La paleografia studia la storia della scrittura a mano nelle sue differenti fasi, le tecniche adoperate
nelle diverse epoche, la produzione delle testimonianze scritte e i prodotti stessi. esistono tante
paleografie quante scritture, noi ci occupiamo di quella latina dalle origini (VII sec. a.C.) all'inizio
del XVI sec.
per scrittura latina intendiamo la scrittura alfabetica, compresi i testi in volgare, purchè scritti con
l'alfabeto latino.
Scrittura: sistema che gli uomini usano per fissare il linguaggio con simboli o segni interpretativi del
pensiero o dei suoni. svolge una funzione di mezzo di conservazione e di trasmissione dei
messaggi (comunicazione). La scrittura divide la storia in due periodi:
• Prima della scrittura
• Dopo la scrittura
La scrittura è usata in paleografia per indicare tipi particolari all'interno della specie generale.
Le domande che il paleografo deve porsi sono:
• Che cosa: per rispondere bisogna leggere il testo criticamente con conoscenze tecniche
• Quando/Dove: soprattutto per i codici perché sono datati solo di rado, la datazione ha una
grande importanza per lo studio della tradizione manoscritta di qualsiasi testo e per stabilire le
relazioni temporali e quelle Dell'origine topica fra il codici manoscritti, cioè stabilire lo stemma
Codicum
• Come: inteso come tecnica di esecuzione dell'azione grafica. Ogni scrittura è uno strumento di
fissazione del linguaggio, di registrazione e trasmissione del messaggio che indipendentemente
dal testo Costituisce un sistema di segni e appare come un insieme figurativo valutabile dal
punto di vista estetico. Può condurre a grandi risultati nel capire le cause di alcune modificazioni
decisive intervenute nel corso della storia della scrittura latina. Pone in rilievo influenze
reciproche tra differenti scuole scrittorie, nel rilevare la diffusione di abitudini grafiche particolare
o l'uso di nuovi innovativi strumenti scrittori. Può permettere l'analisi di scritture personali
appartenenti a personaggi di particolare rilievo.
• Chi: chi ha eseguito quella determinata testimonianza scritta, chi sapeva scrivere, che tipo di
scrittura si usava, il livello di abilità grafica con cui lo eseguivano.
• Perché: indica i fini per i quali una testimonianza grafica è stata prodotta, fini per i quali ciascuna
epoca veniva adoperata la scrittura e le funzioni che la scrittura aveva in ciascuna società
organizzata.
Un metodo di studio della scrittura latina basato sull'analisi grafica appare sempre più limitato e in
adeguato a soddisfare più vaste curiosità che tendono a trasformare in modo deciso la paleografia
intesa Stricto sensu in storia della scrittura e quest'ultima in storie di singole situazioni di scrittura e
della complessiva produzione di testimonianze scritte che quell'ambiente di volta in volta ha
bisogno di creare e di usare.
Di particolare rilievo sono due fattori che determinano direttamente e in ogni tempo e ambiente il
rapporto fondamentale tra forme grafiche e società nelle quali tali forme grafiche sono prodotte,
sono: diffusione sociale della scrittura intesa come pura e semplice capacità di scrivere anche il più
basso livello, cioè la percentuale numerica di individui che in ciascuna comunità sono in grado di
adoperare attivamente i segni alfabetici. L'altro è la funzione che la scrittura assolve nell'ambito di
ciascuna società organizzata e che ciascuna tipologia grafica a sua volta svolge nell'ambito del
singolo ambiente culturale che la produce e la adopera.
Il paleografo adopera determinati elementi di analisi e una serie di termini relativi sia alla struttura
fisica dei segni grafici, sia all'individuazione di categorie generali di tipi di scrittura.
- Elementi di analisi basati sulla struttura dei segni:
• Forma: è l'aspetto figurale delle singole lettere e dei singoli segni
• Modulo: è l'indicazione generica delle dimensioni sia rispetto all'altezza chi rispetto alla larghezza
delle singole lettere, si distingue in modulo grande, medio e piccolo
• Ductus: detto anche andamento, si dice posato quando la scrittura è disegnata più che scritta e
non presenta inclinazione; corsivo quando la scrittura è ricca di legamenti fra le lettere ed è
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inclinata a destra. Generalmente la corsività è direttamente proporzionale alla velocità di
esecuzione della scrittura.
• Angolo di scrittura: secondo Jean Mallon è la posizione, variabile a seconda delle condizioni
materiali nella quale si svolge l'azione dello scrivere, nella quale si viene a trovare lo strumento
scrittorio rispetto alla riga di base della scrittura.
• Tratteggio: è il numero, l'ordine di successione e la direzione nella quale sono inseguiti i singoli
tratti costituenti le lettere
• Peso: detto anche tratteggio, indica la natura stessa o sottile dei tratti che costituiscono le
singole lettere. Si distingue in tratteggio pesante, con forti contrasti tra tratti grossi e tratti sottili e
tratteggio leggero, privo di netti contrasti.
• Nesso: è l'insieme di più lettere che hanno in comune almeno un tratto, di solito per fini
calligrafici e ornamentali.
• Legatura: è il collegamento spontaneo e naturale che lega due o più lettere fra loro tramite il
prolungamento più o meno accentuato di uno o più tratti che lo compongono, effettuato senza
che lo strumento scrittorio venga sollevato dalla materia scrittoria.
- Definizione di categorie generali di scritture:
• Maiuscola: scrittura in cui l'alfabeto è compreso in un sistema formato da due linee parallele.
• Minuscola: scrittura in cui soltanto il corpo delle lettere è compresa nel sistema bilineare, le aste
ascendente e quelle discendenti vanno ad occupare lo spazio delimitato da altre due linee
parallele situate al di sopra e al di sotto delle due prime.
• Normale: secondo Giorgio cencetti è la struttura che rappresenta il modello ideale che di ogni
scrittura, in ogni poca, scriventi e lettori si fanno sia attraverso l'educazione scolastica, sia
condizionati da altre influenze culturali, estetiche, eccetera.
• Usuale: scrittura usata comunemente dalla maggior parte degli scriventi per i bisogni di vita
quotidiana, aperta perciò tutte le influenze spontaneamente espresse dalle tendenze grafiche.
Nei periodi di grande diffusione dell'alfabetismo può esercitare una notevole influenza sullo
sviluppo generale delle forme grafiche, in altre epoche può essere assente o irrilevante.
• Elementare di base: scrittura che si insegna ai primi gradini dell'educazione scolastica, è la
scrittura tipica dei semi analfabeti.
• Posata e corsiva: si rifà alla definizione di Ductus.
La conoscenza delle differenti materie adoperate come supporto della scrittura è fondamentale per
il paleografo, costituisce un importante elemento critico per la datazione e per la localizzazione
delle testimonianze grafiche. Nel mondo antico le materie scrittori erano molte e varie, soprattutto
dure tali cioè da permettere l'esecuzione della scrittura quasi soltanto con l'incisione. Si usava
scrivere su frammenti di terracotta per annotare conti o altri appunti di natura privata, si ricordino i
cocci usati ad Atene per segnare il nome delle persone condannate all'esilio. Le iscrizioni su pietra
o marmo erano incise dal lapicida con lo scalpello, molto spesso prima di lui interveniva un vero e
proprio disegnatore di lettere detto "ordinator", che trascriveva sul marmo o sulla pietra il modello
del testo esatto disegnato e impaginato, fornendo così una precisa guida all'esecutore della lapide.
Veniva usato anche il piombo, preparato in sottili lamine, soprattutto per trascrivere le maledizioni
contro i rivali in amore o nel gioco. Nel mondo romano era molto comune scrivere sull'intonaco dei
muri sia all'interno che all'esterno degli edifici, si ricordino gli esempi conservati soprattutto a
Pompei. Un'altra materia scrittoria largamente usata erano le tavolette di legno duro, in alcuni casi
venivano lisciate e imbiancate per scriverci sopra con il calamo, la maggior parte degli esemplari
superstiti è costituita da tavolette in cui la parte centrale è ricoperta da un sottile strato di gomma
lacca fusa su cui era facile scrivere a sgraffio. Nel medioevo lo strato interno su cui si scriveva era
costituito da un impasto di cera e pece che assumeva un colore nerastro, venivano usate anche le
tavolette d'Avorio o di altro materiale. Le tavolette cerate venivano riunite in polittici. I cinque più
importanti gruppi di tavolette latine che ci sono pervenuti sono:
• Le 127 tavolette pompeiane dell'archivio privato del banchiere Lucio Cecilio giocondo
• Le circa 200 tavolette Ercolanensi
• 25 tavolette daciche relative all'attività delle miniere di Alburnus major in Transilvania
• Un certo numero di tavolette cerate frammentarie provenienti da diverse località d'Egitto
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• 56 tavolette non cerate provenienti dall'Africa settentrionale
• Un ritrovamento di tavolette lignee romane è stato effettuato in Inghilterra settentrionale, si tratta
di oltre 200 tavolette di piccolo formato e spessore assai sottile.
Anche nel medioevo, soprattutto dal 12º secolo in poi le tavolette furono usate sia in ambiente
scolastico, sia per scriverci conti privati.
Si scriveva con lo stilo, un asticciola di metallo o di osso appuntita da una parte e schiacciata in
forma di spatola dall'altra, serviva anche da raschietto per togliere il rivestimento delle tavolette o
per eradere il testo già scritto. I documenti pubblici e privati di carattere più importante venivano
scritti a inchiostro su papiro. Nei rotoli esistevano due versi, il recto era costituito dalla parte che
presentava le fibre parallele al lato lungo, si scriveva solo sul recto, il rotolo era munito all'inizio o
alla fine di un bastoncino di avorio o legno con attaccata una listerella di pelle recante il titolo del
testo, i volumina erano conservati avvolti. Il papiro fusato per produrre libri già in forma di codice,
cioè di un insieme di fascicoli di misura più o meno quadrata, cuciti e rilegati insieme. La Fortuna di
questa nuova forma di libro fu sempre crescente dal secondo al quarto secolo dopo Cristo, ad
essa fu legata un'altra materia scrittoria: la pergamena.
I papiri greci e latini, letterari e documentari, di epoca classica giunti fino a noi sono costituiti da tre
gruppi, in ognuno di questi la prevalenza numerica di quelli greci sui latini è preponderante: papiri
rinvenuti in diverse località dell'Egitto e lungo la valle del Nilo, ritrovati nel secolo scorso e in
questo secolo. Papiri rinvenuti a Dura-Europos, una fortezza romana sull'Eufrate, ritrovati negli
ultimi cinquant'anni. Papiri di Ercolano, rinvenuti nel 1752 e attualmente conservati presso la
biblioteca nazionale di Napoli. Papiri medievali latini Che costituiscono in quattro gruppi: codici
medievali di papiro, sono cinque appartenenti ai secoli sesto e settimo. Documenti di origine
ravennate, dal quinto al 10º secolo, provenienti dall'archivio arcivescovile di Ravenna. Diplomi dei
re Merovingi di Francia, sono 13 tutti del settimo secolo. Privilegi e lettere di pontefici, Sono 25,
tutti datati dalle 788 al 1051.
