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LETTERATURA SPAGNOLA – PROFUNDIZACION – SARMATI

NARRATIVA SPAGNOLA DEL DOPOGUERRA

Innanzitutto con il termine dopoguerra spagnolo intendiamo quegli anni che seguirono la guerra civile, che
vanno dal 1939 fino alle soglie del 1950 e quindi è un concetto diverso dal dopoguerra così come lo
intendiamo noi in Europa che invece coglie quegli anni che vanno più o meno dal 1945 in poi e quindi coglie
un ambito cronologico posteriore rispetto al dopoguerra spagnolo  in Spagna c’è un solo dopoguerra ed è
quello civile. Questo perché la Spagna non partecipò alla 2° guerra mondiale  mossa molto strategica del
generale Franco perché gli consentì di impiantare un regime dittatoriale che durò per 40 anni che
intercorrono dal 1 aprile del 1939 al 20 novembre 1975  ci fu una resistenza spagnola ovviamente ma non
fu in grado di interrompere cruentemente questo regime ma semplicemente nel 1975 Francisco Franco morì
e quindi con la sua morte terminò anche il regime  tra l’altro fu lui stesso a preparare la transizione 
dopo lui salì al governo spagnolo il re Juan Carlos, scelto come successore dallo stesso Francisco Franco.
Quindi con il termine dopoguerra civile intendiamo quegli anni caratterizzati dal regime franchista.

La guerra civile, definita anche come la Guerra di Spagna venne vissuta per certi versi non solo in Spagna
ma anche nelle coscienze europee come affermò lo scrittore inglese George Orwell, ha considerato questa
guerra civile spagnola come la premessa di quanto poi accadrà in Europa, come se in Spagna si fosse giocato
dal 1936 al 1939 un qualcosa di tragico, violento di quello che succederà poi in Europa a partire dal 1939 
L’Europa riteneva che la guerra civile avesse inaugurato quella serie di movimenti mondiali che vanno sotto
il nome di fascismi e quindi l’Europa ha guardato sempre alla guerra civile spagnola come un’anticamera
delle proprie problematiche.

Le cause di questa guerra risalgono almeno ad un secolo prima, addirittura dagli anni 30 dell’800  in
quest’epoca c’era Fernando 7 di Borbone che per scegliere un suo successore gli si aprono due possibilità: o
contravvenire alla legge salica che impediva la successione al trono della figlia femmina (Isabella 2) o
passare il regno al fratello Carlos la sua scelta fu quella di nominare sua figlia come suo successore e
questo scatenerà una serie di guerre conosciute come GUERRE CARLISTE alimentate dai sostenitori di
Carlo di Borbone.
Queste guerre ovviamente non erano legate esclusivamente a questioni di “genere” ma anche ad una
visione, ad una ideologia: i carlisti, collocati più nelle zone rurali del Nord della Spagna e più tradizionali,
fautori di una monarchia assolutista si contrapponevano alla monarchia di Isabella 2 che era invece una
monarchia parlamentare e liberale.
Le guerre carliste furono una serie di guerre civili che mantennero per tutto l’800 il paese in un clima di
continua ostilità e instabilità ma determinarono uno di quegli elementi che sarà cruciale anche nella guerra
civile del 1936 ovvero la permanenza dell’esercito all’interno delle istituzioni cioè una forza militare che
invece di mantenere l’ordine entra anche nelle scelte politiche ed ideologiche del paese.
Questa divisione della Spagna in due mentalità, una più conservatrice fortemente clericale, cattolica,
assolutista nella concezione della monarchia e l’altra, sostenuta anche dalla borghesia, aveva una spinta più
progressista che guardava ad una modernizzazione del paese e quindi forse anche ad un cambio
istituzionale, passa alla storia sotto la definizione di “Las Dos Espanas”, che si troveranno contrapposte
molto a lungo e che diventeranno anche un tema letterario di quello che viene definito CAINISMO si rifà
al mito di Caino e Abele, vuole rappresentare il conflitto fra fratelli in senso lato, conflitto anche all’interno
di una famigliastrategia letteraria per rappresentare e rispecchiare un po’ la situazione sociale spagnola
la letteratura spagnola del dopoguerra non poteva rappresentare platealmente il conflitto perché c’era la
dittatura e quindi utilizzava una serie di strategie.
Altre cause che portarono alla guerra civile furono anche di natura economica e sociale: il problema
cantonale, presente ancora oggi in alcune zone, ovvero la volontà di alcune comunità storiche legate alle
loro lingue come la Catalogna e i Paesi Baschi, essendo paesi più ricchi, premevano per una maggiore
autonomia. Problemi economici legati ad una mancata riforma agraria, problema di un latifondismo
improduttivo che determinava lo scontro fra braccianti e latifondisti, problemi legati ad una mancata
industrializzazione, problemi legati anche ad una forza non centripeta che portava le zone limitrofe
industrializzate a chiedere sempre maggior autonomia al governo centrale.
Altro problema era la forte presenza dell’esercito nelle istituzioni quindi nelle scelte politiche ed
ideologiche del paese e anche nella chiesa.
Negli anni ’30 il paese era scosso ovviamente da problemi, scioperi, forme di intolleranza anticlericale,
Alfonso 13 si autosospende e vengono indette elezioni municipali durante le quali si chiede alla popolazione
di esprimersi a favore della monarchia o della repubblica fu un vero e proprio plebiscito e le forze
repubblicane (nuova istituzione che avrebbe potuto avviare il paese verso una maggiore modernità) ebbero
la meglio iniziò quindi la 2° repubblica la prima repubblica ci fu nel 1874 che durò un solo anno.
Questa seconda repubblica dura dal 14 aprile 1931 al 18 luglio 1936 quando scoppiò il colpo nazionalista
in questi anni si susseguirono tre governi.
Il governo che sale al potere nel 1931/1933 viene titolato come BIENNIO SOCIALISTA  emanata la
costituzione repubblicana e furono due anni in cui vennero fatti enormi tentativi di risolvere i problemi
della Spagna come la riforma agraria si stabilì la parcellizzazione del latifondo superiore ai 53 agri e la
possibilità dei mezzadri di entrarne in proprietà. Ridusse anche le sovvenzioni ed i fondi della Chiesa,
sciolse le congregazioni religiose, promosse l’educazione laica, optò anche x il suffragio universalesi
ammetteva al voto ogni cittadino dai 23 anni e anche le donne. La spagna cercò così di recuperare una
arretratezza istituzionale e anche culturale che si trascinava da secoli. Il biennio socialista aveva numerosi
avversari tra cui la chiesa perché la chiesa spagnola di questi tempi era fortemente conservatrice
oscurantista e sempre alleata della monarchia ma anche il fronte anarchico si contrapponeva fortemente
al governo socialista per delle riforme ancora più radicali  questo comporterà la crisi del governo nel 1933
e quindi le nuove elezioni.
Nelle nuove elezioni, 19 novembre 1933, vinsero i conservatori e questo periodo passò alla storia come
BIENNIO NERO tutte le riforme effettuate dal biennio socialista furono abolite e iniziò una repressione
sociale piuttosto cruenta. Possiamo ricordare ad esempio la rivolta dei minatori delle Asturie nel 1935,
sedata nel sangue da questo governo capeggiato da Alejandro Lerroux.
Le successive elezioni ci furono il 23 febbraio 1936, vinse il fronte popolare coalizione delle sinistre che
includeva partito socialista, partito comunista, partito operaio unificato, quindi un governo repubblicano,
democratico. La vittoria del fronte marcò ancora di più il divario fra le due Spagne e ciò fece nascere,
soprattutto nell’esercito, una serie di focolai di ribellione che portarono al suo disfacimento avvenuto nel
luglio del 1936. In particolare Francisco Franco (generale dell’esercito spagnolo stanziato in Marocco)
decise di dare il via a un colpo di stato, appoggiato anche dalla Germania nazista e dall’Italia di Mussolini,
IL GOLPE del 1936 l’evento scatenante di questo fu l’assassinio del leader monarchico Calvo Sotelo ucciso
dai membri delle forze repubblicane che condusse alla guerra civile, l’assassinio fu la scintilla x giustificare
un colpo di stato volto a contrastare l’imminenza di un movimento socialcomunista.
La guerra civile non fu solo scenario di tappe ed eventi militari ma per Francisco Franco fu l’occasione per
instaurare la sua dittatura che fu lunghissima nel corso della quale vennero attuate strategie, tattiche, scelte
di prudenza che le consentì di mantenersi a lungo rispetto magari alla risoluzione dei fascismi in Europa.
Franco determinò un regime di controllo sociale di assoluto terrore, non solo contro i dissidenti quindi i
repubblicani ma anche contro i popolari.
Già nel 1936 una giunta militare costituita da generali e colonnelli proclamava Franco “Generalissimo” di
tutte le forze armate e capo del governo dello stato affidandogli tutti i poteri, imponendosi anche con la
denominazione di “Caudillo” corrispondente all’italiano Duce.
L’atto che segnò l’inizio di questo nuovo stato/ordinamento fu la creazione e la formalizzazione del partito
unico nel 1937 Franco emanò un decreto che stabiliva la soppressione di tutte le organizzazioni e dei
partiti politici e il passaggio ad una sola entità politica nazionale chiamata Falange, e il 30 gennaio 1938
venne creato a Burgos il primo governo del nuovo stato ovviamente di orientamento fascista attraverso un
decreto con cui Franco si autoassegnava anche il potere costituente e lo avrebbe mantenuto x tutti gli anni
della dittatura.
Tra le tante disposizioni di questo nuovo stato c’era:
- Proibizione dello sciopero ritenuto delitto di lesa patria
- Emarginazione femminile dal lavoro, dalla vita pubblica e da pratiche sociali emancipatorie
attraverso la frase “lo stato libera la donna sposata dall’officina e dalla fabbrica”
- Smantellamento dello stato laico
- Abolizione degli stati autonomi della Catalogna e dei Paesi Baschi
- Abolizione riforma agraria con l’intervento statale su ogni attività economica agricola o industriale
- Abolizione della libertà di stampa e di associazione, con una censura diretta contro qualsiasi
opinione, analisi e osservazione che fosse in disaccordo con l’ideologia ufficiale a cui erano
sottoposti giornali, cinema, teatro, letteratura.
- Vietato il culto di altre religioni
- Abrogazione legge sul divorzio
Lo stato che nacque quindi dalla guerra civile era autarchico, centralista in cui Chiesa, esercito e poteri
economici avevano tutta la loro influenza, cercò di creare una società omogeneamente cattolica, controllata
dall’esercito, inquadrata da una burocrazia falangista e chiusa a ogni tipo di influenza esterna. Ma questa
scelta autarchica comportò a livello economico povertà e crisi perché ad esempio cominciò a diffondersi il
mercato nero  poiché lo stato imponeva prezzi bassi, gli agricoltori iniziarono a nascondere i loro raccolti
x indirizzarli verso mercati non controllati e quindi avere guadagni supplementari, si creò quindi una
condizione di estrema povertà ed isolamento soprattutto a seguito della sconfitta dell’ Asse nella Seconda
guerra mondiale, ci fu la necessità di “defascistizzazione” il Caudillo consapevole della sua debolezza, non
ha altra possibilità se non quella di cercare una nuova formula politica capace di rappresentare un
cambiamento x i paesi democratici ma al tempo stesso garantire il suo potere iniziò la propaganda di una
democrazia organica che però era ancora molto lontana dal liberalismo politico ma non ricorreva più alla
retorica autarchica e interventista ed è proprio in questo periodo che si fa sempre più aperta l’opposizione
al regime, la tendenza liberale si rafforzò ancora di più, anche grazie al fatto che il concilio vaticano II
allontanò molti settori della chiesa dall’appoggio del regime, quindi crebbe l’opposizione anche nel mondo
cattolico, A partire poi dal 1957  varano piani di stabilizzazione cioè riforme fiscali tendenti ad
incrementare le entrare e anche piani di liberalizzazione, si cominciano ad adottare riforme tese alla
liberalizzazione del commercio estero, al rilancio dell’industria e del settore agrario, anche se il franchismo
continuava comunque la sua politica repressiva fino alla morte di Francisco Franco avvenuta il 20
novembre 1975.
Prima della sua morte venne concluso il processo di istituzionalizzazione del regime secondo il quale Juan
Carlos di Borbone, venne designato successore di Franco e avrebbe restaurato la monarchia il nuovo capo
del governo nominato dal re, Adolfo Suarez, fu il principale artefice di una straordinaria transizione pacifica
alla democrazia realizzata con:
- Riforme istituzionali come il suffragio universale
- Legalizzazione dei partiti politici
- Nuova costituzione che designava uno stato federale e democratico.
Storia della letteratura

Quando parliamo di letteratura del dopoguerra non parliamo di un blocco omogeneo ma di vere e proprie
fasi narrative, anche di sottogeneri narrativi, quindi ci troviamo di fronte ad espressioni di diverse tendenze
narrative. Ma in quel contesto storico culturale del dopoguerra, il clima generale di desolazione ha favorito
l’ascesa della letteratura impegnata quindi romanzi impegnati nei problemi sociali che, nei vari modi
espressivi, cerca di raccontare la difficile attualità spagnola, modellato sulle istanze del neorealismo e
dell’esistenzialismo.
Negli anni ’40 ci troviamo di fronte alla tendenza narrativa che va sotto la nozione di novela existencialista,
declinata anche nel suo sottogenere tremendista tecnica letteraria inaugurata da Cela con il romanzo La
Familia de Pascual Duarte che coniuga l’angoscia e il dolore esistenzialisti con un duro realismo fatto di
scene violente e personaggi che vivono ai margini della società si caratterizza di una presentazione cruda,
cupa della storia, della trama, presentando aspetti violenti, miseri, brutali, con la presenza di personaggi
che solitamente sono degli emarginati, persone con difetti fisici o psichici, prostitute, criminali e anche con
un linguaggio piuttosto duro. Un’altra caratteristica è sicuramente anche la prospettiva omodiegetica,
quindi un punto di vista soggettivo in cui il narratore è presente nella storia come personaggio stesso.
Negli anni ’50 invece abbiamo una svolta neorealista. Ovviamente abbiamo una differenza perché il
neorealismo italiano è un realismo di un dopoguerra democratico, quello spagnolo è invece il neorealismo
di una Spagna dittatoriale quindi ha caratteristiche diverse, ma ha l’esigenza di fotografare oggettivamente
la realtà c’è comunque. In questo periodo maturano le vocazioni letterarie di un gruppo di giovani scrittori
che faranno parte di una generazione degli anni ’50 o Generacion del medio siglo che si riunì attorno ad una
rivista importante che si fece propugnatrice del neorealismo e su questa rivista gli scrittori cominceranno a
pubblicare le loro prime opere questi scrittori erano Gaite, Matute, Ignacio Aldecoa, Alfonso Sastre,
Ferlosio, e tanti altri sono accomunati sotto il termine di generazione innanzitutto per l’anno di uscita dei
loro primi romanzi che viene a coincidere, ma anche x le circostanze che vissero tutti quando scoppiò la
guerra civile questi scrittori erano dei bambini e quindi sono scrittori nei quali i ricordi di quegli anni della
loro infanzia e adolescenze sono piuttosto incancellabili legati da una adolescenza marcata dal clima
repressivo del dopoguerra e dal tema della povertà e della fame che saranno anche tematiche ricorrenti
della loro scrittura. Inoltre possiamo dire che hanno in comune nella loro scrittura la mancanza di un lieto
fine, anzi questi romanzi presentano per lo più un finale aperto come appunto Entre Visillos, sono privi di
prospettiva ideologica e i personaggi svolgono la funzione di testimonianza, senza mai declinarla in chiave
ideologica anche se in alcuni personaggi la ritroviamo nella loro psicologia in Entre Visillos la vediamo in
Natalia, in Pablo Klein, in Elvira la figlia del direttore della scuola che vivono quella realtà come una sorta di
prigione e si sentono oppressi dalla forza del collettivo, dagli stereotipi del collettivo, dalla morale generale
e desiderano trovare una via di fuga, un proprio cammino di libertà e liberazione quindi i protagonisti sono
certamente degli anticonformisti ma non come esibizione di una contestazione ma proprio perché non si
sentono rappresentati dalla morale, si sentono emarginati, però mai dimostrano rispetto alla realtà stessa
un approccio eroico.
Le caratteristiche del romanzo neorealista in generale sono sicuramente:
- Protagonisti che sono gente comune, di tutti i giorni che affrontano una quotidianità piuttosto
piatta, ritratti nei loro ambienti, al punto che questa tendenza sfocerà poi in quella realtà
narratologica conosciuta come protagonista collettivo, abbiamo cioè un pullulare di personaggi
trattati più che come singole personalità come personaggio unico ciò costituisce x lo scrittore la
focalizzazione sull’ambiente.
- Non ci sono anacronismi dal punto di vista storico, la realtà descritta è quella contemporanea,
esattamente di quegli anni. Per questo si sceglieranno periodizzazioni molto brevi, per facilitare
l’adesione alla realtà, si cercherà di far durare la storia della narrazione il tempo ideale della lettura.
- Abbiamo quello che viene definito Reduccionismo, il tempo della storia si riduce enormemente.
Esempio “Cinque ore con Mario” in cui la narrazione viene ambientata in 5 ore. In Entre Visillos la
narrazione è ambientata in 3 mesi Gaite sperimenta questo reduccionismo, anche in Retahilas la
storia dura una notte.
- Narratore discreto che si contrappone a quello onnisciente perché funziona come un registratore,
non esprime opinioni, non da la sua visione e in questo modo non condiziona l’interpretazione del
lettore.
- Quando si diffonde invece il realismo sociale dalla metà degli anni ’50 la scrittura è fortemente
ideologizzata quindi esistono buoni e cattivi, romanzi dal taglio fortemente sociale che criticano la
realtà spagnola del dopoguerra.

Negli anni ’60 abbiamo invece il romanzo sperimentale di cui Luis Martin Santos è il maggior esponente.
Si creò anche la letteratura d’esilio, del exilio, perché a causa della guerra, già nel 1936 si contarono
moltissimi spagnoli che varcarono il confine francese, che prendevano la strada dell’esilio. Tra questi vi
erano intellettuali, gli artisti come Pablo Picasso, Juan Mirò, i rappresentanti della generazione del ’98
come Machado, Maria Zambrano ma anche quelli della generazione del ’27 come Rafael Alberti, Pedro
Salinas, Jorge Guillen  quindi la letteratura spagnola a partire dal ’39 vivrà su due binari, una letteratura
che tenterà di diffondersi e di trovare una sua strada in patria e una letteratura spagnola che invece si
svilupperà nelle terre d’esilio. Il primo paese d’esilio fu sicuramente la Francia che dimostrò molta
solidarietà ai vicini spagnoli, poi anche l’Italia e l’America questi esiliati si trovavano nella condizione di
scrivere senza pubblico perché si ritrovavano in una nuova terra e quindi non c’era nemmeno la
comunanza della lingua.
Un altro problema di quegli anni era anche la censura, il franchismo poi fece delle scelte culturali per
preservarsi molto radicali  il franchismo oltre ad aver sposato una autarchia culturale cioè impedire il
contatto con la cultura europea, soprattutto quella liberale, quindi la Spagna si trovava isolata dal mondo,
stabilì anche una frattura con la propria tradizione quindi scomparvero ad esempio Galdòs, autori del ’98,
i poeti del ‘27 eccetera c’era proprio l’impossibilità di leggere questi autori per cui gli autori di questo
tempo (Cela, Carmen Martin Gaite) operavano nella condizione di “adamismo” cioè in una condizione quasi
originale, non avevano modelli a cui ispirarsi ne in patria legati alla propria tradizione ne stranieri perché
l’autarchia impediva tutto questo ci troviamo quindi di fronte a una situazione davvero molto difficile.
Nel dopoguerra quindi avevano una letteratura che incarnerà i valori di quello che si chiamò “nuovo
Stato” lo stato, il regime instaurato dal generale Franco prenderà questa definizione si parlerà di una
letteratura “belicista”, bellica ma in realtà con tematiche che incarnano i valori del sentimento patrio,
quindi il patriottismo, l’eroismo, cameratismo.
Uno degli esempi più importante di questo periodo è sicuramente Rafael Garcìa Serrano che scrisse un
romanzo diventato molto famoso pubblicato nel 1943 e che vinse il premio Nacional de literatura nel 1943
si iscrisse da giovane nella falange e durante il regime franchista ebbe posizioni di spicco nell’editoria di
quel tempo perché fu il direttore del giornale della falange che si chiamava Arriba. Il suo romanzo più
rilevante si intitola “la fiel infanteria” che narra la storia di un gruppo di falangisti negli ultimi anni della
repubblica in cui si assiste soprattutto a scene di guerre di trincea nelle quali dimostrano un particolare
valore, forte senso di lealtà.
CAMILO JOSE CELA

Cela nasce l’11 maggio 1916 fin da subito inizia la sua attività di scrittore infatti nel 1938 aveva già
concluso la sua prima raccolta di poesie intitolata “pisando la dudosa luz del dia” titolo particolare perché
ha un ritmo endecasillabo che Cela trae dal Polifemo di Luis de Gongora uno dei più grandi poeti della
letteratura barocca in Spagna. Già dal titolo quindi ci fa capire che tipo di scrittura e poetica utilizzava Cela,
che si rifà sicuramente a Gongora.
Questa raccolta, che ha anche un sottotitolo “poema de un adoleciente cruel”, contiene poesie scritte dopo la
morte della sua fidanzata che muore a Madrid sotto un bombardamento. Sono poesie quindi certamente
amare e dal punto di vista poetico Camilo Jose Cela si rifà sicuramente ai modelli barocchi che a loro volta
furono ripresi dalla generazione del 27’ e quindi Cela ha una scrittura in sintonia con i giovani del ’27
soprattutto quella surrealista legata ad esempio a Rafael Alberti.
Cela per tutta la sua vita coltiverà la poesia però si dedicherà anche ad altri generi.
La familia de Pascual Duarte è la prima opera, il primo romanzo pubblicato da Cela, esattamente nel 1942
quando ha soltanto 24 anni.

LA FAMILIA DE PASCUAL DUARTE

Storia editoriale:
La storia editoriale di questo romanzo fu piuttosto particolare e travagliata perché inizialmente quest’opera
venne rifiutata per ben tre volte dalle case editrici per il suo carattere trasgressivo, di rottura e fortemente
innovativo.
Fu pubblicata la prima volta nel 1942 dalla casa editrice Aldecoa ed ebbe subito grande successo nel ’43
infatti fu pubblicata una seconda edizione che però venne proibita, censurata perché considerata un’opera
immorale. E quindi la terza edizione venne pubblicata poi nel ’45 in Argentina dalla casa editrice Emese
in quegli anni spesso accadeva che quando la produzione spagnola non poteva uscire in Spagna per motivi
legati alla censura veniva accolta dalle case editrici sud americane.
La quarta edizione invece del 1946 viene invece nuovamente autorizzata quest’ultima edizione avrà anche
un prologo di un intellettuale spagnolo Gregorio Maranon che taciterà tutti gli oppositori di quest’opera
dicendo che Pascual Duarte, il protagonista, è un eroe degno della tragedia greca perché dice è una tragedia
tremendamente umana che non perde mai il senso della verità e per questo non può essere mai immorale.
(Anche il romanzo La Colmena (l’alveare) sarà censurato sotto la stessa dicitura di opera immorale
romanzo sperimentale che fotografa la vita di un quartiere di Madrid, colmena sta a significare proprio il
pullulare di personaggi, gli incroci esistenziali che sono anche sentimentali nella Spagna del dopoguerra
effettivamente ha una certa libertà nella descrizione di alcune scene, anche da un punto di vista erotico-
sentimentale).

