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LA RESTAURAZIONE

La Rivoluzione francese, che ebbe luogo tra il 1789 ed il 1799, fu seguita dall’egemonia
napoleonica, che durò dal 1800 al 1815.
Successivamente al congresso di Vienna, che aveva come fine ultimo ristabilire un equilibrio
europeo fra le varie potenze e riportare al trono i legittimi sovrani per diritto, inizia l’epoca
della Restaurazione.
Durante il congresso di Vienna vengono inoltre ridisegnati i confini europei in modo da
evitare conflitti; per questo viene istituita la Confederazione germanica che comprendeva
parte del Sacro romano impero, la Prussia diventa il principale stato dell’area germanica e
l’Impero asburgico annette i domini italiani.
L’Italia dopo Napoleone eredita un’organizzazione politica sul modello di quella francese, di
fatto sperimenta degli stati sovraregionali (Regno d’Italia, Regno di Napoli), si afferma una
nuova classe dirigente con funzioni politiche e amministrative e si diffondono i principi di
libertà e uguaglianza. La restaurazione tocca anche lo stivale italico portando ad una nuova
frammentazione territoriale e l'egemonia austriaca, insieme ad una continuità di alcune
riforme napoleoniche ed il consolidamento di un nuovo ceto di amministratori ed una
diffusione di ideali di libertà e indipendenza.
Tra il 1820 ed il 1821 in Europa scoppiano vari moti insurrezionali; in Italia ed in Spagna
sono stati facilmente repressi dalle forze della restaurazione, mentre in Grecia sono andati a
buon fine.
In Spagna un gruppo di ufficiali si ribella chiedendo di ripristinare la costituzione di Cadice
del 1812 tornando ad un modello liberale. In Italia nel luglio del 1820 nel Regno delle Due
Sicilie scoppia una rivolta per iniziativa di un gruppo di ufficiali, mentre la Lombardia ed il
Piemonte sono teatro di tentativi fallimentari di insurrezione.
In Grecia, invece, la rivolta scoppiata nel ‘21 contro la dominazione ottomana si conclude
vittoriosamente nel ‘29, diventando un simbolo per tutti i liberali europei.
In America Latina, contrariamente a quanto succede in Europa, tra il 1811 ed il 1828
trionfano le istanze indipendentiste delle colonie ispano-portoghesi.
L’Europa anche negli anni ‘30 è caratterizzata da terremoti insurrezionali con epicentro in
Francia, dove nel 1830 la monarchia reazionaria di Carlo X crolla per dare spazio alla
monarchia di luglio, con a capo il liberale Luigi Filippo d'Orléans.
Il Belgio viene intaccato dalle scosse parigine, ove gli insorti raggiungono l’indipendenza dai
Paesi Bassi.
Oltremanica le riforme dei governi Whig prevengono le rivolte ampliando il suffragio ed i
diritti sociali e politici della classe operaia.
La Polonia, deprivata del supporto europeo rimane vittima del controllo zarista (Russia).
In Italia le èlite carbonare insorgono nel ‘31 a Parma, Modena e Stato pontificio, ma vengono
represse nel sangue.
Nel ‘48 il continente europeo è teatro di nuovi tumulti socio-politici.
In Francia Luigi Filippo d’Orleans viene deposto ed è l’alba della Seconda repubblica; che
porta con sé nuovi provvedimenti che irradiano i lavoratori, ma nell’assemblea costituente i
moderati fanno nuovamente calare la notte.
Contemporaneamente a Vienna viene concessa una costituzione successivamente alla
rivolta, mentre in Ungheria viene duramente repressa.
Negli stati tedeschi la bandiera tedesca non è ancora prossima ad essere issata, causa il
fallimento nella ricerca di un’unità nazionale.
Tra il ‘46 ed il ‘48 le teste coronate italiane concedono riforme e costituzioni. Si pensa che
papa Pio IX, a seguito delle sue riforme, possa ricucire lo stivale. Ferdinando II di Borbone,
nel ‘48, cala una costituzione nel Regno delle Due Sicilie, mentre nel medesimo anno Carlo
Alberto concede lo Statuto albertino in Sardegna.
Le insurrezioni colpiscono anche Venezia e Milano, che assieme alla cacciata degli austriaci
e l’intervento del Piemonte a sostegno dei patrioti sfociano nella prima guerra di
indipendenza.
