trasferimento del suffisso italianizzzato atur ha avuto conseguenze in piemontese e nella sua morfologia, nel
caso di pluralizzazione di nesuno è una nicchia d’uso, è usato in varietà popolari di italiano. l’azione è dunque
limitata,cambia l’impatto dei due influssi.

Poi moorfsintassi, bidirezionalità, casi in cui la morfosintassi rivela del dialetto ha l’ita e viceversa. Primo
caso costruzione sintetik che hanno preso il posto delle analitik forme del tipo bunissim, mentre c’erano
forme analitik per il superlativo, bum ben bun, dunque un tempo c’era solo la forma analitika che è stata
sostituita dalla sintetica. Però c’è anche il contrario dialetto che influenza ita costruzioni morfosintattik
usata in un’area senza che ci sia consapevolezza, uso pseudo riflessivo di alcuni verbi, osarsi, inciampato, che
hanno ripercussioni morfosintattik, a livello di reggenza del verbo, in ita si dice non oso chiederti un favore,
invece non mi oso di chiederti un favore, dunque aumenta la costruzione, per osare spesso si alterna con
osarsi. Costruzione del complementatore doppio riempito, quando che arrivi, oppure per la’rea meridionale
estrema, impopolarità dell’inf, voglio che vado al mare eg al posto di voglio andare al mare, dunque sostrato
dialettale nella morfosintassi dell’ita.

Per il lessico anche bidirez, ci sono varie prove di italianizzaz del lessico a partire dall’8, quando fioriscono i
diz dialettali, l’ita in essi ha un ruolo vario forte, per molti diz di fine sette inizio otto dialettali ci sono vari
termini dialettali e qsst è sorprendente, infatti c’erano pochi parlanti italiani. Però il fatto è che gli autori dei
diz fanno parte delle élite e i diz dalla 2° ½ dell’otto in poi erano pensati come strumenti per avvicinare il
popolo all''ita e dunque xciò c’erano vari italianismi, si pensi a preparè per pruntè la tavola, oppure divertise
per amusese, tipo genuino che deriva dal fra.

Analizzando il lessico degli ita regionali e anche di words entrate nel lessico dell’ita comune il contributo dei
dialetti è vario imp. Ci sono parole di origine dialettale che infatti gg si usano comunemente. Anche sono
nelle curve è tipico dei piemontesi. Anche fare un tombino è del piemontese. È di area langarola roerina. Ste
ultime cose per la fraseologia.

Comunque si usano frasi come fare il tombino o essere nelle curve non perché lo induce il dialetto di sostrato
ma perché si sono sentite usare vario e dunque si imitano.

Ora parte della fonetica.

In tratti pansettentrionali la freccia verso il basso vuol dire che il tratto è marcato diastraticamente verso il
basso.

Riduzione delle consonanti intense, per i dialetti settentrionali, era una dei tratti a nord di la specia rimini,
scempiamento delle geminate, però a rex piace la formula sopra, perché l’arta formula sembra fare
riferimento alla scrittura. Questo è un tratto marcato in diastratia, verso il basso, è vario diffuso nel nord est
senza cara diastratica che c’è invece nel nord generalmente.

Tratto che sta avendo vario successo, il 2°, sonorizzazione, già dalle inchieste di gallide paratesi emergeva il
successo della fricativa alveolare sonora, già negli anni 70 dunque, anche in area toscana. Dunque si stava già
diffondendo vario.

Poi 3° tratto, raddoppiamento, che cara centro meridionale ed è assente in area settentrionale, quasi assente,
anche perché c’è una nicchia d’uso del x2 fonosint a Torino. Presso i giovani di quartieri periferici, che erano
stati a forte immigrazione meridionale. Dunque Torino sud e sansa.

Poi morfologia e morfosintassi.

Storia dei dialetti italoromanzi di sostrato, ci sono quei fenomeni, inoltre ci sono + tratti per il sud che per il
sud, però per morfo e sint ci sono + tratti che quelli della fonetica.

Il 1° me e te in funzione di sogg, mentre si sta diffondendo vario il te in funzione di sogg, diffuso spesso in
espressioni di carattere pseudo vocativale, modellato su forme residuali di voca, come beato te e misero te.
Diffusissimo anche in area toscana e romana.

