Sei sulla pagina 1di 27

Contesto storico

Il 900 spagnolo inizia da una data fondamentale: il 1898 è l’anno in cui la Spagna perde le ultime
tre colonie che sono le Filippine, Cuba e Porto Rico; Cuba conquista l’indipendenza nel 1898
dopo una guerra che si protrae per decenni mentre Filippine e Porto Rico passano sotto il
controllo degli Stati Uniti con il Trattato di Parigi. Lo sgretolarsi dell’Impero spagnolo porta la
Spagna a vivere una crisi economica ed identitaria. I governi che si susseguono in Spagna non
sono in grado di porre rimedio a tale crisi e nemmeno la colonizzazione del Marocco compensa la
perdita delle colonie; si assiste dunque ad un periodo segnato da un profondo malcontento
sociale e da una crisi che investe ogni ambito della società e che non viene affrontata
doverosamente dal governo.

Questa crisi sfocia in quella che viene denominata “la semana tragica de Barcellona” che va dal
26 luglio al 2 agosto del 1909: è una rivolta di stampo anti-militarista, anti-clericale,
anti-colonialista che prende piede da uno sciopero organizzato dal sindacato solidariedad obrera
per protestare contro un decreto che sanciva l’invio di connazionali presso le truppe che
combattevano in Marocco. Si tratta di una settimana che porta profondo scompiglio nella città di
Barcellona con convegni, barricate, scioperi, etc. Il governo guidato da Maura decide di sedare la
rivolta con l’esercito; il risultato sarà una città devastata, 500 feriti, centinaia di morti e la
condanna a morte di cinque anarchici, tra cui Francisco Ferrer y Guardia.

Francisco Ferrer y Guardia fu un anarchico, pedagogista e libero pensatore di origine catalana il


quale fondò nel 1901 la Escuela moderna española, una scuola che promuoveva il libero
pensiero, di matrice laica e intenta a superare le barriere sociali nonché le differenze di sesso, e
che si ispirava alla scuola di Francisco Giner de los Ríos fondatore a sua volta della Institución de
la libre ensañanza ILE a Madrid nel 1876 (attiva fino al 1936) di stampo liberale che promuoveva
un’educazione progressista. Francisco Ferrer viene condannato a morte perché responsabile
della rivolta e verrà accusato in mancanza di prove, suscitando l’indignazione internazionale.

Durante la Prima guerra mondiale la Spagna manterrà una posizione neutrale, non partecipando
al conflitto, traendone benefici economici come la domanda di materie prime e di armi.

A partire dal 1923 e fino al 1930 in Spagna si instaura la prima dittatura del Novecento che è la
dittatura di Miguel Primo de Rivera, un generale che con l’appoggio del re Alfonso XIII organizza
un colpo di stato inspirandosi alla marcia su Roma di Mussolini (1922). La dittatura viene
inizialmente accolta con favore poiché Miguel Primo de Rivera è considerato un tiranno illuminato
che potrebbe modernizzare la Spagna; tuttavia si aboliranno tutti i partiti (nelle dittature si ha un
solo partito), si sospenderà la costituzione, si attuerà una persecuzione dei nazionalismi (basco e
catalano) e si imporrà la censura.

Nel 1929 con la crisi economica mondiale (la grande depressione, Wall Street, crollo delle borse)
Primo de Rivera perderà il consenso degli alleati e deciderà di esiliare in Francia, affidando il
governo al generale Berenguer che darà vita ad una dittatura denominata dictablanda (non si
tratta di una dittatura vera e propria, ma solo di un momento di transizione tra la fine della
dittatura di Primo de Rivera e le nuove elezioni che verranno convocate nel 1931).

Nel 1931 viene proclamata la seconda repubblica spagnola e le elezioni verranno vinte dal Partito
socialista operaio spagnolo PSOE; durante il primo biennio (1931-1933) si attueranno una serie
di riforme che porteranno la Spagna ad un processo di modernizzazione e di europeizzazione. Il
biennio riformista vede l’approvazione di leggi relative al suffragio universale, al divorzio, al
matrimonio civile, si garantisce la libertà di stampa, la riforma agraria (che contrasta il
latifondismo), verrà concesso lo statuto autonomo alla Catalogna, si separano Chiesa e Stato
autorizzando la libertà di culto.

Tuttavia questo processo riformista viene interrotto nel 1934 quando il centro-destra vincerà le
elezioni dando vita a quello che verrà definito biennio negro e che durerà fino al 1936; intanto il
figlio di Primo de Rivera fonda il partito di stampo nazi-fascista chiamato la falange che sarà in
seguito il partito a cui aderirà Francisco Franco. Iniziano a sparire i partiti di centro, si ha una
polarizzazione della Spagna la quale si divide in due: da un lato la destra conservatrice
appoggiata dalle oligarchie, dalla Chiesa e dall’esercito; dall’altro lato abbiamo la sinistra
repubblicana tra le cui fila ci sono anarchici e comunisti.

Si susseguono vari attentati tra cui, nel 1936, quello del deputato monarchico Carlo Soltelo che
sarà l’elemento che scatenerà la guerra civile.

Dal 1936 al 1939 la Spagna vive la guerra civile che avrà conseguenze devastanti; da un lato
abbiamo le forze guidate dal generale Franco che inizia la conquista della Spagna a partire dal
Marocco e che è appoggiato dalla Chiesa, dell’esercito e della Falange nonché dalla Germania
nazista e dall’Italia fascista; dall’altro lato i repubblicani che sono appoggiati dalla Russia e tra le
cui file si annoverano anche i brigatisti internazionali (tra cui Hemingway) che lottano per gli ideali
repubblicani.

Nel 1939 con la conquista della Catalogna da parte delle truppe di Franco si chiude la guerra
civile spagnola e con l’esodo verso il Messico di molti repubblicani civili (tra cui moltissimi
intellettuali, Machado, Max Aub, Dolores Ibarruri “la Pasionaria” dirigente del partito comunista);
Tra gli episodi cruciali ricordiamo il bombardamento della cittadina di guernica (1937), i
bombardamenti di Barcellona da parte degli italiani (1938).

Dal 1939 al 1975 si instaura la dittatura Franchista. Proprio nel 1939 viene promulgata la legge
delle responsabilità politiche con valore retroattivo (a partire dal 1934) che condanna tutti coloro i
quali hanno avuto una partecipazione più o meno diretta nella vita repubblicana. La dittatura
franchista ruota attorno ad un concetto di “ordine”: si promuove una lingua e un pensiero unici, si
aboliscono i partiti, si sospende la costituzione, si proibiscono il catalano, il basco e il galiziano.
Inoltre Franco promulgherà anche la legge di successione (1947) che stabilisce che Franco sarà
colui il quale sceglierà il proprio successore.

Tra il 1940 e il 1950 la Spagna vivrà un decennio che verrà poi ricordato come “il decennio della
fame e della miseria”; il popolo subisce le precarietà della guerra e fiorisce il mercato nero.

Durante la Seconda guerra mondiale la Spagna si mantiene neutrale per mancanza di forze
economiche e militari ma tuttavia Franco promuove una formazione militare composta da
volontari che viene ricordata con il nome di Division Azul che si forma nel 1941 e che combatte
contro la Russia comunista nel quadro delle operazioni naziste comandate da Hitler.

Nel 1950 si consolida il legame tra Chiesa e Stato e nasce il Nacional Catolicismo facendo sì che
l’intero campo dell’istruzione passi sotto il controllo della prima; inoltre si impone una censura
politica, reazionaria e religiosa. L’appoggio della Chiesa permette alla Spagna di Franco di uscire
dall’isolamento nel quale si trovava subito dopo la guerra e di godere di consenso all’estero in
quanto la Spagna ha un’immagine cattolica e anti-comunista.

Nel 1955, a sancire questa apertura della Spagna verso l’esterno, sarà l’ingresso della Spagna
nell’ONU che contemporaneamente si aprirà anche al settore turistico, anche se le libertà di cui
godranno i turisti, in realtà, non saranno possibili per gli spagnoli.

Nel 1959 nasce l’Euskadi Ta Askatasuna ETA che è un gruppo terroristico che rivendica
l’autonomia dei paesi baschi e che attua una serie di attentati che minano la stabilità della
dittatura di Franco.

Nel 1970 Franco nomina presidente del governo Carrero Blanco allo scopo di superare la crisi
garantendo la continuità del Franchismo; inoltre Franco vive una decadenza fisica e mentale in
questo periodo. Nel 1973 Carrero Blanco è vittima di un attentato organizzato dall’ETA attraverso
l’operazione Ogro.
Nel 1975 muore Franco il quale aveva nominato come successore il re Juan Carlos che,
nonostante il giuramento prestato al franchismo, accompagna la Spagna in un processo di
transizione e verso le elezioni convocate nel 1977.

Nel 1978 entra in vigore come forma di governo la monarchia parlamentare.

Nel 1982 vince le elezioni il PSOE capeggiato da Felipe Gonzales ed è l’anno in cui finisce il
processo di transizione, segnato da chiaroscuri e dalla volontà di cancellare il passato
promulgando alcune leggi come la legge di amnistia sui prigionieri politici sporcatisi di delitti
umani, si sancisce un patto informale che viene definito “Il patto dell’oblio” a discapito di un vero e
proprio sacrificio storico.

Nel 2007 nasce la necessità di fare luce sugli orrori della guerra civile e sull’orrore della dittatura
dunque viene promulgata la Legge della memoria storica sotto il governo di José Luis Rodriguez
Zapatero; è la prima legge che condanna apertamente il franchismo.

Si riabilita la storia riconoscendo le vittime della guerra con la riesumazione delle fosse comuni,
attraverso l’indagine delle condizioni delle prigioni della dittatura franchista, attraverso la messa in
luce de Los ninos robados del franchismo.

La generazione del 1898

La generazione del ‘98 si concentra intorno alla questione identitaria scaturita dal disastro di
ordine sociale, economico e politico derivante dalla perdita delle ultime tre colonie spagnole
(Cuba, Filippine, Porto Rico).

È un gruppo di autori che si interroga sulla questione della Spagna e dell’identità spagnola
stabilendo un legame tra la terra di Spagna e lo spirito degli spagnoli; in particolare oggetto della
contemplazione meditativa di questi autori è il paesaggio di Castiglia che rappresenta
simbolicamente la Spagna, ovvero il cuore della nazione. All’interno di questo paesaggio
rintracciano l’essenza dello spirito dell’uomo spagnolo.

Gli autori che appartengono a questa generazione si interrogano sul perché del declino spagnolo,
sulle origini, sulle radici della decadenza sancita dal desaster del 1898 e tuttavia sognano una
Spagna migliore.

Tra i temi che vengono affrontati ricordiamo quello della patria, la questione dell’identità, lo spirito
castigliano, la speranza di una Spagna futura ideale e migliore e il recupero di alcuni simboli
letterari come la figura di Don Quischotte che verrà ripresa sia da Unamuno che da Azorin.

I due nuclei intorno ai quali si costruisce l’opera di questi autori sono la critica della realtà
presente e passata, e la costruzione di un mito di Spagna.

Gli autori che compongono la generazione del ‘98 sono Miguel de Unamuno, Pio baroja, Antonio
Machado, Azorin (pseudonimo di Jose Martinez Ruis).

Miguel de Unamuno nasce a Bilbao nel 1864 ed ha una formazione storico-filosofica. È uno dei
massimi rappresentanti di questa generazione; è stato un grande filosofo, saggista, romanziere e
rettore dell’università di Salamanca ma a causa della sua critica nei confronti della dittatura di
Primo de Rivera viene mandato al confino alle Canarie e, dopo aver ottenuto l’amnistia, decide di
esiliarsi in Francia per rientrare in Spagna solo dopo la morte di Primo de Rivera; nel 1931
(seconda repubblica) torna a ricoprire il ruolo di rettore ma verrà nuovamente destituito nel 1936
a causa delle violente proteste contro il regime franchista, anno in cui muore.

Unamuno introduce un concetto fondamentale che verrà poi assimilato anche da altri autori,
ovvero quello di Hintraistoria, in opposizione al concetto di storia.
La storia rappresenta per Unamuno ciò che è fugace, passeggero, superficiale e visibile,
occasionale, artificioso e da qui deriva il concetto di “nazione”. L’hintrastoria rappresenta ciò che
è permanente, eterno, stabile, autentico, profondo e vero, ciò che non è visibile ma che
rappresenta l’essenza; da questo concetto deriva la nozione di “popolo”.

Esiste quindi, secondo Unamuno, un presente storico e un presente intrastorico. È un concetto


che viene esposto all’interno di una raccolta chiamata “En torno al casticismo” del 1895.