Il tempo nel romanzo:


Quando si studia un romanzo bisogna analizzarlo sotto la prospettiva di diverse istituzioni narrative:
narratore, personaggi, tempo e spazio. È fondamentale conoscere soprattutto il tempo perché il tempo
narrativo di un romanzo comprende innanzitutto il tempo della storia, cioè quando è ambientata la storia,
poi c’è il tempo della narrazione e quello della scrittura.
Javier Cercas uno studioso e grande narratore di questi ultimi anni in Spagna ha fatto chiarezza sulla
dimensione cronologica di questo romanzo perché rimase sorpreso da come la critica parlava di Pascual
Duarte considerandolo un romanzo revulsivo antifranchista che rigettava e contestava il franchismo la
storia di Pascual è la storia di un giovane contadino extremeno molto povero che per varie vicende si
macchia di ripetuti delitti x i critici quindi Cela descriveva attraverso il personaggio un mondo degradato
con personaggi degenerati al punto che sono mossi da impulsi animaleschi dovuti ad un clima di povertà,
miseria e sottocultura ed essendo un romanzo del 1942 la critica fa coincidere questa realtà degenerata con
l’epoca del dopoguerra, con la società spagnola del dopoguerra.
In realtà la condizione in cui vive la famiglia di Pascual Duarte non è quella del dopoguerra perché la storia
che Pascual narra viene firmata nel 1937 e da come possiamo intendere dalle prime righe del romanzo, la
storia di Pascual (il contesto storico) inizia più o meno nel 1882. Se questo è l’ambito cronologico della
società descritta, la condanna di quel mondo che viene rappresentato non è la società del dopoguerra ma
quella precedente al dopoguerra, più o meno la Spagna repubblicana degli ultimi anni.
Javier Cercas quindi chiede di fare attenzione quando si legge questo romanzo perché in realtà sta
fotografando l’epoca precedente, quell’epoca a cui il colpo di Francisco Franco mise fine, quindi in realtà
Cela sposa l’ideologia franchista la quale aveva attuato una damnatio memoriae nei confronti dell’epoca
repubblicana. Cercas sostiene quindi che questo romanzo non è revulsivo antifranchista, ma un’opera
perfettamente in linea con la damnatio memoriae del franchismo. (Cela appoggiava il regime franchista e fu
anche vicino a una delle figure di maggior spicco dell’epoca che era Juan Aparisio direttore generale della
stampa nazionale).

Il romanzo:
Il romanzo di Pascual Duarte si divide in due storie:
- La storia del memoriale: ossia la storia vera e propria, delle memorie scritte in chiave autobiografica
da un detenuto che è appunto Pascual Duarte che negli anni trascorsi in carcere che vanno dal 36 al
37 scrive questo memoriale. Ciò rappresenta la dimensione storica. Sappiamo con precisione la data
in cui lo termina perché Pascual scrive anche una lettera (lettera di accompagnamento del suo
memoriale originale) che ha come data appunto 15 febbraio 1937.
- La storia della vita di questo memoriale: perché Pascual Duarte invia questo suo memoriale che
viene rinvenuto da un trascrittore anonimo nel 1939. A sua volta, per altri motivi e circostanze,
veniamo a sapere in un altro documento che questo trascrittore è anche l’editore che lo pubblica nel
1942 (ovviamente nella finzione narrativa).
Il romanzo si compone di 19 capitoli in cui Pascual racconta la sua vita che va dall’infanzia (ma ancor prima
perché fa riferimento anche ai progenitori) al matricidio. La sua nascita è il 1882, mentre la data del
matricidio è il 1922, mentre Pascual sarà giustiziato dopo il 1937, quindi ci sono tanti anni di cui Pascual
non parla.
Alla fine del memoriale Pascual ha più o meno 40 anni.
Nella distribuzione dei capitoli abbiamo una simmetria: i capitoli sono marcati da due interruzioni che sono
costituite dal capitolo 6 e dal capitolo 13 queste interruzioni coincidono con alcune pause che Pascual fa
nella scrittura. Nel capitolo 6 si ferma x circa 15 giorni mentre nel capitolo 13 si ferma per un mese.
La particolarità è che mentre negli altri capitoli abbiamo una narrazione retrospettiva cioè flashback, la
memoria, rappresentazione del ricordo, Pascual si guarda indietro e racconta x dare una spiegazione di ciò
che è stato, in questi due capitoli di pausa invece abbiamo una narrazione nel presente, siamo insieme a
Pascual nella cella del carcere.
Questi due capitoli sono importanti perché conferiscono al romanzo una dimensione meta-narrativa: la
meta narrazione non racconta una storia, uno spaccato di vita bensì racconta come si racconta una storia,
come si scrive, riflette sui meccanismi della storia, rappresenta uno scrittore come in questo caso. Sono
importanti anche perché aiutano a capire meglio questo personaggio descritto spesso con una personalità
primitiva nei comportamenti, nel linguaggio personaggio però in cui possiamo trovare due personaggi nel
memoriale: Pascual che è scrittore neanche così improvvisato, e l’altro è Pascualillo l’uomo ancora
immaturo che si comporta e reagisce in modo impulsivo perché irriflesso.
Il racconto ha sostanzialmente una costruzione cronologica però non sempre perché ci sono anche delle
anacronie, in cui quindi l’autore smette di seguire il filo del tempo e fa dei salti, a volte facili da intendere
altre volte invece sono più complicate.
Le pause che fa Pascual ovviamente hanno una logica, non sono casuali ma distribuite con una funzione di
separazione tematica perché si passa da un argomento a un altro.
I primi 5 capitoli sono infatti distribuiti in modo che:
1. Presenta il suo paese e la sua casa.
2. Descrive i suoi genitori.
3. Presenta sua sorella Rosario.
4. e 5. Descrive il suo fratellino Mario personaggio più infelice dell’opera perché nasce ritardato e poi fa
una fine raccapricciante e compare x la prima volta Lola, che poi sarà sua moglie.
In questa sezione quindi viene presentata la famiglia di Pascual perché spiegare da dove proviene è
funzionale a spiegare come lui è arrivato a commettere i suoi errori perché nel romanzo emerge la filosofia
determinista secondo cui la responsabilità di ciò che Pascual è diventato non è soltanto sua perché il
contesto non lo ha aiutato ad essere migliore e quindi nemmeno la famiglia.
Nella 2° sezione si passa invece a rappresentare la sua seconda famiglia, quella che Pascual costruisce con la
moglie vediamo che si sposa con Lola e poco dopo si scatena la catastrofe, tutte quelle sventure delle quali
in realtà non è lui il responsabile quindi x la maggior parte del romanzo Pascual è la vittima delle sue
circostanze.
Succede che Lola è incinta, dopo la luna di miele cade da una cavalla e abortisce, quindi muore il primo
figlio. Lola resta incinta una seconda volta ma x un mal aire, un colpo di freddo la piccola creatura di nome
Pascualillo muore  Pascual così diventa oggetto delle critiche del paese ma anche della stessa moglie e
madre perché lui non è capace di generare un figlio. Ciò determinerà la fuga di Pascual da casa e il tentativo
di crearsi una nuova vita, il suo desiderio è andare nelle Americhe x cercare fortuna, tentativo fallito perché
siccome non gli basteranno i soldi x il biglietto tornerà. Quando torna scopre il tradimento della moglie con
el Estirao/il borioso ovvero Paco Lopez, un torero che si mantiene sfruttando le donne  nel momento in
cui Lola gli confessa questo tradimento, presa da uno spavento muore.
Da questo punto Pascual smette di essere vittima e diventa omicida, ucciderà il borioso, la madre e fuori
dalla storia del memoriale sapremo che ucciderà anche il latifondista del posto.
Pascual organizza la sua storia non solo in ordine cronologico ma anche secondo una gradualità di crimini.

Questo romanzo fonda una corrente del tutto nuova il tremendismo spagnolo che nasce con un’intenzione
dispregiativa (come il decadentismo italiano) intenzione negativa di voler censurare alcune espressioni
letterarie perché considerate poco edificanti. Fu coniato da due studiosi e le posizioni della critica si
possono racchiudere in 3 gruppi:
- Negazionisti, studiosi secondo i quali il tremendismo non esistette, tra cui c’era lo stesso Cela (il
quale però rifiutò sempre questa etichetta).
- Scrittori che ne riconobbero alcune peculiarità ma collocavano il tremendismo nel filone del
realismo esistenzialista.
- Scrittori che pur riconoscendo un fenomeno che trae origine nel realismo lo individua come una
specifica corrente nata negli anni ’40 e che si estingue dopo breve vita negli anni ’50.

1° capitolo:
presenta innanzitutto una struttura tematica che va dal generale al particolare:
Nella prima parte del capitolo, l’argomentazione generale ha più una dimensione filosofica in cui Pascual
riflette sulle ragioni che avrebbe x essere cattivo e lo fa tra l’altro con una costruzione metaforica, paragoni
tipici del linguaggio di Pascual  Dice ad esempio che la vita non riserva lo stesso destino a tutti, alcuni
devono camminare sulla via dei fiori godendo di un panorama sereno e altri invece per la via dei cardi e dei
rovi soffrendo un violento sole. Questa metafora mostra a livello stilistico un discorso parallelo e
simmetrico che dimostra anche una certa capacità descrittiva o argomentativa.
Importante è ovviamente l’incipit, “yo senor no soy malo…” con cui il lettore che si sente capace di stare
dalla parte di Pascual seppur omicida perché con questo io iniziale c’è un forte richiamo di intimità.
Questo incipit ha un forte richiamo della picaresca in cui l’incipit del Lazarillo è “yo por bien tengo…”, ma
ancora di più il richiamo intertestuale all’incipit del Buscon “yo senor soy de Segovia”.
Il particolare invece è la vita di Pascual, abbiamo una contestualizzazione storica e geografica ha 55 anni,
che ha vissuto nella provincia di Badajoz, nell’Estremadura, zona continentale. Qui quando descrive questo
villaggio, troviamo due bellissimi paragoni: dice un “paese rannicchiato su uno stradale uniforme e lungo
come un giorno senza pane” Pascual appartiene a una famiglia molto povera quindi ha conosciuto giorni
senza pane, “uniforme e lungo come i giorni di un condannato a morte” quindi allude a un uomo che ha
conosciuto anche la galera e che ha atteso la sua morte.
Anche la parte successiva di questo capitolo procede nello stesso modo: il generale comprende la
descrizione del villaggio di Pascual mentre il particolare comprende la descrizione della casa di Pascual. In
queste descrizioni c’è sempre la tecnica del contrasto, del chiaro/scuro, che marca ancora di più le
condizioni di vita del protagonista, già dalla semplice descrizione d’ambiente si possono intuire alcune
fragilità del contesto familiare. Nella descrizione si alterna sempre lirismo e critica, (come la generazione
del ’98 rispetto alla descrizione della Castiglia), il lirismo corrisponde ovviamente alla descrizione del
paesaggio delle sue bellezze, mentre la critica alle condizioni sociali della vita di quel paese.
Viene descritta una fontana bella che però da mesi non da più acqua, l’orologio fermo, poi si passa alla casa
di don Jesus che è la casa più bella del paese, casa del notabile, l’unica che ha una facciata di pietra viva non
intonacata.
Poi si passa alla sua casa, che è fuori dal villaggio ed era tra tutte quella più povera. Anche qui, all’inizio
viene descritta con una sorta di lirismo, dice fresca d’estate, con una cucina sul fondo neanche brutta, poi
però scopriamo anche che in quella casa c’è anche una grande puzza perché dal burrone vengono gettati gli
animali morti, poi si parla di un torrente che al principio può sembrare quasi una indicazione di locus
amenus in realtà è una fogna perché la moglie di Pascual fa notare che i pesci del torrente erano grassocci
perché mangiavano quello che prima avevano mangiato gli abitanti poi parla della caccia come
passatempo virile con la sua cagnolina La Chispa, fino ad arrivare al tema finale quello dell’esecuzione a
freddo perché Pascual lamentava di sentirsi scrutato dagli occhi del cane e quindi proietta sul cane un suo
disagio interno, quindi alla fine gli spara.
Così si chiude il capitolo.
Un finale che non ci aspettavamo, perché l’incipit “no soy malo” non corrisponde tanto con il finale in cui
abbiamo Pascual che in preda ad una sorta di furore compie questa esecuzione, azione quasi
incomprensibile x il lettore perché ci troviamo improvvisamente di fronte a questa tragedia  quindi in
realtà poi il lettore sa di doversi confrontare con un personaggio che nasconde un lato oscuro.
Bisogna sottolineare però che questo primo capitolo è in realtà una sorta di introduzione, quindi in realtà la
Chispa è ancora viva verso il capitolo 10, quindi l’esecuzione avviene dopo e muore probabilmente dopo la
morte del primo figlio di Pascual, qui ci sta anticipando l’evento.
2° capitolo:
passa alla descrizione dei personaggi che costituiscono la famiglia, in particolare il padre e la madre.
Il padre si chiama Esteban Duarte Diniz, era portoghese, faceva il contrabbandiere quindi venne rinchiuso
in prigione e poi morì morso da un cane. Anche di quest’uomo si dice che era aspro, brusco, che picchiava la
madre ma tuttavia ha anche elementi positivi ad esempio che era molto interessato all’educazione infatti
voleva a tutti i costi che Pascual studiasse un personaggio sicuramente non esemplare ma anche lui con il
suo chiaro/scuro.
La madre invece appare priva di qualsiasi connotato umano, è un insieme di orrori, viene descritta
fisicamente (prosopopea) ma anche psicologica. Viene descritta alta, magra, non mostra salute, con le
guance infossate, un colorito giallo, scattosa, violenta, non ha familiarità con l’acqua, è ubriacona, non sa
leggere ne scrivere. La madre è l’unico personaggio di cui non abbiamo il nome, è semplicemente la
madre questa omissione ovviamente non è casuale perché questa donna che non ha nulla di femminile, di
materno ma soprattutto di umano gli viene tolto anche questo, cioè di avere un nome.

19° capitolo:
capitolo conclusivo non del libro ma del memoriale di Pascual.
Snodo fondamentale attraverso il quale il lettore comprende fino in fondo la psicopatologia del personaggio,
perché per quanti numerosi indizi ci siano nel corso del romanzo a sottolineare il carattere primitivo di lui,
il lettore comunque si ritrova sconcertato di quello che accade in questo capitolo, abbiamo quasi un
paradosso biologico ovvero sia un figlio che uccide la madre, uccide chi gli ha dato la vita.
Bisogna notare che l’intero memoriale e anche questo capitolo hanno una costruzione climatica, cioè Cela
ha ordinato i vari argomenti della trama seguendo un’intensità crescente climax o gradatio ascendente
se guardiamo la serie di omicidi che compie Pascual già ce ne rendiamo conto:
-uccide la cagnetta, cap. 1
-uccide la cavalla, cap. 9
-uccide el Estirao, il borioso, cap. 16 perché approfittatore che sfrutterà la sorella e anche la moglie
-uccide la madre, cap. 19
-fuori dal memoriale, uccide il notabile.
C’è quindi un crescendo, una escalation in cui fabula e intreccio coincidono abbastanza.

Questo capitolo è strutturato in due parti, che hanno una logica diversa perché la prima parte è
essenzialmente introspettiva, la seconda è incentrata invece sull’azione descritta in una lotta corpo a corpo
con la madre dalla quale scaturisce appunto il matricidio.
In questa prima parte dobbiamo sicuramente prestare attenzione al lessico, piuttosto macabro che insiste
su alcune isotopie cioè campi semantici nei quali sono presenti sinonimi che afferiscono a uno stesso
significato: quello del sangue, malattia, fetore, della morte.
Il sangue compare come termine proprio.
L’isotopia della malattia ha varie declinazioni: lebbra, piaga, dice “nada hiede tanto como la lepra”.
Isotopia del fetore, spesso parla di puzza, lezzo delle carogne, odore di morti.
Isotopia della morte che ricorre sia a livello esplicito che metaforico: esplicito x ben 3 volte e a livello
metaforico attraverso immagini raccapriccianti e lucubri, quando dice “nos liberarian de este lastre de carne
contaminada” > ci libererebbero da questa zavorra di carne contaminata ossia il corpo, poi il termine
escorias e poi verbi come pudrir, impudriendo.
Quindi abbiamo un lessico molto marcato, espressionista, molto carico in questa scelta c’è molto
barocco, come Quevedo che ragiona molto sul termine vanitas vanitatum, termine che appartiene
all’iconografia barocca che articola il concetto della vita come un nascere x andare verso il morire, ogni
giorno di vita ci avvicina alla morte molto forte è ad esempio quando descrive la vita come un ossario di
speranze morte sul nascere.
A livello stilistico e poetico, emerge anche qui la tecnica del chiaro/scuro che ritroviamo in alcune metafore
che accostano immagini liriche a figure crude e forti: dice “i pensieri arrivano insensibilmente come la
nebbia invade le campagne” e poi aggiunge “o la tisi i petti” paragoni diversi, il primo lirico l’altro più
macabro e questo contrasto serve proprio ad esaltare l’immagine cruenta.
Questa parte è introspettiva perché riflette su come il pensiero della morte, dell’omicidio si vada
stratificando e formando lentamente, giorno dopo giorno quasi senza che il lettore se ne accorga e ad un
certo punto dice “il male cresce come gli alberi” metafora particolare perché di solito l’albero rappresenta
la vita e quindi paragonare questa immagine al male è un po’ un ossimoro.
Pascual x spiegarsi ricorre spesso a paragoni in cui si insinua spesso questa tecnica del chiaro/scuro
anche quando descrive l’arma che ha scelto x l’omicidio, descrive la lama del coltello da caccia con una lama
lunga e larga che somigliava ad una foglia di mais, questi paragoni sono costruiti con una grande
intenzionalità.
La prima parte di questo capitolo si chiude con una riflessione che fa capire bene la personalità di Pascual e
come si avvia a compiere l’omicidio che seppur se ne penta sembra quasi un atto di giustizia: dice “la
coscienza rimorde solo x le ingiustizie commesse come picchiare un bambino, uccidere una rondine, queste
sono le ingiustizie commesse cioè rivalersi o sopraffare degli esseri inermi, ingenui, che non si possono
difendere, esseri buoni nella loro sostanza qui c’è un richiamo al fratellino Mario che subisce anche lui
un’ingiustizia, ingiustizia che fa nascere in Pascual un desiderio di vendicarsi perché in realtà nessun gesto
cruento è compiuto dalla madre direttamente o indirettamente nei confronti di Pascual però lo fa nei
confronti di Mario che è un essere inerme e ne suoi confronti si scatena la violenza dell’ambiente. Successe
(capitolo 4) che Rafael l’amante della madre di Pascual sferrò un calcio a Mario e la madre fu totalmente
indifferente a questo anzi se la rideva esattamente come Rafael quando Pascual dice “apalear un nino”
sicuramente fa riferimento a questo episodio.
Nell’ultima parte di questo capitolo, viene compiuto il matricidio, descritto molto dettagliatamente, c’è una
forte esitazione di Pascual che si accompagna a una serie di riflessioni sul matricidio stesso che è appunto
un paradosso biologico, difficoltà nell’uccidere chi ci ha dato la vita, c’è molta razionalizzazione, proprio un
elucubrare su cosa fare e cosa non fare.
Forte riferimento alla natura, che in Pascual Duarte è sempre benigna, spesso fa riferimento alla natura o
ad elementi della natura e così è come se attraverso la natura lo scenario del romanzo, la tragicità della
storia si liberasse, come se Pascual avesse una sorta di catarsi, come una dimensione pura  dopo aver
ucciso la madre corre per la campagna e lì si sente liberato, dice esattamente “podia respirar” è anche una
tecnica stilistica, il contesto naturale diciamo idilliaco serve a contrastare e rendere più efficace la malvagità
del personaggio e dell’ambiente.
Nella dimensione delle metafore derivate dal mondo animale c’è un momento in cui Pascual definisce se
stesso come un capriolo: lo stesso Pascual riconosce in se una doppia natura quella del manso cordero e poi
nella descrizione della lotta con la madre si definisce un lupo in cui emerge quindi la sua ferocia.
Molto importante è quando Pascual dice che se non avesse ucciso la madre, avrebbe ucciso se stesso
passaggio che può essere letto mediante la psicanalisi secondo cui il matricidio è un delitto che un uomo
compie direttamente sulla sua propria natura, il matricidio è un suicidio metaforico del proprio sé, quindi
uccidere la propria madre è infatti un rifiuto alla propria esistenza perché l’assassino appunto con il
matricidio mette fine a colui che l’ha generato e gli ha dato la vita. Particolare è il paragone del sangue della
madre con quello degli agnelli c’è questo elemento sacrificale, quindi la madre è stata uccisa al posto di se
stesso.
Altro tema molto importante che emerge qui è la madre come nemico: tema già avanzato nel capitolo 5
quando muore il fratellino Mario che cade nell’ olio e affoga perché non riesce a tirarsi su, da questo
momento Pascual comincia a perdere l’affetto e il rispetto x la madre perché non la vede versare alcuna
lacrima x la morte del figlio e quindi x questo lui già qui indica un paradosso “una donna che non piange è
come una fontana senza acqua, o come un uccello in cielo che non canta, il paradosso è già insito nella
stessa madre che non è madre, non è madre perché non piange la morte del figlio e su questo pensiero
Pascual ci è tornato più volte x cercare di capire quando essa cessò di essere una madre x lui.
Atena Alchizatu in un articolo dice che un merito del tremendismo fu quello di rompere con certi tabù in
pieno franchismo, il tabù di non uccidere la madre che qui viene decisamente infranto in un’ epoca che
aveva improntato una serie di strumenti x attuare una sorta di rieducazione della donna in chiave di madre
e sposa, uniche funzioni che le venivano attribuite, era quindi collocata in un ruolo servile. In Pascual
Duarte invece la madre è un essere abietto che addirittura può diventare nemico e addirittura può essere
giusto ucciderla.
Il matricidio di Pascual condivide molto le sue origini con i miti, il mito di Oreste che uccide la madre
Clitennestra perché a sua volta uccise Agamennone suo marito e padre di Oreste. Quando si parla di
matricidi mitici l’altra figura che compare è quella di Amleto, il quale non uccide la regina madre ma ne è
causa diretta.

Il paratesto:
Il memoriale di Pascual è accompagnato anche da numerosi documenti di natura diversa molto importanti
che formano il paratesto del romanzo con paratesto indichiamo tutti quei materiali che stanno intorno al
testo principale, alla storia vera e propria.
In Pascual Duarte si trovano sia a premessa del testo sia a conclusione e riguardano principalmente la storia
del manoscritto. Il paratesto presenta una struttura simmetrica perché abbiamo tre documenti iniziali e tre
finali, simmetrica anche nelle voci perché tre potenziali narratori iniziali e tre finali.
Questo imponente materiale para-testuale costituisce un pregiudizio con il quale il lettore si avvicina al
testo perché offre dei pareri, delle circostanze che determinano nel lettore un pregiudizio, perché non si
confronta con il testo in modo vergine ma viene condizionato.
(I documenti paratestuali sono ancora più importanti quando entrano a far parte della finzione narrativa
in letteratura spagnola abbiamo vari esempi come il Lazarillo de Tormes o Niebla in cui ad esempio l’autore,
attraverso il paratesto, gioca con questo doppio ruolo di essere da una parte prefatore dell’opera e dall’altra
autore della stessa).
Pascual è un pluriomicida, si macchia di tanti delitti ma il motivo per il quale viene condannato a morte è
che ha assassinato un notabile del posto  la cosa curiosa è che questo omicidio viene quasi occultato
all’interno del testo  succede spesso in questo romanzo. Non sappiamo nulla di questo omicidio fin
quando, a chiusura del romanzo, leggiamo in uno di questi documenti paratestuali che è “otra nota del
transcriptor” che Pascual è l’artefice dell’ omicidio di don Jesus Gonzales de la Riva, unico omicidio politico
perché gli altri eccidi sono di carattere privato, personale familiare.
L’importanza di questi testi entra in gioco proprio per dare al lettore delle informazioni in più che possono
sfuggire infatti non è vero che Pascual non menziona questo evento che ha cambiato la sua vita ma
troviamo la sua confessione di questo omicidio semplicemente nella dedica del memoriale, altro documento
paratestuale Pascual dedica questo libro proprio a Gonzalez de la Riva, la sua vittima  dedica che firma
con la sigla “P.D.” in un primo momento può non essere chiara al lettore nasconde sotto un linguaggio
eufemistico quello che è un crimine violento.
I documenti finali, dopo che il lettore si è confrontato, potrebbero costituire un correttivo che in qualche
maniera provocano un distanziamento.

Paratesti iniziali:
- Nota del trascrittore: anonimo
- La lettera che annuncia l’invio del memoriale originale scritta dallo stesso Pascual a J. Barrera Lopez
- La clausola del testamento olografo scritta da Don Joaquin Barrera Lopez
- La dedica del libro scritta da Pascual.
Paratesti finali:
- Seconda nota del trascrittore
- Lettera del presbitero Santiago Lureña (cappellano del carcere che ha in custodia Pascual)
- Due lettere datate 1942 della guardia civile del carcere di Badajoz Cesareo Martin.

