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Filologia e linguistica romanza

Filologia romanza- significato


Il termine filologia deriva dal greco e significa ‘’amore per la parola’’. Nel
tempo, il termine assunto vari significati: può indicare l’insieme degli studi
letterari o linguistici; può indicare lo studio dei testi al fine della loro
pubblicazione e interpretazione; più in generale con filologia si intende lo
studio della lingua e dei testi, attraverso documentazioni certe, per
analizzarne l’origine e il processo di evoluzione nel tempo.
La filologia romanza che nasce nella seconda metà dell’Ottocento, ha
mantenuto questa pluralità di significati e si fonda sulla convinzione che lo
studio della formazione della lingua e dei testi sia fondamentale per
comprendere la cultura europea. L’aggettivo “romanza“, deriva
dall’espressione latina “romanice loqui” , Ovvero, “parlare in lingua
romanica”, e indica l’oggetto di studio della disciplina, cioè la pluralità di
lingue, Appunto le lingue romanze, che si distinguono dalla loro matrice
comune, il latino.
Obiettivo della linguistica ottocentesca era studiare le tappe della
trasformazione che dall’unità del latino ha portato alla pluralità delle lingue
che ne sono derivate.

Capitolo 1: Lo spazio linguistico romanzo

1.1 La Romània oggi: lingue e dialetti


Le lingue romanze oggi sono diffuse in Europa, America, e in minor parte in
Africa, Asia e Oceania, contando circa 750 milioni di parlanti nativi. Questo
vasto spazio linguistico è chiamato Romània.
Alcune delle lingue romanze, nel tempo, hanno sviluppato una tradizione
letteraria, sono state oggetto di codificazione grammaticale, subendo, quindi,
un processo di elaborazione e standardizzazione; acquisendo quindi una certa
uniformità sul piano grafico, fonico, morfologico, lessicale, eccetera, oggi sono
le lingue ufficiali nei paesi in cui sono parlate. Accanto a queste, diffuse sul
piano nazionale o regionale, bisogna tenere in considerazione le lingue di
circolazione più ristretta: i dialetti, i quali li distinguiamo in dialetti primari,
se discendono direttamente dal latino, come il bolognese e salentino e dialetti
secondari, se discendono da un’altra varietà romanza, come l’andaluso in
Spagna, il cui progenitore è il castigliano. I dialetti sono lingue poco
standardizzate, con debole tradizione letteraria e scarsa codificazione
grammaticale, sono infatti, perlopiù confinati all’uso orale e prettamente in
situazioni informali, in famiglia e tra amici. Essi, inoltre, non godono di
grande prestigio tra gli stessi parlanti, sono infatti associati più all’ambito
rurale e alle classi sociali basse, ma continuano ad esistere per via del valore
identitario che gli è attribuito dalla comunità, cioè rappresentano un
elemento di condivisione tra chi li parla e chi li capisce pur non parlandoli. I

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dialetti formano, inoltre, un continuum, cioè non sono separati da confini
netti, ma sfumati, che rende, quindi più difficile stabilire il numero esatto di
dialetti romanzi. In generale, però, con l’affermarsi delle lingue nazionali, a
partire dal XIX secolo, vi è stata una riduzione dello spazio dei dialetti, questo
indebolimento dei dialetti è dovuto al fatto che le lingue possono essere
adoperate in molti più contesti e situazioni comunicative, rispetto ai dialetti
che offrono meno opzioni, almeno sul piano stilistico e lessicale. Quindi la
distinzione tra lingue e dialetti è relativa più agli usi che alle strutture, in
quanto ogni varietà linguistica contiene in sé la potenzialità per sviluppare e
rendere più articolata la sua architettura. Quindi, dire che i dialetti sono
forme ‘’corrotte” della lingua, non ha alcun fondamento scientifico, ma riflette
solo lo scarso prestigio sociale goduto dalla maggior parte dei dialetti.

1.2 La Romània in prospettiva storica: Romània continua,


Romània perduta, Romània nuova
L’Impero Romano raggiunge la sua massima espansione nel II secolo d.C., in
questo periodo il latino è parlato in un’area vastissima. Paragonando l’attuale
diffusione delle lingue romanze con quell’antica del latino si possono
osservare variazioni notevoli e in riferimento a tali variazioni distinguiamo:
- Romània continua, l’area dove si parlava anticamente il latino e oggi
si parlano lingue romanze;
- Romània perduta, che comprende aree un tempo latinizzate, dove
oggi non si parlano più varietà romanze a causa di movimenti migratori
e conquiste militari da parte di altri popoli;
- Romània nuova, che comprende territori un tempo non la latinizzati,
ma dove oggi si parlano lingue romanze. Questa diffusione delle lingue
romanze è legata essenzialmente all’espansione coloniale spagnola,
portoghese, francese a partire dal 500.
Questi concetti di Romània continua, perduta e nuova tengono in
considerazione solo due dimensioni della variazione linguistica: quella nello
spazio (variazione diatopica) e quella nel tempo (variazione
diacronica), ma è importante, per avere un quadro più realistico della
diffusione delle lingue romanze, considerare anche la variazione attraverso gli
strati sociali (variazione diastratica ) e i contesti d’uso (variazione
diafasica ).

1.3 Il contatto linguistico


Nelle società complesse, spesso, si osserva la compresenza di diverse lingue
e/o dialetti, in questi casi si parla di bilinguismo, cioè la padronanza di due
lingue/dialetti da parte dei membri di una comunità, e diglossìa, cioè la
distribuzione funzionale di due lingue/dialetti all’interno di una comunità,

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cioè le due lingue o dialetti sono adoperate ognuna in contesti diversi, ad
esempio si osserva che la lingua appresa attraverso l’insegnamento è utilizzata
in situazioni formali, mentre le lingue o i dialetti appresi spontaneamente e di
minore prestigio, in situazioni informali, quotidiane, familiari.
Queste due componenti spesso possono coesistere, ma vi sono anche casi in
cui vi è solo una parte ristretta della comunità che riesce a dominare la
totalità delle situazioni comunicative, in questo caso abbiamo diglossia senza
bilinguismo; oppure casi in cui una comunità utilizza due lingue o dialetti
senza stabilire alcuna distinzione funzionale, in questo caso abbiamo
bilinguismo senza diglossia; oppure casi in cui in una comunità si parla una
sola lingua o dialetto, in questo caso non vi è né diglossia né bilinguismo. La
situazione si complica se in una comunità si parlano più di due lingue o
dialetti, in tal caso si parla di multilinguismo o plurilinguismo. In generale
l’insieme delle lingue e dei dialetti esistenti in una comunità parlante è detta
repertorio linguistico.
Nei diversi Stati ritroviamo situazioni differenti:
- il Portogallo è caratterizzato dalla scarsa frammentazione dialettale e
dall’assenza di rilevanti comunità alloglotte. Il portoghese è la lingua
ufficiale, mentre il mirandese è la lingua ci-ufficiale di 4 municipalità
nel nord-est del paese.
- In Spagna lo spagnolo condivide lo status di lingua ufficiale con il basco
nei Parsi Bassi, il galego in Galizia e il catalano in Catalogna.
- In Francia l’ unica lingua ufficiale dello Stato è il francese;
- In Belgio sono riconosciute tre lingue ufficiali: il francese, il fiammingo
e il tedesco, ciascuna parlata nelle comunità di tre regioni: Fiandre,
Vallonia e Bruxelles-capitale.
- In Lussemburgo ritroviamo un armonioso trilinguismo: Delle tre lingue
nazionali, lussemburghese, il francese e il tedesco, La prima è parlata
dalla maggior parte la popolazione nativa, ma si scrive raramente; la
seconda insegnata a scuola ed è usata nell’amministrazione, nella
legislazione, dai giornali e in televisione; la terza condivide con il
francese il ruolo di lingua scritta dai giornali e parzialmente
dall’amministrazione.
- In Svizzera sono riconosciute quattro lingue nazionali: Il francese, il
tedesco, l’italiano e il romancio, La cui distribuzione varia nei suoi 26
cantoni.
- In Italia bisogna per prima cosa distinguere la situazione dei dialetti da
quella delle varietà alloglotte parlate in diverse regioni. I dialetti sono
molto numerosi e sono prevalentemente utilizzati da chi ha un basso
titolo di studio, ed è inoltre più diffuso al sud che al centro e al nord del
paese. In generale, l’italiano è usato in tutti i contesti, formali e
informali, infatti nel caso italiano si utilizza il termine di dilalìa,
piuttosto che di diglossia. In generale la legge italiana sancisce il

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carattere ufficiale dell’italiano, ma riconosce e tutela l’esistenza di
minoranze linguistiche (francese, tedesco, ladino ecc)
- In Romania il romeno è l’unica lingua ufficiale, con presenze minori di
lingua ungherese e romani (lingua dei rom).

Ritroviamo uno spazio linguistico romanzo anche in aree extraeuropee:


- In Canada, dove ci sono due lingue ufficiali, l’inglese e il francese;
- Negli USA vi è la presenza di numerose comunità di lingua romanza, la
più importante delle quali è quella ispanica. La vitalità dello spagnolo,
negli USA, dipende, naturalmente, dal continuo afflusso di migranti
dall’America latina. Lo spagnolo, comunque, è utilizzato in ambito
familiare, informale e orale, mentre l’inglese è di solito la lingua della
vita pubblica. Il contatto fra l’inglese e lo spagnolo ha prodotto
numerosi fenomeni di interferenza, tanto è vero che molti parlanti
ritengono che esista una vera e propria lingua mista anglo-spagnola,
quella che chiamiamo spanglish.

1.4 Ai confini dello spazio linguistico romanzo: pidgin, creoli e


lingue miste
Il contatto tra lingue e/o dialetti non produce in genere nuove lingue, ma
parliamo piuttosto di lingue di contatto: pidgin e creoli.
I pidgin sono lingue di emergenza, nate dal contatto di lingue di popolazioni
differenti, venute a contatto a seguito di migrazioni, colonizzazioni, relazioni
commerciali. A differenza di quanto accade nelle situazioni di plurilinguismo,
in questo caso il contatto è limitato a pochi specifici contesti; perciò, non c’è la
possibilità e neanche l’esigenza per i membri dell’uno di attingere pienamente
alla lingua dell’altro; i pidgin, infatti nascono, per una necessità di
comunicazioni. I pidgin possono nascere grazie all’incontro di diverse lingue,
con una, detta lessificatrice, che fa da superstrato e risulta perciò
maggiormente formante sulle altre, dette di sostrato, che hanno, invece, un
ruolo più limitato e non sempre di facile identificazione. Il lessico e la
grammatica di un pidgin sono molto ridotti rispetto alle lingue di partenza,
ritroviamo quindi delle strutture fortemente semplificate; infatti, il lessico
copre solo i campi semantici relativi alle situazioni proprie del contatto ed
elimina le parole funzionali (preposizioni, congiunzioni, ecc) e la sintassi è
limitata alle coordinazioni di brevi frasi. Essi vengono raramente messi per
iscritto, mancano, infatti, di una qualsiasi tradizione letteraria, per tale
ragione i pidgin possono estinguersi una volta venuta meno l’occasione del
contatto fra i parlanti. Grazie, però, ad una discreta documentazione, siamo a
conoscenza dell’esistenza del Chinook jargon, un pidgin commerciale in uso
nell’Ottocento, nato dal contatto dell’inglese, del francese e di diverse lingue
amerindiane (chinook e nootka).
Se sussistono le condizioni per cui un pidgin non si estingua o non resti
eccessivamente limitato come numero dei parlanti, esso può assumere,

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nell’arco di tempo di pochissime generazioni, i connotati di lingua
relativamente stabile, assumendo una propria struttura morfosintattica: è
questo il fenomeno della creolizzazione. Il pidgin si trasforma definitivamente
in creolo quando non viene più soltanto appreso, ma una generazione lo
acquisisce come lingua materna. Diventa quindi una lingua a pieno titolo
impiegata in una varietà di situazioni comunicative, con un lessico
sufficientemente ricco e una grammatica complessa.
Esistono nel mondo decine di creoli a base romanza:

- il più diffuso al mondo è quello parlato nella parte occidentale dell’isola


di Haiti, il creyol, un creolo a base francese formatosi nel XVIII secolo,
in seguito alle importazioni sull’isola di schiavi parlanti diverse lingue
dell’Africa occidentale. Insieme al francese è la lingua ufficiale della
Repubblica di Haiti, ma per la maggior parte della popolazione è L1,
infatti è usato dai mass-media, nell’insegnamento primario, in
parlamento ecc.
- il capoverdiano,è un creolo portoghese, lingua nazionale della
Repubblica di Capo Verde. Il suo sostrato è costituito da varie lingue
dell’Africa occidentale.
- Il papiamentu, è un creolo parlato nelle isole di Curaçao, Aruba e
Bonarie. Formatosi nel corso del XVII secolo, a sua origine molto
discussa, ma attinge allo stesso sostrato del capoverdiano, è parlato
dalla maggior parte della popolazione ed è usato nei giornali e in
televisione.
- Il paenquero è un creolo spagnolo, parlato nella piccola località di
Palenque de San Basilio, in Colombia. Il suo sostrato è costituito da
varie lingue bantu, parlate in gran parte dell’Africa meridionale. Oggi le
sue condizioni sono precarie, In quanto tra le giovani generazioni si
conserva come L2.

