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Machina

TECNOLOGIA
DELL’ANTICA ROMA
Catalogo a cura di
Marco Galli
Giuseppina Pisani Sartorio

Roma, Museo della Civiltà Romana


23 dicembre 2009 – 5 aprile 2010
Per il sostegno dato all’iniziativa si ringraziano:

Associazione Piazza Duomo

Il Magnifico Rettore dell’Università di Roma

Machina Sapienza
Luigi Frati

TECNOLOGIA Il Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia


Franco Piperno
DELL’ANTICA ROMA COLLABORAZIONE UNIVERSITA’ DEGLI STUDI Testi introduttivi: Giulia Caracciolo (G. C.)
“SAPIENZA”, ROMA Luciana Rita Angeletti Ilaria Fani (I. F.)
Museo della Civiltà Romana Si ringrazia il Laboratorio Formativo ‘Scienza Paolo Braconi Leonardo Radicioni (L. R.)
e Tecnologia nell’antica Roma’ coordinato da Luigi Maria Caliò Lavinia del Basso (L. D. B.)
23 dicembre 2009 – 5 aprile 2010 Marco Galli per la redazione dei testi del Orietta Dora Cordovana Micaela Canopoli (M. C.)
catalogo gli studenti del Corso di Laurea Francesca Diosono (F.D.) Martin Gretscher (M. G.)
triennale in ‘Scienze Archeologiche e Storiche Antonietta Dosi Marina Serena Nuovo* (M.S.N.)
Con il patrocinio del COMUNE DI ROMA ENTI IDEATORI del Mondo Classico e Orientale’, del Corso di Stella Falzone Renata Centola (R. C.)
ASSESSORATO ALLE POLITICHE CULTURALI E DELLA Associazione Piazza Duomo - Spoleto Laurea specialistica in ‘Archeologia e Storia Franco Farinelli Riccardo Montalbano (R. M.)
COMUNICAZIONE Niccolai snc – Firenze del Mondo Antico e dell’Oriente’ Facoltà di Marco Galli (Ma.G.) Riccardo Rudilosso (R. R.)
Ministero degli Affari Esteri SOVRAINTENDENZA AI BENI CULTURALI Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Anna Maria Liberati Samuele Casarin (S. C.)
Mostra a cura di Roma ‘La Sapienza’, e della Scuola di Leonardo Lombardi (L.L.) Sara Trammannone (S. T.)
Sindaco Rita Correnti Specializzazione in Archeologia*. Carla Martini (C.Ma.) Sara Bozza (S. B.)
Giovanni Alemanno Salvatore Martino Serena Guidone (S. G.)
Catalogo a cura di Nell’ambito del Laboratorio Formativo si Giuseppina Pisani Sartorio (G.P.S.) Stefania Ocone* (S. O.)
Assessore Marco Galli ringraziano per la preziosa consulenza e Lorenzo Quilici Silvia Stassi (S. S.)
Umberto Croppi Giuseppina Pisani Sartorio l’assistenza nelle ricerche e nella raccolta del Antonio Tamburrino Vanessa Leggi (V. L.)
Con il contributo di materiale documentario degli studenti i Vincenzo Graffeo (V. G.)
Sovraintendente COMITATO ORGANIZZATIVO Docenti: Schede a cura di: Valentina Purpura* (V. P.)
Umberto Broccoli Rita Correnti Gilda Bartoloni Alessandro Aruta (Al. A.)
Gabriele Niccolai Patrizia Calabria (P.C.) Sergio Castronuovo (S.C.) Si ringrazia inoltre:
Servizio Comunicazione e Relazioni Esterne Luigi Rizzo Orietta Dora Cordovana Paola Ciancio Rossetto (P.C.R.) Francesco D’Andria
Renata Piccininni, Responsabile Luigi Maria Caliò Marina Ciceroni (Ma. C.) Frabricia Fauquet
Teresa Franco COMITATO TECNICO-SCIENTIFICO
Stella Falzone Marianna Crispino (M.Cr.) Jane Fepfer
Orietta Dora Cordovana Cairoli Fulvio Giuliani Flavio Enei (F.E.) Philippe Leveau
U.O. Intersettoriale Programmazione Grandi Marco Galli Luisa Migliorati Raffaele Percivalli (R.P.) Antonio Varone
Eventi - Mostre - Gestione del territorio - Patrizio Pensabene Clementina Panella (C.P.) Valeria Valerio (V.V.)
Restauri Giuseppina Pisani Sartorio Patrizio Pensabene (P.P.)
Patrizia Cavalieri, Dirigente Lucrezia Ungaro Alessandra Ten Australasia Pty Ltd
Schede del Laboratorio:
Servizio Mostre e Attività Espositive e Culturali IMMAGINE MOSTRA
Alessandro Coticelli (A.C.)
Ministero dell’Università e Si ringraziano per la collaborazione al Laboratorio: Alessandro Ferri (A. F.) Crediti fotografici:
la Ricerca Scientifica Federica Pirani, Responsabile Patrizia Boglione
Monica Casini Filippo Carlà (F.C.) Andrea Grazian (A.G.) Riproduzioni fotografiche dalle collezioni
(legge 6/2000 Progetti Annuali) Antonio F. Ferrantes (A.F.F.) Alessio Innocenti (A. I.)
FOTOGRAFIE ORIGINALI E GRAFICI su concessione della Sovraintendenza
Direttore Area Musei Federica Giansanti Enrico Gallocchio Antonello Siano (A. S.) ai Beni Culturali del Comune di Roma;
U.O. Musei Archeologici e d’Arte Antica Marco Grossi (Produzioni grafiche in Autocad) Tommaso Ismaelli (T.I.) Antonio Alfano* (A. A.) La Provincia di Roma – Servizio VI per
Claudio Parisi Presicce, Dirigente Simone Pastor (S.P.) Alessandro Blanco (A. B.) l’autorizzazione alla pubblicazione delle
Carla Martini MODELLAZIONE 3D e ANIMAZIONE Giorgio Rizzo (G.R.) Adalberto Ottati (A. O.) immagini della domus sotto Palazzo Valentini;
Henrique Rossi Zambotti Arianna Villani (A. V.) La pubblicazione delle immagini del Museo
Servizio V Sistema Museale dei Fori Imperiali, Mirko Marini Si ringraziano inoltre: Arianna Zappelloni Pavia (A. Z. P.) Nazionale Romano a Palazzo Massimo sono
Museo Civiltà Romana, Coordinamento L’Università “Sapienza” per il prestito di alcuni Cecilia Bongarzone (C. B.) state autorizzate dal Ministero dei Beni e
Progetti Multimediali e Progetti Europei, UFFICIO STAMPA reperti: Clara di Fazio (C. d. F.) Attività Culturali, Soprintendenza museale per
Servizio Civile Fabio Fantoni gli inediti del Dipartimento di Scienze Storiche Cladia Grillo (C.G.) i Beni Archeologici di Roma;
Lucrezia Ungaro, Responsabile e Archeologiche dell’Antichità Davide Scarpa (D. S.) La pubblicazione delle immagini della Casa
Antonio Di Tanna PROGETTO DI ALLESTIMENTO alcuni reperti della Coll. Pazzini del Museo Davide Iacono (D. I.) dei Pittori, scavi di Pompei, sono state
Anna Maria Liberati Studio di Architettura Marini - Bozzoni della Medicina Danilo Vitelli (D. V.) autorizzate dal Ministero dei Beni e Attività
Maria Gabriella Lilli Il Museo del Mare e della Navigazione antica Elena Scrugli (El. S.) Culturali, Soprintendenza Speciale per i Beni
Antonio Insalaco ESECUZIONE ALLESTIMENTI di S.Severa (RM) per il prestito della pompa di Elena Silvestro (E.S.) Archeologici di Napoli e Pompei;
Clotilde D’Amato Publi2m di Marcello Moroni - Spoleto sentina Fabiana Carosi (F.C.) Didier Culot del Museo Gaumais.
Claudio Mocchegiani Carpano per il prestito Francesca Balducchi (F. B.)
dei modelli ricostruiti di due navi (oneraria e Flavia Lollobattista (F. L.)
CON LA COLLABORAZIONE DI caudicaria) Francesca Guiducci (F. G.)
Filippo Benato per il prestito della Flavia Piarulli (F. P.)
Tabula Peutingeriana Giovanna Patti (G. P.)

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Ha un titolo emblematico la mostra che inaugura al Museo della Civiltà Romana:
“Machina. Tecnologia dell’antica Roma”. Il termine “Machina”, di etimologia latina,
esprime in senso figurato lo “strumento per fare o compiere”; “Tecnologia” invece,
di origine greca, esprime il saper fare con l’applicazione delle scienze fisiche
alle arti e mestieri.
Ecco che in mostra si trova l’eccellenza delle scoperte tecnologiche:
strumenti fatti per le arti e i mestieri, prodotti dagli antichi Romani e dalle popolazioni
italiche e provinciali che all’epoca del dominio di Roma vi hanno concorso.
Il primato scientifico-tecnologico raggiunto viene esaltato attraverso la storia
dell’ingegneria civile, idraulica, militare, artistica e manifatturiera.
Il percorso espositivo si offre come spunto di riflessione sul passato, per arrivare
al presente e proiettarsi nel futuro, osando e valorizzando il manufatto:
cento esempi di tecnologia suddivisi in reperti archeologici, ricostruzioni virtuali,
macchine, meccanismi e opere in scala costruite ex-novo su studi di reperti e
testimonianze fin qui pervenute.
Rivolte anche alle industrie tecnologiche, affinché riscoprano le proprie radici culturali e,
attraverso una valorizzazione culturale, le macchine costruite ex-novo sono esposte
per essere toccate e fatte funzionare perché il principio tecnologico di funzionamento
deve essere chiaro e semplice.
Una mostra interattiva ma anche didattica e scientifica che ha coinvolto
grandi studiosi e studenti dell’antichità e ha interessato i tecnici moderni con i
procedimenti impiegati per razionalizzare, migliorare i cicli produttivi
in qualunque settore dell’attività umana.

Umberto Croppi
Assessore alle Politiche Culturali
e della Comunicazione del Comune di Roma
Viviamo tutti nell’evo moderno della specializzazione e del progresso e tutti possiamo Comunicare a distanza è stata un’esigenza reale. Riusciamo a comprendere
comunicare con tutti in tempi reali. l’importanza di comunicare a distanza solamente quando non ci riusciamo più.
Nessuno potrebbe immaginare una vita senza telefono cellulare e non essere in grado Un telefono cellulare senza segnale oggi ci può gettare nell’angoscia;
di utilizzare i sistemi moderni di comunicazione può rivelare una pericolosa trovarsi in campagna con la macchina guasta può diventare una tragedia.
arretratezza tecnologico-culturale. Mentre l’impossibilità di comunicare nel mondo antico era un dato di fatto.
Oggi ci sembra impossibile immaginare un mondo senza la possibilità di comunicare Per cui la ricerca tecnologica sul modo di comunicare è antica almeno quanto l’uomo.
in tempo reale. Eppure è fatto recente. Polibio nel II secolo avanti Cristo teorizza sull’uso dei falò per comunicare notizie
8 giugno del 1959, un lunedì, la radio dà la notizia: da quel giorno sarà possibile a distanza nel corso di una guerra.
telefonare in teleselezione. Nasce quindi la teleselezione. In quell’Italia del telefono “È chiaro a tutti in ogni questione, e specialmente nel caso della guerra, che la capacità
liberalizzato, sta per arrivare il boom. Il 25 maggio di quell’anno il Daily Mail di agire al momento giusto è determinante per l’ esito di un’ impresa, e i segnali
(da Londra) faceva piovere giudizi lusinghieri sulla nostra economia “L’Italia costituisce col fuoco sono i più efficienti tra tutti gli accorgimenti che ci aiutano a fare questo...”
uno dei miracoli economici del continente europeo”. Quell’Italia della teleselezione È circostanza nota: per fare meglio del male, si elaborano macchine complesse,
pretendeva anche il frigorifero e la lavatrice, visto che in quell’ anno le loro vendite frutto della ricerca scientifica. Per cui:
aumentano quasi del 50%. Quell’Italia della teleselezione aveva a disposizione ore “Ora in passato, dato che i segnali col fuoco erano semplici falò, non potevano servire
se non giorni, per comunicare. Cinque ore di attesa per comunicare con Londra, oltre un certo limite coloro che ne facevano uso. Infatti essi avrebbero potuto
prenotando la chiamata. Tre giorni per parlare con Teheran, sempre prenotando essere utilizzati sulla base di segnali stabiliti in precedenza, e poiché il numero
la chiamata. Quell’Italia della teleselezione è incomprensibile, oggi per noi appendici degli eventi possibili è indeterminato, la maggior parte di essi sfuggivano la possibilità
umane del telefono cellulare che, però, ci permette di parlare subito con Teheran. di essere comunicati col fuoco...Poiché è davvero impossibile possedere un codice
Appendici umane, alla ricerca spasmodica della comunicazione ad ogni costo. prestabilito per cose che non vi era modo di prevedere”.
Nel 1959 pochi comunicavano e in molti parlavano per strada, fra loro. Oggi i figli della È un’osservazione fin troppo chiara. Il segnale di fuoco può voler dire tutto e niente
comunicazione globalizzata, comunicano sempre di più e parlano sempre di meno. al tempo stesso. È necessario perfezionare un sistema che permetta
Quell’Italia della teleselezione assomigliava di più al mondo antico quando i nostri una comunicazione chiara. E il sistema c’é.
antenati comunicavano via lettera; i nostri antenati che aspettavano per giorni le novità La soluzione si trova combinando il fuoco con le lettere dell’alfabeto e pressappoco
da un’ altra città; i nostri antenati che non erano poi così sicuri di far arrivare era questo il risultato.
le loro parole a destinazione e talvolta si preferiva affidare i messaggi alla gente. Dobbiamo immaginare il territorio coperto da stazioni ricetrasmittenti.
La parola trasmessa di bocca in bocca poteva arrivare prima di ogni altro mezzo di Normalmente erano piccole torri sulle quali erano accesi i falò. Chi trasmetteva
comunicazione, correndo semplicemente il rischio di essere deformata strada facendo. e chi riceveva aveva nelle mani una tavoletta sulla quale le lettere dell’alfabeto erano
Verba volant, scripta manent sentenziavano gli antichi con un detto diventato proverbiale. suddivise in colonne e ognuna di esse occupava uno spazio determinato.
Ma per noi oggi ha un significato diverso: le parole dette volano via e le parole scritte Chi voleva comunicare poteva accendere un fuoco a destra, al centro o a sinistra
rimangono sempre, dando alle parole scritte una preminenza sulle parole dette. sul tetto della torre: questo avrebbe indicato in quale zona della tavoletta si doveva
Ma nel mondo antico non era esattamente così: le parole scritte rimangono e stanno cercare la lettera. In seguito il fuoco si accendeva e si spegneva seguendo
ferme, mentre le parole dette volano e possono arrivare ovunque. Nel mondo antico, una numerazione che corrispondeva al numero della casella dove cercare la lettera.
la parola detta ha una forza superiore: la comunicazione è affidata alla parola detta, Certamente non era un sistema rapidissimo e in più di una occasione il nemico
alla parola che passa di bocca in bocca e crea la fama. Un uomo importante deve sarà riuscito ad arrivare prima della fine del messaggio.
il suo successo alle parole che volano lontane; la carta scritta tuttalpiù Ma praticamente è sopravvissuto più o meno inalterato nel tempo,
potrà conservare il suo nome impolverato. ispirazione indiretta per Samuel B. Morse, il padre del telegrafo moderno.
Gli antichi avevano visto lontano un paio di millenni or sono. Avevano saltato
d’un colpo tutto il periodo della cultura scritta tramandata grazie agli amanuensi Umberto Broccoli
o divulgata con la stampa. Avevano saltato d’un colpo i millenni della carta stampata Sovraintendente ai Beni Culturali
per arrivare al secolo della parola detta via etere e diventata all’istante parola eterea del Comune di Roma
e divina. Volano parole nel secolo della televisione. Volano parole e consacrano miti
fondati su parole strillate che passano da antenna in antenna. Miti fondati sulla parola
o più spesso costruiti sulla parolaccia.
Proporre un tipo di cultura che possa coniugare ricerca e rigore scientifico, creatività e arricchimento. Il suo insegnamento più grande è stato nella positività delle azioni e
divertimento è la massima realizzazione per l’associazione Piazza Duomo che ha fatto delle proposte. Senza di lei non saremmo arrivati a tale completezza. E grazie a lei
di questa azione la sua missione. Il tema che accompagna la tecnologia è già stato abbiamo potuto mettere in risalto la collezione del Museo della Civiltà Romana.
visitato nel 2005 attraverso la presentazione dei modelli delle macchine di Leonardo da Ma la ricchezza più grande, che associa la mitica creatività italiana e il rigore scientifico
Vinci, proprio nel Museo della Civiltà Romana e la proposta ebbe molto successo. – tecnologico di un “mondo che deve funzionare per migliorare” è rappresentato dal
Presentiamo questa volta un tema che ci è particolarmente caro quale quello della lavoro di Gabriele Niccolai, che costruisce da trenta anni modelli di macchine e
tecnologia degli antichi Romani. Attraverso un punto di vista fenomenologico: meccanismi in legno attraverso lo studio di fonti antiche. Lo sforzo maggiore è stato
utilitarismo inteso come spinta interiore al miglioramento e al progresso. Abbiamo quello di ricostruire le macchine e i meccanismi che sono alla base del mondo
cercato di uscire dall’ovvio, lo sforzo è stato quello di dare in sintesi, ma non tecnologico romano. Ogni volta che comunicavamo per telefono, negli ultimi due anni,
superficialità, una visione completa della grandezza di una realtà di cui siamo diretti trasmetteva in modo quasi fanciullesco l’entusiasmo e la gioia di ritrovare attraverso i
eredi. Un’eredità che dovrebbe farci capire che forse, e sottolineo ironicamente forse, testi le cose che oggi ci circondano, già nelle macchine di un mondo che non è potuto
nel mondo l’Italia può dire la sua in fatto di tecnologia poiché ha nel DNA una grande arrivare fino a noi, per la deperibilità dei materiali con i quali si è costruita la grandezza
e speciale tradizione. La mostra è volutamente didattica, rivolta ai bimbi, ai giovani dell’Impero romano quale i legno e i metalli pregiati.
accompagnati magari dagli insegnanti cui suggeriamo di focalizzare la metodologia Auguriamo un grande divertimento nel conoscere la tecnologia dell’antica Roma.
scientifica e pratica.
Abbiamo coinvolto importanti studiosi e archeologi italiani a dare il loro contributo Associazione Piazza Duomo
scientifico e critico: tutti hanno risposto con entusiasmo e donato la loro opera.
Per creare un legame importante con il mondo della formazione e della ricerca, abbiamo
coinvolto gli studenti del corso in Scienze Archeologiche, Facoltà di Lettere
e Filosofia dell’Università “Sapienza” di Roma: Marco Galli ha abbracciato l’idea
proponendo e coordinando la formazione del laboratorio universitario durato circa otto
mesi. Il risultato è stato eccellente, a dimostrazione che la condivisione di elementi
di studio, ricerca e lavoro possono convivere e produrre risultati positivi.
Il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica ha ritenuto il nostro progetto valido.
Vi è stata una condivisione piena con l’Assessore alle Politiche Culturali e Comunicazione
Umberto Croppi e con la Sovraintendenza ai Beni Culturali. Da questa collaborazione
si è creato un team che ne ha percorso passo dopo passo lo sviluppo: fino alla completa
simbiosi per un’azione forte di valorizzazione delle nostre ricchezze culturali,
quali quelle del Museo della Civiltà Romana e dell’Antiquarium Comunale.
Il progetto è stato così partecipato che abbiamo l’orgoglio di presentare degli inediti
dell’Antiquarium Comunale, rimasti in cassa dallo scavo del 1933.
È sempre della collezione comunale il busto di Anonimo del III d. C. che ha definito
l’immagine di questa mostra: veramente è onesto dire che l’immagine è scaturita
dal tema stesso per una sorta di affinità spontanea. Il segno tecnologico per eccellenza,
le ruote a incastro dei meccanismi, come pensiero fisso della gens romana e segno
distintivo della creatività che può essere anche pratica.
Abbiamo coinvolto il Ministero degli Affari Esteri affinché ci aiuti nel portare per il
mondo questa nostra proposta. E ne saremo fieri.
Ci è d’obbligo, oltre che piacere, ringraziare la Fondazione Roma per la sua
partecipazione.
Le persone che sono state determinanti alla realizzazione del progetto sono molte:
Giuseppina Pisani Sartorio è stata la più convinta e la più entusiasta una volta
conosciuto il progetto, sicuramente il suo intervento scientifico è stato di grande
Studi e riproduzioni di macchine e tecnologie di
Roma antica

La forte passione per la storia e l’ingegneria e grazie alle tecniche messe a punto
nel nostro laboratorio, mi hanno portato a ricreare modelli di macchine e utensili
progettati da personaggi come Vitruvio e Leonardo da Vinci. L’interpretazione
di questi modelli è possibile grazie ad attenti studi sul De Architectura
di Marco Vitruvio Pollione, architetto e ingegnere romano del I secolo a.C.,
contemporaneo di Cesare e Cicerone, dove si trovano passi dedicati
alla costruzione delle mura urbane (libro I), degli acquedotti (libro VIII), all’utilità
delle scienze (libro IX) e, infine, alla trattazione della machinatio, o costruzione
di macchine ad uso civile o bellico (libro X). Vitruvio ispirò a sua volta Leonardo
con i suoi “Codici” e parte degli ingegneri rinascimentali. La mia impresa comincia
già agli inizi degli anni novanta realizzando alcuni prototipi di macchine
in scala per lo studio e per la realizzazione di modelli più grandi, che oggi sono
circa cinquecento, tutti realizzati accuratamente con materiali dell’epoca:
legno, ferro, stoffa, cordame, bronzo. Si tratta di modelli componibili di facile trasporto.
Il legno più usato in età romana, soprattutto in edilizia e in carpenteria, era l’abete
bianco al sessanta per cento e il faggio per le parti più soggette all’usura.
La protezione del legno dalle intemperie veniva risolta cospargendo della pece vegetale
(ottenuta dalla resina di pino rosso), indispensabile per impermeabilizzare gli scafi
delle navi, le anfore e altri oggetti d’uso comune. La pece aveva un problema
di alta adesività e per questo era diluita con oli vegetali, i quali davano al legno
il caratteristico colore rossiccio scuro, diverso dal naturale colore chiaro del legno
appena tagliato. Gli incollaggi avvenivano attraverso colle chiamate glutina a base
di tessuti animali o di formaggio. Già Plinio il Vecchio scriveva che dall’abete si
ricavava la pece liquida. I modelli da noi riprodotti hanno questo caratteristico colore
derivato, appunto, dall’applicazione di resine naturali protettive. Negli ultimi anni,
grazie all’evoluzione dei sistemi informatici e ai software di grafica, è stato possibile
elaborare i disegni originali e riproporzionarli così da realizzare macchine funzionanti
rispetto a modelli riprodotti cinquanta anni fa, che rivelano ormai tutti i loro limiti.
L’obiettivo è di creare un’interattività tra il visitatore e le macchine che hanno fatto
la storia dell’evoluzione meccanica, dove sono messi in evidenza i principi fisici
che ne regolano il funzionamento.
Questa visione permette il divertimento e la didattica sia degli adulti sia dei ragazzi,
che possono avere un riscontro pratico degli studi che stanno effettuando.
E suggerire un parallelo con il mondo tecnologico contemporaneo.

Gabriele Niccolai

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6. Comunicare
Sommario Comunicazione: segni, immagini, parole
SCHEDE 162
La comunicazione attraverso il sistema stradale 172
Lorenzo Quilici
SCHEDE 177
Introduzione 15 Le comunicazioni marittime 179
Rita Correnti Salvatore Martino

Machina Machinarum 23 SCHEDE 185


Franco Farinelli
7. Le conquiste dell’agricoltura
Roma antica tecnologica 25 Le conquiste dell’agricoltura romana 196
Giuseppina Pisani Sartorio Paolo Braconi
SCHEDE 199
Machina. L’esperienza tecnologica nel contesto mediterraneo antico 29
Marco Galli
8. Legno e metalli
Economia e tecnologia dell’antica Roma 37 La lavorazione del bronzo e dell’argento 208
Orietta Dora Cordovana SCHEDE 210
Uomini e machinae : La tecnica orafa in Età Romana 217
la realtà di artigiani e associazioni professionali nel mondo romano 42 Luigi M. Caliò
Francesca Diosono SCHEDE 219
Falegnameria e carpenteria 222
I Romani, la tecnologia e un futuro possibile 47
Francesca Diosono
Antonio Tamburino
SCHEDE 226
SCHEDA
Scene di labor sulla Colonna Traiana 51 9. Vetro e argilla
Il vetro a Roma 230
1. Tempo e Spazio Carla Martini
L’integrazione spazio-temporale in Roma antica 60 SCHEDE 234
Antonietta Dosi
La lavorazione dell’argilla 237
SCHEDE 67 Silvia Pallecchi
SCHEDE 242
2. Tecnologia nel costruire
Tecnologia nelle costruzioni 86
10. Tecniche artistiche
Giuseppina Pisani Sartorio
Tecniche artistiche di rivestimento parietale e pavimentale nel mondo romano 252
SCHEDE 91 Stella Falzone
SCHEDE 257
3. Tecnologia dell’acqua
Tecnologia idraulica 110 Tecniche della scultura in età romana 259
Leonardo Lombardi Marco Galli
SCHEDE 113 SCHEDE 265

4. Tecnologia militare 11. Tecnologia per lo spettacolo


Note di tecnologia militare romana 132 Scenografie e macchine per lo spettacolo 268
Anna Maria Liberati Giuseppina Pisani Sartorio
SCHEDE 136 SCHEDE 270
Tecnologia per stupire: gli automata nel mondo romano 280
5. Tecnologia nella medicina Marco Galli
La tecnologia nella medicina dell’antica Roma 150 SCHEDE 283
Luciana Rita Angeletti
SCHEDE 154 Abbreviazioni bibliografiche 285

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Introduzione

Rita Correnti

Se consideriamo la vastità e la durata dell’Impero romano dobbiamo presupporre una


grande organizzazione politica dal carattere pragmatico e inevitabilmente tecnologico. Ci
siamo dunque posti l’obiettivo di una rilettura della straordinaria tecnologia romana che ha
contribuito alla costruzione e alla gestione dell’Impero. Lo abbiamo fatto partendo da
semplici domande. La più semplice e immediata, da cui è scaturita la natura della nostra
indagine, è stata: sulla base di quali scoperte tecnico-scientifiche si è potuta sviluppare
l’antica Roma? Quanta scienza e quanta tecnologica hanno permesso l’esemplare cammino
storico di un popolo che da un semplice “solco sul colle Palatino” ha conquistato e
governato tutte le terre intorno al Mediterraneo per mille anni? Quanto rimane oggi delle
basi poste dagli antichi romani con la loro tecnologia, nell’organizzazione, nella creazione
dell’habitat (inteso come struttura), fondamentale al nostro contemporaneo vivere civile?
Le indagini sulle scoperte e sulle innovazioni tecnologiche prodotte dagli antichi Romani
le facciamo attraverso opere di ingegneria civile e idraulica, tecnologia agricola e mineraria,
tecnologia militare e della chirurgia, tecnologia della produzione artistica e manifatturiera
che sono giunti fino a noi e che, in alcuni casi, continuano a vivere a nostra insaputa.
Ma la lettura archeologica della tecnologia antica deve essere necessariamente ritradotta:
non è un’operazione semplice, nel momento in cui questa materia ha ereditato dagli stessi
antichi il “disprezzo” per la tecnologia. Fino a poco tempo fa l’archeologia era concentrata
su una lettura dei reperti solamente attraverso codici iconografici e iconologici per tradurre
le testimonianze artistiche, religiose e monumentali, evitando di prendere in considerazione
cose che non si riconoscevano.
Il cambio di prospettiva è iniziato alla fine del ‘900 con la “professionalizzazione” del
mestiere di archeologo e attraverso una nuova lettura delle fonti. Specializzazione che grazie
anche al contributo di altre discipline quali l’ingegneria, l’architettura, l’economia, la
statistica, la demografia, la sociologia e l’antropologia ci fa capire meglio come si è
sviluppata la tecnologia e quanta influenza ha avuto nello sviluppo dell’antica Roma e
dell’intera area del Mediterraneo, così come poi esposto da Marco Galli in seguito.
Porsi delle domande quali ‘cosa’, ‘come e perché’, naturalmente a fianco al ‘chi e dove’, è
la nuova chiave di lettura che, grazie alle nostre conoscenze potrebbe addirittura portare a
una risposta singolare quale quella dell’importanza della tecnologia dell’antica Roma per il
nostro sviluppo odierno. Il futuro in quest’ottica è trattato da Antonio Tamburrino, che
riprende l’idea della struttura territoriale dell’antica Roma nell’accezione di Roma caput
mundi. Vi è nelle conquiste tecnologiche degli antichi una radice di attualità sociologica:
esse sono avvenute per invenzione e per innovazione e miravano a una più razionale
gestione quotidiana della vita, avente come principio base la concezione del benessere
generale. Dopo la conquista e l’accatastamento di un territorio, attraverso un sistema di
comunicazione e di organizzazione dei trasporti (la moderna logistica, già inventata dai
Romani), il principio sociale di benessere e appartenenza veniva “esportato” in tutti i
territori conquistati. Ritroviamo attraverso le vestigia romane dell’area del Mediterraneo

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una stessa identica natura di mediazione e convivenza. L’elemento tecnologico che machinarum dell’Impero romano. Una predisposizione caratteriale all’utilizzo del
potrebbe riassumere in una parola questa visione è il ponte. L’antica Roma ha riempito meccanismo e al mondo delle macchine.
l’Impero di ponti. Che fondano i rapporti tra culture, tra economia e produzione in funzione Un genio tecnologico che, più che inventare, cerca di valorizzare e perfezionare, così come
di una politica universale di strategie e progetti per lo sviluppo sostenibile del genere si cimenta in una misurazione territoriale da cui risulta un forte senso dell’organizzazione:
umano, già all’epoca raccolto in centri urbani pianificati. il territorio centuriato cioè misurato e ordinato, la costruzione di una rete stradale ancora
Dobbiamo in un certo modo porre chiarezza tra invenzione e innovazione: mentre inventare oggi funzionante, le comunicazioni e i trasporti per mare e per terra. Un altro assetto
significa immaginare e realizzare un nuova tecnica magari derivante dalla necessità, fondamentale della visione e dell’espansione tecnologica dell’antica Roma è quello del
innovare significa utilizzare l’invenzione a fini produttivi, come ha scritto Vitruvio “ (…) clima e del paesaggio, che nel corso della storia ha accompagnato e influenzato tutte le
tutte quelle che trovarono utili ebbero cura di svilupparle gradualmente, attraverso lo studio vicende umane, con il ruolo fondamentale della disponibilità e dello sfruttamento delle
e la tecnica, le istituzioni e gli insegnamenti (…)”. Così quel “gradualmente” lo leggiamo in risorse materiali ambientali che inevitabilmente condizionano le tecniche e le tecnologie.
modo da capire che la tecnologia antica ha avuto uno sviluppo lungo, anonimo, sotterraneo Così come ben illustrato nel saggio di Francesca Diosono a introduzione del capitolo sulla
e il manufatto finale forse era il risultato di un’opera corale. Nell'antichità la figura falegnameria.
dell’inventore, come noi la concepiamo, non esisteva e non aveva una dignità a sé stante: Lo sfruttamento delle risorse ambientali ci porta inevitabilmente a parlare di energia, anzi
esisteva certamente il sapiente, lo studioso o, più in generale, l'uomo di cultura. E a noi, questa ne diventa la parola chiave. Tre erano le energie sfruttate principalmente in epoca
oggi, risulta strano come non ci fosse una chiara conoscenza degli uomini tecnologici al di romana, oltre a quella umana. Esse erano l’energia idraulica, l’energia eolica e l’energia
fuori dei nomi massimamente noti. Infatti le fonti ci riportano solo nomi di inventori animale. E tali rimasero fino agli inizi del XIX secolo. Il caso unico della macchina a vapore,
appartenenti alle élites. Sicuramente si sconta in questo ambito una forte influenza del simbolo della rivoluzione industriale del XVIII secolo, già inventata da Erone d’Alessandria
pensiero platonico che tendeva a ignorare il mondo della tecnica perché inferiore. nel I secolo d. C. ha una storia singolare per la realtà dell’Impero Romano a sottolineare
Dobbiamo inoltre considerare che non vi era protezione giuridica delle invenzioni poiché quell’ottica razionale e utilitaristica del carattere connotativo dei romani: il rapporto costi -
non vi era una esigenza di mercato e le istituzioni stesse non erano particolarmente benefici per la costruzione della macchina a vapore non era sostenibile, quindi essa rimase
favorevoli all’utilizzazione economica delle invenzioni. Per ragioni anche politiche. La un unicum da laboratorio. Alla base della rinuncia della diffusione e utilizzazione di tale
mancanza di una più ampia diffusione di importanti invenzioni tecnologiche fu determinata invenzione vi è il convincimento della non razionalità dello sfruttamento dei combustibili
dal costo generale delle invenzioni, che potevano essere sostenute solo dallo Stato spesse fossili dal costo proibitivo, così come del legname o del carbone da ardere per lo
volte in maniera strategica rispetto i territori. Mentre la tecnologia ‘quotidiana’ sfruttamento di un’altra energia.
presupponeva una diffusione capillare e, come asseriva Vitruvio, di generale utilità. E forse anche la mancanza di uno scatto, di un corto circuito tra invenzione, innovazioni e
Effettivamente il carattere peculiare dell’identità romana si sviluppa intorno al concetto chiave progresso. Il progresso è un’invenzione relativamente moderna, forse per questo non ne
di utilitas, dalla religione, alla gestione dello spazio e del tempo, alla politica, alla giustizia, ritroviamo il concetto tra gli antichi, così come il nostro concetto di produzione di massa
all’economia, alla comunicazione, ai rapporti con le altre popolazioni e così via. Utilitas come per un mercato di massa.
visione di fondo dell’espansione coloniale e imperiale di Roma, finanche nella celeberrima Ciò non significa che quello che era ritenuto veramente utile e funzionale allo sviluppo della
gestione del panem et circenses. Infine l’arte romana era massimamente utilitaristica, dove il vita del tempo non fosse coltivato con estrema cura e diffusione. Infatti ben altra storia ha
valore dell’oggetto o della materia che lo componeva prevaleva sul valore artistico. È il pensiero avuto lo sfruttamento dell’energia idraulica attraverso il mulino ad acqua. Grazie alla nuova
dominante che attraversa tutta l’arte romana: un’opera artistica vale solo se utile. Negli scritti ‘lettura’ archeologica, negli ultimi anni si è potuta ricostruire la rete dei tantissimi mulini ad
dei grandi eruditi romani troviamo infatti un’alta considerazione delle opere di ingegneria o acqua presenti nell’Impero romano. Dove erano mulini ad acqua vi era un grosso sviluppo
di tecnologia perché destinate a una funzione sociale. All’arte romana, tuttavia, viene poiché a esso era legata la lavorazione agricola, mineraria, manifatturiera. Il mulino ad
assegnato un altro compito utilitaristico: una volta acquisiti gli stilemi narrativi dell’arte greca, acqua era presente sia nelle grandi proprietà terriere che nelle città e sicuramente era
quella romana deve rappresentare quindi narrare e comunicare l’essenza di ideologie diventato un luogo strategico per la sussistenza della popolazione (la macinazione delle
funzionali al potere. Lo stilema narrativo codificato è usato per la chiarezza del racconto e per farine per il pane). La diffusione dei mulini ad acqua era quindi capillare e la loro costruzione
la propaganda delle virtutes degli optimi principes, in tutti i territori dell’Impero, da prendere era sicuramente possibile anche a un livello meno abbiente.
a esempio perché simbolo dello Stato. È il caso del racconto che si legge sulla Colonna Traiana, L’energia eolica di utilizzazione immediata, gratuita e rinnovabile, ma non immagazzinabile,
che nel un saggio di Lavinia Del Basso ha una analisi improntata, oltre alla propaganda della era indispensabile per le comunicazioni, per i trasporti marittimi e gli scambi commerciali.
conquista, anche alla propaganda del lavoro e dell’organizzazione tecnologica. Ben ne parla Salvatore Martino nel suo testo sulle comunicazioni marittime.
Potrebbe essere filosoficamente dubbio parlare di un pensiero utilitaristico da parte degli L’energia a trazione animale fu alla base dello sviluppo della società agricola e i Romani
antichi Romani, essendo il pensiero utilitaristico propriamente settecentesco, ma non ci erano agricoltori: un’energia disponibile ad libitum ma troppo costosa per il mantenimento
sbagliamo ad affermare che l’utilitas cioè l’utilità, il giovamento, il vantaggio, il profitto, il degli allevamenti.
bene o interesse generale e proprio, lo ritroviamo in tutte le azioni dell’epoca indagata. La possibilità di sfruttare questi tipi di energia ha permesso, in tutti i settori economici
In fondo è proprio l’utilizzazione pratica di alcune scoperte greche che porta i Romani a dell’epoca, piccole e lente innovazioni tecnologiche. I costi dell’energia, malgrado la grande
conquistare le terre intorno al Mediterraneo: un vantaggio strategico dato anche disponibilità delle materie prime, erano alti e in una società dove le ricchezze erano perlopiù
dall’utilizzazione delle mappe cartografiche che, come ha magistralmente introdotto Franco pubbliche l’utilizzazione delle innovazioni tecnologiche rimangono per lo più relegate a
Farinelli, hanno avuto una forte funzione connotativa di rappresentazione statale. grandi progetti statali cui però concorrono i ricchi privati in una organizzazione ante litteram
L’immagine cartografica traduce la volontà comportamentale statale e diventa la machina di ‘project financing’.

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Un grande interesse nella nostra indagine sicuramente lo suscita il focus sul rapporto tra studiata. Abbiamo cercato di uscire dall’ovvio, lo sforzo è stato quello di dare in sintesi, ma
tecnologica ed economia, sviluppato dalla Cordovana. Un rapporto che è stato il motore non superficialità, una visione completa della grandezza di una realtà di cui siamo diretti
della crescita e del rafforzamento dell’Impero, malgrado l’oscurantismo perpetrato eredi. Un’eredità che dovrebbe farci capire che forse, e sottolineo ironicamente forse, nel
sull’argomento ‘innovazione e sviluppo’ da una certa scuola ‘di risentimento’ anglosassone, mondo l’Italia può dire la sua in fatto di tecnologia poiché ha nel DNA una grande e speciale
che ha male considerato lo schiavismo di origine romana. Nel testo di Orietta Cordovana tradizione.
si indaga il motivo per il quale non si è prodotto il salto di ‘qualità’ verso la rivoluzione
industriale. Si svela il concetto di globalizzazione ante litteram costituito attraverso la Non potevamo non partire dalla concezione dello spazio e del tempo e gli strumenti
determinazione dei distretti industriali e la produzione seriale distribuita per le Province tecnologici della loro misurazione, organizzazione e divisione. Così come Antonietta Dosi
dell’Impero, dove vi è una organizzazione del mercato e del lavoro molto razionale, grazie ci illustra, tempo e spazio sono le due categorie a fondamento della coscienza sensibile. A
anche all’organizzazione della rete dei trasporti. tale proposito i Romani hanno organizzato il calendario come suddivisione e la
Un’altra semplice domanda cui abbiamo risposto con questa mostra: come era organizzato conseguente misurazione del tempo quale ‘tecnica di governo della società’. Hanno creato
il mondo del lavoro? Vi erano delle organizzazioni di riferimento? E quale era il loro la gestione del territorio attraverso forme di accatastamento per la sistemazione dei
obiettivo? Domande cui diamo una risposta che ci rivela una certa ‘modernità’ paesaggi rurali e urbani. Per arrivare, come somma conquista e controllo del territorio, alla
dell’organizzazione del lavoro e le sue leggi. Così come il testo di Francesca Diosono creazione della Forma Urbis, la pianta marmorea della città di Roma, che potremmo
risponde sull’argomento delle corporazioni quali antiche lobbies. considerare come una sorta di piano regolatore per la pianificazione e progettazione
Inoltre, quanto era diffuso il sapere tecnologico tra i lavoratori? Vi erano delle scuole di urbanistica.
apprendistato o il sapere delle maestranze si tramandava oralmente? La popolazione era In un campo gli antichi Romani rimangono insuperati per spirito innovatore e razionalità:
per lo più illetterata e pochi erano coloro che conoscevano e potevano considerarsi dei è il campo delle costruzioni, dove tutto è stato possibile grazie all’invenzione della malta
‘professionisti’. È il problema della trasmissione del sapere e del saper fare, così come cementizia e l’introduzione dell’arco a tutto sesto. Corredati da piccoli e grandi strumenti
spiegato nel saggio di Giuseppina Pisani Sartorio. edili, dalle carrucole alle gru alle tecnologie per una migliore e sicura resa delle strutture: la
grande applicazione di elementi costruttivi come l’arco e la piattabanda armata, che hanno
Il titolo “Machina” è volutamente latino, con più significati, da macchina, ordigno, congegno permesso la costruzione di ponti, edifici e teatri. La sezione è stata introdotta
a macchinazione, inganno, artifizio e ancora a cavalletto (per pittori) a macchina da guerra magistralmente da Giuseppina Pisani Sartorio con logica e precisione, come d’altronde
e d’assedio. A dire che la mostra presenta macchine e testimonianze di tecnologia antica richiede un argomento del genere.
con i suoi prodotti finali. L’acqua e la tecnologia che la governa è un altro punto di eccellenza, elaborato per noi da
In fondo l’antichità ci ha abituato alle più belle rappresentazioni iconografiche sul marmo Leonardo Lombardi: importante è sottolineare come i Romani pensassero all’acqua come
e sulla pietra; ma quante volte possiamo dire di conoscere i meccanismi e la tecnologia che bene pubblico, da cui deriva la progettazione della distribuzione per usi produttivi e per usi
è dietro a tale produzione? ludici. Da una gestione pubblica delle acque si ha la costruzione di terme come centro di
La mostra suggerisce un approccio e una fruizione ‘divertente’della materia esposta, socializzazione e benessere sociale. Importanti rimangono le loro azioni per la ricerca e
attraverso la ‘manualità’ e la ‘manovrabilità’ della tecnologia dell’antica Roma grazie alla captazione di sorgenti, livellazione dei condotti, calcolo della pressione dell’acqua nelle
ricostruzione di macchine perfettamente funzionanti, ricostruite dall’artigiano – artista tubazioni, distribuzione controllata dell’acqua nelle città, attraverso l’uso di tecnologie
fiorentino Gabriele Niccolai, che si possono toccare e far funzionare, affinché il principio mediate dai Greci, ma raffinate e diffuse dai Romani. Insuperata la costruzione degli
tecnologico di funzionamento diventi chiaro e semplice. acquedotti di Roma, ben 11. Infine rimane magistrale all’epoca la costruzione di fognature.
La potenza dell’Impero romano è ben espressa dalla tecnologia militare, che per sua natura
I settori esplorati in mostra sono undici. La scelta di questi è stata fatta sulla base ha un effetto trainante per lo sviluppo di tutte le altre tecnologie (regola ancora oggi valida).
dell’importanza strategica del settore per lo sviluppo tecnologico dell’Impero, indagando Nella sezione dedicata alla tecnologia militare vengono esplorate le tecniche d’assalto e le
anche temi che risultano eccezionali per il loro valore contemporaneo. Eludendo la macchine belliche esposte e ricostruite, viene puntualizzata l’esistenza di una sorta di
trattazione scientifica di base poiché non era nel nostro obiettivo. Le sezioni sono state alfabeto luminoso per comunicare con segnali di fuoco tra le torri. La costruzione delle
costruite partendo da reperti noti che, forse a causa della loro notorietà, si conoscono in mura e del limes a difesa delle città e dell’Impero. Sicuramente è la sezione dove grande
modo relativo, al di fuori ovviamente del mondo degli archeologi. Abbiamo inserito lo studio ruolo svolgono le imponenti macchine ricostruite da Gabriele Niccolai, accompagnate da
di cose uniche quali la piattabanda armata e la piattaforma girevole. Un grande contributo una introduzione scientifica di Anna Maria Liberati.
è stato dato dal Laboratorio universitario coordinato da Marco Galli, le cui ricerche hanno Nel campo della medicina e delle tecniche chirurgiche, come Luciana Rita Angeletti
permesso la costruzione filologica dei materiali presi in esame. Materiali fondamentali sottolinea nella sezione da lei curata, gli antichi Romani hanno prodotto una invenzione
senza i quali non si potrebbe parlare di conquiste tecnologiche; abbiamo anche privilegiato fondamentale per lo sviluppo dell’umanità: l’ospedale da campo, il valetudinarium che
il modo in cui venivano costruiti o trattati questi materiali di perfezione eccezionale per diventa un presidio stabile e in muratura. Inoltre la pratica medica esercitata nell’antica
l’epoca. Roma, considerando il modesto bagaglio tecnico scientifico per la maggior parte derivato
Volutamente la mostra è stata ospitata dal Museo della Civiltà Romana, dove, grazie dalle conoscenze di medici greci d’epoca ellenistica, stupisce oggi per il grado di abilità
all’apporto fondamentale di Giuseppina Pisani Sartorio, si è potuto seguire in modo raggiunto sia per quanto riguarda l’intuizione diagnostica, sia per i mezzi utilizzati per
sincronico lo sviluppo degli argomenti e la loro completa ed esauriente trattazione curare le malattie ricorrenti.
attraverso rimandi nelle sale del Museo che presentano in modo completo la sezione La comunicazione, introdotta da Lorenzo Quilici e Salvatore Martino, è una scienza non

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contemporanea ma, a nostro giudizio, inventata dagli antichi Romani. Il concetto della della pittura ad affresco, della composizione per tarsie, della scultura di grandi opere. In
comunicazione delle idee e della propaganda imperiale non è minimamente basato su fondo ciò che ci regalano i siti archeologici è la testimonianza di un mondo altamente
teorie (nostra fatica odierna) ma messo in pratica attraverso logiche iconografiche e specializzato nella produzione dei manufatti artistici. Una sezione che può presentare degli
diffusione delle immagini in oggetti quotidiani quali la moneta, la statuaria, la ritrattistica; aspetti sconosciuti è quella della tecnologia nell’organizzazione degli spazi per il
trasportati a loro volta in tutte la parti dell’Impero sulle strade e sulle rotte marittime. Il divertimento e delle tecnologie dello spettacolo, curata da Giuseppina Pisani Sartorio e
concetto di strada è fondamentale e la costruzione della rete viaria è alla base della Marco Galli. Dall’architettura teatrale, anfiteatrale e circense alle scenografie nel teatro e
circolazione di uomini, idee e materie. Finanche il cursus pubblicus vale a dire il sistema di nell’anfiteatro. Straordinario è l’esempio dell’ascensore per fiere nel Colosseo. O il
un servizio di trasporti regolamentato da leggi è una invenzione romana. La lettura del funzionamento del velum (la copertura dei teatri) e dell’aulaeum (il sipario). Ancora, il
particolare Editto dei Prezzi di Diocleziano, di cui sono stati rinvenuti frammenti in più parti meccanismo delle ova e dei delfini, una sorta di conta giri nei circhi. Infine i vasi di risonanza
dell’Impero, ci riporta un altro aspetto fondamentale: la cura del livello di vita del popolo vitruviani inventati per far arrivare bene la voce agli spettatori. Lo spettacolo non era solo
minuto che, comunque, deve sapere che lo Stato li protegge con degli Editti. La sezione della rappresentazione scenica, alcune volte presentava degli automatismi in funzione
comunicazione ha delle eccellenze che possono anche lasciarci sbalorditi per la loro efficacia spettacolare, come rappresentazione del potere. In questo ambito la tecnologia sconfina
quali i vasi di Vicarello e la Tabula Peutingeriana. Leggiamo i vasi di Vicarello, grazie alla nello stratagemma ingegnoso e massimamente creativo.
capace elaborazione multimediale, come una sorta di contemporaneo navigatore, che I Romani antichi hanno rappresentato un’esplosione di creatività nel più ampio panorama
accompagnava all’epoca i viaggiatori e indicava loro il percorso da seguire. La Tabula delle civiltà di quei tempi. E grazie a loro il mondo di allora ha fatto grandi passi avanti nelle
Peutingeriana, come ci spiega Franco Farinelli, è elaborata come una mappa stradale linee più generali del progresso e della conquista della qualità della vita. Se ciclicamente ci
presentando una serie di ‘vignette’ ripetute il cui senso finale equivale al numero di stelle troviamo di fronte a crisi planetarie in cui non riusciamo a determinare una sicura utopia
con cui oggi classifichiamo gli alberghi. del futuro che ci dia un percorso positivo da seguire, il nostro suggerimento è quello di
I Romani nascono agricoltori e raggiunsero in questo settore la massima perfezione; alcuni ripartire dalla creatività della machina romana, intesa nel più ampio aspetto
loro strumenti rimangono tali per millenni. Secondo la visione dell’antica Roma qui lo fenomenologico.
sviluppo tecnologico è al suo culmine avendo soddisfatto le esigenze e le necessità
dell’epoca. Effettivamente lo sviluppo più importante si è avuto nel settore agricolo e, come
Paolo Braconi sottolinea, le grandi invenzioni e innovazioni raggiunsero punte tali di
eccellenza che rimasero tali fino al XIX secolo. Sapientemente ci mette in evidenza
l’invenzione, assolutamente romana, dell’aratro a rotelle che è alla base della fortuna
agricola (oltre alla ricchezza idrica) della Pianura Padana e di tutti i territori centuriati. Il
settore agricolo è l’unico in cui vengono fatti degli investimenti anche a livello minimo (da
semplici contadini) poiché legati alla produzione immediata e di sostentamento quotidiano.
Un aspetto fondamentale per un Impero tecnologico riguarda lo sviluppo della metallurgia,
la ricerca delle materie prime, i distretti minerari (miniere d’oro, d’argento, di rame, stagno,
ferro, piombo) per l’approvvigionamento delle stesse materie prime utili a realizzare tutto
ciò circonda l’uomo, dagli utensili, alla spada, alla decorazione architettonica. Ancora oggi
vi sono miniere di origine romana! Sicuramente l’eccellenza dei Romani risiede nella tecnica
della fusione dei metalli, argomento sviluppato da Claudio Parise Presicce. Nella stessa
sezione Luigi Caliò ci parla delle tecniche dell’oreficeria e dei metalli preziosi e della
raffinatezza raggiunta. Un argomento precipuo riguarda la monetazione.
Francesca Diosono, avendo parlato di organizzazione del lavoro, si riferisce in questa
sezione alla falegnameria e alle corporazioni dei fabbri e falegnami.
Gli oggetti di uso quotidiano erano fatti di materie quali il vetro e l’argilla. Nella produzione
del vetro i Romani hanno prodotto oggetti di straordinaria bellezza. Ma l’argomento che ci Bibliografia di riferimento
stupisce di più è il riciclaggio del vetro, di certo non per un discorso ambientale ma per il Bresson 2006; Brun 2006; DeLaine 2006; Forni 2006; Frau 1987; La Rocca 1990; Lo Cascio 2006; Po-
costo elevato della materia così come esposto da Carla Martini. mey, Tchernia 2006; C. Svetonio Tranquillo, Vite dei Cesari, Milano 2006; Traina 2006; M. Vitruvio Pol-
Nel corso della nostra ricerca è risultato che l’esempio di produzione industriale su grandi lione, De Architettura, a cura di F. Bossalino, Edizioni Kappa, Roma, 2002.
numeri è rappresentato dalla lavorazione dell’argilla (mattoni, lucerne, ceramiche da mensa,
ceramiche da trasporto), Silvia Pallecchi impronta il discorso in modo tecnico-scientifico. 1
M.VITRUVIO P., De Architettura, 10, 1. 4: “Omnis autem est machinatio rerum natura procreata ac
Nella sezione corrispondente abbiamo avuto il contributo di oggetti particolari che illustrano praeceptrice et magistra mundi versatione instituta. Namque animadvertamus primum et aspiciamus
la produzione dei vari distretti manifatturieri del Mediterraneo. continentem solis, lunae, quinque etiam stellarum naturam; <ni> machinata versarentur, non habuissemus
La mostra presenta in modo innovativo le sezioni delle tecniche artistiche, curata da Marco interdum lucem nec fructûm maturitates. Cum ergo maiores haec ita esse animadvertissent, e rerum natura
sumpserunt exempla et ea imitantes inducti rebus divinis commodas vitae perfecerunt explicationes. Itaque
Galli e Stella Falzone. Andando oltre l’aspetto esteriore del bello, in queste due sezioni comparaverunt, ut essent expeditiora, alia machinis et earum versationibus, nonnulla organis, et ita quae
abbiamo cercato di focalizzare l’attenzione sulle tecniche della lavorazione: del mosaico, animadverterunt ad usum utilia esse studiis, artibus, institutis, gradatim augenda doctrinis curaverunt.”

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Machina machinarum

Franco Farinelli

Ha scritto Jean-Jacques Wunenburger che ogni “immagine costituisce Forma Urbis Marmorea:
un territorio filosofico sconfinato, che è impossibile circoscrivere nei zona di magazzini e abitazioni nel
limiti di un’unica mappa”.1 Vale anche il rovescio: un’unica mappa, Trastevere (fr. 33)
ogni mappa, costituisce un ambito filosofico sterminato, impossibile (da Forma Urbis 1960)
a confinarsi all’interno di un’unica immagine, a partire dalla propria.
Le mappe (ma meglio sarebbe dire rappresentazioni geografiche) più
o meno direttamente ascrivibili alla cultura cartografica romana sono,
oltre i due frammenti della imperiale e marmorea Forma Urbis, la Ta-
bula Peutingeriana, le miniature del Corpus Agrimensorum, e (con qual-
che estensione) il cosiddetto “Scudo” di Dura Europos e al massimo
il mosaico di Madaba. È tutto ciò che rimane, o quasi, della grande tra-
dizione latina che permetteva ai Romani, come a quel tempo si ama-
va ripetere, di vincere stando seduti, appunto in virtù del potere produttivo
dell’immagine cartografica: produttivo di senso ma anche di com-
portamenti, ed è proprio tale produzione a giustificare l’impossibilità
di restringere il significato e la funzione della mappa a quel che la map-
pa stessa immediatamente esibisce.
Si prenda ad esempio la Tabula Peutingeriana, copia medievale di caso delle tre città (Roma, Costantinopoli, Antiochia) che sulla Ta-
un originale itinerarium pictum d’età imperiale romana, o le illustra- bula appaiono personificate cioè rappresentate da un complesso di
zioni del Corpus Agrimensorum, anch’esse copie medievali di dise- segni dominato da una figura d’incerto sesso, i rari edifici e le raris-
gni che accompagnavano testi di carattere tecnico: esse si sime strade che accompagnano lo schizzo sono semplici accessori
compongono di vignette connesse da un rapporto espressivo e non di quest’ultima, e non hanno quasi nulla o addirittura nulla di “rea-
analogico o mimetico con la struttura cui si riferiscono. Delle 555 vi- listico”, come s’esprimono i Levi.3
gnette di cui la Tabula si compone molte sono quasi uguali l’una al- Il confronto con il mosaico di Madaba consente di precisare ulte-
Tabula Peutingeriana: Italia centrale e la città di Roma (Vienna, Biblioteca Nazionale) (da copia. Coll. privata) l’altra perché quel che s’intende mettere in evidenza è il tipo dell’edificio riormente il discorso, introducendo nuovi elementi d’analisi quali il
e non le sue singole caratteristiche, sicché il singolo contrassegno punto di vista e lo scorcio prospettico. A farvi caso, più dei quattro
può venir ripetuto all’infinito, in funzione non delle specifiche quali- quinti delle vignette della Tabula, tutte quelle che i Levi classificano
tà architettoniche della costruzione ma del grado d’attrezzatura ri- come “a doppia torre” e che ammontano in complesso al numero di
cettiva che esso era in grado di offrire al fruitore del cursus publicus quattrocentoventinove, sono disegnate in assonometria cioè come
cui l’immagine della rete stradale imperiale e delle sue infrastruttu- noi davvero vediamo gli edifici, e poi ribaltate per così dire sul piano
re era verosimilmente destinata. L’ubicazione degli edifici in que- orizzontale della pergamena, sicché esse si presentano in maniera si-
stione, e di conseguenza delle relative vignette, non è sempre collegata stematicamente frontale al nostro sguardo. Differente è il caso dei
con quella delle grandi città e neppure di centri abitati di una certa quarantaquattro edifici dai Levi detti “a tempio”, le cui vignette (co-
importanza. Ma anche nel caso delle uniche sei città rappresentate, me del resto quelle dello scudo di Dura) introducono la variante del-
per differenti motivazioni, all’interno delle loro cinte murarie (Aqui- l’angolo visuale, nel senso che rispetto alle precedenti esse impongono
leia, Ravenna, Tessalonica, Nicomedia, Nicea, Ancyra) i monumen- uno scarto all’occhio dell’osservatore tale che quest’ultimo, diversa-
ti appaiono molto scarsi e la loro illustrazione del tutto secondaria. mente dalle prime, riesce a guardare contemporaneamente la fac-
E lo stesso vale per lo scudo di Dura Europos, anch’esso copia su ciata e il lato dell’edificio, come fosse collocato di sbieco proprio in
pergamena, però non posteriore al III secolo d.C., di una mappa iti- corrispondenza dell’asse che divide quella da questo. Ma il punto di
neraria che mostra il percorso lungo il Mar Nero e la strada che da vista resta di una persona situata sullo stesso piano dell’oggetto che
Bisanzio portava alla foce del Danubio e oltre, e sulla quale i luoghi guarda. Soltanto nella settantina scarsa di vignette restanti (le “aquae”,
di tappa sono segnati dall’immagine di un semplice edificio (pro- gli “edifici ad elementi paralleli”, le “cerchia di mura”) compare l’ar-
babilmente un tempietto) che ricorre invariata.2 Si aggiunga che nel tificio della veduta a volo d’uccello ovvero della prospettiva cavaliera

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come si dirà in epoca moderna, che riproduce la visione di un osser-
vatore che sovrasta quel che scorge, o addirittura si libra nell’aria. Evi-
Roma antica tecnologica
dentemente esiste nella Tabula una relazione diretta tra articolazione
funzionale della costruzione o dell’insieme di costruzioni oggetto del-
la rappresentazione e complessità (anzi artificialità) del punto di vi-
sta impiegato nella rappresentazione stessa. Anche il bizantino mosaico Giuseppina Pisani Sartorio
di Madaba, che risale al VI sec. d. C., è costruito a tratti secondo la
tecnica a volo d’uccello, e la raffigurazione di alcune chiese e di altre
strutture è tale da consentire di identificarle. Ma (basta guardare la “Come facciamo a sapere quale sia veramente il bene supremo dell’umanità, Stephen? Noi non
centrale via colonnata della città di Gerusalemme e le sue mura) es- abbiamo a disposizione il numero infinito di dati che hanno a disposizione le Macchine. Forse,
so presuppone almeno un triplice punto di vista, e a esaminare con tanto per fare un esempio che non ci è del tutto estraneo, l’intera civiltà tecnologica ha generato
attenzione è proprio tale moltiplicazione ad assicurare all’immagine più angoscia e infelicità di quante non ne abbia eliminato. Forse sarebbe preferibile una civiltà
il suo specifico carattere rappresentativo, la sua peculiare forma di contadina o pastorale, con meno cultura e meno affollamento. Se così è, le Macchine dovranno
aderenza alla realtà, il suo complessivo grado di mimetismo. muoversi in quella direzione, ma senza dircelo, perché noi, nella nostra ignoranza piena di
Consideriamo adesso insieme la Tabula, lo Scudo, il mosaico di Ma- pregiudizi, accettiamo solo ciò a cui siamo abituati e quindi ci opporremmo a qualsiasi
daba e il Corpus Agrimensorum, tutte rappresentazioni in cui il segno cambiamento. O forse la risposta è l’urbanizzazione totale, oppure una società senza classi, o
geometrico e quello in vario grado mimetico perché assonometriche ancora la completa anarchia. Non lo sappiamo. Solo le Macchine lo sanno e, perseguendo tale
o a volo d’uccello entrano in reciproco rapporto. Molto più che alla obiettivo, ci conducono verso di esso.”
matematica, cui Wittgenstein la riservava, si addice infatti al docu- Da Isaac Asimov, The Evitable Conflit (1950), da Io, Robot, (1950),
mento cartografico la definizione di “un insieme di tecniche di di- Mondadori-Urania 2003, pp. 296-297.
mostrazione”, e per la sua comprensione è decisivo separare fin
dall’inizio il fascio delle tecniche impiegate da tutte le possibili altre. Madaba, Chiesa della Carta. Mosaico raffigurante la città di Gerusalemme
E tutte queste mappe, con l’unica parziale eccezione del Mosaico, si (fot. Studium Biblicum Franciscanum) (da E.A.A. s.v.)
fondano, con il linguaggio di Peirce, sulla natura “associativa” (asso-
ciative) piuttosto che “pittorica” (pictorial) del segno stesso: i segni come macchine, producono cioè comportamenti. “Se nella realtà ar- Solo uno sguardo, anche distratto, alla Colonna Traiana, al Colos- scavati per la loro incompletezza e frammentarietà ed una loro ‘ri-
non sono del tutto simili all’apparenza del loro referente, ma si rap- rivi qui, puoi comportarti soltanto come qui sulla mappa viene indi- seo, alle terme di Caracalla, al pont du Gard, al teatro di Orange, visitazione’ è spesso fonte di nuove scoperte. L’organo di Dion
portano ad esso attraverso la semplice analogia della relazione tra le cato”: è questo, a porvi mente, il senso finale delle vignette della ai 20 chilometri delle mura di Aureliano o al Monte Testaccio a Ro- (sez. 11.7), così come il meccanismo di Antikythera (sez. 1.6) la
parti di cui è composto.4 E si noti, di passata, che la diversità tra pit- Tabula, che sono l’equivalente del numero di stelle con cui oggi clas- ma con i suoi milioni di anfore trasportate e l’osservazione, più vol- più complessa macchina del mondo antico datata intorno all’80-
torico e associativo corrisponde in pieno a quella che nel sistema del- sifichiamo gli alberghi, cioè i servizi che sono in grado di offrire ai te fatta dagli studiosi dell’antico, che i Romani in fatto di tecnologia 50 a.C. di cui si abbia documentazione materiale, cioè archeolo-
le immagini di Peirce separa l’ipoicona dall’ipoicona diagrammatica.5 viaggiatori. In tal caso l’attivazione del comportamento di quest’ul- non hanno fatto passi avanti rispetto ai Greci, anzi che si sia trat- gica, dimostrano che è l’archeologia che potrà dare in futuro riposte
Allo stesso tempo non basta far riferimento, come si è appena ac- timi è esemplarmente significata dal fatto che una determinata si- tato di un “marcato regresso delle conoscenze scientifiche e tec- alle nostre domande sulla tecnologia antica. Dalle testimonianze
cennato, alla differenza tra rapporto espressivo e mimetico a pro- tuazione è stata previamente significata. E lo stesso vale per le altre nologiche rispetto all’ellenismo” o che non hanno lasciato nessuna materiali è possibile risalire alle idee, agli studi, alle analisi, alle
posito dei segni e ciò di cui essi stanno al posto, poiché rappresentazioni geografiche in oggetto: per lo Scudo, anch’esso co- tecnologia valida ai posteri, risulta di fatto confutata e confutabile. sperimentazioni, alle tecnologie che le hanno prodotte con un pro-
simbolicamente si danno, anche nel caso di una mappa, almeno due pia di un itinerario (“se arrivi qui ti fermi”); per le illustrazioni del Cor- Il trasporto a Roma dell’obelisco da installare sulla spina del cir- cesso inverso, ma non per questo meno interessante e ricco di
livelli o piani: quello di base, costituito dall’insieme delle unità che pus, che era un manuale di misurazione per la sistemazione territoriale co di Caligola richiese da 800 a 900 tonnellate di lenticchie per scoperte, a quello che molti studiosi hanno fatto. L’archeologia re-
veicolano il contenuto primario, stabilisce il livello denotativo, e in (“se queste sono le condizioni del terreno devi fare così”); per il Mo- controbilanciare le 322 tonnellate dell’obelisco e le 174 tonnellate gala fatti (Settis 1979).
determinate circostanze diventa a sua volta espressione di un con- saico, realizzato sul pavimento della chiesa affinché la gente pre- del piedistallo: si dovette costruire una nave adatta a quel carico Esiste quindi la possibilità di ricostruire non solo machinae nel
tenuto ulteriore, caricandosi in tal modo di una funzione connotati- gasse, dunque in grado di comunicare molto più imperativamente eccezionale. Anche se fu usata per un solo e straordinario viaggio, senso di strumenti, ma anche i ‘procedimenti tecnologici’, spes-
va. Per dirla con Eco: stabilita una convenzione “la connotazione il da farsi (“se sei qui, devi pregare”). i costruttori non potevano rischiare di farla affondare e quindi do- so anche molto semplici, che hanno portato a produrre oggetti e
diventa funtivo stabile di una funzione segnica il cui funtivo soggia- Ha scritto insomma Carl Schmitt7 che la meccanizzazione della rap- vettero ricorrere alle conoscenze circolanti all’epoca di idrostati- manufatti (come le ceramiche, i vetri, etc.), a trasformare alimen-
cente è un’altra funzione segnica”. Quel che insomma si produce è presentazione statale ha risparmiato al mondo ogni ulteriore deci- ca, evidentemente eredi degli studi di Archimede (Plinio, Naturalis ti (grano, olio, vino etc.), a trasportare a lunga distanza per mare
la cosiddetta “superelevazione dei codici”, per cui una significazio- sione metafisica, sicché tutte le macchine sono derivate di Historia, 16, 201-202; Pomey, Tchernia 2006). e per terra, a fare misurazioni e comunicazioni, in una commi-
ne è in grado di veicolare un’altra significazione, che corrisponde ap- conseguenza: ha dimenticato di aggiungere che tale meccanizza- A conferma di quanto sopra – e si tratta solo di casi esemplari – stione tra tecnologia ed economia, tecnologia e società o strati so-
punto ad una risposta comportamentale.6 Sotto tal profilo è alquanto zione è il prodotto dell’immagine cartografica, autentica machina si possono portare poi, con la riflessione dello studioso e la ricer- ciali in evoluzione, cercando tuttavia di non perdere di vista la
agevole sostenere che la Tabula, lo Scudo, il Corpus e il Mosaico sod- machinarum, e che essa ha fatto in Occidente le sue prime grandi ca dello scienziato, argomenti a favore di questa che non è una te- centralità dell’uomo, che ha sempre avuto l’obiettivo di migliora-
disfano una funzione connotativa: e proprio per questo funzionano prove con la cartografia romana. si, ma una constatazione della realtà di quanto ci è stato trasmesso re il suo vivere.
dal passato: e la ricerca archeologica, giorno dopo giorno, non fa Ad esempio, se guardiamo alla tecnica edilizia utilizzata per co-
altro che confermare quanto sopra. struire le terme di Caracalla, dobbiamo desumere che certi calco-
1
Wunenburger J.-J., Filosofia delle immagini, Torino 1999, p. 400. anche: MacEachren A.M., How Maps Work. Representation, Visualization and De- Le nostre conoscenze si basano sui testi scritti pervenutici – e li statici i Romani li conoscevano (DeLaine 1997). E conoscevano
2
Levi A. e M, Itineraria Picta. Contributo allo studio della Tabula Peutingeriana, sign, New York-London 1955, pp. 257-258. Per qualche verso affine, sebbene non quindi su una tradizione letteraria di per sé discontinua e incom- le reazioni chimiche delle malte, anche per realizzare costruzioni
Roma, 1967, pp. 13-14, 145, 168, 176, 30-31; Dilke O.A.W., Itineraries and identica, la distinzione tra segni iconici e convenzionali di Keates J.S., Under-
Geographical Maps in the Early and Late Roman Empires, in Harley J.B., Woodward standing Maps, New York 1982, p. 67. pleta ed ormai ben nota e studiata – e sulle testimonianze mate- in acqua, come moli e ponti, o il punto di cottura e le misure stan-
D. (edrs), The History of Cartography, I, Cartography in Prehistoric, Ancient, and 5
Peirce C.S., Semiotica. I fondamenti della semiotica cognitiva, Torino 1980, pp. riali, che ci sono giunte, anch’esse incomplete e del tutto casuali, dard per la produzione in serie dei mattoni nelle fornaci della ‘Ti-
Medieval Europe and the Mediterranean, Chicago and London 1987, p. 249. 156-159. come sono appunto i dati di tipo archeologico, al contrario però ber Valley’, utilizzavano carpenteria modulare, tanto da accelerare
3 6
Levi, Itineraria Picta, cit., pp. 151-159. Eco U., Trattato di Semiotica Generale, Milano 1975, pp. 82-83.
4
Su tale distinzione si veda anzitutto: Robinson A.H., Sale R.D., Morrison J.L., 7
Schmitt C., Der Leviathan in der Staatslehre des Thomas Hobbes. Sinn und Fehl- in continuo incremento; ed è anche vero che talvolta parti di og- notevolmente i tempi di costruzione di edifici imponenti quali ap-
Muehrcke P.C., Elements of Cartography, New York 1984, pp. 286-288. Si veda schlag eines politisschen Symbols, Hamburg-Wandsbek 1938. getti ‘tecnologici’ non sono stati riconosciuti come tali da chi li ha punto le terme e gli acquedotti, non solo a Roma, ma in tutto l’Im-

24 25
pero. Se esaminiamo gli acquedotti, dobbiamo concludere che al- gionamento idrico a distanza, da parte di popolazioni le più di-
cuni concetti fondamentali di idraulica facevano parte del loro ba- verse: i Romani hanno imposto il loro modo di vivere e, impo-
gaglio di conoscenze, ereditato dai Greci e applicato dai Romani nendolo, hanno diffuso il loro modo di agire, di operare e di pensare.
su larga scala e per una vita migliore per tutti, come ben ricorda- Gli stessi scienziati greci parteciparono a questa koiné intellettuale,
no Frontino (De aquaeductu Urbis Romae,16), Plinio (Naturalis Hi- affascinati dalla crescita della nuova realtà politica che si era af-
storia, 36, 123), Rutilio Namaziano (De reditu, 1, 97-102) o Cassiodoro facciata sul Mediterraneo. Non solo: talvolta tecnici romani ven-
(Variae, 7, 6, 2-3). nero inviati negli stati confinanti quello romano quali consulenti
Ma poi, chi erano i Romani? Da occidente ad oriente, da nord e per la costruzione di opere architettoniche (difese di città, dighe)
sud, popoli diversi ad un certo punto della loro storia si chiama- (Traina 2006).
rono ‘Romani’ pur avendo origini, tradizioni, conoscenze, attitu- Gli antichi hanno costruito macchine anche importanti, ma per
dini, organizzazioni sociali e religiose diverse e quindi atteggiamenti porle in azione occorreva dell’energia: e quelle disponibili erano
diversi, modi di pensare, cognizioni pregresse diverse gli uni da- l’energia animale (nei trasporti di merci e persone e nell’agricol-
gli altri e reazioni diverse a situazioni che richiedevano soluzioni tura), l’umana, ma anche l’idraulica (nella molitura, nelle minie-
tecnologiche, anche in tempi diversi. Un altro problema era anche re), l’eolica (nei trasporti marittimi), solare, quella meccanica
quello della lingua, cioè della trasmissione dei saperi: in epoca ro- semplice e quella termica (cottura dei mattoni e delle ceramiche,
mana questo avveniva preferibilmente in greco o era bilingue; Vi- per fondere i metalli). Tra le altre l’energia idraulica era sicuramente
truvio usa il 12% di grecismi nel suo libro, come d’altra parte utilizzata nel I sec. a.C. per azionare il mulino ad acqua, come ci
abbiamo fatto noi ‘moderni’ nei neologismi in ingegneria, in me- testimoniano gli autori antichi da Strabone a Plinio ed era usata
dicina, in botanica e in altri ambiti scientifici. anche in altri campi in epoca pienamente imperiale, quali l’agri-
Machina: la parola latina indica nelle comuni accezioni dei voca- coltura, l’irrigazione, l’estrazione dei metalli e la lavorazione dei
bolari, sia quello che noi oggi intendiamo per ‘macchina’, sia marmi e del legno, uso che certamente ha aumentato la produ-
un’‘opera costruita ingegnosamente’ (Lucrezio: machina mundi), zione nei singoli settori, agricolo, minerario, etc., tuttavia insuffi-
sia un argano per sollevare pesi, o una macchina da guerra e d’as- cienti per poter fare quel salto di qualità che porterà all’invenzione
salto (machina arietaria) oppure, con significato traslato, ‘mac- della macchina a vapore che, adottata in modo generale intorno
chinazione, artificio, espediente, astuzia’. Se è vero che Vitruvio al 1830, ha rivoluzionato la produzione manifatturiera e i traspor-
(De architectura, 10, 1.1) indica con il termine ‘machina’ solo la ti (Wilson 2002).
gru calcatoria, tuttavia più avanti definisce come machinae, oltre Non si tratta però di ‘inventarsi un mondo romano tecnologico’,
a quelle per sollevare pesi, anche quelle per sollevare acqua, l’or- ma ricostruire archeologicamente le macchine con i frammenti o
gano idraulico e l’odometro (Settis 2005). le raffigurazioni pervenuteci e confrontandole con le descrizioni
Il termine machina è stato preso nel suo significato primario, cioè dei testi scientifici contemporanei, dal momento che sistemi di ri-
di opere costruite dall’uomo in applicazione a principi tecnici teo- scaldamento di grandi ambienti sono stati trovati (sez. 2.14), che
rici per facilitare, migliorare, le attività umane in tutti i campi del la livellazione e costruzione degli acquedotti (sez. 3.2) non pote-
fare pratico e della vita di tutti i giorni. Di conseguenza si è prefe- va essere realizzata senza strumenti di misurazione come la diop-
rito utilizzare il concetto di ‘storia della tecnologia’ nel senso di tra (sez. 1.7-14) ed è impensabile la costruzione di tanti chilometri
storia dell’utilizzazione ottimale – da parte dei Romani – dell’in- di strade poi percorse dai Romani senza immaginare un sistema
sieme di tecniche e conoscenze scientifiche impiegate in vari set- di conteggio delle distanze, dal momento che sia Erone che Vi- Da “L’Encyclopédie di Diderot & d’Alembert, Art des mines”, Inter-Livres, 2002
tori per razionalizzare, migliorare, organizzare i cicli produttivi in truvio hanno descritto l’odometro (sez. 1.13).
qualunque settore e/o tutto ciò che può essere applicato alla so- Se vennero adottati in tutto l’impero modelli di comportamento, li con le descrizioni di ‘macchine utili’ semplicemente forse per- Nel mondo romano non possiamo applicare leggi tecnologiche o
luzione di problemi pratici, all’ottimizzazione delle procedure, al- ma molto meno i modelli tecnologici, pur tuttavia il ‘modello del- ché le prime erano più spettacolari, singolari, ‘gli artifizi’ colpiva- economiche uguali per tutte le aree dell’impero, anche se i rap-
la scelta di strategie, dove il fine ultimo è, da un lato, il miglioramento la città romana’ a somiglianza di Roma lo troviamo sparso in tut- no di più la fantasia dei lettori e quindi gli scrittori di tecnologia le porti tra i paesi all’interno del bacino del Mediterraneo erano già
della qualità della vita (ad es. in medicina non tanto le ricerca di to l’impero. Il fatto poi che nel campo dell’edilizia si siano potute hanno descritte, mentre meno interessante era descrivere un tor- così stretti da rendere interdipendenti le economie di alcune aree,
rimedi generici e spesso più magici che salutari (placebo), quan- costruire fortune economiche, come quella di Haterius Tychicus chio per spremere le olive o un tornio per fabbricare ceramiche come ad esempio l’importazione di grano dall’Egitto o dalla Sici-
to la sperimentazione di tecniche chirurgiche, v. sez. 5) e quindi (sez. 2.3), grande appaltatore dello stesso anfiteatro Flavio, di- (Traina 2006). lia o quella dell’olio dall’Africa o dalla Spagna Betica verso l’Italia
in generale il progresso, dall’altro anche alla ricerca di soluzioni mostra che lo sviluppo di quell’attività era eccezionale e dovuto Le invenzioni non nascono per partenogenesi o, oggi verrebbe da e il grado di tecnologia nelle varie produzioni poteva variare così
tecnologiche per distruggere la vita (sez. 4). soprattutto a costruttori che investivano in tecnologia, cioè nel- dire, neppure per la casualità di un input elettronico: dietro ogni tanto sia per aree che per tempi diversi da non poter costituire una
Una delle domande che si sono posti gli studiosi è in che modo l’uso di macchine anche per risparmiare in manodopera per ac- scoperta c’è un uomo o più uomini (oggi, preferibilmente, una statistica accettabile: pur tuttavia queste aree di eccellenza tecno-
poteva avvenire la diffusione non tanto delle invenzioni quanto celerare i tempi di costruzione; se la famiglia degli Haterii era équipe). Le idee per fortuna viaggiano, vengono trasmesse, ela- logica ci sono state ed hanno certamente avuto un peso nella va-
delle innovazioni tecnologiche, cioè la modificazione dei modi di effettivamente legata al collegio dei fabri tignuarii, questo deve in- borate, migliorate, trasformate. È il progresso: una catena di even- lutazione generale che possiamo dare dell’economia romana.
produzione al fine di renderli più efficienti e meno costosi: l’im- dicare lo stretto legame tra appalti di costruzione e la corporazio- ti, che producono fatti, comportamenti o macchine che, in genere, E poi valgono sempre le ragioni della domanda e dell’offerta: un
pero romano in questo senso fu certamente catalizzatore, tutta- ne dei falegnami (DeLaine 2003). tendono a migliorare la nostra vita. grande progetto edilizio richiede organizzazione e materiali ade-
via con forme di differenziazione da provincia a provincia a seconda La tradizione di marchingegni spettacolari (gli automata, v. sez. È difficile che un’idea, una invenzione sia fine a se stessa: nor- guati nei tempi richiesti; i commerci interregionali dai centri ma-
delle vocazioni industriali dei vari territori (agricolo per Egitto e 11) sembrerebbe far pensare ad una tecnologica lontana dalla pra- malmente un’idea ne produce altre, e poi altre ancora, al punto nifatturieri che esportavano verso altri mercati potevano usufruire
Spagna, metallurgico per Spagna, Gallia, Britannia). L’espandersi ticità, mentre dobbiamo considerare il fatto che oggi una mac- che spesso è difficile riconoscere, nella scala gerarchica che si vie- di collegamenti assicurati dal regime romano e che cessano nel
dell’impero favorì certamente la diffusione, la condivisione di al- china lavatrice fa meno ‘storia’ di un missile nello spazio. Si sono ne così a creare, l’idea primigenia, dietro la quale c’è naturalmen- momento che l’amministrazione delle strade (la cura viarum) ces-
cune tecnologie di base, come ad esempio i metodi di approvvi- conservati i testi con le descrizioni di ‘macchine inutili’ e non quel- te il primo inventore. sa la sua attività (sez. 6.13).

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Anche se i Romani non facevano che copiare macchine o ripetere chiaramente lo stesso Vitruvio nel De Architectura (10, 1.5-6):“Quan-
in maniera pedissequa risultati conseguiti dalla scienza ellenistica, to al nutrimento non avremmo poi abbastanza cibo se non fosse-
Machina:
secondo alcune tesi (Russo 2006), è pur vero che nel tardo impe- ro stati inventati i gioghi e gli aratri per i buoi e per tutte le bestie l’esperienza tecnologica nel contesto mediterraneo antico
ro c’è stato un interesse nuovo per la sperimentazione e una dif- da soma. E se non fossero stati ideati per la torchiatura delle olive
fusione mai riscontrata prima di macchine belliche e di accorgimenti dei torchi, dei verricelli, delle leve, noi non avremmo potuto gode-
tecnici (Tomei 1982). Ed è anche vero che solo le condizioni sociali, re del piacere dell’olio limpido o dei frutti della vite; e il trasporto Marco Galli
economiche, strutturali createsi durante l’impero romano hanno di questi prodotti sarebbe impossibile se non fossero stati inven-
potuto permettere una diffusione non delle teorie, ma della prati- tati i congegni meccanici (nisi inventae essent machinationes…) dei
ca di molte, se non delle più sofisticate, macchine; non forse in mo- carri e delle carrette agricole per andare per via terra e quello delle A me la semplice contemplazione della saggezza porta via molto tempo; la guardo stupefatto, come
do omogeneo, né coordinato, né continuo, né spesso consapevole, navi per andare per mare…C’è poi una infinità di apparecchi mec- guardo talvolta l’universo che spesso vedo con occhi nuovi. Nutro, perciò, venerazione per le scoperte
per imitazione, per imposizione, per opportunità, ma c’è stato ed canici dei quali non vale la pena di parlare perché sono di uso quo- della saggezza e per chi le opera. Mi piace venirne in possesso come se fossero eredità di molti. Queste
è alla base del comune vivere civile europeo. Senza l’intervento ‘ro- tidiano: le mole…E gli altri congegni che hanno per ognuno un’utilità conquiste, questi sforzi sono stati fatti per me. Ma comportiamoci come un buon padre di famiglia,
mano’ quindi le scoperte del mondo greco, e in particolare elleni- pratica nella vita di ogni giorno”. ampliamo il patrimonio ricevuto; quest’eredità passi accresciuta da me ai posteri. Da fare resta ancora
stico, non sarebbero andate lontano; Roma lo ha potuto fare per E possiamo dire che Nerone e Luigi XIV vivevano allo stesso mo- molto e molto ne resterà, e a nessuno, sia pure fra mille secoli, sarà negata la possibilità di aggiungere
l’estensione territoriale raggiunta, per i contatti istituiti con altre do, disponevano delle stesse energie per muovere le loro mac- qualche cosa ancora.
culture, per l’autorità del suo potere: questo sì che è un merito, che chine e le loro carrozze, facevano coltivare la terra con macchine Seneca, Epistola VII, 64, 6-7 (trad. C. Barone, Milano 1989)
possiamo tranquillamente riconoscere ai Romani. molto simili, macinavano il grano con i mulini ad acqua, estrae-
In conclusione sembra opportuno riportare quanto scrive molto vano minerali dalle miniere con argani e strumenti ‘romani’.

homo faber-homo sapiens Quam vero aptas quamque multarum artium ministras ma-
nus natura homini dedit. Digitorum enim contractio facilis fa-
La tecnologia studia i mezzi con cui l’essere umano agisce sul- cilisque porrectio propter molles commissuras et artus nullo in
l’ambiente in cui vive modificandolo. Questa definizione di tec- motu laborat, itaque ad pingendum, fingendum, ad scalpen-
nologia richiama molti temi oggi di forte attualità che segnano il dum, ad nervorum eliciendos sonos ad tibiarum apta manus
dibattito sul ruolo e sui confini delle nuove tecnologie, un acceso est admotione digitorum. Atque haec ablectationes, illa ne-
dibattito spesso caratterizzato da posizioni contrastanti e da ri- cessitatis, cultus dico agrorum extructionesque tectorum, te-
svolti ideologici. gumenta corporum vel texta vel suta omnemque fabricam
Ma qual’era la consapevolezza e la visione degli antichi nei riguardi aeris et ferri; ex quo intellegitur ad inventa animo percepta sen-
di una tematica, come quella del progresso tecnologico, sentita sibus adhibitis opificum manibus omnia nos consecutos, ut
così viva e attuale? tecti ut vestiti ut salvi esse possemus, urbes muros domicilia
La mano è il primo strumento tecnologico con cui l’essere uma- delubra haberemus. (…) nostris denique manibus in rerum na-
no trasforma, contrasta, manipola il mondo che lo circonda: al- tura quasi alteram naturam efficere conamur
cune bellissime riflessioni di Cicerone, nell’opera ‘La natura divina’, (Cicerone, de natura deorum 2, 150-152).
rivelano piena coscienza e ammirazione per le risorse intellettua-
li e le abilità manuali dell’uomo, in grado di trasformare la natura Quasi alteram naturam, dunque ‘quasi una seconda natura’, dice
fino a crearne un’altra: il più celebre oratore e politico di Roma antica, un altro ordine ol-
tre a quello dato e conosciuto. Si è tentati di vedere in questa ‘se-
Quanto sono abili le mani che la natura ha dato all’uomo e conda natura’ una adeguata traduzione di quella capacità di
quanto numerose le arti di cui esse sono strumento! Infatti pos- adattamento all’ambiente naturale circostante di cui parlano og-
siamo contrarre e distendere le dita grazie a giunture flessibi- gi le scienze antropologiche e sociologiche quando indagano le
li, e il dito non fatica in nessun movimento. Così la mano, più diverse culture umane.
accostando le dita, è in grado di dipingere, modellare, scolpi- ‘Fare’ e ‘saper fare’, ‘sperimentare’ e ‘creare’ si traducono per l’uo-
re, di far scaturire suoni dalla lira e dal flauto. E oltre a queste mo antico in molteplici modi di combinazione ed elaborazione
arti ricreative vi sono anche quelle necessarie: l’agricoltura dell’ambiente fisico che lo circonda e di abile utilizzo dei mezzi
Bibliografia di riferimento (fig.1), l’edilizia, la tessitura e la cucitura di abiti e tutta la la- naturali in esso disponibili. Nonostante posizioni contraddittorie,
Carandini 1980; Cracco Ruggini 2001, pp. 73-94; DeLaine 1997; DeLaine 2003, pp. 723-732; vorazione del bronzo e del ferro; da ciò si comprende che noi che spesso tradiscono un esplicito disprezzo nei confronti del la-
DeLaine 2006, pp.237-252; Di Pasquale 2004; Humphrey, Oleson, Sherwood 1998; abbiamo conseguito tutto ciò applicando l’attività manuale voratore manuale e dell’esecutore tecnico dei mestieri, ritorna
Marcone 2006, p. 182, 192-193; Minonzio 2004, pp. 263-312; Oleson 2008; degli artigiani (fig.2) a scoperte della mente e a percezioni dei ugualmente con forza nel pensiero antico la consapevolezza di
Pomey, Tchernia 2006, pp. 87-97, in particolare p. 94; Romano 1997, pp. 79-95; Russo 2006, pp. 23-29; sensi, in modo da poter essere coperti, vestiti, protetti,e da ave- un’umanità segnata da uno sforzo incessante di creare, median-
Russo 2008; Settis 1979; Settis 2005; Solis Santos 1988, pp. 705-728; Tomei 1982, p. 63 ss.; re città, mura, case e templi (…) con le nostre mani infine ten- te l’opera della sua intelligenza e delle sue mani, il ‘mondo della
Tomei, Tecnologia, pp. 273-302; Traina 2006, pp. 262-263; Wilson 2006, pp. 226-229; tiamo di creare quasi una seconda natura nella natura vita’: ad inventa animo percepita sensibus, si tratta quindi di un’at-
Wisseman, Wisseman 1994. (trad. C.M. Calcante, Milano 1992) tività manuale applicata alle scoperte della mente e dei sensi, va-

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tratti più dalla storia delle invenzioni e dalla scoperta di “rivolu- anche le élites provinciali: l’esistenza di un ceto di consumatori fe-
zioni”, ritenute in grado di spiegare convenientemente trasforma- ce sì che, accanto ad una economia di sussistenza, ci fosse la ne-
zioni repentine o radicali mutamenti rispetto al passato, che cessità di una produttività di più ampia portata e su vasta scala.
dall’osservazione dei processi di lunga durata e di reciproco in- Questo processo determinò a sua volta la richiesta di manodope-
flusso. Dall’altro gli storici si sono concentrati invece sulle com- ra e di un ceto artigianale sempre più specializzato e, conseguen-
ponenti sociali ed ambientali che determinano il network delle realtà temente, di una corrispondente organizzazione del lavoro secondo
locali della cultura mediterranea, in particolare focalizzando il ruo- criteri di maggiore razionalità. Il fenomeno della razionalizzazione,
lo delle strutture politiche sull’avanzamento tecnologico e sullo cioè lo sforzo di migliorare il processo produttivo secondo le sem-
sfruttamento delle risorse produttive. pre maggiori necessità economiche, è strettamente connesso con
Nella storia del Mediterraneo antico il ruolo della tecnologia non si il fenomeno dello sviluppo tecnologico, cioè del potenziamento e
precisa pertanto come quello di un possibile catalizzatore di rivolu- delle innovazioni nel campo delle applicazioni tecnologiche.
zioni e di radicali transizioni tra periodi e sistemi culturali, quanto si Infatti, grazie al contributo offerto negli ultimi decenni dallo stu-
delinea piuttosto come una delle forze propulsive di più complessi dio dettagliato della documentazione archeologica e da una at-
sistemi di risposta al bisogno di produttività, infine, come uno dei tenta valutazione delle fonti storiche (si pensi solo alle iscrizioni,
molti poteri che influiscono nella vita delle microlocalità. un tempo solo marginalmente considerate, o la straordinaria mo-
le di dati offerta dai papiri, addirittura ignorata) possiamo ricom-
porre ora un quadro complessivo altamente diversificato, dove i
Tra tradizione e innovazione: concetti di innovazione, stagnazione o, addirittura, recessione pos-
Fig. 1 Colonna di Traiano (113 d.C.), dettaglio con legionario intento alla Fig. 2 Rilievo funerario (II sec. d.C.) con scena di bottega di artigiani intenti il network tecnologico dell’impero romano sono coesistere a seconda dei periodi o delle microregioni inte-
mietitura del grano (da calco, Roma, Museo della Civiltà Romana). al lavoro del rame (calco, Roma, Museo della Civiltà Romana). ressate. Rispetto al giudizio assai limitativo espresso nel passato
Secondo quali parametri valutare l’esperienza tecnologica in una in relazione alla tecnologia antica nei termini di stagnazione, di
le a dire inscindibile da processi intellettivi e cognitivi. Molti pen- di includere non solo l’agricoltura, l’estrazione delle materie pri- società antica pluriculturale e policentrica quale quella romana? mancanza di progresso e di potenzialità non sfruttate, l’archeolo-
satori ed intellettuali nel mondo ellenistico-romano, a partire da me, le attività produttive e costruttive su ampia scala, i mezzi di L’esperienza tecnologica è parte della realtà globalizzata dell’im- gia, di contro, ha aiutato notevolmente a recuperare con forza
Aristotele, hanno riconosciuto nella simbiosi tra intelletto inven- trasporto ma anche l’amministrazione e le altre tecniche di ge- pero romano, durante il suo lungo percorso di formazione, costi- un’immagine dell’impero romano dinamica, con un commercio
tivo e tecnica esecutiva un fattore essenziale per la conquista del- stione delle istituzioni. tuzione e disfacimento; più che ‘rivoluzioni’ o nette cesure si attivamente basato sullo scambio monetale, con industrie urba-
la natura e dello sviluppo dell’umanità. La storia della tecnologia antica non è quindi solamente una sto- riscontrano invece linee di continuità di saperi e di tradizioni pree- ne e rurali spesso a carattere estensivo, con una pianificazione per
Per questo motivo il discorso sulla tecnologia è il discorso sul- ria di saperi, tradizioni e competenze tecniche gelosamente eredi- sistenti accanto alla presenza di influssi innovativi, di rielabora- lo sfruttamento massiccio delle risorse naturali, a volte anche dram-
l’insieme di saperi e di processi prima di tutto mentali che ma- tate e custodite da un gruppo di specialisti, di pensatori teorici e di zioni e fenomeni di adattamento a livello locale. In questa ottica matico nei suoi risvolti ambientali.
nuali: il pensiero tecnologico fa parte di un ‘agire strategico’ messo abili esecutori, ma anche quella del lungo ed intricato processo di è consono parlare, in sostituzione di ‘tecnologia romana’, di una Questo nuovo modo di impostare lo studio e la valutazione del-
in atto per risolvere un insieme di problemi che il singolo indivi- elaborazione – ricezione – applicazione di conoscenze socialmente storia della tecnologia durante l’età romana. l’esperienza tecnologica nell’impero romano ha insegnato a diver-
duo o il gruppo si trova ad affrontare. Quale coscienza avevano e culturalmente condivise. Per questa ragione, in antico come og- L’agire tecnologico dell’uomo romano è quindi connaturato con sificare e distinguere in relazione al preciso contesto sociale, alle
gli antichi di tale habitus fatto di riflessione e di abilità tecnica? gi, il ‘fare’ e ‘il saper fare’ costituiscono attività non solo necessa- le strutture geografiche, economiche e socio-culturali dell’ambiente condizioni ambientali e necessità economiche. Particolarmente
Quali erano i campi di applicazione di tale ‘agire strategico’? rie al funzionamento della società, ma strumenti di valorizzazione in cui si esprime. L’impero romano riuniva sotto di sé un territo- esemplificativo è il fatto che certe tecnologie tradizionali e mille-
Ancora una volta ci soccorrono le considerazioni di Cicerone che sociale dell’uomo, seppure con una gamma altamente diversifica- rio che si estendeva dall’Inghilterra settentrionale, in parte inclu- narie diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo, come quelle rela-
spesso sottolinea il potere creatore del lavoro e dell’industria del- ta di sfumature secondo i contesti e gli ambiti cronologici. dendo anche la Scozia meridionale, fino ai margini del deserto tive alla macinazione dei cereali e caratterizzate dall’impiego della
l’uomo. Come viene efficacemente espresso nelle osservazioni La complessità della dimensione tecnologica dell’uomo antico è africano e alle cataratte del Nilo, mentre da Ovest a Est com- forza animale, continuassero ad avere ampia applicazione, men-
condotte sul modo di agire responsabile (Cicerone, de officiis 2, 3- concettualmente inscindibile dal diversificato e frammentario qua- prendeva i territori da Gibilterra fino all’Eufrate: la sua superficie tre solo a fronte di determinate condizioni di sviluppo socio-eco-
5), proprio alla combinazione di pensiero razionale, abilità tecni- dro ambientale, culturale ed economico, in cui ha preso forma e è calcolabile in ca. 6 milioni di km2. Lo spazio dominato da Roma nomico avessero diffusione tecnologie innovative, come quella della
ca e manuale si fanno risalire la medicina, la navigazione, significato, vale a dire il bacino del Mediterraneo. È utile richia- fu compreso in un’imponente rete stradale, dotata di numerosi macinazione dei cereali grazie all’impiego dell’energia idraulica.
l’agricoltura, il commercio, l’estrazione dei metalli, poi, continuando mare il puntuale rimando a quella connectivity of microregions, ad ponti, che attraversava le diverse province dell’impero per un’esten- Lo studio delle fonti storiche e, soprattutto, la valorizzazione delle
l’enumerazione, l’architettura, fino ai grandi progetti di regimen- una rete di connessioni esistenti tra realtà locali, recentemente for- sione che nel II sec. d.C. si può calcolare tra 80.000 e 100.000 evidenze archeologiche testimoniano processi di diffusione e cir-
tazione e distribuzione delle acque ed alle grandi opere di inge- mulato da Horden e Purcell, in cui si sintetizza l’immagine di un km: ma si trattava solo delle grandi strade romane a cui si devo- colazione dei saperi diversificati e con forti interconnessioni. Da un
gneria, come ponti e porti: tutti campi in cui si dimostra al meglio articolato tessuto connettivo, dove convivono e interagiscono le no aggiungere poi le strade locali. lato un chiaro interesse per queste idee e la loro circolazione emer-
l’esistenza, per un intellettuale e politico alla metà del I sec. a.C., culture mediterranee. Con il principato di Augusto iniziò un periodo di quasi 250 anni ge dalle osservazioni degli autori antichi: esplicativi per queste in-
una concezione positiva del progresso della cultura umana attra- Sullo sfondo di queste molteplici realtà locali il patrimonio dei sa- che, nonostante sommosse locali e scontri militari per la succes- terconnessioni sono i casi dei sistemi di irrigazione sperimentati ad
verso il potere creativo della tecnica. peri tecnologici si radica nella storia dell’ambiente e del suo sfrut- sione al trono, fu definito pax romana. L’imposizione del diritto, Alessandria, illustrati anche da Vitruvio in modo esaustivo. Dall’al-
La concezione che univa l’abilità creativa dell’homo faber alla di- tamento pianificato ad opera dell’uomo; similmente il percorso l’estensione di un articolato apparato burocratico amministrativo- tro le applicazioni di nuove tecnologie sono documentate in tutto
mensione raziocinante dell’homo sapiens non era frutto di una tecnologico si sovrappone e si interseca con la storia commerciale tributario, la forza di un imponente esercito, instaurarono e pre- l’impero dalla Britannia all’Egitto in settori come l’estrazione mine-
supposta ‘mentalità romana pratica’: si trattava di una diretta con- e le sue dinamiche economiche. servarono a lungo nei territori conquistati l’imperium di Roma. La raria, l’attività delle cave, l’irrigazione, l’agricoltura, i trasporti.
tinuità con il pensiero di Aristotele che chiamava saggi coloro i Per questo motivo, dunque, non si può anteporre lo studio delle pace relativa creò le premesse per un incremento demografico sen- Dal Vallo di Adriano al deserto della Libia troviamo documentato
quali si erano distinti in particolari scoperte tecniche, un’eredità singole invenzioni o delle singole innovazioni tecnologiche a quel- za precedenti: nel momento di massima espansione nel II sec. d.C. un quadro articolato di impianti per drenaggio, raccolta, distribu-
questa che sarà sviluppata dal filosofo stoico Posidonio che, as- lo delle relazioni di potere - controllo - sfruttamento economico la sua popolazione si aggirava sui ca. 60.000.000 di abitanti. zione e conservazione delle acque per scopi agricoli, domestici e ar-
similando homo faber e homo sapiens, celebrerà il progresso tec- che costituiscono i maggiori fattori determinanti il processo pro- Questi fattori, qui esposti in forte sintesi, condussero parallela- tigianali; allo stesso tempo sono emerse eclatanti dimostrazioni di
nico come parte dello sviluppo della saggezza. Una tale concezione duttivo nel Mediterraneo. mente ad uno sviluppo economico notevole, che si rifletteva nel tecnologia avanzata e concretamente applicata a impianti prodot-
dell’esperienza tecnologica come risultato di ratio e ars permette Infatti, da un lato gli storici della tecnologia antica sono stati at- benessere non solo dei ceti dirigenti e delle classi alte di Roma ma tivi su vasta scala: l’energia derivata dall’uso della forza dell’acqua

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Fig. 3 Frammento di rilievo con scena Lo storico Andrea Giardina ha recuperato questa suggestiva imma- Fig. 4 Una città dell’impero
di nove minatori, da Linares, l’antica Castulo gine dell’impero romano come terra di macchine e, soprattutto, di romano: Hierapolis di Frigia
(Spagna, oggi a Museo di Bochum, uomini-macchina da un testo birmano in lingua pali del XI-XII seco- (Pamukkale, Turchia). La città,
v. sez. 8.1) lo, ma basato su testi sanscriti precedenti: si tratta di una visione da probabilmente fondata nel III sec.
parte dell’Altro, del non romano, di Roma come paese degli automi, a.C., vive in età imperiale
dove l’elemento tecnico e quello umano tendevano a compenetrarsi e un’importante fase di sviluppo
gli uomini potevano assumere le sembianze di macchine dotate di spi- economico grazie a numerose
rito. Questa immagine del paese degli automi cristallizzatasi nell’im- attività artigianali e produttive
maginario indiano è quindi un’efficace metafora di come, presso destinate non solo al fabbisogno
culture non mediterranee, quell’esperienza o, piuttosto, quell’onni- locale ma anche ad esportazioni
presenza tecnologica fosse sentita come fattore peculiare al dominio su larga scala: da numerose
di Roma e percepita come una cifra caratterizzante di questa cultura. iscrizioni e dalle fonti letterarie
Ma quale era invece il quadro mentale in cui le macchine venivano emerge in particolare il ruolo della
concepite e vissute dall’uomo romano? produzione tessile e di lana tinta
In netto contrasto con l’esperienza contemporanea, che vede mac- con un pigmento vegetale simile
china e nuove tecnologie correre continuamente il rischio, sotto il alla famosa porpora ma molto
peso di istanze etiche e religiose, di collocarsi al di fuori o addirittu- più economico. Si conoscono
ra ‘contro natura’, al contrario, nel pensiero antico l’evoluzione del- inoltre potenti associazioni di
la macchina e delle tecniche non rappresenta un fattore di mestieri, tra cui i tintori, tessitori,
disgregazione dell’ordine naturale. L’autore che nella cultura roma- i fabbri, e gli addetti al
fu impiegata con grande successo (fig.3) all’estrazione mineraria (il na è stato in grado di cogliere questo rapporto di equilibrio tra tec- funzionamento delle macchine
caso delle miniere spagnole), alla lavorazione delle pietre tramite i nica e natura è Vitruvio, per il quale l’ideazione delle macchine è parte idrauliche (D’Andria 2003).
dispositivi con la sega idraulica (l’esempio di Hierapolis di Frigia, delle potenzialità concesse agli uomini:
Turchia, fig.4) gli impianti industriali per la macinazione (l’impo- Con una grande varietà di osservazioni tutto il libro decimo di Vi- Non tutti i cereali si macinano facilmente. In Etruria la spiga di
nente contesto della prima età imperiale a Barbegal presso Arles). Tutti i congegni meccanici devono la loro origine alla natura e il lo- truvio mette particolare enfasi su impianti e tecniche che rimpiaz- farro abbrustolito viene schiacciata da un pestello con la punta
Quale immagine possiamo farci dunque dell’esperienza tecnologi- ro principio fondamentale alla rotazione del mondo, da cui trag- zano la forza umana con fonti alternative di energia tra le quali, prima di ferro dentro un tubo dentellato, che ha all’interno una stella
ca durante l’età del dominio di Roma nell’area del Mediterraneo e gono lezione e insegnamento. (…) Quando dunque i nostri antenati tra tutte, il potere dell’acqua. dentellata anch’essa, così che, se per caso pigiano con troppa for-
nelle regioni limitrofe rispetto allo stato attuale delle ricerche e al no- compresero la natura di tali fenomeni, trassero i loro modelli dalla za, i grani vengono scheggiati ed il ferro si spezza. La maggior
tevolissimo ampliamento della documentazione archeologica in tut- natura e imitandoli, guidati dalle opere divine, svilupparono appli- Sulla base dello stesso principio si fanno girare anche i mulini ad parte d’Italia adopera un nudo pestello, ed anche ruote che l’ac-
te le regioni dell’impero? cazioni utili all’esistenza. E così, a scopo di maggiore comodità, al- acqua, che sono uguali in tutto tranne per il fatto che a una del- qua mette in movimento, ed eventualmente anche la macina.
Un modello di lettura che si propone qui è quello di considerare la cune le realizzarono per mezzo delle macchine e delle loro rotazioni, le estremità dell’asse è fissato un tamburo dentato, e quest’ulti- (trad. A. Aragosti et al., Torino 1984)
tecnologia o le tecnologie alla stregua di un network fatto di centri e altre per mezzo di strumenti, e quelle che capivano essere utili ai mo, posto verticalmente di taglio, gira contemporaneamente alla
periferie, di legami e diramazioni di intensità e qualità diverse, di con- bisogni si preoccuparono di perfezionarle con la riflessione teorica, ruota. (…) ed è con la stessa rotazione che questo [scil. frumen- Si tratta di pisae, pestelli, azionati meccanicamente per l’impiego del-
nessioni più o meno dirette, che consentono o ostacolano il transfer con la ricerca tecnica, con l’istituzione graduale di una scienza. to] viene ridotto in farina. l’energia idraulica. Questo riferimento è di straordinaria importanza
di conoscenze e la loro concreta applicazione, che, infine, ne modifi- (trad. A. Corso-E. Romano, Torino 1997) documentaria proprio perché si asserisce che questa tecnologia è
cano la ricezione e il loro riadattamento da un determinato contesto Eadem ratione etiam versantur hydraletae, in quibus eadem sunt diffusa in maior pars Italiae, nella maggior parte della penisola. Le
ad un altro. Omnis autem est machinatio rerum natura procreata ac prae- omnia praeterquam quod in uno capite axis tympanum denta- attente osservazioni di Vitruvio e di Plinio riservate al mulino ad ac-
Ma il network tecnologico era al contempo parte di un insieme che ceptrice et magistra mundi versatione instituta. (…) Cum ergo tum est inclusum. Id autem ad perpendiculum conlocatum in- qua costituiscono una centrale testimonianza che la forza idraulica
lo conteneva, il sistema dell’impero, con le sue tensioni politiche e maiores haec ita esse animadvertissent, e rerum natura sump- cultrum versatur cum rota pariter. (...) In qua machina inpendens era utilizzata già nella prima età imperiale su larga scala e secondo
sociali, con i suoi fattori di crescita economica, con il suo mondo di serunt exempla et ea imitantes inducti rebus divinis commodas infundibulum subministrat molis frumentum et eadem versa- forme diversificate.
valori e modelli culturali; per questo il discorso sulla tecnica costi- vitae perfecerunt explicationes. Itaque comparaverunt, ut essent tione subigitur farina. Se a livello teorico questo poteva essere il quadro di riferimento che
tuisce solo una pagina del più vasto discorso sul potere. expeditiora, alia machinis et earum versationibus, nonnulla or- (Vitruvio, de Architectura 10, 5, 2). gli autori antichi di tecnologia verosimilmente restituiscono, quale
ganis, et ita quae animadverterunt ad usum utilia esse studiis, poteva essere invece il panorama concreto di impianti, di strutture
artibus institutis, gradatim augenda doctrinis curaverunt. La forza dell’acqua: essa rappresenta il primo sforzo di sfruttamento e macchine produttive che lui aveva di fronte?
La macchina del mondo: (Vitruvio, de Architectura 10, 1, 4) delle risorse naturali da convertire in lavoro meccanico (sez. 3, 12). Al- L’approccio archeologico, a cui la generazione di storici come Finley
pensiero scientifico e tecnologia nel mondo romano le riflessioni di Vitruvio fanno eco alcune importanti annotazioni di ha guardato in passato con estremo scetticismo (v. il contributo di
La natura offre il punto di partenza allo sviluppo dell’attività creatri- Plinio, in particolare in un passo recentemente evidenziato da Lewis Cordovana), si è rivelato al contrario per studiosi come Wikander ed
“In Oriente, al tempo dell’impero romano, si favoleggiava di un ce dell’intelligenza dell’uomo: tramite la costruzione di macchine il dove si parla di un procedimento per sgranare e triturare il grano: Oleson, Pleket, Greene o, sul versante italiano, Lo Cascio uno stru-
paese dove vivevano molti fabbricanti di “macchine veicoli di spi- pensiero tecnico trova nella natura il proprio campo d’azione e il pro- mento ermeneutico efficace, in grado di restituire l’immagine di una
riti”. Queste macchine venivano usate come strumenti di prote- prio spazio creativo. In Vitruvio le tecniche ricevono dalla natura i va- Pistura non omnium facilis, quippe Etruria spica farris tosti ri- società dinamica, di elaborare analisi ed interpretazioni sempre più
zione («bloccano, arrestano, respingono, fanno ostacolo»), lori di riferimento, divenendo, quindi, un valido mezzo di conoscenza. sente pilo praeferrato, fistola serrata et stella intus denticulata, articolate, all’interno di un confronto sistematico allargato a una plu-
svolgevano attività commerciali, coltivavano i campi, effettua- Alla luce delle riflessioni vitruviane si può concludere che nell’impe- ut, si intenti pisant, concidantur grana ferrumque frangatur. ralità di fonti. Ed è proprio nel caso dell’energia idraulica, special-
vano catture ed esecuzioni. Questo paese era Roma (Roma-vi- ro romano la meccanica antica abbia sempre mantenuto un assetto Maior pars Italiae nudo utitur pilo, rotis etiam, quas aqua ver- mente in quello del mulino ad acqua, che gli ‘scettici’ citavano per
saya)…” interno sufficientemente forte e definito, tale da poter apparire come set, obiter et mola. primo come esemplificazione del fallimento del progresso tecnolo-
(Giardina 1989). un sapere scientifico (Repellini 1989). (Plinio, Naturalis Historia 18, 97) gico antico, che la messe di nuovi dati e l’attenzione ai contesti e al-

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Fig. 8 Hierapolis, coperchio di
sarcofago dalla necropoli nord con
rappresentazione a rilievo della sega
idraulica per tagliare la pietra e
iscrizione funeraria di M. Aur.
Ammianos: prima metà del III sec.
d.C. (da Ritti-Grewe-Kessener 2007)

l’ambiente circostante ha apportato evidenze eclatanti sulla diffu- della farina e di altri cereali macinati fosse maggiore del grano stesso,
sione di impianti meccanici in agricoltura, nel campo minerario e in se i profitti e i vantaggi provenienti da impianti di tale complessità fos-
altri settori di attività, quali il trasporto o gli impianti termali. sero maggiori rispetto a macine convenzionali. Infine sarà da chiedersi
L’eccezionale complesso del mulino di Barbegal nella Narbonese, sco- se questa architettura “industriale” fosse di proprietà imperiale o mu-
perto e scavato tra il 1937 e il 1939, si trova in 7 km ad ovest della cit- nicipale, privata o piuttosto gestita da un collegium di mugnai.
tà di Arles, l’antica colonia cesariana di Arelate, all’entrata della valle Che l’impiego di tecnologie che, utilizzando una terminologia odier-
Fig. 5 Veduta aerea della valle di Baux, nei pressi dell’antica Arelate (Arles, Provenza): alla sommità del di Baux (fig.5). Si tratta di un edificio di 61 x 20 m, realizzato forse al- na, potremmo definire ‘avanzate’ implicasse non solo una stretta re-
pendio si distinguono i resti dei pilastri e degli archi che sorreggevano l’acquedotto, mentre in basso le le fine del I sec. d. C., che si presenta simmetricamente diviso in due lazione tra tecniche complesse e interessi di grandi investitori o di
emergenze dell’eccezionale mulino di Barbegal realizzato probabilmente in età traianea (Foto Leveau). settori, entrambi occupati da una serie di ambienti e separati da una gruppi organizzati nelle realtà urbane dell’impero romano, ma an-
scalinata centrale (fig.6). Il complesso era edificato alla base di un che comportasse di fatto l’esistenza di tutta una capillare infrastrut-
Fig. 6 Pianta del complesso del mulino di pendio, in una posizione ottimale per l’impiego mirato della forza tura di supporto (finanziaria, logistica, legislativa) è documentato da
Barbegal: si riconosce il tracciato dei due idraulica: scendendo dall’acquedotto costruito alla sommità della col- un interessantissimo dossier epigrafico provvisto di una ecceziona-
acquedotti che, confluendo in uno stesso bacino lina l’acqua era incanalata all’interno dell’edificio, dove, in due con- le, quanto rara testimonianza iconografica, ritrovato recentemente
collettore, vanno ad azionare la serie di 16 ruote dotte forzate discendenti, andava ad azionare una serie di ben 8 coppie nella città frigia di Hierapolis (v. sez. 3, 13).
a pale; si tratta di ruote a pala, disposte rispettivamente contro le facce interne dei Si tratta della parte laterale di un coperchio di sarcofago (fig.8), ri-
di un edificio di 61 x 20m simmetricamente muri est ed ovest del complesso (fig.7). Tale tipologia di impianto a trovato nella necropoli cittadina, che porta incisa un’iscrizione fune-
diviso in due settori (da Leveau 1996). ruote multiple si attesta, pur con diverse soluzioni applicative, anche raria con al centro la riproduzione a rilievo di un congegno meccanico.
in altri casi in diverse regioni dell’impero: presso la città e il fiume di La datazione del monumento si circoscrive probabilmente nella pri-
Fig. 7 Modello ricostruttivo del mulino di Crocodilo, 16 km a nord di Cesarea Marittima, a Chemtou e Testour ma metà del III sec. d.C. Il testo in greco porta il seguente testo
Barbegal, si tratta di una serie di ambienti nella Tunisia settentrionale. Gli ambienti disposti ai lati della scalina-
disposti sul pendio e separati da una scalinata ta centrale dovevano servire, invece, come magazzini per i cereali ma-
centrale, in una posizione ottimale per lo cinati: la capacità stimata di 4, 5 tonnellate per giorno di farina indica
sfruttamento della forza idraulica: l’acqua che si tratta di una produzione perfettamente in grado di soddisfare
incanalata all’interno dell’edificio in due condotte l’esigenze non solo dei 12.000 abitanti di Arles antica.
forzate discendenti, andava ad azionare una serie Il complesso di Barbegal, alimentato dallo stesso acquedotto che ri-
di ben 8 coppie di ruote a pala (Museo fornisce d’acqua la città, è un ottimo esempio di un impianto tecno-
Archeologico di Arles). logico di grande impatto nel paesaggio, la cui produzione era destinata
ad un mercato più ampio di quello della città. Impianti come quello di M. Aur. Ammianos, cittadino di Hierapolis, esperto come De-
Barbegal suscitano tutta una serie di importanti interrogativi su chi dalo al lavoro con la ruota, realizzò (il meccanismo rappresen-
istruisse e organizzasse le nuove forze-lavoro, chi rendesse disponi- tato) con l’abilità di Dedalo; e ora qui rimarrò
bile il capitale, se il guadagno nello stoccaggio e nella redistribuzione (trad. A. Ritti 2007)

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L’immagine scolpita a rilievo attesta con dovizia di particolari una
macchina con duplice sega per materiali litici azionata da forza idrau-
Economia e tecnologia nell’antica Roma
lica: questa rappresentazione costituisce un unicum nel suo genere,
perché non solo permette di ricostruire la macchina ma anche di ca-
pirne il tipo di funzionamento. Come si evince dalla ricostruzione
proposta (fig.9) l’energia era generata dalla rotazione di una grande Orietta Dora Cordovana
ruota a pale sotto la spinta dell’acqua corrente: la potenza ottenuta
era distribuita tramite una ruota dentata a demoltiplicatore. Questo,
a sua volta, andava ad azionare contemporaneamente due ruote do-
tate di leve che producevano l’oscillazione regolare delle due seghe
in metallo fissate in una struttura lignea e appoggiate sui blocchi da
Fig. 9 Disegno ricostruttivo del meccanismo
tagliare. Per quanto concerne differenze e peculiarità tra antico e mo-
progettato da M. Aur. Ammianos: la forza
derno, il congegno meccanico così ricostruito di Hierapolis illustra del getto d’acqua aziona il movimento della ruota Non v’è dubbio che il mondo romano e l’antichità classica in gene- zioni nel contesto di società antiche o moderne è conquista dell’an-
adeguatamente la concezione antica di machina come strumento che a sua volta fa funzionare le due seghe per il taglio rale non conobbero una rivoluzione industriale e tecnologica così co- tropologia culturale. La definizione che ne fornisce il dizionario lin-
sottoposto all’azione di una forza esterna, altresì capace di amplifi- dei blocchi (da Ritti-Grewe-Kessener 2007) me si ebbe in Europa e in Gran Bretagna tra il XVIII e XIX secolo. guistico Treccani è per noi assai rilevante e chiarificatrice delle
carla e canalizzarla in modo da ottenere risultati diversamente non Studiosi dell’economia antica e medievale, archeologi o storici della implicazioni e delle categorie che essa coinvolge. «In antropologia
perseguibili, se non con enorme sforzo. Simili impianti sono stati ri- Quale era lo sfondo sociale in cui viveva e lavorava il brillante in- scienza non di rado si sono interrogati sulle cause del ‘decollo man- culturale tecnologia è l’insieme delle attività materiali sviluppate dal-
costruiti sulla base dei reperti archeologici ritrovati ad Efeso e a Ge- ventore del congegno di Hierapolis? cato’ della tecnologia romana, con manifesto disappunto anche per le varie culture per valorizzare l’ambiente ai fini dell’insediamento e
rasa, ma databili non prima del VI sec. d.C.: l’eccezionalità Contro l’idea di una qualsiasi forma di emarginazione di questi ar- il fallito salto di qualità verso l’industrializzazione che Roma, seppure del sostentamento; in questo senso generale la Tecnologia costitui-
dell’esemplare da Hierapolis consiste proprio nella datazione estre- tefici, la sintesi tratta dalla vasta documentazione epigrafica della cit- potenza politica ed economica del Mediterraneo antico, non fu in sce una branca fondamentale della cultura e talvolta la si identifica
mamente più antica rispetto a questi impianti di età bizantina. tà ci permette ricostruire un quadro variegato di associazioni: da grado di realizzare. Perché l’impero romano non riuscì a produrre il con la cosiddetta ‘cultura materiale’, ma in realtà il suo significato è
Contro la spesso sostenuta concezione di isolamento o di emargi- quelle di chi lavorava il legno, a quelle per il marmo e gli altri mate- salto di qualità verso la rivoluzione industriale? I Romani erano con- assai più esteso poiché la ricerca connessa alla tecnologia incide tan-
nazione degli artefici antichi, come pure contro la separazione tra riali litici, assieme a coloro che invece utilizzavano il meccanismo sapevoli che diverse conoscenze scientifiche potevano migliorare le to sulla conoscenza teorica della realtà e della natura costitutiva dei
utilità e finalità pratica di una creazione e il riconoscimento di un’in- della ruota per gli scopi agricoli. Ma tra tutte spicca soprattutto la condizioni della vita quotidiana? Quale era il rapporto tra scienza, materiali, quanto sul loro uso e sulle loro proprietà con influenze di-
trinseca genialità inventiva da parte di un ideatore, testo e immagi- syntechnia degli hydraletai, vale a dire l’associazione di coloro che tecnologia ed economia nel mondo antico? rette nell’organizzazione sociale e politica». Se estrapoliamo alcuni
ne sul sepolcro ierapolitano documentano un altro risvolto inedito sono impegnati nell’ambito dei congegni meccanici ad energia idrau- Questi interrogativi non cessano di suscitare tra esperti e meno esper- concetti chiave, appare evidente da questa definizione che ‘tecnolo-
del rapporto tra artefice e creazione tecnologica. Dalle parole di Pli- lica: un network composto da chi inventa e progetta, costruisce ed ti un acceso dibattito, tuttavia spesso ancora radicato su alcuni luo- gia’ implica ‘conoscenza scientifica’ applicata a determinate condi-
nio comprendiamo il significato del rimando a Dedalo, mitica figu- installa, ma anche presta lavoro di manutenzione e riparazione di ghi comuni fuorvianti e su erronee impostazioni dei non facili problemi zioni ambientali, al fine di migliorare le condizioni di vita di un gruppo
ra del ‘primo inventore’: Ad aprire la prima bottega di falegname fu macchine concepite come quelle di Barbegal e di Hierapolis. implicati nel trinomio scienza-tecnologia-economia. Senza pretesa sociale che, tuttavia, mediante la sua cultura e il suo vissuto storico,
Dedalo, il quale inventò anche la sega, l’ascia, il filo a piombo, la tri- Come la storia dell’impero di Roma costituiva un sistema di realtà di giungere a considerazioni esaustive e conclusive, in questa sede incide e influenza variamente l’applicazione e l’entità stessa delle
vella, la colla, la colla di pesce (Plinio, Naturalis Historia 7, 198). Il ter- dinamiche, in continua trasformazione e cambiamento, anche il pen- intendiamo fissare alcuni dati importanti, che potranno aiutare nel- conquiste tecnologiche. Più semplicemente: scienza, tecnologia, am-
mine trochodaidalos, cioè ‘emulo di Dedalo nel creare un congegno siero scientifico nella mentalità romana si profila come percorso e la lettura visiva dei prodotti di ciò che, per converso, definiamo tec- biente/oikos (economia nel senso etimologico greco) e società cul-
a ruote’, enfatizzato dall’espressione ‘per mezzo di una techne de- creazione incessante: in un autore come Seneca si riflette ad esem- nologia romana. In primo luogo ci appare necessario: turale sono connesse in modo ineludibile.
dalica’, sembra alludere, pur nella frammentarietà del discorso, ad pio più volte l’immagine di scienza come cammino con ostacoli e a) chiarire il significato e l’interdipendenza tra scienza e tecnologia, L’approccio antropologico ha rivoluzionato lo studio storico del mon-
una realtà sociale in cui c’era spazio per una gerarchia generata dai difficoltà da superare, come sforzo costante, come processo creati- tra queste e le attività economiche; do antico e la percezione moderna di quelle variegate società e dei
procedimenti tecnici e dalle macchine, dove il fiero M. Aur. Ammia- vo continuo. Le machinae, per noi esperibili come costrutti teorici b) superare e ribaltare la prospettiva erronea legata all’idea di una loro sistemi economici. Unitamente allo studio delle fonti letterarie
nos meritava, per capacità e competenza, rispetto e dignità. nella prospettiva di autori come Vitruvio o come reali entità nelle evi- stagnazione scientifico-tecnologica e, quindi, economica del mon- e in correlazione con le nuove tecniche metodologiche legate alla ri-
Analogamente al testo anche la scelta dell’immagine, destinata ad denze archeologiche (l’impianto dei mulini a Barbegal) o iconogra- do antico; cerca archeologica, nella prospettiva dell’antropologia culturale gli
accompagnare il defunto e a immortalarlo agli occhi della sua co- fiche (il sarcofago di Hierapolis), furono adeguati strumenti di c) considerare adeguatamente anche le mentalità e i valori storico- studi storici sul mondo antico si sono valsi e hanno dialogato anche
munità, marcava l’accento su quanto l’ideazione di un congegno erogazione di energia, la cui potenza fu applicata con sforzo calibrato culturali presenti e persistenti nella società classica romana per con discipline che spaziano, per esempio, dalla geologia alla paleo-
meccanico costituisse un valore fortemente rappresentativo: capa- e intelligente a diversi ambiti di attività, apportando vantaggi eco- una corretta valutazione dell’impatto scientifico e tecnologico sul- botanica, alla paleontologia, dall’ingegneria idraulica e civile alla geo-
cità tecnica e applicativa, quella creativa e innovativa appaiono stret- nomici e benefici concreti alla vita materiale e sociale della società le economie antiche. grafia ambientale. Da ciò è derivato un aumento considerevole di
tamente associati al senso di identità civica e di stato sociale espresso romana: esse restarono, dunque, per tutta la durata dell’impero un Al di là di queste premesse generali, infine, le singole sezioni di que- dati quantitativi e qualitativi disponibili per la ricostruzione storica
dal defunto. mezzo efficace di espressione del potere e del dominio di Roma. sta mostra con il loro impatto visivo immediato possono costituire degli aspetti sociali ed economici del mondo antico. Ma, soprattut-
tra le più valide testimonianze dell’effettiva relazione tra acquisizio- to, è cambiato l’approccio metodologico nell’impostare le doman-
ni scientifiche, tecnologia ed economia nel mondo classico. Così la de canoniche riguardanti le strutture economiche e le acquisizioni
Bibliografia semplice forza delle immagini può per se stessa offrire l’evidenza scientifico-tecnologiche del mondo greco-romano e il suo presunto
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Distribuzione dei mulini ad acqua Doppia ruota idraulica delle Terme
e delle seghe idrauliche Stabiane a Pompei
(da Brun 2006; rielab. grafica: F. G.) (ricostruzione a 1/5 del vero
di L. Jacono.
Roma, Museo della Civiltà Romana)

tica ha alimentato, da un lato, il pregiudizio ancora parzialmente go periodo (una decina di secoli!) della dominazione romana. L’evo- mento dell’atmosfera nell’emisfero settentrionale, attraverso l’analisi In relazione, poi, alla mancanza di spirito imprenditoriale tra i grup-
diffuso nella mentalità moderna sulla presunta assenza di origina- luzione e le conquiste tecnologiche più significative specie in agri- dei sedimenti glaciali e lacustri in Europa e in Groenlandia. I livelli di pi dirigenti romani, accusati da Finley di eccessiva attitudine alla te-
lità e sulla scarsità di conoscenze scientifiche del mondo romano; coltura, il settore economico produttivo più importante, sarebbero contaminazione causati dall’estrazione mineraria, per i metalli desti- saurizzazione, sono state sollevate altre obiezioni. Nei sistemi
dall’altro lato, ha contribuito a radicare l’idea che un’effettiva cre- sopraggiunte solo a partire dal Medioevo (ad esempio il mulino ad nati alla monetazione, durante l’età romana sono in assoluto i più al- produttivi legati alle principali attività economiche del mondo anti-
scita economica e tecnologica non sarebbe stata una conquista de- acqua, o l’aratro pesante), quando si sarebbe effettuata un’effettiva ti e con picchi raggiunti successivamente solo durante la rivoluzione co (in particolare in agricoltura, nelle attività manifatturiere, nel com-
cisiva del mondo classico. accelerazione della produttività economica in Europa. industriale. Risulterebbe da questi dati, infatti, che l’estrazione di ra- mercio) è stata osservata una indubbia propensione alla
Nella ricostruzione storica di Finley la civiltà greco-romana non sa- La ricerca storica e le scoperte archeologiche successive agli anni ’80 me, argento ed oro (sez. 8.1) sarebbe stata assai elevata in Europa so- razionalizzazione economica delle risorse, degli investimenti e, quin-
rebbe stata in grado di sviluppare le conoscenze scientifiche e tec- hanno in gran parte contrastato e smentito in modo puntuale il mo- prattutto tra il I secolo a.C. e il II d.C. Da ciò si può facilmente dedurre di, dei costi nell’adozione di nuove tecnologie da parte dei gruppi
nologiche ereditate dal passato. Nelle società classiche, infatti, non dello economico di Finley. Nei suoi anni mancavano ancora le nu- che l’entità dei traffici commerciali, in ambito europeo e mediterraneo, possidenti e imprenditoriali. Diversi documenti in papiri o negli scrit-
vi sarebbe stata una applicazione pratica delle invenzioni scientifi- merose scoperte archeologiche ed epigrafiche derivate dalle province l’incremento della produttività economica, sostenuta dall’emissione ti degli agronomi hanno dato prove che contrastano l’idea finleyana
che ai fini di un incremento della produttività economica e per un romane del Mediterraneo; non si disponeva ancora dei dati interdi- di monete imperiali, furono particolarmente intensi e sembrano re- riguardante quella sorta di miope tirchieria negli investimenti, che
maggiore benessere collettivo. In altri termini: le conquiste scientifi- sciplinari ad incrocio metodologico e comparativo tra l’antropologia stituire dati tutt’altro che conformi ad un quadro di stagnazione e de- sarebbe stata caratteristica dei ceti abbienti dell’antichità. Numero-
che delle scienze esatte (caratterizzate da metodo empirico dimo- culturale e le discipline ambientali. pressione economica. si esempi pratici mostrano come la mancata adozione di un’inno-
strativo) non si sarebbero tradotte in scienza ‘applicata’ attraverso È profondamente cambiato, infatti, il quadro delle testimonianze ar- Anche il progresso degli studi sulla schiavitù antica e sul sistema so- vazione tecnica rispondesse di frequente a scelte economiche razionali,
le ‘invenzioni’. Le invenzioni a loro volta non si sarebbero tradotte in cheologiche nella cultura materiale, come anche la disponibilità di do- ciale e culturale romano hanno determinato una decisiva revisione specie nel caso in cui i costi di produzione, installazione o manu-
‘innovazioni’ – cioè tecnologia – con una ricaduta positiva sull’eco- cumentazione amministrativa e letteraria, arricchita ad esempio da un del modello di Finley. Alcune considerazioni di ordine storico e so- tenzione di una macchina fossero particolarmente elevati rispetto ai
nomia, cioè su quanto concerne l’organizzazione della produzione certo numero di papiri egiziani e orientali, da iscrizioni, o dalla migliore cio-ambientale hanno ridimensionato notevolmente l’idea che la guadagni ricavabili. Un caso emblematico fra tutti è quello della mac-
e la distribuzione delle ricchezze. Quali erano le ragioni di questa conoscenza degli scritti di agronomia. E sono notevolmente cresciuti massiccia presenza di manodopera schiavile sul mercato del lavoro china di Erone (prototipo antico della macchina a vapore moderna),
mancata connessione tra scienza, tecnologia ed economia? Finley i dati qualitativi e quantitativi ricavabili dallo studio della cultura ma- e nelle attività economiche abbia di fatto condizionato, con impatto con la quale si sarebbe potuta sfruttare l’energia derivante dai gas
individuava nell’organizzazione stessa delle società antiche, forte- teriale. Diversi manufatti che in un primo momento non erano stati fortemente negativo, lo sviluppo tecnologico di età romana. In pri- compressi, se non fosse stato per i costi alquanto elevati di legno e
mente dominate dal sistema schiavistico, uno dei più grossi limiti al riconosciuti, come il mulino ad acqua (sez. 3.12) (di contro databile mo luogo, dopo il periodo delle grandi conquiste di età repubblica- carbone nel Mediterraneo, materie prime essenziali per il suo fun-
progresso tecnologico ed economico: gli schiavi sarebbero stati pre- già in età ellenistico-repubblicana al III secolo a.C.) o a trazione ani- na, l’afflusso di prigionieri di guerra – cioè di schiavi – dovette ridursi zionamento. La cosa non stupisce, se consideriamo che anche nel-
feriti e impiegati al posto delle macchine, inibendo così l’avanza- male, o la ruota idraulica (sez. 3.11) utilizzata nelle miniere per il solle- notevolmente nella maggioranza delle province. In secondo luogo, la nostra avanzatissima società post-industriale i costi proibitivi della
mento della tecnica. Lamentava anche il carattere poco incline agli vamento di materiale, successivamente sono stati identificati con nei periodi successivi alle conquiste anche la loro riproduzione na- tecnologia odierna impediscono, ad esempio, una commercializza-
investimenti produttivi delle classi dirigenti dell’impero romano, che certezza e restituiti alla loro funzione originaria, grazie anche al mi- turale dovette essere molto limitata, condizionata com’era da fatto- zione di massa delle autovetture ad idrogeno, o una diffusa utiliz-
per un vizio di mentalità eccessivamente rivolta verso una miope te- glioramento delle tecniche e metodi di indagine archeologica. Inoltre, ri vari, quali le condizioni ambientali in cui viveva gran parte di essi zazione di pannelli solari per lo sfruttamento di energia alternativa
saurizzazione di capitali era assai restia a finanziare nuove inven- l’attuale conoscenza dello sviluppo urbano nei secoli del dominio ro- e, nondimeno, l’altissima mortalità infantile e femminile che afflig- che abbatta i livelli di inquinamento ambientale da anidride carbo-
zioni e applicazioni della tecnologia in vari settori economici. Tutto mano, delle tecniche costruttive, utilizzate sia nell’edilizia pubblica che geva in generale tutti i gruppi sociali della popolazione antica. Il fre- nica. In via collaterale, però, nel mondo antico abbiamo anche esem-
ciò induceva Finley a costruire una visione semplificata e poco arti- residenziale, e dell’incidenza demografica sul territorio hanno contri- quente ricorso alle manomissioni, inoltre, secondo quanto previsto pi di ‘calcolo del rischio’, con alti investimenti proprio in vista di
colata del sistema economico antico, sostanzialmente statico e ca- buito a sovvertire totalmente l’idea di una sostanziale staticità del mon- dal diritto romano, da un lato limitava di fatto la disponibilità di for- guadagni elevati. Alcuni papiri egiziani (l’Archivio di Eronino) sono
ratterizzato da una continuità uniforme nel tempo e nello spazio. do antico incapace di produzioni industriali e seriali, come ad esempio za lavoro schiavile ma, dall’altro, riduceva sempre più le differenze testimonianza diretta di questa volontà rivolta alla massimizzazio-
Non rilevava alcuna significativa trasformazione delle attività e pro- mattoni e ceramica, o utensili vari di uso quotidiano. Ma un dato di tra manodopera schiavile e quella libera, con riflessi significativi sul- ne dei profitti, specie nei fondi di alcuni proprietari terrieri nella re-
duttività economiche nei diversi luoghi del Mediterraneo e nel lun- straordinaria importanza riguarda i calcoli recentissimi sull’inquina- le condizioni e sul costo stesso del lavoro nel mercato produttivo. gione del Fayum durante il III secolo d.C. La razionalità economica

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nella gestione fondiaria sarebbe evidente in questi documenti che no vitali per la disponibilità di moneta corrente imperiale che irrora- È questo l’esordio del decimo libro su L’architettura (de Architectura, La grande massa di lavoratori, operai ed artigiani, schiavi o liberi
mostrano un sistema di contabilità alquanto sofisticato, nonché no- va qualsiasi attività economica, nonché gli alti costi sostenuti dallo 10, 1.3-4), riguardante la meccanica e le invenzioni tecnologiche, com- di condizione umile che fossero, costituiva il serbatoio naturale per
tevoli investimenti per il sistema di irrigazione dei campi e impianti stato per le spese di guerra. I giacimenti minerari, del resto, forniva- posto da Vitruvio durante il principato di Augusto, verso la fine del I la manodopera da impiegare nei vari contesti produttivi. Il proble-
per il sollevamento dell’acqua (sez. 3.10). Ancora nel contesto nor- no la materia prima per l’armamento di una società e di uno stato es- secolo a.C. Il passo, frutto della sua formazione di architetto profes- ma principale per gli imprenditori romani, però, spesso fu quello
dafricano, ma questa volta in Tunisia, in un’iscrizione sepolcrale del senzialmente bellico, che controllava a livello politico e sociale i maggiori sionista e tecnico, riflette in modo implicito la connessione tra quel- del reperimento di manodopera qualificata o da addestrare per lo
I secolo d.C. il committente vanta di essere stato il primo ad impor- raggruppamenti urbani dell’impero anche attraverso l’annona urba- le che per gli antichi erano le arti liberali (matematica, retorica, musica, sviluppo di determinate competenze e abilità. Per questa ragione
tare la viticoltura nell’area, sostenendo gli alti costi per il rifornimento na e militare, con continui e crescenti rifornimenti di grano e prodot- filosofia, che a quei tempi includeva anche fisica, astronomia, geo- a volte si poteva preferire l’investimento in macchine e tecnologia,
idrico della regione. Allo stesso modo, durante il principato di Clau- ti agricoli vari (specie olio, vino, carne di maiale). Tutto questo può metria) e la loro applicazione pratica per la realizzazione di strumenti ma ciò che qui si deve evidenziare è che questa tendenza già illu-
dio (41-54 d.C.) alcuni imprenditori avrebbero sostenuto le spese ele- dare un’idea di quanto fosse complessa e sfaccettata la realtà della e macchine, utili in vari mestieri ed attività. Le arti liberali erano es- strata conviveva di fatto con la mentalità e necessità di non rispar-
vatissime per le grandiose opere di prosciugamento del lago del società antica. In essa coesistevano settori ad altissima innovazione senziali nella formazione ed educazione dei cittadini liberi, apparte- miare sulla forza lavoro umana a vantaggio delle macchine, lasciando
Fucino, in vista degli ampi appezzamenti di terreno che avrebbero tecnologica (con una prevalenza di finanziamenti imperiali) e altri am- nenti ai gruppi sociali benestanti, ma risultavano inevitabilmente pericolosamente inoperose ingenti masse urbane di individui con
ottenuto e degli alti profitti che ne avrebbero ricavato con lo sfrutta- biti economici in cui era anche frequente l’intervento di privati ab- involgarite e svilite nel momento in cui i ‘tecnici’ le applicavano alla risorse economiche assai spesso limitatissime. C’era dunque in
mento nell’economia fondiaria (Svetonio, Claudio, 20). bienti o di gruppi imprenditoriali, che di certo non potevano competere pratica quotidiana dei lavori manuali. La mentalità aristocratica ro- quel contesto sociale e culturale un problema di ordine politico. E
con le finanze imperiali, ma che erano spesso gli artefici della rica- mana distingueva nettamente tra attività intellettuali, esclusivamen- questa sembra essere stata una delle preoccupazioni frequenti del
duta economica e della distribuzione di massa di quei prodotti frut- te finalizzate alla cura dello spirito, e tutte le altre attività che avessero potere centrale per una efficace e corretta politica di welfare, di-
Innovazione tecnica ed economia antica: gli artefici to dell’avanzamento tecnologico. Non di rado, come si è visto, nei un fine pratico in ogni genere di mestiere e occupazione, anche nel- remmo oggi. Ad esempio, così Svetonio a proposito dell’impera-
diversi settori economici – quali l’agricoltura, il commercio, o l’attivi- la medicina, in ingegneria e architettura, perfino nell’insegnamento. tore Vespasiano:
Il settore agricolo, che nel mondo antico costituì la principale voce tà manifatturiera – la ‘borghesia’ imprenditoriale e ‘industriale’ ro- Non di rado questi ‘tecnici’ nelle attività pratiche, pur spesso apprezzati
nella produzione economica, è quello in cui è possibile osservare chia- mana teneva in conto principi di razionalità economica nei costi e nel per il loro ingegno, erano schiavi. Schiavi colti, ma pur sempre schia- «Ad un tale che gli proponeva di trasportare sul Campidoglio co-
ramente l’entità e la qualità del legame tra innovazioni tecnologiche calcolo del rischio dell’innovazione tecnologica. Così l’attività e la ma- vi, che potevano anche risalire la scala sociale grazie al loro talento, lonne gigantesche con poca spesa utilizzando un congegno mec-
e il loro impatto, per certi versi di ‘massa’, nell’economia antica. Uno nodopera umana potevano essere preferite alle macchine nel caso in divenendo ‘emancipati’, cioè liberti. Altri, nati liberi, potevano fare for- canico, Vespasiano compensandolo con del denaro per la sua
dei problemi principali nelle aree del Mediterraneo era quello dell’ir- cui queste si rivelassero troppo onerose nei costi. Al contempo, l’ap- tuna grazie alle loro conoscenze tecniche unite ad un acuto intuito invenzione lo congedò gentilmente senza tuttavia accettare la sua
rigazione artificiale dei campi (sez. 7), che comportava anche neces- proccio culturale in questo tipo di società – che non perde mai le sue imprenditoriale. Plinio e Vitruvio riferiscono di un tale Caio Vestorio, proposta dicendo “lascia che io sia in grado di nutrire il popolo mi-
sità di sollevamento delle acque fruibili dalle falde del sottosuolo o connotazioni schiavistiche – rimane sempre legato ad un’idea di in- oscuro apprendista presso un artigiano egizio, che introdusse a Poz- nuto”» (Svetonio, Vespasiano, 18).
dai fiumi. Un inventore anonimo nell’Egitto di età ellenistica sembra terscambiabilità tra uomini e macchine: uomini di condizione umile zuoli la tecnica del caeruleum, colorante azzurro a base di rame, svi-
abbia progettato la ruota idraulica, che rivoluzionò del tutto l’irriga- o servile possono sostituire le macchine che, per questo motivo, in luppandola e perfezionandola. Fu anche artefice di importanti migliorie In conclusione, il quadro che ricaviamo dall’insieme di queste ten-
zione in agricoltura. Ad essa nel III secolo a.C. fecero seguito altre in- alcuni settori possono risultare del tutto superflue ed inutili. Dietro nelle tecniche metallurgiche, nella lavorazione ceramica della sigilla- denze e coesistenze è dei più complessi, e di certo non può essere
venzioni (ad esempio la pompa idraulica di Ctesibio; la vite di ogni invenzione per il funzionamento di ogni macchina c’erano ca- ta rossa e nel vetro soffiato. Divenuto ricchissimo fu anche amico di interpretato secondo prospettive unilaterali. La tecnologia del mon-
Archimede; il sifone di Filone di Bisanzio) (sez. 3.3, 8, 10). E la stessa tegorie diverse di uomini: quale era l’attitudine mentale romana nei Cicerone; prestava denaro, presumibilmente ad usura, e seppe tra- do antico mostra uno schema di progresso tutt’altro che lineare ed
energia ricavata dall’acqua fu estesamente utilizzata per la costru- confronti di queste categorie sociali? L’umanità variegata che si muo- sformare la sua città in un avanzato centro manifatturiero e com- evolutivo, interdipendente e legata com’è alle varie situazioni eco-
zione di mulini in molte province dell’impero romano specie tra il I e veva intorno alle macchine apparteneva comunque agli strati consi- merciale. Nonostante il successo economico, però, uomini come nomiche e politiche nei tempi e spazi dei diversi sistemi sociali e cul-
il III sec. d.C. ma, soprattutto, nei processi di estrazione mineraria. In derati inferiori nella società romana e per questo motivo non degni Vestorio non potevano mai colmare il profondo divario socio-cultu- turali cui fa riferimento. E, soprattutto, nel mondo antico essa appare
questo settore i Romani furono i primi a sviluppare la tecnologia idrau- di considerazione, oltre agli schiavi forza-lavoro da sfruttare per il mas- rale e per certi versi ideologico che li separava dalla nobiltà romana e interdipendente e legata ad una società le cui caratteristiche sono
lica connessa alla meccanizzazione di tutte le fasi nei processi estrat- simo rendimento, uomini liberi, operai, artigiani e tecnici diversi. dai ceti alti in generale. E per quanto fosse assai variegata e social- tutt’altro che semplici e ‘primitive’. Era quella romana una società
tivi e di lavorazione dei minerali e dei metalli. Gli ingegneri romani «Tra macchine e strumenti la differenza sembra essere che l’effi- mente articolata questa categoria di uomini legati al mondo della tec- articolata e complessa, con le sue regole culturali con le sue stratifi-
erano perfettamente in grado di sfruttare con estrema versatilità la cienza delle macchine dipende dalla presenza di numerosi ope- nologia, attraverso arti e mestieri, attraverso l’imprenditoria, il pregiudizio cazioni e movimenti di scambio tra i vari gruppi, con possibilità di
stessa fonte di energia per scopi diversi; l’elaborazione tecnica rag- rai, vale a dire dall’esercizio di una forza più grande, come nel caso del Romano, libero cittadino e possidente, relegava questa umanità ascesa e cambiamento di status, ma che non rinunciò mai alle sue
giunta dai loro impianti realizzati su vasta scala, ad un vero e proprio delle baliste e delle presse dei torchiatori; al contrario è con la ma- a contesti ignobili, volgari e triviali per antonomasia. gerarchie e differenziazioni di classe.
livello industriale, non ha avuto più eguali sino al XIX secolo. no abile di un solo operaio che gli strumenti eseguono il compi-
Lo sviluppo tecnologico nell’attività estrattiva e mineraria (sez. 8.1-3) to loro assegnato, come nel caso delle rotazioni dello scorpione
costituisce un settore abbastanza sui generis nel quadro socio-eco- o degli ingranaggi delle anisocicle. Strumenti e procedimenti mec-
nomico antico, per i suoi altissimi costi e finanziamenti in prevalen- canici hanno dunque una necessità pratica: senza di loro non v’è
za di natura statale, per le sue interconnesse relazioni al controllo cosa che non sia lenta e impacciata. Ogni meccanismo trova la
politico ed economico di tutto l’impero. Recenti studi nelle miniere sua origine nella natura e il suo principio nella rotazione del mon-
spagnole di età romana hanno confermato i dati forniti da Plinio il do, che è stata guida e maestra. Infatti per prima cosa osservia-
Vecchio nella Storia Naturale (33.21.72-3) sulle tecniche utilizzate in mo il sistema che il sole, la luna e i cinque pianeti costituiscono;
questo settore produttivo. Si rivelano particolarmente attendibili an- se non vi fossero leggi meccaniche a regolare la loro rotazione,
che i costi altissimi da lui forniti per la realizzazione degli impianti, noi non avremmo, a intervalli regolari, la luce e la maturità dei
che dovevano essere provvisti di un rifornimento idrico costante, ga- frutti. Avendo i nostri progenitori osservato questi fenomeni, es-
rantito dalla costruzione di uno o più acquedotti, che correvano per si trassero dalla natura dei modelli, imitandoli e ispirandosi alle
svariati chilometri dalle sorgenti sino all’area stessa delle miniere. Le opere divine, ne trassero delle applicazioni utili alla vita. E così le Bibliografia
ragioni e l’impatto economico di queste innovazioni tecnologiche so- resero di più facile realizzazione, alcune attraverso le macchine e Bresson 2006, pp. 55-80; Cuomo 2007; Domergue, Bordes 2006, pp. 197-223; Finley 1984; Geymonat,
no fortemente legate alle esigenze politiche del potere centrale che, le loro rotazioni, altre a mezzo di strumenti: e così quelle cose di Minonzio 1998a, pp. 189-319; Geymonat, Minonzio 1998b, pp. 321- 458; Giardina 1989; Giardina 1997,
in primo luogo, era anche il principale committente in tecnologia, cui percepirono l’utilità pratica, con l’applicazione, la tecnica e pp. 233-264; Greene 1990, pp. 209-219; Greene 2000, pp. 29-59; Marcone 2006, pp. 181-195; Morel
nonché artefice materiale degli investimenti. Le miniere, infatti, era- l’elaborazione teorica le fecero a poco a poco progredire». 1989; Traina 1994; Traina 2006, pp. 253-269; Wilson 2002, pp. 1-32; Wilson 2006, pp. 225-236.