Azorín è un autore con formazione in campo filosofico, fu un politico, un saggista e un giornalista.

Fa suo il concetto di Hintrastoria unamuniano e lo rielabora in maniera peculiare: secondo lui, i


fatti grandi sono una cosa, i fatti piccoli sono un’altra; passano alla storia i primi e si disprezzano i
secondi, ma tuttavia sono i secondi che servono a formare la trama sottile della vita quotidiana e
quindi a dare un senso all’appartenenza dell’uomo al mondo.

Azorín è l’autore di una raccolta di articoli di un volume intitolato Castilia di chiara ispirazione
unaminiana: è una raccolta del 1912 in cui l’autore dipinge la propria immagine del paesaggio
castiliano e dove, dice nel prologo, almeno un segmento dello spirito castiliano. Lo fa dando
rilievo a questi “fatti insignificanti” catturando l’istante fugace rendendolo eterno ed isolandolo
esteticamente attraverso la vocazione ricreatrice; le caratteristiche del paesaggio riflettono
l’essenza dello spirito spagnolo.

Antonio Machado nasce nel 1875 e muore nel 1939. Il 1939 è l’anno dell’inizio della dittatura di
Franco e questo autore rientra in quelle migliaia di spagnoli che attraversano il confine cercando
riparo all’estero; muore infatti proprio dopo aver attraversato il confine con la Francia.

È stato un autore repubblicano, militante, attivo durante gli anni della guerra civile.

La raccolta Campos de Castilia, pubblicata nel 1912 e ristampata ampliata nel 1917, sancisce
l’appartenenza di Machado alla generazione del ‘98 e che segna anche un distacco dalla poetica
modernista. All’interno di questa raccolta di poesie troviamo dei veri e proprio quadri di paesaggi
che provocano al poeta delle meditazioni sulla realtà spagnola.

Soria è lo sfondo di questi quadri lirici che compongono la raccolta, in cui ritroviamo il tema del
paesaggio e il tema della patria nonché il desiderio della nascita di una Spagna nuova.

Il modernismo

Si tratta di un’etichetta che mette in primo piano la crisi dei modelli epistemologici di stampo
positivista e il diffondersi delle filosofie nichiliste. Parliamo di crisi di fine secolo che riguarda tutti i
paesi europei, compresa la Spagna, ed è una categoria complementare a quella della
generazione del ‘98; si parla infatti di correnti coeve perché si verificano nello stesso periodo, ed
è proprio la crisi di fine secolo che da vita a queste correnti che sono, inoltre, in dialogo tra loro
perché condividono gli stessi autori.

Gli autori modernisti sono gli autori della generazione del ‘98 (Antonio Machado, Unamuno).

Che cos’è il modernismo?


È un’etichetta “scivolosa”, non si può parlare di confini netti o di comparti stagni, utilizziamo tali
etichette per semplificazione perché racchiudono dei tratti salienti che poi ogni autore rielabora in
maniera soggettiva e personale. Il modernismo si inserisce in questo contesto di crisi dei valori e
di modelli epistemologici di stampo positivista, cioè supera il positivismo.

L’Ottocento è infatti caratterizzato dalla fiducia nel progresso e nella scienza e, in letteratura, dal
realismo; il romanzo realista è un romanzo mimetico (imitazione oggettiva della realtà) ed in cui lo
scrittore è uno “scienziato” che osserva il mondo e lo racconta in maniere fedele. Con la crisi del
positivismo si produce anche la crisi del romanzo realista e si scompaginano i codici tradizionali
dell’Ottocento. Per le filosofie nichiliste, ad esempio, la verità non è più considerata assoluta e il
mondo non è più monolitico; non possiamo dare una rappresentazione obiettiva della realtà, che
diventa, invece, frammentaria.

La raffigurazione del mondo durante il Novecento è disorganica, parziale e soggettiva. In questa


epoca, caratterizzata dalla crisi dei valori, si rimette tutto in discussione e si sviluppa il
modernismo. Il primo tratto saliente può essere proprio rintracciato nell’ambizione alla rottura col
passato, nella sfida contro il “passatismo”, nel superamento del positivismo e della scrittura
realista, che lascia spazio ad un tipo di letteratura che è segnata dall’immaginazione dell’autore e
i sentimenti, la soggettività dell’autore o del personaggio.

La visione modernista è quindi influenzata dalla psicanalisi, dalla dimensione onirica che diventa
spesso sfondo di questi romanzi, dalla frammentazione del soggetto e dalla relatività del tempo.

Il modernismo ha una vocazione anti-mimetica (non intende rappresentare la realtà poiché la


realtà non si può rappresentare in maniera univoca), ha una vocazione eclettica (pluralità di
linguaggi, di stili, di generi come decadentismo, simbolismo, romanticismo, poesia modernista,
estetismo): si tratta di uno spettro molto ampio, che abbraccia vari movimenti e i cui tratti salienti
sono il desiderio di novità, il superamento del passato e la rappresentazione di una nuova
sensibilità, di una nuova visione del mondo in sintonia con questo cambiamento epocale.

Gli spazi sono quelli della dimensione interiore e onirica; la visione è quella soggettiva (e non più
oggettiva come nel positivismo) e spesso è mosso da motivazioni arbitrarie poiché non vi è più il
rapporto causa-effetto tipico dei codici ottocenteschi.

Il tempo non è più lineare ma ritroviamo una narrazione scandita da salti temporali, ovvero, i fatti
sono cronologicamente sfalsati mediante l’utilizzo di analessi e prolessi. La trama è pretestuosa o
illogica (un pretesto per indagare l’interiorità del personaggio); inoltre sono variamente presenti
umorismo e ironia.

Possiamo inoltre trovare “ibridazioni” di generi come romanzo-saggio, prosa-poesia (in Niebla di
Unamuno c’è una sperimentazione romanzo-teatro): non ci sono più codici fissi, dunque si sfocia
inevitabilmente nella sperimentazioni di generi.

Niebla (1914) è un romanzo il cui sottotitolo è un sillogismo “nivola” modellato sul termine
“novela” che significa proprio romanzo, e tale deformazione sancisce proprio l’innovazione del
romanzo (altrimenti si sarebbe chiamato comunemente novela). Il termine serve a sottolineare
l’apertura di questo romanzo, che si presta a più interpretazioni da parte del lettore, e che non è
assoggettato a delle regole; nivola rimanda dunque al carattere sperimentale di questo romanzo,
in cui troviamo l’ibridazione dei generi, la riflessione sull’identità e dell’umo nel mondo, la
riflessione del rapporto tra uomo-Dio e tra autore-personaggio, la riflessione metaletteraria.

Il romanzo presenta un doppio prologo; il primo è firmato di Victor Goti che ci fornisce una prima
definizione della nivola, dicendoci che è una sovrapposizione di elementi grotteschi, burleschi e
tragici.

All’interno di questo testo troviamo soprattutto il dialogo e il monologo interiore (che rimandano
appunto al genere teatrale), quindi per la fusione di elementi teatrali ed elementi del romanzo, si
può parlare di “teatralizzazione del romanzo”. La trama è tipicamente pretestuosa, gli spazi sono
sfuggenti, e si costruisce su più livelli.

Il secondo prologo è firmato da Unamuno; i due prologhi, inoltre, si contraddicono tra di loro
(V.Goti sostiene che il protagonista Augusto Perez si sia suicidato, mentre Unamuno sostiene di
essere stato lui l’artefice della sua morte).

V.Goti occupa una dimensione intermedia tra la realtà e l’immaginazione, che nasce da questa
continua tensione tra vero-falso, perchè V.Goti è un personaggio immaginario e tuttavia egli nel
prologo sostiene di aver ricevuto da Unamuno l’incarico di redigere il prologo, affermazione poi
confermata da Unamuno nel secondo prologo, infatti Unamuno riconosce l’esistenza di V.Goti e
lo presenta dunque come una figura reale. È tutto nebuloso come suggerisce il testo.

La nebbia rimanda all’esistenza, alla sua nebbia, che confonde e fa smarrire il protagonista di
questo testo, Augusto Perez, che cerca il senso della propria esistenza camminando nella nebbia,
e viene illuminato lungo questo percorso da alcune epifanie, come l’amore e il dolore; nella
perdizione si pone la domanda “Qúien son yo?”. Secondo la critica (Guion) il titolo rimanda al
concetto di vita, ma anche al concetto di nada, di nulla, di vuoto.

Quando il personaggio viene illuminato da queste epifanie rivendica il proprio diritto di vivere;
dunque decide di recarsi presso l’autore a Salamanca perché vuole essere libero, vuole
affermare la propria libertà d’azione: si crea un gioco di specchi tra autore, personaggio, lettore. Il
personaggio scopre di essere oggetto di finzione, l’autore si insinua all’interno della narrazione
divenendo egli stesso personaggio e dialogando con la propria creatura; anche il lettore viene
chiamato in causa, perché è colui che deve interpretare il testo, ma diventa anch’egli
personaggio, anzi, Augusto sottolinea che egli, come personaggio destinato a morire, condivide
con l’uomo il destino della stessa sorte.

È proprio il dialogo tra l’autore e il suo personaggio che avvia questa riflessione di natura
metaletteraria, da cui deriva, invece, una riflessione di tipo esistenziale. Se Augusto sarà in grado
di compiere il suicidio allora sarà libero, si sarà affrancato dalla volontà del suo autore, è quindi un
interrogativo esistenziale sul rapporto tra uomo-dio.

Un altro elemento che rientra in questa riflessione di tipo meta-letteraria e filosofica, è la


dimensione onirica dove il personaggio incontra l’autore e dove si confondono nuovamente i
confini tra il vero-falso; è come se la vita fosse un teatro in cui va in scena uno spettacolo, ma
l’attore che vi recita è consapevole del proprio ruolo? Sicuramente è desideroso di godere di
libertà d’azione e da qui deriva, appunto, l’interrogativo sul senso della vita e sul rapporto tra
uomo-dio, quindi sul rapporto che va fuori dal testo.

Il modernismo poetico

Per parlare di modernismo in ambito poetico è necessario fare riferimento alla figura di Ruben
Darío che ne viene considerato il precursore; è un poeta nicaraguense vissuto tra il 1867 e il
1916. Ruben Dario è un poeta ispano americano il quale ha un primo contatto con la Spagna nel
1892, anno in cui l’autore per la prima volta si reca nel paese per ritornarvi in un secondo tempo
nel 1899, ed è in questo anno che il poeta viene accolto dagli intellettuali con grande entusiasmo
e con grande fervore perché l’autore viene conosciuto attraverso un’opera letteraria che viene
data alle stampe nel 1988 e che si chiama Azul.

Azul è una raccolta poetica: si tratta di un testo giovanile che contiene tutti gli elementi
dell’estetica modernista spagnola dunque serve in qualche modo ad aprire la strada a questa
corrente letteraria, e che verrà ripresa dai poeti spagnoli che coltiveranno la poesia modernista.

Si tratta di un testo nuovo che introduce un rinnovamento stilistico e che si ispira alla poesia
parnassiana. Il parnassianesimo è una corrente poetica francese che si sviluppa nella seconda
metà dell’ Ottocento di cui sono esponenti autori come Mallarmé e Verlaine e che prende il nome
dal monte Parnaso sacro al dio Apollo, dio della poesia, e alle muse. Dunque la scelta del nome è
indicativo per intuire la volontà del poeta di rifugiarsi in un mondo ideale, che è il mondo dell’arte.

Il parnassianesimo proclama un’arte autotelica (fine a se stessa), che ricerca la bellezza formale,
la musicalità verbale e in cui il poeta si proietta in una dimensione altra, cioè il mondo artistico.

È una silloge che include sia componimenti poetici (sonetti) sia poemi in prosa, ovvero racconti
brevi che hanno un tono lirico-poetico, che si avvalgono dunque non del verso, ma della prosa.
In una intervista rilasciata dopo la pubblicazione di questa raccolta, l’autore spiega il significato
della scelta del titolo: se è evidente il rimando all’opera omonima di Mallarmé del 1864 di cui è
evidentemente omaggio, l’autore aggiunge anche che per lui il blu è il colore del sogno e dell’arte,
cioè il colore che rappresenta e simboleggia l’ispirazione poetica, la perfezione e la bellezza.

Ruben Darío dunque è il precursore del modernismo spagnolo, infatti il magistero di ruben dario
viene assorbito da autori spagnoli come Machado e Jiménez i quali lo rielaborano e lo
arricchiscono con dei toni individuali e originali, ampliandolo di significati nuovi e soggettivi.

Il modernismo è un movimento di enorme e straordinaria portata che nasce da una


preoccupazione estetica perché ricerca la perfezione formale, e spirituale, perché il poeta scava
dentro sé stesso in un momento che é un momento di crisi culturale.

