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Università UniCamillus di Roma

MUUMO122 – Discipline storico-letterarie


Anno accademico 2022-2023
Modulo 3: Linguistica Italiana
Corsista: Manzolli Martina

Lingua ufficiale e dialetto: il caso del sardo

Il rapporto tra lingua e dialetto è ricco di sfaccettature, complesso e profondamente radicato


nella storia, nella cultura e nell'identità di una comunità. Innanzitutto, è essenziale comprendere le
differenze tra lingua e dialetto: mentre una lingua viene generalmente riconosciuta come un sistema
complesso e codificato di comunicazione che può essere utilizzato in un contesto ampio e ufficiale,
un dialetto è spesso considerato una variante regionale o locale di una lingua più ampia. Tuttavia, la
distinzione tra lingua e dialetto è spesso politica e sociale, piuttosto che basata su differenze
linguistiche intrinseche. Lingua e dialetto, infatti, non vanno interpretate come unità distinte, ma
come due poli di una serie di gradazioni dette continuum sociolinguistico.
Il panorama linguistico italiano è particolarmente variegato e caratterizzato soprattutto dalla
presenza di numerose lingue e dialetti, i quali riflettono una diversità culturale, linguistica, storica e
sociologica di grande interesse. La lingua ufficiale è l’italiano e viene utilizzata dalle istituzioni, nei
contesti formali, nell’istruzione, nelle comunicazioni ufficiali e dai media. Accanto ad essa, però, si
possono riscontrare numerose lingue minoritarie e altrettanti dialetti locali che vengono parlati in
diverse regioni. Tra le lingue ufficialmente riconosciute sul territorio si trovano il ladino in
Trentino-Alto Adige, il friulano in Friuli-Venezia Giulia, l’occitano e il franco-provenzale in Valle
d’Aosta, il sardo in Sardegna.
Il caso del sardo è di particolare interesse: per sardo si intende un insieme di varietà che è di
difficile classificazione perché la maggior parte dei linguisti, come Merlo o von Wartburg, lo
considera un dominio romanzo a sé. Altri studiosi, tra i quali è possibile ritrovare Pellegrini, lo
considerano come un gruppo molto caratterizzato, ma comunque interno al dominio italo-romanzo:
esso viene inserito, infatti, nella carta dei dialetti d’Italia per un puro fatto socio-linguistico, ovvero
che la lingua tetto sia sempre l’italiano, come per le altre varietà italo-romanze. Il sardo ha
soprattutto una nettissima differenza strutturale che riguarda la fonologia, la morfologia, il lessico e
la sintassi rispetto alle altre varietà italo-romanze e possiede un gran numero di tratti arcaici che si
cono conservati solo qui in tutta la Romania. È possibile ritrovare tali tratti soprattutto nelle varietà
maggiormente parlate nel Nord dell’isola, escludendo la fascia costiera settentrionale dove si
parlano le varietà sardo-corse come il sassarese e il gallurese: la varietà logudorese, dal nome
dell’antica regione del Logudoro, la quale si trova a sud di Sassari, è la varietà che mantiene tali
caratteristiche in maggior quantità.
Il sardo possiede delle caratteristiche peculiari anche per una storia linguistica legata alla
posizione geografica: la Sardegna è un’isola che per molti secoli non ha partecipato direttamente
alle vicende della storia dell’Italia o delle forze politiche presenti sul territorio italiano. Nonostante
ciò, già a cavallo tra l’Alto e il Basso Medioevo, tra il X e il XI secolo, il sardo comincia a trovare
attestazioni scritte all’età dei Giudicati, quando la Sardegna aveva un’organizzazione autonoma di
matrice bizantina e viene usato per documenti giuridici e amministrativi, per le carte sciolte, per i
condaghi – registri patrimoniali tenuti da monasteri o chiese, dove venivano elencati i beni del
relativo monastero o della relativa chiesa. Queste attestazioni risultano essere ben più organiche
rispetto al Placito Capuano e conferiscono al sardo una sua autonomia di storia linguistica esterna. È
vero che oggi la lingua tetto è l’italiano, ma a partire dalla dominazione aragonese del 1323 fino al
1720, quando la Sardegna entra a far parte del Regno di Sardegna, la lingua tetto è stata il catalano
fino al 1469, anno in cui avvenne l’unione delle corone di Castiglia e di Aragona, per poi essere
soppiantato dal castigliano. Sono diversi gli elementi che concorrono a caratterizzare la storia della
Sardegna come eccentrica rispetto alla storia linguistica della penisola italiana. Il sardo gode,
quindi, di una certa autonomia rispetto alle altre varietà italo-romanze.
È interessante soffermarsi sulla classificazione interna del sardo: vi sono due varietà
principali, ovvero la varietà del Nord, il logudorese, e la varietà del centro-sud, il campidanese. Si
possono riconoscere anche nella regione centrale dell’isola due varietà: il nuorese e l’arborense.
Molti studiosi considerano la prima una varietà del sardo settentrionale, ma che possiede delle
caratteristiche proprie; la seconda, invece, costituisce una varietà di transizione non molto
riconoscibile: si fa riferimento all’antico giudicato di Arborea, anche se di per sé non viene usato
dai parlanti. In questa zona è possibile riscontrare che i tratti del logudorese cedono al campidanese
in maniera graduale, fenomeno che non si verifica nel centro della Sardegna in quanto zona