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lavorative nonché, di conseguenza, il livello economico ed il gra-
Uomini e machinae: do di inserimento nel tessuto sociale raggiunti proprio attraverso
la realtà di artigiani e associazioni professionali nel mondo romano queste. Non a caso tante tombe romane raffigurano con insistenza
gli attrezzi del mestiere esercitato in vita dal defunto, attraverso il
quale egli voleva essere ricordato. Porre nelle proprie iscrizioni fu-
Francesca Diosono nebri e nei propri monumenti sepolcrali riferimenti di vario tipo al
proprio lavoro significa, infatti, identificarsi con esso e conside-
rarlo la propria massima espressione.
Il lavoro si svolgeva nelle tabernae e nelle officinae, che potevano
essere di proprietà del lavoratore o in affitto o, ancora, di proprie-
tà della corporazione a cui l’artigiano apparteneva. Le botteghe era- Roma. Bassorilievo appartenente della tomba degli Antestii, una famiglia di
no spesso indicate in strada da un’insegna che piuttosto che riportare liberti. A fianco dei propri ritratt ha fatto riprodurre gli attrezzi usati nell’attività
Il mondo del lavoro in epoca romana era assai più complesso ed il nome dell’attività ne indicava visivamente alcune caratteristiche lavorativa esercitata in vita. Appare interessante notare come l’elemento
articolato di quanto, forse, di solito si pensi. Esso, infatti cono- principali. Le corporazioni professionali potevano poi giungere ad identificativo personale (il ritratto) e l’elemento identificativo della propria
sceva nei vari settori delle vere e proprie figure di professionisti e avere sedi imponenti, come nel caso del Piazzale delle Corpora- professione (gli strumenti) vengano rappresentati sullo stesso livello, quasi
di maestranze specializzate a cui era riconosciuto un ruolo socia- zioni di Ostia, portico in cui è possibile identificare, sulla base del attribuendo ad essi lo stesso valore (Roma, Musei Vaticani, da Amelung 1956).
le oltre che una rilevanza economica. Con l’affermarsi dell’econo- mosaico pavimentale di ognuno degli ambienti, circa 60 sedi ap-
mia urbana su quella rurale, infatti, si sviluppò una classe di partenenti ad altrettante corporazioni commerciali diverse.
lavoratori, intermedia tra coloro che detenevano il potere e la ric- Le dimensioni delle botteghe e, di conseguenza, la quantità di lavo-
chezza e i ceti più bassi, che arrivò a rappresentare uno dei grup- ro che si svolgeva al loro interno dipendeva dal territorio in cui esse
pi centrali della società dell’epoca, sempre più rispettato e integrato. sorgevano. Mentre in centri di piccola e media grandezza esse era-
L’artigiano da sempre ha basato la propria professionalità sul pos- no di solito strutture semplici e comprendevano al proprio interno
sesso di conoscenze tecniche sia teoriche che pratiche che quali- pochi lavoratori, nelle grandi città le officine potevano raggiungere
ficavano i suoi prodotti e ne determinavano il valore e il costo; un’estensione assai maggiore e prevedere una complessa divisione
destinazione del lavoro dell’artigiano era, sempre e comunque, il degli spazi al proprio interno; questa doveva probabilmente corri-
mercato. Quello artigianale era per di più un sapere pratico, una spondere ad una suddivisione e specializzazione delle attività di co-
tecnologia empirica che si basava spesso sul ripetere e sull’adat- loro che vi lavoravano e, forse, rispecchiare anche un’organizzazione
tare elementi già noti provenienti dall’esperienza, senza la vellei- gerarchica interna (ad esempio, ad Ossirinco una grande manifat-
tà di inventare nulla di nuovo, ma piuttosto di migliorare quanto Ostia. Insegna della bottega di un carpentiere (da Pavolini 2000). La lastra di tura tessile in cui lavoravano numerosi operai prevedeva la figura del
appreso nel corso degli anni. terracotta era inserita nel muro esterno della bottega per indicarne l’attività capo officina, l’ergasteriarca2). Non bisogna, però, sottovalutare la
Questo sapere era trasmesso di generazione in generazione at- attraverso la rappresentazionie degli attrezzi in essa utilizzati: scalpelli, una quantità di produzione che poteva fornire anche un gran numero di
traverso una diffusione orale e non scritta; al contrario, pochi de- cazzuola, un martello da carpentiere, una riga e una squadra; la parte superiore, piccole botteghe artigiane diffuse nel territorio.
gli autori dei trattati tecnici a noi pervenuti, come l’architetto oggi perduta, forse riportava il nome del proprietario. Com’era dunque organizzata una bottega al suo interno e, di con-
Vitruvio, avevano una conoscenza diretta di quanto avvenisse ma- seguenza, la produzione? Disponiamo, anche in relazione a que- Palmira. Stele funeraria di un cammelliere (da Zenobia 2002). L’influsso culturale
terialmente nelle botteghe e nei cantieri, limitandosi a volte ad banausici, cioè artigianali, fornivano concrete opportunità di asce- sto aspetto di pochi dati. Possiamo qui prendere il caso-tipo delle romano portò anche alle estreme propaggini orientali dell’impero il costume di
enunciare principi teorici. Di tanti aspetti della vita quotidiana e sa sociale sia all’interno della propria classe sociale sia, in alcuni fornaci ceramiche. In età tardo repubblicana ed alto-imperiale, ad rappresentare nel proprio monumento funebre il lavoro che si svolgeva da vivi.
pratica di questi lavoratori, di conseguenza, in mancanza di dati casi, fino a raggiungere le classi superiori, magari col passaggio esempio, la fornace di Scoppieto3 prevedeva postazioni contigue
sia materiali che provenienti dalle fonti storiche noi ignoriamo qua- di una o più generazioni. La società romana permetteva, infatti, al di torni su cui operavano contemporaneamente più vasai, men-
si tutto, come nel caso dell’organizzazione interna o dei probabi- suo interno opportunità di mobilità sociale notevoli sia per il mon- tre probabilmente il forno era in comune; ancora non si sono com- mi intensi e fondata sulla divisione e la specializzazione del lavo-
li accorgimenti previsti per avere un minimo di sicurezza nel proprio do antico che anche per molte delle epoche successive: la possi- presi, però, il rapporto che collegava tra loro i vari vasai e le loro ro, ma che comunque sarebbe erroneo definire, secondo i termi-
luogo di lavoro. Ma, certo, ciò che possiamo cogliere grazie alle bilità di giungere a ricoprire cariche politiche ed amministrative o, effettive condizioni di lavoro. D’altro canto, un papiro di Ossirin- ni moderni, una produzione industriale.
varie discipline storico-archeologiche è quanto sia cambiato, nel comunque, posizioni generalmente benviste e stimate nel conte- co,4 datato al III secolo d.C., mostra come funzionava una mani- Per quanto riguarda l’apprendistato, in molti mestieri il passag-
Mediterraneo, nel corso dei secoli, il riconoscimento della pro- sto cittadino, quali in età imperiale sacerdozi come il sevirato1, non fattura ceramica di anfore per il vino nell’Egitto romano dell’epoca. gio di conoscenze avveniva di padre in figlio o da padrone a schia-
fessionalità posseduta che l’artigiano giungeva ad ottenere e la dipendeva esclusivamente dalla “nobiltà di nascita” ma anche dal Questa era presa in gestione da un artigiano per un tempo limi- vo; in questo secondo caso, spesso lo schiavo, una volta acquisita
conseguente possibilità che ciò gli procurasse un’identità ed un patrimonio e dalle risorse economiche accumulate nel corso de- tato di 9 mesi con tutto il complesso di magazzini, camino, es- la libertà, poteva mettersi in proprio oppure rilevare l’attività in
ruolo sociale. gli anni attraverso la propria attività. siccatoi, tornio e, naturalmente, la vera a propria fornace; il lavoro cui già lavorava. Accadeva, infine, che artigiani specializzati ac-
Anche se oggi ciò può apparire scontato, il presentare se stessi at- Nonostante sia sempre rimasta una società profondamente clas- era suddiviso tra chi modellava l’anfora in argilla cruda, gli aiutanti cettassero nella loro bottega adolescenti e/o bambini (sia nati li-
traverso il lavoro svolto e il mostrare, di conseguenza, orgoglio e sista, il corpo sociale romano fu fino ad età tardo-antica caratte- e gli addetti alla cottura dei pezzi. La produzione totale doveva es- beri che schiavi) che avrebbero lì lavorato per un periodo stabilito
volontà di essere valutati per esso è un portato quasi rivoluziona- rizzato da una rilevante fluidità ed in esso il figlio di un liberto, sere di 15.000 anfore di qualità stabilita, che il proprietario del- allo scopo di imparare il mestiere. Nell’Egitto romano sono no-
rio della mentalità romana. I detentori del sapere professionale ossia di un ex schiavo, poteva in alcuni casi aspirare ad essere ac- l’impianto produttivo pagava all’affittuario (in tutto 4.800 dracme), ti veri e propri contratti di apprendistato, chiamati didaskalikai.
specializzato, sia quelli nati liberi che i liberti (per non parlare de- colto nel senato locale, sempre se possedeva la necessaria di- mentre i pezzi prodotti in più rispetto alla quantità fissata resta- Tali apprendisti, non essendo ancora lavoratori specializzati, non
gli schiavi) appartenevano alla plebe urbana e quindi ad una clas- sponibilità economica. Dunque l’artigiano, non essendo di solito vano di proprietà dell’artigiano produttore che li immetteva diret- potevano ancora fare parte delle relative corporazioni profes-
se sociale certo non elevata; essi, però, attraverso il proprio lavoro in grado di vantare una famiglia illustre o una tradizione di cari- tamente sul mercato. Entrambi i casi esaminati, l’uno basato sul sionali.5
ed il guadagno accumulato grazie ad esso, potevano aspirare ad che pubbliche di un certo livello alle spalle, poteva e voleva cele- dato archeologico e l’altro su fonti epigrafiche, fanno ricostruire il Crescendo l’importanza dei lavoratori nella società a cui apparte-
una vita migliore e ad una condizione persino agiata. I mestieri brare con orgoglio la propria attività economica e le proprie capacità quadro di un’attività artigianale complessa, caratterizzata da rit- nevano, fin dai primi momenti emerse in loro l’esigenza di una

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rappresentanza organizzata volta al raggiungimento di un rico- Ostia. Mosaico della schola dei mensores.
noscimento generale. All’epoca, per ottenere tale riconoscimento La sede del collegio dei mensores
da parte della comunità non bastava essere esperti nel proprio la- frumentarii, responsabili statali del
voro, imparato soprattutto sul campo, ossia nelle botteghe, e poi controllo del grano dell’annona, era
perfezionato negli anni con l’esperienza personale; serviva, piut- incorporata in grandi horrea (magazzini)
tosto, far parte di un più ampio corpo sociale di tecnici specializ- granari e comprendeva al suo interno sia
zati che fosse affermato a livello sociale e pubblico nel suo un tempio dedicato a Cerere Augusta che
complesso. A Roma, già durante la prima età repubblicana, lavo- un ambiente collegiale con pavimento
ratori professionisti di diverse categorie, in special modo quelli decorato da un mosaico, in cui i
che operavano in ambiente urbano, iniziarono ad associarsi tra lo- funzionari avevano fatto rappresentare
ro formando collegi professionali, al fine di potersi garantire mi- con dettagli particolareggiati una scena
gliori condizioni di lavoro. Di fatto, alla base della nascita di un del proprio lavoro. Mentre a sinistra un
collegio professionale (in latino collegium) stava la volontà da par- facchino trasporta a spalle un sacco pieno
te dei lavoratori di tutelare i propri interessi, ottenere privilegi eco- di grano, a destra i mensores ne saggiano
nomici e controllare i mercati e i prezzi. la qualità e ne calcolano la quantità
Il diritto di associarsi era riconosciuto a Roma già nelle leggi del- Roma. Ipogeo di Trebius Iustus. Il costruttore Trebius Iustus fece decorare la attraverso i modii, contenitori lignei
le XII Tavole, alla metà circa del V secolo a.C.,6 e fin dalle prime te- propria tomba lungo la via Latina con scene che richiamavano la sua attività aperti dalla capacità prestabilita; la mano
stimonianze a noi note i collegi professionali si identificarono professionale: costruttore. Questo particolare rappresenta una scena di cantiere levata in alto regge la rasiera con cui si
sempre attraverso il mestiere esercitato. A testimoniare come fu edile, con gli operai che lavorano su impalcature lignee per costruire un muro pareggia il livello dei modii colmi. Il
Roma nel mondo antico a diffondere la visione della propria atti- di mattoni. (da riproduzione. Roma, Museo della Civiltà Romana). bambino al centro tiene il conto del
vità professionale come fonte di riconoscimento sociale e come numero dei modii riempiti, infilando in
elemento identificativo personale da apprezzare e non da trascu- Solo con l’avvento di Roma, l’occupazione svolta diventa per l’uo- una cordicella una tessera forata per
rare, si può proporre un interessante parallelo con l’atteggiamen- mo greco elemento di autoidentificazione principale; contempo- ognuno di essi (riproduzione. Roma, Museo
to a riguardo del mondo del lavoro e delle attività professionali raneamente anche la decorazione dei monumenti funerari inizia della Civiltà Romana).
che contraddistingueva la Grecia ed il Vicino Oriente. Qui la men- a prevedere con una certa frequenza la rappresentazione di sce-
talità, così come espressa ad esempio nella filosofia platonica, ten- ne della vita quotidiana riferite al lavoro o degli strumenti in esso beni mobili ed immobili di proprietà collegiale (che potevano an- no invece represse in modo sanguinoso.9 Fortunate o meno, tali
deva piuttosto a disprezzare chi viveva del proprio lavoro manuale impiegati. che giungere a notevoli entità) e il regolamento a cui ognuno di proteste organizzate condussero nel V secolo, almeno in Oriente,
e non concedere alcuna considerazione alla figura dell’artigiano, Non tutti i tipi di tecnici nel mondo romano trovavano utile far loro doveva sottostare, ma condividevano anche culti ed altre pra- a stipulare effettivi contratti di lavoro ed a registrarli davanti a ma-
nonostante la perizia ed il livello di perfezione che egli poteva an- parte di un collegio professionale: non conosciamo, ad esempio, tiche religiose (sempre connesse alla loro sfera lavorativa), rap- gistrati imperiali, come nel caso del contratto collettivo di lavoro
che raggiungere nel proprio lavoro. Si veda il caso dei pittori del- tranne che in rarissimi casi, associazioni di medici, pedagoghi o porti politici con patroni e personaggi pubblici influenti, occasioni dei technitai di Sardi (nell’odierna Turchia) del 459 d.C.10
la ceramica attica, autori di opere di altissimo valore artistico ancora architetti. Forse perché questi erano già socialmente ed econo- sociali e conviviali pubbliche o interne all’associazione, attività as- L’associarsi portava ai lavoratori vantaggi impensabili per un sin-
oggi universalmente riconosciuto ma dei quali conosciamo il no- micamente affermati come singoli professionisti e per questo sti- sistenziali, la cura o la partecipazione ai funerali dei soci defunti. golo individuo. I soci di un collegio, infatti, potevano gestire il pa-
me solo grazie alle firme che a volte essi stessi apponevano sui mati presso classi sociali di livello ben più alto rispetto a quelle a Inoltre, i socii potevano avere a disposizione la sede ufficiale del gamento delle imposte, controllare l’andamento dei prezzi sul
pezzi. Questo avveniva soprattutto perchè la loro non era consi- cui essi appartenevano. Inoltre, la presenza di queste professio- collegio, la schola, in cui si riunivano sia per le cerimonie religio- mercato o quelli dei loro fornitori di materie prime, farsi aumen-
derata arte ma techne, per cui gli autori antichi che si occupavano nalità non era numericamente rilevante nel corpo sociale, come se che per le varie occasioni sociali che caratterizzavano la vita as- tare il compenso riconosciuto, condividere costi d’esercizio e spe-
di arte non consideravano tali artigiani come degni di menzione. invece quella dei commercianti e degli artigiani. Queste ultime ca- sociativa. Conosciamo scholae di vari tipi e dimensioni, la più vaste se, assicurarsi una maggiore stabilità economica e la possibilità,
Per utilizzare come metro di paragone il sistema dell’organizza- tegorie avevano maggiore interesse ad associarsi tra loro. Da que- e lussuose sono quelle note a Roma ed Ostia, dove le corpora- in modo diretto o indiretto, di influenzare esponenti della pubbli-
zione del lavoro, si può certo affermare che qui la tradizione del- sto fatto si può dunque affermare come i collegia romani zioni erano particolarmente ricche ed influenti. ca amministrazione a proprio vantaggio, aggiudicarsi monopoli,
le associazioni fosse, sì, lunga e ricca, ma che queste si presentavano assomigliassero più a corporazioni di arti e mestieri piuttosto che I collegi riuscivano ad esercitare una certa pressione per la difesa appalti, forniture pubbliche o la gestione di strutture pubbliche o
sempre e comunque legate a culti religiosi, a patronati aristocra- a moderni albi professionali. dei propri interessi di corporazione e per rivendicare i propri dirit- attrezzature necessarie al proprio lavoro.
tici o a gruppi etnici; i collegi che nel mondo greco-orientale si de- Appartenere ad un collegium permetteva ad un professionista di ti, anche attraverso l’organizzazione di rivolte e veri e propri scio- Inoltre i membri dei collegi potevano beneficiare delle immunità
finivano, piuttosto, in modo aperto o esclusivo attraverso l’attività porsi non come singolo ma come membro di una comunità nei peri (operis detractationes). Se però l’esempio più antico di sciopero e dei privilegi che lo stato spesso concedeva a tali associazioni in
professionale esercitata dai propri membri sono stati, invece, una confronti dello Stato, dei notabili locali, delle alte cariche ammi- è quello dei tibicines (i suonatori di tibia, uno strumento a fiato ri- cambio della pubblica utilità che veniva loro riconosciuta. Tale uti-
conseguenza dell’egemonia romana ed infatti sono apparsi solo nistrative, dei personaggi influenti; inoltre, egli poteva godere del cavato dall’osso da cui prende il nome) noto a Roma nel 311 a.C.,7 lità risiedeva soprattutto nella produzione e nel trasporto dei be-
contemporaneamente ad essa. In realtà, nel mondo ellenistico i ruolo civile e della posizione nella gerarchia cittadina riconosciu- in età imperiale i maggiori disordini legati alle associazioni pro- ni legati all’annona ed al rifornimento di Roma ma, più in generale,
lavoratori disponevano già di organizzazioni professionali di rife- ti al collegio. La condizione sociale non era un limite per poter es- fessionali caratterizzarono soprattutto l’Oriente, dove erano abba- nella soddisfazione dei bisogni della comunità, con la costruzio-
rimento anche prima dell’avvento dei Romani nel loro territorio, sere accettati in un collegio: vi accedevano, infatti, sia chi lavorava stanza frequenti le proteste organizzate con cui l’autorità centrale ne e la riparazione degli edifici, il riscaldamento delle terme, la di-
ma avevano sempre preferito presentarle ufficialmente attraverso in proprio sia chi si trovava in una posizione subordinata rispetto si trovava costretta a scendere a compromessi data la loro rilevanza sponibilità di cibo, materie prime e prodotti di ogni genere. Fino
la mediazione della sfera cultuale, senza dichiarare apertamente ad un altro artigiano o commerciante sia, infine, anche gli schia- economica, senza però smettere mai di considerarle una perico- al II secolo, infatti, Roma si rivolse alle associazioni professionali
l’attività lavorativa esercitata, quasi a volerla dissimulare. Si trat- vi, pur con l’approvazione del loro padrone. losa fonte di agitazione sociale. Ad esempio, durante il regno di per chiedere loro un servizio di pubblica utilità connesso alle loro
tava di un’ambiguità voluta, che si mantenne nel tempo anche do- Il collegium era un’unione di persone (socii) che esercitavano lo Adriano, a Pergamo scioperarono per alcuni giorni i membri di una capacità professionali, offrendo in cambio denaro o esenzioni fi-
po l’età ellenistica e che derivava da una società assai più statica stesso mestiere e ne mettevano in comune vantaggi e svantaggi, società di costruttori che stava lavorando ad un appalto statale:8 vi- scali. Ad approfittare di questo erano soprattutto le corporazioni
rispetto a quella romana, dove, invece, come detto sopra, da sem- spesso prendendo in appalto o in gestione luoghi di lavoro, mo- sta l’urgenza di tale opera pubblica, il proconsole scese con essi a legate al trasporto ed al commercio, ma anche quelle dei fabri e
pre era l’attività professionale stessa a fornire prestigio a chi la nopoli o mezzi di produzione. Oltre a questo, i soci avevano tra patti, detraendo però i giorni di protesta dalla paga. Altre rivolte, dei mugnai e panettieri. A partire dal III secolo poi, lo Stato ro-
esercitava. loro in comune l’amministrazione delle finanze del collegio e dei come quella dei lavoratori della zecca di Roma nel 274 d.C., furo- mano, davanti ad una progressiva crisi economica, trasformò mol-

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te attività commerciali ed artigianali in prestazioni obbligatorie nei Per secoli, dunque, nel mondo romano l’attività artigianale per-
confronti dell’amministrazione centrale; in questo modo le asso- mise a uomini ed, anche se in misura minore, a donne di condi-
I Romani, la tecnologia e un futuro possibile
ciazioni professionali furono lentamente messe al servizio dello zione plebea di poter raggiungere un certo riconoscimento sociale
stato, fino a diventare a partire dall’epoca tardo-antica organizza- sia in virtù della loro appartenenza ad un collegium che grazie al-
zioni obbligatorie a cui i lavoratori erano costretti ad aderire, così la propria competenza professionale ed al guadagno che da essa
come i loro eredi, continuandone a ricavare ancora, in cambio, ricavavano; da questo punto di vista, essi erano davvero artefici Antonio Tamburrino
vantaggi fiscali. della propria fortuna.

I Romani e la Tecnologia reale, l’albero è attratto verso il terreno, l’acqua scende verso val-
le, le montagne premono sulle placche geotettoniche. Tutto l’am-
Nella storia della civiltà, i Romani hanno segnato una svolta fon- biente terrestre non sarebbe riproducibile su un corpo celeste con
damentale: il passaggio dal mito alla realtà. gravità ridotta o assente. L’effetto della gravità è che tutte le strut-
Prima l’uomo era un viandante erratico e precario, in terra incogni- ture naturali del nostro pianeta non presentano sviluppi apprez-
ta ed ostile. Non c’era, per la nostra specie, alcuna idea di perma- zabili in orizzontale; sulla Luna o su Marte potremmo avere strutture
nenza nel tempo e nello spazio. L’unico elemento di riferimento molto più allungate.
erano l’Olimpo e i suoi miti. L’invenzione dell’arco sovverte totalmente la situazione. I Romani
I Romani decisero di andare oltre la precarietà e di cominciare a co- studiano i limiti della natura e ne ricavano nuove potenzialità. In-
struire la permanenza. Il primo passo verso questa direzione fu quel- fatti, nell’arco non ci sono più aree sottoposte a trazione, ma tutta
lo di entrare con convinzione e con decisione nel mondo reale. Fu la struttura è soggetta solo a forze di compressione. In questo mo-
l’inizio per arrivare a prendere possesso della Terra e a costruirvi la do gli spazi che si possono superare diventano sempre più ampi.
stabile dimora del genere umano. Nascono i grandi edifici, gli acquedotti e soprattutto i ponti. Sono i
Per rendere concreto questo obiettivo inventarono la Tecnologia. ponti che permettono ai Romani di prendere possesso della Terra
Essa favorì la più grande svolta della storia umana. Infatti da allora e di fare incontrare i Popoli. È la Tecnologia che permette all’uomo
la tecnologia non solo è diventata una componente imprescindibi- di colloquiare con la natura e di armonizzarsi con essa.
le della società umana, ma ha dimostrato di avere una caratteristi- Anche la concezione urbanistica viene totalmente innovata.
ca evolutiva assolutamente unica, che è la irreversibilità. Una volta
conquistata una nuova posizione, essa diventa un presidio perma-
nente. Questa caratteristica, a sua volta, permette alla Tecnologia di La ‘città aperta’
diventare la base per salti evolutivi. In particolare c’è stato un salto
di qualità di incomparabile potenzialità, che ha già avuto effetti di- Prima di Roma, tutte le città che avevano fatto la storia, da Gerico
rompenti ma che altri e più inimmaginabili potrà provocare. La gra- ad Uhr, da Troia a Babilonia, da Atene a Sparta, erano città cinte di
vità estende il suo dominio. Questa svolta ha avuto origine quando mura. Anzi, le mura erano la città. Erano ‘città chiuse’, non acces-
Bibliografia di riferimento la Tecnologia ha cominciato a elevarsi per tendere ad assumere la sibili agli stranieri, con un unico centro dove si arroccava il potere
Ausbüttel 1982; Bergamini 2008; Bollmann 1998; Clemente 1972, pp. 142-229; dimensione della Creatività. politico e religioso; il resto era un agglomerato sostanzialmente in-
Coarelli 2004, pp. 215-221; Cracco Ruggini 1973, pp. 272-287; De Ligt 2001, pp. 345-358; De differenziato. Le infrastrutture erano pressoché inesistenti. Una vol-
Robertis 1971; De Robertis 1981; Diosono 2007; Foraboschi 2006; pp.131-144; ta che le mura erano conquistate dal nemico, la città era destinata
Gabba 1984, pp. 81-86; Gabba 1988; Giardina, Schiavone 1981; Kloppenborg, Wilson 1996; L’arco e le vie del mondo a perire. Anche la cittadinanza era delimitata dalle mura. Chi non
Lo Cascio 2000; Mennella, Apicella 2000; Patterson 1992, pp. 15-27; era nato fra esse, non ne diventava cittadino. La ragione fonda-
Patterson 1994, pp. 227-238; Royden 1988; L’invenzione che meglio illustra le finalità della tecnologia è l’arco. mentale era che ogni città viveva in una dimensione di mera so-
Salamito 1990, pp. 163-177; Tran 2007; van Nijf 1997; Waltzing 1895-1900. Esso permette di vedere come i Romani riuscirono ad armonizza- pravvivenza, spaziale e temporale. Le guerre di conquiste erano
re le forze e le potenzialità della natura con i progetti e con le aspi- avventure tattiche, alle volte magari epiche, ma senza una visione
razioni che li animavano. L’arco era stato scoperto molto prima dei strategica di permanenza nelle terre sottomesse e di evoluzione
Romani, ma il suo uso era rimasto estremamente limitato. Per su- complessiva delle popolazioni sconfitte.
perare un qualsiasi spazio vuoto si utilizzava da sempre la trave. I Romani invece avevano deciso di andare oltre la contingenza e di
1
Il sevirato era un collegio sacerdotale dedito al culto degli imperatori e delle fa- 6
Le leggi delle XII tavole (duodecim tabularum leges) sono state una delle più anti- Ma la trave poteva essere utilizzata al massimo per qualche me- inventare il futuro permanente, sia per i territori che per gli uomini.
miglie imperiali formato da sei membri e creato da Augusto; esso era aperto a che codificazioni scritte del diritto romano; elaborate da una commissione di die-
personaggi di estrazione sociale bassa, quali i liberti, ma che grazie alle proprie ci uomini creata allo scopo (decemviri legibus scribundis) intorno al 450 a.C., furono tro. La ragione è che tutti i materiali naturali, dal legno alla pietra, Per questo Roma divenne ciò che nessun’altra città era mai stata.
disponibilità economiche aspiravano a farsi strada nella gerarchia municipale. poi incise su 12 tavole di bronzo per renderle sempre consultabili e non alterabili. resistono molto bene alla compressione, ma hanno un comporta- Essa venne strutturata per interfacciarsi con tutto lo spazio ester-
2
POxy (Oxyrhynchus Papyri) 22, 2340. 7
Livio, 9, 30, 5-10. mento molto fragile agli sforzi di trazione. Questa caratteristica è no, fino ai limiti del mondo allora conosciuto e per organizzare l’in-
3
Si tratta di una fornace che produceva ceramica sigillata italica vicino a Todi, in 8
IGR (Inscriptiones Graecae ad res Romanas pertinentes) 4, 444.
Umbria, e che sorgeva nei pressi del fiume Tevere (Bergamini 2008) 9
Aurelio Vittore, de Caesaribus 35, 6; Eutropio 9, 14; Scriptores Historia Augusta, una conseguenza del fatto che sulla terra la forza dominante è la contro e l’interazione dei popoli, senza distinzione di razze e di
4
POxy 1, 3595. Aurelianus, 38, 2-4. gravità. Essa è una forza di attrazione e quindi, per farvi fronte, si religioni. In sostanza, Roma nacque per ospitare un progetto di svi-
5
POxy 1, 1029. 10
CIG 3467. sviluppa una resistenza alla compressione a qualunque oggetto luppo progressivo e planetario.

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Per questo fu riconosciuta come la ‘Caput Mundi’. È per questo che ta la città a diventare la ‘Caput Mundi’, con lo stesso concetto di di 2000 anni fa. Rispetto al vecchio museo c’è un progresso che è namento del Tevere contamina anche il litorale. Questa situazione
la ‘cittadinanza romana’ divenne subito sinonimo di ‘civiltà’. Per as- qualità ripreso dallo scrigno dei secoli per ritornare a vivere il no- misurabile, è il caso di dirlo, in anni-luce. Il prossimo passo è l’in- persiste da decenni, nonostante gli ingenti investimenti pubblici a
solvere a questa sua funzione, Roma non aveva più bisogno di mu- stro mondo in modo sostenibile. Grazie inoltre alla tecnologia di ul- terattività. Infine c’è l’olografia. Ci sono forti investimenti nella ri- fondo perduto e l’alto canone annuale di depurazione pagato dai
ra, né di fossati, né di ponti levatoi. Le due mura romane, quelle tima generazione con gli stessi principi di sostenibilità che ereditiamo cerca e sembra ora giunto il momento delle applicazioni pratiche. Romani.
Serviane e quelle Aureliane, marcarono solo l’inizio e la fine della sua dall’antichità. La sconfitta dell’entropia del nostro vivere quotidia- Abbiamo dunque a portata di mano la tecnologia per riprodurre in Quest’assurdità è dovuta all’errore basilare di considerare il fiume
storia. Nella fase della sua massima creatività, Roma non solo non no passa attraverso la ripresa di antichi concetti sviluppati con nuo- forma assolutamente realistica le lotte dei gladiatori proprio nel- come collettore finale di tutto il sistema di fognature. Ma è il desti-
ebbe bisogno di mura ma, al loro posto, ritenne di aver bisogno di vi strumenti. l’arena del Colosseo e la corsa delle bighe esattamente sulla pista no comune a tanti fiumi in Italia.
infrastrutture di comunicazione sempre più rapide e sempre più este- Se noi torniamo a considerare Roma ‘Caput Mundi’, quale esem- del Circo Massimo. Si tratta di riprendere con apparecchiature olo- Il risultato è che abbiamo dei fiumi-cloaca. Non è ipotizzabile nes-
se verso il mondo. Lo scopo era quello di permettere ai Romani di pio mondiale di sperimentazione tecnologica per la soluzione dei grafiche quelle stesse scene di film, quali il Gladiatore, che hanno sun obiettivo di recupero, sia generale che particolare, se prima non
raggiungere le più lontane regioni per realizzarvi acquedotti, fogna- problemi che sembrano irrisolvibili non possiamo che guardare al reso famosa nel mondo la Roma antica. Per millenni la geometria li rendiamo puliti.
ture, stadi, teatri, per amministrare la giustizia, per diffondere la cul- ‘Progetto Urbis’ e la realizzazione di un nuovi tipo di mobilità chia- euclidea ci ha aiutati a capire il mondo e ad interagire con esso. Poi Inoltre, attualmente il Tevere ha solo una qualche parvenza di navi-
tura. E allo stesso tempo le stesse infrastrutture dovevano permettere mata “Mobilità 3.0”. ci siamo accorti che c’erano dei limiti. I due estremi di una retta ten- gabilità. Essa è limitata ad alcune brevi tratte e non è operabile né
a chiunque, dovunque fosse nato, di venire a Roma a portare le sue dono in direzioni infinitamente opposte, dove la nostra cognizione in caso di piene né in caso di magre.
idee, le sue tecniche, le sue arti, la sua religione, la sua politica. e la nostra immaginazione diventano sempre più confuse ed im- Si pensa che tutte queste limitazioni siano dovute al regime tor-
E di diventare infine cittadino romano. Il ‘Progetto Urbis’ potenti. Altra constatazione sconfortante è che le rette parallele pos- rentizio del fiume. In realtà i maggiori problemi sono emersi nel-
sono continuare a svilupparsi all’infinito, senza che noi riusciremo l’ultimo dopoguerra, a seguito dei lavori eseguiti per consolidare le
Il ‘Progetto Urbis’ riguarda la rinascita funzionale del Centro Stori- mai a farle incontrare. A soccorrere questa nostra frustrante impo- pile dei ponti.
La ‘Forma Urbis’ co. Esso si realizza lungo fondamentali innovazioni concettuali e tenza è arrivata infine la ‘geometria proiettiva’. I due estremi di una Un concreto recupero è possibile. In pratica, il Tevere può tornare
progettuali. retta alla fine convergono in un punto solo. Esso è sì un punto al- navigabile per oltre 100 Km e può essere ricostruito il rapporto di
A Roma, per tenere il tutto insieme e farlo funzionare armonica- l’infinito, ma ha poi caratteristiche molto concrete e innovative. In- reciproca accessibilità fra la città e il fiume. Per rendere davvero fun-
mente, si arrivò a realizzare una ‘Forma Urbis’ assolutamente ge- La riformulazione urbanistica fatti in esso la retta si trasforma in cerchio e in esso tutte le rette zionale e vivificante questo rapporto, bisogna attivare il sistema del-
niale. La città si realizzò con la sovrapposizione e l’integrazione di Quando Roma divenne Capitale d’Italia, i Piemontesi si posero parallele si incontrano. L’incontro degli estremi e dei paralleli è sta- la portualità che si era sviluppato per oltre 2000 anni.
una metropoli di terra con una metropoli di mare, fondendo i van- l’obiettivo di modernizzare la città. Ma non furono all’altezza del to molto fecondo, basti pensare che su di esso è basata la teoria La città di Roma, al di là della leggenda della sua fondazione sul Pa-
taggi di entrambe. La metropoli di terra si sviluppò sulla raggiera compito, perché non seppero tener conto della storia e non ebbe- della relatività. Un simile salto di qualità possiamo ottenerlo facen- latino ad opera di pastori, con tutta probabilità era nata sull’acqua,
delle grandi vie consolari e delle vie traversali che da esse si dipar- ro né le idee né le finanze per realizzare una metropoli idonea ai do incontrare l’archeologia con la tecnologia. Nel Centro Storico ci ad opera di abili navigatori. I Romani avevano piena coscienza di
tivano, per uno sviluppo di circa 100.000 km, quasi 4 volte la rete nuovi tempi. Ne derivò un impianto urbanistico sciagurato che si sono il Colosseo, il Circo Massimo, le Terme di Caracalla, le Terme quanto il fiume fosse stato decisivo nella loro storia, come attesta-
delle nostre attuali strade nazionali. La rete stradale fu completata sovrappose in maniera devastante alla strabiliante ‘Forma Urbis’ di Diocleziano, la Domus Aurea, la Basilica di Massenzio. Sono con- to da Cicerone e da Plinio. Addirittura Servio sosteneva, nel IV se-
da una organizzazione logistica senza precedenti. La catena milita- dell’antichità, senza risolvere i problemi dell’attualità. Basti consi- tenitori di straordinaria densità storica ma non contribuiscono al colo d.C., che l’etimologia di Roma fosse “la città del fiume”. E, in
re di comando era in grado di raggiungere i principali presidi stra- derare che l’impianto urbanistico consisteva nella distruzione di pulsare della vita più moderna, anzi alle volte la ostacolano. Con le effetti all’origine dell’insediamento deve aver influito una situazio-
tegici in un massimo di 5 giorni. quel vitalissimo rapporto di mutua accessibilità che si era creato tra tecnologie più avanzate si può realizzare una loro ricostruzione fun- ne idrodinamica molto favorevole. Essa consisteva nella presenza
Ma se è nota la grande capacità ed efficienza raggiunta dalla metro- la città e il fiume nel corso dei millenni e nell’utilizzare i Lungote- zionale. L’obiettivo è quello di utilizzarli per una ricchissima gam- di un corso d’acqua che correva lungo l’attuale via dei Cerchi, pa-
poli di terra, molto meno nota è l’innovativa strutturazione della me- vere come assi principali di penetrazione stradale nel cuore della ma di attività, che, senza soluzione di continuità storica, possono rallela al Circo Massimo e che confluiva nel Tevere all’altezza del-
tropoli di mare. Essa si realizzò grazie alla trasformazione di un città. Questo impianto urbanistico distruttivo permane ancora og- andare da quelle per cui erano state originariamente costruite a quel- l’anagrafe. L’area della confluenza costituiva un approdo naturale.
modesto corso d’acqua, il Tevere in uno straordinario laboratorio di gi e continua a provocare i suoi danni, che si manifestano prima- le contemporanee, fino ad attività di avanguardia. Quest’approdo diventò strategico quando, approfittando dell’isola
ingegneria idraulica, con soluzioni prima di allora impensabili. riamente dalla crescente ingestibilità del Centro Storico. Tiberina, si realizzarono i primi ponti sul Tevere, e quando il Palati-
Il tratto urbano del fiume fu completamente attrezzato con appro- Quest’impianto urbanistico va archiviato. Bisogna riportare in vita Conservazione e Innovazione no, con la sua posizione aggettante sul fiume, fu attrezzato come
di, darsene, cantieri. I porti imperiali di Claudio e Traiano permise- la ‘Forma Urbis’ della città storica. Con questa rifunzionalizzazione tecnologica dei contenitori storici, una rocca a difesa del porto. Nacque così il ‘Portus Tiberinus’, che
ro il trasbordo fra imbarcazioni fluviali e navi mediterranee. Così, l’archeologia sarà la carta decisiva, insieme alla soluzione integrale può essere considerata la vera opera fondativa di Roma. La sua im-
imbarcandosi al centro di Roma, si raggiungevano i limiti del mon- Archeologia e Tecnologia dei problemi del traffico, per creare a Roma una qualità della vita di portanza fu tale che i Romani, per la sua protezione, crearono un
do conosciuto. Da Roma oltre 100 imbarcazioni partivano tutti i Alle volte gli estremi si toccano e la retta diventa un cerchio. Negli eccezionale valore. Di conseguenza si creerà una nuova e più qua- loro proprio dio, che non aveva neppure un lontano parente nel-
giorni per esportare ed importare dal mondo uomini, mezzi, mate- ultimi anni ci sono stati grandi progressi tecnologici che possono lificata domanda mondiale di localizzazione nella città di Roma. l’Olimpo greco. Il dio, nato e concepito a Roma, fu il dio ‘Portuno’,
riali, idee. cambiare radicalmente il ruolo dell’archeologia. Alcune applicazio- L’amministrazione pubblica, disponendo di un grande patrimonio cioè il dio del Porto, inteso come porta di accesso alla città. Uno dei
L’idea dell’universalità non sarebbe diventata centrale nella civiltà ni ne hanno già mostrato le grandi potenzialità. Facciamo specifico immobiliare, potrà utilizzare questa domanda come leva per un’ul- più antichi monumenti romani, pervenuto fondamentalmente in-
romana senza l’apporto decisivo del Tevere. riferimento ai nuovi materiali, alla fotoricostruzione, all’olografia. I teriore crescita economica e culturale della città. Fra l’altro, ci sono tatto, è a lui dedicato e si trova fra il Tempio di Vesta e la Bocca del-
Fra le più straordinarie opere di ingegneria costruite dai Romani, la nuovi materiali acquistano proprietà sempre più elevate e diventa- immobili di alto valore storico ed estetico, che stanno perdendo la la Verità, all’imbocco di quello che era stato il ‘Portus Tiberinus’.
più geniale fu la ‘Forma Urbis’ della Capitale. Al centro vi fu la con- no sempre più immateriali. Pertanto sui manufatti storici si potranno loro attuale funzione. Chissà quante volte capita di passarvi accanto senza neppure no-
vinzione dell’universalità e dell’eccezionalità dell’uomo e quindi la prevedere interventi sempre meno invasivi, ma in grado di restitui- Pertanto, ci sono le condizioni per cui una idonea gestione del pa- tarlo. E, tantomeno senza chiederci che cosa ci sta a fare lì da oltre
necessità di sviluppare le relazioni fra i popoli e fra essi e il territorio. re loro completezza strutturale e funzionalità d’uso. La tecnica del- trimonio immobiliare pubblico di grande qualità può dare un con- 2.500 anni.
la ricostruzione visiva, facendo uso di un materiale del tutto speciale, tributo concreto e sostanziale al futuro di Roma Capitale. Quel tratto di fiume, oltraggiato con tanta disinvoltura e allontana-
che è la luce, è stata utilizzata con stupefacenti risultati per la valo- to dalla sua funzione originaria, grida vendetta e richiama attenzio-
La Terza Roma rizzazione del patrimonio archeologico rinvenuto sotto Palazzo Va- La riqualificazione del Tevere ne. Per lo sviluppo sostenibile della Città.
lentini. L’intervento è stato guidato da Piero Angela ed è stato eseguito Attualmente la qualità delle acque del fiume, dalla città alla foce, è
Dopo la capitale della Romanità e dopo quella della Cristianità, Ro- da un team internazionale che lavora sulla frontiera della realtà vir- di diversi ordini di grandezza al di sotto degli standard europei. Per- La “Mobilità 3.0” ovvero la pedonalizzazione integrale
ma può diventare la capitale dello sviluppo tecnologico armonico. tuale. Da lembi di pavimentazione stradale e da brandelli di co- tanto, per motivi igienici, non dovrebbe essere permessa nessuna La razionalità e il pragmatismo sono due peculiarità dell’antica Ro-
Per arrivarci si può seguire il percorso che già aveva portato una vol- struzioni patrizie, la tecnologia della luce ricrea scene di vita palpitante forma di navigazione né alcun tipo di fruizione del fiume. L’inqui- ma. In quel tempo e con pochi mezzi il mondo è stato rivoluziona-

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to: oggi con i nostri mezzi abbiamo l’obbligo di tentare delle solu- Bisogna rapidamente azzerare i tre principali fattori limitanti. Il
zioni altamente tecnologiche che invertano l’attuale tipo di svilup- primo è l’inquinamento. Il secondo è il consumo di risorse non
Scene di labor sulla colonna traiana*
po non armonico e distruttivo. rinnovabili. Infine, bisogna superare i limiti e gli errori della guida
Il “Progetto Urbis”potrà essere realizzato solo se si interverrà sul umana passando subito alla guida automatica.
problema della mobilità. La “Mobilità 3.0” costituirà la terza rivoluzione della mobilità e al-
Oggi, fra le metropoli europee, Roma ha la maggiore penetrazione lo stesso tempo dimostrerà che è possibile abbandonare il vec-
di auto e moto; e il più alto indice di incidentalità. chio modello di sviluppo che genera sempre più entropia e porta
Questa situazione deriva dal fatto che Roma, che 2000 anni fa ave- a squilibri ambientali sempre più irreversibili.
va realizzato la prima rivoluzione della mobilità, poi ha mancato, Il nuovo modello si svincola completamente dall’uso delle risor-
nel secolo scorso, la seconda rivoluzione, alimentata dall’energia se non rinnovabili ed azzera l’inquinamento. Inoltre, l’uomo si li-
meccanica. bera sempre più dai suoi limiti e dai suoi errori e quindi può
La soluzione del traffico romano è possibile solo se si innesca una nuo- dedicarsi più intensamente a produrre nuovo benessere per sé e
va rivoluzione che si chiama: “Mobilità 3.0”, ovvero l’approdo a una per la natura che lo accoglie. Sulla colonna Traiana compaiono numerose scene di labor; si tratta
pedonalizzazione integrale. Per fare questo c’è necessità di un’alter- Per questo la “Mobilità 3.0” sarà un esempio di sviluppo armoni- di una scelta inconsueta per un monumento onorario, soprattutto se
nativa di mobilità. Essa si realizza con una rete di metropolitane leg- co. Essa verrà messa a punto a Roma, ma poi verrà estesa al re- paragonata con la colonna coclide aureliana, che ne presenta solo
gere ad automazione integrale e ad alta flessibilità di tracciato. Ciò sto del Paese, interessando man mano tutte le altre attività due. È dunque lecito chiedersi quale fosse il messaggio affidato a que-
permette di effettuare gli scavi in totale compatibilità con gli strati ar- produttive. ste immagini nell’ambito della narrazione delle campagne daciche
cheologici, di avere stazioni capillari, al massimo ogni 200 m. e di of- Ritrovare nella fenomenologia della tecnologia dell’antica Roma il (101-102; 105-106 d.C.). Esse esaltano la disciplina ed i successi del-
frire un trasporto di qualità tale da non far rimpiangere l’auto privata testamento e le linee guida per la Roma futura è l’azione più in- l’esercito romano e del suo imperatore e al tempo stesso, raffigu-
La mobilità ha contribuito in maniera decisiva al progresso degli ul- novativa che può produrre la cultura, il primo anello della catena rando scene di costruzione e di disboscamento, marcano un divario
timi 100 anni. Ma oggi i suoi costi aumentano sempre più e stan- del valore. Il valore inteso come creatività per uno sviluppo ar- tecnologico e culturale tra l’impero ed il barbaricum e rappresentano
no ormai per superare i benefici. monico e sostenibile. le prime tappe della romanizzazione della nuova provincia dacica.
È possibile istituire un confronto tra le scene di labor e quanto ci vie-
ne narrato dagli autori di trattati militari: infatti essi sono soliti attri-
buire le vittorie dell’esercito romano non al dispiegamento di uomini
o all’abilità sul campo bensì all’esercizio costante e alla perfetta pre-
parazione logistica delle campagne. La parola exercitium (connessa
anche etimologicamente con exercitus) indica l’insieme delle attività
praticate dai soldati in previsione delle fatiche della guerra: accanto
1
all’esercizio fisico e all’uso delle armi, il labor giocava un ruolo fon-
damentale in quanto stimolava la capacità del soldato di lavorare in
gruppo, indispensabile in vista delle manovre militari.
Accanto all’esercizio era importante un’accurata preparazione logi-
stica della campagna militare; il generale Domizio Corbulone avreb-
be affermato che le battaglie si vincono con la zappa, ossia con le
opere di costruzione (Frontino, Stratagemata, 4, 7, 2). *

Costruzione di infrastrutture

Scene di costruzione (1-2):


in primo piano alcuni legionari trasportano con dei secchi la terra ri-
mossa (forse per la costruzione di un fossato) mentre alle loro spal-
le i commilitoni sono impegnati nella costruzione di una passerella
lignea e nel trasporto dei materiali. In primo piano sono visibili gli scu-
di e gli elmi dei soldati conficcati a terra (v. n. 7) e ai lati i due ausilia-
ri che montano la guardia. In alto l’imperatore si affaccia dalle mura
ed osserva i lavori assieme ai due comites, indicando uno dei legio-
nari all’opera. Sullo sfondo viene rappresentato il castrum romano. È
da evidenziare che Traiano viene raffigurato frequentemente mentre
sovrintende alle opere di costruzione ponendole in tal modo sotto la
propria auctoritas (due di queste scene sono le uniche in cui l’impe-
ratore è raffigurato in posizione frontale); non a caso Plinio il Giovane
loda Traiano per aver saputo raddrizzare la vacillante disciplina mili-
tare (Panegirico, 6, 2; 18, 1) e, a differenza del predecessore Domizia- 2

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nella fase dell’addestramento militare: lo Pseudo Igino infatti con-
siglia di far scavare dei fossati ai soldati non per la loro reale utili-
tà difensiva ma disciplinae causa; allo stesso modo Vegezio consiglia
3 il disboscamento (silvam caedere) come utile esercizio per tem-
prare i corpi dei soldati alle fatiche della guerra. Nei periodi di inat-
no, aver accettato di dividere le fatiche della guerra con i propri soldati. tività invece l’esercito veniva impiegato nella costruzione di opere
Si nota inoltre che nei lavori di costruzione sono impegnati i legio- civili: oltre al vantaggio economico di usare una manodopera ben
nari che hanno deposto a terra scudo ed elmo ma indossano la lo- addestrata e pagata a prescindere dall’utilizzo in azioni belliche, si
rica segmentata (v. n. 7). Non sappiamo se essi effettivamente cercava anche di scongiurare eventuali ribellioni.
indossassero la corazza durante le opere di costruzione (ed appa-
re improbabile dato il peso e la scomodità), ma sappiamo dalle fon-
ti che essi venivano addestrati a correre e portare pesi indossandola. Disboscamento
Nel fregio la rappresentazione dei legionari loricati potrebbe anche
essere motivata dalla volontà di renderli chiaramente distinguibili Scene di disboscamento (6-7):
dagli ausiliari, che montano la guardia. Tale ripartizione di compiti legionari abbattono gli alberi (gli strumenti che impugnavano erano
viene attestata anche dalle fonti: lo pseudo-Igino (De munitionibus integrazioni metalliche al rilievo, andate perdute probabilmente in
castrorum, 24) ad esempio afferma che i soldati della marina erano epoca tardo antica) mentre gli altri compagni trasportano il legna-
impegnati nella costruzione delle vie mentre i cavalieri mauri ed i me. I legionari in primo piano (7) stanno trasportando un grosso
cacciatori pannonici costituivano la loro scorta; allo stesso modo tronco sospeso ad una trave tramite una fune. I soldati stanno pro- 9
Cesare invia le legioni a fare foraggio mentre la cavalleria le segui- babilmente tagliando gli alberi e livellando il terreno per agevolare il
va (De bello Gallico, 5, 17, 2) passaggio delle truppe. Questa operazione serviva da una parte ad
eliminare gli ostacoli lungo il percorso e a ridurre il rischio di imbo- tecnica militare romana e si contrappone nella colonna ai disordi-
Costruzione di un accampamento (varie scene)(3-5): scate, dall’altra a procurarsi il legname che era il principale materia- nati attacchi dei daci.
in primo piano si vedono i legionari intenti a scavare il fossato e a le da costruzione di accampamenti, carri ed armi e serviva per il Assalto con ariete (9): i daci attaccano il fortilizio romano usando un
trasportare fuori la terra con l’uso di cesti; all’interno ed intorno al riscaldamento e l’alimentazione dei balnea castrensi. Al di là del- ariete per sfondare la parte centrale della recinzione. Il possesso di
recinto di blocchi squadrati trasportano i materiali da costruzione. l’utilità pratica immediata il disboscamento ha anche una forte va- armi più sofisticate accanto agli archi, ai giavellotti e occasionalmen-
Alcuni di essi stanno trasportando i blocchi sulle spalle, tenendoli lenza culturale: alle foreste che caratterizzano il barbaricum (Anonimo, te ai massi da parte dei daci non deve tuttavia meravigliare: infatti
tramite delle funi e sacchi di terra. De rebus bellicis 6, 2-3) si sostituiscono le strade e le città che sono Cassio Dione menziona esplicitamente che una delle condizioni di
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Le scene di costruzione documentano una realtà quotidiana del- l’emblema del mondo civilizzato. pace imposta dai romani a Decebalo era “di consegnare le armi, le
l’esercito romano; i legionari dovevano infatti provvedere alla co- tena e cibo per tre giorni; sicché poco manca che i fanti siano ca- macchine belliche e quelli che le costruivano” (Cassio Dione, 68, 9.5).
struzione degli accampamenti provvisori e permanenti. Flavio richi come bestie da soma”. Presupponendo che tali fossero gli Occupazione dell’accampamento dacico da parte delle truppe ro-
Giuseppe (Guerra Giudaica 3, 5) parlando degli impedimenta dei strumenti in dotazione anche in età traianea, si nota come i legio- Tecnica militare mane (10): la scena raffigura i romani che appiccano le fiamme ai vil-
soldati romani afferma: “I fanti scelti che attorniano il comandan- nari venissero equipaggiati non solo per combattere ma anche per laggi dei daci mentre questi scappano. Sullo sfondo si vede invece
te portano una lancia e lo scudo rotondo; il resto dei legionari un svolgere lavori di costruzione e di disboscamento ed affrontare si- Formazione a testuggine (8): i legionari romani eseguono la for- Traiano che prende possesso dell’accampamento nemico, il quale
giavellotto ed uno scudo oblungo ed inoltre una sega, un cesto, tuazioni di emergenza. I soldati non venivano impegnati nelle ope- mazione a testuggine (testudo) durante l’assalto di una fortezza da- viene raffigurato con mura di blocchi lapidei squadrati ed una passe-
una piccozza ed una scure, poi una cinghia, un trincetto ed una ca- re di costruzione esclusivamente durante la campagna, ma anche cica; la formazione a testuggine è il simbolo della disciplina e della rella di fronte alla porta che consente di attraversare il fossato. All’in-

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È quindi evidente che il ponte di Apollodoro non aveva solo uno scopo ti: entrambe le scene documentano la fertilità del suolo dacico, che
pratico ma simboleggiava uno standard tecnologico e culturale che con le due campagne è entrato a far parte dell’impero romano. La
garantiva il predominio di Roma sui popoli barbari. provincializzazione si traduce in benefici economici per il popolo
romano di cui la stessa colonna Traiana, inserita nel nuovo com-
10 plesso forense costruito ex manubiis, è la prova concreta. Del resto
Providentia che la conquista di nuove province fosse finalizzata anche alla ne-
cessità di sfruttare le risorse locali per il crescente fabbisogno del-
Mietitura (14): l’annona romana viene provato dai documenti epigrafici (ILS 986:
la scena mostra alcuni legionari romani mentre mietono il grano uti- “Primus ex ea provincia magno tritici modo annonam populi Roma-
lizzando delle falci e trasportano i covoni mentre in secondo piano i ni adlevavit” dice orgogliosamente un legatus Augusti propretore ri-
commilitoni tengono per le briglie i muli (di uno di loro è visibile il ferendosi alla provincia della Mesia dopo l’incendio del 62 d.C).
basto) e li caricano con il raccolto. Sullo sfondo si vede l’accampa-
mento romano.
Musica
Approvvigionamento idrico (15):
un legionario, oltrepassato un piccolo ponte di legno, si china e riem- Marcia dell’esercito sbarcato sulla riva opposta del Danubio (16):
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pie un recipiente di acqua. La rappresentazione di approvvigiona- in primo piano si vedono i suonatori di cornu (una tromba bronzea
nel terreno. Alle sue spalle sono visibili due pagliai di forma conica mento idrico viene ripetuta in modo più esteso nell’ambito della ricurva, dotata di una barra metallica che permetteva di appoggiare
che compaiono anche nella prima spirale (scena 2-3 pp. 261-262) e prima campagna dacica e una terza volta come rappresentazione lo strumento sulla spalla) che precedono i portastendardi. I cornici-
che sono generalmente interpretati come strumenti per le segnalazioni singola. nes compaiono da soli anche nelle scene di sottomissione (Settis, sce-
diurne (potrebbe tuttavia trattarsi anche di foraggio per gli animali). Queste scene documentano la necessità (e anche le difficoltà) di na 91, p. 349). Secondo Vegezio (2, 22, 1) il loro compito era di dare
12 All’inizio della prima guerra dacica: attraversamento su ponte di procurarsi del cibo in un territorio nemico durante la campagna militare, i segnali di avanzata e ritirata ai portainsegne mentre i tubicines (suo-
barche: i legionari attraversano il Danubio su un ponte di barche, sulle quali anche i trattati militari richiamano l’attenzione. Vegezio af- natori di tuba) davano gli stessi segnali a tutto l’esercito: essi com-
sulle quali è stata appoggiata una passerella lignea con una balaustra ferma: “la scarsità di cibo logora l’esercito più di frequente di un com- paiono associati nelle scene di sacrificio (scena 13, p. 271) e di lustratio
di protezione (12). battimento e la fame è più crudele della spada”. Una testimonianza (scene 189-190, pp. 447-448). La tuba veniva inoltre usata per rego-
terno dell’accampamento si scorgono le insegne daciche con il dra- Scena di pietas di fronte al ponte di Apollodoro di Damasco sul Danubio epigrafica dalla Mauretania (CIL VIII, 4322) ci informa su un distac- lare la vita nell’accampamento, la sveglia, le adunate ed i cambi del-
gone e numerose teste mozzate di romani su picche. Davanti all’ac- (13): il ponte è provvisto di piloni in muratura sui quali si appoggiano camento di soldati (vexillatio) mandato a fare il fieno (ad fenum se- la guardia (Flavio Giuseppe, III, 5, 2). Nelle scena di pietas di fronte al
campamento si vedono invece due fosse contenenti pali aguzzi: si delle centine in legno che sostengono il camminamento ligneo, candum). I trattatisti romani sottolineano l’importanza di porre gli ponte sul Danubio compare anche un suonatore in abiti civili (forse
tratta di trappole che ricordano i ‘piccoli cervi’ menzionati da Vegezio provvisto di parapetto. L’ingresso del ponte è enfatizzato da un arco. accampamenti nelle vicinanze di corsi o sorgenti d’acqua potabile in un sacerdote) che accompagna il rito con uno strumento simile ad
nell’ambito delle difese esterne del castrum romano. L’importanza del ponte, emblema della superiorità tecnologica romana, modo tale da assicurarsene la disponibilità anche in caso di assedio un doppio aulos, di cui non conosciamo il nome antico. Sulla colon-
è evidenziata dall’ampio spazio che l’epitome di Cassio Dione dedica prolungato. Negli accampamenti permanenti inoltre venivano di- na non compare la raffigurazione della buccina menzionata da Ve-
alla sua descrizione e dall’esistenza di coni monetali che lo raffigurano sposte delle cisterne di raccolta dell’acqua piovana e dei magazzini gezio tra gli strumenti di uso militare. La buccina è uno strumento
Ponti sul verso. Cesare, parlando del ponte ligneo sul Reno costruito in (horrea) per la conservazione del frumento; altra fonte di approvvi- ricurvo in cornu decorato d’argento che Vegezio pare confondere con
occasione della brevissima campagna germanica, afferma (De bello gionamento erano i prata legionis, ossia aree di pertinenza delle le- il cornu bronzeo. Recenti analisi del passo (Vegezio 3, 5, 6) hanno per-
Costruzione di una palizzata lignea (11): gallico 4, 17): “Per queste ragioni che ho ricordato Cesare decise di gioni destinate all’agricoltura e al pascolo. messo di stabilire la lectio originale e di constatare che l’errore nasce
il legionario è inginocchiato su una passerella lignea costruita sopra attraversare il Reno ma riteneva che attraversarlo con imbarcazioni La scena di mietitura può essere letta in concomitanza con la spi- dall’ambiguità della parola corno, che in origine designava il materia-
un fossato, di cui è ben visibile la balaustra, e sta piantando dei pali non fosse sicuro e conforme al prestigio suo e del popolo romano”. rale conclusiva del fregio, che mostra una teoria di animali pascen- le usato e rimase anche quando si cominciò a fabbricarlo in bronzo;

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altra possibile fonte di errore è l’analogia con uno strumento medie- partiche di Lucio Vero); per questo motivo gli autori di trattati militari
20
vale chiamato bucina e fatto appunto di corno. Vegezio definisce il insistono sulla necessità di porre l’accampamento non solo in una
suono della buccina ‘classico’ perché usato in presenza dell’impera- posizione strategica ma anche in relazione alla salubrità del luogo e
tore o durante le esecuzioni militari, effettuate sotto la sua autorità. alla presenza di acqua potabile e corrente. L’accampamento veniva
19
Altre fonti invece (ad esempio Seneca, Thyestes, 798) sembrano allu- inoltre munito di servizi igienici come le latrine ed i balnea oltre a
dere all’uso di questo strumento per regolare i cambi della guardia. canali di scolo lungo le vie per evitare il ristagno delle acque.

Trasporti
Medicina
Carico di imbarcazione (18, 19):
Medici romani prestano soccorso ai soldati feriti (17): due legionari stanno sistemando sopra l’imbarcazione da trasporto
la scena rappresenta due soldati che sostengono un legionario seduto delle botti di legno, contenenti le provviste per la campagna; sulla ri-
su una sporgenza rocciosa mentre un medico tampona la ferita al va si vedono altre botti di legno in attesa di essere caricate. La scena
ginocchio di un ausiliario. L’ambientazione all’esterno indica che si prosegue mostrando altre imbarcazioni cariche di provviste alimen-
tratta probabilmente delle prime cure prestate ai feriti; coloro che tari imballate e legate con funi e trasporto di cavalli.
riportavano ferite più gravi erano invece assistiti nell’ospedale castrense
(valetudinarium). A partire dalle riforme augustee ciascuna coorte Trasporto delle armi sui carri (20-22):
disponeva del suo medico personale, il quale era subordinato al i legionari spingono carri a due ruote (plaustra) trascinati da muli, so-
medico capo, che era solitamente il medico personale dell’imperatore. pra i quali sono collocate delle balistae. In altri casi troviamo carri a
Nel caso di Traiano conosciamo il nome del suo medico personale, due ruote carichi di anfore ed armi oppure carri trascinati da buoi che
Statilio Critone, autore di Commentari sulle campagne daciche, andati trasportano botti.
L.D.B. 21
perduti. La scena qui rappresentata è un unicum nell’arte onoraria 22
ed esalta l’operato dei medici romani contrapponendosi alle
numerosissime immagini di Daci morenti, di fronte ai compagni Bibliografia
Bibliografia: Sulla colonna Traiana in generale: Settis et al 1988, Sulle scene di
inermi. A questa rappresentazione fa eco un passo dell’epitome di labor nella colonna: Baumer et al 1991; Coulston 1990; Holscher 1980,
Cassio Dione (68, 8, 2) che narra di come Traiano non avesse Sull’esercito romano: Le Bohec 2003; Liberati, Silverio 1988, Sull’opposizione
risparmiato neppure le sue vesti per farne delle bende per i soldati romano/barbaro: Giardina 1989b, Sulla medicina: D’Amato 1993a, Sulla
musica: Guidobaldi 1992, Sulle tecniche costruttive nell’antichità: Adam 1988;
feriti. Oltre alla caratterizzazione antinomica rispetto ai barbari, la
Giuliani 2006.
scena documenta realisticamente la necessità di provvedere alla
salute dell’esercito. La concentrazione di molti uomini in condizioni Fonti antiche: Cesare, La guerra gallica, Milano 1974 Flavio Giuseppe, Guerre des
igieniche precarie rendeva l’esercito un veicolo di trasmissione di juifs, a cura di Andrè Pelletier Parigi 2003, Frontino, Gli stratagemmi, a cura di
Francesco Galli, Lecce 1999, Plinio il Giovane, Carteggio con Traiano e * Le immagini sono state riprese dai calchi della Colonna Traiana, eseguiti tra
epidemie (celebre la ‘pestilenza di Antonino’ del 166 d.C, descritta Panegirico di Traiano, Milano 1963, Vegezio, L’arte della guerra romana, a cura il 1861 e il 1862 per ordine di Napoleone III e concessi in deposito al Museo
da Galeno, che venne propagata dall’esercito di ritorno dalle campagne di Marco Formisano, Milano 2003. della Civiltà Romana in Roma, da Papa Pio XII nel 1950.

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Sezione 1
tempo e spazio
L’integrazione spazio-temporale in Roma antica Fig. 1 – Ricostruzione del
calendario romano Giuliano

Antonietta Dosi

Se un antico Romano, come Cicerone o come Seneca o Plinio o un rarchia politico-religiosa. Due collegi di sacerdoti si dividevano in-
semplice cittadino, potesse uscire dai sotterranei della Storia e per- vece le competenze: gli auguri, depositari della tradizione etrusca e
correre le nostre città e le nostre campagne resterebbe certamente i pontefici. I primi osservavano il volo degli uccelli in un quadro spa-
sconcertato. Lo spettacolo della nostra corsa sfrenata nello spazio e ziale delimitato secondo il rito e in uno spazio di tempo definito.
nel tempo lo sconvolgerebbe addirittura. Ben diverse erano, quando Dalla loro interpretazione dipendeva l’inizio o l’annullamento del-
viveva, le sue forme d’integrazione nello spazio e nel tempo. Viene l’azione progettata. I pontefici erano invece esperti del diritto sacro
quindi spontaneo chiedersi quali fossero queste forme e su quali ba- e custodi della tradizione religiosa, nonché arbitri del calendario
si fosse strutturata l’arte di vivere nella società romana. (sez.1.1). Riti e superstizioni dovevano rendere favorevole il pas- L’insieme dei territori posti sotto la dominazione di Roma racco- quistato determinando con esattezza ciò che doveva appartenere al
Per introdurci nella ricerca bisogna innanzi tutto conoscere i riti e saggio da uno spazio delimitato a un altro, da una frazione di tem- glieva la quasi totalità dell’orbis terrarum, il mondo allora conosciuto. popolo romano (da distribuire ai coloni e ai veterani) e ciò che po-
le superstizioni che gli antichi Romani annettevano allo loro nozio- po all’altra. Dio dei passaggi era Janus (Giano), bifronte perché L’idea della circolarità implicita sia in Urbs che in orbs, (entrambe teva tornare agli abitanti assoggettati. Non soltanto misuravano e
ne del tempo e dello spazio. La parola religio (da re-ligare) fu sem- doveva vedere nello stesso tempo dietro e davanti, l’interno e l’ester- connesse con il verbo urbare (“tracciare un cerchio con l’aratro”), determinavano i limiti delle proprietà pubbliche e private (sez. 1.14),
pre legata con il bisogno di appropriarsi nel modo più rispettoso di no, il tempo che finisce e il tempo che comincia. Anche la porta si non richiamava soltanto il rito etrusco di fondazione della città, ma ma integravano il tutto in una rete di vie intersecantesi ad angolo ret-
una porzione dello spazio infinito e del tempo eterno che apparte- chiamava ianua, in quanto apriva un passaggio e januarius (il me- sottolineava la centralità della posizione di Roma. Nella formula ur- to e definite da un’orientazione precisa secondo due assi: il cardo e
nevano agli dèi. Si potrebbe dire che il popolo romano temesse sem- se di gennaio), perché apriva l’anno. Il rituale con il quale si inau- bi et orbi con cui oggi il Papa impartisce la benedizione solenne era il decumano; struttura che fino ad oggi si conserva in città che sono
pre di non essere in regola con le potenze del tempo e dello spazio. gurava il luogo delimitato dagli auguri determinava nel campo allora riassunta la potenza romana. E se l’orbs terrarum era il do- state sedi di accampamenti militari. L’operazione di divisione delle
E perciò nei rapporti fra se stesso da una parte e il tempo e lo spa- spaziale un templum che l’augure tracciava con il suo bastone ri- minio dello spazio, l’Urbs rappresentava e rappresenta tuttora quel- terre era detta ‘centuriazione’. Con le sue vie, i suoi quadrati e i suoi
zio dall’altra si atteneva a un’attenzione scrupolosa, perché la reli- curvo (lituum) e in cui osservava un porzione della volta celeste per lo del tempo. Dal momento che Roma ha trionfato sulle vicissitudini rettangoli, questa rete ha così profondamente segnato il suolo che
gione (religio) lo poneva sempre nella condizione di ‘obbligato’. proiettarla sulla superficie della terra. È ancora consuetudine oggi dei secoli ed è rimasta la città eterna. tuttora in certe regioni, come nelle campagne di Cremona e di Fer-
Ogni atto importante era di conseguenza sempre congiunto con inaugurare un anno accademico, una sessione parlamentare, un Parlando dell’impero di Roma non possiamo fare a meno di chie- rara, ne appare ancora visibile il tracciato. I Romani avevano anche
l’attesa della sua approvazione. In ogni momento sentiva egli il bi- edificio pubblico, una mostra, una piazza o una strada. Eppure non derci quale fosse la conoscenza che i Romani avevano del mondo. creato un corpo di specialisti (agrimensores e mensores) incaricati di
sogno di salvaguardare un’armonia naturale, la pace con gli dèi (pax si pensa mai al significato della parola che ci dovrebbe suggerire co- Sapevano dai Greci che la terra era un globo al centro della sfera ce- limitare i terreni e definire i diritti. Questi geometri del passato non
deorum) che avrebbero potuto turbare le sue iniziative. Il rituale au- me queste formalità ufficiali appartengano a un rituale che nel mon- leste con due poli, i tropici e l’equatore. La loro conoscenza si fon- solo definivano i confini, ma come quelli attuali effettuavano perizie.
mentava le possibilità di successo e ciò che dai riti era stato accre- do romano aveva avuto grande importanza. Il templum non era dava anche sui racconti dei navigatori, dei viaggiatori, dei Oltre alla tecnica delle limitazioni e all’impiego degli strumenti di mi-
sciuto (auctum) diveniva santo, maestoso, venerabile (augustum). necessariamente un tempio. Lo diveniva soltanto se era stato de- commercianti, sull’esperienza acquisita dai militari inviati a esplo- sura come la groma, l’odometro, l’abaco, il compasso ecc., erano
Quanto alla parola spatium, essa non designava lo spazio quale og- dicato a una divinità. Lo spazio davanti a un limite sacro era detto rare regioni lontane. E gli scienziati del tempo erano riusciti a mi- anche abili disegnatori (sez. 1.7-12). Alla fine della repubblica ne esi-
gi lo concepiamo come mondo, cosmo, immensità materiale e tri- profanum (da pro e fanum, sacello), come profanus era definito l’uo- surare la grandezza di questo globo e a redigere le prime carte. Ma stevano due categorie: i privati e i militari. Questi ultimi erano gli spe-
dimensionale dell’universo. Indicava invece un quadro spaziale nel mo a cui non era consentito penetrare in un tempio consacrato, ma al di là del mondo conosciuto si estendeva un mondo incerto e an- cialisti della “castrametazione” o arte di disporre gli accampamenti
quale si svolgeva un’azione religiosa per condurre a buon fine un doveva aspettare al di fuori. Dal che si comprende perché in italia- cor più lontano: il mito sottentrava all’informazione. Questo insie- militari. Conosciamo la loro scienza perché tutti i loro testi tecnici
proposito nel tempo e nello spazio di cui ci si voleva appropriare. no sia detto profano chi o ciò che è estraneo al sacro (fig. 1). me di terre note e sconosciute costituiva l’ecumene (il mondo). sono stati in età moderna riuniti in un corpo che va sotto il nome di
A dimostrazione di come questi due elementi fossero integrati tra Era considerato spatium anche quello politico, dove si esercitava il Certo i Romani non scoprirono nuove terre, però esplorarono spazi Corpus agrimensorum o De gromaticis.
loro, diremo che anche per indicare una frazione di tempo si usava potere militare (imperium) posto nelle mani di un protomagistra- di cui i Greci, prima di Alessandro Magno, avevano solo sentito par- Agli albori della sua storia il territorio di Roma era rappresentato
spatium. Hoc spatio significa per Cicerone “in questo intervallo di to che rappresentava Roma. La sua sfera di competenza si chia- lare. Nel periodo di maggiore espansione sembra che i Romani fos- dall’ager romanus (agro romano) dapprima sede soltanto dei Ro-
tempo” (Orator, 2, 353). Fra lo spazio che, come il tempo, apparte- mava provincia che all’origine designava solo l’incarico. La provincia sero arrivati a controllare quasi la metà dell’ecumene. L’apparizione mani (Ramnes), poi anche dei Sabini e dei Latini (Tities e Luceres).
neva agli dèi e il quadro spaziale che serviva da scena all’agitazio- portava il nome del popolo che bisognava prima di tutto vincere sempre più frequente del globo terrestre sulle monete a partire da- Era uno spazio politico dominato dal diritto quirite (dominium ex
ne degli uomini esisteva una barriera. Qui si situava il momento (pro-vincere). Oggi ancora la provincia è uno spazio territoriale su gli anni 76-75 a.C. non lascia alcuno dubbio sulla loro pretesa di pos- iure Quiritium). Si trattava, come si può immaginare, di un piccolo
critico della sua appropriazione. Con questo atto, per il quale era cui però si esercita solo un potere civile. La stessa osservazione va- sedere il dominio del mondo. La sua rappresentazione raggiunse nucleo urbano con la sua periferia rurale nella quale veniva eserci-
necessario l’intervento degli auguri e dei sacerdoti, si fondava un le anche per la regione (regio). A differenza dell’Italia, che in età tar- livelli di precisione sempre maggiori, come dimostrano le loro carte tata l’attività agricola e pastorale. L’ager era diviso in tre parti: la pri-
diritto riconosciuto tanto dagli dèi che dagli uomini. Anche il tem- do-repubblicana e imperiale era uno spazio inerme senza unità geografiche e corografiche. La realizzazione cartografica più note- ma riservata al re e al culto, la seconda di proprietà collettiva (ager
po vissuto dagli uomini era il risultato dell’appropriazione di una militari ad eccezione delle forze pretoriane di sicurezza, l’impero vole fu la cosiddetta “carta di Agrippa”, un’enorme carta murale fat- publicus), la terza di proprietà privata (ager privatus). Benché sotto-
frazione del tempo universale. La grande arte consisteva nel saper- costituito dai territori conquistati fuori d’Italia era uno spazio ar- ta collocare nel Campomarzio da Augusto, la quale descriveva messi allo stesso diritto romano lo spazio urbano e lo spazio rura-
ne definire i limiti (regere fines) senza perturbare gli dèi. mato sotto il potere militare con guarnigioni nelle province e so- l’ecumene, mentre la forma di Roma venne incisa su marmo all’epoca le avevano uno statuto differente. Entro la città l’esercito non poteva
Queste operazioni rituali, all’origine erano dirette dal re del sacro prattutto lungo le frontiere. Questo spazio imperiale gravitava di Settimio Severo ed esposta nel Foro della Pace (sez. 1.15). essere convocato e tanto meno stazionare. Anche la collocazione
(rex sacrorum) che per lungo tempo occupò il primo posto nella ge- intorno all’Urbs, cioè a Roma. I Romani sapevano organizzare lo spazio progressivamente con- delle tombe corrispondeva a un’organizzazione dello spazio dei

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Fig. 2 - Plastico di Roma arcaica Fig. 3 – Plastico ricostruttivo di Roma
(progetto di L. Quilici. Roma, in età tardo antica
Museo della Civiltà Romana) (progetto di I. Gismondi. Roma,
Museo della Civiltà Romana)

morti. Era vietato, per esempio, seppellire i morti entro la cinta del- detta Quadrata, tracciato dal vomere dell’aratro di Romolo sul Pa- dall’insieme dei luoghi in cui si discuteva l’avvenire della città e si 4) e anche il tempo opportuno e fuggiasco (Chairos). I Romani
le mura. Dopo la costituzione della repubblica, i due consoli ebbe- latino, era in realtà un terrapieno che circondava la città, un limite prendevano decisioni. Nella Curia si radunava il senato per votare. non furono da meno.
ro anch’essi compiti diversi a seconda che esercitassero il potere invalicabile per le divinità straniere, per i morti e per i militari. Al- Quanto alle assemblee del popolo (comitia), avevano luogo in se- Ma dopo aver rappresentato il tempo con la fantasia occorreva de-
militare fuori dalla città o stessero dentro le mura come rappre- l’interno del pomerio Romolo, e dopo di lui i successori, procedet- di differenti. La presa degli auspici infine, poiché era necessario che terminarlo. Il primo metro che s’impose per la misura del tempo fu
sentanti del potere civile. L’espansione dell’ager romanus fu il risul- tero alla divisione del terreno e all’orientamento degli spazi pubblici, in tale circostanza l’Urbs fosse tutta visibile, avveniva dall’Augura- il giorno. Per calcolare una durata maggiore, parve possibile tota-
tato delle conquiste che provocarono lo sviluppo dello spazio urbano delle strade, dei vicoli in base alle regioni del cielo. All’incrocio del culum dell’Arx da dove si dominava tutta la città. lizzare i giorni successivi in una serie lineare (per esempio con chio-
primitivo (fig. 2). La città assorbì una parte della periferia, mentre cardo e del decumano si trovava il centro civico e religioso dove era Lo spazio urbano di cui si è parlato era un ricalco armonico dello di o con tacche su una trave), sistema tuttavia inadeguato a strutturare
quella parte dell’ager romanus che ne rimase escluso si trasformò stata in precedenza chiusa la fossa centrale (mundus) che collega- spazio privato che aveva anch’esso un focolare per centro, un alta- lunghe e regolari durate di tempo. Sicché dopo l’alternanza del gior-
in uno spazio geografico più vasto. Quando poi la conquista supe- va il mondo dei vivi con quello sotterraneo degli Inferi. Al centro re per i sacrifici al dio tutelare, un’apertura verso il cielo e un’altra no e della notte, gli antichi - che avevano osservato la serie delle tra-
rò i limiti geografici del Lazio, amministrare le terre pubbliche in- geometrico, sintesi dei focolari domestici, c’era anche il tempio di verso il mondo sotterraneo. La domus fu il punto di arrivo cittadino sformazioni che la luna subisce - intuirono il fenomeno della lunazione
cominciò a diventare una preoccupazione per Roma. Fu necessario Vesta dove le Vestali custodivano il fuoco perenne. dello sviluppo spaziale privato della capanna primitiva che nello spa- o mese lunare. Incominciarono così a calcolare il tempo per lune.
definire lo statuto dei territori lasciati alle città vinte e in seguito an- L’occupazione dello spazio nelle città rispettava sempre determi- zio rurale aveva dato vita alla casa di campagna. Era chiamato he- Anche a Roma il primo calendario di Romolo fu lunare. Venne poi
che quello delle città legate a Roma da trattati di diversa natura. Poi- nate regole. A Roma la piazza principale (Forum) occupava anch’essa redium perché trasmissibile (donde viene la parola “eredità”). Evolutasi modificato dal re Numa che vi aggiunse il mese di gennaio e di feb-
ché queste ultime città non erano di diritto romano, costituivano un il centro dello spazio urbano. Tali regole sono state più o meno ri- in casa padronale in città, la domus ebbe due facciate, l’una sulla braio. Ma il cielo impone alla vita terrestre un altro ciclo non meno
dominio situato peregre, al di là dell’agro romano, cioè all’estero e spettate anche in età moderna. Recentemente nelle grandi metro- strada e l’altra sul giardino che gli architetti romani più qualificati imperioso: l’anno, il cui corso determina il ciclo stagionale della ve-
detto per questo ager peregrinus. poli si tende invece a creare spazi decentrati aventi una vita autonoma sapevano disporre con gusto squisito e molta immaginazione. Ma getazione e della modificazione dei fattori climatici. L’anno lunare
Estendendo ulteriormente le sue conquiste, Roma spinse sempre rispetto a quella che oggi si chiama city e al tempo di Roma Urbs. soprattutto le meravigliose ville suburbane della classe aristocrati- era il conto di un durata, non di un tempo assoluto in accordo con
più lontano l’insieme dei territori occupati da popolazioni nemiche Intorno al Forum erano disposti i templi e le basiliche. Ad ogni mo- ca e dei nuovi ricchi offrivano fantasiosi giardini con passeggiate il sole e gli astri. Col passare del tempo lo sfasamento divenne tale
e sempre più in là i territori meno conosciuti. La dichiarazione di do fra le molte città dell’Impero la Roma dei Cesari fu la meno ri- ombrose e giochi d’acqua. In città l’esigenza continua di nuovi spa- che nel 46 a.C. l’equinozio dell’anno civile differiva da quello astro-
guerra alla città o allo Stato nemico che ai giorni nostri viene tra- spettosa delle regole urbanistiche. Non ebbe mai un piano regolatore zi edificabili provocava invece la diminuzione progressiva delle di- nomico di ben tre mesi. Così nell’anno 708 dalla fondazione di Ro-
smessa con dichiarazione motivata o come ultimatum da un am- degno di questo nome, tanto che a causa degli ingombri i traspor- mensioni del giardino. Gli architetti incominciarono allora a creare ma, Cesare nella sua qualità di pontefice massimo decise di porre
basciatore, allora avveniva in maniera più spettacolare tramite i ti commerciali si facevano generalmente di notte con grande fra- all’interno delle case spazi verdi fittizi attraverso pitture murali in fine a queste irregolarità adottando un calendario che fosse il più
sacerdoti Feziali che gettavano una lancia sul territorio nemico pro- stuono, come racconta Giovenale in una sua satira. La città si fregiava prospettiva e paesaggi illusori. Quanto al popolo minuto, abitava possibile conforme all’anno solare. Malgrado questa rettifica, il di-
nunciando formule rituali. Quando poi la lontananza dello spazio anche di grandi archi. L’origine dell’arco di trionfo fu probabilmen- (sarebbe meglio dire che vi andava a dormire soltanto) in case a più vario si accentuò ancora nel corso dei secoli. I giorni del calendario
nemico incominciò a complicare il compito dei Feziali, fu fatto ri- te legata a un rituale di purificazione e di reintegrazione. Passando piani (insulae) quasi tutte prive di ogni comfort e soggette a fre- romano erano contraddistinti da lettere che avevano significato po-
corso a una finzione giuridica. L’ager publicus, ormai vastissimo si sotto l’arco il cittadino-soldato usciva dallo spazio sottomesso al- quenti incendi (Fig. 3). sitivo o negativo. Particolarmente importanti erano le nundinali che
rivelava intanto per lo Stato una fonte di notevoli rendite. Ma non l’imperium militare per reintegrare lo spazio civile come semplice Impotenti di fronte all’inarrestabilità del tempo, ma anche affa- si succedevano dal principio alla fine dell’anno per otto giorni e ser-
lo fu di meno per molti ricchi proprietari ai quali siffatte specula- cittadino.Lo spazio ludico della città comprendeva i luoghi dove il scinati dall’imperscrutabile mistero del suo fluire, gli antichi ave- vivano per fissare ogni nono giorno la data delle fiere e dei merca-
zioni offrirono la possibilità di diventarlo ulteriormente. popolo si rallegrava collettivamente degli spettacoli e dei giochi (tea- vano rappresentato antropomorficamente il tempo assoluto e ti. Sette giorni quindi intercorrevano dunque tra due lettere nundinali
Segnato da cippi, il pomerio (pomerium) della Roma primigenia, tri, odea, circhi, stadi, anfiteatri); quello civico era invece costituito continuo (Aion, che ha la stessa radice della parola iuvenis) (fig. proprio come i giorni della nostra settimana, istituita nel III sec. d.C.

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Fig. 4 – Patera di Parabiago con esempio, dal fluire di una certa quantità d’acqua da un vaso in un Abbiamo parlato dell’habitat del cittadino romano. Vediamo ora di
rappresentazione di Aion, il tempo altro. Essa fu conosciuta con precisione maggiore quando divenne seguirlo nei ritmi della sua vita. Grazie al calendario egli non era sol-
senza fine. IV sec. d.C. possibile consultare strumenti che indicavano l’ora solare calcola- tanto integrato nel tempo, ma anche continuamente reintegrato,
(Milano, Civico Museo Archeologico; ta scientificamente e quella vissuta misurata empiricamente. perché si trovava indotto a passare da uno spazio-tempo a un al-
riproduzione: Roma, Museo Civiltà Il cittadino comune però non sapeva leggere l’ora e la chiedeva con- tro, da quello del fas o diritto divino a quello dello ius o diritto civi-
Romana) tinuamente: Quota hora est? “Che ora è?” L’ora dunque doveva es- le, da quello della vita pubblica a quello della vita privata, da quello
sere annunciata. Nei primi tempi della repubblica era proclamata a dell’attività a quello del tempo libero. La sua giornata si divideva in
gran voce l’ora del mezzogiorno. Ne veniva dato annuncio anche due parti: la mattina era riservata agli affari (negotium), il pomerig-
per convocare i comizi e le udienze in tribunale. Poi entrarono nel- gio alla distensione e allo svago. Il cittadino romano era mattinie-
l’uso le clessidre inventate dagli scienziati alessandrini. Allo scopo ro, perché si alzava con il sole. Questa levata, che incominciava con
di conoscere l’ora concorreva anche l’osservazione della lunghezza il saluto al patrono (salutatio), continuava dopo una più che fruga-
dell’ombra. Fondamentale per il calcolo dell’ora diurna fu pertanto le colazione (jentaculum) con una discesa al Foro, dove all’ora ter-
lo gnomon inventato anch’esso, a quanto sembra, dai Caldei. La za avevano inizio le inchieste giudiziarie. Il pasto del mezzogiorno
gnomonica, che era la scienza e l’arte di costruire quadranti, ri- (prandium) era consumato, spesso in piedi, con ciò che era rima-
chiedeva necessariamente la competenza dell’architettura e del- sto della sera precedente. A questo punto della giornata tutte le at-
l’astronomia per poter orientare bene le sue costruzioni. tività cessavano, perché il prandium segnava la fine delle ‘ore serie’,
A Roma l’uso dei quadranti in breve si generalizzò e la loro fabbri- come le chiamava Plinio. Quella del bagno, alla nona ora d’inver-
cazione divenne un’attività fiorente. Nel I sec a.C., secondo Gellio, no, all’ottava d’estate era irrinunciabile. Con la coena, che era il pa-
Roma ne era già invasa (sez. 1.2-5). La costruzione più maestosa si sto fondamentale, incominciava una nuova giornata quasi sempre
tramanda fosse l’orologio solare (solarium) che Augusto fece edifi- in compagnia di amici. La cena si concludeva all’imbrunire. Solo chi
care nel campo di Marte. Un altro grande passo nel perfeziona- gozzovigliava faceva, come oggi si dice, ‘le ore piccole’.
mento del calcolo dell’ora fu infine l’orologio idraulico. Mentre la Il tempo della vita era scandito anch’esso da tappe ben precise. Il
semplice clessidra registrava solo il tempo di scorrimento dell’ac- neonato, dopo la purificazione, se era maschio riceveva il nome pro-
qua, l’orologio idraulico era una clessidra verificata con un quadrante prio (praenomen), quello della famiglia e in seguito un sopranno-
solare. Il più noto è quello di Ctesibio descritto da Vitruvio (9, 8,2) me. Al collo gli veniva appesa una bulla d’oro come amuleto di
sez. 1.4). Esistevano infine gli horologia viatoria, quadranti portatili protezione contro le forze maligne. Fino a sette anni era educato
che erano dei veri e propri orologi dalle forme più varie e spesso as- dalla madre, poi dal padre. Il bambino (puer) indossava la veste
sai curiose (erano forse gli antenati delle ‘cipolle’ che i nostri non- praetexta, bianca con una bordura di porpora che tracciava intorno
ni portavano nel taschino) (sez. 1.3). a lui uno spazio di protezione. La bambina (puella) aveva solo il no-
Ma il tempo non è mai stato a misura dell’uomo. A causa della sua me di famiglia del padre. Oggi i nostri giovani per motivi di studio
inafferrabilità, solo pratiche religiose scrupolosamente osservate po- o per la necessità di trovare un lavoro stabile si sposano in genere
tevano, come abbiamo detto, consolidarlo. E i pontefici dovettero fra i venticinque e i trent’anni. A Roma invece, il matrimonio, con-
dar prova di sapienza e di sottigliezza nell’arte di manipolare il tem- cordato fra le famiglie, aveva luogo a dodici anni per la fanciulla e a
po. I giorni di festa potevano appartenere alla religione domestica quattordici per il ragazzo, il quale, nonostante fosse già sposato,
Agronomi come Columella ed eruditi come Varrone e Plinio com- L’ora fu a lungo sconosciuta, tanto che nelle Leggi delle Dodici Ta- o essere feste popolari o della religione di Stato. In ogni caso erano raggiungeva la maturità civica solo a diciassette anni e passava al-
posero anche calendari astro-agricoli minuziosi che contenevano vole (metà del V sec. a.C.) non se ne trova ancora menzione. Dopo tutte feste di protezione, alle quali si aggiungeva la commemora- lora alla condizione di adulescens. Nei Liberalia (feste di Liber, dio
indicazioni per i lavori dei campi. Dopo l’affermazione del Cristia- la levata e il tramonto del sole, il loro primo punto di riferimento fu zione solenne e rituale dei grandi avvenimenti della storia di Roma. del vino) egli deponeva la veste praetexta, indossava la toga virile e
nesimo, la Chiesa redasse un calendario liturgico che era insieme il centro della giornata, il mezzogiorno (meridies) ufficializzato nel Non avevano tutti le stesse caratteristiche. offriva a Giunone la bolla d’oro che lo proteggeva; veniva condotto
lunare per le feste mobili come Pasqua e solare per le feste fisse co- 338 a.C. Si determinarono così il mattino e il pomeriggio. Come avviene ancora oggi, alcuni facevano sospendere le normali solennemente nel Foro ed entrava nella vita pubblica. In tale circo-
me Natale. L’invenzione dell’ora fu una grande conquista della civiltà. La sua attività perché ciascuno adempisse ai suoi doveri religiosi, altri non stanza otteneva il diritto di voto (ius suffragii) che i nostri giovani so-
I Romani avevano molti modi per datare gli avvenimenti. Il più no- origine dovette essere probabilmente caldea, con un passaggio at- arrestavano che la vita pubblica e spesso solo per mezza giornata. lo da non molti anni hanno avuto con la maggiore età a diciotto e
to era il riferimento ai due consoli che esercitavano la loro funzio- traverso la Grecia, visto che le orai compaiono nella mitologia gre- Non tutti erano dunque di riposo. Erano inoltre detti fasti (da fas, prestava subito servizio militare. Teoricamente doveva però atten-
ne in quell’anno. La loro entrata in carica segnava l’inizio dell’anno ca. I Romani la adottarono nel 273 a.C. e ne fecero un’unità di tempo ‘lecito’) i giorni che la religione lasciava alle attività normali e nefa- dere l’età di venticinque anni per poter redigere un testamento, ma
politico e gli anni venivano contati dalla fondazione della città (ab civile e politica. Certo gli astronomi conoscevano le ore equinozia- sti (da nefas, ‘non lecito’) i giorni negati alle attività profane e uni- anche allora restava sottomesso al pater familias fino alla morte di
urbe condita). li tutte uguali nel corso dell’anno, ma nella vita pratica il giorno na- camente riservati agli dèi. Al calendario religioso fu dato il nome di quest’ultimo.
Si deve però dire tuttavia che, come altri popoli dell’antichità, i Ro- turale era sempre diviso in dodici parti, il che comportava ore di Fasti. Alla fine dell’anno liturgico bisognava sbarazzarsi del tempo Ogni cittadino apparteneva all’esercito attivo degli juniores dai di-
mani padroneggiavano meglio lo spazio del tempo. Alla sua preci- diversa lunghezza in estate e in inverno. Quanto alla notte, aveva consumato. Il 14 marzo la folla cacciava a colpi di verga in direzio- ciassette ai quarantacinque anni e a quello sedentario e di riserva
sione quantitativa preferivano la minuzia della sua espressione quattro vigiliae di tre ore ciascuna. Data la sua variabilità quantita- ne dei nemici un uomo rivestito di pelli chiamato Mamurius Vetu- dei seniores dai quarantacinque ai sessant’anni. Alla carriera politi-
qualitativa. Il giorno civile aveva inizio, come oggi, a mezzanotte. tiva era impossibile pensare alla rimunerazione dei lavoratori in ba- rius. Il giorno successivo, la festa di Anna Perenna indicava l’inizio ca che comprendeva l’edilità, la pretura e il consolato accedevano i
Dies era il giorno e nox la notte. All’origine però dies era il cielo lu- se all’ora. Per questo i Romani preferivano calcolare il lavoro compiuto. effettivo dell’anno nuovo. In precedenza (il 24 febbraio), nella ceri- rampolli della classe aristocratica e nobiliare, ma non mancavano
minoso per la presenza del sole. Venne poi divinizzato nel nome di La divisione del giorno in dodici ore determinò un bisogno di pre- monia del Regifugium, era già dovuto fuggire, secondo il rito, il re intelligenti ambiziosi della classe degli affaristi che per meriti mili-
Diespiter (padre della luce) da cui derivò Jupiter, padre degli dèi. Dal- cisione nella misura del tempo. Esistevano di fatto due tipi di ore: del sacro. Con questa fuga il re decaduto simboleggiava l’anno espul- tari o grazie a qualche appoggio riuscivano a penetrarvi. Tempo e
l’originario significato di luce, dies assunse in seguito un senso tem- l’una esteriore misurabile soltanto di giorno perché definita dalla so. Il nostro carnevale con il suo re, può essere considerato la so- spazio esercitavano un ruolo anche nelle interdizioni imposte ai ma-
porale e indicò il giorno. La notte, regno dell’oscurità, fu il tempo in posizione del sole, l’altra vissuta, conoscibile di giorno come di not- pravvivenza di un rito di espulsione del tempo consumato e così il gistrati. I tribuni della plebe, per esempio, magistratura plebea la
cui non si agiva. te perché del tutto indipendente dal corso del sole e misurabile, per 31 dicembre con lo scoppio dei mortaretti. cui attività potremmo avvicinare con molta approssimazione a quel-

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la dei nostri sindacalisti, non potevano restare assenti da Roma un ni, pagani o cristiani che fossero, erano assai meno precipitosi di Sez. 1.1 - Il calendario giuliano.
giorno e una notte. noi contemporanei, ossessionati come siamo dalla velocità e dai
Ma quanto vivevano questi nostri Romani? È una domanda a cui è nostri progetti di futuro. Essi strutturavano l’ambiente su ciò che
Fasti Praenestini
difficile rispondere. L’istituzione delle classi censuarie permetteva era loro utile. La civiltà da loro costruita delineava la figura di uno
all’amministrazione romana di sapere in modo abbastanza preci- spazio-tempo definito e limitato, sottomesso, come abbiamo det- Originale: Calendario di Verrio Flacco esposto nel
so l’età dei cittadini, ma con le scarse notizie a nostra disposizione to, allo ius, cioè al diritto degli uomini e a quello spazio-temporale Foro di Praeneste (Roma, Museo Nazionale
noi non siamo in grado di conoscere la loro durata media di vita. infinito e misterioso appartenente agli dèi e sottomesso al loro di- Romano a Palazzo Massimo)
Cronologia: 6-9 d.C.
Possiamo soltanto dire che Augusto, morto a settantasette anni, ritto, il fas.
era quasi un’eccezione. Ciò non toglie che siano esistiti vegliardi au- L’antico Romano viveva così in una simbiosi creatrice di armonia.
torevoli, anche se oggi la loro età non parrebbe così avanzata. Si La coscienza di un’integrazione perfetta, per quanto possibile, di- Dal verbo calare deriva il termine calendarium,
trattava comunque di casi fuori del comune, la cui rarità avrebbe veniva una fonte di felicità (felicitas) se era sorretta da due qualità: che originariamente designava solo lo scaden-
potuto dar ragione a Seneca, autore di un libro sulla brevità della vi- il sentimento religioso dei doveri da compiere (pietas) e la lealtà e zario sul quale venivano annotate le date delle
ta e anche spiegare perché a Roma l’idea della morte fosse sempre il rispetto degli impegni e della parola data (fides). Qualità che era- operazioni finanziarie (ad es. il rimborso dei pre-
presente. Polibio ha descritto il rituale degli onori funebri: se la per- no il fondamento della virtus. Il che non escludeva che in certe cir- stiti). I curatores calendari erano incaricati di ri-
sona deceduta era illustre, il suo corpo veniva portato in gran pom- costanze, soprattutto nella tarda repubblica e sotto l’impero si scuotere le rendite della città.
pa nel Foro presso i Rostri. Dopo l’elogio funebre pronunciato dal manifestasse la crudeltà dei sentimenti e l’eccesso dei piaceri con La tradizione attribuisce la creazione del primo
figlio, il defunto veniva condotto fuori dalla città per essere crema- la conseguente perdita dei valori. Non si dovrà dunque commette- calendario romano a Romolo. Il mitico fondato-
to o inumato nella tomba che la famiglia possedeva su una delle vie re l’errore di conferire un carattere assoluto alla condizione di ar- re di Roma avrebbe istituito un anno della dura-
consolari. Il ritratto del defunto di cera o dipinto su legno era con- monia che abbiamo sopra enunciato e credere che fosse durata fino ta di 304 giorni, suddivisi in 10 mesi partendo da
servato all’interno della casa in un reliquario ligneo insieme a quel- alla fine dell’antichità. Sarebbe più giusto parlare di lunga e solida marzo, i primi cittadini avrebbero quindi avuto
li degli avi. sopravvivenza di un’integrazione che fu più intensamente vissuta un anno senza gennaio e febbraio. Questa ipo-
Concludendo questa presentazione, che abbiamo cercato di ren- nei tempi più remoti. tesi, sostenuta da diversi studiosi, è avallata dal
dere colloquiale, non possiamo fare a meno di pensare che se è ve- Ma l’evoluzione della concezione irrazionale del mondo verso in- nome dei mesi che riportano una numerazione:
ro che del mondo romano esiste fino ad oggi una tradizione di terpretazioni più razionali era ineluttabile. Oggi il cielo e il mondo Quinctilis, cioè luglio, risulta il quinto mese a par-
continuità nell’uso delle parole e nel mantenimento di molte con- sotterraneo degli Inferi e dei morti non sono più in relazione conti- tire da marzo, e non da gennaio. Si trattava di un
suetudini, è altrettanto vero che se ne evidenziano anche le diffe- nua con la terra. La società profana ne elimina progressivamente le calendario sostanzialmente basato sul ciclo lu-
renze. La più significativa riguarda proprio la modificazione delle ultime vestigia e solo la pratica religiosa ne salvaguarda ancora qual- nare, ma che presentava senz’altro notevoli in-
relazioni fra l’uomo e il suo contesto spazio-temporale che senza cuna. Oggi i diritti prevalgono sui doveri. L’uomo che prima era vis- convenienti se già Numa, altro re leggendario
dubbio fu anche il fenomeno più importante fra quanti segnarono suto all’interno di un ‘tutto’ impregnato di divinità, si ritrova all’esterno. della storia romana, intervenne per modificarlo.
la fine di quel mondo. Il cambiamento certamente incominciò quan- L’angoscia dell’uomo contemporaneo, sovente inconfessata, che Numa Pompilio infatti, cercando di allineare il
do vennero scosse le strutture spaziali della città-stato su cui si fon- pure si manifesta in molteplici maniere, potrebbe anche essere una calendario con il ciclo lunare, aggiunse nuovi gior-
dava la repubblica dei primi secoli, costretta a confrontarsi con i vertigine provocata dalla mancanza di radicamento, di integrazio- ni, fino ad arrivare ad un totale di 355, divisi in 12
problemi sorti per amministrare e difendere uno spazio imperiale ne, di comunicazione, perché a una religione come quella romana, mesi; è a questo punto che entrano a far parte
sempre più vasto. fatta di attenzione scrupolosa, è sottentrata una religiosità spesso del calendario gennaio e febbraio. Veniva co- con piccole modifiche, è sostanzialmente giun- ma fu costretto ad aggiungere non solo un me-
Uscendo da uno spazio-tempo che affondava le sue radici nel ‘vir- soltanto superficiale. Non vivendo più in simbiosi totale con il tut- munque a crearsi uno sfasamento con il ciclo so- to fino a noi. se intercalare di 23 giorni (detto mercedonio),
tuoso’ passato degli antenati ed era garantito da un futuro che non to, l’uomo ha avviato una storia che continua ad accelerare ed è lare, e di anno in anno aumentava la distanza tra Giulio Cesare, nella sua qualità di pontefice mas- ma anche due mesi supplementari di 33 e 34 gior-
poteva essere che l’eternità del presente, il conquistatore romano sempre meno integrata nel contesto naturale. la data calendariale ed il corso naturale delle sta- simo, decise di correggere le irregolarità accu- ni: pertanto si ebbe un anno che eccezionalmente
era venuto in contatto con altre durate temporali che nelle varie par- Ai nostri giorni gli ecologisti predicano il ritorno alla natura, ma la gioni, così che l’equinozio di primavera si trova- mulate con il conteggio dei giorni basati sul ciclo fu di 455 giorni detto anche ‘anno della confu-
ti dell’impero non parevano fluire con la stessa rapidità. Tentò di loro visione si limita a preoccupazioni che riguardano solo l’avve- va a cadere in gennaio, o in novembre. Per lunare: nel 46 a.C. infatti l’equinozio dell’anno ci- sione’ e con il 1 gennaio del 45 a.C. entrò in vi-
istituire un tempo unico comune a tutto l’impero, ma a malapena nire prossimo dell’uomo trascurando la nozione di sacro nell’inte- rimediare a questo inconveniente Numa ricorse vile differiva da quello astronomico di circa tre gore la riforma del calendario. A sua volta Augusto
riuscì a realizzare una giustapposizione di tempi presenti molto ap- grazione spazio-temporale. Se però questo secolo appena iniziato all’aggiunta di un mese, detto intercalare, che ve- mesi e l’inverno si era spostato in autunno. Ce- apportò altre correzioni al calendario giuliano al-
prossimativa coronata da un tempo ufficiale imperiale. vedrà un ritorno alla religione, non è escluso che questo ritorno deb- niva inserito tra il 23 ed il 24 febbraio. La situa- sare fece venire a Roma da Alessandria d’Egitto ternando mesi di 30 e di 31 giorni.
Con l’avvento del Cristianesimo lo scorrere del tempo non fu più si- ba essere interpretato come quello di una religione che si riferirà a zione nondimeno rimase piuttosto confusa, e l’astronomo greco Sosigene che suggerì di adot- Nei calendari erano riportate sia le feste princi-
mile al movimento perenne di una grande ruota con il respiro reli- una lettura più attenta del contesto naturale in opposizione all’at- nel calcolare le date precedenti al 46 a.C. spesso tare l’anno solare, che era già stato calcolato esat- pali, che le ricorrenze di cerimonie religiose, an-
gioso del ritmo dei riti, delle feste, delle stagioni (tempo ciclico). Il tuale rifiuto dello scrupolo, qual è appunto la negligenza (negligen- gli storici incontrano problemi in relazione a que- tamente dall’astronomo Ipparco di Nicea nel II niversari di dediche di templi, i giochi e gli
presente, la cui lunghezza era sembrata una garanzia di eternità, di- tia da nec- legere). La fine del mondo antico s’identificò dunque con sto fatto. sec. a.C. in 365 giorni, 5 ore e 55 minuti (sbagliando spettacoli e, in età imperiale, anche avvenimen-
venne solo un momento di attesa di fronte alla promessa di un fu- la sparizione dello scrupolo nell’appropriazione dello spazio e nel- Solo nel 304 a.C. fu affisso in Roma vicino al Fo- solo di 6 minuti in più). Venne adottato l’anno di ti storici, fino ai giorni natalizi e le assunzioni di
turo migliore in una vita che non era di questo mondo, entro il lo sfruttamento di un tempo qualitativo buono e favorevole. Tutta ro il primo calendario nel quale erano indicati i 365 giorni e il deficit annuale di un quarto di gior- cariche degli imperatori.
quadro della fine dei tempi. l’arte di vivere dell’antico Romano era invece legata a una forma giorni della convocazione dei comizi e nel 186 no fu colmato con la creazione di un giorno sup- Ma il calendario rappresenta soprattutto un
In ossequio alla loro concezione del tempo e dello spazio, i Roma- equilibrata di integrazione spazio-temporale. a.C. il console M. Fulvio Nobiliore ne affisse uno plementare ogni quattro anni, come giorno bis esempio di debito culturale che la moderna ci-
nel tempio di Ercole e delle Muse presso il Circo del sesto giorno prima delle calende di marzo, viltà occidentale ha nei confronti di quella ro-
Flaminio (Livio, 9, 46). donde bis sextus, che è il nome dato all’anno bi- mana, poiché il calendario che noi usiamo è
Bibliografia di riferimento Una sistemazione definitiva venne da Cesare, che sestile. sostanzialmente ancora quello introdotto da
Chevalier et al. 1976; Dosi, Schnell 1992; Dupont 1989; Meslin 1978; Nicolet 1976; Nicolet 1983; nel 46 a.C., aiutato dal matematico greco Sosi- Giulio Cesare per far quadrare i conti del calen- Giulio Cesare nel 45 a.C.
Zaccaria Ruggiu 2006. gene, introdusse il cosiddetto anno giuliano, che, dario nell’anno 708 /46 dalla fondazione di Ro- Tra le circa 50 testimonianze dei calendari romani,

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sopravissuti all’epoca antica, il più antico calen- - Endotercisi (EN) termine arcaico per Intercisi, Sez. 1.2 - Meridiana Sez. 1.3a.b - Horologia Viatoria
dario giunto fino a noi è quello dipinto su into- “divisi”; erano infatti giorni considerati nefa-
Originale: da Aquileia. Originali: a) Monaco, Prähistorische
naco trovato ad Anzio (Fasti Antiates maiores sti al mattino e alla sera, ma fasti nel resto del
Materiale: marmo di Luni Statssammlung; b) Museo di Metz
consulares et censorii, conservato nel Museo Na- tempo; Cronologia: II-III sec. d.C. dimensioni: a) diam. 3, 8; b) diam. 10, h. 4
zionale Romano) ed è datato tra l’84 e il 55 a.C., - NP non si sa a cosa si riferisse questa indica- Luogo di conservazione: Aquileia, Museo Archeologico Provenienza: a) sconosciuta, acquistato a Istanbul;
quindi precedente alla riforma di Cesare. Sulla zione: sono state fatte diverse ipotesi dagli stu- Calco: Roma, Museo della Civiltà Romana, mv. n. 2909 b) da Forbach
base di questa documentazione archeologica ed diosi (nefas publicae feriae, nefas feriae posteriori), Ricostruzione virtuale del movimento: H. Rossi Zambotti Riproduzioni: in gesso e metallo effettuate sulle
copie del Römisch-Germanisches Zentralmuseum
epigrafica possiamo farci un’idea di come si pre- ma nessuna è convincente.
di Mainz am R.; Roma, Museo della Civiltà
sentava un calendario nel I sec d.C. Sull’esem- Accanto seguiva, scritto in caratteri più piccoli, la Orologio solare basato sul tipo detto scaphe o Romana, inv. nn. 3902-3903
pio dei celebri Fasti Praenestini che sono tra i più menzione delle feste che si svolgevano in quel hemisphaerium: è costituito infatti da una per- a
ricchi e meglio conservati (6-9 d.C.) si riscontra giorno. Tali festività potevano essere il ricordo fetta emisfera con la cavità divisa da dodici li-
che l’anno era diviso in dodici colonne verticali della dedica di un tempio, celebrazioni religiose nee verticali e tre linee orizzontali, di cui quella Si tratta di una meridiana portatile (a) per la
aventi ciascuna in alto l’indicazione del nome del o civili, o ancora legate al ciclo agrario. centrale rappresenta l’equatore e le altre due i provincia della Bithinia, montata su un me-
mese in forma abbreviata, ed in fondo il nume- In epoca imperiale, seguendo l’esempio di Au- solstizi. La luce filtrata dall’alto attraverso un’aper- daglione bronzeo di Antinoo, coniato nella
ro totale di giorni per quel mese. In ogni colon- gusto, gli imperatori riempiranno letteralmente tura, segna l’ora nei diversi periodi dell’anno. città natale dell’amato di Adriano, Bithinia-
na erano poi riportate, per ciascun giorno, le il calendario con riferimenti a fatti salienti della Le quattro teste giovanili imberbi ai quattro an- Claudiopoli, poco dopo il 134 d.C.
litterae nundinales, indicanti quando si sarebbe loro vita o di quella dei familiari. goli sono probabilmente la rappresentazione Singolari ed eccezionali sono i rinvenimenti
svolto il mercato. Si trattava delle prime otto let- F.G. dei quattro venti principali (aquilo, volturnus, di orologi portatili, da tasca detti horologia
tere dell’alfabeto, ripetute ciclicamente, in modo auster, favonius) viatoria pensilia: si tratta di veri e propri oro-
che, stabilita una data fissa, ad esempio il gior- Nella forma più semplice una meridiana o ‘oro- Augusto mirati alla sistemazione del Campo logi individuali di forma piccola e miniaturiz-
Fonti antiche
no D, il mercato si svolgesse sempre in quei gior- logio solare’, si compone di uno stilo, detto Marzio: tra l’Ara Pacis e i portici di Agrippa, Au- zata, molto simili ai nostri moderni orologi
Macrobio, Saturnalia 1, 12-16
ni. Alla lettera nundinale seguiva un numero Svetonio, De grammaticis et rhetoribus, 17, 3 ‘gnomone’ (dal greco gnomon, indicatore), che gusto ordinò che si costruisse un grandioso da tasca. Queste piccole meridiane erano con- b
indicante i giorni mancanti alla successiva tra le Varrone, De lingua latina 6, 3-34 proietta la sua ombra su una superficie che la orologio solare. Un obelisco egiziano trafuga- tenute a volte in scatoline di osso (theca me-
date fisse che scandivano il mese. Censorino, De die natali liber ad Q. Caerellium, 16-24 raccoglie, detta ‘quadrante’. Sul quadrante si to ad Eliopolis nell’anno 12 a.C. e fatto costrui- ridiana) o montate su un disco di bronzo della
I Romani infatti, per indicare un giorno del me- Tacito, Historiarum libri 40, 2 trovano delle linee che segnano le ore, e tal- re dal faraone Psammetico II intorno al 586 a.C., grandezza di una moneta, oppure usando
se, non contavano i giorni passati dal primo, co- volta, delle curve che permettono di individua- oggi conservato a piazza Montecitorio, serviva proprio una moneta sulla quale si saldava Per regolarlo si poneva sulla linea del mese in
Bibliografia
me si usa ora, ma si riferivano al numero di giorni Calabi-Limentani 1991; Dosi, Schnell 1992; Inverniz- re il giorno dell’anno; su molti quadranti è da gnomone dell’orologio. In questo modo un’asta e si incideva il quadrante con le ore: corso un ago che girava intorno al centro. Te-
che mancavano ad una serie di date fisse, che zi 1994; Pasco-Pranger 2006; Sabbatucci 1988; Wee- frequente trovare anche i segni zodiacali. I mo- l’opera sarebbe stata due volte grandiosa: uno la piccola meridiana veniva poi esposta al so- nendo questo quadrante in posizione vertica-
cadevano sempre nello stesso punto del mese. ber 2007. di di lettura delle meridiane sono molto diffe- perché era la più grande del mondo per di- le in modo che l’asta indicasse l’ora esatta le, lo si faceva girare finché il sole inviava
Questi giorni stabiliti, di origine molto arcaica e renti: alcune segnano quante ore sono trascorse mensioni, secondo perché era realizzata utiliz- A Roma e nell’Italia antica l’ora era un tempo attraverso il foro un raggio sull’ago. Un punto
che sembrano richiamarsi ad un periodo in cui dal sorgere del Sole, altre indicano quanto tem- zando per gnomone un obelisco sacro agli utile, civile e politico: anche se gli astronomi luminoso indicava allora una delle sei linee ora-
il calendario coincideva con le fasi lunari, sono: po manca al suo tramonto. egiziani per l’adorazione del dio Sole. L’opera conoscevano le ore equinoziali, tutte uguali rie che tagliavano le linee dei mesi.
- le Calende (K) che cadono sempre il primo gior- I primi orologi solari greci sono datati al III se- fu inaugurata il 9 d.C. e, stando a quanto ri- nel corso dell’anno in un ciclo ‘giorno e not- E.S.
no del mese; colo a.C. e provengono da Delo, dove sono sta- porta Plinio (Naturalis Historia 36, 71-73) fu rea- te’ di 24 ore, nella vita pratica il giorno natu-
- le None (NON) che cadono il 5, tranne che per ti trovati ben 25 esemplari, mentre circa 35 sono lizzata da un personaggio detto “Fecondo rale dall’alba al tramonto era sempre diviso in
i mesi di marzo, maggio, luglio e ottobre in cui documentati a Pompei. Novo”, sulla cui figura rimangono molti dubbi 12 parti, il che comportava ore di diversa lun- Bibliografia
cadono il 7; Tra le varie tipologie di orologi solari usati dai tra gli storici. ghezza in estate e in inverno, cresceva a par- Ardaillon E., s.v. Horologium, in Daremberg-Saglio,
- le Idi (EID, secondo una terminologia arcaica) Greci e dai Romani, lo scaphe o polos che è il L’ombra della sfera collocata sulla cima del- tire dal solstizio d’inverno, era uguale a quella III, 1, p. 260; Borst 1997; Buchner 1976;
Dosi, Schnell 1992; Eureka 2005; Oleson 2008,
che cadono il 13, tranne che per i mesi di mar- prototipo di orologio solare come lo conoscia- l’obelisco, che simboleggiava Augusto, il sole notturna all’equinozio, raggiungeva la durata Turner 1994; Taub 1999.
zo, maggio, luglio e ottobre in cui slittano al 15. mo, ovvero una scodella con lo gnomone ver- Apollo, toccava l’Ara Pacis in un dato momen- massima nel solstizio d’estate per poi de-
Nei giorni in cui cadevano le date fisse queste ticale posizionato al centro, la cui punta indica to a confermare che Augusto era nato per la screscere. Le ore notturne avevano quindi un
erano riportate, in forma abbreviata, subito do- l’ora e la posizione calendariale del sole sul re- pace. Infatti quest’altare segnava la linea equi- andamento inverso rispetto a quelle diurne.
po la lettera nundinale. ticolato di linee che si trova nella scodella. In noziale che coincideva con la data di nascita Anche la notte era divisa in dodici parti rag-
Subito dopo veniva l’indicazione della qualità del alcune indicazioni fornite da Macrobio (In- dell’imperatore (23 settembre) e con l’equino- gruppate a tre a tre per formare quattro unità
giorno, cioè un’abbreviazione indicante di che ti- somnium Scipionis, liber II, 7) l’hemispherium o zio autunnale. La grande meridiana era posta chiamate vigiliae (veglie), termine che desi-
po di giorno si trattasse e di conseguenza quali scaphe raffigura la sfera celeste alla rovescia: un al centro di una superficie di 160 x 75 metri, co- gnava in origine il turno del soldato di guar-
attività fosse possibile svolgere. emisfero ricavato entro un cubo ed entro cui è stituita da lastre di travertino, sulla quale era di- dia durante la notte (gruppi di quattro uomini,
I giorni potevano essere definiti: fissato uno gnomone, in modo tale che la sua segnato un quadrante con lettere bronzee, con che restavano di veglia tre ore ciascuno). Il
- Fasti (F) giorni in cui poteva essere ammini- punta coincida con il centro dell’emisfero. Di- l’indicazione delle ore, dei mesi, delle stagioni concetto di minuti era noto e venivano defi-
strata la giustizia; videndo in 12 parti uguali una delle linee d’om- e dei segni zodiacali. niti con il termine di scrupuli, ma non è chia-
- Comitiales (C) giorni in cui si potevano tenere bra dell’emisfero si otteneva la divisione in ore. E.S. ro in che modo potessero essere misurati.
i comitia, le assemblee popolari; Un altro importante esempio di quadranti so- Bibliografia Un esemplare di orologio scoperto in Francia,
Buchner E., s.v. Horologium Augusti, in LTUR III,
- Nefasti (N) giorni in cui non poteva essere am- lari verticali è costituito dall’orologio solare di vicino a Forbach (b) è costituito da un disco
1996, pp. 35-37 (con bibl. preced.); Dosi 1992;
ministrata la giustizia; erano i “giorni di vacan- Augusto nel Campo Marzio. Daremberg, Saglio, s.v.; Morchio 1988; Oleson di bronzo inciso sulle due facce con un bordo
za” dalle attività quotidiane; L’opera faceva parte di uno dei tanti progetti di 2008; Ricci, Suppa 1994; Rigassio 1988. di 5 mm, nel quale è disposto un foro conico.

68 69
Sez. 1.4 - Orologio anaforico ad Sez. 1.5 - La clessidra a sabbia Sez. 1.6 - Meccanismo di Antikythera
acqua di Ctesibio di Alessandria
Materiali: Il meccanismo (detto ‘di Antikythera’ dal
Ricostruzione: Niccolai snc (Firenze, 2009) La clessidra è un apparecchio costruito per luogo del rinvenimento), composto da un’ossatura,
registrare un intervallo di tempo. Le clessidre ingranaggi, raggi e fissaggi, è in bronzo, più
Ctesibio, studioso attivo ad Alessandria nel 270 più antiche erano formate da due recipienti precisamente in un bronzo a bassa percentuale di
a.C. circa, si occupò della costruzione e del per- sovrapposti; dal vaso superiore, che conte- stagno (95% rame, 5% stagno), ma purtroppo analisi
composizionali più accurate sono difficili da realizzare
fezionamento del già esistente orologio anafo- neva sabbia in quantità determinata, il mate-
considerando lo stadio avanzato di corrosione delle
rico ad acqua. Il De architectura di Vitruvio (9, riale fluiva in quello inferiore attraverso fori parti. L’intero meccanismo era originariamente
8. 4-5) fornisce importanti informazioni riguardo di dimensioni ben precise. Al termine era suf- collocato in una teca lignea ritrovata solo in parte.
a questo strumento ed alla parziale descrizio- ficiente capovolgere lo strumento per inizia- Quando il meccanismo fu rimosso dall’acqua, la teca
ne del suo funzionamento. re un altro periodo. La durata del ciclo dipende si disintegrò ed oggi ne restano solo pochi frammenti,
per cui non è stato ancora accertato il tipo di legno
Prima della costruzione di Ctesibio l’orologio dalla quantità e dalla qualità della sabbia, dal-
utilizzato. Le parti componenti erano ricoperte da un
anaforico ad acqua era costituito inizialmente la dimensione del collo e dalla forma dei bul- fosse generalizzato, la clessidra restava sem- totale di oltre 2.000 caratteri di scrittura in greco, dei Secondo la ricostruzione di de Solla Price, il
da 2 contenitori sovrapposti, di cui quello infe- bi. Tali congegni erano posti su tripodi. pre uno strumento impreciso. Le dimensio- quali circa il 95% è stato decifrato (il testo completo meccanismo era costituito da un insieme di
riore graduato con linee orizzontali parallele Inventata dagli scienziati Alessandrini, la cles- ni delle aperture da cui fluiva la sabbia, col dell’iscrizione non è ancora stato pubblicato). rotismi contenuti in un telaio parallelepipedo
identificanti le varie ore. L’acqua fluiva quindi Restituzione virtuale: H. Rossi Zampotti sidra derivò forse da un apparecchio desti- tempo, sia per l’usura, sia per la formazione Dimensioni: circa 30x15x7,5 cm. in legno dal quale fuoriusciva una manovella
Provenienza: Il meccanismo era tra il carico di una
dal contenitore superiore al suo sottoposto. Co- nato a misurare un lasso di tempo durante il di incrostazioni, tendevano a ridursi. Infine, che serviva per azionarlo. Il telaio presentava
Serbatoio di grande nave affondata risalente all’87 a.C. e adibita al
si il tempo veniva misurato in base all’altezza quale i contadini egiziani potevano irrigare il anche la temperatura esterna poteva giocare trasporto di statue in bronzo e marmo, ritrovata nel tre quadranti: uno sul lato anteriore e due su
riferimento
dell’acqua contenuta nel recipiente inferiore, loro campo con l’acqua del canale collettivo. un ruolo negativo: infatti, la sabbia di inver- 1901 al largo dell’isola greca di Antikythera (Cerigotto). quello posteriore, su cui erano installati, co-
graduato. A Roma la prima clessidra fu introdotta da Sci- no cola più lentamente. Luogo di conservazione: I tre frammenti maggiori del me indicatori, delle apposite lancette.
Lo studioso alessandrino lavorò su questo pri- pione Nasica allo scopo di misurare il tempo C.B. meccanismo sono conservati alla Bronze Collection Il meccanismo era formato, nell’ipotesi del de
Serbatoio di del National Archeological Museum di Atene
mo strumento perfezionandolo: costituito da accordato a ciascun oratore in tribunale (Pli- Solla, da 27 ingranaggi. L’energia utilizzata è
regolazione (Grecia). I restanti 79 frammenti più piccoli si trovano
due recipienti sovrapposti, quello superiore era Scala nio, Naturalis Historia, 7, 60, 215). Questo per- nei magazzini della stessa Bronze Collection. prettamente di tipo meccanico, essendo la
temporale Bibliografia
dotato di due aperture, una in alto e una in bas- mise di limitare la durata dei processi sempre Cronologia: Il relitto della nave affondata è datato all’87 manovella presumibilmente azionata a ma-
Arborio-Mella 1990, pp. 36-38; Dosi, Schnell 1992;
so, che permette di far scorrere l’acqua nel se- Serbatoio più numerosi. Il tempo concesso all’avvocato Eureka 2005; Homo Faber 1999; Prima degli Orologi. a.C., in base alla ceramica ritrovata tra i resti del no, senza controllo della velocità di rotazione
condo contenitore in modo controllato. principale per la sua arringa era chiamato horae legitimae carico. Diverse sono le datazioni proposte, invece, per ma solo del numero di giri. Girando la ma-
Gli antichi misuratori di tempo, Catalogo della
mostra, Comune San Miniato, 2008. il meccanismo, comunemente datato al I secolo a.C.
Quest’ultimo contenitore misurerà il trascor- (Cicerone, In Verrem actio I, 25). Plinio il Gio- novella, le ruote dentate azionate permette-
circa.
rere del tempo per mezzo di una scala graduata risultati essendo progettato come un quadrante vane, per esempio, rivendicava parecchie cles- Ricostruzioni: Un primo modello ricostruttivo è stato vano la rotazione delle lancette sui quadranti
posta sul bordo del recipiente. solare. Per avere un orologio più preciso i Ro- sidre quando aveva preparato una lunga difesa realizzato negli anni ’70 da Derek J. De Solla Price. Nel sui quali erano presenti indicazioni relative ad
La vera e propria novità del progetto di Ctesi- mani dovettero aspettare l’introduzione di un o un importante discorso al Senato (Plinio il 2005, Michael Wright partendo dalla ricostruzione di eventi astronomici. L’unico quadrante com-
bio è la presenza del contenitore superiore che, orologio ad acqua sub tecto, in luogo chiuso, Giovane, Epistularum liber 2, 11, 14). Price, ne propose un secondo con alcuni prensibile era quello sul lato anteriore: su di
cambiamenti. Attualmente il meccanismo è studiato
tramite le due aperture, rende il più possibile nel 159 a.C. É significativo il fatto che, mentre il momen- esso due lancette davano indicazioni circa il
da un gruppo di scienziati riuniti in un organismo
omogeneo il flusso dell’acqua; Vitruvio ci indi- La diffusione di questi orologi, in ambito so- to dell’inizio del processo e la durata dell’in- chiamato “Antikjthera Mechanism Research Project” moto del sole e quello della luna rispetto alle
ca come lo studioso alessandrino si fosse con- prattutto nobile, è testimoniata da Petronio (Sa- tero giro degli interventi erano fissati con del quale fanno parte Università, Musei e Centri di costellazioni dello zodiaco, oltre al sorgere e
centrato proprio sui due orifizi dai quali l’acqua tyricon 26,71) che, parlando di Trimalcione, ne riferimento al quadrante solare, il tempo di ricerca di società private. È di questo team la più al tramontare di stelle o costellazioni impor-
fuoriesce, creati adoperando oro o gemma per- esalta la ricchezza menzionando proprio il fat- ciascuna arringa era invece stabilito con l’im- recente ricostruzione del ‘meccanismo di Anticitera’. tanti. I quadranti sul lato posteriore sembra
forata, in modo che l’apertura non si consu- to che possedesse un orologio ad acqua, do- piego della clessidra. L’uso della clessidra a che essi servissero a visualizzare il moto del-
masse con il tempo e facesse così rimanere tato di suoni indicanti il trascorrere del tempo, sabbia permetteva anche di controllare il la- la luna e degli altri pianeti conosciuti all’epo-
costante e omogeneo il corso dell’acqua. Inol- nel suo triclinio. voro degli schiavi: lo scrittore ed erudito lati- ca. Uno di questi due quadranti riporterebbe
tre nel recipiente inferiore era posto un galleg- Lo strumento progettato da Ctesibio sfrutta il no Attico (110 a.C - 32 a.C) misurava con la la durata del mese sinodico (il tempo che im-
giante di sughero, sul quale era fissata un’asta moto dell’acqua e il suo scorrere in modo co- clessidra il tempo nel quale i copisti doveva- piega la Luna per riallineare nuovamente la
verticale che saliva per la spinta dell’ acqua in- stante. Il movimento fisico sul quale si basa no scrivere cento righe. Nell’esercito il tem- sua posizione con il sole e la terra dopo aver
contrando un disco girevole. L’ asta veniva a l’orologio ad acqua è detto di retroazione: poi- po della guardia notturna (vigiliae) era compiuto una rivoluzione intorno a quest’ul-
contatto con il disco circolare dotato di una lan- ché le uscite, in questo caso dell’acqua, sono anch’esso misurato con la clessidra. tima; si può anche definire come il tempo che
cetta, la quale muovendosi indicava l’ora. Vi- riportate all’ingresso tramite lo scambio co- Una clessidra era ben regolata, quando la stes- intercorre tra un novilunio e quello successi-
truvio aggiunge inoltre che a volte questi orologi stante del liquido fra i due contenitori. sa quantità di sabbia colava nello stesso in- vo) e dell’anno lunare; dell’altro non si com-
possono essere costituiti da colonnine cilin- F.B. tervallo da vasi simili muniti da fori uguali. prende quasi nulla.
driche sulle quali sono tracciate le linee orarie. Poiché la durata delle ore nel corso dell’anno Il meccanismo principale è costituito da una
Plinio (Naturalis Historia 7.125) testimonia l’ar- era variabile, le clessidre spesso erano forni- ventina di ruote che, sempre secondo il De
rivo a Roma di un primo orologio ad acqua du- Bibliografia te di parecchi fori di dimensioni differenti ma Solla Price, costituiscono un rotismo diffe-
Gara 1994, pp. 111-114; Daremberg, Saglio VIII, s.v.
rante la prima guerra punica, nel 263 a.C. ben calcolati, che era possibile ostruire con renziale, cioè un meccanismo in cui un mo-
horologium, coll. 256-264; Noble - De Solla Price
introdotto da Catania, ma la sua durata di vita 1968, pp. 345-353; Oleson 2008, pp. 762-76; tamponi di cera, per lasciare aperto solo quel- to principale (quello della manovella) viene
sembra essere staa breve poiché nelle ore not- Russo, Russo 2007. lo corrispondente al periodo dell’anno che si trasmesso a diversi altri assi di rotazione (in
turne il suo funzionamento non dava massimi stava attraversando. Benché il suo utilizzo questo caso, normali al primo) mediante cop-

70 71
pie di ruote dentate aventi rapporti di dia- ra sembra trovare un significativo riscontro nel- Sez. 1.7a - Libella o archipendolo ma è presente in molte iconografie tra cui il Sez. 1. 7b.c.d.e - Compassi e Luni di età imperiale. Il compasso a riduzione
metro (o di numero di denti) tali da ottenere le fonti degli autori romani: Cicerone scrisse mosaico a Pompei nell’officina Coriacorum, compassi di proporzione (circini) o di proporzione, provvisto di fulcro mobile
in uscita moti di rotazioni diverse, con nu- Materiali: legno (prevalentemente), bronzo,
che il filosofo e amico Posidonio di Rodi co- dove lo strumento è posto al centro in alto, in per variare i rapporti, serviva per confrontare
cordame, piombo
meri di giri in rapporti determinati. Una del- struì un meccanismo che “riproduceva, ad ogni una allegoria di simboli tra la vita e la morte. Originale: da Pompei (Napoli, Museo Archeologico misure e per disegnare, mantenendo esatti i
Dimensioni: variabili, mediamente 1/2 piede romano
le funzioni principali è quella di riprodurre il rivoluzione, gli stessi moti del sole, della luna Lo strumento era utilizzato per verificare la per- Nazionale) rapporti delle proporzioni. Vitruvio riferisce che
(14,8 cm)
Materiali: bronzo, talvolta con punte in ferro
rapporto fisso 254/19 del moto siderale del- e dei cinque pianeti che si trovano nei cieli ogni fetta orizzontalità di un piano; quando il filo a Dimensioni: varie
in architettura grazie al compasso si appron-
la luna rispetto al sole. giorno e notte” (Cicerone, De Natura Deorum piombo appeso al vertice della squadra coinci- Cronologia: 1 sec. d.C. tavano molto speditamente le piante degli edi-
Wright ha avanzato una serie di nuove pro- 2, 34-5); mentre in un secondo passo sempre deva con la tacca al centro della base, si aveva un Esempi rinvenuti: Pompei, bottega dell’agrimensore fici (De architectura, I,1.4). Nelle attività
poste per l’interpretazione del funzionamen- Cicerone, riporta che il generale Claudio Mar- piano orizzontale perfetto. Era usata perlopiù nel- o fabbro Verus, nel 1912; rappresentazione sulla agrimensorie serviva per riportare su una pian-
to del meccanismo e dei suoi componenti. cello apprezzò un meccanismo che imitava i l’edilizia da muratori e carpentieri e, insieme ad stele funeraria de un faber carpentarius di Aquileia. ta le distanze misurate. Strumento di preci-
Riproduzioni: bronzo; Roma, Museo della Civiltà
Tra queste, oltre a quella che il meccanismo movimenti dei corpi celesti, o un planetario, altri strumenti manuali di livellazione, nelle atti- Romana
sione, usato sia nella falegnameria, che in
fosse un planetario (già avanzata da De Sol- concepito da Archimede, più di ogni altro bot- vità agrimensorie. b) Compasso, inv. 5245; c) compasso di architettura e scultura, come dimostrano i re-
la Price), Wright suggerisce che il meccani- tino proveniente da Siracusa appena presa (Ci- L.R. – EL.S. proporzione, inv. 5238; d) compasso a cercine, inv. lativamente numerosi rinvenimenti e le rap-
smo avesse la funzione di mostrare non solo cerone, De Republica 1, 14, 21-22) 5251; e) compasso, inv. 5250 presentazioni abbastanza frequenti del circinus.
i moti del sole e della luna ma anche quella Il meccanismo era, dunque, impiegato per G.P.S. – L.R.
dei 5 pianeti allora conosciuti: Mercurio, Ve- correlare, in un ingegnoso sistema di ruote Il compasso (circinus) era formato da due aste
nere, Marte, Giove e Saturno. Il numero di in- dentate, i moti certamente del sole e della lu- Perpendiculum o filo a piombo metalliche di uguale lunghezza, una con
granaggi riconosciuti passa da 27 a 31, con na, e probabilmente dei cinque pianeti allora Rilievo funerario della gens Aebutia con archipendolo, un’estremità appuntita, l’altra ingrossata ad
Originale: da Pompei (Napoli, Museo Archeologico Na-
un arricchimento di possibilità di combina- conosciuti, in un moto epiciclico attraverso filo a piombo, squadra, compasso e riga graduata di 1 anello: sono articolate ad una estremità da un
zionale)
zioni, se non fosse che per l’ipotesi del Wright lo Zodiaco. Erroneamente interpretato al- piede (Roma, Musei Capitolini; calco: Roma, Museo Materiali: piombo e cordame perno circolare a testa piana ribattuta, passante
il meccanismo non avrebbe le caratteristiche l’inizio come un sussidio per la navigazione, della Civiltà Romana) Dimensioni: varie per le due estremità ad anello, in modo da per-
di un differenziale. Wright ha proposto, inol- può essere meglio definito come un planeta- Cronologia: 1 sec. d.C. mettere alle due aste di ruotare, snodate. Di
tre, che uno dei quadranti posteriori abbia poi rio; altre funzioni si individuano nella previ- Di forma triangolare era costituita da due brac- Copia: bronzo, Roma, Museo della Civiltà Romana, inv. solito di bronzo, poteva avere la punta di fer-
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la funzione di contare i mesi Draconiani (il sione del tempo e dell’oroscopo, dal momento ci ad angolo retto e da una barra orizzontale ro. Esistevano anche modelli con i bracci ri-
mese draconiano è l’intervallo di tempo tra i che avrebbe permesso il rapido calcolo delle (forma una A); dal vertice cadeva un filo a curvi per facilitare alcune misurazioni, e altri
due passaggi consecutivi dello stesso nodo), posizioni di tutti i maggiori corpi celesti es- piombo sulla barra orizzontale, munita di una con il punto di giuntura scorrevole anziché fis-
usato presumibilmente per predire le eclissi. senziali per l’antica astrologia. Recenti inda- incisione lineare in posizione mediana. Era Peso di forma conica terminante inferiormente so (compassi di proporzione o riduzione), per
Le nuove indagini confermano che il mecca- gini hanno, infine, portato alla decifrazione realizzata prevalentemente in legno ed i tre con un apice a bottone piuttosto sporgente; la riportare una misura in un’altra scala. Sui lati
nismo era un calcolatore astronomico o un delle incisioni sulla piccola superficie di uno elementi che la componevano potevano es- presa sulla parte superiore è forata in alto e ai la- esterni delle aste, in alcuni casi, compare una
Bibliografia
planetario, usato per predire le posizioni dei dei quadranti del meccanismo, permettendo sere fissati con placchette di bronzo. La ver- ti per l’inserimento del filo di sospensione. Esem- decorazione costituita da una X delimitata da
Adam 2001, p. 44; Dilke 1979, p. 34; Di Pasquale
corpi celesti. l’identificazione dei nomi delle città greche sione senza filo a piombo e limitata ai due soli plari rinvenuti a Pompei possono costituire un due lineette orizzontali e al di sotto, a rilievo, 1999, pp. 286-288, schede pp. 304-311, nn. 378-
Lo studio di de Solla Price mostra alcune so- (Nemea, Isthmia, Pythia e Olympia) in cui si bracci a formare un angolo retto era nota co- punto di riferimento per datare i pesi in genere un motivo a clessidra, decorazione presente 380,385-391 (con bibliografia); Misurare la terra
luzioni interessanti, come quella che risolve svolgevano i cosiddetti Giochi panellenici. Lo me norma o squadro, generalmente in me- al I secolo d.C. in esemplari di compassi trovati a Pompei e a 1983, p. 119; Toro 1985, pp. 31-37, figg. 15-25.
il problema della trasmissione contempora- strumento serviva significativamente anche tallo, utilizzata per misurare gli angoli retti. Il filo a piombo (perpendiculum) è strumento an-
nea del moto dall’asse della manovella a quel- per scandire il ritmo annuo delle quattro mag- Non si conservano esempi dello strumento, tichissimo e indispensabile per
la dei quadranti anteriori e posteriore, oltre giori competizioni sacre dell’antica Grecia. carpentieri e muratori; serviva
ad una complessità del meccanismo ecce- R.C. per stabilire la linea verticale del-
zionale per i tempi, con rapporti ricercati tra la costruzione e, unito alla li-
i numeri di giri dei diversi indicatori, pulegge vella (libella), per verificare
di rinvio e alberini coassiali. L’ipotesi del Bibliografia l’orizzontalità di un piano; era e
Bromley 1990; D’Oriano R., Pastore G., Un ‘meccani-
Wright, invece, esclude la natura differenzia- anche uno degli accessori fon-
smo di Antikythera’ da Olbia, in L’Africa Romana, XVIII
le del meccanismo. Inoltre, la trasmissione Convegno Inter. di Studi. Olbia 2008; damentali della groma, stru-
del movimento avviene per contatto tra den- Evans, Berggren 2006; Freeth et al. 2006; Hannah mento usato dagli agrimensori
ti a profilo triangolari, primitivi se rapportati 2005; Hannah 2008; Neugebauer 1975; de Solla Price per misurare le superfici. Tut-
1974; Price 1975; Wright 2002; Wright 2003a; Wright e
ai moderni denti a profilo coniugato ma suf- t’oggi i carpentieri lo usano quo-
2003b; Wright 2004; Wright 2005a; Wright 2005b;
ficienti per la trasmissione del moto e per as- Wright 2005c; Wright 2005d; Wright 2006a; Wright tidianamente nel loro lavoro. d
EL.S. b
sicurare i rapporti di rotazione. 2006b; Wright, in Eureka 2005, p. 240-244.
Infine, data la maggior complessità messa in
luce dall’ipotesi di Wright, risulta importante Bibliografia
Adam 1981, p. 102, fig. 25; Adam
la scelta del bronzo come materiale di pro-
2001, pp. 43-44; Daremberg, Saglio
duzione delle parti: infatti, rispetto ad altri me- 1877-1918, s.v.; Dilke 1979, p. 35; Di
talli allora conosciuti, le leghe in bronzo Pasquale 1999, pp. 286-288, schede
presentano minori attriti tra i denti e miglio- pp. 304-311, nn. 381-383; Misurare la
re resistenza alla corrosione. Mosaico con archipendolo (Pompei, officina coriacorum) terra 1983, p. 119; Toro 1985, pp. 31- c
32, figg. 15 e 16.
Il meccanismo ritrovato nel relitto di Anticite- (Napoli, Museo Archeologico Nazionale)

72 73
Sez. 1. 7f - Squadra (norma) Sez. 1.8 - Abaco tascabile Sez. 1.9 - Unità di misura romane
Originale: bronzo da Pompei (Napoli, Museo
(strumento per calcoli aritmetici)
Archeologico Nazionale) in bronzo
Dimensioni: cm 16
Cronologia: 1 sec. d.C. Misure: cm: 11,5 x 7,2
Copia: bronzo; Roma, Museo della Civiltà Romana, materia: bronzo Misure di lunghezza Misure per aridi:
inv. n. 5247 provenienza: sconosciuta. Dalle collezioni del
Museo Kircheriano Unità romana Latino Piede SI decimale Unità romana Latino Modio SI decimale
Luogo di conservazione: Roma, Museo Nazionale dito digitus 0,0625 1,85 cm cucchiaio grande acetabulum 1 / 128 ~ 6¾ cl
Romano a Palazzo Massimo, inv. n. 65054
datazione: età romana imperiale palmo palmus 0,25 7,4 cm quarto di sestario quartarius 1/64 ~ 13½ cl
Altri esemplari simili sono conservati ad Aosta e a In Roma avvenivano operazioni di cambio e piede pes 1 e 1/4 29,6 cm emina hemina 1/32 ~ 27 cl
Parigi, Biblioteca Nazionale
di saggio (cioè il riconoscimento delle mone- cubito (gomito) cubitus 1½ 44,4 cm sestario sextarius 1/16 ~ 54 cl
Riproduzione: Niccolai snc (Firenze, 2009)
te vere dalle false) delle monete presso le bot- passo semplice gradus 2½ 0,74 m semodio semodius 1/2 ~ 42/3 l
teghe dei banchieri (tabernae argentariae), che moggio (modio) modius 1 ~ 82/3 l
passo doppio passus 5 1,48 m
Si tratta di una tavoletta rettangolare di bron- si trovavano presso il Foro e che sicuramen-
pertica pertica 10 2,96 m quadrantale quadrantal 3 ~ 26 l
zo con nove scannellature più lunghe di- te avranno utilizzato abachi di questo tipo. I
sposte su un lato lungo e otto più corte banchieri, che erano aiutati in queste opera- atto (arpento) actus 120 35,52 m
disposte sull’altro lato, le une in corrispon- zioni da schiavi o assistenti di origine liberti- stadio stadium 625 185 m Pesi
denza delle altre ad eccezione della nona, na, erano chiamati nummulari. miglio miliarius 5000 1,48 km Unità romane Latino Dracma SI decimale
nelle quali sono infisse delle asticelle mobi- G.P.S
lega leuga 7500 2,22 km chalco chalcus 1/48 71 mg
li munite di palline.
Le scannellature lunghe avevano tutte quat- siliqua siliqua 1/18 1891/3 mg
Bibliografia
La squadra (norma), realizzata in bronzo o in tro palline, eccetto la nona che ne aveva cin- Misure di superficie obolo obolus 1/6 0,568 g
C. Germain de Montauzan, La science e l’art de
ferro, è uno degli strumenti utilizzati dallo que (non tutte sono conservate nel nostro l’ingenieur aux premiers siécles de l’Empire Romani, Actus scrupolo scrupulum 1/3 1,136 g
structor. Costituita da due bracci ortogonali, esemplare). Le fessure corte avevano un solo Unità romane Latino SI decimale
Paris 1905. Quadratus dracma drachma 1 3,408 g
era impiegata dagli artigiani per verificare la pallino ciascuna. R. Fellmann, Römische Rechentafeln aus Bronze, in piede quadrato pes quadratus 1 / 14 400 876,16 cm²
perpendicolarità di superfici e di linee per ot- Tra le scannellature inferiori e quelle superio- Antike Welt, 14, 1983, pp.36-40. siclo o sicilico (shekel) sicilicus 2 6,816 g
S. Balbi de Caro, La banca a Roma, ‘Vita e costumi pertica quadrata scrupulum 1 / 144 8,7816 m²
tenere angoli retti cioè normales. In questo ri corrispondenti si trovano, andando da de- oncia uncia 8 27,264 g
dei Romani antichi’, n. 8, Roma 1989, p. 46, fig. 27. actus minimus 1/30 ~ 42,2 m²
esemplare, realizzato in bronzo e apparte- stra verso sinistra, una serie di simboli W. Di Palma, Matematici e altri scienziati, in ‘Vita libbra libra 96 327,168 g
nente alla tipologia detta ad L, o a spalla, uno che corrispondono alle seguenti cifre romane: verga clima 1/4 ~ 316,25 m²
quotidiana nell’Italia antica. Vita in società’, COOP mina mina 128 436,224 g
dei bracci è fornito di base di appoggio, per 1.000.000 100.000 10.000 1000 100 10 1 1993, p. 251 ss., fig. 265. acro actus quadratus 1 ~ 1265 m²
consentire di lasciarla in posizione, ed en- iugero iugerum 2 ~ 2529 m²
trambi hanno le estremità sagomate: tale pe- eredio (mattutino) heredium 4 ~ 5059 m² Tutti i multipli dell’oncia romana hanno il loro nome specifico
culiarità, talvolta visibile anche su rilievi centuria centuria 400 ~ 50,6 ha uncia =1 oncia septunx =7 once
funerari riproducenti lo strumento (tomba di
“quadruplice” (salto) saltus 1600 ~ 202,3 ha sextans =2 once bes =8 once
Lucius Alfius Statius ad Aquileia; rilievo di Dio-
genes structor a Pompei), ne ha fatto suppor- quadrans =3 once dodrans =9 once
re un utilizzo anche per tracciare il profilo di Volumi triens =4 once dextans =10 once
cornici sulla decorazione dipinta. 10 miliardi 1 miliardo 100.000.000 10.000.000 1.000.000 100.000 10.000 1.000 100 10 1 Misure per i liquidi:
- - - - - - - – – quincunx =5 once deunx =11 once
Altri tipi di squadre, dette false squadre o ca- XIMI IM.I CM.I XM.I M.I C X M C X I
landrini, hanno bracci articolati e consento- ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ Unità romana Latino Sestario SI decimale semis =6 once as =12 once
no di riportare qualsiasi tipo di angolo. ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ piccolo cucchiaio ligula 1/48 ~ 11/8 cl Un’oncia e mezza veniva chiamata “sescuncia”. Semis e quadrans, triens
A. O. ■ ■ ■ ■ ■ ■ cucchiaio cyathus 1/12 ~ 4½ cl e sextans hanno questo nome in quanto frazioni dell’as o libbra.
■ ■ ■ ■ ■ sestante (1/6 di sestario) sextans 1/6 ~ 9 cl Gli stessi nomi sono utilizzati per indicare monete di bronzo.
■ ■ ■
■ ■
triente (1/3 di sestario) triens 1/3 ~ 18 cl
Bibliografia
Adam 1984, p. 43; Adam 1990, p. 43; Gallazzi, Settis ■ emina (1/2 di sestario) hemina 1/2 ~ 27 cl
2006; p. 268, n. 93; Homo Faber 1999; Pompei cheonix cheonix 2/3 ~ 36 cl
1981; Romana Pictura 1998, p. 302, n. 100; Russo Il numero 4.315.026.407, immaginando che ognuno dei quadratini neri sia una pallina dell’abaco, poteva essere
2005, p. 222; Sposito 2008, pp. 46-51. scritto nel seguente modo: sestero sextarius 1 ~ 54 cl
congio congius 6 ~ 3¼ l
urna urna 24 ~ 13 l
anfora amphora 48 ~ 26 l
otre culleus 960 ~ 520 l

74 75
Sez. 1.10a.b - Chorobates e livella zione degli acquedotti, come riportato da Vitruvio, Sez. 1.11 - Dioptra Bibliografia 1. bastone di sostegno o ferramentum: basto- Stele funeraria
Adam 2001, p. 9; Aujac 1984, p. 38; Daremberg,
ad acqua data la sua grande dimensione; nel Corpus Agri- ne ligneo con all’estremità inferiore una robusta dell’agrimensore
Materiali: legno, bronzo Saglio 1877-1918, s.v.; De Caterini 1995, pp. 41-42;
mensorum, si parla di livellazione dei piani, ma Dilke 1979, pp. 16, 35-36; Misurare la terra 1983, pp. punta in ferro o bronzo a corpo piramidale per Lucius Aebutius Faustus
Dimensioni: variabili, nel disegno ricostruito misura
non si cita mai questo strumento, forse perchè gli 119-120; Erone di Alessandria, Dioptra, VI, 30; M. penetrare nel terreno, tramite 4 ali a croce e mar- (CIL, V, 6786)
10. a - Chorobates 1,26 m
Vitruvius Pollio, de Architectura, a cura di P. Gros,
operatori utilizzavano strumenti più maneggevo- Cronologia: in uso già nel I sec. d.C. gine quasi tagliente, che verso l’alto ha forma ci- da Eporedia: sotto
li quali la libella a filo a piombo (v. sez. 1. 7a). Ricostruzione virtuale: possibile tramite le descrizioni Torino, Einaudi 1997, pp. 1180-1181. lindrica rafforzata da un elemento esterno per l’iscrizione,
Materiali: legno, giunti metallici, cordame e pesi a
piombo. L.R., EL.S. di Erone d’Alessandria (H. Rossi Zambotti) l’aggancio al bastone ligneo (in tutto 54 cm di il bisellium e i fasci,
Dimensioni: lunghezza 6,5 m, altezza variabile; cui 26 affondavano nel suolo). Sull’estremità su- attributi del seviro,
canale interno per l’acqua lungo 2 m, largo 2 cm e
Detta anche ‘traguardo di Erone’ era composta
Sez. 1.12a - Groma periore del bastone si trova un altro cilindro bron-
profondo 3 cm. 10. b - Livella ad acqua/libra aquaria e la groma, rappresentata
Ricostruzione tramite la descrizione di Vitruvio: da una base, forse prevalentemente in legno, al- Originale: Pompei, scavi del 1912 nella casa o zeo su cui si innestava il rostro (25 cm). Il bastone nelle sue parti. I sec. d.C.
Niccolai snc (Firenze, 2009) Materiali: bronzo, vetro, legno la quale veniva fissato un disco di bronzo circo- bottega dell’agrimensore Verus (Napoli, Museo aveva altezza variabile in modo da adattarsi al- (Ivrea, Museo Civico garda;
Una ricostruzione della fine del XIX, ma perfettamente
lare su cui ruotava un mozzo con ruota dentata; Archeologico Nazionale) l’altezza dell’utilizzatore; copia: Roma, Museo della
funzionante ed utilizzata dall’ingegnere Bruno per la Materiali: ferro, bronzo, legno, cordame
realizzazione della diga del Gorzente è conservata al una vite senza fine, posizionata tra due staffe, 2. rostro: due cilindri, ad altezze differenti colle- Civiltà Romana)
Dimensioni: dimensioni groma 92 cm (aperta),
Museo dell’Acqua e del Gas di Genova. era collegata all’ingranaggio che permetteva una gati da due lamine in bronzo su anima lignea,
punta nel terreno 26 cm, bastone ligneo in
regolazione precisa della rotazione della parte relazione all’altezza dell’utilizzatore che connettevano il bastone alla groma vera e
superiore dello strumento. La parte superiore Cronologia: I sec. d.C. propria. Lunghezza del rostro circa 29,7 cm, Era lo strumento princi-
La livella ad acqua (libra aquaria) era costituita da dello strumento, la dioptra vera e propria, si com- Ricostruzione dell’uso della groma: Roma, Museo uguale ad un piede romano. Al centro inferiore pale per stabilire lunghi
una barra di legno di circa 2 metri con all’interno poneva di una serie di ingranaggi, su cui si in- della Civiltà Romana del cilindro di innesto della groma corrisponde- allineamenti ortogonali
Esempi rinvenuti: Pompei, bottega dell’agrimensore
un condotto, collegato a due tubi di vetro, posti nestava un semicerchio dentato, inclinabile in va il centro stazione, ovvero il punto noto come sul terreno seguendo un
o fabbro “Verus”, nel 1912 ad oggi nel Museo
alle estremità. Ogni cilindro di vetro era inserito basso e in alto tramite una seconda vite posi- Nazionale di Napoli; altri frammenti in Baviera, a umbilicus soli; determinato orientamento, in modo tale da ot-
in un alloggiamento di legno su cui era fissata una zionata tra due staffe, e su questo un disco mu- Plunz, ma attribuibili forse ad uno strumento più 3. groma: era composta da un’anima interna li- tenere linee e quindi le suddivisioni ad angoli
piastra di bronzo con una fessura che poteva es- nito di un’asta con due mirini alle estremità: in semplice, la ‘stella’. Rappresentazione su stele gnea a quattro braccia e da un rivestimento in retti. Veniva utilizzata nella centuriazione del
Strumento sere regolata da entrambe le parti. Funzionava sostanza un autentico teodolite privo di ottica. funeraria di Popidius Nicostratus a Pompei ferro, agganciate ad un cilindro cavo centrale di territorio, in urbanistica, nelle costruzioni di
Ricostruzione: Niccolai snc (Firenze, 2009)
costruito in le- sulla base del principio dei vasi comunicanti. Nell’utilizzo dello strumento per fini astronomici innesto sul rostro. Ogni braccio era lungo 44 grandi infrastrutture, come strade, acquedotti,
gno a forma di ca- La livella poteva essere applicata sulla stessa ba- il cerchio superiore era diviso in 360 gradi. cm, largo alla base 5,5 cm ed al termine 2,5 cm; limes, porti, etc.
valletto o panca con se della dioptra. Era uno strumento più preciso Utilizzata per gli allineamenti a grande distan- Il termine groma deriva dal greco gnwmon o considerando anche il cilindro centrale l’apertu- EL.S.
una parte superiore (re- del chorobates e meno ingombrante; versando za e per le osservazioni astronomiche consen- gnwma tramite un vocabolo intermedio etrusco ra dei 4 bracci della groma era di 92 cm (circa 3
Bibliografia
golo) e piedi verticali l’acqua nel condotto si verificava se lo strumen- tiva di misurare sia gli angoli verticali che quelli cruma. Strumento principale di tutti i rilevamenti piedi romani);
Adam 1990, p. 11 ss.; Dalla Corte 1922, punto I; De
(talora estensibili) fis- to era in posizione orizzontale quando il liquido orizzontali; permetteva così di calcolare l’al- nel mondo romano, è singolare che nessun scrit- 4. contrappesi: sono posizionati all’estremità dei Caterini 1995, pp. 44-50; De Simone 1970; Dilke
sati ad angolo retto ad raggiungeva lo stesso livello nei due tubi verti- tezza delle montagne o la distanza tra due luo- tore antico ci abbia tramandato una descrizio- bracci della groma e sono uguali e contrapposti 1979, pp. 31-33.
esso, grazie a dei pun- cali. Usando le mire e due aste graduate ai lati ghi posti a diverse latitudini. Si potevano fare ne della groma. Solo con il ritrovamento a Pompei a coppie: una di forma conica e l’altra a forma di
toni trasversali blocca- della livella ad acqua si verificava la differenza allineamenti di gran lunga più complicati di dello strumento smontato nella bottega di Ve- pera, con la valenza di facilitare l’individuazione
ti con sistema ad incastro; dalle estremità d’altezza fra le due o la loro perfetta linearità; era quanto se ne potessero fare con la groma e Vi- rus è stata possibile una ricostruzione ed una del cardo e del decumanus. I fili da cui pendeva- Sez. 1.12b - Decempeda
pendevano 2 o 4 fili a piombo che, grazie alle li- utilizzata, sempre nel campo dell’agrimensura, truvio la consiglia come alternativa per la livel- misurazione delle parti che lo compongono. La no raggiungevano quasi sicuramente il suolo, ma
Originale: Pompei (Napoli, Museo Archeologico
nee perpendicolari accuratamente tracciate sui per i rilievi topografici. lazione. descrizione principale risale quindi a Della Cor- anche questi dipendevano in altezza dal basto-
Nazionale)
puntoni, permettevano la verifica della messa in L.R., EL.S. L.R. – EL.S. te nel 1912, che la suddivide in diverse parti.La ne, che come abbiamo detto doveva avere un’al- Materiali: legno, bronzo per le placche di giunzione
piano dello strumento. Era munito nella faccia su- groma risulta così composta da: tezza variabile. Dimensioni: 10 piedi romani (3 m), larga circa 1
periore di una canaletta per l’acqua con linee di Bibliografia palmo (7,2 cm)
Adam 2001, pp. 10, 19-20; Daremberg, Saglio 1877- Cronologia: 1 sec. d.C.
livello, per un’ulteriore verifica della messa in pia-
1918, s.v.;. De Caterini 1995, pp. 51-52; Dilke 1979, Esempi rinvenuti: Pompei, bottega dell’agrimensore
no dello strumento in condizioni particolari, tra- pp. 34-36; Misurare la terra 1983, pp. 119, 120-121; o fabbro Verus nel 1912
sformando lo strumento in una ‘livella ad acqua’. M. Vitruvius Pollio, De Architectura, a cura di P.
Lo strumento, particolarmente ingombrante, ser- Gros, Torino 1997, pp. 1181-1182. Asta da misurazione in legno lunga dieci piedi
viva prevalentemente per battere i piani orizzontali romani (circa 3 m). La parte terminale è circola-
e Vitruvio (De architectura, 8, 5,1) ce ne spiega il re e piatta in modo da consentire l’allineamen-
suo funzionamento: si appoggiava lo strumen- to di una pertica con un’altra della stessa
to sul piano di campagna, se i fili a piombo coin- dimensione. È divisa in pollici e mezzi pollici per
cidevano con le tracce verticali, il regolo superiore le misure minori. Veniva utilizzata nelle misura-
era su un piano orizzontale perfetto; se questo zioni in genere, dall’agrimensura alle attività mi-
procedimento era ostacolato dal vento, impe- litari, quali ad esempio le installazioni di castra.
dendo la lettura verticale dei fili a piombo, si riem- L.R. – EL.S.
piva d’acqua la scanalatura superiore e si verificava
se il livello lambiva in modo uniforme gli orli o le
Bibliografia
linee tracciate al suo interno (in questo modo si Daremberg, Saglio 1877-1918, s.v.; De Caterini 1995, p.
potevano anche verificare le pendenze). 53; Dilke 1979, p. 34; Smith W., Dictionary of Greek and
(da Dilke 1971)
L’utilizzo era principalmente riservato alla livella- Roman antiquities, Boston [London, printed] 1870.