Ma quali sono i tratti salienti che caratterizzano l’estetica modernista?

Innanzitutto il linguaggio raffinato, colto ed elegante che ricerca parole suggestive e che si serve
di un’abbondante aggettivazione, tanto ché è possibile parlare di artificiosità verbale, e attraverso
cui si rappresentano delle immagini evocative e suggestive di valore sensoriale e di significato
simbolico (simbolismo).

Un altro elemento caratterizzante il modernismo poetico é l’esotismo, ovvero l’evasione


immaginaria in luoghi altri, che si compie attraverso l’immaginazione e la fantasia del poeta, in
luoghi lontani e tempi altri (ritorno al passato); in molti casi la poesia modernista canta il paradiso
perduto dell’infanzia come simbolo di candore, di purezza, di genuinità da cui deriva l’esaltazione
dell’elemento fantastico ed onirico.

Un terzo elemento é l’idealismo: l’obiettivo del poeta modernista é quello di vivere ed abitare una
dimensione altra, una dimensione astratta ed immaginaria, ovvero quella artistica in cui si compie
questo sogno. Tutto questo porta chiaramente ad un rifiuto del razionalismo, caposaldo dei
principi contemporanei.
Per quanto riguarda la metrica, basandosi questa poesia sulla ricerca della perfezione formale,
utilizza il verso alessandrino (verso tipico della poesia francese composto da 12 sillabe, diviso in
due emistichi di sei sillabe ciascuno) e l’endecasillabo.

Un altro elemento considerevole quando si parla di poesia modernista è l’immagine del poeta, il
quale gode di una sensibilità unica che lo allontana dal mondo, si rifugia in una dimensione e uno
spazio intimi; quindi compie un’esplorazione intimista di natura spirituale; è cosciente di
appartenere a un’èlite spirituale e utilizza la poesia come strumento attraverso il quale rifugiarsi in
un mondo diverso da quello reale, che egli rifiuta. È quindi una poesia anti-mimetica, lontana dalla
urgenze del mondo contemporaneo, non è una poesia impegnata e militante e di conseguenza il
poeta trasmette attraverso la poesia il proprio senso di estraneità al mondo e la propria solitudine.

Tra i poeti che accolgono il magistero di Ruben Darìo vi è Machado, appartenente alla
generazione del ‘98; come gli altri autori di questa generazione è dominato da un pessimismo che
solo la spiritualità del territorio castigliano è in grado di contenere; il territorio castigliano che ha
una radice di tristezza e di malinconia (desolato, arido, hiermo) e dunque il canto del poeta è un
canto amaro che nasce dalla contemplazione meditativa del paesaggio castigliano e dell’uomo
castigliano che Machado canta nel suo dolore e nella sua rassegnazione storica, pur non
escludendo la possibilità di un cambiamento futuro. Attraverso l’anima del paesaggio e degli
uomini che lo popolano, Machado, coglie la spiritualità che nasce dalla miseria di un popolo
decaduta e che riflette appieno la crisi spagnola del ‘900 e che è rappresentata dall’episodio del
Desastre (1898).

Questa veste novantottista rappresenta una tappa successiva nell’opera di Machado che è
preceduta da una fase modernista. La fase precedente a Campos de Castilla è la fase
modernista, di ispirazione rubendariana, e avvia un procedimento di depurazione formale alla
ricerca della semplicità poetica.
Soledades è una raccolta di Machado del 1903, la seconda edizione rimaneggiata del testo esce
nel 1907 in cui i cambiamenti semantici e verbali si possono ravvisare già nel titolo che diventa
Soledades, galerías y otro poemas. Le modifiche apportate alla seconda edizione rispondono ad
una maggiore coscienza critica da parte dell’autore e ad un percorso di ricerca di perfezione
formale e di ricerca di un linguaggio proprio avviato nel 1903.

Il testo è articolato in quattro sezioni che sono desolaciones y monotonias, del camino, salmodias
de abril, humorismos. Il tono utilizzato è un tono dimesso, triste, melanconico e la poesia è
essenzialmente simbolista; l’opera è infatti permeata di immagini decadenti (i giardini, le fontane,
gli alberi) che hanno un valore simbolico e che riflettono l’animo del poeta. All’interno di questo
testo l’autore introduce spesso delle coppie antitetiche, come il conflitto passato-presente,
felicità-tristezza, dolore-gioia, infanzia-senilità.

Machado in questa raccolta adotta una prospettiva intimista perché parla da sé stesso e per sé
stesso, trasforma la poesia in un canto, e traduce in poesia ciò che diversamente resterebbe un
sussurro ineffabile; l’autore quindi dà vita ad una esplorazione interiore attraverso le “galerìas”
dell’anima anche definite come labirinti.

La poesia di Soledades è un canto che non sorge da immagini concettuali o da ragionamenti, ma


è un canto che muove dalle intuizioni (immagini evocative) del poeta e pertanto acquisisce una
forte carica simbolica ed accoglie l’angoscia metafisica dell’autore: il poeta si cerca, si contempla,
si osserva e si ritrova nella poesia, rintracciando la propria essenza e rendendo con una
precisione plastica le immagini che costellano le gallerie e i labirinti della sua anima e del suo
spirito.

Nel testo, ricco di elementi simbolici, compaiono delle immagini ricorrenti che hanno un valore
metaforico: la fonte, legata all’elemento dell’acqua, che simboleggia il fluire del tempo e dunque
anche la vita e la morte; il crepuscolo trasmette sensazioni legate alla malinconia, alla tristezza,
alla nostalgia perché è il momento che segna la fine del giorno e, metaforicamente, la fine della
vita (non solo la morte, ma anche la senilità); il giardino rappresenta l’infanzia come luogo ideale
in cui il poeta si rifugia, come paradiso perduto; le gallerie e i labirinti rappresentano gli spazi
dell’anima del poeta, la sede dei sogni, dei desideri, delle ambizioni e dei ricordi; la noria (mulino
d’acqua) rappresenta la ripetizione e la monotonia. Gli spazi aperti come le piazze e il mare
rappresentano il paesaggio come stato interiore del poeta.

Ramón Gomez de la Serna

In quest’epoca di profondo rinnovamento spicca una figura fondamentale per lo sviluppo delle
avanguardie spagnole che è Ramon Gomez de la Serna (Madrid, 1888).

È un autore che assimila il fervore culturale europeo del tempo e in particolare le tendenze
avanguardiste francesi. È il direttore di una rivista fondata dal padre chiamata Prométeo dove
l’autore pubblica la propria traduzione del manifesto futurista di Marinetti (1910); è dunque
riconosciuto all’unanime dalla critica come padre delle avanguardie spagnole, come colui che
permette di introdurre le avanguardie europee in Spagna.

È un personaggio sensibile alla modernità e all’innovazione che opera in un’epoca in cui si compie
una ricerca affannosa di tutto ciò che è nuovo, originale, inedito, e in cui si promuove una
letteratura de-realizzata, disumanizzata, anti-realista, ludica, sperimentale, fine a sé stessa.

Ramon Gomez de la Serna è un personaggio provocatore e irriverente, che da spesso scandalo


nella società del tempo, che sposa nuove forme creative; è un personaggio eclettico e autore
prolifico che coltiva vari generi letterari come il teatro, il saggio e il romanzo.

I romanzi ramoniani sono avanguardisti, scanditi da un ritmo frenetico, disordinato e catotico, che
assimilano le tecniche del cinema e che sembrano procedere per montaggio di scene; sono intrisi
di quello che Eugenio de Nora (studioso della letteratura spagnola) definisce un “barocchismo
esasperato e delirante” quindi romanzi profondamente sperimentali.

Molti dei romanzi ramoniani sono romanzi parodici. La parodia è secondo Bachtin (critico russo)
“un ibrido intralinguistico dialogizzato e premeditato”.

La parodia è una modalità della letteratura che parte da un testo o da un genere di riferimento;
nel caso in cui si parta da un testo di base si tratterà di ipotesto, nel caso in cui si parta da un
genere di ipogenere. L’ipotesto o l’ipogenere genera un testo nuovo, l’ipertesto, che nasce dalle
ceneri dell’ipotesto.

Secondo la definizione Bachtiniana è un ibrido perchè nasce da un modello preesistente,


intralinguistico perché coniuga due visioni del mondo opposte (la visione dell’ipotesto e quella
dell’ipertesto), dialogizzato perchè il testo di partenza e di arrivo dialogano tra di loro, e
premeditato perché nasce da una precisa volontà dell’autore.

Il testo parodico recupera nella forma e nei contenuti i codici del testo parodiato, ma li sovverte
attraverso la deformazione e innesca di conseguenza un’operazione dialettica in cui il testo di
fondo dialoga con il testo finale e dove si assiste ad un procedimento paradossale, in quanto
mantiene il modello di fondo ma simultaneamente lo supera.

La la parodia è una critica compiuta dall’interno e che trasforma il modello che l’autore intende
superare, e lo fa perché l’autore si pone ad un punto d’osservazione prospettica.

Ramon Gomez de la Serna è l’autore che permette lo sviluppo e l’evoluzione degli “ismos” cioè
delle correnti estetiche; introduce anche un nuovo punto di vista reso dall’immagine della spugna.

Nel prologo al testo Las palabras y lo indecible, definisce questo punto di vista: la nuova poesia e
la nuova letteratura hanno liberato le parole, e le parole agiscono per conto proprio, sono
indipendenti, per questo gli scrittori hanno diritto al delirio verbale; noi rifiutiamo il punto di vista
unilaterale, e quindi ci adattiamo a ciò che potremmo definire il punto di vista della spugna.
Si rifiuta la visione univoca del mondo, sancendo una prospettiva aperta e parziale; è un tipo di
vista varia, neutralizzata (scevra da pregiudizi), multiprospettica. Vogliamo essere come una
spugna per superare e per non essere vinti dalla monotonia e dal topico.

L’autore si guarda intorno e rintraccia connessioni e legami insospettabili tra le cose; osserva il
mondo e cerca di coglierlo nel suo insieme caleidoscopico, mutevole, cangiante e quindi lo
guarda attraverso le sue sfumature, talvolta anche opposte tra loro.

La prospettiva della spugna deforma, distorce sequenze e conseguenze, cioè scardina il legame
causa-effetto e si distrae in ciò che è più leggera, riesce a cristallizzare ciò che è arbitrario e ciò
che non si può smentire viene messo in discussione. Un nuovo punto di vista che parte da una
nuova visione del mondo e che non è assoggettato a norma alcuna ma che dipende da una
disposizione mentale dell’autore, come creatore libero che può cambiare continuamente
prospettiva come lo fa il mondo. Tutto viene giudicato, tutto viene interpretato, tutto diviene
soggettivo e relativo, libero da qualsiasi forma di pregiudizio.

Questo nuovo tipo di prospettiva porterà l’autore ad inventare un nuovo genere letterario, la
Gregueria. Questo nuovo genere nasce dalla tradizione dell’aforisma e della massima e che viene
rivisitata in maniera umoristica.

L’umorismo diventa un filtro, una lente deformante attraverso cui concepire ed interpretare il
mondo e che restituisce del mondo un’immagine caleidoscopica. Secondo l’autore è un
atteggiamento di fronte al mondo, una chiave di lettura del mondo, qualcosa di grave e di serio e
mani fine a sé stesso, ed è anche un elemento terapeutico cioè è salvifico, difende e libera l’uomo
dalla volgarità del mondo.
In gravedad e importancia del humorismo l’autore dice che umorismo è buttare tutto nel
calderone del mondo e restituire questo tutto che viene confuso nel calderone del mondo in
modo dissociato, sovvertito, confuso; anzi più l’umorismo confonde gli elementi del mondo e
meglio è.

La gregueria ramoniana è un nuovo genere letterario inventato da questo autore eccentrico e che
può essere considerato come una combinazione di metafora e di umorismo. Nasce quindi da
un’epifania dell’artista: l’autore guarda il mondo ed ha delle rilevazioni, da queste rivelazioni
epifaniche nasce, appunto, la gregueria.

La greguería si fonda sulla metafora ma in maniera originale perché rintraccia e accosta elementi
incongruenti; troviamo dunque degli appaiamenti che possono risultare arbitrari, ma che non
sono arbitrari perché nascono da una nuova disposizione dell’autore, che rifiuta la logica e
consacra l’ingegnosità verbale. Il tratto comune tra questi elementi è l’elemento visivo.