Questi paratesti svolgono innanzitutto la funzione di moltiplicare le istanze autoriali cioè le voci narrative:
abbiamo Pascual autore del memoriale e di una lettera, il trascrittore autore di due note, l’autore del
testamento, una lettera scritta dal presbitero e altre due scritte dal guardiano del carcere  questa
costruzione crea nel lettore un distanziamento tra lui e la voce narrativa perché ovviamente la voce che
prevale è quella di Pascual ma ci sono anche le altre che collocandosi prima e dopo la voce di Pascual
condizionano il lettore nell’interpretazione del romanzo. Svolgono quindi una funzione prospettica,
moltiplicare i punti di vista questo deriva appunto dal perspectivismo che costituisce il romanzo
polifonico, abbiamo pluralità di voci narrative e quindi anche di registri e stili e quindi di punti di vista. Non
abbiamo quindi solo un discorso monologico in cui parla una sola persona in un suo unico registro. Il
prospettivismo prima di avere un esito narrativo era innanzitutto una teoria filosofica che risale a Leibniz
nel 600, ripresa anche da Nietzsche che si basa su un nuovo concetto di realtà e verità per cui non esiste una
verità e realtà oggettuale ma esistono tante verità e realtà a seconda dei punti di vista.
Il prospettivismo, che può anche coincidere con il relativismo, di cui l’esponente maggiore è Ortega y Gasset
lo possiamo ritrovare anche in altre opere in “Tiempo de Silencio”.
Le sue intenzioni dell’autore forse sono proprio quelle di far capire che non esiste una sola verità.

Nota del trascrittore:


il trascrittore è anonimo e in questa nota ci dice di aver ritrovato questo memoriale intorno al ’39 in una
farmacia di Almendralejo città in provincia di Badajoz che è la stessa cittadina nella quale vive Pascual.
Innanzitutto ci racconta che per dare alle stampe questo manoscritto si è trovato di fronte a diversi
problemi: il fatto che era scritto in una brutta grafia e che in alcuni punti era quasi illeggibile e quindi ha
avuto difficoltà nel trascrivere queste memorie al punto che ha dovuto compiere quasi un’opera di
traduzione, e l’altro problema era che le pagine del manoscritto non erano numerate e lui se le trovò in
disordine oltre a trascriverlo ha dovuto anche riordinare le pagine elemento non da sottovalutare
perché effettivamente quando si leggerà il romanzo si avrà difficoltà a collocare alcuni eventi prima o dopo
altri e questo confermerà il dubbio che ci sia stata una risistemazione del testo. Successivamente
rivolgendosi al lettore dice che nonostante queste numerose difficoltà, lui non ha aggiunto ne corretto una
virgola cade quindi in una sorta di contraddizione come se volesse dire che da una parte ci ha lavorato
molto e quindi in un certo senso è un’opera anche sua e dall’altra invece ne prende continuamente le
distanze. Ci dice che ha piuttosto tagliato passaggi troppo crudi e cioè che ha preferito cassare delle parti del
testo che avrebbero potuto turbare il lettore capiamo quindi che si tratta di passaggi scabrosi. Anche
questa è una strategia che ha un effetto anticipatorio il lettore sa che nel testo sono inclusi passaggi
repugnanti e ciò ha anche la funzione di aumentare la curiosità del lettore.
Alla fine della nota ci spiega i motivi per cui ha deciso di copiare e divulgare questa opera lo fa perché
ritiene che il protagonista è un modello di condotta cioè un modello non da imitare ma un modello da
conoscere affinché vada evitato questo cliché nella letteratura classica si chiama exemplum ex contrari
cioè raccontare una storia edificante affinché il lettore sappia ciò che non va fatto (lo abbiamo anche ne Il
Libro De Buen Amor e in La Celestina).

Lettera che accompagna l’originale:


in questa lettera compare per la prima volta la voce di Pascual, autore dell’autobiografia.
La lettera, scritta il 15 febbraio 1937, è indirizzata ad un destinatario ideale che in narratologia viene
chiamato narratario viene chiamato destinatario ideale perché è ovvio che i destinatari siamo anche noi
lettori ma Pascual non scrive la lettera a noi lettori bensì ad una figura in particolare, (nei romanzi
epistolari c’è sempre un destinatario ideale).
Il destinatario è Joaquin Barrera Lopez amico di Jesus Gonzalez De La Riva che fu la vittima di Pascual,
latifondista ucciso in circostanze non chiarite nel romanzo e che soltanto nella seconda nota del trascrittore
veniamo a conoscenza che fu ucciso durante i quindici giorni di una rivoluzione nei pressi di
Almendralejo e Pascual si rivolge a lui perché è l’unico di cui ricorda l’indirizzo e perché in un certo senso
è l’alter ego di De la Riva, ne fa le veci, ne rappresenta lo status Barrera Lopez come anche Gonzalez de la
Riva sono notabili quindi persone autorevoli, titolate che non appartengono allo stesso contesto sociale di
Pascual bensì appartengono all’altra societàemerge quindi già una prima contrapposizione tra i
personaggi che se la trasferiamo al contesto della guerra civile potremmo dire che i due, in quanto
latifondisti, appartengono certamente al mondo dei vincitori una volta terminata la guerra e che Pascual
invece appartiene al mondo dei vinti.
Questa lettera è importante perché contiene molte informazioni:
- Ha valore didascalico/pedagogico: dopo aver dato queste informazioni sul destinatario, Pascual
passa a presentare se stesso come aveva fatto il trascrittore cioè come un modello da evitare. Infatti
dice che invia il manoscritto proprio perché vuole che serva agli altri a non commettere i suoi stessi
errori coincide con il clichè modello ex contraris un modello da non imitare.
- Nel fare questo qualifica il suo memoriale come una confessione pubblica, Pascual si presenta come
un reo confesso quindi c’è un esplicito riconoscimento dei propri delitti.
- Emerge così il valore terapeutico della confessione: ad un certo punto Pascual dice che dopo aver
raccontato tutto quello che ha passato sente un certo sollievo e persino la coscienza gli rimorde
meno. Pascual scrive il memoriale x spiegare agli altri ma anche x spiegare a se stesso quindi fa un
grande lavoro introspettivo.
- Successivamente Pascual afferma anche che ha dimenticato qualcosa che poteva essere
importante ci troviamo quindi di fronte ad un narratore inaffidabile perché ha una memoria
fallace quindi il lettore sa che il narratore non gli sta raccontando tutto e che quello che sta
raccontando può non essere esattamente quello che è successo.
- Presente anche il tema dell’autocensura: autocensura perché sappiamo che Pascual non ci
racconterà tutto da una parte a causa della sua memoria fallace ma non lo farà anche perché ci sono
delle cose della sua vita che nel tentare di raccontarle gli provocano grande ribrezzo al punto che
preferisce dimenticarle. Quindi una parte della sua vita non è presente volontariamente.
- Infine Pascual fa un’ultima riflessione: non chiederà l’indulto non lo chiede perché è troppo quello
che la vita gli ha insegnato ed è troppa la sua debolezza per resistere a questo istinto, cioè lui sa che
rifarebbe gli stessi errori e quindi ritiene giusta la condanna che gli è stata data, la accetta Il suo
giudizio coincide con il giudizio esterno. Ma in un certo senso Pascual attribuisce parte delle sue
colpe anche all’ambiente quindi muove una critica sociale alle condizioni sociali di quel tempo qui
c’è un forte richiamo al concetto di determinismo che nell’800 era stato uno dei grandi temi della
narrativa che si legava al positivismo e al materialismo secondo il quale non c’è accadimento del
presente che non possa essere determinato e spiegato dal passato cioè dalle sue cause potremmo
dire quindi che Pascual è colpevole a metà perché è frutto e conseguenza delle sue circostanze.

Clausola testamentaria:
terzo documento paratestuale, scritta da Barrera Lopez l’11 maggio 1937 testamento fu rilasciato a Merida
nelle zone di Badajoz in punto di morte.
Praticamente dal momento in cui Pascual Duarte invia il suo memoriale, questo è rimasto in possesso di
Barrera Lopez, esattamente per tre mesi, e lui in punto di morte dispone che questo memoriale venga dato
al rogo senza che nessuno possa leggerlo ma dice anche che se entro 18 mesi questo non è avvenuto
chiunque lo trovi può disporne come vuole  noi sappiamo infatti che questo non è avvenuto perché
sappiamo che nel ’39 un certo trascrittore lo ritrova in una farmacia.
Anche in questo documento si ripete l’elemento della censura addirittura qui si dispone che il romanzo
venga dato al rogo quindi ci troviamo in un clima quasi inquisitoriale e questo perché contrario ai buoni
costumi questa è una strategia proprio x attirare l’attenzione e la curiosità del lettore. Questo motivo ha
un valore esterno e storico che è la censura ed ha un valore interno e retorico che lo possiamo rapportare ad
una strategia narrativa.

Dedica:
ultimo paratesto iniziale.
Anche qui abbiamo un destinatario ideale che è anche il destinatario di tutto il memoriale ovvero Gonzalez
de la Riva, vittima di Pascual, e ci dice che mentre l’autore di questo scritto lo assassinava il conte lo
chiamava Pascualillo e gli sorrideva.
Innanzitutto il diminutivo e il fatto che sorrideva sta ad indicare probabilmente una dimensione di
prossimità fra i due, la conoscenza che avevano i due.
Particolare è anche il termine rematar che viene usato al posto di matar sempre per creare quella funzione
di ambiguità e incertezza perché il lettore ancora non sa bene cosa è successo, nessuno glielo ha detto, saprà
che Pascual si macchia di un omicidio politico solo nella seconda nota del trascrittore e non sa neanche che
Pascual uccide tanti esseri umani e non nel corso della sua vita.
La dimensione storica di questo crimine è molto importante: Francisco Espinosa Mestre dedica un capitolo
di un suo libro proprio a Pascual Duarte intitolato “il caso di Pascual Duarte o un crimine che non è mai
esistito” in cui chiarisce da documenti e indagini storiche che questo crimine politico che troviamo nel
Pascual Duarte non è mai esistito la Spagna è spaccata in due zone una repubblicana (da Madrid a
Barcellona a Valencia) mentre le zone periferiche erano state invase dagli invasori dai ribelli. Quando
scoppia la guerra civile Cela si trova a Madrid che è sede del governo repubblicano ma lui essendo
ideologicamente vicino alla falange fugge va in Francia x poi rientrare nei paesi baschi che erano filo-
nazionalisti. Si arruola poi in un reggimento di artiglieria leggera che soggiornerà dal dicembre del ’38 al
giugno del ’39 a Torremejia, paese vicino Badajoz nell’Extremadura che sarà scelto da Cela proprio come
contesto narrativo di Pascual Duarte. Da qui possiamo capire che Cela soggiornando a Torremejia
certamente era in contatto con la storia di quei posti il 10 agosto del 1936 succede che una parte
dell’esercito repubblicano entra a Torremejia (centro di latifondo) in cui la maggior parte degli abitanti sono
braccianti ma Francisco Espinosa ci dice che però non ci fu nessuna rivoluzione e che il conte di Torremejia
non fu ucciso da nessun repubblicano poi la Spagna nazionalista si saldò invadendo l’Estremadura e
provocando il massacro di Badajoz, quindi ci fu la repressione dell’esercito nazionalista contro i civili e
militari nel 14/15 agosto del ’36. Quindi secondo Espinoza Cela opera una mistificazione storica perché
quello che racconta non successe realmente o perlomeno l’eccidio non va a carico di un contadino contro un
latifondista ma fu un massacro di civili. Cela opera una forzatura narrativa con un impianto ideologico
perché descrive un uomo (Pascual) che è il prototipo del criminale che scaturisce da un contesto rurale
violento ma soprattutto da una storia che è quella della cultura repubblicana  quindi il Pascual Duarte
deve essere letto nella direzione della damnatio memoriae della repubblica perché il rappresentante di
questo contesto è un uomo la cui natura psicosociale è degenerata e inferiore a quella del nemico. Cela
quindi non rappresenta il massacro operato dai nazionalisti bensì il percorso esemplare della giustizia che
condanna a morte un assassino.

Otra nota del transcriptor:


l’impressione ad una prima lettura di questa nota è che il lettore vive una sorta di smarrimento, non è
chiaro cosa il trascrittore ci vuole dire.
Innanzitutto è importante notare quel breve racconto nel racconto costituito dalla ricerca indefessa e
appassionata di ulteriori pagine da parte del trascrittore perché l’intertesto che Cela usa per trascrivere
questa farmacia è quello della Celestina in cui c’è un momento del primo atto in cui viene descritto il
laboratorio della stessa Celestina.
Innanzitutto è importante notare che anche qui troviamo sicuramente un tono burlesco e ironico nel
confronto anche con il Lazarillo, la prima è un’opera semi-seria piena di ironia, mentre il Pascual Duarte è
sicuramente tragica ma anche qui c’è il controcanto parodico, ironico spostato tutto nella voce del
trascrittore, è lui che determina questo distanziamento ironico rispetto alla storia narrata perché l’opera
ad esempio termina con l’omicidio della madre e subito dopo c’è la voce del trascrittore che con una certa
burloneria ci racconta questo suo frugare nella farmacia tentativo anche di smorzare il pathos del
memoriale.
Nella prima parte il trascrittore chiedendosi come prosegue il memoriale dopo le ultime parole di Pascual o
cosa sia potuto succedere allo stesso Pascual, avanza due ipotesi o che fu giustiziato o che Pascual ebbe il
tempo di completare queste sue memorie ma che queste memorie andarono perse ed è per questo che il
trascrittore ritorna nella farmacia di Almendralejo, proprio x cercare ulteriori pagine.
Successivamente c’è il riferimento all’omicidio politico, dice che sicuramente uccise il notabile del posto ma
su questo non abbiamo certezze e non lo possiamo sapere proprio a causa di una nota caratteriale di Pascual
perché lui tenne sempre le labbra chiuse quindi è un uomo di poche parole carattere laconico.
Questo continuo non dare informazioni o dare poche risposte possibili rimanda il lettore a confrontarsi con
l’inaffidabilità del narratore, il lettore non può affidarsi a lui perché non sa tutto così c’è il crollo
dell’istanza autoriale, grande tema della narrativa contemporanea e questo è un romanzo pieno di lacune,
salti temporali, abbiamo delle ellissi narrative, strategia che ovviamente serve a caricare la narrazione di
suspense ma la particolarità è che qui sono esibite, esplicite al contrario di quanto succede generalmente
che sono così nascoste che il lettore non se ne rende neanche conto (strategia molto impiegata nella
narrativa giallo-poliziesco).
Nella parte finale poi di questa nota, il trascrittore fa un ipotesi della data di scrittura della lettera a Barrera
Lopez, notando che questa lettera non fu scritta alla fine ma durante il memoriale. E poi annuncia di aver
scritto al secondino Cesareo Martin e al prete Lurena per avere informazioni sugli ultimi istanti di vita di
Pascual.

Lettera di S. Luruena:
lettera costituita da due frammenti uno del 9 gennaio 1942 e l’altro del 10 gennaio 1942.
In questa lettera si dice di aver ricevuto il dattiloscritto il 18 dicembre 1941.
C’è un forte uso epitetico di definire Pascual come uno sciagurato, desgraciado Duarte (come la sventurata
Monaca di Monza) aggettivi che qualificano un personaggio nella sua interezza.
In questa lettera ci sono principalmente 3 elementi particolari:
- Il sacerdote legge il memoriale tutto in un fiato (per il trascrittore ma anche per Cela stesso è una
forma di autoincensamento) e dice anche di avergli procurato una enorme impressione –
IMPRESION PROFUNDA, una profonda impronta – HONDA HUELLA, un vasto solco –
MARCADO SURCO tutti iperboli x dire che gli è piaciuto tanto, che quindi è un testo che è stato x
lui molto interessante, una narrazione efficace non solo a livello contenutistico ma anche x
l’estetica della narrazione. Tutto questo poi viene ulteriormente amplificato nella lettera di Cesareo.
- Vengono sottolineati degli aspetti del carattere di Pascual Pascual non abbiamo descrizioni fisiche
quindi totale assenza di prosopopeia, ma abbiamo qua e la caratteristiche di tratti morali
innanzitutto la sua comicità e poi l’alternanza di due aspetti completamente opposti e contrari
perché se in principio appare come una iena (hiena), poi invece a conoscerlo meglio appare come un
mansueto agnello (manso cordero)x certi versi sembra quasi l’incarnazione di un ossimorola
personalità di Pascual, come afferma uno studioso del Pascual Duarte Paul Ile, è primitiva, irriflessa,
reagisce per istinto, tanto nella tenerezza quanto nella ferocia.
Questo essere hiena e manso cordero ha dei riflessi anche nello stile del romanzo, fortemente
espressionista stile caratterizzato da un contrasto, chiaro/scuro visibile nella capacità di alternare
il lirismo di alcuni passaggi al drammatismo in cui prevale descrizione di una realtà violenta e cruda.
Hiena e manso cordero rappresentano quindi anche l’estetica Celiana.
- Poi dopo aver speso buone parole nei confronti di Pascual dicendo di essersi pentito e quindi di
essere stato un detenuto modello perché appunto è Pascual è un reo confesso, prima di morire si
pente, c’è una confessione questo pentimento finale chiude la sua esistenza in un modo
socialmente accettabile perché così Pascual è come se si integrasse all’interno della società, ne
accetta il giudizio e lo condivide anche perché dice che è meglio così, se così non fosse
probabilmente ripeterebbe gli errori. Quindi sposa la morale del collettivo.
Sottolinea il suo comportamento negli ultimi istanti della sua vita dice di non aver mostrato tanto
coraggio, di fronte alla morte si perde d’animo, dice “peccato che il demonio gli rubasse gli ultimi
istanti” si insinua che il suo comportamento finale fu da vigliacco, codardo.
Tutti questi temi trovano sviluppo nella lettera di Cesareo Martin, la guardia civile.

Lettera di Cesareo Martin:


in questa lettera innanzitutto si da continuo riscontro delle tempistiche (quando si è ricevuto, quando si è
spedito, quando si è scritto), sembra quasi un gioco che disorienta il lettore anziché orientarlo.
Qui ritroviamo l’ultima immagine di Pascual, immagine raccapricciante immagine di questo reo confessa
che urla, scalpita, piange, vomita, sviene e che affronta la morte quindi senza dignità, in modo indecoroso.
Anche qui c’è il reiterarsi di questo desgraciado e poi si ricollega alla lettera del presbitero ovvero che questo
secondino gli chiede due copie del libro non appena pubblicato una x lui e l’altra la vuole dare al
tenente anche queste parole rappresentano un autoincensamento, potremmo dire quasi che con queste
parole il memoriale si avvia a diventare un best seller.
Tutto l’apparato para-testuale corrisponde ad una spiegazione quella di Pascual, dei motivi che lo hanno
indotto a comportarsi in un certo modo, il chiarimento da parte delle altre voci di altri dettagli e della storia
del manoscritto.
Sono importanti i ruoli che svolgono le figure di queste varie voci che emergono dal punto di vista sociale
perché abbiamo: un editore che assume anche le vesti del censore, un notabile del posto, aristocratico, un
presbitero che rappresenta la chiesa e un guardia civil che rappresenta l’autorità giudiziaria. Tutte queste
figure rappresentano i vincitori se torniamo alla realtà storica di quegli anni tutte figure non
appartengono al mondo di Pascual, mentre tutte queste voci del mondo dei vincitori sono molte e
preponderanti, la voce di Pascual è unica e quindi è solo se almeno il trascrittore avesse conosciuto da
vicino il personaggio avrebbe attenuato questa solitudine invece Pascual non può contare su nessuno, si
muove all’interno di un mondo di antagonisti anche all’interno della sua famiglia.
Il messaggio finale quindi è quello della condanna di questo personaggio seppure essendo protagonista
della storia, è inevitabile che la simpatia del lettore va verso di lui.
CARMEN LAFORET - NADA

Vita:
Carmen Laforet nasce a Barcellona il 6 settembre 1921 nella casa della nonna materna che si trova in Calle
Aribau 36, quartiere a ridosso delle Ramblas  il romanzo Nada è ambientato proprio nello stesso luogo.
A due anni, nel 1923 la famiglia di Carmen Laforet si trasferisce alle Canarie perché al padre Eduardo
architetto gli viene assegnata una cattedra in un Istituto per periti industriali. Qui Laforet trascorrerà la sua
infanzia, certamente felice, luminosa, a contatto con la natura come lei stessa afferma in una biografia che
lei antepose nel 1957 all’opera “Mis Paginas mejores”.
All’età di 13 anni nel 1934, sua madre Teodora Diaz, toledana, muore ed entra nella vita della sua famiglia
una nuova figura femminile Blasina, che diventerà la seconda moglie del padre e che inizialmente aveva
assistito la madre negli ultimi momenti della sua vita. Da qui iniziò una profonda crisi familiare e anche
esistenziale x Carmen Laforet lei stessa racconta della madre come una figura molto bella, attenta
all’educazione, umile che contrasta in modo totale con la matrigna.
Quindi diventata maggiorenne, per evadere da questo clima familiare soffocante, insopportabile e
drammatico, lascia le Canarie e va a Barcellona, esattamente nel 1939 Carmen quindi non visse la guerra
civile in prima persona perché lei appunto si trovava alle Canarie che erano filo-franchiste e che
rappresentavano la base dalla quale partì poi Franco x invadere la Spagna e quindi quando Carmen arriva a
Barcellona vide x la prima volta il disastro della guerra.
Ha frequentato due carriere universitarie senza però completarle, prima lettere a Barcellona poi Legge a
Madrid. Qui a Barcellona conosce quella che sarà x lei un’amicizia molto importante durata tutta una vita
Linka Babiecka che la ispirerà x alcune figure femminili indimenticabili come Ena in Nada e Anita Corsini
protagonista del romanzo Insolacion. Linka era un’adolescente polacca che arrivò a Barcellona nel 1940,
che a causa della seconda guerra mondiale si rifugiò a Barcellona e proprio a Linka, Carmen dedicherà il
romanzo Nada.
A 21 anni Carmen va a vivere a Madrid dove anche Linka si era trasferita (Ena amica di Andrea di trasferì a
Madrid e lei la seguì). Qui conosce Manuel Ceresales, esponente dell’editoria spagnola che diventerà nel 46
suo marito e proprio lui convinse a Carmen a presentare Nada al Premio Nadal.
Con lui ebbe 5 figli e nel 1970 si separeranno questo comportò dei problemi, non c’era la legge del
divorzio, divorzio voluto proprio da lei stessa per bisogno di libertà e il marito la obbligherà a firmare un
documento in cui lei dichiarava che non avrebbe mai scritto nulla sulla loro vita coniugale ovviamente x
una scrittrice che trova la sua musa nella propria vita, all’interno di se stessa, questa condizione sarà x lei
molto difficile da rispettare e accettare infatti lei stessa affermerà anche che aver acconsentito a quella
richiesta pena non potersi separare fu per lei “pulverizacion come ser humano”, annullamento come essere
umano, il divorzio comportò anche la separazione dai figli e lei si troverà in una situazione anche di
indigenza.
Da qui Carmen iniziò una vita di vagabondaggio girò molto, andò in Polonia, poi in Francia, poi in Italia
dove vivrà a Roma x qualche anno. Ebbe comunque un’esistenza complicata di grande inquietudine anche
perché il successo di Nada la getterà in un continuo senso di inadeguatezza perché lei aveva questa grande
difficoltà di vivere sotto le luci dei riflettori, era molto riservata, aveva l’ansia delle aspettative di dover
pubblicare altre grandi opere, viveva con grande timore il suo ruolo, più crescevano le aspettative nei suoi
confronti tanto più lei aveva difficoltà a scrivere, al punto che le venne diagnosticata una grafo-fobia cioè
proprio paura di scrivere, dagli anni ’80 venne poi colta da una profonda depressione e poi da una malattia
neurologica con cui smise di scrivere definitivamente e poi anche di parlare passò gli ultimi anni della sua
vita rinchiusa in un totale mutismo.
Nonostante ciò la sua produzione non fu nemmeno così povera ma le costò molta fatica, spesso evitò di
scrivere romanzi preferendo invece l’attività giornalistica:
-1945 Nada
-1952 esce il suo secondo romanzo “la isla y los demonios”: opera che può considerarsi come la premessa di
Nada perché è la storia di una adolescente di nome Marta che vive nell’isola mentre in Spagna scoppia la
guerra civile. Marta deciderà poi di lasciare le Canarie x andare a Madrid.
-1955 “la mujer nueva”: romanzo che narra di una crisi spirituale che la stessa Carmen visse, lei era cattolica
ma aveva sempre dimostrato un certo agnosticismo ma poi visse una crisi mistica in questa crisi sia stata
molto influenzata da Lilì Alvarez, tennista molto famosa, a cui dedicherà questo romanzo.
Questi tre romanzi possono essere inquadrati in una trilogia: abbiamo tre personaggi femminili, in tre
epoche diverse, infanzia e adolescenza, giovinezza e maturità, anche se l’intento della scrittrice non era
esattamente questo.
I successivi romanzi invece vengono creati proprio in una trilogia al maschile, che si sarebbe dovuta
intitolare “tres pasos fuera del tiempo” e doveva avere un unico personaggio maschile Martin Soto che
veniva inquadrato nei diversi momenti della sua vita, trilogia costruita sul passaggio dall’adolescenza all’età
adulta.
-1963 “Insolacion”
-2004 “Al volver la esquina” postumo alla morte di Carmen.
- “Jaque mate”: scacco matto, romanzo di cui nel prologo de la “Insolacion” lei dava x terminato ma non
vedrà mai la luce e non è mai stato trovato.
Laforet scrisse anche molti articoli e racconti alcuni anche molti belli.
Muore nel 2004.