76 77
Sez. 1.13a - Odometro stradale Ricostruzione al vero Sez. 1.14 - Misurare lo spazio: vi, noti con il nome di agrimensores (misura- di assegnazioni, divisioni del suolo, termina-
di Niccolai snc (2009) agrimensori e centuriazione tori di terra). zioni e risoluzione delle controversie. Quan-
Materiali: legno, bronzo
I Romani erano prima di tutto un popolo ‘pra- to raccomanda Vitruvio (80-23 a.C.) per la
Dimensioni: probabilmente variabili a seconda della
dimensione del carro e dello spazio per collocarlo. tico’ che vedeva nell’organizzazione del ter- preparazione di un buon architetto (De ar-
Ricostruzione: sulla base delle descrizioni di Erone Gli Etruschi ebbero contatti con il mondo gre- ritorio, la sua suddivisione, la delimitazione chitectura, I, 3-10), che comprendeva dalle let-
d’Alessandria e di Vitruvio. Niccolai snc (Firenze, co e forse erano venuti a conoscenza del- certa dei lotti di terreno, la definizione esatta tere alla musica, dalla geometrica, all’ottica e
2009). Misure: 110 x 150 x 150 l’organizzazione del territorio delle colonie delle varie aree di occupazione all’interno di all’astronomia, non si può certamente esten-
in Magna Grecia, tanto che svilupparono lo- una città, un modo non solo di provvedere dere agli agrimensori, ma è lecito pensare che
Lo strumento descritto da Erone di Alessandria ro stessi una organizzazione regolare nei ter- ad assegnazioni egalitarie tra persone, ma an- una formazione in senso lato gli venisse for-
(Dioptra, 34) è una scatola che racchiude quat- ritori di Spina e Marzabotto, ma la peculiarità che un comodo strumento (una volta tra- nita; forse nei tempi antecedenti la forma-
tro ruote dentate, ciascuna posta ad angolo ret- romana risiede in una suddivisione del ter- sportato su tavolette negli archivi di stato) per zione era tramandata come altri mestieri, o
to rispetto alle altre e viti che le collegavano fra reno a ‘quadrati’, mentre i Greci prediligeva- poter imporre tributi e conoscere con esat- veniva insegnata ‘a bottega’ o a militari di pro-
loro. Sulla sommità della scatola stessa era po- no stringhe rettangolari. È noto che i Romani tezza i proprietari, dando origine ai primi ca- fessione.
sizionato un quadrante graduato con una lan- debbano molto ai Greci e ad altri popoli del tasti. Inoltre gli agrimensori, svolgevano anche Gli agrimensori nel loro mestiere avevano bi-
cetta. La versione di Vitruvio invece (De Mediterraneo, ed in questo caso, sicuramente misurazioni che non erano strettamente le- sogno di una serie di strumenti che sono no-
Architectura, 10, 9.1-4), più antica di qualche de- apprezzarono l’organizzazione delle colonie gate alla spartizione dello spazio (ovvero la ti ai noi sia dai ritrovamenti veri e propri, sia
cennio, aveva un ingranaggio con 400 denti e greche, l’urbanistica di Ippodamo di Mileto centuriazione), ma anche legate alla costru- dai testi antichi, così come da steli funerarie
un meccanismo che ad un numero di giri pari (V sec. a.C.), ma crearono un sistema pro- zione di ponti ed opere idrauliche a fianco de- su cui erano rappresentati, a testimonianza
ad 1 miglio lasciava cadere una pietra o una sfe- prio che metteva probabilmente insieme le gli architetti dell’epoca. di quanto si andasse fieri del proprio mestie-
ra metallica dentro un vaso di bronzo. conoscenze di tutti: così da Pitagora, Eucli- Il compito degli agrimensori non si limitava re. Sappiamo che un agrimensore romano
Nessun odometro è stato rinvenuto e quindi le de ed Erone trassero le conoscenza mate- solo alla misurazione dei terreni, ma anche al- doveva conoscere una matematica di natura
ricostruzioni si basano esclusivamente sulle de- matiche così come i più complicati strumenti la divisione secondo piani prestabiliti e pro- pratica, che gli consentisse di misurare le di-
scrizioni letterarie, segnatamente Vitruvio ed di misurazione frutto dell’esperienza greca gettati con molta cura. L’importanza rimase stanze e le aree, orientarsi nella misurazione,
Erone. Leonardo da Vinci lo riprogettò, atte- ed orientale. quindi invariata, poiché serviva un’educazio- e fare tutti i calcoli successivi per il governo
nendosi alla descrizione di Vitruvio, per usarlo Sez. 1.13b - Odometro navale La pratica della delimitazione dello spazio de- ne a base di geometria e matematica per af- centrale o locale al fine di tassare corretta-
nelle rilevazioni su terreno per realizzare carto- l’odometro terrestre e una ruota a pale inseri- stinato alla città, alla suddivisione e delimi- frontare il mestiere, e la loro rilevanza era tale mente il territorio.
Materiali: legno, bronzo
grafie (Codice Atlantico, f. 1 r-b, Milano, Biblio- ta all’esterno della nave misurava un diametro tazione del terreno conquistato nelle guerre da poterne ricavare la condizione di libertà per Poniamoci quindi di fronte ad una situazio-
Ricostruzione: Niccolai snc (Firenze, 2009)
teca Ambrosiana, 1503-1504 ca.). Misure: base cm 150 x 130x 140 di altezza di 4 piedi romani come la ruota del carro. di confine, alla fondazione di nuove colonie gli schiavi, o addirittura intraprendere una car- ne tipo: scelto e definito il luogo secondo gli
Lo strumento veniva applicato all’asse delle ruo- passò gradualmente dal corpo sacerdotale al- riera politica per liberti ed ex soldati all’inter- auspici, un agrimensore doveva iniziare le
te di un carro e mediante i dischi dentati, misu- la società civile e divenne un mestiere che, se no delle città romane. Inoltre gli agrimensori operazioni di misurazione e per farlo aveva
rava il numero di giri compiuti dalle ruote e in Vitruvio, sempre nel libro 10, 5-7 del De Archi- mantenne nella sua tecnica una traccia della si organizzarono ben presto in corporazioni bisogno dei suoi strumenti, oltre alla possi-
modo da fornire la distanza percorsa. I giri ve- tectura parla anche di un odometro navale: il religiosità originaria, di fatto fu dominio di con scuole preparatorie che – secondo Fron- bilità di scrivere: strumento principale era la
nivano conteggiati dalla lancetta o, nel caso del- principio meccanico è identico a quello del- uomini comuni come soldati, liberti e schia- tino – comprendevano anche gli insegnamenti groma (sez. 1.12a).
la versione vitruviana, dal numero di pietre cadute
nel vaso, indicando così le miglia percorse. Il fun-
zionamento e la precisione dell’odometro di-
pendevano dalla perfezione dei calcoli matematici
effettuati per la sua costruzione; era essenziale
conoscere il raggio, in modo da calcolare la cir-
conferenza della ruota del carro, per determina-
re il numero di giri che questa doveva compiere
per percorrere un miglio romano. La versione
dell’odometro proposta da Vitruvio pare meno
accurata di quella di Erone nei calcoli matema-
tici, anche se decisamente più semplice.
Tra gli altri usi possibili, è molto probabile che i
Romani abbiano usato un strumento di questo
genere per misurare le distanze fra le pietre mi-
liari sulle strade consolari allo scopo di facilita-
re la loro collocazione.
L.R.
Bibliografia
Dilke 1979, p. 37; Dosi, Schnell 1992, pp. 28-29;
Homo faber 1999, p. 225; Misurare la terra 1983, p. Ricostruzione al vero
121; Oleson 2008. di Niccolai snc (2009)
Posizionamento delle groma ed allineamento attraverso distanze costanti costituite da metae Metodo della cultellatio in assenza di visuale

78 79
Questa veniva fissata in un punto ed attra-
verso i suoi 4 bracci orientata in modo che le
due linee ortogonali, risultassero in corri-
spondenza degli assi nord-sud ed est-ovest.
Per farlo, l’agrimensore poteva guardare la
posizione del sole, oppure avvalersi di una
meridiana portatile che faceva parte della sua
dotazione, come è stato rinvenuto a Pompei
nella bottega di Verus. Le evidenze archeolo-
giche mostrano però che non sempre l’orien-
tamento era perfetto o secondo i punti
cardinali e questo è imputabile al fatto che i
Romani suddividevano la giornata sempre il
12 ore uguali, d’estate e d’inverno, provocando
un ovvio disallineamento con i punti cardi-
nali dovuti alla ‘durata’ dell’ora. Vitruvio, in-
fatti consiglia un metodo (De architectura, 1,
6, 6-7), più tardi ripreso da Igino Gromatico,
che consentiva di tracciare in base alle om-
bre proiettate dallo gnomone, il quadrante
settentrionale e meridionale, da cui, per mez-
zo di un compasso (sez. 1.7 b-e) si otteneva-
no gli altri due settori. Molte volte però la Misurazione delle ombre per la determinazione dell’orientamento della groma Determinazione della larghezza di un fiume con il metodo dei triangoli congruenti
pratica era più approssimativa, oppure si sce-
glieva di orientare secondo strade o confor- sull’altro versante e controllare l’allineamento lunghezza di AB era data dalla differenza tra venivano assegnate a 100 cittadini (2 iugera stare proprio il valore di asse principale del il cardo dava origine ad una X, quindi dieci
mazioni del terreno particolarmente rilevanti. opposto. DG e BC; bastava conoscere la misura linea- a testa = 1 heredium), secondo una pratica sistema, come afferma Plinio (Naturalis Hi- secondo Isidoro (Origines, 15]. Certo è che in
Una volta orientata la groma, si traguardava La groma con le relative metae era utilizzata re di BC e DG per determinare la larghezza originaria iniziata, secondo una teoria molto storia, 18, 326-333), dove tra l’altro tratta il pro- qualità di assi generatori della centuriazione,
da un filo a piombo al corrispondente oppo- per misurare le distanze e le aree con del fiume. tarda, da Romolo al momento della fonda- blema dei campi relativamente ai venti (il per questo poi definiti cardo maximus (KM)
sto e l’allineamento era regolato su paline l’applicazione di alcune formule geometriche zione della città. La centuriazione fu sicura- problema dell’orientamento degli assi gene- e decumanus maximus (DM), mantenevano
(metae) infisse nel terreno, a distanze rego- alle misure lineari che venivano rilevate. Una delle operazioni fondamentali affidata mente una pratica largamente seguita dai ratori della centuriazione e la disposizione il loro nome come assi principali dei centri
lari, mano a mano che si procedeva nelle ope- Columella (4-70 d.C.) nel De Re Rustica (r.r. agli agrimensori era la divisione del territorio Romani ed applicata in tutti i casi possibili. delle strade rispetto ai venti era un tema trat- urbani, solo quando il centro della città era il
razioni. Le distanze regolare a cui apporre le 5, 1-3) ci informa sulle formule da applicare e la sua centuriazione; questa operazione ave- L’agrimensore poteva, in effetti, trovarsi di tato anche da Vitruvio (De arch, I, 1-5). Meno generatore della centuriazione stessa. In tut-
metae erano determinate con una pertica (de- per ottenere le aree dei campi di varia forma va il suo significato più profondo nell’orga- fronte a quattro possibilità nell’iniziare il suo chiara l’origine del termine decumanus, che ti gli altri casi, gli assi principali delle città, tal-
cempeda) lunga 10 piedi Romani, ovvero (1 o per calcolare distanze non misurabili nizzazione della vita associata di una nuova lavoro: nel contesto agrimensorio-religioso, aveva la volta generatori degli impianti urbani, non
pes = 29,6 cm) (sez. 1.12b). direttamente (ad esempio la larghezza di un comunità, che veniva ad installarsi in un ter- 1. si era in presenza della fondazione di una funzione di linea di partizione e di orienta- possono essere chiamati cardo e decumanus,
Nel caso il terreno presentasse un’orografia fiume per progettare la costruzione di un ritorio conquistato o comunque acquisito. nuova città mento principale correndo in direzione est- ma generalmente assi generatori nord-sud ed
particolare con fiumi, colline e valli, gli agri- ponte). Nel Corpus degli agrimensori è pre- Aveva quindi la sua massima importanza nel 2. si doveva suddividere il terreno intorno ad ovest; potrebbe così derivare da duodecimanus est-ovest. Determinati quindi gli assi genera-
mensori dovevano ricorrere ad alcune prati- sente appunto il metodo per calcolare la lar- momento in cui si doveva preparare l’occu- un centro già esistente = duo+decidere (dividere in due) secondo tori della centuriazione, si provvedeva alla
che per il loro superamento, in modo da poter ghezza di un fiume, basato sul teorema dei pazione stabile di una zona con insediamen- 3. l’asse della centuriazione era già predeter- Frontino, che cita però Varrone (Forntino, De suddivisione del reticolo in quadrati di 20x20
mantenere gli allineamenti: si applicava il me- triangoli congruenti: ti tanto urbani quanto suburbani ed era la minato dall’esistenza di una grande via di lim. 28, 11-15] o dal fatto che incrociandosi con actus di lato, formando una maglia regolare.
todo della cultellatio, che permetteva di mi- 1. si stabiliva, sulla base di un punto fisso, un stessa situazione nella quale si erano trovati comunicazione EL.S.
surare le superfici dei terreni in pendio allineamento perpendicolare al fiume (seg- i Greci nel momento della colonizzazione del 4. il terreno da suddividere era lontano dal
rapportandoli ad un piano orizzontale. Il pro- mento AC) e da questo, con la groma in C, sud Italia con suddivisione del terreno in lot- centro abitato poichè le immediate vici-
cedimento è descritto da Frontino (De Limi- si creava un allineamento (segmento CD) ti identici ed assegnati tramite sorteggio, se- nanze non consentivano uno sfruttamen- Bibliografia
Dosi, Schnell 1992; Congès A.R., Modalités pratiques
tibus, 33-34] che propone due metodi che perpendicolare ad AC condo un principio di eguaglianza della to del suolo.
d’implantation des cadastres romains: quelque
dipendono se la visuale permette o meno di 2. si collocava la groma in D e si tracciava la proprietà e della partecipazione politica, teo- Il rapporto ideale città-territorio (ratio pul- aspect, in MEFRA, 108, 1996-1; De Caterini 1995;
vedere oltre l’ostacolo. Nel caso non fosse perpendicolare a CD, (segmento DF) che rizzata dagli stessi politici greci. cherrima) era costituito dal sistema di suddi- Dilke 1979; Gabba E., in Misurare la terra:
possibile vedere oltre il dislivello, si doveva in tal modo era parallela ad AC I Romani però si trovarono di fronte a terre visione unitario spazio ed agrario: decumanus centuriazione e coloni nel mondo romano, disegni
applicare un’asta verticale all’estremità della 3. si divideva in due parti uguali CD (CE=ED) conquistate a popoli ben strutturati, dove era- e cardo dell’area centuriata dovevano nasce- allegati al testo di Moscara G., Modena, 1984;
Lachmann C., Gromatici veteres, Berlino 1848;
pertica, traguardare la verticale, ed estende- 4. si posizionava la groma in E e si traguar- no già presenti proprietà fondiarie e dove i di- re dal centro della città stessa; situazione que-
Russo 2006.
re la sua proiezione sul terreno tramite il filo dava A, prolungando dalla parte opposta la slivelli sociali, politici ed economici erano sta rarissima. A questo proposito è importante
a piombo e sistemare le paline nel terreno. linea AE, fino ad intersecare il segmento molto accentuati; con la ‘centuriazione’ (ter- fare una precisazione sui termini di cardo e
Nel caso in cui fosse possibile vedere al di là DF nel punto G. mine militare che corrispondeva a 100 uo- decumanus. Il termine cardo, sembra trarre Schema di una centuria con in grigio l’area di
di una valle, era sufficiente piantare almeno A questo punto si avevano due triangoli con- mini per centuria) si creavano superfici di 200 origine dall’asse dei poli della sfera celeste fondazione di una nuova città che coincide con gli
tre paline sul lato opposto e traferire la groma gruenti, in cui DG è uguale ad AC, quindi la iugera (ovvero quadrati di 20 x 20 actus) che (Frontino, De limitibus, 28, 15-16) ed acqui- assi generatori della centuriazione

80 81
Sez.1.15 - Forma Urbis Severiana: Gli edifici sono rappresentati mediante l’uso metrica degli edifici è resa come si farebbe Bibliografia
frammento con l’area del portico di un linguaggio simbolico, limitato e chiaro, ancora oggi se si volesse riprodurre in mar- Carettoni et al. 1960; Coarelli F., L’orientamento e il
significato ideologico della pianta marmorea
di Livia che permette una individuazione delle fun- mo una pianta della città, costituita dall’ac-
severiana di Roma, in Lafon X., Sauron G. (a cura
zioni dei vari ambienti rappresentati (scale, costamento delle piante dei singoli edifici. La di), Théorie et pratique de l’architecture romaine, in
Originale: marmo imezio
taberne, templi) e delle strutture architetto- planimetria di questi è rappresentata di mas- Études offertes à Pierre Gros, Aix-en-Provence 2005,
(Roma, Musei capitolini - Antiquarium
Comunale) niche. Nella caratterizzazione didascalico - sima al piano terreno: la pianta è delineata ad pp. 61-64; E. Rodriguez Almeida, Formae urbis
esplicativa si notano alcune peculiarità inte- una certa altezza dal piano, ed infatti le sca- antiquae. Le mappe di marmoree di Roma tra la
Calco in gesso del frammento con raffigurazione
repubblica e Settimio Severo, Collection de L`École
della Porticus Liviae. Roma, Museo della ressanti. Alcune scritte che presentano erro- le interne sono interrotte poco dopo l’inizio
Française de Rome 305, École française de Rome,
Civiltà Romana, inv. n. 1526 ri (aqueductium, navalenferius) non sono da terra, con la rappresentazione convenzio- 2002, pp. 67-76.
Il frammento della Forma Urbis riporta la
semplici errori dei lapicidi, ma elementi che nale dei primi gradini. I grandi monumenti,
pianta del portico di Livia, eretto da Augusto
in onore della moglie, tra il 15 e il 7 a.C., che si mostrano la volontà di rispettare il gergo po- che erano spesso sostenuti da sostruzioni,
trovava sull’Esquilino e corrisponde oggi polare di quegli anni a Roma. E, anche se la sono invece rappresentati come visti dall’al-
all’area compresa tra la via in Selci e la via maggior parte delle scritte è stata tracciata su to, ad esempio nel caso del Templum Divi
delle Sette Sale. delle sottili linee-guida, l’inclinazione di mol- Claudi è delineata la terrazza superiore del
L’edificio, lungo circa 120 m. e largo 95 m, si
te lettere rispetto alla verticale, mostra che es- tempio. Una singolare grafia convenzionale
presentava come una grande piazza
rettangolare circondata da un doppio portico: se furono realizzate quando il montaggio delle è utilizzata per rappresentare gli acquedotti
uno dei suoi lati corti era adiacente al Clivus lastre era già finito. e gli archi: oltre ai piloni graficizzati normal-
Suburanus dal quale si accedeva al portico Inoltre è stato possibile ricostruire la mecca- mente in pianta, è raffigurata sul marmo la
tramite una scala. Al centro della piazza un nica del rilevamento topografico, su base pro- proiezione delle arcate con un segno curvo
edificio rettangolare, probabilmente un
iettiva e su capisaldi trigonometricamente che collega i piloni stessi. Talvolta si ha inve-
recinto, contiene un altro elemento,
mostrando singolari somiglianze con la stabiliti a priori e constatare l’elevato grado ce una rappresentazione degli acquedotti in
pianta dell’Ara Pacis. di concordanza con i rilievi moderni della cit- aree libere, che possiamo considerare una fu-
tà. Nel complesso la rappresentazione plani- sione tra la pianta e l’alzato.
A.Z.P.
La Forma Urbis Romae, realizzata agli inizi del entro le cento miglia da Roma, area sogget- lazzo Farnese, e utilizzati nei muri di recin-
III d.C. (204 d.C.) durante il regno dell’impe- ta appunto all’autorità del prefetto urbano). zione del giardino segreto del palazzo sul Te-
ratore Settimio Severo, è una planimetria del- Nella Forma appaiono, provvisti di didasca- vere. Nel 1972 i frammenti vennero portati in
la città di Roma incisa su lastre di marmo lie esplicative, solo monumenti e spazi pub- Campidoglio e murati su una parete del giar-
imezio, una delle più importanti mappe giun- blici, e le uniche eccezioni per iscrizioni dino del Palazzo dei Conservatori: poi stac-
te fino ai nostri giorni dall’epoca romana e una alludenti a privati riguardano il prefetto del- cati perché deteriorati dalle intemperie, portati
fonte insostituibile per ricostruire la topografia la città. Anche nei casi in cui compaiono no- al Celio nei locali dell`Antiquarium Comu-
della Roma imperiale. Non sappiamo se l’im- mi di privati, si tratta di nomi indicati come nale e da qui in vari magazzini.
peratore fece realizzare la gigantesca pianta del- pura informazione topografica, essendo di- Studi accurati delle singole lastre, delle im-
la citta` per rinnovare una precedente mappa venuti elementi di riferimento comune, con- pronte dei filari e delle grappe, hanno per-
andata distrutta, ma il realizzatore effettivo fu sacrati all’uso, e non e` detto che i personaggi messo di definire le dimensioni totali della
sicuramente il praefectus urbi Fabius Cilo, e ven- fossero ancora in vita. pianta, sia quelle delle singole lastre, di cui
ne esposta nella sede della praefectura Urbis. Vi compaiono i nomi di grandi monumenti si conservano ormai solo un migliaio di fram-
Lo scopo per il quale fu realizzata la pianta pubblici, di templi isolati con o senza dida- menti, all’incirca solo una piccola parte del-
non è chiaro: secondo alcuni avrebbe finali- scalia, di complessi termali, di qualche ac- l’insieme originario.
tà catastali-amministrative o solo con fun- quedotto, nomi di magazzini e depositi Allo stato attuale è stato calcolato che si co-
zione ornamentale e documentaria, anche se pubblici. nosce solo un decimo della superficie origi-
certamente basata su ipotetiche documen- Sembrerebbe dunque finalizzata a sottoli- naria totale della pianta, che doveva misurare
tazioni catastali più antiche, o a scopo cele- neare la grandiosità monumentale di Roma in altezza m 13 e in altezza m 18; era incisa
brativo; secondo altri ancora (Coarelli 2005) e l`aspetto utilitario pubblico della rappre- su 151 lastre di marmo, imezio per lo più, cioè
è la riproduzione aggiornata, esposta in un’au- sentazione. marmo proveniente dalle cave del monte Imet-
la del templum Pacis restaurato dopo l’in- Le lastre erano affisse sulla parete laterizia di to presso Atene, per una superficie di 240 me-
cendio del 192 d.C., di una analoga pianta una delle grandi aule del Templum Pacis di tri quadrati, che alla scala di rappresentazione
augustea realizzata, forse su tavole di bron- Vespasiano, ora corrispondente al muro ester- della pianta (1:240) da una superbie urbana
zo, al momento della riorganizzazione am- no della chiesa di Santi Cosma e Damiano, misurata al vero di mq. 13.550.000 compre-
ministrativa della città in 14 regioni e ove sono ancora visibili i fori delle grappe sa entro il perimetro del pomerio.
connotata in senso giuridico-religioso e va- metalliche che le fermavano alla parete. La proiezione della pianta è verticale icno-
lore simbolico, caratteristico dell’ideologia di I frammenti vennero casualmente rinvenuti grafica, era rubricata e forse policroma; l’orien-
Augusto (nella stessa aula, sulla parete di dall’anno 1562 alla base della parete esterna tamento è con il nord-ovest in alto e il sud-est
fronte, era probabilmente dipinta su lastre di del Convento attiguo alla chiesa di SS. Co- in basso, in relazione alla scienza augurale
marmo, un’altra pianta dell’area compresa sma e Damiano. Furono poi trasportati a Pa- (Coarelli 2005).

82 83
Sezione 2
tecnologia nel costruire

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Particolari accorgimenti tecnici venivano adottati per il solleva-
Tecnologia nelle costruzioni mento dei blocchi con l’uso di paranchi, argani, olivelle, tenoni e
tenaglie (sez. 2, nn. 1 e 3-4)
I blocchi squadrati, disposti preferibilmente per testa e per taglio
con faccia a vista bugnata o liscia, vennero poi ancorati gli uni agli
Giuseppina Pisani Sartorio altri mediante grappe in legno o in metallo (piombo, ferro o bron-
zo). Dopo l’introduzione dell’opera cementizia (sez. 2, n. 4) tale
sistema venne riservato a quelle parti degli edifici strutturalmen-
te impegnative, dove in genere viene adottato il travertino e il mar-
mo in blocchi per meglio risolvere problemi di statica e di durata.
Poco dopo la metà del I sec. a.C. vengono aperte le cave di Luni
(ancora oggi in uso) (sez. 2, nn. 11-12), dalle quali viene estratto
È evidente che non è possibile illustrare tutte le caratteristiche del alla prova di una lunga esperienza, la solo forma che avevano gli un ottimo marmo bianco, che in blocchi sbozzati raggiungeva Ro-
modo di costruire dei Romani nel breve spazio disponibile di que- antichi per selezionare una tecnica nuova, in particolare nel campo ma, ed altre destinazioni, su navi appositamente costruite.
sto catalogo: la necessaria sintesi, che va letta integrata dagli og- dell’edilizia. Queste forme di sperimentazione possono subire del- Marmi di importazione, per parti nobili dei templi o per le sculture
getti esposti, è un tentativo di mettere in evidenza gli aspetti più le accelerazioni a causa di incendi, guerre, terremoti, che costrin- erano già usati in Roma fin dalla metà del II sec. a.C., ma la con-
salienti, quali le tecniche e le macchine utilizzate nel costruire, le gono poi ad adottare sistemi costruttivi più rapidi per la ricostruzione. quista della Grecia e del Mediterraneo orientale portò all’apertura
tipologie strutturali degli edifici a destinazione privata e pubblica, Cassio Dione (56, 30,3) e Svetonio (Aug. 28) raccontano che Augu- Fig. 1 – Sistemi di estrazione in una cava d pietra (da Adam 1996, fig. 21) del mercato romano per i marmi greci ed orientali che così lo inva-
e in generale di tutte quelle opere che la civiltà romana in piena sto morente avrebbe detto “di aver ricevuto una città di mattoni e sero con i loro colori vivaci destinati alle parti portanti degli edifici,
espansione ha realizzato in ambito urbano e extraurbano, quali di averla lasciata di marmo”. In effetti, prima del suo regno la città le strutture, che dipendeva dalla profondità delle fondazioni e dal- come colonne, trabeazioni, e alle parti decorative, come rivestimenti
strade, fogne, ponti, acquedotti, teatri, anfiteatri, basiliche, fori, appariva costruita in prevalenza con materiali tufacei, lignei, fittili. I la scelta del materiale; l’utilitas, consistente nella appropriata di- di pareti e pavimenti. La ‘domanda’ di marmi da parte di Roma e
templi, domus e case di abitazione. suoi interventi, che portarono a compimento anche progetti già di sposizione dei locali con giusti orientamenti; la venustas, cioè di tutto l’impero determinò la riorganizzazione del sistema delle ca-
Inoltre, la panoramica delle tecniche edilizie in Roma e nelle pro- Giulio Cesare, trasformarono Roma in una città ricca di edifici mo- l’aspetto gradevole del costruito; tre elementi che dovevano coe- ve, la maggior parte delle quali passò in mano dell’amministrazio-
vince dell’impero deve ritenersi articolata nel tempo e nello spa- numentali: fori, acquedotti, basiliche, quartieri monumentali come sistere in uno stato di correlato equilibrio. ne imperiale. Giunsero così a Roma gli splendidi marmi bianchi
zio: non sempre i canoni costruttivi sono stati rispettati, né furono il Campo Marzio, la domus imperiale e una nuova divisione ammi- Inoltre Vitruvio parla anche di distributio; dice infatti (De Architec- dell’Attica e, tra i marmi colorati, il caristio venato di verde, il rosso
uguali dappertutto; le tecniche andarono sempre più affinandosi, nistrativa della città in 14 regioni. L’incendio del 64 d.C. che, all’epoca tura, I, 2.1): “l’architettura consiste…anche nella distribuzione, che antico del Tenaro, il marmo giallo numidico, il verde ‘ranocchia’, i
trasformandosi, specializzandosi con l’adozione di migliorie nei dell’imperatore Nerone, devastò Roma per nove giorni provocan- in greco si dice economia” (architectura constat…et distributione, graniti, i marmi africani, il marmor Phrygium, il porfido rosso e ver-
sistemi strutturali, nella stessa organizzazione dei cantieri per do la distruzione di 132 domus e di 4000 insulae, determinò una ri- quae graece oikonomia dicitur). Il termine distributio in questo caso de, le brecce coralline, il marmo cario e altri ancora. L’estrazioni dei
l’esperienza acquisita, nella qualità dei materiali adoperati, il tut- costruzione con l’introduzione di schemi urbanistici più regolari con assume un valore prettamente amministrativo-organizzativo, nel marmi, il trasporto nelle varie sedi dell’impero e la loro lavorazione
to in un arco di tempo di circa mille anni, dimostrando quella ca- ampi spazi aperti, ampliando la larghezza delle strade, limitando senso sempre vitruviano di “copiarum locique comoda dispensatio”, finale, nonché la messa in opera di masse enormi di pietra è uno
pacità tutta romana di adattare tecniche costruttive consolidate l’altezza degli edifici, con portici a protezione delle facciate, proi- nella “misurata attribuzione di materiale e di luoghi” e nella atten- dei capitoli più interessanti dalla tecnologia romana.
alle situazioni reali che di volta in volta si verificavano con il va- bendo l’uso del legno nelle costruzioni private e con norme sulla di- ta parsimonia di spesa nel costruire (I, 2.8): questa attenzione agli La ‘scoperta’ dell’opera cementizia, o structura caementorum di Vi-
riare delle situazioni ambientali o economiche. visione delle singole porzioni immobiliari; come dice Tacito (Annales, aspetti pratici di economia di cantiere, la modularità e la standar- truvio, cioè pezzi di pietra (caementa) annegati nella malta forma-
Le tecniche costruttive e progettuali utilizzate nell’Urbe sono in 15, 38-44) “questi provvedimenti presi per motivi di utilità, portaro- dizzazione delle costruzioni per una analisi dei tempi di costruzio- ta da calce e pozzolana o sabbia e acqua in un ‘calcestruzzo’ molto
qualche modo ‘esemplificative’ di quelle utilizzate poi nelle altre no anche bellezza alla nostra città”. ne e il numero di lavoratori impiegati sono quindi caratteristiche del solido e di lunga durata, diede la possibilità di fare ‘gettate’ in cas-
regioni e province, anche se non sempre ciò che era ‘canonico’ a La maggior parte delle nostre conoscenze in materia di tecniche costruire romano. seformi anche di grande spessore per muri in elevato, ma anche
Roma, fu tale anche fuori del perimetro della città. Man mano che edilizie ci viene dall’osservazione diretta, dall’analisi, dallo studio di archi, volte, sostruzioni, palificazioni anche in immersione.
ci si allontanava dalla capitale dell’impero, accanto all’adozione e dalla comparazione delle varie tipologie di edifici costruiti in epo- La presenza di rocce piroclastiche nell’area laziale, il cappellaccio, La calce proviene dalla cottura di pietre calcaree in forni a forma
dei modelli tecnici e strutturali in uso a Roma, si tendeva ad ado- ca romana: la letteratura antica in materia non è abbondante e so- il tufo del Campidoglio, di Grotta Oscura, dell’Aniene, di Fidene, conica per la fuoriuscita dell’anidride carbonica (calx cocta); l’os-
perare materiali, tecniche ed unità di misura locali nel rispetto, pe- stanzialmente si riduce ad un solo nome: Vitruvio. che si prestavano facilmente al taglio a blocchi, determinò il pas- sido di calcio così formatosi dà luogo alla calx viva (CaCo3 = cal-
raltro, di talune regole fondamentali. I suoi dieci libri sull’architettura (De architectura), scritti tra l’età di saggio da una architettura lignea ad una a blocchi sovrapposti (sa- ce viva CaO + anidride CO2). La calce così ottenuta viene deposta
È evidente che la disponibilità di un materiale può da un lato con- Cesare e quella di Augusto, quando in materia edilizia erano in cor- xum quadratum), già in uso in Grecia e nell’Italia Meridionale e - in fosse e bagnata con acqua; a contatto con l’acqua la calce si
dizionare la tecnica edilizia, ma al contempo ne può esaltare la so grandi esperienze, sono fonte inesauribile di informazioni di ti- a Roma - fino alla fine dell’età repubblicana. surriscalda e raggiunge la temperatura di 300 gradi; quindi si raf-
potenza e la qualità, nonché l’estetica, come succede nei para- po tecnico, metodologico e storico, che ci consentono oggi di Le ‘coltivazioni’ delle cave avvenivano sia a giorno che in galleria: i fredda, si polverizza divenendo calce spenta (calx extinta) che al
menti in opera reticolata dove talvolta vennero alternate pietre scu- ‘leggere’ e di interpretare l’enorme quantità di ‘esempi’ di archi- cavapietre, provvisti di un’attrezzatura assai semplice e ancora oggi momento dell’uso viene bagnata, formando una pasta tenera e
re a pietre chiare, come ad esempio la lava e il travertino o il calcare. tettura che troviamo distribuiti su tutta l’area dell’impero romano. in uso (doppia ascia, ascia a martello, mazzette, punteruoli, cunei, omogenea detta ‘grassello di calce’, che unito alla sabbia o alla
L’uso del materiale costruttivo varia, inoltre, a seconda della de- Ciò che ancora oggi stupisce, ed è oggetto di studio attraverso ap- sgorbie e squadra (sez. 1, n. 7 f e sez. 8, n. 12) incidevano tagli oriz- pozzolana, forma la malta. È sempre Vitruvio la nostra fonte di in-
stinazione dell’edificio, delle sue dimensioni, della sua colloca- punto il testo vitruviano, è la quantità e la qualità degli edifici che zontali e verticali a seconda delle misure dei blocchi richiesti che, già formazioni: ci fornisce infatti le proporzioni per ottenere un’otti-
zione, della disponibilità finanziaria dell’impresa, del gusto corrente; la civiltà romana ha lasciato nei territori occupati, la loro impo- in buona parte lavorati in cava e trasportati mediante rulli di legno e ma materia, cioè un conglomerato resistente: una parte di calce,
è soggetto alle mode e alle preferenze personali e culturali di com- nenza, le soluzioni architettoniche studiate e realizzate, la com- funi, giungevano a Roma preferibilmente per via d’acqua (fig. 1). tre parti di pozzolana, oppure una di calce e due di sabbia.
mittenti ed architetti. plessa organizzazione dello spazio interno degli edifici, la I sistemi per ‘cavar pietre’ erano ben noti in antico. Vitruvio parla A questo punto avviene un processo inverso: eliminata l’acqua per
Le tecniche, quali che esse siano e in qualunque campo vengano funzionalità delle realizzazioni adottate. di un sistema di invecchiamento o stagionatura dei blocchi: ad evaporazione, la calce si combina lentamente con l’anidride car-
applicate, sono in sostanza il modo di realizzare delle idee proget- Le caratteristiche di un edificio, che dovevano esser ricercate e per- esempio in caso di uso di pietre tenere, come il tufo, consiglia di bonica dell’aria trasformandosi in carbonato di calcio e quindi
tuali, che evolvono nel tempo verso forme sempre più funzionali. seguite dagli architetti secondo Vitruvio (De Architectura, I, 3.2), “estrarli in estate e non d’inverno e di esporli all’aria in luogo sco- prendendo di nuovo la durezza del calcare.
Ogni tecnologia viene adottata solo dopo essere stata sottoposta che ne detta le regole auree, erano: la firmitas, cioè la solidità del- perto per due anni prima di metterli in opera”. La necessità di proteggere la struttura cementizia determinò la

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Fig. 3 – Le misure dei Ma i laterizi hanno anche un altro valore,oltre quello di ottimo ma-
mattoni romani (da teriale da costruzione: la loro bollatura in fabbrica (rettangolare, lu-
Adam 1998, fig. 347) nata, circolare, a lettere rilevate o a lettere cave) con la data consolare
o altri elementi permette di datare le cortine in un edificio, stabilir-
ne le fasi edilizie e, per confronto, poter dare una cronologia ad edi-
fici altrimenti non databili. Il contenuto epigrafico dei bolli ci fornisce
dati eccezionali per ricostruire la storia economica, ma anche so-
ciale di Roma: i nomi dei proprietari della fabbrica, il luogo di pro-
duzione (ex figlinis) talvolta anche quello dell’officinator servivano
probabilmente in sede di contratto di fornitura della partita di late-
rizi tra il proprietario della materia prima e dell’impianto (impianti
situati per lo più lungo la valle del Tevere per la presenza di cave di Fig. 4 – Esempi di bolli laterizi
argilla, di acqua e di legname e del fiume per i trasporti - la c.d Ti- 1. Bollo del I sec. a.C. (CIL XV, 966,7);
ber Valley - dove tuttora continua un‘ottima produzione di laterizi 2. Bollo di età flavia (69-96 d.C.) (CIL XV, 1000a);
tonaco di rivestimento diviene sistematico sotto Tiberio nei Castra per edilizia) e l’officinatore-appaltatore in forme di appalto e su- 3. Bollo dell’età di Nerva (96-98 d.C.) (CIL XV, 1356);
Praetoria (21-23 d.C.) con mattoni triangolari ricavati da mattoni qua- bappalto. In altri casi, in particolare nel corso del II secolo, l’im- 4. Bollo dei consoli Paetinus e Apronianus del 123 d.C. (CIL XV, 801);
drati bessali (2/3 di piede romano, che è pari a cm 29,6) tagliati in prenditore poteva essere una persona non direttamente coinvolta 5. Bollo dell’età di Vespasiano (69-79 d.C.) (CIL XV, 1097f);
diagonale o tegole fratte, che ben si ammorsavano con l’opera ce- nel ciclo produttivo, un cavaliere (eques), un senatore, donne o lo 6. Bollo dell’età di Traiano (98-117 d.C.) (CIL XV, 811d);
mentizia (fig. 3). stesso imperatore, che divenne nel III secolo unico proprietario co- 7. Bollo con la citazione dei consoli dell’anno 150 d.C. (CIL XV, 1221a);
Sono in laterizio i grandi edifici privati e pubblici di Roma e del- stituendo un mercato monopolistico privo di vera concorrenza. 8. Bollo con monogramma di Costantino, IV sec. (CIL XV, 1563) (da Adam
l’impero romano. Le fabbriche romane di laterizi operarono scelte L’ultima fornitura di mattoni bollati è di Teodorico, il re goto (534), 1988, fig. 145)
tecniche razionali: misero in produzione pochi formati di laterizi, testimonianza della sua attenzione nel conservare e restaurare gli
Fig. 2 – Tipi di murature romane: opera quadrata, opera incerta, opera quasi che potevano essere divisi in tagli minori e quindi facilmente tra- edifici di Roma. Dopo saranno i papi a rilevare il ruolo di produtto- co degli acquedotti, cunicoli di drenaggio; sez. 3, n. 2). Si tratta di
reticolata, opera reticolata, opera mista (laterizio e reticolato), opera listata. sportati via fiume in città per soddisfare le esigenze dei grandi can- re di laterizi, che era stato dell’imperatore (fig. 4). una malta idraulica che fa presa rapidamente anche sott’acqua, quin-
tieri, quali quello delle terme di Caracalla. Accanto ai mattoni, si Di fatto l’abbondanza di costruzioni di età romana che utilizzano di adatta alla costruzione delle fondazioni in cassaforma delle pile
comparsa di vari tipi di paramento, in opera quadrata, in opera in- producevano anche coppi e tegole per i tetti; queste ultime, spez- questi sistemi dimostra, anche se non la paternità delle invenzioni dei ponti o dei porti
certa (a partire dalla fine del III sec. a.C.) e quasi reticolata, in ope- zate e smarginate, potevano essere anch’esse utilizzate per i para- strutturali, certamente la padronanza con cui i Romani usarono que- L’opus spicatum è formato invece di mattoncini rettangolari di pro-
ra reticolata, in opera laterizia o mista e listata (fig. 2). menti, tanto che i Romani chiamarono sempre tegulae i mattoni ste tecniche, ne seppero calcolare perfettamente la portata, gli ef- duzione industriale posizionati per taglio e disposti a lisca di pesce;
Questo modo di costruire, opera cementizia rivestita da paramen- cotti in fornace, riservando la parola lateres ai mattoni crudi. fetti e le conseguenze nella statica degli stessi edifici con una è un tipo di pavimento usato nei locali di servizio. Mosaici, lastre di
to, è il sistema fondamentale usato dai Romani a partire dal III sec. Il taglio dei mattoni in pezzature diverse produceva una gran quan- conoscenza e padronanza teorica e pratica dei problemi connessi marmo di varie forme e colori completavano l’interno degli edifici.
a.C. fino alla fine dell’esperienza romana ma, tramandato alle epo- tità di sfrido,utilizzato nei calcestruzzi o nei riempimenti: la super- alla loro realizzazione. Le pareti venivano rivestite di intonaco e spesso dipinte o rivestite
che seguenti fino ai nostri giorni, distingue l’edilizia romana da quel- ficie tagliata veniva regolarizzata a colpi di male e peggio (sez. 7, n. Un buon edificio si vede dal calcolo delle sue fondazioni: in edifici di lastre di marmo, opus sectile, stucchi e mosaici di paste vitree
la greca e di altre culture, e le ha permesso la creazione di strutture 8), oppure venivano segati impilati uno sull’altro con l’aiuto di sab- in opera quadrata, le fondazioni erano generalmente nello stesso (sez. 9, Introduzione e nn. 1-4).
colossali, quali gli anfiteatri, le terme, gli acquedotti e le mura; con bia e acqua (sez. 2, n. 4); il paramento laterizio, una volta messo in materiale dell’elevato oppure in massicciata di muratura di spes- Le coperture degli edifici potevano essere realizzate con strutture in
essa vennero brillantemente risolti i problemi di copertura di gran- opera, veniva lisciato o levigato. sore maggiore del muro in elevato (ad esempio la fondazione del legno (solai, piani a terrazza o falde inclinate sostituite da capriate)
di spazi, utilizzandola nelle volte, gettate arditamente sul vuoto. La produzione di laterizi si specializzò anche nella fornitura di ele- Pantheon consta di un anello di strati di calcestruzzo alternati a sca- o con volte in muratura e/o conglomerato cementizio.a terrazza, a
La precoce diffusione dell’uso del cementizio in Roma e nel Lazio menti particolari: tubazioni a sezione circolare per condotte idriche glie di travertino largo m 7,30 e profondo m 4,50 per sostenere una capriate lignee o a volta. Tuttavia mentre le prime due tecniche ave-
e Campania è certamente dovuta alla presenza di abbondanti cave e a sezione rettangolare (cm 15 x 20) o tegole quadrate con quattro parete spessa m 6; la fondazione dell’Anfiteatro Flavio è una coro- vano una lunga esperienza nelle architetture mediterranee, l’uso che
di pozzolana (pulvis: è un prodotto vulcanico eruttato in forma di sporgenze da applicare sulle pareti per incanalare fumo ed aria cal- na ellittica del perimetro di 530 m, larga m 31 e profonda m 13,50. dell’arco e della volta fecero i Romani con i mezzi tecnici a loro di-
minuti lapilli che raffreddandosi rapidamente a contatto con l’aria, da sotto i pavimenti e lungo le pareti nei grandi ambienti e negli im- I solai erano, ai piani superiori, per lo più in tavolati lignei, le cui tra- sposizione ha permesso di realizzare opere imponenti su tutto il
si amalgama in strati più o meno compatti) ed è in questa zona che pianti termali, come i nostri moderni impianti di riscaldamento ad vature poggiavano su incassi già predisposti nella muratura o su territorio dell’Impero.
dobbiamo collocare l’invenzione dell’opera cementizia. aria calda (sez. 3, 15); si producevano anche mattoni sagomati a seg- mensole di pietra; sul tavolato veniva poggiato uno strato di con- L’adozione quindi della volta per coprire ambienti di medie e gran-
Ma è soprattutto l’uso del mattone – cotto in fornace e ben stagio- mento d’arco o a spicchio per realizzare colonnine etc.(fig. 5). glomerato. Vitruvio raccomanda di stendere tra legno e cementizio di dimensioni, come le aule delle terme, le diverse tipologie delle
nato - che connota l’edilizia romana. L’argilla veniva estratta e fatta Il laterizio veniva anche utilizzato per decorare, sfruttando al mo- uno strato di paglia per evitare la corrosione del legno da parte del- volte (a cupola, a tutto sesto, a sesto ribassato, a padiglione, a cro-
decantare con l’aggiunta di sgrassanti, poi plasmata entro formel- mento della messa in opera la naturale diversità di colore delle ar- la calce: la struttura era così isolata dai rumori e dall’umidità; il sof- ciera, anulari, a botte, rampanti, conoidi) sono state realizzate solo
le di legno delle misure volute per i mattoni, per le tegole e i coppi gille, dal giallo paglierino al rosso scuro, e con intarsi di materiali fitto sottostante poteva anch’esso essere intonacato e decorato. con l’introduzione dell’opera cementizia verso la fine del II sec. a.C.,
che venivano messi ad essiccare al coperto sotto tettoie, bollati e diversi (esempi ad Ostia), o modellandoli a greche, cornici, zig-zag, I pavimenti per grandi spazi aperti o chiusi erano a lastre di pietra allorché l’esperienza fornì le prove dei risultati raggiungibili dalla
poi cotti in fornaci. Le fornaci avevano una camera di combustione o intagliati ad ovoli, astragali, dentelli (necropoli di Porto e sotto la o marmo, anche a disegni complessi, poggianti su strati di conglo- perfetta tenuta delle malte; a questo si deve aggiungere anche lo
sotterranea e l’aria calda raggiungeva la camera di cottura attraver- Basilica Vaticana). merato cementizio. L’opus signinum, una malta con 5 parti di sab- studio o la sperimentazione della resistenza dei punti di appoggio
so fori praticati nel pavimento con temperature di circa 700/1000 Plinio nella sua grande opera (Naturalis Historia) elenca i prodotti bia e 2 di calce mista a pietrame di piccola pezzatura che veniva e del rapporto tra questi e l’ampiezza delle volte e degli archi. L’au-
gradi. delle figline, cioè le fabbriche di mattoni, il che dimostra che nel I battuto e costipato, era particolarmente adatto per pavimentare spa- mento dello spessore delle pareti di appoggio, l’inserimento di se-
Il mattone, dapprima riservato agli ambienti umidi (ad es. cella se- sec. d.C. le fabbriche erano andate specializzando la loro produ- zi aperti; un impasto di calcestruzzo e laterizio in frammenti minu- micolonne o di nicchie nelle pareti sono tutti accorgimenti che
polcrale del sepolcro di Cecilia Metella, metà del I sec. a.C., le pa- zione, dovuta alla crescente domanda di materiali edilizi: alcune pro- tissimi, detto modernamente cocciopesto, era usato per progressivamente indicano l’applicazione di soluzioni diverse al pro-
reti interne della cavea del teatro di Marcello del 13 a.C.), l’uso di ducevano solo ‘bessali’ (mattoncini di circa 20 cm di lato = 2/3 di impermeabilizzare ambienti destinati a contenere acqua ferma (ci- blema delle spinte e dei carichi, ma anche la maggiore sicurezza
cortina laterizia in parete (opus testaceum o doliare) con o senza in- piede romano). sterne, fontane (sez. 3, n. 7), piscine termali) o in movimento (spe- che si stava acquisendo nell’uso di queste nuove tecnologie co-

88 89
Fig. 5 (da Adam 1988, fig. 190) Sez. 2.1 utilizzato anche per tagliare il legno e aspor- Sez. 2.1c - Taglia/paranco
Gli antichi conoscevano ed usavano la leva, tare le lastre di marmo nelle cave di estra-
Materiali: legno/ferro e corde
il cuneo, la vite, la carrucola e il verricello/ar- zione di minerali e di pietre a scopo edilizio.
Ricostruzione: Niccolai snc (Firenze 2009)
gano, macchine elementari che, combinate Per sollevare i blocchi usavano i ferrei forfices.
tra loro costituivano macchinari più complessi,
Fig. 6 – Affresco con scena di cantiere indicati con il nome generico di varae, che po- Sez. 2.1b - Carrucola/ orbiculus e Un certo numero di carrucole mobili accop-
dalla villa di S. Marco a Stabia tevano sollevare e spostare pesi considere- trochlea piate con altrettante carrucole fisse danno luo-
(ricostruzione grafica). voli sfruttando al massimo e moltiplicando go alla taglia. Considerando il fatto che lo sforzo
Età neroniana (da Adam 1996, fig. 88) l’energia umana ed animale. Materiali: legno/ferro e corde nella fune è costante in qualsiasi punto del suo
Ricostruzione: Niccolai snc (Firenze 2009)
I Romani ne ereditarono la tecnologia e la ap- sviluppo la taglia, grazie alla disposizione op-
plicarono in vari campi. portuna delle carrucole (trochleae), consente
di moltiplicare più volte la forza applicata al ca-
In meccanica una carrucola o puleggia è una po della fune ottenendo una forza più grande
Sez. 2.1a - Cuneo e ferrei forfices macchina semplice costituita da un disco, con il gancio applicato alla staffa delle carru-
munito sul bordo di una scanalatura, detta cole mobili (il tutto a scapito della velocità di
Materiale: legno o ferro gola, che gira attorno ad un asse fissato ad sollevamento che si riduce proporzionalmen-
una staffa a sua volta sostenuta da un gan- te all’incremento della forza).
Il cuneo è una macchina meccanica sempli- cio; nella scanalatura scorre un organo fles- La storia della taglia è più incerta rispetto a
ce, applicazione pratica del principio del pia- sibile di trasmissione quella della carrucola semplice; Vitruvio defi-
no inclinato, usata prevalentemente per come una fune o una cin- nisce questo tipo di macchina trispastos quan-
separare due oggetti o parti di un oggetto, ghia (trochlea). L’utilizzo do è costituita da tre carrucole e pentaspastos
struttive (sez. 2, nn. 5-10). La garanzie per la stabilità della struttu- Una tecnologia molto empirica, ma anche molto organizzata ri- scomponendo la forza, applicata perpendi- della carrucola è attesta- quando ci sono tre carrucole superiori fisse e
ra era fornita sia dall’equilibrio meccanico, sia dalla coesione del- chiedeva la presenza nei cantieri di machinae, per arrivare là dove gli colarmente alla direzione di separazione, ri- to sin da tempi molto an- due carrucole inferiori mobili.
l’opera cementizia, che diventava un vero e proprio elemento uomini non potevano: carrucole, leve, verricelli e vere e proprie mac- cavandone una componente nella direzione tichi: venne raffigurata R.P.
monolitico. chine (sez. 2, n. 1, 2, 3, 4) per sollevare blocchi, colonne, etc. (fig. 6) di separazione voluta. per la prima volta in un
Per costruire le volte sulle centine e sulle armature di tavole lignee si o piattaforme girevoli su rulli per il trasporto in cantiere (sez, 2, n.14). rilievo assiro, databile
adottò anche il sistema di stendere uno strato di bessali, in modo I Romani realizzarono quelle che noi definiamo oggi ‘grandi opere’, all’870 a.C. ca, relativo al Sez. 2.1d - Verricello/Argano
da formare una seconda cassaforma permanente, sulla quale poi si quali il prosciugamento del lago del Fucino all’epoca di Claudio con funzionamento di un
Materiale: legno/ferro e corde
faceva il getto del conglomerato cementizio, al quale i mattoni ade- l’impiego dai 30.000 ai 150.000 uomini per 11 anni (sez. 3, 14), il si- pozzo.
Ricostruzione argano orizzontale: C.F.Giuliani
rivano perfettamente, e talvolta venivano inseriti dei bessali ‘a col- stema stradale con più di 120.000 chilometri di strade (sez. 16, In- Utilizzata per sollevare e
tello’ con disposizione radiale, in modo da funzionare da cunei per troduz.), i 500 chilometri di acquedotti per Roma (sez. 3, Introduzione), trascinare pesi, la carru-
migliorare la presa dell’opera cementizia (cisterna delle Sette Sale). gli emissari dei laghi di Nemi e di Albano, e ne progettarono altre, cola veniva impiegata Il verricello/argano è una macchina formata
Con lo stesso sistema si potevano ottenere i soffitti ’a cassettoni’, mai realizzate, come la deviazione del Tevere per evitare le inonda- nell’ingegneria civile e na- da due cilindri, di sezioni diverse, coassiali, op-
poi rivestiti di stucchi (Pantheon, terme di Traiano sul colle Oppio). zioni del Campo Marzio, la via litoranea che doveva collegare Poz- vale e per la costruzione pure da un cilindro e un disco sempre coas-
Per alleggerire il peso delle volte venivano usati scapoli di tufo, po- zuoli a Ostia, il taglio dell’Istmo di Corinto ed altre ancora. Cunei in ferro di grandi infrastrutture siale e girevoli intorno all’asse comune. Il disco
mici o lava vulcanica, oppure venivano inserite al momento del get- La ‘lettura’ di una struttura edilizia è in un certo senso la ricostru- (copie, Roma, (strade, porti, acquedot- può essere costituito anche dai soli “raggi” (le-
to di conglomerato cementizio anfore vuote (circo di Massenzio, zione del lavoro degli uomini che l’hanno realizzata a vari livelli di Museo della Civiltà Romana) ti). L’utilizzo della carru- ve da spingere). Il carico che si può ‘sollevare’
mausoleo di Elena, detto appunto Tor Pignattara) e di tubi (con vol- partecipazione, dai muratori (structores), diretti da un magister struc- cola è attestato anche è maggiore della forza applicata in proporzio-
te larghe 12 m al massimo, Delaine 2006), tecnica che verrà poi ri- tor, dai carpentieri (carpentarii), dai parietarii, dagli imbianchini (al- Il cuneo veniva impiegato per muovere o sol- nella costruzione di ca- ne inversa ai raggi dei due tamburi. Questa
presa dall’archittettura bizantina. Queste stesse tecniche, utilizzate barii o dealbatores), dagli stuccatori (tectores) e dai formatori in levare oggetti, bloccare parti in posizione, apri- tapulte. Il movimento macchina può essere disposta ad asse oriz-
nelle province africane, servivano anche per coibentare gli ambien- stucco (gypsiarii), dai rilevatori (mensores aedificiorum, mechanici e re una via in un materiale resistente. Veniva dell’organo flessibile di zontale – verricello o tormentum o sicula – ed
ti e difenderli dalle alte temperature esterne. geometrae) all’architetto che l’ha progettata (machinator e archi- trasmissione della car- è usata per sollevare carichi. Oppure può es-
Per costruire archi e volte era necessaria una carpenteria specializ- tectus): una organizzazione complessa che, a giudicare dalle opere rucola poteva essere de- sere usata ad asse verticale - argano o tor-
zata, cioè supporti lignei modellati con l’esatta curvatura voluta: le realizzate, doveva funzionare. terminato dalla trazione mentum o trochlea – e serve per esercitare
‘centine’ e i ponteggi in legno (sez. 7, Introd.), ancora oggi usati nel- L’influenza esercitata dall’architettura di Roma è divenuta consoli- umana e/o animale. trazioni in senso orizzontale (come nella rico-
le costruzioni più semplici e solo da poco sostituiti con tubolari di data base culturale per i secoli successivi: i resti degli antichi mo- struzione di C.F.Giuliani dei verricelli realizza-
ferro, poggiavano direttamente a terra su pali di legno o traverse in- numenti sono stati e sono tuttora oggetto di studio, di imitazione, ti per lo svuotamento dei pozzi di scavo nei
serite in spazi sulle pareti o su apposite sporgenze previste nella di ispirazione ad inventare nuove e sempre più funzionali tecniche lavori dell’emissario del Fucino, v. sez. 3, n. 14).
muratura delle pareti di appoggio (piedritti o spalle) (fig. 5). e forme architettoniche per il nostro domani. I verricelli/argani venivano utilizzati soprat-
tutto nello scavo dei pozzi (per il sollevamento
Bibliografia di riferimento:
del terreno di risulta) per il sollevamento del-
Adam 1988/20012; Atlante tematico di topografia antica I-18 e Suppl. I-XVI; DeLaine 1997; l’acqua con secchi, oltre che per lo sposta-
Delaine 2006, pp. 237-252 (con bibliografia); Giuliani 1992; Giuliani 2006; Lugli 1957; Oleson 2008; mento e il trascinamento a terra di blocchi e
Lancaster 2008, pp. 285-318; Steinby 1974 -75, pp. 7-132; Steinby 1986, pp. 99-164; materiali edilizi, quindi nel campo dell’inge-
Wilson 2006, pp. 225-236. gneria civile, dell’edilizia e dell’idraulica, per

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Sez. 2.2 - Gru a tamburo di Vitruvio Sez. 2.3 - Rilievo degli Haterii con Sez, 2.4 - Gru calcatoria
macchina elevatoria /macchina tractoria di Vitruvio
Materiale: legno/ferro e funi
Cronologia: I sec. d.C. Rilievo in marmo lunense dal sepolcro degli Haterii Materiali: legno/ferro, funi
Ricostruzione della gru vitruviana: Niccolai snc sull’antica via Labicana (oggi Casilina), loc. Dimensioni:
(Firenze 2009) Centocelle Ricostruzione: Niccolai (Firenze 2009) (dal rilievo
Cronologia: Época traianea (?) degli Haterii [sez. 2, n. 3])
Collocazione: Musei Vaticani, Museo Gregoriano
Profano, inv. n. 9998 La machina tractoria o calcatoria ricostruita
Calco in gesso dall’ originale: Roma, Museo della sulla base di quella riprodotta sul rilievo de-
Civiltà Romana, inv. n. 1528
La macchina è descritta da Vitruvio nel libro 10 gli Haterii (v. sez. 2, n. 3) è una gru per il sol-
del De Architectura: era di uso molto comune levamento dei blocchi. È una macchina assai
per l’edilizia. Il tamburo chiamato amphiesis o Il rilievo, con ricca scena funeraria, proviene complessa rispetto alla semplice ‘capra’ (sez.
perithekion dai greci, era un meccanismo crea- dal sepolcro degli Haterii rinvenuto nel 1848 2, n. 1d) e l’interpretazione di quella riprodotta
(da Adam 1996, fig. 89) to per ridurre le forze nel sollevamento di cari- lungo l’antica via Labicana; faceva parte di nel rilievo è ancora controversa.
chi molto pesanti, rispetto all’uso delle sole una serie di rilievi che decoravano la tomba Una grande gru a due montanti viene azio-
rucola (trochlea) o taglia, intorno alla quale gi- carrucole per i pesi più leggeri, che rendevano della famiglia del Haterii, di cui faceva parte nata da una ruota calcatoria posta su un lato
ra la fune (ductarius funis), che solleva il mas- la gru più agile nei movimenti. Quintus Haterius Tychicus, vissuto in epoca di essa, manovrata e fatta funzionare sfrut-
so. Il montaggio della struttura era molto sem- flavia e noto redemptor, cioè impresario edi- tando la forza motrice di sette operai, cinque
La capra veniva utilizzata nel campo dell’in- plice: era composta da due travi in legno di le (CIL VI, 607). all’interno della ruota e due che manovrano
(da Giuliani 2001; Id. 2006) gegneria civile e dell’edilizia per la costruzio- circa sei metri e una da tre metri alla base che Il rilievo rappresenta con abbondanza di par- sinistro si innalza un grande candelabro e a delle funi al di fuori. I montanti (o il mon-
ne di grandi infrastrutture (strade, porti, legate formavano un triangolo, al vertice su- ticolari, un tempio di prospetto di tipo prosti- destra un piccolo edificio colonnato con al tante) della macchina sono sostenuti da set-
la costruzione di grandi infrastrutture (strade, acquedotti); l’unica difficoltà era rappresen- periore venivano fissate le carrucole e alla ba- lo, tetrastilo su alto podio con la scalinata di centro una statua femminile ed è sovrastato te tiranti, cinque dietro (retinacula) e due
porti, acquedotti) ed edifici pubblici. L’argano tata dalla necessità di assicurare l’ancoraggio se venivano piantati dei pali per evitare lo accesso sul lato frontale, la porta della cella, da tre teste-ritratto. davanti ad essa (antarii funes). Collegati in al-
era anche una componente fondamentale del- dei tiranti; era facilmente trasportabile e ri- slittamento del telaio. Alle spalle della mac- le basi con kyma di foglie, le colonne e i pila- Tutta la scena viene interpretata come l’apo- to a sette bozzelli, ciascuno legato all’impal-
le catapulte in quanto consentiva di applicare montabile. china erano inseriti nel terreno altri pali incli- stri decorati con elementi vegetali, i capitelli teosi della defunta, alla quale assiste la stes- catura da una legatura costituita da tre funi.
una grande forza per “caricare” l’elemento ela- Il funzionamento della capra si basava sullo nati per sostenere la gru con delle corde. Il con cornucopie e ghirlande, la trabeazione ric- sa dall’aldilà. Sulla cima del montante altri due uomini stan-
stico della catapulta stessa. sfruttamento dell’energia muscolare umana, tamburo, quando era necessario veniva in- camente articolata, tetto a doppio spiovente Sulla sinistra del rilievo campeggia a ridosso no sistemando le legature delle corde.
moltiplicata dal meccanismo dell’argano o serito al centro del telaio, nel quale veniva fat- rivestito da tegole e coppi. Nello spazio trian- del tempio una complessa macchina da sol- Il sollevamento del carico, non visibile nel ri-
verricello con le relative leve (vectes). ta passare una corda che collegava le carrucole golare del timpano è raffigurato il busto di una levamento, le cui caratteristiche (v. sez. 2, n. lievo, avviene attraverso un paranco, forse del
Sez. 2.1d - Capra (rechamum) A.C.-A.G.-C.G.-R.P. e infine il peso da sollevare. donna con il capo velato, forse la defunta al- 4) riconducono alla descrizione della gru cal- tipo pentaspastos, che permette di stimare la
G.B. la quale il tempio è dedicato. Le figure rap- catoria di Vitruvio (De Architectura, 10, 2,7). portata della macchina in 21 tonnellate o an-
Ricostruzione sulla base del testo di Vitruvio Bibliografia: presentate sul fianco e sulla fronte del tempio La posizione e la dimensione del macchina- che più; ma esistono anche altre ipotesi. Un
(De Architectura, 10,) Adam 1996, pp. 44-60; Drachmann 1963; Fleury Bibliografia sono state variamente interpretate; comples- rio, rispetto al resto dei soggetti rappresen-
1993, p. 105 ss.; Giuliani 2001, pp. 41-42; Giuliani Giuliani 2001, pp. 41-42.
2006, pp. 56-57, 60, 255-269; Tölle-Kastenbein 1993, sa anche la decorazione del podio del tempio: tati, e la particolare cura nella raffigurazione
La capra o biga (rechamum) è un sistema di pp. 38- 49; Di Pasquale 1999, pp. 286-288. eroti con ghirlande e tralci e in basso una por- dei dettagli meccanici, che potevano essere
sollevamento di pesi agganciati alle funi in ti- ta semiaperta a far intravedere una donna, che noti solo ad un tecnico del mestiere, vanno
ro con una tenaglia (blocchi di pietra, mar- allude all’oltretomba, fiancheggiata da picco- poste in relazione con la costruzione del tem-
mo, fusti di colonne lavorate etc.), che deriva li edifici simili a edicole, quello a sinistra for- pio, ma anche con l’attività del committente,
dall’associazione della puleggia e dell’arga- se dedicato ad Ercole. In primo piano a lato alla quale attività va riferito anche un altro ri-
no. Vitruvio descrive chiaramente questa mac- della scalinata è scolpito un altare decorato lievo, proveniente sempre dalla stessa tom-
china nel X libro del De architectura: “Si da geni con fulmine e sormontato da un bal- ba, sul quale sono raffigurati alcuni importanti
prendono due pezzi di legno di misura ade- dacchino sopra il fuoco del sacrificio. Sotto edifici di Roma costruiti in epoca flavia, tra
guata alla grandezza dei pesi da sollevare. Es- l’altare una sorta di balaustra viene identifi- cui il Colosseo ancora in costruzione.
si vengono rizzati, legati in cima e divaricati cata con la recinzione del sepolcro. G.P.S.
in basso. Vengono mantenuti in questa po- Sul columen un fregio con aquile e ghirlande
sizione per mezzo di tiranti fissati alla som- a coronamento del tetto del tempio, al di so-
mità e disposti intorno ad essi; al vertice viene pra del quale un’altra scena rappresenta l’in- Bibliografia:
Adam 1996, pp. 44-60; Drachmann 1963; Giuliani
appeso un bozzello”. Il movimento è im- terno di una stanza con tendaggio e una figura
2001, pp. 41-42; Giuliani 2006, pp. 56-57, 60, 255-
presso, tramite un verricello, da due operai femminile, la defunta, sdraiata su un letto, ai 269; Kastenbein 1993, pp. 38- 49. Marmi colorati
che fanno girare il tamburo tramite leve (vec- cui piedi giocano tre fanciulli, mentre una don- 2002, pp. 501-502, n. 227 (scheda di S. Violante);
tes) inserite negli appositi fori del tamburo. na anziana fa sacrifici presso un’ara. Sul lato Tataranni 2002, p. 485-487.
È un sistema semplice, ma efficace usato an-
cora oggi nei piccoli cantieri. L’armatura po-
teva essere formata anche da tre travi posti a
piramide, che sostenevano al vertice una car-

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altro fascio di funi, che pende lungo i mon- Sez. 2.4 - L’invenzione romana superficie esterna è attraversata da solchi spi- ta; successivamente, a partire dai quattro an-
tanti, potrebbe indicare la possibilità di au- dell’opera cementizia Preparazione raliformi o circolari che favoriscono l’adesio- goli, venivano costruite delle nervature dia-
mentare il numero dei bozzelli. (calcestruzzo). Uso di vasi, della malta di calce ne della malta e dell’intonaco. gonali, costituite da diverse file montanti di
La funzione della gru era il sollevamento e lo pomice per alleggerire le volte (da Adam 1988, fig. 163) I più antichi esempi, risalenti al III sec. a. C., tubuli, che terminando al di sotto del pannello
spostamento di merci e materiali, solitamente si riscontrano in Sicilia, a Morgantina e, pro- in chiave, ne avrebbero assicurato la tenuta;
in presenza di dislivelli, barriere o ostacoli al babilmente, a Siracusa; nel I sec. d. C., i tubi nervature secondarie, ad andamento oriz-
suolo che rendevano difficile o impossibile L’invenzione dell’opera cementizia (per alcu- fittili vengono impiegati anche a Pompei e a zontale, consolidavano l’intera struttura. Non
movimentarle in altro modo. ni legata all’arrivo in Italia centrale di influenze Dura Europos. sono conservati esempi integri di volte a pa-
I diversi tipi di gru in uso nell’antichità greca e orientali o ellenistiche) si deve collocare tra A partire dalla fine del II d.C. la tecnica si dif- diglioni in tubi fittili.
romana avevano soltanto due movimenti (ele- III e II sec. a.C., molto probabilmente con una fonde nell’Africa del Nord (Algeria, Tunisia, La seconda modalità di impiego di conteni-
vatorio e rotatorio), a differenza di quelle mo- lunga fase di sperimentazione che ha lascia- Marocco), dove viene utilizzata frequente- tori ceramici consiste nella collocazione di an-
derne dotate anche del movimento traslatorio. to, tuttavia, tracce scarse e difficilmente da- sec. a.C., è il più antico esempio noto di cu- mente fino alla conquista araba, e nel resto fore vuote e capovolte sui rinfianchi delle volte,
tabili. pola di grandi dimensioni, con il suo diame- dell’impero (Sicilia, Francia, Britannia); fatta in una o più file orizzontali, direttamente al-
Il suo utilizzo in area campano-laziale fu dif- tro di 21.60 m: la genesi fu particolarmente Diverse tipologie di tubuli a siringa rinvenuti in eccezione per pochi esempi, questa modali- l’interno della massa cementizia: questa tec-
Bibliografia fusissimo, favorito dall’ampia disponibilità complessa, dato che la copertura, non previ- Tunisia (da Lézine 1954) tà costruttiva si riscontra in Italia con una cer- nica è presente in molti esempi a Roma ed è
Fleury 1993, pp. 124-126; Martinez 1998-1999, p.
dei componenti (in particolar modo della poz- sta originariamente, obbligò a rifoderare il pri- ta sistematicità solo a partire dal V sec. d. C., nota anche nelle province (Tunisia, Spagna,
264; Di Pasquale 1999, p. 286); Tataranni 2002, p.
485-487. zolana, che rende il calcestruzzo idraulico) ed mitivo tamburo con una parete dello spessore posta alle reni dotato di un rinfianco a sette particolarmente nelle chiese paleocristiane Portogallo, Germania).
organizzato con tecniche edilizie che si per- di due piedi romani. Notevole la presenza di gradoni; l’apertura di un oculus (diam. 8.92 (soprattutto a Roma e Ravenna). I più antichi esempi sono di età adrianea, pre-
fezionarono via via nel tempo. Intorno al I a.C. un oculus centrale, la cui apertura non deve m), evidentemente per motivi statici, con so- Le modalità realizzative variano a seconda del senti in area romana (Magazzini “Traianei” ad
iniziò a manifestarsi in architettura un rinno- essere attribuita solo ad esigenze d’illumina- stituzione della parte sommitale (massiva) tipo di copertura utilizzato: nel caso più sem- Ostia, Villa delle Vignacce a Roma) ed in Be-
vato senso della spazialità, che trovò i suoi zione (esistendo già le quattro finestre), ma della volta con un elemento di chiusura (cli- plice, cioè la volta a botte, due file montanti tica (Casa dell’Esedra e Terme di Adriano ad
migliori esempi nelle residenze imperiali, do- anche a motivazioni di carattere statico: si peo bronzeo?), i cui sostegni metallici sono di tubuli, partendo dalle due diverse imposte, Italica), mentre le ultime attestazioni si pon-
ve una committenza d’eccezione assicurava abolisce, infatti, un tratto di copertura sotto- testimoniati da un rilievo del Sangallo; l’or- si innestavano in un concio in chiave, pla- gono nel IV-V d.C. (torre orientale della Porta
piena libertà alle tendenze innovatrici degli posta facilmente a dissesti o crolli, avendo ganizzazione del tamburo di sostegno, con smato appositamente con due cavità. Asinaria e chiesa di S. Maura sulla via Casili-
architetti. una curvatura quasi nulla e non essendo sot- spessori murari adeguati alla costruzione (cir- Le crociere avevano una genesi più com- na): le anfore utilizzate sono generalmente
Iniziarono così ad essere eretti edifici di di- toposto a spinte orizzontali. ca 5.90 m alla base) e sapiente gioco di di- plessa: inizialmente veniva realizzata a terra Dressel 20 e 23, ma in rari casi si rinvengono
mensioni sempre maggiori, con coperture in Alcuni esempi attestati a Roma testimonia- stribuzione dei pesi e delle forze, con archi di la chiave di volta (cioè un pannello quadrato l’Almagro 51c (Basilica di Massenzio) e la c.d.
concreto che potevano superare i limiti strut- no innovazioni tecniche già in epoca cesaria- scarico che, coprendo i vuoti, convogliano le composto da tubuli) che veniva collocata, per Africana 1 (fig. 2); diversi contenitori cilindri-
turali imposti da quelle lignee: l’esperienza na ed augustea, che verranno applicate in spinte sugli otto pilastri che strutturalmente mezzo di sostegni, in posto all’altezza volu- ci di forma allungata, disposti in orizzontale
portò, nei secoli, all’acquisizione di nuove co- maniera più sistematica durante la piena età costituiscono la base.
noscenze tecniche per migliorare la loro co- imperiale, come il passaggio dalla disposi- A partire dal II sec. d.C. inizia ad essere atte-
struzione, legate alla conformazione della zione radiale dei caementa a quella per corsi stato anche l’impiego di anfore o tubi fittili
volta ed al suo alleggerimento, ottenuto orizzontali oppure l’utilizzo di inclusi più leg- nelle volte, principalmente con due diverse
ricorrendo a particolari inclusi o, geri nelle volte. tecniche e finalità.
secondo molti studiosi, a con- Tra questi il più usato in area romana, per la Una prima modalità consiste nella realizza-
tenitori ceramici. facile reperibilità, è il tufo giallo (1.350 Kg/m3), zione di vere e proprie centine fittili, formate
Il c.d. Tempio di Mercu- usato sistematicamente a partire da epoca impilando gli elementi - piccoli vasi o tubuli
rio a Baia, datato ge- flavia; per alleggerire ulteriormente le volte a siringa - l’uno all’interno dell’altro, legati da
neralmente al I questo veniva alternato a strati di scorie vul- una malta costituita prevalentemente da ges-
caniche (750-850 Kg/m3), soprattutto del Ve- so: il brevissimo tempo di presa permetteva,
suvio, o di pomice (600-700 Kg/m3). così, una celere esecuzione – era possibile,
Il Pantheon testimonia, già all’inizio del II sec. infatti, disporre gli elementi anche in agget-
d.C., il pieno controllo dell’opera cementizia: to - ed il limitato utilizzo di centine e legna-
lo suggeriscono le dimensioni (copertura mas- me, eliminando inoltre, nelle fasi di cantiere,
siva del diametro di 43.30 m); la capacità di l’ingombro delle armature.
contrastare le deformazioni da centina (che Successivamente questa tecnica, inizialmen-
ha determinato un profilo perfettamente emi- te usata per centine, fu utilizzata per creare
sferico); l’utilizzo nel cementizio di inclusi via delle vere e proprie volte leggere e autopor-
via più leggeri dalle fondazioni (scaglie di tra- tanti in tubi fittili, riconoscibili perché prive
vertino) ai muri (scaglie di travertino e tufo dello strato di cementizio che vi veniva so-
giallo nella parte inferiore, frammenti di tufo vrapposto. Visione prospettica
del Pantheon,
e di mattoni nella parte superiore), alla cu- I tubuli a siringa, generalmente sono lunghi
con l’organizzazione
pola (scaglie di tufo e laterizio in basso, tufo da 10 a 15 cm, larghi tra i 5 ed i 6 cm, pre- degli archi di scarico
e scorie vulcaniche nella sommità); la con- sentano una terminazione conica che favori- nel tamburo di base
formazione della volta, con il tratto dall’im- sce l’innesto nell’elemento successivo; la (da Lancaster 2005)

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(Africana 1?), ancora inediti, si ritrovano in due Sez. 2.5 - L’Anfiteatro Flavio sce. Il quarto ordine è costituito da una pa- Sez- 2.6a - L’arco
frammenti contigui presso la villa delle Vi- rete piena in cui lesene su piedistallo agget-
gnacce. Plastico ricostruttivo in scala 1:100: sezione tante scandiscono ottanta riquadri nei quali
illustrante le particolarità strutturali (I. Gismondi)
La motivazione più accreditata per questa tec- si aprivano ad intervalli regolari quaranta fi- L’arco rappresenta l’elemento strutturale do-
Luogo di conservazione: Roma, Museo della Civiltà
nica è che la anfore venivano utilizzate non Romana, inv. n. 1518 nestre. In ciascun riquadro sono tre menso- minante il linguaggio dell’architettura roma-
tanto per alleggerire le coperture, ma più sem- le (in totale 240) destinate a sostenere le travi na in tutti gli edifici sia all’interno – basiliche,
plicemente per risparmiare considerevoli in legno, alle quali era fissato un grande ve- templi, terme – sia all’esterno – ponti, ac-
quantità di materiali e costi di messa in ope- “Ecco un monumento che sarà più famoso lario necessario alla protezione del pubblico quedotti, porte, teatri, esedre, ninfei. L’uso si-
ra, come dimostrerebbe il loro uso anche al- di ogni altra opera umana”, così il poeta sa- dal sole (velarium) e manovrato da un repar- stematico delle strutture ad arco costituisce
l’interno dei setti murari (Roma: tempio di tirico Marziale (Lib. de Spect.,1) testimonia to speciale di cento marinai della flotta di Mi- infatti la principale innovazione tecnica del
Minerva Medica, villa delle Vignacce, circo di che nella coscienza dei contemporanei l’An- sero, che alloggiavano alle pendici del colle mondo romano, tanto che le sue applicazio-
Massenzio). Restano da chiarire, a questo fiteatro Flavio costituiva un’impresa straor- Oppio, nei castra Misenatium. L’ornamento ni determinarono in modo basilare la storia
punto, le conseguenze statiche di questa scel- dinaria dell’ingegno architettonico romano. esterno dell’attico, come confermano alcune dell’edilizia.
ta: la presenza di grandi vuoti creava certa- La costruzione dell’anfiteatro Flavio, destina- monete dell’età di Tito, doveva prevedere scu- L’arco, realizzato utilizzando conci, pietre ta-
mente delle disomogeneità nella trasmissioni to ai giochi gladiatorii e denominato comu- di appesi ad intervalli regolari tra le finestre. gliate a forma trapezioidale (cunei) o sem-
dei carichi e notevoli assottigliamenti delle nemente Colosseo dalla colossale statua di La cavea era formata da tre piani, il primo e plici mattoni, ha una struttura in grado di
sezioni e in caso di variazioni al regime sta- Nerone che si trovava nelle immediate vici- il secondo (ima e media cavea) avevano le scaricare i pesi secondo risultanti diverse dal-
tico originario, queste disomogeneità avreb- nanze, fu iniziata da Vespasiano con il botti- gradinate marmoree (subsellia) ed erano de- la verticale. Trasferendo il carico lungo una
bero potuto favorire la formazione delle lesioni no delle guerre giudaiche e conclusa da Tito stinate ai cavalieri, agli ospiti e alle categorie catenaria in cui tutti i conci sono sollecitati
o delle linee di crollo. nell’ 80 d.C. con una solenne inaugurazione più altolocate di cittadini; il terzo piano era solo a compressione, venivano sfruttate al
A.B. durata ben cento giorni consecutivi con l’uc- separato dagli altri mediante un muro, pos- meglio le proprietà della pietra e del laterizio,
cisione di 5000 fiere, tanto che Dione Cassio sedeva gradinate di legno ed era riservato al- senatori era riservato il quarto anello acces- tutti gli impianti meccanici e i servizi ineren- molto più resistenti alla compressione piut-
Bibliografia può parlare di munus apparatissimum largis- le classi inferiori e alle donne (Svetonio, Aug., sibile attraverso dodici corridoi ad essi desti- ti allo spettacolo e, in più, ambienti specifici tosto che alla trazione. L’arco, pertanto, con-
Giuliani C.F., L’edilizia nell’antichità, Roma 2006; simumque (66, 25. 4). La costruzione si con- 44, 3-4; CIL II, 5439, 75 ss.). Ciascun settore nati. Dall’anello dodici rampe di scale come i carceres che custodivano le belve e lo sente un più efficace utilizzo dei materiali
Giuliani C.F., L’opus caementicium nell’edilizia cluse definitivamente sotto Domiziano con di posti era separato dal successivo da una conducevano ad un ambulacro che consen- spoliarium, camera mortuaria dove venivano disponibili a differenza del sistema trilitico,
romana in Materiali e strutture, VII, 1997, pp. 49 – 62; la realizzazione dei sotterranei e il definitivo praecintio sulla quale si aprivano i vomitoria tiva di raggiungere i subsellia. L’ambulacro ve- portati i gladiatori caduti. Oltre agli animali, principio fondante dell’architettura greca ca-
Lancaster L., Concrete Vaulted Construction in Imperial
abbandono delle naumachie in luogo delle delimitati superiormente da balaustre in mar- niva invece utilizzato dal personale di servizio irrompevano nell’arena strabilianti scenogra- ratterizzato da colonne e architrave, ove l’ar-
Rome, New York 2005; Lugli G., La tecnica edilizia
romana, Roma 1988, pp. 663-679; Lézine A., Les classiche cacce ad animali (venationes) e dei mo e lateralmente da transenne in funzione che, attraverso una galleria da cui si poteva fie che, mosse dalle macchine sotterranee, si chitrave stesso era soggetto a trazione nella
voûtes romaines à tubes emboités et les croisées combattimenti dei gladiatori (munera). Il mo- di corrimano. Nel colonnato superiore, con accedere da questo ambiente, aveva accesso levavano davanti agli occhi degli spettatori. parte inferiore. L’arco, tuttavia, è una struttu-
d’ogives de Bulla-Regia, in Karthago, V, 1954, pp.168- numento rappresenta dunque il più ambi- posti esclusivamente in piedi, potevano ac- diretto all’arena. Complessivamente la ca- Queste macchine, manovrate da uomini per ra di tipo spingente e richiede quindi una ade-
181; Monneret de Villard U., Sull’impiego di vasi e tubi zioso progetto politico della famiglia Flavia e cedere spettatori di infimo ordine. Un crite- pienza della cavea doveva raggiungere i mezzo di argani riuscivano a creare effetti sce- guata struttura all’imposta (parete,
fittili nella costruzione delle volte, in S. Agata dei Goti,
fu utilizzato per centinaia di anni; si pensi so- rio rigidamente gerarchico regolava 60.000/70.000 posti. nografici così suggestivi da suscitare grande contrafforte, un altro arco) in grado di racco-
Roma 1924, pp.149-154; Pelliccioni G., Le cupole
romane. La stabilità, Roma 1986; Scurati-Manzoni P., lo che nel 404 si abolirono le lotte gladiato- l’assegnazione dei posti; lo stesso concetto L’arena era formata da un tavolato di legno impressione in personaggi come Seneca e gliere e sopportare le spinte orizzontali.
La volta in tubi fittili di Pompei, in Palladio, n.s., 20, rie mentre l’ultimo spettacolo di caccia alle ha ispirato l’organizzazione dei percorsi in- poggiante sulle murature degli ipogei, e mi- Marziale, i quali descrivono uno straordina- Le volte a botte (semi cilindro) costituito dal-
pp. 9-18; Storz S., La tecnica della costruzione delle fiere fu fatto nel 523 d.C. terni che consentivano di raggiungere rapi- surava nel suo asse maggiore 87 metri e in rio macchinario che dai locali sotterranei sol- la traslazione del semplice arco sono impie-
volte con tubi fittili a S. Stefano Rotondo a Roma, in L’anfiteatro segue il modello tipologico di una damente i settori di appartenenza e altrettanto quello minore 54 metri circa. Durante gli spet- levava fin nel mezzo dell’arena giardini alberati, gate a partire dalla prima età repubblicana:
Corsi di cultura sull’arte ravennate e bizantina, 41,
struttura nella quale intorno ad un corpo cen- velocemente uscire. Il pubblico aveva acces- tacoli veniva ricoperta da un leggero strato di colline, torri da cui uscivano uomini e animali. nella Cloaca Massima, nel tratto rinvenuto
1994, pp.669-693; Tommasello F., Volte ‘leggere’ a
tubuli fittili. Tra Sicilia e Africa, in Sicilia Antiqua 2, trale a pianta ellittica si elevavano i posti de- so all’arena dalle arcate al pianterreno, ognu- rena di fiume che impediva a uomini e ani- Una volta terminato lo spettacolo le parti già presso il foro di Nerva, nella triplice armilla
2005; Vighi R., Il Pantheon, Roma 1959; Wilson, gli spettatori organizzati in gradinate: il na contrassegnata da numeri progressivi mali di scivolare. Il tavolato presentava boto- separate si riunivano e quelle elevate si riab- dello sbocco del Tevere, o nello sbocco del-
Terracotta vaulting tubes (tubi fittili): their origin and perimetro dell’ellisse misura 572 metri e l’al- corrispondenti a quelli riportati sulle tessere le che permettevano, attraverso i sottostanti bassavano (Seneca, Ep., 7, 3, ss., Marziale, l’acqua Mariana sotto l’Aventino. Tra le ope-
distribution, in Journal of Roman Archeology, 5, 1992, tezza della costruzione 57 metri, il diametro d’ingresso, mentre gli ingressi sui lati corti e 80 montacarichi, la fuoriuscita di animali, uo- Lib. spect., 21). re di ingegneria che testimoniano la notevole
pp.97-129.
maggiore dell’ellisse misura m 188, il mino- sui lati lunghi ne risultano privi, essendo de- mini e il sollevamento degli oggetti scenici Dal punto di vista strutturale venne innalzata abilità costruttiva dei romani con l’impiego
re 156; travertino impiegato: 100.000 m3, 300 stinati i primi ad un pubblico d’élite e i se- (sez. 11, n. 10). Lo studio dei resti architetto- una gabbia portante, costituita dai pilastri in dell’arco come elemento strutturale princi-
tonnellate di ferro per le grappe. L’anello ester- condi ai gladiatori. Un sistema di scale, rampe nici ha infatti dimostrato che in uno dei cor- opera quadrata di tufo e travertino collegati da pale, i ponti, così come gli acquedotti, costi-
no è interamente in travertino e si articola in e passaggi permetteva di distribuire gerar- ridoi ipogei erano installati 28 ascensori le cui archi in muratura in corrispondenza dei vari tuiscono un capitolo importante: si segnalano
quattro ordini realizzati in opera quadrata di chicamente il pubblico e far defluire la folla funi passavano per carrucole fissate alla strut- piani e da volte rampanti, sulle quali poi ven- l’acquedotto di Appio Claudio (312 a.C.) e il
travertino su una platea di fondazione in cal- rapidamente. Gli accessi, posti alle estremi- tura sottostante la pavimentazione in legno ne poggiata la cavea, lavorando contempora- Ponte Emilio, primo ponte in pietra definiti-
cestruzzo alta in media 13 m e poggiante sul tà degli assi minori, riservati ad un pubblico dell’arena, e altrettanti argani semplici e faci- neamente dal basso e dall’alto con quattro vamente ultimato nel 142 a.C. Lo sviluppo del-
banco argilloso. All’esterno della platea è un selezionato, conservano tuttora tracce del- li da montare e che probabilmente venivano cantieri diversi, come nei moderni cantieri. l’arco fu agevolato da due fatti tecnici, e cioè
muro anulare di contenimento con paramento l’originaria ricchezza decorativa. Sono infatti deposti in magazzino nelle pause di diverse A.Z.P. l’adozione del cemento come materiale le-
esterno a cortina laterizia. I primi tre ordini sottolineati esternamente da un avancorpo settimane, per essere protetti dall’umidità. I gante dei conci, e la progressiva diminuzio-
sono costituiti da ottanta arcate inquadrate sormontato da quadriga e immettono in un loca ipogei, a cui si accedeva mediante quat- Bibliografia: ne dei singoli elementi componenti la struttura
da semicolonne con capitelli tuscanici nel pri- ampio setto, con muri perimetrali in blocchi tro gallerie sotterranee, si articolano in dodi- Beste 2001, pp. 277-299; Coarelli, Gregori, fino all’adozione del mattone. Ciò permise ai
mo ordine, ionici nel secondo e corinzi nel di travertino, ripartito in tre corridoi da due ci corridoi disposti simmetricamente ai lati di Lombardi et al. 1999; La Regina 2004; Rea Romani di realizzare volte grandiose come
terzo, questi ultimi nella variante a foglie li- file di pilastri rivestiti di lastre di marmo. Ai un ampio passaggio centrale e raccoglievano 1993; Sangue e arena 2001 quelle degli edifici termali e basilicali.

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Sez. 2.6b - La piattabanda armata della piattabanda resistendo agli sforzi di tra- Sez. 2.6c - Copertura del pronao
zione ivi presenti; l’utilizzo, probabile, di mal- del Pantheon in Roma
Ricostruzioni grafiche e virtuali: F. C. Giuliani ta all’interno delle scanalature connettendo
Materiale: legno
le barre metalliche agli altri elementi, ne fan-
Cronologia: età adrianea – prima del 128 d.C.
La piattabanda armata è una soluzione strut- no una sorta di calcestruzzo armato ante-lit-
turale dell’architettura romana e si presenta teram. Anche la forma delle barre, inclinate a
come una versione altamente evoluta ed ori- circa 45° in prossimità dell’appoggio è sor- Il Pantheon è l’edificio di Roma antica meglio
ginale del tipo di piattabanda all’italiana (con prendentemente simile all’armatura di una conservato grazie alle vicissitudini storiche
elementi disposti radialmente e concio in chia- moderna trave in calcestruzzo armato passate e che, per perizia tecnica ed accorgi-
ve) in quanto provvista di barre metalliche sa- La ricostruzione del sistema strutturale della menti strutturali, fa percepire ancora la gran-
gomate all’interno dell’intradosso. Nei pulvini piattabanda armata si basa su alcune osser- dezza dell’architettura romana. Costruito nel
venivano infatti ricavati incassi paralleli de- vazioni effettuate dagli studiosi direttamente 27 a.C. da Agrippa in Campo Marzio fu rico-
stinati all’alloggiamento di due o tre staffe, sui reperti presenti nel sito archeologico di struito sotto Domiziano e nelle sue attuali for-
Facciata con archi di scarico e piattabande che proseguivano nella parte di intradosso Villa Adriana. Resti di barre metalliche sago- me durante il regno di Adriano. Nel 608 d.C.
mate nel Teatro Marittimo, presenza di trac- l’imperatore romano d’oriente Foca lo donò Parte destra del tetto del pronao del Pantheon
L‘esaltazione di questo elemento architetto- ce di metallo negli incavi e nelle scanalature al Papa Bonifacio IV che lo riconsacrò con il
nico si ha soprattutto nella realizzazione de- Arco di Caracalla a Tebessa (ricostruzione di A. dei pulvini dello stesso Teatro Marittimo e nome di Santa Maria ad Martyres. Si com-
gli archi monumentali che furono costruiti Bacchielli, da E.A.A., Suppl. II, vol. I, 1994, fig. 421) dello Stadio e la presenza di scanalature nel- pone di tre parti: pronao, avancorpo e aula
solitamente in occasione dei trionfi degli im- le lastre in marmo che costituivano l’intra- circolare.
peratori vincitori in campagne militari, ma an- 34, 27): “Columnarum ratio erat attoli super ce- dosso della piattabanda. L’ancoraggio delle Il pronao è strutturato con otto colonne in
che edificati con altre funzioni specifiche, teros mortales, quod et arcus significant novicio barre ai pulvini era ottenuta tramite apposita facciata che sostengono trabeazione e tim-
sempre con intento auto-rappresentativo (ar- invento”, che indica il forte simbolismo di que- sagomatura delle barre stesse e fissaggio in pano triangolare e quattro file di colonne die-
chi di Tito e di Settimio Severo nel Foro Ro- sta struttura architettonica. fori posti nella parte superiore del pulvino. tro che dividono lo spazio in tre navate. Quella
mano). Dalla prima età imperiale inizia il periodo di Secondo altre ipotesi l’ancoraggio poteva es- centrale, più ampia, conduce all’ingresso. Og- Ricostruzione tridimensionale di un tetto a falde
Dal punto di vista terminologico si nota che grande sviluppo e sperimentazione dell’arco 2) Villa Adriana, ricostruzione del pulvino del sere assicurato tramite riempimento con mal- gi la struttura del tetto si può osservare ma con capriata obliqua, catena orizzontale, monaco e
i Romani non avevano un unico termine per commemorativo, diventando il monumento Teatro Marittimo (da Giuliani 2001, Giuliani 2009) ta nella scanalatura con conseguente in antico era nascosta da un soffitto fatto con travi di sostegno del tetto (C.F. Giuliani).
indicare questa struttura architettonica: nel- ufficiale e rappresentativo per eccellenza a impedimento allo scivolamento. telai di legno, ricoperti da una lamina bron-
le fonti c’è una coesistenza fra i termini for- Roma e nelle città dell’impero: sostituendosi Dal sito di Conimbriga emerge invece un uti- zea, appesi alle capriate che poggiavano sul- chi di pietra delle sottostanti strutture. Nelle
nix, ianus e arcus. Durante l’età repubblicana al tradizionale e generico fornix il termine ar- lizzo più semplice dell’applicazione, nella qua- l’architrave delle colonne interne. Su questa navate laterali una catena collegava il punto-
il termine più utilizzato per indicare la tipo- cus, dunque, non indicherà più solo l’elemento le pulvini e piattabanda sono uniti fra loro da insistono pilastrini in blocchi di travertino col- ne principale e quello secondario inserito, an-
logia di passaggio ad arco era fornix. Esem- curvilineo innestato su due sostegni vertica- un’armatura con un’unica staffa ad anda- legati tra loro da archi in muratura che so- che in questo caso, in un incavo dei blocchi
plificativo per questa oscillazione è l’arco di li, un passaggio arcuato, quanto un partico- mento rettilineo passante sotto di essi. stenevano il tetto. Lo stesso è a due falde con di pietra inferiori.
Quinto Fabio Massimo sulla Via Sacra che è lare edificio onorario. Lo sforzo degli architetti A.Z.P.-R.P. capriate lignee poste nel XVII sec. in sostitu- In ognuna delle tre navate elementi centrali
indicato da Cicerone con il termine fornix (Verr., si concentrò sempre più nell’elaborare una zione delle originali in bronzo che furono fu- in funzione di monaco scendevano dal pun-
I, 19; Pro Planc., 7, 17), mentre lo stesso mo- forma monumentale e complessa, determi- se per realizzare l’altar maggiore della Basilica to centrale della struttura. Tutte le parti delle
.
numento, sotto il regno di Nerone, è già det- nata da un ricco sistema di immagini: rilievi, Bibliografia di San Pietro ed alcune artiglierie di Castel capriate erano fatte con travi metalliche con
to da Seneca arcus Fabianus (Dialogi, II, 1, 3) statue, insegne, un apparato decorativo ed 3) Schema delle armature passanti sotto i pulvini Giuliani 2001; Giuliani 2006; Hoffmann 1980; Sant’Angelo sotto il pontificato di Urbano VIII. sezione ad U, ottenute collegando tre strisce
Dalle fonti veniamo a conoscenza di altri tre epigrafico. Con l’affermazione del principato del sito di Conimbriga (da Scetti 1996) Olivier 1983, pp. 937-959; Scetti 1996. Grazie ai disegni cinquecenteschi sappiamo di bronzo per mezzo di chiodi.
fornices repubblicani celebrativi di singoli viri nel bacino del Mediterraneo l’arcus romano come si doveva presentare la struttura prima A.A.
triumphales; si tratta dei due archi di Lucio si diffuse, più di ogni altro monumento, qua- dei rifacimenti. Tre grandi capriate formate da
Stertinio (196 a.C.) e dell’arco di Scipione Afri- le efficace strumento di propaganda politica, puntoni principali lungo le inclinate del tetto,
Bibliografia
cano (190 a.C.) di cui non è chiara la struttu- come espressione celebrativa di quella ‘teo- collegati da catene orizzontali in posizione
Coarelli 1983; De Collatoÿ, van der Mersch 1999;
ra (Liv., 33, 27, 3-3; 37, 3, 7) ma che aveva logia della vittoria’ che attestava attraverso i elevata, si protendevano dalla navata centra- Giuliani 2006; Lucchini 1996; Martini 2006;
ricchissima ornamentazione. monumenti e le immagini la presenza inde- le su quelle laterali. Per assicurare stabilità vi McDonald 1976; Pasquali 1996; Virgili, P. Battistelli
Sono questi gli antecedenti diretti dell’arco ono- lebile del potere di Roma. erano dei puntoni minori introdotti sui bloc- 1999; Viscogliosi 2001; Ziolkowski 1999.
rario imperiale, il quale associa alla funzione A.Z.P.
di passaggio quella dell’elevazione, ed è dota-
to di una qualità spiccatamente verticale e Bibliografia
ascensionale. Efficace a questo proposito il ce- Adam 2001; De Maria 1994; Giuliani 2006;
lebre passaggio pliniano (Naturalis Historia, Pallottino 1958; Mansuelli 1979.

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Sez. 2. n. 7 – Insula di Ostia Sez. 2.8 - Strada romana e Sez. 2.9a - Costruzione di ponti in
sistema fognante pietra
Plastico ricostruttivo in gesso e legno in scala 1: 50
(I. Gismondi) Plastico in scala. Roma, Museo della Civiltà Ricostruzione: Niccolai snc (Firenze, 2009)
Luogo di conservazione: Roma, Museo della Civiltà Romana, inv. n. 3939 (Deposito dell’Istituto
Romana, inv. n. 3934 Superiore di Sanità)

Il ponte è una struttura creata per permettere il


L’insula era un tipo di abitazione plurifami- passaggio di una via di comunicazione o di un
liare a più piani, che trova la sua massima La tecnica costruttiva di una strada romana acquedotto sopra un ostacolo naturale (fiume,
espressione nell’urbanistica pianificata di Ostia poteva variare molto a seconda del suolo, dei palude, valle).
imperiale. Era una casa caratterizzata da uno materiali disponibili ed in base alle esigenze La struttura dei ponti romani è molto varia. La
sviluppo in altezza, in cui le funzioni dell’atrio del percorso. Infatti una strada nella monta- raccogliere e deviare le acque, assicurando co- più semplice probabilmente fu l’allestimento di
e del peristilio, tipici della domus pompeiana, gna si distingueva chiaramente da una costruita sì che il corpo stradale restasse asciutto. un ponte di barche, facile e veloce da costruire
erano assunte dalla facciata, dotata di fine- in zona paludosa, che a sua volta si doveva Il sistema fognante, che raccoglieva sia le acque e indipendente dalla profondità del fiume e dal-
stre regolari: essa era infatti la principale fon- progettare diversamente da un diverticolo in piovane che quelle di scarico, veniva sistemato la larghezza dell’alveo (v. raffigurazioni sulle co-
te di luce, che proveniva direttamente dalla no utilizzate latrine pubbliche e le terme. tezza anche sino a 10 piani, nonostante il ten- mezzo a campi coltivati. nelle zone urbane al di sotto delle strade prin- lonne di Traiano e di Marco Aurelio). Le fonti
strada. Altre fonti sussidiarie di illuminazio- Soprattutto in riferimento ad Ostia potrem- tativo di Augusto di limitarne l’altezza per leg- La prima operazione era la progettazione del cipali; in genere i grandi edifici erano provvisti antiche nel corso dei secoli ne citano diversi
ne erano le corti interne (cavedia). L’impor- mo affermare che questo nuovo tipo di abi- ge. Giovenale e Marziale tra la fine del I secolo percorso: si sceglievano il punto di partenza e di un proprio sistema di fognature e in città di esempi (Tacito, Historiarum libri 2, 34, 2). Più
tanza assunta dalla facciata in questa nuova tazione nasca in diretto rapporto con la nascita e gli inizi del II sec. d.C., danno un vivido qua- quello dell’arrivo e poi si cercava di trovare il nuova fondazione l’impianto di una rete fognaria elaborato è il concetto del ponte fisso di legno:
tipologia edilizia conduce ad un organico svi- della borghesia e alla sua presa di coscienza dro della vita in queste abitazioni, tra il peri- tracciato più breve e comodo. Si utilizzavano faceva parte del progetto urbanistico. Il sistema il più antico esempio è il Pons Sublicius a Roma,
luppo degli ambienti in diretta dipendenza da come classe. La rivoluzione augustea, ormai colo di crolli e incendi (Marziale, Epigrammi, strumenti come la groma (sez.1, n. 12) e il co- di canalizzazioni primarie e secondarie in col- del quale possiamo farci un’immagine soltanto
essa: di conseguenza, in corrispondenza con celebre formula di Syme, inaugurò l’ascesa di 118; Giovenale, Satire, 3, 201). robate (sez. 1, n. 10), per tracciare lunghi retti- legamento tra di loro seguiva il tracciato delle attraverso alcune rappresentazioni e la descri-
ogni ambiente, le finestre acquistano una mag- quelle classi medie borghesi, industriali e com- Dopo il grande incendio di Roma, l’impera- fili e quote stabili. Una volta segnato sul terreno strade per poi sfociare in un corso d’acqua: le zione degli autori antichi (Cesare, ponte sul Re-
giore razionalità nella disposizione. Ogni ap- merciali che erano il vero nucleo vitale del suo tore Nerone dettò norme molto severe per la il percorso da seguire si scavava una trincea fi- fognature di Roma erano convogliate nella Cloa- no, v. sez. 2, n. 9)
partamento viene pensato in perfetta potere. Ostia divenne così la sede di questa costruzione delle insulae, proibendo che aves- no a un metro circa di profondità e si inseriva ca Maxima, che finiva a sua volta nel Tevere. La Abbiamo poi ponti con piloni di pietra e sovra-
indipendenza rispetto ai singoli piani e, di nuova borghesia intraprendente e intelligen- sero muri perimetrali comuni e altezze supe- un primo strato di 30-60 cm di massicciata con struttura delle fogne è pressappoco uguale in struttura in legno, di cui rimangono solo resti
nuovo in piena antitesi con la domus pom- te, che aveva assimilato con caparbia ostina- riori ai 5 piani. Decretò inoltre che tutti gli edifici grosse scaglie di pietra dura, formando la ba- tutte le città romane: cunicoli larghi m 0,40 e nell’alveo dei fiumi, come il grande ponte di Tra-
peiana, abbiamo nell’insula una totale assenza zione le regole del commercio. fossero costruiti prevalentemente in pietra e se del corpo stradale (statumen). Il secondo alti m 0,80 – 1,00 con volte a botte o tetto a iano sul Danubio presso Turnu-Severin (Roma-
di caratteristiche fisse dei vari ambienti. Al- Ad Ostia l’insula si presenta con una tipolo- dotati di portici sporgenti dalla facciata, con strato, il rudus o ruderatio, era poco più sottile doppio spiovente composto da due tegole o nia), la cui struttura è riprodotta in una scena
l’interno dei singoli appartamenti, l’inquilino gia già matura e per questa ragione, ed an- servitù pubblica di passaggio e attrezzature e consisteva di pietre più piccole costipate, te- piano con lastra messa per piatto: erano ispe- sulla Colonna Traiana.
poteva infatti attribuire alle stanze varie fun- che perché non si possono fare dei raffronti antincendio. Nerone fu dunque il primo a con- nute compatte con calce e pozzolana a cui se- zionabili attraverso pozzetti. Simbolo della civiltà romana per eccellenza e
zioni, secondo il proprio gusto. completi con città dello stesso periodo, la pro- ferire un’importanza decisiva alla funzione ur- guiva uno strato più elastico chiamato nucleus M.G. grande opera di ingegneria era però il ponte in-
Questi edifici erano dunque dei veri e propri blematica sulle sue origini si presenta quan- banistica dell’insula: è probabilmente sotto il di sabbia e pietrisco (oppure di ghiaia e fran- teramente in pietra, la cui costruzione richiede-
palazzi dotati di case in affitto (coenacula), to mai complessa. Probabilmente fu prima di suo governo che essa raggiunge una vera e tumi di cocci e calcinacci), livellato con appo- va una vera progettazione.
ed erano composti da un piano terra, in ge- tutto l’aumento della popolazione, soprat- propria dignità architettonica. sita battitura e col passaggio di pesanti rulli. Prima di tutto si doveva scegliere il punto più
nere destinato a botteghe di vario genere (ta- tutto a Roma (e successivamente ad Ostia Traiano, a sua volta, restrinse i limiti di altez- La copertura finale, pavimentum, era formata adatto lungo il fiume per poter costruire il pon-
bernae), dotate di un soppalco per deposito nella prima età imperiale), che portò alla rea- za imposti da Augusto, portandoli a 60 piedi dai famosi basoli in basalto o pietra dura che te in modo facile e sicuro. La decisione dipen-
di materiali e/o alloggio degli artigiani più po- lizzazione di case a più piani: queste erano (poco meno di 18 m, sei piani). Le norme fu- con la loro forma a cuneo venivano affondati deva da una serie di fattori quali la profondità o
veri, e da piani superiori, generalmente quat- già presenti all’epoca di Augusto, vista la no- rono tuttavia largamente disattese e, tra la fi- in un letto di sabbia; la superficie levigata as- Bibliografia la larghezza tra le sponde. Una volta considera-
tro, destinati ad abitazioni via via meno tizia riportata da Strabone (V,3,7), secondo ne del II e gli inizi del III secolo, l’insula Felicles, sumeva la forma ‘a schiena d’asino’ per per- AA.VV., Viae Publicae Romanae, Roma 1991; Basso ta la qualità geologica del letto del fiume si ini-
pregiate verso l’alto. cui Augusto limitò l’altezza delle case a set- nel Campo Marzio, viene citata quasi prover- mettere il deflusso delle acque meteoriche. 2007; Busana M.S., Via per montes excisa. Strade in ziavano a costruire i piloni. Sulle tecniche usate
galleria e passaggi sotterranei nell’Italia romana,
Il primo piano, solitamente, ospitava gli ap- tanta piedi, ovvero all’incirca 21 m (7 piani). bialmente da Tertulliano (Adversus Valentinia- Dalla tecnica realizzativa per sovrapposizione ci fornisce interessanti indicazioni Vitruvio, quan-
Roma 1997; Chevallier R., Les voies romaines, Parigi
partamenti più ricchi, spesso caratterizzati da Tra le fonti che ci attestano prototipi edilizi nos, 7) per la sua altezza straordinaria. di diversi strati, ognuno con diversa funzione, 1972; Giuliani C.F., La costruzione delle strade do parla della costruzione dei porti (De archi-
una balconata lignea o in muratura su men- che si sviluppano in altezza, troviamo anche I.F. deriva l’attuale termine ‘strada’. romane, in La viabilità tra Bologna e Firenze nel tectura, 5, 12, 2-6): si adoperava un sistema di
sole, che percorreva l’intero affaccio strada- Cicerone: egli confronta Roma e le sue alte Completata la carreggiata vera e propria si co- tempo. Problemi generali e nuove acquisizioni. Atti paratie doppie formate da pali verticali tramite
le. Il prospetto a mattoni, in genere, non veniva case con Capua, che si estende in senso oriz- struivano i marciapiedi su ambedue i lati, spes- del Convegno tenutosi a Firenzuola - S. Benedetto un battipalo, ogni palo fornito di una punta di
Bibliografia Val di Sambro, 28 settembre - 1º ottobre 1989,
intonacato, ma l’effetto policromo poteva co- zontale (Leg. Ag. 2,35) so con uno strato di ghiaia o di terra battuta, ferro per irrobustirla; i pali formavano così una
Adam 1988; Calza 1933; Giuliani 2006; Packer 1971; Bologna 1992, pp. 5-8; Quilici L., Le strade. Viabilità
munque essere determinato dall’uso di late- La costruzione delle insulae e il loro affitto co- leggermente elevati sopra il lastricato della stra- tra Roma e Lazio, in Vita e costumi dei romani struttura pentagonale o esagonale, la cassafor-
Pasini 1978; Pavolini 2006.
rizi di colori e tonalità diverse per i vari stituiva, in particolare a Roma, una impor- da e separati da questa con bordi di pietrame. antichi n. 12, Roma 1990; Quilici L., Quilici Gigli S. ma di un pilone, un angolo della quale era orien-
elementi architettonici. Le coperture erano tante fonte di reddito e di affari. Così delle Accanto ai marciapiedi si trovavano i miliari (a cura di), Atlante Tematico di Topografia Antica, tato contro la corrente. Svuotato lo spazio interno
spesso sostenute da volte, che garantivano vere e proprie speculazioni vennero messe in indicanti le distanze dalle città più prossime e Roma 1992ss. (vedi soprattutto voll. 1 (1992), 2 alle paratie si costruivano piloni a blocchi di pie-
(1994), 5 (1996), 11 (2003), 13 (2005)); Radke G.,
maggiore stabilità: ampie parti, come solai, atto, in alcuni casi risparmiando anche sulla talvolta anche pietre più grosse, ‘gonphi’, che tra, oppure una gettata in calcestruzzo sulla qua-
Viae Publicae Romanae, Bologna 1981; Staccioli
sopraelevazioni o ballatoi, erano solitamen- quantità e qualità dei materiali da costruzione: facilitavano la salita e la discesa da cavallo. Co- R.A., Strade romane, Roma 2003; Sterpos D., La le poi venivano eretti i piloni di pietra. Se il fiume
te costruite in legno. All’interno delle insulae a causa dell’affollamento del centro cittadi- me ultimo elemento sui lati esterni dei mar- strada romana in Italia, Roma 1970; Villa C., Le aveva un livello basso, ad esempio nel periodo
mancavano servizi igienici: a tale scopo era- no, gli edifici erano giunti a svilupparsi in al- ciapiedi si scavavano i condotti fognari per strade consolari di Roma, Roma 1995. di magra, c’era la possibilità di fondare la mu-

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Sez. 2.9b - Ponte di Cesare sul diosi credono nella forza dei legionari, altri for- Sez. 2. 10 - Battipalo (machina o due travi posteriori, con una distanza più am-
Reno mulano ipotesi sull’uso di piccole gru mobili festuca) pia tra di loro, sorreggono questo ‘letto’. Esse
o di macchine da guerra. Tuttavia, vista la man- v. scheda 2.9b sono legate insieme da chiodi di ferro, corde e
Cronologia: 55 a.C. canza di evidenze letterarie e archeologiche, vari sostegni più piccoli. Nel punto più alto tra
Plastico ricostruttivo realizzato dall’ Istituto Storico
queste proposte devono rimanere solo a li- Cronologia: 55 a.C. le travi parallele è inserita una grossa carruco-
e di Cultura dell’Arma del Genio (Roma, Museo Plastico ricostruttivo: Niccolai snc (Firenze,
della Civiltà Romana, inv. n. 209) vello di ipotesi. 2009) la con una corda avvolta; la stessa nella sua par-
Ricostruzione: Niccolai snc- (Firenze, 2009) Il ponte venne costruito in soli dieci giorni e te finale si separa in singole estremità per esser
dopo 18 giorni di scorrerie, Cesare ripassò il tirata dagli operai o arrotolata attorno ad un ar-
Reno e distrusse il ponte per non lasciare un L’uso di una macchina per piantare pali è am- gano. Sull’altra estremità invece si trova un gran-
Sulla costruzione dell’opera Cesare ci infor- ponte intatto sul fiume senza possibilità di piamente attestato dalle fonti in particolare de masso pesante dai 300 ai 600 kg, che
ma nei suoi Commentarii de Bello Gallico (4, difenderlo. per comprimere un terreno paludoso oppu- costituisce il vero e proprio ‘battipalo’.
17; 6, 9): come prima operazione non lonta- M.G. re per creare fondazioni in ambienti fluviali Una volta costruita la macchina si posizio-
no dalla riva un battipalo mette in posto un (pile di ponti). Purtroppo ci viene tramanda- nava per consentire di piantare il primo palo
paio di pali, con una distanza di due piedi ro- Bibliografia to solo il nome: Cesare durante la costruzio- tenendola ferma con ancore il cui numero po-
mani tra di loro e una leggera inclinazione Saatmann K., Juengst E., Thielscher P., Caesars Rhein- ne del ponte sul Reno parla di festuca (Bell. teva variare da un minimo di due a un mas-
bruecke, in Bonner Jahrbücher 143-144, 1938-1939, pp.
verso valle. Poi segue un secondo paio di pa- Gall. IV,17,4), Vitruvio nel caso di fondazioni simo di otto.
83-208; Bundgård J.A., Caesar’s Bridges over the Rhi-
li distanti 45 piedi (13,4 m ca.) a valle con una ne, in Acta Archaeologica 36, 1965, pp. 87-103; Gilles per templi in zone paludose utilizza il termi- L’enorme masso veniva sorretto da un arga-
inclinazione a monte; inoltre questa coppia R.C., How Caesar bridged the Rhine, in The Classical ne machina (De architectura, III,4,2). no o dalle braccia di uomini che tiravano le
viene stabilizzata da un terzo palo ancora più Journal 64, 1968-1969, pp. 359-364. Nonostante la mancanza di altre indicazioni corde cui era appeso; il palo era posizionato
inclinato a monte. Costruiti così i primi due sull’aspetto ed il funzionamento del congegno, sotto la pietra con la punta inserita per qual-
piloni del ponte essi vengono legati attraver- gli studiosi moderni hanno ricostruito diversi che centimetro sul fondo del fiume. Lascian-
ratura dei piloni direttamente sul fondo roccio- componenti abbastanza leggeri per ridurre la so corde e chiodi di ferro ad una grande tra- modelli basandosi soprattutto sulle esperien- do scorrere la corda il peso stesso della pietra
so. Per questo si deviava temporaneamente il pressione sugli archi. Infine si potevano smon- ve larga due e lunga 40 piedi. Questa ze pratiche con battipali moderni usati fino al piantava il palo. Il procedimento veniva ripe-
percorso dell’acqua oppure si costruiva una ca- tare le centine di legno sotto gli archi. Se i calco- costruzione rappresenta il primo ‘cavalletto’. XIX secolo. L’ipotetica ricostruzione rappre- tuto più volte fino a raggiungere la profondi-
mera stagna a doppia paratia che veniva pro- li precedenti erano fatti correttamente e i lavori Terminato il secondo cavalletto a una distan- senta un battipalo su zattera utile alla realiz- tà prevista ed una volta terminato, si poteva
sciugata (ad es. con viti di Archimede) per creare eseguiti con accuratezza, l’arco poteva in alcuni za ignota (forse 20-30 piedi ca., qui Cesare zazione del ponte sul Reno voluta da Cesare. passare a piantare i pali successivi spostando
un cantiere all’asciutto. casi flettere leggermente, ma restava in posto con non ci dà una misura precisa) in direzione Alla base della costruzione vi è una massiccia la zattera e le ancore che la tenevano ferma.
Su questi si facevano i primi due o tre strati in- grande stabilità. Sopra gli archi e il riempimento dell’altra ripa, le due paia di pali a monte e a chiatta di forma rettangolare composta da tron- M.G.
teramente in blocchi di pietra rastremati verso della parte superiore dei piloni veniva costruito il valle vengono legate con travi trasversali. Lo chi, con uno spazio risparmiato sull’orlo per la-
l’alto per aumentarne la solidità e legati tra loro corpo stradale vero e proprio che nella sua tec- spazio rettangolare così creato è in seguito sciar passare il palo da piantare. Su questa base Bibliografia
Saatmann K., Juengst E., Thielscher P., Caesars Rhein-
con grappe di ferro. A seconda del luogo in cui nica era del tutto simile a quello delle normali coperto con altre travi parallele, formando in si trova una struttura molto stabile formata da
bruecke, in Bonner Jahrbücher 143-144, 1938-1939, pp.
si costruiva il ponte vi erano due alternative per strade (forse il basamento aveva qualche strato questo modo la prima superficie tra i due ca- quattro lunghe travi; le prime due, poste pa- 83-208.
la continuazione dell’opera: la pila poteva avere di meno visto che il “sottosuolo” era già stabile). valletti. Mentre la costruzione di altri caval- rallele e leggermente oblique, costituiscono in- Gilles R.C., How Caesar bridged the Rhine, in The Clas-
un nucleo di opera cementizia rivestito di bloc- L’ultimo elemento erano i parapetti ai lati della letti continua, il primo strato di copertura è sieme con listelli laterali il ‘letto’ per il palo, le sical Journal 64, 1968-1969, pp. 359-364.
chi di pietra o era formata completamente da strada sul ponte per rendere più sicuro il traffico. rinforzato con un secondo tramite legni più
blocchi di pietra. I ponti romani costruiti in questo modo sono ri- corti messi trasversalmente a quelli prece-
Una volta costruiti i piloni del ponte si giungeva masti in piedi per secoli e vengono ancora usa- denti. Sopra si mettono larghi graticci fissati
alla parte probabilmente più complessa dell’in- ti, con qualche restauro, fino ai nostri giorni. Tra alle travi tra le coppie di pali e come atto fi-
tera opera: la costruzione degli archi. Dopo il cal- gli esempi più famosi che si trovano nell‘antica nale si stende uno strato di argilla o ghiaia,
colo geometrico dei singoli elementi si iniziavano capitale dell’impero, basta ricordare Ponte S. An- che forma il ‘livello stradale’ del ponte. Per
a murare i primi quattro o cinque conci (sempre gelo, che ingloba l’antico Pons Aelius, oppure il dare più sicurezza ai piloni Cesare fece co-
fissati attraverso grappe di ferro) su ambedue i Pons Cestius e il Pons Fabricius, i due ponti ro- struire a monte di questi una catena di fran-
lati del futuro arco; sull’ultimo blocco con corni- mani che da più di 2000 anni permettono l’ac- gionde, costituiti ciascuno da tre pali che
ce aggettante del pilone si impostava una com- cesso all’Isola Tiberina. formavano un triangolo, i cui lati furono sta-
plessa centina di legno, una vera armatura a forma M.G. bilizzati da puntelli e graticci. La costruzione
di semicerchio che dava stabilità ai conci che si proteggeva i piloni da materiale trasportato
posizionavano fino a raggiungere la testa del- dal fiume, ma anche da potenziali attacchi dei
l’arco. In questa fase dell’opera si può certamente nemici tramite imbarcazioni infuocate.
ammettere l’uso di una o più gru (v. sez. 2, n. 4). Bibliografia Per gli studiosi moderni rimangano alcune do-
Messo in opera il concio in chiave si potevano Per una buona introduzione all’argomento con una va- mande sulla messa in opera di questo ponte.
completare i muri di testata e i contrafforti dei pi- stissima bibliografia: Soprattutto restano dubbi su come i pali era-
Gazzola P., Ponti romani, Firenze 1963; O’Connor C., Ro-
loni e i muri di spalla che legavano il primo arco no conficcati, dal momento che Cesare non
man Bridges, Cambridge 1993; Galliazzo V., I ponti romani
alla ripa. A questo punto si riempivano i rinfian- (2 vol.), Treviso 1995; Quilici L., Quilici Gigli S., Strade ro- dà nessuna indicazione precisa. Anche sulle
chi tra gli estradossi degli archi e delle spalle pre- mane, ponti e viadotti, Atlante tematico di topografia an- modalità del trasporto dei lunghi e pesanti pa-
feribilmente con un’opera cementizia di tica, 5, Roma 1996. li e delle travi ci sono discussioni: alcuni stu-

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Sez. 2.11 - Cava di marmo Via di lizza Sez. 2.12 - Sega per marmi (serra) Sez. 2.13 - Distribuzione delle tasanta - 59. Teos (Sigacik), Africano e Bigio africanato - 60. Sez. 2.14 - Piattaforma girevole
(da Marmi modellino in scala cave di marmi bianchi e colorati Efeso, Marmo di Efeso - 61. Iasos, Cipollino rosso e Iassense
Plastico: in gesso brecciato - 62. Afrodisia, Marmo di Afrodisia - 63. Hierapolis,
colorati 2002, di età romana Alabastro fiorito - 64. Usak, Marmo bianco - 65. Afyon (Doci-
Materiale: legno e cuscinetti metallici
Dimensioni: 125 x 125 x 85 p. 185, fig. 8, Materiali. Marmo e legno dimensioni: diam. cm 90
Realizzato da: E. Dolci e T. Cherif mium), Pavonazzetto e marmo bianco - 66. Beni Suef, Ala-
T. Semeraro) Misure: 90 x 90 x 70 Provenienza originale: dalle navi di Nemi
bastro cotognino - 67. Hatnub, Alabastro cotognino - 68-85.
Luogo di conservazione: Museo Civico del Marmo di Cronologia: metà I sec. d.C.
Carrara, Museo Civico del Marmo, inv. n. 29830 1. Incio, Marmo bianco - 2. Estremõz, Marmo bianco - 3. Al- Gebel Dokhan (Mons Porphyrites), Porfido rosso; Gebel Do-
Carrara, inv. n. 29826 Ricostruzione virtuale: C.F. Giuliani
(1982) conera, Marmo bianco - 4. Màcael, Marmo bianco – 5.Torto- khan (Mons Porphyrites), Porfido verde; Gebel Dokhan (Mons
sa, Broccatello; Calcare gialli di Tarracona - 6. Campan e Pont Porphyrites), Porfido nero; Gebel Dokhan (Mons Porphyri- Ricostruzione al vero: Niccolai snc (Firenze, 2009)
de la Taule (Couflens), Cipollino mandolato verde; Cabane, tes), Porfido rosso laterizio; Gebel Dokhan (Mons Porphyri-
Cipollino mandolato rosso - 7. St. Béat, Marmo bianco - 8. Au- tes), Porfido nero grafico; Gebel Dokhan (Mons Porphyrites),
Il modellino in gesso riproduce la cava ro- bert e Cap de la Bouiche, Bianco,e nero d’Aquitania - 9. Bou- Granito verde minuto borghesiano; Uadi Umm Towat, Porfi-
mana di Fossacava. Il modellino presenta la louris, Mont Esterel, Porfido bigio o Granito a morviglione, do serpentino nero; Uadi Umm Balad, Granito verde fiorito
forma ad anfiteatro tipica delle cave marmi- Porfido “bigio di Sibilio - 10. Chambéry, Breccia frutticolosa - di bigio; Umm Shegilat, Granito della Colonna; Gebel Fatireh
11. Candoglia, Marmo di Candoglia - 12. Felsberg, Granito del (Mons Clauàianus), Granito del Foro; Uadi Umm Huyut, Gra-
fere, in cui l’estrazione del marmo poteva av- Felsberg - 13. Verona, Rosso di Verona - 14. Levante, Breccia nito; Uadi Bàrùd, Granito bianco e nero; Uadi Semnah (Mons
venire a cielo aperto a gradoni, nel sottosuolo quintilina - 15. Pegazzano (La Spezia), Breccia rossa appen- Ophyates), Granito verde della sedia (di San Lorenzo o di San
e orizzontalmente. In particolare nella cava ninica - 16. Carrara, Marmi bianchi e bardigli- 17. Serravezza Pietro); Uadi Maghrabiya, Gabbro eufotide; Uadi Atallah, Ser-
(Monte Corchia), Breccia di Serravezza - 18. Isola d’Elba, Gra- pentina moschinata; Uadi Hammàmàt, Breccia verde d’Egit-
di Fossacava l’attività estrattiva intensiva av- nito dell’Elba - 19. Montagnola Senese,Breccia dorata - 20. to; Uadi Hammàmàt (Mons Basanites), Basanite; Uadi
veniva a cielo aperto a gradoni con separa- Montagnola Senese, Breccia gialla - 21. Montagnola Senese, Fawakhir, Granito del Uadi Fawakhir - 86-87. Aswan (Siene),
zione a settori (bracchia) e in zone di taglio niva mandato ad officine specializzate nella Breccia gialla fibrosa - 22. Isola del Giglio, Granito del Giglio Granito rosso (Sienite); Aswan (Siene), Diorite nera egiziana.
- 23. Cottanello, Cottanello antico - 24. Tivoli, Travertino - 25.
(loci). Le cave romane potevano essere a ge- lavorazione del marmo. Queste officine po- Circeo, Alabastro bianco e cotognino - 26. Capo Testa, Gra-
stione statale o imperiale (patrimonium Cae- tevano trovarsi nelle cave stesse o al di fuori nito sardo - 27. Nicotera, Granito di Nicotera - 28. Palermo Oltre alle cave e ai marmi a noi noti, e qui segna-
saris), nel caso fossero esportatrici di grandi di queste; vi lavoravano artigiani (scultori), (Villa Frati), Diaspro giallo - 29. Orano, Alabastro a pecorella lati, vi sono alcuni marmi di provenienza ignota: Dopo i tentativi di Francesco De Marchi, che
- 30. Ippona, Greco scritto - 31. Filfila, Marmo bianco - 32.
quantità di marmo, municipali o private, nel specializzati nella lavorazione e nella defini- Chemthou, Giallo antico - 33. Hencir el Kasbat (Thuburbo Ma-
Breccia corallina giallastra; Breccia gialla Go- nel 1535 impiegò una campagna subacquea
caso di esportazioni meno cospicue. Le cave zione di elementi realizzati col marmo della ius), Lumachella orientale - 34. Hencir el Kasbat (Thuburbo doy; Pavonazza sfrangiata di S. Maria degli per esplorare le navi romane che si trovava-
venivano affittate ad appaltatori o affidate a stessa cava. Il materiale marmoreo così trat- La serra è una grande sega per marmi, che Maius), Astracane dorato o Castracane - 35. Djebel Aziz, Ne- Angeli; Breccia policroma dei Caetani; Breccia no sul fondo del lago di Nemi, queste furo-
ro antico - 36. Larissa, Verde antico - 37. Eretria, Fior di pesco
funzionari imperiali, per lo più liberti (procu- tato era pronto ad essere esportato nei luo- veniva utilizzata per il taglio dei blocchi in la- - 38. Monte Pentelico (Atene), Marmo pentelico - 39. Monte
rossa e gialla; Breccia Traccagnina degli An- no recuperate da Guido Ucelli tra il 1929 e il
ratores marmorum). Questi gestivano per con- ghi in cui la committenza l’aveva richiesto. stre. La tecnica della segagione è una delle Imetto (Atene), Marmo imezio - 40. Capo Sunio, Marmo del geli o policroma degli Angeli; Diaspro nero; 1931 prosciugando parzialmente il lago, ma
to dell’imperatore una o più cave svolgendo Questa fase non era diretta solo dal procura- più antiche in uso nelle cave e nei laboratori Sunio - 41. Doliana, Marmo di Doliana - 42. Krokeai, Serpen- Giallo tigrato; Granito mischio di Sibillo; Lu- sono andate perdute per un incendio duran-
tino, Breccia verde di Sparta, Porfido Vitelli - 43-44. Kourelos
operazioni amministrative e di controllo su tor, ma da vere e proprie agenzie esterne che di marmorai d’epoca romana e impiegata fi- (Capo Matapan), Cipollino Tenario; Lagia - Dimaristika (Ma-
machellone antico; Lumachella carnina; Ros-
coloro che lavoravano all’interno. tenevano i contatti cava-cliente. no agli inizi del Novecento. La serra aveva co- ni), Rosso antico - 45. Isola di Paros, Marmo pario - 46. Isola sa di Sibilio; Porfido verde mare; Serpentino
Il lavoro estrattivo, portato a termine da ma- Il trasporto del marmo dalle cave, per conte- me supporto dei pali di legno con dei di Naxos, Marmo nassio - 47. Eubea meridionale (Styra - Ka- verde mare; Serpentino verde prato o risato.
rystos), Cipollino - 48. Isola di Skyros, Breccia di Sciro o Set-
nodopera servile, iniziava con l’apertura di un nerne i costi, doveva tener conto necessaria- contrappesi detti ‘uomini morti’, che servi- tebassi - 49. Isola di Thasos, Marmo tasio - 50. Hereke, Breccia
V.P.
nuovo distretto marmorifero, che metteva a mente della posizione delle cave stesse: spesso vano per tenere la lama in posizione perpen- di Hereke - 51. Isola di Marmara, Marmo proconnesio - 52.
Valle del Sagario, Occhio di pavone - 53. Vezirken (Bilicik), Brec- Bibliografia
nudo la roccia. Il materiale così cavato veni- la collocazione delle cave più sfruttate era vi- dicolare. La lama, agganciata ad un telaio di
cia corallina - 54. Çigri Dag, Granito della Troade - 55. Assos, Borghini 1989; Lazzarini 2002, pp. 223-289; Lazzari-
va poi mandato nelle aree di stoccaggio, do- cino a fiumi o al mare. Per facilitare il trasporto legno con due manici alle estremità, non era Lapis Sarcophagus - 56. Isola di Lesbo, Bigio e Bigio luma- ni, Sangati 2004; Pensabene 1972, pp. 317-362; Pen-
ve ogni singolo blocco o colonna veniva a valle di tutti i manufatti e in modo partico- dentata, ma liscia: infatti ciò che tagliava il chellato - 57. Kozak (Pergamo), Granito misio - 58. Chios, Por- sabene 1995; Pensabene 1998.
digrossato per avere una forma che ne facili- lare di quelli più pesanti venivano attrezzate marmo era la frizione che si verificava tra la
tasse il trasporto. Talvolta il pezzo estratto ve- le c.d. vie di lizza (ad es. la via Claudiana a Sty- lama e la miscela di acqua e sabbia silicea che
ra e quella di Spilla sul Monte Pentelico e al- veniva fatta colare,mentre due operai - detti
cune vie della valle di Colonnata a Carrara) con serrarii - tiravano alternativamente da un lato
pendenze fino a 45°, funzionale alla lizzatura e dall’altro il telaio della lama. Con questo
dei manufatti: la pavimentazione era fatta con strumento, in una giornata lavorativa, si ta-
scarti di lavorazione della cava. gliavano circa 5/6 centimetri di marmo, a se-
La vicinanza delle vie d’acqua e del mare per- conda della grandezza della serra e dalla
metteva di imbarcare il materiale lavorato o se- lunghezza del blocco.
mi-lavorato sulle naves lapidariae alla volta dei V.P.
luoghi di richiesta, non rendendo dunque ne-
cessari dispendiosi trasporti sulla terraferma.
V.P. Bibliografia
Marmi colorati 2002, p. 490, n. 208 (scheda di M.C.
Cintoli).

Realizzata da Valentina Purpura


rielaborando le carte di distribuzione
Bibliografia (da Pensabene 1995 e Lazzarini e Sangati 2004)
Bruno 2002, pp. 179-194; Marmi colorati 2002, pp.
490-491 (scheda di M.C. Cintoli); Pensabene 1995; Ra-
kob 1993; Ward-Perkins, 1992.

104 105
te la seconda guerra mondiale. Sez. 2.15 - Sistema di (disposti a raggiera o in parallelo) collocata infatti, riscaldare artificialmente ambienti di la tubulatura in questa intercapedine per es- apportare danni alle strutture a vista. Questo
Le imbarcazioni, costruite durante l’età di Ca- riscaldamento ad aria calda al di sotto del pavimento ed alimentata da un grandissime dimensioni e così, a partire da sere poi espulsi all’esterno tramite piccole aper- sistema di impermeabilizzazione delle pareti
ligola, misuravano rispettivamente 67 e 71 me- forno (c.d. camera di calore a canali). Questo quest’epoca, i balnea, caratterizzati da vani ture. Questa istallazione, che amplificava i è già descritto da Vitruvio (De Architectura, 7,
tri di lunghezza, e costituivano una straordinaria sistema – e conseguentemente quello misto angusti e bui, saranno affiancati dalle grandi vantaggi già descritti per la tubulatura, si ri- 4, 1), mentre l’uso della suspensura in zone
testimonianza della tecnica romana. La rapidissima evoluzione del fenomeno del- di canali e pilastrini - sembra essere recen- thermae. Le intercapedini parietali erano rea- trova perlopiù negli ambienti intensamente ri- umide è attestata archeologicamente ed è ri-
Il rinvenimento su una delle navi di Nemi di le terme fu possibile grazie al parallelo pro- ziore e si ritrova spesso in contesti privati del lizzate utilizzando o laterizi abbinati a di- scaldati ed il suo funzionamento è ben conoscibile dall’assenza di fornaci o condotti
due piattaforme circolari in legno, una di 90 gredire delle tecniche di riscaldamento: Basso Impero, soprattutto in Britannia e Ger- stanziatori o tegulae mammatae (cioè “dotate testimoniato nei bagni di Villa Adriana e nelle di calore.
cm di diametro, rotante su sfere di bronzo prov- scoperta decisiva fu l’invenzione del sistema mania. di protuberanze”), fissati alle pareti con chio- Terme di Caracalla. Un diverso sistema di ri- Altri usi sono legati a situazioni più partico-
viste di perni, l`altra di 60 cm circa di diame- ad ipocausto, databile all’inizio del I sec. a.C., Il pavimento sospeso (suspensura) è costi- di. A questi saranno privilegiati, successiva- scaldamento delle volte, basato su archi cavi, lari: in quattro ambienti delle Piccole Terme
tro, montata su cilindri troncoconici, fece subito che soppiantò quasi ovunque metodi più an- tuito da uno strato di bipedali (posti in ma- mente, i tubuli cavi a sezione quadrangolare è attestato ad Aquae Sulis (Baths). di Villa Adriana, ad esempio, si è scelto di rea-
pensare ad una base rotante di argano. tiquati, basati sull’utilizzo di bracieri mobili. niera tale che quattro vertici contigui si preferibili, rispetto alle prime, perché evita- Il grado di calore raggiungibile con il sistema lizzare un ipocausto anziché interrare l’am-
Il macchinario era composto da due elementi I Romani attribuirono la scoperta dei balnea trovassero al centro della pila) sul quale era vano il contatto diretto dei fumi con le mu- ad ipocausto dipendeva da numerosi fattori, biente per mantenere i pavimenti alla stessa
in legno, lavorati in modo tale che tra i due pensilia a Sergius Orata, un allevatore di pe- gettato un masso in cocciopesto, un massetto rature. calcolati accuratamente in progettazione a se- quota ed alloggiare, nell’intercapedine, fogne
potessero essere alloggiati elementi metalli- sci dei Campi Flegrei (Plinio, Naturalis Hi- preparatorio ed il pavimento; in alcuni casi, I tubuli rivestivano le pareti totalmente o par- conda della funzione dell’ambiente: esposi- e fistulae.
ci che permettevano la rotazione della parte storia, 9, 168). In quest’area, caratterizzata da lastre di piombo affogate nel cocciopesto as- zialmente (a secondo del grado di calore del- zione, grandezza del vano, insolazione (legata Nella prima delle due navi rinvenute a Nemi la
superiore: tali elementi potevano essere o sfe- un forte termalismo naturale, già da tempo sicuravano una maggiore ed uniforme diffu- l’ambiente) sino all’imposta della volta e da al numero ed alla grandezza delle finestre), ricostruzione della struttura del ponte avanza-
rici o tronco-conici. si utilizzavano le esalazioni calde, condotte sione del calore. questo punto i fumi potevano essere espulsi presenza e numero di fornaci, esistenza di tu- ta dal Cultrera presenta forti analogie con l’in-
La ricostruzione mostra come queste piatta- tramite cunicoli, per riscaldare gli ambienti: Anche le fornaci potevano avere diverse for- con varie soluzioni. In molti casi la loro par- bulatura e di doppia calotta, presenza nell’aria tercapedine pavimentale delle terme: al di sopra
forme fossero basi di argani utilizzati per il Orata avrebbe avuto, dunque, il merito di so- me ed installazioni, tali da renderle estrema- te superiore veniva richiusa ed il tiraggio, con- di vapore (immesso o derivato da vasche ri- di un tavolato poggiavano ‘tubi fittili’ a sezio-
sollevamento di oggetti e per ottenere un mo- stituire questa fonte naturale di calore con mente variabili. La bocca di calore più semplice seguentemente molto lento, era assicurato o scaldate), numero ed ampiezza dei fori d’espul- ne circolare accoppiati due a due, sciolti o mu-
vimento rotatorio. una artificiale (forno a legna). Sebbene l’at- è costituita da un’apertura, costituita o fode- da qualche tubulo che penetrava nello spes- sione dei fumi. Secondo i calcoli eseguiti da rati in pilastrini con paramento di mattoni”; la
Lo stesso Leonardo da Vinci progettò una piat- tribuzione sia criticabile, questa tradizione e rata da materiale refrattario (come laterizio o sore della volta o da altre bocche di aerazio- Kretzschmer, la temperatura di un calidarium suspensura (‘il sovrapponte’) era costituita da
taforma girevole su cuscinetti a sfere per rea- l’uso precoce di questo sistema in area cam- tufo) e dotata di un portello, metallico o liti- ne. Altrimenti un condotto orizzontale poteva del I d.C. poteva così raggiungere mediamente uno strato di laterizi, un masso ed un pavi-
lizzare una grande palcoscenico in legno pana sembrerebbero rendere indiscutibile, al- co; sistemi più complessi potevano posse- correre al di sopra dei tubuli per raccogliere i i 50° C. Il sistema ad ipocausto trova princi- mento di marmo. Difficile, ad oggi, giustifica-
ruotante su di un asse centrale (Codice di Ma- meno, il luogo d’invenzione. dere un canale di calore interno (che favoriva prodotti della combustione ed espellerli suc- pale applicazione in ambito termale, ma è uti- re le motivazioni di una tale scelta costruttiva.
drid 1, f. 20v., Madrid, Biblioteca Nacional, 1497 Il sistema ad ipocausto, descritto in epoca au- la diffusione del calore al centro dell’ipocau- cessivamente all’esterno tramite una canna lizzato anche per il normale riscaldamento dei A. B.
ca.), già nota dalla descrizione del teatro di Cu- gustea da Vitruvio (De Architectura, 5, 10, 1- sto) e/o un canale esterno. fumaria. vani, sia in ambito pubblico che privato.
rione di Plinio (Naturalis Historia, XXXVI, 24) 5), si basa sulla realizzazione di un pavimento Le canne fumarie sono elementi fondamen- Un terzo sistema consisteva nel far confluire i Pavimenti rialzati su pilastrini ed intercapedi-
(sez. 11, 5). sospeso (suspensura), posto su pilastrini di tali del sistema e, generalmente, sotto forma fumi nelle volte a doppia calotta. Il sistema, già ni parietali vengono utilizzati anche in luoghi Bibliografia
Adam 2001, p. 213; pp. 288-99; Bouet 2004, pp. 235-
A.Z.P. bessali (pilae) alti 60 cm: nell’intercapedine di ascendenti verticali (costruiti nello spes- noto a Vitruvio, si basava sulla costruzione di soggetti a forte umidità di risalita: questa, pur
277; pp.259-60; De Angelis D’Ossat 1943; Degbomont
tra suspensura e sottopavimento veniva im- sore delle murature, incastrati in un allog- una volta in materiale leggero sostenuta, tra- attraversando il sottopavimento o una pare- 1984; Giuliani 2006; Giuliani 1975, pp. 329-342, tavv.
messa aria calda tramite un forno (praefur- giamento della parete o a sbalzo) iniziavano mite aste metalliche, dalla soprastante volta in te, penetrava nell’intercapedine e veniva espul- 113-118; Lombardi Corazza 1995; Nielsen 1990, pp.14-
Bibliografia
Gianfrotta, Pomey 1981, p. 289; Giuliani 2006; Ucelli nium) e, di conseguenza, il calore si nell’ipocausto per terminare sulla sommità muratura: fumi ed aria calda confluivano dal- sa all’esterno tramite piccole aperture, senza 24; Yegül, 1950, pp.356-389; Ucelli 1996, pp. 160-161.
1950, fig. 213. trasmetteva all’ambiente soprastante. degli edifici; altre bocche di aerazione (sotto
Rispetto ai bracieri mobili, il sistema ad ipo- forma di aperture quadrangolari o a cappuc-
causto offriva un grosso vantaggio: i fumi del- cina) potevano aprirsi lungo le pareti o sulle
la combustione, infatti, circolando insieme volte. In alcuni casi disponevano di valvole
all’aria calda, erano espulsi all’esterno (tra- per la regolazione del tiraggio, che modifica-
mite canne fumarie o bocche di tiraggio) sen- vano la velocità di evacuazione dei fumi e con-
za diffondersi nell’ambiente da riscaldare. Si seguentemente la temperatura degli ambienti.
spiega così la rapida diffusione di questi im- In un secondo momento, databile intorno al-
pianti che portò, in breve, alla nascita di nu- la seconda metà del I a.C., si inizia ad appli-
merosi varianti costruttive. care le intercapedini parietali in ambito
I ritrovamenti archeologici testimoniano, in- termale. Facendo confluire i fumi lungo le pa-
fatti, pilastrini di laterizio o di pietra, gene- reti si sfruttava pienamente l’energia termica
ralmente di altezza variabile da 60 a 100 cm, prodotta dai forni, potendo incrementare sen- Schema ricostruttivo di un ambiente con ipocausto:
di forma rettangolare, circolare o poligonale; za aggravi il grado di calore raggiungibile in a) praefurnium; b) hypocaustum; c) pilae; d) canna
è attestato anche l’uso di laterizi cavi o di tu- un ambiente; conseguentemente, a forni spen- fumaria; e) tubuli (da Lombardi, Corazza 1995)
bi di terracotta, che facendo penetrare il ca- ti, il raffreddamento dei vani era più lento, e
lore al loro interno, consentivano un’uniforme ciò permetteva, il giorno seguente, una riat-
trasmissione del calore. tivazione dell’intero impianto più rapida e
In alcuni casi le pilae potevano essere sosti- quindi meno onerosa.
tuite da piccoli muri, abbinati in genere ad ar- L’evoluzione apportata dalla tubulatura pa-
chi; in altri, l’intero impianto poteva essere rietale ebbe conseguenze anche in campo ar- Schema ricostruttivo del praefurnium di un calidarium
sostituito da una rete di canali comunicanti chitettonico: con questo sistema era possibile, (da Degbomont 1984)

106 107
Sezione 3
tecnologia
dell’acqua
scono l’ossatura, anche se per ogni acquedotto si metteva in ope- molto più bassi. La maggior parte del flusso finiva negli stabili-
Tecnologia idraulica ra solo ciò che, per quello specifico acquedotto, veniva indicato menti termali, nelle grandi ville patrizie e negli edifici pubblici. Po-
dai tecnici: l’opera di presa, il canale (specus), i dissipatori, le gal- chi erano gli allacci per i cittadini privati che si servivano soprattutto
lerie, le arcate, i sifoni rovesci, la piscina limaria, il serbatoio ter- delle fontane e l’acqua doveva essere prelevata e trasportata in re-
minale (sez. 3, n. 2, p. 114). cipienti probabilmente di terracotta di peso notevole; è certo, per-
Leonardo Lombardi Si scrive molto di acquedotti, ma raramente della distribuzione tanto, che i consumi reali fossero molto bassi. Per una famiglia di
nelle città, che rappresenta una delle più importanti conquiste 8-10 persone un consumo di 20 litri al giorno comportava alme-
dell’idraulica romana; la distribuzione è così la grande esclusa de- no 30-40 trasporti.
gli studi di idraulica romana.. Si pensi che a Roma ognuna delle Oggi in vaste aree del mondo, dove non c’è distribuzione con ac-
mille fontane era servita da due acquedotti in modo che, se ne quedotto e l’acqua deve essere sollevata con i secchi e trasporta-
fosse andato fuori servizio uno, vi era l’altro che seguitava a for- ta manualmente, i consumi pro capite sono sotto i 10 litri al giorno,
nire acqua. sebbene i secchi siano spesso in plastica, quindi leggeri.
Tra il III a.C. ed il I secolo d.C. esplode nel Mediterraneo la stupe- Vi era un reticolo di tubi in piombo che raggiungeva tutti i quar- Tra i grandi consumatori, come abbiamo già ricordato, vi erano le
facente rivoluzione scientifica del periodo alessandrino, favorita e tieri e gli edifici di massimo consumo. Solo per Pompei e per Ostia terme al cui interno affluivano giornalmente, almeno a Roma, de-
stimolata dai Tolomei, che finanziavano studi e ricerche e realiz- Antica sono stati eseguiti studi per ricostruire gli impianti idrauli- cine di migliaia di cittadini. Le sole terme di Caracalla assorbiva-
zavano la famosa biblioteca di Alessandria dove, per secoli, si rac- ci cittadini. Per le altre città si sa poco o niente, mentre per alcu- no, con acquedotto proprio (l’Aqua Antoniniana), oltre 200 l/s
colsero le opere dei più importanti scienziati ed intellettuali ni edifici pubblici romani, forti consumatori d’acqua, quali il Colosseo (circa 20.000 metri cubi al giorno d’acqua). Le altre 10 terme im-
dell’epoca. Basta citare alcuni nomi come Archimede, Filone di Bi- e le Terme di Caracalla, vi sono studi abbastanza completi che per- periali non dovevano essere da meno; se a queste si aggiungono
sanzio, Eratostene, Ctesibio e Erone per farci tornare alla mente mettono di avere un’idea della distribuzione, che avveniva trami- le oltre 1000 terme private i consumi dovevano essere enormi:
che è allora che è stata misurata la circonferenza della Terra, era- te tubi in piombo e rubinetti che consentivano di aprire, chiudere qualche metro cubo al secondo, tra un quarto e un terzo della por-
no stati chiariti principi fondamentali dell’idraulica ed era stata co- o regolare il flusso (sez. 3, n. 4 a-b). tata totale degli acquedotti.
struita la prima pompa alternativa che ancora oggi è usata in tutto I tubi erano probabilmente in parte realizzati a piè d’opera fon- Le terme, derivate da esperienze greche, ma completamente tra-
il mondo. dendo il piombo e versandolo in recipienti di legno con i bordi di sformate, rappresentavano la più diffusa forma di aggregazione
Roma è figlia di quella civiltà, ne assorbì le conoscenze e le sep- altezza predeterminata e larghezza pari alla circonferenza del tu- pubblica delle città romane. Ginnastica, massaggi, bagni caldi e
pe sfruttare al meglio, migliorandole in continuazione e diffon- bo -oltre il bordo per le saldature- e lunghezza di tre metri circa freddi e cultura. Ma era l’acqua la protagonista delle terme.
dendole in tutto il mondo allora conosciuto. (dieci piedi). I tubi erano poi arrotolati e saldati longitudinalmen- Le sole natatio, le piscine, consumavano molte migliaia di metri
Si dovranno attendere moti secoli prima che si abbiano nuovi svi- te, quindi giuntati uno all’altro. Si ottenevano così tubazioni di va- cubi d’acqua al giorno e l’insieme di uno stabilimento termale cen-
luppi della tecnologia idraulica. Un primo passo importante fu fat- ri diametri da saldare insieme per ottenere tubazioni anche molto tinaia di l/s (sez. 3, nn. 6 e 7).
to dalla civiltà islamica e poi nel Rinascimento italiano che, lunghe. Erano ovviamente molto fragili specialmente nella salda- Per gli acquedotti romani si fornisce solo una tabella riassuntiva
finalmente, dopo secoli veramente bui per l’Italia, riscoprì il me- Gli 11 acquedotti di Roma antica (rielab. grafica: F. G.) ture e occorreva una manutenzione continua (sez. 3, n. 1). e un diagramma che mostra la successione nel tempo degli ac-
todo scientifico delle indagini e rilanciò le scienze. I rubinetti e le chiavi, sempre in bronzo, venivano saldati alle tu- quedotti che seguono o precedono il costante aumento demo-
Ma quali furono le principali conoscenze derivate dall’Ellenismo stantinopoli ha l’acquedotto più lungo di tutto l’impero, 260 km, bazioni ed erano collocati o entro apposite stanze o immediata- grafico della città.
che permisero ai Romani di sviluppare la tecnologia idraulica? E Cartagine ha un servizio idrico di grande efficienza, e ogni città e mente a monte delle forniture d’acqua (sez. 3, n. 7). Dal diagramma si vede come vi sia un netto parallelismo tra l’an-
quali quelle che i Romani inventarono? paese dell’impero dispone di acqua potabile e di terme a servizio Anche se i consumi pro capite erano elevati -a Roma tra 500 e damento della demografia e i volumi d’acqua che raggiungevano
Prima i Greci classici e poi quelli di età ellenistica costruirono ac- pubblico. Non solo l’acqua per bere e lavarsi ma anche l’acqua lu- 1000 litri giorno per abitante- i consumi reali per i cittadini erano la città.
quedotti, gallerie e cunicoli per la conduzione dell’acqua, tubi in dica; Augusto costruisce un acquedotto per alimentare una nau-
terracotta e in piombo, sifoni rovesci, di cui Pergamo è l’esempio machia, cioè un bacino d’acqua per spettacoli di battaglie navali, Quota a Roma Lunghezza Lunghezza in % in Portata
più eclatante, la pompa alternativa, la coclea, le ruote idrauliche e e le stesse terme rappresentano luoghi per momenti di relax e di NOME Data Acquifero
metri s.l.m. totale Km sotterraneo Km sotterraneo in l/s
i tre fondamentali strumenti topografici indispensabili per la rea- svago. Appia 312 a.C. 16 16 15 93 Vulcanico Colli Albani 876
lizzazione di un’opera idraulica: la groma, la dioptra e il corobate Per realizzare tutto ciò occorreva un’organizzazione perfetta: tec-
(v. sez. 1, nn. 10-12). nici preparati, topografi, operai, manovalanza abbondante e ap- Anio Vetus 272 a.C. 43 63 62 98 Acqua fluente Aniene 2.111
I tecnici romani hanno in continuazione migliorato le tecniche di provvigionamenti continui di materiali. Strumenti per lo scavo, Marcia 144 a.C. 55,70 91 80 88 Calcari Sublacense 2.251
realizzazione degli acquedotti, hanno messo in atto dissipatori e mattoni e conci in pietra, calce sabbia o pozzolana, piombo per i Tepula 125 a.C. 57,61 17 2 11 Vulcanico Colli Albani 192
sifoni rovesci ovunque hanno costruito un acquedotto, hanno spet- tubi. Ma, soprattutto, una continua manutenzione per non per- Julia 33 a.C. 59,37 22 8 36 Vulcanico Colli Albani 386
tacolarizzato l’acqua con fontane e mostre che non sono state su- dere l’efficienza delle opere., come raccomanda Frontino, curato-
perate neanche con le grandi fontane del Rinascimento e del re del servizio delle acque (curator aquarum) all’epoca di Nerva, Virgo 19 a.C. 19 20 19 95 Vulcanico Colli Albani 1.201
Barocco. nel suo manuale (De aquae ductu Urbis Romae). Alsietina 2 a.C. 12 33 32 99 Vulcanico Sabatini 188
È proprio con l’uso dell’acqua come spettacolo e come mezzo per Il potere centrale e quelli periferici dovevano essere sempre in gra- Claudia 52 d.C. 63,85 68 53 78 Calcari Sublacense 2.111
ottenere il consenso che può spiegarsi la grande diffusione delle do di garantire il funzionamento degli impianti. Vi era una specie
Anio Novus 52 d.C. 65,99 86 73 85 Acqua fluente Aniene 2.274
opere idrauliche romane e la loro imponenza. di patto tra tecnica e politica, l’acqua deve esserci sempre e sem-
A Roma si contavano più di 1000 fontane e lacus per gli usi pri- pre in quantità maggiore. È molto probabile che l’acqua rappre- Traiana 110 d.C. 60? 57 - - Vulcanico Sabatini 1.368
vati e quotidiani, vi sono circa 1000 terme private e 11 terme im- sentasse il terzo dei beni che la politica forniva ai cittadini assieme Alessandrina 226 d.C. 45? 30 - - Vulcanico Colli Albani 254
periali, il tutto servito da 11 acquedotti con una lunghezza totale al pane e al circo. Totali — —- 503 332 66 13.212
di oltre 500 chilometri. Ma Roma non è un’eccezione. Lione, l’an- Per comprendere che cosa fosse un acquedotto è opportuno for- 3
Portata totale m /giorno 1.141.516
tica Lugdunum, ha quattro acquedotti che servono la città, Co- nirne uno schema che ne illustri tutti gli elementi che ne costitui-

110 111
romana con la catena in ferro e i secchielli in legno (sez. 3, n. 11). Sez. 3.1 - Fistula e costruzione
È molto strano che i tecnici romani non abbiano collegato la ruo- delle fistulae (tubazioni in piombo)
ta idraulica ad una pompa alternativa. Avrebbero risolto un gran-
de problema che ha affrontato e applicato la civiltà islamica con Materiale: piombo
dimensioni: cm 50, ø 6
sistemi geniali che furono poi utilizzati fin dal Rinascimento.
Provenienza: Roma, Esquilino (Horti Lamiani?)
Di grande interesse le grandi opere cunicolari e il prosciugamen- Luogo di conservazione: Roma, Antiquarium
to di numerosi laghi del Lazio. Dal tentativo di Claudio di pro- Comunale, inv. n. 23515
sciugare il lago del Fucino (sez. 3, n. 14), alla realizzazione dei Cronologia: III sec. d.C.
lunghi cunicoli che stabilizzarono i livelli dei laghi di Albano, Ne-
mi, Castiglione, Martignano ed altri minori, alle grandi opere di
bonifica e regolazione idraulica tra le quali si può citare la Cloaca Le condutture plumbee per l’adduzione del- a città: Vitruvio (VIII, 6) elencandone dieci ti-
Maxima, che drenò la valle del Foro, e quelle che bonificarono in l’acqua (fistulae) venivano realizzate dai plum- pi diversi, spiega che il nome comunemente
parte la Pianura Pontina. barii, che si occupavano di ogni fase del attribuito a queste condutture (centenariae,
I tecnici romani dominavano l’arte dei cunicoli e l’arte delle co- processo produttivo, dalle fusione della la- quinariae, ecc.) deriva direttamente dalla lar-
Anche se gli acquedotti rappresentano, con tutti i loro elementi struzioni in acqua (moli e opere portuali) con malte che resisto- mina, all’arrotolamento ed alla saldatura fi- ghezza della lamina misurata in digiti (cioè vie-
costitutivi, la parte principale della tecnologia idraulica, esistono no all’azione del mare da duemila anni. nale. ne definita quinquagenaria una fistula ottenuta
altri settori, altrettanto importanti, nei quali la tecnologia idrauli- Infine i giochi e la musica. L’organo idraulico, con due pompe ad Le lamine erano ottenute colando piombo al- da una lamina della larghezza di cinquanta di-
ca romana ha dato un importante contributo. acqua che mettevano in pressione l’aria per far suonare le canne l’interno di uno stampo, in maniera tale che ta). Diversa spiegazione dà Frontino (XXIV, 1)
L’uso dell’acqua come energia, i sistemi di sollevamento, grandi dell’organo e il gioco degli uccellini che cantano e si interrom- fossero lunghe all’incirca tre metri ed aves- dicendo che il nome di tutte le fistulae appar-
opere idrauliche e l’acqua come gioco. pono quando appare una civetta e riprendono a cantare quando sero uno spessore variabile: otto mm per le tenenti alla serie delle centenarie (centenaria,
Per millenni le uniche forme di energia usate furono quelle uma- il rapace scompare. Di questo gioco, largamente ripreso nel Ri- nove fistulae della serie delle quinarie, men- octogenaria, quinquagenaria, quadragenaria, (da Wikander 2000)
na e animale: fu un grande salto quando l’acqua in movimento, nascimento, se ne sono trovati frammenti a Pompei (v. sez. 11, tre variano dai 7,95 mm (vicenaria) sino ai tricenaria e vicenaria) deriva dal numero di di-
quella dei torrenti, dei fiumi o di canali derivati, fu utilizzata per nn.1a-b). 17,80 mm (centenaria) per la serie delle cen- ta quadrati contenuti nella loro sezione retta; le allacciare una tubazione: la connessione
muovere una ruota a pale che produceva energia e consentiva di La vasta diffusione in Europa della tecnologia idraulica realizzata tenarie, in proporzione alla portata. Succes- i nomi della serie delle quinarie (quinumde- tra il bacino in muratura e la fistula plumbea
far girare le mole dei mulini o dei frantoi. Anche questa è un’in- dall’impero romano ha fatto sì che tutti avessero gli stessi tipi di sivamente, con una forgiatura a freddo, num, denaria, octonaria e quinaria) provengo- avveniva tramite il calix, un elemento di rac-
venzione ellenistica, ma i tecnici romani trasformarono questa tec- impianti idraulici, tutti usavano acquedotti a gravità e sistemi che venivano arrotolate attorno ad un calibro (o no dal numero dei quarti di dito compresi nel cordo che deve il nome, evidentemente, alla
nica in un’industria (Vitruvio, De Arch., 10.5). I sedici mulini di comportavano piccoli serbatoi negli edifici e tubazioni in piombo. mandrino) che faceva assumere alla tuba- loro diametro e di ciascuna ne segnala il dia- sua forma svasata. La realizzazione di que-
Barbergal, nei pressi di Arles in Provenza, sono mossi da un ap- La tecnologia romana diffusasi così capillarmente è rimasta im- zione la tipica forma a goccia o ‘a pera’ ed i metro, il perimetro e la portata. st’elemento era curata dall’ufficio locale di
posito acquedotto così come erano mossi quelli del Gianicolo con mutata praticamente fino al secolo scorso. Nel XVII secolo a Ver- bordi venivano ripiegati e saldati tra loro con La produzione di fistulae plumbee ebbe una amministrazione delle acque, che, in base al-
l’acquedotto Traiano. Fino ad oggi si sono trovati solo questi im- sailles si inventano e si mettono in opera tubi in ghisa di grande una colata di piombo. Il piombo poteva an- crescita sostanziale dopo le conquiste di Ce- la somma corrisposta, stabiliva il diametro (e
pianti ma, in futuro, con il progresso delle ricerche se ne trove- diametro, che sostituiscono in parte quelli in piombo. Ma ci vor- che venire colato entro una forma nella qua- sare, dato che la maggior parte delle miniere di conseguenza la portata) e faceva imprimere
ranno certamente altri (sez. 3, n. 12). Lo stesso tipo di energia fu ranno altri secoli prima che il ferro sostituisca completamente il le era inserita un’anima cilindrica di metallo, si trovava in Britannia: la malleabilità e la bas- sulla sua superficie il nome del beneficiario;
usata per muovere seghe da marmo con numerose lame paralle- piombo. Nel XVIII e XIX secolo si inventano i motori (prima ter- mediante la quale si otteneva il diametro vo- sa temperatura di fusione da un lato per- per evitare frodi sulla quantità d’acqua de-
le (sez. 3, n.13), così come per spezzettare la pietra per il calce- mici poi elettrici) che consentono di sollevare grandi quantitativi luto con una sezione perfettamente ellittica mettevano un’ottima lavorabilità, ma dall’altro dotta, il calix veniva realizzato in bronzo, ma-
struzzo. d’acqua vincendo la legge di gravità che per millenni aveva ga- (EAA, sv. Acquedotto, II Suppl., 1994). lato erano all’origine delle frequenti rotture teriale più difficile da manomettere rispetto
Altro tema di grande interesse è il sollevamento dell’acqua. Par- rantito la conduzione e distribuzione dell’acqua con i grandi e pic- In fase di posa della tubazione, le fistulae ve- causate dalla pressione dell’acqua. Tuttavia, al piombo.
tendo dall’invenzione di Ctesibio (sez. 3, n. 8a), bibliotecario di coli acquedotti. La realizzazione di tubi in ferro e ghisa, estrusi, e nivano collegate tra loro tramite raccordi di nonostante il costo elevato e l’esigenza con- La fistula esposta reca l’iscrizione: STATIO-
Alessandria, attivo nel II secolo a.C., Roma migliorò la pompa al- quindi senza saldature longitudinali, assieme alle pompe che usa- piombo (coprigiunti di fusione) che veniva- tinua di manutenzione, le fistulae plumbee NIS PROPIAE PRIVATAE DOMINI N ALE-
ternativa, ne fece in bronzo (sez. 3, n. 8b), in legno e in piombo. no energia diversa da quella umana, animale o idrica, rivoluzio- no rivestiti e saldati con una lega di piombo trovarono piena applicazione soprattutto ne- XANDRI AVG (CIL XV, 7333).
Le abbinò e le utilizzò anche per dotarne i carri dei vigili del fuo- nano la tecnologia idraulica e, con queste nuove tecnologie, e stagno. Spesso sulla superficie si riportava gli impianti di distribuzione capillare dell’ac- G.P.
co. Riuscì ad asciugare miniere e cave permettendo l’estrazione entriamo nell’era moderna. un marchio con il nome del committente, del qua in ambito urbano, come dimostrano
dei preziosi minerali che il mercato imperiale richiedeva. funzionario amministrativo e del costruttore, ancora oggi i numerosi esempi conservati nei
Anche gli altri sistemi di sollevamento, come la noria, videro i tec- specificando talvolta a quale opera fossero centri vesuviani. Bibliografia:
Bibliografia: Adam 1988, p. 275 ss.; Caiati 1977; Di Fenizio 1947;
nici romani attivi nel cercare le soluzioni più adatte; recentemen- Atlante tematico di Topografia antica, 2008; Fabre 2005; Fernandez Casado 1985; destinati; usuale, in molte opere idrauliche di All’interno delle città, la distribuzione pub-
Fassitelli 1972; E.A.A., s.v. acquedotto, II Suppl. 1994,
te sono state trovate, in uno scavo a Londra, parti di una noria Minonzio 2004; Tölle-Kastenbein 1993; Trevor Hodge 2000; Wikander 2000. Roma, la titolatura dell’imperatore. blica dell’acqua ai privati cittadini avveniva pp. 32-33 (O.Belvedere); Il trionfo dell’Acqua 1986, pp.
La grandezza delle sezioni delle fistulae era tramite i castella, bacini di interscambio ali- 145-151 (P. Pace) e pp. 187-195 (S. Priuli); Lanciani 1975;
standardizzata, con tipologie variabili da città mentati dall’acquedotto ai quali era possibi- Tolle-Kastenbein, 1993, p. 103 ss.