Una generazione che orbita intorno alla figura di Ramon Gomez De la Serna è la generazione
conosciuta come Otra generación del ‘27: è una generazione altra rispetto alla generazione del
‘27 composto da autori che la critica ha ribattezzato come Los renovadores del humor e che
comprende autori come Jardiel Poncela, Mihura, Nevilla, López Rubio, i quali coltivano una
letteratura di tipo umoristico, sia essa narrativa, romanzo o teatro e dunque promuove una
visione dell’umorismo nuova che prende il nome di Humor nuevo.

L’humor nuevo è un umorismo intellettuale, autotelico, ipertrofico che non si esaurisce nella
comicità, e in cui entra in gioco il rapporto e la complicità con il lettore; la otra generación del 27 è
composta da autori che considerano l’umorismo non uno stile, non un linguaggio, non
un’espressione ma un genere vero e proprio.

Sono influenzati da Ramon e dal pensiero ortegiano, ovvero da un tipo di concezione della
letteratura introdotta e teorizzata dal filosofo Ortega y Gasset e autore di un saggio intitolato La
deshumanización del arte (1925) in cui l’arte è disumanizzata, de-realizzata, anti-mimetica, ludica,
giocosa, sperimentale, in cui si affermano immaginazione, libertà e volontà dell’autore.

La generazione del 1927

I primi decenni del Novecento spagnolo sono caratterizzati da una fervida vivacità artistica, da un
fermento culturale molto acceso, da una grande fioritura letteraria e artistica che porta la critica,
in particolare Mainer, a ribattezzare quest’epoca come Edad de plata, ma che si esaurisce
prematuramente nel 1936 con lo scoppio della guerra civile.

Il momento è fecondo e ricco culturalmente, gli intellettuali giocano un importante ruolo politico e
sociale, si avvia un processo di apertura verso l’esterno e di internazionalizzazione della Spagna
in ambito artistico, che è alla pari con le altre potenze europee grazie a questo progetto di ricerca
e cosmopolitismo.

La generazione del ‘27, diversamente dalla generazione del ‘98, non è mossa da un pensiero
politico quindi non si tratta di autori che hanno vincoli di natura politica, ma che sono accomunati
da interessi culturali che si traducono nel desiderio di rottura con il modernismo e con il
simbolismo, nella sensibilità delle avanguardie estere, ma anche nel recupero della tradizione
barocca e classicista.

Tra gli autori di questa generazione troviamo Garcia Lorca, Rafael Alberti, Vincente Aleixandre,
Luois Cernuda, il gruppo dei poeti-professori tra cui Salinas, Guillén, Alonso.

La generazione prende il nome dall’omaggio a Gongora, poeta barocco, che coltiva un linguaggio
colto, ricercato, fatto di metafore, sintassi labirintiche che sono conosciuti con il nome di
culturanesimo.
Gongora è un poeta barocco cui viene reso omaggio nel 1927 in occasione del tricentenario di
questo autore; a lui vengono dedicati vari omaggi tra cui Poesia Española Antologia (1915-1931)
editata da Gerardo Diego, che conosce due edizioni, una nel 1932 e un’altra nel 1934.

È un’antologia poetica, opera collettiva, in cui Gerardo Diego ed altri autori del ‘27 selezionano
dei componimenti di autori consacrati ed autori emergenti, con la partecipazione anche femminile,
e dove si ricerca un canone stilistico.

La generazione del ‘27 viene anche ricordata dalla critica come la generazione dell’amicizia, cioè
è un legame che rimanda a una comune concezione artistica, ma anche ad un vincolo affettivo di
questi autori, e sono accomunati dall’interessa per la letteratura barocca e dall’attenzione per le
avanguardie contemporanee.

La Residencia des estudiantes

Gli autori della generazione del ‘27, poeti, drammaturghi e artisti di altro tipo, si riuniscono
all’interno di un centro nevralgico della cultura del tempo che è la residencia des estudiantes.

È un centro culturale, una scuola di alta formazione che viene fondata nel 1910 e diretta in
quell’anno da Alberto Giménez Fraud; si tratta di un centro madrileno che si ispira alla Istitucion
de libre enseñanza ILE fondata da Francisco Giner de los Ríos il quale è tra i promotori di questa
iniziativa.

La residencia des estudiantes è un centro culturale molto importante nel quale si organizzano
congressi, incontri, dibattiti con molti autori, intellettuali, artisti del tempo; durante gli anni della
residenza furono invitati artisti come Max Jacob, Marinetti, e alcuni nobel come Marie Curie e
Albert Heinstein. Rimane attiva fino al 1936, anno in cui scoppia la guerra civile spagnola e in cui,
tra l’altro, viene assassinato Federico Garcia Lorca.

Dal 1937 al 1939 la residencia des estudiantes ospiterà un ospedale militare. Con l’instaurazione
del regime franchista, invece, passerà sotto il controllo di Franco e riprenderà la propria attività
culturale e artistica nel 1986, dopo la transizione.

Dal 1986 la Residencia des estudiantes si trasformerà in un importante centro di ricerca che
raccoglie un’ampia documentazione archivistica sulla storia del centro; si organizzano ancora
incontri, attività, dibattiti culturali e ritorneranno alcuni degli autori della generazione del ‘27 come
Rafael Alberti.

Si tratta di un luogo strategico dove si promuove una nuova visione della cultura che da un lato
parte da tratti definitori della tradizione spagnola, e che dall’altro si apre alle tendenze europee:
una cultura classica e cosmopolita, in quanto si promuovono l’internazionalizzazione e il dibattito
interdisciplinare. Si cerca di dare dunque agli studenti una formazione trasversale, un dibattito tra
le arti (si studiavano discipline sia umanistiche sia scientifiche e si praticavano vari tipi di sport).

La residencia des estudiantes è anche una fucina di sperimentazione, una vera e propria palestra
letteraria dove si coltiva il pensiero libero ed è proprio dalla residencia che prende le mosse un
importante progetto culturale ideato, realizzato e diretto da Federico Garcia Lorca e che è
chiamato La Barraca.

La Barraca è una compagnia teatrale itinerante composta da universitari i quali studiavano


all’interno della residencia des estudiantes (tra gli studenti che parteciparono a questa iniziativa vi
erano 25 studenti e anche 8 studentesse de la residencia de señoritas) ed è un progetto che
nasce dalla volontà di portare il teatro classico-barocco nelle periferie e nelle zone rurali della
Spagna.
Inizia la sua attività nel 1931 (anno della proclamazione della seconda repubblica spagnola) sotto
la guida di Federico Garcia Lorca, il quale recitava anche in alcune commedie ed in alcuni
drammi che venivano rappresentati; furono rappresentate opere di Calderón, di Cervantes, di
Lope, di De Molina.

Il progetto è sostanzialmente improntato a diffondere la cultura tra il popolo, cultura che viene ora
concepita come patrimonio da restituire al proprio legittimo proprietario, che è il popolo stesso.

Questo progetto in armonia anche con una serie di iniziative culturali promosse e patrocinate dal
governo repubblicano tra cui le missioni pedagogiche, che sono composte da gruppi volontari di
scrittori, intellettuali e artisti (tra cui Rafael Dieste) che avviano un processo di alfabetizzazione del
popolo.

È all’interno della residencia des estudiantes si conoscono tre membri di un’importante triade
artistica formata da Federico Garcia Lorca (poeta del ‘27), Salvador Dalí (artista e pittore
surrealista) e Luis Buñuel (cineasta surrealista).

Gli studenti della residencia, tra cui alcuni autori del ‘27 (Federico Garcia Lorca, Rafael Alberti), si
scagliano contro una categoria che ribattezzano come “putrefactos”.

Sono attenti ai linguaggi avanguardisti, ai linguaggi moderni, all’estetica che arriva dall’estero,
quindi hanno una visione internazionale, cosmopolita dell’arte, della cultura e della letteratura;
quindi il bersaglio sono proprio i putrefactos in quanto incarnano, secondo gli autori del ‘27,
un’estetica superata, stantia e anacronistica (Salvador Dalí realizzerà varie caricature dei
putrefactos).

A partire dal rifiuto di questa modalità superata, parte una spinta artistica e innovativa, una vera e
propria volontà di rottura.

All’interno della residencia des estudiantes si sperimenta con la poesia, con la scrittura, con la
letteratura e si inventano dei nuovi giochi, come ad esempio giochi di scrittura che prendono il
nome di anaglifos.

Gli anaglifos sono esperimenti poetici di gruppo in cui si introduce un linguaggio surrealista ante
litteram, ovvero l’anticipazione di quello che sarà poi il linguaggio surrealista.
Si trattava, secondo Guillén, di creare un’unità semantica di significato che fosse sorprendente
proprio per l’imprevedibilità delle associazioni.
Lo schema fisso prevedeva una strofa composta da quattro versi, i primi due coincidenti, il terzo
era sempre “la gallina”, e il quarto introduceva un’associazione arbitraria in apparenza.

Si tratta di una tecnica compositiva sperimentale che però non è un gioco fine a sé stesso, non è
una goliardia vuota e priva di senso, è certamente caratterizzata da un delirio creativo però
risponde ad un’esigenza individuale e collettiva, e dunque anche generazionale, di rottura e di
rinnovamento, che trova legittimazione nel confronto con la tradizione spagnola e nel dialogo con
i linguaggi contemporanei, cioè con le sperimentazioni avanguardista.

Infine, i tratti salienti caratterizzanti la generazione del ‘27 sono il superamento del modernismo, la
scelta di combinare tradizione e modernità (letteratura barocca e avanguardia) quindi
innovazione, rinnovamento e recupero, il modello Góngora, le collaborazioni in iniziative di
gruppo.

A partire da questi tratti comuni che caratterizzano la generazione del ‘27, ciascun poeta poi
elaborerà un’estetica propria, individuale, peculiare e riconoscibile, e coltiveranno vari tipi di
poesia tra cui la poesia pura, la poesia dei poeti-professori (esperienza verso l’essenziale), la
poesia umana e ideologica (Alberti, anni della repubblica e della guerra civile, in cui la parola
poetica è al servizio di un messaggio ideologico che a volte coincide con la propaganda
repubblicana, poesia militante, rivoluzionaria, impegnata), e la poesia all’avanguardista (che verrà
adottata da autori come Guillermo de Torre, Vincente Aleixandre, Federico Garcia Lorca, Luis
Cernuda, Rafael Alberti).

All’interno di questa generazione esiste quindi un pluralismo estetico e linguistico, cioè sono
autori che adottano registri vari e che coincidono in uno stesso ambiente ed in una stessa epoca,
che sono in sinergia dal punto di vista ideologico e della concezione dell’arte e tuttavia, questa
generazione avrà vita breve, in quanto si disgregherà con il 1936 quando scoppia la guerra civile
spagnola, e a partire da quella data ciascun autore vivrà un destino diverso (Lorca verrà fucilato
nel 1936, Hernandez morirà nelle carceri franchiste, Alberti e altri andranno in esilio)

Le avanguardie

L’avanguardia vive due tappe. La prima fase è quella che va dal 1919 al 1923 che è una tappa
ultraista (distruttiva), la seconda fase inizia intorno al 1925 e termina intorno al 1936 ed è una
fase in cui si ricerca una nuova concezione dell’arte, dunque è una fase costruttiva.

Sarà Ramon Gomez de la Serna a rendere propizio alle avanguardie il clima spagnolo del tempo,
a favorire queste esperienze di letteratura trasgressiva, esperienze che l’autore introdurrà in
Spagna e a cui darà linfa anche attraverso le gregherie.

Quando parliamo di poesia avanguardista facciamo riferimento ad un tipo di poesia basata


sull’infrazione delle regole estetiche ed informali, una poesia che segna una rottura con la strofa,
con il ritmo, con la musicalità, con ogni forma logica di sintassi e di pensiero, una poesia
iconoclasta, sperimentale, che trasforma lo spazio poetico in uno spazio dinamico. Lo spazio
poetico non è più un luogo statico in cui si cristallizzano delle immagini, ma è uno spazio in
movimento e simultaneo che caratterizza l’estetica poetica avanguardista, che si costruisce sotto
gli occhi del lettore e che è attraversato da immagini libere ed inconsueto, spesso anche oniriche,
immagini che vengono associate in maniera inedita attraverso una metafora inconsueta ed
inusuale.

Il lettore, di conseguenza, dovrà essere educato ad una nuova maniera di fruire il testo; il lettore
non potrà realizzare una fruizione tradizionale del testo, ma dovrò educarsi alle nuove espressioni,
alle nuove forme, ai nuovi linguaggi.

In Spagna abbiamo tre tendenze all’ avanguardiste, la prima delle quali prende il nome di
creazionismo. Il padre del creazionismo è Vincente Huidobro.

Il creazionismo

Vincente Huidobro fu un poeta cileno che abbandona la poesia modernista in nome di una
tendenza all’avanguardista che ribattezzerà proprio con il nome di creazionismo e inventerà la
metafora creazionista.