La materia scrittoria più largamente usata nel medioevo fu la pergamena, costituita di pelle di
determinati animali, la leggenda dice che sia stata inventata a pergamo nel secondo secolo avanti
Cristo per ovviare alla proibizione dell'esportazione del papiro dall'Egitto. In realtà l'uso della pelle
animale è una materia scrittoria antichissima e diffusissima, il più antico esempio è costituito da un
rotolo egizio risalente al periodo della 20ª dinastia (1195 -1085 avanti Cristo). La pergamena viene
preparata secondo un procedimento particolare per dare uniformità di spessore e di colore,
bianchezza, levigatezza, consistenza e allo stesso tempo flessibilità. La pelle veniva lasciata
macerare tre giorni nella calce, la si radeva, la si tendeva per farla seccare, la si levigava e infine si
tagliava e rifilava per ridurla alle misure volute, nel mondo bizantino veniva trattata con il bianco
d'uovo per accentuare la levigatezza. La pergamena poteva essere di pelle di vitello, capra e
pecora, anche se la più apprezzata era la pelle dei vitellini non nati, definita "virginea" o "carta non
nata". Per i libri di particolare lusso era già noto l'uso di colorare di porpora la pergamena, questo
venne ripreso in epoca carolingia ed eccezionalmente anche in epoca umanistica, la colorazione
rossa della pergamena fu in uso a Bisanzio nella cancelleria imperiale per i diplomi degli
imperatori. Nell'alto medioevo è molto caratteristica la pergamena dei centri scrittori insulari,
spessa, rigida, grigiastra di colore, pelosa al tatto. Nello stesso periodo in Europa meridionale la
coloritura era nettamente differenziata fra recto e verso. All'inizio si usarono rotoli di pergamena,
ma ben presto si cominciarono a usare i codices, costituiti da insiemi di fogli riuniti in fascicoli,
cuciti tra loro e protetti da una legatura di assi di legno ricoperte o meno di pelle.
L'interpretazione della scrittura dei testi erasi, di solito ridotta o che deboli tracce scarsamente
visibili ad occhio nudo, è estremamente importante. Nel 19º secolo furono usati differenti sistemi
chimici per far riaffiorare queste scritture, oggi sappiamo che questi sistemi sono dannosi alla
conservazione dei testi e per analizzare le scritture Erase usiamo le lampade a raggi ultravioletti o
le fotografie con fluorescenza.
Per scrivere su papiro o pergamena veniva usato il calamo, costituito da una cannuccia vegetale
tagliata in punta e con la penna di volatile. La materia scrittoria che contribuì fortemente alla
diffusione dell'alfabetismo nel basso medioevo e nella prima età moderna in Europa fu la carta.
Fabbricata per la prima volta dall'impero cinese all'inizio del secondo secolo dopo Cristo, fuori dalla
Cina fu conosciuta soltanto nel 751 quando gli arabi impiantarono a Samarcanda la loro prima
fabbrica. La prima cartiera fu impiantata sul suolo spagnolo dagli arabi nel 1151. Le prime cartiere
italiane risalgono al 1276 a Fabriano, durante il 13º secolo nel entrarono in funzione altre in Friuli,
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Bologna e ad Amalfi, nel corso del secolo successivo la carta italiaNa conquistò il mercato Italiano
e quello nordico. Tipico nella fabbricazione italiana è la presenza della filigrana visibili in
trasparenza, la cui particolarità permetteva di distinguere da quale cartiera la carta stessa
provenisse. L'installazione e il funzionamento delle cartiere furono la presenza di corsi d'acqua
nella zona e l'esistenza di grandi centri universitari che a volte esercitavano un controllo diretto
sulle fabbriche. Nel 15º secolo il fabbisogno di carta aumentò ancora in tutta Europa, nella
seconda metà del quattrocento lo sviluppo della stampa diede un decisivo impulso allo sviluppo
tecnico e all'espansione geografica dell'industria cartaria che da allora In avanti sarebbe sempre
stata più legata a quella tipografica. La tecnica della fabbricazione della carta europea medievale,
che rimase immutata fino al 18º secolo consisteva nella macerazione degli stracci selezionati,
lavati e sfilacciati, che una volta ridotti impasta erano riposti in tini, in essi venivano immerse ed
estratte le forme, telai rettangolari di legno, che serravano una rete di fili metallici disposti in senso
orizzontale e verticale, nonche la filigrana, infine gli pasta venivano disposti ad asciugare e poi
sottoposti alla collatura, cioè l'immersione in colla animale, compressi, asciugati ed impaccati.
IV - ORIGINI E PRIMI SVILUPPI DELLA SCRITTURA LATINA IN ETA' ARCAICA (VII-IV SEC a.C.)
Il problema delle origini dell'alfabeto della scrittura latini si può affrontare da almeno tre punti di
vista differenti: genetico, cioè da quale modello e attraverso quale processo di trasformazione e
individuazione i nuovi segni alfabetici e il nuovo sistema grafico presi in esame siano venuti
formandosi; funzionale, accertando come e perché in una determinata società sia nato in un
determinato momento il bisogno di usufruire di un mezzo quale la scrittura e a quale fine sia stata
poi effettivamente adoperata; di uso, esaminando in quale ambito sociale, sotto un profilo sia
numerico che qualitativo, la scrittura fu effettivamente adoperata nel suo primo periodo di adozione
sviluppo. All'origine dell'invenzione sono individuabili due motivazioni tra loro diversi: quella
amministrativa e quella sacrale liturgica. A volte le scritture nate per ovviare alla necessità di
organizzare l'amministrazione di beni mobili, immobili, o di enti dello Stato, Per esempio la scrittura
cuneiforme. In altri casi la scrittura nasce principalmente al fine di fissare testi di carattere sacrale
o liturgico, per esempio la scrittura gota. Le scritture sono adoperate e create all'interno di
determinate categorie professionali. Childe afferma: "in queste condizioni la scrittura costituiva
davvero un'arte difficile specializzata, che si imparava dopo un lungo tirocinio. La capacità di
lettura rimase una misteriosa iniziazione, alla quale si poteva aggiungere soltanto dopo aver
lungamente studiato. Pochi possedevano i mezzi e il talento necessari per penetrare nei segreti
della letteratura. Gli scrivani erano una classe relativamente ristretta nell'antico oriente, come i
chierici nel medioevo. Le persone in grado di leggere devono essere sempre stati una piccola
minoranza in una vasta popolazione di illetterati".
Risulta che nella Roma dei secoli settimo fino al quarto avanti Cristo erano abitualmente scritti, su
materie e con tecniche diverse, sia classi di carattere pubblico sia testi di carattere privato. Risulta
anche che la Roma fra la monarchia e la Repubblica costituiva un ambiente culturale vivace
produttivo, aperto al contatto con due grandi civiltà: quella etrusca e quella greca, ambedue in
possesso di progredite strutture alfabetiche. In particolare la scoperta di due iscrizioni etrusche del
settimo secolo avanti Cristo nel più antico nucleo abitato di Roma dimostra la conoscenza e la
familiarità con la scrittura etrusca nella Roma arcaica. Mostra 1:00 influenza greca che
testimoniata sia dalla presenza di libri sibillini in lingua greca sia dall'influenza dei modelli greci sul
più antico verso romano, il saturnio.
A Roma si erano costituite due categorie sociali di utenti della scrittura: la classe gentilizia che se
ne serviva per fissare testi di carattere annalistico, oratorio, epigrafico a fini autocelebrativi e la
categoria sacerdotale che se ne serviva per assolvere a precise funzioni pubbliche e religiose. Si
trattava di una produzione varia e ricca, con manifestazioni adattamenti diversi, ma con una
diffusione sociale estremamente limitata sul piano numerico e con una finalizzazione a scopi
prevalentemente celebrativi, ufficiali e sacrali. Una tale finalizzazione fissava le forme grafiche con
caratteristiche monumentali, un andamento posato, lettere staccate le une dalle altre, aspetto
spiccatamente epigrafico. La maggior parte dei testi scritti nella Roma arcaica era vergata su
materie dure come pietra, metallo, avorio, coccio e assumeva perciò un andamento rigido è
sposato ed è un aspetto epigrafico. Esisteva però anche una produzione diversa su materie non
dure si tratta dei cosiddetti libri lintei, contenenti atti di corporazioni sacerdotali, delle tabulae
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dealbatae , di documenti pubblici. È probabile che la scrittura abbia acquisito single inizio è un
aspetto posato e rigidamente epigrafico in ogni sua manifestazione. Non può essere trascurata
l'influenza della scrittura etrusca. Questo ci riporta un problema, cioè alle origini genetiche
dell'alfabeto latino e della sua derivazione da un modello Greco o da quello etrusco. Bloch propone
per la nascita dell'alfabeto latino la prima metà del settimo secolo avanti Cristo, questa tesi poggia
su due elementi fondamentali: il fatto che la stessa civiltà etrusca non sembra si sia
sufficientemente sviluppata prima di questa data e che il più antico esempio di scrittura latina è
attribuibile al 670 avanti Cristo circa. Gli esempi più antichi di scrittura latina giunti fino a noi sono,
in ordine cronologico:
• la sottoscrizione dell'artigiano Manius e il nome del committente della fibula Prenestina, intorno
al 670 avanti Cristo, scritto da destra verso sinistra.
• Il cippo del foro Romano, scoperto da Boni nel 1899. La data oscilla intorno alla fine del sesto
secolo avanti Cristo, non rientra mento della scrittura è bustrofedico cioè cambia direzione ad
ogni riga.
• La lamina bronzea di Lavinio, coeva del cippo del foro, qui la scrittura è disposta da destra verso
sinistra.
• Il cosiddetto vasetto di duenos , della metà del quinto secolo avanti Cristo circa.
Le maggiori modificazioni dovute all'introduzione della G (terzo secolo avanti Cristo), della Y e
della Z per influenza greca.
Nell'uso epigrafico la capitale latina mantenne un aspetto arcaico fino alla prima metà del terzo
secolo avanti Cristo. Sotto l'influenza greca la scrittura epigrafica Latina entra in un vero e proprio
processo di normalizzazione grafica che darà regolarità di allineamento e di impaginazione,
uniformità di moduli di disegno, geometrizzazione delle forme E abolizione di eventuali elementi
corsivi. L'espansione imperiale di Roma determinò una sempre maggiore diffusione della scrittura
livello privato, provocando per naturale contrasto una rapida canonizzazioni della scrittura
epigrafica ufficiale secondo precise regole modellate sugli esempi greci.
I primi esempi sono le epigrafi funerarie degli Scipioni risalenti alla fine del 18º secolo nel sepolcro,
qui la scrittura è già perfettamente normalizzata, appare la capitale nell'epigrafe commemorativa
della battaglia di pidna. Fra il secondo e il primo secolo Avanti cristo il processo di normalizzazione
si compie definitivamente e nel primo secolo avanti Cristo si fissa nella realizzazione di prodotti
scritte in capitale Epigrafica un preciso canone grafico le cui caratteristiche principali sono:
• geometrizzazione delle forme, nella quale gli angoli sono retti e gli archi vicinissimi a sezione di
cerchio.
• Uniformità del modulo e del disegno dei singoli elementi grafici con un perfetto inserimento nel
sistema bilineare
• Il chiaroscuro dei singoli tratti ottenuto mediante l'esecuzione dell'incisione con solchi a sezione
triangolare
• Il leggero allargamento a spatola al termine delle aste verticali, come di quelle oblique ed
orizzontali
• Complessivamente i prodotti in capitale di grafica risultavano contraddistinti da una immediata
leggibilità e sul piano estetico da grande armonia ed eleganza.
Nei testi epigrafici meno solenni in quelle di carattere privato veniva adoperato anche un altro tipo
di capitale costituita da un trasferimento diretto su materia dura della capitale libraria, o rustica, di
cui si parlerà più avanti.
VI - LA CAPITALE CORSIVA
Nel periodo arcaico la capitale eseguita con la tecnica sgraffio su materiale duro era usata a livello
privato, era un uso occasionale in stretta dipendenza dei modelli epigrafici, sembra che ci sia
anche un uso comune e diffuso della scrittura per il periodo che va dal quinto al terzo secolo avanti
Cristo. Cencetti identifica cinque lettere che nell'uso corrente della scrittura sgraffiò hanno subito in
questo periodo un annetto evoluzione in senso corsivo, che ne ha trasformato l'aspetto in
confronto al modello ideale della capitale contemporanea. Queste lettere sono: A con traversa
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disposte in senso obliquo o verticale, O aperto in basso e a volte tracciata in più tratti, E ed F
tracciate in due tratti verticali paralleli, R aperta. In tutti e cinque i casi i tracciati sono dettati dalla
tecnica della scrittura corsiva sgraffio che rendeva difficile eseguire tratti orizzontali e curvi.