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Sez. 3.2 - Funzionamento di un golare flusso. Mediamente la pendenza com- do in un serbatoio di monte, veniva trasferi- Sez. 3.3 - Il sifone rovescio.
acquedotto romano portava una perdita di quota di decimetri ta i tubi a pressione lungo il versante.
ogni chilometro di tracciato d’acquedotto. 6. Le piscine limarie. Per avere acque senza
3. I dissipatori. Si tratta di pozzi, profondi tra i troppe impurità, cioè una sorta di potabi-
Un’impresa come quella della costruzione di un 5 e i 10 m, che venivano messi in opera quan- lizzazione, i costruttori romani – in consi-
acquedotto implicava una serie di operazioni do, a causa di problemi di tracciati con pen- derazione anche della maggiore portata degli Invenzione attribuibile probabilmente ai Gre-
assai complesse e coinvolgeva competenze di- denze troppo elevate, i tecnici stabilivano acquedotti da loro costruiti – utilizzarono il ci d’Asia Minore, il sifone evitava il costoso
verse con una preliminare progettazione, nella che il canale dovesse perdere quota rapi- sistema delle piscine limarie o di decanta- scavo delle gallerie o i serpeggiamenti di un
quale dovevano essere prese in considerazio- damente. Non potendo avere pendenze ele- zione poste sia all’inizio del percorso che condotto a pelo libero. L’uso di questo ardi-
ne da parte di tecnici idraulici (architecti, ma- vate, per quanto detto sopra, l’acqua veniva verso la fine, prima che le acque raggiun- to dispositivo idraulico comportava però al-
chinatores, adiutores, libratores, circitores) la fatta cadere nei pozzi per dissipare l’ener- gessero il castello di distribuzione. La pi- te pressioni, sicché la parte inferiore del sifone
conoscenza del territorio da attraversare con il gia e immetterla poi di nuovo nel canale. scina poteva essere una semplice camera doveva possedere un’elevata resistenza. Per conduttura non subirà nessuna sollecitazione fondità di circa 64 m e la seconda di circa 97
condotto, le vie di comunicazione per raggiun- 4. Le gallerie. Rappresentavano la tecnica prin- di espansione del condotto, posta lungo il questo motivo, a causa dei frequenti guasti e dallo scorrimento e dalla pressione dell’acqua. m; i tubi erano di piombo e l’intera portata
gerlo, l’organizzazione del cantiere e le attrez- cipale per la conduzione dell’acqua negli ac- suo tracciato, oppure un serbatoio situato delle perdite dovute alle rotture per alta pres- Infatti, solitamente, quando si fa scorrere l’ac- dell’acquedotto a pelo libero fu suddivisa in
zature da predisporre, l’esecuzione di livellazioni quedotti romani. Si passa da cunicoli, larghi lateralmente, entro il quale le acque veni- sione, i sifoni vennero utilizzati raramente dai qua nelle tubazioni si genera inizialmente una non meno di 9 tubi, paralleli tra loro, la cui
e il calcolo delle quote di partenza e di arrivo meno di un metro ed alti un metro e mez- vano deviate e dove in entrata depositava- Romani, (Alatri, Aspendos, Pergamo, Alca- forte sacca d’aria,che può anche spaccare la lunghezza raggiungeva almeno i 775 m attra-
del condotto in relazione alla pressione da rag- zo, a vere gallerie di oltre un metro di lar- no le impurità; l’acqua riprendeva poi il suo nadre, Almu ecar, Angitia, Arles, Constanti- pietra, e di conseguenza è opportuno che l’ac- versando la valle di Soucieux e Chaponost.
giungere perché l’acqua potesse arrivare a de- ghezza e oltre due metri di altezza. Tutti sono corso immettendosi nuovamente nel cana- ne, Cadice, Lincoln, Lione, Rodez, Roma, qua venga immessa dalla sorgente gradual- G.P.
stinazione. rivestiti in cocciopesto impermeabile per le principale. Saintes, ma anche ipotizzati a Termini Ime- mente e senza forza e si fissino saldamente al
Come spiega bene Vitruvio (De Architectura, l’altezza corrispondente alla previsione del- 7. Il serbatoio terminale. Gli acquedotti rag- rese, Formia e ad Ascoli Piceno), coscienti suolo e si zavorrino i gomiti e le curvature […] Bibliografia:
Il trionfo dell’acqua 1986, p. 334; Adam 1994; Belve-
VIII, 1, 6) la costruzione di un acquedotto ri- l’altezza di scorrimento dell’acqua e con il giungevano le città versando acqua in grandi della scarsa affidabilità rispetto all’efficacia Prima di introdurre per la prima volta dell’ac-
dere 1986; Burdy 2002; Chevallier 1993; Giovannoni
chiedeva le seguenti operazioni: pavimento costituito da un forte spessore serbatoi posti in posizione elevata dai quali del canale a pendenza costante; tuttavia è pos- qua nelle tubature, è anche bene introdurvi 1935, p. 63 ss.; Hodge 1983; Lanciani 1975; Oleson
1. L’opera di presa. L’acqua da captare da una di malta impermeabile. Grande cura vi era partivano le tubazioni di distribuzione a vol- sibile che numerosi sifoni non siano stati iden- una quantità di cenere sufficiente a otturare 2008, p.293 ss.; Singer et al. 1956, pp. 679 e ss.; Tol-
sorgente o da un corso d’acqua -tramite nel mantenere la pendenza necessaria per te tramite serbatoi secondari. I serbatoi sono tificati come tali o siano stati distrutti. eventuali fessure rimaste». le-Kastenbein 1993, p. 89 ss.; Verrengia 2000.
un’apposita derivazione o tramite una diga- garantire il regolare flusso dell’acqua. La rea- ambienti più o meno grandi con un’apertura Questo sistema, usato per superare l’osta- A tale scopo, lungo il percorso del ‘tratto for-
veniva lungamente osservata per stabilire la lizzazione delle opere ipogee comportava alta, che permetteva l’ingresso dell’acqua, e colo di valli ampie e poco profonde, assumeva zato’ venivano inserite delle torri piezometri-
quantità d’acqua che poteva essere prele- solo l’impiego di mano d’opera non spe- una o più aperture basse nelle quali erano in- una forma ad U, generalmente a base piatta che che smorzavano gli effetti del ‘colpo
vata e per stimare se la quota d’emergenza cializzata sotto il controllo del ‘direttore dei serite, tramite un raccordo in bronzo (il ‘cali- (è il venter di Vitruvio), sfruttando il principio d’ariete’ ovvero l’innalzamento della pressio-
rispondesse alle necessità previste. Tali os- lavori’ che si occupava di mantenere la giu- ce’), le tubazioni. Queste passavano sempre scoperto da Erone secondo il quale i fluidi in ne in un tubo dovuto all’arresto improvviso
servazioni, oggi diremmo indagini, per- sta pendenza del condotto. in un ambiente più piccolo, dove erano col- vasi comunicanti si portano allo stesso livel- del flusso dell’acqua. Per quanto riguarda il
mettevano di stabilire le dimensioni del 5. Le arcate. Laddove i cunicoli o le gallerie com- locate le chiavi per regolare il flusso verso le lo (Erone, Pneumatica, I, 7). materiale utilizzato non possiamo affermare
canale adduttore. portavano un eccessiva lunghezza del trac- utenze. Il alcuni casi l’esterno del serbatoio L’acqua, viaggiando a pelo libero in un cana- con sicurezza se fossero preferite le condot-
2. Il canale, o specus. Il canale veniva rivestito ciato per superare le valli, o dove vaste zone terminale veniva arricchito da getti d’acqua e le, prima di affrontare l’avvallamento e la con- te in pietra, in piombo o in terracotta, ma
di materiale impermeabile (cocciopesto) e pianeggianti si interponevano tra due quo- da una o più vasche a servizio del pubblico. seguente messa in pressione, doveva perdere spesso si conoscono condotte forzate in cui
era sempre in genere coperto per proteg- te prestabilite dal progetto, si costruivano Si trasformavano così in ‘fontane-mostra’ del- velocità all’interno di una vasca di carico; da si combinano i diversi materiali (pietra e ter-
gere la qualità dell’acqua. Determinate con ponti su arcate. Gli esempi di Pont du Gard l’acquedotto, uso che fu ripreso in Italia nel qui, in tubazioni, prima superava la depres- racotta, pietra e piombo) per sfruttare al me-
grande esattezza le quote di partenza del (alto 49 m), Segovia (con i suoi 28 m) o gli tardo Cinquecento e nel Seicento, a Roma, sione e poi risaliva il versante opposto verso glio la loro peculiarità meccanica.
canale e quelle previste all’arrivo in città, si oltre 1000 m di arcate ancora in piedi del con le famose fontane-mostra del Mosè, del la vasca di scarico, che era posta ad una quo- Poco noti, ma attestati, sono i sifoni ‘in mu-
stabiliva la pendenza, l’inclinazione del fon- Claudio a Roma (alto 20 m) ci danno un’idea Gianicolo, della fontana di Trevi ed altre. ta nettamente inferiore rispetto alla prima, ratura’. L’acquedotto romano di Angitia, se-
do del canale, che doveva garantire lo scor- delle grandiosità di queste costruzioni L.L. considerata la perdita di pressione per attri- condo il Giovannoni (Giovannoni 1935, p. 63
rere dell’acqua con la sola forza della gravità. I sifoni rovesci (sez. 3, n. 5). Questi venivano to. La vasca di scarico era posta a termine del e ss.) presenta uno di questi particolari sifo-
La pendenza non doveva essere troppo ele- usati per oltrepassare valli troppo larghe per tratto forzato, servendo sia a regolarne il flus- ni. Costruito in calcestruzzo è rivestito inter-
vata per non provocare danni alle strutture, consentire l’uso di ponti su arcate. L’acqua Bibliografia so sia ad incanalare l’acqua in una o più di- namente in opera reticolata e cocciopesto
né troppo bassa che avrebbe alterato il re- raggiungeva un crinale della valle e, passan- Cfr. supra: L. Lombardi, Tecnologia idraulica, pp. 96-98 rezioni. Nel venter, come ci informa Vitruvio mentre esternamente è foderato da grossi
(De Architectura, VIII, 6, 5-9), si devono pre- blocchi poligonali di pietra calcarea. Poteva
disporre delle bocche di sfiato, colliquiaria o resistere ad una pressione di circa 2 atmo-
1 2 colliviaria, attraverso cui fare uscire l’aria e sfere data dal dislivello di 20 metri che vi era
3 3 4 continua dicendo che “in corrispondenza dei tra il serbatoio terminale e il fondo valle.
4 5 6
5 7 gomiti al termine del pendio e all’inizio dei trat- Uno degli esempi più chiari della capacità tec-
6 ti con il ventre, si inseriscano dei supporti di roc- nica dei Romani nella costruzione di sifoni è
6 cia rossa, forati da parte a parte, dove possano l’acquedotto costruito sotto l’impero di Clau-
Profilo schematico di acquedotto (da Burdy, 2002, modificato). essere inseriti l’ultimo tubo che scende dal pen- dio nella sua città natale, Lione. Esso venne
1) Opera di presa; 2) lo specus 3) dissipatore; 4) Le gallerie o cunicoli; 5) le arcate; dio e il primo del tratto col ventre. Si segua la costruito parte a pelo libero e parte a sifone
6) Il sifone rovescio con il serbatoio di partenza e quello d’arrivo;
7) piscina limaria serbatoio terminale.
stessa procedura in corrispondenza del punto rovescio. Il sifone riusciva ad attraversare tre
di risalita. In tal modo, il piano livellato della vallate, la prima delle quali aveva una pro-

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Sez. 3.4a.b - Rubinetto e valvola è dimostrata dall’esilità delle pareti e dalla per- Sez. 3.5 - Ninfeo-fontana-castello alto della parte orientale di Roma,l’Esquilino: ha
fetta corrispondenza tra i profili del maschio e terminale dell’acqua Claudia: la facciata leggermente concava e consta di cin-
Originali in bronzo (2) della cavità interna al corpo (con una precisio- il Nymphaeum Alexandri que livelli; riceveva acqua da una derivazione dal
Materiale: bronzo
ne nell’ordine dei decimi di millimetro): errori (c.d. ‘I Trofei di Mario’) castellum dell’Anio Novus, miscelata con una
Misure: cm 32 x 4,20 x 10 e 40 x 31
Provenienza originale: da Roma in tornitura avrebbero compromesso la tenuta parte dell’acqua Claudia.
del rubinetto rendendolo inutilizzabile, causando Collocazione: Roma, Piazza Vittorio Emanuele II Il canale dell’acquedotto, su arcuazioni alte m
Cronologia: età imperiale
Ricostruzione virtuale di: Henrique Rossi Zambotti
Luogo di conservazione: Roma, Antiquarium Comu- infiltrazioni d’acqua tra corpo e maschio con 9,85 dal piano attuale, tramite una curva ad S
nale al Celio; Inv. nn. 31040 e 23515 conseguente fuoriuscita. si connetteva al ninfeo/fontana sul lato destro
Il rubinetto era manovrabile tramite una presa Inserito in uno spazio trapezoidale (m 25 x 15) posteriore e trasferiva l’acqua a due canali che
I rubinetti di epoca romana erano realizzati es- connessa al maschio, che poteva assumere va- Valvola di svuotamento (da Tölle-Kastenbein 1993). alla biforcazione di due strade antiche, le vie Ti- a loro volta ne alimentavano altri tre, con un
senzialmente in bronzo, con una lega (rame rie forme: la più comune è il cosiddetto ‘castel- burtina o Collatina Vetus e la via Labicana, si totale di cinque canali di grandi dimensioni (m
74%, piombo 19%, stagno 7%) che assicurava lo’, un elemento quadrangolare cavo azionabile poteva prolungarsi di uno o due metri dopo il trova attualmente all’interno dei giardini di Piaz- 0,50 x m 0,70). I canali avevano le uscite chiu-
duttilità in lavorazione, resistenza alla corrosio- tramite una sbarra da inserire all’interno. La fac- rubinetto, come accade, ad esempio, nelle fon- za Vittorio Emanuele II a Roma. La quota del se da muri muniti di calici nei quali erano col-
ne e scarso attrito. cia superiore del castello presenta spesso due tane a zampillo (v. sez. 3, n. 5). condotto che alimentava il Castellum si collo- legate fistule che alimentavano la grande fontana
Essi erano composti da due elementi, il corpo o tre cerchi incisi, tracciati o in lavorazione, in Le dimensioni di questi rubinetti erano perlo- ca a m 62,28 s.l.m., quota compatibile solo con alta in quota – la fontana di Oceano - e due fon-
ed il maschio. fase di centratura del pezzo su tornio o suc- più modeste, mentre sono varie le forme e le i due acquedotti più alti che passano su Porta tane laterali di cui non vi è più traccia. I canali
Il primo è costituito da un cilindro cavo in bron- cessivamente, in fase di collaudo, per verificare decorazioni: farebbero eccezione solo le due Maggiore: l’acqua Claudia e l’Anio Novus. funzionavano tramite il loro riempimento a li-
zo, dai bordi (superiore ed inferiore) rinforzati, la bontà dell’asse di rotazione. enormi valvole provenienti da Ostia e da Pon- Il ninfeo, con funzioni anche di fontana e di ca- vello costante che permetteva l’uscita dell’ac-
essendo in leggero aggetto (nella figura, in ros- Altri esemplari presentano sull’estremità del za che, secondo l’ipotesi di Fassitelli, potevano stello terminale di distribuzione, in opera lateri- qua dalle fistule con getti in pressione.
so); dopo la tornitura interna il foro di base del maschio decorazioni plastiche, come galli essere utilizzate in posizione terminale per as- zia in origine rivestita di marmo, venne costruito Il livello costante era mantenuto da due scari-
cilindro veniva richiuso con un tappo (nella fi- (esemplare da Vindonissa) o teste di mon- sicurare il rifornimento idrico delle navi nei por- da Alessandro Severo (222-235) nel punto più chi di troppo pieno, localizzati in due punti sim-
gura, in ciano). tone (sembra, infatti, che la parola mordena ti. Un rubinetto proveniente da Pompei ha una
Il corpo era forato orizzontalmente da parte a ‘rubinetto’ provenga dal francese antico ro- conformazione particolare, essendo applicato
parte ed in corrispondenza di questi fori veni- bin, ariete); si ritrovano anche estremità ad a muro e dovendo riempire la vasca sottostan-
vano applicati due corti tubi, denominati tron- anello (Napoli, Museo Archeologico Nazio- te: ha infatti, una conformazione ‘ad angolo ret-
chetti (nella figura, in verde): essi permettevano nale) o semplici maniglie (maschio da Alise- to’ ed è privo di un tronchetto e del tappo
l’inserimento della valvola nella tubazione plum- Sainte-Reine). inferiore del corpo.
bea. All’interno del corpo veniva inserito il ma- L’uso del ‘castello’ è d’obbligo nelle valvole di Da Arae Flaviae e Petinesca provengono i resti
schio, un elemento forato cilindrico o grandi dimensioni, difficilmente manovrabili a di due rubinetti alternativi: erano delle valvole
tronco-conico che ruotando su sé stesso per- causa dell’enorme pressione; prese decorative, connesse a due tubazioni, che potevano, tra-
metteva o arrestava il flusso (nella figura, in blu). invece, caratterizzano perlopiù gli esemplari mi- mite uno sbocco detto epitonium, o erogare ac-
La pressione dell’acqua all’interno del rubinet- nori. Le valvole, a secondo dell’utilizzo, vengo- qua fredda, o acqua calda o arrestare il flusso.
to esercitava una forza che tendeva a sollevare no distinte in valvole di comunicazione e La miscelazione, dunque, non avveniva nel ru-
ed espellere il maschio dal corpo: per questo terminali. binetto (come accade oggi) ma direttamente
motivo furono utilizzati due diversi sistemi di Le prime si trovavano al centro di un condotto nella vasca.
ritegno, differenziati in rapporto alla grandezza e servivano a regolare la distribuzione, devian- Per analogia di funzioni si deve accennare, in
della valvola in conseguenza della maggiore do i flussi d’acqua (aprendo o chiudendo le ca- questa sede, anche alle valvole di svuotamen-
spinta totale da equilibrare (= pressione x area nalizzazioni principali) e riducendo o ampliando to, elementi bronzei applicati al termine delle
del rubinetto). la sezione (e dunque la portata) del tubo ove tubazioni plumbee: dovendo consentire soltanto
Il maschio presenta sempre un solco lungo tut- passava l’acqua. Le loro dimensioni variavano l’apertura o la chiusura del flusso senza dover-
ta la sua circonferenza, realizzato al tornio: nei in rapporto al loro campo di applicazione: esem- lo regolare, il loro funzionamento era totalmente
rubinetti più piccoli, bastava colpire con un pun- plari di grandi dimensioni erano utilizzate per- diverso da quello dei rubinetti, essendo basato
teruolo l’esterno del corpo per deformare la su- Elementi costitutivi lopiù nelle reti di distribuzione dell’acqua, in su un tappo collegato ad una cerniera.
perficie interna all’interno del solco del maschio di un rubinetto: particolare nei complessi sistemi di tubazioni e A. B.
ed assicurarne la tenuta (Fassitelli 1972, p.18). il corpo (in rosso), valvole che regolamentavano, nelle città, le di-
il maschio (in blu),
Nei grandi rubinetti, sottoposti ad una mag- i tronchetti (in verde)
stribuzioni idriche ad orario. Esemplari più pic-
Bibliografia
giore pressione, questo sistema era insufficiente: ed il tappo (in ciano) coli erano molto frequenti all’interno delle
Balty, J.C., Vestiges de robinetterie romaine, in Revue
per questo motivo, presumibilmente (ipotesi di (elab. di A.Blanco abitazioni private: nelle ville pompeiane, ad esem- archéologique de l’Est. Du paléolithique au moyen
Kretzschmer 1960, p. 93), l’incastro era assicu- su rilievo di Ucelli pio, ricorrono spesso piccoli impianti idrici ca- âge, 13, 1962, pp. 277-288; Fassitelli 1972;
rato da una sporgenza che, correndo lungo l’in- 1950) ratterizzati dall’uso di cassette di distribuzione Kretzschmer 1960; Lebel, P., Vestiges de robinetterie
tera circonferenza del corpo, si incassava nel da cui si dipartono tre o più tubazioni, ognuna romaine, in Revue archéologique de l’Est. Du paléoli-
Vista laterale thique au moyen âge, 16, 1965, pp. 259-273; Talamo
solco del maschio. regolata da una valvola.
di un valvola E., Materiali relativi ad alcuni impianti idraulici anti-
Tutti gli elementi costitutivi dei rubinetti erano “ad angolo retto” Le valvole terminali, invece, determinavano la chi provenienti da Roma, in “Il Trionfo dell’acqua.
ottenuti a stampo ed ulteriormente lavorati al (da Kretzschmer fuoriuscita o l’arresto dell’acqua da una con- Acque e acquedotti a Roma IV sec.-XX”, Roma 1986,
tornio (alesatura). L’ottima qualità della fattura 1960) dotta giunta al termine; la tubazione, tuttavia p. 165 e ss.; Tölle-Kastenbein 1993; Ucelli 1950.

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metrici lungo i canali del livello superiore. Gli Sez. 3.6 - Funzionamento acque lis, Tebessa), mentre più numerosi sono i Sez. 3.7 - Piccole terme della villa
scarichi alimentavano grandi tubazioni di cui calde/fredde per le terme frammenti, anche iscritti (Tomei 2006, pp. della Pisanella a Boscoreale
non si sono trovate tracce, ma che G.B. Pira- 50-51) ed i fondi. Erano costituite da varie la-
nesi, nel suo studio del 1761, ha individuato agli stre fuse separatamente, prima collegate con Plastico: Roma, Museo della Civiltà Romana, inv. n.3940
angoli destro e sinistro del corpo di muratura La conduzione, il riscaldamento e la misce- ribattini, poi impermeabilizzate con saldatu-
centrale che contiene l’arrivo dell’acquedotto. lazione dell’acqua negli ambienti termali ha re a piombo e stagnature; la parte superiore La migliore testimonianza archeologica di un
Al livello intermedio l’acqua, contenuta nelle modalità che variano a seconda delle epoche. era aperta e provvista di coperchio mobile impianto di riscaldamento completo proviene
grandi tubazioni, veniva gestita con chiavi di Rispetto ai più antichi impianti greci (dove (anche in terracotta, come a Boscoreale: Bo- dalla villa della Pisanella di Boscoreale, uno dei
manovra o grandi rubinetti per alimentare dif- l’acqua veniva riscaldata in recipienti metal- uet 2004, p. 220). molti insediamenti produttivi databile agli inizi
ferenti sbocchi d’acqua: lici posti su bracieri e da qui versata nelle va- Erano generalmente in bronzo, ma sono no- Tipi di caldaie (da Degbomont 1984) del I sec. a.C. del suburbio nord-pompeiano, sca-
- due tubazioni di grande diametro, una per sche) gli esempi noti di epoca romana ti esemplari o in piombo oppure bronzei nel- vato da A. Pasqui nel 1896.
ogni lato del ninfeo, uscivano dal monumento mostrano generalmente sistemi più evoluti, la parte inferiore (esposta al fuoco) e plumbei Dalla cucina un’entrata immetteva nel locale del
per alimentare utenze lontane (allo stato del- anche se, a causa della spoliazione postanti- nella superiore; il loro diametro variava da 33 mali, dove sono presenti più vasche e persino collocati al centro di vasche dei calidaria: il praefurnium. Essa apriva sulla parete sinistra del-
le conoscenze, sconosciute) servite a pres- ca dei metalli, sono pochi i contesti che han- cm (fondo di Tolosa) a 2,30 m (Aventicum). piscine riscaldate: qui si rinvengono, di con- primo (diam. 30 cm) è sito presso S. Cecilia l’entrata, in vicinanza del recipiente di piombo
sione; no conservato impianti idrici intatti o recipienti La migliore testimonianza archeologica di un seguenza, diverse combinazioni complemen- in Trastevere (Parmigiani, Pronti 2004), il se- per la distribuzione dell’acqua. La stanza del prae-
- tre dissipatori di energia, che trasferivano l’ac- legati al riscaldamento dell’acqua; le fonti let- impianto di riscaldamento completo provie- tari tra loro – fornaci dotate o solo di miliaria condo (diam. 20 cm) nella villa rustica in con- furnium era molto piccola per dar luogo all’ipo-
qua al livello più basso. terarie e ritrovamenti anche decontestualiz- ne dalla villa della Pisanella di Boscoreale (v. o solo di testudo o di entrambe- con scelte in- trada Crappulla a Pompei (Fabbricotti 1976). causto, nel quale si diffondeva il calore prodotto
- due corti canali che si immettevano nel dissi- zati colmano, seppur parzialmente, questo sez. 3.10) fluenzate dalla capacità delle vasche, dalla lo- A.B. dal fornello che serviva per il riscaldamento del-
patore centrale; questi erano probabilmente vuoto. Nella casa di Diomede a Pompei si rinven- ro gestione idrica (ricambio continuo d’acqua, l’acqua. La stanza dell’ipocausto si raggiungeva
usati quando si doveva interrompere il flusso Vitruvio (De Architectura, V, 10, 1) già in epo- nero, al di sopra della fornace, due recipien- rinnovo più volte al giorno o cambio quoti- mediante cinque scalini, gli ultimi due occupa-
Bibliografia
nelle due tubazioni che uscivano dal ninfeo. ca augustea, descrive accuratamente le prin- ti comunicanti sovrapposti (e non diano) e conseguentemente dai costi. vano parte del piano fino al contatto con la boc-
Bouet A., Les thermes privés et publics en Gaule Narbon-
La diffusa e imponente presenza di incrosta- cipali modalità di riscaldamento artificiale giustapposti), evidentemente d’acqua tiepi- La miscelazione di acqua calda e fredda era, naise, Rome 2004, pp. 212-233; Fabbricotti 1976; Fassitelli ca del fornello. Questo era costituito da un recinto
zioni denota che per un lungo periodo di tem- dell’acqua in ambito termale: questo sistema da (in alto) e calda (in basso): questa varian- in genere, affidata al personale di servizio e 1972; Mandersheid H., Greek and Roman Baths, in Wi- quadrilatero di muratura rozza, con bocca qua-
po l’acqua ha continuato ad alimentare il si basava sulla giustapposizione di tre reci- te del sistema vitruviano è, in realtà, la regolabile tramite un complesso intreccio di kander 2000; Messineo G., Piscinae calidae, in RPAA, 74, drata, sopra al quale si trovava impostata la mu-
monumento. pienti metallici (definiti caldarium, tepidarium modalità più attestata archeologicamente. tubazioni e rubinetti, conservatisi esclusiva- 2001-2002; Parmigiani, Pronti 2004; Talamo E., Elemen- ratura cilindrica, che fasciava la parte inferiore
ti idraulici nelle raccolte dell’Antiquarium, in BCom 95,
La sezione che si propone e le ricostruzioni vir- e frigidarium) sul canale esterno del praefur- Un’altra particolare installazione legata al ri- mente a Boscoreale; il ritrovamento non in si- della grande caldaia (miliarium). Il miliarium era
1993; Talamo E., Materiali relativi ad alcuni impianti idrau-
tuali permettono di capire i complessi mecca- nium (e dunque direttamente al di sopra del scaldamento dell’acqua era la testudo alvei tu, tuttavia, di rubinetti alternativi testimonia, lici antichi provenienti da Roma, in ‘Il Trionfo dell’acqua. costituito da due grandi lastre di piombo, che
nismi idraulici che consentivano la gestione di fuoco) collegati in maniera tale che, ad ogni (oltre all’esemplare dell’Esquilino, la testudo in altri contesti, la possibilità, per i bagnanti, Acque e acquedotti a Roma IV sec.-XX’, Roma 1986, p. componevano due cilindri, uno sull’altro mon-
questa macchina. uso, l’acqua passasse dal primo recipiente al è conosciuta soltanto da pochi esempi, pro- di poter miscelare acqua calda e fredda di- 165 e ss.; Yegül 1991, pp. 373-377. tati per mezzo di sutura a martello con base
L’ambiente A era pertanto la camera di mano- secondo e dal secondo al terzo. Evidente- venienti dalle Terme Stabiane di Pompei, da rettamente dall’interno della vasca. bronzea (diam. 58 cm, h. 192 cm, capacità mas-
vra per la scenografia prevista dal progetto. mente, la temperatura raggiungibile con que- Boscoreale, da Cuicul, da Banasa, da Argo, Un’ultima modalità di riscaldamento dell’ac- sima 507 litri, Napoli, Museo Archeologico Na-
È possibile, anche se Lanciani non ha trovato sto sistema era influenzata dalla grandezza da Künzig, da Clambetae e da Zugmantel); qua è attestata in alcune piscinae calidae, col- zionale). Quasi a metà della sua altezza erano
fistule e tubi, che una parte o tutta l’acqua ve- delle fornaci, dalla capacità e dalle propor- era un ‘recipiente’ bronzeo semicilindrico (da locabili intorno alla seconda metà del I sec. immessi i tubi di piombo in tre diversi ordini,
nisse poi usata per alimentare altre utenze. Lo zioni dei tre recipienti e dal tempo di stazio- cui il nome di ‘testuggine’) collocato nel sot- d. C.: queste strutture presentavano un pavi- con il compito di condurre l’acqua fredda e to-
scarico generale del ninfeo doveva trovarsi ai namento dell’acqua nelle caldaie. tarco del praefurnium (la posizione interna ri- mento (suspensura) rialzato su pilastrini, ri- gliere l’acqua calda a seconda delle necessità.
lati dell’ambiente B ove si hanno due canali che L’esistenza di diverse tipologie di caldaie dif- spetto alla vasca serviva altresì ad evitare agli scaldato da una fornace collocata al centro Sul fondo si trovava il tubo scaricatore che era
escono dalla struttura. ferenziate per forma - di cui due sono defini- utenti il contatto diretto con il metallo rovente) dell’ipocausto, raggiungibile ed alimentabile regolato da chiave di bronzo. La caldaia, lo spe-
Per la ricostruzione dell’aspetto originario del- te dracones et miliaria - è attestato, per il I sec. - e dunque esposto direttamente alle fiamme dal personale di servizio attraverso un corri- co e l’alveo erano in comunicazione con il for-
la fontana sono state utilizzate le monete di d. C., da un passo di Seneca (Quaestiones Na- della fornace – al cui interno penetrava l’ac- doio ipogeo. Nel pavimento della piscina era
Alessandro Severo e le parti disegnate dal Pi- turales, III, 24): il funzionamento descritto qua della vasca (alveus): il metallo, arroven- incassato, al di sopra della fornace, un baci-
ranesi, dal Garnaud e dal Parker, che possono (strutture con tubi a spirale posti direttamente tandosi, creava naturalmente un moto no metallico circolare definito ‘samovar’ che,
risultare oggi accettabili, anche se non più vi- a contatto con il fuoco) deve essere attribui- convettivo che assicurava l’omogeneo e con- analogamente alla testudo, si arroventava e
sibili. to probabilmente solo ai dracones e e potrebbe tinuo riscaldamento dell’acqua. Un esemplare riscaldava l’acqua per irradiazione. Il miglio-
L.L. - G.P.S. trovare una testimonianza archeologica in due in ottimo stato è stato rinvenuto in situ dal re esempio di questi calderoni bronzei si tro-
elementi idraulici rinvenuti a Pompei (Fassi- Lanciani nel 1886 sull’Esquilino (conservato va nelle Terme Suburbane di Ercolano
telli 1972, pp. 78 e 86). all’Antiquarium Comunale del Celio). (diametro 210 cm, prof. 40 cm) ed è dotato
Bibliografia I miliaria, invece, dovevano essere dei sem- Caldaie e testudo risultano spesso associate di un umbilicus centrale.
Ashby 1991; Chanson 2000; Chanson 2001, pp. 1-9;
plici recipienti cilindrici (Bouet 2004, pp. 218- nello stesso praefurnium (in questo caso si par- Nella letteratura archeologica sono noti an-
Fernandez Casado 1985; Garnaud 1977; Gonzales Tas-
con 2004; Lombardi, Coates-Stefhens 2005; Lombar- 221 e tavv. III-V; Talamo 1993, p. 290 e 292; la di ‘installazione completa’): generalmente che calderoni bronzei di forma rettangolare,
di, Corazza 1995; Lombardi, Pisani Sartorio 2009 c.s.; Yegül 1992, pp. 373-4 e figg. 471-472; Nielsen le prime riscaldavano l’acqua, mentre la se- che essendo sviluppati più in ampiezza che
Mancioli, Pisani Sartorio 2001; Piranesi 1761;Tedeschi 1990, p. 16, nota 32 e fig. 26; Degbomont conda aveva il compito di mantenere costan- in altezza (Roma, Antiquarium Comunale del
Grisanti 1977; Tedeschi Grisanti 1985, pp. 487-501; Te- 1984, p. 78-79, figg. 119-122; p. 85, figg. 137- te la temperatura dell’acqua presente nella Celio), potevano essere analoghi ai samovar:
deschi Grisanti 1992, pp. 59-72; Tedeschi Grisanti 1996,
139) collocati, con diverse modalità, al di so- vasca. Le installazioni complete ricorrono nei se ne conoscono uno dall’Esquilino (cm 183 Installazione completa da Saalburg
pp. 351-352, figg. 217-218 (con bibl. precedente); Te-
deschi Grisanti 2001, pp. 51-55;Ventura Villanueva 1996; pra di una fornace. Pochi gli esemplari balnea privati, mentre è poco probabile rico- x 148 x 33) ed uno da Tebessa (cm 130x 130). (da Yegül 1991)
Ventura Villanueva 1993. rinvenuti in buono stato (Boscoreale, Volubi- struire un loro uso esclusivo negli impianti ter- Esistono altresì varianti minori dei samovar,

118 119
alla caldaia e penetrava nel muro per portare Sez. 3.8 subacti), azionati tramite leve e bastoni; quan-
l’acqua al bacino delle abluzioni (labrum). Il ter- do i pistoni entravano in azione, la forza del-
zo tubo, avvicinandosi alla caldaia, si divideva 3.8a - La pompa pneumatica di l’aria compressa convogliava l’acqua prima
anch’esso in due rami, il più basso dei quali en- Ctesibio nel serbatoio e successivamente nella tuba,
trava nella caldaia attraverso la muratura; l’al- permettendo dunque di pompare l’acqua ver-
tro girava dietro la caldaia e metteva nella vasca. so l’alto. La modernità di tale macchina è da-
Anche questo tubo aveva una chiave a metà del ta da diversi fattori,in primo luogo i pistoni
tratto principale e una seconda nel punto di bi- sono estremamente simili a quelli odierni,
forcazione che metteva nella caldaia. Il sistema prevedevano una lavorazione complessa ed
di chiavi permetteva di scegliere la temperatu- accurata per poter lavorare in maniera cor-
ra dell’acqua: volendo riempire la caldaia di ac- retta, ed inoltre lavoravano in moto alterna-
L’impianto per riscaldamento delle acque delle terme della villa di Boscoreale (da Yegül 1991) qua fredda bastava girare la chiave del primo to, rappresentando dunque dei veri e propri
pistoni differenziali. Fondamentale è anche
nello per mantenere l’acqua del grande labrum la presenza di valvole, le quali evitavano il re-
ad un grado costante di calore. Una piccola aper- flusso dell’acqua chiudendosi a causa della
tura ad arco metteva in comunicazione il prae- spinta di aria ed acqua.
furnium con l’hypocaustum, in modo che da S.G.
quello le fiamme potessero circolare verso il la- La pompa pneumatica di Ctesibio
brum attratto dal tiraggio che offrivano i vuoti tra (Wikander 2000) 3.8b - Pompa idraulica Funzionamento della pompa idraulica (da Tolle-
le pareti dell’hypocaustum. A sostegno della va- Kastenbein 1993, p. 198)
sca furono fatti due muretti a mattoni, attraver- Originale: Roma, Antiquarium Comunale (4 pezzi)
Materiale: bronzo
sati da sbarre di ferro sulle quali poggiavano le L’invenzione dell’organo idraulico è attribui- Questi sistemi avevano comunque il proble-
Sistema di miscelazione di acqua calda Provenienza: da un acquisto del 1892
tavole di terracotta. Al centro della vasca di apri- e fredda da Boscoreale; in arancione ta a Ctesibio (III sec. a.C.), il quale avrebbe Luogo di conservazione: Roma, Antiquarium ma di una certa discontinuità nella portata
va lo speco semicircolare, a cui era adattato un l’acqua, ormai miscelata, diretta sfruttato come elemento motore dello stru- Comunale, nn. inv. 31035-31036, 31038, 31045 dell’acqua.
alveo di bronzo a grosse pareti, in forma cilin- al labrum e all’alveus mento musicale quella che Vitruvio (De Ar- Ricostruzione: sulla base dei frammenti Gli ingegneri romani ne miglioreranno le pre-
drica e chiuso verso il fornello da un fondo emi- (rielaborazione di A. Blanco da chitectura 10, 7.1) chiama “Ctesibica machina”, dell’Antiquarium, dei disegni della pompa di Erone stazioni aggiungendo alla pompa a doppio
Kretzschmer 1960) e di altri esemplari.
sferico. L’alveo era fissato sulla bocca della vasca una pompa pneumatica che originariamente stantuffo una camera d’aria compressa nel
attraverso una grande lastra di piombo, che si permetteva di trasferire acqua da un serba- tratto forzato; lo stesso Vitruvio (De Archi-
incastrava superiormente fra la muratura e le te- toio inferiore ad uno superiore sfruttando la La pompa idraulica è costituita da vari ele- tectura 10, 7,1) procede in una descrizione
gulae mammatae di cui era rivestito l’ipocausto, risaliva alla sommità del recipiente. Da questo tubo, per mandare l’acqua fredda nel bacino ba- forza di compressione dell’aria, in seguito menti in bronzo fusi separatamente a cera molto dettagliata seguendone il processo per
mentre lo speco nella parte che sporgeva verso si riempiva la grande caldaia, e poteva passare stava aprire la prima chiave del secondo tubo venne sfruttata anche per scopi diversi. Tut- persa. L’invenzione di questo meccanismo si la sua costruzione.
il forno era appoggiato a quattro sbarre di ferro. direttamene l’acqua fredda alla vasca o al bagno tenendo chiusa la seconda del tubo stesso, vo- te le opere di Ctesibio sono andate perdute, deve a Ctesibio, secondo le notizie forniteci In questo caso, vista la dimensione, per il suo
La fiamma alimentata nella bocca del fornello, per le abluzioni (labrum) situato nella grande lendo invece avere acqua calda si chiudeva la quel poco che si conosce lo si deve soprat- da Vitruvio (De Architectura, 10, 7), il quale funzionamento era essenziale l’immersione
investiva il fondo del miliarium, lo speco di bron- nicchia del calidarium. Se si voleva acqua calda, prima chiave del secondo tubo e si apriva la se- tutto ad Erone e Vitruvio, che descrive nel det- modificando la pompa a stantuffo e cilindri della pompa in una vasca colma d’acqua, con
zo e parte del fondo della vasca, mantenendo grazie ad uno speciale congegno di chiavi la si conda. Lo stesso procedimento per l’acqua del- taglio la pompa pneumatica: ne crea una a singolo stantuffo, la c.d. pom- l’impiego di almeno 5 o 6 persone per lo spo-
allo stesso grado di calore l’acqua dei vari reci- traeva direttamente dalla caldaia, sia nella vasca la vasca da bagno. La pompa deve essere realizzata in rame, la pa aspirante-premente. Essa funzionava, co- stamento del perno metallico e dei due pi-
pienti. L’acqua dai compluvi si raccoglieva nel- che nel bacino. Per questo motivo il fondo del Trattandosi di una villa privata l’impianto della sua parte inferiore presenta due cilindri (mo- me la pompa a due cilindri, in base alla legge stoni ad esso collegato che permettevano
l’unica cisterna del portico, e presso questa, nel grande serbatoio della cucina, e nel lato in cui Villa Pisanella disponeva di una modesta quan- dioli) di uguale dimensione posti a poca di- fisica: la pressione di un fluido è uguale su l’aspirazione del liquido.
pilastro d’angolo era collocata una cassetta di esso era addossato al muro tra la cucina e il pre- tità d’acqua, specialmente se paragonata alle stanza l’uno dall’altro, entrambi collegati a tutti i punti (a meno del carico idrostatico do- Sembrerebbe evidente l’uso della pompa co-
piombo. L’acqua veniva attinta per mezzo di una furnio erano saldati ad uno stesso livello tre tu- grandi terme imperiali dove i serbatoi posti sui due tubi (fistulae) che si riuniscono a forcel- vuto alla forza di gravità) e può quindi esse- me idrante: lo stesso Erone (Pneumatica I,
carrucola e di un secchio, ed era versata nella bi di piombo. forni erano più di uno e contenevano molte mi- la (fistulas forcellae) confluendo in un serba- re utilizzata per muovere oggetti, come uno 28) la indica per lo spegnimento di incendi
medesima cassetta, formata da una lastra di Il primo era regolato da una chiave di bronzo e gliaia di metri cubi d’acqua ciascuno. toio centrale (medium catinum). stantuffo, lungo una direzione guidata. ma, recentemente, diversi autori ritengono
piombo ritagliata negli angoli e con i fianchi rial- metteva direttamente entro la caldaia, riem- A.Z.P. Le bocche superiori dei tubi erano chiuse da Lo stantuffo, alzandosi e abbassandosi nel
zati e congiunti mediante suture a martello in piendola di acqua fredda. Il secondo tubo, che valvole (asses), le quali dovevano impedire la cilindro grazie a una forza (umana o anima-
modo da formare un recipente rettangolare. La si trovava nel mezzo, avvicinandosi alla calda- ridiscesa dell’acqua, mentre nella parte su- le) applicata attraverso il movimento di
cassetta era in comunicazione con il serbatoio ia si divideva in due rami,uno munito di chiave periore il serbatoio era chiuso da una “cap- un’asta, grazie all’apertura e chiusura di val-
della cucina, situata a un livello più basso di mo- nel punto della biforcazione, girava intorno al- Bibliografia pa”(paenula) ad imbuto rovescio congiunta vole attuava il seguente processo: nella cor-
do che il tubo scendeva lungo il pilastro, per- la caldaia, entrandovi poco sopra la sutura; Fabricotti 1976, pp. 45-46; Pasqui 1976; Kretzschmer con un perno (fibulam) per evitare il solle- sa di aspirazione dello stantuffo, la
correva sottoterra il lato sinistro della cucina e l’latro, munito di propria chiave, girava intorno 1960; Yegül 1991, pp.373-377. vamento dovuto alla pressione dell’acqua depressione apriva la valvola di aspirazione
pompata. In alto la cappa presentava un tu- e l’acqua veniva aspirata dal serbatoio infe-
bo chiamato tuba che si estendeva in altez- riore; nella corsa di pressione dello stantuf-
za, mentre delle valvole chiudevano anche le fo la valvola aspirante si chiudeva e l’acqua
aperture inferiori dei tubi. Dall’alto nei cilin- veniva trasferita dal cilindro nel serbatoio su-
dri si introducevano i pistoni (emboli) lavo- periore (per essere poi immessa per esem- Pompa dell’Antiquarium Comunale di Roma (da
rati al tornio (torno politi) e unti ad olio (oleo pio in una condotta forzata). Talamo, Usai 1987)

120 121
che le possibilità di sfruttamento di una pom- Sez. 3.9 - Ricostruzione tramite appositi nodi e/o impiombature di Sez. 3.10 - Vite di Archimede Essa è costituta da un elicoide inserito in un
pa a pressione siano molto più numerose. sperimentale di una pompa sagolino. La cimetta scorreva all’interno di (coclea) tubo. Il suo funzionamento è spiegato detta-
È di Russo l’ipotesi che alcuni di questi esem- romana di sentina del tipo a due tubi anch’essi lignei, formati da due me- gliatamente da Vitruvio (De architectura, X,
Ricostruzione: Niccolai snc. (Firenze, 2009)
plari avessero la funzione di incendiare piut- bindolo presso il Museo del Mare tà accostate, incavate a sezione semicircola- 6), il quale informa che questa macchina era
tosto che spegnerli gli incendi, venendo e della Navigazione Antica re in maniera da costituire due vani cilindrici costituita da un elemento cilindrico in legno
utilizzati come una sorta di lanciafiamme mo- (Santa Severa, Roma) stagni entro i quali giravano i dischetti. Due La coclea (in greco κοχλι′ας, chiocciola), tal- il cui diametro era 1/16 della lunghezza. Cia-
derno; erano quindi alla base di un’antica ar- manovelle collegate ad una ruota dentata in- volta chiamata col generico nome greco di scuna delle due basi del cilindro era divisa in
ma conosciuta come ‘fuoco marino’, questa Ricostruzione al vero presso il Laboratorio di
serita all’interno di una cassetta lignea ret- µηχανη′ (mechanè, macchina), o vite di Ar- otto archi di uguale dimensione, uniti tra lo-
Archeologia Navale del Museo Civico di Santa
ipotesi potrebbe chiarire, forse, le ridotte di- Marinella, sito nel luogo dell’antica Pyrgi nel tangolare con foro di uscita costituivano il chimede prende il nome dal suo inventore, ro da un’estremità all’altra attraverso elementi
mensioni di un paio di esemplari provenien- Castello di Santa Severa sistema di manovra della pompa. La parte in- lo scienziato greco Archimede di Siracusa vis- paralleli che correvano lungo il cilindro. Que-
ti da Bolsena ed oggi conservati al British Ricostruzione: M. Palmieri. feriore era formata da un rullo di rimando o suto dal 287 al 212 a.C. Sebbene l’invenzione sto, a sua volta, era diviso in sezioni, ognuna
Museum, mentre la Tolle-Kanstenbein ritie- da un semplice elemento ligneo arcuato (pu- della vite sia attribuita ad Archita di Taranto delle quali uguale a 1/8 della circonferenza, ed
ne questo meccanismo indispensabile per il leggia secca), destinato anch’esso ad agevo- (428-347 a.C.), è sicuramente Archimede il era poi contrassegnato da anelli attorno alla
funzionamento dell’organo idraulico, di cui Si tratta, più che di una vera e propria ‘pom- lare lo scorrimento dei dischi. La rotazione primo ad averne studiato il funzionamento. circonferenza. Questa suddivisione, piuttosto
diviene elemento costitutivo (v. sez. 11, n. 8). pa’ di un sistema di sollevamento dell’acqua, impressa alla ruota dentata trascinava i di- Archimede avrebbe inventato la coclea du- articolata, permetteva di ottenere piccoli qua-
Diversi sono gli esemplari conosciuti di pom- in quanto non si produceva un innalzamen- schetti legati alla cima. In questo modo l’ac- rante un soggiorno in Egitto presso la corte drati distribuiti su tutta la superficie del cilin-
pe idrauliche oltre a quella conservata all’An- to di pressione ma solo lo spostamento del qua, raccolta nel pozzetto di sentina, veniva dei Tolomei, ispirato dalla vista di un tympa- dro; una volta ottenuto questo schema, si
tiquarium Comunale: Silchester, Bolsena, liquido dal basso verso l’alto. risucchiata nel tubo di andata verso l’alto: rag- num in azione, una macchina per il solleva- legava un listello di vimini impeciato al primo
Sotiel-Coronada, Museo di Metz, Vatica- Il modello costituisce un interessante esem- giunto il ponte della nave cadeva in un’ap- mento dell’acqua costituita da un cilindro cavo punto di intersezione tra linee longitudinali e
no(oggi dispersa), Milano, Lione, Perigeux, pio di ricostruzione di una macchina idraulica Modellino didattico illustrante il funzionamento posita vasca di raccolta, plumbea, per essere, ripartito in otto spicchi e posto in azione dal cerchi, e lo si portava obliquamente fino al se-
tutte sono giunte a noi frammentarie, ma gra- antica, utile per verificarne sperimentalmente della pompa idraulica romana (Museo del Mare e quindi, espulsa fuori bordo, assecondando il movimento dell’acqua stessa o da una forza condo punto di intersezione, dove veniva nuo-
ficamente ricostruibili interamente sia sulla il metodo di fabbricazione, il funzionamento della Navigazione Antica, Castello di Santa Severa rollio, per mezzo di due fistule anch’esse in motrice esterna, animale o umana (v. sez.3, vamente fissato; il listello di vimini era legato
base di confronti tra loro sia sulla scorta di al- e le relative prestazioni. (Roma). piombo. La cimetta con i dischi collegati ri- n. 11). La documentazione scritta, quella pit- ad ogni punto di intersezione, con un’incli-
cuni disegni su manoscritti (come quello di Il lavoro è iniziato con la ricognizione dei cir- discendeva, quindi, verso il basso, libera, o torica e quella archeologica confermano in nazione di circa 45°. Ad esso, che formava un
Erone, conservato nella Biblioteca Marciana ca sessanta ritrovamenti attribuibili ai resti di più di frequente protetta all’interno di un ap- maniera concorde la datazione al III sec. a.C. canale spiroidale e, di conseguenza, la base
di Venezia). Il materiale con cui erano costruite antichi apparati di sentina, noti nel Mediter- posito tubo. per l’invenzione della coclea, precedentemente per l’elica, venivano successivamente so-
era generalmente il bronzo, ma si conosco- raneo, quasi tutti di epoca romana. Per quan- La grande variabilità dei diametri dei dischetti non attestata. vrapposti altri sette listelli impermeabilizzati
no esemplari a nord delle Alpi, per es. Sil- to riguarda i casi certamente riferibili a pompe rinvenuti sui relitti del Mediterraneo, com-
chester, dove le pompe erano fabbricate con del tipo a bindolo i reperti segnalano l’esi- presi tra i 4 ed i 9 cm, consente di ipotizzare
assi di legno di quercia, gli stantuffi e le varie stenza di diversi modelli con variabili tecniche l’esistenza di pompe idrauliche, di differenti
rondelle erano anch’essi in legno, le valvole e costruttive esistiti in un arco di tempo com- dimensioni e portata, quasi certamente pro-
e le guarnizioni in genere erano formate da preso almeno tra il II secolo a.C. ed il VI se- porzionate in modo diretto al dislocamento
lembi di pelle mentre i cilindri venivano rive- colo d.C. In particolare gli elementi forniti dai della nave sulla quale erano montate, dalle
stiti in piombo (Stein 2007; Savay Guerraz resti rinvenuti sulle navi di Cap Gros, Los Ul- grandi onerarie ai natanti più piccoli.
2007). lastres, Laurons 2, Ile Rousse, Nemi e Ponza Per ciò che riguarda il funzionamento della
Oltre che come idrante oppure come arma sono risultati di grande interesse per la rico- pompa, risultano di particolare interesse i da-
(lanciafiamme). La pompa poteva essere usa- struzione della struttura e del funzionamento ti relativi all’esperimento eseguito più volte per
ta ovviamente per il funzionamento degli or- di questo genere di macchina idraulica, sen- verificare le prestazioni raggiungibili nel mo-
gani idraulici o per l’innalzamento dell’acqua za dubbio la più diffusa a bordo delle navi an- mento del massimo sforzo con la puleggia di
dai pozzi. tiche. rimando inferiore completamente immersa
G.P. La pompa a bindolo, descritta sul piano tec- per circa 2 cm al di sotto del livello dell’acqua:
nico per la prima volta nel De Re Metallica di con l’esperimento, più volte ripetuto, si è riu-
Georgius Agricola risalente al 1556, si presenta sciti ad ottenere una portata di almeno 3 litri
Bibliografia nei relitti documentati con diverse varianti do- al secondo che comportano il sollevamento e
Antico Gallina 1997, pp. 71-90; Canella G., Luperi N., vute forse alle specifiche tradizioni artigiana- l’espulsione dalla sentina di circa 180 litri al mi-
Pastorino R., Pedicelli Canella G., Luperi N., Pastori- li dei cantieri, alle dimensioni ed alle nuto: nel complesso, un solo operatore può
no R., Pedicelli L., Indagini non distruttive su una pom-
caratteristiche strutturali delle navi: molto pra- espellere dalla nave il peso di una tonnellata
pa idraulica in bronzo d’epoca romana dell’antiquarium
Comunale, in Il trionfo dell’acqua: acque e acquedotti tica, sicura e funzionale per lo svuotamento di acqua in poco più di 5 minuti.
a Roma, Roma 1986; Casado Carlos 1983, pp. 630-633; delle acque d’infiltrazione, è di fatto rimasta F.E.
Fassitelli 1972; Guitard i Duran 2007, pp. 33-49; Ole- ancora in uso, come pompa a catena, fino al
son 1984; Russo 2004; Savay Guerraz 2007, pp. 19- XVIII secolo.
31; Schiøler 1980; Schiøler 1986; Stein 2004; Stein Bibliografia M. Vitruvio Pollione,
La macchina idraulica era incentrata intorno
2007; pp. 7-17; Talamo, Usai 1987; Tolle-Kastenbein Beltrame 2002, pag. 23, fig. 28; Enei 2005, pp. 149- De Architectura,
1993, p. 43; pp. 197 e ss.; Ucelli 1950, pp. 181-184 e pp. ad una piccola cima di circa 1 cm di diame- La macchina idraulica in funzione (Museo del 160; Gianfrotta, Pomey 1981, pp. 289-291; Gianfrotta, libro X, Editio 1521,
195-197; Vitruvius, De Architectura, 10, 7; Wikander tro sulla quale a distanze regolari, erano fis- Mare e della Navigazione Antica, Castello di Santa Pomey 1997, p. 111; Petriaggi, Davidde 2007; Tölle- Ristampa:
2000. sati dischetti lignei circolari con foro centrale, Severa (Roma) Kastenbein 1990, p. 43, fig. 19; Ucelli 1950. Milano 1981

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con la pece liquida; in questa maniera il dia- Sez. 3.11 - Noria e timpano a („λυσις), tuttavia, sebbene si basino su un - miniera nei pressi di Huelva: è stata ritro- to è stata restaurata ed è esposta nel Museo
metro del cilindro si accresceva fino a diven- secchi principio di funzionamento piuttosto simile, vata una ruota idraulica in legno perfettamente Arqueológico Provincial di Huelva in Spagna
tare 1/8 della sua lunghezza. L’intera struttura sono due congegni diversi e non devono es- conservata (Flores Caballero 1981). (Domergue-Bordes 2006, figg. 17-21).
veniva, infine, protetta da tavole di legno, an- Materiali: legno, terracotta, ferro sere confuse (Useher 1988, p. 129). Simile al- La noria era solitamente utilizzata per attin- Non sufficientemente documentato è l’uso
Ricostruzione: al vero/ funzionante
ch’esse impeciate, irrobustite alle estremità la noria per il suo principio di funzionamento gere acqua per l’irrigazione. Tuttavia, come si delle norie come pompe di sentina sulle na-
Realizzata da Niccolai snc (Firenze, 2009)
con delle lamine di ferro, per impedirne il dan- Altra ricostruzione: Roma, Museo della Civiltà Romana è il tympanum (tamburo), descritto anch’es- è visto nei casi di Cosa e di Rio Tinto, poteva vi. La loro esistenza a bordo è stata ipotizza-
neggiamento da parte dell’acqua. so da Vitruvio (Vitruvio, De architectura, X, 4, avere molteplici campi di applicazione ed es- ta in seguito allo scavo e al recupero delle navi
La coclea era, infine, posta su di un sostegno 1-2). Si tratta di un cilindro cavo, diviso ra- sere utilizzata per alimentare acquedotti o per di Nemi, avvenuto tra il 1928 e il 1932. Il re-
costituito da travi lignee, con una pendenza La parola noria deriva dall’arabo nā‘ūrah che dialmente in otto spicchi, che ruota attorno drenare l’acqua utilizzata nel processo di raf- cente riesame delle dotazioni di bordo delle
calcolata secondo il teorema di Pitagora re- significa ‘lanciare, zampillare’. Si tratta, infat- ad un asse orizzontale, con la parte inferiore freddamento delle rocce durante l’estrazione navi di Nemi ha sollevato numerose per-
lativo al triangolo rettangolo. Il tubo conte- ti, di una macchina idraulica atta al solleva- immersa nell’acqua da attingere. Ogni spic- dei minerali dalle miniere o di svuotamento plessità. La noria lavorerebbe in maniera più
nente l’elicoide veniva parzialmente immerso mento dell’acqua, costituita da una ruota chio ha un’ apertura che permette l’entrata diatamente al di sotto della ruota della catena di falde. La noria era utilizzata nelle terme (ad congeniale sulla terraferma, mentre i conti-
in acqua: con la rotazione dell’elicoide, l’ac- principale eventualmente collegata ad altre ruo- dell’acqua quando lo spicchio si trova al di sot- stessa. Dell’intero congegno meccanico si so- es. ad Ostia, Bedello Tata, Fogagnolo 2005) nui movimenti a cui è sottoposto lo scafo di
qua passa da una voluta all’altra e veniva sol- te dentate per la trasmissione del movimento; to dell’asse di rotazione; quando, invece, si no conservati frammenti di sette secchie e una o negli stabilimenti di salagione (Troia in Por- una nave la renderebbero inadatta sulle im-
levata ad un’altezza pari alla lunghezza del la ruota principale è attrezzata con una serie trova al di sopra dell’asse di rotazione garan- razza della ruota della catena. La catena di sec- togallo, v. Carvalho Quintela et al. 1993-1994, barcazioni.
meccanismo. L’elicoide poteva essere in le- di contenitori in legno, in ceramica o in me- tisce la fuoriuscita dell’acqua nel bacino di rac- chie era formata da due funi ad anello, lunga pp. 157-169), ma per lo più sono state trova- La noria vera e propria sfrutta unicamente
gno o in bronzo. tallo, posti a distanza regolare gli uni dagli al- colta. Il difetto di questo tipo di macchina è ciascuna 27 metri, alle quali erano fissate 24 te solo le fosse nelle quali le ruote giravano. l’energia motrice dell’acqua corrente di un fiu-
Sull’uso della vite d Archimede per il drenag- tri. che il dislivello alla quale si trova l’acqua da secchie in legno. Le secchie, rivestite di pece In effetti i soli esemplari conosciuti sono quel- me (Mantelli, Temporelli 2008, p. 40; Hill 1984,
gio nelle miniere abbiamo la testimonianza Antenata di questo tipo di macchina può es- raccogliere non può superare il raggio del tym- sia all’interno che all’esterno, contenevano cir- li che vengono dalle miniere, in particolare da p.140; Vitruvio, De architectura, 10, 5, 1). Nel-
di Posidonio (inizi I sec. a.C.) riportata da Dio- sere considerata la sāqiya, nota anche con il panum stesso (Russo 2001, p. 148). ca 7 litri di acqua ciascuna (Mc Cann 1988, p. quelle del sud-ovest della Spagna; quella di la noria del tipo a sāqiya possono essere uti-
doro Siculo (5, 37, 3-4) e di Strabone (3,2,9) a nome di ‘ruota persiana’, tutt’ora utilizzata in Le efficienti opere di ingegneria idraulica rea- 94). La disposizione delle secchie era tale che Rio Tinto al British Museum, quella di São lizzate, a seconda delle esigenze e degli spazi
proposito del meridione della Spagna meri- Egitto. La sāqiya era largamente diffusa nel- lizzate dai Romani in età imperiale, special- quando esse erano nella posizione inferiore Domingos nel Musée des Art set Métiers di a disposizione, energia animale o umana. La
dionale. l’Egitto ellenizzato, dov’era chiamata con il mente in Spagna e in Africa settentrionale, della circonferenza si riempivano d’acqua, men- Parigi, quella di Tharsis nel Museum of Tran- ruota che metteva in moto l’intero congegno
I tipi sono diversi: a eliche in legno come pre- semplice nome di µηχανη′ (mechanè, mac- furono rimesse in uso dagli Arabi, i quali eb- tre quando si trovavano nella posizione supe- sport a Glasgow; una proveniente da Rio Tin- meccanico poteva essere mossa a mano da
scrive Vitruvio (De Architectura, 10, 6, 3) o in china); permetteva di sfruttare la forza trai- bero il merito di diffondere nuovamente nel riore si svuotavano, facendo confluire l’acqua un uomo, il quale la faceva ruotare agendo di-
bronzo; il cilindro è per lo più in legno o tal- nante di un animale o di un uomo tramite la bacino del Mediterraneo le varie forme di ruo- nel bacino di raccolta. rettamente sui raggi. Quando il macchinario
volta in piombo. Il rivestimento, non sempre rotazione di una ruota orizzontale attorno ad te idrauliche, spesso note in Occidente pro- Secondo quanto scritto da Vitruvio, le sec- aveva delle dimensioni notevoli era presente,
presente, è in corde di sparto. un asse verticale (Russo 20084, p. 149). Si ri- prio con il nome arabo o persiano, come, chie, da lui chiamate modioli quadrati (ossia invece, la così detta ruota calcatoria (ruota
Cinque viti di Archimede trovate nella minie- tiene che il prototipo di questo tipo di mac- appunto, nel caso della nā‘ūrah (Singer et alii contenitori per il grano di forma quadrata, più camminabile), uno spazio all’interno del qua-
ra El Centenillo (Jaén) dovevano essere usa- china sia stato utilizzato da Filone di Bisanzio, 1967, p. 647, p. 691). larghi alla base e più stretti all’imboccatura) le un uomo, camminando, imprimeva il mo-
te in batteria; a Sotiel Coronada (Huelva) erano scienziato greco vissuto nel III sec. a.C.; in- Vitruvio dice solo della ruota idraulica (De ar- (Landels 2000, p. 67), avevano una capacità vimento alla ruota (Mantelli, Temporelli
tre o quattro; almeno quattro a Posadas (Cor- fatti, tra i pochi scritti rimasti attribuiti a que- chitectura, 10, 4, 3.4; 5.1): “La ruota, che sarà di circa 3.3 litri (Vitruvio, De architectura, X, 2008, p. 40; Hill 1984, p.140; Vitruvio, De
dova). I dati tecnici ricavati dallo studio delle sto studioso vi è la rappresentazione proprio costruita intorno all’asse, avrà un diametro 4, 4). Le altre descrizioni sulla noria for- architectura, X, 5, 1.).
viti di Archimede installate nelle miniere in di una µηχανη′ (Mantelli, Temporelli 2008, proporzionato all’altezza necessaria”. I nu- nite da Vitruvio trovano, invece, perfetto Nel caso dei resti di Cosa, la ruota era
Spagna sono eccezionali: portata 2 litri al se- p. 38). È raffigurata, azionata da due buoi, in merosi resti archeologici ritrovati, nonché la riscontro con il dato archeologico. L’in- azionata da uomini: due uomini, alle
condo, cioè 7,2 m3 l’ora per una altezza di m un affresco sepolcrale di Alessandria del II descrizione fornita da Vitruvio nel X libro del tero meccanismo, come nel caso della due opposte estremità, azionavano la
1,70 di sollevamento. sec. a.C. (v. Oleson 2000, p. 270) e in un mo- De Architectura, hanno permesso di ricostruire sāqiya, era mosso da forza umana. Lo barra che a sua volta metteva in mo-
Infine la coclea poteva essere utilizzata sulle saico di Apamea (Tome, tecnologia). Molto il funzionamento della noria: spazio angusto della camera di manovra vimento la ruota motrice; per riempi-
imbarcazioni come pompa di sentina. diffusa in Egitto, ne determinò l’incremento Rinvenimenti: e la difficoltà d’accesso alla parte supe- re la cisterna della capacità di 127.000
La coclea si diffuse rapidamente in tutto il ba- della produzione cerealicola. - porto di Cosa: resti lignei di un primo im- riore della struttura permettono di esclu- litri due uomini impiegavano circa 45
cino del Mediterraneo; il suo successo come Il nome greco di questo congegno meccani- pianto di norie del tipo a sāqiya per attingere dere che vi fosse utilizzata forza animale. ore di lavoro (Mc Cann 1988, p. 95).
congegno di sollevamento per l’acqua è di- co è πολυκαδι′α (polykadia, dalle molte sec- acqua dolce da una sorgente (100 a.C. ca., Mc - miniere di Rio Tinto (presso Siviglia):nove no- M.M.S.N.
mostrato dal fatto che, almeno fino al 1965, chie), mentre non è noto il suo nome latino Cann 1988, p. 86 e ss.); un secondo impianto, rie poste in serie ad altezze differenti permet-
essa era ancora largamente impiegata in al- (Landels 2000, p. 67). Vitruvio (De architec- fu distrutto da un incendio attorno al 150 d.C.. tevano di drenare le gallerie delle miniere,
cune regioni del Vicino ed Estremo Oriente e tura, X, 5, fornisce infatti una descrizione piut- Il sistema di sollevamento dell’acqua si basa- superando un dislivello di circa 30 m. Erano Bibliografia
Bedello Tata, Fogagnolo 2001; Bedello Tata, Fogagno-
in Egitto; attualmente, specialmente negli Sta- tosto scarna di questo tipo di macchina, ma va su una coppia di ruote dentate in legno, una tutte in legno in pezzi separati, da montare
lo 2005, pp. 115 -138; Carvalho Quintela et al. 1993-1994,
ti Uniti e in Olanda, la coclea è utilizzata co- non ne specifica il nome. orizzontale e una verticale, in presa tra loro. Il per poter essere trasportati in profon- pp. 157-169; Domergue - Bordes 2002, pp. 87-
me base per pompe idrauliche industriali. Le secchie possono trovarsi direttamente sul- movimento della ruota orizzontale, per mez- dità nelle gallerie delle miniere e po- 105: Domergue, Bordes 2006, pp. 210-
M.M.S.N.-L.L. la ruota, posta verticalmente a diretto contat- zo di una barra solidale con il suo asse, azio- tevano essere mosse da un solo 214 (con bibliografia); Flores Caballero
to con l’acqua, oppure possono essere nava la ruota verticale. Questa era connessa uomo. Le nove coppie di norie del 1981; Foraboschi 2006, pp. 131-144; Hill
1984; Landels 2000; Mantelli, Temporelli
agganciate ad intervalli regolari ad una cate- per mezzo di un albero a una terza ruota, an- diametro di circa m 4,60 e 24 recipienti
Bibliografia 2008; Mc Cann 1988, pp. 86 -95; Marchis 1994;
na, mossa a sua volta da una ruota. In questo ch’essa verticale. Quest’ultima, girando, im- sollevavano 10.000 litri d’acqua all’ora, 226 m3 Marchis, Scalva 1999; Momigliano, Schiavone 1989;
Domergue-Bordes 2006, pp. 208-210, 216-217, figg.
secondo caso il congegno prende il nome di primeva il movimento a una catena continua in 24 ore (Domergue-Bordes 2006, pp. 210- Oleson 1984; Oleson 2000, pp. 183-302; Russo 20084;
„λυσις (halysis, catena, v. dioptra, Erone di
15 e 16; Dracmann 1963; Landers 2000; Lombardi, v.
supra; Marchis, Scalva 1999, pp. 291-293; Oleson 2008; di secchie. Le secchie sollevavano l’acqua dal- 214) ed erano messe in moto da circa 16 uo- Singer et alii 1967; Tomei, Tecnologia; Usher 1988;
Wikander 2001. Alessandria). La noria e la catena di secchie la sorgente fino a un condotto, posto imme- mini (Momigliano, Schiavone 1989, p. 350). Wikander 2000; Wilson 2008, p. 285 ss.

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Sez. 3.12 - Mulino ad acqua Sez. 3.13 - La sega ad energia Sez. 3, n. 14. - Prosciugamento
idraulica del lago Fucino
Materiali: legno, ferro
Ricostruzione al vero Materiale: marmo Rilievi: Roma, Museo Torlonia
Realizzato da: Niccolai snc (Firenze, 2009) Provenienza: Hierapolis di Frigia Calchi dei rilievi Torlonia: Roma, Museo della Civiltà
Cronologia: I metà III sec. d.C.-III secolo d.C. Romana
Ricostruzioni virtuali: C.F. Giuliani
Il mulino ad acqua è una macchina di inven-
zione greca che sfrutta l’energia dell’acqua in Tra le più interessanti applicazioni dell’energia
movimento, sia di un corso d’acqua natura- idraulica va segnalata la scoperta, relativamen- Il progetto per il prosciugamento del lago era
le che di un canale o condotto appositamen- te recente, di rappresentazioni di seghe multi- stato vagheggiato da Cesare, Augusto non
te realizzato. ple per marmo, mosse da energia idraulica a volle porvi mano nonostante le invocazioni
Una ruota idraulica verticale con pale viene Ierapolis in Turchia. Si tratta di un rilievo scolpi- dei Marsi. Fu l’imperatore Claudio a dare il
posta parallelamente al movimento dell’ac- to sul coperchio del sarcofago di M. Aurelios Am- via ai lavori, probabilmente per gli interessi
qua per consentirgli di ruotare. Ingranaggi in Mulino ad acqua di Barbegal (da Oleson 2008) mianos proveniente alla necropoli di Hierapolis imperiali nella zona, testimoniati da altri gran-
legno, consistenti in ruote dentate, trasferi- di Frigia e databile alla prima metà del III sec. di progetti come la costruzione degli assi via-
scono la potenza generata dalla ruota ad un ste due barche distanti tra loro due piedi, là d.C. Il monumento costituisce il più antico esem- ri della Claudia Valeria e della Claudia Nova.
asse verticale che muove le mole del mulino. dove dal fornice del ponte l’acqua con mag- pio di tale macchina, ma solo il disegno rico- Dalle fonti antiche, in particolare da Svetonio
Ne esistevano due tipi: a pale verticali e a pa- giore impeto scorreva; e poste due macine su struttivo ci permette di capire il funzionamento (Cl., 20-21) e Tacito (Ann., XII 56-57) abbiamo
le orizzontali. Inizialmente venne concepita ciascuna delle barche fece mettere in mezzo dello strumento. informazioni relative all’impresa e alla sua
una rozza girante che immersa verticalmen- il meccanismo che soleva metterle in moto. Su di un canale o una derivazione d’acqua da inaugurazione.
te opponeva una grossa resistenza alla cor- Altre barche poi aggiunse, succedentisi per fiume veniva posta una ruota idraulica a pale che Plinio (Naturalis Historia, 36 124) sottolinea
rente. In linea di massima si trattava di un ordine, legate a quelle che stavano loro die- forniva l’energia necessaria al movimento delle che i lavori furono abbandonati da Nerone; so-
albero munito intorno alla parte inferiore di tro, e vi pose allo stesso modo i meccanismi. seghe. Un perno di manovella trasferiva il mo- lo con Adriano l’opera di prosciugamento fu
tozze palette disposte come i raggi di una ruo- Per la forza quindi dell’acqua corrente i mec- vimento circolare alla manovella, o biella, tra- ripresa e condotta a termine (Historia Augu-
ta, tuttavia tale sistema, avendo le pale dirit- canismi tutti uno appresso all’altro girando sformandolo in movimento orizzontale. La biella, sta, Vita di Adriano, 22,12). Sappiamo da
te, imponeva un restringimento dell’alveo del ruota dentata perpendicolare all’asse e che gi- begal, nei pressi di Arles (inizi del IV sec. d.C.). mettevano in moto le loro macine e macina- collegata a un compasso,consentiva il movi- un’iscrizione del 117 d.C. che dopo un’inon-
torrente che schermasse un lato permetten- ra insieme alla ruota. Ingrana in questa ruota Un apposito acquedotto apporta acqua sulla vano il necessario per la città». (Procopio, De mento delle seghe multiple le quali, presumi- dazione del Fucino, furono eseguiti lavori di
done il movimento. Una prima evoluzione fu dentata un’altra disposta orizzontalmente e cima di una collina. L’acqua scende poi lun- bello gothico 1, 19) bilmente, avevano dei pesi che consentivano loro recupero delle terre circostanti (CIL IX 3915).
quella di innestare le pale sull’ asse con un di dimensioni maggiori, anch’essa fornita di go il versante tramite due canali paralleli ai Dell’utilizzo della ruota verticale per la tra- di mantenersi in aderenza con il marmo. Nel 1868 l’amministrazione Torlonia realizzò
angolo leggermente obliquo, permettendo la denti. Così i denti della ruota collegata all’as- fianchi dei quali vennero installate 32 mole sformazione dell’energia idraulica in motoria Il forte rumore che produceva la sega ci è noto nuovamente il prosciugamento del lago e in
rotazione senza restringimenti o schermatu- se trasmettendo il moto a quelli di quest’ulti- azionate da 16 ruote idrauliche verticali di- ci rimangono anche alcuni significativi reperti, anche da un passo della Mosella di Ausonio (vv. quella occasione tutte le strutture antiche fu-
re del corso d’acqua. I mulini a ruota oriz- ma, determinano il moto del disco circolare sposte a coppie su 8 livelli. Si tratta dell’uni- di cui il più famoso è la cosiddetta ruota di 357-362) rono distrutte: di esse ci restano solo le de-
zontale avevano il vantaggio di non aver di una mola». (Vitr.,De Arch. 10, 10). co esempio dell’uso dei mulini con una Venafro rinvenuta nel 1914 presso Isernia in Della sega ad energia idraulica si erano trovate scrizioni e i rilievi realizzati da due ingegneri
bisogno di ingranaggi per trasformare il mo- Il mulino ad acqua verticale alimentato per installazione di tipo industriale: si è calcola- forma di impronta in una concrezione calca- altre tracce a Gerasa in Giordania (Seigne 2002) francesi che avevano diretto i lavori (Brisse e
to orizzontale in verticale. caduta è celebrato in un epigramma di Anti- to che a Barbegal si producevano 2,8 tonnel- rea. Si tratta di una ruota costruita dai vete- e a Efeso in Turchia (Schiøler 2004). De Rotron).
Fu presto chiaro che una girante verticale ap- patro di Tessalonica o Antifilo di Bisanzio (età late di farina al giorno, pari a otto volte il rani della colonia di Venafro nel Molise, È molto interessante notare che la trasforma- Venne realizzata una galleria tra il lago e il Li-
plicata ad un rotante orizzontale avrebbe po- augustea) (Ant. Pal. 9, 3-6, 418) in quanto fabbisogno degli abitanti di Arles; si è pen- destinata al locale mulino, perfettamente coin- zione di un moto circolare in moto orizzontale ri (20 m di dislivello), che attraversava i mon-
tuto erogare una potenza tanto maggiore produce farina risparmiando fatica ai mu- sato che l’eccesso di produzione venisse cidente con la descrizione che fa Vitruvio. È è stata collocata nel Rinascimento. Le prime rap- ti interposti per circa 5 km; al suo inizio era
quanto maggiore fosse stata la corrente o la gnai: «Smettete di macinare o donne che la- esportato verso Roma. stato calcolato che la ruota di Venafro corri- presentazioni si hanno in Francesco di Giorgio l’incile, il complesso sistema di bacini e di
forza di caduta dell’acqua. Per permettere l’uti- vorate al mulino; dormite fino tardi, anche Scriveva nel IV secolo Ausonio Stazio nella spondeva al lavoro incessante di una mezza ingegnere senese nel 1470. chiuse destinato a controllare il flusso delle
lizzo di pale più lunghe, queste furono serra- se il canto del gallo annuncia l’alba. Poiché sua Mosella, dei mulini e dello stridio delle dozzina di schiavi (una potenza di 2200W). A.A - L.L. acque. L’incile claudiano comprendeva un pri-
te lateralmente fra due cerchioni metallici, Demetra ha ordinato alle ninfe di fare il la- seghe per marmi azionate dalle ruote idrau- A. O. mo avambacino ad imbuto, con muraglioni
ispirazione probabilmente dedotta dalle no- voro che facevano le vostre mani, ed esse, liche lungo la Mosella. laterali convergenti, al cui termine era una pri-
Bibliografia
rie, insieme alla particolare forma a cassetta saltando dall’alto della ruota, fanno girare il Ulteriore applicazione della ruota idraulica fu ma saracinesca. Seguiva una vasca esagona-
Bruno 2002, pp.179-194; Grewe, Kessener 2007; Rit-
delle pale. suo asse che, con i suoi raggi rotanti, fa gi- il mulino galleggiante, cioè l’assemblaggio di ti 2006; Schiøler 2004; Seigne 2007. le, con un’apertura chiusa da una seconda
Di entrambe le possibilità ci rimangono certe rare le pesanti macine concave del mulino». un motore idraulico su uno scafo ancorato saracinesca, sormontata da una camera di
testimonianze nelle fonti e chiare descrizioni È noto inoltre che un impianto poteva pos- alle sponde di un fiume. Tale sistema è ri- manovra. La vasca successiva, di pianta tra-
nei trattati (vd. Humphrey 1998, pp. 29-34), sedere diverse ruote collocate a varie quote cordato da Procopio di Cesarea. Secondo la Bibliografia pezoidale, era più piccola e profonda, con un
primo tra tutti Vitruvio che ne fa un’esaustiva in modo da poter sfruttare il medesimo cor- fonte i mulini galleggianti furono ideati da Be- Adam 1990, pp. 347-349; Brun 2006, pp. 101-130 (con dislivello in basso di 5,48 m rispetto alla pre-
descrizione: «lungo i fiumi si utilizzano ruote so d’acqua suddividendolo in più cadute, evi- lisario per ovviare all’instabilità di livello del- bibliografia); Greene 2000, pp. 29-59; Homo Faber cedente: in fondo a questa si apriva la testa-
[…] sulla loro superficie esterna vengono in- tando così che la forza di un unico grande le acque del Tevere, e soprattutto al taglio degli 1999, p. 325; Hodges 1970, pp. 191-196; Humphrey, ta della galleria, il cui imbocco era chiuso da
Oleson, Sherwood 1998, pp. 29-34; Leveau 1996a, pp.
chiodate delle pale che, spinte dalla forza del- dislivello superasse la resistenza meccanica acquedotti che alimentavano Roma che ave- una terza saracinesca, regolata da una sotto-
11-29; Levaeau 1996b, pp. 137-153; Oleson 2008, pp.
la corrente, si mettono in movimento e fanno della ruota. (Vitr., De Arch. 10, 5) va disabilitato i mulini della città: «di contro 355-357; Russo 2007, pp. 236-247; Sellin 1963, pp. 91- stante camera di manovra. Con questo siste-
girare la ruota. A un’estremità dell’asse (oriz- Una importante testimonianza dell’uso dei al ponte […] fece attaccare delle funi ben tese 109. Schiøler 1973, p. 149 ss.; Wikander 2000; Wilson ma il lago non poteva essere svuotato
zontale della ruota idraulica) è incastrata una mulini multipli in epoca imperiale si ha a Bar- da ambedue le rive del fiume e legate a que- 2002, pp. 1-32. (da Grewe, Kessener 2007) interamente, ma si abbassava di m. 5,65.

126 127
Rilievo n. 1: rappresentazione del lago con
naviglio civile dopo l’attivazione dell’emissario di
Claudio: in alto i due argani verticali alludono ad
un intervento di manutenzione o restauro dell’
emissario.

Restituzione grafica dei due argani verticali a Lo scavo delle discenderie permise da un lato la riduzione del tratto intermedio da scavare partendo da due
doppio tamburo rappresentati in un blocco dei soli fronti e dall’altro l’apertura di altri dieci fronti di scavo nel tratto compreso tra i pozzi 22 e 23 (C.F. Giu-
rilievi Torlonia (C.F.Giuliani 2001) liani, 2001).

dalla capra fosse pari alla profondità del pozzo, forse decorava l’ingresso a ricordo dei lavori
meno l’altezza della capra stessa. L’uso del boz- promossi dell’imperatore Claudio, vi è la rap-
zello unico dimostra che il peso da sollevare presentazione di due argani: uno in riva al la-
non era eccessivo e che era ricercata la maggior go e l’altro lungo una via. Sono entrambi dello Ricostruzione dell’armatura lignea dei pozzi (C.F.
velocità di trazione. stesso tipo: la parte inferiore è lavorata in mo- Giuliani, 2001).
Rispetto alle macchine per il sollevamento de- do da avere la possibilità di ruotare, quindi è
scritte da Vitruvio, quelle del Fucino presen- lavorata a cono, la parte superiore presenta
tano caratteristiche inedite come la mancanza invece un doppio tamburo. Ai cilindri sono
del paranco, la presenza della capra a trep- collegate due funi, una per ciascun cilindro,
piede e soprattutto l’argano orizzontale a due applicate in senso inverso in modo che la ro-
tamburi collocati in alto e distanziati dalla ca- tazione che avvolgeva l’una rilasciava l’altra,
pra. Quest’ultima particolarità distingue tali quindi una scendeva e l’altra risaliva dal poz-
argani da quelli che compaiono nelle più fre- zo di scavo, permettendo un ciclo continuo.
quenti rappresentazioni antiche e rinasci- L’argano era in collegamento con una capra
Rilievi vennero posti su un monumento a ri- mentali. La collocazione dei tamburi al di sopra costituita da travi in legno inclinate.
cordo dell’impresa, probabilmente un arco, di delle teste degli operai è un accorgimento in- S.O.
età claudia, rinvenuti durante lavori del secolo telligente per evitare che le corde intralcias-
scorso, nell’area delle strutture (bacino e avam- sero le manovre degli addetti mantenendo
Bibliografia
bacino) dell’incile dell’emissario. Si tratta di due libero il cantiere in generale, specie se si con-
Il tesoro del lago 2001; Afan De Rivera 1836; Brisse, De
grandi lastre e tre frammenti in calcare locale. sidera la distanza tra argani e capre. Rotrou 1883; Burri, Castellani 1994; Burri 1994; Forti
Nel rilievo n.1 (che più interessa in questa se- Nel rilievo Torlonia, trovato nel cunicolo mag- 1994; Giuliani 2007; Letta 1994; Messineo 1979; Thor-
de) vi è la veduta di uno specchio d’acqua; in giore dell’emissario del lago del Fucino, di cui nton, Thornton 1985; Thornton, Thornton 1988.
alto una riva alberata in cui a destra due grup- Planimetria della zona dell’emissario: le lettere A-D indicano i tre segmenti della spezzata
pi di operai lavorano ad apparecchi forniti di (base orografica da Burri 1994) (C.F. Giuliani, 2001)
assi con tamburi, corde ed argani per estra-
zione verticale; in basso due navi di tipo lun- palesemente ad una diversa disposizione pro- si collegano travi inclinate e confluenti in una fi-
go da trasporto veloce solcano le acque spettica: è possibile interpretare queste strut- bula, appartenenti ad una capra molto defor-
procedendo verso sinistra, spinte da rema- ture come cavalletti alti all’incirca tre metri, che mata dalla prospettiva. Dalla fibula pende un
tori guidati dal pilota con timoni; reggono un asse centrale, la cui sezione supe- bozzello, evidentemente a due pulegge, da cui
misure: m. 0.627 x 1.075 x0. 228. riore presenta un doppio tamburo collegato con scende, a piombo, una coppia di corde tese.
La scena nell’angolo destro del rilievo n. 1 mo- un perno alla traversa in alto. L’estremità infe- L’identità dello schema, la distanza relativa agli
stra un cantiere in attività con due coppie di ope- riore è lavorata a cono per consentire la rota- argani e quella dei punti in cui le funi sembra-
rai che manovrano argani orizzontali. Le due zione. Il movimento era impresso da due operai no scomparire nel terreno, sono conferma che
macchine sono su piani differenti: l’inferiore sul- che spingevano i bracci di una traversa sotto- le macchine lavoravano separatamente. Si trat-
la riva del lago, l’altra, poco più indietro, a ri- posta ai tamburi. Ai cilindri, composti di legni ta dunque di strumenti levatori utilizzati per
dosso di una via. Nessuno degli argani è verticali distanziati in modo da lasciar vedere l’estrazione delle terre e le acque dai pozzi del-
completamente rappresentato, in quanto la sce- l’asse centrale, fanno capo due funi traenti, una l’emissario del Fucino. Esse funzionavano con
na continuava al di sopra e a destra. Le costru- per ciascun tamburo, applicate in senso inver- due funi ductarii facenti capo allo stesso boz-
zioni lignee sembrano identiche e l’inclinazione so, in modo che la stessa rotazione che avvol- zello: i secchi appesi permettevano un ciclo con-
del montante sinistro della superiore è dovuta geva l’una rilasciava l’altra. Alla macchina inferiore tinuo. Era importante che la distanza dell’argano

128 129
Sezione 11
tecnologia per lo spettacolo
impiantistica per il sollevamento degli animali e di porzioni della
Scenografie e macchine per spettacoli stessa arena (Beste 2001) (sez. 11, n. 10).
Nella Historia Augusta (Vita di Caro, Carino e Numeriano, 19) Fla-
vio Vopisco, nel raccontare i giochi, li definisce “ricchi di novità
spettacolari”, tra cui oltre a esibizioni di acrobati, “C’era anche
quella speciale macchina che eruttando fiamme incendiava la sce-
Giuseppina Pisani Sartorio na e che fu poi perfezionata da Diocleziano”, della quale però al-
tro non sappiamo.
Negli spettacoli d’epoca tarda, oltre alla esibizione di animali rari,
compaiono anche delle attrezzature: la cochlea, l’ericius e il conto-
monobolom. Con cochlea in cavea si indicavano degli sportelli gire-
voli che facilitavano l’entrata o l’uscita dall’arena degli uomini,
I ludi romani, cioè quell’insieme di festeggiamenti in occasione sia Scena di commedia bloccando il passaggio agli animali; la cochlea a quattro ante gire-
di feste religiose in calendario che di quelle organizzate per spe- (Napoli, Museo Restituzione virtuale di una scenografia da un affresco da Pompei con partiti voli di legno fatta di tavole e assi assemblate è raffigurata nei ditti-
ciali eventi o commemorazioni (trionfi di generali o imperatori, fu- Archeologico Nazionale; architettonici (Henrique Rossi Zambotti, in Ciancio Rossetto - Pisani ci tardo antichi (dittico di Areobindus di Zurigo e di Anastasius di
nerali di illustri personaggi) che a partire dal VI sec. a.C. fino al VI calco: Roma, Museo della Sartorio 2006). Parigi, Bibliothèque Nationale). L’ericius (il riccio) era una specie di
sec. d.C. occupavano i Romani per buona parte dell’anno, non fu- Civiltà Romana) gabbia di forma ovale (raffigurata nel dittico di Areobindus di Pari-
rono solo corse di cavalli nel circo o rappresentazioni teatrali, ma caratteristiche del teatro romano; Ammiano Marcellino ricorda gi, Musèe di Cluny), nella quale un uomo poteva rifugiarsi per sfug-
costituirono un aspetto essenziale dell’identità sociale, civile e re- che (14, 6, 18) “Siccome le biblioteche sono chiuse per sempre co- gire agli assalti delle fiere, rotolandosi sull’arena. Il contomonobolom
ligiosa romana, al punto che nei giorni ad essi destinati veniva so- me fossero tombe, si fabbricano organi idraulici”. Si riferisce al era formato da un palo centrale al quale erano attaccati due cesti
spesa ogni attività professionale, commerciale e pubblica. fatto che nel 383 erano stati espulsi i peregrini filosofi e cultori del- contenenti ciascuno un uomo: il palo doveva essere dotato di una
Le peculiarità strutturali dei teatri e degli anfiteatri sono illustrate le arti liberali (tra cui forse lo stesso Ammiano) mentre mimi e base girevole autonoma; sull’estremità superiore del palo veniva
in altra sezione di questa mostra (sez. 2); ma alcune caratteristi- ballerine e musicisti erano potuti rimanere (Traina 2006). Il pan- praticato un foro all’interno del quale scorreva una corda alla qua-
che legate non alla costruzione dell’edificio, ma al suo funziona- tomimo, introdotto a Roma nel 22 a.C. da Pilade di Cilicia e Batil- le erano attaccati alle opposte estremità i due cesti: strattonando la
mento in relazione alle attività che vi si svolgevano, sia allo lo di Alessandria, era una danza drammatica su soggetto storico corda l’occupante di un cesto determinava la salita dell’altro e la di-
spettacolo stesso (il sipario, la scenografia, l’acustica), che alla fre- o mitologico, dove l’attore era accompagnato da un coro e da scesa del suo e viceversa, forse aiutati da pertiche. Girando e va-
quentazione del pubblico (velario) permettono di definire una ‘tec- case di Pompei ci possono suggerire l’idea di come dovevano es- un’orchestra formata da un tibicine che batteva il tempo con lo riando la quota dei cesti si cercava di disorientare l’animale (orso).
nologia dello spettacolo’: gli aspetti tecnologici cioè nell’allestimento sere le effimere scenografie nei teatri romani diversamente da co- scabillum (Guidobaldi 1996). Dal momento che in teatro è fon- Un altro tipo di spettacolo comportava l’impiego di una ruota gire-
degli spettacoli, nelle invenzioni scenografiche ed effimere, sia tea- me ce le possono descrivere i testi letterari. damentale la diffusione della voce e del suono, importante era lo vole, sulla quale veniva legato un uomo che, esposto alle fiere, po-
trali che circensi o anfiteatrali, di cui qui illustriamo alcuni esem- Altra tecnologia dovevano richiedere gli spettacoli acquatici nel studio dell’acustica e di questo ci dà notizia puntualmente Vitru- teva salvarsi solo facendo girare velocemente la ruota (Rea 2001).
pi, ma che certamente potrebbero fornire, se approfondite, altri teatro, dove veniva allagata l’orchestra per permettere le evolu- vio (de Architectura, 5, 8, 1-2) (sez. 11, n. 9). I ludi circensi, iniziati nel VI secolo a.C. come giochi in occasioni di
spunti alla ricerca. zioni di nuotatrici: cisterne per raccogliere l’acqua, condutture di Le tecnologie nei ludi anfiteatrali dovevano essere ancora più spet- funerali, acquistarono sempre di più il favore del pubblico romano
Nel teatro romano molti aspetti funzionali sono legati al tipo di adduzione e di smaltimento, impermeabilizzazione dell’orchestra tacolari, dal momento che le battaglie gladiatorie non erano solo e sopravvissero alla caduta dell’impero d’Occidente nella corte bi-
spettacolo che vi si rappresentava: non più o non solo tragedie e (v. sez. 11, n. 4). combattimenti fra uomini, ma tra uomini e fiere ed occorreva una zantina. Una nuova attenzione per alcuni aspetti dello svolgimen-
commedie classiche tradotte o reinventate, ma nuovi tipi di rap- L’introduzione sempre più invasiva della musica è un’altra delle scenografia che inquadrasse l’ambiente con foreste e boschi, do- to della gara delle quadrighe ha permesso di ricostruire virtualmente
presentazioni (le stesse commedie di Plauto e Terenzio, ma so- ve tali animali abitualmente abitavano e, per rendere lo spettacolo l’andamento della gara e il meccanismo di controllo dei giri effet-
prattutto mimi, pantomimi, tragoedia saltata, tragoedia cantata, (le cacce, venationes) più veritiero gli allestimenti esibivano di vol- tuati mediante due contagiri (ovarium e delphinium, v. sez. 11, n. 11),
citharoedia, tetimimi), che richiedevano maggior mobilità e mi- ta in volta cambi spettacolari di scene e per le quali venne definito molto simili nella loro funzione ai tabelloni che segnano il punteg-
mica scenica da parte degli attori, non più legati all’uso della ma- ‘teatro per le cacce’. Le battaglie navali e le rappresentazioni di mi- gio delle squadre nei nostri stadi (Ioppolo 1999).
schera, apparecchiature sceniche nuove e l’introduzione sempre mi, come quello di Ero e Leandro, allestite per l’inaugurazione del La struttura stessa del carro da corsa, una struttura robusta, ma estre-
più importante della musica e della danza. Spettacoli quindi mol- Colosseo da parte di Tito nell’80 e poi da Domiziano nell’89 d.C.– mamente leggera e flessibile, era del tutto simile ai carrozzini dei mo-
to simili alla nostra ‘opera’, o ancor meglio all’’operetta’, dove re- come narrano Dione Cassio (66, 25, 4) e Marziale (Liber de spec- derni fantini; gli aurighi indossavano anche una specie di casco di
citativi e pezzi cantati si alternano. taculis, 20, 27) – richiesero certamente apparecchiature assai com- cuoio e feltro per proteggersi in caso di ribaltamento del carro.
In questo nuovo modo di fare teatro, gli accorgimenti teatrali do- plesse, funzionali, smontabili e riassemblabili in tempi brevi, che E l’editor spectaculorum, organizzatore di questi spettacoli, doveva
vevano avere un posto preminente, pur tenendo conto della pre- nessuno descrive, poi distrutte dalle successive trasformazioni in scegliere, utilizzare, calibrare tutta una serie di accorgimenti tecnolo-
senza della frons scaenae, elemento già di per sé scenografico che arena stabile (Rea 2001).Lo studio dei sotterranei del Colosseo ha gici per ottenere, come un moderno regista, effetti sempre più stra-
chiudeva il pulpito, dove agivano gli attori. rivelato una complessa e tecnicamente sofisticata organizzazione billianti per un pubblico sempre più esigente.
Lo studio dell’ottica, scienza della visione, da parte dei Greci for-
nisce le basi della teoria della prospettiva alla scenografia, che è
la tecnica di realizzazione di scenari teatrali realistici; la pittura ro- Bibliografia
mana di II e IV stile utilizza ampiamente e porta alle estreme con- Beste 2001, pp. 277-299; Chiarini G., La scena romana, in Savarese 1996, pp. 41-56; Ciancio Rossetto, Pisani
seguenze proprio l’uso della prospettiva sulle pareti ‘sfondate Sartorio 2006; Dupont F., I ludi scenici, in Savarese 1996, pp. 31-38; Guidobaldi M.P., Musica e danza in età
repubblicana e imperiale, in Savarese 1996, pp. 57-68; Ioppolo G., Il circo, in Ioppolo, Pisani Sartorio 1999; Rea
prospetticamente’ delle domus e gli stessi principi vennero utiliz- R., Il Colosseo. Teatro per gli spettacoli di caccia. Le fonti e i reperti, in Sangue e arena 2001, pp. 223-243; Russo
zati nella creazione dei fondali nella scena del teatro romano (Rus- Lecce, teatro: ricostruzione della frons scaenae e del suo apparato decorativo 2006, pp. 23-29; Sangue e arena 2001; Savarese N., Paradossi dei teatri romani, in Savarese 1996, pp. IX-LXXV;
so 2006): le prospettive scenografiche conservate sulle pareti delle (da F. D’Andria (a cura di), Lecce romana e il suo teatro, Lavello 1999, fig. 26). Traina 2006, p. 260.

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Sez. 11.1 - Teatro di Marcello Sez. 11.2a. - Velum/velarium ci che annunciavano lo spettacolo con la fra- Sez. 11.2b - Aulaeum o siparium
se ‘vela erunt’.
Plastico ricostruttivo: in scala 1: 100 Ricostruzione virtuale: Henrique Rossi Zambotti Negli anfiteatri, come il Colosseo, ma anche Ricostruzione virtuale: Henrique Rossi Zambotti
Realizzato da P. Fidenzoni
in quello di Pompei - come raffigurato in un
Misure: cm
Luogo di conservazione: Museo della Civiltà affresco nel Museo Archeologico Nazionale
Romana, inv. n. 1789 Nel teatro romano il pubblico era riparato dai di Napoli – e in quello di Capua, vi era un ana- Il sipario, elemento scenografico sconosciuto
Cronologia: 13/11 a.C. raggi del sole, dal momento che le rappre- logo sistema di copertura provvisoria: nel- ai Greci (siparium o auleum,che è però un ter-
sentazioni avvenivano di giorno, da un velum, l’Anfiteatro Flavio, sulla parete esterna mine greco, quindi un meccanismo simile do-
cioè un velario che veniva teso al si sopra del- dell’ultimo ordine 3 mensole per ogni inter- veva già essere in uso presso i Greci, forse era
Il teatro di Marcello, costruito da Augusto tra il la cavea e dell’orchestra. Plinio (Naturalis Hi- columnio, quindi 240 in totale, alle quali cor- di origine alessandrina?), sembra sia stato in-
terzo ed il secondo decennio a.C. e dedicato nel storia 19, 23) e Valerio Massimo (2, 4, 6) rispondono altrettanti fori nel cornicione trodotto nel 133 a.C., utilizzando ricchi tappeti
13 o nell’11 a.C. alla memoria del nipote, è sen- ricordano che i vela furono introdotti a Roma superiore, servivano a sostenere e ad inca- provenienti dal regno di Pergamo sui quali era-
za dubbio il meglio conservato tra i più antichi nell’80 a.C. da Q. Lutazio Catulo.: Q. Catulus, strare delle travi verticali, dalle quali partiva no rappresentati personaggi a grandezza na-
esempi di teatro di tipo romano, un edificio che Campanam imitatus luxuriam, primus spec- un sistema di 240 corde che andavano ad an- turale: quando il sipario veniva srotolato (tollitur)
non ha necessità di un pendio cui appoggiarsi, tantium consessum velorum umbraculis texit. nodarsi ad una ellisse pensile centrale all’an- dal basso verso l’alto, si aveva l’impressione
provvisto di salda unità architettonica, con la Nell’edificio sono notevoli l’uso calibrato dei elementi architettonici che decoravano la scae- E Marziale (14, 29) dice del teatro di Pompeo fiteatro; a queste corde era assicurato il velario; che queste persone lo sollevassero con le brac-
scena collegata alla cavea conclusa esterna- materiali e delle tecniche costruttive, e il siste- nae frons. a Roma: “In Pompeiano tectus spectabo thea- ogni settore del velario, secondo alcune ipo- cia. Infatti il sipario si ‘abbassava’ premitur),
mente dalla facciata semicircolare. ma ponderato di circolazione degli spettatori, Le strutture note della zona post scaenam sono tro, nam ventus populo vela negare solet”. tesi, poteva essere singolarmente manovra- scomparendo in una fossa, appositamente co-
Il progetto dell’edificio si presenta, già ad un pri- che si muovevano in varie migliaia. realizzate in travertino e peperino. Il velum o velarium, formato da più teloni del- to, secondo a quale settore della cavea doveva struita nel sottopalcoscenico (iposcaenium) del
mo esame, unitario e caratterizzato da ricerca La costruzione gigantesca poggia su un impianto Di considerevole interesse l’analisi dei percor- la consistenza delle vele delle navi di lino o co- essere fornita l’ombra. Le corde dovevano es- teatro romano ed iniziava lo spettacolo.
e sperimentazione di soluzioni nuove a pro- di fondazioni costituito da palificata solo nel set- si: i senatori e i personaggi che sedevano nella tone, colorato o dipinto, a volte di porpora, sere tese da verricelli e carrucole (v. sez. 2.1) La fossa o canale presenta in genere dei poz-
blemi ancora poco conosciuti. tore esterno e gettate di calcestruzzo (a piatta- proedria accedevano facilmente dagli ampi pas- poteva riparare dal sole, ma non dalle intem- e tale manovra assai complessa era affidata zetti (8 e più) nei quali erano inserite le anten-
Per valutare appieno l’importanza ed il signifi- forma o lineari, secondo i settori) che arrivano saggi in leggera discesa esistenti tra la parte ter- perie. Era teso tra perni inseriti nella parte più ad un corpo scelto di 100 marinai (classarii) ne o pali di legno che reggevano e irrigidivano
cato della struttura, basta considerarne le mi- ad un massimo di m 6,35 di profondità. minale della cavea e il palcoscenico; i cavalieri alta della cavea e pali inseriti sul primo gradi- della flotta del Misero, appositamente di- il telone e, forse, organizzate in più segmenti
sure: diametro circa 130 m, altezza presunta La struttura utilizza tecniche edilizie e materiali potevano sfruttare sette rampe in lieve salita per no inferiore della cavea (Arles) su una trama staccati a Roma nei castra Misenatium pres- ‘a cannocchiale’, venivano sollevate per mez-
intorno ai 32 m, capienza stimata circa di 15.000 differenziati in rapporto alle necessità costrutti- raggiungere la galleria interna denominata ‘dei si corde attaccate ai pali e tese da carrucole, so il Colosseo in occasione degli spettacoli. zo di carrucole installate ai due lati del pulpito
spettatori. ve e statiche, in particolare: nella zona esterna cavalieri’ dalla quale alcuni vomitori conduce- come avviene oggi nei tendoni dei circhi. e il cui alloggiamento è stato rinvenuto in più
Il teatro di Marcello aveva una cavea di forma della cavea – ambulacri e parte esterna dei for- vano direttamente nell’ima cavea. Più faticoso Tracce sono state trovate nei teatri di Pom- strutture teatrali.
approssimativamente semicircolare, sorretta da nici – è adoperata l’opera quadrata a grandi bloc- il percorso del popolo che aveva a disposizio- pei, Orange, Arles, Aspendos; ma il funzio- In età romana c’era anche un siparium, che
sostruzioni, costruite con un sistema molto chi di travertino per la facciata semicircolare, di ne sette accessi costituiti da una doppia rampa namento del velario rimane incerto. dissimulava il fondo della scena, davanti alla
avanzato da un punto di vista ingegneristico, tufo litoide per la controfacciata e le murature con gradini che si svolgeva in due fornici conti- Una iscrizione ricorda il restauro del velum del quale recitavano i mimi: era una tenda divisa
che danno luogo ad un insieme strutturale ben dei fornici; invece per i settori più interni sono gui con pianerottolo intermedio per guadagna- teatro di Efeso a cura di Giulia Potentilla in Bibliografia in due parti, che veniva raccolta ai lati, come
Ciancio Rossetto P., Pisani Sartorio G., Teatri antichi
articolato, organizzato su ambienti, a forma di presenti muri in cementizio rivestiti in opera re- re l’ambulacro ionico: da questo una parte saliva epoca severiana e quello del teatro di Patara un paravento (cfr. Apuleio, Metamorfosi 1,8;
greci e romani, Cd.Rom, Roma 2006 (con bibl.); Graefe
cuneo con funzioni differenziate secondo uno ticolata di tufo e, nei due ambulacri interni l’ope- al piccolo ambulacro superiore e da lì attraver- a cura della figlia di Velius Titianus nel 147 d.C. R., Vela erunt. Die Zeltdächer der römischen Theater 10, 29).
schema ripetitivo, disposti in duplice ghiera (for- ra laterizia. È da sottolineare che è probabilmente so altri vomitori nella media cavea, mentre un’al- La notizia che il velum avrebbe protetto gli und ähnlicher Anlagen, Mainz 1979; Neppi Modona A., Il sipario era importante per la scansione dei
nici e ambienti interni) e ambulacri; se ne sono il più antico uso documentato a Roma, su larga tra parte raggiungeva, attraverso percorsi con spettatori era specificata negli avvisi pubbli- Gli edifici teatrali greci e romani, Firenze 1961. tempi delle scene, nel teatro romano; ma
conservati quattro: due esterni sovrapposti e scala, dei mattoni (in questa epoca abitualmente duplice scala in due ambienti contigui con pia-
due interni distribuiti su piani sfalsati. Era con- si sfruttavano le tegole fratte). nerottolo intermedio, il piano superiore (quasi
cluso da una facciata semicircolare di cui sono All’interno dell’edificio trionfava il marmo: bian- del tutto distrutto) dove si smistava tra la sum-
tuttora visibili i due piani ad arcate: di ordine co rivestiva le gradinate, mentre colorato di va- ma cavea e la summa cavea in ligneis.
dorico-tuscanico l’inferiore, ionico il superiore. rie qualità e sfumature era impiegato negli P.C.R.
Le gradinate semicircolari - la cui scansione è
deducibile oltre che dal ritmo delle murature so- Bibliografia
Calza Bini 1953; Ciancio Rossetto 1999; Ciancio Ros-
struttive, anche dalla rappresentazione nella pian-
setto, Pisani Sartorio 2006; Ciancio Rossetto 2007;
ta riportata nella Forma Urbis Marmorea (v. sez. Ciancio Rossetto, Buonfiglio c.s.; Fidenzoni s.d.; La
1, n. 14) erano suddivise in quatto zone – ima, Bianca, Petrecca 1986.
media, summa, summa cavea in ligneis -, i cui
posti erano destinati alle varie classi di spetta-
tori; inoltre nell’orchestra vi erano alcuni grado-
ni per i sedili dei personaggi più importanti.
L’edificio scenico, conosciuto solo parzialmen-
te, aveva scena rettilinea, ampi ambienti latera-
li – le c. d. aule regie – e una zona post scaenam
a cielo aperto, conclusa da un muro articolato
dotato di larga abside verso il Tevere.

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certamente anche nel teatro greco, prima Sez. 11.3 - Colimbetra cisterne comunicanti con l’orchestra nella se- Sez. 11.4 - I due teatri di Curione Sez. 11.5 - Scenografia da un Si vedeva una montagna di legno, altissima,
dell’invenzione dell’auleum, ci doveva essere conda metà del IV secolo; teatro di Spoleto; pantomimo di Apuleio: simile al famoso monte Ida cantato da Ome-
una tenda o altro accorgimento, che impediva Ricostruzione virtuale: Henrique Rossi Zambotti teatro di Pompei, collegamenti sotto l’orche- Ricostruzione virtuale: H. Rossi Zambotti il ‘Giudizio di Paride’ ro, ricoperta di piante vere, tutte belle ver-
la vista della scena agli spettatori, mentre stra con un serbatoio per l’acqua. (2009) deggianti; dalla cima, grazie all’abilità del
veniva preparata la scena successiva. G.P.S. Ricostruzione virtuale: di Henrique Rossi Zambotti macchinista, scaturiva una sorgente che ver-
La parola veniva usata preferibilmente al plu- Per le rappresentazioni acquatiche, tetimimi, sava le sue acque giù per le pendici, come un
rale, aulaea, cfr. “aulaea premuntur”; “quattuor cioè danze acquatiche, e mimi a soggetto per fiume; alcune capre brucavano l’erbetta ed un
aut plures aulaea premuntur”(Orazio, 2,1,189); lo più mitologico (mimi e tetimimi), che per Bibliografia giovane, che rappresentava Paride, il pastore
Aricò G., Ostia antica e il suo teatro, in Teatro italia-
per far salire l’auleo, si diceva“aulaea tollun- le cacce in cui gli uomini erano impegnati con frigio, le guardava, stupendamente vestito con
no, I, a cura di P. Carriglio e G. Strehler, Bari 1993, pp.
tur”. Ovidio, 3, 111. “E così il giorno della festa, i coccodrilli,veniva usata l’orchestra come una 344 – 349. un mantello di foggia orientale, che gli scen-
quando viene sollevato il sipario nei teatri, si ve- piscina, detta con termine moderno ‘colim- Gismondi I., La colimbetra del teatro di Ostia, in An- deva dalle spalle ed una tiara d’oro sul capo”
dono sorgere delle figure dipinte che mostrano betra’: in tali occasioni l’orchestra veniva al- themon 1955, pp. 293-308. Come si vede, ci sono tutti gli elementi per
dapprima il loro viso, poi poco a poco tutto il re- lagata e alimentata mediante canalizzazioni Traversari G., Tetimimo e colimbetre, ultime manife- poter ricostruire nei dettagli la scenografia. E
stazioni del teatro antico, in Dioniso,13,1950, p. 18 ss.
sto, fino a che, tirate in alto con un movimento e serbatoi idrici di una certa consistenza (v.Daf- Apuleio prosegue in questa sua rutilante de-
Traversari G., Nuovi contributi alla conoscenza della
lento e progressivo, siano visibili tutte intere e po- ne, mosaico). colimbetra teatrale e del tetimimo, in Dioniso 15, 1952, scrizione con dettagli sui costumi degli atto-
sano i loro piedi sul bordo della scena” (cfr. an- L’uso dell’orchestra per spettacoli acquatici p.302 ss. ri, sulle nudità delle attrici-dee, sui movimenti
che Virgilio, Georgiche, 3, 24-25). presupponeva la presenza di una pavimen- Traversari G., Gli spettacoli in acqua nel teatro tardo- dei danzatori, che dovevano esprimere sen-
Un siparium deve essere raffigurato nel rilie- tazione impermeabile, di un condotto per antico, Roma 1960. timenti e azioni solo con i gesti, la danza e la
vo di Castel S.Elia: è un tendaggio a festoni, riempire la vasca dell’acqua con serbatoio o Plinio, a proposito di questa invenzione po- mimica. E così prosegue:
che scende dall’alto verso il basso con file ver- acquedotto e di una via d’uscita o di deflus- neva la domanda “Che cosa ci deve meravi- “Dunque, terminato il giudizio di Paride, Giu-
ticali di anelli, entro i quali scorre il cordone so dell’acqua probabilmente da un euripus, gliare di più, l’inventore o l’invenzione?” none e Minerva, deluse entrambe e indispet-
per la manovra, fissato ad un anello più bas- prevedendo anche la chiusura delle parodoi (Naturalis Historia, 36, 24, 113-115) tite, uscirono dalla scena, manifestando a
so (v. teatri di Orange e di Aspendos). con delle paratie. Sempre Plinio così li descrive (36, 34, 117): Pompei. Affresco. Il giudizio di Paride (Ins. V. 2. 15, gesti il loro disappunto per l’umiliazione su-
Canali per il sipario, al di sotto del pulpito, so- Le colimbetre sono state individuate in una “Due vasti teatri poggianti su piattaforme ro- triclinio I, parete ovest) (Napoli, Museo Archeologico bita; Venere invece, giuliva e sorridente espres-
no stati trovati in moltissimi teatri, quali Vien- ventina di teatri, ma appare abbastanza evi- tanti indipendenti; da essi, dopo la rappre- Nazionale) (da Rosso Pompeiano, 2007, p. 102). se nella danza la sua gioia, ch’ella eseguì con
ne, Autun, Pompei, Ercolano, Lione, Arles, dente che un’indagine più attenta in questa sentazione antimeridiana fatta quando erano tutto il suo corteggio.
Dugga, Timgad, Tipasa; nell’odeon di Corin- direzione potrebbe fornire nuovi risultati. contrapposti in modo che le scene non si osta- Nel racconto, inserito nelle Metamorfosi di Ad un tratto, dalla cima del monte, attraver-
to etc. Teatro di Gioiosa Ionica; teatro di Dafne ad An- colassero a vicenda – facendoli girare su se Apuleio (10, 29,4-32; 34,1-2), della rappre- so un tubo nascosto, sprizzò in alto un get-
G.P.S. tiochia con condotto per l’acqua al centro del- stessi […] anche con alquanti spettatori, si ot- sentazione nel teatro di Corinto di un panto- to di vino misto a zafferano che ricadendo
l’orchestra, teatro di Dioniso ad Atene: teneva un anfiteatro ricongiungendo le estre- mimo, che aveva per tema “il giudizio di qua e là come una pioggia profumata, bagnò
Bibliografia colimbetra e canale di scarico; teatro di Mon- mità delle cavee” Paride”, si descrive una vera e propria sce- le capre che pascolavano lì intorno, facendo-
Ciancio Rossetto P.- Pisani Sartorio G., Teatri antichi greci tegrotto: colimbetra per tetimimi; teatro di Ar- Per il movimento dei due teatri va ipotizzato nografia: un danzatore diverso per ogni per- le più belle, tutte d’oro, da bianche che era-
e romani, Cd.Rom, Roma 2006 (con bibl.); Daremberg,
go: con parapetto circoscrivente la colimbetra l’uso di piattaforme girevoli (v. sez. 2, n.15). sonaggio e la parti femminile erano intepretate no. E mentre il profumo soave si spandeva
Saglio 1877-1918, s.v. mimus e histrio; Graefe R., Vela
erunt. Die Zeltdächer der römischen Theater und e canali di scarico; teatro di Corinto; teatro di G.P.S. da donne senza l’uso della maschera con ac- per tutto il teatro, s’aprì una voragine e il mon-
ähnlicher Anlagen, Mainz 1979; Neppi Modona A., Gli Ostia: identificazione della colimbetra sulla compagnamento di musica di flauti. te di legno sprofondò sotto terra”.
edifici teatrali greci e romani, Firenze 1961. base della trasformazione di due taberne in Dopo un balletto di giovanetti e fanciulle, ec-
co che “... uno squillo di tromba pose fine a Bibliografia
Bibliografia Kelly H.A., Tragedia e rappresentazione della tragedia
Brandt J.R., Curio’s Curious Theatres, in ‘Ultra terminum tutte quelle giravolte e a quei complicati eser-
nella tarda antichità romana, in Savarese N. (a cura
vagari’. Scritti in onore di C. Nylander, Roma 1997, pp. cizi, le tende furono arrotolate, il sipario ven- di), Teatri romani. Gli spettacoli nell’antica Roma, Bo-
51-57 (con bibliografia precedente) ne piegato e apparve la scena. logna 1996, pp. 69-98.

272 273
Sez. 11.6 - Organo idraulico Ricostruzione dell’organo idraulico descritto da po di strumento, alto circa m 1,20 e largo 70 Sez. 11.7 - Organo a mantice 0 Un’iscrizione nella parte posteriore dice che
Vitruvio (da Guidobaldi 1992) cm, 24 canne di varia altezza con diametro di ‘pneumatico’ di Aquincum lo strumento fu donato nel 228 d.C., sotto il
cm 1,8 e 16 canne della metà di tale diame- consolato di Modesto e Probo, al collegio dei
Nel mondo romano l’organo idraulico (orga- tro in forma conica, che presentano nel pun- Originale: Aquincum (Budapest), Museo pompieri (collegium centonariorum) da Giu-
Archeologico
num hydraulicum) è ricordato da Plinio (Na- to di inserimento nella cassa un’apertura come lio Vittorino, decurione della colonia di Aquin-
Datazione: 228 d.C.
turalis Historia, 7, 125) come l’invenzione per nelle canne degli organi moderni, in cui l’aria Ricostruzione: eseguita dal dott. Nagy, donata e cum e prefetto di quel collegio.
cui è degno di fama Ctesibio di Alessandria, spinta dai mantici fuoriesce e produce delle conservata presso il Museo della Civiltà Romana, L’organo è composto di 52 canne su quattro
insieme alla pompa idraulica (ratione pneu- vibrazioni sonore che vengono moltiplicate inv. n. 2870 registri di tredici canne ciascuno. Il somiere,
matica), e bisogna sottolineare che nello stes- dall’ascesa dell’aria nel corpo della canna. lungo 27 cm, largo 8 ed alto 13,4, è costruito
so paragrafo Ctesibio è citato accanto ad A.I. nello stesso modo di quello descritto da Vi-
Archimede. Non sappiamo quando questo L’organo a mantici o ‘ pneumatico’, molto più truvio, con la sola differenza che in luogo dei
strumento sia stato introdotto a Roma dal leggero di quello idraulico e quindi più facil- rubinetti regolati da maniglie di ferro ci sono
Bibliografia
mondo ellensitico, ma ne parla Cicerone, quin- Su Ctesibio e sul suo ruolo nel mondo scientifico mente trasportabile, doveva già essere in uso delle chiusure a scorrimento più solide e più
di doveva essere in voga intorno alla metà del greco: nei primi anni dell’età imperiale ed è ricor- facilmente manovrabili. Nell’accumulatore ad
I sec. a.C. Alcune informazioni sulla colloca- Drachmann A., Ctesibios, Philon und Heron. A study dato da Polluce (4, 69-70) nel II sec. d.C.. aria compressa sono quattro canali da aprire
zione dello strumento vengono date da Sve- in Ancient Pneumatic, Copenhagen 1948; L. Russo, La L’originale è stato rinvenuto nel 1931 in una e chiudere a mezzo di valvole dei registri, se-
rivoluzione dimenticata. Il pensiero scientifico greco e
tonio e Petronio (v. sez. 3, n. 8). Svetonio casa di Aquincum (Budapest), quasi certa- condo su quale fila di canne si doveva suo-
la scienza moderna, Milano 2008.
ricorda in particolare la passione di Nerone Sugli automata, sul loro ruolo nel mondo greco e mente la schola dei pompieri della città. nare. I mantici venivano adattati direttamente
per l’organo, che l’imperatore soleva anche romano e una loro ricostruzione: al somiere, spingendo dentro l’aria compressa
suonare: “E non convocando neppure ora il Pugliara M. Il mirabile e l’artificio. Creature animate e come in una zampogna. Oltre al mantice ge-
senato o il popolo, chiamò alcuni tra gli uo- semoventi nel mito e nella tecnica degli antichi, Roma neratore d’aria era indispensabile un manti-
2003.
mini più illustri e, conclusa rapidamente la Petronio, poichè con il passare del tempo du- ce compensatore o regolatore senza il quale,
Per un’introduzione agli aspetti teorici della musica
consultazione, passò il resto della giornata rante spettacoli teatrali o ludi gladiatori, era nel mondo greco e romano: tra ogni arrivo nuovo d’aria, il suono si sa-
tra organi idraulici nuovi e sconosciuti (orga- possibile assistere anche ad esibizioni mu- Comotti G., La musica nella cultura greca e romana, rebbe spento. Una lastra di bronzo con 52
na hydraulica novi et ignotis generis), mo- sicali libere da ogni vincolo e praticate da vir- Torino 1979. aperture serve da copertura della secreta a
strandoli uno per uno, spiegando il loro tuosi dello strumento. Il passo di Svetonio è In particolare sulla musica nel mondo romano: vento. Sulle aperture sono le val-
Wellesz E., New Oxford history of music, 1. Ancient and
funzionamento e le difficoltà nel suonarli ed inoltre utile poichè offre anche altre infor- vole dei tasti. In mezzo al leggio
Oriental music,London 1957; Guidobaldi M.P., Musi-
affermò che li avrebbe presentati in teatro, se mazioni: in primo luogo, Nerone mostra mo- ca e danza in età repubblicana e imperiale, in: Teatri sono le canne della prima fila di-
Vindice lo avesse permesso”(Nero 41); “ver- delli di organo idraulico sconosciuti, per cui romani. Gli spettacoli nell’antica Roma. Bologna 1996. sposte in ordine di grandezza
so la fine della sua vita aveva fatto voto, se è possibile ipotizzare che fosse in atto l’evo- Per una ricostruzione dell’organo idraulico ed e unite da nastri.
nulla fosse mutato della sua condizione, di luzione tecnica dello strumento che lo por- un’analisi della descrizione di Vitruvio: Due organi simili sono raffi-
Frau B., Pompe e organi musicali del III sec. a.C. Note
prender parte ai giochi celebrati per la Vitto- terà ad abbandonare l’impianto idraulico gurati sulla base dell’obelisco
di tecnologia meccanica antica, Roma 1980; Moretti
ria come suonatore di organo idraulico (hy- utilizzando mantici per trasmettere aria alle C. L’organo italiano, Monza 1997; Landels J.G., Music di Teodosio a Costantinopoli.
draula) ed anche come flautista, suonatore canne, e si può ipotizzare che vi fu probabil- in ancient Greece and Rome, London, Routledge 1999. G.P.S.
di cornamusa e l’ultimo giorno come attore mente un periodo in cui i due strumenti, l’or- Pandermalis D. L’hydraulis di Dion, in Eureka! il genio
nel ruolo del Turno virgiliano” (Nero, 54). gano idraulico e l’organo a mantici, vennero Mosaico dalla villa di Nennig (Treviri) con degli antichi, Catalogo della mostra, Napoli 2005, pp.
150-153.
Petronio, nella descrizione del banchetto di utilizzati contemporaneamente, fino a che il suonatore di corno e un organista (età adrianea)
Trimalchione, dà un’informazione importante secondo, in seguito ad una sua evoluzione
sull’utilizzo dell’organo idraulico: “Avanzò tecnica, fu preferito al primo per i minori co- le espressamente che l’organo suonasse sem-
immediatamente il tagliatore che, con gesti sti di impianto e manutenzione. Svetonio of- pre al ritorno nella sua residenza (Historia Bibliografia
pantomimici, a suon di musica, fece a pez- fre però anche un ulteriore informazione: Augusta, 2, 87, 10). C’è da notare che lo stru- Callebat, Fleury 1986, pp. 170-179;
zetti la pietanza con uno stile che lo faceva Nerone infatti parla del funzionamento del- mento resterà un elemento cardine nella cor- Guidobaldi 1992, pp. 47-53; Kaba 1976;
sembrare un gladiatore essedario che com- lo strumento e della difficoltà (difficultate) in- te di Bisanzio mentre tenderà a scomparire Perrot 1965; Walcker-Mayer 1970.
batte accompagnato dalla musica dell’orga- contrata nel suonare, poiché effettivamente in occidente, per poi essere sempre presen-
nista (ut putares esssedarium hydraule l’organo era uno strumento estremamente te nel mondo bizantino, da dove sarà ripor-
cantante pugnare)”. L’organo era dunque po- complesso non solo da realizzare, ma anche tato in Europa nel VII ed VIII sec d.C.
sto nei teatri e negli anfiteatri (sicuramente da suonare; probabilmente le due pompe era- Numerosi sono i mosaici, i graffiti, le scultu-
per la sua caratteristica di produrre suoni no azionate non dall’organista ma da due re e le terrecotte che lo raffigurano. Ma le de-
molto forti), accompagnava le rappresenta- persone poste ai suoi lati, l’organista dove- scrizioni più accurate sono quelle di Erone
zioni teatrali e gli spettacoli gladiatori, con- va invece occuparsi della tastiera e dei ma- (Spir. I (66), 42) e di Vitruvio (De architectu-
fermando dunque che la musica in età nubri necessari ad aprire i canali. Nel corso ra, X, 8, 1-6).
romana aveva un legame con il mondo del dell’età imperiale l’organo divenne un ele- Nel 1992 a Dion in Grecia è stato ritrovato un
teatro quasi inscindibile; ciò non significa che mento fondamentale per il cerimoniale di cor- organo idraulico, databile, come quello di
la musica dell’organo fosse utilizzata esclu- te, a tal punto che nell’Historia Augusta viene Aquincum (v. sez. 11, n. 8), al I-II sec. d.C.: è
sivamente come sottofondo, come racconta sottolineato che Gallieno nel III sec. d.C. vol- il primo esempio monumentale di questo ti-

274 275
Sez. 11.8 - Vasi di risonanza e si può intuire (nei teatri lignei) anche dal com- Sez. 11.9 - Ascensore per le fiere Sez. 11.10 - Funzionamento del
l’acustica nei teatri romani portamento dei citaredi che per alzare il tono nel Colosseo meccanismo delle uova e dei
della voce si girano verso le porte della sce- delfini sulla spina e tecniche della
Ricostruzione virtuale di Henrique Rossi Zambotti na che fungono da casse di risonanza. Si de- Plastico ricostruttivo corsa circense
Luogo di conservazione: Roma, Museo della Civiltà
ve invece ricorrere al sistema dei vasi
Romana, inv. n. 2801
Vitruvio, architetto romano dell’età augustea, risuonatori di bronzo, quando i teatri sono
nel suo manuale (De architectura, 5, 8, 1-2) costruiti con materiali solidi, in muratura, in Lo spettacolo più frequente che si svolgeva
raccomanda per la costruzione di un teatro pietra o in marmo, che per loro natura non nel circo erano le corse dei carri (ludi cir-
di scegliere un luogo “dove la voce possa giun- risuonano. 8. Se poi vogliamo sapere dove I 15 corridoi in cui si articolano i sotterranei censes): dodici carri, tre per ciascuna delle
gere leggera senza essere ostacolata e rim- siano state applicate queste norme, a Roma dell’Anfiteatro Flavio sono il più grande im- quattro fazioni (la blu, la verde, la bianca, la
balzare indietro trasmettendo all’orecchio non saprei indicare nessun teatro; in com- pianto di questo tipo conosciuto, con il solo rossa); la migliore posizione di partenza era
suoni confusi”, e distingue i luoghi in disso- penso ve ne sono in alcune città italiche e da confronto con quelli degli anfiteatri di Capua, scelta tramite sorteggio. All’apertura dei can-
nanti, circumsonanti, resonanti e consonan- molte parti in Grecia. Abbiamo inoltre anche Pozzuoli e Thysdrus (El Jem). celli degli stalli (carceres), i carri si lanciavano
ti; per il teatro sono ideali i luoghi consonanti, la testimonianza di Lucio Mummio, il quale Per rendere sempre più eccezionali gli spetta- sulla pista e, dopo aver passato una linea
dove la voce, secondata dal basso, aumenta dopo la distruzione del teatro di Corinto, fe- coli venivano messi in scena nell’arena vere e bianca posta davanti alla tribuna dei giudici
di volume a mano a mano che sale e giunge ce portare a Roma quei vasi risuonatori di proprie rappresentazioni di miti o di eventi sto- di gara, dovevano effettuare per regolamento
all’orecchio chiara e distinta. Così operando bronzo e li consacrò come bottino di guerra rici e negli ipogei trovavano collocazione gli sette giri completi (per un totale di 5000 me-
nella scelta del luogo “si otterrà in teatro un nel tempio della Luna. Molti abili architetti, apparati scenici per far comparire all’improv- tri nel Circo Massimo o 3000 nei circhi più
effetto sonoro ottimale sfruttando al meglio che costruirono teatri in piccole città, non po- viso sull’arena uomini, fiere e scenografie. Anfiteatro Flavio. Ricostruzione del sistema di piat- piccoli). Il numero sette è simbolico: sette i
l’effetto della voce”. tendo disporre di vasi di bronzo, scelsero co- Un accurato studio, rilievi ed analisi del mo- taforme a scivolo nel corridoio H (da Beste 2001, p. pianeti che nel sistema tolemaico girano in-
Tuttavia quando l’acustica del luogo non era me strumenti di amplificazione dei vasi di numento (Beste 2001) ha potuto ricostruire 295, fig. 18) torno alla terra; la corsa si svolge intorno alla
sufficiente, si ricorreva ad accorgimenti tec- bronzo di dimensioni proporzionate a quelle terracotta opportunamente disposti secondo nel dettaglio il funzionamento di questi ap- spina, elemento che divide la pista di andata
nici, di cui ci parla in altra parte del suo libro del teatro e realizzati in modo che per effet- queste regole, ottenendo ottimi risultati”.(tra- parati scenografici: nel corridoio B erano in- dei veri e propri scenari: le piattaforme face- da quella di ritorno, alle cui estremità ci sono
sempre Vitruvio e che - anche se raramente to di percussione sonora emettano note di duzione di L.Migotto) stallati 28 ascensori ed altrettanti argani di vano parte del pavimento dell’arena, che al- le due mete, anche queste simbolicamente
e con qualche dubbio - sono stati riconosciuti quarta, quinta e così via fino alla doppia ot- Sembra che nel teatro ellenistico-romano di tipo semplice, smontabili secondo le neces- l’occorrenza venivano fatte inclinare di 30° e, indicano il giorno e la notte; la spina è cir-
o si è creduto di riconoscere in alcuni teatri, tava. Si dispongano poi questi vasi in appo- Aizanoi in Frigia alcune nicchie, che si trova- sità degli spettacoli, le funi passavano su car- tenute con corde e verricelli, fatte scivolare su condata da un bacino d’acqua, simbolo
come ad esempio a Nora in Sardegna, dove site cellette situate fra i seggi del teatro, no ad intervalli nella cavea, possano avere rucole fissate alla struttura sottostante la guide fino a livello dei sotterranei: qui veni- dell’oceano; al centro si leva l’obelisco, sim-
grandi orci rinvenuti sulla scena sono stati at- calcolandone gli effetti sonori e senza che sia- avuto funzione acustica. pavimentazione in legno dell’arena (oggi non vano caricate con le scenografie e le persone bolo solare: ogni giro della pista da parte
tribuiti a sistemi di risonanza; in altri teatri, il no a contatto con qualche parete, ma abbia- G.P.S. più esistente). L’ascensore/gabbia non saliva e, sempre per mezzo di verricelli o argani, ri- dell’auriga corrispondeva ad una giornata, i
ritrovamento di spazi vuoti dislocati a inter- no piuttosto uno spazio vuoto tutt’attorno e fino al livello dell’arena, ma si fermava ad un portate nella loro posizione iniziale a livello sette giri ad una settimana; i dodici stalli po-
valli regolari sulla cavea ha fatto pensare a sopra. Si badi inoltre a disporli rovesciati e in Bibliografia livello immediatamente sottostante il pavi- dell’arena. tevano essere assimilati ai dodici mesi o alle
meccanismi artificiali per l’amplificazione del- modo che poggino su di una base a forma di Bardis P.D., The Theater of Epidaurus and the myste- mento e le fiere raggiungevano l’arena spin- G.P.S. dodici costellazioni e i quattro cavalli alle
la voce. cuneo di almeno mezzo piede e siano rivolti rious vanishing vases, in Platon 41, 1989, pp. 16-19; Frau te su di un piano inclinato o rampa, che veniva quatto stagioni. Lo scopo della gara non era
1987; Guglielmetti F., Le metodologie per l’analisi e il
La stessa pedana lignea del palcoscenico, sul- verso la scena. Di fronte a queste cellette si manovrata solo al momento dell’ingresso nel- quello di essere i più veloci, ma di arrivare per
recupero funzionale dell’acustica nei teatri antichi, in
la quale recitavano gli attori, poteva servire pratichino delle aperture alte mezzo piede e l’arena delle belve. Bibliografia primi. Lo stato di avanzamento della corsa
Atti del Convegno “Teatri antichi nell’area del Medi- Beste H.J., I sotterranei del Colosseo: impianto, tra-
da cassa armonica. Nei teatri romani la tet- larghe due, in corrispondenza dei posti situati terraneo”,Siracusa 13-17 ottobre 2004, Palermo 2006, Nei corridoi definiti H e F erano inserite 20 veniva indicato al pubblico e ai giudici di gara,
sformazioni e funzionamento, in Sangue e arena, Ca-
toia di legno, che copriva la scena, il muro di sulle gradinate più basse”. A seconda della pp. 58-71; Mazzeo A., La rinascita del teatro antico, Ro- piattaforme mobili di circa m 4 x 5 usate per talogo della mostra, Roma 2001, pp. 277-299 (con che ne controllavano e garantivano il regolare
fondo e le pareti dei parasceni potevano for- nota emessa dal vaso, questo veniva collo- ma 2001, p. 96 ss.; Poulle P., Les vases acoustiques du sollevare nell’arena le decorazioni per creare svolgimento, da due contagiri, i piccoli edifici
bibliografia)
théâtre de Mummius Acaius, in RA, 1, 2000, p. 45 ss.;
mare una cassa di risonanza. cato in uno spazio ben definito in relazione delle uova e dei delfini posti sulla spina,
Tosi G., Il teatro antico nel De Architectura di Vitruvio,
Vitruvio scriveva (De Architectura, 5, 1-2; 8) - anche alle dimensioni del teatro. in RdA 21, 1997, pp. 49-75, figg. 1-2; Vitruvio, De Ar- ognuno dei quali era composto da sette ele-
non sappiamo con quanta sperimentazione E Vitruvio, romano, continua in merito alla chitectura, edd. P. Gros, E. Romano, A. Corso, Einau- menti mobili (uova e delfini) che indicavano
pratica - che bisognava “far fare dei vasi di propagazione del suono: “7… Ciò del resto lo di, Torino 1997, pp. 688, 696-697. i giri effettuati ed erano manovrati da un ad-
detto, che riceveva un segnale dai giudici di
gara. L’aspetto di questi contagiri è ben nota
dai mosaici e dai bassorilirvi che li rappre-
sentano, ma soprattuto sulla base dei resti
del circo di Leptis Magna è stata possibile una
ricostruzione virtuale.
Il contagiri con le uova (ovarium) era una pic-
cola trabeazione parallela alla spina, per es-
sere visibile dai giudici di gara, sorretta da
due colonnine distanti l’una dall’altra circa
2,10 metri, sulla quale poggiava una barra me-
tallica o di legno con sette fori nei quali erano
inserite delle aste di legno alla sommità delle

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quali erano infisse le uova (probabilmente in Sez. 11.11 - Carro da corsa
marmo del diametro circa 20/25 cm) (v. mo-
saico di Lione) e che dovevano essere alzate Materiale: legno
Riproduzione: Roma, Museo della Civiltà Romana
– una dopo l’altra - di circa 1 metro per se-
Restitutione virtuale: F. Fauquet, Ausonius, Bordeaux
gnalare l’inizio del giro: quando veniva alzato
l’ultimo uovo, voleva dire che era inziato l’ul-
timo giro dei carri.
Una struttura simile, larga circa 2 e alta circa Il carro da corsa era un veicolo stabile e leg-
4,70 metri, doveva sorreggere i delfini (del- gero, ma allo stesso tempo molto robusto
phinium), posta dal lato dei carceres e per- poiché doveva sopportare il traino di nume-
pendicolare alla spina. I delfini in bronzo cavi rosi cavalli. Di questo mezzo di trasporto non
all’interno (misure ipotetiche m 1 x 0,50 x 0,25) 4. Restituzione delle dimensioni dell’edicola dei ci sono giunti esemplari, ad eccezione di un
erano inseriti su perni ruotanti posti su delfini del circo di Leptis Magna modellino in bronzo rinvenuto nel Tevere. Le
un’unica barra orizzontale, cava anch’essa 2. Restituzione delle dimensioni dell’edicola delle (F. Fauquet, Ausonius) sue ipotesi ricostruttive sono dunque state
all’interno che serviva da asse di rotazione, uova del circo di Leptis Magna realizzate esclusivamente sulla base della do-
nella quale scorreva l’acqua che riempiva i (F. Fauquet, Ausonius) cumentazione figurata, rilievi e mosaici, mol-
delfini. L’operatore, che utilizzava una scaletta to abbondante anche se spesso assai generica.
per monovrare i delfini, nell’abbassarli faceva Il carro da corsa era costituito da due ruote,
uscire un getto d’acqua dalla loro bocca, ac- sistemate all’estremità posteriore del carro,
qua che finiva nel canale (euripus) della spina. e così tutto il peso della struttura gravava sul- Restituzione del carro da corsa
L’abbassarsi dell’ultimo delfino doveva indi- la parte anteriore, cioè sul timone; questo era (F. Fauquet, Ausonius)
care la fine della gara. ricurvo verso l’alto e lungo 2,5 m, e partiva
F.F. dall’assale per mezzo di un attacco a T. La
parte del pianale era costituita da un rettan-
Bibliografia golo, leggermente ricurvo nella parte ante- Il carro da corsa giunse in ambiente romano
Fauquet 2008, pp. 261-289; Ioppolo, Pisani Sartorio 3. Restituzione della posizione dell’edicola delle 5. Restituzione della posizione dell’edicola dei riore, di circa 35 cm di lunghezza e 70 cm di direttamente dal mondo greco, attraverso la
1999; Pisani Sartorio 2008, pp. 47-78. uova sulla spina del circo di Leptis Magna delfini sulla spina del circo di Leptis Magna larghezza. Per rendere più leggero il veicolo mediazione culturale del mondo etrusco. Ta-
(F. Fauquet, Ausonius) (F. Fauquet, Ausonius) sia il pavimento che il parapetto non erano di le tipo di veicolo fu però perfezionato dai Cel-
legno massiccio, ma costituiti da un traliccio ti, che dal V sec. a.C. al III d.C. lo impiegarono
di bacchette lignee su cui poggiava una leg- nel contesto bellico, in cui conferiva maggio-
gera sfoglia di legno, o un copertone di cuo- re mobilità ai guerrieri: l’abilità degli aurighi
io, che riparava le gambe dell’auriga. britannici è ampiamente lodata da Cesare nei Ricostruzione grafica
Il carro da corsa romano, a differenza di quel- suoi Commentarii De Bello Gallico. di un carro da corsa
lo celtico o greco, era guidato da un solo au- Il luogo prediletto per i giochi nel mondo ro- (G. Ioppolo)
riga. Generalmente veniva trainato da quattro mano fu fin dalle origini la valle paludosa tra
cavalli, due aggiogati al centro e due, ai lati il Palatino e l’Aventino, dove fu realizzata l’im-
di questi, legati direttamente al carro per mez- ponente struttura del Circo Massimo, che po-
zo di funi (funales). Questi ultimi, durante la teva ospitare fino a 250.000 spettatori. tanti della nuova capitale dell’Impero divi-
gara, sostenevano lo sforzo maggiore. A vol- Durante l’Impero gli aurighi erano presi a ser- dessero i loro interessi tra la passione per la
te il carro veniva trainato da un numero mag- vizio da fazioni, che erano distinte da diversi corsa dei carri e i discorsi teologici.
giore di cavalli, che poteva andare da sei a colori, e fomentavano un violento entusiasmo I.F.
dieci (Isidoro, Originum seu Etymologiarum tra tutte le classi della società romana: i mi-
liber XVIII, 36; Virgilio, Aeneidos liber XII, 164; gliori passavano da una fazione all’altra, co-
Sant’Agostino, De Civitate Dei, XIX, 3). Le iscri- me nel moderno mondo calcistico. Questo Bibliografia
Amouretti 1991, pp. 219-232; Cagiano de Azevedo 1938;
zioni ci attestano che l’auriga M. Aurelio Po- tipo di competizione agonistica sopravvisse
Daremberg-Saglio, s.v.; Fauquet 2008, pp. 261-289.;
linice gareggiò su carri trainati da otto e nove all’arrivo del Cristianesimo, e l’entusiasmo da Ioppolo, Pisani Sartorio 1999; Jope 1993, pp. 544-571;
cavalli (CIL VI, 10049), mentre in una gem- essa scaturito fu forse più violento a Costan- Pisani Sartorio 2008, pp. 47-78; Raepsaet 2002; Rus-
ma ne compaiono addirittura venti. tinopoli che a Roma: è stato detto che gli abi- so, Russo 2008; Weber 1986; Weber 2007; White 1984.

1. Ricostruzione dello svolgimento della corsa circense (M. Peres, F. Fauquet, Ausonius)

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Fig. 1 Trick-Vase, matiche e idrauliche – quella fondamentale in questo caso è che
Tecnologia per stupire: gli automata nel mondo romano ricostruzione del ‘vaso- l’aria si comporta un corpo che occupa un certo spazio – da par-
scherzo’ da Erone di te di chi li realizzava. Le indicazioni di Erone su come nasconde-
Alessandria, Pneumatica re il meccanismo che genera l’azione dell’automaton lasciano
1, 9: si tratta di un trasparire questa tensione tra l’ideatore-meccanico, che conosce
recipiente per liquidi, la le cause del movimento, e spettatore che non può vedere rima-
Marco Galli cui ansa è cava all’interno nendo preda della suggestione.
e che prosegue con un Oltre a singoli oggetti “meravigliosi” Erone descrive pure tutta una
piccolo tubo (ξ−η) per serie di più complessi congegni automatici che combinano prin-
l’aria all’interno del cipi della pneumatica con l’utilizzo di espedienti idraulici, grazie
recipiente stesso; l’ansa è all’uso di acqua corrente: si tratta per lo più di impianti di fonta-
dotata di un piccolo foro ne artificiali, destinate per dimensioni a luoghi aperti, ad esempio
Per mezzo dell’interazione di aria, fuoco, acqua e terra e com- modello nuovo e sconosciuto (organa hydraulica novi et igno- (κ) che permette l’entrata i lussuosi giardini residenziali. Un caso suggestivo è quello di una
binando tre o quattro principi, possono essere realizzati con- ti generis), e ne fece esaminare ogni singola parte, illustrando o il blocco dell’aria fontana (v. sez. 11.12a) che prevede la presenza di un animale in
gegni diversificati, i quali, da un lato provvedono ai maggiori il meccanismo e le complesse strutture che presentavano, e all’interno del vaso. bronzo: quando l’animale segnala, emettendo un suono, la pro-
bisogni della vita, mentre dall’altro generano stupenda mera- promettendo loro che li avrebbe ben presto fatti vedere in tea- L’interno del vaso è dotato pria sete attirerà l’attenzione di uno spettatore, che porgendogli
viglia (ekplektikos thaumasmos) tro, se Vindice glielo avesse permesso” (Svetonio, Vita di Ne- di un fondo intermedio un recipiente pieno d’acqua, permetterà all’animale “assetato di
(Erone di Alessandria, Pneumatika 2, 18-20) rone, 41, 2 trad. F. Dessì, Milano 1982) (υ−δ) che divide lo spazio bere”, ovviamente per un effetto di aspirazione dell’acqua. La con-
interno in due settori, cezione di un siffatto congegno è interessante sotto due aspetti:
Tecnologia come utilitas e come meraviglia: per quanto possa ap- In questa associazione non è sembrato casuale che anche Erone comunicanti per una serie l’effetto illusionistico di vita, attraverso suono e la finzione del be-
parire un’associazione strana, la nozione di vantaggio o utilità, no- parli di nuovi tipi di organi (Erone, Pneumatica 1, 42) rispetto a di piccoli fori (ε) re, e, soprattutto, l’aspetto dell’interazione con uno spettatore-at-
zione tanto cara alla mentalità romana, si è prestata ad essere modelli già esistenti, soprattutto al primo esemplare inventato in- tore. Constatiamo, quindi, la commistione tra conoscenze e
coordinata alla sfera del divertimento e dell’espressione del lusso. torno alla metà del III sec. a.C. da un altro grande scienziato ales- Itaque totum circumspicere triclinium coepi, ne per parietem sperimentazioni scientifiche e ‘mondo della vita’: una variegata
Tale sorprendente sintesi di utilitas e di ricerca dell’effetto si riflette sandrino, Ctesibio. Erone, come pure i suoi predecessori e ‘maestri a u t o m a t u m aliquod exiret… (Petronio, satyricon 44) casistica di orologi ad acqua o ad ingranaggi, congegni acustici e
nelle elaborazioni di uno dei teorici e degli autori più prolifici nel ideali’, Ctesibio (III a.C.) e il suo ugualmente celebre allievo Filo- idraulici (sez. 11.12a.b.c) fino a comprendere l’affascinante cate-
campo della tecnologia antica di età imperiale. Erone di Alesandria, ne di Alessandria (II a.C.), appartiene a tutta una tradizione di ‘in- Anche se non sapremo mai quale automaton aveva in mente l’ospi- goria di androidi, come ad esempio bambole che muovono auto-
intellettuale molto probabilmente formatosi nel circolo scientifico e gegneri’ delle scienze meccaniche, pneumatiche ed idrauliche, che te di Trimalcione, il passo di Petronio getta luce sul luogo e sulle nomamente le membra o manichini con fattezze umane. Tutto
filosofico del celebre museion alessandrino ed attivo a Roma intor- un altro più tardo prosecutore della stessa scuola, Pappo di Ales- situazioni sociali nel mondo romano, in cui tali congegni trovava- questo poteva trovare collocazione adeguata, per dimensioni e
no al 60 d.C., scrive su una vasta gamma di congegni meccanici, sandria (ca. 300 d.C.), chiamerà in modo suggestivo thauma- no la loro collocazione ideale, vale a dire il momento del banchet- funzionalità, nelle residenze delle aristocrazie romane: è stato pro-
idraulici, pneumatici. Dalla misurazione del terreno alla costruzio- siourgoi, cioè creatori di congegni meravigliosi e oggetti magici, to conviviale. Il quadro petroniano crea, dunque, lo sfondo adeguato posto convincentemente di vedere gli spettacoli pneumatici e idrau-
ne di macchine da guerra, dalle macchine per il sollevamento dei funzionanti per pressione dell’aria o dell’acqua (Hultsch 1878, vol. per comprendere tutta una serie di oggetti accuratamente descrit- lici di Erone non come puro risultato di una speculazione teorica
pesi a strumenti ottici sofisticati: molti dei congegni da lui descrit- 3, 1022 ss.). ti da Erone con un’ampia gamma di variazioni. Un esempio in Pneu- ma come produzione destinata agli spazi e ai momenti sociali del-
ti sono esplicitamente motivati dall’intento di suscitare stupore ne- Contrariamente al notevole apprezzamento e alla diffusione di ta- matica 1, 9 (fig. 1) esemplifica quello che viene definito trick-vase, le élites dell’impero.
gli osservatori. L’opera di questo autore è esemplare di un’intera li congegni in antico, per i quali Erone offre senza dubbio la mi- recipiente-scherzo, che produce un inganno dei sensi: si tratta di Sulla base delle esemplificazioni fatte ci sembra che si possa enu-
produzione tecnologica di oggetti, comunemente denominati co- gliore testimonianza, gli storici moderni di tecnologia antica hanno un recipiente per liquidi, la cui ansa è cava all’interno e che prose- cleare la natura degli automata in tre aspetti essenziali: il loro fun-
me automaton/automata. Si tratta, nella maggior parte dei casi de- espresso, invece, giudizi assai limitativi su tale produzione: non gue con un piccolo tubo (ξ−η) per l’aria all’interno del recipiente zionamento automatico, la suggestiva finzione di riprodurre un
scritti, di oggetti meravigliosi la cui prima peculiarità è quella di rientrando in categorie moderne, come ingegneria idraulica o ci- stesso; l’ansa è dotata di un piccolo foro (κ) che permette l’entra- fenomeno naturale, il celarsi del meccanismo che li mette in azio-
fingere di funzionare senza alcun ausilio o apporto di energia ester- vile, né funzionali ad un discorso di produttività, come agricoltu- ta o il blocco dell’aria all’interno del vaso. L’interno del vaso è do- ne agli occhi dello spettatore.
na, per l’appunto, come indica la composizione greca del termine ra, estrazione mineraria, trasporti ecc., le machinae/mechanai di tato di un fondo intermedio (υ−δ) che ne divide il corpo interno in Ma il campo di azione degli automata appare più ampio rispetto
con il prefisso auto-‘da se stesso’, di ‘vivere di vita propria’. cui ci parlano Erone o Svetonio vengono considerate nella lette- due settori, comunicanti per una serie di piccoli fori (ε). Qual era a quello degli spazi residenziali, andando ad interessare la sfera
Forse anche per queste peculiarità, la popolarità di Erone di Ales- ratura specialistica alla stregua di “giocattoli”, di prodotti secon- il fenomeno a cui assisteva lo spettatore durante lo spettacolo del- del sacro e quella dell’esperienza teatrale.
sandria fu notevole non solo nel mondo antico ma anche in quello dari negli autori antichi di tecnologia, con limitata portata scientifica, la festa? Tenendo chiuso il foro (κ) il recipiente poteva essere riem- La descrizione (sez. 11.12b) di un congegno automatico per mez-
bizantino e arabo, come dimostra l’esistenza di circa un centinaio di in qualche modo retaggio di una cultura ellenistica e estranei al pito, ad esempio con acqua, nel settore superiore del vaso e senza zo del quale è possibile aprire le porte del tempio di Serapide ad
copie di codici greci con disegni illustrativi (il testo più antico è il Mar- mentalità romana. colare in quella inferiore (β), dando l’impressione che il vaso fos- Alessandria in associazione con l’accendersi del fuoco sull’altare
cianus cod. gr. 516 probabilmente del XII secolo), per passare, infi- Su quest’ultimo punto un vivace quadro tratto dal Satyricon di Pe- se pieno; mentre all’aprirsi del foro (κ) l’acqua si riversava attra- cultuale rientra in una serie di impianti complessi descritti da Ero-
ne, all’entusiastica ricezione delle sue opere in epoca rinascimentale, tronio ci mostra quanto tali oggetti fossero parte comune della vi- verso i fori del diaframma(β), lasciando di nuovo vuota la parte ne che hanno come soggetti vittorie, menadi, satiri e figure di di-
tanto che anche Leonardo da Vinci sembra averne subito il fascino. ta e dell’immaginario dei romani: durante l’opulenta coena del superiore. Riempito nuovamente, questa volta con vino, se chi os- vinità tra cui Dioniso, Pan ed altre divinità; qui il contesto sacro
Nonostante il silenzio nei suoi scritti sulla sua attività e sul con- ricco liberto Trimalcione, sotto Nerone (54-68 d.C.), un incidente serva la scena si aspetterà di ottenere questa volta versata la mi- diventa lo sfondo per forme di spettacolarizzazione del rituale at-
testo storico è stata avanzata una suggestiva ipotesi di riconoscere dovuto alla caduta di un giocoliere produce scompiglio tra gli ospi- scela tradizionale di vino ed acqua, rimarrà fortemente deluso: traverso l’impiego di ingegnosità tecnologica.
nell’episodio narrato da Svetonio concernente i nuovi congegni ti e sembra, nell’immaginazione della voce narrante, preludere al- mantenendo chiuso il foro (κ) il vino non si potrà mischiare al- Se l’impiego della tecnologia ha come fine la combinazione di uti-
idraulici dell’imperatore Nerone un’eco dell’attività di Erone e del- l’entrata in scena di un qualche misterioso congegno: l’acqua e l’ospite sorpreso riceverà, invece, vino pretto. litas e del meraviglioso, alla ricerca di un più diretto e emoziona-
le sue creazioni presso la corte imperiale: Notiamo come la tensione a suscitare meraviglia e sorpresa nel- le coinvolgimento dello spettatore, certamente l’applicazione degli
Perciò cominciai a sbirciare, intorno, aspettandomi che qual- lo spettatore sia la finalità anche di questi piccoli congegni; dal automata nell’ambito della performance teatrale non stupisce. Lo
(…) dopo aver fatto una rapida consultazione passò (Nerone) che macchina misteriosa uscisse dalla parete … (trad. G.A. Ci- punto di vista scientifico non si può fare a meno di evidenziare dimostra nella vasta produzione di Erone l’opera automatopoieti-
il resto della giornata a mostrare loro degli organi idraulici di botto 1972) come questi vasi premettono la diffusione di conoscenze pneu- ke, la creazione di automata, dove il meccanico alessandrino ad-

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dirittura descrive il progetto di un teatro mobile con la rappre- La presenza degli automata nella cultura romana, di cui Erone ci Sez. 11.12a - Automata di Erone Sez. 11.12b - ‘Il Tempio di Serapide con re per la carrucola di sinistra e agganciate ad
sentazione (molto probabile) di un testo tragico sofocleo. Ma for- rende la più completa ed efficace testimonianza, è in linea di con- Alessandrino le porte automatiche’ un peso in piombo .
se a dimostrazione dell’efficacia e dell’importanza di tali apparati tinuità con una ben più lunga tradizione che partiva dagli albori Il funzionamento è il seguente: inizialmente
tecnici basta ricordare un caso straordinario di uso emotivo e al della civiltà greca, proprio da quel diciottesimo libro dell’Iliade, do- Il brano, tratto dal testo di Erone (Pneumati- attraverso un foro π sulla sfera θ s’introduce
contempo politico di un automaton, proprio durante uno dei mo- ve nell’officina di Efesto venivano realizzati venti tripodi “auto- ‘La fonte con l’aquila che beve’ ca, I. 38), descrive la costruzione del mecca- dell’acqua fino a riempirne la metà e succes-
menti salienti della vita pubblica di età repubblicana: l’esposizio- matici”: Nel testo di Erone (Pneumatica, I. 29) si descri- nismo che permette l’apertura delle porte di sivamente verrà chiuso.
ne del cadavere di Cesare dopo il suo assassinio nel 44 a.C. ve la costruzione ed il funzionamento di una fon- un piccolo tempio, quando il fuoco del sacri- Tale sistema utilizza l’espansione dell’aria che
Leggiamolo nella suggestiva ricostruzione che ne da lo storico Ap- … venti tripodi in una volta faceva, tana monumentale composta da un sistema fico è acceso. Tale macchina era utilizzata per viene riscaldata dal fuoco dell’ara, la quale at-
piano (bella civilia, 2 143-148) attraverso la bellissima ricostruzio- da collocare intorno alle pareti della sala ben costruita; idraulico di vasche comunicanti, caratterizzata aprire le porte del tempio di Serapide ad Ales- traverso il tubo η−ζ giunge nella sfera θ, più
ne di Luciano Canfora: ruote d’oro poneva sotto ciascun piedistallo, dalla presenza di un animale, riprodotto artifi- sandria e può essere considerata uno dei pri- grande, facendone aumentare la pressione.
perché da soli entrassero nell’assemblea divina, cialmente in bronzo o in altro materiale. L’auto- mi esempi di macchina a vapore della storia. Questa dilatazione spingerà l’acqua che si ri-
Quando fece la sua apparizione il cataletto, con il corpo del poi tornassero a casa, meraviglia a vedersi. re alessandrino del I sec. d.C. consiglia di installare Il sistema è costruito nel modo seguente: il verserà attraverso il sifone κ−λ−µ, nel vaso
dittatore, portato a braccia da magistrati in carica e da altri Il. 18, 373-377 (trad. R. Calzecchi Onesti Torino 1950) questa fontana in prossimità di una fonte. tempietto è collocato su di una base α−β−γ− sospeso ν−ξ, aumentandone il peso. Que-
cittadini che avevano ricoperto le magistrature, l’emozione era Il congegno è funzionale a far sì che l’animale, δ insieme alla piccola ara sacrificale ε−δ. At- st’ultimo scenderà, tirando le catene collega-
al colmo. Essa fu acuita da una trovata teatrale, di cui dà no- Il mito di quello che i poeti comici greci di età classica chiame- producendo un sibilo, segnali al visitatore che è traverso di essa si farà passare il tubo η−ζ in te alla carrucola di destra facendo girare i
tizia Appiano: una trovata che rinvia chiaramente ad una re- ranno automatos bios, una vita in cui tutto può funzionare senza in grado di bere: questo, porgendogli una cop- modo tale che l’apertura ζ sarà all’interno del- cardini e la loro rotazione tirerà l’altra catena
gia. Per eccitare fino alla commozione era necessario esibire alcuno sforzo né dispendio di fatica e dolore, ancora esercita una pa piena d’acqua, attiverà il meccanismo per cui l’ara e l’apertura η sarà nella sfera θ, conte- collegata alla carrucola di sinistra, alzando il
alla folla il corpo trafitto, ma ciò non era possibile; «la salma forte suggestione e mantiene una sua validità nelle culture del- l’animale sarà in grado di aspirare l’acqua, dan- nuta nella base α−β−γ−δ. Nella sfera vi sarà contrappeso φ.
era distesa supina sul cataletto, e perciò non risultava visibile. l’impero romano: allora come anche nel mondo contemporaneo, do l’illusione di bere. un sifone ricurvo κ−λ−µ la cui estremità µ, A questo punto le porte del tempio si apri-
Allora fu issato da un tale, grazie ad una mechané (…), un un mito alimentato e sostenuto dalla convinzione in un sapere Il sistema è costruito nel modo seguente: l’ac- esterna alla sfera, si troverà in un vaso sospeso ranno e, come espressamente sottolinea l’au-
fantoccio di cera con le fattezze di Cesare, trafitto da ventitrè tecnologico capace di unire utilitas allo stupore o, come dice il qua sgorgando dalla fonte riempie la vasca su- ν−ξ, mentre l’estremità κ sarà sulla sfera. Ai tore alessandrino, produrrà un effetto di
pugnalate e orrendamente sfigurato. Veniva spostato di qua e poeta, meraviglia a vedersi. periore α−β, in cui è presente un sifone ricurvo prolungamenti dei cardini delle porte che giun- meraviglia negli astanti.
di là un po’in tutte le direzioni. E questa vista risultò alla fine δ−ε−ζ, attraverso il quale l’acqua si riversa in un gono nella base sottostante α−β−γ−δ, saran- Infine, quando il fuoco verrà spento, la pres-
scatenante». Fu allora che si passò, quasi verso un ovvio sboc- piccolo vaso collettore ο−π, dal quale si riversa no fissate due piccole catene che unite sione nella sfera θ diminuirà e il sifone κ−λ−
co, alle vie di fatto: appiccare il fuoco. in un’altra vasca η−θ−κ−λ intermedia. Anche passeranno per la carrucola di destra e giun- µ risucchierà l’acqua svuotando il vaso
(Canfora 1999, 375) questo collettore d’acqua contiene un sifone ri- geranno al vaso sospeso ν−ξ. Altre due pic- sospeso ν−ξ. In questo modo il contrappeso
curvo µ−ν−ξ che permette il flusso dell’acqua cole catene saranno collegate ai cardini, φ scenderà facendo ruotare in senso inverso
verso il fondo del vaso collettore inferiore ω, il analogamente alle prime ma nel senso inver- i cardini che chiuderanno le porte del tempio.
quale, appeso ad un manico, oscilla nel momento so, ed unite in una sola, saranno fatte passa- A.S.
in cui cade al suo interno l’acqua. Anche l’ani-
male è collegato al sistema di vasi comunicanti,
infatti è dotato di un tubo ρ−σ−τ, nascosto, che
dal becco (ρ) passa per una delle zampe (τ) col-
legandolo alla vasca intermedia η−θ−κ−λ.
Il funzionamento è invece il seguente: quando
la prima vasca α−β sarà piena, l’acqua attraver-
so il sifone δ−ε−ζ giunge alla vasca intermedia
η−θ−κ−λ riempiendola, mentre la vasca supe-
riore tenderà a svuotarsi. Analogamente quan-
do la base η−θ−κ−λ si riempe, l’acqua si riversa
nel recipiente sottostante ω creando un vuoto
all’interno e contemporaneamente causando
un’aspirazione dell’aria attraverso il becco arti-
ficiale dell’animale ρ. Quando il vaso inferiore ω
comincerà ad oscillare per la caduta dell’acqua
dal sifone µ−ν−ξ, l’animale, a causa del vuoto
creatosi all’interno della vasca intermedia, co-
mincerà a risucchiare aria attraverso il tubo ρ−
σ−τ, dando origine all’effetto acustico del sibilo:
in questo preciso momento, quando il visitato-
re porgerà all’animale una coppa piena d’acqua,
egli comincerà ad assorbire il liquido creando
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282 283
Sez. 11.12.c - Organo idraulico Il troppo pieno della camera eolia nell’uscire lo dell’organo idraulico consentiva il canto con-
cinquecentesco e il gioco della è dirottata verso una ruota a pale che aziona temporaneo di più di dieci uccelli. Il movi- Bibliografia e abbreviazioni bibliografiche
civetta un cilindro con denti (un carillon) che apro- mento della civetta era dato da un secchio che
no le valvole delle canne secondo un ordine cadendo faceva girare un rullo e la civetta. Tut-
Nella seconda metà del 1500, a Villa d’Este, si predisposto che corrisponde a un motivo. to era comandato da un rullo fono-tattico a
installa ad opera di due fontanieri francesi, un Grande meraviglia e stupefazione tra gli ospi- denti (un carillon) che consentiva l’apertura Per riviste e periodici sono state usate le abbreviazioni dell’Archäologische Anzeiger 1997
automa idraulico di tale fascino da essere co- ti di Ippolito II d’Este che felicemente ascol- delle valvole per le canne del canto degli uc-
piato e costruito nei più importanti giardini tava la musica. celli e dei denti servivano alla caduta del sec-
d’Italia e d’Europa. Nel corso di un secolo si Dopo anni di studi a Villa d’Este è stato ripri- chio che, quando si svuotava, risaliva e faceva
ascoltano le melodia degli organi idraulici in stinato un organo idraulico che funziona esat- girare la civetta. Il gioco degli uccelli e della ci-
ville romane e del suburbio (Quirinale, villa tamente come quello rinascimentale. vetta è stato ripristinato a Villa d’Este con un
Panphili, Frascati),in Italia, a Parma Caserta e Sempre a Villa d’Este fu realizzato il gioco del- progetto filologicamente corretto.
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nel mese di dicembre 2009

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Roma

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Sezione 4
tecnologia militare
Note di tecnologia militare romana Colonna Traiana:
installazione di balista
(calco. Roma, Museo della Civiltà Romana)

Anna Maria Liberati

Lo studio della complessa macchina da guerra romana evidenzia co- in ferro si innestava a quella lignea mediante due chiodi ribattuti,
me la tipologia e le caratteristiche delle armi destinate ad offendere, sempre in ferro. In età mariana a questo tipo di arma viene appor-
come pure di quelle idonee alla difesa passiva, abbiano subìto si- tata una modifica consistente nella sostituzione di uno dei chiodi in
gnificative variazioni a seconda delle epoche, delle contingenze po- ferro con un rivetto di legno. Colpito il bersaglio, il rivetto ligneo, da-
litico-militari e della tattica di volta in volta impiegata. Allo stesso ta la sua intrinseca debolezza, si spezzava, rendendo così inutiliz-
modo, anche le diverse componenti dell’esercito, come pure gli in- zabile il pilum da parte del nemico. In età imperiale l’arma subisce
carichi individuali rivestiti al suo interno, determinarono profonde un’ulteriore evoluzione tecnica, che porta all’ideazione del cosiddet-
differenze negli elementi costitutivi dell’armamento dei singoli. to pilum pesante, documentato in Germania, ma già ideato proba-
Per questo motivo risulta estremamente difficoltoso trattare in bre- bilmente dopo Carre. La parte in ferro, a sezione quadrata e con
ve il complesso tema della tecnologia militare romana, come pure cuspide piramidale, si innestava a quella lignea mediante un attac-
potrebbe apparire discutibile privilegiare un’epoca a scapito di un’al- co caratterizzato da una robusta base quadrata, in alcuni casi sosti-
tra. Scopo di queste brevi note è quindi la formulazione di alcune ri- tuita addirittura da un peso di piombo. Tale espediente consentiva via sempre più perfezionate, mutuate dai popoli orientali e adottate mera di tensione protette da cilindri metallici ed una finestra di pun-
flessioni, tese a sottolineare come la genialità del pensiero militare un lancio di gran lunga più preciso ed equilibrato, oltre ad un mag- in quanto rispondenti alle trasformazioni in atto nell’organizzazione tamento molto ampia. Presentavano anche un particolare arcus fer-
romano abbia saputo far fronte nei vari periodi storici ad avversari giore potere di penetrazione. dell’esercito tardo imperiale. reus avente lo scopo di rinforzare tutto il meccanismo nella parte
sempre diversi, proprio adattando il bagaglio di conoscenze teori- Gli hastati descritti da Polibio, erano inoltre armati di una spada “che L’invulnerabilità dell’esercito romano fu in buona misura favorita an- frontale e migliorare la funzione di puntamento. Queste baliste, do-
che e tecniche acquisite dal passato, ma anche di volta in volta ri- portano al fianco destro e chiamano iberica”, antenata del gladio, ar- che dal fatto di avere a disposizione strumenti e mezzi meccanici per tate anche di caricamento multiplo, si adattavano perfettamente al-
formulate, sfruttando tale duttilità in rapporto al nemico da combattere ma romana per eccellenza. Il gladium costituisce un valido esempio accrescerne la potenza. I Romani attinsero gran parte delle loro co- la guerra in territorio montuoso. Le matasse che costituivano il sistema
ed al teatro operativo contingente. di come le conoscenze tecnologiche acquisite da altri popoli siano noscenze dalla scienza alessandrina ed attraverso l’esame delle fon- propulsivo dell’arma erano in realtà anche il loro punto debole, in
In quest’ottica anche l’esperienza nemica, ove necessario, fu assi- state abilmente sfruttate dai Romani per giungere ad ottimizzare le ti archeologiche, iconografiche e soprattutto storiche siamo in grado quanto si presentavano estremamente esposte. Lo storico Tacito rac-
milata e fatta propria e, in ultima analisi, fu senza dubbio questa con- capacità di offesa di un’arma che ancor oggi è il simbolo stesso del- di ricostruire in buona parte i dettagli tecnici di molti apparati, anche conta che nel corso della battaglia di Bedriaco del 69 d.C. una bali-
tinua capacità di trasformazione e di adattamento a consentire che l’esercito romano. Idonea a colpire soprattutto in scontri ravvicina- se purtroppo diversi testi di fondamentale importanza e di cui si co- sta di considerevoli proporzioni venne messa fuori uso semplicemente
il ‘sistema’ da guerra romano sopravvivesse tanto a lungo e fosse in ti, fu adottata in seguito all’apprendimento dalle maestranze iberiche nosce l’esistenza, sono andati perduti. Nel campo dell’ingegneria mi- recidendone le corde. Furono in tal modo ideati appositi cilindri che
grado di imporsi dalle sue prime manifestazioni al tardo impero. di tecniche avanzate di lavorazione del ferro, andando così a sosti- litare grande importanza ebbero le macchine belliche, comprendenti custodivano le matasse ed avevano il vantaggio di essere immedia-
Polibio, nel VI libro delle Storie descrive l’armamento dei legionari tuire la primitiva spada di tipo greco e quella denominata iberica con sia i meccanismi usati per il lancio di proiettili, dardi o pietre, sia l’in- tamente sostituibili in caso di danneggiamento (sez. 4, nn. 3 e 4).
del III-II sec. a.C., epoca delle grandi conquiste nel Mediterraneo. un’arma dotata di una più forte struttura. sieme di quegli strumenti destinati ad agevolare l’approccio e l’as- Occorre infine ricordare l’esistenza di un altro genere di macchine,
Unità base dell’esercito era la legione manipolare e gli hastati, i sol- Le stesse armature subirono nel tempo un’evoluzione, frutto del- salto alle difese fisse nemiche. Tutte le macchine usate per il lancio di in cui la forza di propulsione era accresciuta basandosi sul princi-
dati che indossavano un’armatura completa, erano dotati di alcuni l’applicazione dell’esperienza e di precise conoscenze tecniche affi- proiettili erano conosciute con il nome di tormenta. La loro forza di pio della comprimibilità dei metalli. Uno strumento di tal genere
tipi di giavellotto, pilum. Quest’arma è un valido esempio di come nate sempre di più. In questo cammino alla ricerca di soluzioni propulsione era data dalla torsione di un fascio di nervi, tendini o cri- che presentava un arco in ferro deputato a questa funzione era una
uno strumento apparentemente così elementare abbia subito nel- innovative risulterà particolarmente funzionale un tipo di corazza in ni animali. Tali dispositivi vennero chiamati con nomi diversi, a se- sorta di piccola balestra, conosciuta già dai Greci e chiamata dai Ro-
l’arco di tempo che va dall’età repubblicana all’età imperiale, una se- uso in età traianea, conosciuto come lorica segmentata. Costituita conda delle varie epoche. Vitruvio chiama catapultae e scorpiones le mani con il significativo nome di scorpio. Probabilmente con tale
rie di trasformazioni tecniche atte a migliorarne l’impiego. Il pilum da una serie di lamine metalliche incernierate tra loro, racchiudeva macchine lanciatrici di dardi e giavellotti, e ballistae quelle che sca- nome veniva indicato anche un lanciatore di dardi a ripetizione. Nel
sottile descritto da Polibio si ritrova anche in età cesariana e pre- il busto del soldato, proteggendone anche le spalle. Questo inge- gliavano proiettili di pietra. Alcuni secoli più tardi Vegezio e Ammia- tardo impero inoltre l’Anonimo del De rebus bellicis descrive alcuni
sentava la particolarità di avere la parte in ferro costruita in metallo gnoso sistema a lamine, anche se complicato da numerose chiusu- no Marcellino identificano con il nome di ballista la macchina lanciatrice modelli di currodrepanus, una sorta di carro falcato, suggestivo a ve-
più dolce e malleabile. In tal modo l’arma, dopo aver colpito subiva re e cerniere, assicurava una buona protezione ed un’elevata mobilità. di giavellotti, mentre il nome catapulta scomparirà per lasciare il po- dersi ma di difficile e complicato impiego.
una flessione, che ne impediva non solo il riuso da parte del nemi- Nel III secolo invece, dall’esperienza maturata a contatto con le po- sto a quello di onager, indicante il meccanismo per lanciare pietre. Sempre in ambito militare, anche nel campo dei dispositivi tecno-
co, ma rendeva inutilizzabile anche il suo scudo. Sempre ad età ce- polazioni iraniche, diviene sempre più frequente l’uso della cavalle- Scorpio indicherà invece una balista di piccole dimensioni, antenata logici prevalse nel corso del tempo il concetto di difesa, che deter-
sariana risale un altro genere di giavellotto, più corto, denominato ria pesante, dotata di una particolare armatura a protezione del della medioevale balestra. L’elemento che differenziava i due tipi di minò quindi una progressiva scomparsa di alcune macchine, a fronte
hasta ammentata. Era caratterizzato dall’amentum, una sorta di ma- cavaliere e del suo cavallo. Guerrieri catafratti vengono ricordati da macchina in stretto rapporto con il sistema di propulsione, era co- di una aumentata presenza di altre, destinate a compiti prettamente
niglia di cuoio posta a metà circa dell’arma che consentiva di impri- Ammiano Marcellino sotto il regno di Giuliano e Valentiniano. Mol- stituito dall’avere una o due braccia. Inoltre, le macchine lanciatrici di difensivi. Sono in tal senso illuminanti le parole di Ammiano che,
mere alla stessa una maggiore gittata e precisione di tiro. Giavellotti te armi tradizionali come il pilum e lo stesso gladio vengono sosti- pietre erano molto più possenti rispetto a quelle che tiravano dardi e nel IV sec. d.C., chiama significativamente l’artiglieria tormenta mu-
di questo genere sono stati rinvenuti ad Alesia. tuiti rispettivamente con una lunga lancia, il contus e dalla spatha. In fra loro si può stabilire una proporzione di dimensioni pari a 1:6. ralia, destinata cioè alla difesa delle mura.
Più o meno coeva è un’altra variante del pilum, i cui resti sono do- quest’ambito è anche il caso di sottolineare l’impiego di arcieri ar- Nei rilievi della Colonna Traiana le baliste appaiono differenti rispet- I Romani facevano largo impiego anche di macchine obsidionali, tra
cumentati a Numantia. Simile a quello descritto da Polibio, la parte mati di arco composito, arma derivata da specifiche conoscenze via to agli esemplari descritti da Vitruvio. Mostrano le matasse della ca- cui le più conosciute sono vari tipi di ‘arieti’ e le ‘torri’. Il loro uso è

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Colonna Traiana: Colonna Traiana:
torri lungo il Danubio e torce per segnalazioni i soldati attraversano un torrente su un ponte
(da copia. Roma, Museo della Civiltà Romana) a sbalzo su tavole e supporti lignei
(da calco. Roma, Museo della Civiltà Romana)

ben documentato e da Cassio Dione sappiamo come già con Cesa- pale quali fossati, palizzate e postazioni fortificate di varia natura. Co- Minore, basato su una serie di fuochi riflessi che dalle frontiere della tro i Bellovaci, al ponte sul Reno, sempre ad opera dello stesso Ce-
re se ne facesse largo uso: “Cesare assalì la fortezza per molti giorni, me già accennato, l’esercito romano per lungo tempo ebbe la ten- Cilicia arrivavano fino al palazzo imperiale sul Bosforo. sare (sez. 2, 9b), a tutti i vari ponti mobili di Traiano, ben visibili sui
ma venne respinto. Pensò allora di costruire delle macchine belliche. denza a muovere incontro al nemico, contrastandolo in campo aperto. Altro campo di applicazione di conoscenze pratiche fu costituito dal- rilievi della Colonna Traiana, che culminano con il famoso ponte in
I barbari, vedendo i Romani intenti a tagliare legna e a costruire le Con Traiano ad esempio, a seguito della costituzione della nuova pro- la vera e propria ‘tecnica’ adoperata nella costruzione degli accam- muratura sul Danubio, opera di Apollodoro di Damasco.
macchine, ridevano perché non capivano ciò che essi facessero. Quan- vincia della Dacia che formava un pericoloso saliente in direzione dei pamenti, frutto dell’applicazione di canoni e regole ben precise (sez. Da ultimo, ancora tre esempi a testimonianza della grande abilità in
do però le macchine furono fatte ed i soldati armati pesantemente si Carpazi, venne creato un limes basato su alcuni assi viari di fonda- 4, n. 2). L’accampamento d’età repubblicana descritto da Polibio, per campo tecnico della macchina militare romana. La presa di Alesia, con
mossero su di esse da ogni parte contemporaneamente contro di lo- mentale importanza militare, in collegamento con i centri fortificati, l’alloggiamento di circa 24.000 soldati aveva la forma di un grande la doppia linea fortificata per circondare la città e per la difesa dal-
ro, si spaventarono perché non avevano mai visto una cosa del ge- sedi delle forze legionarie stanziate nel territorio. Sui rilievi della Co- quadrato di 666 metri di lato. La fronte era volta verso il nemico o nel- l’esterno, che contò ben 35 chilometri di trincee, 8 accampamenti, 28
nere. Allora intavolarono trattative e a questo scopo rifornirono di lonna Traiana è rappresentato un tratto del limes sul Danubio e sono la direzione di marcia. Il luogo prescelto dai gromatici o dai mensores chilometri di palizzate ed un gran numero di torrette e fortini; l’asse-
vettovaglie i Romani e gettarono alcune delle loro armi dalle mu- raffigurati, seppur in maniera schematica, gli apprestamenti difensi- in base alla morfologia del terreno o perché rispondente alla tattica dio alla fortezza zelota di Masada, raccontato nelle emozionanti pagi-
ra.(Storia di Roma, 39, 4,2-3). vi e le vie di comunicazione lungo il fiume, frontiera naturale tra le del particolare momento bellico, veniva prima di tutto fortificato me- ne di Flavio Giuseppe che descrive l’ostinata applicazione di ogni risorsa
Apollodoro di Damasco nella sua Poliorcetica fornisce precise diret- province romane della Mesia e della Pannonia ed il territorio abitato diante un rilievo in terra, agger, alto più di 1 metro per 3 di larghezza, tecnica da parte del generale romano Flavio Silva per domare nel 73
tive per l’assemblaggio delle varie macchine (sez. 4, n. 5). In relazio- dai Daci. Si notano distintamente torri d’avvistamento proprio a ri- sul davanti del quale erano scavati uno o più fossati, di norma a se- d.C. l’ultima frangia di resistenza nemica; l’avventura del librator del-
ne all’aries pensilis dice ad esempio che “ l’ariete è sollevato per dare dosso del confine, con la funzione di vedette del territorio circostan- zione triangolare, di profondità e larghezza variabili. Su questo parti- la legio III Augusta che venne incaricato dal procuratore della Numi-
maggiore forza al colpo, infatti, dal momento che è posto in alto, l’arie- te e di primo allarme. colare lo scrittore tardo Vegezio ha tramandato tutta una serie di dia di aumentare la portata dell’acquedotto di Saldae. Nonio Dato,
te può essere tirato molto più indietro, in modo tale che, irrompen- Questa osservazione ci rimanda ad un altro interessante settore in indicazioni tecniche e valori cui attenersi, da adottare a seconda del- questo il nome del veterano, dopo aver cercato invano di far lavorare
do da lontano, il colpo abbia maggiore forza distruttiva” (154, 1). Nel cui le conoscenze teoriche mutuate dai Greci si coniugarono all’ap- le diverse circostanze. al suo progetto le maestranze locali ed essendosi egli stesso recato
caso inoltre in cui si avesse avuto a disposizione solo una trave di plicazione, del tutto romana, di precise conoscenze tecnologiche. Si L’aggere poteva essere rinforzato da una palizzata e il perimetro for- numerose volte sul posto, nonostante altri impegni, malattie, e perfi-
modeste dimensioni “ questa sia appesa in modo tale che il bari- intuisce infatti come il successo di ogni operazione militare si fon- tificato dell’accampamento costituiva il vallum. Tra il vallum e l’ac- no un attacco di briganti a cui era miracolosamente sfuggito benché
centro non sia perfettamente al centro, ma che sia più lunga la parte dasse anche sulla possibilità di poter trasmettere con tempestività or- campamento vero e proprio veniva lasciata libera una porzione di ferito e privo di vesti, alla fine, grazie alla sua caparbietà ed al suo ba-
che infligge il colpo […] così avrà la forza e la potenza di un ariete lun- dini o informazioni, spesso pure su lunghe distanze. Già Livio descrive terreno, chiamata intervallum, della larghezza di circa 60 metri, equi- gaglio di conoscenze, riuscì a correggere l’andamento dei due oppo-
go” (158, 5). tale attività in occasione delle guerre contro i Volsci, ma è con Cesa- valente alla distanza di sicurezza dalle armi da lancio. Ancora una vol- sti condotti sotterranei che gli operai non riuscivano a far incontrare.
Con riferimento alla testudo arietata Apollodoro fornisce addirittura re che si hanno testimonianze più articolate su tale argomento. Tut- ta l’evoluzione in campo tattico portò all’introduzione di nuovi elementi La figura di questo eroe solitario, la cui impresa quasi impossibile è
le misure esatte di tutte le assi necessarie a costruire con rapidità ed tavia, lo storico che ne parla diffusamente è Polibio. Egli infatti perfezionò di natura tecnica. Molto spesso ad esempio gli accampamenti d’età giunta fino a noi scolpita nella pietra è a mio parere la sintesi più ef-
efficienza una valida arma, ricordando ad esempio come tutti i nu- un sistema che traeva le sue origini da quello ideato nel IV secolo a.C. imperiale appaiono fortificati e presentano numerose opere in mu- ficace di tutte le riflessioni fatte finora: la grande capacità dell’uomo
meri ricorrenti nelle misure debbano essere multipli di quattro (sez. dal greco Enea Tattico il quale aveva ideato uno strumento comples- ratura. Nel tardo impero il castrum di grandi proporzioni tende a scom- romano di piegare la materia ai suoi voleri ed alle sue necessità an-
4, n. 6). Secondo le sue indicazioni le macchine destinate all’assedio so ma in pratica assai poco funzionale. Partendo dai suoi insegna- parire, sostituito da fortificazioni più piccole, di forma generalmente che grazie all’uso di precise conoscenze di natura tecnica.
dovevano essere “facilmente riparabili, difficili da neutralizzare, mo- menti Polibio realizzò un codice adattabile per ogni circostanza. rettangolare, prive di intervallum e con gli alloggiamenti a ridosso del-
bili, stabili, non infiammabili, invulnerabili, solide, smontabili”. Escogitò infatti il modo di inviare vere e proprie frasi basate sull’uso le mura per una migliore difesa. Le torri si presentano a pianta circo-
Un altro ambito, in cui vediamo ampiamente applicate le grandi ca- dell’alfabeto, impiegando torce accese la cui posizione, insieme al nu- lare e le porte vengono drasticamente ridotte. Bibliografia di riferimento
Bishop, Coulston 1993; Brizzi 1983; Feugère 1993; Forni G., s.v. Limes in Diziona-
pacità romane in campo tecnologico, è l’ingegneria militare. Lo stes- mero di volta in volta impiegato, indicavano le singole lettere: in tal Le fonti traboccano di esempi di tecnologia applicata in campo mili-
rio Epigrafico di Antichità Romane, IV, Roma 1959, pp. 1074 ss.; Frau 1987; Gabba
so limes divenne il laboratorio di applicazione delle più svariate modo era possibile formulare concetti e comporre intere frasi. I si- tare. A parte le strade, di cui si è già detto, occorre menzionare l’abi- 1989; La Regina 1999; Liberati 1999; Liberati A.M., Silverio E., Sotto il segno del-
conoscenze (sez. 4, n. 1). Ne sono un valido esempio le vie di co- stemi luminosi di segnalazione rimasero attivi per lungo tempo. Ri- lità dimostrata nell’attraversamento dei corsi d’acqua, dai ponti di l’aquila. L’esercito e la marina militare dell’antica Roma, Roma 2003; MCR, Cata-
municazioni terrestri rinforzate da opere di ingegneria militare cam- sale infatti al IX secolo la testimonianza di un telegrafo ottico in Asia fascine fatti costruire da Cesare durante la seconda campagna con- logo 1982.

