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13) Niebla e tutte le sue caratteristiche.

In Niebla, prima e vera nivola di Unamuno, riconosciamo subito la presenza di un paratesto


complementare: il prologo e il post-prologo corrispondono alla prima data di pubblicazione
dell’opera, nel 1914, e il post-prologo alla seconda ripubblicazione, nel 1935. Il prologo è
firmato da Victor Goti, amico sia di Augusto Perez che di Unamuno: il prologhista quindi è
allo stesso tempo sia una figura fittizia che una persona ben collocata nella realtà dei fatti.
Nel prologo viene subito descritta quale sarà l’azione principe di tutta l’opera, ovvero quella
di narrare la vita dell’inetto Augusto Perez, e riflette anche sul perché Unamuno gli abbia
affidato un compito così importante, quando Goti in realtà non è che un semplice uomo:
inoltre proprio Victor Goti è il fondatore del termine ‘nivola’, che enuncia l’inizio di un nuovo
tipo di novella che scardina del tutto le caratteristiche del tipo romanzo precedente. Già dalle
prime righe risulta evidente quale sia il tema centrale di tutta l’opera, ovvero narrare la storia
di Augusto Perez, la voglia di fare finalmente qualcosa e raggiungere uno scopo nella sua
vita, ma finirà tragicamente poiché il protagonista non è in grado di sopportare la vitalità
manifestatasi in lui, finendo tragicamente per uccidersi.
In Niebla il narratore è anche autore e personaggio: grazie a questa coincidenza, nella
nivola si vede benissimo questa duplicità. L’autore della seconda narrazione è il personaggio
della prima, il racconto fittizio quindi è ciò che avviene in un secondo livello, e il primo livello
della narrazione si identifica con il piano reale. Questa dualità si vede molto bene nel
capitolo XXX, quando Augusto va a Salamanca a far visita a Miguel de Unamuno, che gli
impedisce di suicidarsi nonostante il suo personaggio glielo avesse chiesto. Questa azione
particolare conferisce ad Unamuno il titolo di narratore intradiegetico, entra in un universo
‘fittizio’ rendendosi però personaggio.
Il protagonista dell’opera è Augusto Perez, un uomo riflessivo che passa le sue giornate a
fare lunghe passeggiate senza una meta precisa. La visione della vita di Augusto è prendere
gli eventi così come arrivano, filosofeggiando su essi senza però fare effettivamente
qualcosa per cambiarli: vi filosofeggia sopra senza fare alcun che. Il protagonista è immerso
nella nebbia della non consistenza spirituale, e per fare qualcosa che possa cambiare,
decide di innamorarsi di una donna che lo deluderà solamente: riflette spesso sul tema
dell’amore, sia con Victor, sposato da più di dieci anni, e col suo cagnolino Orfeo.
L’insuccesso che lo porterà, quasi come una costrizione, ad innamorarsi di Eugenia,
riempirà certo il vuoto della sua vita, ma comunque gli lascerà un’angoscia esistenziale: la
vitalità di amare una donna si manifesta finalmente in Augusto, ma lui non è in grado di
sopportarla: ricorrerà all’aiuto di Unamuno, chiedendogli di togliergli la vita per porre fine alle
sue sofferenze, ma Unamuno gli negherà la morte. Assistiamo, in questo momento, ad un
nucleo fondamentale di tutta la nivola: quando Unamuno nega la morte al suo stesso
personaggio, Augusto insinua il dubbio nella mente di chi lo sta scrivendo, dicendogli che la
realtà che lui sta scrivendo potrebbe essere pura invenzione, e che il sogno di un altro
scrittore potrebbe essere quello di mettere finalmente la parola fine alle sofferenze del
povero Augusto. L’insicurezza del nostro protagonista riflette l’insicurezza stessa di
Unamuno, e la nebbia rappresenta in maniera esplicita le opinioni dell’autore sulla vita: si
vive quando si ama e quando si soffre, ma forse amore e sofferenza sono solo delle