Ulteriori modificazioni si ebbero con la diffusione dell'uso della scrittura in età repubblicana che
portò come conseguenza una più rapida evoluzione dei segni grafici in senso nettamente corsivo.
All'inizio del primo secolo avanti Cristo si nota nei graffiti pompeiani: la B cosiddetta a pancia di
sinistra, la D a forma di pre minuscola. Nel caso della B si assiste alla fusione sia dell'asta e della
base della lettera, sia dei tratti corrispondenti agli occhielli, nel caso della D alla fusione dell'asta e
della base in una curva unica. Sono fusioni dettate dalla necessità di scrivere rapidamente e di
diminuire al massimo il numero di tratti da eseguire, in ambedue i casi i tratti dritti sono stati
sostituiti da tratti curvi. Si ipotizza che l'evoluzione in senso corsivo e nei modi che abbiamo
ricostruito sia avvenuta da parte di scriventi a sgraffio su tavolette cerate quindi con una superficie
più morbida. L'estensione dell'uso delle tavolette cerate della scrittura calamo su papiro fu
progressivo e parallelo alla diffusione dell'uso della scrittura e dell'istruzione scolastica e perciò la
fase di tipizzazione della corsiva, le persone di più scarsa cultura grafica non la adoperavano. Fra
il primo secolo avanti Cristo e il primo secolo dopo Cristo la capitale corsiva romana acquistò un
aspetto nettamente tipizzato, non immune da ulteriori mutamenti. Le caratteristiche principali della
capitale corsiva romana ormai tipizzata sono la netta tendenza alla quadri linearità, cioè ad una
formula tre minuscola, l'assenza di legature e l'inclinazione verso destra. Nel secondo secolo dopo
Cristo la capitale corsiva romana subì un'ulteriore evoluzione adottando delle catture di lettere fra
loro e una certa inclinazione verso sinistra. Questa scrittura fu largamente adoperato anche su
papiro con differenze dettate dalla tecnica di esecuzione. La scrittura eseguita calamo aveva un
tratteggio progredente verso destra, rotondeggiante, scorrevole, inclinato a destra e con sempre
più frequenti legature fra lettere diverse. Si diffuse sempre più nell'uso sino a diventare la scrittura
esclusiva dell'amministrazione civile e militare dell'impero romano in ogni sua regione.
Numerose testimonianze concordano nell'affermare l'esistenza già nella Roma arcaica di libri scritti
su pelli, tessuti ho papiro. Nel periodo repubblicano la produzione e l'uso del libro scritto su papiro
si estesero ulteriormente. Nel primo secolo avanti Cristo la produzione del libro era organizzata in
vere e proprie botteghe artigiane con numerosi dipendenti che mettevano continuamente sul
mercato quelle che potremmo definire edizioni manoscritte. All'epoca imperiale rimonta la
fondazione delle principali biblioteche del mondo romano e della città di Roma, famosissima l'Ulpia
costruita da Traiano nel foro che porta il suo nome. Il modello normale della capitale libraria
romana è vicino nella struttura dei segni costitutivi a quello della capitale di grafica, con alcuni
adattamenti dovuti alla flessibilità dello strumento scrittorio, la relativa morbidezza della materia,
alla diversa tecnica di esecuzione. Si tratta di una scrittura posata, tratteggio fluido, che mantiene
la rigida separazione delle lettere fra loro, la verticalità dell'andamento, l'assoluta uniformità del
modulo, rassicura bilinear età, l'assenza di elementi corsivi. Caratteristiche peculiari sono: il
chiaroscuro molto accentuato con forte contrasto tra filetti e tratti pieni, l'arrotondamento degli
angoli, la giunta al termine delle aste di allargamenti in forma di spatola o di trattini di coronamento.
Le testimonianze si possono considerare come appartenenti a due diversi periodi, il primo che va
dal primo al terzo secolo e il secondo che va dal quarto al sesto secolo. Il primo presenta
testimonianze scarse e frammentarie ma si può affermare che la produzione libraria era varia e
fiorente. La capitale era l'unica scrittura libraria in uso e soprattutto i pezzi, ercolanensi appare
caratterizzata dal modulo grande e largo, dal chiaroscuro fortemente contrastato ma graduale, dei
tratti di coronamento al termine delle aste e soprattutto dalla spontaneità, morbidezza e vivacità
dell'esecuzione del disegno, quasi come se fosse eseguita pennello. Nel terzo secolo ci sono
esempi in cui la capitale libraria E senza chiaroscuro, con un disegno artificioso, ricco di
ondulazioni e di elementi ornamentali di fantasia, in netto contrasto con il canone e espresso dagli
esempi ercolanensi. Il secondo periodo è caratterizzato dalla progressiva diffusione di altre
scritture librarie, come la semionciale e l'onciale, dalla progressiva crisi della produzione libraria
romana, dall'affermazione del nuovo tipo di libro in forma di codice, da una netta differenziazione
nella tipologia di libro fra esemplari di lusso ed esemplare di uso scolastico. Del secondo periodo ci
sono arrivate numerose testimonianze. All'interno di questi due periodizzazione basate su elementi
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di carattere codicologico più che strettamente paleografico, non è facile stabilire una datazione più
precisa delle testimonianze in nostro possesso. Ci sono delle ipotesi di datazione che rimangono
pur sempre dubbie, questo è dovuto soprattutto al fatto che non è possibile individuare un unico
sicuro canone della capitale libraria e seguire poi lo svolgimento nel tempo. Il cane nel grafico della
capitale secondo Pratesi non è poi così rigido come solitamente lo si presenta, le regole generali si
limitano in fondo all'osservanza pressoché costante del tratteggio delle lettere,la presenza dei
trattini di coronamento, Al contrasto tra elementi ingrossati elementi sottili per creare un effetto di
chiaroscuro. Nel più tardo periodo la capitale libraria presenta caratteristiche particolari di
reggimento del disegno, in naturalezza del tratteggio, esasperata stilizzazione calligrafica che
inducono a ipotizzare una attenta e consapevole opera di imitazione di esempi più antichi.
Come primo tipo primo esempio di scrittura così pare la cosiddetta capitale elegante, è la precisa
trasposizione della capitale epigrafiche in campo librario e il più antico tipo di scrittura libraria
adoperata nel mondo romano. Schiaparelli conta tre o quattro esempi, appartenenti a codici
pergamenacei contesti di Virgilio attribuibili al quarto secolo dopo Cristo. Il più famoso è il
cosiddetto Virgilio augusteo, un frammento di sette fogli. Le caratteristiche principali sono la
rigidezza del disegno, la larghezza delle lettere, il notevole spessore dei tratti grossi, la prevalenza
di angoli retti. Mallon ha ampiamente dimostrato che questa scrittura è un puro e semplice gioco
calligrafico, privo di regolarità e spontaneità, infatti varia continuamente l'angolo di scrittura e la
forma delle lettere. Le somiglianze riscontrate fra la scrittura degli esempi in capitale elegante e
indotto numerosi paleografi a considerare la capitale elegante dei codici un'imitazione della
scrittura e di grafica damasiana e adattarla perciò entro la seconda metà del quarto secolo. L'IP
graffi di Furio Dioniso filiocalo presentano una scrittura più larga che alta, con un forte contrasto tra
tratti grossi e tratti sottili, riccioli ornamentali aggiunti alle aste. In realtà tra lo stile grafico delle
epigrafi damasiane e quello del Virgilio augusteo esistono profonde differenze, come la diversa
disposizione degli elementi ornamentali. La scrittura del Virgilio augusteo presenta notevoli
somiglianze sia con le lapidi romani del periodo fra il quinto e il sesto secolo sia con i codici in
onciale. Altri esempi di capitale elegante e costituiscono soltanto delle varietà calligrafiche tardi ed
isolate da ricondurre all'ambiente romano del periodo agosto in cui si manifestarono in campo
culturale tendenze conservatrici e restauratrici, con un processo parallelo a quello che avveniva ad
Alessandria.
Fra secondo e terzo secolo dopo Cristo la scrittura latina subisce una profonda metamorfosi, si
affaccia un tipo di scrittura completamente diverso dalla capitale precedente adoperata a tutti
livelli: una scrittura minuscola, inserite in schema quadri lineare, con un angolo di scrittura diverso
da quello della capitale e con diverso orientamento dei tratti pieni, caratterizzata da forme molto di
te ferenti da quelle capitali. Questo mutamento è uno dei più importanti menti della storia della
scrittura latina nel suo complesso, ha determinato il modo di scrivere a mano e a stampa di tutte le
epoche successive nell'emisfero occidentale. Non è venuto di colpo, è il frutto di un lungo processo
che ha investito l'uso scolastico, l'uso privato, la documentazione del mondo latino in cui
gradatamente elementi di minuscolo sono stati introdotti per ragioni di economia di esecuzione
attraverso meccanismi di semplificazione del tratteggio di singole lettere. Ieri degli uffici mostrano
nel corso e soprattutto del secondo secolo processi analoghi di semplificazione del tratteggio della
corsiva antica che portano varianti grafiche di tipo minuscolo per molte lettere che finiscono per
sostituire le forme precedenti. Il fenomeno era molto avanzato anche nell'ambito dell'insegnamento
elementare fra il secondo e il terzo secolo dopo Cristo. Nei primi decenni del terzo secolo dopo
Cristo le tendenze minuscoleggianti si tipizzarono in alcuni esempi epigrafici e librari assumendo le
forme più o meno definite. Alcuni esempi significativi sono un epigrafe del foro di Timgad e i
frammenti di un libro in forma di rotolo papiracea, ambedue in un tipo di scrittura comunemente
definito minuscola primitiva. Fra il terzo e il quinto secolo la produzione di libri minuscola primitiva
si diffuse e diventò sempre più ampia. La minuscola antica di secoli quarto e quinto rimase priva di
una propria precisa tipizzazione e fu caratterizzato da forme assai vicini a quelli dell' epitome
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Liviana , se ne conosce anche un tipo obliquo fortemente inclinata a destra e probabilmente
influenzato dalla scrittura greca coeva. Secondo mallon e in generale la scuola francese e
cambiamenti radicali del sistema grafico romano sarebbero avvenuti nell'ambito della produzione
libraria per effetto di una modificazione dell'angolo di scrittura, da acuto ad aperto dovuta alla
sostituzione del codice al rotolo che provocò la disposizione dei tratti pieni in senso verticale
anziché obliqua. In opposizione ci sono alcuni paleografia italiani fra cui cencetti che ha individuato
nella scrittura usuale e non in quella librarie all'ambiente nel quale sarebbe lentamente maturato il
mutamento, questa impostazione sembra confermata dall'avvenuto ridimensionamento del criterio
dell'angolo di scrittura come elemento critico e dalla constatazione della presenza di forme
minuscole in grafite eseguiti da semi analfabeti di varie regioni eccentriche dell'impero.
Recentemente è stata posta in rilievo l'importanza nell'evoluzione della scrittura latina da sistema
maiuscolo a sistema e, all'interno di queste le tendenze riduttive semplificatrici proprie della
rapidità di esecuzione produssero dapprima varianti grafiche di tipo nuovo e quindi la progressiva
scomparsa delle forme di tipo maiuscolo.