Vincente Huidobro si forma a Parigi, dove assorbe le istanze delle avanguardie francesi che poi
porta in Spagna, in particolare a Madrid.

Quali sono gli elementi che contraddistinguono la poesia creazionista?

Innanzitutto la disposizione tipografica dei versi, gli spazi in bianco, la soppressione della
punteggiatura, la simultaneità (velocità, movimento, dinamismo della parola), caratteri di
dimensioni diverse, sovrapposizione di immagini, ingegnosità verbali, metafore, e la creazione di
una nuova dimensione, di una nuova realtà verbale.

Secondo Huidobro, il poeta è un pequeño díos, è il creatore di un universo nuovo ed inedito, che
è l’universo poetico, governato da leggi proprie; il mondo poetico è autoreferenziale, è svincolata
dal mondo.
Huidobro crede fermamente nella volontà creatrice e creativa del poeta, un piccolo dio che
plasma questo nuovo mondo, ma rifiuta l’automatismo, che caratterizza invece la poesia
surrealista e futurista, perchè considera centrale il ruolo del poeta il quale crea questo mondo a
partire dall’intenzione e dalla volontà, che sono quindi ragionate.

È vero che il mondo creato dal poeta non dialoga con il mondo extra-testuale (realtà), tuttavia le
sue regole sono imposte dal poeta, e sono ragionate, rifiuta l’automatismo; le immagini che si
affermano sulla volontà dell’artista e che partono dall’inconscio, l’artista le crea, le definisce, e le
inserisce nel testo.

L’ultraismo

È una corrente avanguardista che si serve le altre avanguardie europee come il futurismo, il
cubismo, il creazionismo; è un movimento di sintesi poiché confluiscono in questo tutti gli altri
“ismo” europei. L’obbiettivo dell’ ultraismo è quello di superare i codici vigenti in ambito poetico.

Guillermo de Torre, che è anche l’autore del manifesto ultraísta vertical del 1920, è il padre
dell’ultraismo, ed è un autore della generazione del ‘27; tra gli esponenti di questo movimento
troviamo anche Vincente Huidobro, padre del creazionismo.

L’autore parla di un manifesto “verticale” perché rimanda ad un tipo di architettura ascensionale,


alla nuova architettura della città moderne perché, come il futurismo di Marinetti pubblica il
manifesto futurista in Italia nel 1909 e poi tradotto in Spagna da Ramon Gomez de la Serna nel
1910 su Prometeo, l’ultraismo recupera l’esaltazione della verticalità della città moderna e
cosmopolita attraversata da luci, suoni, rumori e quindi di un’architettura che si sviluppa verso
l’alto, e che è simbolo dello sviluppo, del futuro e del progresso.

Le caratteristiche principali dell’ultraismo sono il culto dell’immagine, la concezione dell’arte come


espressione ludica e di conseguenze di un’arte che si avvale dell’umorismo, la celebrazione del
progresso e del futuro che vengono trasformati in materia poetica, il superamento del
modernismo.

Anche nel modernismo l’autore opera un distacco dalla realtà però per compiere un’esplorazione
interiore, mentre nell’ultraismo l’autore da sfogo ad una realtà altra immaginaria ed immaginata.

Inoltre tra le peculiarità troviamo lo sperimentalismo tipografico: si inseriscono nello spazio


poetico lettere che cambiano dimensione con l’ausilio di maiuscole, si introducono simboli e
parole appartenenti ad altre lingue, il verso è frammentario, si inseriscono anche immagini e
suono onomatopeici, numeri, simboli e immagini; si sopprime la punteggiatura che diviene
anarchica o, in molti casi, assente; si innesca di conseguenza un’attenzione tra la parola e
l’immagine, tra la poesia e la pittura, tra la letteratura e l’arte plastica.

L’innesto dell’immagine all’interno dello spazio poetico trova la sua massima espressione in un
genere che si chiama calligramma.

Il calligramma è una poesia visiva, caratterizzata da una forte carica visiva, in cui la disposizione
tipografica dei versi riproduce il contenuto, ovvero l’oggetto, della poesia stessa; abbiamo esempi
di callgrammi creazionisti e di calligrammi ultraisti.

Hélices è una raccolta di calligrammi composta da Guillermo de Torre tra il 1918 e il 1922 che
viene pubblicata nel 1923; è un testo che, in sintonia con la concezione ultraista della poesia,
canta la velocità, il futuro, la città cosmopolita attraversata da luci, da macchine, da suoni che
penetrano nella dimensione poetica. In questo testo l’autore sopprime la punteggiatura,
sperimenta la tipografia ed include molti simboli all’interno dei testi che danno anche
un’impressione di dinamismo.
Horizón Carré è una raccolta di Vincente Huidobro del 1917, scritta prima in francese poi tradotta
in spagnola, in cui si riuniscono una serie di sperimentazioni tipografiche e in cui il verso assume
una frammentazione di stampo cubista: il verso quindi non è più lineare, c’è un’infrazione della
linearità e della consequenzialità. L’autore di questa silloge poetica mette a punto le sue idee sul
creazionismo e assorbe e rielabora in maniera peculiare la tecnica cubista della frammentazione
dei versi.

Il surrealismo
È una corrente all’avanguardista che nasce in Francia nel 1920 e come suggerisce la parola
stessa esalta la surrealtà.
La surrealtà è una realtà sotterranea e oscura che rimanda all’inconscio, una raltà che nasce
dall’inconscio e dal mondo onirico nel quale risiedono gli istinti e le pulsioni dell’uomo, che
vengono repressi durante la vita consapevole.

Il surrealismo auspica l’applicazione dei principi psicanalitici freudiani al mondo dell’arte e di


conseguenza teorizza un tipo di arte che si basa su delle tecniche come la scrittura automatica.

Nella scrittura automatica sparisce la volontà del creatore, elemento di discontinuità rispetto al
creazionismo in cui, invece, si sottolinea la volontà del creatore che modella questo mondo nuovo
poetico; nel surrealismo il creatore è in preda al delirio, in preda ad uno stato allucinatorio, una
sorta di trans, nel quale crea associazioni in maniera inconsapevole.

Queste associazioni non provengono dal pensiero cosciente dell’autore, ma provengono da una
dimensione oscura, che è la dimensione dell’inconscio a cui viene data espressione, e che fa
della poesia un esercizio spirituale che rifiuta la logica e che impone la sfera sotterranea
dell’inconscio.

Dunque la scrittura automatica è il pensiero dell’autore privo di qualunque freno inibitore, estetico
e morale, che sancisce l’onnipotenza del sogno e che percepisce l’inconscio come forza
liberatrice; il pensiero del poeta vaga e raccoglie immagini, idee, associazioni nuove e mai
precostituite che raggiungono una surrealtà in cui il sogno e la realtà coincidono e in cui l’arte ne
è il ponte.

Il padre del surrealismo è André Breton il quale pubblica il manifesto del surrealismo nel 1924 e
che ribadisce queste caratteristiche: la visione dell’arte come elemento di congiunzione tra il
sogno e la veglia, e l’automatismo.

Il surrealismo viene coltivato da molti autori della generazione del ‘27 tra cui Gerardo Diego,
Vincente Aleixandre e Federico Garcia Lorca in particolare con un’opera che si intitola Poeta in
Nueva York composta nel 1929 (ma che viene pubblicata postuma nel 1940); si tratta di una
raccolta poetica che traduce in maniera poetica un’esperienza personale, il viaggio del poeta a
New York che compie tra il 1929 e il 1930. É una raccolta che segna una rottura con la poesia
neo popolare dell’opera precedente, ovvero El romancero gitano.

Poeta in Nueva York è l’opera più compiutamente surrealista di Federico Garcia Lorca dove
troviamo il verso libero, la presenza di immagini oniriche legate alla sfera sotterranea
dell’inconscio, la presenza di associazioni inusitate, di sillogismi logici ma al servizio di un preciso
messaggio politico di denuncia sociale, relativo al capitalismo americano in cui viene raccontata
una società disumanizzata dal punto di vista degli emarginati, alla demistificazione di un falso
mito.

L’opera si divide in dieci sezioni corrispondenti ciascuna relativa ad una tappa del viaggio
americano, canta l’ambiente di New York, la metropoli, i grattacieli, il cemento,
l’industrializzazione e le vittime dell’industrializzazione, l’alienazione e lo sfruttamento degli
oppressi sacrificati in nome del profitto.
Abbiamo quindi un linguaggio onirico, allucinato, surrealista ma che nasce da una visione lucida e
potente del poeta; le immagini sono stranianti ma il poeta non è in preda ad un delirio, intende
raccontare il falso mito americano.

La poesia pura

Siamo sempre nell’ambito della generazione del ‘27: generazione eterogenea in cui ciascun
autore coltiva un linguaggio soggettivo e peculiare, una generazione che si riunisce sotto il segno
dell’amicizia, del recupero della tradizione e della sensibilità verso i nuovi linguaggi.

All’interno della poesia del ‘27 ritroviamo esempi di poesia all’avanguardista: creazionista di
Huidobro, ultraista di Guillermo de Torre, surrealista di Federico Garcia Lorca; ma abbiamo anche
una poesia militante e impegnata che si afferma in particolare negli anni della repubblica e della
guerra civile.

La poesia pura è la poesia che verrà coltivata dai poeti professori tra cui Jorge Guillén e Pedro
Salinas.

Secondo Salinas la poesia pura è un’avventura verso l’assoluto, un’esperienza verso l’infinito; una
poesia che ambisce a cogliere la pienezza delle cose, che si rivolge all’essenza delle cose, il cui
verso viene depurato di qualunque elemento accessorio; una poesia nuda che rifiuta l’opulenza
verbale tipica del modernismo e che intende rintracciare il cuore delle cose e dei sentimenti; una
poesia che illumina ciò che è ineffabile, che ricerca la claridad de lo inconoscible.

La poesia pura ricerca il chiarore di ciò che è ignoto e che viene tradotto in verso grazie alla
parola poetica; è un movimento verso l’essere; muove dal caos del mondo alla luce, eleva
l’oggetto contemplato e ne coglie lo spirito e la perfezione; canta il sogno, l’interiorità, il
sentimento.

È una poesia rigorosa, ma essenziale, che intende raggiungere l’emozione del lettore attraverso
l’intuizione del poeta.

Ad intraprendere questa avventura verso l’assoluto sarà Pedro Salinas.

Salinas è un autore che appartiene alla generazione del ‘27 e che visse tra il 1891 e il 1951; fu
poeta, critico, studioso, professore universitario di letteratura spagnola in Spagna, in Inghilterra e
negli Stati Uniti d’America dove andò in esilio, e dove morì.

In accordo con la critica, la produzione di Salinas si compone di tre fasi: una prima fase che va
dal 1823 al 1931 in cui l’autore pubblica opere come Presagios, Seguro azar, Fabula y Siño; è
una fase in cui l’autore si avvicina alla poesia pura.
Durante la seconda fase che va dal 1933 al 1938 si affermano in maniera matura i tratti essenziali
della poesia pura manifestati nella prima fase, e vede i due canzonieri d’amore La voz a ti debida
e Razón de Amor. La terza fase, dal 1940, è caratterizzata da una poesia più riflessiva composta
da sillogi come El contemplado, Todos más Claro, Confianza.

La prima raccolta di Salinas è Presagios pubblicata nel 1923 e opera prima dell’autore, in cui
inizia a prendere forma la visione della poesia come arte elitaria, raffinata ed elegante, e dove si
trattano temi come l’amore, l’evasione, l’astrattismo, in un verso rigoroso, scarno e semplice.

All’interno di questa raccolta il poeta avvia un processo di sublimazione e astrazione del reale, e
scinde la realtà in un binomio ricorrente che è quello di anima-corpo e spirito-materia, e traduce
ciò che contempla in immagini interiori che sono presagi, cioè premonizioni, di una vita altra. Le
immagini colte e tradotte in poesia da Salinas sono il presagio di una sfera altra che è dominata
dal sentire del poeta, dove l’anima del poeta si fa interprete.
Il tema principale è l’amore e la dialettica tra i due amanti, che sono proiettati in un mondo
sconosciuto dove dominano il mistero e l’ignoto.

Questa concezione della poesia si evolve nella raccolta più conosciuta di Salinas, che è il
Canzoniero amoroso La voz a ti debida, che viene dato alle stampe nel 1933. Il tema principale è
l’amore, l’idealizzazione dell’amata e una visione idealistica ed ideale dell’universo amoroso. Gli
amanti danno vita ad un dialogo e sono isolati dal mondo. La figura dell’amata si riduce al
pronome concettualizzato “tu” che rappresenta l’unicità dell’amante. In questo canzoniere gli
amanti non sono collocati nel mondo, ma sono isolati in un universo ideale che è un universo fatto
d’amore, perdendo qualunque accezione materiale, persino il nome che prima era il ponte tra le
due dimensioni e l’amante viene colta nella sua vera essenza e chiamata, ora, con il “tu” che ne
definisce l’identità.