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Sez. 4.1 - Il limes: una grande tilizi e torri; se era possibile ci si avvaleva del- quistata e sotto il controllo diretto di Roma),
opera di tecnica difensiva la presenza di un fiume o di qualche ostaco- territori sotto sorveglianza (alleati o ‘stati cu-
lo naturale, altrimenti si realizzava una difesa scinetto’ sotto il controllo diplomatico) e pae-
artificiale. si indipendenti, refrattari. Nella fascia dei
Il primo e più importante elemento di questo territori sotto controllo si potevano vedere le
sistema erano le strade, che d’altro canto dan- costruzioni sopra citate, come le mura e so-
Durante e dopo le numerose campagne di no il senso originale della parola limes, la qua- prattutto le strade: linee di penetrazione che
conquista, condotte nei secoli dagli eserciti le designa per l’appunto un sentiero, una via. partendo da dietro la linea difensiva si spin-
romani, è sempre stato di fondamentale im- Questa può costeggiare un ostacolo natura- gevano in profondità nel cuore del territorio
portanza proteggere e mantenere i territori le, un corso d’acqua oppure può essere ac- barbaro. Vi si trovavano anche delle torri, al-
occupati. I Romani dovettero adottare così compagnata da quella che in gergo viene cune delle quali servivano come stazione di
delle misure di sicurezza lungo i ‘confini’ del chiamata ‘difesa lineare’ o artificiale: un mu- sosta, utilizzate per trasmettere messaggi. Il
loro vasto impero che da una parte impedis- ro con uno o più fossati. Lungo tutta la stra- genio istallava poi, nelle regioni sotto sorve-
sero l’attacco di eventuali nemici e dall’altra da si possono poi trovare le così dette ‘difese glianza, delle postazioni avanzate nelle cui
permettessero il controllo e la protezione del- puntuali’, come i grandi campi che ospitano strade di collegamento viaggiavano i mes-
la zona in questione. Tali sistemi difensivi e ognuno una legione e servono anche da de- saggeri, poiché molta importanza era attri-
di controllo, che variarono sia durante i se- posito viveri. Si hanno quindi fortilizi e torri buita all’informazione raccolta attraverso la
coli sia a seconda delle regioni in cui veniva- di guardia che fanno da collegamento fra l’uno vista o l’udito. L’informazione da vista pote-
no adottati, sono conosciuti con il termine e l’altro. Altri forti sono poi istallati in posi- va avere numerose fonti. Lo stato maggiore
latino di limes. zione arretrata o avanzata rispetto all’arroc- utilizzava delle carte, nonché l’osservazione Confine lungo il deserto (rielab. da Luttwak 1981) Le tre zone successive di controllo (rielab. da Luttwak 1981)
Come molte opere militari romane anche i Li- camento. diretta eseguita dalle sentinelle.
mites non avevano regole rigide di costruzio- Se il limes costeggia un grande fiume, come In Britannia, con Adriano, tra il 124 ed il 126 costruzioni più cospicue, all’interno del con- vano con strade, i cui nodi erano anch’essi costituito da una serie di forti (i più impor-
ne, ma veniva adottata di volta in volta la lungo il confine della Germania Inferiore, dei d.C. veniva consolidato il limes delimitato dal- fine – castella – e da accampamenti legiona- controllati da opere fortificate. tanti erano quelli di Anderida (Pevensey), Ga-
tipologia necessaria in base a diversi fattori: porti ospitavano le navi della flotta. la linea formata dalla foce del Tyne e dal gol- ri – castra – dislocati ad Eburacum (York) e Vi era anche un altro fronte di guerra (so- riannonum (Bourgh Castle), Portus Adurni
natura del luogo, momento storico, e tipolo- In tutti questi casi, comunque, si parla di ‘si- fo di Solway: lungo più di km. 110, era formato Deva (Chester) ad una distanza di km. 160 e prattutto durante il III sec.): il mare. Le in- (Portchester)), notevolmente protetti, che ser-
gia del pericolo e di nemico per cui esso ve- stemi chiusi’, ovvero dove ci sia almeno una da un muraglione alto fino a m. 5, avente sul 185 dal limes a cui erano anche collegati con cursioni dei pirati e di popoli che utilizzavano vivano come basi per le forze terrestri e na-
niva costruito. È importante far notare che la barriera che blocca l’ingresso nella regione davanti un fossato a sezione triangolare lar- una serie di torrette di segnalazione (v. sez. il mar Nero o il Mediterraneo venivano con- vali aventi il compito di intercettare o
‘frontiera’ romana non si riduceva solamente controllata. Nel caso dei ‘sistemi aperti’ in- go circa m. 5 e profondo 3. In alcuni tratti la 6, n. 1b). Nel 142 d.C. con la costruzione del trollate dalla supremazia navale romana. Un respingere gli attaccanti. L’importanza di que-
ad una linea, come si ha oggi con i confini fra vece, che possiamo trovare nelle zone deser- linea era rinforzata da ulteriori aggeri e fossi, vallum di Antonino, si tentò di spostare più secondo fronte marittimo, comprendente la sto nuovo fronte era ribadita dalla creazione
gli stati, ma era costituita da una fascia più o tiche, i Romani si sforzavano di controllare i costruiti all’interno dell’apprestamento di- a nord il confine. Pur mantenendo attivo quel- Britannia sud-orientale e la Gallia nord-occi- del nuovo comando del litus saxonicum, ret-
meno ampia che comprendeva molteplici ele- punti con presenza d’acqua come le oasi (Ta- fensivo, probabilmente per permettere ai sol- lo adrianeo, il nuovo vallo si sviluppava per dentale richiedeva invece la creazione di un to da un comes, responsabile delle operazio-
menti fra i quali si muoveva l’esercito. cito, Annali, 15, 3, 4). dati di combattere sul rovescio delle poco più di km. 59. Costituito da un muro al- limes sulla terraferma per arginare la pirate- ni di difesa del settore.
Questa fascia di territorio aveva come asse Nella maggior parte dei casi nei limites si di- postazioni. Le difese erano rinforzate da ope- to circa m. 3 e da forti disposti ad intervalli di ria delle popolazioni germaniche. Il limes era I Romani non consideravano il limes come
centrale una strada, nonché varie costruzio- stinguono tre zone successive: un settore di re fortificate – turres e burgi – con la funzio- circa tre chilometri, aveva sul davanti un fos-
ni militari come vie secondarie, fortezze, for- occupazione militare continua (la regione con- ne di osservazione e primo controllo, da sato largo m. 12 e profondo 3,50. Immedia-
tamente vicino all’opera correva una strada
militare di collegamento.
Il fossatum Africae, edificato in Numidia era
formato da un muro alto da m. 2 a 2,50, con
un fossato che variava in profondità da m.
2,50 a 3,50 e in larghezza da m. 4 a 6. Esso
era stato costruito per difendere una linea di
approvvigionamento d’acqua dagli attacchi
di bande di predatori e doveva quindi fornire
sufficiente sicurezza all’interno della zona che
dal confine portava al mare.
I confini corrispondenti alle altre province in
Asia ed Africa avevano limites aperti, non esi-
steva in genere, un ostacolo fisico continua
alle frontiere: i limites erano costituiti qui dal-
le strade militari che collegavano tra loro le
città, le oasi o i centri commerciali, di solito
protetti anch’essi da opere fortificate. Si di-
Struttura teorica dell’organizzazione difensiva di un limes Confine fluviale in Europa (per es. Germania Inferiore, Norico, Pannonia, Mesia) sponevano quindi guarnigioni nelle zone di Dispiegamento delle truppe lungo un confine terrestre europeo (es. Britannia, Germania Superiore, Re-
(rielab. da Le Bohec 2003) (rielab. da Luttwak 1981) interesse economico e politico e si collega- tia, Dacia) (rielab. da Luttwak 1981)

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una muraglia cinese o una linea Maginot. Per capire meglio la logica delle disposizioni Sez. 4.2 - Costruzione di un di circa m. 1,50, al cui riparo si potesse rispon-
L’esercito aveva la tendenza a muovere in- lungo un limes romano vale la pena descri- castrum dere alle offensive nemiche. Era altresì possibi-
contro al nemico e combatterlo in campo aper- vere, come esempio, la distribuzione delle le costruire delle piazzole in legno al limite dell’
to senza adottare una strategia difensiva truppe nel Vallo di Adriano: agger, o eventuali torri a più piani, che potes-
statica che avrebbe richiesto la presenza di - La legione VI Victrix era di stanza a Ebura- Durante una campagna o una spedizione in ter- sero servire come piattaforme per le macchine
molti uomini per il controllo. Non si deve poi cum (York) e la XX Valeria Victrix a Deva ritorio ostile l’esercito doveva essere protetto, belliche e come postazioni per le vedette.
dimenticare che uno dei progetti politici del- (Chester), concentrate quindi nelle profon- durante le soste, mediante un sistema difensi- Il fossato era generalmente a sezione triango-
la diplomazia romana più a lungo persegui- de retrovie (siamo a 160 e 225 km dal Val- vo. L’accampamento, completo di difese passi- lare, profondo anche oltre i tre metri, aveva una
to fu quello di creare stati cuscinetto sulle lo) e pronte ad intervenire in caso di allarme. ve, di varchi e di tutti i relativi servizi, veniva larghezza variabile.
frontiere, perché costituissero un ostacolo fra È da notare che la legione di Chester era si- chiamato castrum. Bisognava poi fortificare accuratamente gli ac-
queste ultime e le popolazioni barbariche. In- tuata in una posizione cardine, tipica del si- Esistono diverse tipologie di castra a seconda cessi al campo, punti deboli del muro, delimi-
fatti una delle principali motivazioni che spin- stema a ‘economia di forze’: poteva della durata, periodo di permanenza nel luogo, tati da quattro porte: decumana e praetoria erano
sero Giulio Cesare ad intervenire in Gallia, appoggiare le forze ausiliarie disseminate e della stagione. Molti accampamenti erano co- quelle formate dall’intersecarsi con la via decu-
nella guerra contro gli Elvetii, fu proprio il pe- nei forti di Galles, sia accorrere in difesa del struiti la notte e smontati il giorno successivo e mana, principalis dextra e sinistra quelle invece
ricolo che essi, abbandonando le loro terre, settore settentrionale insieme alla VI Victrix. quindi le fortificazioni si riducevano al minimo incrociatesi con la via principale. Si conoscono
lasciassero libero il transito ai Germani (Ce- - Le alae e le coorti ausiliarie erano invece di- (subita tumultuaria castra), altri erano utilizza- due tipi di porte: o si costruisce un piccolo osta-
sare, Commentarii de bello gallico, 1, 28). stribuite in tre forti di avamposto e in sedi- ti invece per più giorni in luoghi che oggi defi- colo in parallelo col grande recinto e collocato
La costruzione di tutte le opere che costitui- ci forti lungo tutto il vallo (in totale 5500 niremmo ‘ad alto rischio’ ed erano perciò meglio giusto sull’asse del passaggio (sistema defini-
vano i limites servivano a prevenire possibili cavalieri e 10000 fanti). protetti con l’aggiunta di maggiori e più sofisti- to titulum), in maniera da infrangere lo slancio
invasioni o rapidi saccheggi della zona e ognu- - Sentinelle e vedette (meno di 3000 uomini) cate opere difensive (castra stativa). Esistevano di un assalto; oppure il muro viene prolungato
na di esse ricopriva un ruolo specifico che ve- erano le uniche forze dislocate effettivamente anche i così detti hiberna, accampamenti in- verso l’interno e verso l’esterno per due quarti
locizzava e rendeva efficace la risposta del come una sottile linea di confine. Queste vernali, che generalmente si appoggiavano ad di cerchio: è quella che gli architetti chiamano
difensore. Le torri di controllo, che di solito occupavano i ‘castelli miliari’ (cioè piccoli una città o addirittura la inglobavano offrendo ‘piccola chiave’ (clauicula). Questo sistema co-
erano costruite direttamente nelle fortifica- forti costruiti nelle mura di confine e distanti così al legionario ripari più confortevoli e co- stituiva un passaggio obbligato e costringeva
zioni di cinta, coprivano un ampio raggio di un miglio romano gli uni dagli altri) e for- modi durante questo periodo dell’anno, in cui chi entrava a presentare il fianco destro, cioè
sorveglianza contro le infiltrazioni, mentre i nivano le vedette per le torri (due in ciascun normalmente le operazioni belliche venivano quello privo di scudo. Davanti alla fortezza, inol-
forti di avamposto, situati oltre il confine e ad intervallo fra due castelli miliari). Quindi su sospese tre, i legionari scavano delle buche al fondo del-
una certa distanza da esso, garantivano la un totale complessivo di uomini pari a La struttura del castrum rimase pressoché in- le quali collocano tronchi d’albero completi dei
possibilità di dare il preavviso in caso di im- 30000 unità, solo il 10% era adibito alla di- variata nel tempo sia per quanto riguarda il si- loro rami detti “piccoli cervi” (cervoli).
minenti attacchi su larga scala. È quindi im- fesa fissa lungo il vallum. stema difensivo utilizzato sia per la forma: essa Tra questo sistema difensivo ed i quartieri do-
portante capire come le truppe romane non R.R. era normalmente quadrata, ma anche rettan- ve si svolgeva la vita del soldato vi era lasciato
erano distribuite in modo regolare lungo una golare o poteva assumere fisionomie differenti uno spazio libero di circa 60 m, chiamato in-
linea, come delle ‘guardie di frontiera’, ma a seconda del territorio. Polibio, che scrive in tervallum. Questo spazio lasciato libero aveva
mantenevano la caratteristica di forza mobi- Bibliografia: epoca repubblicana, dice che i Romani del suo una duplice funzione: da una parte facilitava il
le d’attacco. Le Bohec 2003; Liberati;Silverio 1988; Luttwak 1981. tempo costruivano campi quadrati, divisi in tre movimento o lo schieramento delle truppe al-
terzi dalla via quintana e dalla via principalis; al terni era ben riconosciuta e che nulla era lasciato spianare il terreno; ai bordi del campo veniva l’interno del castrum, dall’altro proteggeva gli
di là di questa, si trovavano un posto pubblico al caso: le vie delimitavano spazi rettangolari al- costruito il sistema difensivo vero e proprio: era alloggi dalle armi da lancio. A questo proposi-
(il forum), la tenda del questore (quaestorium), l’interno dei quali si installano delle tende; la più costituito da un fossato dietro il quale si erge- to, è stato calcolato che un pilum (il giavellotto
e quella del comandante generale (il praeto- importante, quella del comandante generale va un terrapieno. Il terrapieno, agger, aveva un pesante romano) arrivasse ad una distanza di
rium); gli altri due terzi dello spazio erano ta- presenta gli stessi caratteri sacri di un tempio. rilievo interno molto dolce e quello esterno pro- m 30, mentre una freccia scagliata da un arco
gliati in due dalla via decumana. Anche Flavio Vicino si trova l’auguratorium, dove venivano nunciato, era costruito con il materiale di riporto composito aveva una gittata massima di m 160-
Giuseppe, che scrive due secoli dopo l’autore presi gli auspici. utilizzato per scavare il fossato, fossa, e si alza- 175, ma era efficace fino a 55-60 metri.
greco, ci dice che gli accampamenti erano qua- Una tribuna, da dove il comandante in capo am- va, a seconda del terreno utilizzato e del tipo di Resti archeologici o segni di accampamenti ro-
drati. Igino invece raccomanda proporzioni di- ministrava la giustizia e pronunciava discorsi, campo da costruire, fino a superare il metro in mani si trovano a Numantia in Spagna e, sul li-
verse: egli consiglia la costruzione di un era installata ugualmente in prossimità. C’era- altezza per tre di larghezza. Sul bordo esterno mes renano, Castra Vetera (Xanten), Saalburg,
rettangolo il cui rapporto fra i lati sia di 2:3. Di- no altresì alloggi per gli ufficiali e i soldati. Di dell’aggere venivano infissi una fila di pali, pila Lambesi in Algeria (Africa); inoltre l’impianto ur-
versa è pure l’organizzazione dello spazio. La più, bisognava prevedere un certo spazio per muralia, in modo da costituire una barriera, val- banistico di molte città moderne rivela un pree-
via ‘principale’ e la via quintana dividono sem- installazioni di uso collettivo: un laboratorio as- lum. Molto più raramente, vi veniva posto un sistente castrum romano (es. Aosta, Torino).
pre in tre terzi l’insieme, ma la parte situata al sicurava la riparazione delle armi danneggiate; muretto di terriccio, o addirittura di pietra (cfr. R.R.
di là della via ‘principale’ è scissa in due dalla c’era poi un ospedale (valetudinarium) dove ve- scene sulle colonna traiana e antonina). Se si
via praetoria; il pretorio si trova al centro del di- nivano curati gli uomini, ed esisteva anche un’in- presumeva di utilizzare l’accampamento per
Bibliografia
spositivo, e il quaestorium è situato nel mezzo fermeria per gli animali e il forum. più notti, l’aggere e la palizzata erano rinforza-
Clausetti 1939; Le Bohec Y., L’esercito romano; le armi
dell’ultimo terzo, quello determinato dalla via La scelta del luogo ove accamparsi e le relative ti, sempre sul bordo esterno, con una gratic- imperiali da Augusto alla fine del terzo secolo, 2003; Li-
quintana. Tutti gli autori concordano comun- misurazioni erano compito dei gromatici e dei ciata che potesse servire sia a trattenere il terreno berati, Silverio 1988; Luttwak E.N., La grande strategia
que sul fatto che la distribuzione degli spazi in- mensores, dopo di che i soldati cominciavano a di riporto che a formare un parapetto merlato dell’impero romano, Milano 1981.

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Sez. 4.3 - Onagro/scorpione nel terreno, causati dal rinculo della macchi- Dopo tre secoli di silenzio ne torna a parlare Sez. 4.4 - Balista do dettagliato. Macchine che lanciano sassi ge che tali macchine venivano utilizzate in ope-
na al momento del lancio. Ad ogni onagro vi Apollodoro di Damasco, che consigliava di (per lancio di dardi, etc.) sono menzionate da Tacito (Historiarum libri, razioni d’assedio e negli scontri sia marittimi
Modello funzionante 230x140x110 erano posizionati quaterni iuvenes (Amm. 23, posizionarne uno nella parte anteriore del- 3, 23-29. Sull’efficacia di tali artiglierie mecca- che terrestri.
materiale: legno, bronzo, ferro, cordami, tendini Modello funzionante
4, 5) per lato, che mettendo in trazione la ma- l’ariete. Ricomparirà nelle fonti nel IV secolo niche a torsione Flavio Giuseppe nel De bello Per quanto riguarda il loro utilizzo nell’espu-
bovini materiale: legno, bronzo, ferro, cordami, tendini
cronologia: tra il III sec. a.C ed il V sec d.C. tassa facevano ruotare il braccio tramite un con Ammiano e Vegezio. L’onagro continuò Judaico, dà una vivida descrizione del loro uti- gnazione delle città venivano utilizzate mac-
bovini
luogo di conservazione: un modello funzionante è argano posizionato nella parte posteriore del- ad essere utilizzato per tutto il medioevo, do- cronologia: tra il III sec. a.C ed il V sec d.C lizzo nella narrazione dell’assedio di Gerusa- chine di grosso calibro anche se è impensabile
conservato a Roma, Museo della Civiltà Romana; la macchina, provvisto di piccoli fori al- ve è meglio conosciuto come catapulta, per luogo di conservazione: modello funzionante: Roma, lemme. Sempre dalla stessa opera, quando che i proiettili lanciati, che raramente rag-
Realizzazione del modello: Niccolai snc. (Firenze, l’estremità per farvi alloggiare delle leve. Dopo poi cadere in disuso nel XII sec. Museo della Civiltà Romana viene narrato il grandioso assedio alla mirabi- giungevano i 100 kg, riuscissero a sfondare
2009) Realizzazione del modello: Niccolai snc. (Firenze, 2009)
che il braccio aveva raggiunto l’assetto oriz- Erano utilizzati proiettili sferici di pietra in mo- le fortezza di Masada, fatta costruire da Erode mura dallo spessore di parecchi metri, tutta-
zontale e bloccato con dei perni, si procede- do d’avere una sequenza di tiri simili tra loro il Grande, sappiamo che i Romani riuscirono via esse danneggiavano le strutture difensive
L’onagro è una macchina d’assedio che rien- va al caricamento della fionda con proietta di che permettessero cosi di aggiustare la mira a spezzare la resistenza di questa costruendo in legno e bersagliavano gli spalti, coprendo
tra nella categoria di artiglieria a braccio uni- pietra, sferici. Con una mazzola veniva azio- e colpire un bersaglio. “L’unico solido la cui La balista, detta anche ballista, era un’arma ne- una gigantesca rampa sul lato ovest della mon- l’avanzamento di macchine come torri mobi-
co a torsione. Il nome deriva dal movimento nata la maniglia di sgancio. Per evitare inci- massa è funzione di un’unica dimensione è vrobalistica che lanciava pietre, e dardi, la cui tagna sulla quale issarono una torre mobile li o arieti; non è da trascurare, inoltre, l’indub-
che la macchina faceva all’istante del tiro, una denti causati dal sobbalzare della macchina, la sfera, che compensava il costo di costru- propulsione era fornita dalla torsione (da cui dotata di un ariete e di macchine da lancio. bio effetto psicologico sul nemico causato
sorta di rinculo che provocava l’alzarsi della l’addetto a tale operazione si posizionava su zione con una più attendibile e sbrigativa pre- il nome generico delle artiglierie romane tor- Oltre ai trattati di specialisti e alle fonti di sto- dell’utilizzo di tali temibili ordigni.
parte posteriore, molto simile allo scalciare di un rialzo messo di fianco. Rimosso il per- determinazione del tiro” (Russo 2002, p. 181). menta) di matasse di tendini animali, da crini rici possiamo farci un’idea di questi congegni Simili macchine montate sulle navi da guerra
di un asino selvatico, da qui la denominazio- no, la matassa agiva sul braccio trascinan- Il proiettile espulso dall’arma andava a dise- di cavallo o capelli. Era formata da una parte anche grazie a reperti archeologici, che non so- devastavano invece le murate e i ponti delle
ne in latino onager. Molto semplice da rea- dolo verso il cuscino di caprino imbottito di gnare una parabola molto arcuata, rallentan- superiore costituita da un telaio in legno (ca- no molto numerosi e, come le fonti letterarie, navi o addirittura venivano installate in batte-
lizzare, fu nel tempo preferito alle baliste. paglia, mentre la fionda continuava la sua cor- do fino ad arrestarsi al suo massimo apice. pitulum), tenuto insieme da incastri a coda di abbastanza oscuri. Il suolo ci ha restituito es- rie montate su torri come racconta Cesare (De
Ammiano Marcellino (23, 4, 4) utilizza il ter- sa fino a sganciare la terza catena rilascian- Da lì iniziava la ricaduta, incrementando la rondine, che alloggiava le due matasse posi- senzialmente quelle parti metalliche in ferro o bello civile, I, 24). Il loro utilizzo sui campi di
mine scorpione per descrivere l’onagro, di- do il proiettile, tracciando cosi una traiettoria velocità quasi di pari potenza alla spinta ini- zionate verticalmente entro le quali si inseri- bronzo, che a differenza delle componenti li- battaglia, invece, vedeva l’uso di calibri più pic-
cendo che quello era il suo nome tecnico parabolica. La gittata poteva essere cambia- ziale se non fosse per l’attrito provocato con vano due robuste braccia in legno o ferro: gnee della macchina, sono riuscite a mante- coli e di macchine che consentivano una mag-
mentre l’altro era quello più utilizzato; ci for- ta variando l’angolo del braccio. I proiettili che l’aria. Questo avveniva quando la macchina questa struttura costituiva il gruppo moto- nersi abbastanza intatte. È il caso dei resti della giore mobilità: ovvi sono gli effetti di un
nisce una descrizione della macchina. potevano essere utilizzati erano di varie di- era situata alla stessa altezza del bersaglio. propulsore della macchina. Fra le matasse tro- grande balista di Hatra (in Iraq) e di quella di proiettile, anche di soli 6 kg, scagliato contro
Era sprovvisto di ruote permanenti, per il tra- mensioni, sempre sferici; l’unico vincolo a cui Se, invece, veniva posizionata più in alto ri- vava posto un affusto in legno dotato di una Ampurias: blindatura di un gruppo moto pro- una fitta schiera di uomini: la sua traiettoria ri-
sporto veniva usato un carro trainato da quat- dovevano attenersi era il peso ma non le di- spetto al bersaglio, ad esempio su una tor- doppia cremagliera laterale a denti di sega sul pulsore, i modioli (cioè gli ancoraggi attorno i sultava imprevedibile una volta che toccava il
tro buoi: onagri…in carpentis bubus portantur mensioni, cosa che succedeva con gli altri tor- retta, la potenza di ricaduta era maggiore di quale alloggiava il carrello di propulsione do- quali si mettevano in tensione le matasse) e suolo, e la sua azione devastatrice poteva scom-
armati (Vegezio, 2, 25). Ammiano Marcellino menta che avevano dei parametri fissi da quella iniziale. L’impatto avveniva quasi per- ve si posizionava il proietto da lanciare; un ver- un gancio di scatto. paginare più file di uomini, un po’ come fa-
è stato testimone durante l’assedio di Amida rispettare. L’inconveniente dell’onagro era che pendicolarmente al bersaglio alla massima ricello alla sua estremità consentiva la messa Una raffigurazioni di tali macchine è presente ranno secoli dopo i cannoni sui campi di
della difficoltà di trasporto di alcuni onagri, non poteva essere spostato velocemente per velocità, così d’avere una potenza che per- in tensione della corda che univa i due bracci nei bassorilievi dell’altare di Pergamo, dove è battaglia dell’Europa moderna.
quod artis est difficillimae (Amm. 19, 7,6). Una cambiare bersaglio. metteva la distruzione dello stesso. In media della macchina e quindi il caricamento del- chiaramente distinguibile la riproduzione di un I vantaggi che l’utilizzo di motopropulsori a
volta scaricato e montato veniva posizionato Il primo riferimento che si ha di un pezzo di un proiettile che piombava ad un’altezza di l’arma. Così azionando il verricello e messe in gruppo motopropulsore con la struttura del torsione comportava, a differenza dei model-
su di una piazzola, per evitare affossamenti artiglieria a braccio unico (in greco monàn- un centinaio di metri impattava ad una velo- tensione la corda, si posizionava il proiettile e, capitulum e le due matasse intorte all’interno, li precedenti, era che le dimensioni delle ma-
con) si trova in Filone Alessandrino intorno cità di circa 50m/sec (Russo 2007, p. 179). I agendo su di un meccanismo di scatto, lo si con i rispettivi modioli sulla sommità della
al 200 a.C., il quale ci informa che venivano proiettili di un peso intorno ai 4 kg potevano liberava. struttura e sulla colonna Traiana.
utilizzati negli assedi in maniera difensiva. raggiungere anche i 500 m. L’intera struttura del fusto poggiava su un trep- Dalle fonti e dai reperti archeologici, così co-
D.V. piede ruotante su se stesso che consentiva di me dalle numerose palle di pietra rinvenute in
puntare la macchina nella direzione voluta; antichi luoghi, che furono teatri di assedi, emer-
inoltre una quinta gamba regolabile su una
ghiera inclinata sul fusto permetteva le diver-
Bibliografia
Clausetti 1939; Brizzi 1983; Liberati, Silverio 1988; Feu- se inclinazioni dell’arma.
gère 1993; Humphrey, Oleson, Sherwood 1998; Tomei Le baliste potevano essenzialmente suddivi-
1982; Russo 2002; Russo, Russo 2007. dersi in eutitone e palintone (dal greco: lette-
ralmente con tensione diritta e con tensione a
rovescio); le prime erano caratterizzate dal-
l’avere i bracci rivolti dalla stessa parte dell’ar-
tigliere mentre le seconde dalla parte opposta.
Queste erano più potenti delle prime in quan-
to, essendo la corsa dei bracci molto più lun-
ga (una corsa di 160° del braccio contro i 60°del
modello più leggero) poteva sviluppare una
forza maggiore: ciò le rendeva più adatte per
il lancio di grosse pietre rispetto il modello eu-
titono utilizzato per il lancio di dardi.
Vitruvio (De Architectura, XI) la descrive in mo-

140 141
tasse e quindi la loro potenza erano propor- Sez. 4.5 - Ariete d’assalto o ariete Cartaginesi l’avrebbero usato per la prima vol- ariete mosso da cinquanta serventi e Vitruvio Sez. 4.6 - Testuggine arietata ga m. 3 o 4 e di lunghezza variabile, ma non mol-
zionali, a differenza dei modelli a flessione che, sospeso ta nell’assedio di Cadice (206 a.C.) nel corso (De architectura, 10) di un altro a cui erano ad- (testudo arietata) con sportello to superiore alle dimensioni della larghezza (6
paradossalmente, a grandi dimensioni dell’arco della seconda guerra punica. detti cento soldati. anteriore o 8 m); la tettoia veniva poi coperta superior-
la potenza della macchina diminuiva. Il rap- Modello funzionante Uno dei primi riferimenti a questo tipo di mac- L’ariete era costituito da una trave lunga e ro- mente da pelli di animali fresche, cioè umide,
Materiale: legno (abete, frassino, olmo), cordami, Modella funzionante:
porto funzionale matasse/peso della palla, il china compare nell’assedio di Larisa del 399 busta di legno (abete, frassino, olmo) la cui estre- onde essere resistenti al fuoco dei nemici, e la-
bronzo o ferro Dimensioni: 280x150x120
modulo, fu il principale oggetto di interesse di dimensioni: le dimensioni della macchina erano in a.C. (Senofonte, Elleniche, 3, 7). mità, a forma di testa di ariete, era rivestita di teralmente chiusa da robuste tavole di legno,
materiale: legno, ferro, cordame
matematici e architetti dell’antichità, che si rapporto con l’ostacolo da abbattere; quelle del Giuseppe Flavio (Bellum Iudaicum, 3, 284) scri- metallo, di solito ferro o bronzo. Tale nome de- Realizzata da: Niccolai snc. (Firenze, 2009) che potevano anch’esse essere rivestite di pelli.
sbizzarrirono nei loro trattati a trovare formu- modello in mostra: 270 x 130 h. 180 vendo di un ariete usato da Vespasiano all’as- rivò dall’impeto con il quale gli arieti si affron- Nella parte posteriore la testuggine era sempre
le matematiche atte a individuare la giusta pro- Realizzazione del modello: Niccolai snc. (Firenze, sedio di Giotapata dice: “Non c’è torre sì forte tano fra loro e che somiglia all’urto d’azione aperta, per permettere il rinculo della trave nel
2009)
porzione delle varie parti della macchina. È il né muro sì grosso che possa reggere ai suoi col- della macchina contro le mura. L’ariete era spin- L’ariete era usato in battaglia per aprire brecce suo moto oscillatorio, nella parte anteriore po-
caso del libro X del De architettura di Vitruvio pi…”; Appiano (Storia Romana, 6) racconta che to fino alla base dell’obbiettivo in vari modi, ma nelle mura di difesa delle città o degli accampa- teva essere aperta, per la stessa ragione oppure
che riporta, rifacendosi ai tradizionali trattati- nella terza guerra punica i Romani misero in nel sistema più semplice e primitivo era porta- menti e presentava varie forme: era chiamato configurata a punta o munita di sportelloni mo-
sti greci, come Filone d’Alessandria, una serie L’invenzione dell’ariete fu a lungo attribuita ai azione due arieti, uno dei quali avrebbe richie- to a spalla dai soldati che dopo procedevano a così per la somiglianza con il modo di attacca- bili, che venivano aperti all’ultimo momento,
di prescrizioni da osservare per la costruzione Cartaginesi da Ateneo. Infatti, in un suo tratta- sto sei mila uomini per la manovra alle corde. colpire il muro. In seguito la trave venne sospesa re dell’animale, l’ariete che, quando assalta, re- quando la macchina era già posizionata nel pun-
di baliste e catapulte to sulle macchine d’assalto, egli sostiene che i Procopio (Bellum Gothicum, I, 21) narra di un per mezzo di funi ad una apposita incastellatu- trocede (Vegezio, Epitoma rei militaris, 4, 14); to d’attacco.
D.I. ra di legno e fatta oscillare; ampliando l’oscilla- nella sua forma più semplice era una trave lun- Secondo Vegezio (Epitoma rei militaris, 4, 14) il
zione, acquistava anche forza d’urto contro ga e robusta con una estremità rivestita in me- nome derivava dal fatto che la testa dell’ariete
Bibliografia l’obbiettivo (aries pensilis). L’incastellatura, per tallo (ferro o bronzo) sagomato in forma di testa oscillando per percuotere le mura, entrava e usci-
Campbell 2003; Feugère 1993; Liberati 1988; Masden facilitarne il trasporto, poteva essere montata di ariete, che veniva spinta in vari modi (a spal- va dal riparo della tettoia, che fa la testuggine
1969; Russo 2002; Russo 2007; Singer 1966. su di un carrello con ruote (aries subrolatus) o la dai soldati o posta su una incastellatura fissa quando rientra la testa sotto il guscio.
su una specie di slitta a rulli (aries versatilis). e sospesa ad un sistema di corde): bilancian- Vitruvio ricorda un ariete mosso da cento sol-
L’operazione dell’apertura della breccia poteva dola, la trave acquistava forza e poteva penetra- dati, Procopio ricorda un ariete spinto, nella guer-
essere molto lunga e certamente disturbata da- re nelle murature nel punto di attacco (aries ra gotica, da cinquanta soldati (Bellum Gothorum,
gli assediati col fuoco e con proiettili, pertanto pensilis), oppure l’aiete poteva essere montato I, 21), Appiano ne ricorda uno usato dai Roma-
l’ariete era solitamente montato sotto una tet- su ruote (aries subrolatus). ni nella III guerra punica all’assedio di Cartagi-
toia di legno ricoperta e protetta con pelli fre- Ma il sistema che dava più garanzie di prote- ne manovrato da 3.000 soldati; Vegezio cita un
sche, non infiammabili. zione ai soldati che lo manovravano era la ‘te- ariete lungo 62 m.
L’ariete era una macchina ossidionale usata studo arietata’: l’ariete – montato come un aries G.P.S.
per demolire tratti di mura di una città fortifi- pensilis - veniva posizionato su rulli e ruote e po-
cata, particolarmente adatta per l’attacco di sto sotto una solida tettoia di travi di legno lar- Bibliografia:
Clausetti 1939; Marsden 1969; Brizzi
porte e delle postierle (Vegezio, Epitoma Rei
1983; Garlan 1985; Liberati, Sil-
Miliaris, 4, 14). La trave, sostenuta da uno o verio 1988, pp. 41-61; Russo
più cordami, veniva fatta oscillare dai soldati 2004.
in modo da infliggere potenti colpi alle mura
della città nemica.
L’opera demolitrice degli arieti trovava valida col-
laborazione nella terebra, specie di grosso tra-
pano con il quale venivano praticati dei fori nel
muro che doveva poi essere abbattuto dall’ariete
e nella falx muraria, costituita da una lunga asta
al cui estremo era posto un ferro piegato ad un-
cino con il quale si svellevano le pietre smosse
dall’ariete.
Per difendersi dall’azione degli arieti, veniva, tra
l’altro, usato da parte degli assediati uno stru-
mento simile ad una grossa tenaglia o uncino,
detto lupus, con cui si tentava di intrappolare la
testa dell’ariete e di tenerla sollevata, impeden-
done in pratica l’uso.
V.G.

Bibliografia
Clausetti 1939; Marsden 1969; Brizzi 1983; Garlan 1985;
Liberati, Silverio 1988; Russo 2004.

142 143
Sez. 4.7 - Torre ossidionale tro la torre di passare sulle mura da conqui- motivo si rendevano necessarie tutta una se- tezza. Per espugnare la città, Pompeo requi-
mobile (turris ambulatoria vel stare. Era fissato tramite una sorta di perno al rie di macchine ausiliarie quali le testuggini (v. sì macchine da assedio dalla città di Tiro (Fla-
curulis vel oppugnatoria) lato della torre che guardava il nemico e veni- sez. 4. n. 6), le vigne e i plutei, i quali permet- vio Giuseppe, Bellum Judaicum, 1.7);
va inizialmente tenuto alto. L’altezza del per- tevano ai soldati di lavorare in sicurezza, al ri- - 51 a.C.: assedio di Uxellodunum (Puy d’Isso-
Materiale: travi e assi di legno per il telaio; corde e no del ponte non doveva essere inferiore a paro dai colpi dell’artiglieria nemica, mentre lu). Cesare fa costruire una torre di 10 piani
pulegge per azionare l’ariete e il ponte d’assalto;
quella del muro per evitare agli assedianti gli creavano il miglior corridoio per l’avanzata del- alta 60 piedi e armata con artiglieria, colla
assi di legno o stuoie per la parte più interna del
rivestimento esterno, ferro o cuoio fresco e sacchi svantaggi di un percorso in salita dalla torre al- la torre. In casi di città costruite sopra scosce- quale recide l’approvvigionamento idrico del-
bagnati per lo strato più esterno del rivestimento le mura. Nella descrizione di Apollodoro di Da- si pianori e circondate da mura, si rendeva la città che stava prolungando la durata del-
così da renderlo ignifugo, peli di pecora o setole di masco (Poliorkètika,174), il ponte d’assalto è necessaria la costruzione di un agger, cioè una l’assedio (C.G. Cesare, De Bello Gallico,
cavalli per la difesa dalle frecce. Il rivestimento lungo 20 piedi (6 metri). Doveva tuttavia es- rampa piuttosto declive che permettesse l’asce- 8,32-40);
doveva garantire l’invulnerabilità dal fuoco e dai
sere solido e pienamente sicuro solo per il pri- sa della torre alla quota utile. L’agger era soli- - 37 a.C: Caio Sosio, generale di Antonio, in col-
colpi dell’artiglieria degli assediati. Oltre al già
citato rivestimento di ferro, presente in tutte le torri mo quarto della sua lunghezza. Per questo tamente composto di materiali quali terra, laborazione con Erode il Grande, tenta di ri-
mobili della guerra giudaica condotta dai Flavi, un motivo, appena calato, veniva ricoperto da una calcinacci e simili asportati da rovine di edifi- conquistare la città di Gerusalemme, nelle
metodo alternativo, noto come sifone (σ°φων), stuoia di vimini rinforzata con traverse nelle ci in zona, e legname. Giunta alla sommità del- mani del ribelle Antigono (Flavio Giuseppe,
prevedeva tutta una serie di intestini di bue e parti non coperte da assi. l’agger, la torre doveva essere ancorata al terreno Bellum Judaicum, 1,18);
sacche di pelle riempite d’acqua che, strizzate,
Il terzo piano sembra dovesse rimanere aper- con dei sistemi di alloggiamento tali da con- - 74 d.C.: assedio di Masada. Lucio Flavio Sil-
avrebbero spento un eventuale principio d’incendio
(Apollodoro di Damasco, Poliorkètika,174). La to superiormente, limitandosi nelle protezio- ferirle maggiore stabilità ed evitare che la pur va prende la città in cui si erano asserraglia-
tecnica di rivestire le assi esterne con argilla non ni a un parapetto fornito di feritoie da cui lieve pendenza la facesse retrocedere. ti gli ultimi ribelli giudaici. Torre provvista di
risultava efficace in quanto era sufficiente scoccare proiettili e frecce. Poco chiare sono tuttavia le descrizioni del si- catapulta e ariete. Terrapieno per colmare il
dell’acqua per sciogliere l’argilla e mettere quindi in In caso di mura particolarmente elevate, il nu- stema di ruote e movimentazione che ci sono divario tra il pianoro e l’area circostante, co-
evidenza il sottostante legno. Una copertura con
mero di piani poteva aumentare. Il passaggio pervenute dagli autori di epoca romana. Ri- sì da poter portare la torre, tramite una ram-
pelli umide non conciate appese in modo piuttosto
allentato, poteva risultare utile contro frecce, dardi dei soldati da un piano all’altro era regolato da sulta ciononostante verosimile che fossero pa liscia, all’altezza delle mura. Aperta una
e simili. delle scale che tagliavano la costruzione da un adottate tecnologie non dissimili da quelle im- breccia nelle mura, una contro-opera di ter-
Dimensioni: per quanto riguarda l’altezza, le maggiori lato di un piano al lato opposto di quello su- piegate in epoca alessandrina ed ellenistica. ra e palizzate rendeva inutile l’uso dell’ariete
informazioni le ricaviamo da Flavio Giuseppe (nel periore. Postulando un asse ad unire tra loro le ruote che, coi suoi colpi, costipava la terra e non la
Bellum Judaicum), che parla di torri alte 50 piedi
Narra sempre Vegezio che, per ingannare e co- anteriori della torre e un altro che unisse quel- abbatteva. Solo dando fuoco alle palizzate,
(assedio di Giotapata, 67 d.C., 50 cubiti pari a 22,2
m; (assedio di Gerusalemme, 70 d.C.) 60 cubiti gliere alla sprovvista il nemico, si potevano co- le posteriori, risulta sufficiente una coppia di si riuscì ad abbattere l’ammasso di terra che
pari a 26.6 m; assedio di Masada, 73 d.C.). Cesare struire torri apparentemente basse, contenenti grosse gomene avvolte con numerose spire queste sostenevano. All’ingresso in città, ven-
(Caio Giulio Cesare, De Bello Gallico, 8, 32-40) ci all’interno un’altra torre, la quale, quando la attorno a ciascun asse e, con l’opposta estre- nero trovati i cadaveri degli assediati, aven-
riferisce poi di una torre di 10 piani alta 60 piedi (18 macchina era a contatto delle mura, veniva in- mità, vincolate all’albero di un cabestano per do questi preferito darsi la morte piuttosto
m), da lui impiegata per la presa di Uxellodunum
nalzata improvvisamente a mezzo di funi e car- far muovere le ruote. Infatti basta far girare il che consegnarsi ai Romani (Flavio Giusep-
(Puy d’Issolu) nel 51 a.C. L’altezza variava in
funzione dell’altezza della mura da affrontare e rucole. Tra le varianti proposte, invece, da cabestano per far sì che le gomene, avvolgen- pe, Bellum Judaicum, 7.7-8);
dalla presenza o meno dell’agger (vedi la sezione Apollodoro figura quella di una torre provvista doglisi attorno, si srotolino dai rispettivi assi - 359 d.C.: i Persiani, usando macchine roma-
dedicata alla funzionalità). di un asse orizzontale girevole all’ultimo suo facendoli ruotare e, con essi, facendo ruotare ne rubate alle guarnigioni di guardia a Sin-
Le dimensioni della base, solitamente quadrata, piano. Questo lungo asse, attaccato ad un per- le rispettive ruote. Ne deriva quindi un siste- gara e le medesime tecniche, prendono la
cambiavano in funzione dell’altezza della torre. Nella
no, doveva poter passare oltre le mura con una ma a trazione integrale (Cesare, De Bello Gal- città di Amida facendo poi strage degli abi-
descrizione di Vegezio vengono menzionate basi di
30, 40 e 50 piedi (rispettivamente: 9, 12 e 15 m). sua estremità. L’altra estremità invece, decisa- lico, 2,30-31). tanti. Negli anni successivi seguiranno, in
Provenienza: diffuse tra tutti i reparti dell’esercito mente più vicina al perno, era manovrabile dai Da non dimenticare un passo di Procopio (Bel- modi simili, la presa della stessa Singara e di
romano, che avessero necessità d’espugnare una soldati che operavano nella torre e, data ap- lum Gothicum 1, 22) in cui lo storico narra che Bezabde (Ammiano Marcellino, Res gestae,
piazzaforte punto la minor distanza di questa estremità i Goti di Vitige, durante l’assedio di Roma, ten- 18. 8-10, 19. 1-8);
Cronologia: a partire dal II sec a.C. circa, per tutta la
dal perno, ad ogni spostamento di questa cor- tarono un assalto con l’uso di torri trainate da - 324 d.C.: Costantino assedia Bisanzio, in cui
durata dell’impero
Ricostruzione realizzata da Niccolai snc. (Firenze, rispondeva uno spostamento dell’altra pari buoi. I difensori, guidati da Belisario, riusciro- si era rifugiato il rivale Licinio. Fece uso di tor-
2009) quanto ad ampiezza angolare, ma decisamente no a bloccare l’avanzata delle macchine sem- ri per controllare dall’alto le mura della città,
superiore quanto a lunghezza d’arco percor- plicemente colpendo con delle frecce gli per proteggere i suoi uomini mentre costrui-
sa. Scopo dell’asse è falciare “tutti quelli che animali. vano il terrapieno e per permettere l’arrivo de-
Nella descrizione che ci fornisce Flavio Rena- sono sulle mura e che si trovano nel raggio Episodi in cui è attestato l’utilizzo di torri os- gli arieti (Zosimo, Historia Nova, 2, 25).
to Vegezio (Epitoma Rei Militaris, 4, 17), la tor- raggiunto dal giro” (Apollodoro, Poliorkètika, sidionali: S.C.
re ossidionale è composta da tre piani e si 172). - 87 a.C.: Silla assedia e conquista Atene, oc-
sposta tramite ruote (probabilmente più delle di assalto mentre quello superiore ospitava ar- strata sempre di ferro oppure di bronzo. La tra- Perché la torre fosse efficace, doveva essere cupata dal generale mitridatico Aristione. Suc-
quattro canoniche) imperniate alle travi che cieri e artiglierie destinati a fornire fuoco di co- ve era agganciata tramite due corde al solaio portata a stretta distanza dal muro perimetra- cessivamente prende anche il Pireo, in mano
formano la base. pertura alle attività dei due piani inferiori. del piano superiore o a una o più travi solida- le del luogo fortificati da espugnare. Oltretut- ad Archelao (Pausania 1.20.4; Plutarco, Sul- Bibliografia
Campbell D.B., Greek and Roman Siege Machinery 399
L’autore tralascia la descrizione delle ruote, pre- L’ariete del piano inferiore era formato da una li ad esso, risultando così sospesa, quindi più to, il percorso dal luogo di assemblaggio della la, 12,2; Appiano, Bellum Mithridaticum, 30);
BC-AD 363, Oxford 2003; Campbell D.B., Siege Warfare
ferendo soffermarsi sulla descrizione dei tre trave lunga all’incirca 30 piedi (9 metri), la cui efficace nella sua azione di percussione. torre alle mura non doveva presentare irrego- - 63 a.C.: Pompeo Magno prende Gerusalem- in the Roman World 146 BC-AD 378, Oxford 2005;
piani della torre. Al piano inferiore era allog- punta era rinforzata da un cappellotto di ferro Il ponte d’assalto (exostra) del secondo piano larità morfologiche o di altra natura che osta- me, la piattaforma del cui tempio fu usata Clausetti 1939; La Regina 1999; Marsden 1971; Russo,
giato un ariete, a quello intermedio un ponte o, più spesso, da una protome di ariete inca- doveva consentire alle truppe che stavano den- colassero l’incedere della macchina. Per questo dai seguaci del rivoltoso Aristobulo come for- Russo 2007.

144 145
Sez. 4.8 - Corvo per quinquereme mentre una sbarra rimovibile posta all’inizio del- to dell’uomo d’azione su quello dello scrittore. pe da ospitare a bordo con il compito di as-
l’apertura oblunga permetteva di disfarsene sca- È possibile che il suo uso nelle battaglie na- saltare il ponte nemico, una volta che questo
Materiale: legno, metallo, cordame ricandolo in mare. Una diversa ricostruzione vali sia stato abbandonato relativamente pre- fosse stato agganciato. A questo proposito va
Cronologia: 260-255/249(?) a.C.
prevede un palo verticale lungo ca. m 10 e pog- sto dato che i Romani acquisirono sufficienti sottolineato come l’evoluzione tecnologica av-
Ricostruzione realizzata da: Niccolai snc. (Firenze,
2009) giante, all’interno dello scafo, su di una piatta- conoscenze tecnologiche e competenze stra- venuta dall’inizio dell’età ellenistica nell’ambi-
forma di legno che attutisca il contraccolpo del tegiche per affrontare in modo diverso gli scon- to della navigazione militare abbia offerto
rapido abbassamento; la passerella inoltre è da- tri in mare; i Cartaginesi stessi non dovettero un’opportunità di vittoria agli inesperti marinai
Il corvo, in greco korax, la passerella mobile ta dall’affiancamento di sei travi a sezione cir- essere più colti di sorpresa dopo le prime espe- romani. L’imbarcazione militare per eccellenza
adottata dai Romani per l’abbordaggio delle colare affiancati in sostituzione della scala (il rienze; inoltre si trattava pur sempre di una del V e di gran parte del IV secolo a.C. era sta-
navi nemiche, è descritto nelle fonti antiche che conferirebbe maggiore stabilità), ma sem- tattica rischiosa, che puntava alla cattura del- ta la trireme. L’elemento che contraddistingue
esclusivamente da Polibio, in merito alle bat- pre ricoperti da tavole che creino una superficie l’imbarcazione nemica, ma con il rischio di ve- l’età ellenistica è l’introduzione di navi di mag-
taglie navali combattute da questi contro i facilmente percorribile; la passerella inoltre ruo- dere danneggiata (e affondata) la propria. giori dimensioni che la relegano ad un ruolo di
Cartaginesi per il controllo della Sicilia, all’in- terebbe intorno al palo verticale grazie ad un’aper- Ricostruzione di un corvo Fatta eccezione per le fonti che si riferiscono secondo piano nell’organizzazione della flotta.
terno di quella serie di episodi bellici cui la tura lunga non più di m 0,50, in quanto una (da Meijer 1986, 154, fig. 10.2) alla Prima Guerra Punica, espressioni come Proprio queste nuove navi permettono ai Ro-
storiografia moderna assegna il nome di Pri- dimensione maggiore garantirebbe alla nave manus ferrea o harpago (con i corrispettivi gre- mani di potervi installare una struttura tanto
ma Guerra Punica. nemica gioco sufficiente per divincolarsi con la sero citati in merito alle battaglie di Mylae e ci), si riferiscono a strumenti utilizzati nelle co- pesante; l’evoluzione della flotta in senso di
Polibio (I, 22, 3-10) descrive una passerella mo- manovra. Si è arrivati a supporre che la passe- Ecnomos, per poi sparire definitivamente dal- munque consuete tattiche d’abbordaggio, ma maggiore agilità e dinamicità deve averne de-
bile, larga m 1,20 ca. e lunga m 10,80 ca., pro- rella fosse costituita da due parti distinte: una, la scena; ugualmente si è sostenuto che il lo- che in nessun modo richiamano il congegno finitivamente reso impraticabile l’utilizzo, an-
tetta da bassi parapetti e legata ad un palo corrispondente a un terzo della lunghezza, ri- ro funzionamento, così come descritto dalla descritto da Polibio. Assai poco convincente è che se l’abbordaggio, praticato in modi diversi,
verticale a sezione circolare di m 0,23 di dia- maneva sempre orizzontale, mentre dei cardi- Ricostruzione di nave romana con corvo fonte, determinasse per la nave romana il pe- la tesi che la sua presenza nell’equipaggia- dovette rimanere la tattica preferita dai Roma-
metro, emergente per m 7,20 ca. dal piano del ni permettevano la rotazione in senso verticale (da Corazzini 1896, tav. VII) ricolo di rovesciamento. Si è anche conside- mento di grandi navi da guerra fosse divenu- ni (Thiel 1946, p. 445 ss.).
ponte della nave. Tale passerella è costituita da dei restanti due terzi, in cui era presente l’aper- rato il corvo un ‘assurdo meccanico’ proprio ta così comune da non essere più messa in A.F.
una scala sulla quale vengono inchiodate delle tura oblunga che favoriva lo scorrimento lungo ni nel tentativo di speronarle o abbordarle. La in base alla descrizione che ne viene fatta, re- evidenza (Morrison 1996, p. 358 s.).
tavole in modo da creare una superficie per- il palo verticale; delle sbarre poste all’estremità superiorità tattica cartaginese viene così im- putandolo un’invenzione del generale cartagi- Un rapido abbandono del corvo è, tutto som-
corribile; nella passerella è presente un’apertu- della parte orizzontale permettevano ai marinai provvisamente azzerata, ma si tratta di una si- nese sconfitto a Mylae per giustificare il mato, da ritenere plausibile. L’intera struttura Bibliografia
ra oblunga, larga m 0.25 circa (ossia poco più di far ruotare il ponte in direzione della nave. tuazione temporanea. I successivi avvenimenti fallimento ed avere salva la vita. In realtà, se doveva contraddistinguersi per un peso note- Casson 1971; Casson 1991; Corazzini 1896; De La Ber-
del palo verticale), posta a circa m 3,60 dal- Sembra alquanto improbabile la ricostruzione al Capo Ecnomo del 256 a.C. (Polibio, I, 25-28), l’omissione di certi dettagli può far sembrare vole (ca. una tonnellata)che ne permetteva l’in- ge 1918; Fiebiger 1901; Lacombrade 1971; Lammert
1922; Meijer 1986; Pitassi 2009; Poznanski 1979, pp.
l’estremità della passerella. Un sistema di car- di un corvo che, una volta issato, rimanesse in stanno a dimostrare che la vittoria romana per insicura la fonte, dall’altro c’è da rilevare che stallazione solo su navi di grandi dimensioni
652-661; Rodgers 1937; De Saint Denis 1946, pp. 359-
rucole e funi, chiaro solo in parte, ne permette posizione orizzontale in cima al palo verticale, mare è possibile non solo grazie a questo astu- lo storico si impegna in una descrizione del (nello specifico le pesanti e lente quinqueremi 367; Sordi 1967; Storie 2001; Tarn 1907; Tarn 1930;
l’innalzamento e l’abbassamento. All’estremi- prima di essere sganciato. to stratagemma, ancora utilizzato, ma anche congegno con tanto di misure e spiegazione romane del momento), che potessero tra l’al- Thiel 1946; Thiel 1954; Tipps 1985; Walbank 1957; Wal-
tà è posizionata una punta metallica destinata Lo storico greco sottolinea che l’introduzione grazie ad un’acquisita maggiore abilità strate- del funzionamento: in lui prevarrebbe lo spiri- tro sopportare anche il peso delle ulteriori trup- linga 1956.
a conficcarsi nel ponte dell’imbarcazione ne- dei korakes venne ideata per sopperire all’in- gica e ad una flotta meglio strutturata.
mica; la sua parte superiore possiede un anel- feriorità romana in quanto a ingegneria nava- I corvi sono da sempre acriticamente accetta-
lo al quale era legata una fune; attraverso la le e capacità di manovra in mare. Se ti dall’immaginario collettivo come straordi-
carrucola posta sulla sommità del palo il corvo nell’introduzione agli avvenimenti bellici in cui nario esempio dell’abilità e dell’adattabilità
veniva innalzato e lasciato cadere al momento i corvi fanno la loro prima comparsa si soffer- romana in campo bellico, trascurando il viva-
opportuno, permettendo il passaggio dei sol- ma sulla descrizione della macchina e sui suoi ce dibattito storiografico, che non di rado è ar-
dati, protetti dal parapetto e dai propri scudi. effetti più spettacolari (in veloce sequenza ab- rivato a metterne in discussione la storicità.
Mentre tale sistema permetteva una rotazione bordaggio, assalto e sequestro dei vascelli car- In primo luogo è da osservare che la paterni-
verticale, un diverso sistema di accorgimenti taginesi da parte dei soldati romani), è proprio tà dell’invenzione, con ogni probabilità, non è
tecnici non specificati permetteva una rotazio- nella descrizione della battaglia di Mylae (260 da attribuire ai Romani, come d’altronde la-
ne orizzontale utile a prevenire gli attacchi ai a.C.) che si coglie l’effetto scaturito in primis- scerebbe intendere il racconto stesso di Poli-
fianchi. Secondo una ricostruzione l’apertura sima battuta da tale trovata. bio (1, 22, 3). Il korax, inteso come ponte mobile,
oblunga sul tavolato aveva una lunghezza di m L’introduzione di tale congegno determina l’as- sembra essere un’invenzione di Diade, inge-
3,60 ca. (un terzo della passerella) e garantiva similazione della battaglia navale ad un com- gnere di Alessandro, e compare per la prima
al corvo un gioco approssimabile a tale distan- battimento terrestre, con un ‘effetto sorpresa’ volta nelle torri montate su navi mercantili, du-
za nei suoi movimenti (per tale lunghezza la tale da costringere la flotta punica a rinunciare rante l’assedio di Tiro dal mare (e quindi co-
passerella era sprovvista dei parapetti in modo all’iniziativa d’attacco, dopo aver subito nu- me macchina poliorcetica); tuttavia ai Romani
da permettere il rapido afflusso dei soldati). L’in- merose perdite. D’altronde, dal resoconto di dobbiamo riconoscerne l’applicazione tecno-
nalzamento era possibile grazie ad un argano, Polibio si evince il carattere prevalentemente logica nel contesto di una battaglia navale.
mentre la rotazione orizzontale era possibile difensivo del corvus, non fosse altro che per la L’attendibilità del racconto polibiano è invece
grazie a un sistema di carrucole poste sempre manifesta inesperienza romana, almeno al- stata messa in discussione per differenti mo-
a prua, quasi sui bordi della nave e legate alle l’inizio, nel combattimento navale: la sua pre- tivi. Si è parlato di un fraintendimento di cer-
estremità inferiori della passerella; forse esiste- senza sulle imbarcazioni aumenta sensibilmente te tecniche di abbordaggio da parte dello storico
va una leva di sgancio per abbassare il corvo, il coefficiente di rischio per chiunque si avvici- greco, ritenendo impossibile che i korakes fos-

146 147
Sezione 5
tecnologia nella medicina
La tecnologia nella medicina dell’antica Roma

Luciana Rita Angeletti

A partire dalla fine del III secolo a.C., la decisa espansione terri-
toriale e il conseguente processo di apertura verso nuove culture
che vedono protagonista la città di Roma determinano un gene-
rale cambiamento dei costumi, dei modi di pensare e di vivere a
cui la medicina non può sottrarsi. Una testimonianza diretta di Scena di parto: rilievo in terracotta dalla tomba della levatrice Scribonia Attice
quanto accade in particolare, in merito all’iniziale opposizione che e del medico M.Ulpio Amerimno (Ostia, Museo Ostiense; calco: Roma, Museo
il mondo conservatore romano adotta verso le pratiche mediche della Civiltà Romana)
di importazione greca, figlie delle teorie ippocratiche, è offerta da
alcuni autori del periodo, primo tra tutti Catone. In particolare egli
descrive con fervore i pregi della medicina patriarcale fondata sul-
la tradizione, cioè su pratiche derivate dall’esperienza e su farmaci incontrastato per più di mille anni, fino alla ‘spallata’ definitiva de- iniziale si può utilizzare la lancetta per frantumarlo all’interno. La
tratti dal mondo animale e vegetale, ma anche su rituali magico terminata dalla Rivoluzione Scientifica del XVII secolo. descrizione è molto precisa, tanto che viene puntualizzata perfi-
teurgici: è questa la medicina popolare del primo periodo repub- Ma quali sono gli elementi innovativi della pratica medica eserci- no la posizione che il medico deve assumere (curari vero sinister
blicano, che unisce la selezione dei rimedi consolidati dalla tradi- tata nell’antica Roma, se di fatto essa riprende il sistema teorico- oculus dextra manu, dexter sinistra debet: 7,7,14 a-e; “l’occhio sini-
zione a superstizioni, riti e formule magiche (Catone, De re rustica umorale ippocratico, permeandolo di conoscenze anatomiche di stro invero deve essere operato con la mano destra, il destro con
2,7). Di questo mondo rurale, in cui anche in medicina un ruolo provenienza alessandrina grazie all’opera di Galeno? la sinistra”). Dopo l’intervento si copre l’occhio con albume d’uo-
determinante è svolto dal pater familias, Catone parla con ammi- L’orientamento verso la pratica fa sì che a Roma molte specialità vo e lana soffice, ed il paziente segue un regime alimentare di in-
razione, esprimendo l’apprezzamento che ogni civis romanus ha Astuccio di medico per sonde (Napoli, Museo Archeologico Nazionale; copia: mediche raggiungano una solida autonomia cosicché oltre ai me- tegrazione graduale del cibo nel passaggio da un’alimentazione
per le buone e solide usanze del passato. Più o meno con le stes- Collezione A. Pazzini, Museo della Storia della Medicina presso ‘Sapienza’ - dici generali, ci sono anche specialisti in grado di utilizzare stru- liquida a quella solida, secondo l’insegnamento ippocratico. L’in-
se intenzioni, oltre due secoli dopo, Plinio il Vecchio ricorda i tem- Università di Roma) menti e tecniche che danno vita ad una ‘nuova’ articolazione della tervento descritto da Celso resterà la base della terapia chirurgica
pi in cui i Romani vivevano in buona salute, facendo a meno dei professione. della cataratta nei secoli successivi.
medici e tramandandosi le conoscenze di erbe e farmaci di padre valere di una qualità sulle altre determini lo stato di salute o di ma- Il medicus vulnerum o vulnerarius è un chirurgo delle lesioni ester- Un’altra specialità consolidata è quella dell’ostetricia: l’attività in
in figlio (Plinio, Naturalis Historia 29,7,14-16; 29,8,28). lattia e la terapia si basa soprattutto sul regime, cioè su un insie- ne (Plinio, Naturalis Historia 29,1,8). Della professione di medicus questo settore è largamente riservata alle donne, che svolgono ini-
Nel periodo in cui scrive Plinio (I secolo d.C.), la medicina greca me di dieta e di norme di vita che ristabiliscono l’equilibrio perduto. ocularius c’è larga traccia in epigrafi, reperti archeologici, testi me- zialmente la professione di levatrice, chiamata obstetrix, termine
ha di fatto sostituito la tradizionale ed incruenta medicina pa- Solo un secondo livello d’intervento, prevede il ricorso al ‘ferro e dici. Celso, nel I secolo d.C., descrive accuratamente le principali entrato nell’uso corrente sin dal II secolo a.C. con Plauto (Cistella-
triarcale romana grazie a medici d’importazione preparati, ma an- al fuoco’ e quindi a pratiche che attraverso l’incisione e la caute- affezioni oculari, con una chiara derivazione della terminologia ria 1,2,22; Captivi 3,4,96) e poi con Terenzio (Adelphi 3,1,5). Ulpia-
che con una larga diffusione di praticanti di dubbio valore. La rizzazione rimuovono la causa della malattia e tendono così ri- dalla medicina greca: egli parla infatti di orzaiolo (krithé dei Gre- no nel commentare gli Editti pretorili fa presente che la testimonianza
medicina greca si fonda, com’è noto, sull’esperienza e su un’ela- stabilire l’equilibrio umorale perso. ci), calazi (chalázia), pterigio (pterýgion), blefarite (agkuloblépha- dell’ostetrica è importante per stabilire l’epoca della gravidanza in
borazione dottrinale autonoma rispetto alla sfera religiosa. L’in- La medicina praticata nella Roma imperiale è esercitata dunque rons), della quale è descritta una cura chirurgica secondo la metodica relazione alla discussione sulla paternità della prole di donne che
fluenza della riflessione sulla natura, che inizia con i filosofi della da medici greci incoraggiati a mettersi al servizio della cittadinanza di Eraclide di Taranto (Celso, De medicina 7,7,1-6). Esemplare è divorziano: nell’ostetricia al medico ci si rivolge soprattutto per cu-
Ionia, si estende allo studio dell’uomo, quindi anche alla medici- mediante la concessione dell’immunitas concessa da Augusto a inoltre l’individuazione dell’anatomo-fisiologia del sistema visivo, rare le complicanze, come quando bisogna ottenere l’escissione di
na, ed è raccolta da Ippocrate e dai suoi discepoli che sono attivi medici stranieri compresi i liberti; essa riceve un deciso rinnova- con la retina, descritta per primo da Erofilo d’Alessandria; sopra un feto morto. Si è postulato talvolta che le donne svolgessero la
dal V-IV secolo in poi: la distinzione delle malattie si fonda su se- mento ed una sistematizzazione con l’arrivo di Galeno (129-216 di essa ci sono una sostanza ialina (hyaloeidès hygrón o umor vi- funzione di medico vero e proprio, e di ciò si ha notizia riguardo
gni (semeia) rilevati dal medico sul corpo del paziente, attraverso d.C.). Il colto medico degli Antonini, nativo di Pergamo, propone treo) ed “una goccia d’umore simile al bianco d’uovo, attraverso ad un’epoca più tardiva: Scribonio Largo (I secolo d.C.), che scri-
un processo diagnostico che altro non è se non una selezione cri- una medicina che, memore dell’insegnamento ippocratico, di- il quale si vede”, dice Celso, che riporta poi in dettaglio l’intervento ve le Compositiones medicamentorum, parla di una honesta ma-
tica di segni utili a formulare una prognosi, rispetto ad altri che venta, in virtù degli studi anatomici svolti ad Alessandria, prima chirurgico di guarigione dalla cataratta. Il paziente viene fatto se- trona che cura l’epilessia con speciali estratti d’erbe, mentre Sorano
pur apparendo contemporaneamente sono delle mere coincidenze di tutto anatomo-fisiologia e fisiopatologia. Da questo momento dere avanti al chirurgo, in una stanza luminosa, mentre l’assistente d’Efeso, il più celebre ginecologo di età romana, attivo a Roma al-
e, quindi, da scartare. Tali segni, convalidati dall’esperienza, e non la medicina, intrisa di filosofia aristotelica, è veicolata da testi scrit- gli sorregge la testa da dietro perché non possa muoversi duran- l’inizio del II secolo d.C., si dilunga nel descrivere malattie gineco-
solo da fatti comuni che chiunque può riferire, fanno sì che il buon ti (tradotti nei secoli successivi alla caduta dell’Impero Romano te l’intervento. La rimozione del cristallino opacizzato avviene pra- logiche o della gravidanza, ma si sofferma molto meno sulla patologia
medico si faccia apprezzare perché sa formulare una prognosi at- d’Occidente prima in siriaco e in arabo e poi ritrascritti in latino) ticando una piccola incisione laterale, tra la pupilla e le tuniche da parto, confermando indirettamente l’esistenza di una profes-
tendibile, riconoscendo situazioni simili a quelle già viste o cono- che illustrano teorie, tecniche e strumenti, e studiata nelle princi- laterali, mediante una lancetta appuntita: una pressione decisa sione parallela svolta verosimilmente da donne. Medica è il termi-
sciute. L’organismo è concepito come un contenitore unitario di pali università europee medievali. Essa ruota sostanzialmente in- serve per spostare all’indietro ed indietro lo stesso cristallino e se ne ad esempio utilizzato da Lucio Apuleio (Metamorphoses 5) ed
umori, qualità ed elementi, di modo che il loro equilibrio o il pre- torno a ciò che Galeno sostiene: l’ipse dixit galenico permane non ci si riesce o il cristallino tende a rispostarsi nella posizione a confermare che le pur rare donne-medico sono in tutto parago-

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per alimentare, ma anche per cauterizzare. Sicuramente esisteva aiutavano durante la preparazione di bende e medicamenti. Per
una dotazione di base, direi d’urgenza, dalla quale non poteva pre- quanto riguarda invece la visita medica nei reparti, è molto proba-
scindere il medico che non conosceva l’entità delle ferite che si ac- bile che il medico militare utilizzasse una tavoletta d’argilla sulla
cingeva a curare. Alcuni bassorilievi riproducenti astucci quale prendeva appunti di varia natura.
quadrangolari contenenti cinque o al massimo sei ferri chirurgici Soltanto più tardi si hanno strutture ospedaliere civili: è con l’av-
offrono un’idea a riguardo: due bisturi a lama arrotondata, un col- vento del Cristianesimo che la pietas e l’amore per il prossimo si
tello dalla lama rettilinea e uno dalla lama ricurva e due tenaglie, esprimono anche attraverso l’istituzione di strutture d’assistenza
insieme con medicinali anestetizzanti, sintetizzano quanto neces- sanitaria, per gli ammalati in generale, ma anche per particolari
sitava per un pronto intervento. Spesso si utilizzavano oggetti d’uso categorie deboli, come l’infanzia abbandonata, gli orfani, gli an-
comune per finalità terapeutiche: anche una sedia, ad esempio, an- ziani, i viandanti, gli stranieri. Proprio da queste istituzioni, hospi-
dava bene per ridurre una lussazione ad una spalla. Inoltre, quan- tia, nosocomia, brephotrophia (Cod. Just. 1,3,42), xenodochia (Cod.
Valetudinarium di Xanten (ricostruzione. Roma, Museo della Civiltà Romana) do bisognava intervenire d’urgenza, il medico non poteva far a Just. 1,2,17;1,3,33;1,3,35), traggono origine, lentamente, le struttu-
meno di uno o più assistenti che gli porgevano gli strumenti e lo re ospedaliere medievali.
nabili per fama ai colleghi giunge Galeno, che cita Antiochis, abile re, con intorno corridoi, ai cui lati insistono protoforme di reparti
nel curare reumatismi (De simplicium medicamentorum tempera- molto simili a ‘celle’(Majno, pp. 381-389). La costruzione qua-
mentis et facultatibus, Kühn 12, 250). La professione medica nel drangolare in pietra segue, quindi, uno schema fisso, costituito
settore dell’ostetricia è certamente tra le poche realmente specia- da un doppio ordine di camere separate da un corridoio: ogni stan-
lizzate ed è praticata avvalendosi di apposito strumentario, come za può ospitare otto malati e l’intero complesso può così avere si-
lo speculum di cui parla Sorano (De gynaecia 3, 40), o con specifi- no a cinquecento ricoverati, pari circa al 5 per cento dei componenti
che metodiche, come l’irrigazione vaginale, oppure mettendo a di una guarnigione.
punto posizioni per facilitare il parto, anche utilizzando la sedia da Dai ritrovamenti di strumenti chirurgici, di tracce di erbe medici-
parto che si trova rappresentata in diversi bassorilievi. nali, cibo e contenitori vari è possibile risalire a quello che, gros-
Oltre alla spinta verso una più netta definizione dell’articolazione so modo, non poteva mancare in un’infermeria militare. I contenitori
della professione medica, il mondo romano si contraddistingue in di strumenti chirurgici, cibo e medicamenti da campo, dovendo
campo sanitario soprattutto per realizzazione di opere di igiene essere trasportati, venivano realizzati seguendo criteri di econo-
pubblica, come nell’approvvigionamento idrico, o nella costruzio- micità spaziale. C’erano quindi cassette di legno con coperchio e
ne di terme e bagni pubblici, che nella Roma imperiale sono più di cestini di varia dimensione che servivano a contenere le bende e
ottocento, con palestra, frigidarium, tepidarium e calidarium e lo- le spugne per detergere le medicazioni; recipienti di terracotta e
cali per i massaggi. I Romani erano infatti grandi estimatori del ter- vasi di vetro per contenere acqua, olio, vino e preparati medica-
malismo, a scopo igienico-sportivo ma anche terapeutico: si mentosi; non mancavano catini per salassi e irrigazioni.
ricordano le aquae albulae di Tivoli, le thermae baianae o posido- Da alcuni scavi archeologici, compiuti nella zona centrale del Re-
Bibliografia
niae a Baia, presso Napoli (Cicerone, Epistulae ad Atticum 14,8,1; no, sono emersi alcuni resti di erbe medicinali utilizzate nei vale-
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nio, ad esempio, cita varie fonti di Roma: Aqua Marcia, che è un che già gli Egizi usavano per calmare il mal di denti. Con ogni pro- man Empire, Norman 1988; Jackson R., The surgical instruments, appliances and equipment in Celsus ‘De medicina’,
dono di un dio alla città, Aqua Aufeia, Aqua Pitonia, che origina dai babilità l’utilizzo militare aveva l’applicazione più ampia di narco- in Sabbah G. and Mudry P. (eds.), La médecine de Celse. Aspects historiques, scientifiques et littéraires, St. Eti-
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monti Peligni, nella terra dei Marsi, vicino al lago Fucino, e poi an- tico, analgesico e calmante durante le operazioni chirurgiche. Un’altra
oli 1997, 9.2, pp. 223-248; Krug A., Medicina nel mondo classico, Firenze 1990; Maino G., The Healing Hand.
cora l’acqua della Vergine nella zona della via Prenestina, presso il pianta dai poteri medicamentosi ritrovata nei pressi di accampa- Man and Wound in the Ancient World, Cambridge (Mass.) 1975, pp. 339-422;
torrente dedicato ad Ercole (Naturalis Historia 31, 34-35, 41-42). menti romani è l’erba chironia, usata come antinfiammatorio sul- Si segnalano poi alcuni contributi specifici su singoli temi:
Alle imponenti costruzioni termali non corrispondono strutture la pelle, ma soprattutto come febbrifugo, prima che a Roma nella Sulla trasmissione del sapere medico greco ed ellenistico nella cultura romana si vedano: Angeletti L.R., Trasmis-
sanitarie civili di uguale rilievo: a Roma non vi sono locali pubbli- medicina greca ed indiana. Per quanto riguarda lo strumentario da sion of Classical Medicial Texts through Languages of the Middle-East, in “Medicina dei Secoli”, 2, 1990 pp. 293-
329; Angeletti L. R., The origin of the Corpus Hippocraticum from ancestors to codices antiqui. The codex Vaticanus
ci per ricoverare i malati, mentre nelle regioni militari di frontiera campo, significativi sono stati gli scavi presso l’accampamento ro-
graecus 276, in “Medicina dei Secoli”, 3, 1991, pp. 99-151; Gourevitch G,., Le triangle hippocratique dans le mon-
sono costruiti ospedali militari (valetudinaria), organizzati come mano di Corbridge in Gran Bretagna, dove frammenti metallici di de gréco-romain, Roma 1984, cap.2: L’arrivée du médecin grec à Rome, pp. 289-321; Manuli P., Medico e malat-
veri e propri policlinici. Progettati per essere all’avanguardia, tali varia natura, dimensione e stato conservativo hanno permesso di tia, in M. Vegetti, Il sapere degli antichi, Torino 1985, pp. 229-245.
strutture ospedaliere rappresentano uno dei punti di eccellenza accertare che nell’ambulatorio del castra erano presenti un po’ tut- Sull’influenza della medicina greca in quella romana, analizzata attraverso le fonti letterarie: Mazzini I., La me-
su cui poggia la potenza espansionistica dell’impero romano: ti gli strumenti che il medico aveva nella sua taberna cittadina. È dicina nella letteratura latina, I. Osservazioni e proposte interpretative su passi di Lucilio, Lucrezio, Catullo e Ora-
zio, in Aufidus, 4, 1988, pp. 45-73; Mazzini I., La medicina nella letteratura latina, II. Esegesi e traduzione di Horat.
espressione del grado di evoluzione raggiunto dall’Urbe durante quindi ipotizzabile che aghi, bisturi, scalpelli, leve ortopediche, di-
Epodorum liber II, 15-16 e Odarum libri I 13, 4-5, in P. Janni., I. Mazzini, La traduzione dei classici greci e latini in
il periodo imperiale, sia nel campo medico e chirurgico che in quel- varicatori per ferite, pinze, tenaglie, trapani, speculi, protesi, spe- Italia oggi, in Pubblicazioni della Facoltà di lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Macerata, 56, 1989, pp.
lo delle tecniche delle costruzioni, rappresentano, di fatto, un ele- cilli, cucchiai, seghe, spatole, sonde, uncini, coppette e cassette per 99-114.
mento innovativo rispetto alla precedente epoca repubblicana, in farmaci come i colliri, oltre a testimoniare l’elevato grado di spe- È pure rilevante ricordare alcune fonti, anche in relazione all’epoca dei diversi autori.
cui i soldati feriti in battaglia venivano per lo più ricoverati in ten- cializzazione raggiunto, costituissero la gran parte del corredo chi- Plauto (254 a.C. -184 a.C.): Cistellaria, Captivi, Menaechmi; Marco Porcio Catone (234-144 a.C.): De re rustica;
Publio Terenzio Afro (circa 190 – 159 a.C.): Adelphi; Cicerone (106-43 a.C.): Epistulae ad Atticum; Aulo Corne-
de raggruppate tra loro e ‘adattate’ ad uso di infermeria (de Filip- rurgico da campo. Èchiaro che nell’ambito militare ancor più che
lio Celso, (circa 29 a.C.- 37 d.C.): De medicina; Tito Lucrezio Caro, (98 - 55 a.C.): De rerum natura; Scribonio
pis Cappai, p. 163). Sia nelle versioni semplici che in quelle più in quello civile, vista la necessità di intervenire rapidamente su più Largo (I sec. d.C.): Compositiones medicamentorum; Plinio (62-114 d.C.): Naturalis Historia; Sorano d’Efeso (II
articolate, gli ospedali militari romani prevedono spesso come co- corpi e con un numero minore di strumenti, molti di questi ave- sec. d.C): De gynaecia; Lucio Apuleio (125- 180 d.C): Metamorphoses; Galeno (129-216 d.C.): per le opere si fa
mune denominatore, al centro della pianta, una corte rettangola- vano un utilizzo multiplo, ad esempio il cucchiaio poteva servire riferimento alle Opera omnia edite da C.G. Kühn, Leipzig 1821-1833

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Sez. 5.1 - Stele funeraria del Sez. 5.2 - Pinzetta dentellata Sez. 5.3 - Cauterio a piastrina Sez. 5.4 - Forbici Sez. 5.5a - Sonda a spatola
medico Giasone
Copia: in bronzo Copia: in ferro Copia: in bronzo Copia: in bronzo
Provenienza: rilievo in marmo pentelico su stele Misure: cm 10.5 x 1.0 x 0.8 Misure: m 25 x 0,4 Luogo di conservazione: Collezione A. Pazzini. Misure: cm 13 x 0.8 x 0.4
funeraria da Atene. Luogo di conservazione: Museo della Storia della Luogo di conservazione: Museo della Storia della Museo della Storia della Medicina, Sapienza - Luogo di conservazione: Museo della Storia della
Medicina, Sapienza - Università di Roma, inv. N. Medicina, Sapienza - Università di Roma. Inv. n. U: Università di Roma. Inv. n. U: 84 S_1544 Medicina, Sapienza - Università di Roma. Inv. n. U: Sonda a spatola con un’estremità “a noccio-
Luogo di conservazione: London, British Museum
Cronologia: 100 a.C. 1641 s_1547 59 s_1552 Cronologia: I sec. d. C. 1713 s_1563 lo di oliva”. (Per la descrizione v. sopra n. 5a)
Calco in gesso: Roma, Museo della Civiltà Romana, Cronologia: I sec. d. C. Cronologia: I sec. d. C. Riproduzione: da originale da Pompei Cronologia: I sec. d. C.
sala L, n. 25, inv. n. 2981 Riproduzione: da originale da Pompei. Collezione A. Riproduzione: da originale da Pompei. Collezione A. Misure: cm 16 Riproduzione: da originale da Pompei. Collezione A.
Pazzini Pazzini Pazzini Sez 5.5c - Sonda a linguetta

Forbici a doppia spatola leggermente sagoma- Copia in bronzo


Misure: cm 11.8 x 1.2 x 0.4
ta usate anche dal chirurgo per tagliare tessuti,
Luogo di conservazione: Museo della Storia della
bendaggi etc. Medicina, Sapienza - Università di Roma. Inv. U: 65
A.A. S_1556
Cronologia: I sec d. C.
Pinzetta anatomica in un sol pezzo in giun- Cauterio (ferrum candens) in ferro, con espan- Riproduzione: da originale da Pompei. Collezione A.
Pazzini
tura elastica; branche con gli estremi a mar- sione piatta di rilevante spessore. Visto il gran
gini dentellati dritti. numero di applicazioni, ne esistevano di aguz-
Era utilizzata in campo medico o chirurgico zi, di rotondi, di angolari, di lenticolari, a for- Sonda a spatola (specillum). Le possibilità
per sollevare tessuti o bendaggi o margini di ma di falce o di mezzaluna. Senza dubbio d’impiego erano molteplici: l’estremità infe-
ferite o estrarre tessuti molli, come i tumores, erano usati come cauteri improvvisati anche riore (a bastoncino) aveva la funzione di pro-
le tonsille, le emorroidi, prima di essere recisi le sonde, gli aghi o la lama del bisturi (Krug, lungare il dito del medico, aiutandolo a
(D’Amato 1993). Le estremità dentellate favo- 1990). valutare la profondità di una ferita o l’esten-
rivano la fissazione (Gazzaniga, Serarcangeli In chirurgia veniva utilizzato per diversi sco- sione di una fistola favorendo, al tempo stes- Sonda a linguetta con un’estremità “a noccio-
1999) e accrescevano le possibilità di presa pi: si applicava il ferro rovente su ferite fre- so, l’esplorazione con il tatto e con la vista. lo di oliva”. (Per la descrizione v. sopra n. 5a)
dello strumento (Krug 1990). sche e vasi minori per produrre una crosta al Tale estremità aveva, nella maggior parte dei
A.A. fine di arrestare l’emorragia in corso; per la casi, la forma di nocciolo di oliva (vedi n. 5b),
cura di polipi o fistole; per contrarre i tessuti mentre una sonda “ senza nocciolo” (vedi n. Sez. 5.5d - Astuccio per sonde
al fine di ottenere una maggiore resistenza 5a) costituiva un’eccezione (Krug 1990, p. 97).
degli stessi o di un’intera parte del corpo (ad. L’altra estremità, piatta ed allungata, poteva Copia: in bronzo
Misure: cm. 21.5 x 2.2 x 2.3
es. contro le slogature delle spalle degli atle- fungere da cauterio improvvisato (Sorano
Luogo di conservazione: Museo della Storia della
ti, Krug, 1990). Celso ne raccomandava l’uso d’Efeso, 27, scrive che dopo la resezione del Medicina, Sapienza - Università di Roma. Inv. U: 875
Il rilievo sulla stele funeraria rappresenta il per la cauterizzazione delle varici e la distru- cordone ombelicale occorre cauterizzare con Cronologia: I sec d. C.
medico Giasone che visita un giovanetto: se- zione di ossa malate, per bloccare la gangre- una sonda il luogo dove è avvenuto il taglio), Riproduzione: da originale da Pompei. Collezione A.
duto su uno sgabello pieghevole e vestito con na e per l’eliminazione del carbonchio, per poteva coadiuvare l’azione del bisturi; grazie Pazzini
un’ampia toga il medico con la mano destra l’arresto delle emorragie; in effetti il ferro ro- ai suoi bordi smussati, poteva servire come
palpa l’addome del fanciullo, che è in piedi vente diminuiva l’incidenza di infezioni, ri- abbassalingua per le visite alla gola. Va inol-
nudo davanti a lui; la mano sinistra, appog- mase quindi in uso fino al medioevo e oltre. tre rilevato che spesso si usava tale strumento
giata al centro della schiena, tiene saldamente A.A. nell’ambito per l’impasto e la preparazione
il paziente per evitare probabilmente una rea- di colori utili per la cosmesi personale; ciò
zione al dolore (CIA, III, 1445) spiega il rinvenimento di spatole associato a
Sulla destra del rilievo, a terra, è raffigurata manici di pennello e a contenitori di unguenti
una ventosa, ad indicare il corredo di stru- in alcuni corredi funerari femminili (Krug 1990,
menti che il medico portava con se nelle vi- p.98) Astuccio cilindrico per la custodia delle son-
ste a domicilio a seconda della sua de di impiego più frequente. Faceva parte del-
specializzazione o anche, semplicemente, la la dotazione ordinaria del medico, insieme
professione medica del defunto. Sez. 5.5b - Sonda a spatola all’astuccio degli strumenti e alla cassetta dei
medicinali (Krug 1990, p.97).
Bibliografia: Copia: in bronzo A.A.
D’Amato 1993a; D’Amato 1993b; Kunzl E., Medizin in Misure: cm 14.6x1.2x 0.4
der antike, n2002, p. 28. M.C.R. Catalogo 1982, p. 588; Luogo di conservazione: Museo della Storia della
Nutton V., Science in the early roman empre, 1986, p. Medicina, Sapienza - Università di Roma. Inv. n.
36. S_1623
Cronologia: I sec. d. C.
Riproduzione: da originale da Pompei. Collezione A.
Pazzini

154 155
Sez. 5.6a - Pinza uvulare Sez. 5.7a - Ventosa Sez. 5. 8a - Catetere urinario Sez. 5.9a - Speculum o Sez. 5.9b - Dilatatore anale
divaricatore vaginale quadrivalve (speculum ani)
Copia: in ferro Copia: in bronzo Copia: in bronzo
Misure: m 19 x 1.5 x 0.5 Misure: cm 3.7 x 4.2 x 3..3 Misure: m 26 x 0.55 Copia: in ferro Copia: in ferro
Luogo di conservazione: Museo della Storia della Luogo di conservazione: Museo della Storia della Luogo di conservazione: Museo della Storia della Misure: cm 36.5 x 20.5 x 9.5 Misure: cm 15.5 x 8
Medicina, Sapienza - Università di Roma. Inv. n. U: Medicina, Sapienza - Università di Roma. Inv. n. Medicina, Sapienza - Università di Roma. Inv. S_728 Luogo di conservazione: Museo della Storia della Luogo di conservazione: Collezione: A. Pazzini.
37 S_1587 1351 S_1499 Cronologia: I - II sec. d. C. Medicina, Sapienza - Università di Roma. Inv. n. Museo della Storia della Medicina, Sapienza -
Cronologia: I sec. d. C. Cronologia: I sec. d. C. Riproduzione: da originale da Pompei. Collezione: A. U:1791 S_1550 Università di Roma. Inv. n. S_1620
Riproduzione: da originale da Pompei. Collezione A. Riproduzione: da originale da Pompei. Collezione A. Pazzini Cronologia: I sec. d. C. Cronologia: I sec. d. C.
Pazzini Pazzini Riproduzione: da originale da Pompei Riproduzione: da originale da Pompei (Napoli,
(Napoli, Museo Archeologico Museo Archeologico Nazionale).
Nazionale). Collezione: A. Pazzini
Piccola coppetta (ti-
po ventosa) in bron-
zo (detta cucurbitula)
usata per il riequili- Catetere urinario bronzeo a doppia curvatura
brio degli umori, se- per uomo, chiuso su di un lato con il vertice
Pinza a branche leggermente angolate, a for- condo i dettami della smussato, utilizzato in presenza di ritenzione
ma di semicucchiaio e dal bordo dentellato, medicina ippocrati- urinaria per lo svuotamento della vescica.
utilizzata per isolare ed estrarre i tessuti mol- co-galenico. Utilizza- L’estremità superiore del catetere, ossia quel-
li prima di praticarne la resezione. Concepita ta frequentemente la destinata ad essere introdotta nell’uretra,
principalmente per l’operazione dell’ugola, per curare le malattie più disparate (al punto era chiusa ed arrotondata; appena sotto il dia-
era di fatto impiegata anche per altre opera- da diventare il simbolo stesso della professio- metro maggiore della testa si trova una mi-
zioni come le tonsille o le emorroidi. Tale ge- ne medica), aveva una duplice funzione in quan- nuscola apertura per il deflusso del liquido, Il priapiscus è formato da tre valve; una delle
nere di strumento esisteva sia nella versione to era capace di apportare guarigione sia con cioè la ‘finestra’. Il tutto è fabbricato da un tu- parti poteva essere spostata lentamente me-
a pinzetta che in quella a tenaglia (Krug 1990, la fuoriuscita di sangue che senza (Krug 1990). bicino di bronzo dalle pareti molto sottili, sa- diante un meccanismo a vite, divaricando co-
p. 92). Applicata in varie parti del corpo, provocava gomato nella forma ad S (Krug 1990, p. 96). sì nel tempo stesso le altre due che scorrevano
una pressione negativa sulla pelle, in quanto su delle guide ricurve; l’apparecchio poteva
l’aria contenuta nel recipiente veniva riscalda- essere fissato in posizione divaricata, per-
Sez. 5.6b - Pinza vulneraria / ta con uno stoppino acceso; si determinava co- Sez. 5.8b - Cannula evacuatrice mettendo così un esame o un’operazione di
‘Forcipe ercolanense’ sì una forte irrorazione sanguigna della pelle una certa durata. La complessità tecnica del-
interessata, con effetto revulsivo, ma anche be- Copia: in bronzo lo strumento richiedeva la conoscenza del si-
Copia: in ferro Misure: cm 13 x 2.8 x 0.5
nefico. Se la pelle era stata precedentemente stema delle filettature che permettevano di
Misure: cm 20 Luogo di conservazione: Museo della Storia della
scarificata mediante incisione, si aveva fuoriu- Medicina, Sapienza - Università di Roma. Inv. n. Speculum “minore” per la visita rettale. Le regolare a piacere lo strumento: tale idea, og-
Luogo di conservazione: Museo della Storia della
Medicina, Sapienza - Università di Roma. Inv. n. 42 scita di sangue (Celso, De medicina, 2, 11, 1-2). G_10; S_730 due metà del priapiscus (elemento composi- gi scontata, non è attestata nell’antichità pri-
S_1585 La varietà di materiale con cui veniva realiz- Cronologia: I sec. d. C. Divaricatore vaginale quadrivalve azionato a vi- to a forma di pigna che veniva introdotto nel- ma dell’età imperiale (Krug 1990, p. 105).
Cronologia: I - II sec. d. C. zata (bronzo, corno, vetro, argento) non era Riproduzione: da originale. Collezione: A. Pazzini te con branche che si allontanano ad opera di la cavità per poi essere successivamente A.A.
Riproduzione: da originale da Pompei. Collezione A. correlata alla diversità degli impieghi (Maz- gioco di leve. Si compone di due valve supe- spalancato) venivano divaricate mediante un
Pazzini
zini 1997). riori e due inferiori, a facce interne triangolari, meccanismo a leva, come nel moderno spe-
Bibliografia:
che formano un cono (priapiscus). Un perno culum nasale, cioè congiungendo le due par- Bliquez L.J., Roman surgical Instruments and other mi-
lungo a vite filettata serve per aprire e chiude- ti dell’impugnatura; la battuta dei manici nor objects in the National Museum of Naples, with a
Sez. 5.7b - Ventosa re le due valve superiori; le valve inferiori sono impediva che la divaricazione ottenuta fosse Catalogue of the Surgical Instruments in the Antiquar-
Cannula per lo svuotamento ascitico (fistula comandate da due aste seghettate e innestate eccessiva (Krug 1990, p. 104). ium at Pompei. Mainz 1994, pp. 87-208; Celso, De me-
Copia: in bronzo. dicina VIII, 3-4; D’Amato C., La medicina, in ‘Vita e
aenea) con fermo discoidale al terzo superio- in una lamina trasversale mobile, che permet-
Misure: cm 13 x 7 costumi dei Romani antichi’, n. 15, Roma 1993; Gaz-
re e mandrino munito di manico trasversale. te il movimento delle valve inferiori. zaniga V., Serarcangeli C., Lo strumentario chirurgico
Luogo di conservazione:
‘Forcipe ercolanense’: pinza chirurgica a bran- Museo della Storia della La cannula veniva introdotta in un foro prece- Sorano è il primo autore a ricordare questo stru- Sez. 5.9c - Divaricatore vaginale romano del Museo di Storia della Medicina dell’Uni-
che curve e robuste, con parte interna den- Medicina, Sapienza - dentemente praticato sull’addome, a circa quat- mento nelle sue tre varietà (D’Amato 1993, p. 73). trivalve (speculum magnum versità di Roma “La Sapienza”, Medicina nei Secoli
tellata a becco di gru fortemente immanicata, Università di Roma. Inv. tro dita di distanza sotto l’ombelico a sinistra. matricis) 1999, 11.1: 217-229; Krug A., Medicina nel mondo clas-
n. U. 75 S_1542 sico, Firenze, Giunti, 1990; Majno G., The Healing
per estrarre corpi estranei come dardi pene- Tale foro, praticato con molta cura in modo da
Cronologia: I sec. d. C. Hand, Londra 1975, pp. 355-368; Mazzini I., La Medi-
trati in profondità o schegge d’osso (Mazzi- non intaccare qualche vena, doveva essere pro- Copia: in ferro
Riproduzione: da cina dei Greci e dei Romani, Roma, Jouvence, 1997;
Misure: cm 26 x 15 x 9
ni 1997). La lunghezza del manico faceva in originale da Pompei. fondo non più di un terzo di un dito, fino a rag- Jackson R., Doctors and diseases in the Roman Empi-
Luogo di conservazione: Collezione: A. Pazzini,
modo che la mano non impedisse all’opera- Collezione A. Pazzini giungere la perforazione del peritoneo. Il disco Museo della Storia della Medicina, Sapienza -
re, Londra 1988; Jackson R., The surgical instruments,
tore di osservare bene l’interno della cavità lamellare posto ad una estremità serviva pro- appliances and equipment in Celsus ‘De medicina, in
Università di Roma. Inv. n. U:74 S_1551
Sabbah G. and Mudry P. (eds.), La médecine de Cel-
della ferita da cui bisognava estrarre i fram- Grande ventosa prio a introdurre la cannula fino alla giusta pro- Cronologia: I sec. d. C.
se. Aspects historiques, scientifiques et littéraires, St. Eti-
menti (Real Museo Borbonico 1852, vol.14, (per la descrizione v. so- fondità, evitando l’eccessiva penetrazione Riproduzione: da originale da Pompei (Napoli,
enne, Mémoires XIII 1994, pp. 167-209; Jackson R.,
Museo Archeologico Nazionale).
p.14). pra, n. 7a) (Celso, De medicina, VII, 15). Medical Instruments in the Roman World, Medicina
A.A. A.A. A.A. Speculum “maggiore” per la visita vaginale. nei Secoli 1997, 9.2: 223-248.

156 157
Sez. 5.10 - Visita oculistica della professione medica esercitata da uno Sez. 5.11 - Rilievo con strumenti Sez. 5.12 - Valetudinarium
dei membri della famiglia, cui appartiene il chirurgici dell’accampamento di Castra
Originale: rilievo sul fianco del sarcofago della sarcofago. Vetera (Xanten, Germania)
famiglia Sosia Originale: ex voto dall’Asklepieion di Atene
Le malattie della vista dovevano essere mol-
Collocazione originale: Ravenna, Chiesa di S. Vittore Collocazione originale: Atene, Museo Archeologico
to diffuse, dal momento che numerose sono Plastico ricostruttivo in scala 1:50, eseguito
Misure: cm 80 x 86 Nazionale dall’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio
Cronologia: III – IV sec. d.C. state le iscrizioni di medici oculari rinvenute, Provenienza: dall’Asklepieion di Atene (gen. E. Clausetti)
Calco in gesso: Roma, Museo della Civiltà Romana, occhi votivi in terracotta deposti presso i san- Cronologia: epoca imperiale Museo della Civiltà Romana, sala L, n. 47. Inv. n.
inv. n. 2963 tuari di divinità mediche e sigilli di oculisti (i Calco in gesso: Roma, Museo della Civiltà Romana, 3022
sigilli in pietra recavano il nome dei colliri e inv. n. 2971 Cronologia: età neroniana
servivano per etichettare i preparati in pasta
Il rilievo del lato corto di un sarcofago è limi- a forma di bastoncini; recavano anche il no- Il rilievo raffigura un astuccio pieghevole ret-
tato a destra e a sinistra da due pilastrini con me del medico o del fabbricante, le ricette e tangolare aperto con i ferri del chirurgo, tre L’ospedale legionario (valetudinarium) di Castra in totale 65 (60 per i degenti e 5 per servizi: sa-
capitelli corinzi, molto schematici. Al centro le indicazioni mediche). per parte, ben sistemati: alcuni bisturi e una Vetera (l’odierna Xanten sul basso Reno in Ger- la medici, farmacia, magazzini). Le camere per
del pannello, una donna seduta su una seg- leva per ossa (elevatorium), che serviva per mania, è il più completo ospedale militare rin- i degenti (3,50 x 4,50 x 5,00 m di altezza) era-
giola pieghevole con alto schienale ha i piedi riportare le ossa fratturate nella corretta po- venuto lungo il limes. Era costituito da quattro no isolate le une dalle altre e potevano ospita-
su uno sgabello; poggia la mano sinistra su Bibliografia sizione; ai lati due ventose, simbolo della pro- edifici disposti a quadrato intorno ad una corte re tre letti, per un totale di 180 posti.
Baldini I., in Aemilia. La cultura romana in Emilia Ro-
una scatola che l’oculista tiene con la mano fessione medica. centrale aperta, disposizione ereditata eredità Ospedali militari legionari sono stati trovati lun-
magna dal III sec. a.C. all’età costantiniana, Catalogo
sinistra davanti a lei. L’oculista con la mano della Mostra, p. 282, fig. 281.D’Amato 1993a; D’Ama- dai più antichi ospedali da campo del tempo di go il limes (confine) settentrionale dell’impero,
destra sta esaminando un occhio della don- Bibliografia Cesare, nel quale le tende erano raggruppate a in Svizzera a Vindonissa (Windish presso Brugg),
to 1993b; Huskinson J., Age and ageing in the roman
D’Amato 1993a, fig. 58; D’Amato 1993b; Kaltas N.,
na. In alto, ai lati delle figure, sono rappre- Empire, in JRA, suppl. 65, 2007, pp. 62-64; MCR.Ca- rettangolo dietro una tenda più grande. in Germania a Neuss sul Reno, a Chester in
Sculpture in the National Archaeological Museum,
sentate due ventose, simbolo in questo caso talogo 1982, p. 581. Il fabbricato principale d’ingresso sulla via prin- Britannia e a Inchtuthil in Scozia. Ospedali per
Athens, Los Angeles 2002, p. 223, n. 467 (con bibl.);
MCR. Catalogo 1982, p. 584. cipalis aveva ai lati locali per magazzini e con- truppe ausiliarie sono stati trovati a Houseste-
duceva ad una sala a navate da interpretare ad e a Benwell sul Vallo di Adriano in Scozia.
come accettazione dei feriti o malati o sala ope-
ratoria; su di un lato c’erano i bagni e le latrine
e sul lato opposto una cucina e il magazzino Bibliografia:
dei viveri. Un corridoio disposto sui restanti tre D’Amato 1993, fig. 58; D’Amato 1993, pp. 225-247; Jackson
lati era fiancheggiato da due file di camerette, R., Doctors and diseases in the Roman Empire, Londra 1988.

158 159
Sezione 6
Comunicare
Sez. 6. La comunicazione: segni, Sez. 6.1b - Torri di segnalazione limes di Odenwald, tra i fiumi Meno e Nec- Sez. 6.2 - La comunicazione per
immagini, parole kari, una strada militare era sorvegliata da tor- immagini
Ricostruzione virtuale: Hentique Rossi Zambotti, ri in legno edificate su una base di pietre a
2009
Sez. 6.1b - Faro secco. Sotto Adriano e poi Antonino Pio mol-
te torri della frontiera germanica furono ri-
Ricostruzione virtuale: Henrique Rossi Zambotti Scarse fonti iconografiche e letterarie riferi- strutturate o sostituite del tutto e in particolare Il ritratto, inteso come mezzo comunicativo per
scono di torri che per la loro fisionomia si di- è stato osservato che le nuove costruzioni fu- eccellenza, rappresenta un fenomeno del tut-
stinguevano nettamente dai fari, ma avevano rono edificate interamente in pietra, con fon- to peculiare della società romana, in grado di
Il termine latino pharus,i (o pharos,i) deriva da probabilmente una analoga funzione comu- damenta più robuste e muri spessi quasi un esprimere al meglio la relazione tra individuo
φρος, il nome dell’isolotto su cui fu costruito nicativa di segnalazione. Sul rilievo elicoidale metro. In Britannia sono stati rinvenuti i re- e collettività. Con ritratto si definisce la rappre-
per volere dei Tolemei il famoso faro di Ales- della Colonna Traiana vengono raffigurate del- sti di torri a distanza ravvicinata con funzio- sentazione di un determinato personaggio con
sandria. Talmente grande fu la sua fama che le torrette difensive lungo il limes danubiano ne forse di osservazione piuttosto che di tratti individuali che ne permettano il ricono-
questo nome nella lingua latina passò ad in- rappresentato dal fiume stesso. Queste torri segnalazione: sono di legno con muri a gra- scimento e l’identificazione rispetto ad un al-
dicare qualsiasi tipo di faro. a base quadrata al primo piano sono circon- ticciata, circondati da un terrapieno e da fos- tro essere o gruppo. A differenza dell’uso e del
La fisionomia dei fari di epoca romana può es- date da una balconata coperta dallo sporto del sati difensivi. Presso il vallo di Adriano invece significato che il ritratto acquista a partire dal-
sere ricostruita soprattutto grazie alle innu- tetto a padiglione o da grandi finestre di os- sono stati rinvenuti i resti di piattaforme di l’età moderna, come rappresentazione di una
merevoli raffigurazioni antiche: rilievi, pitture, servazione. Sul lato che si affaccia sul Danu- terra, interpretate come basi per i fuochi di psicologia individuale, in età antica, invece, l’ele-
mosaici, manufatti votivi, monete. Le testi- bio, si vede una torcia che sporge verso segnalazione. Plinio il Vecchio (Naturalis Hi- mento distintivo del ritratto è dato dalla sua di-
monianze archeologiche sono invece scarse e soriacum (oggi Boulogne) costruito da Caligola trasportare fino in cima al faro. La funzione dei l’esterno. Si ipotizza che questa torcia fosse storia 2, 181) cita delle torrette utilizzate lun- mensione pubblica: esposto nelle piazze, nei
solitamente pochi i resti dell’alzato del faro. Si in Gallia (Svetonio, ibid., 4, 45) (secondo quar- fari antichi si discosta da quella odierna in quan- utilizzata di notte per comunicare con le altre go la costa iberica per trasmettere santuari o nelle aree funerarie, il ritratto (nelle
può inoltre ipotizzare la forma antica di un fa- to del I secolo d.C). Nelle raffigurazioni roma- to la navigazione allora era per lo più diurna e torri che si susseguivano lungo il limes: por- comunicazioni, definendole Turris Hanniba- sue possibili manifestazioni come statua, rilie-
ro quando esso si conserva fino ad oggi, aven- ne tuttavia troviamo molte varianti e in alcune di cabotaggio: l’utilità della fiamma accesa di tandola dietro il corpo della torre stessa, si fa- lis, dunque come strutture utilizzate in Spa- vo, pittura ecc.) è funzionale a visualizzare lo
do subito ricostruzioni e modifiche nel corso di esse sembra che il faro sia costituito da pia- notte era dunque limitata ed era forse legata ceva sì che essa sparisse dalla visuale della gna dal nemico punico e si sofferma sul tempo status e il prestigio sociale di chi vi è rappre-
dei secoli o quando è ancora in uso. Sono uti- ni sovrapposti degradanti tutti a base qua- ad una funzione telegrafica che si avvaleva di torre adiacente destra o sinistra, che ripeteva impiegato da un dispaccio per correre lungo sentato. Nella sua presenza visiva, il ritratto si
li anche le fonti antiche che descrivono i fari; drangolare, come nelle raffigurazioni del faro un linguaggio codificato in segnali luminosi, il segnale con la stessa modalità. In questo la linea di ‘torrette semaforiche’ verso occi- configura come un’identità programmatica at-
si tratta in particolare di Svetonio e Plinio. di Ostia nei mosaici della Piazza delle Corpo- come le torrette del limes dell’Impero Roma- modo il segnale veniva ripetuto in una sola di- dente e verso oriente. Sembra plausibile ac- traverso tratti utilizzati in modo mirato: la mi-
Il faro era un edificio costituito da più blocchi razioni. La forma cilindrica del faro di Messi- no(sez. 6.1b). Interessante è il caso del faro rezione lungo il limes probabilmente fino a costare il testo di Plinio alle raffigurazioni della mica degli occhi e della bocca, la gestualità e la
sovrapposti che spesso presentavano diverse na è visibile in denarii di Sesto Pompeo, con della Villa Jovis di Capri, residenza di Tiberio, raggiungere la torre considerata ‘capolinea’. Colonna Traiana, in modo da confermare le posizione del capo, la capigliatura e gli attributi
planimetrie sui diversi livelli e dimensioni pro- finestre e copertura a cupola sormontata da che comunicava con quello di Miseno e per- Nei rilievi della colonna vengono raffigurati vi- teorie proposte riguardo al funzionamento dovevano essere percepiti come espressione
gressivamente ridotte verso l’alto. L’altezza dei una statua di Nettuno o forse dello stesso Pom- metteva all’imperatore di tenersi aggiornato cino alle torri sia cataste di legna che covoni delle comunicazioni lungo il limes dell’Impe- di valori, norme e ideali condivisi.
fari antichi variava naturalmente a seconda dei peo. Molto ben conservato risulta un bronzetto sugli eventi di Roma.Non sappiamo con pre- di paglia: sembra plausibile che di giorno i se- ro Romano. Continuando le tendenze elaborate in età re-
casi: tra i 130 e i 25 metri circa. In genere il fa- del II secolo d.C. da Libarna, che raffigura chia- cisione quando fu introdotto l’utilizzo dello gnali fossero invece inviati per mezzo del fu- S.B. pubblicana, dove la rappresentazione dai trat-
ro veniva costruito su un’isola o su fondazio- ramente un faro provvisto di scalinata d’ac- specchio per riflettere la luce sprigionata dal mo sprigionato dalla paglia che bruciava. ti fortemente realistici acquista un particolare
ni che si trovassero nelle immediate vicinanze cesso e di vari piani a pianta circolare che fuoco, ma deduciamo dalla testimonianza di Esistono testimonianze archeologiche del- Bibliografia valore legittimante, anche l’imperatore sce-
del porto. Interessante è il caso del faro di Ostia poggiano sul grande basamento quadrato. Una Plinio che esso, se pur presente, non doveva l’esistenza delle torri di segnalazione lungo il Breeze, Dobson 1993; Johnson 1987; Russo 2007; Wa- glierà immagini di se stesso dai tratti indivi-
nel porto di Claudio: si tramanda che la fon- terracotta votiva da Vulci, datata alla prima me- essere rotante com’è in età moderna. Un’ul- limes germanico. Sotto Traiano fu costruito il cher 1989. dualizzanti. L’elaborazione di un tipo di “ritratto
dazione della struttura fu ottenuta affondan- tà del I secolo a.C., rappresenta forse il faro di teriore testimonianza dell’utilizzo notturno dei ufficiale” da parte del princeps avveniva in con-
do la grande nave utilizzata da Caligola per Cosa (Zancani Montuoro 1979). fari è il riferimento alla costruzione del faro di comitanza ad importanti eventi come la sua
portare dall’Egitto l’obelisco vaticano (Sveto- Sulla sommità del faro ardeva la fiamma che Gesoriacum da parte di Caligola (Svetonio, ibid., Colonna Traiana. Segnalazioni da torre con torce ascesa al trono o la celebrazione di un trion-
nio, Vita dei Cesari 5, 20.3). Gli studiosi con- generalmente era protetta da una copertura a 4, 46: altissimam turrem excitavit, ex qua ut (da calco. Roma, Museo della Civiltà Romana). fo: la scelta di un tipo di ritratto che doveva
cordano nel ritenere il faro di Alessandria, cupola o un colonnato circolare. All’interno del- Pharo noctibus ad regendos navium cursus ignes identificarlo in modo inequivocabile era de-
costruito nei primi decenni del III secolo a.C., l’edificio si trovavano un pozzo centrale e una emicarent, durante il giorno invece era utile per stinata ad incontrare poi il favore di determi-
il prototipo dei successivi fari romani. Il faro di rampa che serviva al personale, ma forse an- le imbarcazioni in mare scorgere la colonna di nati gruppi sociali. Attraverso la sua grande
Portus a Ostia in particolare viene definito al- che ai muli che trasportavano materiali, a rag- fumo prodotto dalla fiamma del faro, certa- diffusione il ritratto dell’imperatore innescava
tissimam turrem in exemplum Alexandrini Pha- giungere la sommità del faro. L’esistenza di mente più visibile anche da distanze conside- nelle varie regioni dei territori sottoposti al do-
ri (Svetonio, ibid., 5, 20). Quello di Alessandria questa rampa è testimoniata almeno per il fa- revoli e in effetti nelle raffigurazioni antiche in minio di Roma un processo mimetico e di au-
era costuito da più blocchi sovrapposti, il più ro di Alessandria dagli scrittori arabi di età me- cui compaiono fari generalmente assistiamo to-identificazione da parte delle aristocrazie,
basso a base quadrata, al di sopra uno a base dievale. Nel caso del faro di La Coruña, antica a scene portuali tipicamente diurne. dei funzionari locali e di tutti coloro che era-
ottagonale e un altro sulla sommità a base cir- Brigantium in Spagna (inizi del II secolo d.C.) S.B. no motivati ad intrattenere proficui rapporti
colare. Il blocco intermedio con una planime- è stato proposto che la rampa elicoidale fosse di interesse e scambio con il centro del pote-
tria ottagonale poteva indicare gli otto venti esterna e che salisse intorno al faro, come sug- re: la condivisione delle immagini diventava
Bibliografia
principali, forse per mezzo di banderuole. A gerisce il suo aspetto attuale. Per ottenere una condivisione degli stessi parametri culturali.
Bedon 1988; Coarelli 2005; Castagnoli F., faro, in EAA
pianta ottagonale in tutti i piani era il faro di fiamma che fosse potente e costante, oltre al- Suppl.; Cappozzo 2001; Descoeudres 2001; Hairy 2006; Le due sculture esposte servono ad esempli-
Dover, antica Portus Dubris in Britannia (se- la legna, si è ipotizzato l’uso di un combusti- Janni 1996; McCann 1987; Quet 1984; Russo 2007a; ficare due tipi di ritratto ufficiale con le loro
conda metà del I secolo d.C.) e quello di Ge- bile liquido, come l’olio, facile da reperire e da Russo 2008; Singer 1958; Zancani Montuoro 1979. implicazioni comunicative.

162 163
Sez. 6.2a - Busto di Augusto con alle tradizioni repubblicane si associa con- voluto richiamo della capigliatura resa come Sez. 6.3 - Monete con ritratti
corona civica temporaneamente ad un preciso richiamo al- semplice calotta, articolata in lunghe ciocche de- imperiali
la sfera divina: l’elemento delle foglie di quercia, lineate singolarmente che incorniciano la fron-
Originale: Antikensammlungen Glyptothek albero sacro a Giove, unitamente alla nudità te, lasciando al centro una piccola biforcazione. Aureo di Augusto (27 a.C. - 14 d.C.)
München inv. n. 317
del corpo, in cui è rappresentato Augusto, evo- Più specificatamente, il trattamento della capi-
Materiale: marmo bianco, reintegrate parti della
cavano allusivamente l’associazione dell’im- gliatura di questa realizzazione di Monaco non Originale: Roma, Museo Nazionale Romano,
corona, delle bende e del naso, la parte inferiore Medagliere
del busto. peratore-salvatore con il padre degli dei. riproduce in maniera fedele il primo tipo di ri-
Materiale: oro
dimensioni: altezza 0, 55 cm Ma.G. tratto ufficiale creato all’inizio del principato, ma, Misure: g. 0,5; diam. mm 20
Provenienza: appartenente alla collezione del conte come notano gli specialisti della ritrattistica im- Copia galvanoplastica: Roma, Museo della Civiltà
Bevilacqua a Verona, dove è presente già Bibliografia periale, sembra attuare una commistione con il Romana, inv. n. 3862
nell’inventario del 1589 come ‘Augusto’, nel 1815 Wünsche 2005, p. 132; Boschung 1993,p. 164 s., cat.
tipo chiamato Parigi 1250-Mariemont; tali con- Cronologia: 19 a.C.
giunge nella Gliptoteca di Monaco. n. 133, tav. 150; 223, 1; Kaiser Augustus 1988, p. 323
Cronologia: tarda età augustea. ss.; Simon 1986; Fittschen – Zanker, 1985, p. 3 ss., tav. siderazioni, congiuntamente alla natura eroica
Riproduzione: calco in gesso, Roma. Museo della 4-6. degli attributi, sembrano indiziare nella conce-
Civiltà Romana, inv. n. 2469 zione di questa immagine un preciso intento ce-
lebrativo post mortem.
Il busto riproduce il ritratto di C. Octavius (63 Sez. 6.2b - Busto di Traiano con Non è casuale, infatti, che all’asciutto realismo
a.C.-14 d.C.), nipote e figlio adottivo del gran- corona ed egida della dignitas, in ossequio alla migliore tradizio-
de condottiero Giulio Cesare; con la sconfitta ne repubblicana già evocata, si associno invece
di Antonio e Cleopatra nella battaglia di Azio Originale: Antikensammlungen Glyptothek messaggi di particolare enfasi ideologica: il bal-
München inv. n. 335
(31 a.C.) Ottaviano mise fine al terribile pe- teus, non semplice attributo, è da intendersi co-
Materiale: marmo bianco in buono stato di
riodo delle guerre civili che segnarono il dis- conservazione con piccole scalfitture me richiamo simbolico al fatto che Traiano, quale
solversi del sistema repubblicano, dando inizio limitatamente a orecchie, corona e egida; di vittorioso imperator, avesse esteso i confini del-
con un lungo periodo di pace al principato. restauro punta del naso e base del busto. Sulle l’impero. Prendendo il posto del consueto man-
Nel 27 a.C. il senato gli concede il titolo ono- spalle i segni delle bende non più conservate. tello del generale romano, il paludamentum,
Dimensioni: 0, 58 cm
rifico di Augusto, termine destinato successi- l’eccezionale presenza dell’egida, antico emble-
Provenienza: fino al 1811 nella collezione di Palazzo
vamente a designare ogni imperatore. me la statua loricata di Prima Porta o quella Bevilacqua a Verona, nella stessa collezione del ma della forza primigenia e spaventosa di Zeus,
La scultura di Monaco riproduce la testa del togata di via Labicana. busto di Augusto. è da interpretarsi come un voluto richiamo al
primo imperatore leggermente girata verso La capacità dell’immagine di veicolare un mes- Cronologia: il ritratto è probabilmente eseguito spada, che dalla spalla destra attraversava dia- condottiero per eccellenza, vale a dire Alessan-
destra, caratterizzata dai tratti giovanili del saggio ideologico è data in primo luogo dal- postumo in età adrianea (ca. 120 d.C.) gonalmente il petto. Sulla spalla e sulla parte si- dro Magno.
Riproduzione: calco in gesso: Roma. Museo della
volto e dalla nudità della parte superiore del la scelta del particolare linguaggio delle forme: nistra del busto è riprodotto un altro significativo La concezione del busto di Monaco sembra al- Al dritto è raffigurato il ritratto dell’imperato-
Civiltà Romana, inv. n. 382
busto; una corona di foglie di quercia, origi- il volto del ‘tipo Prima Porta’, costruito con attributo: si tratta di un’ampia egida raffiguran- ludere quindi alla famosa immagine di Ales- re Augusto imberbe. Il volto è di profilo a de-
nariamente colorate di verde, è posta sul ca- forme plastiche e mosse, mostra una forte te la pelle caprina bordata di teste di serpente e sandro Egioco, cioè ammantato con l’egida di stra e presenta una folta capigliatura. Ai lati
po; le bende, un tempo in colore rosso stilizzazione in senso classicistico, le cui pro- decorata con la testa di Medusa, l’antico essere Zeus: questo attributo, in realtà tipico delle divi- della testa, legenda: CAESAR AUGVSTVS
porpora, scendono sulla parte anteriore del porzioni e i cui modelli di riferimento sono La scultura riproduce la testa e la parte supe- mostruoso tratto dal repertorio mitologico gre- nità, doveva tradurre efficacemente in immagi- Sul rovescio la corona civica, con evidenti fo-
busto. La capigliatura mostra un sistema ri- da ricondursi a prototipi ideali di età classi- riore del busto dell’imperatore Marco Ulpio Tra- co che fu decapitato e sconfitto dell’eroe Perseo. ne il concetto dell’imitatio Alexandri che aveva glie di alloro, con al centro un disco e negli
conoscibile nella disposizione delle ciocche ca, più specificatamente alle immagini di eroi iano (53-117 d.C.), appartenente all’aristocrazia Come per il caso di Augusto, anche per il ritrat- caratterizzato l’intera epopea di conquista dei spazi del campo sopra e sottostanti la legen-
che incorniciano la fronte: soprattutto indi- create da Policleto. Un’allusione agli eroi sen- provinciale della città iberica di Italica; adottato to dell’imperatore Traiano l’efficacia comunica- territori orientali da parte di Traiano. Come si ap- da: OB CIVIS S(E)RVATOS
viduabile è un motivo definito dagli studiosi za tempo del mito greco si rifletteva così nei dall’imperatore Nerva gli succede nel 98 d.C. al tiva dell’immagine dipende da diversi fattori: la prende dal suggestivo resoconto che le fonti an- La moneta è simbolo di potere e di propa-
‘a tenaglia’, posto al centro della fronte, e una ritratti di Augusto, il quale fino in tarda età ha potere, conducendo fino alla morte, avvenuta resa della fisonomia e la scelta di un particolare tiche ci fanno delle campagne partiche ganda politica dell’età augustea per esaltare
serie di altre piccole ciocche disposte ‘a for- sempre mantenuto nella sua immagine uffi- in Cilicia, una dinamica politica di conquiste sia linguaggio espressivo, che riflettono una calco- dell’optimus princeps, Traiano, scrivendo al se- l’auctoritas del princeps e la pax ristabilita.
chetta’. Tale schema è ricondotto al tipo prin- ciale quella stessa dimensione di un ‘giova- nel settore orientale dell’impero che nelle re- lata formulazione ideologica, e la presenza di at- nato dall’Oriente delle sue vittorie sui Parti, si S.T.
cipale del ritratto ufficiale di Augusto, forse ne salvatore’ preannunciata con toni profetici gioni antiche della Pannonia, Dacia e Germa- tributi che traducono una forte carica simbolica. vanta di aver superato un limite mai superato in
concepito nel 27 a.C. proprio in occasione nell’ecloga quarta di Virgilio (40 a.C). nia Superior. L’espressione del volto è caratterizzata da for- precedenza, se non da Alessandro il Grande
del conferimento del titolo di augustus e de- La presenza di particolari attributi arricchisce La testa presenta una leggera torsione verso si- me delineate con precisione, ma modellate in (Cassio Dio 68, 29, 1); sempre per lo stesso de-
nominato come ‘Tipo Prima Porta’ dal- la gamma di significati che possono essere nistra e ricorda, nell’espressione e nella posa, il modo asciutto: naso pronunciato e labbra ser- siderio di emulazione con il grande generale ma-
l’esemplare più famoso ritrovato nella Villa evocati dall’immagine, come ad esempio la precedente busto di Augusto: anch’esso è ca- rate e sottili, guance leggermente smagrite, cedone l’imperatore in persona onorerà con
di Livia nell’omonima località alla periferia di corona di foglie di quercia che cinge il capo ratterizzato dalla corona civica di foglie di quer- sguardo fortemente concentrato traducono con sacrifici a Babilonia il luogo in cui il giovane pre-
Roma. del princeps. Si tratta della corona civica, un’ono- cia, dalla quale originariamente cadevano delle particolare immediatezza la severità del- decessore era morto (Cassio Dio 68, 30).
Dal punto della resa qualitativa il ritratto di rificenza militare che originariamente era con- bende e di cui i segni rimangono sulle spalle; a l’espressione. L’impianto così stilizzato del vol- Ma.G.
Monaco mostra alcuni dettagli di particolare cessa quando veniva salvata la vita di un differenza del busto di Augusto, la corona civi- to si richiama programmaticamente ai modelli
virtuosismo, come le sottili vene sotto pelle cittadino romano: dopo che nel 27 a.C. que- ca mostra come decorazione sopra la fronte un della ritrattistica gentilizia e funeraria tardore-
riprodotte sulle tempie, che creano un sug- sta fu appesa fuori dalla casa di Augusto sul medaglione, in origine probabilmente dipinto e pubblicana, in armonia con quella moderatio
Bibliografia
gestivo effetto realistico: la nostra scultura si Palatino (Res Gestae 34, 2), la corona civica di- forse ricoperto da una lamina d’oro. principis con cui le fonti spesso lodano Traiano Wünsche 2005, p. 137; Traiano 1998; Fittschen – Zanker, Bibliografia
può pertanto a ragione annoverare accanto venne uno dei simboli preferiti della propa- Il busto mostra l’imperatore in nudità con il bal- (Plin. Panegirico, 52, 3. 55, 6). 1985 p. 39 s., tav. 41.42.44.45; Gross 1940, p. 112 ss., p. RIC I2, 1984, n. 85 b, p. 47; Carson 1962; Zanker 1989;
ai migliori esemplari del tipo principale, co- ganda ideologica augustea. Il richiamo esplicito teus, la striscia di cuoio reggente il fodero della A questa tradizione di valori appartiene anche il 132, n. 72. Picozzi 1966; Angeli Bufalini 2001, pp. 49-59.