Oltre ai pidgin e ai creoli, esistono anche e sono più rare le lingue miste
(mixed languages), nate dalla fusione di due lingue in condizione di
bilinguismo generalizzato. Queste nascono, non per necessità comunicative,
ma per motivi espressivi o identitari. Un esempio è il michif, formatosi
nell’800 tra il Canada e il Nord Dakota e ora quasi del tutto estinto. Nasce
dall’unione della lingua cree e del francese: il michif combina il sistema
verbale del cree con il sistema nominale del francese.

1.5 La classificazione delle lingue romanze


Le lingue romanze sono classificano in base a criteri diversi: interni, cioè
basati sulle loro strutture linguistiche, esterni, cioè basati su elementi di tipo
storico e/ o geografico.

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La classificazione geografica distribuisce le lingue e i dialetti in quattro grandi
gruppi:

- Iberoromanzo (portoghese, spagnolo, catalano)


- Galloromanzo (francese, occitano, francoprovenzale)
- Italoromanzo (italiano, sardo, retoromanzo, dialetti galloitalici)
- Balcanoromanzo (dalmatico, rumeno)

Questa classificazione, che parte dalle lingue “canoniche” individuate dai


padri fondatori della linguistica romanza ottocentesca, si deve al linguista
Carlo Tagliavini, in cui troviamo la presenza di varietà ponte: il catalano
rappresenta un ponte tra il gruppo iberoromanzo e quello galloromanzo, il
dalmatico un ponte tra il gruppo italoromanzo e quello balcanoromanzo, i
dialetti galloitalici (piemontese, Lombardo, ligure, Emiliano, romagnolo) un
ponte tra il gruppo galloromanzo e quello italoromanzo. Dal punto di vista
linguistico, vediamo che il catalano è una lingua di passaggio fra lo spagnolo e
l’occitano, in quanto condivide con entrambi alcuni tratti fonetici,
morfosintattici e lessicali, e lo stesso vale per i dialetti galloitalici e il
dalmatico.
Il linguista svizzero Walter von Wartburg, Concentrandosi su due tratti
fonetici, la perdita di /s/ In posizione finale di parola e la lenizione
(Indebolimento) delle consonanti occlusive intervocalica, a opposto una
Romània occidentale a una Romània orientale, divise da una linea
immaginaria (detta isoglossa) chiamata La Spezia-Rimini. Alla Romània
occidentale appartengono le lingue iberoromanze e galloromanze, nonché il
retoromanzo e dialetti italoromanzi settentrionali, mentre alla Romània
orientale appartengono l’italiano con i dialetti italoromanzi centro-
meridionali, il rumeno e il dalmatico. Il sardo e il corso sono in una posizione
intermedia, perché conservano la /s/ come le lingue romanze occidentali e
non hanno la lenizione come le lingue romanze orientali. Dal punto di vista
storico, il linguista Lausberg ha accolto la proposta di Wartburg di una
tripartizione dello spazio linguistico in Romània occidentale, orientale e
sardo. Ma oltre ad una classificazione storica, le lingue romanze possono
essere distinte anche sulla base tipologica, ok linguista Bossong, ad esempio,
ha proposto di distinguere le lingue romanze che hanno sistemi vocalici più
complessi, che includono vocali nasali (francese, portoghese..) e/o vocali
anteriori arrotondate (francese, occitano.. varietà retoromanze), da quelle che
hanno sistemi vocalici più semplici (italiano, spagnolo, rumeno), tra l’altro la
natalità e l’arrotondamento labiale delle vocali anteriori si considerano tratti
marcati, cioè meno frequenti.
Dalla seconda metà del XX secolo vi è stata l’elaborazioni di altri tipi di
classificazione delle lingue romanze, basati su elementi morfosintattici.
Alberto Zamboni, infatti, oppone una Romània settentrionale, che ha
l’articolo partitivo, il soggetto obbligatorio e distingue gli ausiliari essere e

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avere, a una Romània meridionale, che non ha l’articolo parturivo, non
distingue gli ausiliari ed è a soggetto nullo, marcando con una proposizione
l’oggetto diretto.
Occorre inoltre precisare, che fino ad ora si è parlato di occitano, dalmatico,
francoprovenzale, retoromanzo e sardo, quando sarebbe più opportuno
parlare di varietà occitane, Francoprovenzali, dalmatiche, retoromanze e
sarde, in quanto queste non hanno attraversato un lungo processo di
standardizzazione e di elaborazione e non presentano lo stesso grado di
compattezza di proteggere, spagnolo, Catalano, francese, italiano e rumeno,
lingue standardizzate e con carattere di ufficialità. Queste lingue possono
essere considerate lingue tetto, cioè so esordiante ad altre varietà
strettamente imparentate usate nello stesso territorio, rispetto alle quali
fungono da lingua di cultura e modello normativo di riferimento. Diverso è
invece il caso del corso che è una carità italoromanza, parlata in territorio oggi
non politicamente italiano e del galego, varietà di portoghese, le loro lingue
tetto sono rispettivamente il francese e lo spagnolo. Ad esempio l’italiano è
lingua tetto rispetto ai dialetti italoromanzi settentrionali e centromeridionali,
oppure il rumeno rappresenta la lingua tetto per i pochi dialetti della
Romania, ma non per le varietà rumene meridionali.

Capitolo 2: Il latino e la genesi delle lingue romanze


Il latino, appartenente al ramo italico della famiglia delle lingue indoeuropee,
originariamente era diffuso nella piccola zona della bassa valle del Tevere, nel
Lazio. Le sue prime documentazioni risalgono al VI sec. A.C. , per poi
aumentare a partire dal III sec. A.C. La diffusione del latino, si deve alle
espansioni in campo politico e militare di Roma, che passò a dominare prima
la Penisola Italiana e in seguito l’intero continente europeo. Sotto
l’Imperatore Traiano l’Impero romano raggiunse la sua massima espansione,
passando quindi da una realtà agricolo-pastorale a superpotenza la cui
sovranità si estendeva a territori lontanissimi. Durante questo lungo arco di
tempo, l’Impero romano sperimentò diverse forme di governo, dal regno alla
repubblica, al principato e all’impero, inoltre vi fu un lento processo di
integrazione sociale e culturale di genti di origine non romana né latina, cui
Roma, chiedeva, il rispetto della fiducia e di principi basilari della sua civiltà:
la religione, l’economia, la giurisdizione e la cultura, tali da costruire
un’identità comune. La romanizzazione della Penisola e delle province passa
per una serie di tappe e culmina nella concessione della cittadinanza, prima
con la Lex Iulia nel 90 a.C, che concesse la cittadinanza alle comunità latine e
agli alleati fedeli a Roma, poi con la Constitutio Antoniana di Caracalla nel
212 d.C che estese la cittadinanza a tutto l’impero. La latinizzazione
linguistica costituisce un elemento importante nel processo di
romanizzazione, il latino, infatti, è la lingua dell’amministrazione e
dell’esercito, del diritto e dell’istituzione scolastica; infatti, i principali veicoli

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della latinizzazione sono i funzionari, i banchieri, i mercanti, i soldati, pur non
volendo gli abitanti dell’Impero entrano in contatto con la lingua, inoltre, il
latino, è un efficace strumento di integrazione e di ascesa sociale. La
diffusione del latino va vista quindi come un fenomeno complesso articolato
sul piano diacronico, diatopico e diastratico. Un limite, quasi insuperabile,
per la latinizzazione, è la radicazione del greco nella parte orientale, un’area
vastissima, che include l’Egitto, la Palestina, la Siria, l’Asia minore, qui il
latino vede ristretti i suoi spazi, non solo come lingua veicolare (lingua che
funge da mezzo di comunicazione tra parlanti di diverse lingue), ma anche
come lingua dello Stato.
2.2 Il latino e le altre lingue: il plurilinguismo del mondo romano
In generale, il latino, durante la sua lunga storia, ha dovuto, sempre,
confrontarsi con altre lingue, potremmo dire che i suoi parlanti non hanno
mai vissuto in ambienti linguisticamente omogenei e questa condizione è un
tratto saliente dell’identità linguistica e della riflessione metalinguistica (che
riguarda la lingua) romana. L’Italia antica era caratterizzata da una notevole
eterogeneità etnolinguistica, vi erano popolazioni che avevano origini, storie,
miti, stili di vita diversi e parlavano lingue diverse fra loro. Alcune
appartenevano alla famiglia indoeuropea, ricordiamo il greco parlato
nell’Italia meridionale e in Sicilia; il gallico nella pianura padana; il veneto;
l’umbro, l’osco ecc... Altre erano del tutto estranee alla famiglia indoeuropea,
ad esempio il punico, parlato nelle colonie cartaginesi in Sicilia e Sardegna o
l’etrusco, diffuso in Toscana e nell’alto Lazio. Vi erano poi molte altre lingue
nei territori conquistati da Roma. Ma i romani, non intrapresero una politica
linguistica aggressiva nei confronti delle popolazioni conquistate, non
mostrarono interesse per le loro lingue, ad eccezione del greco, che fu
considerato indispensabile all’educazione delle persone colte, e in misura
minore l’etrusco e il punico. Il processo di latinizzazione si conclude quando
le lingue autoctone scompaiono, ma il processo di assimilazione ha tempi
molto lunghi quindi per anni le diverse lingue possono trovarsi a convivere
con il latino, in condizioni di bilinguismo o diglossia. Comunque, poche lingue
esistenti prima della conquista romana, sono sopravvissute, tra queste
ricordiamo: il basco, il berbero e l’albanese, le lingue celtiche e naturalmente
il greco.
2.2.2

Gli studiosi, utilizzando una espressione propria delle scienze geologiche,


parlano di sostrato in riferimento all’influsso esercitato sul latino di una
certa area, e poi sulle varietà romanze locali, da una lingua autoctona estintasi
in seguito alla latinizzazione dei suoi parlanti:
per esempio la vocale lat. Ū in francese, occitano e nei dialetti galloitalici è
diventata /y/, un effetto del sostrato celtico del latino della Gallia cisalpina;
oppure nella assimilazione dei gruppi consonantici latini

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-ND-, -MB- > (diventa) -nn-, -mm- nei dialetti italiani centro meridionali
(quando> quanno in romano; plūmbu> piommo) un effetto del sostrato osco-
umbro del latino italico.
Fornire, però, una spiegazione di tipo sostratistico è sempre problematico in
quanto da una parte non c’è una conoscenza approfondita delle lingue di
sostrato del latino tanto da poter avere un’idea precisa del loro sistema
fonologico e grammaticale e dall’altra la coincidenza tra l’area antica della
diffusione di un determinato fenomeno e quella moderna è spesso
approssimativa.
Nel complesso, però, possiamo dire che il lessico è l’unico settore in cui
l’influenza delle lingue di sostrato è indiscutibile, infatti attraverso la
mediazione di parlanti bilingui, entrano nel latino moltissime parole delle
lingue locali, scomparse in seguito al processo di latinizzazione: vediamo ad
esempio che i termini latini FENESTRA ‘finestra’ e SATELLES ‘guardia del
corpo’ sono attribuiti al sostrato etrusco, oppure i termini BUFALUS e
SCROFA al sostrato gallico. Vi son poi parole di circolazione più ristretta,
come nel latino africano GIRBA ‘mortaio’ e BUDA ‘giunco, papiro’, presi in
prestito probabilmente al punico e al libico.