L’amore cantato in questo canzoniere è un dialogo ideale è senso e sentimento, un amore


idealizzato ma anche vissuto; l’amore è fonte di vita, di gioia, di pienezza.

La componente femminile

All’interno della generazione del ‘27 ci sono molte artiste: scrittrici, poetesse, narratrici che hanno
un ruolo di primo ordine e che sono protagoniste parimenti dello spirito di vivacità e di
effervescenza culturale del tempo.

Sono donne che pubblicano, che scrivono e collaborano con i colleghi uomini della generazione
del ‘27 in riviste come la Revista de Occidente fondata da Ortega y Casset; sono dunque donne
che hanno un rapporto umano e letterario-poetico di collaborazione con i colleghi e che hanno
una piena coscienza di genere, e soprattutto rivendicano un ruolo nella società.

Le donne della generazione del ‘27 sono donne moderne come i compagni d’avventura della loro
generazione, sono donne nuove, sono donne attente all’avanguardia per le quali è valido il quadro
culturale del tempo.

Gli autori del ‘27 hanno vissuto anch’essi un periodo di oblio in cui la loro opera è rimasta
sconosciuta per la dittatura franchista e il conseguente esilio; queste figure verranno riscattate
solo nel periodo della transizione del paese verso la democrazia da critici e studiosi decidono che
decideranno di rendere giustizia agli autori della generazione del ‘27, e tuttavia lo fanno
applicando un filtro di genere, quindi trascurando tutte queste artiste donne che fecero parte di
questa stessa generazione.

Il racconto che si trasmette nei manuali di testo e nelle storie della letteratura è un racconto tutto
al maschile che oscura una parte importante, viva e attiva della generazione del ‘27, quella
composta appunta dalle donne.

A queste artiste è stata resa giustizia di recente attraverso un progetto educativo finanziato dal
ministero dell’istruzione e avviato nel 2014 e che si chiama Las Sinsombrero.

Possiamo ricordare Maria Teresa León, Josefina de la Torre, Maria Zambrano filosofa, Rosa
Chacel romanziera - queste due ultime inoltre discepole di Ortega e pubblicarono nella Revista de
Occidente.

Las Sinsombrero

Si tratta di donne che furono attive durante gli anni 1920 e 1930, come i loro compagni del ‘27, e
molte di queste donne si formarono presso La residencia de Señoritas istituita nel 1915 sotto la
direzione di Maria de Maetzu, che è la sede femminile de La Residencia des estudiantes.
La Residencia des Señoritas è una scuola al femminile in cui si organizzano dibattiti, incontri,
convegni ed è all’interno di questo istituto che si organizza e si istituisce un luogo strategico: il
Lyceum Club.

Il Lyceum Club è un centro culturale fondato nel 1926 e che chiude le sue porte nel 1939 quando
la sua sede diventerà la sezione femminile della Falange; nasce con l’obbiettivo di fomentare e
diffondere la cultura, e anche di sviluppare la coscienza di genere.

La questione femminile è molto cara al governo repubblicano (1931-1936) che promuove una
politica attenta alla questione delle donne con l’approvazione di leggi relative al diritto di voto e al
divorzio; inoltre alcune entrano a far parte della scena politica come Clara Campoamor e Victoria
Kent, e altre avranno un ruolo durante la guerra civile, combattendo in prima linea come
soldatesse e contribuendo alla resistenza fascista dalla retroguardia.

Il sinsombrerismo

Il Sinsombrerismo era un vero e proprio movimento al tempo in quanto il sombrero aveva un


valore simbolico poiché il cappello rappresentava l’appartenenza al ceto borghese. Il movimento
era visto come ribelle, rivoluzionario, trasgressivo e che sottolineava la modernità.

Il movimento prende il nome da un aneddoto che vide come protagonisti la pittrice Maruja Mallo,
Margarita Manso, Salvador Dalì e Federico Garcia Lorca, che in un periodo tra il 1923 e il 1925 i
diedero vita ad un atto che aveva come obiettivo quello di provocare e scandalizzare la società.

A La Puerta del Sol, uno dei luoghi più antichi di Madrid, i quattro amici decidono di sfilarsi il
cappello in un atto di trasgressione, quindi vengono insultati poiché questo gesto fu considerato,
oltre che un atto di ribellione, anche come un gesto narcisista.

A capeggiare il sinsombrerismo fu Ramon Gomez de la Serna che si occupò del fenomeno nelle
pagine di alcuni giornali, tra cui El Sol, in cui si legge l’articolo dedicato con il titolo di “En, por,
sobre el Sinsombrerismo” e in cui sostiene che il fenomeno è più ampio di quello che sembra e ha
come significato simbolico la fine di un’epoca; il gesto di togliersi il cappello viene visto dall’autore
come un gesto all’avanguardista, un po’ surrealista, pregno di significato ideologico in quanto è
sinonimo modernità, di ribellione e di rottura.

Tale significato ideologico verrà contestato dai settori più conservatori e più reazionari della
Spagna del tempo e genererà una questione che si accenderà tra le pagine delle riviste.

María Teresa León

Tra le donne della generazione del ‘27 una figura di spicco è quella di Maria Teresa León, autrice
vissuta tra il 1903 e il 1988; nasce in seno ad una famiglia borghese, il padre è militare quindi
Maria Teresa trascorre l’infanzia tra le città di Madrid, di Burgos e di Barcellona seguendo gli
spostamenti del padre. Si sposa all’età di diciassette anni e ha presto due figli. Scopre in gioventù
la passione per la letteratura, infatti nel 1924 inizia a collaborare con un giornale che si chiama El
diario de Burgos, collaborazione che si protrarrà fino al 1928 e tuttavia non si firmerà col proprio
nome ma si avvarrà dello pseudonimo di Isabel Inghirami (musa dannunziana protagonista del
romanzo Forse che sì, forse che no).

All’interno del Diario de Burgos Maria firma degli articoli di cronaca che trattano in particolare la
questione femminile; sono articoli che prendono spunto dalle cronache del tempo e che servono
a tracciare il ritratto della donna del tempo oppressa sia dall’uomo che dalla società.

In seguito ad una grave crisi matrimoniale Maria decide di andare a Madrid dove viene accolta
dagli zii, Maria Goyri docente della Residencia de Señorita e Menéndez Pidal, entrambi filologi
spagnoli studiosi del Romancero Gitano, che la introducono nella scena culturale del tempo.
È a Madrid che conosce il suo futuro marito Raphael Alberti insieme al quale darà vita a molte
collaborazioni di natura politica e letteraria.

Quando scoppia la guerra civile la coppia Alberti-León si trova ad Ibiza ma dopo un mese dallo
scoppio del conflitto rientra a Madrid trascorrendo qui l’intero periodo del conflitto dando vita ad
una vera e propria pratica militante.

Con la fine della guerra civile la coppia trova riparo inizialmente a Parigi nel 1939 presso la casa
di Pablo Neruda, ma con l’occupazione delle truppe tedesche è costretta all’esilio e migra in
Argentina dove si fermerà per 22 anni. A causa della dittatura peronista argentina Alberti e León
migrano ancora una volta, trovando riparo a Roma per 14 anni.

I due rientrano in Spagna nel 1977, anno in cui si avvia il processo di transizione verso la
democrazia e tuttavia Maria Teresa León, affetta da alzheimer, morirà in una clinica geriatrica a
Madrid, non potrà vivere con coscienza l’anelato rientro in Spagna.

Nel 1977 José Maria Amado, direttore della rivista El Litoral, parlando dell’autrice in un articolo
riconosce nella donna una penna importante e una delle principali autrici della generazione del
‘27.

Maria Teresa León è dunque vittima di una doppia ingiustizia: è destinata come le altre
sinsombreriste all’oblio e al silenzio in cui viene confinata in quanto donna, ma è anche relegata al
ruolo di moglie di un gigante della letteratura quale fu Rafael Alberti, poeta acclamato e
riconosciuto a livello internazionale, ruolo al quale ella stessa si rassegna come si può intuire dalle
sue memorie, in cui sostiene di essere la coda della cometa e Rafael, che la precede, non ha mai
perduto la sua luce.

Tuttavia Maria Teresa León è un’autrice prolifica scrittrice di racconti, romanzi, biografia
romanzate (come quella dedicata a Cervantes), opere teatrali, memoria e volumi miscellanei.

La produzione narrativa che fa riferimento ai racconti si compone di sette raccolte che spaziano
da racconti per l’infanzia (nel 1928 pubblica Cuentos para soñar e nel 1934 dei racconti per
l’infanzia che hanno un linguaggio fortemente surrealista e che si intitolano Rosafria, patinadora
de la Luna, volume che verrà illustrato da Rafael Alberti), racconti impegnati e rivoluzionari
(testimoniali che raccontano in particolare la Spagna del biennio negro 1934-1936 per esempio
Cuentos de la España acrual), racconti di natura autobiografica (Las peregrinaciones de Teresa),
racconti più maturi dove l’autrice riflette sulla condizione dell’esilio (Fabulas del tiempo amargo).

Inoltre l’autrice compone tre romanzi nel 1941, 1959, 1965 di cui i primi due sono dedicati
all’esperienza della militanza durante gli anni della guerra civile spagnola.

È ancora autrice di quattro biografie romanzate dedicate alla figura di Cervantes, di Becher poeta
romantico, all’eroe El Cid campeador e alla moglie Doña Jimena.

È autrice di opere teatrali tra cui esempi di teatro proletario, di un libro di memorie che si intitola
Memoria de la melancolia, considerato il capolavoro di Maria Teresa León concluso a Roma nel
1970, ed è un testo che ripercorre la vita dell’autrice seguendo il flusso e le suggestioni della
memoria e del ricordo, in cui la memoria individuale si apre alla memoria collettiva, e che quindi
preserva il passato e la storia, come sottolinea la critica Maria Grillo.

Nella produzione troviamo ancora una seria di volumi miscellanei: saggi, articoli, cronache,
sceneggiature cinematografiche, volumi in collaborazione con Rafael Alberti, etc.

La produzione e la vita di questa autrice è caratterizzata dalla militanza politica aderente al partito
comunista, che inizia con i viaggi che compie in compagnia del marito in Unione Sovietica, il
primo dei quali è del 1933-1934, e in Germania dove si manifestano le premesse del nazismo che
determinano la sua postura comunista e rivoluzionaria, la quale darà come primo frutto la
fondazione della rivista Octubre. Organo de los escritores y artistas revolucionarios in 6 numeri
nel 1933; è proprio all’interno di questa rivista che l’autrice pubblica degli esempi di teatro
proletario.

Nel 1935 la coppia Alberti-León compie un nuovo viaggio in America, commissionato da Palmiro
Togliatti (dirigente del partito comunista italiano) e che nasce dalla volontà di informare riguardo
la rivolta delle Asturie del 1934 cui aderiranno migliaia di minatori e che sarà poi soffocata con la
violenza attraverso una serie di operazioni militari dirette da Francisco Franco. In occasione di
questo viaggio l’autrice pronuncia una serie di conferenze, pubblica molti articoli, e presenta
anche la figura di donne esemplari che combattono per l’ideale repubblicano, come ad esempio
la figura di Pasionaria (dirigente del partito comunista spagnolo).

Maria Teresa León propone come modello femminile il modello sovietico che lei considera come
modello di perfetto equilibrio, che gode di diritti civili e che occupa importanti incarichi istituzionali.

La visione politica di León nasce da una divisione ingenua della società che si divide in
oppressi-oppressori, sfruttati-sfruttatori, proletari-capitalisti, infatti non criticherà mai la politica
staliniana, e tutto ciò si deve, secondo la critica, alla natura utopistica del suo ideale politico
basato sulla fratellanza e sull’uguaglianza, una sorta di sovrapposizione tra etica e politica;
anche la guerra viene vista dall’autrice come spazio utopico della fraternità e non viene mai
analizzata nelle sue criticità. Il femminismo di León è svincolato dalle questioni di genere e viene
interpretato nella sua accezione politica che fa parte di un ideale comunista in cui
l’emancipazione della donna è parte di una battaglia sociale molto più ampia.

È negli anni della guerra che l’autrice assume una pratica intellettuale militante e che realizza
molteplici iniziative che si svolgono presso la città di Madrid, definita da Rafael Alberti la capitale
della gloria, e queste iniziative verranno svolte fino alla vigilia della guerra civile; si tratta di
iniziative di stampo culturale che vengono rievocate dall’autrice negli anni dell’esilio e trasformate
in materiale letterario, quindi in tutta la sua produzione si presente sempre il binomio
memoria-guerra.