164 165
πρ™σβεις Α¸θιçπων ν Φ°−
Stele in marmo fratta in
Sez. 6.4. - Iscrizione trilingue di riservare ai testi di Quasr Ibrîm e di Philae un
λαις κα± προξεν°αν παρ τοÂ
due parti - forse segno di
Caius Cornelius Gallus un reimpiego antico nelle importante ruolo promozionale e divulgativo.
βασιλ™ως λ[αβðν, τÀ]ραννçν τε τÒς strutture del tempio di Interessanti inoltre le linee 11 e 13 del testo in ge-
Originale: da File. Il Cairo, Museo Egiziano Τριακοντασχο°νου τοπαρχ°α[ς] Augusto, a significato della roglifico, in cui la forza del prefetto è descritta
Datazione: 17 aprile 29 a.C.
µι‚ς ν Α¸θιοπ°αι καταστÐσας, θεο²ς damnatio memoriae del suo
come estesa da Occidente a Oriente e cioè “fi-
πατ[ρüοις, Ν]ε°λû συνλÐπτορι
Copia in gesso: Roma, Museo della Civiltà Romana, dedicante – sulla quale è
no ai limiti del sole che sorge”. Tale indicazione
χαριστÐρια.
inv. n. 2923 incisa un’iscrizione
trilingue, in latino, in ribadisce l’ecumenicità dell’incarico di Gallus e
greco, in geroglifico, posta il significato limitaneo della stele.
La particolarità dell’uso di tre lingue e di tre Testo in geroglifico da Caius Cornélius Gallus a Nel testo latino il messaggio auto-celebrativo di
ricordo di una fortunata
alfabeti diversi implica una volontà comuni- Gallus sembra leggermente più sfumato. Il con-
spedizione militare
cativa ben chiara, rivolta ai Romani, ai locali condotta nella regione tenuto indirizza l’attenzione del lettore verso
e ai numerosi grecofoni presenti in Egitto. meridionale della Tebaide. l’onomastica e il cursus del dedicante - prassi che
Ritrovata nell’isola di ritroviamo in molte iscrizioni latine - con parti-
Testo in latino Philae (Φιλα°) in Egitto colare enfasi verso la primogenitura dell’incari-
(CIL 14147).
Sesterzio di Adriano (117 - 138 d.C.) 1 C(aius) Cornelius Cn(aei) f(ilius) Gallu[s, co di praefectus.
eq]ues Romanus, post reges Il testo in greco differisce invece in alcuni parti-
Originale: Roma, Museo Nazionale Romano, a Caesare deivi f(ilio) devictos praefect[us colari, in quanto attribuisce a Ottaviano la re-
Medagliere
Alex]andreae et Aegypti primus, defectioni[s] sponsabilità dell’incarico di Gallus, più che della
Materiale: bronzo
Misure: g. 4; diam. mm 30 Thebaidis intra dies XV, quibus hostem precedente vittoria sui re d’Egitto, che nel testo
Cronologia: 134-138 d.C. v[icit, bis a]cie victor, V urbium expugnator, latino sembra al contrario fondamentale per l’as-
Copia galvanoplastica in bronzo: Roma, Museo della Bore[se]-os, Copti, Ceramices, Diospoleos segnazione dell’incarico.
Civiltà Romana Meg[ales, Op]hieu, ducibus earum defectio- I differenti registri semantici dell’iscrizione si evin-
num inter[ce]- cono anche nella descrizione delle res gestae di
5 ptis, exercitu ultra Nili catarhacte[n Gallus. Nella versione latina le imprese del prae-
Al dritto è raffigurato il ritratto dell’imperato- transd]ucto, in quem locum neque populo fectus sono espresse attraverso costruzioni ric-
re con barba e corona civica. Il volto è di pro- Romano neque regibus Aegypti [arma s]unt che di ablativi assoluti e formule incidentali. Nel
filo a destra e con folta capigliatura. Nel prolata, Thebaide communi omn[i]- testo la spedizione del prefetto è presentata co-
campo, ai lati del ritratto, la legenda: AVG um regum formidine subact[a], leg[atis me la punizione di un atto sedizioso (si veda a
COS III PP sulla destra, HADRIANVS sulla si- re]gis Aethiopum ad Philas auditis, eo[dem] tal proposito Strabone che conferma la neces-
nistra. rege in tutelam recepto, tyrann[o] Tr[iacon- sità della campagna del prefetto a risposta di un
Sul rovescio l’imperatore è raffigurato in atto tas]choe<ni> in Aethiopiae constituto, La versione egiziana in geroglifico corre su tre praefectus Aegypti che per la prima volta asse- lo scenario ideologico delle imprese del prefet- atto eversivo (Strabone, 17, 1, 53 C 819). Seguo-
di tendere la mano alla personificazione del- die[is] patrieis et N[ilo adiut]ori d(onum) colonne, circondando su tre lati una complessa gnava la gestione di un possedimento provin- to consentono di definire la trilingue di Philae no dati ‘tecnici’ come i giorni di battaglia, il nu-
l’Africa, inginocchiata davanti a lui. La figura d(edit). scena figurata in cui campeggia una scena di ca- ciale nelle mani di un equestre. Il suo ruolo in come una tabula triumphalis in finibus, ma so- mero degli scontri e l’elenco delle città espugnate,
dell’imperatore stante è di profilo, con coro- valiere che atterra un barbaro; sopra la raffigu- Egitto, testimoniato dall’erezione di questa ma- prattutto come un’allegoria della demarcazione che nella versione greca vengono suddivise tra
na civica e toga exigua. La personificazione Testo in greco razione di un Sole alato. gniloquente iscrizione, fu la causa della sua ro- tra il mondo romano e l’ignoto. centri presi per irruzione o per assedio. Nella
dell’Africa di profilo è contrassegnata dal ser- 10 [Γ]»ος ΚορνÐλιος, Γνα°ου υ³çς, L’inscrizione fu commissionata da Caius Corne- vina. Caduto improvvisamente in disgrazia agli I testi, per i quali appare chiaro il ruolo promo- narrazione del rapporto di guerra c’è la volontà
pente sulla fronte e due spighe nella mano si- Γλλ[ος, ³ππεÁ]ς hRωµα°ων, µετ τÑν lius Gallus (69–26 a.C.), poeta elegiaco. Appar- occhi di Augusto, si uccise nel 26 a.C. zionale e divulgativo, non riportano fedelmente di Gallus di rendere facilmente percepibili e me-
nistra. In basso tra le due figure spiccano tre κατλυσιν τòν tenente all’ordo equestre ma di nascita modesta L’iscrizione trilingue posta dal praefectus è un le stesse versioni ma mostrano particolarità les- morabili le sua gestae attraverso convenzioni che
spighe. ν Α¸γÀπτωι βασιλ™ων πρòτος Ãπè Gaius giunse a Roma probabilmente da Forum esempio di comunicazione teso a comparare le sicali legate al tipo di comunicazione verso l’ete- sfruttino il potenziale mnemonico grazie all’uso
Sul bordo del campo la legenda: RESTITV- Κα°σ[αρος π±] τÒς Α¸γÀπτου Iulii dove già in giovane età aveva stretto amici- gesta di Gallus a quelle di Ottaviano. L’impor- rogeneo pubblico a cui si rivolgevano. di multipli di cinque (cinque città - Boresis, Cop-
TORI AFRICAE, sotto, nell’esergo, S C κατασταθε°ς, τÑν Θηβα¼δα [‡]− zia con Virgilio e Ottaviano. Il buon rapporto con tanza dell’iscrizione di Gallus è amplificata dal- Tra le particolarità linguistiche proprie di questo tos, Keramike, Diospolis Magna, Ophieum - espu-
La moneta in particolare rappresenta un va- ποστ‚σαν ν πεντεκα°δεκα Óµ›ραις Ottaviano - prima della definitiva rottura - si evin- la mancanza di alcuna iniziativa di celebrazione documento degna di menzione è la riga 2 del te- gnate in quindici giorni) (Cresci Marrone 1993).
lido mezzo di propaganda politica e di esal- δ±ς [ ν παρ]ατξει κατ κρτος νικÐ ce dal testo di uno dei carmi ritrovati a Quasr epigrafica del principe e del Senato – contraria- sto geroglifico, dove il nome del Cesare (Otta- Il resoconto della battaglia varia inoltre nei tre
tazione della figura di un imperatore attento σας, σÁν τòι τοÁς Ó− Ibrîm e attribuito alla produzione del poeta-mi- mente a quanto avviene nell’Occidente romano viano), che viene definito “re della valle e re del testi. Se in quello latino la cattura dei capi della
alle necessità dei sudditi e dotato di quelle γεµçνας τòν ‡ντιταξαµ™νων ›λε²ν, litare: Fata mihi, Caesar, tum erunt mea dulia, (Aug., Res Gestae 26: Omnium provinciarum po- delta”, viene messo in relazione con l’incarico di rivolta prelude al passaggio dell’esercito oltre le
virtù che sono indispensabili ad un buon am- π™ν[τε τε πç]λεις τς µšν ξ φçδου, quom tu / maxima Romanae pars erit historiae puli Romani quibus finitimae fuerunt gentes quae Gallus autodefinitosi “principe di Alessandria e cataratte del Nilo, nel testo greco precede inve-
ministratore. τς δš κ πολιορκ°[ας] / postque tuum reditum multorum templa deo- non parerent imperio nostro fines auxi. Gallias et delle due terre”, espressione che molto proba- ce l’espugnazione delle città. Il passaggio del-
F.C. καταλαβçµενος, ΒορÒσιν, Κçπτον, rum / fixa legam spolieis deivitiora tueis. Con lo Hispanias provincias, item Germaniam, qua in- bilmente riconduce alla sua carica prefettizia. Il l’esercito “in una regione in cui le armi non erano
ΚεραµικÐ[ν, ∆ιçσπ]ολιν µεγλην, scoppio della guerra civile Gallus si meritò la sti- cludit Oceanus a Gadibus ad ostium Albis flumi- rapporto tra il princeps e il praefectus in questa mai state portate né dal popolo romano né dai re
@OφιÒον, κα± σÁν τÒι στρατι‚ι Ã− ma di Ottaviano combattendo dalla sua parte. nis pacavi) – in questa zona. Il titulus di Gallus, iscrizione sembra esplicitare la volontà di Gal- d’Egitto” tende a enfatizzare ancora di più l’im-
15 περρας τèν καταρκτην, ‡βτου Nel 40 a.C. lo troviamo in Transpadana con l’in- posto in un sito che indicava il limite geografico lus di comparare le sue gesta a quelle di Otta- presa di Gallus - il testo greco omette invece i
στρατ°α[ις τÒς χðρ]ας πρè αÇτοÂ
Bibliografia
RIC I2, 1984, n. 298, p. 63; Carson 1962; Picozzi 1966; carico di praepositus ad exigendas pecunias a fa- tra il mondo conosciuto e quello inesplorato, è viano, allo stesso modo di quanto si riscontra termini del confronto - sottolineata dalle suc-
Angeli Bufalini 2001, pp. 49-59. γενοµ™νης, κα± σÀµπασαν τÑ[ν] vore di alcuni veteres a cui erano state sottratte uno dei pochi documenti indicativi dei mecca- nel già citato testo di Quasr Ibrîm. Il messaggio cessive righe che descrivono la pacificazione del-
Θηβα¼δα µÑ Ãποταγε²σαν το²ς le terre. Distintosi nella guerra aziaca con l’in- nismi di esaltazione della conquista ecumenica della celebrazione della vittoria militare - parte la Tebaide “comune terrore di tutti i re”.
βασιλεÂσιν, [Ãποτξ]ας, δεξµενçς τε carico di fraefectus fabrum meritò la carica di d’età augustea. L’enfasi trionfale data al testo e essenziale della propaganda augustea - sembra Interessante notare (Cresci Marrone 1993) co-

166 167
me la sottomissione della Tebaide segua e non Sez. 6.5 - Edictum de pretiis mente nell’area orientale. In quest’area la re- venduti a prezzi ‘reali’ tutte le merci presen- Sez. 6.6a. - Tavolette cerate e dittici
preceda l’attraversamento delle cataratte. Fatto rerum venalium dazione era spesso sia in latino, la sua forma ti nell’elenco. In altre zone dell’impero i ceti
questo che risulta singolare in quanto le dighe Stratonicense latino (n.2) originale, che in greco, lingua comprensibile più umili si videro addirittura costretti a tor- Materiale: legno o avorio e cera
Ricostruzione: Roma, Museo della Civiltà Romana,
del Nilo indicavano il limite meridionale della re- agli abitanti del luogo. Nonostante le testi- nare al baratto.
inv. n. 2860
gione. Materiale: marmo, 12 lastre monianze siano frammentarie dall’analisi In linea generale l’intera economia dell’Im-
Dimensioni: altezza 2,74m; larghezza 7,12m
Il passaggio dalle operazioni di guerra a quelle comparata delle due versioni, greca e latina, pero Romano subì una paralisi, non essendo
Provenienza: Stratonicea di Caria, odierna Eski-
di pace è enfatizzato nel testo latino dove Gal- hissar è stato possibile ricostruire l’editto quasi nel- più i commercianti in grado di produrre beni
lus - victor ed expugnator - viene descritto men- Cronologia: 20 novembre – 9 dicembre 301 d.C. la sua interezza. a prezzi accettabili.
tre riceve ambascerie dai territori meridionali Calchi in gesso: Museo della Civiltà Romana: sala LV, Una prima edizione dell’editto è stata curata Le misure economiche prese da Diocleziano
disposti a sottomettersi alla sua tutela (cfr. r. 7). n. 46 (ricostruzione dell’Edictum); n. 54 nel 1893 da Mommsen e Blumner, sulla ba- ebbero vita breve: nel 305 d.C., al momento
(frammento da Afrodisia); n. 56 (frammento da
Le res gestae del praefectus si chiudono con un’in- se dei 35 frammenti allora conosciuti. In se- dell’abdicazione dell’imperatore, l’editto cad-
Platea); n. 57; n. 58 (frammento da Atene); n. 63
vocazione agli dèi patri e al dio fluviale indige- guito sono state fatte nuove scoperte, che de naturalmente in disuso, senza aver mini-
no. L’utilizzo di divinità locali e romane e in hanno fatto crescere il numero delle fonti epi- mamente contribuito a migliorare una
particolare il ricordo di una divinità nemica ri- grafiche. Nel 1974 M. Giacchero cura un’edi- situazione economica che rimaneva delle più
corda la tradizione celebrativa romana dell’evo- All’inizio del IV sec d.C. la situazione che si confronti delle monete d’oro: nel 300 d.C. un zione aggiornata basandosi su 132 frammenti critiche.
catio. presenta nei territori dell’Impero Romano è aureo veniva cambiato con 1.600 denari. latini e greci. Nella prefatio viene chiaramente espresso co-
L’iscrizione di Gallus è un brillante esempio di molto grave, sia dal punto di vista politico che Ovviamente da questo processo veniva dan- L’Edictum de pretiis rerum venalium è com- me il campo di applicazione dell’editto sia
comunicazione celebrativa. L’azione politico- da quello economico e sociale. neggiata in modo particolare la gente comu- posto da due parti. l’intero Impero Romano: ita totius orbi nostri
militare del praefectus viene messa a confronto Con l’avvento al trono di Diocle, generale dal- ne, che molto raramente si trovava a La prima, l’editto vero e proprio, è una prefa- observantia contineri (r. 116). Le tavolette cerate (tabulae ceratae) erano as-
con le operazioni passate di Ottaviano. Fu forse mata di oscure origini, che nel 285 a.C. prese maneggiare monete d’oro, ma che faceva ri- tio in cui l’imperatore Diocleziano, parlando a In precedenza alcuni studiosi (tra cui Mom- sicelle rettangolari di legno o di avorio (ditti-
questo il pretesto che portò il senato - contrario il potere con il nome di Caius Aurelius Valerius corso al denarius per le spese quotidiane. Ed nome suo e dei suoi colleghi nella tetrarchia, msen nell’edizione del 1893) avevano ipotiz- ci) con un breve margine lungo i lati; la parte
all’assegnazione di una provincia come l’Egitto Diocletianus, si chiudeva un lungo periodo di è proprio per proteggere questo ‘popolo mi- espone le motivazioni ideali che hanno porta- zato che l’editto fosse stato emanato solo incavata veniva spalmata di cera e su questa
a un praefectus di rango equestre - a condanna- sanguinose guerre civili. Le lotte tra generali, nuto’, quos ad sensum miserrimae condicionis to all’emanazione dell’editto: honestum publi- nella parte orientale dell’Impero. Tutti i fram- si scriveva incidendola con lo stilo (stylus o
re Gallus e a rimuoverlo dall’incarico. Gallus ven- unite alle continue incursioni di barbari oltre egestatis estrema traxerunt, che Diocleziano cum et Romana dignitas maiestasque (rr. 20-21). menti rinvenuti fino a quella data proveniva- graphicum). Potevano essere incerate su una
ne accusato di aver disseminato in Egitto i confini, avevano messo in ginocchio l’Impe- afferma di agire con il suo editto. Preceden- La seconda parte, detta ‘tariffari’, è composta no infatti dalla Grecia. Il primo ritrovamento sola o su tutte e due le facce ed erano sem-
riproduzioni della propria immagine e di aver ro, minando le stesse fondamenta politiche temente all’editto, nel 294 d.C., nell’ambito dal calmiere vero e proprio e consta in un lun- di un frammento dell’Edictum de pretiis in Oc- plici o riunite in libretti (codices, codicilli, pu-
moltiplicato l’esposizione dei resoconti epigra- ed economiche del potere imperiale. di una politica monetaria più ampia, Diocle- go elenco, diviso in 35 sezioni, di 1391 voci, cidente risale al 1933, ed è avvenuto nella lo- gillares), che prendevano il nome di diptycha,
fici delle sue imprese (cfr. Dio., 53, 23, 5). La vo- A Diocleziano non sfuggì la gravità della si- ziano si impegnò per rendere stabile la mo- accanto a ciascuna delle quali è espresso il calità abruzzese di Pettorano sul Gizio (AQ). triptycha, polyptycha, secondo il numero del-
lontà celebrativa di Gallus fu considerata una tuazione, e da subito il suo operato fu con- neta, fissando per questa buoni valori di base. prezzo ‘massimo’ in denari che essa può ave- La Guarducci, che si è occupata della pubbli- le tavolette: servivano per fare i conti, dare ri-
contrapposizione ad Augusto, il quale tuttavia traddistinto da una forte volontà conservatrice L’aureus fu stabilito a 1/60 di libbra (5,3 g ca.), re sul mercato. Le voci sono le più disparate cazione di questo frammento, sostiene, an- cevute, spedire lettere, prendere appunti, fare
lo punì blandamente, rimuovendolo dall’incari- dello Stato. In quest’ottica vanno ad inserirsi l’argenteus ad 1/96 (3,2 g ca.) e venne intro- e vanno dai generi alimentari, alle materie pri- che sulla base del ritrovamento, che non esercizi scolastici. Le tavolette che contene-
co e privandolo della sua amicizia. Ma il senato le numerose riforme che promulgò in tutti i dotta una nuova moneta bronzea con un al- me fino ai beni di lusso e ai salari degli sti- possano ormai esserci più dubbi sulla valen- vano documenti importanti venivano sigilla-
- vistosi espropriato del controllo sulla provincia campi: l’impostazione della tetrarchia, volta ad to tasso di metallo. Questa manovra ebbe pendiati; anche agli schiavi è fissato un prezzo za universale del provvedimento preso dai te- ti con una funicella fissata con uno o più sigilli.
- pretese un processo nel quale il praefectus ven- assicurare stabilità e una successione senza però un esito opposto: fornendo monete al- massimo, diverso a seconda dell’età, del ses- trarchi. R.M.
ne ritenuto colpevole di congiura e di aver ap- scossoni, la riforma dell’esercito, i cui effettivi ternative di ‘buona qualità’ portò collateral- so e delle competenze. Il prezzo più alto ri- F.G.
provato, senza essere senatore, alcune clausole vennero molto aumentati per far fronte alla mente ad un totale discredito del denarius, ed portato per una merce è di 150.000 denari ed
trionfali tipiche del ceto senatoriale. Privato dei pressione dei barbari. Altrettanto importanti in generale ad una fortissima spinta inflazio- è lo stesso per 1 libbra di seta greggia, tinta Sez. 6.6b. - Capsa
suoi beni e condannato all’esilio Gallus si suici- sono le riforme di stampo amministrativo e nistica. di porpora scura, e per un leone libico di pri-
Materiale: cuoio, legno
dò (Suetonio, Augustus, 66) nel 26 a.C. tributario, che venivano a segnare una netta Un primo tentativo di abbattere l’inflazione ma qualità.
Ricostruzione: Roma, Museo della Civiltà Romana,
La stele - forse a causa di una tacita e non uffi- frattura con il sistema che il primo imperato- fu fatto nel 301 d.C. con l’editto cosiddetto di Lo scopo dell’editto non era fissare un prez- inv. n. 2849
cializzata damnatio memoriae che si abbatté su re aveva impostato circa trecento anni prima. Afrodisiade, dalla località della Caria in cui nel zo stabilito per le merci, ma un tetto massi-
Gallus - fu infranta e reimpiegata. Nel corso della cosiddetta ‘crisi del III seco- 1970 ne vennero rinvenuti i primi frammen- mo (maxima) oltre il quale i commercianti Bibliografia
S.P. lo’ l’economia aveva subito un brusco arre- ti. Il testo, che entrava in vigore dal 1 settem- non dovessero spingersi. Le sanzioni previ- Geraci G., Marcone A., Storia Romana, con la colla-
sto. La moneta aveva quindi imboccato un bre dello stesso anno, attribuiva un valore ste per chi contravveniva a queste indicazio- borazione di Alessandro Cristofori, Carla Salvaterra,
Firenze 2004, pp. 223-234
inarrestabile declino, con conseguente cre- nominale doppio a tutte le monete circolan- ni, inprobos et inmodestos (r. 40), erano molto Con il termine capsa (ma anche scrinium, ci-
Giacchero M., Edictum Diocletiani et collegarum de
scita esponenziale dell’inflazione. Il denarius, ti nell’Impero Romano. severe, e comprendevano anche la pena ca- pretiis rerum venalium; in integrum fere restitutum e sta, arca) si indica generalmente un piccolo
Bibliografia
che alle sue prime apparizioni alla fine del III Come era prevedibile il provvedimento ebbe pitale. L’esito di questa operazione fu un com- latinis graecisque fragmentis, Genova 1974 mobile in cui potevano conservarsi soldi, gio-
J.-P. Boucher, Caius Cornélius Gallus, Paris 1966; L. Nica-
stri, Cornelio Gallo e l’elegia ellenistico-romana. Studio dei sec. a.C. conteneva 4,55 g di argento, subì un l’effetto immediato di far lievitare i prezzi del- pleto fallimento e l’inflazione continuò ad Orsini P., Edictum de pretiis rerum venalium. Nota sul ielleria ed altri piccoli oggetti. Ma, come si evin-
primo abbassamento sotto Nerone, che lo le merci, tanto che nel giro di pochi mesi, tra aumentare. L’editto mancava totalmente del- frammento di Pettorano, 2001 ce da un passo pliniano (Naturalis Historia, 16,
nuovi frammenti, Napoli 1984; F. Rohr Vio, Le voci del dis-
Rostovtzeff M.I., Storia economica e sociale dell’Im-
senso. Ottaviano Augusto e i suoi oppositori, Padova 2000; portò a 3,4 g. Da allora il processo subisce il 20 novembre e il 9 dicembre del 301 d.C., le basi economiche necessarie a funzionare, 43, 84) il termine capsa ed il termine scrinium
pero Romano, Nuova ed. accresciuta di testi inediti a
Cresci Marrone 1993; F. Arcaria, I crimini e il processo di un’accelerazione incredibile e il denarius nel- l’imperatore si vide costretto ad emanare un contando solo sul potere coercitivo dell’im- si applicarono più precisamente a contenitori
cura di Arnaldo Marcone, Milano 2003, pp. 745-763
Cornelio Gallo, in “Quaderni Catanesi” 3, 2004, pp. 109-
la seconda metà del III sec. d.C. arriva a con- calmiere, l’Edictum de pretiis rerum venalium. peratore. Sirago V.A., Diocleziano, Estratto da: Nuove Questio- di forma circolare: secondo l’autore infatti il
226; AE 2005, 1625 Hoffmann et al. 2009.
Per il testo in geroglifico: cfr. A. Vogliano, Un papiro sto- tenere 0,17 g d’argento, con un potere L’editto è giunto sino a noi in forma epigrafi- Le conseguenze più dirette dell’emanazione ni di Storia Antica, Milano 1967 miglior legno per costruire questi contenitori
rico milanese e le campagne dei Romani in Etiopia, Mila- d’acquisto pressoché nullo. ca, da documenti provenienti da varie zone del calmiere furono innanzi tutto un’enorme era il faggio, poiché le lamine di legno da es-
no 1940, pp. 27-39, part., pp. 31-35. Il cambio era particolarmente sfavorevole nei dell’Impero, anche se concentrati principal- fioritura del mercato nero, in cui venivano so ricavate, molto sottili e flessibili, erano adat-

168 169
te a dare forma circolare al contenitore. Col Sez. 6.6c. - Volumen Sez. 6.6d - Stilo (stylus) Sez. 6. 6d.e - Atramentarium
tempo però le capsae non furono più costrui- (calamaio), calamus (penna)
te solo in legno, ma anche in metallo e avorio. Ricostruzione: Roma, Museo della Civiltà Romana, Materiale: osso, avorio, bronzo, ferro, legno
mv. n. 2850 pregiato Materiale: terracotta, bronzo
Nonostante si sia cercato per tanto tempo di
Copia: Roma, Museo della Civiltà Romana, inv. n. Copia: Roma, Museo della Civiltà Romana
fare una distinzione tra questi due termini 2861 bis
capsa e scrinium in realtà si tratta di due si- Il rotolo è una delle più antiche forme librarie
nonimi che indicano una cassetta portatile, e nei secoli ha rappresentato il libro per an-
circolare la prima e rettangolare la seconda, tonomasia e tra tutti gli strumenti della cul-
in cui erano contenuti esclusivamente papiri tura romana è sicuramente quello più
e rotoli che si volevano portare appresso, co- rappresentato nelle arti poiché simboleggia-
me si evince anche da un passo delle satire va la doctrina del committente. A = foglio di papiro; B = protokollon; C = verso;
di Orazio (Saturae I, 4, 22) e da uno di un car- Il materiale più usato per la confezione di vo- D = recto; E = kolleseis (giunti di colla); F-G = umbilicus Il termine atramentarium (< atramentum =
men di Catullo (68, 33, 36) in cui si organiz- lumina era generalmente il papiro, che arri- nero; per l’uso del colore nero in scrittura si
za il trasporto di alcuni volumina entro capsae vava sul mercato in rotoli formati da 20 fogli veda Cicerone, Ad Quintum Fratrem, 2, 18)
durante un viaggio (“huc una ex multis cap- incollati (kollemata) tra di loro, disponendo designa i calamai in generale, indipendente-
sula me sequitur”); gli altri due termini inve- alternativamente un foglio a fibre orizzontali mente dalla forma che questi presentano. Con
ce (cista e arca) sembrano indicare contenitori con uno a fibre verticali. il termine calamarium o techa calamaria i ro-
di oggetti diversi. La facciata migliore per scrivere su questo ti- mani indicavano invece una sorta di astucci
Le capsae, che potevano contenere oltre ai pa- po di supporto era quella interna (recto) su in cui si conservavano le canne per scrivere
piri anche le tavolette e i gettoni che servivano cui, essendo l’andamento delle fibre oriz- Strumento di ferro, avorio o osso (calami).
agli studenti per imparare a contare, poteva- zontali, il calamo scorreva più facilmente. Es- (Isidor. Origines 6, 9) che aveva una I calamai, fatti di bronzo o d’argilla, possono
no essere trasportate o dagli stessi giovani ro- sendo tuttavia il papiro un materiale scrittorio delle terminazioni appuntita, men- avere una forma globulare, cilindrica o a cam-
mani che si recavano a scuola o da uno schiavo molto costoso, non sono rari i casi di reim- Una adeguata distanza tra le colonne e dai tre l’altra in genere finiva con una pana. Poichè alcuni personaggi, per mestie-
appositamente assoldato (il capsarius). piego in cui si utilizza anche la faccia esterna margini superiore e inferiore erano caratteri- larga lama piatta. re o per gusto, non potevano permettersi
Spesso gli oratori o gli scrittori vennero rap- del rotolo (verso), in cui le fibre erano per- stiche di libri di buona fattura. Strumento di grande diffusione, spesso lo si infatti di andare in giro senza un calamaio
presentati con accanto alle loro capsae piene pendicolari rispetto alla direzione del calamo. Quando la copia era terminata sul margine de- portava appresso insieme alle tavolette (pu- questi a volte potevano anche essere muniti
di volumina. Si iniziava a scrivere dal secondo foglio, poi- stro dell’ultimo foglio si incollava un sottile ba- gillares): serviva infatti per scrivere sulle tabu- di anse o anelli che servivano per legarli alla
R.M. ché il primo (protokollon) rimaneva bianco e stoncino (umbilicus) intorno al quale si arrotolava lae coperte da un sottile strato di cera (Plauto cintura (Petronio, Satyricon; 102: “Eumolpus
serviva per proteggere l’intero rotolo. il volumen. A questo punto, all’esterno dell’opera, Bacchides 4, 3, 79 e 91). Con la punta si trac- tanquam litterarum studiosus utique atra-
Il testo era disposto su singole colonne (pagi- poteva essere appesa una piccola etichetta (sil- ciavano le lettere mentre con la parte piatta si mentum habet”).
Bibliografia
Daremberg, Saglio 1877- 1919, s.v.’capsa’; Pesando nae) di forma rettangolare, parallele una all’altra, lybos) che riportava il nome dell’autore e l’ope- facevano le correzioni e si rendeva di nuovo Un calamaio rinvenuto a Roma (cimitero di
1994, pp. 23-25; Reggiani 1990 pp. 66-69; Angelucci sviluppate nel senso dell’altezza e perpendicola- ra. Questa finitura sembra fosse però affidata omogenea la superficie della cera, così che ri- S. Callisto) al momento della scoperta con-
2008, pp. 21-26. ri rispetto alla lunghezza del volumen. non all’editore, ma al possessore del rotolo, co- saltassero le lettere tracciate. Per questo mo- teneva ancora l’inchiostro nero. A Pompei so-
La larghezza della pagina non dipendeva dal- me sembrerebbe testimoniare un passo delle tivo l’espressione vertere stilum (Horazio, no stati rinvenuti due esemplari identici: uno
la larghezza del foglio di papiro (si scriveva epistole ciceroniane (ad Atticum, 4, 4.) Saturae, I, 10, 72) significa “correggere”. per l’inchiostro nero (atramentum) e uno per
infatti anche sulle giunture di colla), ma dal Il termine volumen indica quindi, tecnica- Era uno strumento molto appuntito, che in quello rosso (cinnababis). Associato con un
genere letterario. Gli scritti filosofici, per esem- mente, l’azione stessa che si doveva compiere alcuni casi poteva trasformarsi in una peri- dittico, uno stilo e un pacco di piume è stato
pio, pare avessero colonne più larghe. per leggere un testo, cioè srotolare il rotolo colosa arma (Svetonio, Claudius, 35:” Sero en- rinvenuto nella tomba di un librarius. Il Museo
(volvere= srotolare). im ac vix remisit, ne feminae praetextatique Nazionale Romano, infine, conserva un pic-
R.M. pueri et puellae contrectarentur et ne cuius colo nucleo di vasetti-calamaio, grosso mo-
comiti aut librario calamariae et graphiariae do simili come forma, utilizzati per intingere
thecae adimerentur”). lo stilo nell’inchiostro, uno dei quali è stato
Bibliografia R.M. rinvenuto come corredo nell’interno di un sar-
Pesando 1994, pp. 17-29; Daremberg, Saglio 1877-
cofago della metà del II secolo.
1919, s.v. volumen; Luciani 1998, pp. 24 e ss.; Canfo-
ra, Bossina 2008; Angelucci 2008, pp. 21 e ss.; Reg- Con il calamus, una cannuccia appuntita intin-
giani 1990, pp. 65-74. ta nell’atramentum (inchiostro) si scriveva
sulla pergamena e sul papiro.
R.M.

Bibliografia
Daremberg, Saglio, s.v. Stylus e atramentarium; Lu-
cani 1998; Maniaci 2005; Pesando 1994; Reggiani 1990;
Weeber 2007.

170 171
La comunicazione attraverso il sistema stradale Le strade più importanti
dell’Impero Romano
(rielab. grafica: F.G)

Lorenzo Quilici

Le strade che la civiltà di Roma ha creato in tutto il mondo antico


hanno rappresentato un evento politico di portata universale, co-
stituendo ancora in gran parte il supporto della viabilità attuale:
non solo per l’Italia e le nazioni che si affacciano sul Mediterra-
neo, ma per quelle dell’entroterra dell’Europa, dell’Africa e del-
l’Asia: dalle gelide regioni britanniche a quelle infuocate del deserto
del Sahara, dall’oceano Atlantico al Golfo Persico. Solo l’inven-
zione della strada ferrata e delle attuali autostrade ha aggiunto al-
l’antico nuovi sistemi di comunicazione.
Si può valutare la portata dell’impresa, se si consideri che solo le Strada romana a Verona
vie pubbliche primarie articolavano per tutto l’impero una rete di
120.000 chilometri di percorsi: fu attraverso le strade che si svol- Certo già in età arcaica c’erano strade ben costruite e definite, re-
sero la vita e la fusione civile di tutto il mondo antico, che legò et- golate da leggi: conosciamo, ad esempio, nel Lazio l’esistenza di
nie e culture in origine diversissime, alcune più antiche di Roma catasti territoriali attribuiti al regno di Servio Tullio e ricordati nel-
stessa di millenni; altre chiamate proprio da Roma a divenire pro- le stesse leggi delle Dodici Tavole. Il Ponte Sublicio, gettato attra-
tagoniste della storia del mondo. verso il Tevere al tempo di Anco Marcio, cioè, secondo la tradizione,
La costruzione di una così vasta maglia viaria, ben organizzata e nei decenni che seguono la metà del VII secolo a.C., le cui altissi-
mantenuta in piena efficienza per gli otto secoli nei quali Roma ha me palificate in legno, le sublicae, si fondavano profondamente paludi, che ostacolavano il progredire dell’uomo, erano piegati al ingegneri non si preoccuparono delle difficoltà tecniche frapposte
rappresentato il centro del mondo civile, ha costituito il fondamento nel limo del fiume, documenta la straordinaria esperienza tecni- suo raziocinio; ma anche la ‘barbarie’ delle altrui culture, alle qua- alla realizzazione pur di abbreviare e rendere più rapido il percor-
strutturale sul quale si è svolto ogni ordine pubblico, sul quale han- ca raggiunta già in età arcaica. Il Lazio, l’Etruria tirrenica e quella li si imponeva il modello di un superiore vivere civile. so. Basti ricordare, per questo, il tratto che intercorre tra Roma e
no viaggiato uomini, mezzi di trasporto (sez. 5, nn. 8-9), merci e padana, il Veneto, erano attraversate da strade costruite con gran- Per questo, l’apertura di una strada di grande comunicazione era Terracina, condotto con un’unica straordinaria retta di quasi 90 chi-
idee. Attraverso la rete delle sue strade, costruite con una politica de perizia abbinata, a volte, anche ad una superba tecnica. vista come un’opera straordinaria, non meno gloriosa di quella di lometri, con i quali la via superava la Campagna Romana, tutti i sa-
perseverante e tenace, Roma espresse in maniera funzionale la pro- Quello che vale per l’Italia, vale anche per il mondo che diverrà ro- un generale che trionfava sui nemici: il magistrato che la realiz- liscendi dei Colli Albani, l’immensa distesa delle paludi Pontine. Se
pria vocazione alla dilatazione territoriale dell’impero, che fu im- mano: proprio la storia della sua conquista, con il movimento ra- zava aveva il privilegio di legare ad essa indissolubilmente il pro- si valuterà con attenzione il disegno che sta dietro alla definizione
pero universale, e realizzò con esse il nesso connettivo che legava pido e sicuro degli eserciti da una parte all’altra del nord Africa, prio nome, a gloria imperitura: nel tempo archi trionfali avrebbero del percorso, con lo studio topografico degli smisurati territori da
la capitale alla più lontana periferia. della Spagna, della Gallia, per non parlare del vicino Oriente, fa ornato le strade all’inizio e alla fine del percorso, all’ingresso del- attraversare, le stime di ordine geometrico e geologico indispen-
La costruzione di una vasta, ben organizzata e ben mantenuta re- comprendere come le regioni attraversate dovessero disporre di le città, ai confini territoriali, sui ponti più grandiosi. Proiettando- sabili alla definizione del tracciato, le opere colossali di bonifica
te veicolare rispondeva infatti a quei principi di esigenza di ordi- una maglia viaria consolidata ed efficiente. Tuttavia, per quanto si nelle regioni attraversate come veicolo primario di vita civile e idraulica, il drenaggio e lo scavalcamento di migliaia di rivoli mi-
ne per l’utile pubblico che è stata una delle caratteristiche distintive potessero anche essere ben edificate, dobbiamo pensare a una lo- di progresso economico, le strade venivano a caratterizzarle tan- nori, gli imponenti lavori determinati dall’apertura di trincèe o di
del mondo romano: le strade, con gli acquedotti e le cloache, co- ro origine e a una loro realizzazione che potremmo definire di svi- to da dar loro il nome: per Aureliam si intendeva l’Etruria costiera tagli rupestri, il trasporto delle terre e dei materiali di prestito per
stituivano le costruzioni necessarie alla base di ogni buon vivere luppo ‘spontaneo’, o di interesse più o meno locale, condotte per e l’alto Tirreno, per Flaminiam si intendeva il Piceno, così come la la costruzione dei rilevati e del piancito, la realizzazione dei ter-
civile, che si contrapponeva con orgoglio alla “oziosa e stolta osten- collegare un centro abitato a quello contiguo e quindi risultanti, via Aemilia ha lasciato ancor oggi il nome alla regione Emilia. razzamenti di difesa della strada sul versante a valle e a monte, la
tazione delle piramidi” e alle “inutili ma tanto celebrate opere d’ar- sulle lunghe distanze, tortuose e assai difettose nel tracciato. Possiamo paragonare la costruzione della via Appia, la prima gran- costruzione dei ponti per l’attraversamento di fiumi, si compren-
te dei Greci”, come orgogliosamente scrive Frontino (De aquaeductu La realizzazione della via Appia, nel 312 a.C., ha costituito un mo- de strada per eccellenza, la ‘regina viarum’, alla realizzazione del- derà il valore rivoluzionario di una simile iniziativa.
Urbis Romae, 16) dello del tutto nuovo nel quadro dei collegamenti: non solo dal le moderne autostrade: la via non mirava a collegare le pur La tecnica di realizzazione rappresentata dalla via Appia costituì
L’istituzione del ‘cursus publicus’ (sez. 6, n. 13), cioè il servizio de- punto di vista della tecnica e dell’ingegneria, ma soprattutto per importanti città che incontrava sul percorso, alle quali si legava un modello per le strade successive, come il prolungamento del-
stinato a regolare il trasporto delle persone che viaggiavano nel- l’aspetto storico e politico, in quanto è venuta a realizzare, me- mediante bretelle di raccordo, ma puntava diritta quanto più pos- la stessa via da Capua a Benevento dopo il 268 a.C, fino a Veno-
l’interesse dello stato e degli oggetti che a questo appartenevano, diante una strada di grande comunicazione, l’affermazione di un sibile alla mèta finale, Capua nella prima realizzazione di Appio sa nel 291, a Taranto subito dopo il 272 e a Brindisi circa nel 240
appoggiato lungo le strade alle mansiones e alle mutationes (luo- disegno razionale anche a costo di estremi sacrifici, attraverso spa- Claudio del 312 a.C., vista come traguardo ultimo su di una gran- a.C.: in tutto 570 km.
ghi di sosta attrezzati con lo stesso criterio delle nostre ‘stazioni zi allora ritenuti vastissimi, ambiti territoriali che si mostravano de distanza. La Tiburtina-Valeria da Roma raggiungerà Alba sul Fucino tra il 307
di servizio’), garantì il fluire dei traffici lungo le strade dell’impero soprannazionali e avversità naturali del tutto prevaricanti. È l’uo- Il tracciato della via Appia fu condotto per segmenti a perfetto ret- e il 298 a.C. e poi l’Adriatico. La costruzione della via Flaminia, che
per secoli; molte di queste stazioni sono poi diventate importan- mo che impone il suo ordine là dove prima era la barbarie: non tifilo, traguardato sui passi e sui valichi obbligati dalla conforma- taglia la Penisola dall’uno all’altro mare ma in direzione nord, rea-
ti città del continente europeo e di quello asiatico. solo la barbarie della natura selvaggia, dove i monti, le selve e le zione geomorfologia e ambientale dei territori attraversati: gli antichi lizzò il collegamento tra Roma e Rimini (314 km) nel 220-219. Nel-

172 173
lo stesso secolo penetrano l’Etruria la via Aurelia, che alla fine del Strada romana tra Donnas e Bard: il
II secolo raggiungerà Genova e Vado ai valichi alpini; e la Clodia piano stradale e il miliario sono
scavati interamente nella roccia con
e la Cassia, quest’ultima fino ad Arezzo. Dopo la guerra annibali-
un taglio alto 14, 40 e lungo 221
ca, nel II secolo, Roma si fa padrona della Penisola e la maglia del- metri; l’arcata, vero e proprio fornix,
le sue strade si articola definitivamente: la via Emilia da Rimini a è ritagliata nello spessore della
Piacenza; la via Emilia di Lepido da Bologna ad Aquileia, la via Po- montagna.
stumia da Aquileia a Genova (circa 430 km), le due vie Annia e poi Strada di Pompei, ai lati i marciapiedi
Via Flaminia: imbocco nord della
Popilia da Rimini a Padova e da Capua a Reggio Calabria (que- difesi dai gonphi
galleria del Furlo con l’iscrizione
st’ultima di 475 km). che celebra l’imperatore Vespasiano
I traguardi di percorrenza condotti per rettifili sono alla base del- portante ricordare che le misure non principiavano dal centro del- (76 d.C)
la tecnica costruttiva di tutte queste strade: ricordo ad esempio la città, come fanno i nostri cippi chilometrici, ma dalla porta ur-
quelli della via Aurelia, 30 km all’altezza di Tarquinia; della via Emi- bica dell’abitato. zione, attraverso la collina di Posillipo, Napoli con Pozzuoli, lun-
lia, quasi un unico rettifilo di 240 km dal Rubicone a Piacenza; del- Il lastricato delle strade aveva la larghezza canonica di 4,1-4,2 m, ga oltre 700 m e in efficienza ancora nei traffici veicolari nei primi
la via Postumia con rette di 50-65 km. cioè di 14 piedi, sufficienti al normale incrocio dei carri. A questi decenni dell’Ottocento; la grotta detta di Seiano, che collegava il
A noi questo può non impressionare, percorrendo territori ai nostri si aggiungevano i marciapiedi laterali, in genere solo di breccia capo di Posillipo ancora a Pozzuoli, lunga oltre 800 m e pur essa
giorni tanto ubertosi, ma dovremmo valutare i mezzi tecnici allora battuta, che nella regione romana e nei tratti viari molto trafficati normalmente trafficata fino all’inizio del Novecento; la grotta di
a disposizione e le condizioni spesso proibitive delle regioni attra- avevano comunemente una larghezza di 3 m per parte, per una Cocceio, tra Cuma e i lago d’Averno, lunga un chilometro è anco-
versate: la via Emilia, che oggi si perpetua attraverso una regione larghezza, complessiva, superiore ai 10 m. Le vie di maggior per- ra percorribile.
profondamente urbanizzata, nel modenese ancora nel 43 a.C. è ri- correnza potevano anche essere più larghe in tratti particolari, co- Negli ultimi decenni del II secolo a.C. vengono costruiti anche
cordata con un tracciato reso difficile dalle paludi e dalle selve. me presso i luoghi di sosta, le stazioni, i borghi o altri agglomerati, grandiosi viadotti che facilitano il superamento delle valli, quali
Ma vediamo subito, entrando nel vivo della questione, quali era- all’ingresso di ville sontuose o presso i mausolei per l’evergetismo quello famoso della via Appia ad Ariccia e quello della via Flami-
no i criteri di costruzione delle strade romane: i termini comune- del proprietario. La larghezza del lastricato poteva scendere al di nia attraverso la valle del Treia, detto Muro del Peccato: costruiti
mente usati in latino per indicare la tecnica di costruzione sono sotto dei 4 m nei percorsi meno frequentati o in situazioni di dif- in opera quadrata, rispettivamente lunghi 230 e 300 m, alti fino a
viam innovare, instituere, munire, sternere, struere, che richiama- ficile transito e i marciapiedi potevano ridursi a 1,1 m per parte o 13 e 10 m, larghi 9 e 11 in sommità, erano traforati da più sotto-
no subito alla mente il significato di costruire un percorso, di fon- addirittura sparire su di un lato. passi sul percorso per permettere il transito di vie trasversali.
dare, di stratificare, consolidare e difendere, rendere piana una Il basalto, abbiamo visto, caratterizza le strade del Lazio, dell’Etruria Veniamo alla fine a parlare di ponti e viadotti, che costituiscono uno
superficie, lastricare (sez. 2, 8). meridionale e della Campania, per il naturale reperimento in que- dei maggiori orgogli dell’architettura e dell’ingegneria romana, tan-
Le strade potevano essere lastricate in pietra, acciottolate, inghiaiate ste regioni di tale pietra lavica, particolarmente adatta per le sue to che della loro straordinaria impresa costruttiva se ne ritenevano
o imbrecciate. Normalmente, nelle regioni vulcaniche del Lazio, caratteristiche di durezza e bellezza. Ma anche le vie più impor- artefici, alle origini, solo i pontefici, come depositari di ogni scien-
dell’Etruria e della Campania, a partire dal III secolo a.C. le vie ap- tanti, allontanandosi da Roma, cedevano il passo a pavimenta- piccolo San Bernardo a 2467 e 2158 m di quota, sono emblemati- za tecnico-scientifica, che solo dalla divinità poteva derivare (ponti-
paiono lastricate in pietra basaltica, la lava durissima, nera e lu- zioni in calcare o in altre pietre dure, più facilmente reperibili in che per l’audacia e l’efficienza dei percorsi, rimasti fino a ieri in fex da pontem facere, interpretavano gli antichi) (sez. 2, n. 10).
cente, che dà loro quell’aspetto caratteristico, per il quale sono quelle regioni, o a pavimentazioni solo imbrecciate. uso col traffico delle carrozze e solo superati ai nostri tempi con Dopo il ponte Sublicio tutto di legno, il secondo ponte di Roma, l’Emi-
celebri le strade romane nel mondo. Il sistema costruttivo è quel- La lastricatura delle strade era comunque un lusso, un grosso im- la costruzione dei nuovi tracciati automobilistici. lio, fu eretto nel 179 a.C. con capriate di legno su pile in muratura e
lo che riconosciamo normalmente nelle strade menzionate ed è pegno tecnico ed economico e, nei tempi più antichi, un privile- Le strade romane attraversano passi e valli con straordinaria ra- solo nel 142 furono voltati su quelle gli archi di pietra.
quello del resto (a parte l’asfalto) ancora oggi in uso: il rilevato al- gio urbano: anche le vie più importanti, e l’Appia stessa prima del pidità, si impostano sul fianco dei declivi e incidono l’orrido del- Conosciamo con sicurezza archi in pietra, nella costruzione dei
to e asciutto sul sistema idrico circostante, lo zoccolo di grosse II secolo, non erano lastricate. Così ancora in età imperiale la via le forre con viadotti lunghi centinaia e centinaia di metri, che tagliano ponti, solo dall’inizio del II secolo a.C.: i ponti di tale secolo usa-
pietre nella fondazione, lo strato di materiale fino sul quale allet- Salaria era solo imbrecciata oltre la valle del Tevere e la via Flami- le rocce verso monte e si terrazzano verso valle per altezze di 12- no in opera grandi massi, che con il loro peso davano stabilità al-
tare il basolato. Frequentemente, a partire dall’inizio del II secolo nia oltre Narni, l’Aurelia oltre Civitavecchia, larghe normalmente 16 m. Le muraglie di sostegno superano con archi continui fendi- la struttura. Gli archi sono a tutto sesto e, spesso, non curano le
a.C., appare l’uso della calce per consolidare il selciato. Il dorso da 6 a 7 m in sommità. La via Emilia è stata studiata in più punti ture e ruscellamenti, in gara con la spettacolarità dei ponti. Dove esigenze estetiche, ma solo quelle funzionali. In genere le luci de-
lastricato era displuviato ai lati per far defluire l’acqua meteorica del suo lungo percorso: sono stati individuati i miglioramenti rea- i fiumi serpeggiano nelle gole, per abbreviare la percorrenza pas- gli archi sono piccole, da 2 a 6 m, ampliandosi poi fino a 9-11 m
e contenuto da blocchi messi a coltello, che trattengono anche il lizzati nel tempo ed il terrapieno che la sosteneva, innalzato sulla sano ora a destra ora a sinistra dei meandri, senza risparmio nel- dopo la metà del secolo. I blocchi delle volte sono incuneati per
rilevato dei marciapiedi e, più alti e alternati su equidistanze in ge- campagna circostante fino a 4 m di altezza e la sede carrabile al- la costruzione dei ponti. La pendenza di tutti questi percorsi di lungo, mentre piloni e testate appaiono di grosso spessore: si pre-
nere di 3 o 5 m, i gonphi, che impedivano ai carri di salire sui mar- largata da 6 fino 10-12 m in età tardo antica. montagna non supera in genere il 7-9%, solo eccezionalmente feriva infatti ridurre la luce dell’arco a favore dello spessore delle
ciapiedi e permettevano ai viaggiatori di salire più comodamente Nel Veneto conosciamo numerose vie con il piancito in breccia o può raggiungere il 10-12%. pile, per assorbirne del tutto la spinta.
o scendere dal cavallo o dal carro. ghiaia, potentemente rilevate e fiancheggiate da fossati, a partire A questo punto sono da ricordare le tagliate, quali ad esempio il Già nel 142 a.C. il Ponte Emilio, gettato sul Tevere a Roma a valle
Costituiva un complemento importante della strada la segnaleti- dalla via Postumia: vie alte sulla campagna fino a 4-7 m, costrui- c.d. Pisco Montano a Terracina, opera di Traiano per abbreviare il dell’isola Tiberina, era tutto in opera quadrata a dimostrazione del-
ca data dai miliari: cippi che a un miglio di intervallo l’uno dall’al- te su terrapieni larghi persino 30-36 m alla base e larghe sul pia- percorso della via Appia spostandola lungo la costa con il taglio la straordinaria esperienza raggiunta: era lungo 135 m, largo qua-
tro (1.478 m) riportavano la distanza da Roma o da altre importanti no carrabile anche 10-18 m. di una montagna per una altezza di 128 piedi (36 m), e le gallerie si 9 m, con sei archi principali che voltavano sul fiume luci che
città. I cippi più antichi, del II secolo a.C., sono ricavati su pietre Ma è soprattutto nei percorsi di montagna che appare più evidente stradali vere e proprie, quali quella famosa del Furlo. La soluzio- raggiungono nel centrale i 16,5 m.
appena sbozzate; ma subito, scolpiti a colonnetta, divennero sem- lo sforzo attuato dagli ingegneri romani per superare le asperità ne tecnica da loro offerta, per una rapida comunicazione tra luo- L’esperienza raggiunta dalla costruzione del ponte Emilio porta
pre più eleganti e simboli di propaganda politica: alcuni miliari di dei luoghi e dove ogni elemento naturale era studiato in modo che ghi altrimenti fortemente accidentati, ne ha sollecitato la diffusione con sicurezza alla costruzione di altri grandiosi ponti tra fine II e
Augusto raggiungono perfino i 3 m di altezza. Comunemente, pe- i viaggiatori, gli animali e i carri avessero il transito facile e sicuro. e il sistema è stato particolarmente sviluppato nella regione fle- l’inizio del I secolo: l’ampliarsi sempre maggiore delle campate
rò, misurano sui 1,5-2 m; quelli di II secolo dell’impero sono mol- La via Salaria al valico del Velino e nella valle del Tronto, la via Fla- grèa, dove è conosciuto anche il nome del maggiore architetto di che non raramente raggiungono i 16-18 m di luce e il ridursi nel-
to raffinati, scanditi da cordoli sagomati e la legenda posta entro minia dopo il passo della Scheggia nella discesa nella valle del Bu- queste opere, L. Cocceio Aucto. Sono spettacolari la Cripta Na- lo spessore delle pile fa comprendere la sicurezza raggiunta man
un elegante cartiglio, con l’aggiunta delle titolature imperiali. È im- rano, la strada della Valle d’Aosta, che porta ai passi del grande e poletana, grande arteria che poneva direttamente in comunica- mano dai costruttori.

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Del 109 a.C. è ad esempio la costruzione del ponte Milvio sul Te- ra, lungo 180 m, alto fino a 33 m, largo 8, presentava quattro ar- Sez. 6 - Mezzi da trasporto e da lievi delle colonne traiana e antonina. Sem- giava un lungo pianale costituito da due co-
vere, in funzione dell’attraversamento del Tevere della via Flaminia, cate a tutto sesto che arrivano a 32 m di luce. In opera quadrata viaggio pre per il trasporto dei liquidi gli otri veniva- sciali riuniti da quattro traverse, su cui si tro-
tutto in opera quadrata, lungo quasi 150 m e che nelle 4 arcate cen- di calcare e nucleo in calcestruzzo, nei massi del rivestimento pre- no incastrati nel cassone e legati a vava un impiantito di tavole; due fiancate
trali raggiunge i 18-18,50 m di luce. Ponte Fabricio all’Isola Tiberina, senta un luminoso bugnato, scandito da cornici che evidenziano quest’ultimo con delle corregge o su plaustri servivano a tener fermo il carico. Il carrus era
in Roma, costruito nel 62 a.C., lungo 80 m nei due archi centrali rag- i diversi corpi nell’alzato e l’estradosso degli archi. Va sottolinea- Molto vasta è la tipologia dei veicoli che per- o su carri a quattro ruote. funzionale ad ambiti diversi; civile come mili-
giunge ben i 24,50 m di luce, divisi da una robusta pila rastremata ta la luce di 32,1 m dell’arco centrale, tra le più ampie che cono- correva le strade dell’impero romano. Oltre tare per il trasporto di mercanzie di ogni ge-
e sormontata da archetto di piena, elegantemente inquadrato da le- sciamo nei ponti in muratura dell’antichità; inoltre una delle arcate, al diffuso uso delle bestie da soma, si viag- Plaustrum nere, persone, bagagli, lettere; talvolta era
sene. I conci sono incuneati di testa e con accurate corone semi- diversa dalle altre, presenta parte della volta girata con cinque anel- giava a bordo di carri a trazione animale, a Veicolo a due ruote piene trainato da buoi, da trasformato in un carro coperto.
circolari: da questo periodo si impone ormai regolarmente l’arco a li di ghiera distinti, divisi da spazi intermedi coperti a lastra, se- due o a quattro ruote, ognuno dei quali ave- muli o da asini e adatto ai grandi carichi. Era A.Z.P.
conci incuneati per lungo su un unico fuoco e con una sempre mag- condo una tecnica che conosciamo nei ponti augustei della valle va specifiche caratteristiche. La maggior par- costruito in legno di quercia, molto sempli-
giore eleganza, che trionferà nei grandi ponti di età augustea. d’Aosta, quale quello di Saint Martin, che pure raggiunge una lu- te della popolazione civile non aveva rapporto cemente: su di un una tavola fatta di assi di
Un’altra opera di assoluta avanguardia, circa della metà del seco- ce di 32 m. Ponti grandiosi di età augustea sono anche quelli di alcuno con i mezzi di trasporto: chi doveva legno era fissato il timone stesso. Su questo Sez. 6.8 - Mezzi da viaggio:
lo, è il Ponte Salario sull’Aniene, sempre in opera quadrata ma che Solestà e di Cecco ad Ascoli Piceno. spostarsi lo faceva generalmente a piedi, an- si poggiava la merce da trasporto con la pos- carruca
nel nucleo sperimenta l’uso del calcestruzzo, che permise la get- Una innovazione tecnica di grande rilevanza avvenne, nella co- che per lunghe distanze (Orazio, Saturae,1, sibilità di aggiungere altre assi come prote-
tata di un grande arco di 25 m di campata. struzione dei ponti, a partire da Domiziano, che nel 95 lungo la 9.8). A Roma vigeva inoltre il divieto assolu- zioni laterali, oppure si usava un grande cesto Materiale: legno, ferro
Ricostruzioni: Roma, Museo della Civiltà Romana,
I segni di una vera ‘scuola’ di architettura, particolarmente di va- via Domiziana aveva voltato il ponte sul Volturno: l’opera appli- to di spostarsi con i mezzi privati dall’alba al di paglia legato al carro stesso costruito con
(carruca dormitoria), inv. n. 1950
lore, si registriano nella costruzione di ponti in ambito veneto, do- cava nel calcestruzzo l’arco continuo, permettendo di gettare spet- tardo pomeriggio, come ci attestano alcune legno di quercia e ferro per i cerchioni delle
ve tutta una serie di queste opere, che si datano dall’età di Cesare, tacolari viadotti attraverso fiumi e valli con grande risparmio di epigrafi rinvenute (CIL I², 250, 56). ruote piene. L’utilizzo di tale mezzo era fun-
presenta archi fortemente ribassati e di notevole campata, pog- costi rispetto all’opera quadrata: la tecnica sarà subito adottata da Lo studio di G. Raepsaet ha posto fine alla zionale tanto in agricoltura quanto per il tra-
giati su pile, al contrario della norma generalmente in uso, assai Traiano nella costruzione della via Appia Traiana e anche da Adria- leggenda costruita da Lefebre des Noëttes nel sporto in città di generi alimentari importati Essedum, cisium, covinnus erano nel mondo
esili. Si riscontra infatti un rapporto, tra la luce dell’arco e lo spes- no. Alcuni dei ponti traianei, quali quelli sul Cervaro e sul Cara- 1924 sul primitivismo delle tecniche di ag- come olio, vino, cereali, frutta e verdura (Vi- romano le tipologie di veicoli a due ruote più
sore delle pile, in media, di 5:1, e il rapporto può arrivare persino pelle, appaiono spettacolari, lunghi rispettivamente 320 e 700 m, giogamento antico che avrebbero soffocato truvio, De architectura, 10, 1,5; Plauto, Aulula- utilizzate per il trasporto di persone. Le fon-
a 8:1. La motivazione, che ha portato questi esiti, deve essere sta- larghi 7,10 e con diciassette e dieci arcate centrali. l’animale da traino riducendone il potenziale ria, 505), ma anche per farvi arrivare materiali ti letterarie usano spesso la parola essedum
ta quella di evitare, in area di pianura e con terreno acquitrinoso, Nessun ponte in muratura fu mai gettato sul Po nel medio e bas- in energia. edilizi e prelevare l’immondizia (CIL, I², 206, per indicare un veicolo generico, come fa Mar-
dotata di corsi d’acqua tranquilli, la faticosa rampa d’accesso a so corso, nonostante che ponti straordinari, su pile in muratura e La struttura base del carro indipendentemente 56 ss.). Sulla colonna Traiana e Antonina ne è ziale (Marziale, 4, 64,19). Virgilio lo definisce
schiena d’asino, mentre il terreno molle avrebbe avuto difficoltà a capriate lignee di stupefacente ampiezza, siano stati condotti at- dalla tipologia, è costituita da alcuni elemen- attestato un ulteriore uso per il trasporto di d’origine belgica o gallica, usato dalle popo-
sostenere il peso di grosse pile, anche sollecitate da quello di ar- traverso fiumi come la Mosella a Treviri, lungo 250 m con otto lu- ti principali: materiali e salmerie. Tipico di questo veicolo, lazioni come carro da guerra; secondo Pro-
chi ravvicinati. La struttura di questi ponti è in calcestruzzo rive- ci ampie fino a 21,60 m; sul Reno a Colonia lungo 420 m su 19 - le ruote, con o senza cerchione, piene o come ricorda Orazio lamentandosene e con- perzio invece è un veicolo usato in Britannia
stito da lastre. I più noti sono i ponti di Padova e soprattutto il pile, luci ampie fino a 34,40 m e sul grande Danubio a Turnu-Se- formate da una corona circolare collegata sigliando a Sceva di dormire nel Ferentino (Virgilio, Georgica 3, 204 e Properzio, 2, 176)
ponte di Verona, lungo 91,40 m, con arcate che vanno da 13 a 18 verin lungo 1.135 m con 21 arcate, oltre alle arcatelle alle testate, di al mozzo da raggi (Orazio, Epistulae, 1, 17,7) era il forte rumore così come per Cesare il quale descrive tale
m di luce, due delle quali sostituite in un secondo momento da 32,60 m di luce. - i mozzi o perni delle ruote che produceva sull’acciottolato. Simile al plau- veicolo in relazione alla tecnica di combatti-
un’unica arcata di 32 m. La tecnica della costruzione dei ponti appare acquisita e diffusa a - la sala o asse della ruota stro era il sarracum: ruote piene più basse e mento dei Galli (Cesare, De bello gallico, 4,
Un’epoca straordinaria per il potenziamento della rete viaria fu partire da Adriano e poi nel III e IV secolo, con manufatti che van- - la cassa più solide. Il pianale particolarmente allunga- 33). L’essedum era un calessino robusto, trai-
l’età augustea. In questo ambito appare del tutto unico il ponte di no dalla Calabria alle Alpi e in tutte le province dell’impero. - il timone o stanga a cui si attaccano gli to permetteva il trasporto di oggetti molto pe- nato da due muli o da due cavalli e con il po-
Narni, che si annovera tra le più grandiose opere dell’ingegneria Su queste stesse antiche strade hanno viaggiato e continuano a animali santi come tronchi d’albero, materiale edilizio sto per il cocchiere, che stava seduto nella
e dell’architettura antica: in lieve discesa tra le rocce del fiume Ne- viaggiare uomini e tecnologie verso il futuro. - lo sterzo e così via (Historia Augusta, 13; Giovenale, III, parte anteriore del mezzo su un basso sga-
- i freni e l’attacco 254 ss.). Capitolino ricorda come durante una bello. Tale veicolo fu adoperato dai Romani
pestilenza a Roma fu necessario trasportare i per i viaggi veloci, ma anche come vettura
corpi morti fuori dalla città, e ciò fu fatto pro- elegante per le donne e per le passeggiate
Sez. 6.7 - Mezzi da trasporto prio a bordo di sarraca fuori città. L’apparato decorativo di questo
carro aumentò nel tempo di pari passo con
Materiale: legno, ferro Carrus la preziosità del materiale stesso con cui es-
Ricostruzione: Roma, Museo della Civiltà Romana,
Veicolo per eccellenza a quattro ruote di cui in so era costruito. Svetonio narra di come l’im-
inv. n. 1948
genere quelle anteriori più piccole. L’origine peratore Claudio, che utilizzava tale mezzo
potrebbe essere gallica oppure italica (etrusca anche per il gioco dei dadi (Svetonio, Clau-
o picena) (Isidoro, Originum seu Etymologia- dius, 33,2), fece distruggere un essedum inte-
A bordo dei carri per il trasporto delle merci rum liber, 20, 12,1). Sulle quattro ruote pog- ramente decorato in argento (Svetonio,
Bibliografia di riferimento i carichi potevano essere legati con reti a lar- Claudius, 16). Lo stesso Claudio fece inoltre
Atlante tematico di topografia antica, in particolare i nn. 1, 1992; 2, 2993; 5, 1996; 13, 2004; ghe maglie o funi, fissate sui bordi del cas- rappresentare nel Campo Marzio la presa e
Supplementi, n. VII, 2000; Barrington Atlas of the Greek and Roman World, Princeton-Oxford, 2000; sone del carro per evitare che cadessero il sacco di una città per mostrare ai Romani
Basso 2007; Busana M.S., Ghedini F., Rosada G. (edd.), Via per montes excisa. Strade in galleria e passaggi durante il tragitto. I liquidi invece venivano immagini della sottomissione della Britannia
sotterranei nell’Italia antica, Roma 2005; Chevallier R., Les Voies Romaines, Paris, 1997.;
trasportati inserendo una o più botti sul pia- con la partecipazione di essedarii (Svetonio,
Eck 1999; Esch R., Römische Strassen in ihrer Landschaft, Mainz am Rhein 1997; Galliazzo 1994-1995;
Goodchild- Forbes 1993; Gualandi 1990; Quilici 1992; Quilici-Quilici Gigli 1993; Quilici-Quilici Gigli 2004; nale del carro o del plaustro, ancorate con Claudius, 21-33). Il cisium era un calessino leg-
Quilici 2006; Quilici 2008; Tazzi 1998; Tecnica stradale romana (Atlante tematico di Topografia antica 1), ceppi di legno sagomato e fermate dai co- gero e comodo con grandi ruote con tiro a
Roma 1992; Viae publicae romanae 1991, pp. 17-41. sciali del veicolo come si può vedere sui ri- due di origine britannica. Poteva portare un

176 177
piccolo bagaglio ed era guidato dallo stesso
proprietario (Cicerone, Philippicae orationes,
Le comunicazioni marittime
2, 77). I cocchieri dei cisii erano detti cisiarii e
avevano le loro sedi presso le porte della cit-
tà provviste, come nel caso di Ostia, anche di
terme. Simile al cisium è anche il covinnus Salvatore Martino
(Marziale, 12, 24) trainato da piccoli muli (non
se ne conoscono rappresentazioni). La rheda
era un veicolo dotato di quattro ruote, traina-
to da più pariglie di mule. Poteva essere co-
perta anche da teloni e trasportava due o più
persone con bagaglio situato in un cassone
(Isidoro, Origines, 20,12,3; Giovenale, Saturae, L’impero romano, dal punto di vista geografico, era un anello di
3, 10). I passeggeri potevano sedersi su varie terre che circondava un mare, il Mediterraneo. La posizione cen-
file di banchi, mentre il cocchiere sedeva su trale del Mare Nostrum, come era orgogliosamente soprannomi-
un basso sgabello all’estremità anteriore del- nato dai Romani, rendeva le comunicazioni marittime essenziali
la vettura. La legge prevedeva che il peso del Carruca per la coesione dell’impero. Esse erano un aspetto fondamentale
carico non superasse le 1000 libre (330 kg) nella quotidianità dell’esistenza di gran parte dei Romani, a di-
ma frequenti erano le trasgressioni specie da nale e 0,80 m diametro delle ruote. È stato mali erano poste sul fianco del veicolo sopra spetto del luogo comune che vorrebbe una civiltà romana preva-
parte degli stessi funzionari pubblici. possibile ricostruirla soprattutto sulla base alle ruote, per impedire che in esse si andas- lentemente ‘terrestre‘, di contro a una civiltà greca a vocazione
La carruca, il cui nome è di origine gallica, del rilievo rinvenuto su una tavoletta d’avo- sero ad impigliare lembi del tendone. All’in- marinara. Questo semplicistico modo di interpretare quelle che
rientra nei mezzi di trasporto terrestre a tra- rio conservata presso la cattedrale di Treviri, terno della carruca dormitoria il viaggiatore noi definiamo ‘civiltà classiche’ affonda le sue radici nel positivi-
zione animale, ed era una vettura di lusso usa- e anche di un rilievo dai Musei Vaticani. La poteva distendersi e dormire, e anche il gui- smo ottocentesco ed è ormai superato dalla critica storiografica:
ta prevalentemente per i viaggi. Lampridio carruca dei magistrati, anch’essa un veicolo datore aveva un posto al riparo dalle intem- non esistono popoli ‘marittimi’ o ‘terrestri‘. Tuttavia è bene sot-
(Severus Alexander, 43,1) ricorda che Ales- a quattro ruote, di cui in genere quelle ante- perie. Di questo mezzo di trasporto sono stati tolineare che il mare è un elemento ostile, sul quale l’uomo si av- Fig. 1a – Carpenteria ‘a mortasa e tenone’ Fig. 1b – Carpenteria
sandro Severo concesse ai senatori di circo- riori più piccole. Era formata da un cassone rinvenuti supporti di bronzo, alcuni di note- ventura solo stretto dalle necessità. Ebbene, come si è accennato ‘a mortasa e tenone’
lare per Roma in carrucae, purché fossero molto alto, quasi cubico, destinato ad una ric- vole pregio artistico, relativi agli ancoraggi di sopra, andar per mare era una necessità in un organismo politi- (archeologia sperimentale)
argentate, e secondo Vopisco (Aurelianus, 46), ca ornamentazione che metteva in risalto la robuste cinghie binate di cuoio. Si tratta di co che si distendeva attorno al bacino del Mediterraneo.
Aureliano concesse anche ai cittadini privati dignità dei funzionari: essa aveva, come ci at- cinghie che fungevano da sospensioni, iso- Di conseguenza, i Romani furono dei grandi costruttori navali, la tavole disposte in senso longitudinale, fissate con chiodi alle co-
da avere simili carrucae preziose. Svetonio testa Plinio, i fianchi ornati di rilievi realizza- lando il cassone dagli assali e attenuando, in cui sapienza carpentieristica è stata superata solo in età moderna ste, in modo da formare un guscio il più impermeabile possibile.
racconta invece che Nerone non viaggiava ti in metalli preziosi (Plinio, Naturalis Historia, questo modo, le maggiori sollecitazioni ver- quando la necessità dei viaggi transoceanici per raggiungere le Quando sui bagli si applicavano le tavole del ponte di coperta, lo
mai senza un corteo di mille carrucae (Sve- 33 11,140:..at nos carrucas argento caelare in- ticali e gli scuotimenti orizzontali. Americhe impose di rivedere la filosofia costruttiva delle navi. Chiun- scafo prendeva la sua forma.
tonio, Nero, 30), numero che secondo Lam- venimus). Al centro del pianale del carro si La carruca manteneva una velocità oraria su que fosse richiesto al giorno d’oggi di descrivere il modo di as- Descritta sinteticamente la carpenteria moderna, dirò, altrettanto
pridio ammonta solo a cinquecento. trovava un elegante trono per il magistrato, strada pari a circa 5 miglia (7 km e mezzo). semblare una imbarcazione rievocherebbe immancabilmente, a sinteticamente, che quella antica procedeva in modo opposto, co-
Le esiguità dei reperti, peraltro normale con- dietro al quale stavano i littori, il cui posto era Le sue dimensioni erano: 2,70 m la lunghez- parole sue e con molte inesattezze forse, le operazioni che sot- minciando dal fasciame, secondo una tecnica sopravvissuta an-
siderando la deperibilità dei materiali utiliz- indicato da un riparo a ringhiera; uno sga- za del piano del carro; 0,30 m l’altezza del tendono il principio costruttivo definito ‘a scheletro e fasciame‘. che in Europa fino a non molto tempo fa, in aree marginali e
zati, rinvia, nella maggior parte dei casi, ogni bello sul lato anteriore serviva per il cocchie- piano; 1,40 m l’altezza della copertura e 1,70 Questo metodo di costruire una imbarcazione di legno è stato pra- secondarie. Nello scafo di un veliero moderno, costruito nel mo-
possibilità di ricostruire nei particolari e nel re. Significativo rilievo per la ricostruzione m l’ipotetica larghezza. Rappresentazioni del- ticato per secoli dalla nostra civiltà tecnica ed è tanto classico e no- do che ho descritto in breve, le tavole del fasciame non sono af-
dettaglio la forma, le dimensioni e la funzio- della carruca per magistrati è quello da Vai- la carruca dormitoria, importanti per la sua ri- to che anche il non specialista ne ha un’idea almeno approssimativa. fatto connesse fra di loro, ma formano una solida struttura solo
nalità di questo veicolo. son la Romaine, databile tra II e III sec. d.C. costruzione sono: il rilievo dalla chiesa di La costruzione di una nave cominciava con l’impostazione della in quanto sono collegate tutte, una per una, a un elemento di al-
Sono state identificate tre tipologie differenti Essa era generalmente usata dai funzionari Maria-Saal (Klagenfurt) e uno dalla Panno- chiglia, deponendo su adatti sostegni un legno che avrebbe co- tro ordine, le coste; l’impermeabilità di tutto il rivestimento è ot-
di carruca: la carruca di tipo comune da viag- pubblici per i loro spostamenti; era general- nia. L’interno della carruca dormitoria era pro- stituito il principale elemento longitudinale dello scafo e che, co- tenuta mediante il calafataggio, cioè l’accurata chiusura degli
gio, molto usata da persone singole e gene- mente trainata da quattro muli ed il perso- babilmente decorato con pelli e materassi ed me tale, aveva grande robustezza e rigidità (nelle imbarcazioni più interstizi fra tavola e tavola mediante particolari tecniche. Nella
ralmente di proprietà dello stesso viaggiatore; nale adibito a questo servizio prendeva il nome il suo uso era tipico da parte di coloro che grandi era formato da varie parti con una loro struttura, sulla qua- carpenteria antica, invece, ogni tavola era strettamente legata a
la sua struttura era semplice, priva di appa- di mulionees carrucari. amavano viaggiare nel lusso: dagli antichi au- le qui non insisterò). Alla chiglia si innestavano, a intervalli rego- quelle adiacenti, con una straordinaria tecnica scomparsa e di-
rati decorativi, ma sufficientemente robusta La carruca dormitoria, un veicolo di proprie- tori sappiamo infatti che nella carruca dor- lari, degli elementi trasversali detti ‘coste’, che determinavano la menticata alla fine dell’antichità: delle tavolette di legno duro era-
da resistere a lunghi spostamenti. Le fonti ci tà privata e destinata a lunghi viaggi, era in- mitoria si poteva dormire, giocare, studiare e sezione dello scafo ed erano quindi di forma variabile, sempre più no inserite in gran numero, a brevi intervalli, nello spessore delle
riferiscono che era dotata di quattro ruote, vece una vettura tecnologicamente più addirittura scrivere. differenziata verso poppa e verso prua, dove la chiglia proseguiva tavole, sul loro margine. Trattenute da caviglie ugualmente di le-
con otto raggi ciascuna, ed aveva un como- complessa, la cui denominazione è stata ri- I.F. in due tratti innalzantisi, più o meno rettilinei o curvi, detti ‘dritto gno, che ne attraversavano lo spessore, esse legavano così le ta-
do sedile per due persone sul lato posterio- cavata da un passo del Digesto di Giustinia- di prua’ e ‘dritto di poppa’. Le coste dei due lati erano riunite a vole direttamente l’una sull’altra, col sistema detto ‘a mortasa e
re, mentre anteriormente era il posto del no (Digesto, 34, 2: carrucha dormitoria cum coppie, nella parte più alta, da altri elementi trasversali, detti ‘ba- tenone’ (fig. 1a,b).
Bibliografia
cocchiere. Secondo le ipotesi degli studiosi mulis). Era un mezzo a quattro ruote, piutto- gli’, che chiudevano e rinforzavano tutta la struttura, e che soste- Questa tecnica, più da stipettaio che da maestro d’ascia, rende
Amouretti 1991, pp. 219-232; Cagiano de Azevedo 1938;
(Cagiano 1939) la carruca da viaggio aveva le sto lungo e completamente ricoperto con un Daremberg-Saglio, s.v.; Jope 1993, pp. 544-571; Pisani nevano il ponte di coperta. L’insieme di una coppia di coste e del possibile, anzi, quasi necessario, il procedimento di costruire pri-
seguenti misure: 2,20 m c.a. lunghezza del tendone, probabilmente di pelle, da cui era- Sartorio 1988; Raepsaet 2002; Russo, Russo 2008; baglio che le riunisce si chiama ‘quinto’. Sullo scheletro così ot- ma lo scafo, e compone un guscio che ha forma e consistenza an-
pianale; 1,40-1,50 larghezza ipotetica del pia- no ricavate piccole finestre. Protomi di ani- Weber 1986; Weber 2007; White 1984. tenuto si distendeva il fasciame, formato da un gran numero di che da solo, senza lo scheletro delle coste, che vengono aggiunte

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Fig. 3 – Nave
Oneraria
(mosaico del
Piazzale delle
Corporazioni
ad Ostia antica.
copia. Roma,
Museo della
Civiltà Romana).

Fig. 4 a – Le navi di Nemi: scafo di uno dei due relitti Fig. 4b - Navi di Nemi nel museo poi distrutto dai bombardamenti

ne la cima più avanti sulla riva. Un sistema comodo e pratico, che diale) risultarono essere due veri e propri palazzi galleggianti, con
salire il Tevere. Il tipo è noto da una serie di bassorilievi, mosaici permetteva di risparmiare energia e di procedere senza treni di pavimentazioni musive, marmi, splendide decorazioni in bronzo,
e affreschi, ed ha alcuni tratti caratteristici che lo rendono molto traino di alatori o buoi, e senza dover fare i conti con eventuali il tutto al servizio del lusso di qualche personaggio molto poten-
ben distinguibile: il dritto di poppa è curvato in avanti, quello di asperità del terreno. È possibile che non tutto il percorso fosse co- te, forse Caligola (fig. 4a, b).
prua non è eccessivamente pronunciato; la murata è alta e la for- perto in questo modo, ma solo tratti particolarmente aspri. Le comunicazioni marittime non erano costanti durante tutto l’an-
ma dello scafo, provvisto di due timoni laterali a poppa, sembre- Ma le possibilità della caudicaria non si esaurivano qui: questo no. Dal 27 maggio al 14 settembre, navigare era considerato si-
rebbe decisamente panciuta. La caudicaria era una nave fluviale, battello era in grado di affrontare anche il mare, grazie ad una ve- curo. Dal 10 marzo alla fine di maggio e dalla metà di settembre
e come tale poteva procedere lungo il Tevere ad alaggio. A tal fine la che poteva armare il suo albero da alaggio. L’albero della cau- al 10 novembre andar per mare era considerato rischioso, ma pu-
era provvista di un massiccio albero di rinvio per il cavo che do- dicaria, come s’è detto, era spostato verso prua e ciò non consentiva re v’erano dei coraggiosi che, per necessità o amore di guadagno,
veva trainarla, posizionato non al centro ma verso prua, come è di armarlo con una vela quadra, che ne sarebbe risultata irrime- rischiavano l’avventura. Solo pochi temerari invece avrebbero osa-
normale per questo tipo di imbarcazioni anche in epoca moder- diabilmente impacciata. Ciò si tradusse nell’adozione di un altro to sfidare il mare tra novembre e marzo, quando il pericolo di im-
na. Questo albero aveva una serie di zeppe per facilitare l’arram- tipo di vela, perfettamente adatto alla necessità: la vela a tarchia, battersi in un fortunale era elevatissimo.
picata ai codicarii ed era smontabile, come è mostrato bene da cioè una vela coassiale alla chiglia di forma rettangolare o trape- Le rotte su cui avvenivano questi traffici riflettevano la stagionalità
Fig. 2 – Carpenteria a scheletro e fasciame. alcune immagini pervenuteci. Ma le cose più interessanti da no- zoidale, sostenuta in punta da una pertica diagonale. della navigazione. Nel periodo considerato buono, i venti prevalenti
tare della caudicaria sono altre. La tecnica ‘a mortasa e tenone’ consentiva anche la costruzione nel Mediterraneo vanno da ovest a est La flotta granaria partiva da
dopo. La relativa esiguità dello scheletro negli scafi antichi, testi- Un mosaico del Piazzale delle Corporazioni a Ostia, del 200 d.C. di navi molto grandi, usate per il trasporto del grano dall’Egitto a Alessandria con il suo carico che avrebbe saziato la grande fame
moniata da tutti i relitti, è la conseguenza e la conferma di questo circa, rappresenta una scena di trasbordo di anfore da una nave Roma. Dagli scarni accenni delle fonti letterarie si ricava che la lun- della capitale verso la fine di marzo (sez. 5, n. 10). Poiché il viaggio
modo di costruire. Molto più sommario era il calafataggio, nep- mercantile ad una caudicaria (fig.3). Questa è chiaramente rico- ghezza media di queste navi granarie era di una cinquantina di che avrebbe dovuto compiere era esattamente contrario ai venti, era
pure degno di questo nome, se paragonato a quello moderno. noscibile dal suo albero (drizzato però al centro del ponte) e dal metri, e una quindicina di metri per la larghezza e l’altezza dal fon- costretta a risalire lungo la costa siro-palestinese e anatolica, sfrut-
Tutto questo lo si sa con precisione e sicurezza solo da pochi de- tipico profilo. A poppa del battello compare una bassa struttura do della cala al ponte di coperta. Bisognerà aspettare le ‘caracche’ tando le brezze (venti che si producono in prossimità delle coste
cenni, da quando i relitti cominciarono a rivelare agli occhi stupiti cilindrica con una serie di raggi che si dipartono perpendicolar- genovesi del tardo medioevo per ritrovare misure del genere. Que- per la differenza di riscaldamento diurna fra il mare e la terra) e na-
degli scopritori una tecnica di così prodigiosa e paziente abilità. Ora mente dalla sommità: si tratta indiscutibilmente di un cabestano. ste navi erano propulse da alberi a vela quadra, in genere tre e, vigando col vento al lasco o al gran lasco (90° circa rispetto all’as-
che lo si sa, si trovano facilmente nelle fonti antiche gli indizi di que- Questo equipaggiamento particolare potrebbe essere un ausilio pur avendo una stazza stimata intorno alle 1200 tonnellate, pote- se della lunghezza della nave), il massimo consentito dalle loro vele
sta carpenteria tanto a lungo dimenticata, ma solo col senno di poi; per il governo dei timoni laterali tipici di tutte le imbarcazioni an- vano raggiungere i 4-5 nodi. quadre. Dopo aver affrontato con molta difficoltà la traversata del-
pochissimi l’avevano intuito, e la conferma definitiva è venuta solo tiche; ma rappresentazioni di vascelli ben più grossi delle caudi- Navi da trasporto così grandi non esaurivano le possibilità della l’Egeo, la flotta granaria si trovava di fronte a una scelta rischiosa:
dall’archeologia subacquea; anche i monumenti figurati non dico- cariae mostrano il nocchiero che governa i timoni senza cabestano, tecnica ‘a mortasa e tenone’: i Romani assemblavano pure lus- o prendere a nord di Creta e doppiare il terribile Capo Malea sul-
no nulla in proposito, trattandosi di un particolare che ben difficil- e in un rilievo che rappresenta proprio una caudicaria in naviga- suosissimi ed enormi ‘yatch’. Ne abbiamo diverse descrizioni che l’estrema punta meridionale del Peloponneso, che godeva di pes-
mente essi potevano esprimere. Questo della carpenteria ‘a mortasa zione, si distingue con estrema nitidezza il pilota che impugna sembrerebbero incredibili, se uno straordinario ritrovamento ar- sima fama per le avverse e variabilissime condizioni meteo-marine,
e tenone’ è un aspetto che distingue e contrappone la nautica ro- una barra fissata a un timone laterale. Lo scopo di questo cabe- cheologico non ci consentisse di prestarvi fede. oppure passare a sud di Creta, col rischio di una improvvisa libec-
mana a tutta quella europea, medioevale e moderna (fig.2). stano era un altro: esso era un ausilio installato per agevolare la Da secoli, i pescatori del lago di Nemi si tramandavano una sini- ciata che avrebbe spinto le navi contro il litorale irto di scogli. Su-
La tecnica potrebbe sembrare avere in sé connaturato qualcosa di manovra dell’alaggio. stra leggenda: le notti di tempesta, una gigantesca nave fantasma perato questo, che era il momento più critico del viaggio, la flotta
fragile che impediva la costruzione di imbarcazioni grandi e robu- L’alaggio era generalmente eseguito da uomini o da bestie da ti- solcava le acque del lago. Negli anni ’30 la rete di un pescatore, tagliava lo Ionio affrontando il mare aperto, per poi giungere in vi-
ste, o almeno sofisticate, ma non è così. Certo, le acque del Medi- ro che trainavano il natante camminando sulla riva. Ma la mano- impigliatasi in qualcosa sul fondale, riportò alla luce reperti di squi- sta della Calabria, passare lo stretto di Messina e approdare a Poz-
terraneo romano erano ingombre di natanti di ogni stazza e vra di una caudicaria doveva procedere più o meno così: qualche sita fattura artistica e permise di comprendere il fondo di verità al- zuoli agli inizi di giugno. Il carico veniva trasbordato sulle caudicariae
dimensione, sia primitivi che elaborati. Le fonti antiche ci hanno tra- membro dell’equipaggio scendeva a terra e fissava il cavo di trai- la base della leggenda. Una ricognizione di palombari permise di che lo portavano fino a Roma: la flotta alla fonda invece si ricarica-
mandato un gran numero di nomi per questi ma non è sempre pos- no, rinviato sulla punta dell’albero a prua e da lì al cabestano, a appurare che vi erano due giganteschi relitti sul fondo del lago, ri- va di merci occidentali da riportare in Egitto. Il ritorno era molto più
sibile associare a tali nomi una precisa tipologia. Una delle meglio qualche albero o roccia sulla riva; girando il cabestano l’imbarca- salenti alla metà del I sec. d.C. L’intero lago fu temporaneamente agevole: le navi salpavano alla fine di agosto e, col vento in poppa,
conosciute e delle più sofisticate è la famosa caudicaria (sez. 6, n.10). zione risaliva la corrente, fino al punto in cui il cavo era fissato, prosciugato per permetterne il recupero, e i relitti (purtroppo bru- tagliavano tutto il Mediterraneo per mare aperto, ritornando ad Ales-
Il termine indicava un tipo di imbarcazione leggera, usata per ri- dopodiché si svolgeva la fune dall’asse del cabestano per rifissar- ciati in seguito ad un bombardamento nella seconda guerra mon- sandria in una quarantina di giorni (v. Appendice)(v. sez. 5, n. 14).

180 181
Appendice Velocità con probabili venti deboli, tratti in cabotaggio e scali intermedi
Rotte e tempi di percorrenza
Percorso Distanza (in miglia nautiche) Lunghezza del viaggio (in giorni) Velocità media (in nodi)
Percorso Distanza (in miglia nautiche) Lunghezza del viaggio (in giorni) Velocità media (in nodi) Bisanzio-Rodi
445 5 3,7
Ostia-Africa 270 2 6 (Marc. Diac., Vit. Porph., 55)
Messina-Alessandria 830 6 5,8 Bisanzio-Gaza
855 10 3,6
(Marc. Diac., Vit. Porph., 27)
Ostia-Gibilterra 935 7 5,6
Tessalonica-Ascalona
800 12 2,8
Ostia-Spagna Citeriore 510 4 5,3 (Marc. Diac., Vit. Porph., 6)
Ostia-Gallia Narbonese 380 3 5,3
Messina-Alessandria 830 7 5 Velocità con condizioni di vento sfavorevoli
(Per altri dati non inclusi nella tabella perché troppo falsati da cause disparate, soste forzate in porto, impossibilità di determinare i venti, ecc., v. Casson 1971, p. 291 n. 93)
Pozzuoli-Alessandria 1000 9 4,6
Percorso Distanza (in miglia nautiche) Lunghezza del viaggio (in giorni) Velocità media(in nodi)
Velocità relative a singole navigazioni con condizioni di vento favorevole Cirene-Creta
Percorso Distanza (in miglia nautiche) Lunghezza del viaggio (in giorni) Velocità media (in nodi) (Strabone, X, 4, 5: il punto indicato
160 2 3,3
da Strabone è il Criometopon,
Corinto-Pozzuoli l’estrema punta occidentale di Creta)
(Filostrato, Vit. Apoll., VII, 10) 670 4,5 6,2
Ascalona-Tessalonica
Abdera-foci Danubio 800 13 2,6
500 4 5,2 (Marc. Diac., Vit. Porph., 6)
(Tucidide, II, 97, 1)
Rodi-Gaza
Reggio-Pozzuoli 410 7 2,4
175 1,5 5 (Marc. Diac., Vit. Porph., 56-57)
(Atti degli Apostoli 28, 13)
Alessandria-Marsiglia
Cartagine-Gibilterra 1500 30 2,1
820 7 4,9 (Sulp. Sev., Dial., I, 1, 3)
(Scyl., Per., 111)
Pozzuoli-Ostia
Sirti-Alessandria 120 2,5 2,0
700 6,5 4,5 (Filostrato, Vit. Apoll., VII, 16)
(Sulp. Sev., Dial., I, 3, 2; 6, 1)
Gaza-Bisanzio
Alessandria-Efeso 855 20 1,8
475 4,5 4,4 (Marc. Diac., Vit. Porph., 26)
(Ach. Tat., V, 15, 1; 17, 1)
Rodi-Bisanzio
Cartagine-Siracusa 445 10 1,8
(Marc. Diac., Vit. Porph., 37)
(Procopio, Bellum Visigothorum., 260 2,5 4,3
I, 14, 8) Cesarea-Rodi
400 10 1,7
(Marc. Diac., Vit. Porph., 34)
Cirenaica-Alessandria
Synesio, Epistulae, 5, 1 (salpato da Alessandria-Cipro
450 4,5 4,3 250 6,5 1,6
una località chiamata Phycus, (Luciano, Navig., 7)
attuale Ras-el-Razat in Pirenaica) Sidone-Chelidonie
350 9,5 1,5
Pozzuoli-Taormina (Luc. Navig., 7)
205 2,5 3,4
(Filostrato, Vit. Apoll., VIII, 15)
Velocità di flotte da guerra (da intendere procedenti a vela, non a remi)
Velocità usualmente impiegate per giungere da un punto all’altro Distanza Lunghezza del viaggio Velocità media Condizioni di vento
Percorso (in miglia nautiche) (in giorni) (in nodi)
Percorso Distanza(in miglia nautiche) Lunghezza del viaggio (in giorni) Velocità media(in nodi)
Rodi-Alessandria Non precisato;
Ibiza-Gibilterra (App., Civ., II, 89) 325 3 4,5 probabilmente favorevole
(Diod. Sic., V, 16, 1) 400 3 5,5 Grandi Sirti-Eraclea Minoa
(Plut., Dion., 25, 4-5) 475 4,5 4,4 Favorevole
Epidamno-Roma
Sason-Cefalonia Non precisato;
160 1,75 4
Epidamno-Roma (Pol., V, 110, 5) probabilmente favorevole
(Procopio, Bellum Gothorum, 600 4,5 5,5 Troia-Alessandria 550 7 3,3 Favorevole
III, 18, 4) (Lucan., IX, 1004-1005)
Creta-Egitto Cagliari-costa africana
310 3/4 4,3/3,2 (Procopio, Bellum Non precisato;
(Strabone, X, 4, 5: da capo Samonio) 200 2,5 3,3
Visigothorum, I, 25, 21) probabilmente favorevole
Rodi-Alessandria
Lilibeo-capo Bon 65 1 2,7 Generalmente favorevole
(Diodoro Siculo, III, 34, 7) 325 3,5 3,9 (Liv., XXIX, 27, 6-8)
Mar d’Azov-Rodi Messina-Cefalonia 250 4,5 2,3 Probabilmente favorevole
(Liv., XLII, 48, 9)
(Diodoro Siculo, III, 34, 7) 880 9,5 3,9
segue

182 183
segue da pagina 181 Sez. 6.9.10 - Le navi mercantili nave oneraria

Distanza Lunghezza del viaggio Velocità media Condizioni di vento


romane: oneraria e caudicaria (a sinistra),
Percorso (in miglia nautiche) (in giorni) (in nodi)
Ricostruzioni: C. Mocchegiani Carpano nave caudicaria
Pisa-Marsiglia
(Pol., III, 41, 4. Il viaggio (a destra)
240 4,5 2,2 Favorevole, poi sfavorevole
avvenne cabotando lungo la
costa ligure)
L’uso delle vie d’acqua, marittimo e fluviale,
Utica-Cagliari(Bell. Afr., 98) 160 3 2,2 Probabilmente sfavorevole era l’unico nell’antichità a consentire dimen-
sioni di trasporto di una certa rilevanza ad un
Lilibeo-Ruspina
(Bell. Afr., 34. Ruspino, costo relativamente basso con il vantaggio che
140 3,5 1,7 Favorevole non erano necessarie infrastrutture continue; I porti erano l’anello importante, ma spesso Sez. 6.11 - Bicchieri (4) di Vicarello
presso Monastir, sulla costa
ad est di Tunisi) per questo motivo se per un insediamento ur- debole, di queste linee commerciali e di scam-
Materiale: argento
Lilibeo-Anquillaria bano la posizione suo nei pressi di una via flu- bi. L’imperatore Claudio diede a Roma il suo
Dimensioni: alt. mm 95-115; diam.62-77
(Caes., B.C., II, 23. Anquillaria 90 2,5 1,5 Non precisato viale garantiva facili collegamenti verso l’interno primo porto marittimo, inaugurato da Nero-
presso Capo Bon) Provenienza: Vicarello. Rinvenuti nel 1852 nel
del territorio, presso il mare permetteva il con- ne e ristrutturato da Traiano, porto collegato deposito votivo presso le Aquae Apollinares
Siracusa-capo Bon tatto commerciale con località molto distan- con Roma tramite la via fluviale percorsa in
220 6 1,5 Probabilmente sfavorevole Luogo di conservazione: Roma, Museo Nazionale
(Diod. Sic., XX, 6, 1-2)
ti. L’archeologia, che solo da una cinquantina risalita con sistemi di alaggio: i trasporti Ostia- Romano, inv. n. ...
Euripo-Falero 96 3 1,3 Variabile Cronologia: I sec. d.C.
(Herod., VIII, 66) d’anni ha cominciato ad occuparsi di relitti ed Roma impiegavano due notti e un giorno
Ricostruzione virtuale dell’itinerario antoniniano:
Zacinto-capo Pachino è diventata sottomarina, ha confermato con (Strabone, Geografia, 8,16).
(Plut., Dion., 25, 2) 340 12,5 1,1 Molto lieve Henrique Rossi Zambotti
dovizia di scoperte l’esistenza di una fittissi- I mezzi di trasporto, cioè la navi, erano di due
Lilibeo-Africa (Bell. Afr., 2.) 85 3,5 1 Sfavorevole ma rete commerciale e, nello stesso tempo, tipi sostanzialmente: le navi onerarie, di nor-
ha fatto rilevare anche la pericolosità di quei ma ad uno o due alberi, più raramente a tre, Nel mondo antico si erano diffusi dei documenti
Zacinto-Etna
(Proc., B.V., I, 13, 22. viaggi. Il coordinamento e il diretto collega- andavano a vela (vela quadra maestra, aca- di carattere pratico, gli itinerari, che registravano
Approdo sulla costa 320 15,5 0,9 Molto lieve mento poi tra vie marittime e vie terrestri e tus, sormontata da una vela triangolare bi- le principali strade dell’Impero e le distanze fra
orientale della Sicilia, vicino fluviali permetteva la diffusione capillare del- partita, artemon o vela di gabbia, e due i centri collegati. Esistono itinerari di due tipi:
alle falde dell’Etna).
le merci trasportate. velaccine scalene, suppura) e solo eccezio- itineraria adnotata e itineraria picta (Vegezio, de
Le navi erano adibite solo al trasporto merci; nalmente a remi per la manovra nei porti; la re militari, 3, 6). I primi sono composti sola-
non esistevano navi-passeggeri, se non quel- lunghezza massima era di 60 metri per una mente da notazioni testuali e perciò non han-
Bibliografia: le che trasportavano l’imperatore nei sui viag- larghezza di 15 e un’altezza – fuori tutto – di no base cartografica, i secondi sono invece
Basch 1987; Casson 1965, pp. 31-39; Casson 1971; Gian-
gi (ma forse venivano utilizzate le navi della 14 metri; la capacità di carico arrivava a 2000 rappresentazioni cartografiche schematiche con
frotta, Pomey 1981; Höckmann 1988; Janni 1996; Me-
das 2004; Pomey, Tchernia 1980-1981, pp. 29-57; Rougé flotta militare); per viaggiare si doveva quin- tonnellate; in genere tuttavia le navi avevano l’indicazione degli assi viari e delle distanze.
1966; Rougé 1977; Ucelli 1950. di aspettare la partenza di una nave mercan- stazza e dimensioni minori (500/600 ton- Oltre alle città venivano segnalate le stationes
tile per la destinazione necessaria e chiedere nellate). Il fasciame, di tavole di pino rivesti- del cursus publicus (cioè del servizio postale),
un passaggio. te di tessuto di lana impermeabilizzata con che si distinguono in mansiones (con alloggio)
I beni che viaggiavano per mare erano i più va- resina di conifere data a caldo o anche cera, e mutationes (per il solo cambio dei cavalli).
ri, ma non sempre i carichi erano composti da era ricoperto con lamine di piombo. Le navi Fra gli esemplari giunti fino a noi c’è l’Itinerarium
un unico genere merceologico. Dai rinvenimenti caudicarie erano imbarcazioni a fondo piatto Gaditanum, un documento epigrafico costitu-
subacquei sono emersi trasporti di metalli in adibite al trasporto fluviale (Ostia-Roma sul ito da quattro bicchieri d’argento, di una for-
pani, anfore olearie e vinarie, garum, cerami- Tevere, ad esempio), senza vela né remi e so- ma cilindrica che riproduce in scala miniaturizzata
che, derrate alimentari (grano, lenticchie), aro- lo con un timone; l’albero al centro median- quella di un miliario (alt. mm 95-115; diam. mm
mi, profumi ed oggetti preziosi e di lusso (statue te l’uso di funi serviva sia per le manovre del 62-77). I bicchieri sono databili fra i primi anni
di marmo e di bronzo), marmi lavorati, semi- carico, ma soprattutto per tenere ferma la bar- del principato augusteo e l’età tiberiana, furono
lavorati e grezzi: e certamente anche tutta una ca durante il traino (alaggio con uomini o ani- ritrovati presso la fonte termale delle Aquae
gamma completa di merci viaggiava per mare, mali) e non farla ruotare verso la riva. Apollinares, presso Vicarello (e per questo an-
solide e liquide, che tuttavia non si sono con- che detti vascula vicarelliana) a 7 km da Brac-
servate: ma i numerosi rinvenimenti in relitti di ciano, a nord di Roma, nel luogo in cui furono
anfore, olearie e vinarie, e soprattutto la stessa deposti come ex voto.
testimonianza del Monte Testaccio a Roma, Ognuno dei quattro bicchieri porta incisa sul-
collinetta alta 36 metri creata dallo scarico di la parte esterna un itinerario via terra, un’is-
circa 80 milioni di anfore rotte su una superfi- crizione su quattro colonne, che elenca tutte
Bibliografia
cie di 22.000 mq., sono la testimonianza del- Avilia 2002; Le Gall 1953/2005, pp. 262-283; Lo Sardo le 104 stazioni con le distanze parziali fra le
l’importazione a Roma dalla Spagna e dall’Africa 2005; Gianfrotta, Pomey 1981; Rougé 1977; Rival 1991; località che sorgevano fra la città spagnola di
di olio e vino in tre secoli. White 1984. Gades (l’odierna Cadice) e Roma, per un to-
tale di 1840 miglia romane (2.723,2 km). Il
titolo figura sotto l’orlo e la somma delle

184 185
distanze sopra il piede. Le distanze ufficiali qualche rapporto con Apollo. Inoltre il fatto successivamente questi aveva utilizzato i quat- ITINERARIUM GADITANUM 1
da Roma venivano computate dal miliarium che Gades sia il punto di partenza degli itine- tro bicchieri per farne dono alle divinità pro- CIL XI 3281
aureum, una pietra miliare eretta nel 20 a.C. rari sembra implicare che i bicchieri siano sta- tettrici del luogo. 1 Ad Portum FRA BOLONOS E FRIAS XXIIII 54 Nemausum NIMES XV
da Augusto nel Foro Romano in relazione con ti prodotti in quella città. Due sono le ipotesi F.P. 2 Hastam MESAS DE HASTA XVI 55 Ugernum BEAUCAIRE XV
l’istituzione del cursus publicus. più accreditate: la prima che gli oggetti siano 3 Ugiam TORRES DE ALOCAZ XXVII 56 Arelata ARLES VIIII
La presenza dei bicchieri con inciso l’itinerario stati donati ad Apollo da alcuni mercanti ga- 4 Orippum TORRE DE LOS HERBEROS XXIIII 57 Ergnaginum SAINT GABRIEL,TARASCON VI
Gaditano all’interno della stipe votiva ha pos- ditani, forse recatisi a Roma per vendere 5 Hispalim SEVILLE VIIII 58 Clanum SAINT REMY DE PROVENCE VIII
Bibliografia
to diversi quesiti. Intanto è difficile compren- prodotti caratteristici della loro terra, l’olio o 6 Carmonem ? XXII 59 Cabellionem CAVAILLON XII
dere per quale motivo i bicchieri, offerti in dono il garum, la salsa di pesce molto apprezzata Bonora G., Dall’Aglio P.L., Patitucci S., Uggeri G., 7 Obuclam LA MONCLOVA XX 60 Aptam Iuliam APT XII
alla divinità che presiedeva e dava il nome alle nella cucina romana, anche se non si spiega Topografia Antica, Bologna 2000, pp. 220-221; 8 Astigim ECIJA XV 61 Catuiaciam CEREST XII
Aquae Apollinares, Apollo, riportassero il per- per quale motivo questi commercianti Garrucci R., Dissertazioni archeologiche di vario argo- 9 Ad Aras EL GARBATO LA CARLOTA XII 62 Alaunium NOTRE DAME DES ANGES XVI
mento, Roma 1864, pp. 14-16;
corso Cadice-Roma. avessero scelto di percorrere una via terrestre 10 Cordubam CORDOVA XXIII 63 Segusteronem SISTERON XXIIII
Heurgon J., La date des gobelets de Vicarello, in REA
I quattro bicchieri infatti sembrano aver lo lunga oltre 2.700 km, quando le merci spag- 54, 1952; 11 Ad X ? X 64 Alabontem OLLOMONTE XVI
scopo di ringraziare il dio per aver protetto nole seguivano sempre la più rapida ed eco- Kunzl E., Aquae Apollinares(Vicarello), in Caesaro- 12 Eporam MONTORO XVII 65 Vappincum GAP XVIII
l’avventuroso viaggio via terra tra Cadice e Ro- nomica via marittima. Una seconda ipotesi è dunum 26, 1992, pp. 273-296; Levi M.A., Il mondo dei 13 Uciesem LOS CANSINOS ANDUJAR XVIII 66 Caturigomagum CHORGES XII
ma anche se l’itinerario non prevedeva un che questi bicchieri siano stati donati da vi- Greci e dei Romani, 1987, p. 17 14 Ad Novlas VILLANUEVA DE LA REINA XIII 67 Eburodunum EMBRUN XVIII
Talbert R.J.A., Barrington Atlas of the greek and roman
passaggio da Vicarello, ma giungeva a Roma aggiatori provenienti dalla Spagna ad un no- 15 Castulonem CAZORLA CAZLONA XIX 68 Ramam RAME XVII
World, Princeton, Oxford 2000;
passando per la via Emilia e la via Flaminia, bile senatore romano, Lucio Iunio Cesennio Trevisiol A., Fonti letterarie ed epigrafiche per la storia 16 Ad Morum NAVAS DE SAN JUAN XXIIII 69 Brigantium BRIANCON XVIII
attraverso Narnia (Narni) e Ocriculum (Otri- Peto (parente dell’imperatore Domiziano, che Romana della provincia di Pesaro e Urbino, Roma 1999, 17 II Solaria MONTIZON XIX 70 Druantium ? XI
coli), né gli oggetti sembrano presentare un aveva una villa nel borgo di Vicarello), e che p. 132; 18 Mariana PUEBLA DEL PRINCIPE CIUDAD REAL XX 71 Segusionem SUSA XXIIII
19 Mentesam CALCARA LA POVEDILLA XX 72 Ocelum UXEAU XXVII
20 Libisosam LEZURRA XXIIII 73 Taurinis TORINO XX
21 Parietinis VENTORRO DE LA VEREDA XXII 74 Quadrata REGIONE D’AOSTA XX
22 Saltigim CHINCHILLA XVI 75 Rigomagum TRINO VERCELLESE XVI
23 Ad Palem CERRO DE LOS SANTOS XXXII 76 Cuttias? XV
24 Ad Aras EL TARABATO LA CARLOTA XXII 77 Laumellum LOMELLO XIII
25 Saetabim JATIVA XXVIII 78 Ticinum PAVIA XXI
26 Sucronem CULLERA XVI 79 Plambrum ? XX
27 Valentiam VALENZIA XX 80 Placentiam PIACENZA XVI
28 Sagyntum SAGONTE XVI 81 Florentiam FIRENZE XV
29 Ad Novlas ? XXIIII 82 Parmam PARMA XXV
30 Ildum SUR LA COTE XXII 83 Lepidum Regium REGGIO EMILIA XVIII
31 Intibilim TRAIGUERA XXIIII 84 Mutinam MODENA XVII
32 Dertosam TORTOSA XXVII 85 Bononiam BOLOGNA XXV
33 Sub Saltum AI PIEDI DEL COLLE DELLA BALAGUERE XXXVII 86 Claternum QUADERNA DI OZZANO EMILIA X
34 Tarraconem TARRAGONE XXV 87 Forum Corneli IMOLA XIII
35 Palfurianam ALTAFULLA XVI 88 Faventiam FAENZA X
36 Antistianam LA RAPITA XIII 89 Forum Livi FORLI’ X
37 Ad Fines MARTORELLE XVII 90 CesenamCESENA XIII
38 Arragonem NS. SIGNORA DELLA SALUTE XX 91 Ariminum RIMINI XX
39 Semproniana GRANOLLERS VIIII 92 Pisaurum PESARO XXIIII
40 Seterras HOSTALRICH XXIIII 93 Fanum Fortunae FANO VIII
41 Aquis Vocontis CALDAS DE MALAVELLA XV 94 Forum Semproni FOSSOMBRIONE XVI
42 Gerundam GERONE XII 95 Ad Calem CAGLI XVIII
43 Cilnianam CERVIADE TER XII 96 Hesim? XIII
44 Iuncariam FIGUERAS XV 97 Helvillum FOSSATO DI VICO X
45 In Pyraeneum PASSAGGIO DEI PIRENEI XVI 98 Nuceriam NOCERA XV
46 Ruscinonem CASTEL ROUSSILLON XXV 99 Mevaniam BEVAGNA XIX
47 Combusta RIVESALTES VI 100 Ad Martis ? XVI
48 Narbonem NARBONNE XXXII 101 Narniam NARNI XVIII
49 Baeterras DESIERS XVI 102 Ocriclo OTRICOLI XII
50 Cesseronem SAINT THIBERY SUR L’HERAULT XIII 103 Ad XX ? XXIIII
51 Forum Domiti MONT BAZIN XVIII 104 Romam ROMA XX
52 Sextantionem CASTELNAU LE LEZ XV
53 Ambrussum VILLETELLE XV Sum[ma] M[ilia] P[assus] MDCCCXXXX

186 187
Sez. 6.12 - La Tabula pratico di questo volumen, ha condizionato landa (Hibernia) e la mitica isola di Thule, il tri termali, che con la loro diffusione sottoli-
Peutingeriana naturalmente la stesura dell’intero testo geo- disegno cartografico si svolge dai luoghi più neano l’interesse di questo popolo per le cu-
grafico, costringendo il suo compilatore a svi- orientali della Britannia e della Spagna fino re e la salute del corpo e nel contempo ci
Originale: Vienna, Biblioteca Nazionale luppare il discorso cartografico nella direzione all’India e alla Cina, richiamata nell’estremo danno la più antica carta dei luoghi di cura
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della longitudine, schiacciando o riducendo limite orientale dalla scritta Sera Maior. Qui legati alle acque salutari. Ma anche i proble-
al massimo il disegno nel senso della latitu- troviamo anche, in mezzo all’Oceano, dise- mi dello spirito sono presenti nella Carta con
dine. Da qui la forte deformazione che ven- gnata l’Insula Taprobane, l’odierna Ceylon. le indicazioni di carattere religioso, dove ai
La Tabula Peutingeriana, copia medievale (XII gono ad assumere i diversi elementi geografici A occidente le Colonne d’Ercole segnavano luoghi di culto pagano, ben rappresentato dai
o XIII secolo) di un documento geografico i quali si trovano, rispetto ai punti cardinali, la fine dell’ecumene, a oriente due aree, ac- frequenti richiami a centri cultuali dedicati a
probabilmente del IV secolo d.C., è un roto- in una posizione diversa da quella reale in compagnate dalla legenda Hic Alexander Re- diverse divinità, si affiancano i nuovi luoghi
lo pergamenaceo, alto m. 0,33/35 e lungo m. quanto l’est prende il posto del nord, spo- sponsum accepit. Usque quo Alexander? (“Qui di culto della fede cristiana.
6,80 circa, formato da undici fogli o segmen- stando di conseguenza l’orientamento gene- Alessandro ricevette il responso: fin dove, o Completano il quadro molti nomi di quei po-
ta, uniti fra loro, fino al 1863, lungo i margi- rale. Inoltre alcune terre vengono ad occupare Alessandro?”), più che richiamare il ricordo poli che componevano il mosaico delle pre-
ni, dipinto in diversi colori (verde per i fiumi uno spazio ben superiore alla loro superficie, di un’impresa, vuole indicare il limite ultimo senze umane e delle entità etniche, esistenti
e i mari, giallo, grigio-rosa, marrone per i mon- come l’Italia che presenta un numero di dati delle terre e suggerire nel contempo il senso nel grande corpo dell’impero. Tutto questo
ti, rosso per le strade), rappresenta tutto il maggiori di quelli di ogni altro luogo descrit- della relatività umana. Ritroviamo sulla Ta- articolarsi di elementi politici, religiosi, eco-
mondo allora conosciuto, dalle coste orien- to dalla Carta in modo da creare una eviden- bula anche le terre del settentrione europeo nomici, sociali trova poi la sua ordinata di-
tali dell’oceano Atlantico (anche se è andato te sproporzione di rapporti rispetto ai restanti e asiatico e dell’Africa centrale, dove avevano sposizione in un contesto territoriale definito
perduto il primo foglio raffigurante l’Irlanda, territori. Una spiegazione a tale situazione ce sede i feroci Sarmati e i misteriosi Etiopi e do- nei suoi contorni fisici e negli aspetti orogra-
la Britannia e la Spagna) fino alla Cina. Esso la danno Strabone e Tolomeo: la geografia de- ve la mancanza di vie di comunicazione, e fici, idrografici e topografici più rilevanti o si-
ha dunque un valore che supera il dato do- ve servire soprattutto agli interessi dello sta- quindi di rapporti con il mondo civile, giusti- gnificativi. Ritroviamo infatti le maggiori catene
cumentale cartografico per farsi, nel suo ge- to e per lo più di ordine militare. Quindi anche ficavano la supposta presenza di popoli leg- montuose ed i più noti valichi accanto a me-
nere, testimonianza della concezione che nel nelle carte più estese, anche in quelle rap- gendari e fantastici. no conosciuti e più modesti rilievi, mentre i
IV secolo d.C., l’uomo aveva del suo mondo. presentanti tutta l’oikumene, la terra habita- La Tabula Peutingeriana è l’unica copia giun- grandi fumi dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia
Trovata nel 1507 dall’umanista viennese Kon- lis, deve essere dedicato alle regioni di più ta fino a noi di un originale cartografico com- accentuano con i loro lunghi corsi serpeg-
rad Celtes, bibliotecario dell’imperatore Mas- grande interesse, uno spazio maggiore e par- posto in epoca romana ed è un unicum sotto gianti il vivace realismo del quadro ambien-
similiano I, la carta passò nelle mani di Konrad ticolari più numerosi che a quelle meno im- ogni aspetto: nulla vi è di simile in tutta la let- tale, reso ancor più vario e movimentato dal
Peutinger, Cancelliere di Augsburg e illustre portanti. teratura classica. Né gli altri documenti iti- moltiplicarsi dei fiumi minori e delle macchie
studioso, dal quale prese il nome. Nel 1511 Vi sono indicate circa 555 città e altre 3.500 par- nerari che noi possediamo, dall’Itinerarium verdi dei laghi che richiamano il colore dei
Peutinger ottiene il permesso imperiale di ticolarità geografiche, come i fari e i santuari Antonini al Burdigalense allo scudo di Doura mari. Ma la carta non si ferma ai confini del-
pubblicarla ma solo nel 1598, per opera di importanti, spesso illustrati da una piccola fi- Europos per ricordare i maggiori, possono es- l’impero; va oltre ad abbracciare terre del lon-
Marcus Welser viene portata a termine la pub- gura. Le città sono rappresentate da due case, sere paragonati alla Carta. Essa infatti non è tano oriente, che non furono mai romane. È
blicazione. Nel 1714 Desiderio Peutinger la le città importanti - come Roma, Costantino- solamente un testo stradale, per quanto va- questa la prima immagine dei vasti territori
vende ad un antiquario di libri, alla morte di nanzi ad un’opera composita, il risultato cioè re le scorciatoie, le deviazioni, i monti, i fiu- poli, Antiochia - sono segnalate da un meda- sto ed esauriente; è anche una vera summa, della Persia e dell’India come li vedevano gli
quest’ultimo viene venduta, nel 1720, al prin- di numerose elaborazioni ed aggiornamenti mi, che devono essere fedelmente descritti; glione. Vi sono inoltre indicate le distanze, sia dove viene a comporsi ‘visivamente’ il qua- antichi, con le città dai nomi famosi e sco-
cipe Eugenio di Savoia. Alla morte del princi- succedutisi nel tempo: la Tabula non nasce addirittura i comandanti più abili assicurano pure con minore o maggior precisione, se- dro di un’intera società con i suoi diversi mo- nosciuti, con i grandi fiumi della storia e del-
pe, avvenuta nel 1737, tutta la sua biblioteca, all’improvviso nel IV secolo, né è semplice- di aver posseduto itinerari delle province, do- condo le misure dei singoli paesi, leugae in di di esprimersi e di organizzarsi. la leggenda, con i monti inaccessibili e gli
compresa la Tabula, è acquistata dall’impe- mente il rifacimento di un altro ben determi- ve la necessità li aveva portati, non solamen- Gallia, miglia nei paesi latini, parasanghe in Nell’ambito del vasto impero, i termini colo- sterminati deserti e i luoghi dove si incontra-
ratore Carlo VI e passa quindi in proprietà del- nato documento cartografico, ma è il te scritti (itineraria adnotata), ma anche Persia. nia, municipium, castrum, praetorium, forum, no gli elefanti, dove nascono gli scorpioni. Ed
la Biblioteca Reale di Vienna, l’attuale momento ‘finale’ di tutta una serie di itinera- disegnati (itineraria picta), per poter sceglie- Nella Tabula è raffigurato l’intero mondo co- pagus, vicus, che accompagnano molti nomi ai margini estremi del mondo il nome di Se-
Biblioteca Nazionale, dove oggi è conserva- ria picta, cioè di carte geografiche, che l’han- re, al momento della partenza, il cammino nosciuto dagli antichi con i tre continenti Eu- di località, e le scritte che indicano le riparti- ra Maior richiama la remota Cina e rievoca
ta sotto la denominazione di Codex Vindobo- no preceduta e che via via hanno proposto non solamente con la mente ma anche con ropa, Asia e Africa separati tra loro dai zioni regionali e provinciali, i cui confini so- lontananze e spazi immensi lungo l’antichis-
nensis 324 o meglio di Tabula Peutingeriana. ed inserito nuovi dati ed indicazioni su un te- la vista”. tradizionali confini del Mediterraneo, del Ta- no spesso precisati dalle stazioni stradali Fines, sima via della seta.
Una delle datazioni della Tabula più accredi- sto andatosi maturando e completando nel A questo genere di carte stradali, chiamate nais (Don), del Nilo e circondati dal grande Ad fines, acquistano una dimensione ‘con- A.S.
tate è quella del Miller che aveva indicato co- corso di lunghi anni. appunto itineraria picta, cioè itinerari dise- Oceano, che si sviluppa continuo ai margini creta’ e ci riportano all’ordinata ed articolata
me età per il documento originale la metà del Publio Vegezio Renato, vissuto alla fine del IV gnati e colorati che rappresentavano grafica- della carta. Perduto il primo segmento, che amministrazione politica di Roma. Bibliografia:
IV secolo d.C. e precisamente gli anni 365-366. secolo d.C., ed autore di una Epitoma rei mi- mente il terreno, la sua conformazione fisica, doveva raffigurare le Colonne d’Ercole, l’Ir- A questi dati si aggiungono i numerosi cen- Bosio 1983; Levi A. 1967; Miller 1916.
La Tabula mette in risalto con tre particolari litaris, ricorda l’esistenza di due classi di car- la situazione antropica e itineraria e, entro
vignette tre metropoli: Roma, Antiochia, Co- te itinerarie quando scrive che un certi limiti, il reciproco rapporto di posizione
stantinopoli. Il Miller è del parere che la Ta- “comandante deve innanzitutto possedere iti- fra le varie località, appartiene la Tabula Peu-
bula abbia voluto indicare le città che furono nerari assolutamente precisi di tutte le regio- tingeriana.
contemporaneamente capitali dell’impero nel ni, nelle quali si conduca una guerra, così da La sproporzione fra la lunghezza e l’altezza,
365-366 d.C. conoscere bene le distanze fra i diversi luo- che si spiega con la necessità di poterla rac-
In definitiva la Carta risulta ultimata alla me- ghi non solo per il numero delle miglia, ma cogliere in un rotolo per essere così facilmente
tà del IV secolo d.C. Tuttavia ci troviamo di- anche per la situazione viaria; deve esamina- trasportata e che chiarisce la finalità e l’uso

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Sez. 6.13 - Il cursus publicus e la cae, realizzate con fondi pubblici da parte di
cura viarum imprenditori che ne avevano avuto l’appalto
e controllate dai curatores; le viae vicinales,
che avevano interesse locale, costituendo i
Il cursus publicus raccordi fra la viabilità principale, ed erano
Gli antichi attribuiscono ad Augusto l’istitu- per questo raccolte e mantenute sotto il con-
zione del cursus inteso come il servizio desti- trollo dei vici, con la partecipazione finanzia-
nato, al principio della sua istituzione, a regolare ria dei proprietari dei fondi attraversati; la viae
il trasporto delle persone che viaggiavano nel- privatae, che garantivano l’accesso ai terreni
l’interesse dello stato e degli oggetti che a que- privati ed erano dunque costruite e gestite di-
sto appartenevano. rettamente dai possessori dei terreni stessi.
Durante il suo principato, infatti, fu creato il Una quarta categoria, meno specificata, era
vero e proprio servizio di trasporto statale e quella delle viae communes e comprendeva
coloro che ne beneficiavano dovevano neces- altre vie private le quali, staccandosi dalle viae
sariamente essere in possesso del diploma, vicinales, offrivano il passaggio ai terreni di
un regolare permesso di circolazione recante più proprietari impegnati dunque nel soste-
inizialmente il sigillo dell’imperatore, che per- nerne le spese comuni.Un’ulteriore conferma
metteva di poter usufruire dei carri e degli ani- Le vie ‘carovaniere’ verso l’Oriente (rielab. grafica: F.G.) a questa organizzazione amministrativa del-
mali necessari. Non potevano essere però la viabilità romana emerge in una sentenza
usate le bestie destinate all’aratura. C’era mol- gli animali e tutto il resto necessario per i viag- riale interveniva per rimborsare queste spese. di Ulpiano riportata nel Digesto (43, 8, 2, 22).
ta severità contro coloro che viaggiavano sen- gi dei magistrati. Il problema dei costi sarà una costante per Le viae publicae, come ricordato nello stesso
za diploma o con diplomi falsi “qui falso Cicerone ci informa invece di una legge, la lex tutto l’arco dell’impero: l’imperatore Claudio, passo di Ulpiano, erano chiamate anche prae-
duplomate ras commeavit, pro admissi quali- Iulia, che lo avrebbe disciplinato (Cicerone, At- ad esempio, limiterà con un editto le spese toriae o consulares. Questa precisazione fa
tate gravissime puniendus est” (Digesto, 48, ticum. 16,3). di gestione imposte ai provinciali, mentre pensare che le principali arterie in età repub-
10, 27, 2). La Historia Augusta, ad esempio, ci Nelle città, inoltre, esisteva la figura del paro- Adriano renderà il servizio totalmente stata- blicana fossero costruite sotto il controllo di
riporta il caso di Pertinace il quale, una volta chus publicus, il quale aveva, per l’appunto, il le, servizio che usufruiva delle mansiones, edi- consoli o pretori, i magistrati dotati dell’im-
scoperto, fu costretto a continuare a piedi. compito di provvedere a tutto ciò di cui neces- fici che svolgevano le funzioni di accoglienza perium e in particolare del potere di espro-
Nei primi secoli dell’impero lo ius evectionis era sitavano i magistrati. del servizio postale lungo le strade dell’im- priare terreno di proprietà privata.
riservato all’imperatore ed in casi eccezionali al Infine vi era anche la legatio libera, una for- pero ad un giorno di viaggio l’una dall’altra. Alcuni riferimenti molto antichi si trovano gia
praefectus pretorio e ai consoli. Nelle province, ma di missione che permetteva ai senatori di V.L. nelle leggi delle XII tavole del V secolo a.C. e
invece, questo compito era svolto dai governa- poter usufruire degli stessi mezzi dei legati. in particolare nella tavola VII. Per l’età re-
tori, ma sempre e comunque su delega impe- Non mancavano poi neanche nell’antichità pubblicana va poi ricordata l’attività proba-
riale. In seguito, con l’accrescimento del potere coloro che a volte ne approfittavano per i lo- La cura viarum bilmente anche di carattere legislativo,
della burocrazia, altri iniziano ad esercitare que- ro affari privati ed in certi casi si procuravano Preposti all’amministrazione e alla cura del- promossa dal tribuno Caio Gracco che si de-
sto diritto: il praefectus pretorio, il magister offi- un numero di mezzi superiore al necessario. le strade erano gli edili, ma in seguito ven- dicò alla costruzione di strade secondo i prin-
ciorum e il praefectus urbi. Quest’ultimo dal 364 Le strade romane in Italia (rielab. grafica; F.G.) Anche le monete sono molto importanti nel- nero istituite altre magistrature che dovevano cipi dell’utilità e della bellezza, lastricandole,
al 396 mentre i restanti due per tutto il IV se- la rappresentazione del sistema dei traspor- occuparsi della cura viarum. Fu Augusto ad costruendovi ponti e misurandole con co-
colo con continue modifiche; nel 357, ad esem- usufruire del cursus senza evectio, la quale era soldati a cavallo affinché comunicassero il più ti; molto raffigurato è il carpentum, un carro intervenire intorno al 20 a.C. con precise di- lonne lapidee che riportavano il numero del-
pio, al prefetto del pretorio viene vietato di personale, non cedibile e di cui era vietato il velocemente possibile le sue vittorie militari. con due ruote a sei o otto raggi, con cassone sposizioni al fine di offrire una regolamenta- le distanze.
rilasciare evectiones (l’evectio è il diritto ad usu- commercio. Sembra che prima di Cesare non esistesse nes- e pannelli. zione generale del sistema. Il consolidamento Già per gli autori greci e latini la costruzione
fruire del servizio di stato e quindi a spostarsi Al tempo di Costantino il servizio dei trasporti suna organizzazione statale adibita alla tra- La prima immagine di questo tipo di mezzo della pace in tutto l’impero romano ad ope- delle strade costituiva uno dei caratteri pe-
da un luogo all’altro utilizzando animali e mez- di stato era uno degli strumenti che poteva pa- smissione di notizie e al trasporto di beni. si ha su di un sesterzio di Livia dell’epoca di ra di Augusto e la prosperosità che ne seguì culiari dell’opera di conoscenza e di civiliz-
zi di trasporto pubblici) e nel 362 viene esteso cificare clerici e funzionari statali; la prima vol- Questo tema è un argomentum ex silentio tra Tiberio, emesso dalla zecca di Roma. furono motivi per il rinnovamento della rete zazione attuata da Roma nelle terre di
lo stesso divieto anche al magister officiorum. ta che i vescovi utilizzarono il servizio di stato gli autori antichi, nessuno pare menzionarlo Abbiamo poi un documento, risalente alla fa- stradale. progressiva conquista e insieme l’espressio-
Il magister officiorum, comunque, è il più ido- fu nel 313 in occasione del iudicium romanum. ma sappiamo del ricorso ad organizzazioni pri- se di passaggio del potere da Augusto a Ti- Sulle strade la circolazione era libera, ma esi- ne della particolare cura indirizzata alle ne-
neo, perché ha alle proprie dipendenze i curio- Nel IV secolo l’uso del cursus da parte del cle- vate di messaggeri (schiavi, liberti ed individui berio, la cosiddetta “Epigrafe di Burdur”, un steva un’apposita, severa regolamentazione cessità concrete del vivere civile.
si, gli ispettori del cursus publicus. Secondo Lido ro non fu sempre finalizzato ad occasioni uffi- liberi) durante l’ultimo secolo della Repubbli- editto firmato da Sesto Sotidio Strabone Li- per salvaguardare l’integrità dei tracciati, di- F.L.
(Lyd., mag. 2, 10, 5-6; 3, 23, 1-3) nel 395 circa eb- ciali o a spostamenti necessari, ma anche ad ca. Un passo di Livio (Liv. 42, 1, 9) ci informa bidusciano dove si stabilisce il numero esat- sposizioni che riguardavano esclusivamente
be pieni poteri sul servizio. altre circostanze e poteva avvenire direttamente che ai magistrati erano forniti muli, tende e ogni to di mezzi e animali che la comunità locale le viae publicae. Da varie fonti sappiamo, in-
Nel III secolo inoltre viene istituito l’ufficio a di- (permesso di viaggio) o indirettamente (invio altro mezzo “magistratus mulis tabernaculisque deve fornire a coloro che posseggono i di- fatti, che in età romana esisteva una precisa
plomatibus adibito a redigere autorizzazioni. di corrispondenza). ornabatur”. Sempre Livio ci presenta poi il ca- plomata e si stabilisce anche un prezzo che distinzione delle strade dal punto di vista am-
Bibliografia
Diploma ed evectio coesistono come termini fi- In origine, quando questo servizio ancora non so del console L. Postumio Albino come quel- si deve pagare per questi servizi. ministrativo. Siculo Flacco nel I secolo d.C.,
Corsi 2000; pp. 6-11. Di Paola 1999; Forbes 1964; Holm-
no al IV secolo quando si afferma il secondo, era ben regolato e definito istituzionalmente, lo che sembra essere stato il primo nel quale Probabilmente le persone che usufruivano del nel suo trattato De condicionibus agrorum, ci berg 1993; Levick 20002; Eck 1999; Tecnica stradale ro-
che ha un valore semantico più ampio. Qua- era utilizzato per ragioni militari. Il salto di qua- si è verificata un’imposizione nei confronti de- cursus pagavano qualcosa ad eccezione del- lascia una puntuale descrizione di tre diver- mana a 1992, pp 105-113; Essai sur le cursus publicus
lunque era il grado di dignitas non si poteva lità si ebbe con Cesare il quale disposuit, dispose, gli abitanti di alcune città, affinché fornissero l’alloggio; in seguito l’erario o la cassa impe- se categorie di tracciati stradali: le viae publi- 1940; Quilici, Quilici Gigli 2004.

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Sez. 6.14 - Rotte e scali portuali ovest della Grecia, dava modo di giungere a tra rotta di grande importanza, quella da Car-
nel bacino del Mediterraneo in Brindisi attraverso il canale d’Otranto. La rot- tago Nova all’Italia, passava a nord delle Ba-
età imperiale ta centrale era quella seguita dalle navi che leari, intercettando la rotta proveniente da
provenivano dai porti della Siria (Seleucia), Tarragona, quindi raggiungeva le Bocche di
della Palestina (Caesarea) e da Creta. Essa si Bonifacio tra la Sardegna e la Corsica, ed infi-
riuniva poi con le rotte originate nel nord del- ne l’Italia. A queste rotte si devono poi ag-
Nella compagine mediterranea l’impero ro- l’Asia Minore e da Rodi; questa rotta era pra- giungere le rotte nord-ovest/sud-est dalla Gallia
mano ereditò e potenziò un articolato siste- ticata solo quando spiravano i venti etésii (dal all’Italia. Le navi partivano da Narbo (Barbo-
ma di vie di comunicazione per terra e per greco etesìai-anemoi), la cui assenza, infatti, na) o da Arelatae (Arles) che, in epoca roma-
mare. Le grandi rotte del Mediterraneo orien- spesso interrompeva la navigazione. Le rotte na, erano i maggiori porti della Gallia sul
tale vengono distinte da quelle del Mediter- meridionali, infine, erano quelle a cui si ricor- Mediterraneo e seguivano la costa meridio-
raneo occidentale. Le prime erano quelle più reva in caso di assenza di venti favorevoli; es- nale dell’odierna Provenza, scendevano poi
numerose e meglio conosciute; fra queste vi se sfruttavano le brezze sotto costa, che verso la Corsica puntando prima in direzione
era quella sull’asse est-ovest, certamente la consentivano di giungere in Italia. Partivano dell’isola d’Elba ed infine a Roma. Le rotte sud-
rotta più importante per il commercio tra dalla Palestina, arrivavano in Egitto (Alessan- est, provenienti dall’Africa e dirette in Italia
l’Oriente (Asia Minore, Siria, Palestina, Egit- dria), continuavano sotto le coste africane con- (Roma), erano sostanzialmente due: una per-
to) e l’Italia (con Roma come mèta più fre- sentendo di giungere in Sicilia, se si voleva correva le coste della Spagna, passava per la
quente). continuare verso ovest per poi risalire verso il Sardegna (Bocche di Bonifacio) per poi rag-
Verso l’Italia, dall’Oriente, possono essere in- Tirreno (per arrivare a Pozzuoli, Roma, Nar- giungere il porto di Ostia sul Tevere. L’altra,
dividuate tre rotte, quella settentrionale, quel- bona), o nel porto di Siracusa se si percorre- proveniente da Cartagine, passava prima dal
la centrale e la rotta meridionale. La va la rotta verso Roma, passante per lo Stretto Canale di Sicilia, facendo tappa a Lilibeo, ap-
settentrionale, forse la più utilizzata, aveva tap- di Messina. A queste rotte originate nel Me- prodando infine a Pozzuoli dopo aver tocca-
pe molto lunghe ed era per certi aspetti simi- diterraneo Orientale (ad eccezione di quella to qualcuno dei porti della Sicilia settentrionale
le alle rotte di cabotaggio. Iniziava da un che passava a sud di Creta e di quelle prove- e delle isole Eolie. Dalla Sicilia (stretto di Mes-
qualunque porto presente sulla costa occi- nienti dall’Egitto dirette verso l’Egeo e il Pon- sina) partiva un’altra rotta diretta a Pozzuoli
dentale dell’Asia Minore, come Nicomedia o to Eusino) si incrociavano, percorrendole a e Ostia, che interessava anche i porti della Si-
Efeso, passando per le isole dell’Egeo e le co- ritroso, le rotte provenienti da Occidente, in cilia Orientale (Siracusa e Catania). Altre rot-
ste della Grecia continentale fino ad arrivare particolar modo dall’Italia (dalla Sicilia e da te coprivano i percorsi Spagna-Africa: quella
ad est dell’istmo di Corinto; si percorreva quin- Brindisi). Altre importanti rotte si dipanano che partiva da Gades e raggiungeva i porti
di via terra il tratto che separava dal Golfo di lungo l’asse ovest-est, consentendo l’espor- atlantici della Mauretania Tingitana e quella
Corinto, continuando nuovamente per mare tazione dei prodotti delle terre di Spagna, Gal- che da Carthago Nova arrivava a Cesarea. Un’al-
verso Brindisi e lo stretto di Messina, dal qua- lia, Sicilia e Africa. Quelle che univano la tra rotta diretta in Africa, precisamente a Car-
le si accedeva al Mar Tirreno. Questa rotta se- Spagna all’Italia percorrevano in prevalenza tagine, era quella che partiva da Narbona.
guiva tre possibili direttrici: due di esse acque meridionali, soprattutto per sfruttare al V.P.
consentivano, doppiato Capo Malea, di rag- meglio venti favorevoli. La rotta partiva so-
giungere direttamente la Sicilia o, risalendo le vente da Gades; superando lo stretto di Gibil-
coste del Peloponneso con i venti a favore, terra, le navi puntavano verso la Sardegna; da Bibliografia:
l’Italia del sud; l’altra, risalendo direttamente qui si decideva se proseguire a nord verso il Medas 2004; Rougé 1966; Rougé 1975; Rougé 1977;
la costa del Peloponneso e quindi la costa porto sul Tevere o a sud verso Pozzuoli. Un’al- Rougé 1981; Rougé 1996.
Vie di comunicazione marittime e fluviali dell’Impero Romano (rielab. grafica, F.G.)

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Sezione 7
Le conquiste dell’agricoltura
novazioni, piuttosto che come invenzioni: sono, cioè, il risultato to della vite a sostegno vivo, o vite maritata all’albero, tratto ca-
Le conquiste dell’agricoltura romana dell’evoluzione o del miglioramento di qualcosa già esistente (Mar- ratteristico della viticoltura romana delle origini e retaggio di un
cone 2002, p. 182). D’altro canto, anche la semplice diffusione su sapere agronomico di estrazione etrusca. Ebbene, questo siste-
vasta scala di specie, strumenti e procedure già noti ma rimasti in ma, che consentiva la coltura promiscua di viti e cereali associati
ambiti locali o regionali, può determinare importanti miglioramenti. nelle stesse superfici, ha costituito un tratto caratteristico del pae-
Paolo Braconi Ad esempio, se è vero che i Romani appresero (anche) dai Greci saggio di gran parte dell’Italia antica e moderna ed ha inoltre in-
molti elementi di viticoltura e di enologia, è altrettanto vero che fluenzato paesaggi del Vecchio e del Nuovo Mondo (Braconi 2008).
furono i coloni e i soldati di Roma a propagare, proprio grazie al- In un certo senso, i Romani, esportando a volte il concetto stesso
la selezione di individui resistenti, la vite in territori estremi, dalle di ‘proprietà’ della terra, esportarono l’esigenza di dividerla, misu-
condizioni climatiche ostili a questa pianta ‘mediterranea’. rarla, assegnarla, e infine raffigurarla: tutto ovviamente per poter-
Anche la botte non è propriamente un’invenzione romana; era il la sfruttare e controllare dal punto di vista agricolo. Questo continuo
contenitore che le popolazioni celtiche usavano per la birra. Ep- “inventario del mondo” (Nicolet 1989) contribuì in maniera radi-
Fino a pochi anni fa dominava, tra la maggior parte degli studiosi del la ciclicità e ripetitività delle pratiche agricole, è senza dubbio uno dei pure non v’è dubbio che furono proprio i Romani a impiegare su cale a cambiare l’aspetto di molte terre conquistate; non a caso in
mondo antico, il convincimento che l’agricoltura in età romana non motivi che ha indotto a ritenere sostanzialmente immutata per secoli vasta scala le botti per il trasporto vinario, sostituendole alle tra- latino la stessa parola ‘forma’ indica appunto la forma, l’aspetto
avesse registrato innovazioni di rilievo, ma si fosse limitata a ripro- l’agricoltura dell’Italia antica, dall’invenzione dell’aratro all’introdu- dizionali anfore in terracotta e inaugurando di fatto quel connu- del territorio e ad un tempo designa la sua rappresentazione car-
porre per secoli pratiche e consuetudini già note in ambiente medi- zione dell’agricoltura scientifica moderna. bio tra vino e legno che ancora oggi rappresenta una parte tografica/catastale. In sintesi si può dire che in molte regioni che
terraneo, in special modo a Greci e Cartaginesi. Eppure, se si abbandona una prospettiva troppo ampia per cogliere fondamentale nella formazione della bevanda. furono dell’Impero romano, il paesaggio moderno mantiene inde-
Solo in epoca recente, nell’ambito del più ampio dibattito sulle con- i particolari e dalla quale si percepiscono solo informazioni sintetiche Restando in tema di produzione del vino, si possono ricordare le lebile l’impronta della romanizzazione; in un certo senso è un’in-
quiste tecnologiche e sulle loro implicazioni economiche, questa ten- e ci si avvicina per cogliere i dettagli, ci si accorge che, pur nella ripe- innovazioni apportate ai torchi in età romana. Plinio il Vecchio venzione romana (sez. 1, n. 14).
denza a sottovalutare a priori il ruolo innovatore dell’agricoltura romana titività dei gesti e nell’apparente immutabilità dei paesaggi, si regi- (morto durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.) ricorda l’evo-
si è andata modificando, grazie anche alla nuova documentazione of- strano cambiamenti, lenti ma sostanziali. luzione di queste macchine nel secolo a lui precedente, con l’in- Agricoltura e economia
ferta dalla ricerca archeologica, che si va dotando di raffinati strumenti Proprio anche grazie al trattato di Columella, conosciamo alcune del- troduzione di una vite continua applicata in testa alla leva del Gli economisti del mondo antico stimano che l’agricoltura rap-
per la ricostruzione dei paesaggi antichi (Lo Cascio 2006). le invenzioni e innovazioni tecnologiche in campo agricolo, fre- torchio per esercitare la trazione verso il basso, e un’invenzione presentassae circa il 60% del PIL dell’Impero romano. Dunque
A onor del vero, anche senza queste nuove testimonianze materiali quentemente risultato di una lunga e lenta evoluzione che proprio ancor più recente consistente in torchi più piccoli a palo centrale l’impatto di qualsiasi avanzamento tecnologico, qualsiasi innova-
dei progressi dell’agricoltura romana, un’attenta analisi delle fonti in età romana ha raggiunto vette di eccellenza spesso in seguito di- e pressione esercitata sui dischi posti sulle vinacce (Naturalis Hi- zione che avesse aumentato la produttività in campo agricolo era
scritte, in particolare dei principali scrittori di “cose rustiche” (Cato- menticate e ‘riscoperte’ nel Medioevo o nell’Età Moderna. storia 18, 364; Marcone 2006, p. 183) (sez. 7, nn. 5-6). di gran lunga maggiore di un equivalente avanzamento negli altri
ne, Varrone, Columella e Palladio) avrebbe consigliato una maggiore Tra le pratiche agricole innovative ricordiamo, a titolo d’esempio, l’in- Sono queste solo alcune delle invenzioni e innovazioni che si pos- comparti. Ad esempio, il comparto tessile rappresentava all’incir-
prudenza nel sottovalutare l’apporto della civiltà dei Romani al pro- serimento dei legumi nel tradizionale avvicendamento biennale del- sono riscontrare nell’agricoltura romana. Più in generale, insieme ca il 20% del PIL. Un aumento di produttività del 10% in questi
gresso in agricoltura. le colture, vera e propria ‘invenzione’ della rotazione che tanta fortuna alle colture e al patrimonio di biodiversità generato in secoli di ma- due comparti avrebbe perciò innalzato il PIL rispettivamente del
Partiamo proprio da questo punto: gli scritti di agricoltura. avrà nel Medioevo (Saltini 2002, 368).; nipolazioni e selezioni, unitamente alle tecniche e alla capacità di 6% e del 2% (Zelener 2006)! Questa semplice osservazione spie-
Da segnalare inoltre la diffusione su larga scala dell’erba medica tra adattarle ai contesti più vari, i Romani si può dire che inventarono ga perché si debbano guardare con particolare attenzione i pro-
Columella e l’agronomia. le foraggiere, con i noti effetti di coltura miglioratrice, oltre che di im- e esportarono un modo nuovo di concepire il rapporto tra l’uomo gressi in campo agricolo, anche se non sempre se ne possono
“Fino all’imporsi dell’agronomia moderna, fondata sulle scoperte ot- portante nutrimento per il bestiame, come testimonia lo stesso Co- e la terra, tra città e campagna, tra natura e cultura. Una di queste misurare gli effetti in termini economici. L’interminabile discus-
tocentesche della fisiologia vegetale, nessun compendio agronomi- lumella (De re rustica, II, 10, 25).; ‘invenzioni’, ad esempio, fu la villa, ossia quella particolare forma sione (antica e moderna) sull’aumento nel tempo delle rese dei
co in italiano, in francese e in tedesco ignorerà per diciannove secoli Oggi nuove varietà di esseri viventi, vegetali ed animali, vengono bre- di vita, prima ancora che forma di edificio, con cui i Romani popo- cereali, ad esempio, deve tener in giusto conto anche il migliora-
il modello latino, termine necessario di riferimento concettuale, pa- vettate e di fatto sono considerate delle invenzioni. Ma la selezione larono le campagne proiettandovi anche la loro cultura di cittadini, mento della specie indotto dalla selezione operata da generazio-
rametro insuperato di organicità”. Con queste parole Antonio Saltini, individuale, cioè la modifica dei caratteri ereditari dei viventi interve- nel senso di appartenenti, abitanti, di una città (idealmente Roma). ni di agricoltori romani, alle diverse latitudini dell’Impero, selezione
dopo un’attenta analisi delle fonti antiche sull’agricoltura, suggella il nendo nei processi riproduttivi, era nota e praticata fin dall’età anti- E se l’‘eccezione dominante’ (Carandini 1980, p. XLVI ss.) della vil- che portò certamente alla ‘invenzione’ di frumenti con rese ben
suo giudizio sul De re rustica di Columella, da considerare vero e pro- ca. Ai Romani il merito di avere ‘scoperto’ e soprattutto diffuso decine la schiavistica sarà un fenomeno effimero, misurato sulla lunga più elevate di quelle che abitualmente si ritiene (Forni 20062). Ma
prio “atto di fondazione del pensiero agronomico dell’Occidente… e decine di nuove varietà. Columella, ad esempio, cita due casi di se- durata, l’immaginario della villa e della vita in villa si consoliderà come negli altri campi, anche in agricoltura un ruolo decisivo per
pietra miliare della riflessione sui rapporti tra l’uomo e la terra nella lezione: la creazione di una varietà di vite amminea molto produtti- nel tempo come aspirazione ideale di ogni proprietrio terriero del- l’incremento della produttività venne giocato dalle macchine e da-
cornice di quella scienza greca e latina che ha costituito la matrice del- va, da lui ottenuta per innesto (De re rustica 3, 9, 7) e una nuova l’Occidente. gli strumenti utilizzati.
la civiltà dell’Occidente” (Saltini 2002, p. 377 s.). varietà di pecora, ottenuta dello zio Marco Columella incrociando La conquista romana fu una continua aggiunta di terre e un in-
Il trattato del celebre autore di origine spagnola (Cadice), scritto nel- arieti selvatici africani con pecore spagnole (7, 2, 5). Ma nella mag- cessante avanzamento dei confini della Res publica, prima, del- La macchina agricola per eccellenza: l’aratro
la seconda metà del I secolo d.C., si discosta infatti dalla letteratura gior parte dei casi, si tratta di scoperte che non hanno lasciato trac- l’Impero, poi. Spesso nuove terre significavano nuovi padroni, E proprio in questo campo si può partire con una semplice con-
tecnica a noi pervenuta per il rigoroso impianto teorico che pone la cia evidente e tanto meno un nome dell’artefice: sono però anelli di nuovi coloni, cioè ‘coltivatori’ nel vero senso del termine, nuove statazione banale da indirizzare ai ‘primitivisti’ (cioè a coloro che
conservazione e rigenerazione della fertilità del terreno a fondamen- una lunga catena di incroci che ha modellato, ‘inventato’ e diffuso tecniche e strumenti agricoli, nuove specie da coltivare e allevare, ritengono il mondo romano sostanzialmente immobile nello svi-
to di ogni agire in campo agricolo, agire regolato da un costante im- gli ideotipi di alcune specie viventi utili, ereditate dall’antichità fino nuove esigenze alimentari, nuovi mercati per i prodotti. E mentre luppo tecnologico): l’aratro con cui Romolo (VIII sec. a.C.) tracciò
pegno sperimentale, da norme argomentate col sostegno alle soglie dell’Età Moderna, quando, ad esempio, il tipo di suino è avanzavano i confini dello Stato romano, si creavano, si disegna- il solco di Roma era lo stesso che arava le grandi pianure a nord
dell’esperienza e accompagnate da un’attenta analisi economica dei radicalmente mutato con l’introduzione delle razze cinesi (Saltini vano o ridisegnavano i confini interni delle terre conquistate, trac- del Po al tempo di Plinio? La risposta evidentemente è no. Tra l’ara-
risultati. 2002, p. 375). ciando strade e stradelle, limiti, fossati, siepi e recinti. Se il terreno tro simmetrico di Romolo e l’aratro con avantreno descritto da Pli-
La mancanza dei nomi degli inventori antichi di una nuova specie era troppo umido o troppo arido, si migliorava con canali per dre- nio c’è un’enorme differenza nei risultati ottenuti a parità di energia
Scoperte e innovazioni: pratiche agricole e selezione individuale o varietà, come del resto di una nuova macchina o di una nuova nare o irrigare; porzioni considerevoli di territorio venivano strap- e di tempo impiegati. Sovente si tende a ritenere l’aratro ad avan-
L’agricoltura vive di tradizione, è per natura conservatrice. Questo tecnica o procedura, non deve stupire. Occorre ricordare che mol- pate alla selva e ridotte a coltura, come avvenne ad esempio nella treno o ‘a ruote’ una conquista del Medioevo, così come i mulini
semplice assunto, quasi autoevidente, basato sull’osservazione del- te di queste opere dell’ingegno si configurano in realtà come in- Pianura Padana. In molte di queste terre si praticava l’allevamen- ad acqua. È pur vero che questa macchina ebbe un ruolo decisi-

196 197
Modellini in bronzo di attrezzi agrico- Sez. 7.a.b - Aratro (vomer) e suo Sez. 7.2 - Tecniche di aratura
li, fra i quali c’è l’erpice a graticcio funzionamento
1. da Colonia;
Materiale: ferro
2. da Rodenkirchen L’aratro è lo strumento per la lavorazione dei
Originale: Antiquarium Comunale,
(da Kolendo 1980) Cronologia: età imperiale campi utilizzato nelle operazioni che prece-
Riproduzione: Roma, Museo della Civiltà Romana, dono e che seguono la semina. Le fonti anti-
inv. n. 3337 Vomere in ferro che riportano in modo estremamente
Ricostruzione dell’aratro a carrello: Niccolai snc. dettagliato le norme da seguire affinché le
(Firenze, 2009)
è composto l’attrezzo: “il termine aratro de- operazioni di aratura potessero garantire il
riva da “arat” (lavora), il vomere è così defi- migliore sfruttamento del suolo, sottolinean-
nito perchè consente di “vomitar fuori” la do come la capacità di assorbimento del la-
Il vomer, cioè la punta dell’aratro, di legno pri- terra, i dentalia, invece, svolgono la funzione voro dipendesse da numerosi fattori, quali le
ma, poi in metallo, è costituito da una lama di “mordere la terra”, la stiva è l’elemento che caratteristiche e il tipo di strumento utilizza-
appuntita a sezione quadrangolare e una con- “sta in piedi” ed infine la maniglia poiché te- to, il numero di animali che costituiscono la
cavità dai margini rialzati, che consente l’in- nuta dall’aratore›”. L’unica notizia relativa ai forza lavoro, le condizioni naturali del terre-
serimento nel dentale. Questo elemento, a sua primi aratri in uso nell’agricoltura romana è no, le dimensioni del campo, il tipo di coltu-
volta è connesso alla stiva, che all’estremità su- relativa alla distinzione tra aratro campano e ra che si intende seminare.
periore presenta una manicula; nel dentale è aratro romano, più adatto alla lavorazione di Il passaggio dell’aratro poteva avvenire sol-
inserito anche il buris fissato al timone. terreni compatti grazie alla sua maggiore so- tanto dopo un’attenta preparazione del cam-
Plinio (Naturalis Historia, 18, 171-172) men- lidità (Catone, De agricultura 135, 2). In Virgi- po, che consisteva in primo luogo nel diserbo
ziona quattro diversi tipi di vomere: il primo lio e Plinio si rintracciano dati relativi al dello stesso, portato a temine con attrezzi qua-
tipo, quello più comune, è costituito da una processo di innovazione tecnologica che por- li la zappa o il rastrello (v. sez. 7.9). Seguiva
leva uncinata; un altro, utilizzato per i terre- ta allo sviluppo di una tipologia più complessa. quindi la prima operazione di aratura, che se-
ni più teneri, è una piccola punta posta al- Nel primo libro delle Georgiche (I, 169-172; condo Plinio era eseguita in modo più o me-
vo nell’Età di mezzo, ma è stato mostrato che furono i Padano- data (irpex). J. Kolendo ha da tempo mostrato che l’introduzione l’estremità del dentale, la terza tipologia ha 174) Virgilio descrive il procedimento co- no accurato in relazione al tempo che vi si
Veneti di età romana a inventarla e denominarla (Forni 2006). Pur- di questa macchina più evoluta fece registrare un notevole ri- una lama lunga e affilata, che incide il suolo struttivo e i relativi materiali utilizzati, di quel- dedicava; questa doveva essere ripetuta al-
troppo un oggettivo giudizio sulla sua fortuna e diffusione in età sparmio di forza lavoro (Kolendo 1980). L’erpicatura è infatti ope- tagliando via, contemporaneamente, le radi- lo che l’autore definisce currus, ovvero un meno due volte, in accordo con quanto è ri-
antica è inficiato dalla scarsità e qualità della documentazione og- razione molto importante nel ciclo della lavorazione dei terreni, ci delle erbacce; infine il vomere ‘coltro’ spac- aratro fornito di una ruota ed agganciato al portato anche da Varrone (I, 27, 3). L’autore
gi disponibile. fondamentale sia per prepararli e mondarli dalle infestanti, sia per ca le zolle di terra compatta, tracciando le giogo dell’animale. L’evoluzione di questo at- specifica, inoltre, che la prima aratura doveva
Ed è proprio grazie ad un miglioramento della documentazione, in completare la semina; operazioni che in mancanza di questo mac- linee lungo le quali viene poi aperto il solco. trezzo conduce alla realizzazione del plaum avvenire in un periodo compreso fra il 21 mar-
questo caso di quella archeologica, che ora si può sfatare un altro china a trazione animale dovevano essere eseguite a mano. Nonostante sia lo strumento simbolo del la- o plovum, di cui parla Plinio (Naturalis Hi- zo e il 7 maggio, mentre la seconda fra il 24
luogo comune che per anni ha tenuto banco tra gli antichisti: quel- L’agricoltura come sistema di conoscenze da implementare speri- voro agricolo, nessuna fonte fornisce una storia 18, 48), un aratro pesante detto anche giugno ed il 21 luglio, o, eventualmente, dal
lo sul mulino ad acqua (Sez. 3, n. 12). Si riteneva infatti che, seb- mentalmente per affinarne le potenzialità economiche, la pratica di descrizione puntuale ed esauriente del- ‘a carrello’ e dotato di due ruote, di probabi- 22 luglio al 21 settembre (I, 30-33); nel caso
bene fosse un’invenzione greco-ellenistica (è descritta infatti da questo sistema con invenzioni e innovazioni sia in ambito proce- l’aratro romano, mentre ampie informa- le origine non latina. (Forni 2006). I buoi trai- dei terreni pesanti, frequenti in Italia, l’opera-
Erone di Alessandria, vissuto nel I secolo d.C.), i Romani non l’aves- durale che in ambito tecnologico, l’invenzione di un’ideologia del zioni si hanno a proposito del processo di navano l’aratro aggiogati al bure e al timone zione poteva essere eseguita fino a nove vol-
sero utilizzata che in rari casi e che solo in età medievale se ne sa- possedere e vivere (del)la terra, sono solo alcune delle “novità du- aratura. Varrone (De lingua latina 20, 134) Un ulteriore sviluppo tipologico vede la crea- te (Plinio Naturalis Historia, 18, 20). La
rebbe ‘riscoperto’ l’uso. Oggi che gli archeologi sono meglio attrezzati rature” che l’agricoltura romana ha trasmesso al nostro mondo. ricorda l’etimologia delle varie parti di cui zione del versorium, aratro con vomere asim- direzione e la profondità del solco prodotto
per riconoscere le tracce lasciate da questo tipo di impianti, se ne metrico, dotato di cultro, che rovescia la zolla sul terreno con la parte inferiore dell’aratro
scoprono continuamente di nuovi nelle varie regioni dell’Impero, prima dell’aratura. Palladio (I, 43, 1) ricorda, inol- (dentalia) dipendevano dal controllo del mo-
così che la diffusione del mulino ad acqua nel mondo romano ini- tre, la distinzione tra aratri semplici ed aratri ad vimento della stiva ad opera dell’agricoltore.
zia a non sembrare più un’eccezione (Brun 2006). aures (orecchioni), in uso in età medio e tardo L’introduzione dell’’aratro a ruote’ deve aver
Bibliografia
Rimanendo nel campo della meccanica, altra invenzione romana Braconi 2008; Brun 2006; Carandini 1980; Forni 2002; Forni 2006; Forni, Marco- imperiale nei territori di periferia dell’impero ro- facilitato la manovrabilità dell’attrezzo, am-
è certamente l’erpice a graticcio (crates). Questo tipo evoluto di ne 2002; Kolendo 1980; Innovazione 2006; Lo Cascio 2006; Marcone 2006; Ni- mano (penisola balcanica e area britannica). mortizzando il movimento dei buoi aggioga-
macchina è diverso dal semplice e già noto erpice a stanga chio- colet 1989; Saltini 2002; Traina 1994; Traina 2006; Zelender 2006. C.D.F. ti, in modo da rendere anche il lavoro meno
faticoso. Secondo Columella (II, 4, 1) si pote-
va considerare una buona aratura quella in cui
i solchi venivano tracciati il più vicino possi-
bile l’uno all’altro, mentre un’aratura esegui-
ta male rendeva necessario procedere
all’occatio, con la quale le zolle venivano smi-
Bibliografia
nuzzate con l’aiuto dell’erpice o della zappa.
Athena 1998, cat. n. 76; Forni 2003, pp. 145-
175; Forni 2006; Kolendo 1980, pp. 71-83; Erano in uso due modi di seminare: la semi-
Marcone 1997, pp. 48-53; Misurare la terra na sub sulco e quella in lira (Columella, II, 4,
1985, pp. 143-146 figg. 114-119; White 1967, 11). Quest’ultima prevedeva l’utilizzo di un
pp. 123-145; White 1984, pp. 59-60. aratro particolare, a cui erano aggiunte due

198 199
aures (cd. ‘aratro a due orecchioni’), che con- Sez. 7.3 - Mietitrice gallica da una bestia da soma, aggiogata in senso con- vo, infatti, rendeva necessario immagazzinare Sez. 7. 4 - Mola per grano
sentiva di scavare il solco e ricoprire con- trario. In modo tale da lasciar cadere le spighe le messi velocemente, onde evitarne la perdita.
temporaneamente i semi. Materiale: legno, ferro, cuoio, corda divelte nella forca stessa” (Naturalis Historia, 18, Oltre a fattori geografici e climatici, un ulterio- Materiale: pietra (generalmente lavica) e legno
La scelta del tipo di aratro veniva dettata, ol- Dimensioni: 144/154 cm ca. di larghezza; 70/75 cm
296), e la più estesa descrizione che ne dà Pal- re elemento che possa rendere ragione del fat- dimensioni: 150 x 150 x 150 cm
diametro delle ruote; 120-130 cm ca. larghezza del Cronologia: dall’età repubblicana all’epoca
tre che dal tipo di coltura, anche dalle carat- pettine (Fouss 1960); 400 cm di lunghezza, 130 ladio (De re rustica VII, 2, 2-4) si evince che gli au- to che l’uso della mietitrice fosse relegato tardo antica
teristiche del terreno da coltivare: secondo cm larghezza della cassa, pettine posto a 80 cm tori, in realtà, fanno riferimento a due tipi. Plinio essenzialmente alle Gallie, si rintraccia nella ca- Ricostruzione: Roma, Museo della Civiltà
Catone sui terreni pesanti l’aratro più adatto da terra (Zeitler 1998). sembra descrivere il vallus, una sorta di grande Ricostruzione grafica del vallus (F.G.) renza e nel costo elevato della manodopera di- Romana
era quello romano di struttura più solida ri- Allo stato attuale delle conoscenze nessuna rastrello mosso dalla trazione di un bovide o un sponibile in quei territori.
testimonianza archeologica è stata rinvenuta. La
spetto a quello campano adatto a terreni più equide, mentre Palladio pare riferirsi al carpen- Come sottolinea Palladio, la macchina veniva im- Macina per grano
macchina è nota grazie alla descrizione delle fonti
leggeri. Sempre dal tipo di terreno dipende- letterarie e da alcune attestazioni iconografiche. tum, un veicolo più complesso, composto da Ulteriori informazioni utili alla comprensione del piegata esclusivamente nei campi pianeggianti, a trazione animale
va, inoltre, la scelta degli animali: sulle terre Cronologia: I a.C. – V d.C. una cassetta formata da tavole lignee di altezza funzionamento della macchina sono desumibi- in quanto la presenza di solchi nel terreno avreb- (da Adam 2001,
leggere oltre ai buoi potevano essere aggio- minore sulla fronte rispetto ai lati ed al retro, men- li dalle rappresentazioni riportate su una serie di be reso difficile strappare spighe di altezza di- fig. 735)
gate anche vacche e somari, mentre quelle tre la loro inclinazione verso l’esterno dà una mag- rilievi provenienti dalla Gallia nord-orientale e dal- versa. Rispetto agli attrezzi comunemente in uso
pesanti rendevano necessario l’impiego di La ‘mietitrice gallica’ è una macchina agricola giore larghezza alla parte superiore; anteriormente la Germania. I bassorilievi funerari di Montau- nell’agricoltura romana, la grande innovazione
animali da traino più robusti. composta da una cassa lignea, fornita di un gros- è fissato ad essa un pettine fornito di denti, in fer- ban-Bozenol (odierno Belgio), Arlon, Treviri, apportata dalla mietitrice gallica consiste nel-
Non meno importante era il numero di be- so pettine metallico dai denti ricurvi, montata su ro, ricurvi e distanziati. Alla cassa di raccolta si Coblenza documentano, infatti, forme diverse di l’unione di elementi semplici, quali rastrello e cas-
stie usate come forza lavoro e la tipologia di due piccole ruote e munita di timoni laterali, cui agganciano due timoni laterali cui è attaccato il mietitrice come si nota sia dal tipo di attacco, dif- sa, in una macchina complessa e perfezionata, La mola per il grano è una macchina utilizzata
attacco con la quale venivano fissate all’ara- si aggancia il giogo della bestia da soma. L’ani- giogo dell’animale, generalmente un bue. Quan- ferente a seconda dell’animale aggiogato, asino, che sfrutta la forza animale. Non è chiaro, tutta- per la produzione della farina. Il suo impiego fa-
tro. Di norma esso era trainato da una cop- male è posizionato sul retro e rivolto verso la cas- do la forza dell’animale aziona il veicolo soltan- mulo o cavallo, sia dalle dimensioni del casso- via, se la sua invenzione risalga ad un momen- ceva seguito alle operazioni di trebbiatura e se-
pia di buoi, ma Plinio riferisce che nel caso sa stessa. Come attestano le fonti letterarie to le spighe vengono tagliate e raccolte, mentre ne. È possibile pertanto identificare due distinti to precedente la conquista romana, in quanto la tacciatura per mezzo delle quali venivano estratte
dei terreni particolarmente difficili o di aratri l’utilizzo di questo genere di macchina pare dif- la paglia viene lasciata indietro; il bubulcus, da schemi iconografici: da un lato la macchina in mancanza di manodopera nelle campagne po- le cariossidi del grano dalla spiga, sbucciate me-
molto pesanti si potesse sfruttare fino a 8 ani- fuso, prevalentemente, nelle regioni della pro- dietro il tiro, alzando ed abbassando la macchi- sosta, con un uomo colto nell’atto di ripulirne i trebbe essere dovuta proprio all’intensa urba- diante battitura.
mali, imbrigliati a coppia, l’una dietro l’altra vincia gallica. Dal raffronto tra la notizia di Plinio, na, regola il taglio’. È difficile stabilire se i due ti- denti dalle spighe, dall’altro il veicolo in movi- nizzazione che si registra in quel periodo. Anche La cospicua documentazione letteraria ed ico-
(Plinio, Naturalis Historia, 18, 18, 170-173). relativa all’esistenza di una mietitrice caratteriz- pi fossero in uso contemporaneamente oppure mento. Il motivo della mietitrice gallica diviene, per quanto concerne la sua scomparsa, la que- nografica unita al gran numero di rinvenimen-
S.G. zata da “enormi forche con il bordo dentato e se il carpentum non costituisca, in realtà, un’ap- nei luoghi di utilizzo, il simbolo stesso del lavo- stione è controversa e non trova soluzione nep- ti archeologici ha consentito l’individuazione e
montate su due ruote, spinte attraverso i campi plicazione evoluta del vallus. ro nei campi, tanto da essere rappresentata an- pure nell’accurata descrizione palladiana, che lo studio di diverse tipologie di macina, dagli
Bibliografia
Kolendo 1980, pp. 57-128; Marcone 1997, pp. 48-53; che sul calendario rurale scolpito sulla Porta Nigra potrebbe derivare da una fonte precedente cui esemplari più semplici a quelli di maggiore com-
Forni 2006. a Treviri o sulla porta di Marte a Reims. I rilievi si l’autore attinge per la sua opera di carattere com- plessità, processo derivato da una graduale evo-
datano tutti in periodo compreso tra la fine del pilativo, anche se la precisione delle informazio- luzione tecnologica.
II sec. d.C. e l’inizio del III sec. d.C. Un dato par- ni fornite farebbe propendere per un’osservazione Una tipologia semplificata era quella della ma-
ticolarmente interessante è quello sottolineato autoptica. Sulla base di tali osservazioni è possi- cina rotante, menzionata anche dallo Pseudo
da Palladio, relativo al compendium, ovvero la bile ascriverne l’impiego lungo un arco cronolo- Virgilio (Moretum, 24-31; 38-42) composta da
possibilità di effettuare il raccolto in breve tem- gico che va dal I sec. a.C. almeno al V sec. d.C. pietre appaiate (macinatoi) rispettivamente con-
po con un notevole risparmio di manodopera. Sin dal XVI secolo vengono proposte delle rico- cava l’inferiore (meta) e convessa la superiore
Infatti, la raccolta delle sole spighe, effettuata in struzioni che per quanto prendano spunto dalle (catillus). Al centro un perno ligneo, che aggancia
agosto, consentiva di rimandare la trebbiatura al fonti letterarie non si basano, tuttavia, su un’ana- le due parti, era connesso al timone orizzonta-
periodo invernale, facendo diminuire, quindi, la lisi scientifica dei dati e si manifestano quasi del le che mosso con movimento rotatorio azio-
concentrazione del lavoro nel periodo estivo. Ta- tutto arbitrarie; a partire dall’inizio dell’800, in- nava la macchina consentendo la macinazione
le risparmio di tempo si rivela, però, vantaggio- vece, le restituzioni grafiche realizzate possono per sfregamento. In tal genere di meccanismo
so solo nel caso in cui la paglia non dovesse essere essere considerate filologicamente più corrette, l’attrito tra le due pietre era concentrato mag-
utilizzata per altri scopi: essa infatti veniva cal- fino alla proposta più attendibile avanzata da H. giormente lungo i bordi. Le dimensioni si aggi-
pestata o dopo esser stata bruciata poteva ser- Nachtweg nel 1911. Tuttavia, è soltanto in segui- ravano tra i 30 e i 43 cm di diametro e i 10 cm
vire da fertilizzante. L’uso della mietitrice, rispetto to al rinvenimento del rilievo di Montauban-Bo- ca. di altezza.
agli attrezzi tradizionali, comportava anche degli zenol, nel 1958, che le ricostruzioni della mietitrice Catone (De agricultura, 10. 4; 11. 4) riconduce
svantaggi legati alla perdita di parte del cereale acquistano verosimiglianza funzionale e dimen- questa tipologia alla mola manuaria, detta an-
da raccogliere. Nonostante si potesse regolare sionale con la costruzione di modelli al vero fun- che hispaniensis, utilizzata in Spagna già a par-
l’altezza del bordo del cassone, non era possibi- zionanti (Fouss 1960; Zeitler 1998) e ricostruzioni tire dal IV sec. a.C. e diffusa poi nella Gallia
le afferrare e strappare tutte le spighe dato il li- grafiche (Hodges 1970; Beaune 1980 ca.). meridionale e in Sicilia. Le potenzialità della ma-
vello non uniforme del cereale; inoltre, parte dei C.d.F. cina rotante si esplicano in particolare nel mo-
semi poteva andare perduto a causa dell’impi- mento in cui alla forza lavoro dell’uomo si
gliarsi delle spighe tra i denti. sostituisce quella animale (asini, cavalli, muli).
Rilievo funerario rinvenuto nel 1958 reimpiegato Bibliografia
L’esigenza di effettuare il raccolto in tempi ra- Della mola asinaria si conoscono numerosi
nelle mura di un castello tardo-romano di Kolendo 1980, pp. 155-177; Marcone 1997, pp. 53-55;
Bozenol (Belgio) pidi può, in qualche maniera, spiegare il moti- Moissonneuse 2000; Renard 1959, pp. 37-42; White esemplari, fra i quali uno da Morgantina ana-
(Collection Musée gaumais - B-Virton, vo dell’uso prevalente della mietitrice nelle regioni 1967a, pp. 157-173; White 1967b, pp. 634-647; White logo a quelli di Pompei (intorno ai 70 cm di al-
Montauban, Museo Lapidario) nord-occidentali; la piovosità del periodo esti- 1984, pp. 60-62. tezza e 73 cm ca. di diametro) e Ostia ma di

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minori dimensioni (23-35 cm ca. di altezza). Re- coli al congegno rotante consiste nello sfrutta- Sez. 7.5.6 - Torchio vinario e oleario
sta in dubbio tra gli studiosi la notizia riporta da mento di una forza motrice diversa rispetto a (Torcular vinarium e olearium)
Plinio (36, 135) dell’invenzione di questa mola quella umana o animale.
a Volsinii. Si ritiene che il mulino ad acqua sia un’inven- Materiale: pietra, legno e ferro
Cronologia: dall’età repubblicana fino ad epoca
In genere questo tipo di macina poggiava su zione diffusasi a partire dal II sec. a.C. (sez. 3,
tardo antica
una piattaforma cilindrica (140 cm ca. di dia- n. 12). Ricostruzione: Roma, Museo della Civiltà Romana
metro e 45 cm di altezza) sulla quale si posi- Strabone (12, 3, 30) riferisce della costruzione
zionava la meta. Il sovrastante catillus, invece, di un mulino ad acqua nel Ponto ad opera di
era dotato di un foro centrale nel quale veniva Mitridate VI; tuttavia, la prima fonte diretta è Vi- Il torchio è una macchina inventata per estrarre
inserito una sorta di imbuto per il dosaggio del truvio (10, 5, 2) che ne fa una descrizione det- oli e succhi, in particolare quelli delle olive e del-
grano; di esso, tuttavia, non restano tracce ar- tagliata: il funzionamento si basa sul movimento l’uva. La preparazione dell’olio d’oliva prevede-
cheologiche per cui non è perfettamente chia- di una ruota intorno ad un asse, moto che per- va una fase preliminare che consisteva nello Trapetum (torchio oleario) (da Adam 2001, fig. 727) Mola olearia (ad energia elettrica, 1950)
ro come venisse controllato l’inserimento del mette l’avvolgimento di una catena intorno al- schiacciamento del frutto. Questa operazione si
grano. Esso prevedeva, inoltre, una superficie l’asse stesso, al quale è fissato un tamburo effettuava mediante l’uso della mola olearia, co- parte centrale della trave (prelum). Un perfe- tura (ara), che conteneva la polpa ed era dota-
conica ruvida su ambo le estremità in maniera dentato posto in verticale (tympanum denta- stituita da due elementi: uno fisso, definito ‘sot- zionamento successivo ha condotto alla realiz- ta di un canale di deflusso, era collocata su una
tale da poter essere rigirato qualora fosse di- tum) che gira contemporaneamente alla ruota, tomola’, l’altro mobile, detto ‘mola verticale’. La zazione di una pressa costituita da un peso in base in legno o muratura, inserita in un allog-
ventato troppo liscio a causa dello sfregamen- la quale deve scendere a sua volta sotto il livel- sottomola generalmente poggiava sua una ba- pietra, una trave e un tamburo girevole: una cor- giamento ricavato nel pavimento. Il sistema a
to. Alla parte centrale del catillus, più stretta e lo dell’acqua per consentirne il sollevamento. se in muratura ed era costituita da un disco in da passava sotto una puleggia collocata sul pe- vite veniva applicato anche a macchine di di-
che assume una forma a tramoggia, era ag- La trasmissione del moto rotatorio dal tambu- pietra al centro del quale si collocava un dado li- so e sopra un’altra situata sulla trave e mensioni minori, come la ‘pressa portatile’ de-
ganciato un sistema di travi lignee e morse per ro verticale ad un connesso tamburo orizzon- gneo fornito di un perno in cui alloggiava un pa- raggiungeva il tamburo. Quando la corda era scritta da Erone di Alessandria (Meccanica, 3,
condurre il movimento dell’animale controlla- tale (tympanum) determina il movimento lo verticale (columella) che ruotava sul proprio avvolta al tamburo la trave riceveva l’intero pe- 19) nel I sec. d.C.: la vite in questo caso attra-
to da uno schiavo; allo stesso tempo un secondo circolare della macina. asse. Nella columella era inserito un secondo so della pietra. La massa da pressare era rac- versava perpendicolarmente la trave e il moto
schiavo raccoglieva la farina macinata che si ri- Le prime attestazioni archeologiche sono rela- palo in legno, chiamato cupa, a sua volta disposto chiusa entro sacchi di corda o cesti di vimini; rotatorio azionava la pressa: in sostanza, in un
versava sulla piattaforma di base tramite un fo- tive al I sec. d.C., ma un’ampia diffusione si ri- all’interno del foro praticato nella mola vertica- uno o due canaletti scavati nel piano della pres- caso la vite si applica all’estremità del prelum,
ro praticato nella meta. Dall’ironico racconto di scontra in particolare nel corso del III-IV sec. d. le. La sottomola poteva essere provvista di una sa raccoglievano il succo e lo conducevano nei sostituendo l’argano o il sistema di corde e pe- Pressa a vite (da Pompei)
Apuleio (Metamorfosi, IX, 11) si evincono anche C.; il suo uso è esteso dall’Italia alla Grecia, dal- serie di fori lungo il perimetro, nei quali si inse- tini per l’immagazzinamento. si; nell’altro caso, la vite centrale sostituisce il (ricostruzione: Roma, Museo della Civiltà Romana)
utili informazioni relative alla collocazione del- le provincie galliche a quelle africane. rivano delle asticelle di legno racchiuse da un Per la pressatura di quantità limitate di prodot- prelum (torchio a vite vero e proprio).
la macina in ampi spazi aperti caratterizzati da S. G. bordatura dello stesso materiale, al fine di im- to si preferiva la pressa a vite. Secondo la testi- Un altro tipo in uso era la pressa a cuneo, no- cocciopesto. I torchi erano allineati con i prela
solide pavimentazioni per impedire agli animali pedire la fuoriuscita del prodotto della lavora- monianza di Plinio (Naturalis Historia, 18, 317) ta da fonti letterarie tarde (quali i trattati di far- disposti in direzione est-ovest e gli arbores pa-
Bibliografia
di scivolare ed essere in grado di sostenere il Brun 2006; Curtis 2001, pp. 335-358; Singer, Holmyard, zione. L’estremità della cupa era collegata ai la sostituzione della pressa a trave con un mo- macia), ma rappresentata sulle pareti di alcune ralleli alla superficie di spremitura. Nel cavedio,
peso della macina stessa. Hall, Williams 1967, pp. 112-114; Thurmond 2006, pp. finimenti che imbrigliavano l’asino o il mulo (Co- dello che sfruttava, invece, il sistema della vite case di Pompei ed Ercolano; si trattava, essen- un cortile centrale aperto e comunicante con il
L’unica innovazione introdotta nel corso dei se- 40-51; White 1984, pp. 63-67. lumella 12, 58). Un modello perfezionato era il ‘senza fine’ (cochlea). L’autore latino informa zialmente, di un congegno composto da una torcular, erano disposti i meccanismi per l’ab-
cosiddetto trapetum (Catone, De agricultura, 20- dell’esistenza di due varianti, che si differenzia- base lapidea, nel cui incavo era contenuta la bassamento del prelum. L’attività produttiva si
21) che prevedeva una robusta colonna centra- no nel modo di fissare la vite, una inventata in polpa, e una sorta di telaio superiore all’inter- concentrava, dunque, in un settore specifico
le forata all’estremità superiore per Grecia intorno alla metà del I sec. a.C., l’altra, no del quale era sistemata una trama di cunei del complesso sistema integrato delle ville ru-
l’alloggiamento della columella e sia sottomola derivata da un perfezionamento tecnologico del- ed assi lignei. Questi ultimi, sporgenti dai lati, stiche ed era garantita dall’impiego di mano-
che mola verticale dalla forma piano-convessa la prima, diffusa a partire dalla metà del I sec. venivano spinti all’interno a martellate com- dopera schiavile e forza lavoro animale.
(diametro di 80 cm ca.). Generalmente nelle d.C. Alcuni degli elementi compositivi della pres- primendo in tal modo il contenuto della base. C.d.F.
strutture a carattere produttivo la mola veniva sa sono comuni al torchio a leva, infatti anche La macchina era collocata in ambienti apposi-
collocata in un ambiente adiacente a quello oc- in tal caso agli arbores è connesso il prelum, al- tamente predisposti, descritti da Catone (18, 3)
Bibliografia
cupato dal torchio. l’estremità del quale si fissa la vite che può es- e definiti torcular: una stanza di circa 13,66 x
Brun 1986; Curtis 2001, pp. 380-394; Settefinestre 1985,
Le operazioni di pressatura, sia delle olive che sere ancorata al suolo o agganciata ad un 15,44 m poteva ospitare fino a quattro mac- pp. 241-250; Singer, Holmyard, Hall, Williams 1967,
dell’uva, prevedevano l’utilizzo di una pressa contrappeso fisso, e azionata in ogni caso per chine, il pavimento doveva essere in opus spi- pp. 114-121; Thurmond 2006, pp. 86-103; 124-128; White
nota dalle fonti letterarie. La tipologia più anti- mezzo di aste (stella). La superficie di spremi- catum e le pareti dovevano essere rivestite in 1984, pp. 67-72;
Mola asinaria. Ricostruzione ca, descritta da Catone (ibid., 18-19), era la co-
(Roma, Museo della Civiltà Romana) siddetta ‘pressa a trave’: essa applicava il
semplice principio della leva ed era costituita da
due montanti verticali inseriti in fori praticatati
nel piano pavimentale in modo da assicurarne
la stabilità (arbor e stipes). All’arbor era fissata
l’estremità (lingula) della trave trasversale (pre-
lum), lunga fino a 15 m e tirata all’altro capo da
una fune fissata ad un tamburo del diametro di
40-50 cm (sucula). Il frutto, sistemato in sacchi
o tra tavole di legno, veniva schiacciato sotto la Pressa a leva (da Curtis 2001, fig. 33) Pressa a vite ‘senza fine’ (Plinio, Naturalis Historia, 18, 317) (da Curtis 2001, fig. 35).