Ma in e Tommaso animano la Repubblica veneta; gli austriaci fuggono da Milano a seguito
delle cinque giornate; i piemontesi si inginocchiano a Custoza, si rialzano ma cadono
definitivamente a Novara nel ‘49; Pio IX abbandona la città eterna, dove nasce la
Repubblica romana, assediata successivamente dai francesi e costretta alla resa nel ‘49,
mentre il papa restaura il potere temporale.

IL PENSIERO POLITICO OTTOCENTESCO


Nell'ottocento troviamo vari pensieri politici, alcuni più rivoluzionari, mentre altri più
conservatori. Ne sono l’esempio il pensiero reazionario e l’illuminismo; il primo, sviluppato
dopo l’ascesa al trono dei sovrani legittimi, è improntato su una visione religiosa,
conservatrice e gerarchica. Secondo tale pensiero le istituzioni devono essere fondate
sull’ordine naturale, ordine fissato da dio, e le rivoluzioni vengono viste come le
manifestazioni del male, in quanto vanno contro all'idea di società fondata sulla tradizione.
L’illuminismo invece è basato su una visione più laica, progressista ed egualitaria della vita,
di fatto le istituzioni, secondo tale pensiero, debbono essere fondate su un contratto sociale,
che se non viene rispettato da chi sta al potere, rende legittime le rivoluzioni.
Un’altra scuola di pensiero ottocentesca è il pensiero cattolico, che, durante la
restaurazione, vuole porre un’alleanza fra trono e altare, portando allo sviluppo di due
concezioni opposte di cattolicesimo politico: una visione reazionaria e conservatrice che
mira a giustificare l’ordine sociale e politico esistente, e la visione cattolico-liberale che tenta
di conciliare l’ideale cristiano con i diritti individuali.
Il liberalismo si scinde in due pensieri: il liberalismo politico ed il liberalismo economico. Per
la parte politica, di cui Locke è l’esponente, il liberalismo sostiene la presenza di diritti
naturali imprescindibili, la libertà di coscienza, il diritto di resistere alle oppressioni e la
divisione dei poteri, con il fine ultimo di trovare la felicità. Dall’altra parte troviamo Smith, che
con la sua politica economica marca la centralità della produzione, divide il lavoro, sostiene il
libero scambio e pone fiducia nella mano invisibile del mercato; il tutto finalizzato alla ricerca
del benessere.
Il nazionalismo si sviluppa con le rivoluzioni americana e francese ed è un movimento
politico che cerca di unire nazione, stato e popolo tramite un insieme di cittadini la cui
sovranità si esprime nello stato. Questa ideologia fu fatta propria dai ceti borghesi ed
intellettuali dei paesi oppressi e animati da rivendicazioni indipendentiste.
Il pensiero democratico mette al centro la popolazione, sostenendo i principi di libertà e
uguaglianza e dando gli stessi diritti a tutti i cittadini. Questo si basa sulla sovranità popolare
tramite il suffragio universale.
Nell’ottocento troviamo anche anarchici, ovvero coloro che credono in una società senza
stato, in cui ogni individuo è libero dalle istituzioni oppressive che sfruttano i cittadini. Nella
visione utopica dell’anarchismo troviamo il principio di autodeterminazione, secondo il quale
i cittadini dovrebbero essere in grado di autogestirsi senza far sfociare tutto nel caos.
Il marxismo, visione politica di Carl Marx, è basata sull’emancipazione politica e umana e
tocca la vita quotidiana a 360 gradi, partendo dalla filosofia, arrivando alla politica e
passando per l’economia. In tema filosofico il marxismo sostiene che la natura dell’uomo è
essenzialmente storica e sociale, la produzione dei mezzi di sussistenza determina la
coscienza ed il pensiero che separa le idee dalle loro radici è ideologia. In economia, invece,
troviamo un modello di società capitalistica in cui il valore della merce è l’espressione del
lavoro necessario a produrla ed il processo produttivo ha per scopo la valorizzazione del
capitale. Inoltre il profitto deriva dal pluslavoro, ovvero il valore-lavoro fornito dal lavoratore
oltre il suo salario; questo porta il lavoratore ad essere uno strumento, e non il fine della
produzione. In politica l'egemonia della borghesia e lo sviluppo del capitalismo hanno avuto
un significato positivo per il marxismo, il quale afferma che la storia umana è storia delle
lotte di classe e lo sviluppo del capitalismo porta all’impoverimento del proletariato,
rendendolo rivoluzionario.
