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Capitolo 30: Dopo che Eugenia e Mauricio si sono presi gioco di lui, Augusto si chiude nella
sua stanza e si dispera. Victor, quando va a trovarlo, si stupisce dello stato in cui versa il suo
compagno, consigliandogli di essere la rana di se stesso: gli dice di burlarsi e fare scherzi su
se stesso, così da raggiungere il suo perfetto equilibrio dello spirito. Victor inoltre gli dice che
lui, a differenza sua non sta per diventare padre, quindi l’esercizio di burlarsi di se stesso
deve essere solamente patologico, e non psicologico. Victor, personaggio arguto rispetto ad
Augusto, nel discorso introduce il concetto di esperpento di Valle-Inclàn, mischiando nel
discorso comico e tragico, fino a quando non diventano una cosa sola: non anticipa solo
l’esperpento, ma sottolinea anche l’importanza del dialogo, che non è assolutamente
inferiore all’azione. Augusto dice al suo amico che ha sempre dubitato della sua esistenza,
ma che ora che prova dolore è certo di esistere: Victor insinua il dubbio nella mente del suo
amico, dicendogli che in realtà un nivolista in questo momento potrebbe star leggendo i
propri dialoghi per trarne spunto al fine di narrare una nivola -> a questo punto anche il
lettore arriverà a dubitare della propria esistenza. Victor va via lasciando Augusto con
questo dubbio.
Capitolo 31: Dopo che Victor è andato via, Augusto decide di suicidarsi, ma prima di farlo, va
da Unamuno a Salamanca. Una volta arrivato, Augusto inizia a parlare all’autore prima dei
suoi testi e poi delle sue disgrazie, quando Unamuno lo blocca e gli dice che lui lo conosce
benissimo poiché proprio lui che gli sta parlando è un personaggio della nivola che sta
scrivendo. Infine, gli dice che lui non può suicidarsi dato che è un personaggio inventato:
Augusto però, proprio come aveva fatto Victor, insinua il dubbio nella mente dell’autore,
dicendogli che, trovandosi anche lui nella sua nivola, anch’egli potrebbe essere un
personaggio inventato, citando una frase in cui addirittura sosteneva che Don Quijote e
Sancho Panza fossero più veri di Cervantes che li aveva inventati. Nel corso del capitolo,
Augusto continua a provocare Unamuno, fino a quando l’autore, esasperato, decide di
uccidere il suo personaggio, in modo da toglierli definitivamente il libero arbitrio. Il suicidio di
Augusto però rispecchia la mancanza di coraggio dell’autore di uccidere qualcuno, quindi
decide di farlo suicidare perché lui, effettivamente, non ha il coraggio di ucciderlo. Quando
Unamuno prende la decisione definitiva di ucciderlo, Augusto lo prega di non farlo, ma
Unamuno gli dice subito che ha già scritto il finale, e non si può cambiare.
Capitolo 32: Una volta essere tornato a Madrid, Augusto inizia a dubitare nella sua
esistenza, e pensando quindi di essere immortale, decide di farsi preparare una cena
abbondantissima e mangia tutto senza ritegno. Subito dopo aver finito di mangiare, inizia a
sentirsi male, e chiede a Domingo di farsi portare penna e foglio per scrivere a Unamuno un
telegramma, dicendogli solamente ‘Alla fine ci è riuscito’. Una volta aver scritto poche e
semplici parole, Domingo mette al letto il suo padrone, sussurrandogli all’orecchio delle
preghiere. Da questo momento in poi inizia l’agonia di Augusto. Domingo e Liduvina
decidono di chiamare il medico, ma quando arriva è troppo tardi poiché Augusto è già morto
di indigestione.
Capitolo 33: Unamuno pensa di far resuscitare Agusto, ma lo stesso personaggio gli appare
in sogno dicendogli che, come è già impossibile far resuscitare un uomo, è altresì
impossibile che un personaggio di fantasia lo faccia