202 203
Sez. 7.7 - Falce Per la viticoltura si utilizza, invece, la falx vini- Sez. 7.8 - Piccone a scasso In ambito agricolo il suo utilizzo è legato al- Sez. 7. 9. Rastrello operazioni di aratura, nella fattispecie in area
toria descritta in maniera accurata da Colu- le operazioni di preparazione del terreno, ri- mediterranea, al fine di predisporre il terreno
Materiale: ferro. Originale moderno Originale: Antiquarium Comunale
mella (IV, 25): il manico, dritto e di piccole pulitura dalle radici infestanti e frangitura delle alla semina e subito dopo quest’ultima per
dimensioni: cm 15×15×15 Materiale: ferro e legno. Materiale: ferro e legno.
Cronologia: età imperiale dimensioni, si arresta in corrispondenza di una zolle che segue la fase di aratura (Columella, interrare le sementi prima dell’inizio della sta-
dimensioni: cm 30 x 10 x 60 dimensioni: cm 30×30×30
Riproduzione da originale: Roma, Museo della lama rettilinea, definita coltello, che piega con Cronologia: età imperiale 2, 2, 28); un’applicazione ulteriore riguarda Cronologia: età imperiale gione invernale.
Civiltà Romana una leggera curvatura (seno) e termina con un Riproduzione: Roma, Museo della Civiltà Romana, la cura degli alberi da frutta e in modo parti- Copia: Roma, Museo della Civiltà Romana, inv. n. Una variante semplificata del rastrello, il bi-
becco appuntito. Una tipologia specifica è la inv. n. 3223 colare la pratica dell’ablaqueatio – cioè la crea- 3339 dens, doveva essere utilizzato anche nell’am-
falx vineatica, impiegata esclusivamente per zione di solchi intorno alla pianta – di cui parla bito della coltivazione dell’ulivo (Columella,
La falce è uno strumento in ferro con codolo tagliare i grappoli (Columella XII, 18, 2). Palladio (2, 1). 5, 9, 12) e nella viticoltura (Columella, 4 14, 1;
per il manico e lama monofusi, la cui funzione Catone (10, 3, 11 4) fornisce un elenco detta- Il ‘piccone a scasso’ (dolabra), è un attrezzo Esistono anche altre due tipologie di picco- Il rastrum è un attrezzo a mano utilizzato nel- 17, 8; Plinio, ibid., 17, 159), nella fase di im-
è determinata sia dalla forma che dalle di- gliato delle differenti tipologie di falces per cia- manuale caratterizzato dalla presenza alle ne, varianti del tipo in esame, distinte in ba- la lavorazione del suolo, composto da un ele- pianto del vigneto, favorendo la penetrazio-
mensioni e dalla curvatura assunte dalla lama scuno dei campi in cui essa trova applicazione: estremità di due punte differenti, una a scu- se al differente grado di curvatura di una delle mento in ferro provvisto di una serie di denti ne dell’acqua nel terreno, e nelle operazioni
stessa. Dalla lunghezza del manico dipende la vengono menzionati 5 falcetti per tagliare i ro- re e l’altra a picco; al centro è ricavato un fo- punte e connesse a campi di applicazione che ricurvi – solitamente quattro o più (Catone, periodiche di diserbamento (Virgilio, Georgi-
distinzione riportata da Plinio (Naturalis Hi- vi (falces sirpiculae), 6 roncole da bosco (fal- ro per l’inserimento del bastone ligneo. esulano dal contesto strettamente agrario. X, 3; XI,4) – disposti parallelamente ma con che 2, 354, 7).
storia, 18, 261) tra falce italica e falce gallica: la ces silvaticae), 6 roncole da alberi (falces Le fonti letterarie antiche non forniscono in- L’esatto riferimento del termine latino dola- curvatura e inclinazione dissimile; un foro Oltre all’esemplare dell’Antiquarium Comu-
prima, più corta, poteva essere utilizzata anche arborariae) e infine 40 falculae vineaticae. formazioni utili alla sua definizione formale, bra e il piccone trova conferma in un rilievo centrale consente l’inserimento del bastone nale di Roma se ne conoscono altri, apparte-
tra i rovi, la seconda, più lunga, tagliava solo CdF ma tre diverse voci di glossari ne fanno men- funerario proveniente da Aquileia, sul quale ligneo. nenti alle collezioni del Museo Archeologico
l’erba di media altezza. Il tipo più comune è la zione quale sinonimo del termine greco alla rappresentazione dell’attrezzo corrisponde Le caratteristiche di questo strumento, come di Firenze (inv. 10779) e del Museo Naziona-
falx messoria, definita anche semplicemente Bibliografia πελεκυο. l’iscrizione che menziona un dolabrarius ap- evidenziato nelle fonti letterarie, permettono le di Napoli (inv. 71733). È noto anche un pez
falx, caratterizzata dalla presenza di un mani- Marcone 1997, pp. 44-48; White 1967, pp. 77-103; White partenente al Collegio dei fabbri (CIL V, 908). di frantumare le zolle dopo l’aratura batten- zo, rinvenuto a Boscoreale, ma attualmente
co in legno ricurvo e un piccolo seghetto, adat- 1984, pp. 28-29; 58. S.G. do il terreno (Plinio, Naturalis Historia, 18, conservato a Chicago.
ta ai diversi sistemi di mietitura del grano, 180) del quale viene eseguita la pulitura sra- Di grande interesse è una scena di viticoltu-
descritti dalle fonti, in uso in età romana. Non dicando le radici più profonde mediante un ra raffigurata su un mosaico di Cherchel (Al-
si può escludere che durante la mietitura fos- movimento a trazione (Palladio, I, 43, 3). geria).
se utilizzata anche la falx stramentaria – lette- Virgilio (Georgiche, I, 94, 5; 160; 3, 534) fa men- S.G.
ralmente ‘taglia paglia’ – menzionata soltanto Bibliografia zione di tale attrezzo in diverse occasioni e
Marcone 1997, p. 44; White 1967, pp. 61- 64.
da Catone, il cui impiego si limitava, probabil- sottolinea il notevole sforzo richiesto dal suo
mente, ad eliminare la paglia residua lasciata impiego. Le testimonianze antiche recano in- Bibliografia
sul terreno. Un diverso uso è quello che si fa direttamente ragione della necessità dell’uti- Marcone 1997, p. 44; Misurare la terra 1984, pp. 156-
della falx faenaria, caratterizzata da una lama lizzo del rastrello in particolare dopo le 158; White 1967, pp. 52-56.
concava posta ad angolo retto rispetto al ma-
nico dritto, impiegata per tagliare l’erba dai cam-
pi “quando ha cessato di crescere e ha
cominciato a seccare” (Varrone, I, 49, 1).

204 205
Sezione 8
legno e metalli
La lavorazione del bronzo e dell’argento

Il bronzo è una lega metallica, i cui composti principali sono il ra- sciuti artigiani, che molto spesso raggiungono livelli decisamente che doveva esistere per elementi come maniglie, borchie etc, ma del disegno desiderato; l’oggetto veniva poi sottoposto a leggero
me e lo stagno: tra l’oro e l’argento, metalli destinati alla produ- d’arte. anche per la fusione di grandi bronzi statuari, la figura veniva som- riscaldamento e la polvere di vetro fondendo aderiva al metallo.
zione di oggetti di lusso o comunque preziosi, e il ferro utilizzato Non disponiamo tuttavia di un trattato antico sulle tecniche me- mariamente modellata in argilla, su di essa si plasmava la cera - stagnatura: procedimento importante per il trattamento delle su-
prevalentemente per realizzare oggetti con scopi pratici, il bronzo tallurgiche, ad eccezione della Historia Naturalis di Plinio il Vec- con tutti i dettagli e la cera veniva a sua volta ricoperta di argilla; perfici interne del vasellame da cucina e consisteva nel far colare
si trova in tutte le epoche impiegato sia per ornamenti raffinati che chio; egli definisce plumbum album lo stagno, aes il rame, che sono riscaldando il tutto, la cera fonde e fuoriesce da fori predisposti e e scorrere il metallo fuso all’interno dell’oggetto da stagnare Dal
per armi, oggetti di arredo e di uso comune. i componenti del bronzo, definito comunemente solo con il nome lo spazio lasciato libero viene riempito con bronzo fuso; dopo il momento che il punto di fusione dello stagno è inferiore a quel-
Diffuso sia in Oriente, raffinatissimi i bronzi cinesi, che in Occi- di quest’ultimo; a questi metalli si aggiungeva talvolta anche piom- raffreddamento la copertura esterna in argilla viene rotta e la sta- la del bronzo, l’oggetto non veniva danneggiato. Plinio attribui-
dente, nella Grecia classica con opere di pregio eccezionale, basti bo nero e piombo argentario. Non venivano commercializzati lin- tua risulta composta da un sottile strato di bronzo e con un’ani- sce questa invenzione ai Galli Biturigi (Naturalis Historia, 34, 162)
pensare ai c.d. bronzi di Riace, giunge a Roma, dove era già noto gotti di bronzo, ma solo dei differenti metalli allo stato puro, che ma di argilla, che viene poi eliminata attraverso la base aperta e rinvenimenti archeologici lo hanno confermato.
dalle esperienze magnogreche ed etrusche, e si diffonde soprat- venivano poi dosati dall’artigiano a seconda della lega che si vole- della statua. Sculture di grandi dimensioni potevano essere rea-
tutto con le conquiste del Mediterraneo, che danno accesso a nuo- va ottenere in relazione sia alla lavorazione che all’oggetto da pro- lizzate in più parti separate, che venivano poi assemblate con Per l’argento i Romani ebbero una vera e propria passione, ben de-
vi bacini minerari, quali quelli spagnoli (sez. 8.1); Strabone (Geografia, durre, mostrando una perfetta conoscenza da parte degli artigiani chiodi o saldature. Si passava poi alla politura con strumenti ap- scritta da Petronio nel suo Satyricon. Singolare è anche il modo in
3.2.8) ne parla e Plinio (Naturalis Historia, 3, 30) infatti ricorda che delle diverse proprietà dei metalli. I Romani inoltre introdussero in positi, lime, ceselli (caela) e abrasivi. cui sono a noi pervenuti gli argenti romani: si tratta per lo più di
“quasi tutta la Spagna abbonda in miniere di piombo, ferro, sta- metallurgia l’uso dell’ottone, lega composta da rame e zinco, usa- - doratura e argentatura: per ottenerle si incollava con una sostan- ‘tesori’, cioè raccolte di pezzi di eccezionale valore, nascosti in oc-
gno, argento e oro”. ta anche nella produzione delle monete (sez. 8, 4). za adesiva una sottilissima sfoglia d’oro o d’argento su una su- casione di catastrofi, guerre, invasioni o anche solo per tesauriz-
L’uso del bronzo, soprattutto come strumento di espressione arti- Le tecniche di lavorazione del bronzo, ricostruite – in assenza di perficie bronzea oppure si spennellava l’oggetto con un amalgama zazione (v. sez. 8, 7a.b.); chi li nascose pensava di poter tornare a
stica, attraversa i secoli dal Medioevo al Rinascimento, per giun- un testo antico di riferimento – sullo studio dei singoli manufatti d’oro o d’argento misto a mercurio, che riscaldato evapora la- godere della bellezza di quegli oggetti, ma non poté più farlo ed
gere fino alla nostra epoca, ancora apprezzato mezzo espressivo possono essere così riassunte: sciando sulla superficie del bronzo una sottile doratura o argen- ora noi, per caso, li scopriamo.
dell’arte contemporanea. - lavorazione a freddo per martellatura di un foglio di bronzo o di tatura. L’argento è rintracciabile nei depositi di galena argentifera (solfato
Sono soprattutto Pompei ed Ercolano che hanno restituito bronzi rame per produrre coppe, piatti, brocche; l’oggetto finito veniva - ageminatura: tecnica ad intarsio, già nota fin da epoca micenea nel- di piombo), molto di rado si trovano giacimenti di argento puro
lavorati ottimamente conservati e di grande interesse non solo per poi polito al tornio. Con la martellatura di una lamina su un co- l’area mediterranea, che consiste nel decorare con effetto policro- (Plinio, Naturalis Historia, 33,95, 96-97); noto fin dal III millennio
la fattura, ma anche per la variegata tipologia di utensili che face- nio di ferro si producevano anche lamine decorate a sbalzo per mo oggetti di bronzo (ma anche d’argento). La superficie metallica in Asia Minore, vengono sfruttati successivamente i giacimenti del-
vano parte della vita quotidiana per uso domestico, negli arredi del- rivestire oggetti di legno (ad es. foderi di spade); veniva scavata fino ad ottenere il disegno voluto in negativo; le su- le Cicladi, in Attica (Laurion). Il metallo prezioso venne poi sem-
le case, nelle attività commerciali ed edilizie delle due città vesuviane; - lavorazione per fusione: per gli oggetti a forma aperta (piatti sco- perfici incavate venivano poi riempite con fili o sottili lamine d’oro, pre più sistematicamente ricercato perché sempre più richiesto,
questi bronzi hanno avuto una grande importanza per il gusto ar- delle, casseruole, statere si usavano due stampi, in pietra per lo d’argento o rame rosso a secondo dell’effetto cromatico da otte- anche per la fusione di monete; nel I secolo d.C. l’argento era sta-
tistico del tempo ed hanno influenzato le successive tendenze per più, uno per la superficie interna e uno per l’esterna; in un ango- nere, che venivano ribattuti con un martello per incastrarli negli to individuato in quasi tutte le province dell’impero, in particolare
il ritorno all’antico che si manifesteranno nel XVIII e XIX secolo, lo dello stampo un canale o un foro già predisposti permetteva- spazi predisposti. Tecnica analoga a quella del niello, smalto com- in quelle occidentali, soprattutto in Spagna. In Gallia i giacimenti
quando furono ispirazione e modello per arredi moderni. no di introdurre il metallo fuso all’interno dello stampo o forma(v. posto da polvere di rame, argento e piombo, utilizzata su vasi, mo- erano già noti a Cesare (de Bello Gallico, 7, 22); vennero sfruttati
Ai bronzi pompeiani si aggiungano quelli trovati in tutti i siti ar- sez. 8, 5); l’oggetto veniva poi rifinito mediante politura al tornio. bili, per impreziosirli; nelle statue per ravvivare gli occhi, le sopracciglia, inoltre quelli in Sardegna, in Asia, Serbia e Armenia (v. sez. 8,1).
cheologici dell’impero romano, nelle ville dell’Africa, della Gallia, Oggetti di forma chiusa (come brocche) venivano prodotti con le labbra, come pure i diademi e particolari delle vesti. L’argento veniva lavorato dall’argentarius, dal caelator, dal tritor ar-
della Britannia e nelle fortezze lungo il limes; particolarmente inte- stampi bivalve in terracotta o pietra, e la cavità interna ottenuta - smalto: la decorazione a smalto era riservata ad oggetti per uso gentarius (politore), dal flaturarius (fonditore), dall’inaurator (do-
ressante la categoria dei ‘bronzi scritti’, che ci hanno conservato – con un nucleo di argilla, che a colatura avvenuta, veniva elimina- personale (fibbie, borchie..); la tecnica è del tutto simile a quella ratore).
meglio di altre superfici scrittorie - i testi giuridici dell’antica Roma to; oppure fusi in un sol pezzo e il nucleo interno friabile elimi- che si usa oggi: una sostanza vitrea ridotta in polvere e colorata Le tecniche di lavorazione sono del tutto simili a quelle del bron-
(v. sez. 8, 3). nato, come nelle lucerne, attraverso i fori per l’olio (sez. 8, 8); le con ossidi metallici e mescolata con acqua veniva inserita su una zo: martellatura, fusione, saldatura, cesellatura, sbalzo, incisione,
In età romana quindi la produzione di oggetti in bronzo fu ecce- superfici venivano poi polite al tornio e a mano. base di bronzo già predisposta con spazi in negativo a seconda fusione a cera persa, niello, doratura.
zionale e irripetibile per quantità e qualità, anche in considerazio- - fusione a cera persa piena: piccoli oggetti come statuette, anse di G. C.
ne del fatto che moltissimi oggetti, forse la maggior parte, non ci vasi, maniglie per mobili venivano fusi a cera persa: si realizza-
sono pervenuti data la facilità con la quale gli oggetti metallici, an- vano cioè modelli in cera ricoperti di sabbia e argilla; riscaldan-
che quelli in bronzo, potevano essere rifusi per farne altri in mo- doli, la cera fuoriusciva da un apposito foro; lo stampo così ottenuto
menti di crisi della produzione mineraria o semplicemente come veniva nuovamente cotto e riempito di bronzo fuso; dopo il raf-
bottino di guerra. freddamento lo stampo veniva rotto per estrarre l’oggetto, che Bibliografia di riferimento
Le tecniche raffinate utilizzate nella confezione degli oggetti e de- veniva rifinito e polito. Pirzio Biroli Stefanelli 1990, Pirzio Biroli Stefanelli 1991, in particolare B. Pettinau,
scritte anche nei testi letterari testimoniano l’esistenza di scono- - fusione a cera persa cava: per ottenere una produzione in serie, pp. 3-35.

208 209
Sez. 8.1 - Estrazione dei minerali e so dell’oro. La terra è a volte rossa, a volte co- Principali centri di estrazione dei metalli in età
organizzazione della miniere lor cenere” (Plinio, Naturalis Historia, 33, 95). romana (argento, piombo, ferro, rame, stagno, oro)
Dopo l’individuazione di un giacimento, pe- (rielab. grafica, F.G.)
rò, le conoscenze geologiche erano sufficienti,
Se il passaggio dall’estrazione a cielo aperto ad esempio nel caso della fagliatura, da per- 10), un cilindro generalmente in legno (un ca-
a quella sotterranea, attraverso sistemi di gal- mettere di seguire le continuazioni dei filoni, so in piombo è noto), contenente una coclea
lerie, è frutto di progressi nella tecnica mine- e di distinguere le fessure sterili, non mine- tipo vite senza fine in legno o in bronzo, fatta
raria realizzati in Egitto in età faraonica, c’è ralizzate, da quelle ricche di minerale. ruotare, convogliava l’acqua all’interno della
oggi un ampio consenso intorno al fatto che L’attività mineraria era quindi condotta in tre coclea e la portava dunque ad un livello su-
i Romani, ereditate da Greci ed Egiziani le lo- possibili forme: nei placers, a cielo aperto o periore. Il vantaggio principale di tale stru-
ro conoscenze tecniche in campo minerario, in profondità. L’attività nei placers consiste mento era che esso asportava l’acqua più
apportarono poi consistenti modifiche, se- nella raccolta di metallo (oro e stagno) allo Forno romano per estrazione del minerale ferroso velocemente ed occupava molto meno spa-
gnando una notevole evoluzione tecnologica stato nativo, in genere raccolto in giacimenti con scarico laterale per le scorie zio delle ruote idrauliche o norie (v. sez. 3, n.
in questo campo: “i loro più rilevanti appor- di origine alluvionale. Si tratta dei cosiddetti 11), l’altro strumento utilizzabile a questo sco-
ti sono costituiti dalla razionalizzazione e dal- depositi singenetici, ovvero prodottisi con- sono però certamente più interessanti le mi- po, che era in sostanza in concorrenza con la
la meccanizzazione delle coltivazioni, ottenuta temporaneamente alle rocce in cui si trova- niere di profondità. Queste si articolavano in vite e che, diffuse a loro volta a partire dal I
adattando alle esigenze dell’arte mineraria no, essendosi depositati insieme ai sedimenti. pozzi e gallerie. I pozzi venivano scavati in ver- sec. d. C., potevano sollevare l’acqua per di-
macchine ellenistiche concepite inizialmente Nel caso dei fiumi auriferi, che naturalmente ticale nella roccia, con il piccone, e con l’aiu- slivelli molto maggiori. Anche queste furono
per altri usi” (Giardino 1998, p. 48). L’impe- asportavano il minerale, si trattava di cana- to di fuochi che scaldando la roccia, che veniva introdotte in Egitto già nel III sec. a. C. per l’ir-
gno romano nell’estrazione dei metalli si fe- lizzarne e setacciarne le acque, nel cosiddet- poi raffreddata di colpo con un getto d’acqua, rigazione (Wilson 2002, 7-8), e quindi appli-
ce, in particolare, progressivamente più to “river mining” (Strabone, 4, 6, 7). Altrimenti la rendevano più facilmente friabile. Un pri- cate in età imperiale oltre che nelle miniere,
intenso negli ultimi due secoli dell’età re- la tecnica utilizzata era il convogliamento, per mo progresso nel settore venne quando nel I nelle terme e negli stabilimenti per la salagione
pubblicana, quando la conquista di aree ric- mezzo di acquedotti, dighe e serbatoi di ac- sec. a. C. si cominciò ad usare in questa ope- del pesce. Dipendeva dunque dalle condizio-
che di giacimenti pose Roma di fronte alla qua sul sito (Wilson 2002, 17-21): questa ve- razione, al posto dell’acqua, l’aceto, di cui era- ni della singola miniera quale fosse la scelta
necessità del loro sfruttamento. Già in que- niva dunque usata per disgregare i giacimenti; no noti gli effetti dissolventi su molte sostanze economicamente più vantaggiosa. Le ruote
sto momento si verificò dunque un intenso il materiale a basso tenore veniva portato via. (Rosumek 1982, pp. 25-28). Travi di sostegno idrauliche erano ruote in legno che ruotando
progresso tecnologico, con l’applicazione del- I Romani sembrano essere stati i primi a svi- erano inserite via via che si procedeva in pro- intorno ad assi in bronzo muovevano dei re-
le conoscenze tecniche ellenistico-romane al- luppare le tecniche utilizzate in questo cam- fondità. Le pareti del pozzo erano rivestite, in cipienti, attaccati sul lato interno della cir-
le attività minerarie già intraprese – ad po, come l’hushing, ovvero l’accumulazione genere in legno per i pozzi a sezione rettan- conferenza, che sollevavano l’acqua. Il
esempio in Spagna – dalle popolazioni loca- di grandi quantità d’acqua al di sopra del gia- golare, in pietra per quelli a sezione circolare. pozzi di aerazione accanto a quello principa- grande quantità di manodopera e occupava macchinario era messo in moto da una per-
li. In generale, si può dire che con i Romani cimento, che veniva poi rilasciata tutta insie- Su un lato si creavano incassi che fungesse- le (8, 6, 13). Plinio (Naturalis Historia, 31, 49) le gallerie: “il monte già è scavato per 1500 sona (probabilmente uno schiavo) che cam-
ogni parte dell’attività mineraria fu mecca- me a intervalli regolari (e tramite canali tagliati ro da gradini o si poneva una scala in legno. propone esattamente lo stesso sistema, e con- passi, e in questo spazio gli aquatini, stando minava sulla circonferenza esterna
nizzata, e che nel settore dell’estrazione dei nella roccia era usata per fare crollare intere Al centro del pozzo una carrucola serviva a siglia anche di muovere l’aria agitando strisce in piedi notte e giorno a turni della durata di imprimendogli un modo rotatorio (Domer-
metalli si poté assistere ad avanzamenti tec- pareti di roccia ed esporre i giacimenti, la co- portare fuori il materiale. Le gallerie poneva- di lino, come ventagli. Ai lati della galleria era- una lucerna, svuotano le acque e ne fanno un gue-Bordes 2006, 210-219). Le ruote idrauli-
nologici tra i più significativi prima della Ri- siddetta ruina montium), o il ‘ground slui- no i vari pozzi in comunicazione tra loro. In no predisposte nicchie o cornici aggettanti su torrente” (Plinio, Naturalis Historia, 33, 97). che potevano funzionare anche a coppia: in
voluzione industriale (Wilson 2002, 17). cing’, ovvero il continuo passaggio di acqua alcune miniere si arrivava ad avere più livelli cui venivano poggiate lucerne ad olio, costi- Ma è in questo campo che l’arte mineraria ro- questo caso dovevano ruotare in direzioni con-
Le tecniche di prospezione erano piuttosto sul deposito e dunque attraverso una serie di d’estrazione (fino a 4, ad Andros), con pozzi tuendo così un vero sistema di illuminazione. mana compì i maggiori passi avanti dal pun- trapposte per evitare turbolenze. Le ruote sca-
rudimentali, in assenza di una scienza geo- canalizzazioni a gradini che separano il me- che connettevano i vari livelli. A volte tali gal- Più raro l’uso di torce, mentre Diodoro Sicu- to di vista dell’avanzamento tecnologico, ricavano dunque l’acqua in un trogolo
logica vera e propria, e consistevano preva- tallo dalla ganga. Quindi si procedeva al la- lerie non sembrano pianificate in partenza in lo, citando Agatarchide, riferisce anche del- adottando altri sistemi ben più efficaci, ed in superiore, da dove essa poteva scorrere di-
lentemente nell’osservazione della superficie, vaggio entro canale di quanto rimasto, modo razionale, ma si aggrovigliano in un de- l’uso di lampade applicate alla fronte dei particolare la cosiddetta ‘vite d’Archimede’, un rettamente all’esterno, oppure nel bacino di
alla ricerca di frammenti minerali affioranti o mediante tavole di lavaggio o in legno, a bor- dalo tale che è impossibile disegnare una pian- minatori (3, 12, 6). La sfida tecnologica più congegno inventato in Egitto intorno alla me- pescaggio di altre ruote (a Rio Tinto una se-
di altri indizi esteriori, quali il manto vegeta- di rialzati (simili ai cosiddetti ‘setacci’ della ta della miniera. Le gallerie erano in genere a grande era per i Romani quella posta dall’ac- tà del III sec. a. C. per l’irrigazione, e che a par- rie di 8 coppie portava l’acqua per un dislivel-
le (sulla pirite ad esempio non cresce vege- Corsa all’Oro della California) o intagliate a sezione rettangolare o trapezoidale, più rare qua sotterranea: le miniere di profondità che tire dal I secolo a.C. fu applicato anche lo di ca. 30 m). All’interno della miniera si
tazione), particolari situazioni idriche (quali gradini nella pietra. Questa attività richiede- quelle arcuate (solo alcune delle gallerie di Rio si spingessero al di sotto del livello del mare all’attività mineraria, esempio perfetto, dun- usava naturalmente un’ampia serie di stru-
fuoriuscite di acqua sotterranea), e soprat- va dunque anche la costruzione di acquedotti Tinto in Spagna), grandi a sufficienza in ge- o della falda acquifera erano ovviamente sog- que, di un vero e proprio avanzamento tec- menti, quasi sempre in ferro (anche questa
tutto il colore del terreno. Quest’ultimo è pe- che rifornissero l’area mineraria nere per restare in piedi, ed erano puntellate gette ad allagamento. Furono dunque messi nologico (Domergue-Bordes 2006, pp. un’innovazione romana): martelli, picconi, pic-
rò un indicatore ottimo solo per determinati Diversi i trattamenti per i depositi epigeneti- con travi in legno. Il problema più grave era in opera diversi sistemi di drenaggio: il primo 208-210): “rimuovono le correnti d’acqua con che, mazzapicchi, palanchini (Plinio, Natura-
metalli: “vene di ferro si trovano quasi dap- ci, in cui cioè il giacimento metallico si è for- però quello della ventilazione: i Romani era- e più semplice era la realizzazione di gallerie le cosiddette viti egiziane, che inventò Archi- lis Historia, 33, 72, parla di cunei in ferro e
pertutto, e le genera anche in Italia l’isola d’El- mato dopo la roccia, riempiendone le cavità no perfettamente consci che il pericolo risie- trasversali: “e talvolta nelle profondità si im- mede di Siracusa, quando andò in Egitto; e martelli), quindi rastrelli, vanghe e zappe per
ba, e si possono riconoscere con minima e disponendosi nella forme di filoni e vene. deva nello zolfo che, a contatto con l’aria e battono [i minatori] in fiumi che scorrono sot- tramite esse continuamente muovendo l’ac- la raccolta del materiale. Al paragrafo prece-
difficoltà, rivelandole il colore stesso della ter- Miniere a cielo aperto sono sia descritte dal- con l’umidità, dà vita ad anidride solforosa ed to terra, la cui forza sconfiggono deviando le qua in successione fino all’uscita, asciugano dente Plinio aveva parlato anche di fractaria
ra” (Plinio, Naturalis Historia, 34, 142), ma le fonti (Strabone 4, 2, 1) che note archeolo- acido solforico. Vitruvio suggeriva di calare nel correnti che scorrono verso di loro tramite ca- il punto dello scavo e lo predispongono ade- da 150 libbre, uno strumento usato chiara-
“[l’argento] non si trova se non in pozzi e gicamente: così ad esempio si svolgeva pozzo una lampada per verificare se le esala- nali obliqui” (Diod. Sic. 5, 37, 3). Un altro si- guatamente per la prosecuzione del lavoro” mente per rompere la pietra (forse una spe-
spunta assolutamente inatteso, non essen- l’estrazione dell’oro all’isola d’Elba. zioni fossero così intense da spegnerla. In que- stema – non particolarmente ottimale – era (Diodoro Siculo, 5, 37, 3-4; cfr. anche Strabo- cie di ariete), di cui però non sappiamo niente
doci nessuno scintillio rilucente come nel ca- Dal punto di vista delle tecnologie utilizzate sto caso – aggiungeva – bisogna scavare dei lo svuotamento a mano, che impegnava una ne III, 2, 9). La vite d’Archimede (v. sez. 3, n. altro (Rosumek 1982, p. 16).

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Il materiale veniva a questo punto passato braccio, ad esempio, era noto in Spagna già Sez. 8.2a - Lingotto di piombo tivo imp(eratoris) Aug(usti) n(ostri) - fa sup- Sez. 8.3 - Lex Metalli Vipascensis:
di mano in mano tra diversi minatori finché nel V sec. a. C.), e sono in questo senso un (massa plumbea) porre che l’attività estrattiva dello zolfo in Si- regolamenti delle miniere di rame
non giungeva alla base di un pozzo; è possi- chiaro esempio di sperimentazione ed appli- cilia fosse sotto il controllo imperiale. e di argento di Vipasca (Aljustrel)
bile che nelle gallerie più grandi esso fosse cazione di nuove tecniche. Seguiva dunque il Originale: piombo Il ritrovamento di tegulae con inciso il testo
Provenienza originale: dalla Sardegna, presso porto Originali: da Vipasca (Aljustrel), in Portogallo
anche portato da animali (sono stati rinve- lavaggio della polvere ottenuta. “Augustorum nostrorum” indica un’attività
S. Nicolò e conservato nel Museo Archeologico Materiale: bronzo iscritto
nuti, ad esempio, ferri di cavallo all’interno Una forma di sfruttamento industriale delle Nazionale di Cagliari estrattiva ancora attiva in età tetrarchia o più
Misure:
delle miniere). In alcune strutture di estra- miniere sembrerebbe essersi attuata già a par- Copia in gesso: Roma, Museo della Civiltà Romana, tardi. Luogo di conservazione: Lisbona, Museu Nacional
zione, inoltre, gallerie intagliate con due sol- tire dall’età repubblicana. La gestione delle inv. n. 1546 Per quanto riguarda gli ambiti produttivi in cui de Arqueologia di Belém
chi paralleli, distanti 1,2 m, e a intervalli regolari miniere fu pubblica fino a tutto il I sec. a. C., lo zolfo poteva essere usato, Plinio il vecchio Cronologia: età adrianea
delle specie di piazzole, hanno fatto pensare in seguito cominciò ad affermarsi anche il (Naturalis Historia 35, 178-182) distinguendo Riproduzioni: Roma, Museo della Civiltà Romana
ad un trasporto in contenitori strutturato su controllo privato. Accanto agli ‘imprenditori quattro tipi diversi di minerale, definisce al-
binari (Lewis 2001, p. 15). Una volta giunto al minerari’, uomini ovviamente di ampie fa- trettanti settori di impiego come: la medicina
pozzo, il minerale veniva tirato in superficie coltà, i veri e propri lavoratori si distingueva- (Scribonio Largo, Compositiones, 1, 43, 5: su- L’antica città romana di Vipasca (Aljustrel), in
con un sistema a carrucola, o anche sempli- no da un lato in schiavi e condannati (la perque tegere lana sulphurata totam maxillam; Portogallo, nell’Alentejo, si trova nelle imme-
cemente issato con una fune. condanna a lavorare nelle miniere statali, dam- Ex of(ficina) Gelli / Pelori ((corona)) Plinio., Nat., Hist., 23, 55, 5: que omnium acu- diate vicinanze di un’area mineraria (antica
Il materiale subiva poi direttamente sul sito natio ad metalla, era una delle pene previste Lingotto in piombo di forma rettangolare a se- leatorum venena et pruritus, item contra mul- Metallum Vipascense), ove sono state rinve-
una prima forma di trattamento, in partico- nel diritto romano), dall’altro in liberi sala- zione trapezoidale; nel senso della lunghez- drate. Durante la produzione lo zolfo liquido tipedae morsum calidum in spongea adiecto nute, nel 1876 e nel 1906, due tavole in lega
lare la macinatura del minerale, preliminare riati, le cui condizioni di lavoro potrebbero za, entro un cartiglio a piano ribassato, veniva colato in queste casse e il minerale, una aut sulphuris sextante sextariis III aut hysopi fa- di rame iscritte, con fori di sospensione, re-
alle successive operazioni di conversione e non essere state così misere come si è lun- l’iscrizione a lettere rilevate: IMP(eratori) HA- volta solidificato, acquistava una particolare sciculo. medetur), le operazioni di lavanderia, lative alla disciplina dello sfruttamento delle
arricchimento (Diodoro Siculo, 3, 13, 2). Una gamente pensato; al contrario si è proposto DRIANI AVG(usto), indica che le miniere di forma trapezoidale. Sulla faccia inferiore del- il trattamento della lana e la fabbricazione di miniere ed ai diritti fiscali relativi (Vip. I = CIL
prima triturazione del materiale avveniva an- che il lavoro nelle miniere spagnole potesse piombo della Sardegna erano già sfruttate nel la lastra rimanevano impresse il nome del pro- lucignoli. II, 5181; FIRA2, I, 502-507; Vip. II = AE 1906,
che su incudini i cui segni di usura, estrema- essere per i locali un mezzo di promozione II secolo d.C. ed erano di proprietà imperiale. duttore e dell’officina. Altri usi del minerale propri del settore bellico 151; FIRA2, I, 499-502). Nell’area, sita al-
mente regolari, hanno fatto pensare che su sociale (Santos Yanguas 1997, p. 114). Rari so- La Sicilia non è ricca di materie prime e l’atti- (Sallustio, Bellum, Iugurtinum, 1, 57, 5: contra l’estremità occidentale dell’ampia zona piriti-
di esse il minerale non venisse colpito da uo- no i rinvenimenti di capi d’abbigliamento dei Bibliografia vità estrattiva dello zolfo fu la principale ra- ea oppidani in proxumos saxa volvere, sudis, pi- ca che si estende fino a Siviglia, si estraevano
MCR. Catalogo 1982, p. 310; Wilson 2002, pp. 1-32.
mini, ma tramite una qualche forma mecca- minatori, e Diodoro Siculo (3, 13, 2) lasce- gione della prosperità della città di Agrigento la, praeterea picem sulphure et taeda mixtam rame ed argento, ma forse anche, in quanti-
nizzata, forse messa in moto da energia rebbe pensare che essi lavorassero nudi o se- in età romana. Non ci sono attualmente stu- ardentia mittere) e della metallurgia vengono tà minore, oro e ferro. I giacimenti erano no-
idraulica (Wilson 2002, pp.21-22); seguiva la minudi: si conoscono però sandali, copricapi di dettagliati su questa regione mineraria la cui ricordati da autori greci e romani. (Frontino, ti e sfruttati già dal II millennio a.C., ma con
macinatura vera e propria, per ridurre il mi- in erba alfa, ginocchiere e anche un casco in Sez. 8.2b - Pane di zolfo (tegula attività è essenzialmente conosciuta attraver- Strategemata, 2, 4, 17: Hispani contra Hamil- l’età romana l’estrazione di minerale viene
nerale in polvere. Anche in questo settore bronzo. È chiaro che l’abbigliamento cam- sulfuris) so il materiale epigrafico ritrovato in situ. carem boues uehiculis adiunctos in prima fron- praticata su una scala molto più ampia, in ma-
sembra di poter vedere un progresso tecnico biava di regione in regione, ed anche a se- Le tabulae possono essere suddivise in due te constituerunt uehiculaque tedae et sebi et niera sistematica e razionale: con l’età augu-
notevole nel corso dei secoli (Domergue et conda dell’incarico ricoperto all’interno della Originale: dalle cave di zolfo presso da Agrigento tipologie per forma e contenuto delle iscri- sulphuris plena, signo pugnae dato, incenderunt). stea si organizzò l’insediamento che ospitava
Luogo di conservazione: Agrigento Museo
al. 1997, pp. 57-59): in generale furono in uso miniera (Rosumek 1982, pp. 46-48). Il rilievo zioni. La prima, costituita principalmente da Interessante inoltre l’uso dello zolfo nella pro- i lavoratori (di cui è archeologicamente nota
Archeologico Regionale
in epoca antica per questo scopo tre tipi di di Linares (oggi a Bochum) mostra 9 mina- Cronologia: I - III sec. d.C. grandi lastre rettangolari non di rado con- duzione del vetro. Il minerale sembra infatti la necropoli, in località Valdoca), e lo sfrutta-
macine. La macina a braccio, diffusa solo in tori, di cui l’ultimo sulla sinistra, il più alto, è Copia: realizzata nella materia originaria. Roma, trassegnate da foglie d’edera o rami di palma, fosse utilizzato per rifondere crepe nel vetro, mento proseguì almeno fino alla seconda me-
Occidente a partire dal III sec. a. C., aveva co- il caposquadra. Questi regge una mazza e un Museo della Civiltà Romana, inv. n. 1551 è caratterizzata da testi molto brevi come quel- prassi ricordata da Marziale (Marziale, Epi- tà del III secolo d. C., ma tracce di occupazione
me vantaggi di essere uno strumento sem- altro oggetto, identificato come una campa- li appartenenti ai liberti della famiglia senato- grammata, 1, 41, 3-5: Transtiberinus ambulator del sito proseguono anche, in misura mino-
plice e di dimensioni ridotte, che non na o un contenitore per l’olio, per accendere ria degli Annii, attivi in Sicilia in età Antonina. qui pallentia sulphurata fractis permutat vi- re, nei secoli IV e V.
richiedeva un particolare sforzo per essere le lucerne. Il secondo personaggio regge una La tegula sulfuris - l’originale si trova nel mu- La seconda tipologia, in cui rientra anche la treis). Mentre di Vip. II conosciamo con certezza la
messo in opera; la macina di tipo ‘pompeia- sorta di piccone, con un lato appuntito ed uno seo di Agrigento - fa parte di un gruppo più tegula qui descritta, è caratterizzata invece da S.P. datazione, dal momento che il testo menziona
no’, forse già usata dagli Ateniesi nelle mi- smussato. Il terzo, infine, ha in mano una lu- ampio di ritrovamenti, che constano di circa tegole quadrate contraddistinte da formulari l’imperatore Adriano, simili riferimenti interni
niere del Laurion, si diffuse invece a partire cerna. Tutti hanno lo stesso tipo di abbiglia- 70 tegulae ritrovate nelle zone metallifere del più complessi in cui vengono generalmente mancano in Vip. I, che pure paleograficamente
dal II sec. a. C., e fu l’esito di una ricerca di mento, probabilmente una tunica coperta, territorio di Agrigento in Sicilia. indicati officina e conductor. La datazione di Bibliografia non si discosta molto dall’altra tavola. La mag-
avanzamento tecnologico. Essa infatti può nella parte bassa, da un grembiule, forse in La tegula reca iscritta a lettere rilevate che cor- questo secondo gruppo di lastre può essere Leon H.J., Sulphur for Broken Glass, in Transactions gior parte degli studiosi (ad es. Domergue 1983,
trattare quantità maggiori di materiale, ma- pelle, ma non hanno nessun tipo di prote- rono da sinistra verso destra una breve for- indicata nel III sec. d.C. and Proceedings of the American Philological Associa- pp. 179-180) ritiene che Vip. I sia non di mol-
cinandolo più finemente, e utilizza forza la- zione per la testa (cfr. p. 32, fig. 3). mula che ricorda il nome dell’officina di Entrambe le tipologie hanno dimensioni si- tion, 72, 1941, pp. 233-236; M.C.R. Catalogo,1982, p. to precedente (fine I - inizi II sec.), mentre
310; Salmeri G., Sicilia romana, Catania 1993, p. 29;
voro animale. Ciò nonostante gli svantaggi si F.C. produzione, una corona al di sotto dell’iscri- mili: circa 35 cm di lato. Il ritrovamento di ta- un’altra teoria, in verità meno convincente,
Scaramazza, in T. Frank (a cura di), An economic Sur-
rivelarono superiori ai vantaggi: forse l’usura zione sembrerebbe indicare il simbolo del- bulae con testi che facevano riferimento vey of ancient Rome, III, Baltimore 1937, p. 353; Wil- elaborata subito dopo la scoperta e ripresa
rapida, o la fragilità delle componenti, porta- l’officina (CIL X 8044, 10a; cfr. una seconda all’imperatore - come nel caso di un’iscrizio- son R.J.A., Sicily under the roman Empire, Warminster più recentemente, identifica la lex de metallis
rono infatti ad un suo abbandono alla fine del tegula in CIL X 8044b: ex off(icina) Gell(i) / ne dal museo di Agrigento che indica il geni- 1990, pp. 237-239. dicta cui Vip. I fa riferimento nell’ultimo ca-
I sec. a. C. Nelle miniere orientali si usavano Bibliografia di riferimento Pelori). pitolo conservato proprio con il testo con-
forse anche macine tipo trapetum, ovvero da Domergue 1990; Domergue et al. 1997, pp. 48-61; Do- Particolarmente interessante la forma di que- servato da Vip. II, e ritiene questa dunque
mergue-Bordes 2006, pp. 197-223; Domergue 2008;
frantoio per le olive (cfr. sez. 7, 5-6). Tutti e tre sta tegola che si deve all’uso di cassoni di le- precedente cronologicamente (Lazzarini 2001,
Giardino 1998; Healy 1993; Lewis 2001, pp. 8-19; Pir-
i casi mostrano comunque l’adattamento al zio Biroli Stefanelli 1990; Pirzio Biroli Stefanelli 1991; gno chiamati ‘gavite’ nel cui fondo si p. 14): è bene comunque evidenziare che il II
settore minerario di tecnologie introdotte pre- Rosumek 1982; Santos Yanguas 1997, pp. 109-122; Wil- incidevano a incavo le lettere; tali casse servi- secolo d.C. è il momento di massima inten-
cedentemente in campo agricolo (il mulino a son 2002, pp. 1-32. vano a ‘dare allo zolfo la forma di tegole qua- sità dello sfruttamento minerario in zona. Il

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confronto dei due testi permette in ogni ca- Sez. 8.4 - Le zecche di Roma
so di ricostruire in modo piuttosto dettaglia-
to il regime della concessione mineraria. Vip.
II è un testo di legge elaborato nella forma di Per l’età repubblicana diverse testimonianze at-
lettera scritta da un funzionario imperiale (non testano l’esistenza di una zecca situata vicino
si tratta dunque di una costituzione scritta da al tempio di Giunone Moneta (Livio VI,20,13),
Adriano stesso) a Ulpio Eliano, un liberto, pro- la cui localizzazione non è stata stabilita con
curatore delle miniere di Vipasca, e soggetto certezza sul colle capitolino, sebbene l’ipotesi
dunque al procuratore equestre che in Lusi- più attendibile la collochi secondo l’ipotesi di Strumenti per la coniazione:
tania come in ogni provincia della Spagna era F. Coarelli negli ambienti del Tabularium dedi- 1.martello;
preposto all’intera attività mineraria. Dalle ta- cato intorno al 78 a. C. Non vi è certezza che 2. punzone con il conio di rovescio;
vole apprendiamo che le miniere di Vipasca qui avvenisse tutto il ciclo produttivo, proba- 3. tondello;
non erano sfruttate direttamente dal fisco, ma bilmente vi era custodito l’archivio della zecca. 4. incudine con il conio di diritto
cedute tramite vendita all’asta (Vip. I, 1; il ter- Per l’età imperiale molti indizi situano invece
mine vendita non implica però che l’appalta- la zecca alle pendici del Celio sotto la basilica
tore esercitasse sul giacimento un vero e di S. Clemente, dove è stato ritrovato un edifi-
proprio regime di proprietà, dal momento cio simile come pianta ad uno riportato in un
che, come vedremo, esso poteva essergli sot- frammento della Forma Urbis, ora disperso ma Stampi per fusione di monete
tratto; possiamo piuttosto pensare ad una del quale si conserva un disegno.
sorta di possesso), con diverse forme di con- Per la fabbricazione della moneta esistono due mente’ regolari e ad un peso specifico stabili-
tratto a diversi imprenditori, anche riuniti in tecniche principali: la fusione e la coniazione. to. Si potevano anche ricavare i tondelli da una
società, rispetto alla cui attività lo Stato eser- La prima consiste nel far colare il metallo fu- verga di metallo tramite uno scalpello, tagliando Semisse in bronzo di Paestum con la bilancia per
citava una funzione di controllo e partecipa- po 6 mesi di inattività (Vip. II, 5). Successive di esplorazione, per cercare nuove vene (Vip. so in uno stampo di argilla refrattaria formato a distanza regolare: successivamente anche pesare il metallo da coniare e con scena di coniazione
va agli utili. Una prima forma di contratto era cessioni di miniere appaltate, in tutto o in so- II, 15). Anche lo sfruttamento delle scorie de- da due valve perfettamente combacianti, già questi tondelli venivano rifiniti e pesati. In età
l’occupatio, di carattere esplorativo: l’occupa- cietà, potevano avvenire dietro dichiarazione rivanti da precedenti estrazioni, così come preparate con l’incavo delle impronte del drit- tarda e nel medioevo per la sottigliezza delle
tor si dedicava alle ricerche; quando indivi- al procuratore (Vip. II, 8). Metà del metallo l’estrazione di pietra, erano appaltati e rego- to e del rovescio del pezzo da fondere. Con monete in circolazione, i tondelli potevano es-
duava il giacimento, riscattava la metà derivante dall’estrazione era, ancora una vol- lamentati (Vip. I, 7). All’interno delle miniere, questo procedimento si ottiene la moneta com- sere ritagliati da una lamina di metallo.
appartenente al fisco (Vip. II, 1), ovvero – se- ta, ceduto al fisco; l’appaltatore era tenuto al al di là degli imprenditori che prendevano in pleta in ogni sua parte. La seconda fase consisteva nella coniazione
condo le interpretazioni più recenti e più con- puntellamento delle gallerie ed al loro rinfor- appalto i pozzi, sono attestati tanto schiavi Lo stampo poteva contenere più impronte di vera e propria. L’impronta della moneta era in-
vincenti di un controverso passaggio zo (l’armamento iniziale era ovviamente com- quanto liberi salariati, definiti mercenarii (Ca- monete collegate tra loro e all’esterno da ca- cisa sul conio, eseguito con un metallo più du-
(Lazzarini 2001, 137-47) – pagava 4000 se- pito dell’occupator), nonché alla sostituzione panelli 1984, pp. 137-8). La prima tavola ci sve- naletti che permettevano l’omogeneo espan- ro della moneta da coniare, affinché non si
sterzi nel caso dei giacimenti d’argento (Vip. delle parti lignee marcite; chi avesse rimosso la invece per lo più aspetti delle attività non dersi del metallo fuso da un’impronta all’altra. danneggiasse sotto i colpi di martello. Un’im- Denario di T. Carisius con la testa di Iuno Moneta
II, 2, innovazione adrianea forse introdotta i pali di supporto o avesse in qualche modo minerarie e dunque in certo senso della vita Al momento dell’apertura dello stampo, quan- portanza particolare aveva la preparazione del e gli strumenti per la coniazione (46 a.C.)
proprio per incentivare la ricerca e l’estrazio- danneggiato le strutture, se schiavo, dopo es- quotidiana dell’insediamento minerario, re- do il metallo si era raffreddato, le monete così conio: una volta scelto il tipo doveva essere ri-
ne di questo metallo), e acquisiva il pieno di- sere stato frustato, veniva venduto dietro la golamentando lo svolgimento delle vendite ottenute erano collegate da un cordone metal- portato sul conio stesso o inciso a bulino o
ritto di sfruttamento, passando così alla forma condizione che non lavorasse mai più in una all’asta (Vip. I, 1-2), il funzionamento dei ba- lico, chiamato ‘codolo di fusione’ che era ne- preparato con la tecnica della fusione e poi ri- moltiplicarsi delle officine nelle quali si divi-
contrattuale dell’adsignatio, che lo poneva nel- miniera, se libero, subiva la confisca dei be- gni, che erano aperti alle donne nelle prime cessario spezzare per separarle. Tale processo finito. deva la zecca. Il controllo dello Stato sulla pro-
la condizione giuridica del colonus (Lazzarini ni e l’interdizione perpetua dai terreni mine- sette ore del giorno, agli uomini per tutto il viene utilizzato per le prime emissioni repub- Il conio principale, che generalmente raffigu- pria monetazione era esercitato attraverso il
2001, 113-30; la lettura del Lazzarini è molto rari (Vip. II, 11-13). L’attività estrattiva è regolata resto della giornata (Vip. I, 3), le attività dei blicane di bronzo, in quanto le grandi dimen- rava il dritto, veniva fissato e per questo si de- Senato e il questore urbano come magistrato
più convincente delle precedenti teorie, che con grande precisione: non si può estrarre calzolai, dei barbieri, dei lavandai, dei mae- sioni di questo tipo di monete non consentivano finisce ‘conio di incudine’; l’altro conio, quello tesoriere e appositi funzionari pubblici, i trium-
ritenevano colonus ed occupator sinonimi, ad dopo il tramonto (per paura di estrazioni ‘clan- stri (Vip. I, 4-6; 8). Tutte le attività sono date l’impiego della coniazione, che fu usata inin- mobile, era tenuto con una tenaglia perpendi- viri monetali, la cui esistenza ci è tramandata
es. Capanelli 1984, p. 129). Una volta che l’oc- destine’ che mirino a sottrarre al fisco la me- in concessione ed in forma di monopolio; su terrottamente per i nominali più piccoli dalla colarmente al tondello preparato e scaldato, e dai nomi presenti, per esteso o abbreviati, sul-
cupator avesse individuato la vena metallife- tà di pertinenza), il materiale estratto veniva tutte sopraintende il procuratore delle miniere: riforma semilibbrale e poi per tutte le monete veniva battuto da un operaio un colpo di mar- le monete e da altre fonti documentarie. L’au-
ra in una delle gallerie a lui concesse, doveva poi stoccato all’ingresso della galleria, sul car- la comunità del metallum Vipascense si con- di bronzo dalla riforma sestantaria in poi. tello. Anche il martello aveva le sue particola- torizzazione ad emissioni straordinarie era
immediatamente lavorare senza interruzione reau, indi portato alle officine (Vip. II, 9). Qui figura così non come una parte del territorio Per le monete d’argento e d’oro fu sempre usa- rità: simile ad una mazza era dotato di una attribuita da un senatus consultum ed indicata
nelle altre, per giungere allo stesso risultato il minerale veniva triturato, vagliato, lavato, di un municipio, ma come una sorta di di- ta la tecnica della coniazione. Questo metodo, faccia adatta alla percussione, mentre l’altra, sulle monete con le sigle SC o EX SC. Per il pe-
(Vip. II, 3); dopo di che aveva 25 giorni per per ottenere il metallo che era quindi fuso. Il stretto ad amministrazione speciale, diretta- più complesso si realizza in due fasi: la prima leggermente curva ed appuntita, serviva a stac- riodo imperiale la monetazione era di compe-
poter preparare tutto il necessario (macchi- canale di scolo delle acque all’interno delle mente controllato da un funzionario imperiale, consiste nella preparazione del tondello, la se- care la moneta che poteva rimanere attaccata tenza del Princeps che affianca al triumviro
nari, manodopera, risorse finanziarie), poi do- gallerie (cuniculus), che impediva l’inonda- con autorità decisionale anche in campo pe- conda nella imprimere i tipi sulle due facce del- ad uno dei coni. monetale il rationales, addetto alla finanza pub-
veva avviare immediatamente l’attività di zione dei pozzi, non poteva essere occupato, nale (Capanelli 1984, pp. 145-146). la moneta. Per la preparazione dei tondelli si La responsabilità della buona riuscita di blica, responsabile del controllo delle entrate
estrazione. Se questa veniva sospesa per 10 ed era obbligatorio lasciare liberi 15 piedi su F.C. usava sia lo stesso procedimento delle mone- un’emissione era quindi affidata all’abilità de- e delle uscite della zecca. Da Traiano fino alla
giorni consecutivi l’appalto era considerato entrambi i lati di esso nelle miniere di rame, te fuse, impiegando uno stampo liscio e spes- gli operai della zecca che costituivano la fami- caduta dell’impero è documentata l’esistenza
nullo e la concessione veniva riassegnata (Vip. 40 in quelle di argento (Vip. II, 14; 16; 18). Il Bibliografia so ad una sola faccia che produceva tondelli lia monetalis. Aumentando la quantità di un procurator monetae al quale facevano ca-
II, 4). Dopo la messa in opera definitiva, in- procuratore poteva accordare una parziale de- Capanelli 1984, pp. 121-146; Domergue 1983; Flach di forma lenticolare che successivamente ve- necessaria di denaro per i commerci dell’im- po gli addetti della zecca.
vece, si considerava la concessione nulla do- roga solo per scavare nuove piccole gallerie 1979, pp. 399-448; Lazzarini 2001. nivano rifiniti per portarli a forme ‘perfetta- pero essi dovettero aumentare di numero col P.C.

214 215
Sez. 8.5 - Valva di matrice per Sez. 8.6 - Stadera (statera) ligonale presentava due o tre facce graduate,
fusione di tessere plumbee ciascuna delle quali corrispondeva ad un gan-
La tecnica orafa in età romana
Tecnica: fusione cio di sospensione posto presso il fulcro.
Materiale: marmo palombino Materiale: bronzo: stadera con peso a forma di
Data la praticità d’uso della stadera rispetto
Misure: 13 x 8 x 2,5 busto femminile (Minerva?)
Originale: da Pompei. Napoli, Museo Archeologico alla bilancia a due bracci di uguale lunghez-
Cronologia: I-III sec. d.C.
Luogo di conservazione: Roma, Antiquarium Nazionale za, il suo funzionamento e il suo aspetto so- Luigi M. Caliò
Comunale, inv. n. 7565 Cronologia: I sec. d.C. no rimasti praticamente invariati nel corso
Riproduzione: copia in bronzo: Roma, Museo della dei secoli fino ai nostri giorni con l’adozione
Civiltà Romana, inv. n. 3928
di sistemi di pesatura elettronica.
La stadera poteva avere anche una sua ele-
ganza estetica nella diversa caratterizzazione
Si deve ai Romani l’uso e l’applicazione pra- del ‘romano’, cioè del peso, in bronzo fuso
tica su vasta scala della bilancia (libra) a brac- ripieno di piombo, che poteva assumere la La tecnica orafa antica è rimasta sostanzialmente invariata nelle
ci di uguale lunghezza, già nota ai Greci come forma di piccolo busto di una qualche divini- sue linee generali fino a epoca moderna e utilizza procedure di la-
leva con un centro di gravità, più precisa e uti- tà soprattutto Minerva, Mercurio, Dioniso, vorazione sostanzialmente analoghe: la fusione, la lavorazione a
lizzata per pesature di monete e metalli pre- Apollo, Giove Ammone, o di oggetti vari, qua- lamina, la filigrana.
ziosi o di tipo amministrativo; tuttavia li ghiande, maialetti etc. La fusione poteva essere in valve doppie o singole (nel primo ca-
utilizzarono di preferenza la statera con brac- so si ottiene un oggetto a tutto tondo, nel secondo un oggetto a
cio graduato, piatti (da uno a tre portate) e rilievo con il retro liscio), ma viene realizzata soprattutto con la
peso cursore o con punto di sospensione gra- Bibliografia tecnica a cera persa. Questa utilizza un modello di cera rivestito
duato (facendo riferimento ad un sistema uf- Darember, Saglio 1877-1918, s.v. libra; Della Corte 1911- successivamente da terra o gesso; sempre in cera vengono rea-
1913, p. 37; Di Pasquale 1994; Lazzarini 1948, p. 221
ficiale di valori ponderali, spesso inciso lizzati i canali che servono alla colata dell’oro e allo sfiato della ce-
ss.; Misurare la terra 1985, pp. 208-210 (M. Bertinet-
sull’asta, che garantiva l’effettuato controllo ti) e pp. 211- 223 (D. Candilio) ra. Quando l’oro fuso viene introdotto nel canale principale, la cera
di legittimità rispetto ai campioni conservati fuoriesce dagli sfiati secondari e il metallo ne occupa il posto. La
in Capitolium) tecnica della cera persa permette, rispetto a quella più semplice a
La statera era caratterizzata da due bracci di matrice, una maggiore possibilità di modellazione dell’oggetto e
differente lunghezza; al più lungo suddiviso di resa plastica, con passaggi di piano più repentini ed un uso Fig. 1 - Sistemi di stampaggio di una lamina
in tacche era attaccato un peso mobile, il c.d. maggiore del sottosquadro. (da Williams Odgen 1994)
‘romano’ (aequipondium), sull’altro a distan- Gran parte dell’oreficeria antica viene tuttavia creata a partire dal-
za fissa veniva attaccato il carico. Il valore del- la lamina e dal filo. La prima si ottiene mediante il progressivo
la pesata era determinato dallo spostamento martellamento di un lingotto di forma appiattita o, in tempi più
del ‘romano’ lungo l’asta segnata: pur rima- recenti, attraverso il passaggio tra rulli sempre più ravvicinati. La Fig. 2 - Lavoro di cesellatura (superiormente)
nendo immutata la massa di tara, si otteneva lamina così ottenuta poteva poi essere tagliata e lavorata a cesel- e incisione su un castone
l’equilibrio, variando la distanza dal fulcro. La lo o a stampo oppure piegata tramite la martellatura su una for- (da Williams Odgen 1994)
La valva di matrice per tessere plumbee, qua- stadera poteva avere uncini o piatti a secon- ma o un’anima d’altro materiale (fig. 1). Plinio ci informa che gli
si integra, di forma rettangolare, presenta ai da della merce che si doveva pesare (carne o artigiani romani potevano ricavare da un’oncia (circa 27 gr) d’oro
quattro angoli i fori per l’imperniatura del se- frutta). Inoltre la stadera poteva essere usata oltre settecentocinquanta fogli d’oro di quattro dita per lato (Na-
condo elemento della valva, che costituiva co- non solo per una, ma anche per due o tre por- turalis Historia 33, 61).
sì la matrice completa: uno dei fori è ancora tate: in questo caso l’asta lunga a sezione po- Una lamina d’oro, ma anche un oggetto ottenuto per fusione, co- Fig. 3 - Preparazione del filo d’oro da una lamina.
occluso da resti del perno di piombo che sal- me per esempio la superficie di un castone di anello in oro, poteva (da Formigli 1983)
dava le due valve. Su uno dei lati corti si trova essere decorata tramite cesellatura. Il cesello è una sorta di piccolo
un incasso a imbuto per la colatura del piom- scalpello che termina con teste di varia foggia e veniva utilizzato per
bo collegato ad una rete di cataletti, uno cen- decorare a sbalzo le lamine o per rifinire oggetti a fusione piena. Di-
trale con otto diramazioni, che raggiungono 9 versamente dallo scalpello, il cesello non provoca una asportazio-
alveoli. Questi, di forma circolare (diam. cm ne del metallo, ma agisce tramite una pressione provocata da un
1,4/1,8) recano incisa al centro la lettera ‘A’. martello (fig. 2). Il lavoro del cesellatore è particolarmente delicato
Queste matrici erano utilizzate per la fabbri- perché la lamina può essere facilmente rotta da un uso improprio
cazione di tessere che permettevano, a chi le dello strumento. Se la figura doveva essere ripetuta più volte sulla pinza, ottenendo così un filo elicoidale ancora non completamente
possedeva, di usufruire di benefici (accesso lamina si utilizzava lo stampaggio, ottenuto attraverso l’uso di pun- lisciato (fig. 3). Il filo così ottenuto o eventualmente un lingotto
all’anfiteatro o ai giochi nel circo, etc.). zoni oppure pressandola dentro o sopra una forma. sono successivamente passati in una filiera, strumento ancora og-
M.C. Il filo d’oro, che è alla base della lavorazione a filigrana e che può gi utilizzato in oreficeria che consiste in una barra in metallo o pie-
essere applicato con intento decorativo o costituire in alcuni casi tra nella quale sono ricavati alcuni fori passanti il cui diametro
la struttura stessa del gioiello, è realizzato a partire dalla stessa la- diminuisce progressivamente. Il filo è tirato con pinze attraverso
Bibliografia mina o, in un momento successivo, da un lingotto di forma al- i fori diminuendo, ad ogni passaggio, il proprio diametro fino al-
Di Stefano Manzella 1987, p. 93, figg. 106-106A lungata. La lamina è tagliata in striscioline e poi ritorta tramite una la misura desiderata.

216 217
Sez. 8.7 - Il Tesoro di Hildesheim

Rinvenuto nell’ottobre del 1868/1865 in occa-


sione dei lavori per l’installazione di un campo
di tiro sul Galgemberg a sud-est di Hildesheim
(circa 250 km al di fuori del confine romano sul
Reno), il tesoro, sepolto nella seconda metà del
Fig. 4 - Lavorazione ‘loop in loop’ (da Williams Odgen 1994) I sec. d.C., si compone di circa settanta pezzi
(62 completi o quasi e parte di altri) di vasella-
me argenteo identificati come un bottino di
Fig. 5 - Lavorazione di un filo d’oro (da Williams Odgen 1994) guerra, piuttosto che come il campionario di
un commerciante giunto fin qui per scambi con
Il filo d’oro così ottenuto è alla base di diverse lavorazioni, di cui veniva effettuata ricoprendo l’oggetto con una mistura di oro e le popolazioni di confine. L’assenza di unità sti-
la più comune è quella delle catene di forma semplice, ma anche mercurio e poi riscaldandolo facendo evaporare il mercurio. Il ri- listica permette di ipotizzare una diversa pro-
più complessa, che partono dalla lavorazione ‘loop in loop’ dove sultato è una distribuzione costante dell’oro sulla superficie. venienza dei vari manufatti alcuni dei quali sono
l’anello è piegato al centro e agganciato ad un secondo anello sem- In epoca romana cresce il livello di specializzazione delle mae- documentati in tombe e rinvenimenti della Ger-
pre piegato (fig. 4) per arrivare a costruire maglie e cordoni. L’esi- stranze tra cui vengono citati dalle fonti figure come gli aurifices, mania e perciò attribuibili a officine provincia-
to finale di questa tecnica porta poi a creazioni di notevole effetto i bractearii che si occupavano della martellatura delle lamine, i cae- li forse galliche, mentre i restanti, di notevole
come le complesse catene a spina di pesce. Il filo utilizzato come latores (cesellatori), gli excusores (fonditori) o come gli artigiani fattura, sono assenti nel panorama dei rinve-
applicazione decorativa può essere impiegato liscio, ritorto, go- specializzati nell’intaglio delle pietre (gemmarii, gemmatores) e nimenti locali e sono attribuiti a officine ester-
dronato, intrecciato o perlinato; quest’ultimo caso è ottenuto con nell’incastonatura (inclusores) o nella toreutica (crustarii o ana- ne, di cui resta dubbia la localizzazione.
una matrice a due valve o piuttosto con uno strumento concavo glyptarii) o nel trattamento delle perle come i margaritarii. La metà circa dei pezzi reca incise delle iscrizio-
che veniva fatto scorrere sul filo stesso (fig. 5). Numerose pietre impreziosiscono l’oreficeria romana: calcedoni, ni che ne indicano il peso e numero progressi-
Nell’oreficeria romana continua la tecnica della granulazione per la diaspri, smeraldi, corniole, sardoniche, onici, lapislazzuli, grana- vo, indicando l’appartenenza degli oggetti - che
decorazione accessoria, anche se con sfere di dimensioni più gran- ti. Una panoramica delle pietre preziose in uso sotto l’impero la appaiono lungamente usati - a più persone.
di rispetto al periodo arcaico e classico. I granuli sono realizzati ta- fornisce Plinio nel XXXVII libro; il naturalista pone al primo posto Copie galvanoplastiche di 40 pezzi sono espo-
gliando la lamina in piccoli frammenti quadrangolari e riscaldandola nella scala dei valori delle gemme il diamante (diffuso, però, solo ste nel Museo della Civiltà Romana (Roma),
in un miscuglio con polvere di carbone. Il calore fonde i frammen- molto più tardi, a partire dalla metà del XVII secolo), seguito dal- tra cui particolarmente preziosa quella del
ti, che formano naturalmente sfere di piccole dimensioni. le perle e poi agli smeraldi, gli opali. Per l’oreficeria più corrente ‘cratere d’argento decorato con tralci di acan-
I vari elementi che compongono l’oggetto finale possono essere si era soliti incastonare al posto delle gemme paste vitree colora- to’, purtroppo perduto o trafugato durante la
assemblati meccanicamente o mediante una saldatura superfi- te ad imitazione delle pietre preziose o utilizzarle come pendenti seconda guerra mondiale.
ciale ottenuta con sali di rame e una colla organica. Quest’ultima, per gli orecchini o vaghi per collane.
riscaldata, carbonizza e provoca una riduzione del rame che si le- Agli oggetti poteva essere applicata anche una decorazione a smal- Il tesoro di Hildesheim 12. Kantharos decorato con maschere di Dioniso fra precedenti se ne discostano solo nelle dimensioni.
ga all’oro, abbassandone il punto di fusione in superficie e pro- to (vitrum) che dava una maggiore nota coloristica all’oggetto; 1. Grande coppa con figura di Atena; I sec. a.C. tralci di vite e edera. I sec. d.C.
vocando così la saldatura del filo o dei granuli. Plinio conosce una 2. Coppa con Herakles fanciullo che uccide i due 13.14. Kanthari di forma identica e decorazione simile, 30. Piatto portauovoa, I sec. d.C.
l’uso si sviluppa soprattutto in età tardo antica con il perfeziona-
serpenti; I sec. a.C. La coppa in se è stata privi di anse. La decorazione è organizzata su 31. Coppa.
mistura chiamata santerna composta da crisocolla, verderame di mento della tecnica cloisonné, che consisteva nel riprodurre i con- identificata come il prodotto di un’officina gallica due registri: in quello superiore elementi bacchici 32. Coppa.
Cipro, urina di fanciullo, nitro e tritata in un mortaio di rame con torni e le partiture interne di una figura attraverso una trama di al contrario dell’emblema centrale che pare sono inseriti in un ambiente naturalistico con 33.34.35. Piatti da portata.
un pestello anch’esso di rame (Naturalis Historia, 33, 93). celle sistemate su un supporto metallico, poi riempite da smalti essere una creazione più tarda. alberi, erme e ghirlande; il registro inferiore è 36. Abacus formato da un treppiede di argento
L’oro era utilizzato anche per la doratura di oggetti in materiale di colore diversi. 3. Coppa con figura di Cibele; I sec. a.C.. interamente occupato da girali d’acanto popolati pieghevole sul quale era poggiato un ripiano
meno pregiato. Secondo Plinio era applicato col bianco dell’uovo 4. Coppa con figura di Attis I sec. a.C.. da insetti e animali. Anche il piede è ornato di anch’esso d’argento.
5. Coppa ovoidale liscia con sottile fregio decorato foglie d’acanto. I sec. a.C. 37.38.39.40. Casseruole. 60-70 d.C.
sul marmo e su altri materiali che non potevano essere riscalda- sotto l’orlo, prodotto di officina gallica, in origine 15. Anse. 41. Manici.
ti, con una colla particolare chiamata leucophorum sul legno (Na- Bibliografia. facente parte di un gruppo composto di quattro 16. Grande cratere, ora perduto, decorato a sbalzo 42. Recipiente per vivande
Duval, Eluère, Hurtel 1989, pp. 5-13; Formigli 1976, pp. 203-210; Formigli 1979, pp.
turalis Historia, 33, 64; 35, 36). Per i metalli, la doratura era tuttavia coppe databili tra la fine del I sec. a.C. e l’inizio con tralci di acanto popolati da amorini. I sec. 43. Recipiente scanalato probabilmente utilizzato per
281-292; Formigli 1983, pp. 321-333; Formigli 1985; Formigli, Heilmeyer 1990; For-
spesso applicata in modo meccanico, martellando a freddo l’og- del I sec. d.C.. d.C. servire l’arrosto.
migli 1992, pp. 68-72; Formigli 1993a, pp. 15-18; Formigli 1993b; Formigli, Pacini 6.7. Coppe decorate con viticci tra foglie. 17. Cratere a volute 44. Base d’appoggio
getto da dorare rivestito dalla lamina d’oro. Plinio tuttavia cono- 2008; Mello, Parrini, Formigli 1983, pp. 548-551; Parrini, Formigli, Mello, pp. 118- 8. Coppa decorata con ghirlande, composta di varie 18. Brocca 45. Bicchiere troncoconico rinvenuto in coppia con un
sce anche la doratura a caldo (Naturalis Historia, 33, 64-65) che 121; Pirzio Biroli Stefanelli 1992;Treister 2001; Williams, Ogden 1994. parti realizzate separatamente e fuse insieme. La 19. Attingitoio con ansa coperta da un tralcio di edera, altro frammentario di analoga forma e simile
decorazione esterna, ottenuta a sbalzo e cesello, I sec. d.C. decorazione. Decorazione realizzata su fasce
si compone di ghirlande di fiori e frutti sospese, 20. Ansa. sovrapposte composta lotte di animali e tralci
mediante un nastro legato da un fiocco, a un 21. Treppiede. vegetali. Inizi I sec. d.C.
tirso e una torcia incrociati sotto le anse. 22.23.24. Tre set di vassoi (lanx) composti di tre pezzi 46. Bicchiere di produzione provinciale.
Attribuita a bottega italica si data tra la fine del I ciascuno, attribuiti ad officina gallica; I sec. d.C.
sec. a.C. e l’inizio del I sec. d.C.. 25.26.27. Set di coppe. Bibliografia
9. Coppa decorata con un ramo di alloro. 28. Coppe rinvenute nel numero di quattro, decorate Trésors d’orfèverìe 1989, pp. 70-75; EAA IV = Enciclope-
10. Coppa decorata con maschere. con tralcio di edera realizzato a niello. I sec. d.C. dia dell’Arte Antica, vol. IV, Roma 1958, pp. 32-33 (H.
11. Frammento di elemento vegetale. 29. Coppia di piccole coppe con anse, uguali alle Kähler); Pirzio Biroli Stefanelli 1991, p. 271.

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Sez. 8.7a - Tesoro di argenterie da nere molte galline allo scopo di incrementar- Sez. 8.7b - Tesoro di argenterie da su una roccia, il braccio sinistro sorregge av- Sez. 8.8 - Lucerna in bronzo Il coperchio è costituito da un disco su cui è
Hildesheim: piatto per uova ne la produzione (Catone, De agri cultura. 143, Hildesheim: coppa con figura di volgendolo lo scudo, il destro è posato su un bilicne saldata una statuina di sileno, che danza: la
3), erano vendute nelle osterie, presentate al- Athena seduta su trono elemento verticale dall’estremità superiore ri- gamba sinistra è flessa e avanzata, provo-
Tecnica: fusione e incisione l’acquirente in vasi di vetro colmi d’acqua in- curva, identificato come un timone o un’an- Tecnica: fusione cando una lieve torsione del busto. La mano
Originale: piatto in argento Tecnica: fusione, lavorazione a sbalzo, doratura, Materiale: bronzo
sieme a fegatini, cipolle e altre leccornie cora. La dea indossa una lunga veste, egida sinistra regge una coppa mentre il braccio
Misure: diametro cm 27; altezza cm 5.9; peso gr 514. incisione Dimensioni: h 25 x 27 x 15
Provenienza: da Hildesheim, Hannover, Germania. (Macrobio, Saturnalia, 7, 14, 1). Un vaso di ve- ed elmo a tre creste sostenute da una sfinge Provenienza originale: Pompei corrispondente trattiene un mantello che, dal-
Originale: coppa in argento lavorato a sbalzo,
Luogo di conservazione: Berlino, Staatliche Museen tro contenente uova è raffigurato sulla parete dorato in più punti. e due pegasi, ripresa dell’iconografia fidiaca. Cronologia: I d.C. la spalla su cui poggia, scende sul braccio ri-
Preussicher Kulturbesitz, Antikemuseum. Inv. n. di una taberna di Ostia antica. Le uova, sia Misure: diametro con ansa cm 32,5; diametro Lo sfondo della scena è caratterizzato esclu- Luogo di conservazione originale: Napoli, Museo piegato per poi pendere in pesanti pieghe. Il
3779, 58. quelle deposte dalle galline di allevamento sia emblema cm 16; peso gr 1984. sivamente dalla roccia, posta davanti alla di- Archeologico Nazionale braccio destro è sollevato in alto, la testa del
Datazione: I sec. a.C. Provenienza: da Hildesheim, Hannover, Germania. Riproduzione in bronzo: Roma, Museo della Civiltà
quelle raccolte dai nidi, erano consumate in vinità, sulla quale si trovano una corona di satiro è lievemente piegata in basso ed è co-
Copia galvanoplastica: Roma, Museo della Civiltà Luogo di conservazione: Berlino, Staatliche Museen Romana, inv. n. 3312
Romana, inv. n. 2649 diversi modi: si bevevano fresche (ovum sor- foglie d’ulivo, pianta sacra alla dea, e una ci- ronata da una tenia trattenente una coronci-
Preussicher Kulturbesitz, Antikemuseum. Inv. n.
bile), alla coque (ova [h]apala, molli) con un 3779, 1. vetta. La presenza del timone potrebbe rife- na di pampini.
cucchiaio particolare detto (h) apalare e ac- Datazione: I sec. a.C. rirsi al legame che la figlia prediletta di Zeus Le lucerne di bronzo si presentano come un
compagnate da una salsa al garum e da di- Copia galvanoplastica: Roma, Museo della Civiltà ha con la navigazione: ella, infatti, nata dal- Lucerna bilicne. Alto piede campanulato, va- oggetto di alta qualità, riservato alle classi
Piatto poco profondo, con fondo piano. L’in- versi condimenti, oppure fritte o sode (Apicio, Romana, inv. n. 2675 l’unione del divino Zeus e di Metis, figlia del- sca globulare decorata ai lati da foglie di vite agiate, sia per il materiale di cui sono com-
terno presenta dodici incavi destinati proba- De re coquinaria, 7, diciannove.). Generalmente l’Oceano e personificazione di ragione e in parte staccati dal piano. Lunghi becchi tu- poste, sia per la lavorazione più costosa.
bilmente a contenere delle uova, sistemati servite come antipasto erano anche usate per intelligenza, è considerata come colei che ha bulari decorati da girali nella parte superiore Esistono casi particolari di lucerne, sia fittili
intorno a uno spazio centrale decorato a in- arricchire alcuni tipi di pane e secondo Plinio, Grande coppa con piccolo piede circolare, de- insegnato agli uomini a navigare, adorata a e terminanti a U in un bordo sporgente de- sia bronzee, in forma di piedi, animali, teste
cisione con le figure di dodici fiori di tipo di- che ne enumera le diverse doti curative, era- corata all’esterno da foglie lanceolate, orlo e Lindo come la dea che aveva insegnato a Da- corato a solchi paralleli; nella parte posterio- di satiri o pigmei.
verso, su lungo stelo, disposti a raggiera e al no l’alimento più indicato per nutrire i malati piede sottolineati da una fila di perline; le due nao a costruire la prima nave a cinquanta re- re dei becchi, testina in rilievo di donna con S.S.
centro un fiore a sei petali. Sul retro è graffito in quanto non appesantivano e offrivano con- anse, fuse separatamente, sono decorate nel- mi è ricordata, inoltre, come colei che dirige boccoli, rivolta verso il basso. Ansa ad anel-
MARSI pondo II nucias II scripula II, il peso temporaneamente le qualità di una bevanda la parte superiore da un elemento floreale. i lavori per la costruzione della nave degli ar- lo coperta superiormente da una ricca deco- Bibliografia
corrispondente a gr. 771,75 è notevolmente di- e di un alimento solido (Plinio, Naturalis Hi- La parete interna, dal profilo concavo, pre- gonauti e che guida nella notte i naviganti at- razione a traforo costituita da girali, foglie e Valenza Mele 1981, p. 38, figg. 59 a-b-c-d; Pirzio Biro-
verso rispetto a quello riscontrato, tale diffe- storia, 29, 39-55). senta una decorazione a palmette ed elementi traverso le sconfinate vie del mare; si tratta fiori. li Stefanelli 1990.
renza è da attribuire alla presenza in origine M.C. floreali; una fascia decorata da kyma lesbio, dell’Atena identificata con l’epiteto di Aithia
di tre piedi metallici di cui restano gli incastri. succeduta internamente da un motivo a per- già riconosciuta nel tipo statuario dell’Atena
Bibliografia:
Le uova erano un alimento molto consuma- line, incornicia l’emblema decorato a rilievo detta ‘Rospigliosi’, nota anche da un esem-
Pernice, Winter 190; Gehring 1967; Gehring 1980; L’ali-
to dagli antichi romani tanto in città quanto mentazione nel mondo antico 1997; Pirzio Biroli Ste- posto sul fondo del vaso, qui mediante un ri- plare degli Uffizi, rappresentata anch’essa co-
in campagna, si trattava di un prodotto delle fanelli 1991, p. 273, n. 100, fig. 174; Cerchiai 2004; lievo molto alto è resa la figura di Atena re- me la divinità della coppa di Hildesheim, in
campagne, dove era compito della vilica te- Antichi sapori 2005. trospicente, rappresentata di tre quarti seduta ambiente roccioso con la civetta poggiata su
una roccia e lo sguardo rivolto verso il cielo.
Il manufatto, attribuito a produzione siriana
e datato alla metà del I sec. a.C., discende da
prototipi di età ellenistica molto apprezzati
dai Romani: si tratta delle sontuose coppe
con emblema testimoniate in questo stesso
tesoro anche dalle coppe con l’immagine di
Herakles e con i busti di Cibele e Attis. Que-
sto tipo di coppa, come la coppa con busto
di Africa dal tesoro di Boscoreale (Pirzio Bi-
roli Stefanelli 1991, cat. N. 37, fig. 99), insie-
me ad altri pezzi sontuosi, più che essere
impiegate nel convivio, erano esposte su ta-
voli appositi per essere ammirate dagli invi-
tati, come testimoniato da Cicerone quando
parla della casa di Diocle di Lilibeo e di quel-
la di Sisenna con triclini carichi di argenterie
(Cicerone, In Verrem, II, 4, 15, 33.).
M.C.

Bibliografia:
Anti 1920, pp. 269-318; Canciani 1984, n. 269; Gehring
1967, p. 19, tav. I; Gehring 1980, p. 13, tav. I.; Kuthmann
1959; Pernice, Winter 1901, pp. 21-24, tavv. I-II; Pirzio
Biroli Stefanelli 1991, p. 271, n. 91, fig. 167.

220 221
giore programmazione ed organizzazione); quella silvo-pastorale, le-
Falegnameria e carpenteria gata sia all’allevamento che alla raccolta di altri prodotti del bosco. Se-
condo Catone (De agricultura 1, 6) la proprietà di un bosco sottoposto
a tagli regolari per la produzione di legna e soprattutto legname (silva
caedua) rendeva di più del bosco legato al pascolo ed alla raccolta, so-
Francesca Diosono prattutto di ghiande (silva glandaria); il bosco rappresentava, comun-
que, all’interno di una tenuta agricola, un’attività a basso investimento
ed a rendita garantita, con costi di gestione quasi nulli dato che la pro-
duzione era spontanea.
Il legname da costruzione, per il suo vastissimo impiego, era tra le
merci maggiormente richieste dai mercati più importanti, come quel-
lo di Roma e di altre grandi città, che ne consumavano quantità e vo-
Nel Mediterraneo antico il legno era senz’altro una delle più impor- lumi assai consistenti. Esso doveva essere selezionato negli anni,
tanti e preziose materie prime e tra le più diffuse, essendo rappre- abbattuto e trasportato anche su lunghe distanze, con un prezzo che
sentato da una grande varietà di specie arboree dalle diverse cresceva in rapporto alla lunghezza del tronco ed al tipo di albero, fi-
caratteristiche. Si trattava della principale fonte di energia e di riscal- no a raggiungere anche somme notevoli. Il pino e l’abete erano con-
damento e di uno dei materiali fondamentali nell’edilizia. Si utilizza- siderati le migliori specie per l’edilizia, dato che raggiungevano
va, inoltre, il legno per costruire armi e fortificazioni, strutture lunghezze impossibili per altri alberi, come la quercia, più resistente
temporanee o permanenti anche di grandi dimensioni quali ponti e ma che cresce molto più lentamente delle altre due.
teatri, coperture, mezzi di trasporto su terra e imbarcazioni, moli e La legna da ardere, invece, non comportava una selezione del mate- Fig. 2 - Pompei. Insegna di officina lignaria con processione di falegnami (I sec. d.C.).
banchine, mobili, attrezzi, utensili e numerosissimi tipi di oggetti. riale da raccogliere e da immettere sul mercato; era un prodotto di Il dipinto si trova all’esterno di quella che è stata identificata come una officina
Rispetto a quanto viene (oggi ed a partire da epoca assai più recen- vasto consumo, rappresentato da rami, ceppi, arbusti, alberi giovani lignaria, ossia una bottega di falegnami. Si tratta di una testimonianza
te) sfruttato e che lo ha soppiantato sia come materia prima che co- ed altri materiali di scarso valore, reperibili con maggiore facilità e la preziosissima, poiché è una della pochissime rappresentazioni di una processione
me combustibile, il legno era un materiale relativamente facile da cui qualità non era un fattore molto importante. Lo stesso valeva per religiosa di lavoratori romani. Vi si vedono, infatti, i magistri della professione,
reperire, caratterizzato da bassi costi di produzione e che si rinnova- il legno destinato a produrre oggetti di uso quotidiano, attrezzi e uten- indicati dal bastone che recano in mano, portare a spalla una portantina ornata di
va da solo nel tempo, anche se lentamente. sili, mentre tempi più lunghi e competenze più specifiche erano ri- ghirlande e di imagines relative al loro mestiere. Di esse, la prima a destra
La produzione e la lavorazione del legno, per la natura stessa del ma- chieste per la produzione di carbone e pece. Una maggiore attenzione rappresenta Dedalo che ha ucciso il nipote colpendolo in testa con il compasso da
teriale, sono stati caratterizzati da grande conservativismo sia nei me- all’essenza legnosa ed alla qualità del materiale era, infine, necessa- lui inventato; le altre due sono raffigurazioni di falegnami al lavoro. (riproduzione:
todi che nelle tecniche, per cui si sono mantenuti quasi inalterati nei ria per la costruzione di mobili, per i quali, ad eccezione dei prodotti Roma, Museo della Civiltà Romana)
secoli, dal mondo antico fino all‘età contemporanea; solo, infatti, con di lusso, si tendeva comunque ad utilizzare le specie arboree dispo-
la produzione industriale sono state abbandonate le tecniche tradizio- nibili nel territorio. da costruzione, il materiale era direttamente condotto verso il luogo
nali della falegnameria, ma molti degli utensili che fino a pochi anni fa, Il taglio delle piante nel bosco avviene di solito in autunno, concluso il di lavorazione e di stoccaggio, con un trasporto su carri e, soprattut-
ed in alcuni casi ancora oggi, si impiegavano a livello artigianale erano periodo della crescita annuale, ed è un momento che va ben scelto ed to, per via fluviale e marittima, garanzia di una spedizione più rapida
gli stessi utilizzati in età romana. Le nostre principali fonti di informa- organizzato, come va operata una selezione di quante e quali piante ed economica (cfr. sez. 6). Sia nel caso del legno da carpenteria che
zione sul legno nel mondo antico non sono molte (scarsissimi resti ar- abbattere. Gli strumenti del taglialegna in età romana erano ascia, cu- per quello da falegnameria, a questo punto il materiale era lasciato
cheologici, epigrafi, bassorilievi...) e sono rappresentate soprattutto da nei e sega (sez. 7, n. 7). Con l’ascia si interveniva alla base del tronco essiccare, trattando la superficie in modo che non si deformasse o
testi letterari: Teofrasto, naturalista greco del IV secolo a.C., la cui trat- con forza, tagliando le fibre perpendicolarmente; essa poteva avere una non vi apparissero macchie; questa fase poteva durare anche diversi
tazione segue il punto di vista della scienza dell’epoca; Plinio il Vecchio, Fig.1 - Roma. Colonna Traiana. Particolare che rappresenta una scena di raccolta sola lama o una lama ed una punta Se il diametro di un albero era par- anni, a seconda della qualità di legno. Solo quando era giunto nel can-
che in età flavia, nella stesura dei libri XVI e XVII della sua enciclopedia di legna da parte dei soldati. Il bassorilievo mostra vari momenti di questa attività, ticolarmente ampio, si usava la sega a due manici, manovrata da due tiere e nell’officina, invece, il tronco era scortecciato, con la scure o
Naturalis Historia, prende spunto dal precedente autore ma anche da dall’abbattimento dell’albero a diversi tipi di trasporto della legna. Gli attrezzi che persone, mentre contemporaneamente, con l’avanzare del taglio in pro- uno strumento apposito, fatto da una lama rettangolare montata su
altre fonti; Catone, Columella e Palladio, che rispettivamente nel II se- dovevano trovarsi in mano ai personaggi (i cui gesti fanno intuire, ad esempio, fondità nel tronco, si collocavano in esso dei cunei, per evitare che il le- di un lungo manico, il quale tagliava in strisce la corteccia senza dan-
colo a.C., nel I e nel IV secolo si interessano degli alberi all’interno del- l’uso di un’accetta) erano modellati in bronzo e sono stati trafugati dal monumento gno pesasse troppo sulla lama, lasciando ad essa maggiore spazio neggiare il legno e riducendo al minimo, di conseguenza, la perdita
le loro opere sulla corretta gestione di una proprietà agricola; infine nei secoli passati (Riproduzione in gesso: Roma, Museo della Civiltà Romana). d’azione. Per preparare e facilitare la caduta del tronco, il boscaiolo, pri- di materiale utile.
Vitruvio, architetto di età augustea, che si occupa del legno in ambito ma di abbatterlo poteva tagliare i rami con una roncola, un’accetta o Dunque, in base all’utilizzo a cui era destinato, il legno era soggetto
edilizio. Per informazioni sul legno come bene materiale e di commercio tava, infatti, un basilare materiale sia in campo navale che edilizio, an- un saracco (coltello lungo e curvo con la lama molto seghettata). ad un processo di lavorazione in cui intervenivano diverse figure pro-
disponiamo, infine, di alcuni passaggi contenuti in testi legislativi e del- che per la costruzione di impalcature e casseforme, per le travature L’albero abbattuto, liberato dai rami ma non dalla corteccia, era poi fessionali: il taglialegna, che abbatteva l’albero, lo sgrossatore, che si
l’Edictum de pretiis di Diocleziano (sez. 6,5). del tetto, per architravi e pilastri di sostegno, per la realizzazione del- sgrossato con l’ascia. Era comunque prima di essere avviato alla ven- limitava a regolarizzarne rozzamente la forma e ad eliminare i rami,
Sia dal punto di vista della produzione che da quello della lavorazio- l’opera a graticcio, ma anche per la realizzazione di piccole strutture dita che il materiale ligneo assumeva la forma e la lunghezza utili al- mentre alla fine potevano intervenire vari artigiani, come il carpen-
ne, del mercato e dell’utilizzo stesso, il mondo romano conosceva una quali capanni, tramezzi, tettoie, recinzioni, scale, soppalchi ecc. l’impiego di cui sarebbe stato oggetto, venendo segato e trasformato tiere, il falegname, il carbonaio, o direttamente il venditore di legna.
basilare distinzione tra la legna da ardere o destinata alla falegname- Da questa distinzione tra i vari impieghi del legno derivavano diverse in tronconi (dal latino truncare, tagliare, da cui deriva lo stesso ter- La distinzione tra materia e lignum si riproponeva anche in ambito
ria (il lignum) ed il legname da costruzione sia in campo edile che na- economie forestali, spesso anche in contrasto tra loro: l’economia del- mine italiano “tronco”). Con i rami di piccole dimensioni rimasti a professionale, con le diverse figure del materiarius, collegato alla car-
vale (la materia), le cui qualità specifiche erano il volume e la notevole la raccolta della legna da ardere, (meno sviluppata e specializzata), terra in seguito alla sgrossatura si facevano fascine, mentre i rami più penteria edile ed alla vendita di legname da costruzione, e del ligna-
altezza necessari, mentre era un elemento di preferenza la vicinanza connessa a volte con la produzione di carbone e pece; quella incen- grossi, erano ancora tagliati per ottenere legna da ardere e/o carbo- rius, che piuttosto si occupava del taglio della legna del bosco e della
del luogo di produzione a vie di trasporto adatte a carichi pesanti, qua- trata sulla produzione e commercializzazione del legname, materiale ne oppure materiale utilizzabile nell’ambito della falegnameria, a se- sua vendita. È stato ipotizzato, infine, che i dendrophori si occupas-
li soprattutto le vie d’acqua marittime e fluviali. Il legname rappresen- richiesto in edilizia (attività assai più redditizia ma che richiedeva mag- conda del tipo e della qualità di legno. Se si trattava, invece, di legname sero del trasporto del legname e del suo arrivo sul mercato.

222 223
Fig. 3 – Roma. Altare dedicato a Minerva dal collegio Fig. 5 - Recipiente in vetro con decorazione a foglia d’oro. Il
professionale dei falegnami. Uno dei bassorilievi che ne raffinato disegno, databile agli inizi del IV secolo, mostra
decorano i lati rappresenta, insieme a oggetti legati al culto varie attività connesse alla falegnameria; i personaggi in
quale il copricapo sacerdotale dei flamines, il lituo ed il secondo piano sono rappresentati al lavoro mentre
coltello sacrificale, alcuni attrezzi che i falegnami utilizzano (in senso orario partendo dal basso a sinistra) la
utilizzavano nel loro lavoro, come asce, scuri, seghe (Roma, sega a telaio, l’ascia-piccone, il trapano ad archetto, la pialla,
Musei Capitolini; riproduzione: Roma, Museo della Civiltà lo scalpello ed uno strumento non più identificabile ma
Romana). collegato alla carpenteria navale. Quello in alto a destra ha,
inoltre, accanto la raffigurazione di Minerva. La figura
centrale potrebbe essere identificata con un ricco falegname
possessore di tale oggetto prezioso oppure con Dedalo,
protettore degli artigiani, visto che l’iscrizione,
frammentaria, riporta “Daedalii spes tua...”.
Roma. Biblioteca Apostolica Vaticana.
(riproduzione: Roma, Museo della Civiltà Romana).

Fig. 4 – Ravenna. Stele funeraria di


faber navalis (età augustea).
In alto è ritratto il faber navalis P. Longidienus e sua
moglie, al centro i suoi liberti e operai, P. Longidienus
Rufio e P. Longidienus Pilades, in basso
la rappresentazione dell’artigiano al lavoro, intento
a realizzare un’imbarcazione, come esplicita l’iscrizione
nel piccolo riquadro a destra: ‘Longidienus è intento
alla sua fatica’ (Ravenna, Museo Nazionale;
riproduzione, Roma, Museo della Civiltà Romana).

Secondo la tradizione romana, l’arte della falegnameria sarebbe sta- perché la loro forma derivava direttamente dalla funzione che devo- do, invece, un tronco doveva essere suddiviso in due o più pezzi, que- pezzi accostati tra loro, per aumentarne la solidità il carpentiere pra-
ta un’invenzione di Dedalo, il mitico primo artigiano, che avrebbe ap- no svolgere: una volta sviluppata la forma migliore per lo strumento sto era sistemato su di un alto cavalletto e fatto ruotare su se stesso ticava in essi da parte a parte un foro con un succhiello e vi colloca-
preso le tecniche per lavorare il legno dalla dea Minerva, realizzando che doveva realizzare una particolare funzione, non c’è stata neces- man mano che si procedeva con vari tagli, praticati con una grande va un sbarra, sempre di legno, oppure poteva ricorrere ad elementi
per prima cosa un tavolo ed uno sgabello; Dedalo avrebbe inoltre crea- sità di cambiarla fino all’applicazione a tali attrezzi dell’energia elet- sega a telaio manovrata da più persone, in modo da non rischiare frat- metallici di giunzione, come chiodi o grappe; se invece i pezzi dove-
to gli strumenti principali per tagliare, assemblare e misurare il ma- trica. I mobili erano all’epoca realizzati tramite l’unione delle singole ture improvvise dovute ad un unico taglio troppo profondo. vano incastrarsi l’uno con l’altro, se ne modellavano le due estremi-
teriale, quali l’ascia, la sega, il filo a piombo, il trapano e la colla. Per parti lavorate o semi-lavorate; esse erano assemblate con colle di di- Gli elementi della carpenteria sono sottoposti a forze differenti (com- tà in modo da formare il tipo di giuntura più adatto.
questo i falegnami romani avevano come divinità protettrice Miner- verso tipo ma in molti casi anche senza l’impiego di esse, avendo gli pressione, flessione, trazione e attrito), anche perché il legno è un Infine, tutti gli elementi in legno, sia nel campo della falegnameria che
va ed amavano far rappresentare la figura di Dedalo nelle proprie bot- artigiani a disposizione una notevole varietà di giunti ad incastro tra materiale flessibile, che tende a profonde deformazioni dovute sia al in quello della carpenteria, necessitavano di rifiniture, che venivano ese-
teghe o anche su oggetti di uso personale. cui scegliere, in base al tipo di legno, alle dimensioni dei pezzi, al ti- peso che alle condizioni climatiche e che sostiene tali spinte attra- guite sia prima che dopo la loro messa in opera. Queste si potevano
I falegnami si definivano fabri lignarii o, più genericamente, fabri; la po di lavorazione ed ai pesi che avrebbe dovuto sostenere. verso le sue fibre. Di conseguenza i carpentieri dovevano avere mol- realizzare con vari attrezzi: l’accetta, il coltello a due manici e la pialla,
loro bottega era l’officina lignaria, di cui si conoscono alcuni esempi, Coloro i quali lavoravano il legname, soprattutto quello destinato al- ta esperienza pratica e saper tenere in conto tutti questi fattori quando che permetteva già all’epoca una precisione molto alta nel rifinire sia
molti dei quali a Pompei. Gli attrezzi del mestiere appaiono spesso l’edilizia ed alla carpenteria navale, erano i fabri tignarii ed i fabri na- mettevano in opera i singoli elementi e dovevano saper calcolare an- parti fisse che mobili; per lavorare nelle cavità, si utilizzavano lo scal-
raffigurati su bassorilievi di vario tipo e sono a volte citati anche dai vales. I fabri tignarii, (da tignum, trave) dovevano essere carpentieri che esattamente come collegarli tra loro. Nel caso dell’unione di due pello e un martello di legno, per fare piccoli fori, il trapano ad archetto.
testi letterari, mentre ne conosciamo scarse testimonianze materia- edili ed operai costruttori, mentre i fabri navales erano i lavoratori dei
li, provenienti da scavi archeologici, essendo il ferro ed il legno, di cui cantieri navali. In entrambi gli ambiti, si trattava di lavori che richie-
la maggior parte di essi era costituita, due materiali di difficile con- devano elevata professionalità e competenza, organizzazione ed espe-
servazione nel tempo. I principali strumenti utilizzati nella falegna- rienza, che si rispecchiavano, nel caso di coloro che lavoravano in
meria di età romana erano ascia, sega, filo a piombo, trapano, colla, grandi cantieri, anche in una complessa gerarchia interna.
livella, compasso, martello, scalpello, pialla, lima, raspa, regula, linea Il legno giunto sul cantiere spesso doveva ancora proseguire la pro-
e squadra. Il trapano (terebra) tradizionale aveva una punta liscia o a pria stagionatura in ambienti dalle caratteristiche adatte; dopo di che Bibliografia di riferimento
succhiello, mentre la punta elicoidale, molto più efficace, entrò a far viene squadrato, dandogli una forma più regolare, quadrata o rettan- Adam 2003; Bois 1995; Braconi 1998; Caldelli 1994; Chevallier 1987, pp.147-172; Cüppers 1986, pp. 87-106; De
Carolis 2007; Destro 2004, pp.77-93; Diosono 2009a; Diosono 2009b; Duvauchelle 2005, pp.125-137; Ferrarini
parte dell’attrezzatura dei falegnami romani solo agli inizi del I seco- golare. Per la squadratura il tronco era posto su sostegni che lo man-
1992, 1992, pp.191-206; Fioravanti 2004, pp. 95-100; Galetti 2004; Giardina 1981; Graham 2005, pp.106-124;
lo d.C. diffondendosi dalla Gallia, da cui il nome di terebra gallica. Se tenessero orizzontale ma non a contatto diretto col suolo, in modo da Grodde 1989; Guibal, Pomey 1998, pp.159-175; Hedinger, Leuzinger 2003; Kramer 1995, pp.217-231; Lewin 1983,
osserviamo questi attrezzi da falegnameria, appare quasi incredibile rendere più agevole all’artigiano l’atto del colpirlo lateralmente con pp. 127 ss.; Lusuardi Siena 1994, pp. 319-332; Makkonen 1969, pp. 1-46; Meiggs 1982; Mols 1999; Nenninger 2001;
quanto essi siano poco cambiati nel corso dei secoli; ciò è avvenuto una scure da squadratura (dolabra) dalla lama sottile e larga. Quan- Nenninger 2005, pp.388-392; Pugsley 2003; Richter 1966; Rival 1991; Ulrich 2007; Winter 1974; Zimmer 1982.

224 225
Sez. 8.9 - Rilievo c.d. dei fabri Sez. 8.10 - Stele funeraria con listiche, come dimostra il rapporto tra i due Sez. 8.11a - Scure (dolabra)
tignarii scena di bottega di fabbro personaggi e la fornace. Nonostante la com-
posizione sia sviluppata su un solo piano, si Esemplare moderno.
Originale: marmo bianco. Materiale: marmo Materia: ferro, legno.
nota il desiderio di obbedire ad una certa pro-
Misure: lungh. max 150 cm; h 56 cm; spess. 8/25 cm Provenienza: Aquileia Misure: lama: 19 x 11 x 0,1/03; manico: 74 x 2 x 3
spettiva: infatti, per dare profondità alla sce- Luogo di conservazione: Roma, Museo della Civiltà
Provenienza: da Roma, Foro Olitorio Luogo di conservazione: Aquileia, Museo
Cronologia: I sec. a.C.-I sec. d.C. Archeologico Nazionale na (che si stacca su un fondo neutro), si ricorre Romana 11a 11b
Luogo di conservazione: Roma, Musei Capitolini Cronologia: fine I- II sec. d.C. all’abbassamento e all’inclinazione del bloc-
Riproduzione in gesso: Roma, Museo della Civiltà Riproduzione in gesso: Roma, Museo della Civiltà co che regge la fornace.
Romana inv. n. 3408 Romana, inv. n. 3376 Il committente di questo monumento fune- La lama è sottile e larga e presenta dimensioni 11d
bre è, quindi, un fabbro che si fa rappresen- minori rispetto alla scure usata per abbattere
tare al lavoro, secondo i canoni dell’arte plebea gli alberi; la parte posteriore è corta e a se-
Il rilievo apparteneva ad un grande altare fat- La rappresentazione di una bottega di fabbro che tanta importanza aveva riservato alla raf- zione quadrata. Il manico è lungo e sottile.
to probabilmente erigere dal collegio dei fabri è divisa nel rilievo in due parti: sulla sinistra è figurazione degli strumenti da lavoro del ti- La dolabra veniva utilizzata nella falegnameria,
tignarii in onore della loro divinità protettrice raffigurata l’officina, sulla destra strumenti da tolare del sepolcro. carpenteria edile e navale per la squadratura
Minerva, che è rappresentata all’interno di una lavoro. Il fabbro, seduto davanti all’incudine R.M. del pezzo di legno nella bottega o in cantiere,
11c
bottega artigiana in cui si producono mobili. (incus), tiene nella mano sinistra con una pin- perché permetteva un taglio obliquo non par-
Nonostante la perdita di molti frammenti del- za un ferro, evidentemente incandescente, e ticolarmente forte che staccava le fibre le une
le figure umane, è possibile riconoscere le sin- lo sta battendo con un grosso martello. Die- dalle altre.
gole attività svolte dagli artigiani raffigurati (ed tro, il suo garzone, in tunica esomide, attizza F.D.
esempio, due delle figure a destra stanno la- con un mantice il fuoco nella fornace, che è
vorando ad un tavolino rotondo con tre gam- raffigurata come una casetta. Sez. 8.11c - Pinza ( forceps) Sez. 8.11d. - Maglio (malleus)
be scolpite a forma di testa di leone) ed anche Nella parte destra della stele sono rappresen- Sez. 8.11b - Cesoie ( forfices)
alcuni attrezzi appesi alle pareti (seghe a te- tati, dall’alto: una tenaglia (forceps), un mar- Riproduzione in ferro Riproduzione in ferro
Bibliografia Riproduzione in ferro. Misure: 47 x 6,5 x 3 cm Misure: 10,6 x 5,5 x 4/5 cm
laio, compasso a spessore e squadra). tello (malleus), una lima (lima) e una incudine
G. Brusin, Il museo archelogico di Aquileia, Roma 1936; Misure: 29 x 9 x 0,2/2 cm Originale: da Vindonissa, conservato presso il Originale: da Vindonissa, conservato presso il
F.D. (incus). G. Zimmer, Romische Berufdarstellungen, Berlino 1982; Museo di Brugg (Svizzera) Museo di Brugg (Svizzera)
Originale: da Vindonissa, conservato presso il
L’esecuzione della scena è attenta e detta- A. Neuburger, The tecnical Arts and Sciences of the An- Museo di Brugg (Svizzera) Cronologia: I secolo d.C. Cronologia: I secolo d.C.
Bibliografia: gliata anche se le proporzioni non sono rea- cients, London 1930. Cronologia: I secolo d.C. Copia: Roma, Museo della Civiltà Romana, inv. n. Copia: Roma, Museo della Civiltà Romana, inv. n.
Colini 1947; Ulrich 2007. Copia: Roma, Museo della Civiltà Romana. 3395 3396

Le cesoie hanno la forma di grosse e robuste La pinza è formata da due bracci mobili, di Il maglio è un grande martello con le due par-
forbici, ma rispetto a queste sono provviste di solito simmetrici, che girano intorno ad un ti laterali uguali e simmetriche ed era di soli-
lame corte in relazione alla lunghezza dei ma- perno centrale. La parte anteriore, il becco, to montato su di un corto e resistente manico
nici, in modo da poter esercitare un‘ appro- può avere varie forme, a seconda della fun- centrale. In questo caso l’attrezzo è caratte-
priata pressione sulle lame. Questo attrezzo si zione che deve svolgere; in questo caso le rizzato da una strozzatura al centro, mentre
basa, come le moderne forbici, su una leva dop- estremità sono massicce, corte e sono ravvi- i lati sono tondeggianti all’estremità ed han-
pia di primo genere, il cui fulcro risiede nel per- cinate tra loro al centro per fare maggiore pre- no sezione quasi quadrata.
no centrale che è rappresentato dalla vite. Il sa sui materiali che trattengono. I manici sono Nella lavorazione dei metalli il maglio servi-
vantaggio meccanico dato dalla leva, che per- notevolmente lunghi per permettere, attra- va per battere il ferro caldo
mette di ridurre lo sforzo altrimenti necessario, verso una leva di primo genere che ha fulcro F.D.
è aumentato sia grazie all’impugnatura molto sul perno, di esercitare sull’attrezzo molta me-
lunga, che amplifica la lunghezza del braccio- no forza di quanta ne risultano a loro volta
potenza, che da una posizione del materiale da esercitare i becchi (molto più corti dei mani-
tagliare molto vicina al perno stesso. L’elemento ci) sui pezzi che tengono stretti. Veniva uti-
ricurvo a sezione circolare che prolunga una lizzata nella lavorazione dei metalli per
delle due impugnature serviva, probabilmen- afferrare il ferro incandescente da forgiare sul-
te, ad appendere l’utensile che era usato nella l’incudine, ma anche, più in generale, per strin-
Bibliografia
lavorazione dei metalli per tagliare lamine ed gere e tenere uniti materiali metallici durante Adam 2003, pp. 97-98. A.Gansser-Burckhardt, Das Le-
altri oggetti metallici di ridotto spessore. la loro lavorazione. der und seine Verarbeitung im römischen Legionslager
F.D. F.D. von Vindonissa, Basel 1942.

226 227
Sezione 9
vetro e argilla
vitree accostate insieme, bassi piatti in vetro mosaico con i bordi
Il vetro a Roma svasati, alte ed eleganti ampolle per profumi con tappi asportabili
e decorazioni a fasce ondulate di vetro blu, verde bianco con seg-
menti a foglia d’oro.
Intorno alla metà del I sec. a.C. avvenne una grande rivoluzione
Carla Martini nella produzione vetraria con la introduzione della tecnica della
soffiatura.
La tecnica della soffiatura ebbe probabilmente origine in area si-
ro-palestinese nella prima metà del I sec. a.C.; la prima testimo-
nianza archeologica conosciuta proviene da una tomba ebraica
scoperta nell’oasi di Ein Gedi, sulle rive occidentali del Mar Nero, (Oleson 2008)
dove vennero rinvenute una coppa colata a stampo ed una botti-
Secondo un’antica leggenda fenicia, tramandata da Plinio (Natu- Tra l’inizio del XV e il XIII secolo a.C., l’industria vetraria fiorì nel- glia in vetro soffiato: la necropoli risulta abbandonata tra il 40 ed cine per la produzione del vetro furono impiantate a Roma, dove
ralis Historia 36, 65), alcuni mercanti, tornando dall’Egitto con un l’area mediterranea orientale e la conoscenza delle tecniche ve- il 31 a.C.. Un’ulteriore testimonianza ci viene dal ritrovamento fat- sappiamo dalle testimonianze epigrafiche e archeologiche che esi-
grosso carico di carbonato di soda (detto anche ‘natrum’ cioè sal- trarie si diffuse rapidamente pur restando, comunque, il vetro un to in un complesso di cisterne e piscine, datato alla prima metà steva un intero quartiere di vetrai, il vicus vetrarius, vicino a Porta
nitro), si fermarono una sera sulle rive del fiume Belo per riposa- materiale raro e costoso soprattutto a causa della difficoltà di pro- del I sec. d.C., situato nel quartiere ebraico della vecchia Gerusa- Capena, in Campania e nell’alto Adriatico. In particolare si trasfe-
re. Non avendo pietre a disposizione su cui collocare gli utensili duzione. lemme dove sono stati trovati scarti di lavorazione di un’officina rirono in Italia molti vetrai provenienti da Sidone, dei quali ci ri-
per la preparazione delle vivande, presero alcuni blocchi di salni- A partire dal X secolo, dopo un lungo periodo caratterizzato da vetraria che consistono in coppe colate a stampo, databili tra la fi- mangono i nomi nei bolli impressi sui loro prodotti: tra questi
tro e vi accesero sotto il fuoco che continuò a bruciare per tutta la conflitti tra le più grandi civiltà del Mediterraneo orientale, che ne del II ed il I sec. a.C., in frammenti di ampolle soffiate attra- conosciamo Ariston, Artas, Philippos, Neikon e Eirenaios.
notte. Al mattino i mercanti videro con stupore che al posto del- determinarono un forte declino culturale e gravi crisi produttive verso la parte terminale della fiala e in unguentari soffiati con una L’incontro tra gli artigiani locali e quelli sidoni, che avevano alle
la sabbia del fiume e del carbonato di soda vi era una nuova ma- e commerciali, si conobbe una rinascita politica e commerciale canna. spalle una consolidata esperienza nella lavorazione del vetro, det-
teria lucente e trasparente. che coinvolse anche i popoli del Mediterraneo occidentale so- Questi ritrovamenti testimoniano che l’introduzione della nuova te impulso ad un sempre maggiore affinamento della tecnica ve-
La leggenda narrata da Plinio contiene delle verità sulla composi- prattutto grazie alla fondazione di colonie da parte dei Greci e dei tecnica avvenne in modo graduale e che le officine vetrarie, pre- traria che favorì la grande produzione romana dei vetri.
zione del vetro: infatti esso nasce dalla combinazione della silice Fenici senti in questa area, continuarono la consueta produzione di cop- La produzione e la lavorazione del vetro erano due attività sepa-
(in percentuali che vanno dal 50 % al 75%), minerale contenuto Questa rinascita portò, tra l’altro, ad una forte ripresa di tutte le pe tardo-ellenistiche colate a stampo sperimentando nel contempo rate ed esistevano le cosiddette ‘officine primarie’ e ‘officine se-
nelle sabbie dolci, combinata con la calce (carbonato di calcio) e attività artistiche ed artigianali: la fabbricazione dei recipienti in la nuova tecnica. condarie’.
la sua fusione è favorita da una sostanza alcalina, la potassa o la vetro fu ripresa dagli artigiani della Mesopotamia e più tardi del- Assieme all’introduzione della canna per la soffiatura, gli artigia- Nelle officine ‘primarie’ si produceva il vetro grezzo. Analisi effet-
soda, ricavata quest’ultima nell’antichità dalle ceneri delle alghe o la Siria e già intorno al VII sec. a.C., grazie anche al trasferimento ni mediorientali crearono fornaci in grado di raggiungere tempe- tuate su vetri romani di varia provenienza e di diverse epoche han-
di piante costiere, e da stabilizzanti, come l’ossido di calcio. La fu- di artigiani di alta esperienza nell’area del Mediterraneo centrale rature più elevate rispetto alle precedenti consentendo così ai vari no dimostrato uniformità delle materie prime usate per la
sione di questi componenti avviene a temperature che superano e orientale, sorsero importanti centri di produzione del vetro a Ro- ingredienti di raggiungere il giusto grado di fusione e produrre pa- produzione del vetro: per esempio la presenza costante del fon-
i 1100° C ma grazie ai fondenti è possibile ottenere delle paste la- di, in Etruria e nel nord dell’Adriatico; queste botteghe produce- ste più malleabili riuscendo, anche, ad ottenere vetro perfetta- dente sodico Natron, di cui l’Egitto e L’Asia Minore possedevano
vorabili anche a temperature inferiori pari a circa 700° C. vano soprattutto con la tecnica a nucleo friabile. A Rodi, in mente trasparente, attraverso l’aggiunta di sostanze decoloranti ricchi depositi naturali e non presente in Europa, e l’uniformità
Il vetro, di fatto, esiste già in natura ed il più antico è quello che si particolare, i vetrai idearono, verso la metà del VI sec., una serie quali l’ossido di manganese, e di diverse colorazioni, tramite la della sabbia che, come ci racconta Plinio, proveniva dal fiume Be-
trova in alcune meteoriti cadute sulla terra circa 4500 milioni di an- di contenitori per unguenti e profumi, le cui forme si ispiravano a sapiente aggiunta di differenti ossidi metallici. lo in Fenicia. Queste premesse inducono a due possibili ipotesi:
ni fa; pietre vetrose molto comuni in natura sono l’ossidiana, che quelle coeve greche, decorati con filamenti a colori vivaci mar- L’acquisizione e la diffusione della tecnica della soffiatura permi- o che i componenti fossero importati dalle zone di origine per poi
si forma per un rapido raffreddamento della lava, e la fulgorite che morizzati; questa produzione perdurò fino alla metà del I sec. a.C. sero la produzione di grandi quantità di vetro in tempi brevi e con essere successivamente amalgamati, ipotesi fino ad oggi non do-
compare quando un fulmine colpisce la terra creando alte tempe- lasciando come testimonianza migliaia di esemplari in tutta l’area costi piuttosto bassi che consentirono l’espandersi dell’utilizzo di cumentata, o che esistessero importanti officine ‘primarie’ nel-
rature e trasformando il terriccio e la sabbia in materia vetrosa. mediterranea, nell’Europa continentale e nelle regioni occidenta- questo materiale anche tra le classi sociali meno abbienti. l’area siro-palestinese, dove veniva prodotto vetro da usare come
I primi manufatti in vetro sono da attribuirsi a produzioni dell’area li dell’Asia. materia prima. Non è comunque da escludere totalmente, pur non
mesopotamica tra il 3000 ed il 2000 a.C. ed all’inizio il vetro era Tra il VI e IV sec. a.C. nonostante fossero aumentati i centri di pro- Il vetro dei Romani avendo ad oggi alcuna testimonianza archeologica, la possibilità
utilizzato per la realizzazione di monili o intarsi ad imitazione del- duzione e fossero state introdotte nuove tecniche di fabbricazio- Grazie alla grande rivoluzione tecnologica, dovuta all’introduzio- dell’esistenza di officine ‘primarie’ in occidente: infatti sempre Pli-
le pietre dure o semipreziose più costose. ne, quale quella a verga e quella a colatura in stampi aperti o chiusi ne della soffiatura, il vetro si trovò a competere con i materiali usa- nio (Naturalis Historia 36, 194) afferma che si produceva vetro con
Solo intorno alla metà del II millennio a.C. cominciarono, nelle re- e l’impiego di vetro grezzo, spesso e incolore che veniva colato in ti da sempre nell’antichità, i metalli e la ceramica, per la produzione materie prime locali in Spagna, Gallia e Campania dove, in parti-
gioni occidentali dell’Asia (Siria e Iraq settentrionale), ad essere stampi, molato, levigato e intagliato fino ad ottenere recipienti di di vasellame di uso comune e gli artigiani romani dettero un im- colare, si usava la sabbia del fiume Volturno.
prodotti i primi vasi in vetro realizzati con la tecnica di modella- notevole qualità, il vetro continuò ad essere comunque conside- pulso determinante nella sua diffusione ed ad un suo più ampio Nelle officine ‘secondarie’ si effettuava la lavorazione della mate-
zione su nucleo preformato che probabilmente derivava dal pro- rato un prodotto di lusso. utilizzo nei vari contesti della vita quotidiana. ria prima con la realizzazione dei manufatti e la loro decorazione.
cesso di lavorazione della ceramica, nota già dal IV millennio a.C. In età ellenistica la produzione degli oggetti in vetro ebbe un’in- L’inizio della diffusione di questa tecnica coincise più o meno con La materia prima poteva consistere nel vetro grezzo, come ab-
nel nord della Siria, che prevedeva l’impiego di smalti vitrei per la credibile ripresa, si cominciò a produrre usando il metodo con fo- la nascita dell’impero romano e fu favorita da una serie di condi- biamo visto sopra, oppure nel riciclaggio di oggetti non più in uso.
decorazione di vasellame, tegole, e altri oggetti vari. glia d’oro e venne ripresa la tecnica del mosaico. In questo periodo zioni politiche e commerciali; infatti, durante il principato di Au- Il vetro, infatti, può essere rifuso più volte conservando le sue pro-
Le prime testimonianze dell’uso del vetro in Egitto sono date da si introducono forme che si riferiscono a servizi da tavola con con- gusto (27 a.C. – 14 d.C.) si creò un clima di pacificazione sia a Roma prietà. Grandi quantità di vetro non lavorato e di rottami vetrosi
alcuni vasetti trovati nella tomba di Tutmosi III che probabilmen- tenitori da portata e recipienti per bere come le caratteristiche cop- che in tutte le province dell’impero che facilitò le comunicazioni ed sono stati ritrovati nei relitti navali rinvenuti in varie zone del Me-
te condusse con sé alcuni vetrai siriani, ritornando dalle campa- pe coniche o emisferiche con base arrotondata e decorate con i rapporti commerciali tra aree anche molto distanti tra loro. Roma diterraneo e dell’Adriatico accanto ai prodotti finiti.
gne militari svoltesi tra il 1467 e il1445 a.C., dai quali gli artigiani profondi solchi intagliati sulle pareti di produzione siro-palestine- e l’Italia intera divennero il centro di questa ampia rete commer- Grazie alla grande diffusione che il vetro ebbe in età romana que-
locali appresero la composizione e i metodi di fusione e che det- se. Alla fine del II e nel corso del I secolo a.C., vengono prodotti al- ciale attirando artigiani e mercanti da tutte le parti dell’impero, e sto assunse un grande valore commerciale ed economico basato
tero impulso all’artigianato locale. tri tipi di recipienti: coppe coniche o emisferiche ottenute da canne soprattutto dall’area del Mediterraneo orientale, e numerose offi- sulla qualità e sulla richiesta di mercato dei singoli prodotti, come

230 231
risulta dall’Edictum de pretiis di Diocleziano del 301 d.C. (sez. 6. Modellazione su nucleo (Sternini 1995, pp. 99-100) no collocate su un piano, le une parallele alla altre, in modo da Vetro diatreto (Sternini 1995, pp. 122-123)
5) dove vengono stabiliti prezzi diversi per il vetro grezzo rispetto Plasmato il nucleo (di argilla e materiale vegetale, ricoperto da uno realizzare un disco che poi veniva riscaldato e adagiato su una for- Vetro lavorato a intaglio. Il procedimento prevedeva la realizza-
ai manufatti che vengono a loro volta stimati a secondo della lo- strato di calcite) lo si poneva all’estremità di una barra metallica, ma, o erano poste, sempre parallele, in una matrice e saldate col zione di un vaso di notevole spessore dal quale venivano aspor-
ro peculiarità e pregio. dando la forma voluta. Una volta riscaldato, si versava il vetro fu- calore. Alcune coppe attestano una decorazione ottenuta con una tate le parti superflue, creando un reticolo attaccato alle pareti solo
I prodotti dell’industria vetraria romana erano molteplici sia per so sulla forma, cercando di distribuirlo uniformemente con la ro- striscia disposta a spirale. In questo caso occorreva realizzare la per mezzo di sottili ponti.
quanto riguardava l’uso che si faceva di questi manufatti sia per tazione lenta della barra metallica. Il nucleo, ricoperto di vetro, era striscia di vetro e nello stesso tempo arrotolarla su una forma ca-
la loro grande varietà di forme e di colori dovute alle molteplici infine fatto rotolare su una lastra di pietra o metallo. povolta, fissata su un tornio in movimento, mentre con una spa- Vetro di colore cangiante (Sternini 1995, pp. 110, 119)
tecniche di lavorazione che gli artigiani applicavano. tola si correggeva il profilo della coppa. Per ammorbidire la striscia Tipo di vetro che cambia il colore con la luce. Questa particolare
Di seguito si riporta un elenco delle tecniche di lavorazione usate Soffiatura libera (Sternini 1995, p. 109) si fondeva il vetro con la fiamma di una lucerna o di una candela. proprietà del vetro era ottenuta aggiungendo piccole quantità di
nell’antichità: Il vetro fuso, raccolto all’estremità di un tubo di ferro (la canna da Quest’ultima tecnica è definita «lavorazione al lume». oro, argento e manganese.
soffio) era soffiato a formare il bolo che, dopo essere stato ruota-
Costolature (Sternini 1995, p. 107) to su una superficie piana e modellato con appositi strumenti, era Vetro cammeo (Sternini 1995, pp. 120-121) Vetro marmorizzato (Sternini 1995, pp. 108-109)
Tre sono le ipotesi riguardo questa tecnica di lavorazione. La pri- soffiato e manipolato per ottenere la forma finale. Il vaso veniva Con il nome di vetro cammeo si intende un tipo di vetro composto Due sono le ipotesi riguardo questa tecnica di lavorazione. Se-
ma prevede l’impiego della tecnica della cera perduta. La secon- quindi staccato dalla canna da soffio per le rifiniture del collo e da due o più strati sovrapposti di colore diverso.Si otteneva con co- condo la prima ipotesi si fondevano delle canne colorate in una
da prevede che su un disco di vetro ancora morbido si imprimesse dell’orlo mediante uno strumento. A tale scopo era fissato al fon- latura a stampo, intaglio al tornio, molatura superficiale e politura. matrice in terracotta e per creare la cavità interna si inseriva un’asta
un punzone di forma circolare a stella, ottenendo così un disco do del vaso, mediante un sigillo di vetro, il pontello (una barra di Questi vetri richiedevano anche tecniche preliminari: la foderatura di metallo; successivamente la superficie esterna del vaso veniva
con un lato piatto e l’altro costolato; successivamente si ripren- ferro di circa 1 m di lunghezza). (casing) o il rivestimento, allo scopo di legare insieme gli strati in un polita. La seconda ipotesi prevede la soffiatura di bastoncini in ve-
deva la tecnica della modellazione su forma.L’ultima ipotesi spie- unico pezzo. Era anche necessario un uso minimo della soffiatura. tro colorato, assemblati nell’ordine desiderato.
ga la lavorazione di questi vasi con l ’uso del tornio: su una forma Soffiatura a stampo (Sternini 1995, pp. 109-110)
a scodella capovolta si lasciava adagiare un disco di vetro ancora Il vetro fuso, raccolto all’estremità di un tubo di ferro, era soffiato
caldo, poi si formavano le costolature con un apposito strumen- entro uno stampo.
to, facendo ruotare contemporaneamente il tornio.Alla fine i vasi
erano sottoposti ad accurata politura, in particolare in corrispon- Taglio a freddo
denza dell’orlo. Molatura o intaglio di un blocco di vetro, trattato come fosse pie-
tra. Il più antico recipiente databile, tagliato a freddo, è un alaba-
Fusione dentro matrice (Sternini 1995, pp. 105-106) stron con iscrizione di Sargon II, rinvenuto a Nimrud (720 a.C.circa).
Modellazione che avveniva versando del vetro sminuzzato dentro Questa tecnica, nota ovunque, ma scarsamente usata fino all’età
una matrice, le cui pareti erano state scavate per ottenere il nega- romana per la fabbricazione del vasellame vitreo, era invece im-
tivo della forma desiderata. Una volta riscaldata la matrice, il ve- piegata di frequente per rifiniture e decorazioni.
tro in esso contenuto si fondeva riempiendo la cavità. Probabilmente
fu la prima tecnica di lavorazione:fin dai tempi più remoti infatti Tecnica della cera perduta (Sternini 1995, pp. 106-107)
furono usati stampi per produrre oggetti fittili e metallici. Tale pro- Tecnica già utilizzata nella lavorazione dei metalli; il procedimen-
cedimento fu successivamente adottato anche per il vetro. to prevede di colmare lo spazio vuoto, rimasto dentro la matrice
dopo la fusione della cera, con del vetro grezzo sminuzzato o ri-
Lavorazione a mosaico (Sternini 1995, p.102) dotto in polvere.
Tecnica adottata per vetri policromi ottenuti con sezioni di canne
di colori e di dimensioni diverse, fuse insieme e lavorate succes- Vetro a bande d’oro (Sternini 1995, pp. 107-108)
sivamente secondo la tecnica della modellazione su forma. La lavorazione dei vasi realizzati con strisce di vetro di diverso co-
lore e lamine d’oro inserite tra due strati di vetro incolore, è an-
Modellazione su asta (Sternini 1995, p. 100) cora sconosciuta. Nel caso dell’alabastron è stata proposta la
Tecnica simile alla lavorazione su nucleo, usata per la realizzazio- seguente ipotesi: si rotolava la massa di vetro caldo sulle strisce,
ne di vasi tubolari (in particolare tubetti per kohl), perle e pendenti. allineate su un piano, fino a farle aderire; con delle pinze o un al-
Si ricopriva l’estremità di una barra metallica con un sottile strato tro strumento si imponeva al vaso un andamento a zig zag; suc-
di argilla e calcite, quindi si procedeva come per i vasi su nucleo. cessivamente si riscaldava l’alabastron o lo si rotolava su un piano
di marmo per eliminare le tracce di lavorazione.
Modellazione su forma (Sternini 1995, p. 101)
Tecnica usata per realizzare coppe monocrome e a strisce colorate. Vetro ‘a reticelli’ (Sternini 1995, pp. 103-105)
Nel primo caso sopra un forma capovolta si collocava un disco di I vasi a reticello sono realizzati con strisce monocrome decorate
Fondo di bottiglia esagonale del tipo ‘Mercury bottle’
vetro, appoggiato a due sostegni; una volta avvicinato alla fonte con sottilissimi filamenti in vetro avvolti a spirale. (v. sez. 9.2b a p. 232)
di calore i due sostegni venivano tolti e il disco si afflosciava sul- Per ottenere le strisce era necessario rotolare, su un piano di mar-
la matrice, assumendone il profilo. Nel secondo, delle barrette co- mo, una massa di vetro caldo, alla quale erano stati saldati due
lorate erano fuse una accanto all’altra in modo da formare un disco, bastoncini di vetro colorato, finché i bastoncini non penetravano
Bibliografia
secondo lo schema prestabilito. Dopo aver applicato sul perime- nel vetro. In seguito si applicava un pontello e si tirava la massa Boemio G., Rosana V., Il riuso del vetro - http://www.chimicadelrestauro.it/vetro/riusodelvetro.pdf;
tro del disco una striscia di vetro per formare l’orlo, si procedeva per trarne un filamento, ruotando velocemente l’altra estremità Glossario del vetro; Harden 1988; Mazzoldi P., Storia e leggenda del vetro, in Scienza e tecnologia dei materiali -
come per le coppe monocrome. per imprimere un andamento spiraliforme. Le strisce ottenute era- http://www.edscuola.it/archivio/lre/storia_del_vetro.pdf; Sternini 1995; Vitrum 2004.

232 233
Sez. 9.1 - Armilla Sez. 9.2a - Frammento di bottiglia Sez. 9.2b - Bottiglia esagonale Sez. 9.3 - Unguentario a corpo base piatta; Lungo collo cilindrico, diviso dal Sez. 9.4c - Unguentario a corpo
‘Mercury bottle’ ‘Mercury bottle’ troncoconico in pasta vitrea corpo da una strozzatura, con orlo piatto e piatto o a disco
Originale: Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. 167 sporgente inspessito all’interno. Di probabi-
Misure: 8,3 Originale: Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. 268 Originale: Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. 258 Originale: Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. 320 Originale: Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. 6418
le produzione cipriota.
Provenienza: acquisto Misure: 15,4 x 6,3 Misure: 21 x 2,5 Misure: 11,1 x 3,4 Misure: 12,3 x 2,8
Cronologia:IV sec. d.C. Provenienza: Roma, Esquilino (1890) Provenienza: Roma, Esquilino Provenienza: Acquisto Provenienza: acquisto
Bibliografia
Cronologia: II-III sec. d.C. Cronologia: II-III sec. d.C. Cronologia: III sec. d.C. Cronologia: II-III sec. d.C.
Inedito

Bibliografia di riferimento:
Bracciale in vetro soffiato blu. Bottiglia a sezione quadrangolare del tipo Bottiglia a sezione esagonale, con corpo leg- Unguentario in pasta vitrea verdognola rico- Vessberg 1952, pl. VII,17
C. Ma ‘Mercury bottle” (Isings forma 84) mancan- germente rastremato verso il fondo, del tipo perta da patina bianca dal corpo troncoconi- Vessberg 1978, p. 52, n. 102C Unguentario in vetro soffiato verde-azzurro.
te del collo. Sul fondo concavo bollo a rilievo “Mercury bottle” (Isings forma 84) mancante co con base concava; largo collo cilindrico Corpo a disco con base piatta. Lungo collo
con al centro un albero con rami e fronde al- del collo. Sul fondo bollo a rilievo con al centro lievamente strozzato alla base con orlo piat- sottile cilindrico, diviso dal corpo da una mar-
Bibliografia la cui sommità è posato un volatile; ai quat- un albero con rami e fronde alla cui sommità è to sporgente e ispessito all’interno. Sez. 9.4b - Unguentario a corpo cata strozzatura, con orlo piatto e sporgente
Inedito.
tro angoli le lettere S C V (CIL XV, 6987,2) ed posato un volatile; ai quattro angoli le lettere S C. Ma troncoconico appiattito ispessito all’interno.
Bibliografia di riferimento: una foglia di edera. Questo tipo di conteni- C V (CIL XV, 6987,2) ed una foglia di edera. Que- C. Ma
tore, dal vetro piuttosto spesso di colore gial- sto tipo di contenitore, dal vetro piuttosto spes- Bibliografia Originale: Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. 7182
Neuburg 1962, fig. 60
Bellezza e Seduzione 1990, p. 94 n. 97. Misure: 7,4 x 3,8
lo-verde chiaro, veniva prodotto soffiando so di colore giallo-verde chiaro, veniva prodotto
Provenienza: acquisto
dentro uno stampo, ad esclusione del collo soffiando dentro uno stampo, ad esclusione del Bibliografia
Bibliografia di riferimento: Cronologia: III sec. d.C. Bellezza e seduzione 1990, p. 94 n. 101.
che veniva lavorato liberamente in un secon- collo che veniva lavorato liberamente in un se- Calvi 1968, n. 295, tav. 20.5
do tempo, e la matrice era già predisposta condo tempo, e la matrice era già predisposta Hayes 1975, n. 578, pl. 35 Bibliografia di riferimento:
con il testo del bollo inciso in negativo. con il testo del bollo inciso in negativo. Fremersdorf 1975, n. 539, taf. 24
C. Ma C. Ma Unguentario in vetro soffiato pesante verda- Hayes 1975, nn. 503 e 504, pl.. 33
Sez. 9.4a - Bottiglia a corpo stro con patina iridescente a chiazze. Corpo
sferoidale piatto e schiacciato a disco che continua sen-
Bibliografia Bibliografia za interruzione in un breve collo cilindrico
Inedito Inedito Originale: Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. 313 piuttosto largo. Orlo piatto e sporgente in-
Misure: 10,1 x 5,3
Bibliografia di riferimento: Bibliografia di riferimento: spessito all’interno irregolarmente.
Provenienza: acquisto
Isings 1957, pp.100-101, forma 84 Isings 1957, pp.100-101, forma 84 Cronologia: II-III sec. d.C.
Sternini 1997, p. 73, tipo XI Sternini 1997, p. 73, tipo XI
Bibliografia
Bellezza e Seduzione 1990, p. 94 n. 104.
Piccola bottiglia in vetro soffiato incolore con
sfumatura verde, a corpo sferoidale con leg- Bibliografia di riferimento:
gere costolature; collo cilindrico con bocca Calvi 1968, n. 295, tav. 20.5
svasata e orlo ripiegato all’interno; base piat- Hayes 1975, n. 582, pl. 35
ta in vetro soffiato verde-azzurro dal corpo e

3 4a 4b 4c

234 235
Sez. 9.5a.b.c - Vasetti Sez. 9.5b - Unguentario Sez. 9.5d - Frammento di vaso
miniaturistici in vetro miniaturistico diatretum con raffigurazione di La lavorazione dell’argilla
nave
Originale: Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. Originale: Roma, Antiquarium Comunale, inv. IAC n.
600 3192
Sez. 9.5a - Anforetta monoansata Silvia Pallecchi
Misure: h. 2,2 Misure: 3,9 x 0,7
miniaturistica Provenienza: Roma, via Salaria Provenienza: Roma, via del Colosseo
Cronologia:età imperiale Cronologia: seconda metà III sec. d.C.

Originale: Roma, Antiquarium Comunale, inv. n.


10787 Piccolo unguentario in vetro soffiato azzurro.
Misure: h. 3,1
Provenienza: Roma, via Bocca della Verità
Cronologia: età imperiale Bibliografia L’argilla è una roccia composta da una miscela di minerali, preva-
Inedito. lentemente silicati idrati di alluminio, talvolta mescolati con quan-
tità minori di altri elementi, come magnesio, sodio, potassio, calcio
Piccola anforetta in vetro marrone soffiato a e ferro. Con l’aggiunta di una adeguata quantità di acqua, assume
stampo con decorazione a zig zag bianca. Sez. 9.5c - Unguentario una plasticità tale da consentire la modellazione e, se è sottoposta
miniaturistico a cottura, può essere solidificata in maniera irreversibile, acqui-
Bibliografia sendo caratteristiche di buona resistenza meccanica.
Inedito Originale: Roma, Antiquarium Comunale, inv. n. 10037 Il frammento, di vetro incolore, trasparente, Foggiata in forma di mattoni, o posta direttamente in opera, con
Bibliografia di riferimento: Misure: h. 2,1 ricoperto di una patina biancastra, consiste l’aiuto di telai o casseforme lignee, ed essiccata al sole, l’argilla è Fig. 1 - a) coppa in argento con
Fremersdorf 1975, n. 539, taf. 24 Provenienza: Roma, zona Tre Fontane in un sottilissimo resto di parete a cui è at- stata ed è ancora frequentemente utilizzata come materiale da co- decorazione a sbalzo, dal tesoro di
Cronologia:età imperiale taccata una piccola nave attraverso un sotti- struzione nell’ambito di culture anche molto antiche, principal- Boscoreale (al Museo del Louvre;
le ponticello; l’esiguità del frammento non mente sviluppatesi in ambienti dal clima caldo e secco, come, ad Roma, Museo della Civiltà Romana).
Piccolo unguentario in vetro soffiato azzurro consente di riconoscere la forma del conte- esempio, nell’antica Mesopotamia. Queste culture, pur conoscendo b) coppa in ceramica invetriata da
chiaro. nitore. Il frammento appartiene alla classe dei la tecnica della cottura dell’argilla, riservavano l’utilizzo dei ma- Pompei (Casa IV, 6, 28) (Museo
C. Ma “vasa diatreta” la cui produzione si ritiene ab- nufatti in argilla cotta alla sola costruzione di strutture a tenuta Archeologico Nazionale di Napoli).
bia avuto inizio già nel terzo quarto del III sec. stagna, come i bacini per la conservazione dell’acqua, o alla rea-
d.C. in Siria o ad Alessandria e che nei due lizzazione di elementi decorativi per il rivestimento di edifici mo- destrezza, possono imitare con discreto risultato la forma, l’ap-
Bibliografia successivi secoli abbia avuto importanti cen- numentali. Un fenomeno analogo si riscontra anche nell’ambito parato decorativo e gli aspetti cromatici dei manufatti in metallo,
Inedito. delle culture occidentali, che recepirono con un notevole ritardo
tri di produzione sia in Italia sia, probabil- venendo a costituirne un surrogato economico [figg. 1a.b]. Le ca-
mente, a Colonia. Col termine ‘diatreto’ si l’utilizzo di materiali da costruzione in argilla cotta e che, per lun- ratteristiche di resistenza e di economicità dei manufatti in argil-
intende un vetro lavorato a intaglio ed il pro- go tempo (spesso fino al I sec. a.C.), lo riservarono quasi esclusi- la cotta, insieme alla loro grande versatilità di utilizzo, portarono
cedimento prevedeva la realizzazione di un vamente alla realizzazione di tegole ed elementi ornamentali. nel tempo ad una diffusione capillare di questi materiali all’inter-
vaso di notevole spessore dal quale venivano Foggiata in forme più complesse, con o senza l’utilizzo del tornio, no di tutti gli ambiti geografici e funzionali del mondo romano e
asportate le parti superflue, creando un reti- variamente rifinita e sottoposta a cottura, l’argilla è inoltre utilizzata, ne fanno, oggi, i reperti di gran lunga più attestati in quasi tutti i
colo attaccato alle pareti solo per mezzo di da tempi antichissimi, per la produzione di contenitori di uso do- contesti archeologici riferibili a quel periodo (v. carta a p. 236).
sottili ponti. Probabilmente la nave doveva mestico e per la realizzazione di manufatti legati alla produzione, al Nonostante l’enorme diffusione dei manufatti ceramici, gli auto-
far parte di una più ampia raffigurazione di trasporto e alla commercializzazione di prodotti diversi, per lo più ri latini non si interessarono mai alla descrizione del lavoro dei ce-
naufragio o di battaglia. derrate alimentari. Nell’ambito di questi utilizzi, la scelta e la prepa- ramisti e per questa ragione, a parte alcune rare testimonianze
C. Ma razione della materia prima e le modalità della sua lavorazione de- iconografiche, di fatto le tecniche e le procedure che caratterizza-
terminavano prodotti finali dalle caratteristiche diverse, che li rendevano vano il lavoro di queste maestranze possono oggi essere ricostruite
adatti a utilizzi differenti. La lisciatura, prima della cottura, delle su- quasi esclusivamente attraverso quello che rimane dei manufatti
Bibliografia perfici dei manufatti, ad esempio, che veniva praticata con l’utilizzo da loro prodotti e degli impianti in cui lavoravano [fig. 2, 3, 4].
Pirzio Biroli Stefanelli 1984, p..35.
a b c di stecche di legno o fili d’erba, donava loro una buona impermea- Il processo di produzione dei manufatti ceramici partiva dalla ca-
bilità, rendendoli adatti a contenere sostanze liquide o semiliquide. va di argilla, nella quale veniva estratta la materia prima necessa-
Se, invece, per la lavorazione si selezionava un’argilla ricca di ossidi ria alla lavorazione. In epoca romana, pare che le cave di questo
o idrossidi di ferro e se all’impasto si aggiungeva una buona quan- genere fossero generalmente a cielo aperto, come avviene anco-
tità di sostanze minerali, si ottenevano oggetti di forme semplici e ra oggi negli impianti tradizionali della Turchia odierna.
dall’aspetto un po’ grezzo, che erano, però, in grado di sopportare Difficilmente l’argilla estratta dalla cava poteva essere direttamente
il contatto diretto e ripetuto con il fuoco. utilizzata. Più spesso, prima di poter essere tornita, l’argilla do-
A differenza di altri materiali, come ad esempio i metalli, l’argilla veva essere sottoposta a una serie di operazioni che la trasfor-
è, inoltre, facilmente accessibile in natura e consente, quindi, la massero in un impasto omogeneo e stabile e che potevano avvenire
produzione di manufatti che possono essere immessi sul merca- in maniere differenti, a seconda del tipo argilla cavata e dell’im-
to a costi ragionevoli. Questi manufatti, per altro, se prodotti con pasto che si desiderava ottenere. Spesso la trasformazione del-

236 237
Diffusione della terra sigillata Fig. 6 - Tecnica di
italica nell’Impero Romano modellazione a colombino
(seconda metà (da Cuomo di Caprio 2007,
del I sec. a.C. - I sec. d. C.). rielab. grafica F.G.).
L’esportazione di questo
vasellame fine da mensa interessa
i centri costieri del Mediterraneo
occidentale, ma anche, con
concentrazioni impressionanti, Fig. 7 - Fasi della
l’entroterra della Francia modellazione al tornio (da
e le regioni del limes Cuomo di Caprio 2007,
renano-danubiano. rielab. grafica F.G.).
(da Pucci 1981, tav. XVII; Fig. 5 - Schema di funzionamento delle vasche per la decantazione in acqua
rielab. grafica, F. G.) corrente (da Cuomo di Caprio 2007; rielab. grafica F. G.).

l’argilla di cava in impasto pronto per la tornitura prevedeva dap-


prima una fase di stagionatura, in cui l’argilla veniva lasciata espo-
sta agli agenti atmosferici per un periodo di tempo sufficiente a
garantire la putrefazione delle frazioni di materiale organico che
potevano essere presenti al suo interno. In un secondo momen-
to, dopo essere stata sottoposta a processi di depurazione in ac-
qua, per sedimentazione, levigazione o setacciatura, l’argilla veniva
verosimilmente battuta e compattata con i piedi all’interno di gran-
di vasche o su piani pavimentali puliti. Questa procedura, che è
ancora oggi osservabile nell’ambito delle produzioni ceramiche
che adottano sistemi tradizionali, serve ad eliminare eventuali bol-
Fig. 2 - Pittura pompeiana con licine d’aria presenti nell’argilla, che potrebbero creare difficoltà
taberna vasaria (da A. Maiuri, Due nella modellazione, rischi di frattura durante il processo di cottu- o dal piede dello stesso vasaio o di un suo assistente [fig. 7]. L’uso
singolari dipinti pompeiani, in RM, ra e punti di debolezza nel prodotto finito (fig. 5). del tornio, oltre ad abbreviare notevolmente i tempi di realizza-
60-61, 1953-1954, pp.88-89). In alcuni casi, dopo la depurazione, per rendere l’argilla lavorabi- zione dei manufatti, consentiva la creazione di oggetti dalle for-
le era necessario aggiungervi altre sostanze minerali, che ne mi- me regolari, che potevano essere anche molto simili tra di loro,
gliorassero le caratteristiche di plasticità, stabilità e resistenza al rispondendo alle esigenze di standardizzazione richieste dal mer-
calore. Quando, finalmente, l’impasto era pronto per la lavora- cato in funzione sia della razionalizzazione delle operazioni di tra-
zione, il vasaio lo suddivideva in piccole masse di grandezza adat- sporto, sia della riconoscibilità delle merci stesse e dei loro eventuali
ta ai manufatti che intendeva realizzare e lo lavorava ancora un contenuti sui mercati di destinazione.
po’ con le mani, verificandone e, eventualmente, correggendone In altri casi, prevalentemente per la realizzazione di manufatti di
il grado di umidità e di plasticità. piccole dimensioni, come le lucerne, l’argilla veniva, invece, lavo-
La modellazione poteva essere eseguita in maniera differente, a rata con l’utilizzo di matrici, che permettevano la rapida creazio-
seconda del tipo di impasto realizzato, oltre che del tipo e della ne di grandi quantità di manufatti, talvolta provvisti di decorazioni
quantità di oggetti che si intendeva produrre. Le principali tecni- complesse, con notevoli caratteristiche di standardizzazione e at-
che utilizzate erano la modellazione a mano, a tornio e a calco. traverso l’impiego di manodopera poco specializzata. La matrice
La modellazione a mano non richiedeva l’utilizzo di nessuno stru- era un vero e proprio stampo, di solito in terracotta. Spesso era
Fig. 4 - Piccolo vaso in terra mento particolare e poteva essere eseguita in maniere anche mol- realizzata premendo due o più masse di argilla cruda contro le su-
sigillata, con decorazione to differenti tra di loro venendo a creare, di solito, oggetti dalle perfici dell’oggetto che si intendeva riprodurre, in maniera da ri-
applicata raffigurante un pareti piuttosto spesse e poco standardizzati. Con l’argilla si po- cavarne l’intera impronta negativa. All’interno delle varie parti della
ceramista al tornio (da M. teva, ad esempio, creare un lungo cordone, di spessore propor- matrice il ceramista premeva delle sfoglie di argilla di spessore
Mackensen, Die spätantiken Fig. 3 - Planimetria dell’impianto produttivo di Giancola (BR), specializzato nel- zionale a quello della parete dell’oggetto che si intendeva realizzare. proporzionale a quello delle pareti dell’oggetto che intendeva crea-
Sigillata- und Lampentöpfereien von la produzione di anfore olearie. I sec. a.C. - inizio I sec. d.C. (da Manacorda Il cordone veniva, poi, avvolto a spirale, seguendo, nell’ampiezza re. Le parti della matrice venivano poi fatte combaciare tra di lo-
El Mahrine (Nordtunisien), 2001; rielab. grafica F. G.). degli anelli, la forma che si voleva far assumere all’oggetto. Mano ro, in maniera che l’argilla al loro interno potesse saldarsi dopo di
München 1993, p. 65, Abb.12.1) a mano che in questo modo la parete cresceva, gli anelli veniva- che, senza rimuovere la matrice, il manufatto veniva posto ad es-
no battuti e lisciati, in maniera da essere saldati e amalgamati in siccare. L’essiccamento dell’argilla, con l’evaporazione dell’acqua
un corpo unico (tecnica a colombino) [fig. 6]. in eccesso, provocava fisiologicamente, una piccola contrazione
Più complessa era la lavorazione al tornio, che consisteva nella delle dimensioni del nuovo manufatto che, a questo punto, pote-
modellazione al di sopra di un piatto rotante, montato su un sup- va essere facilmente estratto dalla matrice e, dopo qualche picco-
porto variamente conformato e azionato solitamente dalla mano lo ritocco, era pronto per essere sottoposto a cottura [fig. 8]. La

238 239
Fig. 8 - Modellazione a stampo
(da Cuomo di Caprio 2007,
rielab. grafica F. G.). Fig. 9 - Sistema per la modellazione a stampo dei mattoni (da Adam 1988, fig. 139). Fig. 10 - Ipotesi di ricostruzione del carico delle due fornaci di Giancola, BR (da Fig. 11 - Ipotesi ricostruttiva dell’impianto produttivo di Albinia (GR), specia-
Pallecchi 2007). lizzato nella produzione di anfore vinarie (da Pallecchi 2008).
modellazione a stampo era utilizzata anche in combinazione con renti e a fornire spesso un valido ausilio per la datazione di serie di
l’uso del tornio, come è testimoniato, ad esempio, nel caso di al- materiali e di interi contesti archeologici, consente anche di formu- produzione. Se, nella piccola bottega artigiana, il ceramista do- poteva assicurare, in tempi assai ridotti, un enorme volume di pro-
cune coppe, in ‘terra sigillata’. lare ipotesi a proposito della struttura di gestione del lavoro all’in- minava completamente il processo di produzione, dalla prepara- duzioni altamente standardizzate e a buon mercato (fig. 11).
Leggermente differente era il sistema con cui si realizzavano i mat- terno degli stabilimenti produttivi e dei sistemi di gerarchie che zione dell’impasto alla cottura del manufatto finito, all’interno di La struttura innovativa di questi impianti, che si armonizza perfet-
toni. In questo caso, l’argilla veniva posta entro stampi formati da dovevano regolare i rapporti tra le diverse maestranze presenti. questi grandi impianti, che sfruttavano in maniera intensiva la ma- tamente con il sistema di sfruttamento intensivo delle risorse de-
un riquadro di legno, privo di fondo, diviso in un numero variabi- Dopo la foggiatura, il manufatto poteva anche essere decorato con nodopera offerta dagli schiavi, il processo produttivo veniva fra- lineato dal sorgere e dallo svilupparsi delle grandi ville schiavistiche,
le di caselle di uguali dimensioni. Una volta riempito lo stampo e l’applicazione di elementi figurati realizzati a parte, all’interno di zionato in tante piccole azioni, ben definite, disposte in sequenza costituisce probabilmente uno dei motori più potenti di quella cre-
lisciate le superfici, con un movimento o con un colpo deciso sul- appositi stampi o con l’esecuzione a mano di semplici motivi a ri- ed ancorate ai luoghi fisici in cui si svolgevano, a disegnare quel- scita economica che caratterizzò la trasformazione del mondo ro-
l’intelaiatura di legno, si faceva in modo che i mattoni cadessero a lievo, direttamente eseguiti sulle superfici da decorare con l’utiliz- la che oggi chiameremmo una sorta di ‘linea di produzione’, che mano tra la fine della repubblica e i primi secoli dell’impero.
terra e lì si lasciavano ad essiccare [fig. 9]. Durante la modellazio- zo di argilla liquida (tecnica à la barbotine).
ne, o in un momento di poco successivo, sui manufatti venivano Una volta foggiato, qualunque sistema si fosse utilizzato, il ma-
talvolta impressi dei marchi di fabbrica, detti ‘bolli’, che potevano nufatto doveva subire un primo processo di essiccamento, che di
essere già previsti nella matrice degli oggetti realizzati a stampo o solito si effettuava lasciandolo riposare all’aria, meglio se in un am-
che potevano essere aggiunti, qualunque fosse stata la tecnica di biente ombreggiato e ben aerato. Dopo l’essiccamento, il manu-
modellazione impiegata, con l’utilizzo di strumenti in terracotta, fatto poteva essere rivestito, per immersione o con altri sistemi, di
legno o metallo, detti ‘punzoni’. Simili, nel funzionamento, ai no- sostanze liquide a base argillosa, arricchite di componenti mine-
stri timbri, i punzoni erano costituiti da una rozza presa, variamente rali. Questi rivestimenti, a seconda anche del tipo di cottura a cui
conformata, e da una superficie, generalmente piana, sulla quale il manufatto veniva sottoposto e della quantità di ossigeno che ve- Bibliografia
era riprodotto in negativo il marchio che si intendeva apporre. La niva lasciato circolare all’interno della fornace, facevano assumere A proposito delle tecniche di lavorazione dell’argilla: Vitali (a cura di), Le fornaci e le anfore di Albinia. Primi dati su produzioni e
pressione del punzone sulla superficie di argilla cruda del manu- alle superfici ceramiche colorazioni che variano dal bianco al ros- Cuomo di Caprio 2007; Peacock D.P.S., La ceramica romana tra archeologia e scambi dalla costa tirrenica al mondo gallico, Ravenna 2007, pp.181-188.
fatto produceva un’impronta positiva, che poteva contenere un te- so corallino, al bruno o al nero. Dopo quest’ultimo trattamento, il etnografia, (a cura di G. Pucci), Bari 1997. Pallecchi S., Le fornaci romane di Albinia: identificazione delle unità funzionali e
prima ricostruzione delle linee di produzione, in V. Acconcia, C. Rizzitelli (a cura
sto o un elemento figurato. manufatto era finalmente pronto per essere sottoposto a cottura
A proposito dei grandi stabilimenti romani per la produzione di manufatti ceramici di), Materiali per Populonia, 7, Pisa 2008, pp. 323-338.
Solitamente, il testo dei bolli contiene, in forma più o meno stringa- all’interno di apposite strutture, la cui complessità e le cui dimen- e dell’organizzazione del lavoro al loro interno: Steinby M., L’organizzazione produttiva dei laterizi: un modello interpretativo per
ta, informazioni relative al momento della produzione dell’oggetto sioni variano a seconda del tipo di manufatti prodotti e del volu- Bergamini M., Scoppieto I. Il territorio e i Materiali, Firenze 2007. l’instrumentum in genere, in W.V. Harris (a cura di), The inscribed economy.
quali, ad esempio, nomi di persone che potrebbero essere identifi- me produttivo previsto [fig. 10]. Brentchaloff D., L’atelier du Pauvadou, une officine de potiers flaviens à Fréjus, in Production and distribution in the Roman empire in the light of instrumentum
cate, a seconda dei contesti, con i proprietari o i gestori degli stabi- Gli impianti produttivi dall’articolazione più complessa sembra- Revue Archéologique de Narbonnaise, 13, 1980, pp. 73-114. domesticum, Ann Arbor 1993, pp. 139-143.
Cuomo di Caprio N., Proposta di classificazione delle fornaci per ceramica e
limenti produttivi, o con i responsabili di alcuni segmenti del processo no essere quelli finalizzati alla realizzazione di grandi quantità di
laterizi nell’area italiana. Dalla preistoria a tutta l’epoca romana, in Sibrium, 11, A proposito delle possibili interpretazioni dei bolli impressi sui manufatti ceramici:
di produzione; nomi di soggetti collettivi (comunità, istituzioni sa- manufatti per l’esportazione sui mercati del Mediterraneo. Lo stu- 1971, pp. 371-461. Bruun Chr., (a cura di), Interpretare i bolli laterizi di Roma e della valle del Tevere:
cre ecc.) per conto dei quali furono prodotti determinati lotti di ma- dio dei resti archeologici di questi stabilimenti suggerisce che es- Fülle G., The Internal Organization of the Arretine Terra Sigillata Industry: Problems produzione, storia economica e topografica, in Acta Instituti Romani Finlandiae, 27,
teriali; nomi degli stabilimenti o delle proprietà all’interno dei quali si fossero ideati, progettati e costruiti per rispondere ad esigenze of Evidence and Interpretation, in Journal of Roman Studies, 87, 1997, pp. 111-155. Roma 2005.
gli stabilimenti erano posizionati; date consolari indicanti l’anno di di ottimizzazione dei modi, dei tempi e dei costi della produzio- Laubenheimer F., Sallèles d’Aude. Un complexe de potiers gallo-romain: le quartier Manacorda D., Appunti sulla bollatura in età romana, in W.V. Harris (a cura di),
artisanal, Paris 1990. The inscribed economy. Production and distribution in the Roman empire in the
produzione dei manufatti; specificazioni relative al tipo di manufat- ne. Al loro interno si assiste a un tentativo di superamento del-
Manacorda D., Le fornaci di Giancola (Brindisi): archeologia, epigrafia, light of instrumentum domesticum, Ann Arbor 1993, pp. 37-54.
to; formule beneauguranti. Lo studio dei bolli presenti sui manufat- l’ottica della piccola bottega artigiana e alla sperimentazione di un archeometria, in F. Laubenheimer (a cura di), 20 ans de recherches à Sallèles Manacorda D., I diversi significati dei bolli laterizi, appunti e riflessioni, in La
ti ceramici, oltre a permettere di distinguere tra di loro oggetti sistema di produzione di tipo quasi manifatturiero, caratterizzato d’Aude, Besançon 2001, pp. 229-240. brique antique et médiévale, production et commercialisation d’un matériau,
morfologicamente simili, prodotti da officine o da produttori diffe- da una notevole razionalizzazione delle tappe e dei processi di Pallecchi S., Le fornaci da anfore di Giancola (Brindisi). Un caso di studio, in D. Rome 2000, pp. 127-159.