Poi il 2°, la paola e la laura, e uso di articolo davanti ai maschili è solo di area loombarda e trentina ed è diffuso
in Piemonte orientale.

Poi 3°, di ita neostndard, embra vario successful perché è rinforzato dai dialetti di sostrato, nomi di parentela
affettivi singenionimi. Tratto ormai del neostandard.

Per il 4°, nell’ita neostandard di area settentrionale è sconosciuto il passato remoto, anche quando si parla
di azioni ormai concluse. La diffusione di questo tratto ha un rinforzo nei dialetti primari, che conoscevano il
pasato remto ma l’hanno perso dalla 2° metà del 7, inizio 8, le ultime attestazioni per il piemontese sono
attorno all''inizio del 800. Comunque vario differenza tra uso orale e scritto e anche confidenza o meno.

Poi ultimo tratto della slide, mancato accordo, tratto che è diffuso anche in varietà popolari di ita non solo
settentrionali, costruzioni simili erano usate da enzo biagi nelle sue trasmissioni, che era bolognese.

Poi rafforzamento dei dimostrativi con avverbio locativo quello lì, sono usi da connettersi con parlato
informale.

Poi sovraestensione, diastraticamente basso. Ci usato come dativo passepartout.

Poi x2 introduttore di subordinate, quando che arrivi, chiamami.

Poi xifrasi progressive, sono qui che scrivo, tratto anche in area emiliana, però spesso viene detto solo
piemontese. Comunque tante perifrasi progressive, sono dietro a scrivere, sono dietro che scrivo, prob in
un’ottica piemontese del nord essere dietro a e che sembrano vario distraticamente però in altre regioni
sono + diffuse, eg in area ligure è usata da parlanti vario istruiti, in Piemonte si preferisce sono qui lì che
scrivo.

Poi uso del rafforzativo come unico oxatore di negazione so mica, in ita usato solo per rafforzare. Spesso
in nord è l’elemento di negazione. Si può no invece marcato diastraticamente, specie lombardo.

Poi verbi sintagmatici. Verbi complessi in cui si associa al verbo lessicale un elemento avverbiale andare
giù, su et similia. A volte ci sono costruzioni tipo salire su e scendere giù, dv l’azione ribadita da su e giù è già
veicolata dal verbo lessicale. Comunque i verbi sintagmatici sono diversi in base all''area in esame. Essi
caratterizzano gli ita settentrionali però è stata a lunga un acredenza difffusa, però ci sono verbi così anche
in Sicilia, già nel 700, come dimostra Luisa Medda. Per gli usi meridionali si è guardata solo l’area siciliana che
non è l’ideale situa linguistica vario composita, comunque non si può attribuire i verbi sinta all''influsso
normanno, all''uso francese perché non è un gallicismo, ma è qualcosa maturato localmente. Comunque in
area settentrionale sono vario diffusi.

Piemonte e valle d’Aosta. Sono assieme perché i pochi studi dell’ita regionale valdostano hanno fatto vedere
che è simile all''ita reg piemontese, forse perché l’ita regi prende un sostrato dialettale piemontese anziché
francoprovenziale. Fonetico e morfosintattico punto di vista c’è sovrapposizione quasi totale. Invece il fra
regionale valdostano ha tratti sia di piemontese sia di francoprovenzale.

27/02/18

https://www.ibs.it/scrostati-gaggio-dizionario-storico-dei-libro-renzo-ambrogio-giovanni-
casalegno/e/9788877509208

diz dell’uso gradit, diz torico come battaglia, grande diz della lingua italiana.

Cicles.

L’asterisco sign i tratti che pur non essendo diffusi in tutta l’area in considerazione, settentraionel, sono anche
i altre aree regionali.

Tratto 1 nasalizzazione di voca tonica.

2 velarizzazione di a, caratterizzato, realizzazioni di a in o e, sia voca tonica sia quella atona finale. In questi
esempi sono anche altre reazlizzazioni tipiche di altre aree settentrionali. Dunque coso anziché casa.

3 assibilazio delle affricate, marcato diastraticamente, colpisce tutte le africate, sia sorde sia sonore, nelle
g c’è anche lo scempiamento delle geminate, asuro dunque.

4 ditto inccipiente, puonte per ponte. Realizzazione che spesso c’è. Lo usano anche alcini comici come
erminio macario.