XI - L'ONCIALE
Con la diffusione del cristianesimo dei testi cristiani si poneva i centri di culturali dell'aria latina
dell'intera in più stretto contatto con quelli dei territori di lingua greca dove già dalla prima metà del
secolo si usava una scrittura libraria greca dalle forme rotonde definita recentemente maiuscola
biblica. Alla nascita di una nuova scrittura latina definita onciale contribuirono la necessità di
rendere più eleganti e solenni le forme della minuscola primitiva, l'influenza diretta della maiuscola
biblica greca, l'adozione della penna d'oca, la precisa volontà di un maestro di scrittura furono
sicuramente influenzanti in questo processo. Questa scrittura può essere considerata
essenzialmente maiuscola pur accettando i più caratteristici dei nuovi segni alfabetici minuscoli ne
riduce le aste e alcuni occhielli in modo da contener sì sostanzialmente ancora in uno schema
bilineare, come scrisse cencetti. Tjäder ipotizza che l'origine dell'onciale sia collocata nell'ambito
della cultura latina e precisamente nel mondo giuridico romano, i libri legales contengono elementi
di onciale già nel secondo secolo dopo Cristo. Il nome di un cereale deriva da un errore di
interpretazione commesso dei vecchi paleografia a proposito di un passo di San Girolamo dove si
parla di "Litterae unciales" indicando sicuramente le capitali, questa denominazione è entrata
nell'uso e comunemente usata da tutti gli studiosi. Questa scrittura comincia ad essere adoperata
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nei codici soprattutto in quelli contenenti testi di autori cristiani dal quarto secolo. La scrittura è
continua e fluida nel tratteggio così da non creare interruzioni di ritmo nella riga, È compressa in
modulo bilineare e obbliga il rinchiudersi in senso circolare delle forme, dal disegno particolare di
alcune lettere. È adoperata largamente in tutto l'Occidente dal quarto fino all'ottavo, nono secolo
cioè per tutto l'altro medioevo fino alla rinascenza carolingia. Fu la scrittura libera via più
largamente usata dalla scomparsa dall'uso della capitale, quella ritenuta più importante e di
maggiore dignità, può essere considerata la scrittura della civiltà e della cultura romana e cristiana.
In epoca tardo antica i maggiori centri di produzione furono in Africa e in Italia. Tra la fine del quinto
secolo Si verifica un mutamento di stile la scrittura andò progressivamente irrigidendosi, il
contrasto tra pieni e filetti si accentua, il disegno delle lettere assunse forme sempre più
rigidamente geometrizzate, le aste fuori uscirono dall'originario modulo bilineare, la L si trasformò
innalzandosi sul rigo e la E spostò dall'alto verso il centro il tratto in orizzontale, comparvero inoltre
trattini, forcellature, triangolo etti ornamentali di completamento al termine delle aste orizzontali e
verticali di alcune lettere. Fra il sesto e settimo secolo il maggiore centro di produzione fu Roma
intorno a Gregorio magno. L'onciale romana era caratterizzata da forme schiacciate, trattini ricurvi
di completamento giunti al termine delle altre orizzontali, dalla D con asta praticamente orizzontale,
dai frequenti nessi e dalla U angolare che dopo la Q e infine di riga è spostata nell'interlinea. Fu
usata fino all'inizio del nono secolo, influenzò anche l'onciale prodotta in Inghilterra. Nel corso del
sesto secolo durante l'impero di Giustiniano a Bisanzio ci fu una particolare stilizzazione
dell'onciale che imitava modelli stilistici del quinto secolo caratterizzata dalla B alta sul rigo e dalla
R con l'ultimo tratto disposto quasi orizzontalmente sul rigo.
XII - LA SEMIONCIALE
Tra la fine del quinto secolo e l'inizio del sesto, la produzione di libri in minuscolo antica entrò
nell'uso di veri e propri centri scrittori, in questi la minuscola libraria acquisto caratteristiche diverse
da quelle del periodo precedente cioè si verificarono: un irrigidimento del segno, un
appesantimento del tratteggio, una verticalizzazione dei tratti, un arrotondamento schiacciamento
delle forme, un'accorciamento delle aste sia in alto che in basso, una limitazione dei legamenti
corsivi e delle abbreviazioni. Fuori ci nata da diverse cause concomitanti, dalla dissoluzione del
sistema di produzione del libro antico basato sull'attività artigianali di officine laiche, dalla
sostituzione adesso di centri scrittori ecclesiastici, dalla diffusione di un gusto grafico che aveva
provocato un diverso orientamento stilistico anche nell'onciale, tendente alla rotondità artificiosa
delle forme e ad un maggiore contrasto fra tratti pieni e tratti sottili. Per distinguere questa
minuscola Da quella ancora legata ai modelli originari continua ad essere utilizzato dai paleografi il
termine di semionciale, È un termine convenzionale e dei equivoco dato che non ho alcun diretto
rapporto con l'onciale. Fra i primi e più noti esempi troviamo il S.ilario di S.pietro A Roma, scritti in
ambiente di emigrati africani in Sardegna, prima del 510 e il Sulpicio Severo prodotto nel centro
scrittori della cattedrale di Verona, di mano del locale lettore Ursicino nell'anno 517. Questa
scrittura fu usata non tanto per tramandare i testi biblici o liturgici, ma il teste di studio e di lettura in
uso nelle comunità e nelle scuole religiose: circa il 35% dei codici prodotti in Italia furono scritti con
questa scrittura. Venne largamente usato in tutto Europa nel corso del settimo secolo e rinacque
come fenomeno imitativo dello scrittore carolingio di San Martino di tours in pochi esempi fra
l'ottavo e il nono secolo.
Esiste nel mondo romano in quello medievale un metodo per abbreviare la scrittura di alcune
parole esprimendone solo alcune parti. Il sistema abbreviativo medievale, usato senza sostanziali
variazioni in tutto il mondo occidentale venne ereditato anche dalla stampa, è evidente la necessità
di conoscere esattamente questo sistema per poter procedere senza errori o incertezze a una
lettura corretta.
Nelle epigrafi romane normalmente si usavano le sigle, prenomi e formule sacrali e giuridiche così
via che apparivano espressi dalla sola prima lettera, a volte raddoppiata per esprimere il plurale.
Le abbreviazioni erano largamente usate anche nelle tavolette cerate, mentre nei manoscritti si
abbreviano solo le desinenze finali Que e Bus E a volte le nasali M e N. Esisteva anche un sistema
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tachigrafico chiamato note tironiane, basato sull'uso di una serie di segni principali per indicare il
tema e il prefisso delle singole parole e di una serie di segni ausiliari per le desinenze. Nel
medioevo si usa un differente sistema basato sulla corrispondenza di una determinata serie di
segni dalle sillabe perciò definito tachigrafia sillabica. Nel mondo romano tra il secondo e il quinto
secolo si usa un sistema abbreviativo basato sia sulle sigle che sul semplice troncamento delle
parole sia sulle note tironiane, questo sistema influenza largamente in sistemi abbreviativo
medievale. Era basato sull'uso di: sigle e troncamenti, troncamenti sillabici con i quali si esprimeva
soltanto una lettera per sillaba, segni tironiani ripresi tali e quali, letterine sopra scritte, contrazioni
per cui venivano espresse soltanto la prima e l'ultima lettera, alcuni abbreviazioni convenzionali.
Nel mondo antico fin dei primi tempi del cristianesimo invalse l'uso di abbreviare per contrazioni le
parole designanti Dio, Gesù Cristo, Santo e così via. Il medioevo ereditò un ricco complesso di
modi e sistemi abrogativi di cui utilizzò alcuni elementi e soprattutto i due principi del troncamento
e della contrazione. Nel periodo del cosiddetto particolarismo un grafico, cioè fra settimo e nono
secolo, fu adoperato con sensibili variazioni da luogo a luogo, con l'epoca carolingia si uniformò in
tutto il territorio europeo, rimanendo unificato fino le sue ultime manifestazioni. Distinguendo le
abbreviazioni a secondo dei segni simbolici adoperati per indicarne la presenza si possono
raggruppare in uno schema elaborato da battelli in:
- punto, serve sia nel mondo romano sia medievale A indicare un'abbreviazione per troncamento
o una sigla
- Lineetta soprascritta, comunemente usato nel medioevo, segnala l'abbreviazione per
contrazione o troncamento sopra una vocale indica l'assenza di una nasale
- Lineetta ondulata, spezzata o obliqua, posti al di sopra di determinate lettere rappresenta la
mancanza di una R accompagnata da una E
- Apostrofo, posto in alto indica il troncamento e la mancanza della desinenza Us
- Punto e virgola e segno in forma di tre, indica il troncamento o la mancanza di Us, M finale, o
dopo una Q di ue
- Segno sopra scritti in forma di due, indica la mancanza delle desinenze Ur o Er
- Letterina soprascritta, indica la contrazione o l'assenza di una sola lettera, in alcuni casi di
origine insulare e soprascritta non è la prima lettera della parola ma ad una intermedia.
- Segno in forma di sette, derivato dal sistema tironiano indica un troncamento generico.
- Segno a forma di nove, indica la mancanza di Cum o Con, in genere all'inizio della parola
- Alcuni abbreviazioni particolari sono proprie delle scritture insulari e adoperate e poi anche nelle
regioni continentali.
La tradizione grafica del mondo romano era per gran parte unitaria, anche se diversificata in un
ordinato sistema di scrittura diverse fra loro. Questi tipi diversi di scrittura erano diffusi
uniformemente sul territorio e usati contemporaneamente anche in Britannia e in Mesopotamia, sul
Reno e in lusitani a, e compresi dalla maggior parte degli analfabeti. Ci sono tre fattori che
incrinano e poi distruggono nel VI-VII secolo questo quadro unitario:
1- la dissoluzione del sistema di insegnamenti inferiore superiore proprio dell'impero e la
conseguente e progressiva diminuzione del numero degli alfabeti e quindi dell'uso sociale della
scrittura
2- il radicale mutamento nel sistema di produzione del libro Che avviene nel sesto secolo grazie
alle officine laiche che sostituiscono i centri scrittori religiosi
3- la sostituzione all'impero dei regni romani barbarici con il conseguente isolamento delle
tradizioni culturali esistenti nelle singole regioni europee.
Un fattore complimentare è la tendenza a separare rigidamente fra loro i diversi filoni e le diverse
manifestazioni di un'unica civiltà culturale. Il risultato di questo processo fu un fenomeno che si usa
chiamare particolarismo grafico altomedievale inteso non soltanto in senso geografico ma anche in
senso sociale. Questo processo di diversificazione Avviene su un duplice piano di svolgimento: la
produzione documentaria non si distacca dalla corsiva nuova che assume atteggiamenti e sviluppi
particolari a seconda delle varie regioni e località, la produzione libraria segue tendenze diverse e
in un certo senso opposte. Per quanto riguarda l'organizzazione della produzione del libro sono da
considerare sia il luoghi che i modi della produzione, sia quelli della circolazione e della
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conservazione senza trascurare i rapporti fra forma libro e testi trascritti. il centro ideale è lo
scriptorium che indica sia il luogo fisico, sia genericamente l'istituzione stessa in quanto produttrice
di libri. non tutti gli scriptoria erano anche scuole calligrafiche, spesso si trattava di luoghi di copia
nei quali ciascun religioso capace di scrivere copiava testi come poteva e sapeva. nell'alto
medioevo nelle comunità religiose spesso il compito di copiare codici era affidato a giovani ed
inesperti membri della comunità che svolgevano male il loro lavoro producendo codici scritti male e
male preparati. altra istituzione essenziale era la biblioteca, i maggiori centri monasteri e le grandi
chiese cattedrali possedevano notevoli raccolte librarie. solo a partire dal IX secolo cominciarono
ad essere ordinate, sviluppate e strutturate in modo direttamente funzionale allo studio. ultimo
elemento da considerare è il rapporto tra testi e libri. si assiste alla creazione e alla diffusione del
codice miscellaneo, con diverse opere di diversi autori. il libro miscellaneo disorganico nasce
presso le comunità religiose dell'alto egitto e viene adottato dal monachesimo irlandese e
probabilmente da questo fu esportato sul continente. ogni codice era una piccola biblioteca
portatile in cui ciascuna comunità raccoglieva i testi che riteneva utili ai suoi fini senza ordine e
coerenza.