NADA
Primo romanzo di Laforet, pubblicato nel 1945 e vinse la prima edizione del premio Nadal, premio che da
quell’anno viene bandito ogni anno sino ad oggi la giuria era formata da giovani interpreti e personaggi
dell’editoria spagnola/catalana tra i quali Verges, Teixidor e Juan Ramon Masoliver furono presentati 26
romanzi e vinse appunto quest’opera prima di Carmen Laforet, scrittrice molto giovane ma che era anche
totalmente sconosciuta.

(il premio Nadal viene istituito nel 1944 e ogni anno la notte del 6 gennaio viene proclamato un vincitore.
L’istituzione di questo premio aveva l’obiettivo di contribuire alla rinascita della narrativa spagnola del
dopoguerra e il nome del premio deriva da Eugenio Nadal, il giovane redattore capo della rivista Destino
che morì giovane a seguito di un incidente stradale. Inoltre questo premio è il premio letterario più antico
che si concede in Spagna ad un’opera inedita quindi molto spesso i vincitori di questo premio sono scrittori
molto giovani o comunque esordienti è stato un premio che ha aiutato le nuove generazioni a presentarsi
all’editoria spagnola).

Nada viene subito recepita dall’editoria italiana: la prima traduzione fu del 1948 e fu l’unica traduzione in
cui il titolo fu effettivamente tradotto con il termine Voragine, termine interpretato sicuramente in termini
esistenziali/psicologici.
Tutte le altre traduzioni lasciarono il titolo originale spagnolo (Bianchini 1967, Succio 2004, Bertoni 2006).
Nada venne anche subito trasposta cinematograficamente nel 1947 da Edgar Neville, con il titolo Voragine.
L’opera ricevette una adesione entusiasta, nel giro di un anno si fecero ben 3 edizioni e divenne un vero e
proprio caso letterario lodata sia a livello popolare, in quanto fu un opera di facile accesso x i lettori, ma
anche da alcuni degli esponenti più importanti di quel momento come Juan Ramon Jimenez, José Martínez
Ruiz (Azorín) e Miguel Delibes scrissero non solo parole encomiabili nei confronti di questa scrittrice ma
costituirono anche i primi saggi critici su Nada, fondamentali x un’interpretazione del romanzo.
In generale ebbe quindi un grande successo e furono pochi invece i dissensi in particolare il giudizio della
censura dell’epoca del dopoguerra che accettò la pubblicazione del romanzo senza tagli perché non era
reputato nocivo ne x l’ideologia ne x la morale del tempo però il giudizio non fu esaltante: lo giudicarono un
romanzo insulso, senza stile e valore letterario che si limita a descrivere come una ragazza universitaria
passò un anno nella casa della zia senza peripezia.
Anche la posizione della Chiesa, in particolare la figura del cardinale Manuel Linares non fu esaltante:
accusò Laforet in un articolo di aver portato gli spagnoli, i lettori in una casa di anormali, per anormalità
intende personaggi privi di valori morali e spirituali, ad eccezione della nonna e della zia Angustia della
protagonista.

Struttura e tecnica narrativa:


è un romanzo che sicuramente va inserito nel filone esistenzialista perché in generale descrive le angosce, le
frustrazioni della vita quotidiana, la solitudine e la violenza cui sono sottoposti questi personaggi che vivono
nella società spagnola del dopoguerra, società che la guerra civile aveva devastato in tutti i settori. Lo fa
attraverso le vicende di Andrea, questa ragazza che rimasta orfana va a Barcellona x frequentare
l’università, che poi scopriremo non porterà a termine, appoggiandosi ai parenti della madre. È una ragazza
piena di sogni, desideri e speranze ma una volta giunta nella casa della nonna dovrà confrontarsi con tutte
le problematiche che le si presentano e le contraddizioni che scaturiscono soprattutto dallo scontro tra i
suoi ricordi e la realtà. Troveremo sempre nel romanzo questa contrapposizione tra presente e passato, un
presente che rivela ad Andrea il disastro causato dalla guerra civile rispetto invece ad un passato di pace e
felicità che ha nei ricordi in questo senso seppur la narrazione è piuttosto lineare, il romanzo presenta dei
flashback, delle retrospezioni con cui Andrea recupera il suo passato.
Romanzo che viene identificato anche nel genere del romanzo di formazione perché vediamo lungo i
capitoli, suddivisi in tre parti, proprio degli stadi che Andrea supera per diventare una persona matura, più
autonoma e indipendente. Abbiamo proprio delle fasi di transizione esistenziale.
Andrea è la protagonista del racconto ma allo stesso tempo non è il cuore del racconto perché cede il suo
protagonismo ad altri e x altri si intende sia l’ambiente circostante sia gli altri personaggi quindi non c’è
molta presenza della sua memoria, non c’è l’aspetto della confessione autobiografica infatti Andrea non
racconta ciò che fa, bensì ciò che vede. Per questo motivo Nada è sicuramente il romanzo della città di
Barcellona del dopoguerra, perché attraverso la storia di Andrea, attraverso i suoi occhi viene fotografata
quella realtà di totale miseria, di quella borghesia cittadina che dopo la crescita avuta tra i secoli 18°/19° si
trovò impoverita, affamata dopo la guerra civile ricordiamo che Barcellona durante la guerra subì 400
bombardamenti nel quale morirono migliaia di persone, forse 3000 soprattutto tra i civili e fu occupata dai
franchisti il 26 gennaio 1939, perché Barcellona era stata una zona della resistenza repubblicana. Il governo
franchista arrivato a Barcellona abolì l’autonomia catalana, le istituzioni come il parlamento, viene proibita
l’uso della lingua catalana e la città una totale decadenza sociale e culturale.
Andrea che vive in quella realtà, i suoi occhi fotografano la Barcellona di quel tempo, perché ci descrive
momenti, degli scenari, alcuni quartieri.
Andrea è l’unica voce narrativa, tutto il romanzo è raccontato dalla sua unica prospettiva, quindi c’è un
taglio sicuramente soggettivo, però non opera come narratore onnisciente, lei non sa tutto, non esaurisce
tutte le informazioni che dovrebbe dare abbiamo infatti tanti vuoti: di Andrea sappiamo molto poco che
viene dalle Canarie, che è orfana, che ha vissuto l’ultimo anno in un convento di suore ma nulla di più,
molto spesso la vediamo insieme alla sua maleta potrebbe contenere il suo passato ma anche questa
valigia in realtà non ci illumina perché contiene soltanto libri, una scatola di latta dove conserva fotografie
che però non vediamo, un fazzoletto di pizzo regalato dalla nonna attorno al quale si svilupperà un altro
dramma familiare e la fede del padre quindi non contiene molte informazioni.
Anche gli altri personaggi di Nada mantengono delle zone oscure, informazioni che il lettore non può
colmare:
- il personaggio che risalta è la zia Angustias perché è l’anti tipo, Angustias ha un segreto, Andrea fin
da subito ha questa impressione come nel cap. 6 quando dice che in quella casa si scatenavano
tragedie anche x cose futili nonostante invece quegli esseri portavano dentro di loro un peso,
un’ossessione, un dramma reale alla quale invece non si alludeva Angustias che vorrebbe
incarnare una morale rigida in realtà si scopre che lei è un’adultera, l’amante del suo datore di
lavoro svelato questo segreto Angustias decide di ritirarsi un convento di suore perché si sente
sporca davanti alla nipote alla quale aveva imposto un modello di femminilità tipico del dopoguerra,
lei rappresenta proprio quella femminilità rieducata dal franchismo. La donna durante la repubblica
aveva acquistato molti diritti come il divorzio e quindi quando poi arrivò il franchismo si persero
tutti questi diritti e faranno precipitare la donna in una condizione di oscurantismo e anti-
modernità obbligandola a rispettare i nuovi valori ma anche a fare di se stessa una propugnatrice di
questi valori e Angustias ne è la raffigurazione rappresenta una religiosità fanatica, infatti quando
scoprirà che la nipote non rispetterà le sue regole adotterà addirittura un atteggiamento da pena
inquisitoriale “chiede a dio la morte della nipote o che si salvi moralmente”, oppure dice “avrei
preferito ucciderti prima di vederti crescere così” nel senso della libertà che Andrea persegue
evadendo i limiti imposti dalle regole che la zia ha stabilito. La zia infatti si considera l’unica
personaggio puro in un contesto assolutamente impuro e crede che gli altri possano salvarsi soltanto
grazie alla sua intercessione ma in realtà poi si scopre che è un personaggio molto complesso,
nonostante quello che lei vuole far apparire si scopriranno delle ombre che la porteranno ad
abbandonare la casa. Angustias è tutto quello che Andrea non vorrebbe essere e che non vorrebbe
incontrare, è l’ostacolo di Andrea verso quei sogni di libertà x cui Andrea intraprese quel viaggio.
Quando poi Angustias lascerà la casa, Andrea si accorgerà di avere in qualche modo un nemico
interno perché le cose poi non migliorano soprattutto la sua condizione psicologica perché inizierà il
dramma della fame, la scarsità di cibo, di denaro, la sua piccola pensione eccetera quindi la
scomparsa di Angustias non determinerà un cammino di liberazione che ha evidentemente un
ostacolo interno.
- Un altro segreto è quello della Criada Antonia, innamorata di Roman.
- la storia tra Gloria, Roman e Juan, altro triangolo amoroso e poi c’è la nonna personaggio che svolge
la funzione di paciere, di mediatore ma che però ha vissuto la guerra e la sofferenza della guerra l’ha
fatta impazzire. Tutti hanno una propria ossessione a cui il lettore però ha solo un piccolo accesso
ma non sa molto, le dinamiche, le cause.
Il fatto è che Andrea non solo svolge la funzione di registrare con lo sguardo l’ambiente circostante ma
descrive se stessa come una personalità riservata, poco incline ad aprirsi verso gli altri  capitolo 18 fa
questa considerazione: dice alcuni nascono x vivere, altri per lavorare, altri x guardare la vita e lei aveva
proprio questo ruolo di spettatrice che la rende un soggetto passivo in cui incombe sicuramente anche una
condizione socio culturale di quei tempi in cui alla donna non veniva dato accesso alla vita sociale.
Questo ruolo passivo lo si capisce anche da altri esempi:
- capitolo 3 quando parlando di Gloria dice che le piaceva parlare con lei perché non era necessario
risponderle, anche qui ruolo di spettatrice silente.
- anche nel capitolo 5 emerge questa polarità tra personaggi che agiscono e personaggi che aspettano
e guardano che viene costruita intorno al personaggio di Ena che è una sorta di alter ego di Andrea,
anche modello di una femminilità a cui Andrea non ha ancora accesso: anche qui preferisce
ascoltare, vorrebbe parlare con Ena ma piuttosto ascolta.
C’è un saggio di un intervista con Geraldine C. Nichols in cui la Laforet spiega la nascita di questo
personaggio e che funzione aveva x lei già nell’ intenzione dell’autrice c’era questa volontà di costruire
una voce che raccontasse, una voce di testimonianza, però affinché questa voce fosse credibile le doveva
affidare il suo modo di vedere le cose, quindi è una voce che presenta anche una dimensione introspettiva
soprattutto quando alla voce di Andrea adolescente si sovrappone quella di Andrea adulta che spesso
prende le distanze dall’adolescente e ne rettifica le sensazioni infatti la caratteristica più rilevante di
Andrea adulta è quella che si chiama epanortosi figura retorica con la quale si rettifica quanto detto prima
è un personaggio non sicuro delle sue impressioni, ci comunica delle cose ma poi in un momento diverso
cambia idea per questo in Nada abbiamo un narratore inaffidabile, spesso vengono dette delle cose e
successivamente corrette:
- come nel cap. II quando ci parla di Angustia e ci dice che era corta de luces x dire poco intelligente e
autoritaria però dopo aver fatto questa affermazione si corregge perché dice ad un certo punto che si
è sbagliata così tanto nei giudizi nel corso della sua vita che non sa se sia vero quello che ha detto «Y
la [Angustias] juzgaba sin ninguna compasión corta de luces y autoritaria. He hecho tantos juicios
equivocados en mi vida, que aún no sé si este era verdadero». Anche quando ci dice che alla luce del
giorno la zia Angustias sembra essersi rimpolpata, come se avesse acquistato più corpo.
- cap. 18  Andrea torna dal ballo dispiaciuta perché non ha ballato ma anche qui c’è una rettifica
perché dice «En realidad mi pena de chiquilla desilusionada no merecía tanto aparato» cioè la mia
pena di bambina delusa di allora non meritava tanta importanza.
- Un altro esempio ancora è il cap. 25 quando dice che da Calle Aribau non si portava dietro almeno
così come credeva lei allora quindi fa anche qui una rettifica, «Me marchaba ahora sin haber
conocido nada de lo que confusamente esperaba: la vida en su plenitud, la alegría, el interés
profundo, el amor. De la casa de la calle Aribau no me llevaba nada. Al menos, así creía yo
entonces».

Il romanzo si divide in 3 parti:


- Prima parte comprende 9 capitoli con un arco temporale di 4 mesi da ottobre del ’39 a febbraio del
’40. È prevalentemente un romanzo di interni, perché uno dei principali protagonisti è proprio la casa,
tutto si svolge all’interno di questa casa.
- Seconda parte comprende 9 capitoli che riflettono 4 mesi da marzo a giungo del ’40. Qui i movimenti
di Andrea si trasferiscono fuori dalla casa, è il momento in cui ci parla della sua vita universitaria, delle
sue passeggiate x Barcellona, della sua amica Ena, della sua famiglia e dei suoi amici. Come la casa sarà
x Andrea fonte di delusioni x le sue aspettative che ha investito, così anche l’esterno, quella vita di studi,
di libertà, emancipazione, di desiderio d’amore sarà fonte di delusioni. Ogni esperienza di Andrea
smentirà le sue aspettative, anche sentimentali, vedremo infatti il primo ballo di Andrea e con la sua
prima delusione sentimentale x Pons una frase molto efficace di questa delusione è quando Andrea
dice «Mi primer baile en el que no había bailado» nessuno la invitò a ballare. Questa parte si chiude con
la madre di Ena che esce dalla casa di Calle Aribau, evento curioso perché da qui si sviluppa tutta la
trama.
- Terza parte, divisa in 7 capitoli che vanno da luglio a settembre del ’40, trama legata alla storia
d’amore nel passato tra lo zio Roman con la madre di Ena, il tentativo di Ena poi di rivendicare
l’umiliazione subita dalla madre, il suicidio poi di Roman e l’abbandono di Andrea di Calle Aribau,
quindi la terza parte è quella più novelesca.
In questi mondi, quello della casa e quello dell’esterno, succede tutto quello che lei non voleva succedesse.
Andrea nella seconda parte ci dirà infatti che non avrebbe mai mischiato quei due mondi, considerati due
universi antagonici, il mondo delle amicizie, di facile cordialità, e il mondo sporco e poco accogliente della
casa invece saranno proprio questi due mondi che si uniranno nella terza parte del romanzo e che
determineranno il conflitto e il dramma finale.
In questo romanzo è importante considerare anche l’aspetto biografico della scrittrice: aspetto che la
scrittrice negherà ma ad esempio è inevitabile riconoscere in Andrea, la protagonista che arriva a Barcellona
la stessa giovane scrittrice che in quegli stessi anni arrivava a Barcellona dalle Canarie.
Inoltre il romanzo è ambientato nello stesso luogo in cui visse Laforet, ovvero la famosa Calle Aribau,
situata in quartiere nei pressi delle Ramblas.
Altra coincidenza può essere anche la presenza di Ena, amica della protagonista Andrea che la seguirà a
Madrid anche Carmen seguì l’amica Linka Babiecka a Madrid.
1° capitolo:
Lo scenario che abbiamo all’inizio del primo capitolo è quello di Andrea che arriva a Barcellona nel cuore
della notte perché il treno ha fatto ritardo, arriva alla Estacion de Francia, bellissima stazione monumentale
che era l’unica stazione alla quale si poteva arrivare.
Arriva in questa città dopo un lungo viaggio che lei stessa racconta di aver vissuto come una “aventura
agradable y excitante” questo perché x lei il suo arrivo a Barcellona è carico di speranze, ha investito in
questo viaggio un capitale di desiderio, di illusione che automaticamente proietta nella realtà circostante
connotandola di grande utopia  lo spazio che viene rappresentato è condizionato dal punto di vista
Andrea, che fa dello spazio esterno una dimensione del suo spazio interiore, c’è una forte proiezione di sé
nell’esterno.
Arrivata a Barcellona, inizia un viaggio nel viaggio: prende una carrozza che la porterà a casa della nonna e
ci fa vedere questa micro toponimia, ci descrive il quartiere del Borne, la piazza dell’università che dice che
sembrava salutarla quindi è tutto carico di bellezza, di buon auspicio, e in queste visioni si nota il suo
desiderio della realizzazione di un sogno.
Dalla stazione di Francia si reca a Calle Aribau, in realtà x Andrea, così come lo è stato x la stessa scrittrice,
è un viaggio di ritorno, perché Andrea, come l’autrice, è rimasta orfana e torna a casa della nonna.
Calle Aribau è una strada collocata in quella zona della città che nacque alle spalle delle Ramblas per
l’ingrandimento della città a partire da fine ‘800 ed è molto vicina alla piazza dell’università.
La carrozza si ferma a Calle Aribau 36: questo arrivo e l’apertura del portone della casa marca uno stacco,
sia x i contenuti che per lo stile.
Lei infatti dice “todo empezaba a ser extrano” tematicamente chiude definitivamente l’idillio iniziale e
all’utopia iniziale corrisponde invece una distopia, il contrario assoluto che si riflette anche a livello stilistico
perché sul prevalere della tecnica impressionista delle prime pagine, nella descrizione di Barcellona
assoggettata a degli esterni, a delle luci che caricano quell’atmosfera di bellezza partendo ovviamente da
una percezione soggettiva, si oppone poi una tecnica espressionista con gli interni della casa, descrizioni
marcate in cui ogni elemento viene accostato a immagini molto forti, scheletri, streghe, mani uncinate,
sorrisi sdentati o giallognoli, atmosfere lucubri, parla di bare, di visi che sembrano teschi tutto questo
comparare ciò che si vede a realtà dalla carica espressiva iperbolica, così marcate, è proprio
dell’espressionismo.
Andrea già quando apre il portone non trova conferma dei suoi ricordi, nota i segni del tempo nota una
casa un tempo bella, una casa borghese con arredi anche importanti che invece oggi appare in uno stato
totale di decadenza legata non soltanto al tempo (sono trascorsi 20 anni dalla prima volta che Andrea vide
quella casa) ma anche alla condizione di povertà che ha colpito quella famiglia come tante altre vede tanti
mobili ma ammassati su un fondo della stanza perché quello che prima era un grande salone poi è stato
riadattato x ospitare tutta la famiglia. L’ingresso è illuminato da una lampadina però fioca, debole che
proiettata in un ambiente oscuro ovviamente contribuisce a creare un atmosfera lucubre, negativa.
Gli abitanti le appaiono come dei fantasmi:
- la nonna una viejecita decrépita / aquella infeliz viejecilla / una mancha blanquinegra, una macchia
bianco nera.
- Poi appare lo zio Juan, anche qui la descrizione è raccapricciante, un tipo descarnado / la cara llena
de concavidades como una calavera, un tipo scarno con il volto pieno di fosse come un teschio.
- Poi la criada Antonia con una dentatura verdosa, vestita di nero con un cane affianco che sembra un
prolungamento del suo lutto.
- La zia Angustias, dai modi bruschi e fin dall’inizio capiamo che sarà la principale antagonista di
Andrea.
Insomma dal momento in cui si apre il portone inizia x Andrea la pesadilla, l’incubo all’atmosfera onirica
di attesa delle prime pagine si oppone l’incubo che la attende.
Importante è la scena verso la fine del capitolo: Andrea chiede di farsi un bagno, di fronte a tanta bruttura, a
tanto scempio si sente sporca e sente il bisogno di lavarsi.
Entra nel bagno e vive una sorta di allucinazione, anche qui descrizione molto forte pareti annerite che
mostravano l’impronta di mani uncinate e di gridi di disperazione, crepe umide che mostravano bocche
sdentate, dice la pazzia sorrideva dai rubinetti storti vedeva cose strane, capiamo che ci troviamo di
fronte ad un personaggio impressionabile, quindi le descrizioni sono fortemente condizionate dal suo
carattere e dalla sua sensibilità riferimento a Goya e El Greco, modelli rappresentativi di una realtà
distorta dalla percezione soggettiva, come in Andrea realtà distorta dal clima di pesadilla che gli si presenta
all’apertura della casa.
Tuttavia proprio nel paragrafo finale del capitolo, torna la doppia percezione marcata da due momenti
ilusion/desengano perché va a dormire ma vede filtrare una luce, scorre la tendina, guarda fuori ma di
nuovo vede la notte  quella luce la riportò indietro, facendole provare di nuovo tutta quell’illusione che
aveva provato nel viaggio dalla stazione prima di entrare in quella casa e provare un senso pervasivo di
terrore.
Da questo primo capitolo possiamo intuire che Nada di Carmen Laforet è stata ascritta al tremendismo:
sicuramente non ha una carica di violenza esplicita come il Pascual Duarte però presenta un’ambientazione
claustrofobica e una violenza latente nei comportamenti di questa famiglia di Andrea, piuttosto
disfunzionale. In nada si parla però più di un miserabilismo, le atmosfere presentate in Nada tendono più a
dipingere una realtà misera piuttosto che violenta come lo è invece il Pascual Duarte.
L’inizio invece del romanzo, con questo viaggiatore che arriva, le prime impressioni sulla casa, clima
pervasivo di terrore, immagini di figure che poi in realtà non ci sono rimanda anche ad esempio a Cime
Tempestose di Emily Bronte, infatti lo studioso Domingo Rodenas de Moya parla di un’ambientazione
gotica e quindi dell’influenza su Carmen Laforet di Edgar Allan Poe con La caduta della casa Usher e di
Emily Bronte con Cime Tempestose, anche se la scrittrice dichiarò di non aver letto l’opera in quell’epoca.