condizioni necessarie affinchè l’uomo rimanga in vita e che alimentano la nostra condizione
d’essere.
Uno dei personaggi fondamentali della narrazione è sicuramente Eugenia Domingo
dell’Arco, la donna di cui Augusto si innamora follemente. È una donna che lavora come
insegnante di pianoforte, nonostante odi la sua professione, per poter ripagare l’ipoteca che
grava sulla sua casa d’infanzia lasciata da suo padre. Ha un carattere forte e dominante che
a quanto pare non è influenzato da nessuno. Fisicamente Unamuno ce la descrive come
una donna minuta, dai capelli neri e molto attraente. Il suo obiettivo è quello di diventare
forte e indipendente, rappresentativa delle donne moderne. Ha una relazione segreta con un
certo Mauricio, ma allo stesso tempo accetta le lusinghe di Augusto solo per poterlo
manipolare e finalmente trovare un lavoro stabile al suo amante. Nonostante i suoi zii le
consiglino di sposare Augusto, Eugenia non ne vuole sapere.
Nell’ultima parte della nivola, troviamo un’orazione funebre che recita Orfeo, il cane di
Augusto, che possiamo considerare il suo unico e vero amico. Orfeo si accorge che il suo
padrone è morto quando, saltando sul letto per mettersi vicino a lui, il suo animo fu ricoperto
da una nube nera. Da questo momento comincia l’orazione di Orfeo, che riflette su una serie
di abitudini umane, e utilizza anche l’ironia per esplicare i vizi degli uomini: pensa che l’uomo
sia uno strano animale, che attraverso la parola sia diventato ipocrita, che indossa vestiti
poiché si vergogna di farsi vedere nudo, che conservano i morti, che sognano e vivono di
illusioni. Avviandosi verso la conclusione, Orfeo torna sul tema della nebbia, dicendo che
morendo porrà fine a tutti i suoi dilemmi, quindi viene purificato dal suo spirito e aspira alla
nebbia dalla quale è sorto e in cui ora sta tornando. Nelle ultime parole, Domingo, uno dei
domestici di casa Perez, pensa che il cane sia morto per la disperazione e per il dolore di
aver perso il suo padrone.
In Niebla, la vita è vista come una tragi-commedia dove il mondo ne è lo scenario: la vita è
l’interpetazione di un ruolo che viene dato al personaggio, a cui lui non può obiettare poiché
è tutto già stabilito. Già in ‘Amor y pedagogia’ Unamuno parte con questa idea, ovvero che il
mondo è un gran teatro in cui tutti recitano la parte che gli è stata assegnata: ogni individuo
pensa di essere libero, ma il suo destino è nelle mani di una superiorità. Questo è lo stesso
rapporto tra uomo ed entità creatrice: l’uomo pensa di essere libero, ma in realtà il suo
destino è nelle mani di chi lo ha creato. Nel gran teatro del mondo, in cui Niebla si inserisce
alla perfezione, il rapporto tra realtà e finzione rispecchia a pieno il periodo storico in cui
Unamuno scrive: il rapporto tra realtà e finzione viene compreso a pieno quando Augusto si
reca dal suo stesso scrittore per chiedergli di farlo morire. Qui comincia a capire che la sua
vita, la sua esistenza e tutto ciò che gli ruota attorno è solamente frutto dell’immaginazione
di colui che lo ha creato, quindi sulla sua vita lui, alla fine dei conti, non ha nessun potere
decisionale. Anche lo stesso autore diventerà personaggio della sua stessa opera, tant’è
che pensa di essere governato da un’entità superiore. Conclude dicendo che tutti gli uomini
vivono una vita prestabilita e che sono governati da un ente superiore. (Pirandello)
Augusto è un personaggio che soffre di abulia: vive e si lascia vivere, prende gli eventi così
come arrivano, e invece di affrontarli, filosofeggia su di essi senza prendere una decisione
vera e propria. La sua abulia è presente già dal primo capitolo, quando esce di casa senza
una meta ben precisa da percorrere.