Questo binomio caratterizza, informa e giustifica tutta la produzione di María Teresa León che
cerca di sottrarre la storia recente della Spagna dall’oblio ma anche dal racconto ufficiale che ne
fanno di essa i vincitori.

La Alianza de Intelectuales Antifascistas

Durante gli anni della guerra dunque si afferma l’impegno intellettuale di María Teresa León; gli
anni della guerra sono anni di grande impegno da parte degli intellettuali repubblicani del tempo, i
quali si riuniscono all’interno del la Alianza de intelectuales antifascistas.

L’alleanza degli intellettuali antifascisti viene costituita nel 1936 allo scoppio della guerra civile
spagnola e ha sede a Madrid, all’interno di un edificio occupato dove María Teresa León
trascorrerà i tre anni del conflitto bellico.

I membri dell’alleanza, di cui era segretaria María Teresa León, e di cui facevano parte Alberti,
Hernandez, Machado, promuovono una letteratura d’urgenza chiamata Literatura circostaincial
che nasce dalle circostanze storiche del tempo; una letteratura che ha l’obiettivo di diffondere
l’ideale repubblicano, in cui la parola è al servizio di un preciso ideale politico: la letteratura è
strumento di lotta destinato al popolo e ai soldati, perché attraverso la cultura si può consolidare
la coscienza politica dei soldati, e dunque consolidare l’ideale per il quale combattono.

Questo dialogo tra intellettuali e popolo è sottolineato da una filosofa che appartiene al
movimento del sinsombrerismo che sostiene essere arrivato il momento che l’intellettuale ascolti
la voce del popolo; è ora di rinunciare alla libertà ipocrita borghese per sensibilizzare la coscienza
critica dei soldati.
Questo connubio tra intellettuali e popolo si manifesta anche nella pagine di una rivista fondata
nel 1936 dall’alleanza e che prende il nome di Mono Azul.

Mono Azul vuol dire “tuta blu” e faceva riferimento all’uniforme dell’esercito repubblicano; era una
rivista redatta dall’alleanza e distribuita tra soldati dai camion della propaganda repubblicana e
dove si suggellava questo patto di unione tra intellettuali, artisti, scrittori, alleanzisti e popolo uniti
sotto il segno della lotta antifascista.

All’interno di questa rivista vi era una sezione che si chiamava Romancero de la guerra e che
accoglieva versi poetici in ottonari con rima assonanzata composti e scritti sia dai membri
dell’alleanza, autori consacrati ed emergenti, che dai soldati, i quali redigevano i versi al fronte,
mandandoli poi alla sede dell’alleanza che poi li pubblicava.

Sono moltissime le iniziative dall’alleanza molte delle quali sono di stampo teatrale. María Teresa
León considera il teatro come l’arte collettiva per eccellenza che serve per educare (si pensi alla
Barraca, fondata e diretta da Lorca durante gli anni della Residencia des estudiantes, al concetto
di cultura che deve essere restituita al popolo, e all’educazione di questo in modo da ambire alla
libertà).

María Teresa León inizialmente dirige il Teatro de Arte y Propaganda che porta in scena testi e
opere di Lorca e testi di Alberti.

Quando la compagnia perde la sua sede, María Teresa León decide di fondare una compagnia
itinerante che prende il nome di Guerrillas del Teatro, composte da attori, volontari, alleanzisti, i
quali usano, in mancanza di una sede, come palcoscenico, il fronte, il campo di battaglia, le
retrovie, le fabbriche, il cortile della sede dell’allenza.

Sono gruppi teatrali che rappresentano opere con evidenti messaggi propagandistici, nel quale le
opere teatrali vengono riscritte conferendo loro una visione ideologica nuova; la Romancia di
Cervantes viene riscritta da Alberti e diventa in qualche modo il simbolo della resistenza eroica
della città di Madrid.

Le Guerrilas del Teatro portano in scena in qualunque contesto, anche sul fronte, un Teatro de
Urgencia, e che rappresenta ad esempio nel 1938 uno spettacolo di omaggio ai brigatisti
internazionali che avevano combattuto a fianco agli spagnoli per difendere la causa repubblicana,
e all’interno del quale l’autrice recita il ruolo della Spagna.

Si tratta di operazioni e di iniziative che possiamo definire di Agit-Prop cioè di agitazione e di


propaganda, dove la letteratura, l’arte e il teatro sono strumenti che servono a raggiungere un
obiettivo politico, al servizio della lotta antifascista.

Le Guerrillas del Teatro rappresentano un momento molto importante della formazione letteraria
e politica di María Teresa León, tant’è che l’autrice gli dedicherà il romanzo Fuego Limpio del
1959, che rievoca le avventure in maniera rivisitata delle Guerrillas del Teatro, nonché molte
pagine delle sue memorie dove emergono con convinzione la passione e l’ideale di una lotta che
viene considerata giusta e legittima.

La Junta de incautación del tesoro artístico

María Teresa León prende parte ad una serie di operazioni di stampo culturale tra cui una che è
legata alla protezione del tesoro artistico nazionale. Il 23 luglio 1936 viene istituita la Junta de
incautación del tesoro artístico, un comitato con l’obiettivo di preservare e proteggere le opere
d’arte (arazzi, sculture, quadri) in pericolo per via della guerra.

Questa associazione, con varie giunte con sedi dislocate nelle varie città d’arte spagnole,
confiscava il tesoro artistico e lo metteva al riparo.
María Teresa León, sotto la direzione di questo comitato, prende parte a tre operazioni di politica
culturale: la prima è la missione di Toledo, la seconda quella de l’Escorial e la terza quella di El
Prado, a Madrid.

Il 16 novembre 1936 il Museo del Prado viene bombardato e viene colpito da una serie di bombe
incendiarie di fabbricazione tedesca sganciate dall’aviazione fascista, che non danneggiano
l’interno della pinacoteca ma alcuni elementi architettonici esterni dell’edificio.

Tre giorni dopo il quinto reggimento, ovvero una forza militare composta da repubblicani,
pubblica un opuscolo che denuncia il bombardamento del Prado e che si intitola “El fascismo
intenta destruir el Museo del Prado”.

Questo opuscolo pubblicato in spagnolo, francese e inglese per sensibilizzare l’opinione pubblica
ed internazionale, viene firmato dal vice direttore del museo Sanchez Canton e da Antonio
Machado; all’interno dell’opuscolo sono mostrate delle immagini relative al bombardamento e vi
sono una serie di appelli firmati da Machado stesso in cui si invita il popolo e i soldati a proteggere
l’arte in pericolo.

In seguito a questo tragico evento la Junta de incautación del tesoro artístico, e in particolare
quella presieduta Josep Renau, pittore di ideologia comunista, autore del testo Arte en Peligro,
direttore della Junta de Bellas Artes, affida a María Teresa León la missione di preservare le
opere d’arte custodite all’interno del Museo del Prado, in vista di un’eventuale attacco futuro.

L’autrice realizzerà questa missione portando in salvo quadri come Las Meninanas di Velásquez,
o il Carlo V di Tiziano.

Questa operazione realizzata da María Teresa León viene raccontata all’interno di un testo
chiamato La Historia tiene la palabra, che è un resoconto delle missioni artistiche che viene
redatto e pubblicato a Buenos Aires nel 1944, chiaramente censurato in Spagna, pubblicato nel
paese solo nel 1977 e ripubblicato nel 2009.

È un testo ibrido poiché è un racconto cronachistico in quanto si basa sulla cronaca, ed è un


testo testimoniale in quanto si basa sul racconto di un episodio in cui l’autrice ha avuto un ruolo
attivo; il racconto referenziale viene narrato attraverso un linguaggio poetico fatto di metafore, di
personificazioni, di sineddochi e di altre figure retoriche.

La natura ibrida di questo testo si realizza già nel suo incipit; il testo ha l’obiettivo di costruire la
memoria storica collettiva partendo dalla memoria soggettiva dell’autrice, fornire al mondo un
modello efficace di politica culturale in tempo di guerra, e ribadire la sinergia tra il popolo e la
cultura.

La campagna di sensibilizzazione che viene operata nei confronti dei miliziani è molto intensa, e
viene guidata sia da alcune iniziative organizzate dall’alleanza degli scrittori antifascisti. sia dalle
scuole di belle arti del tempo, che disseminavano cartelloni per le strade di Madrid al fine di
preservare il tesoro artistico nazionale, soprattutto raffiguranti immagini tratte dal testo di Arte en
peligro di Josep Renau.

Nel 1937 l’alleanza degli scrittori antifascisti, con la collaborazione e la partecipazione di María
Teresa León, in piena guerra civile organizza il II congresso internazionale di scrittori antifascisti
dal 4 all’ 11 luglio a Madrid, Valencia e Barcellona.

L’obbiettivo di questo congresso che riuniva intellettuali, pensatori, scrittori e artisti provenienti da
tutto il mondo e che erano uniti dalla causa antifascista, era quello di fungere da cassa di
risonanza per risvegliare la sensibilità, la partecipazione e la solidarietà internazionale per la
causa repubblicana.
Durante il congresso itinerante, l’alleanza degli intellettuali antifascisti distribuisce ai partecipanti
al congresso tre volumi, tra cui la Crónica general de la guerra civil (1937) in edizione curata
proprio da María Teresa León.

La Crónica general de la guerra civil è una miscellanea di 65 testi di natura diversa tra cui articoli,
racconti, cronache, meditazioni sulla guerra civile, e che portano la firma di autori di Machado, o
appartenenti alla generazione del ‘27 come Alberti, León, Cernuda, Hernandez, etc,offre una
visione globale della guerra e si connota per il tono positivo che non demonizza il nemico ma
esalta l’eroismo del popolo.

All’interno della Crónica general de la guerra civil María Teresa León pubblica cinque testi, tra cui
due cronache che vertono intorno al ruolo della donna nella guerra civile spagnola, come La
doncella guerrera, testo inizialmente letto in radio, e poi pubblicato nella rivista Mono Azul con il
titolo di A las mujeres españolas.

La cronaca è ispirata ad un romanzo castigliano che racconta la storia di una fanciulla che sceglie
di abbandonare la pace del focolare domestico per scendere sul campo di battaglia, indossando
un’armatura che le permetterà di nascondere il petto per camuffare la vera propria identità.

Il romanzo viene rifunzionalizzato e risentimatizzato da María Teresa León in quanto acquisisce


una nuova funzione e un nuovo significato perché avrà a questo punto l’obiettivo di lodare ed
invocare il ruolo della donna nella guerra civile spagnola, affinché queste donne prendano parte
sia al fronte che nelle retrovie, e consentano di portare avanti in maniera serrata la battaglia
antifascista.

Quella della miliziana è un’immagine legata ai primi giorni della guerra, e che popola i cartelli della
propaganda repubblicana, che tuttavia perse presto prestigio per l’impreparazione militare e per
una serie di accuse infondate come quelle di prostituzione e di diffusione di malattie veneree.

La donna venne dunque inizialmente chiamata a partecipare attivamente alla lotta armata, e dopo
relegata al ruolo della retrovia, anche in quanto considerata un elemento di ostruzionismo per la
lotta, tanto è che si diffuse uno slogan che recitava “gli uomini al fronte, le donne alle retrovie”.

Tremendismo

Questa corrente nasce e si sviluppa nel contesto del Dopoguerra. Dal 1936 al 1939 la letteratura
e la cultura si mettono al servizio della causa repubblicana, come è ben rappresentato dalla
Literatura de Circuncstancias, che ha l’obbiettivo si sensibilizzare il popolo e i soldati e che si
traduce sostanzialmente nella pubblicazione di cronache, di poesia e di romaces che vengono
diffusi specialmente all’interno di riviste repubblicane.

Prima della guerra si ha una letteratura caratterizzata dal modernismo e dalla sperimentazione
tipici della generazione del ‘27; poi si ha una pausa durante gli anni della guerra in cui la
letteratura assume una precisa connotazione politica; e poi si hanno gli anni del Dopoguerra nei
quali si assiste ad una molto difficile e complessa rinascita del romanzo, che risente naturalmente
delle circostanze storiche del tempo.

La vita negli anni Quaranta è segnata in tutti i campi dalle conseguenze della guerra, che portano
delle problematiche di vario tipo. Innanzitutto sono anni di forti difficoltà materiali che la critica ha
ribattezzato come años del hambre y de la míseria.