è raro trovare testimonianze nelle biblioteche e negli archivi italiani delle scritture altomedievali
europee. Le principali sono:
• Merovingica E scritture altomedievali francesi: fra il quinto e il sesto secolo la Galia aveva il ruolo
di regione guida per l'Occidente. La scrittura della cancelleria dei re merovingi era una corsiva
artificiosa derivata dalla corsiva nuova cancelleresca, detta merovingica. Le lettere risultano
schiacciate le une contro le altre ed esageratamente allungate, gli occhielli sono oblunghi, le aste
sinuose, numerose legature, segni abbreviativi con carattere ornamentale. L'uso della
merovingica fu limitato ai secoli dal sesto all'ottavo, oltre che in Francia centrale anche in
Borgogna, in Baviera, in Italia nord-occidentale. I diversi centri francesi ricorsero a molti processi
per rendere questa struttura più posata e adatta all'uso librario. Questo raggiunse tipizzazioni
individuabili in centri di fondazione irlandesi appartenenti all'area culturale Franca, ma fuori dal
regno. a Luxeuil nel settimo secolo si trova una tipizzazione libraria merovingica che elimina
dalla scrittura le caratteristiche più cancelleresche. Nella seconda metà dell'ottavo secolo a
Corbie coesistono più tipi di scrittura, sono molto importanti perché preludono alla minuscola
Carolina.
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XVIII - SCRITTURE USUALI E DOCUMENTARIE NELL'ITALIA MERIDIONALE ALTOMEDIEVALE
Come già detto non esistono per l'Italia meridionale documenti originali precedenti all'ottavo
secolo, quelli scritti fra l'ottavo e il nono secolo sono conservati prevalentemente a Montecassino e
a cava dei Tirreni e sono scritti in una corsiva nuova senza differenze rispetto a quella dei coesi
documenti dell'Italia centro settentrionale. Dai documenti campagnolo pugliesi di queste poca
sembra affiorare la testimonianza di un uso sociale della struttura abbastanza diffuso poiché i
testimoni che pongono le loro sottoscrizioni sono quasi nella totalità alfabeti. Si sa che Italia
meridionale nell'alto medioevo è divisa in due zone politicamente e culturalmente diverse fra loro:
quella interna longobarda e quella esterna dominata dei bizantini. Nella prima zona si faceva capo
a Benevento, Capua, Salerno mentre la seconda trovare sui centri maggiori nei ducati costieri
campani (Napoli, Gaeta, Amalfi) e nelle città pugliesi. Nei territori campani fra il nono e 10º secolo
la corsiva nuova assume sempre più precisamente forme ed aspetti della beneventana libraria
tanto che si può parlare di una corsiva beneventana caratterizzata dalla E alta e strozzata, dalla T
con occhiello chiuso, dai legamenti tipici della R e della T con la I. In Puglia questa scrittura
assume un tratteggio fluido, forme tondeggianti, aste Clavate. Lo stesso tipo di corsiva è alla base
delle scritture cancelleresche adoperate nelle cancellerie di Benevento, di Capua e di Salerno Per i
privilegi emanati da quei principi nel nono, 10º e 11º secolo con accentuazioni di natura
ornamentale: aste, maiuscole allungate, svolazzi… Nei ducati costieri campani la tradizione
romana continuava in campo documentario senza interruzioni e la redazione dei documenti vi era
affidata non già a Notarii, ma a corporazioni di curiales. Nel 10º secolo si usa la scrittura detta
curialesca, Che era un'artificiosa elaborazione della corsiva nuova, molto simile ad analoghi esiti
dell'evoluzione della medesima corsiva verificatasi in altre zone di influenza bizantina. Fusata a
Napoli, Gaeta, Amalfi, Sorrento. Le caratteristiche principali sono il modulo molto piccolo del corpo
delle lettere, il tratteggio uniformemente sottile, l'uso di aste alte e rigide, di lunghe code a
svolazzo, di fregi esornativi. Lettere tipiche sono la A, la E e la T, e i legamenti EM, ET, EC e fra le
maiuscole la C crestata, la Q e la S. Lo studio rivela che dalla metà del nono secolo fino
all'undicesimo la beneventana fu adoperata in Campania R in Puglia come scrittura "totale", usata
per tutti gli usi e a tutti i livelli. Con l'avvento dei normanni si sostituì la minuscola diplomatica tipo
carolino. Si può parlare di morte di una scrittura perché rappresenta la fine imposta all'avvenuto in
tana di una serie di circostanze esterne: l'unificazione in un regno autonomo operata dei normanni
portò all'introduzione dell'uso cancelleresco e documentario Della minuscola documentaria
francese quindi alla produzione di gotica primitiva e ad un imponente produzione di manoscritti
scolastico-universitari in gotica. La beneventana libraria e la curialesca finirono così per diventare
desuete, lasciando posto alle nuove scritture importate dall'esterno. Fa eccezione la città di Napoli
dove la scrittura usuale degli alfabeti era un elementare di base sostanzialmente di tipo Carolino.
La tesi di Mazzoleni Che estende il fenomeno a tutta Italia meridionale sostiene che "la scrittura
con gli stessi caratteri della scrittura minuscola rotonda del centro e del Nord avrebbe convissuto
accanto alla beneventana e finito poi con l'imporsi al momento del trapasso della beneventana
nella gotica", appare senza prove documentarie. L'ultimo periodo di vita della beneventana
coincise con le prime manifestazioni scritte del volgare nell'Italia meridionale. Fra il 12º in 13º
secolo si nota che in tutti i casi in cui un medesimo codice testi latini testi volgari si trova accanto,
quelli latini sono vergati beneventana e quelli volgari minuscola tardo Carolina o in gotica. Nel
fenomeno va vista una conferma del carattere sempre più artificioso e del definitivo isolamento
della scrittura per i vent'anni che, non più adoperata come scrittura di usi in una società in un
periodo storico in cui gli scriventi a tutti livelli erano sempre più numerosi, era divenuta inadeguata
a scrivere in volgare.
Fra il settimo e il nono secolo l'Italia centro settentrionale è caratterizzata dal particolarismo grafico
che massima e più esasperate espressione. Nei grandi centri capitolari come Verona, Lucca,
Vercelli si usano diversi tipi di scrittura alcuni vicini onciale o alla semionciale della tradizione altri
derivati da un'interpretazione più accurata e posata della corsiva documentaria locale e quindi
ricchi di legamenti e di elementi corsivi. Si usa il termine PreCaroline italiane che Pratesi ha
proposto di denominare più semplicemente scritture altomedievali, in questo sono stati individuati
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alcuni elementi comune dall'uso della I alta all'inizio della parola e della C crestata. Il più antico dei
centri scrittori e Verona che ha prodotto numerosi codici in semionciale e altri in corsivo con
evidenti influenze merovingiche, fu uno dei primi centri italiani ad adottare la minuscola Carolina. Il
massimo centro scrittori della zona fu Bobbio fondato dall'irlandese San Colombano nel 613. Qui
furono scritti numerosi documenti in differenti tipi di scrittura, alcuni in insulare altri onciale e
semionciale, la maggior parte in una minuscola ricca di elementi corsivi. Bobbio è stato per l'altro
medioevo il centro italiano nel quale si è fatto maggiore ricorso all'uso di palinsesti. Un caso
esemplare di assenza di indirizzo grafico è il centro scrittore di Lucca in cui si trova il numero 490
della locale biblioteca capitolare, è un codice miscellaneo in cui si alternano circa 40 mani di scrivi
diversi chiedo che erano nel modo più disordinato possibile tutti i tipi di scrittura. Ci sono pochi
esempi dell'attività scrittoria del centro di Vercelli a cui si può attribuire una fluida corsiva
accentuatamente inclinata a destra e ricca di numerosi legamenti ma regolare e Chiara
caratterizzata dalla F con larga ansa a sinistra. Il centro scrittore italiano che diede vita a una
tipizzazione decisamente e precisamente individuata nella minuscola libraria fu nonantola,
caratterizzata da una minuscola larga, tondeggiante, dal tracciato pesante, dal tratteggio
contrastato ma privo di spezzature, le aste si ingrossano a clava. Nel territorio longobardo
dell'ottavo secolo veniva adoperato una corsiva nuova ricca di legamenti, disordinata e non
tipizzata che in alcuni casi si arricchiva di elementi cancellereschi. Nei territori in umani dell'Italia
centro settentrionale intorno a Ravenna e a Roma si sviluppa: a Ravenna la corsiva nuova che si
trasforma nel nono secolo in curiale, cioè in corsiva diritta, rigida, caratterizzata dalle aste
allungate rispetto al corpo piccolo delle lettere, dalla a molto grande, dalla e alta è strozzata, dalla
T a forma di otto, dalla G con ampio occhiello. A Roma è in uso una scrittura cancelleresca molto
artificiosa caratterizzata dall'andamento verticale, dal fortissimo prolungamento delle aste e dalla
perfetta rotondità di occhielli ed archi queste caratteristiche pongono la curiale romana molto vicino
alle curiali ravennati e meridionali e hanno fatto pensare riguardo la sua formazione. Dalla fine del
nono secolo la curia romana si trasforma gradatamente in una scrittura più piccola, meno rotonda,
più ricca di legature detta curiale nuova.
Bisogna tratteggiare un quadro complessivo dell'uso della scrittura, dei tipi grafici
contemporaneamente adulterati, della produzione scrittore documentarie libraria propria delle
diverse regioni italiane nel corso dell'11º secolo. Questo può fornire l'esatta cognizione di come
determinati tipi di scrittura abbiano convissuto parallelamente nel tempo e nello spazio. In questo
secolo comparvero le prime consistenti tracce di volgare scritto, nascono nuove figure di
intellettuali e di centri culturali laici e l'Italia assiste ad una netta crescita della produzione libraria e
ad un progressivo aumento dell'alfabetismo fra i laici. In Sicilia nell'11º secolo la regione è
politicamente araba anche se bisogna riconoscere la persistenza di isole linguistiche greche, la
conquista normanna conclusa nel 1072 introdusse la scrittura tardo-Carolina, seguita da forme
chiaramente gotiche qui si produssero numerosi manoscritti greci. La cancelleria reggia normanna
di Palermo sarebbe stata trilingue: latino greco e arabo. Nell'11º secolo la Calabria è una regione
prevalentemente di cultura greca. In Puglia nel 11º secolo, come già detto, esiste la beneventana
del tipo di Bari, bisogna ricordare le isole di produzione grafica greca a Bari. Più complessa è la
situazione della Campania: sulla costa tirrenica, la documentazione era scritta in curiale la
produzione libraria il beneventana e in Carolina, a Salerno si assiste alla sostituzione della
beneventana con la targa Carolina. A Benevento si mantengono fedeli alla scrittura locale. Negli
Abruzzi nel 12º secolo oltre alla beneventana si aggiunge la Carolina. Le Marche meridionali
rimangono caratterizzate dall'uso della minuscola Carolina nella quale compare una minuscola
assai rozza ed incerta, si trovano numerosi esempi anche in Umbria e particolarmente nella zona
di Perugia dove si trova una corsiva piccola ancora di tipo nuovo. A Roma e nel Lazio nell'11º
secolo esiste una minuscola particolare, detta la romanesca a cui si affianca anche un tipo di
minuscola Carolina tarda. La Toscana è ancora territorio di scrittura Carolina anche se non sai
usano ancora tipi corsivi di vecchia tradizione. In Emilia-Romagna si usa la corsiva nuova. Tipi
grafici di Carolina usati nel corso dell'11º secolo sono molto eleganti nei centri come Verona, in
Piemonte... In Lombardia la Carolina era adoperata largamente anche se si hanno pochi dati della
produzione libraria. A Ivrea si usa una Carolina artificiosa, di modulo imponente, leggermente
inclinata a destra e ricca di elementi ornamentali cancellereschi. Nel periodo fra la seconda metà
dell'11º secolo e l'inizio del 12º secolo ci vengono tramandate le prime testimonianze scritte
autonomi, testualmente complesse e consapevoli della lingua italiana.