Si parla, invece, di superstrato del latino in riferimento all’influsso


esercitato sul latino tardo, e poi sulle varietà romanze, dalle lingue parlate da
gruppi dominanti sul piano politico-militare, ma poi linguisticamente e
culturalmente assimilati. Un esempio sono le diverse lingue germaniche usate
nei regni romano-germanici formatisi a partire dal V secolo d.C.: territori già
romanizzati furono invasi da popolazioni eterogenee in numero minore
rispetto alla popolazione latina. Questa nuova classe dirigente appoggiandosi
al sistema amministrativo già esistente e alla cultura e alla lingua latina, portò
all’abbandono della lingua d’origine per adottare quella dei popoli
conquistati.
Come nel caso del sostrato, non è facile individuare il ruolo del superstrato
germanico in rapporto all’evoluzione del sistema fonologico e grammaticale
del latino tardo o delle lingue romanze: per questo, l’ipotesi avanzata da
Walter von Wartburg, secondo cui il dittongamento spontaneo delle vocali
toniche in sillaba libera del francese e dell’italiano sia dovuta all’influsso delle
lingue parlate rispettivamente dai franchi e dai longobardi non è
generalmente accolta, mentre, invece, si considera attendibile l’ipotesi
secondo cui per effetto del superstrato franco c’è stata l’introduzione, nel
sistema fonologico del latino tardo della Gallia settentrionale e poi in quello
dell’antico francese, della consonante laringale /h/. così, poi, come accade con
il sostrato, l’influenza maggiore esercitata dal superstrato germanico è
ampiamente documentata sul piano lessicale: per esempio, risale al gotico la
forma tardolatina WARDIA ‘guardia’, al longobardo TREUUA ‘tregua’ e
FAIDA, al franco WADIUM ‘pegno’ e WANTUS ‘guanto’.

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Alcuni germanismi, però, sono entrati in latino in epoca precedente alle
grandi migrazioni, ovvero attraverso i contatti politici, commerciali e militari
tra le popolazioni romane e le popolazioni germaniche: per esempio sono da
attribuire a questi contatti gli agg. BLANCUS ‘bianco’ e FRISCUS ‘fresco’ e i
sostantivi GANTA ‘oca’ e SAPO ‘sapone’. Questi tipi di contatti, però,
configurano un tipo di influenza sulla lingua latina diverso da quello delle
lingue di sostrato e di superstrato: utilizzando sempre la terminologia
geologica, si parla di adstrato nel caso di lingue di territori contigui, il cui
contatto non porta alla scomparsa di una delle due.
Distinguere le lingue di sostrato, di superstrato e di adstrato non è semplice,
perché lingue che sono considerate di sostrato e di superstrato, per un certo
periodo sono state di adstrato, ed è quindi difficile individuare le diverse fasi.
In generale si tratta di interferenze avvenute in condizioni di bilinguismo e/o
diglossia, dove il ruolo delle lingue L1 e L2 cambiava di volta in volta nel
repertorio linguistico della comunità.
La lingua che ha con il latino relazioni più strette è il greco, il cui rapporto è
stato così intenso tanto che si è arrivati a parlare di una vera e propria
simbiosi linguistica greco-latina. I contatti sono avvenuti sia sul piano
letterario, quindi nella scrittura, sia sul piano dell’oralità, creando di volta in
volta varietà di greco e latino diversificate sul piano diatopico, diacronico,
diastratico e diafasico.
Ritroviamo infatti numerosi grecismi penetrati nel latino: BRACCHIUM
‘braccio’; PETRA ‘pietra’; TYRANNUS; POENA; GRAMMATICUS ‘maestro’;
PHILOSOPHUS; sono invece propri del latino dei cristiani ANGELUS;
ECCLESIA ‘chiesa’. Sono, inoltre, presenti numerosi calchi, cioè parole create
con materiale lessicale latino sul modello greco, come HOMICIDA;
MAGNANIMUS.
La durata e la profondità dei contatti tra le due lingue ha influito non solo sul
piano lessicale, ma anche ad esempio nell’affermazione del tipo sintattico
DICO QUOD/QUIA ‘dico che’, seguito dall’indicativo o dal congiuntivo, al
posto della costruzione con l’accusativo e l’infinito oppure per l’espansione
del participio presente, soprattutto nel costrutto dell’ablativo assoluto, sul
modello del participio greco.

2.3 Le fonti per lo studio del latino


I latinisti e i romanisti, per lo studio della storia del latino e della sua
trasformazione nelle lingue romanze sono in possesso di una abbondante
documentazione, messi quindi a confronto con i colleghi germanisti o slavisti
si trovano quindi in una posizione favorevole, in quanto questi ultimi, non
possono fare affidamento su attestazioni scritte, ma possono ricostruire la
probabile fisionomia del progenitore, il protogermanico-slavo, attraverso la
sola comparazione sistematica (metodo storico-comparativo) fra gli esiti delle
diverse lingue appartenenti alla stessa famiglia, solo così possono formulare

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plausibili ipotesi sulla fonologia, la morfologia, la sintassi e il lessico
dell’antenato.
Nonostante, i latinisti, siano in possesso di abbondanti documentazioni, i dati
relativi al latino non si incastrano sempre bene con quelli relativi alle lingue
romanze, questo perché queste documentazioni, per quanto numerose ed
eterogenee non coprono tuto lo spettro delle manifestazioni di un sistema
linguistico di grande complessità, segnato da una notevole variazione
diacronica, diatopica, diastratica e diafasica.
Ciò è riconducibile a due fattori: il primo legato alla profonda diversità che
c’era tra i testi scritti e quelli orali, in quanto i primi tendono a comprimere e
sopprimere tutte quelle variazioni e flessibilità, proprie del parlato spontaneo;
il secondo è legato all’affermarsi dal I sec a.C di un modello di lingua
esemplare, identificato con le élites politiche e culturali, potremo quindi
considerarlo come una sorta di latino standard, al quale, nella scrittura,
bisognava fare sempre riferimento, mentre tutte quelle deviazioni dalla sua
norma, riportate nei testi, come substandard, mentre i fenomeni
completamente assenti dalla documentazione, appartengono ad un livello
subsustandard, cioè a varietà regionali e/o sociali considerate dai parlanti
infime e quindi erano escluse dalla scrittura.
Le manifestazioni di un latino non normativo si possono rintracciare in primo
luogo nelle opere dei grammatici, che offrono occasionalmente esempi di
forme substandard, un esempio è l’Appendix Probi, elenco di voci latine nella
loro forma corretta e in quella deviante dalla norma, in secondo luogo nei
commenti di scrittori cristiani particolarmente sensibili ai problemi della
comunicazioni con gli incolti, un esempio è Sant’Agostino che preferiva la
comprensibilità alla correttezza grammaticale. Questa propensione dei Padri
della Chiesa di abbassarsi a alivelli linguistici bassi, la ritroviamo anceh in
molti testi cristiani come la Peregrinatio Aetheriae, ma possiamo trovare tratti
substandard anche nelle più antiche traduzioni della Bibbia. Ritroviamo
l’utilizzo di un linguaggio differente da parte di personaggi di bassa estrazione
sociale, all’interno di opere letterarie, come nel Satyricon di Petronio,
nell’episodio della Cena di Trimalcione dove i liberti utilizzano un latino
diverso da tutti gli altri personaggi. Anche all’interno delle parodie letterarie
ritroviamo alcuni elementi distintivi del modo di esprimersi di una
determinata parte della popolazione. Nelle forme letterarie a base dialogica,
come quelle teatrali, presentano spesso usi propri del parlato o comunque
non canonici; ancora nei trattati tecnici, come nel De Architectura di Virgilio;
infine è importante citare una varietà di testi più tardi, raccolte del diritto
germanico, opere storiografiche, scritture religiose, testi scritti in latino, dove
però si avverte la nuova condizione linguistica in via di formazione.

2.4 Quando si è smesso di parlare il latino?


A questa domanda, posta dallo storico francese Ferdinand Lot (1931) in un
celebre articolo, sono state date risposte diverse. In primo luogo si è osservato

11
che, in senso stretto, non si è mai smesso di parlare latino: le lingue romanze
oggi sono forme di neolatino. Si è poi obbiettato che il latino non è mai del
tutto uscito dall’uso, trattandosi di una lingua impiegata in ambito religioso,
filosofico, scientifico, ecc.
Queste risposte sono insoddisfacenti in quanto dissimulano e minimizzano il
problema di fondo, quello del grande mutamento verificatosi nel passaggio
dal latino alle lingue romanze. La distanza strutturale e tipologica fra il latino
e l’insieme delle lingue romanze è tale da poter parlare legittimamente di
lingue diverse.
Occorre, dunque, andare al cuore della domanda di Lot e riformularla in
termini leggermente diversi, chiedendosi come e quando il latino ha smesso
di essere lingua nativa di una comunità di parlanti. In primo luogo si può
pensare a una cronologia senza discontinuità, articolata in due fasi successive:
in una prima fase (II-V secolo d.C.) giungono a compimento una serie di
cambiamenti fonologici e morfosintattici i cui esiti sono panromanzi (diffuso
in tutte le lingue romanze). In questo periodo emerge dunque un nuovo tipo
di latino, diffuso nelle varie regioni dell’Impero nel parlato informale di tutti
gruppi sociali. Nella seconda fase (VI-VIII secolo d.C.) si consuma la
frammentazione dello spazio linguistico latino: la maggior parte dei
cambiamenti che si realizzano in questo periodo non sono diffusi ovunque e i
loro esiti non risultano poi panromanzi. Fra i più significativi ricordiamo: la
perdita delle vocali finali di parola; l’indebolimento delle consonanti occlusive
intervocaliche; la caduta di -s e -t finali di parola; la (quasi) completa
scomparsa del sistema dei casi; la grammaticalizzazione delle nuove perifrasi
verbali. I mutamenti che si affermano nella seconda fase hanno effetti
dirompenti: a partire dal secolo VIII affiorano, prima nell’antica dell’antica
Gallia e poi nelle altre regioni, tracce della coscienza di una profonda crisi
comunicativa, che mette in pericolo la possibilità stessa di comprensione fra
parlanti di differenti ambiti territoriali e strati socioculturali. È dunque in
questo periodo che ha luogo il processo di ristrutturazione del repertorio dei
parlanti che porta alla formazione delle lingue romanze in quanto sistemi
organici, distinti dal latino e diversi fra loro.
Il problema della comunicazione investe dunque aspetti importanti del vivere
sociale, come è ben avvertito dai sovrani franchi Pipino (751-768),
Carlomanno (768-771) e soprattutto Carlo Magno (768-814, imperatore
dall’anno 800), ci si devono una serie di iniziative sfociate nella cosiddetta
“rinascita (renovatio) carolingia”: è infatti nei primi decenni nel regno di
Carlo che si concentrano gli interventi più efficaci miranti all’innalzamento
del livello culturale della Chiesa e dell’amministrazione, da cui dovrebbe
discendere il rinnovamento morale della popolazione cristiana. Il programma
educativo carolingio è alla base del progetto politico di costruzione di un
impero cristiano romano-germanico dal carattere unitario: si promuovono
perciò la fondazione di scuole e biblioteche monastiche, lo sviluppo di
un’attività letteraria di livello alto, il ristabilimento e la circolazione della