2° capitolo:
Se nel primo capitolo dominava il presente confrontato con le attese e i desideri di Andrea, nel secondo
capitolo abbiamo un presente che si confronta con un passato molto remoto che è quello della famiglia della
nonna e della Barcellona di inizio secolo, e un passato più prossimo che è la sua infanzia, infatti in questo
capitolo c’è un forte gioco di flashback, alternanza di una narrazione che parte dal presente e tiene conto di
un passato prossimo ma anche remoto.
Questi recuperi analettici sono importanti perché ci illuminano sulla storia della città, della casa, della
famiglia di Andrea.
Il capitolo inizia con Andrea che si sveglia e che cerca di scacciare i fantasmi notturni pensando che siano
frutto della sua immaginazione e la aiuta in questo il rumore del tram che attraversa le strade della città e
da questo suono parte una doppia retrospezione prima retrospezione effettiva, il suono del tram la
riporta a quando lei aveva sette anni quindi le fa riaffiorare il passato, la seconda è analogica e paragona
questa percezione a quando si sente il profumo della frutta appena colta ( in entrambi i casi si riferisce all’
effetto Proust, doppio riferimento alla memoria involontaria: Carmen Laforet dichiara proprio di aver letto
“La Ricerca del tempo perduto”. )
Ritorna quindi ai suoi 7 anni, più o meno ai primi anni del 1900 un passato che viene descritto felice sia
nella città che nella casa: una casa luminosa, ordinata e linda con tante finestre, nei suoi ricordi affiora
anche la premura dei familiari, soprattutto della zia Angustias che poi invece sarà molto oppositiva nei suoi
confronti l’immagine che risalta è quella appunto della zia che passa davanti al suo lettino per chiudere le
tendine in modo che non entri troppa luce e lasciar dormire la bambina.
Una città che nei primi del ‘900 era una città viva, con vie brulicanti, caffè frequentati, Barcellona era prima
della guerra molto ricca, vivace, europea dal punto di vista culturale e i ricordi di Andrea sono proprio
questi, di una città piena di vita e un ambiente familiare sereno.
La seconda retrospezione avviene invece attraverso un quadro che la riporta in un passato remoto, non
vissuto da Andrea, ovvero quello dei nonniAndrea aprendo gli occhi vede questo quadro in cui sono
ritratti i nonni quando arrivarono probabilmente da Cuba in questa città che in quegli anni (fine ‘800), anni
difficili e di crisi ma importanti e decisivi perché Barcellona si stava sviluppando a livello economico e
anche urbano si rimetteva a nuovo attraverso l’expo e grazie al grande sviluppo dell’industria tessile ci fu
un sovraffollamento e quindi nel 1855 venne promossa l’iniziativa di ampliamento della città, con l’idea di
Cerdà di creare una città giardino dove entri molta luce e dove ci sia una continua osmosi tra il dentro e il
fuori progetto poi riadattato e non rispettato del tutto perché aveva immaginato degli edifici organizzati
solo su due lati con al massimo due piani invece poi come dice Andrea gli edifici si sono sviluppati in altezza
e si sono chiusi quindi organizzati su quattro lati (prima Barcellona era molto piccola, sorgeva intorno alle
sue mura medievali costituita dalle Ramblas).
In questo passo del romanzo, la Laforet probabilmente, parlando dei nonni che tornano in Spagna, allude a
quella massiccia emigrazione spagnola che interessò la Spagna subito dopo le guerre d’indipendenza primi
20 anni dell’800 e che vedrà tanti spagnoli cercare fortuna nel Sud America e poi anche nel Nord America e
Maghreb i nonni di Andrea fanno parte di questa generazione di emigrati che però tornano e da questi
ricordi intuiamo che la loro vita era carica di benessere, una bella casa luminosa e salubre, una famiglia che
cresce, un clima di calore e serenità familiare.
Tutti questi recuperi analettici che hanno una funzione espressiva perché con la tecnica del contrasto del
confronto viene messo in risalto passato felice.
Dopo questi flashback Andrea torna al presente che non riflette il passato: la casa oggi si trova in un
desarreglo espantoso (spaventoso disordine), absoluto abandono (totale abbandono), pared empapelada de
oscuro con manchas de humedad (parete tappezzata da una carta scura macchiata di umidità).
Anche le persone non sono più le stesse: la nonna che aveva visto nel quadro coperta di tulle è oggi una
piccola mummia irriconoscibile e tutto quello che vede è una spia del degrado, della miseria e della fame.
Emerge il tema della scarsità di cibo (ricorda il Lazarillo de Tormes): Andrea ci racconta che vede un gatto
spelacchiato con un corpo magrissimo e lei accosta questa immagine a quella dei membri della famiglia, ci
dice anche che entrando nel recibidor inciampa in un osso ripulito dal cane, ci dice anche che nella casa non
c’era nulla di commestibile se non quello che era dipinto nelle nature morte appese sui muri. Tutto in
questo ambiente è misero e disordinato.
Nell’ultima parte del capitolo abbiamo un conflitto familiare tra tutti i membri della famiglia in cui compare
addirittura una pistola: Roman contro Gloria, Juan contro Roman, Roman contro Angustias conflitto che
rimanda al tema del cainismo, molto presente nella letteratura del dopoguerra perché la guerra civile, detta
anche fratricida perché considerata una guerra tra chi vive in una stessa nazione e quindi è affratellato da
una comunità identitaria, viene rappresentata in questa letteratura come una guerra familiare.

4° capitolo:
in questo capitolo si tenta di ricostruire la storia familiare soprattutto x quanto riguarda il conflitto tra i
fratelli, Juan e Roman ma è particolare come queste informazioni vengono presentate: struttura a copione,
battute schiette come se stessero su un palcoscenico che si alternano tra la nonna e Gloria e in queste
battute è conservato tutto il cuore della vicenda familiare. Noi abbiamo accesso a questo dialogo ovviamente
attraverso Andrea che però ad un certo punto si spegne, scompare per ritrovarla solo alla fine in cui la
nonna le chiede se dormisse e lei risponde che aveva la febbre questo perché innanzitutto togliendo la
voce ad Andrea si toglie la possibilità al lettore di sapere di più perché se fosse stata sveglia avrebbe potuto
chiedere chiarimenti e fare domande, la presenza del punto di vista di Andrea sugli eventi avrebbe potuto
determinare un orientamento in un senso o in un altro rispetto a quanto accade si dice che Roman viene
portato in prigione e torturato, viene portato nella checa tribunali sommari allestiti dai repubblicani x
ottenere informazioni dalle spie  capiamo quindi che Roman fa un doppio gioco, intuiamo che lavora x i
rossi (repubblicani) ma ad un certo punto si dice che invita il fratello a passare dall’altra parte perché la
guerra sta finendo e Barcellona sta cadendo in mano ai nazionalisti, c’è quindi un tradimento Juan però
torna a Barcellona con Gloria, sembrerebbe che la dote che Juan lascia x Gloria in realtà sia trattenuta da
Roman x paura che lo denunci come traditore e da qui si scatena il dramma familiare, che è un dramma
sociale ovviamente e un dramma personale. Poi su questa vicenda si intreccia anche quella sentimentale di
Gloria con i due fratelli, di Antonia con Roman che lo scagiona e quindi x questo motivo non viene
denunciato i motivi del sottrarsi di Andrea da questa conversazione possono essere tanti di carattere più
filosofico per evitare di influenzare la percezione dei fatti ma anche di carattere narratologico perché come
diceva Delibes in questo romanzo il narratore cede spazio al lettore per fare in modo che il lettore partecipi
alla vicenda completandola.
Poi è particolare anche perché ad un certo punto Andrea dice “io credo di aver sentito questo” quindi la
domanda è ha sentito bene? quello che ha sentito lo ha sentito veramente? Siccome poi la sua allucinazione
continua, dice che aveva la febbre vedeva Juan e poi Gloria, in realtà quello che ci viene raccontato potrebbe
essere vero, potrebbe essere non del tutto vero o potrebbe essere effetto dello stato di alterazione della
coscienza della stessa Andrea il livello di affidabilità del narratore diventa sempre più incerto. Da qui ne
usciamo quindi pieni di dubbi o carico di impressioni ma sicuramente senza soluzioni oggettivamente
valida Andrea poi è un personaggio psicologicamente instabile perché dice alcune cose che gli sembrano
piuttosto che sono, poi si corregge e qui è lei che narra quel dialogo ma è un personaggio che in quel
momento aveva un’alterazione di coscienza quindi lei stessa dice di non essere sicura di aver ricordato
esattamente quello che gli altri dicevano.

Epigrafe e concetto di Nada:


Rispetto a Pascual Duarte, Nada esibisce un apparato para-testuale sicuramente più esiguo: oltre alla dedica
agli amici Linka Babiecka e il marito il pittore Pedro Borrell, abbiamo soltanto un’epigrafe presentata
attraverso una sigla J.R.J. che stanno ad indicare il poeta Juan Ramon Jimenez le iniziali abbreviate
stanno sicuramente ad indicare la grande notorietà di questo scrittore per il quale non c’è bisogno di
sciogliere questa abbreviazione.
Questa epigrafe è costituita da un frammento, esattamente la prima strofa di una poesia di questo poeta,
poesia che si intitola Nada ed è la numero 25 di una raccolta intitolata “La Realidad Invisible” la realtà
invisibile che appartiene ad una fase poetica dello scrittore conosciuta come fase della poesia
esistenzialista/sensoriale Juan Ramon Jimenez è stato uno dei più grandi poeti della letteratura
moderna, appartenne alla generazione del 14 (1914) generazione a cavallo tra quella del 1898 e quella del
1927 ma lui fu reputato da entrambe le generazioni un maestro, soprattutto x l’ultima fase della sua
scrittura poetica definita “poesia pura”.
La citazione di questa strofa in epigrafe potrebbe alludere a un incipit di un testo così noto di cui non c’è
bisogno di riportarne il seguito oppure intenzionalmente c’è un riferimento ai concetti conservati nella
poesia che potrebbero avere un’importanza all’interno del messaggio del romanzo.
Questa poesia, in cui la parola nada compare come titolo e poi alla fine ripetuta quattro volte, riflette su
realtà insospettata che a volte affiora attraverso delle esperienze sensoriali di cui il poeta ci parla, perché ci
parla di un gusto, un odore, una luce, un tono, ci parla di un contatto ha distribuito le impressioni che
giungono al poeta attraverso i 5 sensi impressioni legate ad un momento, impressioni che ci colgono a
tratti e che ci rivelano quasi un’altra realtà rispetto a quella che normalmente crediamo di vivere, e sembra
che queste realtà (in questo caso sgradevoli) che si scoprono all’improvviso e a tratti sono fisse e quindi
sembrerebbero appartenere ad una realtà più vera di quella che normalmente crediamo che sia.
Il tema del nulla è molto antico per quanto riguarda Jimenez lo recupera dal filosofo Schopenauer,
anch’egli pre-esistenzialista, che aveva elaborato il concetto del velo di Maia che stava ad indicare che
quando scopriamo che la realtà è solo apparenza ed illusione e che la nostra esistenza per certi versi non ha
alcuna finalità (poi con l’esistenzialismo si arriva a scoprire che si vive per morire che non c’è nessuna
finalità), quando cade questo velo delle illusioni tocchiamo tutta la miseria e la materialità del nostro essere.
E Jimenez, che ha vissuto una crisi spirituale ed esistenziale, sembrerebbe voler alludere con questo nulla
proprio a questo tema.
Jimenez alla fine della guerra civili nel 1939 aveva lasciato la Spagna, visse a lungo negli Stati Uniti e poi a
Puerto Rico e anche dall’esilio lui rimase una delle voci più autorevoli x gli intellettuali spagnoli i poeti in
esilio solitamente non trovavano mai un punto di contatto con la letteratura in patria, questo invece non
accadde x Jimenez che fu invece amato ed apprezzato anche dall’esilio al punto che Laforet può permettersi
di citarlo nel suo romanzo attraverso una sigla.
Anche nel romanzo la parola nada compare pochissimo e in alcune occorrenze ha un po’ la struttura della
poesia la parola nada come titolo e l’uso della parola che ricorre alla fine del romanzo per ben 3 volte
come nella poesia.
Anche nel romanzo possiamo rintracciare la tematica affrontata da Jimenez nella sua poesiae lo notiamo
soprattutto alla fine del romanzo in cui converge tutta la storia esperienziale, Andrea ci dice che tutto
quello che aveva sperato e immaginato all’arrivo a Barcellona, una vita piena, la allegria, una vita
interessante, accattivante tipico di un’adolescente che lascia la sua terra e va in un’altra città x scoprire un
mondo con tanta attesa e desiderio e alla fine invece dice che nulla di quello che aveva sperato si era
realizzato questo nulla quindi in un certo senso si configura come un aspetto del desengano, epistemo
concetto molto presente nella cultura spagnola.
C’è un altro momento in cui compare il termine nada: chiusura del 3° capitolo, ci troviamo in una stanza
della casa di Calle Aribau, precisamente in una mansarda in cui vive Roman, uno degli zii di Andrea,
personaggio dal comportamento misterioso ed ambiguo, non si sa bene come vive, non si sa bene come in
quel clima di miseria e povertà che regna in quella casa ma in generale a Barcellona lui possa trovare i mezzi
x comprare caffe che offre alla nipote o anche il tabacco svolge cioè una vita nascosta ed è forse per questo
o anche perché Roman è un musicista che Andrea si sente molto attratta dallo zio, forse addirittura c’è un
incipiente idillio che poi però non viene compiuto fra i due.
In questo reiterarsi della parola nulla nel 3 capitolo ci sono ovviamente usi più propri e connotati e altri
meno interessanti però sicuramente è importante quel anegarse en la nada, tristezza, disperazione qui ci
sta raccontando un’esperienza che lei fa nella stanza di Roman che suona il violino la musica del violino
provoca in lei una vera e propria esperienza estetica che consiste nella materializzazione della poesia di
Jimenez ci dimostra come lui che all’improvviso, al suono di questa musica gli si aprono emozioni,
sensazioni nuove (senso di disperazione, acuta allegria, improvvisa tristezza, e poi la mia propria morte
rispetto alla vita) lei ha accesso a tutte queste esperienze sensoriali, come quelle di cui ci parla Jimenez,
gli scoprono una verità occulta la parola morte non è messa li a caso, perché quella scoperta repentina che
ci fa vanificare ogni esperienza è proprio quel senso di finitudine che ci dispera.

Altri riferimenti intertestuali di Nada:


La presenza de la nada nel romanzo la troviamo anche a livello intertestuale di carattere iconico, di
tradizione artistica qui c’è tanta letteratura e tanta arte, trasfigurata in una serie di descrizioni nelle quali
possiamo vedere alcuni quadri rappresentativi importanti della cultura spagnola.
Un pittore che risalta nel romanzo è Goya, la stessa Andrea dice che vedendo una certa scena familiare gli
sembra di vedere un quadro di Goya lui dipingeva una serie di rappresentazioni della guerra intitolata
proprio “Los Desastres de la guerra”, incisioni che risalgono al 1810/1818 in cui testimonia i disastri della
guerra di Indipendenza spagnola contro l’invasione napoleonica e c’è un quadro in particolare che può aver
suggerito alla scrittrice il titolo di questo romanzo perché nell’immagine del quadro ci sono delle figure
spaventose, minacciose anche se confuse sotto queste figure c’è un sepolcro e uno scheletro che ha nelle
mani un cartello in cui c’è scritto nada. Inoltre nelle descrizioni che fa Andrea (come quella in cui descrive il
bagno) troviamo sottotraccia delle immagini derivate da Goya in particolare dalle “pitture nere” e dai
“capricci” di Goya aveva una tecnica marcatamente espressionista inizia già nelle prime pitture x poi
diventare sempre più marcata negli ultimi anni della sua vita, in particolare nelle pitture nere (affreschi fatti
ad olio che raffigurano allucinazioni che il pittore visse quando trovò rifugio in una casa, a causa di una
malattia che ne compromise lo stato psicologico ed anche l’udito, diventando sordo – Los Viejos comiendo).
Altro pittore a cui possiamo fare riferimento soprattutto nel primo capitolo, legato in particolare
all’immagine delle figure allungate e altissime, è El Greco, pseudonimo di Dominikos Theotokopoulos
pittore nato a Creta, come nel quadro di Sant’Andrea e San Francesco.
Un’altra presenza intertestuale riferita alla parola nada, è il sonetto 1582 di Gongora, poeta spagnolo del
barocco l’ultima parola del sonetto è appunto nada, sonetto sul carpe diem dove si ammonisce la donna
bella di non prestare troppa attenzione alla sua bellezza perché alla fine muterà, per trasformarsi in nulla.
Quindi il concetto di nada può far riferimento a tanti aspetti dell’esperienza, può alludere come in Goya ad
un’esperienza storica quindi una morte vissuta storicamente oppure al nada come morte esistenziale o alla
nada come concetto della transitorietà dell’esistenza.

Lettera di Jimenez a Carmen Laforet:


Jimenez è molto presente in questo romanzo soprattutto per l’epigrafe iniziale perché richiama una sua
poesia intitolata proprio Nada, ma Jimenez scrisse addirittura una lettera nel 1948 molto lusinghiera x
Carmen perché Jimenez sottolinea proprio la bellezza dell’umanità del romanzo, è un romanzo molto
umano, la bellezza del sentimento racchiuso in questo romanzo probabilmente si riferisce alla sensibilità
della scrittrice di non dividere il mondo in buoni e cattivi e quindi non giudica non giudica i traditori di
guerra, non giudica Angustias e questa assenza di giudizio, che fa di Andrea piuttosto un’osservatrice di ciò
che le sta intorno, secondo Jimenez costituisce una bellezza di questo romanzo.
Poi sottolinea di questo romanzo anche il fatto che si nutre della sostanza della scrittrice, e quindi un
romanzo autobiografico vuole dire anche che è un romanzo spontaneo, la sincerità della scrittura e che
secondo lui, quando Carmen Laforet scrive il romanzo lo fa senza avere dei modelli precostituiti x lui
Nada rappresenta un’opera nuova.
Poi però si sofferma anche sui difetti grammaticali presenti nel romanzo Nada fu criticata anche per
questo soprattutto la punteggiatura perché presenta un suo uso piuttosto singolare anche se in realtà è
proprio una scelta stilistica tenta di rappresentare nello scritto lo stesso flusso dei pensieri che spesso
sono frammentari, o quando i personaggi parlano cerca di riprodurre proprio l’oralità che ovviamente si
discosta da un linguaggio più accademico. Ma Jimenez al contrario loda in questo romanzo anche questa
lingua imperfetta, perché spontanea.
Alla fine però segnala e critica il capitolo 19 del romanzo e tutta la trama che gira intorno a Roman, Ena e la
madre di Ena perché secondo Jimenez la grandezza del romanzo e della scrittrice è di essere una
romanziera senza tema finchè rimane senza tema resta un grande romanzo, quando invece si piega
all’intreccio ai colpi di scena allora lì fallisce, proprio nel capitolo 19 quando Andrea viene a sapere dalla
madre di Ena tutto un passato che lei non conosceva e come la famiglia di Ena e la sua in realtà avevano già
dei legami.

Saggio di Delibes:
scrittore molto importante, coetaneo alla Laforet, e anche se non fu molto prolifico vinse anche lui il premio
Nadal nel 1947 con “La lunga ombra del cipresso”, che scrisse anche un bellissimo saggio su Nada in cui
fondamentalmente sostiene la grande novità di questo romanzo, portando avanti anche l’idea di Jimenez.
Paragonandolo ad altri due grandi romanzi del tempo, il Pascual Duarte e Mariona Rebull, afferma che
mentre in questi due si possono rintracciare delle influenze, come Quevedo e Baroja in Cela e Galdos in
Agustì, questo in Nada non succede perché non ha nessun modello di riferimento, da seguire ed è infatti
proprio per questo il racconto più spontaneo e nuovo mentre Cela e Agustì rimangono più o meno su una
linea letteraria classica, Nada invece, nonostante il suo realismo, rompe con il passato e addirittura
troviamo nel suo romanzo caratteristiche che rimandano alla narrativa successiva alla seconda guerra
mondiale, in particolare fa riferimento a quelle caratteristiche di quello che sarà il noveau roman francese.
Ovviamente ci sono anche delle caratteristiche comuni tra questi tre romanzi:
- La tonica del pessimismo il determinismo che marca in chiave pessimista tutto il romanzo del
Pascual Duarte in cui abbiamo questo manso cordero messo alle strette dalla vita; in Mariona Rebull
il pessimismo coincide invece con la frustrazione sentimentale dei protagonisti; Nada pure è un
romanzo pessimista perché presenta in generale un clima opprimente ma soprattutto nella
descrizione dei personaggi, personalità così infelici e tormentate in tutte e tre le storie quindi
domina un carattere sofferente, crudele nel Pascual Duarte, amaro in Mariona Rebull e tormentato
in Nada.
La differenza però è che Nada è un romanzo pessimista ma non senza speranza perché in Nada non
abbiamo un lieto fine ma nemmeno infelice e definitivamente chiuso Nada introduce una novità, ovvero il
finale aperto termina con Andrea che lascia la casa, l’inferno di Calle Aribau però noi non sappiamo cosa
succederà dopo o come lei considera quel periodo vissuto a Barcellona o come sarà il suo futuro, le cose
potranno cambiare o seguire nello stesso in questo senso il finale del romanzo introduce anche un
elemento nuovo, definito da Umberto Eco lector in fabula cioè implica il lettore nella costruzione della
trama perché con il finale aperto è il lettore a poter decidere come si conclude la storia, a farsi delle idee 
in Nada infatti abbiamo tante zone d’ombra: non conosciamo il vero rapporto della Zia Angustias con il
capo del suo ufficio, non conosciamo il passato e l’infanzia di Andrea, non conosciamo la storia d’amore di
Roman tutti episodi che non ci vengono spiegati e che il lettore quindi può completare a suo modo.
Infatti per Delibes la grande novità di questo romanzo è l’eclissi dell’autore, l’autore smette di essere
autoritario, di portare il lettore x mano e dirgli tutto, non interferisce, non dirige, non controlla
apertamente i fatti, non definisce esplicitamente i personaggi ma ad esempio i personaggi si presentano
piuttosto attraverso le loro parole, i loro comportamenti, non è l’autore a parlare di loro aspetto che
ritroviamo anche in Ortega.
Alla fine Delibes si sofferma anche su un altro tema importante di Nada, quello della guerra.
In Nada la guerra non viene mai rappresentata esplicitamente però ci sono varie allusioni e questo è
inevitabile perché la protagonista Andrea va a vivere a Barcellona in quegli anni e quindi i suoi occhi
vedono, fotografano quella realtà del dopoguerra, quella città che a causa della guerra si trovò impoverita,
nella miseria più totale è ovvio quindi che ci siano riferimenti soprattutto alle carenze che la guerra ha
provocato.
La zia Angustias ad esempio dice che i suoi fratelli dopo la guerra sono diventati un po’ disagiati, disturbati
psicologicamente, la nonna di Andrea incolperà la guerra x l’atteggiamento diabolico di Roman e x la follia
di Juan perché le vittime della guerra non sono soltanto quelle che giacciono al cimitero ma anche quelli
colpiti nell’anima, nel profondo di se stessi e quindi in Calle Aribau troviamo esseri tormentati,
squilibrati, distrutti non solo dalle loro debolezze ma anche dalle circostanze ed ecco quindi che abbiamo
un Roman squilibrato dalla mania x la grandezza e le deviazioni masochiste, Juan incarna la sottomissione
insieme allo sfogo improvviso e incontrollabile, la zia Angustias rappresenta la religiosità fanatica al punto
di avere un atteggiamento inquisitoriale ed è così che poi si consuma il dramma finale: dei tre fratelli una
abbandona la casa, l’altro si uccide e l’altro ancora rimane nella casa con i suoi rimorsi questo dramma
familiare rappresenta anche la grande tragedia spagnola di quegli anni 1936/39 è un romanzo contro la
guerra sena però la necessità di rappresentarla.
CARMEN MARTIN GAITE