Una serie rilevante di problematiche è di origine morale e ideologica, e fanno riferimento al clima
culturale turbato dal franchismo; il bilinguismo è vietato e le opere sono rigidamente censurate in
ottica religiosa e politica. Di conseguenza vengono messe al bando anche opere di scrittori
stranieri vicini al pensiero repubblicano considerati una minaccia all’ordine.
Dalla censura consegue anche la pratica diffusa al tempo dell’autocensura, cioè le restrizioni che
si impongono gli scrittori per poter pubblicare e che decidono quindi di utilizzare un linguaggio
allusivo o l’ironia, l’umorismo, e comunque una scrittura ambigua che possa fuggire i tagli della
censura.

Molti scrittori che si trovano fuori dalla Spagna, poiché in esilio, danno adito alla produzione di
quella che la critica ha definito España peregrina.

L’opera di questi autori che riparano all’estero, in particolare in Messico e in Argentina, viene
pubblicata fuori dalla Spagna, e porta avanti una tradizione tuttavia sconosciuta nel paese natale,
poiché in Spagna chiaramente viene proibita la pubblicazione di queste opere, che cominceranno
a circolare solo negli anni Sessanta.

Altri autori invece rimangono in Spagna, alcuni dei quali decidono di isolarsi in qualche modo,
quindi di coltivare un esilio volontario, che la critica ha chiamato Insilio.

La Spagna degli anni Quaranta risente della politica autarchica del tempo, è una Spagna in
ritardo anche sulle tendenze letterarie europee, impermeabile alle influenze letterarie europee che
vengono respinte.

In questo panorama isolato della Spagna si ha tuttavia qualche debole segnale di rinascita
letteraria, in particolare per ciò che concerne il genere del romanzo. Un ruolo importante per la
rinascita del romanzo del Dopoguerra è quello svolto da Camilo José Cela, nato nel 1916 e che
riceve il premio Nobel per la letteratura nel 1989.

Alcuni frammenti di testi aubiani vengono pubblicati in Spagna grazie alla mediazione di Camilo
José Cela che gli accoglie nella sua rivista Papeles de son armadans.

Camilo José Cela è un intellettuale che politicamente rappresenta una figura ambigua, infatti
viene censurato il romanzo La familia de Pascual Duarte che inaugura una nuova corrente
letteraria, un nuovo linguaggio, un nuovo genere definito come Tremendismo, e che ebbe merito
di conferire nuova linfa al genere romanzesco degli anni Quaranta.

Il tremendismo si basa sul racconto di una realtà tremenda che viene esasperata; di una realtà
ingiusta narrata attraverso dettagli truci, ributtanti, repellenti, ripugnanti che sfociano spesso nel
grottesco, e che ricalcano gli aspetti più violenti e disumani della società. Infatti quando parliamo
di tremendismo, parliamo anche di neo-realismo e di miserabilismo.

Il tremendismo è prodotto del ricordo, degli orrori e delle conseguenze della guerra civile, e
contiene di conseguenza una implicita e indiretta critica sociale, relazionata con il contesto del
Dopoguerra che l’autore del romanzo tremendista rievoca servendosi anche dell’esperienza
personale della guerra.

Camilo José Cela rifiutò l’etichetta nonché la paternità dichiarando che il tremendismo sia vecchio
come la stessa letteratura, non è una tendenza innovativa ma si tratta di un aspetto della
letteratura non inedito.

Il tremendismo è una corrente che si consuma molto frettolosamente, inizia nel 1942 e si
consuma alla fine degli anni Quaranta.

Il repertorio tematico rimanda a motivi quali la morte, la crudeltà, la violenza, l’omicidio, la povertà,
la miseria, la fame e tutti aspetti caratterizzanti l’epoca del tempo e che ne restituiscono
l’immagine.

I personaggi che popolano le opere tremendiste sono figure che riflettono gli aspetti più biechi
della società, quindi troviamo assassini, vagabondi, persone che vivono al margine della legge,
della società e della morale, e che incarnano il decadimento morale, il declino etico, la crisi di
valori.

Il linguaggio è crudo, diretto, esplicito composto di particolari ripugnanti; un linguaggio che sfocia
spesso nella dimensione grottesca e che accompagna un racconto di tipi autobiografico, cioè
dove il narratore è autodiegetico. Quindi è un romanzo memorialistico dove il lettore leggerà le
memorie di un protagonista che riflette la decadenza etica e il declino morale del tempo.

La formula autobiografica lega il romanzo tremendista ad una tradizione letteraria spagnola che è
quella della picaresca; il tremendismo eredita alcuni elementi propri della picaresca, quindi della
letteratura del secolo XVI, ma anche del realismo ottocentesco ed è fondamentale perché fa da
ponte tra la scrittura sperimentale, modernista, coltivata dagli autori del ‘27 e la scrittura realista
che invece si coltiverà negli anni Cinquanta. Quindi permette il passaggio da un tipo di scrittura
che è quella degli anni della repubblica e degli anni Venti, e la scrittura degli anni Cinquanta
caratterizzata dalla corrente del realismo sociale.

Gli elementi che il romanzo tremendista eredita dalla picaresca sono innanzitutto la formula del
racconto come narrazione autobiografica in forma di memorie e dalla caratterizzazione di questa
istanza narrativa che coincide con il protagonista di cui conosciamo le disavventure.

Oltre la scrittura autobiografica, il tremendismo eredita anche la costruzione del personaggio.

Il picaro infatti, è un personaggio di bassa estrazione sociale, è una figura senza scrupoli che
attraverso l’astuzia e l’inganno riesce a sopravvivere e a garantirsi la sussistenza e la
sopravvivenza.

È una figura che inaugura un modello letterario, attraverso cui si esprime anche una critica nei
confronti dell’assetto sociale, delle gerarchie sociali, critiche che nasce dal rapporto tra il padrone
e il servo, e che è testimonianza al tempo stesso di un’epoca di crisi, di fame, di mendicità e di
ipocrisia sociale, tratti propri del periodo del Dopoguerra.

Tra i romanzi che si possono collocare nella corrente tremendista c’è La familia de Pascual
Duarte di Camilo José Cela, il quale inaugura il genere; è pubblicato nel 1942, censurato nel
1943 e ristampato nel 1963.

Segue Nada di Carmen Laforet, pubblicato nel 1944, in cui la protagonista è un orfana che si
reca a Barcellona e racconta nelle sue memorie la fame e lo squallore della società, della famiglia
è anche della città di Barcellona.

Il testo che chiude il tremendismo è La sombra del ciprés es alargada di Miguél Delibes,
pubblicata nel 1948; racconta la storia di un orfano affidato alle cure dello zio, il quale lo educa al
pessimismo e la cui vita è segnata da continue tragedie, come per esempio la morte della moglie
in un tragico incidente che chiude il romanzo.

La familia de Pascual Duarte

Viene censurato in quanto considerato pericolo e peccaminoso perché è un romanzo denso di


dettagli erotici, di descrizioni legate all’ambiente carcerario e di dettagli scatologici legati al basso
corporeo.

È un romanzo dalla forte matrice picaresca perché il racconto autobiografico spiega le


circostanze degli omicidi perpetrati dal protagonista-narratore e per le sfumature ironiche.

La familia de Pascual Duarte è un testo in cui le memorie costituiscono solo la quinta parte del
testo complessivo, è cioè un romanzo che si struttura attraverso l’uso di molti paratesti funzionali
ad autenticare la finzione; che si costruisce su silenzi narrativi che il lettore dovrà colmare con la
sua interpretazione; che quindi sfocia in una scrittura frammentaria dove tuttavia si assiste ad un
profondo scavo psicologico del personaggio.

La familia de Pascual Duarte è ambientato in Extremadura e racconta la storia del personaggio


figlio di contadini poveri, analfabeti, ignoranti e anche molto violenti. La violenza nella quale il
protagonista cresce, diventa una risposta naturale di fronte agli ostacoli e alle avversità della vita.
Pascual Duarte ha una natura criminale, che si intuisce attraverso il racconto delle sue memorie,
nel momento in cui decide di uccidere in maniera spietata il proprio cane, per il quale nutre un
affetto sincero ma che improvvisamente non tollera più.

Analogamente si comporta quando uccide il compagno di sbronze; è un assassino recidivo


perché quando la moglie Lola abortisce cadendo da cavallo, egli si vendica uccidendo la
giumenta. E ancora uccide l’uomo con cui la moglie Lola lo tradisce. Il climax del romanzo
coincide con la fine delle memorie che si chiude con il matricidio. Tuttavia scopriamo nel
paratesto che il personaggio è stato condannato a morte e che ha scritto le memorie durante il
periodo che ha scontato in galera.

La familia de Pascual Duarte ha una matrice fortemente picaresca rintracciabile soprattutto nella
costruzione del personaggio, nell’adozione della scrittura autobiografica e nel ricorso all’ironia,
attraverso per esempio la descrizione di situazioni narrate con un tono marcatamente grottesco.

Il testo è composto da una serie di paratesti che corredano il corpo del testo rappresentanti la
quinta parte del romanzo; è un testo che si avvale anche di ellissi narrative e che è caratterizzato
da una scrittura non lineare ma frammentaria, legata al relativismo del Novecento.

La composizione del romanzo si articola seguendo nove segmenti, il primo dei quali è la nota del
trascrittore, ovvero il compilatore del testo che si presenta come colui che ha ricopiato
fedelmente il manoscritto ritrovato.

La nota del trascrittore può essere dunque interpretata come una prefazione a cura dell’editore,
in cui il narratore, ovvero il trascrittore, è extradiegetico; il testo che decide di trascrivere funge da
monito poiché considera Pascual Duarte un anti modello da non imitare.

La seconda sezione del romanzo è costituita invece da una lettera di Pascual Duarte che scrive
nel carcere e dove annuncia l’invio del manoscritto al signor Barrera Lopez, un amico della sua
ultima vittima. Può essere letta come una prefazione autoriale, cioè scritta dall’autore delle
memorie, a differenza della prima interpretata come prefazione editoriale.

Il terzo segmento è composto dalla clausola del testamento del signor Barrera Lopez, il quale
dichiara che il manoscritto dovrà essere bruciato ma che se sopravviverà diciotto mesi alla sua
morte, allora chiunque lo trovi può farne ciò che crede; in effetti il manoscritto viene ritrovato
molto tempo dopo in una farmacia dal compilatore che decide di darlo alle stampe.

Nella quarta sezione troviamo poi una dedica di Pascual Duarte alla sua ultima vittima.

Solo nella quinta parte del romanzo troviamo il corpo del testo, cioè le memorie di Pascual Duarte
narrate in prima persona dal protagonista, attraverso un racconto retrospettivo in cui si
ricostruiscono le circostanze della vita di Pascual e in cui si segue tuttavia un andamento
temporale abbastanza lineare, che va dall’infanzia del protagonista fino al presente, salvo alcune
prolessi o alcune digressioni. Costruisce il manoscritto articolandolo in 9 capitoli che
ricostruiscono la vita del protagonista.

Nella sesta sezione troviamo un ulteriore nota a cura del trascrittore-editore che dichiara al lettore
di non aver trovato nessun altro testo di Pascual Duarte, e rivela che lo stesso è stato condannato
a morte e giustiziato per i molti crimini commessi, di cui il crimine massimo è rappresentato dal
matricidio. Incuriosito il trascrittore decide di scrivere due lettere al secondino del carcere in cui è
detenuto Pascual Duarte, e una al cappellano che assiste alla morte del protagonista.
Il trascrittore decide di pubblicare le lettere di risposta del cappellano e del secondino che
troviamo nella settima sezione. Il cappellano sostiene che Pascual si sia pentito prima di morire e
dice inoltre di aver letto le memorie del protagonista ma di non riconoscervi l’uomo spaventato e
innocente che egli ha conosciuto.

Nell’ottavo capitolo troviamo invece la lettera di risposta del secondino del carcere, il quale
sostiene che Pascual fosse pazzo, che non si sia mai pentito e ma che abbia scritto le memorie
solo allo scopo di ottenere l’indulto.

A chiudere il testo, nella nona e ultima parte, è una breve conclusione a cura del trascrittore.

I paratesti che corredano le memorie di Pascual servono ad inverare la finzione, a far conoscere
al lettore l’epilogo di Pascual che altrimenti rimarrebbe misterioso visto che Pascual interrompe le
memorie con il racconto del matricidio, e guidare l’interpretazione del lettore che potrà servirsi di
molteplici punti di vista che li consentiranno di sviluppare una propria interpretazione sulla figura
di Pascual Duarte.

Il testo combina elementi grotteschi e comici, terribili e truci, violenti e volgari, e si caratterizza,
specialmente nella descrizione delle vittime, per la presenza di una serie di elementi contrastanti.

Potrebbero piacerti anche