12
versione “corretta” di testi fondamentali nella vita religiosa e civile, la
diffusione di una nuova elegante forma di scrittura libraria (minuscola
carolina) destinata a soppiantare i sistemi grafici preesistenti, il recupero
della tradizione classica (restaurandone la norma linguistica).
La politica culturale dei sovrani carolingi finisce per accentuare la
discontinuità tra il latino (scritto) e il volgare (orale): il successo della riforma
contribuisce così a rafforzare la coscienza linguistica romanza e la
consapevolezza dell’ormai irriducibile alterità del latino.
Risale all’anno 813 il concilio di Tours in cui si chiede ai vescovi provenienti
da varie regioni dell’Impero carolingio di predicare in volgare per venire
incontro alle esigenze degli ascoltatori. Nella Francia del nord all’inizio del IX
secolo si riconosce l’esistenza di una lingua neolatina – il francese – che è
opportuno usare nelle omelie, cioè in quella parte libera della liturgia della
messa che mette più direttamente i fedeli a contatto con il celebrante. Questa
lingua è connotata come rustica, cioè legata al mondo contadino, ed è posta
nei confronti del latino sullo stesso piano della lingua germanica (thiotisca)
utilizzata da una parte della popolazione; essa è inoltre romana (non latina), e
questa sarà nei secoli medievali l’espressione più utilizzata nei diversi ambiti
romanzi per designare le lingue locali – lo stesso aggettivo romanzo
(romance, roman, romanç, ecc.) deriva dall’avverbio latino ROMANICE
“romanamente, al modo dei romani”. È anche importante che questa lingua
romanza si possa utilizzare in contesti solenni o comunque dotati di un certo
grado fi formalità, come un sermone in chiesa, e non sia destinata unicamente
a usi colloquiali e a situazioni familiari.
La decisione presa a Tours non resta isolata nell’area galloromanza dove
l’esordio di una tradizione di scrittura volgare si documenta qualche decennio
più tardi. Nelle altre aree le lingue romanze accedono alla scrittura secondo
cronologie e modalità differenti, in rapporto tanto con fattori interni, cioè con
l’evoluzione delle strutture linguistiche, quanto con fattori esterni – fra questi
ultimi va considerato l’impatto della riforma carolingia, che accelera
l’emersione del volgare ma non ne è causa diretta e necessaria.

13
Capitolo 5: Elementi di grammatica storica: fonologia

Vocali
Nel passaggio dal latino alle lingue romanze il sistema vocalico ha subito una
trasformazione radicale.
Il latino ha 10 fonemi vocalici:

Vocali anteriori Vocali centrali Vocali posteriori


Vocali alte /i/ /i:/ /u/ /u:/
vocali medie /e/ /e:/ /o/ /o:/
Vocali basse /a/ /a:/

- vocali alte e anteriori: /i/; /i:/


- vocali alte e posteriori: /u/; /u:/
- vocali medie e anteriori: /e/; /e:/
- vocali medie e posteriori: /o/; /o:/
- vocali basse e centrali: /a/; /a:/

le vocali /a e i o u/ hanno una realizzazione breve e lunga e la differenza fra le


due realizzazioni ha valore fonemico (relativo ai fonemi, cioè i suoni di una
lingua con funzione distintiva rispetto ad altri suoni), quindi serve a
distinguere parole che hanno significato diverso. Il contrasto di lunghezza (o
quantità) vocalica si dà in parole come pālus (palo) e pălūs (palude), lēvat
(leviga) e lĕvo (solleva), ōs (bocca) e ŏs (osso), dīco (dico) e dĭco (dedico),
fūror (rubo) e fŭror (furore).
È probabile che le vocali alte e medie, quando erano lunghe, erano realizzate
più alte (chiuse); più basse (o aperte) quando brevi, con un differenza priva di
valore fonemico, quindi le parole erano realizzate in questo modo: lēvat
[‘le:vat] e lĕvo [‘lɛvat] oppure ōs [o:s] e ŏs [ɔs].

Dittonghi
Il sistema comprende anche i dittonghi / aw ae̯ oe̯ / in parole come
TAURUS (toro), LAETUS (rigoglioso), FOEDUS (patto). Dal punto di vista
prosodico (in rapporto con le quantità delle vocali) sono equivalenti a una
vocale lunga.

Alla quantità vocalica è legata la prevedibilità della posizione dell’accento:


- cade sempre sulla penultima sillaba, se questa è pesante, cioè termina
con una vocale lunga, un dittongo o una consonante. Es: SENĀTUS,
PALAESTRA, INFERNUS.
- Cade sulla terzultima sillaba quando la penultima è leggera, cioè
termina con una vocale breve. Es: dĭgĭtus, hŭmĭlis, prōvŏco.

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Un caso particolare è rappresentato dalle vocali che precedono gruppi
consonatici chiamati muta cum liquida, costituiti da una consonate
ostruente (occlusiva come /p/ e /b/, /t/ e /d/) e una consonate liquida
(vibrante come /r/). In questi casi ci sono due possibilità di sillabificazione:
per es la parola TONITRU(M) può essere accentata sulla penultima sillaba se
la seconda sillaba si considera chiusa (tŏ-nĭt-ru(m)) o sulla terzultima sillaba
se questa si considera aperta (tō-nĭ-tru(m)). Lo stesso vale per parole come
COLUBRA(M) e INTEGRU(M).
Gli esiti romanzi mostrano che nel latino tardo queste parole erano
pronunciate in genere con l’accento sulla penultima sillaba, si consideri la
parola it. Intero.
Questo sistema nei secoli subisce una serie di modifiche fino alla perdita del
valore distintivo della quantità vocalica. Le lingue romanze, infatti,
riorganizzano i loro sistemi vocalici intorno opposizioni, non più quantitative
(vocali lunghe vs vocali brevi), ma qualitative (o apertura: le lunghe si
pronunciano chiuse, le brevi aperte), basate cioè esclusivamente sul timbro
delle vocali.
Ciò comporta un’ulteriore distinzione nelle vocali delle lingue romanze: vocali
toniche e atone.

Il sistema vocalico romanzo comune (vocalismo tonico occidentale


o panromanzo): area iberoromanza, galloromanza, italoromanza
(tranne aree interessate dal vocalismo sardo, siciliano e
balcanoromanzo)
A partire dalla disgregazione del sistema vocalico latino, prendono forma
diversi sistemi vocalici che si affermano nello spazio linguistico romanzo. Per
quanto riguarda la vocali toniche, il sistema di più larga diffusione è il c.d
sistema romanzo comune, il quale è un sistema simmetrico, in cui:
- le vocali centrali basse del latino confluiscono nel fonema /a/;
- le vocali alte lunghe passano a /i/ e /u/;
- le vocali alte brevi e medie lunghe confluiscono in un fonema medio-
alto anteriore /e/ e in uno posteriore /o/;
- le vocali medie brevi passano a /ɛ/ e /ɔ/.
Latino /i:/ /i/ /e:/ /e/ /a:/ /a/ /o/ /o:/ /u/ /u:/

/i/ /e/ /ɛ/ /a/ /ɔ/ /o/ /u/


Romanzo
comune

/i:/ o Ī> i àVĪNUM> it. Vino; VĪVUM> it. Vivo


/i/ o Ĭ> /e/à LĬGNUM> it. Légno
/e:/ o Ē> /e/àTĒLAM> it. Téla
/e/ o Ĕ>/ɛ/ à FĔRRUM> it. Fèrro

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/a:/ o Ā> /a/à ĀLAM> it. Ala
/a/ o Ă> /a/à CĂSAM> it. Casa
/o/ o Ŏ> /ɔ/ à PŎRTAM> it. Pòrta
/o:/ o Ō> /o/à VŌCEM> it. Vóce
/u/ o Ŭ > /o/àGŬLAM> it. Góla
/u:/ o Ū> /u/à MŪRUM> it. Muro

Quindi il Sistema romanzo comune presenta sette vocali su quattro gradi di


apertura:
vocali anteriori Vocali centrali Vocali posteriori
Vocali alte /i/ /u/
Vocali medio-alte /e/ /o/
Vocali medio- /ɛ/ /ɔ/
basse
Vocali basse /a/

Dalla crisi del sistema vocalico latino emergono altri sistemi che itneressano
aree più ristrette della Ròmania:

Sistema vocalico sardo


questo vede la confluenza di ogni coppia di fonemi lunghi e brevi in un solo
fonema:
latino /i:/ /i/ /e:/ /e/ /a:/ /a/ /o:/ /o/ /u:/ /u/

romanzo sardo /i/ /ɛ/ /a/ /ɔ/ /u/


VĪNU> binu; TĒLA> tela; PĀNE> pane; RŌTA> roda; PŬLLU> puddu

Quindi presenta 5 fonemi su tre gradi di apertura:

vocali anteriori Vocali centrali Vocali posteriori


Vocali alte /i/ /u/
Vocali medio /ɛ/ /ɔ/
Vocali basse /a/

Sistema vocalico balcanico


Si trova alla base del vocalismo rumeno e del dialetto italoromanzo parlato in
un’area ristretta della Basilicata occidentale.
Questo sistema coincide nella parte anteriore con quello romanzo comune
nella parte posteriore con quello sardo:
Latino /i:/ /i//e:/ /e/ /a://a/ /o//o:/ /u/
/u:/

/i/ /e/ /ɛ/ /a/ /ɔ/ /u/


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Romanzo
balcanico

FĬLIU> rum.fir; PARĒTE> perete; MĀRE> mare; ŎCTO> opt; GŬLA>gura

Il risultato è un sistema asimmetrico di 6 vocali, che nella parte anteriore


distingue un fonema medio-alto da un fonema medio-basso, mentre nella
parte posteiore non fonologizza (processo per cui due o pi allofoni di un
fonema diventano fonemi autonomi) la differenza di timbro, facendo
confluire le due vocali alte del latino in /u/ e le due medie in /ɔ/.

vocali anteriori Vocali centrali Vocali posteriori


Vocali alte /i/ /u/
Vocali medio-alte /e/
Vocali medio- /ɛ/ /ɔ/
basse
Vocali basse /a/
Nel sistema moderno non vi è l’opposizione tra la /e/ e la /ɛ/ e inoltre sono
stati introdotti due fonemi centrali /i/ e /ɘ/.
Sistema vocalico siciliano
Sviluppatosi, probabilmente, a causa dell’adstrato linguistico greco, questo
sistema vocalico interessa i dialetti italoromanzi parlati in Sicilia, in Calabria,
nel Cilento (in Campania) e nel Salento (Puglia). Nel sistema vocalico
siciliano le vocali medie lunghe del latino confluiscono con le alte (lunghe e
brevi) in /i/ e /u/, mentre le medie brevi hanno dato come esito /ɛ/ e /ɔ/:
Latino /i:/ /i/ /e:/ /e/ /a://a/ /o/ /o:/ /u/
/u:/

Romanzo /i/ /ɛ/ /a/ /ɔ/ /u/


balcanico
FILIU> figghiu; SERA> sira; SANU> sanu; CRUCE> cruci; NIVE> nivi;
AMORE> amuri

Quindi il sistema vocalico siciliano presenta 5 fonemi, analogo a quello sardo.