Capitolo 30: Dopo che Eugenia e Mauricio si sono presi gioco di lui, Augusto si chiude nella
sua stanza e si dispera. Victor, quando va a trovarlo, si stupisce dello stato in cui versa il suo
compagno, consigliandogli di essere la rana di se stesso: gli dice di burlarsi e fare scherzi su
se stesso, così da raggiungere il suo perfetto equilibrio dello spirito. Victor inoltre gli dice che
lui, a differenza sua non sta per diventare padre, quindi l’esercizio di burlarsi di se stesso
deve essere solamente patologico, e non psicologico. Victor, personaggio arguto rispetto ad
Augusto, nel discorso introduce il concetto di esperpento di Valle-Inclàn, mischiando nel
discorso comico e tragico, fino a quando non diventano una cosa sola: non anticipa solo
l’esperpento, ma sottolinea anche l’importanza del dialogo, che non è assolutamente
inferiore all’azione. Augusto dice al suo amico che ha sempre dubitato della sua esistenza,
ma che ora che prova dolore è certo di esistere: Victor insinua il dubbio nella mente del suo
amico, dicendogli che in realtà un nivolista in questo momento potrebbe star leggendo i
propri dialoghi per trarne spunto al fine di narrare una nivola -> a questo punto anche il
lettore arriverà a dubitare della propria esistenza. Victor va via lasciando Augusto con
questo dubbio.

Capitolo 31: Dopo che Victor è andato via, Augusto decide di suicidarsi, ma prima di farlo, va
da Unamuno a Salamanca. Una volta arrivato, Augusto inizia a parlare all’autore prima dei
suoi testi e poi delle sue disgrazie, quando Unamuno lo blocca e gli dice che lui lo conosce
benissimo poiché proprio lui che gli sta parlando è un personaggio della nivola che sta
scrivendo. Infine, gli dice che lui non può suicidarsi dato che è un personaggio inventato:
Augusto però, proprio come aveva fatto Victor, insinua il dubbio nella mente dell’autore,
dicendogli che, trovandosi anche lui nella sua nivola, anch’egli potrebbe essere un
personaggio inventato, citando una frase in cui addirittura sosteneva che Don Quijote e
Sancho Panza fossero più veri di Cervantes che li aveva inventati. Nel corso del capitolo,
Augusto continua a provocare Unamuno, fino a quando l’autore, esasperato, decide di
uccidere il suo personaggio, in modo da toglierli definitivamente il libero arbitrio. Il suicidio di
Augusto però rispecchia la mancanza di coraggio dell’autore di uccidere qualcuno, quindi
decide di farlo suicidare perché lui, effettivamente, non ha il coraggio di ucciderlo. Quando
Unamuno prende la decisione definitiva di ucciderlo, Augusto lo prega di non farlo, ma
Unamuno gli dice subito che ha già scritto il finale, e non si può cambiare.

Capitolo 32: Una volta essere tornato a Madrid, Augusto inizia a dubitare nella sua
esistenza, e pensando quindi di essere immortale, decide di farsi preparare una cena
abbondantissima e mangia tutto senza ritegno. Subito dopo aver finito di mangiare, inizia a
sentirsi male, e chiede a Domingo di farsi portare penna e foglio per scrivere a Unamuno un
telegramma, dicendogli solamente ‘Alla fine ci è riuscito’. Una volta aver scritto poche e
semplici parole, Domingo mette al letto il suo padrone, sussurrandogli all’orecchio delle
preghiere. Da questo momento in poi inizia l’agonia di Augusto. Domingo e Liduvina
decidono di chiamare il medico, ma quando arriva è troppo tardi poiché Augusto è già morto
di indigestione.

Capitolo 33: Unamuno pensa di far resuscitare Agusto, ma lo stesso personaggio gli appare
in sogno dicendogli che, come è già impossibile far resuscitare un uomo, è altresì
impossibile che un personaggio di fantasia lo faccia

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