5 difonizzazione delle palatali nasali e laterali, eg aglio. Realizzazione con cons seguita da una
approssimante palatale.

6 monofonizzazione non è marcato siastraticamente, riduzione di 2 foni in una nasale palatale. Niente.
Specie a inizio parola, la pronuncia nasale o laterale palatale della iniziale, porta alla selezione un articolo
errato. Articolo lo o li davanti a lievito, che è sbagliato.

Selezione di lo li davanti a suocero/i, diffuso in area piemontese, vario in area emiliana ed anche in area
veneta, nel nord est di Italia. Fenomeno di natura diversa.

Dunque l’unico fenomeno tipico Piemonte val d'Aosta è dittongazione incipiente, il 4.

Poi tratto morfologico-morfosintattico.

Influsso di dialetto sull’ita, plurale degli indefiniti, nessuni libri, qualche parole qui non c’è pluralizzazione
di qualche ma reinterpretazione di e finale come se fosse morfema identificativo di femm plur, concordante
dunque con femminili plurali.

Poi sovraestensione di le al dat masch sing, tratto che trova riscontro in area ppiemontese nel sialetto di
sostrato, come le ho detto, che vale sia le sia gli. Questo uso è del sostrato dialettale perché una frase così
verrebbe fatta in piemontese, in torinese i lai dije, dunque c’è un richiamo fonetico, non c’è distinzione di
genere in piemontese, lhai dije sia masch sia femm. Dunque marcato diastraticamente. Forse anche
ipercorrettismo, infatti usato anche nei giovani, oppure maga meccanismo di imitazione, anche se è difficile
perché è molto diffuso.
Verbi sintagmatici, comune all''area settentrionale, con manifestazioni diverse a 2° dell’italiano reginale. In
area piemontese e valdostana ci sono vari verbi, alcuni marcati diastraticamente altri no, ad ese sono rimasto
lì, per dire sono rimasto molto stupito che è vario diffuso, invece attaccare sotto per agganciare non è molto
diffuso. Dare indietro per restituire, lascia intuire l’azione, invece dare indietro con la macchina, fare la retro,
marcato dia vario. Attaccare sotto potrebbe essere difficile da capire il sign, anche rimanere lì se uno non è
piemontese è difficile da capire perché la somma dei 2 elementi, rimanere e lì, sommandoli non danno
restare stupito.

Verbi pronominali, poi focalizzatore unico, usato da tedesco standard, e marca pragmatica, usata da inglese
standard, what’s your name again? come è già che ti chiami, so di sapere il tuo nome ma non lo ricordo,
aiutami.

Poi neh, indicatore sia di domande orientate, per le quali dunque si sa già la rispota sia per domande coda,
dunque ha il sign di è vero?, stesso uso di inglese isn’t it? 2 esempi neh che sei già andato a Parigi, uso di
neh perché risposta affermativa, invece le ho già dato il resto neh, ha uso di italiano è vero.

Costruzioni con verbi di moto senza preposizione di collegamento.

Poi perifrasi come fare che, perifrasi che non è ancora stata definita, infatti è diffi da catalogare dal punto di
vista aspettuale comunque trasmette valore di immediatezza, ha valore di andiamo subito. Invece
facciamo che andiamo è diverso, fare che + verboflesso, facciamo che andiamo dunque, che è forma
panitaliana, si pone l’accento in questo caso sull’accordo che si sta creando circa una certa azione sign
restiamo intesi che andiamo. Ad es facciamo che ci troviamo all''una per il verboflesso. Dunque non sono
equivalenti, poi è stato anche tradotto fuma che anduma.

Le costruzioni senza asterisco sono tipici di area piemontese, sembrano non esserci in altre aree, anche neh
in realtà è molto presente nell’ita regionale ticinese, con lo stesso sign. Invece neh non c’è nel lombardo
occidentale a cui sono ascritti i dialetti ticinesi. Forse forma di origine piem giunta al Ticino tramite le varietà
lombarde che si parlano sul terreno dei dialetti lombardi che si parlano in Piemonte.

Ora Liguria.

Poco iteresting perché ci sono tratti dal punto di vista fonetici che ci sono già nell’area pieontese val dostana,
1-2-3-4-5 e invece tipico del ligure è la pronucnia intense delle fric labiodentali intervocalik, come avvevo per
avevo e la fiffa per la fifa, tratto che si trova anche nell’italiano regionale sardo, in cui ci sono spesso
fenomeno di rafforzamento.