Facendo riferimento a questo sistema vocalico si spiega una particolarità della
poesia italiana delle origini, la c.d ‘’rima siciliana’’ , cioè la possibilità do far
rimare fra loro parole che in toscano hanno come vocali toniche /e/ e /i/, /o/
e /u/.

5.2 Sviluppi del vocalismo romanzo


Dei dittonghi latini / aw ae̯ oe̯ / solo /aw/ arriva alle lingue romanze,
mentre il resto subiscono un processo di monottongamento (confluenza
dei due elementi che compongono un dittongo in un’unica vocale):
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- OE> eà poena> pena
- AE> ɛà caelum> cielo
- AU> ɔà aurum> oro
Il dittongo si conserva in romancio e in alcune varietà occitane, mentre in
sardo si perde l’elemento semivocalico; in portoghese il dittongo si conserva
con alterazione del timbro della vocale: /aw/>/ow/(ouro, pouco, touro),
anche se è frequente la pronuncia monottongata [o].

Dittongazione romanza spontanea


Nel passaggio dal latino alle lingue romanze un certo numero di quest’ultime
ha subito un processo di dittongazione che viene definita SPONTANEA
(dovuto cioè alla naturale tendenza all’allungamento delle vocali accentate) e
che principalmente riguarda le vocali toniche medio-basse /ɛ/ e / ɔ/ e medio -
alte /e/ e /o/ in sillaba aperta e chiusa. I risultati della dittongazione possono
portare a due tipi di dittonghi:

- Dittongo ascendente (accentato sul secondo elemento, più diffuso) si


viene a formare da Ĕ e Ŏ toniche in sillaba aperta. Es: PĔ-DEM> piède
(fr. Pied, sp. Pie); NŎ-VUM> nuòvo (sp.nuevo);
- Dittongo discendente (accentati sul primo elemento), solo in
francese, derivano da Ĭ , Ŭ, Ē e Ō, toniche in sillaba aperta. Es: PĬ-
LUM> ant.fr. pèil> fr.mod. pòil;
TĒ-LAM>ant.fr.Tèile>fr.mod. Tòile; GŬ-LAM>ant.fr.gòule>
fr.mod.guèule;
FLŌ-REM>ant.fr.flòur>fr.mod.flèur

In spagnolo e in rumeno la dittongazione avviene anche in sillaba


chiusa:
Ŏ] = MŎR]TEM > muèrte (ma it. fr. morte)
Ĕ] = FĔR]RUM > hièrro (ma it. ferro, fr. fer)
In occitano e portoghese non avviene la dittongazione spontanea.

/ɛ/ / ɔ/ /e/ /o/ Sillaba Sillaba


aperta chiusa
italiano [jɛ] [wɔ] X
antico [je] [wo] [ej] [ow] X
francese
spagnolo [je] [we] X X
rumeno [je] [oa] [ea] [oa] X X
Dittongazione romanza condizionata
Avviene solo quando si verificano determinate condizioni:
- Presenza di determinati suoni che seguono la vocale tonica;
- Effetto della metafonesi (ossia cambiamento del suono della vocale
tonica per influsso della vocale finale, solitamente -Ī o – Ŭ: es.
TŌTTI>it.tutti; FĒCI>fr. Fis, sp.hice).

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In occitano si ha la dittongazione condizionata da suono palatale
contiguo:
MĔLIUS> mielhs; FŎLIAM> fuolha/fuelha

Nei dialetti meridionali si ha dittongazione condizionata da


metafonesi (-Ī o -Ŭ in posizione finale):
VĔNTU(M)> vientɘ
*DĔNTI> dientɘ, ma DENTE> dente
BŎNUM> buonɘ, ma BONA> bina

La metafonesi
Questa forma di assimilazione a distanza conosce grande diffusione nelle
lingue romanze. il tipo metafonetico più comune prevede l’innalzamento delle
vocali toniche medio-alte e/o medio-basse per influenza delle vocali finali alte
latine e/o protoromanze /i/ e /u/; Le vocali che hanno originariamente
innescato la metafonesi possono mutare (come in [ɘ] in napoletano friddɘ;
russɘ) o scomparire.
Gli esiti della metafonesi sono diversi:

Vocali medio- Vocali medio- Vocali /-i/ /-u/


alte basse basse
napoletano [e]>[i], [ɛ]>[je], X X
[o]>[u] [ɔ]>[wo]
marchigiano [e]>[i], [ɛ]>[e], [ɔ]>[o] X X
[o]>[u]
Veneziano [e]>[i], X
[o]>[u]
asturiano [e]>[i], [ɛ]>[i:], [ɔ]>[wi] [a]>[e] X X
[o]>[u]
portoghese [e]>[i] [ɛ]>[e], [ɔ]>[o] X X

La metafonesi può dare vita ad alternanze che esprimono categorie


morfologiche (genere, numero, persona): coì in napoletano, dal momento che
le vocali finali sono indistinte, la differenza fra maschile e femminile di alcuni
aggettivi o fra singolare e plurale di alcuni nomi è affidata esclusivamente a
un’alternanza metafonetica (friddɘ e freddɘ, nepotɘ e neputɘ). In portoghese,
l’alternanza metafonetica [o]/[ɔ] degli aggettivi tipo novo/nova è stata estesa
pure a contsti dove, per motivi etimologici, ci si aspetterebbe di trova re solo
[o], per esempio agli aggettivi in -oso, famoso con [o] /famosa con [ɔ]. In
questi casi e altri si è avuta una morfologizzazione della metafonesi,

19
ovvero un processo per cui un’alternanza, in origine fonologicamente
condizionata, viene interpretata come esponente di categorie morfologiche.

La nasalizzazione
La nasalizzazione è un altro tipo di assimilazione che riguarda la vocale
contigua a una consonante nasale. Il latino non possiede fonemi vocalici
nasali, le vocali che precedono /n/ e /m/(uniche nasali presenti nel sistema
consonantico latino) saranno nasalizzate per un normale processo fonetico di
coarticolazione. Fonemi vocalici nasali si sviluppano in francese e in
portoghese e in vari dialetti occitani, francoprovenzali, galloitalici ecc. Si
tratta di diversi processi di fonologizzazione, in cui le vocali nasali sono
passate dallo status di allofoni a quello di fonemi autonomi, in contrasto con
altri di articolazione orale (in francese si oppongono fin [fe] e fait [fe], in
portoghese sim [si] e si [si] (nasali sempre).
La nasalità della vocale è stata reinterpretata come una sua qualità inerente,
indipendente dal contatto con una consonante nasale, spesso poi caduta.
Il francese moderno ha 4 fonemi nasali /ã e ɔ œ/(tutte con la linietta sopra)
(vin [ve], gent [ʒã], bon [bɔ], brun [brœ], oltre a dodici vocali orali (di cui 3
anteriori /y ø œ/ ), l’inventario fonemico francese risulta il più complesso. Nel
medioevo questo inventario comprendeva anche /˜i/ e /˜y/> /e/ e /œ/, mentre
l’originaria /e/>/ā/, per un processo di generale abbassamento del grado di
altezza delle vocali. In epoca medievale e nella prima età moderna, la
nasalizzazione coinvolgeva tanto le vocali in sillaba aperta che quelle in sillaba
chiusa, in seguito le vocali in sillaba aperta si denasalizzarono, mentre si
conservano quelle in sillaba chiusa.

Il portoghese ha 5 fonemi vocalici nasali /˜i ˜e ˜ɐ õ ˜u/ e tre dittonghi nasali /ɐj
ɐw oj/. Rispetto alla situazione più antica si osserva innalzamento delle vocali medie
e centrali: [ã]> [˜ɐ], [e]>[˜e], [ɔ]>[õ]. Caratteristica del portoghese è la caduta
della consonante nasale in posizione intervocalica (lā ‘lana’, rã ‘rana’, lua
‘luna).

In molte varietà romanze la nasalizzazione, anche quando non inneschi


processi di fonologizzazione, provoca modifiche nel grado di apertura delle
vocali. In rumeno la nasale seguente ha innalzato la pronuncia delle vocali
toniche medie e basse; processo analogo avviene in italiano dove avviene un
processo di innalzamento delle vocali medio-alte che si trovano davanti a [ŋ]
(la /n/ seguita da consonante velare), questo processo si chiama anafonesi.

5.3 Le vocali atone


Per quanto riguarda le vocali atone, invece, il sistema si riduce a 5 soli foni (i,
e, a, o, u) tramite la neutralizzazione in un unico fonema, detto arcifonema,
rappresentato dalle vocali Ɛ>e e Ɔ>o.
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Latino /i:/ /i/ /e:/ /e/ /a:/ /a/ /o/ /o:/ /u/ /u:/

/i/ /e/ /a/ /o/ /u/


Romanzo comune

Nel sistema romanzo balcanico si perde nella serie anteriore la


distinzione tra la vocale medio-alta e medio-bassa, conservata nel vocalismo
tonico:
Latino /i:/ /i//e:/ /e/ /a://a/ /o//o:/ /u/ /u:/

/i/ /e/ /a/ /o/ /u/


Romanzo balcanico

Nel Sistema vocalico siciliano tutte le vocali anteriori confluiscono in /i/ e tutte le
posteriori in /u/, con perdita delle vocali medie /ɛ/ /ɔ/:

Latino /i:/ /i//e:/ /e/ /a://a/ /o//o:/ /u/ /u:/

/i/ /a/ /u/


Romanzo balcanico

Principali fenomeni legati al vocalismo atono sono:

Sincope
Caduta di una vocale all’interno della parola. Nel latino tardo questi fenomeni
sono particolarmente frequenti nel caso delle vocali postoniche in contatto
con le consonanti /l/ e /r/, come è testimoniato nell’Appendix Probi:
OCLUS< OCULUS; SPECLUM< SPECULUM; TABLA<TABULA. Le lingue
romanze proseguono la tendenza latina alla sincope della vocale, tanto in sede
postonica quanto in sede pretonica. Il processo si sviluppa con ritmo diverso,
ma in linea generale le lingue occidentali sono più propense alla sincope
rispetto a quelle orientali.
VIRIDE< it.verde, fr.vert, sp.verde

Apocope
Caduta delle vocali atone in posizione finale di parola. Questo fenomeno non
è diffuso allo stesso modo in tutte le lingue:
- In francese, occitano e catalano questo fenomeno coinvolge tutte le
vocali finali tranne /a/ che però si indebolisce in [ ɘ] e muta scritta in e.
es: SCHOLAM> école.

