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Medioevo: le spezie

Le spezie nel Medioevo, tra realtà e immaginario


Poche cose, nel Medioevo, hanno riscosso tanta fortuna come le spezie. I loro
colori, i loro profumi e i loro intensi sapori, hanno stimolato nell’immaginario
medievale immagini di sacro e di profano, di terre lontane e di misteri,
immagini capaci di far compiere all’uomo una delle più grandiose spedizioni
della storia, quella della ricerca della “Via per le Indie”.

Il concetto di spezie nel Medioevo è assolutamente lontano da quello che


abbiamo oggi; queste non erano solo un aroma utilizzato strettamente
nell’alimentazione ma molto di più. L’uso delle spezie aveva una vastissima
applicazione che andava dal campo farmaceutico a quello alimentare passando
da quello sacro-rituale e simbolico, non tralasciando quello sociale. Inoltre, non
erano compresi in questa definizione solo sostanze vegetali quali semi, bacche,
foglie e cortecce, come accade oggi, ma anche animali e minerali.
Queste erano le spezie nel Medioevo: qualcosa di profumato, raro e costoso,
terapeutico e miracoloso, sacro e immorale, proveniente da terre avvolte nella
leggenda conosciute con il generico nome di Indie. Ma perché le spezie erano
così preziose per l’uomo medievale?

I lunghi viaggi dei mercanti di spezie


Innanzitutto per una questione di costi: il commercio delle spezie avveniva
in modo indiretto. Gli occidentali non raggiungevano i luoghi di produzione
delle spezie per acquistarle, ma si recavano ai grandi mercati del Medio
Oriente, i cui mercanti facevano da mediatori tra produttori e consumatori.

Questo ovviamente portava ad un aumento dei costi di vendita, esaltato,


inoltre, dai lunghi viaggi affrontati da entrambe le parti, viaggi spesso conditi
da fantastiche leggende legate ai luoghi di crescita e ai metodi di raccolta delle
diverse spezie, pericolosi per la stessa vita dei mercanti e popolati di animali e
personaggi fantastici. Una curiosa leggenda riguarda ad esempio la raccolta del
pepe, una delle spezie più apprezzate.

Secondo i racconti dei mercanti medio orientali, esisteva un’isola nelle Indie,
completamente ricoperta da foreste di pepe e popolata da mostruosi serpenti,
che avevano il potere di tramutare in pietra gli esseri umani solo con il loro
sguardo. Al mercante restava, quindi, di incendiare completamente le foreste
per mettere in fuga questi strani e pericolosi esseri, ma facendo ciò, si
sarebbero distrutti ettari ed ettari di foresta, rendendo difficile
l’approvvigionamento di pepe nel futuro. Prova di questa impresa, era lo stesso
aspetto del pepe: nero e rugoso per via del fuoco. Ed è così che, condizioni
ardue, difficoltà di approvvigionamento e mistero, rendevano questo prodotto
così prezioso e desiderato.

Spezie, simbolo di nobiltà


Proprio per gli alti costi, le spezie ben presto divennero un simbolo di status
nella società medievale e coloro che potevano permettersi di acquistarle non
rinunciavano ad ostentare in modo smisurato le loro capacità economiche,
soprattutto durante i banchetti.

Si poteva assistere, così, a portate coloratissime e profumatissime, dove le


spezie, in abbondanza, quasi del tutto coprivano l’aspetto e il sapore originario
dei cibi. Si diffuse una moda che prevedeva di servire piatti caratterizzati di
colori caldi nelle stagioni invernali, con colori freddi nei mesi estivi. Principe
dell’inverno, per cui, era lo zafferano, che, con il suo colore dorato, conferiva un
sapore di regalità ai piatti dei nobili, a differenza del coriandolo, con il suo
colore e sapore fresco, che caratterizzava le fantasiose ricette estive.

Il concetto dello stupore e dell’importanza estetica delle portate a scapito del


gusto, scomparirà completamente nel Rinascimento , fino ad oggi in cui del
tutto estraneo, diventando l’uomo così attento ad esaltare, con erbe e spezie,il
sapore naturale dei cibi nella cucina.
Spezie e medicina medievale: la teoria dell’equilibrio di
Galeno
Ma la cucina e le sue ricette non mescolavano casualmente gli alimenti. Con
una precisione farmaceutica, vi era l’attenzione ad accostare tra loro le
sostanze che rispondevano a determinate proprietà, seguendo fedelmente la
teoria degli umori di Galeno. Secondo questa teoria, l’uomo era costituito da
quattro umori fondamentali, che rispondevano esattamente all’ordine dei
quattro elementi dell’universo.