Per la morfosintassi marca pragmatica più, corrispondente al piemontese già come è più che ti chiami,
la funzione è la stessa dell’area piemontese, tentativo di recupero di una info al momento non disponibile.

La situa della Liguria è anomala, se si parte dal presupposto che il sostrato dialettale è imp per gli ita regionali,
dunque ci si aspetterebbe maggiore divergenza del ligure rispetto alle altre varietà del nord. Infatti esso è
stato incluso fra i dialetti galloitalici a partire da Ascoli, questa attribuzione è stata accettata da pellegrinin
ma non tutti sono d’accordo. Biondelli nel suo saggio sui dialetti galloitalici non aveva messo il ligure, devoto
a aprtire dagli anni 70 ha sottolineato l’atipicità del ligure sulla base di cara che lo rendevano simili a quelli
del sud. Fiorenzo toso ha difeso la non galloitalicità del ligure. Dunque ci si sarebbe aspettati maggiore
divergenza di ita regionale ligure rispetto a quelli vicini, invece ci sono tratti simili a quelli dell’ita regionale
piemontese. Perché ci si sofferma su morfologia, fonetica, morfosintassi. Non ci si occupa del lessico, che
invece è vario diverso.

Ora Lombardia.

Fenomeni tipici del vocalismo tonico, generale apertura di e tonica in fine di parola e prima di l e s, oltreché
prima di r, polivibrante alveolare. Apertura di e in fine di parola caso di mike che quando presentava le
buste diceva 1, 2 treee, sebbene mike non fosse un tipico lombardo, era nato negli usa, poi aveva vissuto a
Torino e poi era andato a Milano.

Tendenza all''apertura anche prima di cons intensa, vario evidente nei suffissi di tipo etto e ello, si pensi a
capello o scherzetto.

Poi chiusura di e tonica prima di suono palatale o nasale. Melo e venti.

Poi chiusura di o aperta e apertura di o chiusa, dunque comportamento opposto all''ita.

Poi nasalizzazione,

assibilazione delle affricate,

chiusura del dittongo da vedere sulla slide, che non c’è né in area piemontese né ligure.

28/02/18

La nostra relazione è il 26.

Area settentrionale, tratti di essa.

Tratto diffuso in tutta litalia settentrionale, articolo det davanti ai nomi femminili, in area lombarda anche
prima dei nomi masch sing.

Anche per la Lombardia c’è la storia dei verbi sinatagmatici, tipologia diffusa in tutta l’Italia settentrionale,
far su il letto, mettere su il caffè, diffuso anche in Piemonte, mettere giù la tavola, per apparecchiare.

Poi costruzione diretta di aver bisogno, non ho bisogno di un favore ma ho bisogno un favore, dunque
reggenza diretta del compl oggetto. Per questa cosa de blasi cita esempio di jovanotti, non c’è niente che ho
bisogno, de blasi la reputa un lombardismo, jova è romano di origine toscana, trapiantato a Milano e poi di
nuovo in toscana. 2° rex però più che reggenza diretta è uso molto comune, che non è ancora del neostandard
del che polivalente, dunque non è influsso di sostrato del lombardo 2° rex.

Rafforzativo di negazione niente, vario forte anche come unica negazione negli ita del nord che ce l’hanno
nei dialetti di sostrato, dunque area piemontese e lombarda. Però ci sono anche casi di uso rafforzativo di
neinte con l’oxatore di negazione.

Diffuso in molte varietà regionali settentrionali è l’uso di a dopo verba sentiendi, ho sentito a chiamare. In
area piemontese sono marcati diastraticamente verso il basso. Dunque l’ita vorrebbe reggenza diretta, qui si
aggiunge invece una preposizione semplice.

Poi veneto, fonetica.

Nasalizzaz di voca tonica prima di nasale.

Elenco su slide.

Tante sono già state fatte.

Per l’area veneta, per i tratti già fatti non sono marcaati dia, a differenza delle altre aree.

Fenomeno tipico di veneto apertura di e prima di r. dunque seera se c’è polivibrante alveolare dopo.