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- Nelle lingue iberoromanze si mantengono -a e -o; -u>o; -e e -i> e
oppure dileguano. Es. LIBERTATEM>port.liberdade, sp.libertad;
PONTEM>port.ponte, sp.puente, cat.pont.
- In italiano le vocali atone finali si mantengono tutte; -U>o

Aferesi
Caduta di una vocale all’inizio della parola: HIRUNDINE> rondine

Riduzione delle vocali in iato:


- Se di timbro simile, si riducono o vengono assorbite:
MORTUUM> MORTUS> it. Morto, fr. Mort, sp. Muerto
PARIETEM> PARETE> it. Parete, fr.paroi, sp.pared

- Se di timbro diverso, la prima vocale diventa yod [j]:


HABEAT> it.abbia
VINEAM>VINJA> it.vigna, fr.vigne, sp.viña
FILIUM>FILJU> it.figlio, sp.hijo

Assimilazione e dissimilazione
BILANCIAM> BALANCIAM> fr.balance, sp.balanza, ma it.bilancia
VICINUM> VECINUM> occ.vezi, sp.vecino, ma it.vicino

Aggiunta e-(i-) potetica (o prostetica) davanti a S + consonante:


STELLAM > ap.estrella, fr.étoile
SCHOLAM>sp.escuela, fr.école

Il processo di riduzione delle vocali atone produce dunque esiti diverse nelle
lingue romanze: in francese moderno tutte le parole sono accentate
sull’ultima sillaba e perciò l’accento non ha più funzione distintiva. In tutte le
altre lingue l’accento è libero ed ha valore distintivo: ma in portoghese,
spagnolo, italiano, sardo e rumeno esso può cadere sull’ultima, penultima o
terzultima sillaba, in occitano e catalano non ci sono (quai)pi parole accentate
sulla terzultima, ma solo sulla penultima o (più frequentemente ) sull’ultima
sillaba.

5.4 Le grandi trasformazioni del sistema consonantico


Il sistema consonantico, come quello vocalico, ha subito mutamenti nel
passaggio alle lingue romanze. Il sistema consonantico di partenza:
consonanti bilabiali labiodentali dentali alveolari palatali velari laringali
occlusive /p/ /b/ /t/ /d/ /k//g/
fricative /f/ /s/ /h/
nasali /m/ /n/
laterali /l/
vibranti /r/
approsimanti /j/ /w/

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Lunghezza consonantica
Questi fonemi consonantici latini hanno anche una articolazione lunga (o
geminata): FLACCUS ‘floscio’, PELLIS ‘pelle’. La lunghezza consonantica ha
valore fonemico (come per le vocali): ANUS ‘vecchia’ e ANNUS ‘anno’.

Da notare:
- Alla lettera latina v corrisponde l’approssimante [w] (voco
[‘woko])
- La lettera x corrisponde alla sequenza occlusiva velare +
fricativa dentale [ks]

Le trasformazioni più antiche del sistema consonantico latino sono di


diffusione panromanza:

la scomparsa della laringale /h/


La scomparsa della consonante laringale /h/ (come in HOSTIS o HABEO)
risale già dal I sec. A.C, mentre in posizione interna di parola, come NIHIL
‘niente’, risale a epoca predocumentaria:
- Alcune lingue romanze hanno ristabilito nel loro inventario
consonantico la laringale, ad esempio il rumeno (hrana ‘cibo’, hrotar
‘frontiera) e l’antico francese, grazie a prestiti germanici, indebolitasi
poi scompare dalla pronuncia francese, rimanendo come puro segno
grafico (HOMINEM> fr.homme, sp.hombre)
- Lo spagnolo medievale possiede una laringale derivata da /f/ latina in
posizione iniziale di parola (haba ‘fava’, humo ‘fumo’);
- In diverse varietà di spagnolo europeo e americano [h] è allofono di /x/
o di /s/ in coda sillabica (uno o più segmenti consonantici che
seguono il nucleo sillabico).

Il betacismo
Si tratta della confusione tra -B- e -V- in posizione intervocalica: il risultato è
in un primo tempo la fricativa bilabiale [β], mantenutasi in alcune lingue e in
altre passata alla labiovelare [v] o scomparsa. In posizione iniziale di parola si
conserva la distinzione tra -b- e -v-; lo spagnolo, il catalano, il sardo e alcuni
dialetti italoromanzi centro-meridionali confondono le due consonanti anche
in posizione iniziale.

Trasformazione nei gruppi latini /kw/ e /gw/


I gruppi consonantici /kw/ e /gw/ subiscono una evoluzione nel passaggio
alle lingue romanze, perdendo l’elemento labiale /w/, ora quello velare /k/.
Possono ridursi al solo elemento velare [k/g], con varie eccezioni:
es. QUID> it.che, fr.que, sp.que [k]

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QUOMODO> it.come, fr.comme, sp.como [k]
QUINDECIM> fr.quinze, sp.quince, it.quindici [kw]
LINGUAM> fr.langue [g], it.lingua [gw], sp.lengua [gw]
L’italiano è abbastanza conservatore, mentre notiamo che spesso le grafie
etimologizzanti occultino la realtà fonetica: que e qui in spagnolo,
portoghese e francese sono pronunciate [ke] e [ki].

La palatalizzazione
In latino era presente solo una consonate palatale, l’approssimante /j/, la
quale non si distingueva graficamente da /i/ e poteva trovarsi tanto a inizio,
quanto in posizione interna di parola (IUSTITIA, MAIUS). Le lingue romanze
nel tempo hanno sviluppato tutta una serie di consonati, ignote al latino: //tʃ/
(c di amici-affricata postalveolare sorda); /dʒ/(gi-affricata postalveolare
sonora); /ʃ/ (sc-fricativa postalveolare sorda); /ʒ/(garage-fricativa
postalveolare sonora); /ɟ/; /ɲ/(gn-nasale palatale); /ʎ/(gli-laterale
approssimante palatale); /ts/(z-affricata alveolare sorda); /dz/(z-affricata
alveolare sonora)/. Questo processo di sviluppo è chiamato
palatalizzazione/affricazione. I segmenti fonetici latini coinvolti in questo
processo sono:
- l’approssimante /j/;
- le vocali anteriori /e i/;
- le consonanti geminate /nn/, /ll/;
- i gruppi consonantici /gn ks kt kl fl pl bl gl/.
Una delle novità del latino della prima età imperiale è la creazione di gruppi
consonantici formati da dentali, velari, bilabiali, nasali o laterali seguite da
/j/: /j/> dall’eliminazione di sequenze di iato, trasformate in
dittonghi: SOCIUS ‘socio’, SPATIUM ‘spazio’, DIURNUS ‘diurno’, MULIER
‘moglie’, VINEA ‘vigna’, i quali erano inizialmente pronunciati come trisillabi
(MU.LI.ER, VI.NE.A) diventando poi bisillabi (MUL.JER, VIN.JA),
riducendosi la prima delle due vocali contigue a /j/ (nel caso di VINEA la
vocale anteriore /e/ coinfluisce con la vocale alta /i/ in /j/).
Questo processo di risillabificazione (riorganizzazione della struttura
sillabica), ha conseguenze sul piano fonetico, perché la presenza di /j/ innesca
un processo di assimilazione, spostando l’articolazione della consonante
precedente verso la zona alveopalatale della bocca.
Effetto della risillabificazione è la formazione di sequenza sillabiche
instabili (in linea generale le lingue preferiscono, nel contatto fra consonanti
poste al confine tra sillabe, che la consonante in coda (segmenti sillabici che
seguono il nucleo sillabico) non sia più forte di quella in attacco (precede il
nucleo sillabico)). L’approssimante /j/ è molto debole nella scala di forza
consonantica, quindi sequenze come VIN.JA e MUL.JER, sono soggette ad
aggiustamenti che ristabiliscono un ordine più naturale: VIN.JA> vin.nja>
viɲ. ɲa; MUL.JER> mul.ljer> moʎ. ʎe (riscontriamo quindi la geminazione di
/n/ e /l/ che ha finalità ‘terapeutiche’).

24
Riscontriamo poi altri casi in cui il confine fra sillabe mette in contatto fonemi
la cui sequenza è articolatoriamente poco fluida, così nello sviluppo di lat.
GENERU> gen.ro> sp.yerno, fr.gendre, si ristabilisce una situazione di
contatto tra le sillabe più ‘naturale’ in spagnolo tramite metatesi (cambio di
posizione tra due elementi contigui) /nr/> /rn/ e in francese tramite
l’epentesi (inserimento in una sequenza fonica di un suono non etimologico)
/nr/>/ndr/.

- Palatalizzazione di /tj/ e /kj/


La più antica forma di palatalizzazione riguarda i gruppi latini /tj/ e /kj/ che
hanno come esito le consonanti affricate /tʃ/ o /ts/, rimaste inalterate o
passate alle fricative [s z ʃ ʒ q] nelle lingue romanze: FORTIAM> it.forza [ts],
fr.force [s], sp.fuerza [q]; FACIEM> it.faccia [ttʃ], fr.face [s]

- Palatalizzazione di /dj/, /gj/,/ke/,/ki/,/kj/,/ge/,/gi/


I gruppi latini /dj/ e /gj/ sono confluiti in /j/ già nel I sec d.C, gli esiti sono
diversi nelle diverse lingue romanze:
- /j/ si conserva
- /dj/ e /gj/ > [dʒ] o [dz]
- [dʒ] o [dz] si conservano
- /dj/ e /gj/> [ʒ q]
- Scompaiono
DIURNUM> it.giorno [dʒ], fr.jour [ʒ]

Questi esiti coincidono con quelli di /g/ + vocale anteriore


/ge/: GENTEM> it.gente [dʒ], fr.gens [ʒ]
/gi/: GINGIVA> it.gengiva [dʒ]

Gli esiti di /k/+ vocale anteriore si confondono con quelli di /kj/:


/ke/:CAELUM> it.cielo [tʃ], fr.ciel [s], sp.cielo [q]
/ki/:CILIA> it.ciglia [tʃ]

- Palatalizzazione di /lj/ e /nj/


L’approssimante /j/ palatalizza le consonanti /l/ e /n/ in tutte le lingue
romanze. Gli esiti sono:
- /lj/ e /nj/>/ʎ/ per la laterale e /ɲ/ per la nasale, entrambe geminate
- In spagnolo /lj/ passa da [ʎ] a [x]
FOLIAM> it.foglia [ʎʎ], fr.feuille [ʎ], sp.hoja [x]
VINEAM>it.vigna [ɲɲ], fr.vigne[ɲ], sp.viña [ɲ]
- Mentre in sardo il risultato è /lj/ e /nj/>[dz]: FILIA> fizza; VINEA>
binza

- Palatalizzazione di /sj/

25
/sj/>[ʃ] in rumeno; in italiano vi è stata una reinterpretazione di [ʃ] in
posizione intervocalica come allofono di /tʃ/: BASIARE>it.bacio [tʃ], fr.baiser
[z], sp.besar [s] (in spagnolo e francese non si verifica la palatalizzazione di
/s/ )
Nelle forme protoghesi queijo e beijo il punto di partenza è la metatesi
[sj]>[js]; /j/ ha poi assimilato tanto la vocale precedente ([aj]>[ej]), quanto la
consonante successiva [jz]>[jʒ]

Il gruppo latino /rj/:


- In italiano /rj/>/j/: AREAM>it.aia [j]; CORIUM> it.cuoio
- Per altre lingue la metatesi /rj/>/jr/: AREAM>fr.aure [jr];
CORIUM>fr.cuir

I gruppi bilabiali /pj bj wj mj/ :


- hanno esito palatale in francese e occitano: SEPIAM> fr.sèche [ʃ],
occ.sapcha; RABIAM>fr.rage [ʒ], occ.rauja,
- in italiano si è conservato il gruppo con geminazione della
consonantica: SEPIAM> seppia[ppj]; RABIAM>rabbia [bbj]

- Palatalizzazione di /ka/ e /ga/


Solo in francese e nelle varianti settentrionali dell’occitano le consonanti
velari /k/ e /g/ palatalizzano se seguite dalla vocale centrale /a/:
/ka/>[ʃ] : CAMPUS> fr.champ (it.campo [ka])
/ga/>[ʒ]: GALLINAM>a.fr.geline (it.gallina [ga])

Le geminate /ll/ e /nn/:


in spagnolo e catalano in posizione intervocalica si palatalizzano in [ʎ] e [ɲ]:
VALLE>sp.valle, cat.vall; ANNU> sp.año, cat.any.
In catalano e in alcuni dialetti asturiani la palatalizzazione della /l/ avviene
anche in posizione iniziale di parola: LACTE>cat.llet, ast.lleche;
LUMBU>cat.llom, ast.llombu

Nelle varietà spagnole meridionali e nella maggior parte del dominio


linguistico ispanoamericano si verifica lo yeísmo che è un cambio fonetico
che consiste nel pronunciare allo stesso modo "y" (/ʝ̞/ o [ʝ̞]~[ɟ͡ʝ]~[ʤ]~[ʒ]~[ʃ])
e il digramma "ll" (/ʎ/).