Carmen Martin Gaite è nata a Salamanca l’8 Dicembre 1925, apparteneva alla classe altoborghese, il padre
era un notaio. Quando scoppiò la guerra civile lei non seguì la sorella che fu mandata a studiare a Madrid,
ma rimase a Salamanca dove farà tutti gli studi liceali ed universitari. Poi si trasferì a Madrid per compiere
il dottorato e proprio in questi anni madrileni, anni sicuramente di una grande libertà, lei comincerà a
coltivare la scrittura neorealista.
La traiettoria narrativa di Gaite è stata molto prolifica e continua.
Fu una scrittrice certamente popolare, termine usato dal critico Jose Carlos Mainer che cercherà di spiegare
nell’introduzione del secondo romanzo “Ritmo lento” i motivi del successo della sua opera che individua
nella sua popolarità, nell’ apprezzamento da parte di un pubblico popolare sottolinea la grande
accessibilità dei suoi romanzi anche nella grande diversità perché, al contrario della Laforet, è una scrittrice
sperimentale nel senso che si lasciò permeare dalle correnti poetiche del momento, quindi ha una
produzione certamente copiosa e molto variegata. Mainer affianca la popolarità di Martin Gaite a altri due
scrittori del ‘900, ovvero Miguel Delibes e Josè Luis Sanpedro scrittore che ha avuto grande successo
soprattutto per il romanzo “La sonrisa etrusca”.
Martin Gaite è quindi una scrittrice di grande successo apprezzata da un pubblico vario, lettori giovani,
universitari, impiegati, disoccupati, uomini, donne che ogni giorno fanno lo sforzo di capire un po’ meglio il
mondo in cui vivono come afferma appunto Mainer i romanzi di Martin Gaite sarebbero quindi delle
finestre sul mondo, sulla contemporaneità.
Per poter capire la sua scrittura narrativa, Jurado Morales studioso della scrittrice ha diviso la traiettoria
narrativa di questa scrittrice in tre fasi a cui corrispondono specifici momenti storici della Spagna:
- 1° fase, anni del dopoguerra, dal 1958 al 1963: Entre Visillos 1957 e Ritmo Lento 1963
- 2° fase dal 1974, anni della transizione democratica quando muore Franco e gli succede Juan Carlos,
perché in Spagna si arriva alla democrazia attraverso un passaggio istituzionale perché la dittatura
franchista non termina in modo cruento ma la transizione viene preparata dalla stessa classe
dirigente di epoca franchista: Rethailas 1974, Fragmentos de interior 1976, El cuarto de atras
1978 con quest’ultima opera tradotta in italiano con il titolo La Stanza dei giochi, Gaite vince un
premio importante delle lettere spagnole, il premio Nacional de la Literatura e certamente questo
romanzo sancisce un grande riconoscimento alla sua carriera.
- 3° fase, anni della democrazia: molti romanzi appartengono a questa fase, vengono pubblicati uno
ogni due anni: Ceperucita en Manhattan 1990, Nubosidad variable 1992, La Reina de las Nieves
1994, Lo raro es vivir 1996, Irse de casa 1998  c’è anche un ultimo romanzo, rimasto incompiuto e
pubblicato quindi postumo dopo la morte della scrittrice nel 2001, Los Parentescos.
Queste fasi che vengono riconosciute sotto una categoria storica sono spiegate anche in termini di poetica
perché ogni fase corrisponde a una poetica:
- 1° fase del dopoguerra, la poetica imperante in quegli anni alla quale Martin Gaite aderisce è
certamente la poetica neorealista nel senso che i personaggi che popolano queste opere, i conflitti
che vengono rappresentati sono fortemente influenzati dal contesto sociale della società del primo
franchismo.
- 2° fase della transizione, domina lo sperimentalismo, Gaite si allontana dalla poetica neorealista e
sperimenta strade nuove. Dal punto di vista tematico si allontana da uno sguardo critico del passato
in cui rappresentava una società chiusa con protagonisti emarginati e in difficoltà, qui invece il tema
più ricorrente è la capacità di poter comunicare, di realizzarsi sotto la spinta di una nuova libertà per
l’affermarsi della democrazia.
- 3° fase prevale una scrittura minimalista e cioè romanzi di taglio più intimista, che non affrontano
grandi problematiche sociali ma troviamo più storie personali, individuali, anche sentimentali. Sono
romanzi questi che vengono subito tradotti, in particolare in Italia dove Gaite ebbe un grandissimo
successo. Nei titoli di questi romanzi possiamo trovare anche delle riscritture come Cappuccetto
rosso in Manhattan o anche La Regina delle Nevi, romanzi che sono riscritture come la favola di
Perrot e del capolavoro di Andersen.
È importante dire però anche che tra queste fasi ci sono state anche delle lunghe pause: dal 1963 al 1974
anni in cui non scrive nessun romanzo, e anche dal 1978 al 1990, 12 anni di silenzio narrativo però
probabilmente necessari a una sua maturazione, anche di nuove scelte letterarie e poetiche.
Morales quindi definiva la traiettoria di Gaite dalla testimonianza all’intimismo dai romanzi
testimonianza nel senso che fotografano una realtà e un contesto storico sociale si passa ai romanzi
minimalisti di storie quindi più individuali  in realtà però questo percorso che sembrerebbe molto lineare,
fu messo in discussione dall’enorme quantità di materiale, di romanzi, di scrittura autobiografica, di testi
quindi incompiuti che furono trovati a bozze successivamente alla sua morte opere inedite come El Libro
de la fiebre pubblicato nel 2007 ma che in realtà fu un progetto che risale al 1949, anteriore addirittura a
Entre visillos, però effettivamente lo precedette questo libro è una scrittura molto particolare, lo stesso
titolo fa riferimento a una febbre tifoidea che tiene la malata a letto per circa un mese e mezzo e questo
libro, scritto nella fase di guarigione, registra attraverso la prassi semi surrealista del delirio visionario le
immagini, i deliri, le suggestioni che avevano affollato la sua mente nel periodo della malattia. Si tratta di
un racconto frammentario perché di taglio onirico, in realtà Gaite ne pubblicò degli stralci su una rivista
dell’epoca però quando poi lo sottopose al giudizio di un suo amico di allora che diventò poi suo marito
Rafael Sanchez Ferlosio, espresse un giudizio negativo che convincerà Gaite a metterlo da parte. Questo
libro viene collocato alle origini di una scrittura di taglio più fantastico e sarà la stessa Gaite che nei suoi
diari dirà che il richiamo, la sua attrazione verso una narrativa più fantastica la sentì per la prima volta nel
1949 nei suoi tentativi falliti di scrivere El libro de la fiebre perché poi dopo la sua morte saranno
ritrovate pagine e pagine di diari raccolti in alcuni quaderni ben ordinati in termini cronologici che saranno
poi pubblicati nel 2002 con il titolo Cuadernos de Todos.
Inoltre Gaite aveva iniziato i primi passi nella scrittura narrativa con i racconti che la accompagneranno per
un ventennio, in cui distinguiamo queste tendenze molto marcate:
- El Balneario 1955 definito da lei Cuento largo o romanzo breve dirà che fu il suo primo tentativo di
passare dal racconto al romanzo, è una fase quindi di transizione. È una storia che narra il soggiorno
in una stazione termale di alcuni personaggi che nella prima parte il lettore non riesce a riconoscere
esattamente i legami che li uniscono, abbiamo un uomo e una donna, forse una coppia di sposi o
forse no, che scendono da un pullman, entrano nelle terme, l’uomo si perde e tutto accade in una
atmosfera molto vaga e confusa di cui non si ha la chiave di lettura: questa prima parte si può
inquadrare in quel genere più fantastico, surreale. Nella seconda parte invece ci ritroviamo
improvvisamente in una stanza di queste terme con la protagonista Matilde che al bussare alla porta
si sveglia da un incubo e qui si scopre che tutta quell’atmosfera incerta e vaga iniziale era dovuta al
fatto che si trattava di un sogno. Racconto che ebbe grande successo, vinse il premio Cafè Gijon nel
1954.
Molta della sua opera è stata tradotta in italiano partendo dai romanzi degli anni 90 molto più vicini alla
sensibilità europea per poi andare a ritroso.

Neorealismo di Martin Gaite:


Corrente letteraria che si articola in due momenti: un primo momento fase del neorealismo che dura fino al
’55 quindi quando Gaite scrive Entre Visillos in realtà questa prima fase, di cui il romanzo ne risente, era già
stata superata; seconda fase definita realismo impegnato cioè di denuncia, declina la descrizione della realtà
a una visione ideologica, alla volontà non solo di rappresentare eventi e fatti ma anche di esercitare una
forza di denuncia.
Le caratteristiche del romanzo neorealista in generale sono sicuramente:
- Protagonisti che sono gente comune, di tutti i giorni che affrontano una quotidianità piuttosto
piatta, ritratti nei loro ambienti, al punto che questa tendenza sfocerà poi in quella realtà
narratologica conosciuta come protagonista collettivo, abbiamo cioè un pullulare di personaggi
trattati più che come singole personalità come personaggio unico ciò costituisce x lo scrittore la
focalizzazione sull’ambiente.
- Non ci sono anacronismi dal punto di vista storico, la realtà descritta è quella contemporanea,
esattamente di quegli anni. Per questo si sceglieranno periodizzazioni molto brevi, per facilitare
l’adesione alla realtà, si cercherà di far durare la storia della narrazione il tempo ideale della lettura.
- Abbiamo quello che viene definito Reduccionismo, il tempo della storia si riduce enormemente.
Esempio “Cinque ore con Mario” in cui la narrazione viene ambientata in 5 ore. In Entre Visillos la
narrazione è ambientata in 3 mesi Gaite sperimenta questo reduccionismo, anche in Retahilas la
storia dura una notte.
- Narratore discreto che si contrappone a quello onnisciente perché funziona come un registratore,
non esprime opinioni, non da la sua visione e in questo modo non condiziona l’interpretazione del
lettore.
- Quando si diffonde invece il realismo sociale dalla metà degli anni ’50 la scrittura è fortemente
ideologizzata quindi esistono buoni e cattivi, romanzi dal taglio fortemente sociale che criticano la
realtà spagnola del dopoguerra.
Matin Gaite comincerà a coltivare la scrittura neorealista, influenzata anche da un gruppo di giovani
scrittori che faranno parte di una generazione degli anni ’50 che si riunì attorno ad una rivista importante
che si fece propugnatrice del neorealismo e su questa rivista gli scrittori cominceranno a pubblicare le loro
prime opere questi scrittori erano Matute, Ignacio Aldecoa, Alfonso Sastre, Ferlosio, e tanti altri sono
accomunati sotto il termine di generazione innanzitutto per l’anno di uscita dei loro primi romanzi che
viene a coincidere, ma anche x le circostanze che vissero tuttiquando scoppiò la guerra civile questi
scrittori erano dei bambini e quindi sono scrittori nei quali i ricordi di quegli anni della loro infanzia e
adolescenze sono piuttosto incancellabili legati da una adolescenza marcata dal clima repressivo del
dopoguerra e dal tema della povertà e della fame che saranno anche tematiche ricorrenti della loro
scrittura. Inoltre possiamo dire che hanno in comune nella loro scrittura la mancanza di un lieto fine, anzi
questi romanzi presentano per lo più un finale aperto come appunto Entre Visillos, sono privi di prospettiva
ideologica e i personaggi svolgono la funzione di testimonianza, senza mai declinarla in chiave ideologica
anche se in alcuni personaggi la ritroviamo nella loro psicologia in Entre Visillos la vediamo in Natalia, in
Pablo Klein, in Elvira la figlia del direttore della scuola che vivono quella realtà come una sorta di prigione e
si sentono oppressi dalla forza del collettivo, dagli stereotipi del collettivo, dalla morale generale e
desiderano trovare una via di fuga, un proprio cammino di libertà e liberazione quindi i protagonisti sono
certamente degli anticonformisti ma non come esibizione di una contestazione ma proprio perché non si
sentono rappresentati dalla morale, si sentono emarginati, però mai dimostrano rispetto alla realtà stessa
un approccio eroico.
Sicuramente adotta questa scrittura neorealista, si ritrova in questa poetica però la declinò anche in una
chiave piuttosto personale.
Una delle caratteristiche più importanti sarà che tra i suoi personaggi prediligerà protagoniste femminili,
soprattutto nei racconti, saranno donne che provengono da ceti bassi, in genere emarginate come
cameriere, tate, ragazze di campagna anche Entre Visillos sarà un romanzo al femminile che vuole gettare
luce sul contesto femminile che è quello della casa, dei condizionamenti di questa casa e della vita familiare
sulle coscienze femminili. Spesso in alcuni racconti si mettono a confronto mondi femminili che
appartengono a classi sociali diverse, ad esempio nel racconto Los Informes, abbiamo una povera ragazza di
paese rimasta orfana che va a cercare lavoro in città per prendere servizio come tata di una signora della
classe alta e si metteranno quindi a confronto questa ragazza, la cameriera più esperta e la giovane
signora il tema di scontro di classe si focalizza al femminile. C’è anche il racconto La Chica de abajo in cui
abbiamo due bambine messe a confronto, la figlia della portiera e la figlia della famiglia borghese che vive ai
piani alti e attraverso queste due bambine e le loro famiglie si mette a confronto la mentalità borghese e
quella del proletariato. Ciò non vuol dire che nei romanzi di Gaite non ci siano personaggi maschili come
David di Ritmo Lento, anzi la sua è semplicemente una scelta, la scelta di un mondo che conosce meglio che
le è più familiare.

ENTRE VISILLOS
Pubblicato nel 1957 ed ottenne nello stesso anno il Premio Nadal.
Fu ovviamente sottoposto a censura però la passò totalmente indenne perché risultò negativo in tutti i punti
ossia rispose negativamente a tutte le domande che ne potevano vietare la circolazione e pubblicazione
come ad esempio se attaccava la morale, il dogma, se criticava la chiesa, se criticava il regime e le istituzioni
e così via e quindi fu pubblicato.
Romanzo che certamente va inquadrato nell’epoca del dopoguerra in cui Gaite era affine alla poetica del
realismo.

Struttura del romanzo:


Il romanzo si divide in due parti:
- Prima parte che ha un arco temporale di 15 giorni che riporta al concetto di reduccionismo, 15 giorni
raccontati in circa 130 pagine.
- Seconda parte che racconta più o meno 3 mesi che vanno dalla metà di settembre fino alle vacanze
di natale narrati in un centinaio di pagine.
Abbiamo quindi un tempo narrativo abbastanza ridotto con un rallentamento nella prima parte e
un’accelerazione nella seconda.
La grande novità di questo romanzo, come Gaite stessa afferma in un saggio pubblicato nella raccolta di
interventi intitolato “Pido la palabra”, conferenza sulla sua produzione narrativa, sta proprio nella tecnica
del contrappunto è una tecnica narrativa in cui si alternano diversi tipi di narratori, tecnica iniziata già
nei primi anni del ‘900 anche da Virginia Woolf nel romanzo “le onde”Virginia Woolf con questa tecnica
sottolinea proprio la possibilità di una percezione diversa della stessa realtà, diversa tante volte quanti sono
i soggetti che la guardano. Anche nel Balneario c'è la tecnica del contrappunto perché c'è una prima parte in
cui un narratore eterodiegetico racconta l'arrivo al balneario di alcuni protagonisti un po' sfocati che
percepiamo in modo confuso, nella seconda parte invece siamo dentro la coscienza di Matilde e quindi
anche qui c'è un alternarsi di voci.
Entre visillos si avvale continuamente di questa tecnica: abbiamo l’ alternanza tra narrazione in 3° persona
e due voci in 1° persona un narratore discreto esterno, extradiegetico che rappresenta la dimensione più
oggettivista del romanzo perché è un narratore che parla in terza e che non opera come onnisciente, non ci
anticipa quanto avverrà, non sa più di quanto sappia il personaggio in questione. A ciò si aggiungono due
voci in prima persona una è quella di Pablo e l’altra è quella di Natalia, alternanza non proprio fissa
Pablo e Natalia hanno entrambi una voce in prima persona perché appartengono ai due soli personaggi
stranieri: Pablo perché effettivamente straniero di origine, paragonato a Usbek delle “lettere persiane” in
cui Montesquieu descrive questo personaggio che va in Francia e scrivendo ai suoi amici descrive i costumi
degli europei e ne risulta una satira contro l’Europa ciò serve a Gaite a dare una focalizzazione su quegli
ambienti da parte di chi non vive e non è stato modellato in quelle circostanze e quindi le può vivere più
obiettivamente; Natalia invece è forestiera nell’anima perché divergente rispetto agli altri il collettivo
parla attraverso la voce del narratore.
Quando abbiamo il narratore in prima persona bisogna innanzitutto capire in che prospettiva parla. In
Pascual Duarte ad esempio la prima persona era legata alla scrittura di un manuale, in Nada invece non si
riesce a percepire da quale prospettiva stia raccontando. Qui anche Pablo parla in prima persona diretto a
qualcuno ma non sappiamo esattamente questa prima persona da quale prospettiva viene giustificata.
Natalia invece sta evidentemente scrivendo un diario, la percepiamo seduta sul letto con le gambe piegate
su cui appoggiava il suo diario segreto, che lei nascondeva, sul quale registrava tutti gli eventi che viveva. La
scrittura del diario all’interno di una scrittura, Natalia scrive questo diario all’interno della scrittura del
romanzo, viene analizzata e definita come una dimensione meta-diegetica in Gaite è molto presente
questa meta-diegesi, abbiamo molti protagonisti scriventi: il suo secondo romanzo "Ritmo Lento" è un
lungo diario scritto a istanze di uno psicanalista da un personaggio complesso, turbato, romanzo che
somiglia molto a "La coscienza di Zeno" anche qui notiamo la tecnica del contrappunto perché c'è una
parte iniziale e finale in terza persona e poi la voce di David il protagonista in prima; in Nubosidad Variable
abbiamo un insieme di confessioni di lettere di diari che le protagoniste scrivono; anche in Regina delle nevi
il personaggio centrale Lorenzo Villalba che è un giovane sbandato appartenente alla mentalità e alla
cultura della movida degli anni 90 sente il bisogno ogni tanto di confidare a delle pagine la sua confusione
interiore ciò non rappresenta tutto il corpo del romanzo ma comunque affiorano qua e la le pagine del
diario.
La scrittura del diario testimonia quasi sempre un momento di crisi, è una sorta di terapia di confessione
personale e registra la crisi del personaggio.
All'interno del romanzo Natalia non sarà l'unico personaggio a scrivere un diario ma ce ne è un altro molto
simile a lei ma forse meno coraggioso rispetto a lei che è Elvira, la figlia del direttore della scuola, anche se
non le viene data la voce in prima persona, è un personaggio molto complesso è una chica rara a metà
perché anche lei una ragazza in conflitto con l'ambiente ma se Natalia alla fine del romanzo con coraggio
deciderà, seppure il romanzo non ci offre una storia chiusa e conclusa, di recarsi a Madrid e continuare a
studiare e quindi Natalia è una figura carica di speranza dal punto di vista della realizzazione femminile che
apre una breccia nelle mura chiuse, asfissianti di questa cittadina di provincia che condiziona fortemente
l'esistenza delle donne, Elvira invece non ce la fa e soccombe in una frase lei dice proprio che in quella
realtà si sente soffocare e si dispera ma allo stesso tempo non riesce a vincere su quella mentalità di
provincia e quindi fra le due possibilità di vivere con Pablo o sposare il buon partito che è Emilio lei decide
di sposare Emilio e quindi in un certo senso decide di tarparsi le ali.

Il titolo del romanzo è già di per se molto emblematico, significa tra/attraverso le tendine, si connota di
molti significati, titolo che è metafora di un punto di vista di uno sguardo sul mondo, uno sguardo che si
dirige da un’ interno verso l’esterno, sguardo di chi guarda il mondo da una prospettiva di interno, dalla
casa questa locuzione all’interno del romanzo in realtà non compare spesso però questo concetto di
guardare senza essere visti, guardare dal dentro verso il fuori è molto importante perché sta ad indicare una
condizione, una concezione, anche una politica di genere attuata negli anni del franchismo in cui la donna
retrocedeva su molte delle conquiste ottenute negli anni della repubblica, diritti, spazio sociale, che il
franchismo appunto abolì per una sorta di rieducazione alla femminilità intesa nella strettoia dei ruoli di
madre e moglie e di rieducatrice all’interno dell’ambito familiare di quei valori che le discriminano  in
Entre Visillos tutto questo è inespresso a livello concettuale e teorico, è privo di ogni riferimento ideologico
perché non è un romanzo tremendista quindi fa una sorta di critica senza crudeltà di quel mondo piccolo,
dalla mentalità ristretta, eccessivamente chiuso, un mondo provinciale dal quale l’autrice stessa fuggì  lei
era nata a Salamanca e poi si trasferì a Madrid.
Entre visillos è ambientato in un paese di provincia della Spagna degli anni '50 di cui l' autrice non indica
mai il nome e grazie all'obiettività e al realismo con cui si ritrae la situazione sociale si conferisce al
romanzo una particolare universalità che consente di riconoscere in quel paese e in quei personaggi un
qualsiasi paese e un qualsiasi gruppo di ragazzi di quell'epoca proprio, si presume sia Salamanca ma Gaite
non dirà mai che quella cittadina di provincia di Entre Visillos è Salamanca, non avrà mai nome per evitare
una contestualizzazione troppo riconoscibile per evitare di incorrere nel localismo si parla di Salamanca
perché la si riconosce ad esempio dal lungo fiume di cui parla, dalla cattedrale, dalla Plaza Mayor a cui fa
riferimento questa scelta di una contestualizzazione vaga lo proietta più in una lezione di carattere
universale.
Gaite ci dice che l’idea di questo romanzo le venne nei primi anni che visse a Madrid e la libertà che visse
nella capitale spagnola la portò a riflettere sul contrasto con la sua vita precedente a Salamanca ci dice
che dapprima Entre visillos nella sua idea nasce come un racconto intitolato Carcel de visillos, molto più
cupo, che poi fu cestinato per scriverlo sotto forma di romanzo intitolato la Charca e poi alla fine decise per
Entre VisillosCharca è una nuova declinazione di questo senso di asfissia, oppressione, della condizione
femminile del primo dopoguerra perché charca vuol dire il pantano e questo titolo la Charca è importante
perché prende origine da Unamuno, è legato ad una riflessione unamuniana che descriveva la Spagna di
fine secolo come un pantano la spagna è uno stagno di acque ferme e morte, riferendosi alla gioventù
nazionale come incapace di vitalità, di far uscire la Spagna dalla crisi di fine secolo.
Entre Visillos è una storia di provincia, di un gruppo di ragazzi, dei loro studi, dei loro amori, della loro
routine quotidiana che consisteva nell’andare a messa, il cinema il sabato, frequentare un luogo di ritrovo
che era il casino ma soprattutto cercare marito e sposarsi che è il vero grande tema di entre visillos.
Abbiamo infatti tre figure femminili, le sorelle Ruiz-Vilarte Mercedes, Julia e Natalia, ma anche in altre
presenti nel romanzo, rappresentano tutti i tipi di femminilità degli anni ’50 sono tre ragazze da marito e
in questo senso il romanzo assomiglia alla narrativa inglese come Orgoglio e pregiudizio e Ragione e
Sentimento  cioè la presenza di ragazze da marito e le contraddizioni che vivono la differenza però è che
nel romanzo inglese questi drammi psicologici del trovare marito, della difficoltà dell’invecchiare, della
paura di non accasarsi sono drammi più piccoli e lievi in entre visillos invece, la morale del tempo legava
la figura femminile nella sua realizzazione unicamente alla sua proiezione come moglie e madre, quindi Las
chicas casaderas vivono un’ansia e un tormento interiore molto forte la loro esistenza è legata a questa
aspirazione.
Mercedes ha 30 anni e quindi considerata una donna attempata, zitella, il suo personaggio mostra una
profonda frustrazione per non essere riuscita a conseguire il suo unico obiettivo.
Poi c’è Julia, la sorella di mezzo di 27 anni, questo dramma sentimentale è la scelta fra un padre padrone e
un compagno avasallador che la vuole sottomettere, il rapporto uomo donna in entre visillos è
rappresentato in questo senso patriarcale e di potere, lei è fidanzata con Miguel vive a Madrid e la esorta a
raggiungerlo più e più volte, ma, Julia, pur avendo il desiderio di farlo, inizialmente obbedisce al volere del
padre che non ne approva il trasferimento.
Per ultimo c’è Natalia è invece la chica rara, termine che fu elaborato da Gaite a partire da alcuni personaggi
come Andrea di Nada la chica rara è appunto la ragazza anticonformista, ma non nei termini spavaldi di
una ribellione plateale, ma chi ha una coscienza divergente, che non si adatta perché non si riconosce
vivendo quindi la con disagio questo rapporto fra la sua femminilità e l’essere donna in quegli anni la
chica rara è un paradigma di femminilità che mette in discussione la normalità del comportamento
amoroso e domestico che la società imponeva, e lo mette in discussione non perché protesta ma perché si
sente estranea a quella morale a quel contesto e non ne sposa gli stereotipi. A differenza della maggior parte
delle ragazze della sua età, non ha come scopo primario quello di sposarsi, la sua vera intenzione è
quella di realizzarsi personalmente, ama studiare e desidera proseguire la carriera scolastica, cosa non
accettabile all'epoca.
Le vicende dei personaggi si intrecciano tra loro, senza però arrivare mai ad un evento in cui si concentri
tutta l'attenzione, quindi in realtà non succede nulla di particolarmente significativo ma è proprio attraverso
i dialoghi, il pullulare di questa vita minuta per certi versi stretta, come x Natalia, a far riflettere su quanto
siano vuote, piatte e retrograde le vite dei protagonisti con un finale poi che lascia invariata la situazione
della provincia che continua la sua vita anonima ma dall’altra racchiude un messaggio di speranza. Presenta
quindi un linguaggio giovanile, un registro abbastanza colloquiale.