montagnosa: il confine in questo caso, infatti, è di tipo geografico. Ad Alghero e dintorni si parla
catalano ed è possibile rintracciare anche delle comunità venete. Sull’isola di San Pietro, a Sud
dell’isola, si trovano le varietà tabarchine, mentre sulla fascia costiera settentrionale si trovano il
sassarese e il gallurese, con un’enclave logudorese nel territorio di Luras. È immediato cogliere
come il panorama linguistico dell’isola sia complesso e articolato.
Tra le caratteristiche più rilevanti dal punto di vista linguistico, le peculiarità fonologiche
sono quelle più rilevanti: innanzitutto, il sardo si basa su un sistema vocalico unico in tutto il
contesto romanzo – benchè sia possibile ritrovarlo anche in una piccola area di confine tra
Meridione e Meridione estremo. Si tratta di un vocalismo arcaico in quanto il sardo, come tutte le
varietà romanze, ha perso la quantità vocalica distintiva del latino, ma è l’unica varietà in cui non è
avvenuta la fusione timbrica e non c’è stata la neutralizzazione di vocali qualitativamente diverse
nel latino. Il vocalismo eptavocalico panromanzo, ovvero il passaggio tra latino a italiano delle
vocali, trova nel sardo una realizzazione unica in quanto il vocalismo sardo corrisponde esattamente
al vocalismo latino, senza l’opposizione quantitativa: da ogni vocale – sia breve, sia lunga – si ha
avuto la stessa vocale. Qui si nota una prima differenza tra logudorese e campidanese: il primo è la
varietà più conservativa. Conosce questo stesso vocalismo in sillaba tonica, ma in sillaba atona e e
o hanno subito un processo di chiusura e si sono alzate in i e in u. Un altro tratto fortemente arcaico
dal punto di vista fonologico e particolarmente significativo riguarda la conservazione delle velari
latine davanti a vocali anteriori: le velari si mantengono velari. Si tratta di una caratteristica unica
del sardo che condivideva soltanto con un’altra varietà romanza, il dalmatico, una varietà oggi non
più esistente in quanto estintasi con la morte di Antonio Udina, all’inizio del ‘900, ultimo parlante
del dalmatico.
Se la velare è intervocalica nella maggiore parte dei dialetti logudoresi questa consonante si
è lenita in una fricativa velare sonora. Questo succede anche in fonosintassi: se la velare si trova in
posizione intervocalica all’interno di frase o di sintagma si lenisce lo stesso. Tali fenomeni nel
logudorese e nel campidanese sono estremamente diffusi e sistematici.
Nel campidanese queste velari non si sono conservate: oggi davanti a vocali anteriori si
hanno esiti palatalizzati, simili a quelli dell’italiano. La palatalizzazione delle velari originali è un
fenomeno secondario: si può constatare che, nel sardo alto-medievale, anche il campidanese
conservava le velari. Il campidano poi, essendo entrato più in contatto con le varietà toscane, ha
progressivamente sostituito con gli esiti toscani. È stato attestato, però, che le velari venivano
pronunciate originariamente da varie spie. Tra le più antiche testimonianze del sardo vi sono delle
carte greco-sarde in cui il sardo è scritto in caratteri greci: va ricordato, infatti, che tra Alto e Basso
Medioevo è molto forte l’influenza di Bisanzio, quindi il greco è una delle lingue di cultura e,
infatti, non sorprende che venga utilizzato per la resa della varietà romanza locale. Si tratta
comunque di attestazioni precoci. Per quanto riguarda l’influsso delle varietà toscane,
l’adeguamento è stato molto più difficile e, infatti, in queste voci si è mantenuta la vocale ancora
oggi. Questo dimostra che non c’è stata la palatalizzazione in quanto mutamento linguistico, ma è
avvenuta una sostituzione delle velari originarie con le palatali, per influenza di un fenomeno di
contatto. Ancora adesso, nella fascia di transizione, si ha costante oscillazione tra forme con la
velare e forme che presentano la consonante palatale.
Queste sono solo alcune delle caratteristiche che rendono il sardo una lingua articolata,
complessa e interessante dal punto di vista linguistico, sociale, culturale. Nonostante, appunto,
l’italiano rappresenti la lingua ufficiale, in Sardegna coesistono sardo e italiano e gli abitanti
dell’isola sono bilingui, in quanto adattano l’utilizzo dell’una o dell’altra alle diverse sfere della
propria vita. È importante notare come il sardo rappresenti un continuum di dialetti e varianti
linguistiche e, grazie al peso che assume nella quotidianità e nei contesti familiari e affettivi, la sua
conservazione e la sua promozione rappresentano elementi di fondamentale importanza al fine di
tutelare e salvaguardare un organo e un mezzo di comunicazione inestimabile che rappresenta
radice, espressione e identità degli abitanti della Sardegna.

Bibliografia

Angioni M. L., “Dell’esotico Dietro l’angolo: Ovvero Che Cosa è Il Sardo per i Linguisti”, in La
Ricerca Folklorica, no. 6, 1982, p. 115–25. https://doi.org/10.2307/1479303.

Berruto G., Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo, Roma, Carocci, 1987.

Grassi C., Sobrero A., Telmon T., Fondamenti di dialettologia italiana, Roma, Laterza, 2005.

Sitografia

https://www.treccani.it/enciclopedia/sardo/.
https://www.limbasardasudsardigna.it/sar/images/Documenti/Didatica_e_Ainas/Ditzion
%C3%A0riu%20Universale%20Rubattu.pdf.

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