Con la seconda metà del XI secolo comincia ad affermarsi soprattutto in Francia settentrionale,
Germania, Inghilterra, un nuovo strumento scrittorio: la penna animale con taglio obliquo che
creava un netto contrasto fra tratti grossi e sottili e diminuì bruscamente lo spessore delle curve.
Nel 1925 Dobiache-Rojdestvensky formulò l'ipotesi che la gotica fosse nata per imitazione della
beneventana. La tesi fu confutata da Schiaparelli che osservò che il tratteggio era diverso.
Boussard affermò che la nuova tecnica scrittoria nacque in gran Bretagna, da dove passó sul
continente. Al cambiamento grafico si associarono anche la nascita di una nuova forma di libro,
nuovo tipo di produzione, nuovo modo di leggere e di studiare. Un elemento innovativo fu
l'affermarsi del libro di tipo scolastico, le cui caratteristiche erano una rinnovata impostazione della
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pagina e una più precisa individuazione delle singole parti del testo. L'uso accentuato di
abbreviazioni, la concentrazione sul rigo E la distribuzione su due colonne delle lettere rendevano
più rapida la lettura. Verso la metà del 13º secolo il libro presenta pagine più grandi, righe più fitte,
colonne più larghe, un maggior numero di lettere e di abbreviazioni per riga. In Europa ci sono tipi
di gotica diversi a seconda delle zone, degli ambienti e a seconda del persistere in determinate
regioni di tipi di tarda minuscola di stile Carolino. I contemporanei definivano la gotica "Littera
Moderna" , Il nome gotica era usato in senso dispregiativo. Nacque nel 15º secolo come attributo
delle scritture altomedievali.
Il 12º secolo vide lo sviluppo dell'istituzione universitaria. Haskins diceva: "nel 1100 poteva essere
dotata della Bibbia e dei testi della patrologia Latina". Le università e gli studenti avevano in
particolare bisogno di molte copie di libri di testo da leggere e commentare e dei commenti stessi
dei vari docenti, il rapporto fra committente e scrittori fu libero e stabilito mediante contratti rogati
da notai. Già dalla prima metà del 200 era un rapporto incentrato sulla "pecia": era un sistema
basato sull'esistenza di copie autentiche dei singoli testi sottoposte a controllo periodico e
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depositate presso gli stationarii ufficiali delle singole università, gli esemplari erano conservati in
fascicoli sciolti e distribuiti contemporaneamente a più scrittori. I fascicoli servivano anche come
unità di misura per il compenso dello scrittore. Sembra accertato che i testi approvati adoperati
nelle singole università avrebbero rispecchiato, più che il pensiero dell'autore, quello Del corpo dei
professori. Gli scrivi che operavano presso le università lavoravano in condizioni assai disagevoli
ed era loro proibito riunirsi in corporazioni. Delle quattro Litterae Scholasticae che Destrezza
credeva di aver individuato (Bononiensis, parisiensis, oxoniensis, neapolitana) solo le prime due
presentano caratteristiche grafiche specifiche. La Bononiensis, Fu una scrittura notarile locale nata
fra il 12º e il 13º secolo non è molto diversa diversa dalla normale gotica testuale italiana, la
rotunda, di cui ripeti i singoli segni alfabetici, ma è più economica, pigiata, le aste sono più corte, le
interlinee ridotte, i tratti obliqui sono molto fini e c'è frequente uso dell'antica nota tironiana per
"con" a forma di 9, corta sul rigo, il rispetto della prima e della seconda legge del Meyer e la
riduzione ad un minuscolo quadrato del segno abbreviativo. La parisiensis appare più piccola, il
regolare, meno tondeggiante, da un'impressione di disordine. Non ci sono elementi precisi per
distinguere la oxoniensis dalla gotica libraria inglese, i manoscritti appaiono eseguiti con maggiore
cura calligrafica rispetta quelli parigini. Un altro dei fenomeni è quello dell'affermarsi della prassi di
scrivere di propria mano le proprie opere, dalla minuta alla stesura definitiva. Con la fine dell'11º
secolo si diffonde l'uso della composizione autografa dei testi storici compilati dalle grandi
istituzioni ecclesiastiche. Questi se nomini di autografia presentano interessanti coincidenze prima
di tutto con le pratiche di elaborazione del testo documentario Che furono proprie del nuovo notaio
dotato di publica fides , Con l'introduzione e la diffusione della carta come materia scrittoria poco
costosa e perciò atta a favorire pratiche auto grafiche di scrittura e riscrittura.
Per tutto l'alto medioevo si è usato il sistema romano di numerazione. Le cifre arabiche in realtà
sono indiane, adottate dagli arabi e poi in Spagna nel VIII secolo, usate occasionalmente come
segni di richiamo nei codici dell'epoca ma mai come segni matematici. Solo nel XIII secolo grazie a
Fibonacci e alla sua opera "Liber Abaci" venne insegnato è diffuso l'uso delle cifre arabiche .
La registrazione di operazioni contabili sempre più complesse esigeva una serie complessa di
organica di conoscenze tecniche precise quindi erano necessarie scuole particolari. I mercanti
avevano dovuto crearsi queste scuole, che fornivano una cultura tecnica separata e specialistica in
lingua volgare, era abbastanza naturale che scuole di questo tipo si sviluppasse e venisse
insegnata e diffusa una scrittura anch'essa particolare e separata detta la mercantesca. La
caratteristica principale è la rotondità, lo schiacciamento del corpo delle lettere a cui si
accompagna lo scarso slancio delle aste, si tratta di una scrittura corsiva con penna a taglio tondo
più o meno largo che produce un tratteggio piuttosto largo, uniforme, senza chiaroscuro e che
provoca la chiusura degli occhielli delle lettere, pur essendo corsiva è diritta e presenta pochi
legamenti effettuati per il basso e caratterizzati dal ritorno indietro in interrotto del tratto dopo gli
svolazzi discendenti sotto il rigo. Alcune lettere caratteristiche sono: la G maiuscola a forma di
alambicco, la a in fine di rigo con l'asta disposta quasi orizzontalmente, la e con tratteggio
raddoppiato, il legamento CH con l'abolizione del tratto di base della H. Con il 15º secolo la
Mercantesca acquistò un ductus decisamente corsivo, collegamenti più frequenti, fitti e
coinvolgenti più lettere fra loro. Il modulo era più piccolo e disordinato nell'uso privato e
commerciale e spesso veniva influenzato dalla minuscola cancelleresca. La mercantesca usata in
campo librario appare più calligrafica e curata, più diritta e posata. L'assenza di un alfabeto con
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maiuscole, la mancanza di vera e propria punteggiatura e disegni di partizione del testo qualificano
la mercantesca come un tipo grafico povero, scarsamente espressivo e sostanzialmente
subalterno in un ideale gerarchia grafica del periodo a cui appartiene, la maggior parte delle
abbreviazioni sono espresse per troncamento o per sigla. La notevole durata nell'uso della
scrittura è dovuta a fattori negativi come la sua marginalità e il conservatorismo insito
nell'isolamento in un ambito rigidamente corporativo e professionale.
Nella produzione grafica italiana del trecento ci sono filoni tendenze non goticheggianti, cioè legati
ancora modelli e forme della tradizione Carolina. Tra la fine del 200 e i primi decenni del trecento il
clima culturale cambia, si risveglia un interesse precipuo verso il mondo classico, Sì inizia
sistematicamente la ricerca di testimonianze dirette e indirette della cultura antica, se ne imitano la
linea, lo stile, i generi letterari, il mondo fantastico, anche se in pochi era chiara la coscienza del
distacco e l'esigenza di un rinnovamento di fondo. Questi erano concentrati in alcune zone di
elezione collocate in Toscana, in Veneto e presso la corte avignonese. I maggiori rappresentanti
del movimento, definito preumanesimo, sono Lovati, Mussato, Ferretti, cavallini e colonna.
All'interno di questo movimento bisogna identificare i primi consapevoli tentativi di imitazione di
modelli grafici detti di secoli, colonna ad Avignone crea uno specifico tipo di scrittura di glossa
minuta e regolare, di tratteggi uniformi, priva di legamenti, ornata sobriamente di filetti al termine
delle aste alte, che rivela a prima vista anche nell'uso di particolari segni di nota imitazione diretta
di modelli di età tardo Carolina. Alla base di queste tendenze ci sono ragioni più profonde di quelle
puramente grafiche riassumibili nell'inconciliabile diversità di due opposti mondi culturali questi
erano il sintomo di una crisi che non tardò a manifestarsi e in cui intervenne la personalità di
Petrarca cui il contatto frequente con i manoscritti in tarda Carolina aveva rivelato la misura e le
forme di un'altra espressione grafica, di un nuovo ambiente letterario che si veniva formando
intorno, di un nuovo gusto estetico. Petrarca aveva un vivissimo interesse a libro e alla scrittura,
sviluppò 1:00 polemica contro le strutture scolastiche di tipo gotico del suo tempo e contro gli scrivi
ignoranti che corrompevano i testi in trascrizioni eseguite con spirito artigianale e senza interesse
culturale come afferma nella lettera Boccaccio del 1366 a proposito della trascrizione del codice
contenente le sue epistole familiares. Bisogna distinguere tre elementi diversi nelle lettere di
Petrarca a Boccaccio: il giudizio positivo della minuscola Carolina che sobria, elegante, semplice e
chiara; il giudizio negativo sulla gotica libraria che è ostica alla lettura, troppo ricca di elementi
ornamentali; L'enunciazione dei principi teorici cui deve uniformarsi la nuova libraria basata
sull'imitazione della minuscola Carolina, dovrà essere semplice e chiara, leggibile il primo sguardo,
cioè facilmente comprensibile e corretta ortograficamente. Basandosi su questi principi Petrarca
uniformò la sua scrittura libraria (definita da Cencetti semi gotica) e la sua elegantissima scrittura
di glossa. La scrittura di glossa di Petrarca raggiunse eccezionali livelli di eleganza e di armonia
solo dopo il contatto con l'ambiente avignonese e la conoscenza della struttura di glossa di
colonna e che raggiunse il più alto livello di annotazione per la morte di Laura, il 19 maggio 1348
sul foglio di guardia del famoso Virgilio Ambrosiano, qui la scrittura di glossa appare caratterizzata
dall'accentuata dalla sinuosità delle aste, di filetti ornamentali, forcellatura, dall'assenza di ogni
rigidezza e dalla chiara spaziatura fra i segni. Molto diversa dalla minuta e eleganti minuscola di
glossa era la semi gotica testuale usata per trascrivere interi codici di sua mano, appare ancora
vicina alla gotica "rotunda" italiana, anche se le spezzature sono scomparse, i singoli segni grafici
restano bene individuati e le aste finali di M e di N si incurvano a destra secondo modelli carolini.
Petrarca non si limitò a contestare da un punto di vista meramente estetico grafico la scrittura
egemone del suo tempo, inventando e ponendo in opera un nuovo modello: quello del libretto da
mano che lo do pubblicamente e di cui lascio alcuni esempi autografi. Avanzò la proposta del libro
da autore, cioè il codice scritto dalla mano stessa del creatore del testo, destinato ad una limitata
circolazione e ad una riproduzione garantita da altri colleghi autori, dagli amici e dai discepoli.