Pablo Klein:
figura maschile molto simile a Natalia a livello di pensiero è Pablo Klein, infatti lui sarà incuriosito da
Natalia e lei riconoscerà in lui un modello maschile decisamente alternativo e se ne sentirà attratta, anche
se in realtà si conosceranno molto tardi, solo nella seconda parte (13°capitolo).
La sua voce emerge nel secondo capitolo, quando arriva in città in treno ed occupa 7 capitoli di cui 5 nella
prima parte e 2 nella seconda parte ma rispetto a Natalia però la sua voce ha maggior peso e mentre Natalia
apre il romanzo mentre Pablo lo chiude per ben due volte chiude la prima parte e anche la seconda. Però
nonostante a Natalia sia riservato un peso narrativo inferiore rimaniamo fortemente vicini a lei perché ha
una voce forte Natalia è la trasposizione anche di un vissuto autobiografico e quindi forse per questo si
percepisce come più autentico e poi Natalia è la declinazione della voce femminile, racchiude tutte le altre
voci femminili.
Di Pablo sappiamo che è professore, che è tedesco anche se non sappiamo con precisione da dove arriva, nel
capitolo 4 ci confessa che l’incarico a scuola, offertogli dal direttore di cui il padre era amico, era solo un
pretesto perché lui vuole in realtà tornare nella città dove ha passato la sua infanzia insieme al padre
anche lui è orfano il padre è morto sotto un bombardamento mentre lui era in Italia e della madre invece
non si sa chi sia.
Sappiamo anche che ha viaggiato molto, che conosce il mondo perché nel capitolo 15, perché ci dice ad
esempio che non aveva mai sentito così freddo ne a Berlino, ne a Parigi ne in Italia.
Quando lui arriva in questa cittadina di provincia crea un subbuglio negli altri personaggi soprattutto nelle
ragazze come Natalia, Elvira  lui diventa il catalizzatore dei desideri femminili che sono sentimentali per
Elvira, di acculturazione e realizzazione per Natalia ma anche di quelli maschili  la figura di Pablo servirà
proprio a mettere in risalto le profonde contraddizioni della vita di quella città, è diverso dagli altri perché
estraneo ai riti della città di provincia e alla sua morale intransigente e asfissiante che continuamente cerca
di sfidare, sfida i pregiudizi ad esempio cercherà in tutti i modi di convincere Gertru a non abbandonare
gli studi senza riuscirci perché lei si lascerà cnquistare dai beni materiali che il fidanzato le promette di
dare, diventa amico di Rosa l’animatrice del casino, luogo di ritrovo in cui ci si intrattiene con canti e balli
l’amicizia tra Rosa e Pablo farà certamente scalpore e sarà l’origine della sua rottura con Elvira la quale non
riesce ad allontanarsi dalla mentalità del posto.
Nell’ultima parte del romanzo Pablo che vive una delusione sentimentale che diventa anche professionale
dovuta alla scarsa capacità di incidere nella mentalità delle giovani allieve e anche la difficoltà di dialogare
con l’ambiente lo portano a lasciare la città quindi Pablo non termina nemmeno l’anno scolastico e
abbandona la città, è una sorta di fuga.

Capitolo 1:
il primo capitolo inizia proprio con la voce di Natalia che registra sul suo diario gli eventi del giorno prima, è
trascorsa l’estate, siamo nel mese di settembre e le due amiche si rivedono. Passeggiano sul lungo fiume.
Natalia ricorda l’estate trascorsa e le occupazioni infantili mentre invece Gertru dice che non si scriverà a
scuola perché ad Angel il suo promesso sposo non piace l’ambiente dell’istituto e racconta del suo primo
regalo ricevuto da lui come vero e proprio novio. Gertu vive con grande emozione ed entusiasmo questo
riconoscimento sociale, lei è proprio la chica casadera, la ragazza da marito ed è entusiasta anche della festa
all’aeroporto perché rappresenta per lei questo passaggio tanto aspirato alla vita adulta della donna come
moglie, invece Natalia già in questo si manifesta come recalcitrante, la festa all’aeroporto vorrebbe dire per
queste ragazze la loro prima presenza in società, per Natalia invece non ha importanza e infatti non vuole
andare quindi già all’inizio abbiamo la presenza delle chicas casaderas nella figura di Gertu la cui
aspirazione è il matrimonio frutto di una educazione connotata dal punto di vista di genere e la chica rara
che è Natalia che invece vive al di fuori di questi schemi. Poi notiamo anche il rapporto di avasalliamento, di
assoggettamento della donna: Angel decide per Gertru, decide che deve lasciare la scuola quindi c’è anche la
riflessione sull’irrilevanza di quegli anni dell’educazione femminile. Angel disse a Gertru anche che x
sposarsi con lui non doveva sapere ne il latino ne la geometria, bastava fosse una buona donna di casa che
rappresenta il suggello di questo matrimonio.
In seguito notiamo il passaggio da un punto di vista all'altro, perché la narrazione diventa in terza persona
in cui però il narratore si colloca dentro la coscienza di Natalia e ne sposa il punto di vista ce ne
accorgiamo perché ad esempio quando Natalia guarda fuori la finestra e osserva le gigantillas maschere di
giganti che si muovono per la città durante delle feste a Salamanca, quando Natalia le vede registra che le
mani erano la parte che mettevano più paura è evidente che il punto è focalizzato negli occhi di Natalia
così anche quando il narratore dice che Natalia vide farsi largo tra la folla dei bambini Mercedes e Julia
insieme a un'altra ragazza vestita di beige è chiaro che se il narratore operasse come onnisciente già
saprebbe come si chiama quella ragazza senza avere il bisogno di definirla "vestita di beige" ma siccome è
Natalia a non conoscerla il punto di vista è collocato dal suo punto di vista.
Successivamente inizia la narrazione del narratore discreto in terza persona e prescinde da Natalia perché
lei si è allontanata dalla finestra ed è evidente questo stacco perché nelle prime pagine abbiamo una voce
più introspettiva mentre quelle successive sono caratterizzate più da un chiacchiericcio tra le fanciulle che
sono tornate a casa e si ritrovano nella veranda dialoghi insostanziali con argomenti futili.
Tanto di questo romanzo si articola in questo chiacchiericcio femminile che scandisce le giornate, le ore di
ragazze che, a parte Natalia appassionata ai suoi studi, trascorrono il loro tempo in forma inutile Gaite
così riflette molto anche sui mali che il tedio causa nella psicologia femminile, lo sperdimento, la confusione
dell’animo femminile proprio perché allontanato dalla pratica l’emblema di questo può essere anche
Elvira vive il lutto della morte del padre e, come succede nella Casa di Bernarda Alba, viene chiusa in una
rigida esclusione dalla vita sociale e questa mancanza di attività e di partecipazione alla vita la conduce
quasi alla disperazione.
In questo capitolo conosciamo anche le altre sorelle di Natalia. Julia ha 27 anni ed è fidanzata, il ragazzo
vive a Madrid e vorrebbe che lo raggiungesse ma lei si trova in mezzo a due fuochi, tra il fidanzato e il padre
che invece non la lascia andare lei non ha la possibilità di fare una scelta propria ancora una volta emerge
il tema dell’avasalliaminto, infatti Isabel consiglia a Julia di non farsi sottomettere. Mercedes invece è la
sorella maggiore che somiglia ad Angustias de "la casa de Bernarda Alba" una ragazza attempata che è
invecchiata tra le pareti della casa, una donna di 30 anni che a quei tempi era già considerata una donna
vecchia senza più speranze quindi vive anche una certa frustrazione.
Emerge anche un altro tema che unisce Natalia ad Andrea di Nada, anche lei è orfana  infatti ad un certo
punto si dice che la madre è morta proprio dando alla luce Natalia e quindi lei come anche le sorelle
crescono senza questa figura femminile importante. Su questo rapporto non vissuto con la madre sarà
dedicato il 13 capitolo in cui lei farà visita al cimitero e riflette su questa sua condizione.
Il capitolo si chiude con Mercedes, la sorella maggiore, che si affaccia al mirador e guarda fuori dalla
finestra per sistemare l'ora del suo orologio con quello della cattedrale ma in realtà è un’immagine molto
importante perché questo guardare fuori attraverso la finestra è come una spinta, guardare fuori x
guardarsi dentro, per riflettere e pensare su se stessi p importante anche perché in questo modo emerge
la città come protagonista cittadina di provincia presentata sotto due aspetti: un aspetto fortemente lirico
perché viene descritta nella sua bellezza, nelle luci, attraverso le passeggiate al lungo fiume, la plaza mayor
eccetera e dall'altra un aspetto critico relativo alla vita soffocante e monotona in cui il tedio, la noia la fa da
padrone anche doppio protagonismo della città ci ricorda la Barcellona di Nada una città che vive due
dimensioni, da una parte è proiezione dei sogni di queste ragazze ma dall'altra è anche il luogo che rende
questi sogni inaccessibili il titolo primitivo era infatti Carcel, prigione.
NUBOSIDAD VARIABLE

Romanzo pubblicato nel 1992, anche se la sua gestazione durò molti anni.
Romanzo è strutturato con un duplice approccio narrativo perché le protagoniste agiscono come narratori
omodiegetici alternandosi nei capitoli attraverso una narrazione personale e quindi in prima persona,
poiché i narratori sono all'interno della diegesi e sono i personaggi principali; alla fine invece del romanzo,
esattamente nell’epilogo compare invece un narratore eterodiegetico quindi narratore esterno alla storia
che viene narrata.
È un romanzo composto da 17 capitoli più l’epilogo finale e ad ogni capitolo corrisponde una lettera perché
appartiene al genere epistolare, lettere disposte in perfetta simmetria, un’alternanza perfetta di questi due
voci protagoniste però in realtà diventa una sorta di diario intimo scritto a quattro mani perché queste
lettere, ad eccezione della prima di Sofia e della risposta di Mariana che costituisce il secondo capitolo, non
verranno mai spedite anzi, almeno in linea di principio, sono destinate a rimanere chiuse in un cassetto,.
Solo alla fine del romanzo, esattamente nell’epilogo, le due amiche si rincontreranno e metteranno insieme
i loro manoscritti questo finale è molto importante perché ha un significato metanarrativo l’epistolario
di queste due donne si convertirà in letteratura, ci viene detto infatti che queste due amiche si ritroveranno
sedute in un chioschetto a Cadice rivolte verso il mare scambiarsi tutto questo materiale e scrivere su un
foglio di carta un testo di cui la prima parola è nubosidad è proprio in questo momento che c’è la
riconversione della vita in letteratura, che prende vita il romanzo che il lettore ha fra le mani questo finale
è l’espediente metanarrativo attraverso cui Gaite sigla la stretta unione tra letteratura e vita, per lei
bisognava eliminare quella barriera immaginaria che allontanava la comunicazione interpersonale dalla
tarea letteraria e lo fa attraverso il genere epistolare perché offre una comunicazione più aperta, lontana
dall’autosufficienza del narratore classico, è un genere che mantiene le marche linguistiche.

È un romanzo che affronta tanti temi: innanzitutto quello della scrittura come recupero del sé, quello del
riflesso del proprio sé nel discorso o nello sguardo dell’altro ma anche l’inafferrabilità dei cambiamenti e
l’inesorabilità del tempo.
Grande romanzo che narra la storia del ricongiungimento attraverso la scrittura di due donne. Sofia
Montalvo e Mariana Leon un tempo tanto amiche, quando erano adolescenti, poi intraprendono strade
diverse e si allontanarono anche a causa di Guillermo, uomo di cui entrambe si innamorarono e dopo tanti
anni si rincontrano ad una mostra questo primo incontro, narrato in retrospettiva nelle lettere iniziali , è
importante perché riapre antiche incomprensioni fra le due donne le quali x scioglierle dovranno sottoporsi
ad un doloroso percorso di autoanalisi fatto di disgregazioni e riconciliazioni per dipanare la matassa degli
eventi passati che le hanno portate alla lontananza. A seguito dell’incontro le due donne decidono di ridare
vita ad un’antica consuetudine ovvero scriversi a vicenda per riprendere il filo delle loro storie e delle loro
vite e così comincia questo racconto a due voci che sarà più un’esperienza solitaria vissuta come un esercizio
di scavo interiore nella propria anima e nella propria storia.
La scrittura ha un ruolo fondamentale qui, è il mezzo x ricostruire la loro amicizia giovanile ma anche per
ricostruire se stesse, ricostruire, seppur in maniera frammentaria, il loro vissuto doloroso e problematico
che le ostacolava nella vita e nella comprensione di se stesse per costituire una loro nuova identità con cui
affrontare il presente e il mondo. La vita non è stata quella che si aspettavano entrambe stanno vivendo
infatti un periodo di crisi, di solitudine, tristezza e fallimento: Sofia da sempre amante della scrittura e del
grande poeta portoghese Pessoa ha abbandonato i suoi sogni letterari, si sposa con Eduard, un dirigente
ambizioso (innamoratosi di lei per la sua aria sognante da vagabonda), con il quale però non ha mai avuto
niente in comune ed è diventata madre di tre figli quindi si sente soffocata da una vita di coppia in cui non
si riconosce più e da una dinamica familiare di cui fatica a tenere il passo. Dall’altra parte abbiamo Mariana
una psichiatra affermata, una donna che all’apparenza sembra essere molto sicura di sé, ha ottenuto tutto,
murata contro tutte le tempeste ma in realtà anche lei è una donna indifesa come le donne che tratta e
insoddisfatta nella vita privata perché non ha trovato nei suoi vari partner l’uomo da amare x sempre.
La scrittura cioè è elemento riflettente dell’interiorità infatti abbiamo tante scene di fronte agli specchi
che solitamente segnalano delle epifanie volte a ricomporre il puzzle della loro esistenza  forte richiamo
alla poetica di Natalia Ginzburg del romanzo “la città e la casa” che introduce il tema della realtà
paragonabile ai frammenti di uno specchio  anche il titolo Nubosidad Variable riassume questa teoria, è
metafora dell’inafferrabilità dei cambiamenti interiori, di un vissuto interiore mutevole e variegato che
richiede costantemente di essere interpretato e capito, infatti queste due traiettorie parallele rispondono,
come suggerisce la citazione iniziale di Natalia Ginzburg, al desiderio di ricomporre il loro puzzle,
ricomporre l’intero specchio che con il tempo si è frantumato  alla fine infatti le due donne riusciranno in
questo, recuperano la loro amicizia, uniranno anche le pagine scritte, riusciranno a mettere insieme il loro
passato e a comprenderlo meglio, ad acquisire una conoscenza piena e consapevole di sé stesse e questo
avviene proprio grazie alla scrittura, una scrittura che è sinonimo di speranza di poter reinventare la
propria realtà da zero, scrittura come scoperta dell’io.

Tutto questo percorso introspettivo, questa loro necessità di ricostruire il loro passato di ricercare una
nuova identità, è determinata e condizionata dalla certezza di avere dall’altra parte un interlocutore
perfetto, capace di condividere emozioni e sentimenti, capace di vedere veramente e accogliere
incondizionatamente la nostra parola e intimità: l’una trova nell’altra un interlocutore perfetto perché l’una
si fa specchio delle esigenze dell’altra, anche se l’interlocutore è lontano fisicamente ma è vicino
intimamente le due amiche infatti, seppur diverse nelle esperienze e nell’indole, convergono nel voler
cercare uno sguardo, un specchio, un destinatario che sappia ascoltarle ad esempio anche nel secondo
capitolo, quando Mariana descrive all’amica la stanza dove si trova è come se stesse accogliendo il
destinatario proprio per una perfetta comunicazione  in contrapposizione ad esempio al rapporto tra
Sofia e il marito in cui c’è totale assenza di comunicazione, quando ad esempio Sofia descrive i preparativi
del marito prima di uscire di casa si percepisce l’estraneità dell’uno nei confronti dell’altro, Sofia non si
riconosce in lui, addirittura dice che “la sua figura si intromise tra i suoi occhi e la luce della finestra” come
se Eduardo offuscasse la sua luce interiore, o anche quando Sofia si rende conto che il marito ha bisogno di
riflettersi nel suo sguardo x validare la sua immagine di uomo materialista, ambizioso pero apatico e non
comprensivo qui c’è anche una critica, Sofia sovverte la concezione comune della donna di allora come
specchio delle esigenze dell’uomo, stereotipo contro cui Gaite si schiera.

Allo stesso tempo, il fatto che sono lettere mai spedite crea una certa distanza fra le due che permette una
scrittura libera e ciò garantisce che i pensieri, i sentimenti gli stati d’animo espressi siano autentici, veri
proprio perché non si ha l’obbligo di dare e ricevere una rispostaè la presenza assenza dell’altro che
stimola ad una profonda autoriflessione, a un cammino personale. L’interlocutore quindi funziona sia come
catalizzatore del racconto che come nucleo strutturante Gaite delinea l’opposizione tra buenos e malos
espejos e cioè tra persone che riflettono la nostra vera interiorità perché sono capaci di accogliere
incondizionatamente la nostra parola e coloro che, per routine o pregiudizio, non sono più in grado di
vederci veramente.

Inoltre in questo romanzo Gaite fotografa anche il presente della Spagna di allora, della Spagna
postfranchista che stava vivendo un profondo rinnovamento senza nasconderne le trappole di questa
modernizzazione, ad esempio attraverso la figura di Eduardo critica lo yuppismo di tanta borghesia che
ostenta il proprio benessere, per cui l’apparenza è l’unico sprone degli sforzi quotidiani forse in questo
senso Sofia e Mariana rispecchiano un po’ las chicas raras che non si riconoscono in quei contesti e quindi
hanno un rapporto difficile con quel mondo.

Sofia/Mariana
Amiche dai tempi della scuola, quando si rivedono entrambe stanno vivendo un periodo di crisi.
Mariana consiglia a Sofia di scrivere a scopo terapeutico visto che è la sua più grande passione, ma ben
presto, dopo una delusione d’amore, anche Mariana si rende conto che ha bisogno di allontanarsi dalla se
stessa di tutti i giorni e si mette a scrivere una sorta di autoconfessione.
Quindi Sofía, da sempre dotata di fervida immaginazione considera la scrittura una via di fuga dalle
sconfitte del reale; Mariana, da sempre poco incline al sentimentalismo e più razionale non ha mai pensato
di esser in grado di scrivere ma gradualmente si avvicina a questo strumento come mezzo terapeutico x dare
voce ai propri conflitti interiori fino ad allora dissimulati persino a sé stessa.
Entrambe alla fine si allontanano da ciò che le aveva portate a vivere un periodo di crisi  tutte e due
lasciano il loro ambiente quotidiano: Sofia lascia la casa coniugale dove vive con la figlia Amelia e il marito,
Mariana si concede un viaggio fuga a Puerto Real dove alloggerà nella casa vacanze di una sua amica e
paziente.
Entrambe sono accomunate dall’esperienza negativa dell’amore: Sofia è impantanata in un matrimonio
fallito in cui la convivenza è ormai pura convenzione visti i tradimenti del marito, Mariana invece è reduce
da una burrascosa storia d’amore con un paziente che ha tentato il suicidio. Loro hanno avuto in comune
anche il loro primo amore, quello x Guillermo, che è all’origine dei loro dissapori.
La scrittura diviene per le due un mezzo per ritrovarsi, aprirsi a nuovi orizzonti e iniziare di nuovo a vivere,
uno specchio per proiettare una nuova immagine di Sé e questo avviene proprio grazie a questa
comunicazione paradossale fra di loro, questo dialogo immaginario è la chiave x intraprendere un cammino
solitario e interpersonale.
LUIS MARTIN SANTOS

Martin Santos nasce nel 1924 quindi fa parte di quella generazione di scrittori del dopoguerra. Figlio di un
medico militare e nacque in Marocco, in una cittadina chiamata Larache, che in quegli anni, dal 1912 al
1956, era protettorato spagnolo. All'età di 5 anni la sua famiglia si trasferisce a San Sebastian nei paesi
Baschi, qui frequenta il liceo per poi trasferirsi fra il 1940/46 a Salamanca dove frequenterà l'università e
poi svolgerà gli studi di dottorato a Madrid tra il 1946/49. Queste date sono importanti perché avranno un
riflesso nella sua produzione.
A Madrid, nonostante avesse vinto una cattedra come chirurgo presso l'Hospital general, abbandona lo
studio della medicina x dedicarsi alla psichiatria  come psichiatra tornerà a San Sebastian diventando
direttore dell'ospedale psichiatrico. Martin Santos non è il primo scrittore che conosciamo che proviene
dalla medicina, un altro molto importante è ad esempio Pio Baroja, ma questa sua attività di medico avrà
una importante ripercussione nella sua produzione perché infatti buona parte del suo lavoro narrativo, più
o meno una cinquantina di lavori, si basa proprio su studi medici, di cui la maggior parte di taglio
psichiatrico, con una tendenza a proporre lo sviluppo di una psichiatria esistenzialista. Ad esempio
abbiamo: "Dilthey, Jaspers y la comprensión del enfermo mental", "Descripción fenomenológica y análisis
existencial de algunas psicosis epilépticas agudas", "El plus sexual del hombre, el amor y el erotismo"
eccetera. Questo filone della psichiatria esistenziale è un adattamento della psichiatria al pensiero filosofico
di Jean Paul Sartre, uno degli scrittori da lui più amati dirà che sentiva questo scrittore molto vicino alla
propria problematica morale.
Martin Santos passerà a Madrid gli anni di dottorato e qui inizierà a frequentare i famosi caffè letterari
come Cafè Gijòn, Cafè Gambrinus e farà di Madrid il tema della sua scrittura letteraria, e come Carmen
Laforet ad esempio sarà la scrittrice di Salamanca così in Tiempo de Silencio, anche se con una satira e
critica feroce, Madrid sarà la città protagonista. Frequentò anche le Tertulias letterarie, termine che in
Spagna indicava le riunioni che avvenivano nelle caffetterie di scrittori e intellettuali. In queste circostanze
conosce Juan Benet, Alfonso Sastre, Ignacio Aldecoa, Rafael Sanchez Ferlosio e anche Martin Gaite, tutti
nomi della generazione realista con cui avrà rapporti intensi e da cui però prenderà subito le distanze,
distanze dalla poetica realista perché considerata monotona, per lui bisognava andare verso un contenuto
maggiore e una maggiore complessità se si vuole sfuggire da una ripetizione monotona e priva di interessi, e
certamente Tiempo de silencio costituisce una ventata assoluta di novità, non ben capita neanche dai suoi
compagni di generazione forse perché presenta un linguaggio ostico, una difficile struttura ci volle del
tempo infatti affinché tiempo de silencio si affermi e saranno gli scrittori delle generazioni successive che ne
faranno tesoro mentre invece ad esempio Benet e Sastre espressero giudizi molto severi Benet disse che
questo romanzo ha sullo sfondo una sagra paesana, una vita di pensione e una pugnalata ossia il
costumbrismo puro sul genere di Mesonero Romano fa riferimento ad alcuni snodi dell'intreccio che
termina con un crudo omicidio ma soprattutto Benet non riesce a leggere la nuova lezione del romanzo ma
lo riporta al costumbrismo, movimento letterario di un realismo declinato in chiave localista sulla
tipizzazione di ambienti e di individui di cui Mesonero Romano fu uno dei principali rappresentanti 
quindi non percepisce la modernità di questo romanzo ma lo riporta al realismo ottocentesco censurando
quindi lo sperimento di Martin Santos.
Per quanto riguarda invece il filone letterario, i suoi primi esercizi furono in ambito poetico con “Grana
Gris” una serie di poesie di taglio adolescenziale scritte mentre frequentava l'università e pubblicate nel
1945. Scrisse anche una serie di apologhi, 37 racconti molto brevi pubblicati però postumi dopo la sua
morte avvenuta nel 1964 a soli 40 anni in un incidente d'auto.
La sua produzione in vita quindi si ritrova tutta raccolta intorno a quest'unico romanzo “Tiempo de
silencio” e quindi con questo romanzo sarebbe terminata la sua produzione se lo studioso Mainer non
sarebbe riuscito a recuperare un secondo romanzo pubblicato poi nel 1975 intitolato “Tiempo de
destuccion”  questo romanzo anche se scritto dopo costituisce la premessa di Tiempo de silencio  se
quest'ultimo infatti riflette gli anni madrileni di Martin Santos, tiempo de destruccion racconta invece il
periodo precedente, a San Sebastian e Salamanca, insiste su ambienti conosciuti e vissuti in giovane età
c’è quindi una grande coerenza tra questi due romanzi anche se in tiempo de destruccion il titolo sintetizza
meglio l'operazione che l'autore compie cioè la distruzione si rivolge alla distruzione di miti, di convenzioni
sociali, di credenze anche religiose, quindi sono dei romanzi dal taglio molto iconoclasta nei confronti dei
suoi tempi.
TIEMPO DE SILENCIO

Tiempo de silencio fu pubblicato nel 1962, in un contesto storico e letterario diverso rispetto alla narrativa
precedente di taglio realista che in un certo senso era già superata da entre visillos, tuttavia il realismo come
scuola narrativa perdurò a lungo e il primo vero punto di inflessione, cioè la svolta nella narrativa, si ha
proprio con tiempo de silencio con il quale nella letteratura spagnola si fa iniziare il romanzo sperimentale.