Altri due pensieri dell’ottocento sono il socialismo ed il comunismo. Il primo battaglia contro
lo sfruttamento degli operai e contro le diseguaglianze sociali e critica la proprietà privata e
la concorrenza, mentre crede nella cooperazione e nel mutualismo. Con il socialismo
vengono effettuate importanti riforme per cambiare i rapporti sociali e il modo di produrre.
Il comunismo, chiamato anche socialismo politico, invece, abolisce la proprietà privata e
statalizza i mezzi di produzione e le risorse naturali, abbatte il regime capitalistico
sostenendo una dittatura del proletariato, mentre fra borghesi e proletari c’è una lotta di
classe.

IL RISORGIMENTO
Tra gli anni venti e trenta, in Italia, primeggiano vari moti insurrezionali che iniziano con
l’insurrezione nel Regno delle Due Sicilie il primo luglio del 1820. Nell’ottobre del medesimo
anno a Milano vengono arrestati i redattori del “Conciliatore”. Nel gennaio del ‘21, al
congresso di Lubiana, il re Ferdinando I chiede l’intervento delle armate della Restaurazione
per sedare il Regno delle Due Sicilie, mentre a marzo si manifesta la ribellione di
Alessandria, Carlo Alberto sale al trono e i liberali al sud vengono sconfitti dall’esercito
austriaco a Rieti. Ad aprile un altro gruppo liberale viene sconfitto a Novara; i liberali
piemontesi. Nel ‘31 troviamo un’insurrezione a Modena e a Bologna a febbraio, 3 mesi dopo
viene effettuata l’esecuzione di Ciro Menotti, colui che era a capo della rivolta modenese e a
luglio vengono represse una nuova insurrezione a Bologna e le legazioni pontificie a opera
dell’esercito austrico.
Nel ‘48 in Italia abbiamo un’importante crisi economica e sociale che porta ad una carestia e
ad una grande diffusione della speculazione. Questo, aggravato anche dalla crisi politica e
dalle rivendicazioni liberali, porta a delle rivolte che sfociano nella conquista delle
costituzioni nei vari stati italiani. Tra il ‘46 e il ‘48, infatti, vari sovrani della penisola
promuovono riforme o concedono costituzioni.
Il liberalismo, che ha come capisaldi la libertà di espressione, la libertà di riunione e
associazione, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, la presenza di una costituzione
de il libero scambio, si scinde in 2 macro gruppi: i liberali, sostenitori della monarchia
costituzionale con il suffragio censitario, la lega doganale e del neoguelfismo, e i
democratici, sostenitori della repubblica, del suffragio universale e credenti nell’iniziativa
popolare e nello stato unitario/federale. Secondo i moderati i sovrani hanno un ruolo
fondamentale; in Italia troviamo questa ideologia nella federazione di stato sotto la guida del
papato.
Il neoguelfismo di Vincenzo Gioberti ha buone prospettive di sviluppo della penisola italiana
grazie alla confederazione di stati presieduta dal papa. Secondo Gioberti il papato
rappresenta l’incarnazione della grandezza storica e dell’unità spirituale del popolo italiano.
Il federalismo di Carlo Cattaneo è un programma né moderato né rivoluzionario che si basa
su una cultura laica e riformista; in Italia lo troviamo nella repubblica federale sul modello
della svizzera, con al centro le funzioni di utilità generale e in periferia le amministrazioni
locali dotate di ampi poteri. Questo porta ad un avanzamento economico e civile, basato
sulla diffusione di un sapere concreto, operativo e tecnico-scientifico.
Secondo il pensiero politico di Mazzini la nazione corrisponde alla libertà. Al centro del suo
pensiero troviamo l’unione tra dio e popolo, dovuta al nazionalismo/patriottismo italiano che
si ispira al pensiero etico-religioso e romantico.
Secondo Mazzini Cavour e Garibaldi avevano un fine comune: l’unità nazionale. Cavour è
un rivoluzionario che non ama il popolo, mentre Garibaldi vuole adottare riforme e crede nel
popolo e lo ama.

L’UNITA’ D’ITALIA
Durante la conquista dell’unità il Piemonte gioca un ruolo fondamentale per la società
durante la seconda guerra di indipendenza, l’armistizio di Villafranca e l’intervento nell’Italia
centrale durante la spedizione dei Mille.