Poi apertura di e e o atoni finali condizionata di i e u tonik, dunque fenomeno opposto alla metafonia, in cui
le voca atone finali influiscono sulla tonica.
Poi anche dileguo o resa approssimante palatale (dunque gl) della laterale alveolare seguita da cons tratto
che è in bilico fra ita e dialetto. Rex pensa che questo tratto abbia una marcatezza diastratica, come sempre
avviene quando si è al confine tra ita e dialetto.

Ora morfologia e morfosintassi.

Uso al purale di indefiniti nessuno e qualche.

Poi anche uso strano di il, un, i davanti a ts dz gn e s seguita da consonate, dunque s complicata. In alcuni casi
la scelta dell’articolo è anche legata dalla resa della parola dopo.

Poi sono dietro a scrivere, che corrisponde all''essere lì che scrivo in area piemontese. Per l’area ligure è un
tratto poco marcato dia, per il veento invece non sa rex.

Preposizione a dopo verba santiendi, ho sentito a chiamare, stessa costruzione di area lombarda dunque.

Uso anomalo di varie preposizioni, riscontrato anche in friulano. Sa da pesce sa di pesce.

Soppressione della preposizione dove sarebbe da usare viene vedere in luogo di viene a vedere.

Trentino alto-Adige.

Pochi tratti. Sovrapposizione di fenomeno sia con lombardo sia con veneto. L’ita regionale trentino risente
del fatto che non c’è un tipo dialettale trentino, dunque per l’area trentina occidentale si avvicina al tipo
dialettale lombardo, quella invece orientale si avvicina dialettalmente all’area veneta.

Serie di fenomeno già visti.

Palatalizzaz di s prima di fricative alveolari sorde e sonore (guardare diapo perché è sbagliato) che c’è anche
in area abruzzese, però di fronte a dentale.

Questo in funzione di articolo. Però maga è fenomeno poligenetico, come la sovraestensione di le, che maga
anche per ipercorrettismo. Sta cosa comunque c’è anche parlanti giovani di altre aree, questo articolo si
intende, ha a che fare con costruzioni simili presenti in inglese, spesso presenti in serie tv americane, nel
doppiaggio. Anche l’impiego sovraesteso di tipo in funzione avverbiale, si sono diffusi attraverso il filtro di
doppiaggio di serie tv americane, in cui sta cosa è molto diffusa.

Poi lui come pronome di cortesia, qnk questa sembra essere + diffusa, lo diceva una vicina di casa di rex,
perché in piemontese il chiel è il lei. Per l’area trentina non è marcato dia, lo è in area piemontese.

Poi verbi sintagmatici. Far su dei soldi, che suona gergale, farsi su per insudiciarsi, uso vario grammaticalizzato
perché non si deduce dagli elementi, poi ridere fuori, portarla fuori e mangiar fuori.

Uso non atteso di il un i.

Articolo det sia per femm sia masch.

A dopo verba sentiendi.

Metaplasmo di genere di alcuni sosta, il travo, la muretta. Per travo prob retroformazione dai travi, usati
come masch plur anziché le travi. Sta cosa c’è anche in altre varietà di italiano, ma non applicato ai 2 casi
citati. Eg lo scatolo al sud.

Sovraestensione della prep da mi fa da ridere.

Ora Friuli Venezia giulia.


Ci sono dialetti friulani in udine, gorizia, pordenone, e invece dialetto di tipo veneto dal 700 nella Venezia
giulia, sotto la provi di trieste, dunque parte costiera del Friuli Venezia giulia.

Aprtura di e e o atone finali, tratto cara delle varietà venete,

nasalizzaz di voca tonica prima di nasale,

chiusura di dittongo di jee in je.

Poi altri sulle diapo.

Difonizzazione e monofonizzazzione.

Morfologia e morfosintassi.

Non novità rispetto a prima se non in 3 casi.

Verbi sintagmatici, prendere su nel senso di raccogliere.

Sovraestensione di le al dat masch.

Preposizione a per verba sentiendi.

Cancellazione di ci nelle costruzioni locativo-esistenziali.

Uso anomalo di varie preposizioni bravo di disegnare.

Emilia Romagna. Ultima del nord est.

Fonetica.

Nasalizzazione, poi cosa nuova che ci sarà spesso in area adriatica.