Storia editoriale:

Tiempo de silencio fu terminato nel '60 e la data di pubblicazione fu il 1962. Terminato di scriverlo venne
inviato al premio Pio Baroja, grande maestro della narrativa del '900 con "el arbol de la ciencia". Lo
presentò però con un titolo diverso che era Tiempo Frustrado sotto lo pseudonimo di Luis Sepulveda in
realtà questo pseudonimo era adottato in clandestinità perché Martin Santos era iscritto al partito socialista
obrero spagnolo, fu incarcerato varie volte e quindi probabilmente pressioni politiche impedirono che
questo romanzo ottenesse il premio. Il romanzo quindi fu pubblicato solo due anni dopo dalla casa editrice
Seix Barral. Da questa prima pubblicazione fortemente minata dagli interventi della censura che ne tolse
tante parti come la descrizione dei bordelli, ce ne furono altre: nel 1965 quando Martin Santos era già morto
fu pubblicata la seconda edizione nella quale viene reintegrata parte di quanto era stato omesso
precedentemente. L'edizione definitiva fu quella del 1980 che presenta lacune, refusi perché è andato perso
il romanzo originale.

La storia:

Il protagonista del romanzo è Pedro Martin, identità che viene scoperta non da subito. È un giovane medico
che fa il ricercatore nella Madrid degli anni '40 questo è un elemento autobiografico perché in quegli
stessi anni Martin Santos era a Madrid x svolgere gli studi di dottorato.
Ricercatore che sta facendo degli studi sul cancro inguinale e in realtà i suoi studi vertono su un aspetto
cruciale ovvero se questo cancro inguinale venga ereditato per via genetica o se invece sia determinato da
cause ambientali. Questo tema del cancro bisogna leggerlo non solo in chiave scientifica ma anche come
una grande metafora di mali che affliggono la Spagna. Anche questo disquisire sulla derivazione genetica o
ambientale riflette sulle cause endemiche di una crisi storica che sfocia nel dramma spagnolo degli anni
30/40 e sulle ragioni del presente di questa crisi, se questa crisi è frutto di una realtà, di un contesto o di
alcune caratteristiche identitarie permanenti. Proprio la crisi sociale ed economica, la penuria dei fondi
stanziati x la ricerca (accusa sul ritardo scientifico della Spagna) portano Pedro a non poter continuare le
ricerche perché x queste ricerche è costretto ad utilizzare delle cavie, dei topolini di un ceppo molto raro
importato dagli stati uniti quindi molto costosi perché questo ceppo denominato MNA ha un ritmo di
riproduzione inferiore a quello dei decessi quindi queste cavie per l'alto costo non sono più disponibili.
Il romanzo apre proprio così, con Pedro che constata la mancanza di queste cavie ma fortunatamente la
soluzione gli viene data da un'operazione illecita perché il suo aiutante di laboratorio Amador ha vendute
delle cavie degli esperimenti a un suo parente. Questo suo parente, di nome Muecas (smorfia) chiamato così
perché ha un tic, è riuscito a far riprodurre le cavie creandogli le condizioni adatte per la proliferazione con
metodi però raccapriccianti In questa baracca trasformata in laboratorio el Mueca le fa riprodurre le cavie
collocandole in delle buste di garza tra i seni delle figlie che le riscaldano così quando le femmine sono
pronte in piena ovulazione vengono messe nelle gabbie e si accoppiano e si riproducono. El Muecas vive
nelle baraccopoli madrilene che cominciano a diffondersi proprio nel periodo del boom economico, presenti
anche nel romanzo Ritmo Lento di Gaite in cui il protagonista vive nel mondo delle baraccopoli.
La storia poi si sviluppa in una direzione imprevista Pedro deve recarsi insieme al suo aiutante Amador
(che insieme costituiscono una coppia eroica come Don Quijote y Sancho Panza, il Lazarillo e l' Idalgo del
terzo trattato) dal Muecas x avere delle cavie. Nel frattempo c'è una visione della città, gli ambienti vissuti
da Pedro, personaggio di cui però non sappiamo molto: sappiamo che vive in una pensione, che frequenta
circoli letterari, le feste anche dell'alta borghesia madrilena e nulla più.
Ad un certo punto Pedro si trova implicato in una strana faccenda sarà chiamato da Amador e dal Muecas
a ritornare nella sua baracca perché la figlia del Muecas, Florita, sta in fin di vita perché il padre le ha
procurato un aborto. Pedro cerca di salvarla ma in realtà sia El Mueca che Amador lo accuseranno alla
polizia di aver procurato lui l'aborto e quindi viene incarcerato. Pedro, come tipico antieroe, accetterà con
rassegnazione il suo destino finché non sarà riconosciuto innocente grazie alla moglie del Muecas che lo
dichiarerà innocente Pedro cercherà di ricostruirsi una vita frequentando la figlia della proprietaria della
pensione Dorita ma un certo Cartucho, malvivente innamorato di Florita che credeva Pedro colpevole,
durante una sagra paesana di Madrid accoltella Dorita. Pedro quindi perde il suo amore, sarà cacciato dal
centro di ricerca e il romanzo termina con Pedro che lascia la città come medico decidendo di esercitare la
professione medica in provincia dove forse ritroverà la tranquillità e la pace, lontano dall'inferno della città
(riferimento a Luces de Bohemia di Valle Inclan).

Molte volte si è cercato di dare un significato a questo romanzo: Buckley Ramon dirà che l'argomento tutto
del romanzo è la storia di un uomo che voleva essere un uomo di scienza ma che semplicemente fallì. In
realtà Pedro che all'inizio si mostra come un uomo retto, un ricercatore che mai scenderebbe a
compromessi poi in realtà pur di portare avanti la sua ricerca accetterà i traffici illeciti di Amador.
Jorge Riezu invece dirà che una delle caratteristiche di questo romanzo sono i personaggi, incluso il
protagonista stesso, sono gravati e marcati da caratteristiche psicologiche che sfiorano l' anormalità e sono
quindi il risultato di un determinismo biopsichico e socio-ambientale, soffermandosi anche l'ambiente
familiare, come la famiglia del Muecas perché è proprio la rappresentazione antidealista del concetto di
famiglia ideale (la Familia de Pascual Duarte, la famiglia in Nada o anche la famiglia in Los Abel).

Analisi del romanzo:


romanzo a tematica sociale. Attraverso la rappresentazione della vita e delle vicende del protagonista Pedro
Martin che si svolgono nella Madrid degli anni ’40, Martin Santos cerca di rappresentare la società dei suoi
tempi, soprattutto la grande desolazione che affliggeva la Spagna. Pedro e Madrid sono metafore della
Spagna: l’abulia di Pedro, la sua incapacità di reagire, di far fronte alle ingiustizie sono il riflesso una
Spagna depressa, che non ha saputo resistere alla violenza del fascismo, che è soggiogata da un governo
dittatoriale e che non si ribella. Anche il tema del cancro, su cui il protagonista sta facendo degli studi, deve
essere letto non solo in chiave scientifica ma anche com euna metafora dei mali che affliggono la Spagna, di
una crisi economica e sociale che tra le tante cose ha portato anche ad un ritardo scientifico x la penuria dei
fondi stanziati x la ricerca. C’è quindi anche una critica al mondo della scienza che pensa di poter andare
avanti senza l’impegno di risorse.
Il romanzo è articolato in 63 sequenze, con degli stacchi tipografici tra l'una e l'altra, suddivise in 5 micro
sequenze:
- la prima è di apertura, a cui appartiene il primo monologo, che fa luce sul protagonista, le sue
circostanze presentandone il tempo e lo spazio e tanti altri micro spazi, gli ambienti che il
protagonista frequenta come il laboratorio nel quale lavora, la pensione dove vive, le chabolas
ovvero le baracche della periferia suburbana di Madrid. 
- la quinta sequenza c'è lo scioglimento della situazione narrativa, la vicenda giunge a risoluzione.
Pedro viene mandato via dal laboratorio, Cartucho uccide Dorita x vendicarsi, Pedro si ritira a fare il
medico condotto in provincia.
- Le sequenze 2, 3, 4 costituiscono il cuore della narrazione, abbiamo l'intreccio che avviene sempre
quando il protagonista si trova di fronte ad un ostacolo: in realtà il primo ostacolo è la mancanza di
cavie ma poi diventa ancora più grande quando viene accusato dal Muecas e da Amador di aver
provocato l’aborto di Florita. Questa parte del romanzo è tutta articolata sull'incapacità di Pedro di
difendersi, sul suo autoaccusarsi anche se non lo è, su questo personaggio sopraffatto, soccombente,
incapace di reagire, che si lascia andare fino a dichiararsi colpevole di un omicidio che non ha
commesso.
Presenta una tecnica narrativa mista: ci sono monologhi interiori e una narrazione onnisciente in cui a volte
si fa fatica a stabilire se sia la voce di Pedro o dell’autore ma siccome c’è un transfer dall’autore al
personaggio non sarebbe errato attribuire quelle riflessioni a Pedro anche se la voce dell’autore è un po’
diversa perché è una voce più critica e severa nei giudizi, c’è quell’in più critico, voce che fa percepire una
coscienza più matura.
In tutto abbiamo una decina di monologhi:
- Pedro pronuncia 4 monologhi (sequenza 1, 46, 62, 63). La sua voce è quella che prevale perché è
protagonista.
- Padrona della pensione, madre di Dorita ( sequenza 4, 17, 22).
- Cartucho, gaglioffo innamorato di Florita e che poi uccide Dorita per vendicarsi (sequenza 9, 25).
- Sequenza 41 abbiamo una serie di personaggi monologanti che sono Matias, Amador, Cartucho e il
poliziotto.
Quindi è un romanzo certamente polifonico perché tante voci, tanti registri e anche vari punti di vista.

La grande novità di questo romanzo ritenuto di difficile accesso è la presenza del monologo interiore, il fatto
che fin dall'inizio l'opera si propone come un esercizio in chiave ispanica del monologo interiore. In una
intervista, di Janet Winecoff Diaz, Martin Santos dichiara esplicitamente infatti che il suo scrittore preferito
è decisamente Joyce con l’Ulisse, oltre a una serie di altri titoli che sono i classici della letteratura mondiale
come il Quijote di Cervantes, il rosso e il nero di Stendhal, La ricerca del tempo perduto di Proust, eccetera,
e nello stesso Tiempo de silencio, sequenza numero 13 dichiara l'importanza di questo capolavoro perché
l'Ulisse viene proposto come strumento e quindi come una modalità di narrativa e di linguaggio utile per
rappresentare l'atolladero, una sorta di confusione e complessità totale.
C'è anche un articolo di Luis Alberto Lázaro y Marisol Morales Ladrón intitolato Técnicas narrativas en
James Joyce y Luis Martín Santos: estudio comparativo in cui ci si interroga molto su se è possibile definire
la tecnica impiegata in Tiempo de silencio come stream of consciuosness, monologo interiore o
monodialogo. L'ultimo è sicuramente da escludere ma è difficile dare una risposta perché queste due
tecniche che non vengono considerate sinonime però hanno elementi comuni. Stream of consciousness che
si dice che non sia una tecnica letteraria comunque rappresenterebbe il flusso ininterrotto di pensieri consci
e inconsci rappresentato ad esempio da devianze grammaticali, da associazioni libere di idee, con una
grande enfatizzazione dei processi mentali  quindi qui quello che risalta soprattutto una sostanziale
incoerenza del discorso al limite della comprensibilità perché questa incoerenza sta a livello simbolico a fare
riferimento all'atolladero parola usata da Martin Santos x rappresentare l'incoerenza del soggetto cosciente
nella sua interpretazione del mondo. Il monologo interiore invece in una scala di comprensibilità è
certamente a un gradino più accessibile perchè registra certamente percezioni personali e psichiche ma più
declinate in chiave di pensieri, ricordi, coscienti ed incoscienti però tutto a un livello meno confuso quindi
in questo senso in Tiempo de silencio ciò che prevale è sicuramente più questa tecnica  anche se poi
quello che prevarrà in Spagna è la tecnica del mono-dialogo in cui abbiamo un soggetto che parla
liberamente a un tu che non risponde.

Questo romanzo, che rappresenta una svolta nella narrativa che rompre con quella del realismo, è sempre
stato considerato un romanzo di difficile accesso, non certamente popolare come lo era invece l’opera di
Gaite, un romanzo non adatto a tutti. Questo perché presente una struttura difficile e un linguaggio ostico:
- abbondante uso di tecnicismi, linguaggio settoriale, specialistico. Tecnicismi a volte inevitabili come
il termine lipidi che non può essere detto diversamente, in altri casi invece no perché ad esempio
oligofreniche è una parola che indica persone affette da una malattia mentale e quindi in un caso e
nell'altro c'è sempre una ricerca intenzionale di difficoltà.
- latinismi, dei modi di dire, di fraseologie derivate dal latino che potrebbero essere fonte di difficoltà
come: a Toledo ortae che si riferisce alle figlie del Muecas x dire nate a Toledo, ex profeso, parva (per
poca).
- Presenza di neologismi aggettivali: menopáusicas damas x indicare donne che sono entrate in
menopausa; rubias mideleuésticas (ragazze del Middlewest) con un adattamento alla sintassi
inglese.
- stranierismi: betrogene, part. passato. da betrügen (ingannate), crossing over.
- Perifrasi lessicali sul modello nativo ispanico che possono compromettere la lettura proprio perché
difficili nella comprensione: il guiderdone nordico = il premio Nobel.
- processo di de-automatizzazione linguistica  tecnica barocca in cui lo scrittore prende delle frasi
fatte e non le usa così come si sono fossilizzate nella lingua ma le riattualizza creano un effetto
sorpresa o disattende le aspettative, quindi abbiamo una alterazione di fraseologia. ad esempio la
famosa frase di Enrico IV "Parigi val bene una messa" lo diciamo nel momento in cui facciamo un
sacrificio perché c'è qualcosa che vale di più del sacrificio che ci comporta, ma in Tiempo de silencio
abbiamo la frase "Ordina al Ministro competente, digli che la ricerca, oh Amador, la ricerca val bene
un topo" (pagina 8) quindi c'è anche un atteggiamento iconoclasta anche rispetto alla religione.
- Riferimenti intertestuali, culturali, rimandi a nozioni di vario genere: il primo riferimento
intertestuale è su Santiago Ramón y Cajal, grande scienziato del mondo scientifico spagnolo,
definito nel testo come l’uomo con la barba che liberò il popolo iberico dalla sua inferiorità
scientifica perché lui infatti vinse il premio Nobel x i suoi studi sul sistema nervoso lui quindi
paragona questa eccellenza alla carenza invece di uomini di scienza di quegli anni ’60.
Poi c'è una successiva riflessione sui fiumi, sulla penisola arida e su certe caratteristiche della
genetica peninsulare relative anche all'alimentazione questa volta fa riferimento a un altro grande
pensatore Joaquín Costa politico e rappresentate del regenerazionismo che nei suoi tentativi di
rigenerare la società spagnola aveva indicato due vie: una politica alimentare e una politica
scolastica. Su quella alimentare Costa aveva scritto un saggio fondamentale dicendo che la civiltà
spagnola era assetata di acqua e quindi finché l'acqua non avesse dissetato i suoi abitanti nessuna
politica economica e tanto meno culturale avrebbe potuto risollevare il paese. Parla anche di
un'alimentazione scarsa, povera a confronto con la società americana, quindi uomini e animali
alimentati male.
ANA MARIA MATUTE

Nacque nel 1926 e come Carmen Laforet è una scrittrice precoce che inizia fin da subito a scrivere, già nella
prima decade del dopoguerra quando lei era poco più che adolescente e l’esperienza della guerra civile
caratterizza molte delle sue opere, la guerra fu per lei un lutto e un dolore interminabile, anche se questo
tema viene approfondito e interpretato da lei non nella sua accezione politica ma in quella più umana ma
sempre con uno stile piuttosto neorealista. Infatti a parte il suo primo romanzo “Pequeno teatro” che non
venne pubblicato fino al 1954 in cui narra i primi giorni della caduta di Madrid, le opere successive
rientrano fra le testimonianze di quel tempo infelice  Los Abel capolavoro con cui vinse il premio Nadal
nel 1947 è considerato come un’allegoria della guerra civile in cui ripropone l’episodio biblico di Caino e
Abele e anche il romanzo En esta tierra che venne ripubblicato a distanza di anni con il titolo Las
Luciernagas in cui rappresenta una Barcellona squassata dalla guerra. Nel 1953 pubblica Fiesta al Noroeste
con cui vince il premio Cafè Gijon un altro romanzo tinto di tragedia che narra la storia di un bambino
travolto e ucciso da un burattinaio mentre lanciava la sua carretta giù per una china e la morte accidentale
del bambino fece riaffiorare ricordi strazianti. Nelle sue opere spesso sono protagonisti i bambini e
l’infanzia, lei eccelle infatti proprio nel rappresentare l’angoscia di chi è indifeso perché ancora privo della
facoltà di giudizio: Los hijos muertos del 1958 romanzo che mostra come la guerra abbia lasciato solo
superstiti alla deriva, anche Primera Memoria del 1960 che fa parte di una trilogia ma può essere letta
anche in forma indipendente in cui mostra i conflitti interiori, emotivi di una adolescente rimasta orfana di
madre e affidata dal padre ad una governante perché lui non poteva occuparsene. Nella sua intensa carriera
ha coperto vari generi, interessandosi anche al genere letterario fantasy, al mondo magico come mostrano i
romanzi Olvidado Rey Gudù del 1996 e Aranmanoth del 2000.

LOS ABEL

Questo romanzo segna il debutto editoriale di Ana Maria Matute, pubblicato nel 1948 con cui vinse anche il
premio Nadal l’anno precedente, 1947, anche se la sua prima esperienza di scrittura fu “Pequeno teatro”.
Può essere considerato come un’allegoria della guerra civile che fa da sfondo alla storia ma non viene
rappresentata per portare alla luce eventi storici, fatti di sangue eccetera ma per mettere in risalto la
vicenda umana in quella prospettiva tragica.

Il romanzo presenta due livelli di narrazione, entrambi omodiegetici che raccontano la storia dal loro
proprio punto di vista, l’io narrante tende a confondersi con l’io personaggio e quindi non ci viene detto
nulla su programmi, cambiamenti, anticipazioni, è esclusa ogni possibilità di futuro: nei primi cinque
capitoli abbiano un narratore-personaggio anonimo che non è un personaggio principale della storia che
racconta il suo primo incontro con gli Abel quando era piccolo e poi da adulto ritornò in quei luoghi x
stabilirsi nella casa degli Abel da tempo abbandonata dai proprietari e proprio qui trova un diario scritto dal
secondo narratore che è Valba Abel, diario in cui racconta tutta la storia della sua famiglia Abel famiglia
formata da 7 fratelli e il padre, la madre invece morì e fu il padre a prendersi tutta la responsabilità di
mantenere la famiglia con la sua attività di lavoratore di terra, tradizione che i figli, ad eccezione del
maggiore, non sono disposti a seguire anzi vorrebbero abbandonare la vita di campagna e trasferirsi in città
per migliorare le loro condizioni di vita  infatti ci saranno nel romanzo tante partenze e ritorni, ad
esempio torna Juan ma parte Tavi, poi partono Tito e Gus e ritorna Tavi che successivamente riparte 
anche Valba ad un certo punto si allontana e anche Aldo ma tutti poi faranno ritorno  lei inizia questo
racconto all’età di quattordici anni, periodo cruciale della vita della ragazza perché è la fase in cui ci si sente
ancora adolescenti ma si è anche alle soglie della maturità infatti lei seppur giovane dopo la morte della
madre dovette tornare a casa x occuparsi della casa e dei fratelli nonostante loro non la trattino bene. Il
racconto termina con una tragedia familiare di cui lei è testimone ovvero la morte di uno dei fratelli per
mano del primogenito l’invidia, la gelosia e il voler far prevalere i propri interessi porta al litigio tra due
fratelli, Aldo e Tito, che termina con la morte di quest’ultimo.

Attraverso la storia di questa famiglia Maria Matute cerca di rappresentare la condizione sociale della
Spagna del dopoguerra in cui la vita delle persone comuni era marcata dalla desolazione, povertà, miseria
quindi gente che non ha risorse x vivere una vita normale e che non ha nulla x cui lottare, condizione in cui
c’era proprio un senso di indeterminatezza e questo stato di desolazione si riflette anche negli ambienti, ad
esempio la casa degli Abel certamente non è bella, accogliente anzi ha un aspetto sinistro, situata in un
luogo terribile, ai piedi di un dirupo quindi anche costantemente minacciato dalle forze imprevedibili della
natura, è situata in campagna lontana dalla città e già questo è indice di marginalità. Ci viene detto ad
esempio che il padre ha sempre voluto che i suoi figli mostrassero interesse per la religione quindi quando
erano piccoli li portava spesso alla chiesa del villaggio con l'intenzione di addestrarli come buoni cristiani
ma anche la casa di Dio era un luogo disgraziato, che prese fuoco e bruciò radendola al suolo. Matute cerca
di trasmette l’immagine desolante, i problemi che la guerra ha prodotto soprattutto nelle coscienze delle
persone
Uno dei principali temi che emerge è il senso di incertezza, di indeterminatezza i personaggi mostrano
l'angoscia per la vita, come se niente avesse senso, ed è tutto un susseguirsi di disgrazie. Nessun
personaggio è felice davvero, anche se cercano di esserlo in qualche modo proprio perché non riescono a
costruirsi una via certa, una strada sicura come ad esempio Valba, il personaggio principale Valba è senza
certezze, ambizioni, progetti, non ha chiarezza sul proprio futuro e come lei stessa ammette emerge la sua
ignoranza sulle cose del mondo, sull’avvenire anche sulle questioni di famiglia. Dice infatti di non sapere
cosa desiderava e cosa cercava nella vita  il suo rapporto con il mondo è costantemente indefinito, per lei
l’aporia è l’unica esperienza possibile. Valba prova a seguire le indicazioni del padre di trovare cioè una
propria vocazione per entrare a far parte della società del mondo degli adulti ma la percezione più forte e
più frequente che ha di se stessa è solo un senso di dispersione della sua identità e di incertezza nelle
azioni. In questa famiglia infatti, a parte Aldo il primogenito che si occupa della gestione delle proprietà di
famiglia, tutti gli altri fratelli non hanno un’attività definita, non lavorano, non studiano e il loro
sostentamento è garantito solo dalla rendita dell’attività familiare alla quale però non si dedicano.
In Valba questa indeterminatezza riguarda anche il rapporto che instaura con la propria immagine riflessa
nello specchio, immagine che non apprezza proprio per questo senso di incompiutezza che cerca di colmare
identificandosi negli altri, cercando nei volti degli altri, come nei volti dei fratelli, tratti in cui potersi
riconoscere perché non riesce ad affermarsi nel mondo e non riesce nemmeno ad affermare una sua
identità. Ad esempio il fratello che più di tutti ammira è Tito perché è capace di suscitare entusiasmi, è un
ragazzo che esprime una felicità ingenua, spontanea ed innocente cosa in cui lei non riesce infatti quando
Tito muore sotto i colpi del fucile di Aldo, lei si bagna il viso col suo sangue come se volesse assorbire quella
sua felicità anche un po’ follia spensierata, quella leggerezza che lei non aveva.
È proprio da questo permanente stato di incertezza, dall’ambiguità, dall’angoscia del non sapere e dalla
percezione dell’ineluttabile che nasce l’aspetto tragico del romanzo perché ti porta a vivere nella polarità,
nel continuo dissidio tra vita e morte, libertà e destino, colpa ed espiazione, felicità e sofferenza. Ad esempio
la tragicità dell’omicidio di Tito non sta nel fatto in sé ma piuttosto nel fatto che ad esempio Valba è
contemporaneamente sorella dell’omicida e dell’ucciso quindi x lei sarà impossibile schierarsi o stabilire
una colpevolezza qui tutti saranno infatti innocenti ma tutti saranno anche egualmente colpevoli per aver
contribuito al fratricidio.
Il tragico quindi è qualcosa di inevitabile anche se fin dall’inizio ci sono segnali che annunciano la
catastrofe e Valba lo intuisce che prima o poi la sciagura si abbatterà sulla sua famiglia non può fare nulla x
evitarlo perché non può sapere quando ne può prevedere come succederà e questo perché il tragico fa parte
di un ciclo che si ripete però opporsi a questo destino accresce ancora di più il tragico che interviene proprio
nel momento in cui il desiderio di autoaffermazione, le pretese individuali si mettono in contrasto con lo
svolgimento del ciclo vita/morte ad esempio le azioni vessatorie di Aldo che portano all’infermità fisica di
Juan, il fatto che Tito rimane inerte quando Gus viene pestato a sangue, il disprezzo che Aldo esprime nei
confronti dei fratelli, il fatto che Valba dimentica la sorellina più piccola in collegio durante le vacanze
natalizie e poi la abbandona in un albergo nella notte di capodanno sono tutti episodi premonitori che
conducono alla tragedia finale.

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