Il 17 marzo del ‘61 ci sarà la proclamazione dell’unificazione del Regno d’Italia.
Durante la terza guerra d'indipendenza nel ‘66 ci furono tensioni fra Austria e Prussia per il
possesso della regione dell'Holstein; regione sottratta alla Danimarca. In questo anno
scoppia dunque il conflitto austro-prussiano, in cui l’Italia si allea con la Prussia ed ottiene il
Veneto, ma rimane senza i territori di Trento e Trieste.
In questo periodo troviamo anche delle discrepanze tra Chiesa e stato, che vedono
protagonisti la destra di Cavour -che, con la sua celebre frase “libera chiesa in libero stato,
sostiene che lo stato dovrebbe essere laico e la chiesa e lo stato dovrebbero essere
separati- e la sinistra che mira a ridurre l’influenza della chiesa nella vita sociale e politica
del paese e afferma che non possono essere riconosciuti dei diritti a coloro che riconoscono
entrambi i poteri (stato e chiesa). D’altra parte troviamo il mondo cattolico che si era diviso
tra transigenti e intransigenti; i transigenti riconoscevano la superiorità del papa ma erano
favorevoli alla conciliazione tra chiesa e stato, mentre gli intransigenti difendevano il potere
temporale del papa.
La questione romana fu una profonda frattura nella giovane Italia che deriva da svariati
fattori… tra il ‘60 e il ‘61 il papa aveva perso potere a causa dell’unificazione contro la sua
volontà, limitando lo Stato pontificio solo al Lazio. Nel ‘64 il “Sillabò” rifiuta l’autonomia del
papato e condanna il socialismo ed il liberalismo. Nel ‘69 il papato risponde con il Concilio
vaticano, che sostiene l’infallibilità del papa, ma, con la breccia di Porta Pia e l’ingresso a
Roma dei bersaglieri italiani nel ‘70, l’Italia viene unificata sotto i Savoia e lo Stato pontificio
viene ridotto alla Città del Vaticano. 4 anni dopo Pio IX ribadisce il “non expedit”, già
affermato nel ‘68, in cui afferma che i cattolici italiani non possono partecipare alla vita
politica del Regno d’Italia.
L’unificazione della pensisola porta però con se dei problemi per la destra cavouriana di
matrice economica, infrastrutturale e socio-economica. Per quanto riguarda i problemi
infrastrutturali le reti di comunicazioni non erano sufficienti, per cui vennero effettuati grandi
investimenti pubblici, che portarono al problema economico del debito pubblico, che implica
un’alta tassazione. Inoltre, sul piano socio-economico, troviamo una lotta al brigantariato,
causato dall’arretratezza delle regioni del Sud e il malcontento sociale.
In quel periodo la destra storica accentrò il potere politico amministrativo tramite una
piemontizzazione ed un accentramento amministrativo. La prima consisteva nell’estensione
a tutti gli stati italiani della legislazione sabauda, la quale conteneva le leggi di unificazione
amministrativa del ‘65, ovvero leggi comunali e provinciali, la legge Casati per il sistema
scolastico, l’ordinamento amministrativo e il codice civile, di commercio e di navigazione. Il
secondo faceva riferimento al modello francese napoleonico e rifiutava la prospettiva
federalista.
Dopo l’unità d’Italia la rete ferroviaria passò da poco più di 2000 km a 8500 km, collegando
le principali città.
In ambito economico, il pareggio di bilancio portò ad un aumento del prelievo fiscale, e con
la politica commerciale liberista ci fu un’apertura alla concorrenza internazionale con dei
trattati tra Francia e Gran Bretagna e la creazione di un mercato interno per lo sviluppo delle
infrastrutture, l’abbattimento dei dazi doganali ed un’unificazione monetaria. Questo portò
effetti sia positivi che negativi; di positivo ci fu un incremento delle esportazioni di prodotti
agricoli e di semilavorati, mentre di negativo, a causa della concorrenza inglese e francese,
ci fu una crisi del settore industriale ed una deindustrializzazione del Mezzogiorno.
Dato che lo stato non fu in grado di amministrare correttamente il sud italia, la popolazione
pose la propria fiducia nei poteri tradizionali dominanti; due esempi possono essere il
sistema fiscale che era più oppressivo di quello borbonico che portò al brigantaggio ed i
sette anni di leva militare obbligatoria che portarono con sé la criminalità organizzata.

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