- Palatalizzazione dei gruppi consonantici /kt/, /ks/, /gn/


/kt/:
In francese /kt/>/j/à NOCTE> nuit
In italiano c’è stata l’assimilazione /kt/>/tt/à notte
In spagnolo /kt/> /tʃ/à noche

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/ks/:
in francese, spagnolo, occitano /ks/> /j/: MAXILLA> a.fr.maisselle,
a.sp.maxiella
in italiano /ks/>/ʃ/: mascella; /ks/> /ss/: SAXU>sasso

/gn/> /ɲ/ e depalatizzazione in francese moderno: LIGNU> it.legno,


sp.leño,

In rumeno questi tre gruppi consonantici hanno esito di forme labializzate:


NOCTE> noapte; LIGNU>lemn

- Palatalizzazione dei gruppi consonatici con /l/


I gruppi consonantici con /l/ possono restare immutati o evolvere in
direzione palatale, con esiti diversi anche per la stessa lingua:
- In italiano lo sviluppo /l/> /j/ nei gruppi consonantici è generale, in
rumeno si dà solo nei gruppi con consonante velare /kl/ e /gl/;
- Lo spagnolo e il portoghese palatalizzano rispettivamente in [ʎ] e [ʃ]<
/kl/, /pl/, /fl/
CLAVEM> it.chiave [kj], rum.cheie, sp.llave [ʎ], port.chave [ʃ];
PLENUM>it.pieno [pj], sp.lleno[ʎ], port.cheio [ʃ];
FLAMMAM> it.fiamma, sp.llama, port.chama;
GLACIA>it.ghiaccio
BLANCUM>it.bianco.

Dopo consonante o in posizione intervocalica gli esiti possono essere diversi:


AMPLUM>it.ampio, sp.port.anchi;
VECLUS> it.vecchio, sp.viejo, port.velho

Risalgono a tempi più recenti la palatalizzazione di /t/ e /d/ davanti a


/j/ nel francese del Quebec (amitié [ami’tʃe] ‘amicizia’, canadien [kana’dʒ]
‘canadese’) e davanti a /i/ ne portoghese del Brasile (cidade [si’dadʒi] ‘città).

La lenizione
Questo processo che trasforma il sistema consonantico latino nel passaggio
alle lingue romanze non interessa tutte le lingue romanze, in genere il
fenomeno non si riscontra nelle lingue romanze occidentali (italiano e
romeno). La lenizione è l’indebolimento delle consonanti, cioè si tratta di una
perdita della loro forza consonantica, misurata in una scala che vede a un
estremo le occlusive e all’altro le approssimanti (queste ultime sono quasi
delle vocali (semivocali)).
Questo indebolimento riguarda principalmente le consonanti occlusive
intervocaliche (posizione che di per sé è già debole) (la consonante /p/ in

27
posizione intervocalica in spagnolo è sottoposta a lenizione CAPRAM>
sp.cabra).
Il processo di lenizione comprende:
- La degeminazione delle sorde geminate /pp tt kk/> [p t k];
- La sonorizzazione delle sorde semplici /p t k/> [b d g]
- La fricativizzazione delle sonore /b d g/> [β d g ]
il processo nella sua interezza coinvolge le lingue dell’area iberoromanza,
galloromanza, retoromanza e italoromanza settentrionale, con l’eccezione di
alcuni dialetti aragonesi e guasconi. Gli esiti sono:
CAPPONEM> port.capao, sp.capón, cat.capó, occ.capon, fr.chapon,
friul.cjapon
CATTUM> port.gato, sp.gato, cat.gat, occ.cat, fran.chat, friul.gjat
SACCUM> port.saco, sp.saco, cat.sac, occ.sac, fr.sac, friul.sac
SAPERE> port.saber, sp.saber, cat.saber, occ.saber, fr.savoir….
AMICUM> sp.amigo

5.5 Sviluppi del consonantismo romanzo


In francese le affricate /ts dz tʃ dʒ/ diventano fricative > /s z ʃ ʒ/ tra il XII e XIII
secolo. Risale al XVIII secolo lo sviluppo [ʎ ]> [j]. Si hanno importanti
cambiamenti nelle consonanti in posizione finale di parola, che si
desonorizzano o cadono.

Il sistema delle sibilanti spagnole e portoghesi sperimenta tra il XVI e XVII un


riassetto complessivo. Inizialmente era costituito dalle consonanti fricative e
affricate / s z ts dz tʃ ʃ ʒ/.
Gli esiti del processo non sono uniformi:
spagnolo medievale /s/ /z/ /ts/ /dz/ /ʃ/ /ʒ/ / tʃ/

spagnolo moderno /s/ /q/ /x/ / tʃ/

Portoghese medievale /s/ /z/ /ts/ /dz/ /ʃ/ / tʃ/ /ʒ/

Portoghese moderno /s/ /z/ /ʃ/ /ʒ/

Nel giudeospagnolo gli esiti coincidono in parte con quelli del portoghese:
/ts/ si confonde con /s/ e /dz/ con /z/ (entrambe dentali), perdendosi
l’articolazione affricata, mentre /ʃ/,/ tʃ/ e /ʒ/ restano immutati.
Il rotacismo
Uno dei fenomeni del consonantismo è il rotacismo che è di diffusione
parziale tra le lingue romanze.
In rumeno si verifica in posizione intervocalica /l/>/r/: GULA> gura ‘gola’,
MOLA>moara; in portoghese si può avere lo stesso esito nei nessi
consonantici lat. /pl/ e /bl/: PLACERE>prazer, BLANCU>branco ‘bianco’. In
sardo c’è rotacismo di /s/ davanti a consonante sonora in fonosintassi
28
(insieme dei processi fonetici e fonologici che investono le parole in contesto
di frase): sas domos [sar]. Il rotacismo si incontra anche in vari dialetti
italoromanzi e ispanoromanzi: piede>nap.pere, coltello> rom.cortello ecc.
Altro fenomeno è l’articolazione retroflessa, cioè con l’apice della lingua
flesso all’indietro, che ritroviamo in sardo, siciliano, calabrese e alcune varietà
di spagnolo europeo e americano.
In sardo e corso meridionale abbiamo /ll/>[d]: cavallo> cavaddu; nelle
varietà meridionali estreme /tr/>[ts]: padre> patri [patsi]

5.6 Le consonanti finali


Le consonanti latine, in posizione finale di parola, sono per la maggior parte
dei casi scomparse nelle lingue romanze.
La /-m/ dell’accusativo sinagolare, in età imperiale non si pronuncia
quasi più, per questo motivo quando si indica l’etimo latino di una forma
romanza, normalmente al caso accusativo, si pome la lettera -M tra paretesi:
CAMPRA(M). Nelle lingue romanze si conserva la nasale finale, per lo più di
articolazione alveolare, solo nei monosillabi: REM>fr.rien, TUUM> fr.ton; il
portoghese ha invece la bilabiale; com, quem.
La /-t/ della terza persona singolare e plurale, la scomparsa è molto
più tarda e se ne trovano tracce nei testi più arcaici di area iberoromanza e
galloromanza.
La /-s/ dell’accusativo plurale di nomi e aggettivi e desinenza della
seconda persona singolare del verbo, si conserva nelle lingue dell’area
iberoromanza, galloromanza, retoromanza e in sardo: LUPOS> port.sp.lobos,
cat.llops; CANTAS> port.sp.occ.sd.cantas. In italiano, in rumeno e nei dialetti
italoromanzi centro-meridionali è scomparsa ed è avvenuta la
vocalizzazione di
/-s/ nel plurale dei nomi e degli aggettivi e della desinenza della 2sg:
rum.it.lupi, it.canti. La vocalizzazione è inoltre evidente nei monosillabi:
NOS>it.noi; VOS>it.voi; POS(T)> poi; DAS>dai; STAS>stai.

La desonorizzazione delle consonanti sonore


In catalano, occitano, francese e retoromanzo le consonanti occlusive e
fricative in posizione finale di parola sono sempre sorde. Si ha quindi un
processo di desonorizzazione delle consonanti originariamente sonore,
quando vengono a trovarsi in posizione finale per l’apocope della vocale
seguente: cat.llop ‘lupo’, occ.amic ‘amico’.

Il raddoppiamento fonosintattico
Il dileguo della consonante finale ha lasciato delle tracce in italiano e francese.
In italiano alcuni monosillabi derivanti da forme latine con consonante finale
(AD>a; TRES>tre; IAM>già; EST>è; PLUS> più; QUID> che) hanno

29
acquisito la proprietà di geminare la consonante successiva: che credi? [ke
‘kkredi], più vino [pju ‘vvino]. Da questo nucleo di parole, l’accento p stato
reinterpretato come fattore scatenante del raddoppiamento, esteso poi a
monosillabi tonici (ho, do, può) e i polisillabi ossitoni (così, città, verrò) e
anche polisillabi parossitoni (qualche, ogni, dove).
In francese questo fenomeno si verifica nella liaison.

Capitolo 7: Il lessico delle lingue romanze


7.1 Il lessico di origine latina
Il lessico delle lingue romanze è in gran parte di origine latina e costituisce un
importante elemento di continuità diacronica che accomuna l’intera area
romanza, seppure in modo non uniforme.
Le parole latine ereditarie delle lingue romanze sono oltre 7000, solo il 15%
delle 50.000 presenti nel Thesausus Linguae Latinae, il monumentale
dizionario che raccoglie l’intero patrimonio lessicale latino dalle origini al VI
sec d.C. esiste però una correlazione tra il tasso di stabilità delle parole e la
loro frequenza d’uso, cioè le parole più comuni sono quelle che hanno più
probabilità di tramandarsi da una generazione all’altra, rispetto a quelle più
rare. L’alta frequenza d’uso delle parole non ha però impedito la scomparsa di
voci comunissime latine, come EQUUS ‘cavallo’, IGNIS ‘fuoco’. Tra le varie
cause che contribuiscono alla perdita di una parola vi sono la scarsa
consistenza fonetica e l’isolamento morfosemantico, inoltre anche i
cambiamenti socioculturali provocano il rinnovamento del lessico, ad
esempio si è persa buona parte della terminologia militare latina (BELLUM
‘guerra’, GALEA ‘elmo’) ed è stata sostituta da prestiti da altre lingue (guerra e
elmo sono germanismi). I campi lessicali che mostrano maggiore stabilità nel
passaggio dal latino alle lingue romanze sono quelli della Parentela (PATER,
MATER…); delle Parti del corpo (BUCCA, DENS, LINGUA); degli Animali
(CAPRA; LUPUS); dell’alimentazione (PANIS, FARINA); dell’artigianato; del
tempo e del calendario (APRILIS, DOMINICUS ecc).
Ma anche nei campi lessicali più stabili si verificano delle innovazioni, per
esempio PATER e MATER si sono conservati nella maggior parte delle lingue
romanze, ma in rumeno e in sardo si conservano gli esiti di TATA; MAMMA e
BABBUS, voci del linguaggio infantile, forse di origine onomatopeica; oppure