Palatalizzaz di a tonica, che c’è in tutta laurea adriatica infatti è detta palatalizzaz adriatica, diversa da
quella individuata da Ascoli come spia sicura di celticità. I suoi casi di Ascoli solo i continuatori di a lunga
latina. Il fenomeno di Ascoli ad esempio c’è in fra. Poi ste cose ci sono anche in francoprovenzale e per
desinenza are in piemontese, ciamè, oppure nelle robe che discendono da arium macellarium maslè.

Però questa è una cosa diversa e riguarda tutta l’area adriatica.

Poi anaptissi fenomeno vocalico inserimento di una voca in un nesso consonantico considerato di
difficile articolazione. Sta cosa fa parte dell’epentesi.

Poi altri e anche fricativizzazione della voca non sillabica nel dittongo au dittongo ascendenti e discendenti.
Però l’unico dittongo vero 2° antonio romano è quello discendente perché coinvolge 2 elementi vocalici, negli
altri casi, nei dittonghi ascendenti ci sono elementi consonantici di tipo approssimanti wau e jod. Nei
dittonghi discendenti c’è un elemento vocalico non sillabico in 2° posizione. In questo caso si fricativizza in v
dunque avguri.

Poi palatalizzaz di s seguita da i, che c’è anche in altre varietà regionali, dunque sci al posto di sì.

Morfologia e morfosint.

Ata per atura.

Prefissi in e s con valore intensivo.

Elativi analitici, formati da forte e sempre in combinazione con l’agg. Sono usi elativi analitici che si sono
diffusi vario nei lessici giovanili, non solo in area romagnola.
Poi il un i apl posto di lo uno gli. Anche in area emiliana si dice lo suocero. Se si guardasse la natura fonetica
effettiva di suocero c’è s complicata e dunque si dovrebbe usare lo. Però non capita. Dunque sono cose che
riveano il forte superstrato ortografico dell’italiano.

Marche. In rosso perché la situa marchigiana è vario particolare e non si assimila agli altri ita regionali di area
settentrionale. Per le marche al nord si aprlano dialetti galloiatlici, Pesaro e Urbino, al sud come le varietà
dell'Italia centrale, non dissimili da quelle in area umbra settentrionale e poi parte sud, ascolana, che ha
condizioni della’era meridionale intermedia, dunque simili all''area abruzzese.

Per i sialeetti di area settenrioanle, all'interno di questi nel loro insieme si identificano un gruppo consistente
di galloitalici, piemontes lombardo emilinao romagnolo e poi veneto e friulano, da considerarsi settentrionali,
italoromanzi ma che non sono inclusi nel novero dei dialetti gallo iralici. Poi c’è anche il ligure che ha uno
statuto speciale.

Urbino è al nord delle marche, in area roagnola dunque, apertura di voca tonik in sillaba chiusa.

Chiusura di tonik in sillaba aperta.

Poi palatalizzaz di a tonica.

Poi apocope di ultima sillaba dei vocativi. L’asterisco indica che la parola trascritta è un nome proprio.

Poi affricazione della fricativa nei nessi scritti sulla diapo. Tratto a sud di ancona vario diffuso in Italia centro
meridionale. Diffusosi recentemente in area fiorentina e anche nel romanesco di persone colte.

Poi fricativizzaz, si xde l’elemento occlusiva,dunque al posto di pagina c’è pasgina.

Poi palatalizzaz di s prima di occ sorde sspesso e ssbatto, che c’era già nellarea altaoatesina.

Palatalizzaz di s seguita da qualcosa.

Raddoppiamento fonosintattico. Cons di inizio parola quando è preceduto o da parola tronca o da alcuni
monosillabi e bisillabi. C’è in toscana, a Roma al sud, in ogni posto con seu cara. Esso è uno dei tratti passati
dal toscano all''ita standard. È un tratto caratterizzante dello standard. Inoltre in alcuni casi il x2 fonosintattico
è stato oggetto di lessicalizzazione. Soprattutto per via del x2 fonosint, sopra è uno dei bisillabi che causa il
x2 fonosint.

Rafforzamento o geminazione sia di b sia di g intervocalik, dunque sabbato e paggina.

Resa approssimante palatale della alterale palatale, dunque fijo.

Rotacismo di laterale alveolare.

Scempiamento di r intervocalica dunque tera.

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