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La riforma grafica del Petrarca non rimase un fatto personale e isolato nell'ambiente culturale del
secondo 300 italiano. La nuova scrittura si diffuse in Italia attraverso limitazione fatta dei discepoli
più diretti ed entusiasti e mediante la moltiplicazione delle copie delle sue opere eseguite nel
centro scrittorio a Padova dopo la sua morte e sotto la direzione di lombardo della seta. La semi
gotica petrarchesca fu assunta per imitazione diretta e partecipe dei suoi maggiori discepoli, fra cui
Boccaccio che usava come scrittura usuale la minuscola cancelleresca e non era estraneo all'uso
della mercantesca, modificò la sua libraria in una semigotica di tipo petrarchesco, Meno elegante e
di quella del maestro e caratterizzata da qualche legamento e da una costante difficoltà di
allineamento. Coluccio Salutati occupa un posto di grande rilievo perché in campo grafico la
petrarchesca passó direttamente a lui. E seppe interpretarne il profondo significato e portarne le
premesse alle estreme conseguenze, la sua scrittura libraria costituì l'ideale tratto di congiunzione
fra la semi gotica e L' "antiqua" ancora di là da venire. Uso una tradizionale minuscola
cancelleresca, mentre uso una semi gotica caratteristica e ricca di elementi nuovi, di evidente
influenza petrarchista, ma originale nella puntuale imitazione di elementi di Carolina e cioè nel
nesso et. A Firenze elaborò un suo nuovo tipo di semi gotica, definito "pre Antiqua", Che appare
caratterizzato dalla ariosità e spaziosità della scrittura, dal tratteggio sottile uniforme,
dall'andamento sinuoso delle aste, dal tracciato di tipo Carolino in numerose lettere, come A, B, L,
M, N, R, S, X. È un raro esempio di sintesi fra tradizioni grafiche differenti e in parte opposte
nobilitati dall'inserimento di elementi estratti dal repertorio di una scrittura, la Carolina, morta da
secoli. Questa non riuscire ad imporsi e venne presto sommerso dalla meccanico imitazione della
Carolina operata da poggio Bracciolini e dei suoi seguaci.
l'influenza della minuscola divenne sempre più determinante nelle scritture librarie del secondo
trecento italiano. bracciolini e niccoli cominciarono a riprodurre puntualmente la scrittura carolina,
compreso il loro formato. il più antico esempio è conservato nella biblioteca laurenziana di firenze
e costituisce il primo esempio di minuscola umanistica, detta "antiqua". la nuova scrittura libraria è
l'imitazione della minuscola carolina, questi primi esempi rivelano un tratteggio rigido, un impaccio
nel tracciato e nei legamenti, e una generale artificiosità di realizzazione. bracciolini continuò a
scrivere in antiqua anche dopo la morte di coluccio. i suoi lavori del 1408-1414 rivelano una
scrittura ancora troppo legata alla meccanica imitazione dei modelli, con il periodo successivo
arriva alla canonizzazione di una minuscola che acquista un proprio stile grafico composto di
armonia e fluidità nel tratteggio, nelle proporzioni,nel disegno. le aste sinuose si arricchiscono alle
estremità di leggeri empattements triangolari, le forme diventano tondeggianti. bracciolini rinnova
anche l'alfabeto delle maiuscole totalmente diverso da quello gotico che ebbe una grandissima
fortuna nel quattrocento, creato sul modello delle capitali manoscritte ed epigrafiche di epoca
romanica, con liberi adattamenti soprattutto di carattere ornamentale. come scrittura professionale
bracciolini usa la corsiva semigotica, di questo tipo ci rimangono solo alcuni codici trascritti per uso
personale.
Il lento processo di formazione di una nuova corsiva finisce per affiancarsi alla umanistica libraria e
fu preceduto a Firenze dalla solitaria invenzione grafica del fiorentino umanista Niccolò Niccoli. Di
lui ci rimangono 10 codici cartacei in corsiva scritti fra il 1423 e il 1433, tutti contenenti testi di
autori classici latini. Nella corsiva si possono distinguere caratteri propri della tradizione semi
gotico-notarile Ed elementi mutuati invece dalla umanistica libraria, alla prima categoria
appartengono la E aperta in due tratti, la A tipo corsivo, la R e la S in un solo tratto, la G
corsiveggiante aperta in basso, i numerosi legamenti, il tratteggio decisamente inclinato a destra;
alla seconda la M e la N con l'ultimo tratto ricurvo, il legamento CT, il nesso ET, le abbreviazioni e
l'uso delle capitali di tipo poggiano. La sintesi fra le due tradizioni grafiche a lui note non ebbe né
diffusione, né fortuna, lo stesso Niccoli nell'eseguire copie di apparato in pergamena usava una
umanistica posata assai rigida è calligrafica. La minuscola umanistica era una tipica scrittura di
Elite sia perché era espressione di una cultura dotta, basato esclusivamente sull'istruzione di tipo
superiore e sulla perfetta conoscenza del latino classico, sia perché il libro scritto in umanistica era
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di solito un libro di lusso, elegante, costoso, curato nei minimi particolari. L'umanistica non era
normalmente insegnata nelle scuole ma si riproduceva esclusivamente per imitazione dei modelli
antichi in Carolina o di modelli contemporanei dovuti a scribi particolarmente noti. Il suo ambito di
diffusione sociale era limitatissimo mentre l'ambito geografico di diffusione era vastissimo e si
allargava a tutte le regioni italiane. Nell'uso privato della scrittura in quello documentario veniva
usato una corsiva derivata direttamente dalla minuscola cancelleresca del secolo precedente, che
Cencetti chiama semi gotica delle carte. È caratterizzata dall'uso della V alta a inizio di parola,
dalla E con occhiello aperto, dalla T in legamento in un tratto solo, dal ductus a volte decisamente
corsivo a volte quasi posato. In alcuni prodotti della cancelleria fiorentina fra il secondo e il quarto
decennio del secolo si sviluppa un'ulteriore tendenza all'arrotondamento delle forme e
all'introduzione del contesto della corsiva di forme desunte direttamente dalla minuscola
umanistica, questa tendenza si manifesta anche in altri centri come Roma, Milano dando vita a
una corsiva lievemente inclinata destra che può essere definita umanistica corsiva. Fra la prima e
la seconda metà del 15º secolo l'umanistica corsiva fu adoperata in campo librario sempre più
largamente, si ricordano i codici scritti dall'umanista romano Giulio Pomponio Leto in una corsiva
assai elegante, minuta, equilibrata nelle proporzioni, caratterizzata dalla G di tipo capitale rustico,
dalla F. con grande occhiello, dalla E alta e quelli di pizzicolli ricca di bizzarre variazioni di
inserimenti di elementi alfabetici greci. Fu usata anche da alcuni fra i maggiori scribi come Antonio
Sinibaldi Che ha lasciato esempi di irraggiungibile eleganza, Caratterizzati da aste lievemente
inclinate, dall'andamento sinuoso, dai graziosi prolungamenti dei tratti orizzontali, dagli svolazzi
ornamentali. La critica non ha ancora chiarito le motivazioni e i termini delle origini della diffusione
della corsiva di tipo umanistico in Italia nota come italica.
Dopo salutati, Niccoli e poggio, altri scribi si posano sulla strada dell'imitazione della minuscola
Carolina, il più rappresentativo è Antonio di mario, di lui ci rimangono più di 40 manoscritti. La sua
scrittura e di modulo piuttosto grande, conforme al te strette, caratterizzata dall'assoluta mancanza
di uniformità nel tratteggio delle singole lettere, anche all'interno di un medesimo manoscritto. La
seconda generazione descrivi è rappresentata da Gerardo del Ciriagio di cui rimangono oltre 35
codici, la sua minuscola umanistica è ferma ed elegante, di pura tradizione poi Jana, caratterizzata
da un moderato chiaroscuro e dall'andamento dritto delle aste, oltre a lui si ricorda Piero strozzi
che mostrò la sua umanistica sinuosa in quanto alle aste e ricca di trattini complimento, molti
manoscritti sono finiti nelle maggiori biblioteche del tempo. Si ricorda anche Antonio Sinibaldi che
crea uno umanistica lì e vedo aggraziata abbastanza originale nelle forme e nei tratteggi e basata
su un chiaroscuro sottili sapientemente misurato, sulla leggera sinuosità delle aste, sugli eleganti
bottoni ornamentali. La minuscola umanistica di stile fiorentino si diffuse rapidamente in tutta Italia
parallelamente alla diffusione della nuova cultura dotta. La diffusione della nuova scrittura libraria
fu occasionale ma verso la metà del secolo accanto alle grandi videoteche signorini nacquero
botteghe scrittorie affidate a copisti di voglia, in grado di imitare la antiqua di scuola fiorentina o
addirittura di modificarne il canone. Una delle maggiori biblioteche italiane del 400 è quella ad
Urbino fatta da Federico da Montefeltro. Altre sono la biblioteca di Cesena, una splendida
biblioteca umanistica più piccola e raccolta di quella urbinate ma più omogenea, la biblioteca
malatestiana Che fu arricchita oltre che di codice fiorentini, da manoscritti prodotti in loco in
umanistica di tipo fiorentino, altro grande centro è la biblioteca di Napoli Dove gli aragonesi
raccolsero un importante numero di codici, durante il regno di Alfonso L'antiqua entrò anche
nell'uso documentario della cancelleria aragonese, sotto Ferdinando I si ebbe uno sviluppo ancora
più anche io e accrebbe il numero dei copisti attivi a Napoli e si venne precisando uno stile grafico
rinnovato rispetto al canone fiorentino, un rappresentante è Giovanni Marco cinico che usava un
umanistica grande rotonda, dal tratteggio piuttosto marcato, e i salernitani Giovanni Rinaldo
Mennio e Clemente genovesi che usavano una minuscola rotonda, pesante, caratterizzata da
bottoni coronanti le aste alte. Nel Nord Italia altre grandi biblioteche signorini furono quelle degli
Estensi a Ferrara in cui troviamo la Bibbia miniata scritta insegni gotica, la biblioteca dei Gonzaga
a Mantova dove la semi gotica si alternano per tutto il quattrocento alla umanistica di tipo fiorentino
e la biblioteca di Milano degli sforza In cui si afferma un nuovo tipo di minuscola umanistica tonda.
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XXXIV - ANTIQUA TONDA E CAPITALE LAPIDARIA DAL CODICE ALLA STAMPA
Con la seconda metà del quattrocento si viene manifestando 1:00 modificazione del canone della
minuscola umanistica posata, fra il 1455 e il 1470 circa si trasformò in quel tipo di scrittura che oggi
usiamo definire "antiqua tonda", caratterizzata dal tracciato rigido, diritto, uniforme, non più
sinuoso, con aste fortemente marcate, dalle forme perfettamente rotondi a volte addirittura
schiacciate, dall'assunzione al termine delle aste di grazie ornamentali, dal modulo molto grande,
dal tracciato isolato lettera per lettera, elemento fondamentale infatti non è la parola ma la singola
lettera così come sarà anche della stampa a caratteri mobili, il cui periodo di prima diffusione
coincide con quello della formazione e tipizzazione di questa scrittura. La minuscola umanistica si
modifica profondamente e da struttura di imitazione si trasforma in un vero e proprio disegno. I
primi esempi datati o databili della nuova stilizzazione grafica vengono da Roma e appartengono
agli ultimi anni di pontificato di Niccolò V, sono rappresentati da codici prevalentemente di autori
classici, riccamente Miniati e scritti da amanuensi non romani molto spesso non italiani ma
tedeschi fra cui ricordiamo Giovanni da Münster, Giovanni Gobelin E l'italiano Antonio Tofio.