Questi umori erano: il sangue, corrispondente all’aria, che aveva le


caratteristiche del caldo e umido; la bile gialla, corrispondente al fuoco, con le
caratteristiche del caldo e secco; la bile nera, corrispondente alla terra, con le
caratteristiche del freddo e secco; la flemma, corrispondente all’acqua, con le
caratteristiche del freddo e umido. Ogni individuo aveva un personale equilibrio
di umori che ne determinava la personalità, il “temperamento”.

L’equilibrio di questi umori determinava la buona salute della persona, ed è qui


che entrano in gioco le spezie. Queste, avendo la caratteristica del caldo e
secco, tendevano a “neutralizzare” cibi troppo freddi, o troppo umidi, che
avrebbero “ristagnato” e “putrefatto” all’interno del corpo, diventando causa di
malesseri e avvelenamenti. Nel medioevo, infatti, l’ igiene “interna” al corpo
era fondamentale nell’ educazione alimentale. A questo scopo, le spezie
venivano servite nelle diverse portate, da sole a fine pasto, caramellate, sotto
forma di confetti, nelle bevande. Famosissimo, a questo punto il cosiddetto
Vino di Ippocrasso o Vin concio: vino rosso o bianco, aromatizzato con miele e
spezie.

Spezie e senso del sacro


La capacità terapeutica delle spezie era dovuta però, non solo a questioni
farmaceutiche, ma aveva in sé anche qualcosa di miracoloso. Questo qualcosa
era legato principalmente all’idea di India che era radicata nell’immaginario
medievale, una India indefinita geograficamente, sconosciuta, popolata di
esseri mostruosi e meravigliosi e soprattutto terra in cui sorgeva (o si
identificava) il Paradiso Terrestre. Un’antica descrizione dell’Oceano Indiano, ce
lo presenta così:

“mare delle isole indiane dove si trovano le spezie. In questo mare navigano
navi di molte nazioni. Qui si trovano anche tre tipi di pesce chiamati Sarenas,
dei quali uno è metà donna metà esce e l’altro è metà donna e metà
uccello.”(1)

Lo stesso profumo che emanavano le spezie richiamava alla mente il senso del
sacro: profumata era l’aria che si respirava nel paradiso secondo alcune fonti,
profumate erano le reliquie dei santi, spezie ed erbe profumate venivano
bruciate o offerte alle divinità come omaggio, profumi intensi si avvertivano
quando il sacro si manifestava all’uomo, immagini, queste, che sono continuate
nei secoli, fino ad arrivare a noi.
I monaci: spezie e immoralità
Contrapposto al senso del sacro e del miracoloso, però, vi era il lato oscuro
delle spezie, simbolo del piacere dell’effimero, dell’ingordigia,
dell’ostentazione. Severamente vietato era il consumo delle spezie agli uomini
di Dio, soprattutto ai monaci, che, però, come ci raccontano le fonti, non di
rado si concedevano a vini speziati e banchetti opulenti.

Nel monastero di Cluny, come ci racconta San Bernardo nella sua “Apologia”
l’appetito veniva stimolato dalle ricche e variegate portate e dalle sostanze
piccanti, che accendevano la voracità e non solo:

“Veniva servita una portata dopo l’altra e, in luogo di un unico, grande piatto di
carne, dalla quale ci si astiene, ci sono due grandi portate di pesce. E quando
tu sei sazio della prima, se tocchi la seconda, ti parrà di non aver ancora
assaggiato pesce. La ragione è che sono preparate con tale cura e maestria da
cuochi che, divorate quattro o cinque portate, la prima non chiude l’accesso
all’ultima e la sazietà non lo chiude all’appetito. Perché il palato,sin tanto che
venga stimolato da nuovi condimenti, gradualmente perde attrazione per ciò
che è familiare e viene ricondotto pieno di brama nel suo desiderio delle spezie
straniere.”(2)

San Bernardo denuncia non solo, dunque, le proprietà stimolanti di alcune


spezie, che permettevano di mangiare a dismisura anche al di fuori della
capacità del proprio stomaco, ma anche le proprietà afrodisiache di certe
spezie come lo zenzero e il pepe, certamente non consone a uomini che
avrebbero dovuto dedicare la loro vita all’astinenza e alla povertà.

Note
 (1) L’atlas Català de Cresques Abraham, Barcellona, 1975
 (2) Bernardo di Chiaravalle, Apologia ad Guillelum Abbatum, in S.Bernardi
Opera, III, Roma, 1963.

Per approfondire il ruolo delle spezie nel medioevo


 Curarsi nel medioevo: spezie ed erbe officinali
 P. Freedman 2009, Il gusto delle Spezie nel Medioevo.
 K. John 2007, La Via delle Spezie.
 T. Jack 2006, Spezie. Storia di una tentazione.
 S. Francesco 2009, La via delle spezie. La carreira da India portoghese e
la Cina.
 S. Wolfgang 1999, Storia dei generi voluttuari. Spezie, caffè, cioccolato,
tabacco, alcol e altre droghe.

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