30
in italiano ‘frate’ continua nella forma latina FRATER, ma ha acquisito un
significato diverso, cioè quello di ‘membro di un ordine religioso’.
Le lingue romanze continuano la base lessicale latina SOCER o più spesso
SOCRUS (it.suocero), nessuna lingua, però, ha conservato la distinzione tra lo
zio materno (AVUNCULUS) e lo zio paterno (PATRUUS).
Per quanto riguarda i meccanismi di innovazione, questi spesso si possono
verificare in una situazione latina d’abbondanza lessicale, cioè di uno stesso
concetto vi sono più parole sinonime o quasi sinonime. Ad esempio, della
parola latina EQUUS ‘cavallo’ si affianca CABALLUS con il significato
ristretto di ‘cavallo da tiro’, dei due solo il secondo ha avuto continuazione
nelle lingue romanze, curiosamente il femminile EQUA ha avuto un seguito
nella maggior parte delle lingue romanze, tipo in spagnolo (yegua), tranne in
italiano dove è sostituita da cavalla o giumenta (<IUMENTUM ‘bestia da
soma’).
In altri casi fra più parole latine appartenenti allo stesso dominio nozionale
sopravvivono quelle che hanno maggiore espressività: la voce latina
FLERE ‘piangere’ è andata perduta, mentre hanno continuatori le parole
PLORARE ‘lamentarsi’ (fr.pleurer) e PLANGERE ‘battersi il petto per il
dolore’ (it.piangere); analogamente LOQUI ‘parlare’ è scomparso, ma si è
perpetuato l’uso di FABULARE ’chiacchierare’ e PARABOLARE, formatosi dal
grecismo PARABOLA (it.parlare).
Spesso i diminutivi di valore vezzeggiativo hanno finito per sostituire nelle
lingue romanze le stesse basi lessicali da cui derivano: AGNUS ‘agnello’ >
AGNELLUS ‘agnellino’> it.agnello.
Le innovazioni lessicali possono procedere anche per slittamenti semantici di
tipo metonimico o metaforico: la metonimia si basa sulla contiguità
spaziale, temporale o casuale, vediamo infatti che il termine latino BUCCA
‘guancia’, nella maggior parte delle lingue si è conservato con il significato di
‘bocca’, ma per designare bocca si utilizzava GULA, oggi termine per ‘gola’; la
metafora utilizza il principio di similarità tra concetti appartenenti a domini
nozionali e contesti d’uso diversi. Così i continuatori del lat. TESTA ‘anfora,
vaso di terracotta’, oggi nelle lingue romanze hanno sostituito o affiancato
quelli di CAPUT ‘capo (in senso anatomico)’.
Interessante è il rumeno, il quale conserva voci ereditarie latine con un
significato andato perduto nelle altre lingue romanze, come buca ‘guanca’ e
teasta ‘cranio’, questo dovuto all’isolamento della Dacia nella fase tardolatina.

Il lessico delle lingue romanze, oltre alle parole latine ereditarie, include
anche un gran numero di parole latine di trasmissione indiretta ai quali si dà
il nome di latinismi, che potremmo considerare dei prestiti del latino scritto.
I latinismi sono molto più abbondanti delle parole ereditarie, comprendono
circa l’86 % delle 35.000 parole di etimo latino del Grande dizionario italiano
dell’uso (GRADIT). I latinismi rappresentano, quindi, una buona parte del
lessico complessivo delle lingue romanze, ma il loro uso è specifico, tocca

31
campi come la medicina, la filosofia, il diritto ecc. La loro abbondanza è
dovuta al ruolo multisecolare che il latino ricopre in Occidente, cioè di lingua
di cultura. I latinismi delle lingue romanze sono di tipo diverso, vi sono:
- I latinismi non adatti, cioè parole che non appartengono alla
fonetica e alla morfologia delle lingue romanze, sono quindi de veri e
propri prestiti moderni, uguali in tutte le lingue, come ‘corpus’ per
raccolta completa, ‘curriculum’ (carriera), ‘deficit’, plenum per riunione
plenaria;
- I latinismi adatti, che hanno subito un adattamento fonologico e
morfologico.
A livello formale i latinismi si distinguono dalle forme patrimoniali, più
conservative: OCULUS e AURICULA hanno continuatori patrimoniali
(it.occhio, orecchia), mentre gli aggettivi OCULARIS e AURICOLARIS hanno
continuatori colti (it.oculare, auricolare).
Esistono inoltre gli allotropi (parole di una lingua formalmente
differenziate, ma riconducibili allo stesso etimo): fra i continuatori di CAUSA
troviamo le forme ereditarie it.sp. cosa e le forme di trafila colta, it.sp.causa.
sono allotropi le forme it.mezzo e medio, riconducibili alla forma latina
MEDIUS. Un caso particolare è costituito dai semicultismi, quelle parole
cioè trasmesse oralmente dal latino alle lingue romanze, ma che per influenza
del latino scritto hanno subito solo parte dei mutamenti fonetici propri delle
parole ereditaria. Tra i riflessi di SAECULUM e MIRACULUM, troviamo i
latinisimi it.secolo e miracolo, i semicultismi fr.siècle, miraclee sp.siglo,
miragolo.

7.2 I prestiti
Con il nome prestiti o esotismi ci si riferisce alle parole straniere utilizzate in
una lingua diversa da quella di origine. I prestiti sono i risultati di processi di
interferenza linguistica verificatasi in seguito al contatto fra utenti di lingue
diverse. Queste interferenze avvengono più intensamente a livello lessicale,
ma le troviamo anche a livello fonologico, morfologico e sintattico. Le parole
trasmesse da una lingua possono avere per referenti nozioni nuove (bambù,
caffè, zen) o già esistenti nella comunità linguistica (folklore, killer, leader,
shopping). I primi sono considerati ‘prestiti necessari’, le seconde ‘prestiti di
lusso’, ma in generale non esiste nessuna necessità, in quanto ogni lingua
possiede in sé risorse capaci di creare nuove denominazioni (si pensi al
termine patata di origine americane in francese è chiamata ‘pomme de terre’,
cioè mela della terra). I prestiti sono in genere sostenuti dal prestigio sociale
di cui gode, per diversi motivi, la lingua di partenza.
I prestiti sono normalmente parole lessicali (più sostantivi che verbi e
aggettivi), sono rari i casi di parole funzionali.
Essi sono normalmente adattati dal punto di vista fonomorfologico alla lingua
di arrivo ad es. in it.ristorante dal fr.restaurant, ma è diventata pratica

32
comune introdurre prestiti non adattati, detti forestierismi, come film,
guru, kebab, totem, yogurt.
Ai prestiti entrati in una lingua per via scritta si dà il nome di prestiti colti o
libreschi. In questa categoria rientrano i latinismi affluiti nelle lingue
romanze e i grecismi, che il lessico latino e tardo aveva già assorbito, passati
poi alle lingue romanze. i grecismi sono dei neologismi formati a partire da
dei morfemi che funzionano come prefissi o suffissi (auto- , neo-, micro-,
geo-, filo-).
Oltre per via scritta, nelle lingue romanze riscontriamo una gran varietà di
prestiti diffusisi per via orale. Tra questi ricordiamo:
- I germanismi medievali, arrivati tramite i molteplici contatti
intrattenuti dal mondo romano con diverse tribù germaniche;
- I bizantismi, parole trasmesse per via orale dal greco medievale alle
lingue romanze;
- Gli arabismi, che costituiscono una componente importante del
lessico iberoromanzo;
- Gli americanismi, penetrati in spagnolo e in molte altre lingue a
seguito delle esplorazioni e della conquista del continente americano da
parte di spagnoli, inglesi, francesi;
- I germanismi moderni, nuovo contingente di parole di origine
tedesca e inglese diffusisi tra il 700 e l’800;
- Gli slavismi del rumeno.
Si parla invece di prestiti interni per quanto riguarda il passaggio di parola
da una lingua romanza all’altra. A questa categoria appartengono:
- I francesismi appartenenti, in particolari quelli di età moderna, ai
domini nozionali più diversi (bureau; elite)
- gli occitanismi, nati grazie al successo internazionale della lirica
trobadorica che portarono le lingue romanze ad incorporare varie voci
dell’occitano medievale;
- gli italianismi di ambito commerciale e marinaresco, veicolati da
alcuni volgari italiani (banca, debito, bussola, ciurma) e di ambito
artistico e culturale diffusi a partire dal 500 (balcone, burlesco,
caricatura, sonetto);
- gli ispanismi: duranti i c.d siglos de oro della civiltà ispanica, il lessico
romanzo accoglie una buona quantità di parole spagnole (brío, crianza,
zarabanda)
- i catalanismi: numerose parole catalane penetrano nello spagnolo e
nei dialetti italoromanzi delle regioni sotto il dominio aragonese (come
nap.riggiola ‘mattone’ e sic.capuliari ‘tagliuzzare’;
- i protoghesismi, di numero esiguo nelle lingue romanze, ma il
portoghese si è fatto veicolo di prestiti da lingue esotiche (banana dalla
Guinea, macaco, piranha, catamarano).

33
7.3 Le neoformazioni romanze
Un’altra componente del lessico romanzo è costituita da parole formate
tramite meccanismi di derivazione e composizione a partire da basi lessicali
latine o esotiche.
I processi di derivazione consistono nella formazione di parole nuove
attraverso l’aggiunta di un affisso, a questo si dà il nome di prefisso se si
trova a inizio parola, di suffisso se si trova a fine di parola.
La maggior parte dei prefissi romanzi sono prestiti dal latino (ex-,re-,in-) o
dal greco (neo-,geo-) ed esprimono localizzazione spaziale (sottobosco) o
temporale (preistorico), negazione (inutile), ripetizione (rileggere), possono
avere valore accrescitivo (megasconto), diminutivo (microorganismo) ecc.
I prefissi lasciano intatta la categoria lessicale della basa a differenza dei
suffissi che possono, invece, determinare un cambiamento: da un nome si può
formare un aggettivo (odoreà odoroso9, da un verbo può diventare un nome
(coltivareà coltivazione) ecc. I suffissi derivazionali nelle lingue romanze, di
numero maggiore rispetto ai prefissi, sono principalmente di origine latina
(-bilis, -tor,-arius), da cui giungono per tradizione diretta o colta; i suffissi
possono essere prestiti di lingue romanze (fr.-age,it.-occio,sp-azo) o
germaniche (-ing,-isk). I suffissi formano nomi di azione (allenamento), di
qualità (gentilezza), di luogo (lavanderia), di agente (cacciatore), nomi astratti
(ottimista), verbi (simpatizzare), inoltre i suffissi hanno la funzione di alterare
i nomi (poetastro), aggettivi (piccoletto), verbi (canticchare). La categoria più
diffusa dei suffissi è quella dei diminutivi, molto usati in alcune lingue
romanze, come il latino e lo spagnolo, mentre altre lingue preferiscono forme
perifrastiche: it.alberello, sp.arbolito, fr.petit arbore.
Si possono formare parole nuove anche attraverso processi di derivazione
senza aggiunta di affissi, in questo caso si parla di conversione: ad esempio
la nominalizzazione di aggettivi, di verbi ecc.
Altro meccanismo per la formazione di parole nuove è la composizione,
cioè la combinazione di due o più parole, il cui significato è il risultato
dell’interazione fra i significati dei due costituenti. Questo meccanismo è
ampiamente usato nelle lingue romanze per formare parole funzionali
(it.tuttavia) e parole lessicali (apriscatole). I composti romanzi più comuni
sono quelli nati dall’unione di aggettivi e dalla combinazione di un verbo e un
nome (portabandiera). Riguardo all’ordine delle parole nei composti, le lingue
romanze prediligono la ramificazione a destra, quindi il verbo precede il nome
e il nome l’aggettivo.

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