L'antiqua tonda degli scribi romani appare il grande di modulo, spaziata, ma anche leggermente
inclinata e con la G all'occhiello schiacciato anziché rotondo. Un gruppo particolarmente
importante di codici scritti nella nuova scrittura dell'umanistica libraria proviene dalla biblioteca di
Francesco I sforza e risale agli anni 1460-1476, si tratta di codici scritti proprio a Milano o in altri
centri della zona lombardo padana come rivelano le miniature. La scrittura è grande, spaziosa,
diretta, firma è regolare, con tratteggio a volte è pesante e chiaroscurato. A Padova un gruppo di
artisti fra cui ricordiamo Mantegna e feliciano promossero la rinascita della capitale lapidaria
romana di tipo quadrato, la riproduzione dipinti in introdussero il canone e le forme anche nei
codici minuscola umanistica per i titoli, il frontespizio ornati, le rubriche, e le iniziali... A Rimini Leon
battista Alberti usava la capitale lapidaria romana cura nelle iscrizioni del tempo malatestiano, per
la prima volta riappariva la scrittura lapidaria di epoca classica, di forme regolari e squadrate, con
chiaroscuro, proporzioni e ornati. Ancora più significativo fu il trasferimento di questo nuovo antico
alfabeto maiuscolo e la sua giusta posizione alla o money stica nell'uso dei codici manoscritti e
quindi nella stampa. Come scriveva Casamassima nel corso del secolo si assiste per la prima
volta nella storia della scrittura latina alla contaminatio programmatica, più tardi all'accordo
stilistico, cristallizzato nei tipi della stampa, di due forme distinte; le quali oggi ci appaiono con tutta
naturalezza come due aspetti di un medesimo alfabeto.
Per datare con qualche approssimazione i codici vergati in tipologie grafiche possono servire i
seguenti criteri di massima:
• Sino al 1430 circa nella antiqua tonda prevale la G di forma allungata, costituita da due piccoli
occhiali rotondi collegati da un tratto verticale.
• Fino al 1435 che la rigatura è di regola a secco
• Sino a circa la metà del secolo si trova la forma alta inclinata in avanti del nesso Et
• Fino a circa il 1460 sono adoperati nell'Italia padana alcune maiuscole alla greca imitate
dall'epigrafia romanica
• Dal 1450 in avanti l'apice sulla I viene sostituito dal puntino
• Fra il 1430 il 1480 rivale di nuovo la tradizionale rigatura visibile a piombo o a inchiostro chiaro
• Dal 1450 in avanti si introducono nei codici le capitali intagliate di tipo epigrafico classico
• Il richiamo ai fini di fascicolo è disposto orizzontalmente al centro del margine inferiore del verso
dell'ultima carta Sino al 1435 circa, è prevalentemente in posizione orizzontale master stato
verso destra subito dopo la metà del secolo, e in posizione verticale molto spesso fra il 1450 e il
465 e di nuovo dagli anni 80 in poi del secolo
• Dal 1480 in avanti nella produzione di codici membranacei di lusso si ritorna alla rigatura a secco
• Dal 1480 in avanti si adoperano sempre più largamente veri e propri frontespizi.
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Come già detto la scrittura e il libro umanistici sono prodotti limitati ad una ristretta Elite intellettuale
e sociale dell'Italia del quattrocento, la scrittura umanistica serviva per trascrivere quasi
esclusivamente testi latini e in particolare testi di classici e di autori moderni dell'umanesimo. Tutto
il 15º secolo è caratterizzato dall'uso di scritture non umanistiche di tradizione trecentesca, in
ambito universitario continua la produzione del libro scolastico di grande formato, col testo in due
colonne, grandi margini utilizzabili per il commento, l'ornamentazione di gusto gotico, scritto in
rigide gotiche testuali; Per il pubblico se mi colto esisteva il libro popolare, prodotti in ambiente
privato da scribi occasionali, di piccolo formato cartaceo, di aspetto trascurato, di ornamentazione
semplice o rozza, privo o quasi di margini, con il testo stesso a doppia colonna scritto il
mercantesca, in rozze gotiche o semigotiche, in corsivo e difficilmente definibili, talvolta illustrato
da disegni ma quasi mai da vere miniature. Molto simile a questo era il libro usato in ambienti
religiosi arretrati o marginali come alcuni monasteri benedettini o nei monasteri femminili. Il libro
popolare conteneva gli stessi testi che si riproducevano per il pubblico borghese di un secolo
prima, cioè volgarizzamenti, operette devozionali, trattati tecnici, ricettari, la commedia di Dante,
cantare, novellistica, in ambito religioso sermonare, opere di padri della Chiesa e così via. La
formazione di tipi diversi di libro a seconda del genere il testo in lingua corrispondeva a 1:00
spaccatura culturale e sociale del pubblico, divise nettamente fra coloro che avevano fatto studi
superiori e conoscevano il latino e coloro che dalla cultura superiore erano rimasti esclusi e
restavano relegati all'uso della lingua volgare e alla conoscenza di testi legati alla tradizione di
questa lingua. Anche nel campo delle strutture usuali proprie dell'ambito privato si usavano da una
parte corsive più o meno eleganti, riconducibili al modello umanistico e quindi simbolo il sintomo di
un elevato grado di acculturazione e dall'altra corsive molto spesso rozze e incerte, riconducibili al
modello posto mercantiesco. Un esempio tipico è il toscano vespasiano da bisticci che scrive il
princeps librariorum Che fornir lussuosi codici umanistici alle maggiori biblioteche dei Europa,
rimanendo egli stesso ignorante di latino e scrittore di una rozzissima mercantesca corsiveggiante.
Altri esempi sono Brunelleschi, Donatello, e Leonardo da Vinci che ammettono di essere ignoranti
in latino. Al contrario artisti più direttamente legati alle classi dirigenti come Mantegna E Raffaello
usavano elegantissime corsive di tipo umanistico. La situazione di profonda diversità era ben
presente anche alla coscienza dei contemporanei che a volte passavano dalla mercantesca alla
corsivo umanistica. Piccolomini rispondendo ad un amico che gli aveva scritto in mercantesca
asseriva di non aver capito nulla E di avere appreso "latinas litteras" e non "uncinos mercatorios".
Nell'uso quotidiano fra il quattro e il 500 si manifestarono tipizzazioni miste fra mercantessa e
italica con elementi e legature dall'uno e dell'altro sistema che andrebbero individuate e studiate.
Un'ultima conseguenza si ebbe nella stampa infatti nacque e si diffuse rapidamente il libro
popolare a stampa, maneggevole, semplice, stampati in caratteri grandi, generalmente di tipo
gotico, illustrato in modo suggestivo ma rozzo, caratteristiche che il libro popolare manterrà per
secoli, fino alle soglie dell'età contemporanea.
Negli ultimi decenni del quattrocento compare un nuovo tipo corsiva derivata dall'umanistica
corsiva, caratterizzato da precisi elementi cancelleresti, detta cancelleresca italica o italica
testeggiata per la tipica voluta verso destra che chiude in alto le aste ascendenti. Gli elementi
caratteristici di questa struttura sono: l'uso della S finale di tipo maiuscolo e del puntino sulle i, la
presenza di tratti in complementare obliqui aggiunti al termine delle aste discendenti, la G corsiva
chiusa di tipo moderno. I due iniziatori di questa scrittura sono Tofio e Sanvito. La scrittura di
Sanvito è di grande eleganza e artificio, caratterizzata dalle legature ct e St allungate e arricciate,
dall'uso di maiuscole di tipo onciale all'interno delle parole, dal corpo minuto della scrittura. A lui si
deve l'invenzione dell'elegante libretto a mano che nel 1501 fu trasferito alla stampa creando così
la prima collana al mondo di libretti tascabile, stampati in corsivo esattamente creato sul modello di
San Vito. La produzione non era limitata a questi due scrittori, ma era presente a Roma, Ferrara,
Firenze, Milano, Venezia. Nel primo cinquecento troviamo i definitivi canonizzato ore del nuovo
stile di corsiva: arrighi, Che usa un'italica di moderata artificiosità, Chiara, marcata nel tratteggio,
incurvata nelle aste, diede una versione a stampa nei caratteri elegantissimi e sobri disegnati per
la propria tipografia; E tagliente, la cui scrittura molto meno elegante e sobria, più complicata E
ricca di ornamentazione grafiche a base di ghirigori e svolazzi. Il canone dell'italica, fissato nella
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stampa i diffusi in tutta la penisola fornì all'Italia il modello di scrittura mano per uso privato,
amministrativo, cancelliere esco e didattico. Bembo stava avviando un processo di nobilitazione
della produzione letteraria volgare di normalizzazione della lingua italiana, in contemporanea le
vecchie scritture di tradizione trecentesca si avviarono rapidamente a sparire. Dalla seconda metà
del cinquecento l'Italia conoscerà soltanto una lingua scritta e una scrittura per fissarla, per le altre
forme espressive non vi sarebbe stata più la possibilità di conservazione se non fra semialfabeti e
analfabeti.
Nel corso del cinquecento Roma come centro di elaborazione funzione di modelli grafici si rafforza
e si precisa ulteriormente. Nel 1525 Ugo da Carpi pubblicava in Roma un nuovo libretto di esempi
di scrittura. Il Palatino pubblicò nel 1540 il libro nuovo di imparare a scrivere tutte sorte lettere
antiche moderne in cui compaiono molti esempi di scritture diverse. La corsiva cancelleresca
"romana" del Palatino rappresenta un'evoluzione in senso calligrafico della stilizzazione dell'arrighi.
I Modelli del Palatino costituirono in tutte le Italia la regola stilistica più ampiamente seguita nella
pratica dai il numero di segretari operanti presso tutte le corti e tutte le famiglie nobili italiane e a
cui si uniformarono sul piano teorico anche altri calligrafi E contribuì fuori di Italia all'affermazione
della corsiva cancelleresca all'italiana. La stilizzazione palatiniana era estranea anche al nascente
gusto manieristico. Di questa esigenza si fece interprete Giovanni Francesco cresci, divenuto
scrittore della Cappella Sistina e della biblioteca vaticana, Che pubblicò nel 1560 l'esemplare di più
sorti lettere in cui veniva proposta una nuova corsiva cancelleresca fortemente inclinata a destra e
riccamente legata caratterizzata dal corpo piccolo e tondeggiante delle lettere, dalle aste alte
ricurve culminanti in un bottone ornamentale e fortemente allungate al di sotto del rigo, il tratteggio
e fluido, la E era scomposta in due tratti, la H è fusa in un tratto solo, la R ha la forma moderna
tonda, la P all'occhiello aperto. Cencetti la definisce bastarda, questa struttura si presta a tracciati
fortemente calligrafiche, ha effetti decorativi il ritmo assai mosso. La bastarda italiana si affermò
rapidamente fino a trovare espressione in esempi personali.
La scuola del cresci dominò la produzione dei trattati di scrittura in Italia tra la fine del 500 e i primi
decenni del seicento. In tutta Italia, in particolare in grandi città come Roma e Milano, si conobbe
una forte spinta all'alfabetismo. Parallelamente si svilupparono organizzazioni scolastiche, per
esempio a Roma Calasanzio fondò le scuole pie gratuite. Il tipo di scrittura diffuso era la
mercantesca ma nel secondo cinquecento si afferma come scrittura la cancelleresca italica.
All'inizio del seicento la situazione in Italia presenta un aumento dell'alfabetismo, strutture
scolastiche con metodi razionalizzati, la scomparsa dell'ultima delle scritture di tradizione
medievale E l'affermazione della nuova corsiva bastarda.
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