240 241
Sez. 9.6 - Il tornio: origini, lavorazione a ritmo costante. Il tornio ‘a ma- quanto messo e mantenuto in movimento gra- Sez. 9.7 - Frammento di laterizio
funzionamento, tipologie no’ è talvolta definito torni ‘veloce’: è costi- zie alle spinte fornite dal vasaio con un basto- bollato
tuito da un disco largo e pesante retto da un ne (che funziona come un prolungamento delle
materiale: legno e ferro sostegno (o base) con un perno centrale che mani). Materiale: argilla modellata in stampo ligneo.
Ricostruzione al vero: Niccolai snc (Firenze 2009) Dimensioni: cm 21 x 11,5: spess. cm 3,5.
gli permette di girare velocemente sotto le
Provenienza: Roma, Meta Sudans, da uno strato
spinte date dal vasaio con la mano. Il disco superficiale.
funziona da ‘volano’ poiché peso e dimen- Centro di produzione: Roma
Le origini del tornio da vasaio sono ancora sco- sioni sono molto elevati (differenza fonda- Datazione: 142 d.C.
nosciute: secondo alcune ipotesi risalgono al- mentale rispetto al tornio primitivo) e ne deriva Luogo di conservazione: Roma, “Sapienza” -
Università di Roma, Laboratorio per lo studio
la fine del IV millennio a.C. in Mesopotamia; un movimento rotatorio di durata tale da la-
dell’instrumentum domesticum. Inv. n. MS 2695
l’uso si estese all’Egitto e all’Asia minore nel sciare al vasaio le mani libere per un tempo
III e alla Grecia all’inizio del II millennio. In Ita- relativamente lungo, ossia nell’intervallo tra Questo tipo di tornio consiste in un disco o in
lia avrebbe fatto la sua comparsa verso la me- una spinta a strappo e la successiva. Il moto una ruota molto pesante (centrato mediante
tà dell’VIII sec. a.C. con la presenza dei Greci è discontinuo, diminuisce a causa delle for- un perno sopra un basso sostegno) caratteriz-
nel Mediterraneo occidentale. Queste ed altre ze di attrito e cessa all’esaurirsi dell’energia zato da alcune intaccature lungo la circonfe-
ipotesi hanno scarso valore dato che non pog- impartita dal vasaio: malgrado tutto però con- renza. Il vasaio lo mette in movimento inserendo
giano su basi sicure, dal momento che i pochi sente di abbreviare drasticamente i tempi, evi- la punta del bastone in una delle intaccature si-
ritrovamenti sono incompleti, in condizioni di tando anche le pause di attesa che nella no a farlo ruotare a buona velocità. Quando il
forte degrado e non è chiaro a quale tipo di tor- modellazione ‘a colombino’ sono necessarie disco rallenta, il vasaio interrompe le modella-
nio si riferiscano, se a quello primitivo, a quel- prima di sovrapporre i cordoli. zione prende il bastone lo infila in una intac-
lo a mano o ad altro strumento simile. Durante la rotazione il perno, che non è altro catura e dopo in un’altra sino a quando il disco
All’interno della bottega del vasaio il tornio rap- che il fulcro che consente a una parte dell’at- non acquista giusta velocità. Rispetto al tornio
presenta lo strumento essenziale, per creare trezzo di ruotare rispetto a un’altra parte, pro- a mano presenta svantaggi, tra cui maggior
un moto rotatorio veloce (però discontinuo) e voca continui sfregamenti con le parti tempo per azionare il disco (perché ogni volta
una forza centrifuga tali da consentire la pro- circostanti, che fanno nascere attriti che por- occorre prendere il bastone infilarlo nelle in- Il frammento quasi certamente appartenen-
duzione di forme rotonde simmetriche (siano tano a rallentamenti del disco e che richie- taccature, posarlo), minore facilità di funzio- te ad un bipedale, conserva un bollo in orbi-
esse aperte o chiuse) dalla parete sottile, leg- dono la somministrazione di maggiore energia namento (la spinta del bastone è meno agevole colo: EX. FIG ASINIAE QVADRATILLAE O D
gera eppure robusta abbreviando notevolmente per mantenerlo in movimento. Per sopperire degli strappi a mano) e possibilità di manovre C NVN / NIDI FORTVNAT. LVCIO / QVA-
i tempi della modellazione a mano. Nelle sue a ciò, il vasaio adotta degli accorgimenti (gras- sbagliate (il bastone può urtare contro il ma- DRATO COS - pinea = Ex fig(linis) Asiniae Qua-
parti essenziali il tornio è costituito da un di- so animale come lubrificante), che nonostante nufatto in modellazione). dratillae o(pus) d(oliare) C. Nunnidi Fortunat(i)
sco e da un asse verticale di sostegno: il disco tutto non riescono ad eliminare le forze di at- In conclusione, manca sino ad oggi la possi- Lucio Quadrato co(n)s(ule). 142 d.C. Dalla
regge l’argilla da modellare e l’asse permette trito e di conseguenza il perno è sottoposto bilità di definire le caratteristiche del tornio in stessa matrice il bollo di Roma CIL XV, 861.
il movimento rotatorio. a rapida usura e richiede di sovente sostitu- ambiti cronologici e geografici ben delimita- Asinia Quadratilla (PIR2 A 1260), proprietaria
I tipi di tornio più comuni vanno da quello ‘sem- zioni e/o riparazioni. ti e di accertarne l’evoluzione nel tempo. Sa- dell’officina, è figlia di Q. Asinius Marcellus
plice’ (definito tornio ‘primitivo’), al tornio ‘a La rotazione del tornio è resa possibile dal per- rà dunque compito dell’archeologia trovare (PIR2, A 1235), console suffetto del 96 d.C. o
mano’ e, passando dal tornio ‘a bastone’, ter- no che gira in apposita sede con diverse mo- soluzione al problema, che dovrà fare i conti figlio di quest’ultimo, implicato come la do-
minare con il tornio ‘a piede’ definito anche im- dalità. A tal proposito una distinzione tipologica con i numerosi e differenti aspetti tecnici che mina figlinae nella fabbricazione di laterizi ne-
propriamente tornio ‘a pedale’ (dal XVI sec). del tornio a mano potrebbe essere fatta sulla possiede questo antico attrezzo, che è stato gli anni 123 e 134 d.C. (CIL XV, 846-857 = LSO
Il tornioprimitivo’ è una via di mezzo tra il base del sistema di imperniamento in ‘tornio in grado di modellare quasi tutta la totalità 702-709) ed identificato con il patronus della
supporto mobile e il tornio a mano ed è chia- a perno fisso’ e ‘tornio con perno rotante’ (v. del vasellame ceramico del mondo antico. colonia di Ostia e di Apuleio a Roma e ad
mato impropriamente ‘tornio lento’ (per con- grafici). M.Cr. Ostia (Coarelli 1989, pp. 40-41). A lui è dedi-
trapporlo al tornio a mano definito ‘tornio Il tornio a mano funziona mediante strappi ma- cata una statua nell’area dei Quattro Tem-
veloce’ anch’esso in maniera inappropriata), Tornio con perno fisso: il perno si trova nuali ed è il tipo comunemente usato dai va- pietti di Ostia (CIL XIV, 4447). Padre e figlia
in quanto la velocità dipende soprattutto dal- alloggiato dentro un incavo praticato sai, ma esiste anche una variante tra le tante Bibliografia condividono lo stesso officinator, C. Nunni-
la quantità di energia fornita dal vasaio per nella faccia inferiore del disco). che prende il nome di tornio ‘a bastone’, in Cuomo di Caprio 2007. dius Fortunatus. Della donna si conoscono da
avviarlo e mantenerlo in movimento. Consi- Roma, città in cui deve essere localizzata l’of-
ste in un disco scarso di peso e di dimensio- ficina, altri due bolli: CIL XV, 860 del 141 d.C.,
ni ridotte che ruota mediante un perno e CIL XV, 863 del 150 d.C. = LSO 710, 713.
centrale sopra una base ed è messo in azio- C.P.
ne dalle spinte impartite dalle mani del vasa-
io (oppure mediante spinte con il piede se il
tornio è molto basso) che produce una rota- Bibliografia
zione molto breve. Il rallentamento è quasi Inedito.
immediato e le interruzioni per ridare veloci- Tornio con perno rotante: il perno è alloggiato dentro un incavo nel sostegno o base sistemato fermamente LSO 711.
tà al disco si susseguono e impediscono una sul terreno e durante la rotazione il disco e il perno girano insieme.

242 243
Sez. 9.8 - Lucerne prodotte in serie Sez. 9.8b - Lucerna fittile Sez. 9.8c - Lucerna fittile acroma Questo tipo di lucerna presenta alcune carat- Sez. 9.8d - Lucerna fittile trilicne Sez. 9.9a - Coppa in terra sigillata
monolicne ‘a testa d’uccello’ teristiche particolari: può essere appoggiata su italica
Sez. 9.8a - Lucerna fittile a volute Tecnica: a matrice una superficie orizzontale o appesa al muro ad Cronologia: seconda metà del I d.C.
Originale Materiale: argilla
e becco triangolare Tecnica: a matrice un chiodo, data la peculiare posizione dell’an- Materiale: argilla lavorata al tornio, con rivestimento
Originale Materiale: argilla Dimensioni: cm 24 x 20 x 12 costituito da una vernice di color rosso corallino,
Dimensioni: cm 8 x 6,4 x 2,5 sa e la forma piatta dell’oggetto nel suo lato po- Provenienza originale: Carrara
Materiale: argilla brillante, di medio spessore
Tecnica: a matrice steriore, tale da consentire l’appoggio su una
Dimensioni: cm 10 x 6,5 x 3 Provenienza: sconosciuta Luogo di conservazione: Museo Archeologico di La Dimensioni: diam. piede cm 7,3; h. max. cons. cm 1,8
Materiale: argilla
Provenienza: sconosciuta Cronologia: seconda metà del I d.C. parete piana verticale. Altro vantaggio della for- Spezia Provenienza: Ostia, Terme del Nuotatore, da un
Dimensioni: cm 8,92 x 5,27, x 2,18, ø disco 3,88
Cronologia: 50 a.C.- età tiberiana. Luogo di conservazione: Roma, Museo della Civiltà ma semplice e schematica di questa lucerna è Riproduzione in gesso: Roma, Museo della Civiltà contesto di età flavia (in giacitura secondaria).
Provenienza originale: Aquileia
Luogo di conservazione: Roma, Museo della Civiltà Romana, inv. n. 3157 Romana, inv. n. 3160 Centro di produzione: forse Arezzo
Cronologia: età augustea. la facilità di accostamento l’una con l’altra, che
Romana, inv. n. 3156 Cronologia: I sec. d.C. Cronologia: 15 a.C. - 5 d.C.
Luogo di conservazione: Aquileia, Museo rende facile l’imballaggio, anche in grandi quan-
Luogo di conservazione: Roma, “Sapienza” -
Archeologico Nazionale tità, nonché l’impilamento nei forni di cottura. Università di Roma, Laboratorio per lo studio
Riproduzione in gesso: Roma, Museo della Civiltà Lucerna fittile non verniciata. Il serbatoio è La produzione è perciò più semplice, poiché dell’instrumentum domesticum. Inv. n. TN B 1973
Romana, inv. n. 3155
Lucerna fittile dal serbatoio circolare, disco con- circolare, con incavi ai fianchi che determi- l’ansa è contenuta nella stessa matrice e la de- Lucerna trilicne con becchi a ogiva e, lungo
cavo decorato da 3 solchi e un cordoncino. Bec- nano la svasatura a incudine del becco. Il di- corazione è scarsa; è stato dimostrato che que- di essi, doppie volute (Dressel 12, Loeschcke
co a incudine decorato da protomi di cigno sco è liscio, leggermente concavo, con 2 sto tipo di lucerna veniva usata in luoghi I). Serbatoio circolare. Al centro del disco è
Lucerna a becco triangolare svasato, con vo- naturalistiche ma semplificate e scanalature solcature a ‘Y’ ai lati; all’inizio del becco, te- sotterranei, dove poteva essere appesa al mu- raffigurato un giovane nudo caduto da un ca-
lute laterali a congiungere becco e serbatoio fra le due teste a formare una sorta di canale. ste di cigno a stampo naturalistico ma mol- ro (v. Gallerie Cesaree del Foro Romano). vallo in galoppo. L’ansa è ad anello, sormon-
(Dressel 9, Loeschcke I B). Serbatoio circola- L’ansa è a nastro liscia, modellata separata- to semplificate, il cui collo è decorato da linee S.S. tata da riflettore triangolare: al centro di essa
re, spalla sottile degradante verso il basso, di- mente dal resto della lucerna. Vernice bruna. orizzontali. Fondo piatto e ansa trasversale, è raffigurata una Nike su globo, con corona
sco concavo con foro di alimentazione S.S. con foro circolare, applicata sulla parte op- nella mano destra e ramo di palma nella si-
decentrato. Al centro del disco è raffigurata posta del becco, a formare un tutt’uno con la Bibliografia nistra. Il motivo iconografico, su ansa plasti-
CIL XV, 2,1, p.782 e ss., tav.3, 22; Bailey 1980, Q 1150
in rilievo una cesta a costolature orizzontali parete posteriore del serbatoio. In questo ca- ca o su disco, è piuttosto diffuso ma sembra
tav. 50. pp. 261 e 267; Di Filippo Balestrazzi E., Lucer-
contenente un ciuffo di verdura, un’anforet- Bibliografia so, a differenza che in tipi precedenti, l’ansa essere usato maggiormente nell’ultimo quin-
ne del museo di Aquileia. Lucerne romane di età re-
CIL XV, 2,1, p.782 e ss., tav.3, 4; Di Filippo Balestrazzi
ta e un pane. Tutt’intorno alla scena corre la non è applicata a parte, ma fa parte della ma- pubblicana e imperiale, Aquileia 1988, n. 179, tav. 24 dicennio del I- inizi II secolo d.C.
E., Lucerne del museo di Aquileia. Lucerne romane di
scritta: PAUPERIS CENA PANE VINO RADIC. età repubblicana e imperiale, Aquileia 1988, n. 179, tav. trice superiore della lucerna stessa. Il tipo rap- p. 138-141; Menzel H., Antike lampen im Römisch-Ger-
S.S. presenta l’anello di congiunzione fra le manischen Zentralmuseum zu Mainz, Mainz 1954,
24, pp. 138-141; Menzel H., Antike lampen im Römisch-
p. 24 e ss., fig.22; Pisani Sartorio G., Vögelkompflam- Bibliografia
Germanischen Zentralmuseum zu Mainz, Mainz 1954, “Vogelkompflampen” classiche (Dressel 4) e
pen e lucerne da spedizione, in Rendiconti della Ponti- CIL XV, 2,1, p.782 e ss., tav.3, 12; Bailey 1980, p. 28; Bai-
p. 24 e ss., fig. 22, 2.; Pisani Sartorio G., Vogelkom- le lucerne ‘da imballaggio’ che raggiungono ficia Accademia Romana di Archeologia, XLII, ley D.M., Catalogue of the lamps in the British Museum.
Bibliografia pflampen e lucerne da spedizione, in Rendiconti della
la stilizzazione massima, non presentando 1969-1970, p. 82 e ss., tipo III; Pavolini C., Una pro- Roman provincial lamps, vol. III, Londra 1988: Q3015 p.
CIL XV, 2,1, pp.782 e ss., tav.3, 9; Di Filippo Balestrazzi Pontificia Accademia romana di archeologia, XLII,
1969-1970, p. 82 e ss. più la decorazione a teste di cigno, ma una duzione italica di lucerne: le Vogelkopflampen ad an- 19, fig. 21 e p. 373, tav. 98; Di Filippo Balestrazzi E., Lu-
E., Lucerne del museo di Aquileia. Lucerne romane di
decorazione ‘a rastrello’ e cerchietti; queste sa trasversale, in BullCom 1976, vol. 85, p. 45 e ss. cerne del museo di Aquileia. Lucerne romane di età re-
età repubblicana e imperiale, Aquileia 1988, n. 488, tav.
ultime sembrano comparire dall’età flavia, pubblicana e imperiale, Aquileia 1988, n. 837.
86; Pavolini C., Le lucerne romane fra III a.C. e III d.C.,
in A.A.V.V., Ceramiques hellénitiques et romaines, II, perdurando, contemporaneamente a lucerne S.S.
Besançon - Paris 1987, pp. 136-165. più raffinate di altre tipologie, fino al III d.C.

Fondo di coppa (suppellettile da mensa) con


attacco di parete arrotondata riferibile al tipo
Conspectus B 3.10. Il punto di congiunzione
tra parete e fondo è segnato esternamente da
una solcatura ed internamente da un gradino.
Al centro del fondo interno è presente il bol-
lo in cartiglio rettangolare RVFIO / L.VMBR(ici)
(OCK 2464), che restituisce il nome del per-
sonaggio di condizione libera L. Umbricius e
quello dello schiavo Rufius, secondo uno sche-
ma tipico dei bolli attestati su questa classe
di manufatti. In L. Umbricius va verosimilmente
riconosciuto il proprietario dell’officina, men-
tre lo schiavo è probabilmente il responsabi-
le dell’unità produttiva che ha realizzato il vaso.

244 245
Sulla base dei contesti di rinvenimento del bol- Sez. 9.9b - Scyphus in terra Sez. 9.10 - Coppa in terra sigillata Sez. 9.11 - Guttus in terra sigillata Sez. 9.12a - Grande piatto in terra siderevoli, che fanno la propria comparsa tra
lo, della tipologia dei vasi su cui è attestato e sigillata italica sud-gallica africana A sigillata africana D le produzioni della Tunisia settentrionale e
delle caratteristiche del cartiglio, l’attività di centrale all’inizio del III secolo d.C. e che ri-
questa officina è stata datata tra il 15 a.C. ed il Materiale: argilla lavorata al tornio, con rivestimento Materiale: argilla modellata a matrice, con Materiale: argilla lavorata al tornio e rifinita a mano, Materiale: argilla lavorata al tornio, con rivestimento marranno in uso fino alla fine di questa pro-
di vernice di colore rosso corallino, decorata ad rivestimento costituito da una vernice di color con rivestimento di vernice all’esterno; ansa costituito da una vernice di colore arancio
5 d.C. (da qui la cronologia proposta per il duzione: la loro diffusione è stata collegata
appliques e con tecnica à la barbotine rosso-mattone, spessa e brillante realizzata a mano ed applicata relativamente brillante che ricopre l’interno del
frammento), mentre la localizzazione di que- Dimensioni. diam. orlo cm 10,8; h. max. cons.: cm 6,2 Dimensioni: diam. orlo cm 18; h. max. cons. cm 6,1 Dimensioni: diam. orlo cm 8,5; h. cm 8,2 vaso e si arresta, all’esterno, subito al di sotto a specifici cambiamenti nelle pratiche ali-
st’ultima rimane incerta, benché buona parte Provenienza: Ostia, Terme del Nuotatore, area NE, Provenienza: Ostia, Terme del Nuotatore, da un Provenienza: Ostia, Terme del Nuotatore, area NE, da dell’orlo mentari, forse ‘meno individuali e più collet-
dell’attività di L. Umbricius si è svolta ad Arez- da un contesto di età flavia contesto di età flavia (in giacitura primaria) un contesto di età tardo-antonina (160-180/190 d.C.). Dimensioni: diam. orlo cm 37; alt. cm 4,8 tive’ (Atlante I, pp. 14-15). Per tipologia,
zo. Sul fondo esterno sono graffite dopo la Centro di produzione: Italia centrale Centro di produzione: i motivi decorativi sono Centro di produzione: Tunisia Provenienza originale: Sperlonga, Villa di Tiberio caratteristiche dell’impasto e tipo di rivesti-
Cronologia: età flavia. caratteristici delle officine di La Graufesenque Cronologia: età flavia – età traianea Centro di produzione: Tunisia settentrionale
cottura tre lettere (I / P / A). mento l’esemplare può essere attribuito alla
Luogo di conservazione: Roma, “Sapienza” - (Francia meridionale) Luogo di conservazione: Roma, “Sapienza”- Cronologia: sulla base della tipologia, prima metà
I vasi in terra sigillata italica costituiscono - vi- Università di Roma, Laboratorio per lo studio Cronologia: età flavia Università di Roma, Laboratorio per lo studio del V secolo d.C. produzione D, che fa la sua comparsa nelle
sta l’ampia diffusione di questa classe di ma- dell’instrumentum domesticum. Inv. n.TN-NE2 Luogo di conservazione: Roma, “Sapienza” - dell’instrumentum domesticum. Inv. n. TN NE 3 Luogo di conservazione: Roma, “Sapienza” - officine della Tunisia settentrionale agli inizi
teriali - uno dei fossili guida del periodo Università di Roma, Laboratorio per lo studio Università di Roma, Laboratorio per lo studio del IV secolo sostituendo i vasi in sigillata
compreso tra i decenni centrali del I secolo a.C. dell’instrumentum dell’instrumentum domesticum. Inv. n. S 1948 africana A ed affiancandosi alla sigillata afri-
domesticum. Inv. n.
(quando i vasi in terra sigillata sostituiscono Coppa (suppellettile da mensa) tipo Dragen- cana C della Tunisia centrale. Produzione e
TN B 3125
quasi ovunque le produzioni a vernice nera) dorff, Watzinger IX, biansata, frammentaria, circolazione della ceramica fine da mensa in
ed il II secolo d.C., quando si svolge la fase più di cui si conserva ampia porzione della parte Piatto (suppellettile da mensa) riferibile al ti- D sono attestate fino alla fine del VII secolo.
tarda della produzione (Sigillata Tardo-Italica). superiore e qualche parte del corpo e del fon- po Hayes 61B2, con orlo leggermente incli- La scodella in mostra, in particolare, costi-
I centri di produzione accertati fino a questo do; rivestimento rosso mattone, tipico delle Frammento di nato verso l’interno che si congiunge con la tuisce uno dei tipi più diffusi nel Mediterra-
momento si concentrano ad Arezzo (con suc- produzioni italiche di vasi in terra sigillata. La coppa carena- parete creando un gradino all’esterno. All’in- neo occidentale e orientale e presenta spesso
cursali a Pisa e a Lione) e nell’Italia centrale e sintassi decorativa prevede una serie di figu- ta (suppellettile terno del vaso sono visibili tre scanalature: la sul fondo decorazioni ottenute mediante im-
settentrionale. I bolli suggeriscono tuttavia che re applicate a stampo di eroti dalle ginocchia da mensa) in terra prima nel punto di congiunzione tra orlo e pressioni da stampo (vd. anche scheda suc-
artigiani italici si siano trasferiti, intorno al vol- piegate, forse colti nell’atto di guidare un coc- sigillata sud-gallica rife- parete, la seconda tra parete e fondo e la ter- cessiva).
gere dell’èra, anche nella zona di Efeso (Tral- chio, alternati ad elementi vegetali stilizzati, ribile al tipo Dragendorff 29. La decorazione za al centro del piatto; sul margine di que- A.F.F.
les è uno dei pochi centri di produzione citato realizzati tramite una densa soluzione argil- presenta, nel registro superiore, una serie di fe- st’ultima rimane traccia di una decorazione
nelle fonti antiche) dove avrebbero dato vita losa, stesa presumibilmente con un finissimo stoni semicircolari, intervallati ad un motivo ve- impressa costituita da un cerchio concentri-
ad una produzione autonoma di terra sigilla- pennello. Sebbene le due tecniche decorative getale (foglie di palmette?) rivolto verso il basso; co dentellato. Bibliografia
ta (la Sigillata Orientale B). Va ricordato che siano molto raramente associate, la coppa all’interno dei festoni si trovano corolle circo- Questa forma appartiene ad un’ampia fami- Saguì 1980, pp. 496-497; il punto su questa forma è
proprio negli impianti del Mediterraneo orien- rientra pienamente all’interno della più tarda lari che contengono una rosetta; nel registro in- glia di vasi da mensa dalle dimensioni con- in Bonifay 2004, pp. 167-171, con bibliografia.
tale era stata avviata, intorno alla metà del II fase produttiva di questa produzione artigia- feriore, al di sotto della carena, baccellature che
secolo a.C., la prima produzione di ceramiche nale su larga scala, che ha visto le sue prime terminano nella parte superiore con una foglia.
fini da mensa con rivestimenti rosso corallini officine impiantate ad Arezzo alla metà del I La produzione di vasi con ‘vernice’ rossa inizia, Guttus con beccuccio del tipo Hayes 121, n. 1 e
(la Sigillata Orientale A). secolo a.C. (con succursali a Pisa e Lyon in negli ateliers della Gallia meridionale, intorno al- corpo biconico, ansato e dal bordo leggermente
A.F.F. Francia) e poi la creazione di numerose altre l’età tardo-augustea, anche se la presenza di que- rilevato, superiormente dotato di un filtro, ap-
fabbriche in Italia centrale e settentrionale, at- sti manufatti diventa sensibile - nei principali partenente alla serie più antica di vasi in terra si-
tive sino al II secolo d.C. La diffusione inte- contesti del Mediterraneo occidentale - solo dal- gillata provenienti dall’Africa Proconsularis,
Bibliografia ressa, con quantità impressionanti tra età la metà/seconda metà del I secolo. A differenza caratterizzata da un rivestimento arancio vivo
Ostia II, p. 170, figg. 122 e 676; per i bolli sulla sigilla-
l’augustea e l’età tiberiano-claudia sia le pro- della produzione liscia, che conoscerà una dif- (produzione A1).
ta italica, l’organizzazione delle officine e la distribu-
zione dei manufatti cfr. OCK, pp. 14-50; per un punto vince occidentali che l’Europa interna. fusione piuttosto limitata, sono soprattutto i va- Si ipotizza che vasi di questa forma fossero uti-
sulle produzioni orientali, cfr. Hayes 2001 e Malfita- G.R. si decorati a matrice ad essere distribuiti su larga lizzati come biberon.
na 2005 (con bibliografia). scala, così come la produzione ‘marmorizzata’ Le officine della sigillata africana A, localizzate
Bibliografia: realizzata negli impianti di La Graufesenque ed nell’odierna Tunisia Settentrionale, hanno ali-
Rizzo 1998, pp. 823-824, fig. 9 a-b (con bibl.).
attestata in piccole quantità nei principali centri mentato un commercio mediterraneo di cera-
di consumo del Mediterraneo. Le fabbriche sud- mica (prevalentemente forme aperte: piatti, coppe,
galliche continuano ad essere attive almeno fi- ciotole), quantitativamente elevato, dall’età flavia
no alla metà del II secolo, quando si spostano alla fine del III secolo d.C., sostituendo in Occi-
nel centro della Gallia (sigillata centro-gallica) e dente progressivamente tutte le classi fini da men-
nel III secolo nel nord della regione (sigillata nord- sa precedentemente prodotte e diffuse.
gallica), inseguendo i mercati del limes renano G.R.
e della Britannia.
A.F.F.
Bibliografia
Bibliografia Inedito.
Ostia II, p. 174, fig. 734; un punto sulla storia dei di- Atlante I, p. 50, tav. XXIII, n. 4; sulle produzioni di ter-
versi impianti produttivi: Bémont 1986. ra sigillata africana v. da ultimo Bonifay 2004 (con bi-
bliografia)

246 247
Sez. 9.12b - Fondo decorato di sigillata africana D Sez. 9.12d - Lucerna Sez. 9.13a - Anfora da trasporto ficine della valle del Guadalquivir (Baetis) in Sez. 9.13b - Vasetto ovoide e
grande piatto in terra sigillata età augustea e prosegue fino ai decenni cen- piriforme in ceramica comune
africana D Materiale: argilla lavorata al tornio, rivestita con un Materiale: argilla modellata a matrice, rivestita da Materiale: argilla lavorata con la tecnica “a trali del III secolo d.C. La fortuna di questi
ingobbio sottile, opaco, che riveste tutto l’interno un ingobbio di color arancio, di medio spessore, colombina” e al tornio; anse realizzate a mano ed Materiale: argilla lavorata al tornio
contenitori è legata all’olio destinato ai rifor-
del vaso, mentre all’esterno ricopre l’orlo e si che presenta riflessi metallici applicate Dimensioni: h. cm 15, 5; diam. orlo cm 5,5; diam.
Materiale: argilla lavorata al tornio, con rivestimento nimenti dell’Annona di Roma e degli eserciti
arresta subito al di sotto del listello; l’insolita Dimensioni: lungh. max. cons. cm 9,5; largh. cm 6,3; Dimensioni: diam. orlo all’esterno cm 16,8; diam. pancia cm. 7,5
costituito da una vernice di colore arancio
colorazione giallo-arancio è probabilmente dovuta a h. cm 4,8; manca una piccola parte del becco. pancia nel punto di massima espansione cm 57; dislocati lungo le frontiere dell’impero. Il Te- Provenienza: Ostia, Terme del Nuotatore, area NE,
brillante, presente solo sulla faccia interna del
frammento difetti di cottura Provenienza: Roma, scavo delle pendici nord- h. cm 74 staccio (il monte dei “cocci”) testimonia del- da un contesto di età tardo-antonina (160-180/190
Dimensioni: diam. orlo cm 16,6; diam. al listello cm orientali del Palatino, da un contesto di età Provenienza: Ostia, Terme del Nuotatore, area NE, le elevatissime quantità di anfore olearie d.C.)
Dimensioni: lungh. max. cons. cm 9,3; largh. max.
19; diam. fondo cm 5,5; h. cm 6 contemporanea (giacitura secondaria) da un contesto di età tardo-antonina (160- Cronologia: seconda metà del II secolo d.C.
cons. cm 8,1 (Dressel 20 e in minori quantità nord-africa-
Provenienza originale: Sperlonga - Villa di Tiberio Cronologia: fine IV - inizi V secolo d.C. 180/190) Luogo di conservazione: Roma, “Sapienza” -
Provenienza originale: Sperlonga, Villa di Tiberio ne) che raggiungevano l’Urbs, ove l’olio era
Cronologia: decenni centrali del VI secolo d.C. Luogo di conservazione: Roma, “Sapienza” - Centro di produzione: Spagna sud-occidentale Università di Roma, Laboratorio per lo studio
Centro di produzione: Tunisia settentrionale
Luogo di conservazione: Roma, “Sapienza” - Università di Roma, Laboratorio per lo studio (Betica) distribuito alla plebe urbana già forse dall’età dell’instrumentum domesticum. Inv. n. TN NE
Cronologia: decenni centrali del V secolo.Luogo di
conservazione: Roma, “Sapienza” - Università di Università di Roma, Laboratorio per lo studio dell’instrumentum domesticum. Inv. n. PNE 5247 Cronologia: la cronologia del contesto di augustea e più intensamente dall’età adria- 71.77.
dell’instrumentum domesticum. Inv. n. S 1453 Centro di produzione: Italia centrale tirrenica (Roma?) provenienza, nonchè la conformazione dell’orlo, nea in poi. In età severiana le distribuzioni di- Centro di produzione: non determinabile
Roma, Laboratorio per lo studio
Centro di produzione: Tunisia settentrionale consentono di datare l’anfora ostiense agli ultimi
dell’instrumentum domesticum. Inv. n. S 1879 vennero gratuite e quotidiane. I vuoti a perdere
decenni del II secolo d.C.
Luogo di conservazione: Roma, “Sapienza” - (cioè le anfore) venivano rotti in prossimità
Università di Roma, Laboratorio per lo studio del porto di sbarco (l’Emporio) e gettati in Vasetto in ceramica comune caratterizzato da
Fondo di piatto (suppellettile da mensa) in Vaso a listello (suppellettile da mensa) in si- Lucerna riferibile ad una produzione centro- dell’instrumentum domesticum. Inv. n. TN-NE1 un’apposita discarica che nei 150 anni d’uso una piccola imboccatura, da un collo stretto
terra sigillata D su cui è visibile la traccia di gillata africana D, riferibile al tipo Hayes 91C, italica (tipo Bailey S), che imita - probabilmente si è trasformata in una vera e propria collina e da un corpo piriforme, pertinente al tipo Pa-
un solco prossimo al punto di contatto con nn. 21, 23, dalle pareti mediamente svasate, tramite la tecnica del surmoulage - una lucer- (il Testaccio) alta circa più di 40 metri. volini 16a-17a. Le caratteristiche della pasta
la parete e al cui centro è presente una de- con orlo arrotondato, listello ricurvo di me- na di produzione nord-africana riferibile al ti- Anfora per il trasporto di derrate alimentari C.P. rimandano ad un’origine non italica, forse
corazione impressa costituita da triangoli den- dia ampiezza. All’interno, sul fondo, è pre- po VIIIA1a dell’Atlante I in sigillata africana D. liquide (olio) dal corpo tendenzialmente glo- spagnola.
Bibliografia
tati con cerchietti (Atlante I, stampo n. 43), sente una fitta decorazione a rotella. Sul fondo Il canale è fiancheggiato all’interno da due sol- bulare, di forma Dressel 20, proveniente dal- Inedita. Per questo tipo di oggetti si è supposto un
alternati a rami di palma (Atlante I, stampo esterno, piano, una scanalatura lascia distin- cature longitudinali. La spalla è decorata da la Betica (Spagna sud-occidentale). García Vargas, Bernal Casasola 2008, pp. 674-676 (con uso come contenitori per dadi (fritilli), come
n. 116). La decorazione, piuttosto insolita, è guere un falso piede. una foglia di palma schematizzata compresa La produzione delle Dressel 20 inizia nelle of- bibl.). tappi per anfora (in particolare delle anfore
stata attribuita per la scarsa accuratezza de- Il vaso appartiene ad un’ampia famiglia di og- entro una banda delimitata, verso il becco, da Dressel 7-13 e simili della Betica nella Spagna
gli stampi e per la loro disposizione allo sti- getti dalla vasca più o meno profonda e do- due solcature trasversali. Sul disco croce mo- sud-occidentale), come vasi per l’alleggeri-
le A(III) di Hayes. Il vaso potrebbe appartenere tati di un listello posto al di sotto dell’orlo, la nogrammatica semplice, rivolta a destra, ge- mento di volte. Nella ricostruzione di E. Ro-
alla famiglia dei vasi da mensa di dimensio- cui storia inizia, nei primi secoli dell’impero, nericamente confrontabile con un esemplare driguez Almeida si tratterebbe di un oggetto
ni considerevoli esaminate nella scheda pre- nelle officine che producono ceramiche co- proveniente dalle catacombe di Commodilla utilizzato, insieme alla pece, come ventosa
cedente. muni, per entrare successivamente a far par- (Cosentino, Ricciardi 1993, nr. 67). Ansa ver- per togliere i tappi delle anfore. Riusi secon-
A.F.F. te del repertorio morfologico dei vasi in terra ticale, piena e scanalata. Al centro del fondo dari sono probabili, ma resta incerta la fun-
sigillata, non solo negli atéliers della Tunisia un motivo cuoriforme inciso. zione primaria, che sembrerebbe, soprattutto
Bibliografia (settentrionale, centrale e meridionale), ma A.F.F. per il tipo in esame, collegata ai contenitori
Saguì 1980, p. 519, fig. 132.
anche in quelli algerini ed egiziani. La forma da trasporto.
conosce una diffusione molto ampia, che ri- Bibliografia: C.P.
Inedito.
guarda l’intero bacino del Mediterraneo, la
Per le lucerne in sigillata africana D cfr. Atlante I, pp.
Sez. 9.12c - Vaso a listello in terra costa atlantica e l’Europa continentale. 194-198; per le imitazioni in ceramica comune cfr. Bai-
A.F.F. Bibliografia
ley 1980, pp. 383-384.
Inedito.
Rodriguez Almeida 1974; Pavolini 1980; Pavolini 2000,
Bibliografia
pp. 375-378.
Saguì 1980, p. 504, fig. 63; per la storia della forma
Hayes 91 cfr. da ultimo Bonifay 2004, pp. 177-181, con
bibliografia.

a b

248 249
Sezione 10
tecniche artistiche
Le tecniche di rivestimento parietale e pavimentale del mondo romano Fig. 3 - Veduta del salone della Casa
dei Pittori al Lavoro a Pompei
(parete nord): la parete era in corso
di ridipintura al momento
dell’eruzione del Vesuvio (79 d.C.).
Stella Falzone Si noti che non era ancora conclusa
la decorazione della zona mediana
(pannello nero) e dello zoccolo
della parete, e che non era ancora
dipinto il quadro centrale (di cui
restano i disegni preparatori in
ocra gialla: la sinopia).
Nell’ambito delle tecniche artistiche romane, un ruolo preminente è [su concessione del Ministero per i
svolto dalla pittura murale, la quale assolveva al duplice scopo di de- Beni e le Attività Culturali,
corare pareti e soffitti, costituendo l’arredo immobile degli edifici, e Soprintendenza per i Beni
nel contempo assicurava un rivestimento atto ad isolare e a preser- Archeologici di Napoli e Pompei]
vare le strutture murarie che gli stessi intonaci rivestivano. La tecni-
ca pittorica romana è comunemente definita affresco (sez. 10 n. 1),
a causa della modalità di realizzazione dello stesso rivestimento: i
colori, infatti, venivano stesi quando l’intonaco era ancora fresco, in
modo da ottenere mediante la reazione tra la calce contenuta nel- Fig. 1 - Sezione di un
l’intonaco e l’anidride carbonica dell’atmosfera una pellicola di car- intonaco romano
bonato di calcio che fissava naturalmente i colori. Tuttavia, specialmente (da Adam 1989, fig. 508).
nei casi di decorazioni più elaborate sia dal punto di vista dello sche- Fig. 1a - Colori da Pompei
ma che della resa cromatica, i colori potevano essere impiegati an- (Napoli, Museo Archeologico Nazionale) Fig. 4 - Particolare della parete est
che a “mezzo fresco” (riattivando in un secondo momento il processo del salone della Casa dei Pittori a
di carbonatazione mendiante la pressatura della parete dipinta) che Lavoro: si noti il disegno
“a secco”, ovvero se i pigmenti venivano stesi quando la superficie geometrico preparatorio realizzato
dell’intonaco era già asciutta mediante un legante organico, con la per eseguire le architetture dipinte
conseguente maggiore deperibilità delle superfici dipinte. della zona mediana.
La tecnica dell’affresco, già nota nell’antichità, nel mondo romano [su concessione del Ministero per i
raggiunse un eccezionale livello di perfezionamento, conseguito me- Beni e le Attività Culturali,
diante particolari accorgimenti utilizzati negli strati preparatori del- Fig. 2 – Pittori al lavoro Soprintendenza per i Beni
l’intonaco. Come apprendiamo dalle fonti, in particolare da Vitruvio (da Adam 1988, fig. 521) Archeologici di Napoli e Pompei]
(De Architectura, 7), era prevista la realizzazione di almeno tre stra-
ti preparatori sovrapposti con calce preparata con sabbia e pozzo- miscela ottenuta con cera, insieme ai colori e alla calce (tecnica del-
lana, sull’ultimo dei quali si stendevano altri strati di calce con polvere l’encausto, impiegata su legno, avorio e tessuto).
di marmo per rendere più compatta la superficie, ottenuta anche Il procedimento descritto, per la realizzazione di superfici dipinte per-
mediante la battitura e la levigatura (figg. 1, 1a). tinenti sia a soffitti o volte che a pareti, comportava necessariamen-
Riguardo ai colori, che come si è detto dovevano essere stesi quan- te una precisa organizzazione del lavoro all’interno della bottega dei
do il rivestimento era ancora umido, Vitruvio riporta una descrizio- pittori incaricati della realizzazione della stessa pittura (fig. 2).
ne dei materiali impiegati distinguendo tra i colori che si rinvengono Le successive fasi (stesura degli strati preparatori, dello strato di in-
“pronti” in natura e quelli preparati secondo procedimenti vari, sen- tonaco su cui apporre i colori, infine della decorazione stessa) era-
za fornirne caratteristiche particolari, ad eccezione del cinabro (il mi- no fortemente vincolate da una tempistica di esecuzione rapida, per
nio, il c.d. rosso pompeiano), di cui l’autore segnala le probabili consentire che il lavoro progredisse su superfici sempre umide. Si
alterazioni dovute all’esposizione alla luce solare. Ulteriori informa- lavorava dunque a zone, normalmente a fasce o stadi progressivi, rum venalium (VII, 8-9) (editto emanato all’epoca dell’imperatore questo caso, prima di realizzare scene particolarmente complesse,
zioni sui colori ci vengono tramandate da Plinio (Naturalis Historia come è stato possibile riconoscere sia dall’osservazione diretta del- Diocleziano a seguito di una forte svalutazione monetaria) (cfr. sez. poteva essere tracciato uno schizzo preparatorio, definito sinopia
35), sia sulle modalità di impiego che sulla diffusione degli stessi pig- le pitture che dopo il distacco dalle pareti di affreschi, in cui sono 6, n. 5); tale distinzione lascia supporre che il rango più elevato nel- (dal tipo di terra color ocra di Sinope), nascosto dall’ultimo strato
menti, poiché l’autore precisa che alcuni di essi, i c.d. floridi, erano state riconosciute le c.d.”giornate di lavoro”, ovvero zone delimita- la categoria appartenesse al pittore incaricato di dipingere i quadri di intonaco di supporto alla pittura o dalla pittura stessa, come si
direttamente forniti dal committente ai pittori probabilmente a cau- te da giunture di intonaco corrispondenti alla porzione del lavoro o le scene figurate, che occuparono il centro delle pareti affrescate continuerà a fare anche oltre l’antichità. Allo stesso o ad altri arti-
sa del loro costo e delle loro qualità intrinseche. Entrambi gli autori, eseguito giornalmente. La presenza di pittori differenti preposti al- a partire dall’età augustea e per tutta l’epoca imperiale. Spesso i pit- giani era affidata l’esecuzione di ulteriori disegni preparatori, che
inoltre, accennano ad una particolare tecnica di lucidatura delle su- le successive fasi dell’esecuzione ci viene suggerita dalla distinzio- tori dei quadri intervenivano quando il resto della decorazione era servivano per organizzare le differenti zone dello schema decorati-
perfici pittoriche mediante la stesura di cera diluita con olio, che ave- ne esistente tra il “pictor imaginarius”, ovvero il pittore che eseguiva stato già ultimato, in alcuni casi apponendo sulla parete tavole di- vo, nonché i motivi accessori; questi disegni, eseguiti con linee im-
va la funzione di preservare le pareti particolarmente esposte. Ancora i quadri e il “pictor parietarius”, il pittore a cui era affidato l’impian- pinte precedentemente in bottega, ma più in generale eseguendo il presse con una cordicella oppure con punteruoli o compasso,
dubbia, invece, risulta l’utilizzazione nelle decorazioni parietali di una to decorativo generale, entrambi ricordati nell’Edictum de pretiis re- dipinto direttamente in un settore predisposto lasciato grezzo. In impiegando vari tipi di riga e filo a piombo (cfr.sez. 1 n. 11 a-g), era-

252 253
no sempre realizzati prima che l’intonaco fosse asciutto (figg. 3-4).
Mentre le fonti (in particolare Plinio) ci tramandano i nomi di gran-
di pittori greci di età classica ed ellenistica (Polignoto, Apelle, Zeusi
ecc.), le cui opere su cavalletto oggi completamente perdute orna-
vano i più importanti portici e templi a Roma, pochi sono i nomi re-
lativi a pittori romani (Fabius Pictor, Studius o Ludius e Famulus o
Fabullus), e a nessuno di questi possiamo con certezza associare al-
cun dipinto. Conosciamo al contrario le firme di quattro pittori o stuc-
catori (Alexandros, Seleukos, Lucius, Silvanus) ignoti alle fonti letterarie, Fig. 7 - Disegno ricostruttivo delle
che ci testimoniano una pratica artigianale diffusa, spesso ad opera fasi di realizzazione dell’opus sectile
di pittori anonimi dotati di un buon bagaglio di tecnica. pavimentale (Marmi colorati 2002,
Si può asserire che i procedimenti di esecuzione dell’affresco e de- p.164; dis. T. Semeraro)
scritti dalle fonti antiche furono utilizzati in modo generalizzato nel
modo romano, come ricaviamo dall’analisi degli intonaci dipinti e
dall’osservazione delle loro caratteristiche tecniche, anche se, a se- Fig. 5 - Cornice in stucco (v. sez. 10, 2) Fig. 6 – Mosaico pavimentale
conda degli ambiti geografici e cronologici, risultano impiegati va- rinvenuto nella domus sotto Palazzo
riamente i materiali che componevano gli strati preparatori o i pigmenti, a mano mediante spatole o con l’uso di stampi (come peraltro si è Valentini a Roma (II sec.d.C.) (da
come può variare il numero degli stessi strati, con una progressiva continuato a fare fino in epoca moderna), il quale generalmente ve- Baldassarri 2008-2009)
diminuzione in termini numerici e qualitativi nel corso del tempo. niva steso sull’intonaco di preparazione ancora fresco. Il rivestimen-
Tale semplificazione è correlabile in epoca imperiale ad una genera- to in stucco, una volta essiccato essendo anche esposto a fonti di da un conglomerato di ciottoli (statumen), il secondo da pietre e cal- no svariate repliche del medesimo soggetto ripetute in aree geogra-
le standardizzazione e diffusione della pittura in affresco che diven- calore, assicurava una lunga durata e nei casi migliori una durezza si- ce spesso 25 cm (rudus) e infine il terzo costituito da cocciopesto e fiche anche distanti; tali fenomeni sono motivati da una generale dif-
ne appannaggio di una committenza sempre più diversificata, mile al marmo, di cui richiamava l’aspetto esteriore. Le superfici po- calce (nucleus). Le tessere venivano incastrate su uno straterello su- fusione dei rivestimenti in mosaico e pittura in epoca imperiale e
diffondendosi specialmente nell’edilizia domestica in abitazioni an- tevano essere dipinte, secondo gli accorgimenti tecnici propri della periore di intonaco e la loro superficie levigata e resa compatta me- dalla conseguente creazione di botteghe a carattere locale.
che di standard non elevato. tecnica dell’affresco, come dimostrato negli esempi riconducibili al diante una spalmatura di polvere di marmo, sabbia e calce. Pur con Progressivamente, infatti, si può ravvisare nel tempo la tendenza nel-
Nell’ambito del mondo romano, infatti, l’ampia documentazione di c.d. primo stile pompeiano (di cui si dirà anche oltre). Le fonti anti- le dovute differenze tra epoche e aree geografiche (in analogia a quan- l’emblema con soggetto figurato sia ad ingrandirsi nelle dimensio-
pittura prevalentemente di ambiente domestico, rinvenuta in siti di che (Plinio, Vitruvio) distinguono tra i vari tipi di impiego dello stuc- to detto per l’intonaco dipinto), tale procedimento appare sostan- ni delle tessere che nella superficie occupata, fondendosi con la
eccezionale conservazione come Pompei, ha portato convenzional- co, che poteva essere adoperato per uniformare superfici architettoniche zialmente applicato e testimoniato dai ritrovamenti archeologici. restante decorazione a schema geometrico, che funge da contorno.
mente a definire nei quattro stili pompeiani tra il II sec. a.C. ed il I irregolari, o per ricoprire elementi architettonici o per la realizzazione Riguardo alla tecnica di esecuzione, si segnala che tra la tarda età re- Vastissimo appare il repertorio dei soggetti figurati nel modo roma-
sec. d.C. le differenti maniere di organizzare la decorazione parieta- di elementi plastici di rivestimento. Per le caratteristiche tecniche, ed pubblicana e la prima età imperiale, specialmente nella penisola ita- no, normalmente determinata dalla funzione dell’edificio di appar-
le. Gli schemi utilizzati nelle varie epoche imitavano architetture, ri- in particolare per la resistenza all’umidità, nel mondo romano lo stuc- lica, si rileva la presenza di pavimenti con decorazioni geometriche tenenza, nonché dallo status della committenza e dalla capacità delle
vestimenti in marmo o materiali preziosi, ed inserivano quadri, o co fu largamente impiegato nelle decorazioni di soffitti e volte, come ottenute con tessere bianche o con frammenti di terracotta ingloba- singole botteghe di mosaicisti. È possibile, per citare un esempio, ri-
immagini figurate eseguite con la tecnica dell’affresco di cui si è det- materiale esclusivo o insieme all’affresco, come ci dimostrano sia pre- ti nell’opus signinum, ovvero in uno strato di calcestruzzo dal colore levare una costante relazione nella scelta dei motivi o divinità mari-
to. Se in un momento iniziale attraverso le scelte decorative la clas- gevoli esempi di decorazione di edifici privati, che di edifici sepolcra- generalmente rosa realizzato con calce e cocciopesto. ne in connessione con gli ambienti termali, anche se possono esistere
se dirigente romana utilizzò l’apparato decorativo della casa come li o termali. La produzione in stucco conobbe il suo apice dal punto In epoca più antica (II sec. a.C.) è attestato l’uso di collocare al cen- eccezioni in tal senso, senza che di ognuna si possa stabilire la mo-
strumento volto all’autorappresentazione mediante l’adesione ad un di vista tecnico e nella qualità artistica a partire dall’età augustea e per tro dei pavimenti in mosaico di ambienti particolarmente lussuosi tivazione originaria.
repertorio dalle precise valenze ideologiche e culturali, specialmen- tutto il I sec. d.C.; in epoca successiva esso continuò ad essere im- con funzione di rappresentanza un piccolo riquadro figurato, defini- Nel tempo, saranno gli schemi geometrici monocromi, che combi-
te a partire dai decenni centrali del I sec. d.C. si ebbe una produzio- piegato, anche se in misura minore ed in edifici a carattere particola- to da Lucilio (Plin., Naturalis Historia, 36, 185) emblema vermicula- nano infinite soluzioni di linee geometriche con l’effetto di creare va-
ne pittorica generalmente di buon livello ma di rapida esecuzione e re, come i sepolcri, anche a causa della minore economicità rispetto tum, forse a causa dell’andamento curvilineo delle minutissime riazioni ottiche di campi bianchi e neri, gli schemi più frequentemente
piuttosto standardizzata, riflesso della diffusione di mode per una alle decorazioni in affresco (fig. 5). tessere di pietra e di pasta vitrea di svariati colori. Tali riquadri, a dif- impiegati in epoca imperiale, specialmente in ambito privato ed in
committenza di varia estrazione sociale. Tale fenomeno, ascrivibile Nell’ambito delle tecniche più diffuse nel mondo romano per deco- ferenza del resto del pavimento musivo, non venivano realizzati sul ambienti di secondaria importanza o scarsamente rappresentativi:
all’ultimo degli stili pompeiani, intervenne quando contemporanea- rare superfici architettoniche (pavimenti, pareti, soffitti o volte), un posto, e l’emblema poggiava su un piano di pietra, marmo o terra- la costruzione di uno schema geometrico di base, utilizzato come
mente nei palazzi imperiali venne privilegiato l’uso di lastre di mar- ruolo preminente è occupato dal mosaico (sez. 10, n. 3), sia per gli cotta che veniva inserito all’interno di una cornice in un’area rispar- un modulo facilmente replicabile a seconda della superficie da de-
mo policromo per rivestire le pareti di ambienti di rappresentanza, effetti coloristici ottenuti, che per la preziosità e la particolare resi- miata dello stesso pavimento. Possiamo supporre che si trattasse corare, assicurava rapidità di esecuzione ed economicità (fig. 6).
come ci mostrano le differenti sale della Domus Aurea neroniana. stenza, essendo composto da minute tessere di pietra, terracotta o di copie di celebri quadri di pitture su cavalletto, come peraltro si è Una particolare tecnica di rivestimento che impiegava, al posto del-
Da questo momento si sancì in un certo modo il ruolo preminente pasta vitrea inglobate in strati di preparazione accuratamente rea- ipotizzato per il mosaico con la battaglia di Alessandro e Dario dal- le piccole tessere lapidee, lastre di marmo di spessore vario (crustae)
della decorazione marmorea parietale rispetto a quella pittorica, an- lizzati. I termini connessi alla lavorazione del mosaico compaiono l’esedra della Casa del Fauno a Pompei, che rappresenta uno degli era nota nell’antichità come opus sectile marmoreum (sez. 10, n. 4).
che se nel corso delle epoche, come si dirà anche oltre, fu sempre nella letteratura romana solo assai tardi, ed in particolare negli Scrip- esempi più significativi realizzati con tale tecnica (fig. 5). Dobbiamo Come apprendiamo da Plinio (Naturalis Historia, 36, 47), questa par-
viva la dialettica esistente tra la pittura e il marmo, giocata spesso tores Historiae Augustae: generalmente era chiamato musivarius, mu- quindi supporre uno stretto collegamento tra la pittura e il mosaico, ticolare arte di tagliare il marmo in sottili lastre di rivestimento per
sugli aspetti imitativi della tecnica pittorica rispetto ai materiali di ri- seiarius e musearius il decoratore di pareti, mentre tessellarius, tesserarius in quanto si poteva trasporre sul mosaico, più resistente e duraturo, pareti e pavimenti nacque in Oriente, si diffuse nel mondo greco e
vestimento più pregiati. o tessellator quello dei pavimenti. lo stesso repertorio impiegato nella più fragile materia pittorica dei successivamente in quello romano. Le lastre marmoree, di spesso-
In stretto collegamento con gli intonaci dipinti, erano anche le deco- Come abbiamo visto per la tecnica della pittura, precise indicazioni quadri o delle pareti dipinte, come dimostrano repliche eseguite nel- re vario, normalmente presentavano misure relativamente grandi ed
razioni parietali in stucco (sez. 1o, n. 2). Lo stucco era costituito da per l’esecuzione del rivestimento in mosaico ci pervengono da Vi- le differenti tecniche. Nondimeno, dobbiamo ritenere che album di erano tagliate come figure geometriche o secondo forme prestabili-
un impasto di gesso mescolato con acqua, a cui potevano essere ag- truvio (De Architectura, 7, I) e da Plinio (Naturalis Historia, 36, 186- schizzi (cartoni) fossero alla base della realizzazione delle scene rap- te atte a ricostruire il disegno di soggetti figurati. L’effetto finale del-
giunte anche altre componenti, come calce, polvere di marmo e cal- 187). Secondo tali autori, si doveva procedere a realizzare per i mosaici presentate mediante entrambe le tecniche, e che tali schizzi più che la decorazione giocava sugli effetti coloristici dell’accostamento di
cite. Si otteneva un amalgama morbido, che poteva essere modellato pavimentali tre strati preparatori differenti, di cui il primo costituito gli stessi artigiani circolassero con una certa facilità, come mostra- tarsie di marmi differenti, che determinavano composizioni geome-

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Sez. 10. n. 1 – Affresco Sez. 10.2 - Cornice in stucco mette; i colori sono bianco, rosso, blu, ama-
(5 frammenti) colorato (3 frammenti) ranto e ocra giallo.
V.V.
Originali: 5 frammenti di affresco parietale con resti Originale: stucco (3 frammenti)
dell’incannucciata Misure: (cm 10 x 16 x 6 max.)
Misure: varie (14 x 16 x 3, il più grande) Provenienza: Via dell’Impero (1931-1932) Bibliografia
Provenienza: dagli scavi di via dell’Impero (1931-1932) Cronologia: I sec. d.C. Inediti.
Cronologia: I sec. d.C. Luogo di conservazione: Roma, Antiquarium Cfr. Pisani Sartorio G., Una domus sotto il giardino del
Luogo di conservazione: Roma, Antiquarium Comunale, inv. nn. 37683, 37762, 37730 Pio Istituto Rivaldi sulla Velia, in Città e architettura
Comunale, inv. nn. 37588, 37589, 37590, 37591, 37592 nella Roma imperiale, Analecta Romana Istituti Dani-
ci, Suppl. X, 1983, pp.147-168.

I frammenti di affresco parietale, rinvenuti nel Cornice in stucco, modellato a stampo e rifi-
corso degli scavi per l’apertura di via dell’Impe- nito a mano, dipinto nei colori rosso, azzur-
ro (oggi via dei Fori Imperiali), hanno superfici ro, amaranto, giallo ocra, bianco.
levigate dipinte nei colori rosso, giallo ocra, con Nel primo frammento ad una modanatura a
sovradipinture nei colori azzurro e verde. I mo- guscio con listello dipinto in bianco, segue
tivi decorativi sono: elementi floreali stilizzati, fra una fascia con figura alata (Nike?), a rilievo
i quali emerge il corpo di un grifo. Nella parte in colore bianco su fondo rosso, inginocchiata
posteriore di tutti i frammenti sono evidenti le con in mano una ghirlanda legata ad un can-
impronte dell’incannucciata alla quale aderiva delabro bianco anch’esso (il motivo poteva
l’affresco, il che può far pensare che facessero ripetersi in modo speculare); al di sopra una
parte della decorazione di un ambiente a volta. fascia a rilievo di fiori di loto alternati a pal-
V. V. mette su fondo rosso e blu entro volute.
Il secondo frammento è parte di una cornice
Fig. 8 - Opus sectile dalla domus B, parete est dell’aula absidata rinvenuto sotto Palazzo Valentini a Roma (da Baldassarri 2008-2009) aggettante di cui si vedono i tre lati: all’inter-
Bibliografia no di un archetto con volta a fondo in azzur-
Inediti.
triche più o meno complesse o addirittura composizioni figurate. Ri- composizioni ottenute da lastre accostate, tagliate secondo le diffe- ro, è applicata una conchiglia a rilievo bianca.
Cfr. Pisani Sartorio G., Una domus sotto il giardino del
guardo alle decorazioni pavimentali, al pregio artistico delle stesse renti figure geometriche, con ricercati effetti di policromia. Talora, a Pio Istituto Rivaldi sulla Velia, in Città e architettura Nel terzo frammento: da una palmetta a ri-
si univa la grande resistenza del materiale impiegato, il quale dove- schemi prevalentemente geometrici, si unirono motivi vegetali (si ri- nella Roma imperiale, Analecta Romana Istituti Dani- lievo in bianco angolare nasce una voluta, cui
va però essere messo in opera seguendo precisi accorgimenti tec- cordano, ad esempio, alcuni pannelli dalla Domus Tiberiana sul Pa- ci, Suppl. X, 1983, pp.147-168. segue a destra una fascia di fiori di loto e pal-
nici sia nella lavorazione delle lastre che nella stesura degli strati di latino, e il pavimento di un’aula della Domus Aurea).
malta di allettamento delle tessere (fig. 7). A partire dall’epoca degli imperatori Claudio e Nerone si diffusero
Anche in questo caso, la dialettica esistente tra le differenti tecniche anche i rivestimenti parietali di opus sectile figurato, come appren-
di rivestimento parietale nel modo romano può essere sottolineata diamo anche dalle fonte pliniana, anche se rimangono solo limitati
dall’ampia diffusione di stucchi imitanti rivestimenti con crustae mar- resti di tali composizioni figurate provenienti prevalentemente dai
moree, che caratterizzano il c.d. primo stile pompeiano, o “a incro- palazzi imperiali del Palatino.
stazioni” (II-I sec. a.C.). Tra le testimonianze più significative di questo gruppo si annovera-
Tra gli esempi più antichi in territorio italico di pavimenti con intar- no quattro pannelli figurati superstiti della basilica civile di Giunio
si marmorei, conosciamo dalle fonti e dai rinvenimenti archeologici Basso ed il rivestimento parietale in opus sectile geometrico e figu-
un tipo particolare definito pavimentum scutulatum, ottenuto con rato proveniente dall’edificio ostiense fuori Porta Marina, entrambi
piccole lastre policrome tagliate a rombi e disposte a creare l’effetto ascrivibili al IV sec. d.C.
di cubi visti in prospettiva, introdotto a Roma nel tempio di giove Ca- L’uso di rivestire pavimenti e pareti con tarsie marmoree perdura in-
pitolino dopo la terza guerra punica (149 a.C.) (Plinio, Naturalis Hi- fatti in epoca tardo imperiale, come dimostrano le decorazioni di edi-
storia 36, 185). Nei decenni successivi questo tipo di pavimento fu fici pubblici e privati, con il ricorso sempre più frequente a lastre
utilizzato anche in ambiente domestico (ad esempio nella Casa del marmoree di reimpiego. Il favore goduto da questo genere di rive-
Fauno a Pompei), per poi venire anch’esso imitato sulle pareti af- stimenti viene sottolineato, nella stessa epoca (fine III-IV sec.d.C.)
frescate (Casa dei Grifi sul Palatino). dall’imitazione in pittura di rivestimenti in crustae marmoree poli-
A partire dal I sec. a.C. e con l’età imperiale l’uso di pavimentazioni crome, ove nuovamente la pittura consentiva una maggiore econo-
con tarsie marmoree divenne sempre più diffuso, privilegiando le micità nella realizzazione degli apparati decorativi (fig. 8).

Bibliografia
Data la vastità della bibliografia esistente sugli argomenti trattati, si propongono di Bragantini 2004, pp. 131-146; Clarke 1979; Croisille 2005; Marmi colorati 2002; Donati
seguito solo i titoli di alcuni contributi di riferimento (generalmente di anni recenti) 1998; Esposito 2007, pp. 159-174; Falzone 2002, pp. 171-174; Guidobaldi 1989, pp. 55-
Adam 1989; Andreae 2003; Baldassarre, Pontrandolfo, Rouveret, Salvadori 2002; 81; Guidobaldi 2003, pp. 15-75; Ling 1998; Ling 1999; Mielsch 1975; Mielsch 2001;
Baldassarri 2008-2009; Barbet 1985; Barbet 1998, pp. 103-111; Barbet, Allag 2000; Morricone Matini 1980; Varone, Bearat 1997, pp. 199-214; Vassal 2006.

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Sez. 10.3 - Frammento di mosaico Sez. 10.4 - Opus sectile Sez. 10.5 - Bottega di scalpellino o
parietale mosaicista Tecniche della scultura in età romana
Originali: n. 7 frammenti di crustae marmoree
Originale: frammento di mosaico parietale Materiale: marmi vari (giallo antico, bianco, etc.) Materiale: lastra sepolcrale in marmo bianco
Misure: 48 x 30 x 10 Misure: varie Misure: 45 x 50 x 5
Provenienza: Roma Provenienza: da Roma Provenienza: dalla necropoli di Pianabella. Ostia,
Cronologia: età imperiale Luogo di conservazione: Roma, Antiquarium Antiquarium, inv. n. 132 Marco Galli
Luogo di conservazione: Roma, Antiquarium Comunale, inv. nn. 36917, 36922, 36930, 36933, Cronologia: 270-280 d.C.
Comunale, inv. n. 31778 36938, 36939, 36942 Riproduzione: calco in gesso. Roma, Museo della
Civiltà Romana,inv. n. 3325

Il frammento appartiene alla decorazione di


una parete a mosaico, probabilmente da col-
locare nel punto di partenza del catino di un Sulla lastra sepolcrale sono raffigurati, in se- Il processo di scolpire un qualsiasi genere di pietra allo scopo di rea-
ambiente absidato. condo piano, due uomini in atto di trasporta- lizzare una scultura o un altro oggetto tridimensionale risponde a una
La decorazione musiva è articolata per fasce: re e scaricare blocchi di pietra, e un altro logica di progressivo trattamento della massa solida attraverso se-
una fascia di gusci di murex annegata nella mal- personaggio, probabilmente il capo officina, quenze successive di intervento sulla superficie fino ad ottenere for-
ta, cui segue una fascia in mosaico a paste vi- con la destra alzata che indica ai due dove de- me sempre più definite: per mezzo dell’uso di una serie di strumenti,
tree blu, una fascia di piccoli ciottoli bianchi, vono poggiare i blocchi e nella mano sinistra impiegati singolarmente o in coppia, si interviene a modificare e mo-
una fascia di gusci di ostriche madreperlacee, tiene uno strumento per contare. In primo pia- dellare la materia prima (calcare, marmo, granito, porfido ecc.).
un’altra fascia di paste vitree blu, una fascia di no due uomini seduti sono forse intenti alla la- La prima fase era la scelta dei materiali. Questa era dettata non so-
piccoli ciottoli bianchi, una fascia a disegno di vorazione di tessere musive e utilizzano lo dai criteri di disponibilità e lavorabilità, ma era anche motivata
foglie lanceolate fatta con paste vitree blu al- Frammenti vari (7) di elementi di crustae mar- un’incudine e la martellina. Accanto all’opera- dal loro contesto di impiego, come dalla capacità di veicolare con-
ternate a piccoli ciottoli e una fascia di rosette moree, facenti parte di decorazioni parietali io di destra, un cesto rovesciato sparge a ter- tenuti simbolici: ad esempio in età imperiale il porfido, con la sua
a ciottoli entro riquadri col fondo di paste vi- ad opus sectile (elementi vegetali, un capitel- ra tessere già lavorate. La scena è certamente tonalità porpora, richiamava la magnificenza imperiale o, come in-
tree blu. lo di lesena graffito, una testina in marmo in relazione all’attività esercitata in vita dal de- segna la famosa munificenza di M. Emilio Scauro (Plinio, Natura-
La caratterista commistione di tessere vitree bianco bruciato, etc.). funto e, in considerazione del numero delle te- lis Historia 36, 50.113-115), la profusione dei marmi colorati segnalava
e gusci di molluschi fa pensare che si tratti stimonianze trovate ad Ostia, fa presupporre efficacemente il raggiunto prestigio sociale della committenza. In Fig. 1 - Cave di marmo proconnesio, isola di Marmara-Turchia: veduta generale
della decorazione parietale di un ninfeo. la presenza di officine specializzate nella lavo- quello che era il vasto network commerciale dell’impero romano il del fronte di cava con i tagli antichi a gradoni, mentre in primo piano a destra
Bibliografia razione dei marmi, che arrivavano nel porto, e marmo, con le sue molteplici varietà e colorazioni, diviene il ma- il taglio moderno eseguito con mezzo meccanico (foto P. Pensabene)
Inediti. teriale più utilizzato e più diffuso: soggetto a scambi, trasporto ed
nella realizzazione di composizioni musive.
Per confronti: F. Bianchi, M. Bruno, M. De Nuccio, La
Bibliografia esportazione su larga scala costituirà un fattore importante di ric-
domus sopra le Sette Sale. La decorazione pavimenta-
Inedito. chezza economica, tanto che l’autorità imperiale era coinvolta di-
le e parietale dell’Aula absidata, in M. De Nuccio, L.
Ungaro (a cura di), I marmi colorati della Roma im- Bibliografia rettamente nello sfruttamento di alcune cave di marmo (fig. 1).
periale, Venezia 2002, pp. 160-168; F. Bianchi, M. Bru- Marmi colorati 2002, pp. 497-498 (P. Olivanti) (con Quali sono i metodi di lavorazione attestati nel mondo romano
no, La domus delle Sette Sale. Il pavimento dell’aula bibliografia preced); MCR Catalogo 1982, sala LII, n.
26, p. 613; Olivanti P., in J.-P. Descoeudres (éd.), Ostie.
relativi alla produzione di oggetti scultorei?
rettangolare, in Atti AISCOM, XII, Padova-Brescia 14-
17 febbraio 2006, Tivoli 2007, pp. 279-286 Port et porte de la Rome antique, Genève 2001, p. 415. Il procedimento di produzione delle statue è strettamente connesso
ad alcuni fattori determinanti: le tradizioni e la trasmissione dei sa-
peri tecnici, la natura del materiale e la destinazione delle sculture. A
tal scopo la nostra base documentaria è fornita da significativi ritro-
vamenti archeologici di sculture non finite, più specificatamente esem-
plari a volte appena abbozzati o lasciati in momenti diversi della loro
lavorazione che permettono di definire la successione delle varie fa- Fig. 2 - Classificazione degli utensili per la lavorazione della pietra. a) strumenti im-
si di intervento e di identificare gli appositi strumenti utilizzati. È pro- piegati da soli: esempio del taglio di un blocco con ascia; b) lavorazione della su-
prio questa ampia mole di oggetti non finiti sparsi in tutto il bacino perficie con coppia di strumenti: scalpello a punta e mazzetta (rielab. da Bessac 1986)
del Mediterraneo che documenta l’esistenza contemporanea di vari
modi di lavorazione delle sculture. In una prospettiva sincronica si tre rimangono fondamentalmente gli stessi a partire dal VI sec. a.C.
può verificare che per giungere allo stesso esito finale vengano ado- Secondo la classificazione proposta dall’antropologo ed etnologo Le-
perati gli stessi strumenti ma in diversa successione e con diversa in- roi-Gourhan gli utensili per la lavorazione si dividono in due categorie
tensità: si tratta appunto di un variegato panorama di tradizioni principali: gli attrezzi che vengono utilizzati da soli, costituiti da un ele-
artigianali locali che coesistono in diverse parti dell’impero romano. mento in metallo munito di manico, dall’aspetto di un’ascia o mar-
Al contrario in una prospettiva diacronica non ci si deve sorprendere tello (fig. 2A). L’urto contro la pietra di questi strumenti è considerevole,
che sia gli strumenti che i metodi usati per l’età imperiale non si di- ma poco preciso: per questa ragione sono usati in una prima fase di
scostino molto da quelli impiegati in età arcaica o classica: si consi- lavorazione, per tagliare e squadrare i blocchi e sbozzatore grezze.
deri che, nonostante variazioni occasionali e successivi perfezionamenti, Alla seconda categoria appartengono invece quegli attrezzi (fig. 2B)
i tipi fondamentali di strumenti impiegati per la lavorazione delle pie- utilizzati in coppia, vale a dire per mezzo dei quali l’attacco della su-

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marmi bianchi più diffusi e apprezzati nell’impero romano, il pro- Fig. 5 - Statua loricata di imperatore,
connesio, proveniente da Proconneso, oggi isola di Marmara (Tur- dettaglio del fianco destro visto da retro:
chia) (Fig. 1). Gli esemplari di manufatti non finiti che si trovano oggi la freccia a destra indica i segni della
nel lapidario locale ci permettono di documentare lo stadio di lavo- lavorazione con scalpello a punta (subbia),
razione talvolta appena avviato, altre volte invece in stadi più avan- la freccia a sinistra tracce di scalpello
zati di lavorazione, come dimostra un’interessantissima statua di dentato (gradina)
imperatore loricata rimasta incompiuta (fig. 3A-B). (foto P. Pensabene)
Le due immagini ci mostrano la veduta frontale e retro di una statua
la cui iconografia si richiama a forme ben conosciute dell’autorap-
presentazione imperiale: il personaggio maschile stante porta la co-
rona di quercia con medaglione centrale (v. il ritratto di Traiano sez.
6.2b) e indossa la corazza militare con a fianco un piccolo barbaro
sottomesso, appoggiato al puntello in basso a sinistra della statua. Il Fig. 6B - Disegno ricostruttivo del trapano
manufatto mostra tracce evidenti dei diversi stadi di lavorazione: di corrente e del suo utilizzo (rielab. da
particolare interesse sul lato sinistro della testa si conserva ancora Bessac 1986)
l’attacco del puntello che doveva sostenere, in fase di lavorazione,
l’avambraccio sinistro alzato.
La testa è chiaramente rimasta ad uno stadio di lavorazione iniziale,
in cui, grazie all’impiego di uno scalpello a punta (subbia) usato con
Fig. 3 a-b - Cave di marmo proconnesio, Isola di Marmara-Turchia: veduta fron- particolare forza (fig. 4A), si è potuto produrre una prima sbozzatu-
tale e retro di statua loricata di imperatore non finita, con tracce evidenti dei di- ra del capo e della corona, mentre sul volto sono state delineate le ar-
versi stadi di lavorazione (II sec. d.C. ?) (foto P. Pensabene) cate sopraccigliari.
La parte frontale della statua mostra al contrario uno stadio di lavo-
perficie avviene mediante il colpo di un percussore: si può trattare di razione avanzato, come rivela la resa dei dettagli anatomici e della lo-
un martello di legno duro oppure di una mazzetta, nel caso che il per- rica.
cussore abbia una testa metallica. L’analisi da vicino di una parte (fig. 5) del fianco sinistro sul retro del-
La prima fase di elaborazione di statue può avvenire già nel luogo in la statua ci permette di identificare i vari strumenti utilizzati: nel set-
cui viene estratto il materiale: presso le cave stesse infatti, dove si è tore dove sono rese le strisce di cuoio e le alette lunate della lorica
potuta spesso identificare la presenza di botteghe, i blocchi vengono (pteryges) la freccia a sinistra indica i segni rimasti della già citata sub-
preliminarmente sbozzati per essere completati poi sui luoghi di de- bia (fig. 4A), cioè lo scalpello utilizzato come strumento per trarre dal
stinazione finale dei pezzi. Un esempio è fornito dalle cave di uno dei blocco di pietra la forma base.

Fig. 6A - Sarcofago dello scultore Eutropo


(metà IV sec. d.C.) con scena di bottega:
lo scultore è intento a scolpire con il
trapano corrente un sarcofago strigilato
aiutato da un giovane apprendista
(dal cimitero di S. Elena sulla via Labicana
presso Roma, conservato ad Urbino Museo
Arcivescovile) (copia: Roma, Museo della
civiltà Roomana)

In corrispondenza delle pieghe del mantello (paludamentum), la frec- A questo stadio intermedio, caratterizzato dall’azione di vari tipi di
cia a destra indica, invece, i numerosi e tipici segni lasciati dallo stru- gradine, segue una fase successiva di modellatura segnata dall’im-
mento chiamato gradina (fig. 4B.C.D.): si tratta di un attrezzo con la piego di scalpelli a punta curva e poi a punta diritta (fig. 4E.F.G.),
Fig. 4 - Strumenti e fasi principali per la realizzazione di sculture in età romana (rielab. da Bessac 1986) punta dotata di una serie di denti paralleli e affilati che ripulisce la su- adoperati in una sequenza di diversa intensità: quelli a taglio più ro-
- fase di sgrossamento con l’impiego di scalpello a punta (a), o subbia, adoperato con forza per una prima abbozzatura dell’intera immagine. Percosso con un perficie grezza lasciata dalla subbia per giungere ad una definizione busto all’inizio e, in successione, più fini; eventualmente in questa
martello di metallo o di legno tale strumento è utilizzato per rimuovere gran parte del materiale dalla pietra: a seconda dell’inclinazione con cui viene tenuta ri- più precise delle forme e dei contorni. fase ci si poteva aiutare con l’azione del trapano detto corrente (fig.
spetto alla superficie da scolpire (verticalmente, 70° o 45° gradi v. fig. 2), ogni angolazione con cui viene percossa produce un effetto diverso. Le sequenze registrate nell’analisi della statua loricata ha mostrato 6A-B).
- fase intermedia di modellatura con delineamento delle forme sbozzate tramite vari tipi di gradine (b.c.d). La gradina è uno strumento il cui bordo da taglio, fi- che l’ordine principale degli strumenti è dettato dalle modalità del la- Dopo la levigatura con scalpelli, una fase finale di rifinitura poteva
nemente affilato, presenta una serie di denti paralleli. L’impiego della gradina serva rendere le superfici chiare, la sua azione è indirizzata alla ripulitura della voro: più pesanti e potenti sono gli utensili più rapidi sono nel ri- comportare l’uso di raspe (fig. 4H) o di abrasivi naturali come la sab-
superficie grezza lasciata dalla subbia, alla definizione delle forme e dei contorni. muovere ampie porzioni di materiale, mentre gli strumenti più leggeri bia o la pietra pomice. Il procedimento di rifinitura tende in realtà a
- ulteriore stadio di lavorazione dall’impiego di scalpelli a taglio curvo (g) e poi dritto (e) a taglio più robusto all’inizio e poi più fini (f). consentono invece un maggiore grado di precisione e sono quindi comprendere tante varianti a seconda del pezzo, della parte o del
- fase finale di trattamento di rifinitura delle superfici: lisciatura con raspe (h) e/o abrasivi (sabbia, pietra pomice ecc.) impiegati per operazioni più in dettaglio e di rifinitura. dettaglio che si vuol eseguire: può comprendere raspa e abrasivi, ma

260 261
Fig. 7 - Disegno ricostruttivo un’ampia gamma di variazioni a seconda della tipologia, dimensio- Fig. 8A - Acrolito di età romana: ricostruzione
dell’assemblaggio di statua loricata di ni e materiali della scultura. Particolarmente esemplificativo il caso della statua dell’Atena tipo Medici (II sec. d.C.),
imperatore, ca. 100 d.C. Museo di una statua loricata (fig. 7) di età imperiale (ca. 100 d.C.), il cui cor- Museo Archeologico di Salonicco
(da Despinis 1975
Nazionale Romano inv. 10824, di cui po era originariamente costituito da due blocchi: il torso con indos-
rimane solo la testa e la parte superiore so l’armatura presentava nella parte inferiore un incavo funzionale
(da Claridge 1990) ad alloggiare il tenone, con cui si fissava la parte inferiore costituita
dalle gambe e dalla relativa base; a questo nucleo si assemblavano Fig. 8B - Acrolito di età romana, ricostruzione
rispettivamente le braccia tramite due perni e la testa dotata di ap- di statua loricata (II sec. d.C.) Museo
posito tenone. Archeologico di Salonicco (da Despinis 1975)
Una variante delle tecnica di realizzazione della statue tramite la giun-
zione di elementi lavorati a parte si può considerare quella degli akro-
litha di età romana, il cui termine indica che le parti estreme erano
in pietra (akro-lithos): si tratta di un procedimento tecnico di età clas-
sica applicato a statue di culto di dimensioni notevoli, le quali erano
costituite da singole parti in materiale in pietra assemblate ad un nu-
cleo di sostegno centrale ligneo. Alcune attestazioni di età romana
sono particolarmente interessanti, ad esempio gli elementi in mar-
mo di una statua di Atena, del tipo chiamato Medici, datati al II sec.
d.C. e conservati oggi al Museo Archeologico di Salonicco: la rico- Fig. 9 Ricostruzione della policromia antica
struzione (fig. 8A) mostra chiaramente che la testa, le braccia e la sulla statua di Augusto proveniente dalla Villa
gamba destra, ricoperta dal chitone, erano in marmo, mentre il cor- di Livia a Prima Porta, orig. conservato ai
8A 8B
po centrale in legno come pure le parti ricoperte dal peplo e dal man- Musei Vaticani (Liverani 2004)
tello; questi elementi in marmo venivano fissati al nucleo tramite
perni in legno. Tale tecnica non era circoscritta alle sole statue di cul- ne del lavoro e modalità produzione delle officine statuarie antiche;
to ma era estesa anche alle statue di imperatore, come dimostra un anche per quanto riguarda la loro dislocazione geografica non è pos-
anche tipi più fini di scalpello o, ad esempio per la zona dei capelli, altro ritrovamento dello stesso museo raffigurante un imperatore lo- sibile stabilire con precisione se ci fossero laboratori permanenti al-
anche con una speciale gradina a due denti. ricato (fig. 8B). l’interno di Roma o nella periferia, o piuttosto se si costituissero
In una sintesi sulle varie tecniche di lavorazione del marmo in età Nel patrimonio di tecniche relative alla statuaria romana un posto all’occorrenza delle “botteghe sul luogo”, nei pressi di importanti
romana merita un breve rimando il trapano a corda, chiamato an- considerevole spetta, infine, all’utilizzo del colore che costituiva uno cantieri pubblici o privati, oppure, infine, quale fosse la diffusione di
che trapano corrente (fig. 6B), che a partire dal II sec. d.C. verrà im- mezzo espressivo fondamentale e inscindibile dalla componente pla- scultori e di botteghe itineranti. Ugualmente lacunose sono le no-
piegato in modo sempre più esteso e visibile. Del suo modo di stica del manufatto. Se nella maggior parte dei casi tale componen- stre conoscenze sul grado di specializzazione dei centri di produ-
particolare utilizzo resta un documento di particolare efficacia espli- te risultava un tempo irrimediabilmente perduta, soprattutto zione secondo tipologie sculturee, materiali o destinazione come
cativa: si tratta di una scena raffigurata sulla fronte del sarcofago del- recentemente l’applicazione di nuove tecnologie, quali la documen- pure le notizie sulle competenze in fatto di manutenzione o ripara-
lo scultore cristiano Eutropo (IV sec. d.C)-, oggi conservato al Museo tazione fotografica con radiazione ultravioletta, la fluorescenza UV, zione-restauro di tali sculture. Infine, di più si vorrebbe sapere sul
Vescovile di Urbino, ma proveniente dai dintorni di Roma (fig. 6A). l’analisi microscopica e chimica dei pigmenti, ha permesso il recu- rapporto tra committenza e botteghe, se queste ultime fossero con-
La scena riproduce l’interno di una bottega di uno scultore di sar- pero delle tracce dell’originaria cromia e con essa, in primo luogo, cepite come una sorta di spazi in cui fosse possibile per il cliente sce-
cofagi: al centro si trova una grande lenòs (vasca) strigliata, con due la restituzione di quel forte impatto generato dalla combinazione di gliere tra diversi manufatti, o quali committenze richiedessero l’attività
teste leonine, in uno stadio avanzato di lavorazione. Al di sotto del volume e colore. L’importante restauro e l’approfondito studio con- di artisti o manovalanze non locali.
sarcofago si riconoscono degli strumenti, certamente uno simile al- dotto nei laboratori dei Musei Vaticani ha reso possibile la ricostru- Per quanto riguarda la presenza di artisti itineranti le testimonianze
l’ascia. Il dettaglio più interessante si trova a sinistra dove il maestro zione della partitura cromatica della celebre rappresentazione (fig. letterarie attestano già per i primissimi tempi della repubblica casi fa-
scultore siede su una scaletta da lavoro e, aiutato da un giovane in- 9) di Augusto in veste di imperator, con lo straordinario apparato de- mosi: fin dall’inizio del V sec. a.C. l’attività di plastae laudatissimi...ii-
serviente, è intento a manovrare il trapano: lo scultore regge il po- corativo sulla lorica a celebrazione della restituzione nel 20 a.C. del- dem pictores (Plin. Naturalis Historia 35, 154) greci si concentra nel
mello del trapano nella mano destra alzata, mentre con la sinistra si le insegne romane da parte dei Parti. Qui, la presenza del colore complesso cultuale di Cerere, Libero e Libera, sulle pendici dell’Aventino,
sorregge con una lunga bacchetta di legno anch’essa puntata con- enfatizzava senza dubbio quelle valenze simboliche di cui erano già dove sono attivi i coroplasti e pittori Damophilos e Gorgasos. Il tem-
tro la parete del sarcofago; l’inserviente a lato tira alternatamente con cariche le immagini: ad esempio, “il blu egiziano” negli elementi del pio ospitò inoltre, secondo Plinio (Naturalis Historia 34, 15) anche la
entrambe le mani la corda avvolta attorno al trapano, facendo gira- manto celeste e, il più eclatante, il rosso porpora del paludamentum prima statua in bronzo a Roma: il simulacro di Cerere offerto nel 485
re la punta sulla superficie della pietra. a sottolineare la potenza del primo Princeps. a.C. da Spurio Cassio, dedicante nel 493 dello stesso tempio. Tale
Al patrimonio tecnologico relativo alla statuaria di età romana ap- Gli aspetti tecnologici relativi alla realizzazione delle sculture sono consuetudine continua nel corso della Roma repubblicana, quando
partengono anche quelle tecniche di giunzione di diversi parti del strettamente correlati alla realtà concreta della produzione, vale a di- nel II sec. a. C. – uno dei periodi più fervidi per la ricezione e diffu-
corpo per mezzo di perni metallici e tenoni. Si tratta di procedimenti re agli spazi dove essa avveniva, nei quali maestro, operai e apprendisti sione dei modelli ellenistici nella metropoli – si colloca l’attività del-
che sono attestati già a partire dall’età arcaica e applicati ad esem- lavoravano, e dove concretamente aveva luogo quella trasmissione la bottega dello scultore attico Timarchydes e dei figli Dionysos e
pio all’alloggiamento della testa, lavorata separatamente, tramite un del sapere tecnico da insegnante e allievo. Polycles, quest’ultimi impegnati nello straordinario portico di C. Me-
incavo posto sulla sommità del torso, o alla giunzione degli arti, an- Dalle fonti letterarie e dalle iscrizioni come pure dalle rappresenta- tello Macedonico in Campo Marzio. Tale habitus si protrarrà per tut-
ch’essi realizzati a parte e poi fissati per mezzo di un perno metalli- zioni sui rilievi e da scarse tracce archeologiche possiamo ricavare ta l’età imperiale come dimostrano i grandi cantieri imperiali alla
co. Tale tecnica è ripresa e largamente attestata in età romana con solo poche e limitatissime informazioni sull’aspetto, organizzazio- stregua dell’Ara Pacis fino a realizzazioni più modeste come il rilievo

262 263
Un documento passato inosservato ci aiuta a cogliere qualche fram- Sez. 10.6 - Pilastrino in marmo
mento dell’organizzazione del lavoro vero e proprio all’interno di un bianco lavorato
laboratorio di scultura nell’antichità. Questa rara scena di bottega di
scultori è conservata su rilievo di sarcofago (fine II sec. inizi III sec. Originale
Materiale: marmo bianco.
d.C.) proveniente dalla città di Efeso e conservato oggi al Museo Ar-
Provenienza: sconosciuta
cheologico di Istanbul (fig. 11A-B). A sinistra uno scultore con tuni- Dimensioni: 19 x 20 x 8, 50 cm
ca da lavoro è rappresentato seduto su uno sgabello mentre percuote Cronologia: prima metà del I sec. d. C., età tiberiana
con un utensile uno scalpello per rifinire la superficie di una statua (?)
raffigurante un togato con barba stante; più a sinistra è seduto un Collocazione: Antiquarium Comunale, Inv. 36499
Stato di conservazione: spezzato alle due estremità,
apprendista intento, come sembra, a dipingere o incidere una sorta
superfici ben conservate
di panello o tabula di forma rettangolare. Nel parte destra del rilie-
vo è rappresentata una simile situazione con al centro un secondo
scultore stante e in abito da lavoro, mentre con mazzetta e scalpel-
lo sta probabilmente lisciando la superficie di un busto su base mo- Pilastrino a sezione rettangolare, decorato a
danata, il quale è disposto sopra un piccolo tavolo per facilitarne la leggero rilievo su tutte e quattro le facce, de-
lavorazione; questo busto mostra una figura maschile, probabilmente finite da modanature a rilievo (tondino e ky-
barbata, con tunica e un mantello la cui foggia potrebbe ricordare se ma reversa). Le specchiature delle facce
non un ritratto anche una statua ideale di filosofo. Dietro al secon- maggiori sono decorate da aerei racemi, con
do scultore assiste un più giovane apprendista che tiene pronti altri steli sottili e foglie articolate in lobi appunti-
Fig. 10 - Pompei, Casa dello Scultore (VIII 7, 24.22): atrio (11) con cubicoli (1-3) utensili per il maestro, mentre di difficile interpretazione è l’azione ti, con occhi d’ombra larghi ed aperti. Dai ra-
destinati a laboratorio-deposito di sculture che sta compiendo il personaggio, con un abbigliamento più suc- cemi si dipartono fiori con calice di petali lisci
cinto (uno schiavo?), chino a manipolare qualcosa su uno spesso ed appuntiti, rosette con petali a cuore mol-
di Antinoo da Lanuvio, firmato dall’artista afrodisiense Antonianos. piano di lavoro disposto su una struttura a cavalletto. to carnosi, e infiorescenze con cuore a grani
Alla produzione di maestranze non locali si affianca inoltre il feno- Si tratta quindi di un’interessantissima scena di una bottega di scul- rotondi. Tra gli elementi del fregio vegetale si
meno dell’importazione di prodotti particolarmente apprezzati non tori intenti nelle ultime fasi di lavorazione di due statue assieme ad conserva la figura di uccellino; secondo una
solo per tipologia e iconografia ma anche per tipo di materiali im- altri inservienti e apprendisti: i due manufatti, rappresentati ormai co- nota iconografia, questo è colto nell’atto di
piegati (marmo pentelico, docimio), come documenta il caso dei me finiti, dimostrano che l’officina di questi scultori poteva essere portare al nido, stringendolo nel becco, l’in-
sarcofagi di produzione attica e microasiatica diffusi a Roma e in va- specializzata in statue e busti ritratto. Di grande interesse è anche la setto destinato a nutrire la prole. Sui lati bre-
rie regioni dell’impero, anche lontane da quelle di produzione. presenza dell’altro personaggio accovacciato a dipingere su una gran- vi si sviluppa una sequenza di fiori a calice
La presenza di officine di lapidarii in rari casi può essere identificata de tavola forse un disegno: si potrebbe, con la dovuta cautela, pen- con lunghi petali appuntiti, alternati a roset-
anche all’interno di strutture abitative, come nel caso di abitazioni tar- sare all’importanza di disegni o cartoni che fornivano nelle botteghe te. Sulla faccia superiore incasso con tracce
do ellenistiche a Delo o nella “Casa dello Scultore” a Pompei (VIII 7, una base, come modello preliminare, all’ideazioni della sculture. del perno di ferro, con lato di 2, 2 cm.
24.22), interessante contesto archeologico situato tra il tempio di Zeus In sintesi: l’impero romano e le esigenze autorappresentative dei Dal punto di vista dell’esecuzione tecnica, si
Melichios ed il teatro (fig. 10). Qui l’antico atrio (n.11), a cui si acce- suoi ceti comportarono un incremento straordinario della produtti- nota come le superfici siano state accurata-
deva direttamente dalla strada senza vestibolo e che presenta tre cu- vità di statue, la cui collocazione finale era caratterizzata da uno spet- mente rifinite, con una politura finale del ri-
bicoli (nn. 1.2.3) disposti sullo stesso lato, venne rifunzionalizzato come tro incredibilmente ampio di contesti e funzioni. Quello che emerge lievo che ha cancellato le tracce degli strumenti
laboratorio-deposito di un marmorario: all’interno dei tre piccoli spa- da una preliminare ricognizione dei manufatti non finiti sparsi nelle utilizzati nelle fasi precedenti di lavorazione
zi furono trovati durante gli scavi del 1796-98 sculture in marmo, un’er- province e nelle città dell’impero è che, così come per altri ambiti del marmo. La rifinitura non impedisce però
ma in marmo rosso, una statuetta spezzata in più parti, statue appena tecnologici, anche la tecnologia di età romana relativa alla produ- di rilevare l’utilizzo del trapano corrente, ben
sbozzate, assieme ad una trentina di martelli di ferro e compassi di- zione di sculture si delinea come una realtà globalizzante in tutto il riconoscibile nei piccoli fori circolari piuttosto
ritti e curvi, “un’infinità di scalpelli di varie grandezze ed altri piccoli”, bacino del Mediterraneo, un sistema, cioè, di influssi e contatti, di profondi, utilizzati per dividere i petali dei fio-
infine anche una lastra nella quale era rimasta infissa una sega. elaborazioni locali e di tradizioni preesistenti. ri, definire gli occhi d’ombra e dare l’aggetto
desiderato ai grani delle spighe dei fiori.
Il tipo del fregio vegetale popolato da anima-
Bibliografia li trovò a Roma e nelle città delle province oc-
Adam 1988; Adam 1966; Bessac 1986 ; Claridge cidentale grande diffusione nell’architettura
1985; Claridge 1990; Cuomo 2007; Feifer 2008;
pubblica e privata, grazie al suo ingresso tra
Hellmann 2002; Landwehr 1985; Marble 1990; Mu-
stilli 1950; Liverani 2004; Pensabene 1985; Rock- i temi iconografici più cari alla propaganda
well 1989 augustea dell’aurea aetas, come ben esem-
plificato dal celebre fregio dell’Ara Pacis.
T.I.

Fig. 11A-B - Rilievo di sarcofago da Efeso (fine II – inizi III sec. d.C.): scena di bottega con scultori al lavoro, Bibliografia
(Museo Archeologico di Istanbul) Mathea-Förtsch 1999; Schörner 1995.

264 265
Sezione 11
tecnologia per lo spettacolo
impiantistica per il sollevamento degli animali e di porzioni della
Scenografie e macchine per spettacoli stessa arena (Beste 2001) (sez. 11, n. 10).
Nella Historia Augusta (Vita di Caro, Carino e Numeriano, 19) Fla-
vio Vopisco, nel raccontare i giochi, li definisce “ricchi di novità
spettacolari”, tra cui oltre a esibizioni di acrobati, “C’era anche
quella speciale macchina che eruttando fiamme incendiava la sce-
Giuseppina Pisani Sartorio na e che fu poi perfezionata da Diocleziano”, della quale però al-
tro non sappiamo.
Negli spettacoli d’epoca tarda, oltre alla esibizione di animali rari,
compaiono anche delle attrezzature: la cochlea, l’ericius e il conto-
monobolom. Con cochlea in cavea si indicavano degli sportelli gire-
voli che facilitavano l’entrata o l’uscita dall’arena degli uomini,
I ludi romani, cioè quell’insieme di festeggiamenti in occasione sia Scena di commedia bloccando il passaggio agli animali; la cochlea a quattro ante gire-
di feste religiose in calendario che di quelle organizzate per spe- (Napoli, Museo Restituzione virtuale di una scenografia da un affresco da Pompei con partiti voli di legno fatta di tavole e assi assemblate è raffigurata nei ditti-
ciali eventi o commemorazioni (trionfi di generali o imperatori, fu- Archeologico Nazionale; architettonici (Henrique Rossi Zambotti, in Ciancio Rossetto - Pisani ci tardo antichi (dittico di Areobindus di Zurigo e di Anastasius di
nerali di illustri personaggi) che a partire dal VI sec. a.C. fino al VI calco: Roma, Museo della Sartorio 2006). Parigi, Bibliothèque Nationale). L’ericius (il riccio) era una specie di
sec. d.C. occupavano i Romani per buona parte dell’anno, non fu- Civiltà Romana) gabbia di forma ovale (raffigurata nel dittico di Areobindus di Pari-
rono solo corse di cavalli nel circo o rappresentazioni teatrali, ma caratteristiche del teatro romano; Ammiano Marcellino ricorda gi, Musèe di Cluny), nella quale un uomo poteva rifugiarsi per sfug-
costituirono un aspetto essenziale dell’identità sociale, civile e re- che (14, 6, 18) “Siccome le biblioteche sono chiuse per sempre co- gire agli assalti delle fiere, rotolandosi sull’arena. Il contomonobolom
ligiosa romana, al punto che nei giorni ad essi destinati veniva so- me fossero tombe, si fabbricano organi idraulici”. Si riferisce al era formato da un palo centrale al quale erano attaccati due cesti
spesa ogni attività professionale, commerciale e pubblica. fatto che nel 383 erano stati espulsi i peregrini filosofi e cultori del- contenenti ciascuno un uomo: il palo doveva essere dotato di una
Le peculiarità strutturali dei teatri e degli anfiteatri sono illustrate le arti liberali (tra cui forse lo stesso Ammiano) mentre mimi e base girevole autonoma; sull’estremità superiore del palo veniva
in altra sezione di questa mostra (sez. 2); ma alcune caratteristi- ballerine e musicisti erano potuti rimanere (Traina 2006). Il pan- praticato un foro all’interno del quale scorreva una corda alla qua-
che legate non alla costruzione dell’edificio, ma al suo funziona- tomimo, introdotto a Roma nel 22 a.C. da Pilade di Cilicia e Batil- le erano attaccati alle opposte estremità i due cesti: strattonando la
mento in relazione alle attività che vi si svolgevano, sia allo lo di Alessandria, era una danza drammatica su soggetto storico corda l’occupante di un cesto determinava la salita dell’altro e la di-
spettacolo stesso (il sipario, la scenografia, l’acustica), che alla fre- o mitologico, dove l’attore era accompagnato da un coro e da scesa del suo e viceversa, forse aiutati da pertiche. Girando e va-
quentazione del pubblico (velario) permettono di definire una ‘tec- case di Pompei ci possono suggerire l’idea di come dovevano es- un’orchestra formata da un tibicine che batteva il tempo con lo riando la quota dei cesti si cercava di disorientare l’animale (orso).
nologia dello spettacolo’: gli aspetti tecnologici cioè nell’allestimento sere le effimere scenografie nei teatri romani diversamente da co- scabillum (Guidobaldi 1996). Dal momento che in teatro è fon- Un altro tipo di spettacolo comportava l’impiego di una ruota gire-
degli spettacoli, nelle invenzioni scenografiche ed effimere, sia tea- me ce le possono descrivere i testi letterari. damentale la diffusione della voce e del suono, importante era lo vole, sulla quale veniva legato un uomo che, esposto alle fiere, po-
trali che circensi o anfiteatrali, di cui qui illustriamo alcuni esem- Altra tecnologia dovevano richiedere gli spettacoli acquatici nel studio dell’acustica e di questo ci dà notizia puntualmente Vitru- teva salvarsi solo facendo girare velocemente la ruota (Rea 2001).
pi, ma che certamente potrebbero fornire, se approfondite, altri teatro, dove veniva allagata l’orchestra per permettere le evolu- vio (de Architectura, 5, 8, 1-2) (sez. 11, n. 9). I ludi circensi, iniziati nel VI secolo a.C. come giochi in occasioni di
spunti alla ricerca. zioni di nuotatrici: cisterne per raccogliere l’acqua, condutture di Le tecnologie nei ludi anfiteatrali dovevano essere ancora più spet- funerali, acquistarono sempre di più il favore del pubblico romano
Nel teatro romano molti aspetti funzionali sono legati al tipo di adduzione e di smaltimento, impermeabilizzazione dell’orchestra tacolari, dal momento che le battaglie gladiatorie non erano solo e sopravvissero alla caduta dell’impero d’Occidente nella corte bi-
spettacolo che vi si rappresentava: non più o non solo tragedie e (v. sez. 11, n. 4). combattimenti fra uomini, ma tra uomini e fiere ed occorreva una zantina. Una nuova attenzione per alcuni aspetti dello svolgimen-
commedie classiche tradotte o reinventate, ma nuovi tipi di rap- L’introduzione sempre più invasiva della musica è un’altra delle scenografia che inquadrasse l’ambiente con foreste e boschi, do- to della gara delle quadrighe ha permesso di ricostruire virtualmente
presentazioni (le stesse commedie di Plauto e Terenzio, ma so- ve tali animali abitualmente abitavano e, per rendere lo spettacolo l’andamento della gara e il meccanismo di controllo dei giri effet-
prattutto mimi, pantomimi, tragoedia saltata, tragoedia cantata, (le cacce, venationes) più veritiero gli allestimenti esibivano di vol- tuati mediante due contagiri (ovarium e delphinium, v. sez. 11, n. 11),
citharoedia, tetimimi), che richiedevano maggior mobilità e mi- ta in volta cambi spettacolari di scene e per le quali venne definito molto simili nella loro funzione ai tabelloni che segnano il punteg-
mica scenica da parte degli attori, non più legati all’uso della ma- ‘teatro per le cacce’. Le battaglie navali e le rappresentazioni di mi- gio delle squadre nei nostri stadi (Ioppolo 1999).
schera, apparecchiature sceniche nuove e l’introduzione sempre mi, come quello di Ero e Leandro, allestite per l’inaugurazione del La struttura stessa del carro da corsa, una struttura robusta, ma estre-
più importante della musica e della danza. Spettacoli quindi mol- Colosseo da parte di Tito nell’80 e poi da Domiziano nell’89 d.C.– mamente leggera e flessibile, era del tutto simile ai carrozzini dei mo-
to simili alla nostra ‘opera’, o ancor meglio all’’operetta’, dove re- come narrano Dione Cassio (66, 25, 4) e Marziale (Liber de spec- derni fantini; gli aurighi indossavano anche una specie di casco di
citativi e pezzi cantati si alternano. taculis, 20, 27) – richiesero certamente apparecchiature assai com- cuoio e feltro per proteggersi in caso di ribaltamento del carro.
In questo nuovo modo di fare teatro, gli accorgimenti teatrali do- plesse, funzionali, smontabili e riassemblabili in tempi brevi, che E l’editor spectaculorum, organizzatore di questi spettacoli, doveva
vevano avere un posto preminente, pur tenendo conto della pre- nessuno descrive, poi distrutte dalle successive trasformazioni in scegliere, utilizzare, calibrare tutta una serie di accorgimenti tecnolo-
senza della frons scaenae, elemento già di per sé scenografico che arena stabile (Rea 2001).Lo studio dei sotterranei del Colosseo ha gici per ottenere, come un moderno regista, effetti sempre più stra-
chiudeva il pulpito, dove agivano gli attori. rivelato una complessa e tecnicamente sofisticata organizzazione billianti per un pubblico sempre più esigente.
Lo studio dell’ottica, scienza della visione, da parte dei Greci for-
nisce le basi della teoria della prospettiva alla scenografia, che è
la tecnica di realizzazione di scenari teatrali realistici; la pittura ro- Bibliografia
mana di II e IV stile utilizza ampiamente e porta alle estreme con- Beste 2001, pp. 277-299; Chiarini G., La scena romana, in Savarese 1996, pp. 41-56; Ciancio Rossetto, Pisani
seguenze proprio l’uso della prospettiva sulle pareti ‘sfondate Sartorio 2006; Dupont F., I ludi scenici, in Savarese 1996, pp. 31-38; Guidobaldi M.P., Musica e danza in età
repubblicana e imperiale, in Savarese 1996, pp. 57-68; Ioppolo G., Il circo, in Ioppolo, Pisani Sartorio 1999; Rea
prospetticamente’ delle domus e gli stessi principi vennero utiliz- R., Il Colosseo. Teatro per gli spettacoli di caccia. Le fonti e i reperti, in Sangue e arena 2001, pp. 223-243; Russo
zati nella creazione dei fondali nella scena del teatro romano (Rus- Lecce, teatro: ricostruzione della frons scaenae e del suo apparato decorativo 2006, pp. 23-29; Sangue e arena 2001; Savarese N., Paradossi dei teatri romani, in Savarese 1996, pp. IX-LXXV;
so 2006): le prospettive scenografiche conservate sulle pareti delle (da F. D’Andria (a cura di), Lecce romana e il suo teatro, Lavello 1999, fig. 26). Traina 2006, p. 260.

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Sez. 11.1 - Teatro di Marcello Sez. 11.2a. - Velum/velarium ci che annunciavano lo spettacolo con la fra- Sez. 11.2b - Aulaeum o siparium
se ‘vela erunt’.
Plastico ricostruttivo: in scala 1: 100 Ricostruzione virtuale: Henrique Rossi Zambotti Negli anfiteatri, come il Colosseo, ma anche Ricostruzione virtuale: Henrique Rossi Zambotti
Realizzato da P. Fidenzoni
in quello di Pompei - come raffigurato in un
Misure: cm
Luogo di conservazione: Museo della Civiltà affresco nel Museo Archeologico Nazionale
Romana, inv. n. 1789 Nel teatro romano il pubblico era riparato dai di Napoli – e in quello di Capua, vi era un ana- Il sipario, elemento scenografico sconosciuto
Cronologia: 13/11 a.C. raggi del sole, dal momento che le rappre- logo sistema di copertura provvisoria: nel- ai Greci (siparium o auleum,che è però un ter-
sentazioni avvenivano di giorno, da un velum, l’Anfiteatro Flavio, sulla parete esterna mine greco, quindi un meccanismo simile do-
cioè un velario che veniva teso al si sopra del- dell’ultimo ordine 3 mensole per ogni inter- veva già essere in uso presso i Greci, forse era
Il teatro di Marcello, costruito da Augusto tra il la cavea e dell’orchestra. Plinio (Naturalis Hi- columnio, quindi 240 in totale, alle quali cor- di origine alessandrina?), sembra sia stato in-
terzo ed il secondo decennio a.C. e dedicato nel storia 19, 23) e Valerio Massimo (2, 4, 6) rispondono altrettanti fori nel cornicione trodotto nel 133 a.C., utilizzando ricchi tappeti
13 o nell’11 a.C. alla memoria del nipote, è sen- ricordano che i vela furono introdotti a Roma superiore, servivano a sostenere e ad inca- provenienti dal regno di Pergamo sui quali era-
za dubbio il meglio conservato tra i più antichi nell’80 a.C. da Q. Lutazio Catulo.: Q. Catulus, strare delle travi verticali, dalle quali partiva no rappresentati personaggi a grandezza na-
esempi di teatro di tipo romano, un edificio che Campanam imitatus luxuriam, primus spec- un sistema di 240 corde che andavano ad an- turale: quando il sipario veniva srotolato (tollitur)
non ha necessità di un pendio cui appoggiarsi, tantium consessum velorum umbraculis texit. nodarsi ad una ellisse pensile centrale all’an- dal basso verso l’alto, si aveva l’impressione
provvisto di salda unità architettonica, con la Nell’edificio sono notevoli l’uso calibrato dei elementi architettonici che decoravano la scae- E Marziale (14, 29) dice del teatro di Pompeo fiteatro; a queste corde era assicurato il velario; che queste persone lo sollevassero con le brac-
scena collegata alla cavea conclusa esterna- materiali e delle tecniche costruttive, e il siste- nae frons. a Roma: “In Pompeiano tectus spectabo thea- ogni settore del velario, secondo alcune ipo- cia. Infatti il sipario si ‘abbassava’ premitur),
mente dalla facciata semicircolare. ma ponderato di circolazione degli spettatori, Le strutture note della zona post scaenam sono tro, nam ventus populo vela negare solet”. tesi, poteva essere singolarmente manovra- scomparendo in una fossa, appositamente co-
Il progetto dell’edificio si presenta, già ad un pri- che si muovevano in varie migliaia. realizzate in travertino e peperino. Il velum o velarium, formato da più teloni del- to, secondo a quale settore della cavea doveva struita nel sottopalcoscenico (iposcaenium) del
mo esame, unitario e caratterizzato da ricerca La costruzione gigantesca poggia su un impianto Di considerevole interesse l’analisi dei percor- la consistenza delle vele delle navi di lino o co- essere fornita l’ombra. Le corde dovevano es- teatro romano ed iniziava lo spettacolo.
e sperimentazione di soluzioni nuove a pro- di fondazioni costituito da palificata solo nel set- si: i senatori e i personaggi che sedevano nella tone, colorato o dipinto, a volte di porpora, sere tese da verricelli e carrucole (v. sez. 2.1) La fossa o canale presenta in genere dei poz-
blemi ancora poco conosciuti. tore esterno e gettate di calcestruzzo (a piatta- proedria accedevano facilmente dagli ampi pas- poteva riparare dal sole, ma non dalle intem- e tale manovra assai complessa era affidata zetti (8 e più) nei quali erano inserite le anten-
Per valutare appieno l’importanza ed il signifi- forma o lineari, secondo i settori) che arrivano saggi in leggera discesa esistenti tra la parte ter- perie. Era teso tra perni inseriti nella parte più ad un corpo scelto di 100 marinai (classarii) ne o pali di legno che reggevano e irrigidivano
cato della struttura, basta considerarne le mi- ad un massimo di m 6,35 di profondità. minale della cavea e il palcoscenico; i cavalieri alta della cavea e pali inseriti sul primo gradi- della flotta del Misero, appositamente di- il telone e, forse, organizzate in più segmenti
sure: diametro circa 130 m, altezza presunta La struttura utilizza tecniche edilizie e materiali potevano sfruttare sette rampe in lieve salita per no inferiore della cavea (Arles) su una trama staccati a Roma nei castra Misenatium pres- ‘a cannocchiale’, venivano sollevate per mez-
intorno ai 32 m, capienza stimata circa di 15.000 differenziati in rapporto alle necessità costrutti- raggiungere la galleria interna denominata ‘dei si corde attaccate ai pali e tese da carrucole, so il Colosseo in occasione degli spettacoli. zo di carrucole installate ai due lati del pulpito
spettatori. ve e statiche, in particolare: nella zona esterna cavalieri’ dalla quale alcuni vomitori conduce- come avviene oggi nei tendoni dei circhi. e il cui alloggiamento è stato rinvenuto in più
Il teatro di Marcello aveva una cavea di forma della cavea – ambulacri e parte esterna dei for- vano direttamente nell’ima cavea. Più faticoso Tracce sono state trovate nei teatri di Pom- strutture teatrali.
approssimativamente semicircolare, sorretta da nici – è adoperata l’opera quadrata a grandi bloc- il percorso del popolo che aveva a disposizio- pei, Orange, Arles, Aspendos; ma il funzio- In età romana c’era anche un siparium, che
sostruzioni, costruite con un sistema molto chi di travertino per la facciata semicircolare, di ne sette accessi costituiti da una doppia rampa namento del velario rimane incerto. dissimulava il fondo della scena, davanti alla
avanzato da un punto di vista ingegneristico, tufo litoide per la controfacciata e le murature con gradini che si svolgeva in due fornici conti- Una iscrizione ricorda il restauro del velum del quale recitavano i mimi: era una tenda divisa
che danno luogo ad un insieme strutturale ben dei fornici; invece per i settori più interni sono gui con pianerottolo intermedio per guadagna- teatro di Efeso a cura di Giulia Potentilla in Bibliografia in due parti, che veniva raccolta ai lati, come
Ciancio Rossetto P., Pisani Sartorio G., Teatri antichi
articolato, organizzato su ambienti, a forma di presenti muri in cementizio rivestiti in opera re- re l’ambulacro ionico: da questo una parte saliva epoca severiana e quello del teatro di Patara un paravento (cfr. Apuleio, Metamorfosi 1,8;
greci e romani, Cd.Rom, Roma 2006 (con bibl.); Graefe
cuneo con funzioni differenziate secondo uno ticolata di tufo e, nei due ambulacri interni l’ope- al piccolo ambulacro superiore e da lì attraver- a cura della figlia di Velius Titianus nel 147 d.C. R., Vela erunt. Die Zeltdächer der römischen Theater 10, 29).
schema ripetitivo, disposti in duplice ghiera (for- ra laterizia. È da sottolineare che è probabilmente so altri vomitori nella media cavea, mentre un’al- La notizia che il velum avrebbe protetto gli und ähnlicher Anlagen, Mainz 1979; Neppi Modona A., Il sipario era importante per la scansione dei
nici e ambienti interni) e ambulacri; se ne sono il più antico uso documentato a Roma, su larga tra parte raggiungeva, attraverso percorsi con spettatori era specificata negli avvisi pubbli- Gli edifici teatrali greci e romani, Firenze 1961. tempi delle scene, nel teatro romano; ma
conservati quattro: due esterni sovrapposti e scala, dei mattoni (in questa epoca abitualmente duplice scala in due ambienti contigui con pia-
due interni distribuiti su piani sfalsati. Era con- si sfruttavano le tegole fratte). nerottolo intermedio, il piano superiore (quasi
cluso da una facciata semicircolare di cui sono All’interno dell’edificio trionfava il marmo: bian- del tutto distrutto) dove si smistava tra la sum-
tuttora visibili i due piani ad arcate: di ordine co rivestiva le gradinate, mentre colorato di va- ma cavea e la summa cavea in ligneis.
dorico-tuscanico l’inferiore, ionico il superiore. rie qualità e sfumature era impiegato negli P.C.R.
Le gradinate semicircolari - la cui scansione è
deducibile oltre che dal ritmo delle murature so- Bibliografia
Calza Bini 1953; Ciancio Rossetto 1999; Ciancio Ros-
struttive, anche dalla rappresentazione nella pian-
setto, Pisani Sartorio 2006; Ciancio Rossetto 2007;
ta riportata nella Forma Urbis Marmorea (v. sez. Ciancio Rossetto, Buonfiglio c.s.; Fidenzoni s.d.; La
1, n. 14) erano suddivise in quatto zone – ima, Bianca, Petrecca 1986.
media, summa, summa cavea in ligneis -, i cui
posti erano destinati alle varie classi di spetta-
tori; inoltre nell’orchestra vi erano alcuni grado-
ni per i sedili dei personaggi più importanti.
L’edificio scenico, conosciuto solo parzialmen-
te, aveva scena rettilinea, ampi ambienti latera-
li – le c. d. aule regie – e una zona post scaenam
a cielo aperto, conclusa da un muro articolato
dotato di larga abside verso il Tevere.

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certamente anche nel teatro greco, prima Sez. 11.3 - Colimbetra cisterne comunicanti con l’orchestra nella se- Sez. 11.4 - I due teatri di Curione Sez. 11.5 - Scenografia da un Si vedeva una montagna di legno, altissima,
dell’invenzione dell’auleum, ci doveva essere conda metà del IV secolo; teatro di Spoleto; pantomimo di Apuleio: simile al famoso monte Ida cantato da Ome-
una tenda o altro accorgimento, che impediva Ricostruzione virtuale: Henrique Rossi Zambotti teatro di Pompei, collegamenti sotto l’orche- Ricostruzione virtuale: H. Rossi Zambotti il ‘Giudizio di Paride’ ro, ricoperta di piante vere, tutte belle ver-
la vista della scena agli spettatori, mentre stra con un serbatoio per l’acqua. (2009) deggianti; dalla cima, grazie all’abilità del
veniva preparata la scena successiva. G.P.S. Ricostruzione virtuale: di Henrique Rossi Zambotti macchinista, scaturiva una sorgente che ver-
La parola veniva usata preferibilmente al plu- Per le rappresentazioni acquatiche, tetimimi, sava le sue acque giù per le pendici, come un
rale, aulaea, cfr. “aulaea premuntur”; “quattuor cioè danze acquatiche, e mimi a soggetto per fiume; alcune capre brucavano l’erbetta ed un
aut plures aulaea premuntur”(Orazio, 2,1,189); lo più mitologico (mimi e tetimimi), che per Bibliografia giovane, che rappresentava Paride, il pastore
Aricò G., Ostia antica e il suo teatro, in Teatro italia-
per far salire l’auleo, si diceva“aulaea tollun- le cacce in cui gli uomini erano impegnati con frigio, le guardava, stupendamente vestito con
no, I, a cura di P. Carriglio e G. Strehler, Bari 1993, pp.
tur”. Ovidio, 3, 111. “E così il giorno della festa, i coccodrilli,veniva usata l’orchestra come una 344 – 349. un mantello di foggia orientale, che gli scen-
quando viene sollevato il sipario nei teatri, si ve- piscina, detta con termine moderno ‘colim- Gismondi I., La colimbetra del teatro di Ostia, in An- deva dalle spalle ed una tiara d’oro sul capo”
dono sorgere delle figure dipinte che mostrano betra’: in tali occasioni l’orchestra veniva al- themon 1955, pp. 293-308. Come si vede, ci sono tutti gli elementi per
dapprima il loro viso, poi poco a poco tutto il re- lagata e alimentata mediante canalizzazioni Traversari G., Tetimimo e colimbetre, ultime manife- poter ricostruire nei dettagli la scenografia. E
stazioni del teatro antico, in Dioniso,13,1950, p. 18 ss.
sto, fino a che, tirate in alto con un movimento e serbatoi idrici di una certa consistenza (v.Daf- Apuleio prosegue in questa sua rutilante de-
Traversari G., Nuovi contributi alla conoscenza della
lento e progressivo, siano visibili tutte intere e po- ne, mosaico). colimbetra teatrale e del tetimimo, in Dioniso 15, 1952, scrizione con dettagli sui costumi degli atto-
sano i loro piedi sul bordo della scena” (cfr. an- L’uso dell’orchestra per spettacoli acquatici p.302 ss. ri, sulle nudità delle attrici-dee, sui movimenti
che Virgilio, Georgiche, 3, 24-25). presupponeva la presenza di una pavimen- Traversari G., Gli spettacoli in acqua nel teatro tardo- dei danzatori, che dovevano esprimere sen-
Un siparium deve essere raffigurato nel rilie- tazione impermeabile, di un condotto per antico, Roma 1960. timenti e azioni solo con i gesti, la danza e la
vo di Castel S.Elia: è un tendaggio a festoni, riempire la vasca dell’acqua con serbatoio o Plinio, a proposito di questa invenzione po- mimica. E così prosegue:
che scende dall’alto verso il basso con file ver- acquedotto e di una via d’uscita o di deflus- neva la domanda “Che cosa ci deve meravi- “Dunque, terminato il giudizio di Paride, Giu-
ticali di anelli, entro i quali scorre il cordone so dell’acqua probabilmente da un euripus, gliare di più, l’inventore o l’invenzione?” none e Minerva, deluse entrambe e indispet-
per la manovra, fissato ad un anello più bas- prevedendo anche la chiusura delle parodoi (Naturalis Historia, 36, 24, 113-115) tite, uscirono dalla scena, manifestando a
so (v. teatri di Orange e di Aspendos). con delle paratie. Sempre Plinio così li descrive (36, 34, 117): Pompei. Affresco. Il giudizio di Paride (Ins. V. 2. 15, gesti il loro disappunto per l’umiliazione su-
Canali per il sipario, al di sotto del pulpito, so- Le colimbetre sono state individuate in una “Due vasti teatri poggianti su piattaforme ro- triclinio I, parete ovest) (Napoli, Museo Archeologico bita; Venere invece, giuliva e sorridente espres-
no stati trovati in moltissimi teatri, quali Vien- ventina di teatri, ma appare abbastanza evi- tanti indipendenti; da essi, dopo la rappre- Nazionale) (da Rosso Pompeiano, 2007, p. 102). se nella danza la sua gioia, ch’ella eseguì con
ne, Autun, Pompei, Ercolano, Lione, Arles, dente che un’indagine più attenta in questa sentazione antimeridiana fatta quando erano tutto il suo corteggio.
Dugga, Timgad, Tipasa; nell’odeon di Corin- direzione potrebbe fornire nuovi risultati. contrapposti in modo che le scene non si osta- Nel racconto, inserito nelle Metamorfosi di Ad un tratto, dalla cima del monte, attraver-
to etc. Teatro di Gioiosa Ionica; teatro di Dafne ad An- colassero a vicenda – facendoli girare su se Apuleio (10, 29,4-32; 34,1-2), della rappre- so un tubo nascosto, sprizzò in alto un get-
G.P.S. tiochia con condotto per l’acqua al centro del- stessi […] anche con alquanti spettatori, si ot- sentazione nel teatro di Corinto di un panto- to di vino misto a zafferano che ricadendo
l’orchestra, teatro di Dioniso ad Atene: teneva un anfiteatro ricongiungendo le estre- mimo, che aveva per tema “il giudizio di qua e là come una pioggia profumata, bagnò
Bibliografia colimbetra e canale di scarico; teatro di Mon- mità delle cavee” Paride”, si descrive una vera e propria sce- le capre che pascolavano lì intorno, facendo-
Ciancio Rossetto P.- Pisani Sartorio G., Teatri antichi greci tegrotto: colimbetra per tetimimi; teatro di Ar- Per il movimento dei due teatri va ipotizzato nografia: un danzatore diverso per ogni per- le più belle, tutte d’oro, da bianche che era-
e romani, Cd.Rom, Roma 2006 (con bibl.); Daremberg,
go: con parapetto circoscrivente la colimbetra l’uso di piattaforme girevoli (v. sez. 2, n.15). sonaggio e la parti femminile erano intepretate no. E mentre il profumo soave si spandeva
Saglio 1877-1918, s.v. mimus e histrio; Graefe R., Vela
erunt. Die Zeltdächer der römischen Theater und e canali di scarico; teatro di Corinto; teatro di G.P.S. da donne senza l’uso della maschera con ac- per tutto il teatro, s’aprì una voragine e il mon-
ähnlicher Anlagen, Mainz 1979; Neppi Modona A., Gli Ostia: identificazione della colimbetra sulla compagnamento di musica di flauti. te di legno sprofondò sotto terra”.
edifici teatrali greci e romani, Firenze 1961. base della trasformazione di due taberne in Dopo un balletto di giovanetti e fanciulle, ec-
co che “... uno squillo di tromba pose fine a Bibliografia
Bibliografia Kelly H.A., Tragedia e rappresentazione della tragedia
Brandt J.R., Curio’s Curious Theatres, in ‘Ultra terminum tutte quelle giravolte e a quei complicati eser-
nella tarda antichità romana, in Savarese N. (a cura
vagari’. Scritti in onore di C. Nylander, Roma 1997, pp. cizi, le tende furono arrotolate, il sipario ven- di), Teatri romani. Gli spettacoli nell’antica Roma, Bo-
51-57 (con bibliografia precedente) ne piegato e apparve la scena. logna 1996, pp. 69-98.

272 273
Sez. 11.6 - Organo idraulico Ricostruzione dell’organo idraulico descritto da po di strumento, alto circa m 1,20 e largo 70 Sez. 11.7 - Organo a mantice 0 Un’iscrizione nella parte posteriore dice che
Vitruvio (da Guidobaldi 1992) cm, 24 canne di varia altezza con diametro di ‘pneumatico’ di Aquincum lo strumento fu donato nel 228 d.C., sotto il
cm 1,8 e 16 canne della metà di tale diame- consolato di Modesto e Probo, al collegio dei
Nel mondo romano l’organo idraulico (orga- tro in forma conica, che presentano nel pun- Originale: Aquincum (Budapest), Museo pompieri (collegium centonariorum) da Giu-
Archeologico
num hydraulicum) è ricordato da Plinio (Na- to di inserimento nella cassa un’apertura come lio Vittorino, decurione della colonia di Aquin-
Datazione: 228 d.C.
turalis Historia, 7, 125) come l’invenzione per nelle canne degli organi moderni, in cui l’aria Ricostruzione: eseguita dal dott. Nagy, donata e cum e prefetto di quel collegio.
cui è degno di fama Ctesibio di Alessandria, spinta dai mantici fuoriesce e produce delle conservata presso il Museo della Civiltà Romana, L’organo è composto di 52 canne su quattro
insieme alla pompa idraulica (ratione pneu- vibrazioni sonore che vengono moltiplicate inv. n. 2870 registri di tredici canne ciascuno. Il somiere,
matica), e bisogna sottolineare che nello stes- dall’ascesa dell’aria nel corpo della canna. lungo 27 cm, largo 8 ed alto 13,4, è costruito
so paragrafo Ctesibio è citato accanto ad A.I. nello stesso modo di quello descritto da Vi-
Archimede. Non sappiamo quando questo L’organo a mantici o ‘ pneumatico’, molto più truvio, con la sola differenza che in luogo dei
strumento sia stato introdotto a Roma dal leggero di quello idraulico e quindi più facil- rubinetti regolati da maniglie di ferro ci sono
Bibliografia
mondo ellensitico, ma ne parla Cicerone, quin- Su Ctesibio e sul suo ruolo nel mondo scientifico mente trasportabile, doveva già essere in uso delle chiusure a scorrimento più solide e più
di doveva essere in voga intorno alla metà del greco: nei primi anni dell’età imperiale ed è ricor- facilmente manovrabili. Nell’accumulatore ad
I sec. a.C. Alcune informazioni sulla colloca- Drachmann A., Ctesibios, Philon und Heron. A study dato da Polluce (4, 69-70) nel II sec. d.C.. aria compressa sono quattro canali da aprire
zione dello strumento vengono date da Sve- in Ancient Pneumatic, Copenhagen 1948; L. Russo, La L’originale è stato rinvenuto nel 1931 in una e chiudere a mezzo di valvole dei registri, se-
rivoluzione dimenticata. Il pensiero scientifico greco e
tonio e Petronio (v. sez. 3, n. 8). Svetonio casa di Aquincum (Budapest), quasi certa- condo su quale fila di canne si doveva suo-
la scienza moderna, Milano 2008.
ricorda in particolare la passione di Nerone Sugli automata, sul loro ruolo nel mondo greco e mente la schola dei pompieri della città. nare. I mantici venivano adattati direttamente
per l’organo, che l’imperatore soleva anche romano e una loro ricostruzione: al somiere, spingendo dentro l’aria compressa
suonare: “E non convocando neppure ora il Pugliara M. Il mirabile e l’artificio. Creature animate e come in una zampogna. Oltre al mantice ge-
senato o il popolo, chiamò alcuni tra gli uo- semoventi nel mito e nella tecnica degli antichi, Roma neratore d’aria era indispensabile un manti-
2003.
mini più illustri e, conclusa rapidamente la Petronio, poichè con il passare del tempo du- ce compensatore o regolatore senza il quale,
Per un’introduzione agli aspetti teorici della musica
consultazione, passò il resto della giornata rante spettacoli teatrali o ludi gladiatori, era nel mondo greco e romano: tra ogni arrivo nuovo d’aria, il suono si sa-
tra organi idraulici nuovi e sconosciuti (orga- possibile assistere anche ad esibizioni mu- Comotti G., La musica nella cultura greca e romana, rebbe spento. Una lastra di bronzo con 52
na hydraulica novi et ignotis generis), mo- sicali libere da ogni vincolo e praticate da vir- Torino 1979. aperture serve da copertura della secreta a
strandoli uno per uno, spiegando il loro tuosi dello strumento. Il passo di Svetonio è In particolare sulla musica nel mondo romano: vento. Sulle aperture sono le val-
Wellesz E., New Oxford history of music, 1. Ancient and
funzionamento e le difficoltà nel suonarli ed inoltre utile poichè offre anche altre infor- vole dei tasti. In mezzo al leggio
Oriental music,London 1957; Guidobaldi M.P., Musi-
affermò che li avrebbe presentati in teatro, se mazioni: in primo luogo, Nerone mostra mo- ca e danza in età repubblicana e imperiale, in: Teatri sono le canne della prima fila di-
Vindice lo avesse permesso”(Nero 41); “ver- delli di organo idraulico sconosciuti, per cui romani. Gli spettacoli nell’antica Roma. Bologna 1996. sposte in ordine di grandezza
so la fine della sua vita aveva fatto voto, se è possibile ipotizzare che fosse in atto l’evo- Per una ricostruzione dell’organo idraulico ed e unite da nastri.
nulla fosse mutato della sua condizione, di luzione tecnica dello strumento che lo por- un’analisi della descrizione di Vitruvio: Due organi simili sono raffi-
Frau B., Pompe e organi musicali del III sec. a.C. Note
prender parte ai giochi celebrati per la Vitto- terà ad abbandonare l’impianto idraulico gurati sulla base dell’obelisco
di tecnologia meccanica antica, Roma 1980; Moretti
ria come suonatore di organo idraulico (hy- utilizzando mantici per trasmettere aria alle C. L’organo italiano, Monza 1997; Landels J.G., Music di Teodosio a Costantinopoli.
draula) ed anche come flautista, suonatore canne, e si può ipotizzare che vi fu probabil- in ancient Greece and Rome, London, Routledge 1999. G.P.S.
di cornamusa e l’ultimo giorno come attore mente un periodo in cui i due strumenti, l’or- Pandermalis D. L’hydraulis di Dion, in Eureka! il genio
nel ruolo del Turno virgiliano” (Nero, 54). gano idraulico e l’organo a mantici, vennero Mosaico dalla villa di Nennig (Treviri) con degli antichi, Catalogo della mostra, Napoli 2005, pp.
150-153.
Petronio, nella descrizione del banchetto di utilizzati contemporaneamente, fino a che il suonatore di corno e un organista (età adrianea)
Trimalchione, dà un’informazione importante secondo, in seguito ad una sua evoluzione
sull’utilizzo dell’organo idraulico: “Avanzò tecnica, fu preferito al primo per i minori co- le espressamente che l’organo suonasse sem-
immediatamente il tagliatore che, con gesti sti di impianto e manutenzione. Svetonio of- pre al ritorno nella sua residenza (Historia Bibliografia
pantomimici, a suon di musica, fece a pez- fre però anche un ulteriore informazione: Augusta, 2, 87, 10). C’è da notare che lo stru- Callebat, Fleury 1986, pp. 170-179;
zetti la pietanza con uno stile che lo faceva Nerone infatti parla del funzionamento del- mento resterà un elemento cardine nella cor- Guidobaldi 1992, pp. 47-53; Kaba 1976;
sembrare un gladiatore essedario che com- lo strumento e della difficoltà (difficultate) in- te di Bisanzio mentre tenderà a scomparire Perrot 1965; Walcker-Mayer 1970.
batte accompagnato dalla musica dell’orga- contrata nel suonare, poiché effettivamente in occidente, per poi essere sempre presen-
nista (ut putares esssedarium hydraule l’organo era uno strumento estremamente te nel mondo bizantino, da dove sarà ripor-
cantante pugnare)”. L’organo era dunque po- complesso non solo da realizzare, ma anche tato in Europa nel VII ed VIII sec d.C.
sto nei teatri e negli anfiteatri (sicuramente da suonare; probabilmente le due pompe era- Numerosi sono i mosaici, i graffiti, le scultu-
per la sua caratteristica di produrre suoni no azionate non dall’organista ma da due re e le terrecotte che lo raffigurano. Ma le de-
molto forti), accompagnava le rappresenta- persone poste ai suoi lati, l’organista dove- scrizioni più accurate sono quelle di Erone
zioni teatrali e gli spettacoli gladiatori, con- va invece occuparsi della tastiera e dei ma- (Spir. I (66), 42) e di Vitruvio (De architectu-
fermando dunque che la musica in età nubri necessari ad aprire i canali. Nel corso ra, X, 8, 1-6).
romana aveva un legame con il mondo del dell’età imperiale l’organo divenne un ele- Nel 1992 a Dion in Grecia è stato ritrovato un
teatro quasi inscindibile; ciò non significa che mento fondamentale per il cerimoniale di cor- organo idraulico, databile, come quello di
la musica dell’organo fosse utilizzata esclu- te, a tal punto che nell’Historia Augusta viene Aquincum (v. sez. 11, n. 8), al I-II sec. d.C.: è
sivamente come sottofondo, come racconta sottolineato che Gallieno nel III sec. d.C. vol- il primo esempio monumentale di questo ti-

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Sez. 11.8 - Vasi di risonanza e si può intuire (nei teatri lignei) anche dal com- Sez. 11.9 - Ascensore per le fiere Sez. 11.10 - Funzionamento del
l’acustica nei teatri romani portamento dei citaredi che per alzare il tono nel Colosseo meccanismo delle uova e dei
della voce si girano verso le porte della sce- delfini sulla spina e tecniche della
Ricostruzione virtuale di Henrique Rossi Zambotti na che fungono da casse di risonanza. Si de- Plastico ricostruttivo corsa circense
Luogo di conservazione: Roma, Museo della Civiltà
ve invece ricorrere al sistema dei vasi
Romana, inv. n. 2801
Vitruvio, architetto romano dell’età augustea, risuonatori di bronzo, quando i teatri sono
nel suo manuale (De architectura, 5, 8, 1-2) costruiti con materiali solidi, in muratura, in Lo spettacolo più frequente che si svolgeva
raccomanda per la costruzione di un teatro pietra o in marmo, che per loro natura non nel circo erano le corse dei carri (ludi cir-
di scegliere un luogo “dove la voce possa giun- risuonano. 8. Se poi vogliamo sapere dove I 15 corridoi in cui si articolano i sotterranei censes): dodici carri, tre per ciascuna delle
gere leggera senza essere ostacolata e rim- siano state applicate queste norme, a Roma dell’Anfiteatro Flavio sono il più grande im- quattro fazioni (la blu, la verde, la bianca, la
balzare indietro trasmettendo all’orecchio non saprei indicare nessun teatro; in com- pianto di questo tipo conosciuto, con il solo rossa); la migliore posizione di partenza era
suoni confusi”, e distingue i luoghi in disso- penso ve ne sono in alcune città italiche e da confronto con quelli degli anfiteatri di Capua, scelta tramite sorteggio. All’apertura dei can-
nanti, circumsonanti, resonanti e consonan- molte parti in Grecia. Abbiamo inoltre anche Pozzuoli e Thysdrus (El Jem). celli degli stalli (carceres), i carri si lanciavano
ti; per il teatro sono ideali i luoghi consonanti, la testimonianza di Lucio Mummio, il quale Per rendere sempre più eccezionali gli spetta- sulla pista e, dopo aver passato una linea
dove la voce, secondata dal basso, aumenta dopo la distruzione del teatro di Corinto, fe- coli venivano messi in scena nell’arena vere e bianca posta davanti alla tribuna dei giudici
di volume a mano a mano che sale e giunge ce portare a Roma quei vasi risuonatori di proprie rappresentazioni di miti o di eventi sto- di gara, dovevano effettuare per regolamento
all’orecchio chiara e distinta. Così operando bronzo e li consacrò come bottino di guerra rici e negli ipogei trovavano collocazione gli sette giri completi (per un totale di 5000 me-
nella scelta del luogo “si otterrà in teatro un nel tempio della Luna. Molti abili architetti, apparati scenici per far comparire all’improv- tri nel Circo Massimo o 3000 nei circhi più
effetto sonoro ottimale sfruttando al meglio che costruirono teatri in piccole città, non po- viso sull’arena uomini, fiere e scenografie. Anfiteatro Flavio. Ricostruzione del sistema di piat- piccoli). Il numero sette è simbolico: sette i
l’effetto della voce”. tendo disporre di vasi di bronzo, scelsero co- Un accurato studio, rilievi ed analisi del mo- taforme a scivolo nel corridoio H (da Beste 2001, p. pianeti che nel sistema tolemaico girano in-
Tuttavia quando l’acustica del luogo non era me strumenti di amplificazione dei vasi di numento (Beste 2001) ha potuto ricostruire 295, fig. 18) torno alla terra; la corsa si svolge intorno alla
sufficiente, si ricorreva ad accorgimenti tec- bronzo di dimensioni proporzionate a quelle terracotta opportunamente disposti secondo nel dettaglio il funzionamento di questi ap- spina, elemento che divide la pista di andata
nici, di cui ci parla in altra parte del suo libro del teatro e realizzati in modo che per effet- queste regole, ottenendo ottimi risultati”.(tra- parati scenografici: nel corridoio B erano in- dei veri e propri scenari: le piattaforme face- da quella di ritorno, alle cui estremità ci sono
sempre Vitruvio e che - anche se raramente to di percussione sonora emettano note di duzione di L.Migotto) stallati 28 ascensori ed altrettanti argani di vano parte del pavimento dell’arena, che al- le due mete, anche queste simbolicamente
e con qualche dubbio - sono stati riconosciuti quarta, quinta e così via fino alla doppia ot- Sembra che nel teatro ellenistico-romano di tipo semplice, smontabili secondo le neces- l’occorrenza venivano fatte inclinare di 30° e, indicano il giorno e la notte; la spina è cir-
o si è creduto di riconoscere in alcuni teatri, tava. Si dispongano poi questi vasi in appo- Aizanoi in Frigia alcune nicchie, che si trova- sità degli spettacoli, le funi passavano su car- tenute con corde e verricelli, fatte scivolare su condata da un bacino d’acqua, simbolo
come ad esempio a Nora in Sardegna, dove site cellette situate fra i seggi del teatro, no ad intervalli nella cavea, possano avere rucole fissate alla struttura sottostante la guide fino a livello dei sotterranei: qui veni- dell’oceano; al centro si leva l’obelisco, sim-
grandi orci rinvenuti sulla scena sono stati at- calcolandone gli effetti sonori e senza che sia- avuto funzione acustica. pavimentazione in legno dell’arena (oggi non vano caricate con le scenografie e le persone bolo solare: ogni giro della pista da parte
tribuiti a sistemi di risonanza; in altri teatri, il no a contatto con qualche parete, ma abbia- G.P.S. più esistente). L’ascensore/gabbia non saliva e, sempre per mezzo di verricelli o argani, ri- dell’auriga corrispondeva ad una giornata, i
ritrovamento di spazi vuoti dislocati a inter- no piuttosto uno spazio vuoto tutt’attorno e fino al livello dell’arena, ma si fermava ad un portate nella loro posizione iniziale a livello sette giri ad una settimana; i dodici stalli po-
valli regolari sulla cavea ha fatto pensare a sopra. Si badi inoltre a disporli rovesciati e in Bibliografia livello immediatamente sottostante il pavi- dell’arena. tevano essere assimilati ai dodici mesi o alle
meccanismi artificiali per l’amplificazione del- modo che poggino su di una base a forma di Bardis P.D., The Theater of Epidaurus and the myste- mento e le fiere raggiungevano l’arena spin- G.P.S. dodici costellazioni e i quattro cavalli alle
la voce. cuneo di almeno mezzo piede e siano rivolti rious vanishing vases, in Platon 41, 1989, pp. 16-19; Frau te su di un piano inclinato o rampa, che veniva quatto stagioni. Lo scopo della gara non era
1987; Guglielmetti F., Le metodologie per l’analisi e il
La stessa pedana lignea del palcoscenico, sul- verso la scena. Di fronte a queste cellette si manovrata solo al momento dell’ingresso nel- quello di essere i più veloci, ma di arrivare per
recupero funzionale dell’acustica nei teatri antichi, in
la quale recitavano gli attori, poteva servire pratichino delle aperture alte mezzo piede e l’arena delle belve. Bibliografia primi. Lo stato di avanzamento della corsa
Atti del Convegno “Teatri antichi nell’area del Medi- Beste H.J., I sotterranei del Colosseo: impianto, tra-
da cassa armonica. Nei teatri romani la tet- larghe due, in corrispondenza dei posti situati terraneo”,Siracusa 13-17 ottobre 2004, Palermo 2006, Nei corridoi definiti H e F erano inserite 20 veniva indicato al pubblico e ai giudici di gara,
sformazioni e funzionamento, in Sangue e arena, Ca-
toia di legno, che copriva la scena, il muro di sulle gradinate più basse”. A seconda della pp. 58-71; Mazzeo A., La rinascita del teatro antico, Ro- piattaforme mobili di circa m 4 x 5 usate per talogo della mostra, Roma 2001, pp. 277-299 (con che ne controllavano e garantivano il regolare
fondo e le pareti dei parasceni potevano for- nota emessa dal vaso, questo veniva collo- ma 2001, p. 96 ss.; Poulle P., Les vases acoustiques du sollevare nell’arena le decorazioni per creare svolgimento, da due contagiri, i piccoli edifici
bibliografia)
théâtre de Mummius Acaius, in RA, 1, 2000, p. 45 ss.;
mare una cassa di risonanza. cato in uno spazio ben definito in relazione delle uova e dei delfini posti sulla spina,
Tosi G., Il teatro antico nel De Architectura di Vitruvio,
Vitruvio scriveva (De Architectura, 5, 1-2; 8) - anche alle dimensioni del teatro. in RdA 21, 1997, pp. 49-75, figg. 1-2; Vitruvio, De Ar- ognuno dei quali era composto da sette ele-
non sappiamo con quanta sperimentazione E Vitruvio, romano, continua in merito alla chitectura, edd. P. Gros, E. Romano, A. Corso, Einau- menti mobili (uova e delfini) che indicavano
pratica - che bisognava “far fare dei vasi di propagazione del suono: “7… Ciò del resto lo di, Torino 1997, pp. 688, 696-697. i giri effettuati ed erano manovrati da un ad-
detto, che riceveva un segnale dai giudici di
gara. L’aspetto di questi contagiri è ben nota
dai mosaici e dai bassorilirvi che li rappre-
sentano, ma soprattuto sulla base dei resti
del circo di Leptis Magna è stata possibile una
ricostruzione virtuale.
Il contagiri con le uova (ovarium) era una pic-
cola trabeazione parallela alla spina, per es-
sere visibile dai giudici di gara, sorretta da
due colonnine distanti l’una dall’altra circa
2,10 metri, sulla quale poggiava una barra me-
tallica o di legno con sette fori nei quali erano
inserite delle aste di legno alla sommità delle

276 277
quali erano infisse le uova (probabilmente in Sez. 11.11 - Carro da corsa
marmo del diametro circa 20/25 cm) (v. mo-
saico di Lione) e che dovevano essere alzate Materiale: legno
Riproduzione: Roma, Museo della Civiltà Romana
– una dopo l’altra - di circa 1 metro per se-
Restitutione virtuale: F. Fauquet, Ausonius, Bordeaux
gnalare l’inizio del giro: quando veniva alzato
l’ultimo uovo, voleva dire che era inziato l’ul-
timo giro dei carri.
Una struttura simile, larga circa 2 e alta circa Il carro da corsa era un veicolo stabile e leg-
4,70 metri, doveva sorreggere i delfini (del- gero, ma allo stesso tempo molto robusto
phinium), posta dal lato dei carceres e per- poiché doveva sopportare il traino di nume-
pendicolare alla spina. I delfini in bronzo cavi rosi cavalli. Di questo mezzo di trasporto non
all’interno (misure ipotetiche m 1 x 0,50 x 0,25) 4. Restituzione delle dimensioni dell’edicola dei ci sono giunti esemplari, ad eccezione di un
erano inseriti su perni ruotanti posti su delfini del circo di Leptis Magna modellino in bronzo rinvenuto nel Tevere. Le
un’unica barra orizzontale, cava anch’essa 2. Restituzione delle dimensioni dell’edicola delle (F. Fauquet, Ausonius) sue ipotesi ricostruttive sono dunque state
all’interno che serviva da asse di rotazione, uova del circo di Leptis Magna realizzate esclusivamente sulla base della do-
nella quale scorreva l’acqua che riempiva i (F. Fauquet, Ausonius) cumentazione figurata, rilievi e mosaici, mol-
delfini. L’operatore, che utilizzava una scaletta to abbondante anche se spesso assai generica.
per monovrare i delfini, nell’abbassarli faceva Il carro da corsa era costituito da due ruote,
uscire un getto d’acqua dalla loro bocca, ac- sistemate all’estremità posteriore del carro,
qua che finiva nel canale (euripus) della spina. e così tutto il peso della struttura gravava sul- Restituzione del carro da corsa
L’abbassarsi dell’ultimo delfino doveva indi- la parte anteriore, cioè sul timone; questo era (F. Fauquet, Ausonius)
care la fine della gara. ricurvo verso l’alto e lungo 2,5 m, e partiva
F.F. dall’assale per mezzo di un attacco a T. La
parte del pianale era costituita da un rettan-
Bibliografia golo, leggermente ricurvo nella parte ante- Il carro da corsa giunse in ambiente romano
Fauquet 2008, pp. 261-289; Ioppolo, Pisani Sartorio 3. Restituzione della posizione dell’edicola delle 5. Restituzione della posizione dell’edicola dei riore, di circa 35 cm di lunghezza e 70 cm di direttamente dal mondo greco, attraverso la
1999; Pisani Sartorio 2008, pp. 47-78. uova sulla spina del circo di Leptis Magna delfini sulla spina del circo di Leptis Magna larghezza. Per rendere più leggero il veicolo mediazione culturale del mondo etrusco. Ta-
(F. Fauquet, Ausonius) (F. Fauquet, Ausonius) sia il pavimento che il parapetto non erano di le tipo di veicolo fu però perfezionato dai Cel-
legno massiccio, ma costituiti da un traliccio ti, che dal V sec. a.C. al III d.C. lo impiegarono
di bacchette lignee su cui poggiava una leg- nel contesto bellico, in cui conferiva maggio-
gera sfoglia di legno, o un copertone di cuo- re mobilità ai guerrieri: l’abilità degli aurighi
io, che riparava le gambe dell’auriga. britannici è ampiamente lodata da Cesare nei Ricostruzione grafica
Il carro da corsa romano, a differenza di quel- suoi Commentarii De Bello Gallico. di un carro da corsa
lo celtico o greco, era guidato da un solo au- Il luogo prediletto per i giochi nel mondo ro- (G. Ioppolo)
riga. Generalmente veniva trainato da quattro mano fu fin dalle origini la valle paludosa tra
cavalli, due aggiogati al centro e due, ai lati il Palatino e l’Aventino, dove fu realizzata l’im-
di questi, legati direttamente al carro per mez- ponente struttura del Circo Massimo, che po-
zo di funi (funales). Questi ultimi, durante la teva ospitare fino a 250.000 spettatori. tanti della nuova capitale dell’Impero divi-
gara, sostenevano lo sforzo maggiore. A vol- Durante l’Impero gli aurighi erano presi a ser- dessero i loro interessi tra la passione per la
te il carro veniva trainato da un numero mag- vizio da fazioni, che erano distinte da diversi corsa dei carri e i discorsi teologici.
giore di cavalli, che poteva andare da sei a colori, e fomentavano un violento entusiasmo I.F.
dieci (Isidoro, Originum seu Etymologiarum tra tutte le classi della società romana: i mi-
liber XVIII, 36; Virgilio, Aeneidos liber XII, 164; gliori passavano da una fazione all’altra, co-
Sant’Agostino, De Civitate Dei, XIX, 3). Le iscri- me nel moderno mondo calcistico. Questo Bibliografia
Amouretti 1991, pp. 219-232; Cagiano de Azevedo 1938;
zioni ci attestano che l’auriga M. Aurelio Po- tipo di competizione agonistica sopravvisse
Daremberg-Saglio, s.v.; Fauquet 2008, pp. 261-289.;
linice gareggiò su carri trainati da otto e nove all’arrivo del Cristianesimo, e l’entusiasmo da Ioppolo, Pisani Sartorio 1999; Jope 1993, pp. 544-571;
cavalli (CIL VI, 10049), mentre in una gem- essa scaturito fu forse più violento a Costan- Pisani Sartorio 2008, pp. 47-78; Raepsaet 2002; Rus-
ma ne compaiono addirittura venti. tinopoli che a Roma: è stato detto che gli abi- so, Russo 2008; Weber 1986; Weber 2007; White 1984.

1. Ricostruzione dello svolgimento della corsa circense (M. Peres, F. Fauquet, Ausonius)

278 279
Fig. 1 Trick-Vase, matiche e idrauliche – quella fondamentale in questo caso è che
Tecnologia per stupire: gli automata nel mondo romano ricostruzione del ‘vaso- l’aria si comporta un corpo che occupa un certo spazio – da par-
scherzo’ da Erone di te di chi li realizzava. Le indicazioni di Erone su come nasconde-
Alessandria, Pneumatica re il meccanismo che genera l’azione dell’automaton lasciano
1, 9: si tratta di un trasparire questa tensione tra l’ideatore-meccanico, che conosce
recipiente per liquidi, la le cause del movimento, e spettatore che non può vedere rima-
Marco Galli cui ansa è cava all’interno nendo preda della suggestione.
e che prosegue con un Oltre a singoli oggetti “meravigliosi” Erone descrive pure tutta una
piccolo tubo (ξ−η) per serie di più complessi congegni automatici che combinano prin-
l’aria all’interno del cipi della pneumatica con l’utilizzo di espedienti idraulici, grazie
recipiente stesso; l’ansa è all’uso di acqua corrente: si tratta per lo più di impianti di fonta-
dotata di un piccolo foro ne artificiali, destinate per dimensioni a luoghi aperti, ad esempio
Per mezzo dell’interazione di aria, fuoco, acqua e terra e com- modello nuovo e sconosciuto (organa hydraulica novi et igno- (κ) che permette l’entrata i lussuosi giardini residenziali. Un caso suggestivo è quello di una
binando tre o quattro principi, possono essere realizzati con- ti generis), e ne fece esaminare ogni singola parte, illustrando o il blocco dell’aria fontana (v. sez. 11.12a) che prevede la presenza di un animale in
gegni diversificati, i quali, da un lato provvedono ai maggiori il meccanismo e le complesse strutture che presentavano, e all’interno del vaso. bronzo: quando l’animale segnala, emettendo un suono, la pro-
bisogni della vita, mentre dall’altro generano stupenda mera- promettendo loro che li avrebbe ben presto fatti vedere in tea- L’interno del vaso è dotato pria sete attirerà l’attenzione di uno spettatore, che porgendogli
viglia (ekplektikos thaumasmos) tro, se Vindice glielo avesse permesso” (Svetonio, Vita di Ne- di un fondo intermedio un recipiente pieno d’acqua, permetterà all’animale “assetato di
(Erone di Alessandria, Pneumatika 2, 18-20) rone, 41, 2 trad. F. Dessì, Milano 1982) (υ−δ) che divide lo spazio bere”, ovviamente per un effetto di aspirazione dell’acqua. La con-
interno in due settori, cezione di un siffatto congegno è interessante sotto due aspetti:
Tecnologia come utilitas e come meraviglia: per quanto possa ap- In questa associazione non è sembrato casuale che anche Erone comunicanti per una serie l’effetto illusionistico di vita, attraverso suono e la finzione del be-
parire un’associazione strana, la nozione di vantaggio o utilità, no- parli di nuovi tipi di organi (Erone, Pneumatica 1, 42) rispetto a di piccoli fori (ε) re, e, soprattutto, l’aspetto dell’interazione con uno spettatore-at-
zione tanto cara alla mentalità romana, si è prestata ad essere modelli già esistenti, soprattutto al primo esemplare inventato in- tore. Constatiamo, quindi, la commistione tra conoscenze e
coordinata alla sfera del divertimento e dell’espressione del lusso. torno alla metà del III sec. a.C. da un altro grande scienziato ales- Itaque totum circumspicere triclinium coepi, ne per parietem sperimentazioni scientifiche e ‘mondo della vita’: una variegata
Tale sorprendente sintesi di utilitas e di ricerca dell’effetto si riflette sandrino, Ctesibio. Erone, come pure i suoi predecessori e ‘maestri a u t o m a t u m aliquod exiret… (Petronio, satyricon 44) casistica di orologi ad acqua o ad ingranaggi, congegni acustici e
nelle elaborazioni di uno dei teorici e degli autori più prolifici nel ideali’, Ctesibio (III a.C.) e il suo ugualmente celebre allievo Filo- idraulici (sez. 11.12a.b.c) fino a comprendere l’affascinante cate-
campo della tecnologia antica di età imperiale. Erone di Alesandria, ne di Alessandria (II a.C.), appartiene a tutta una tradizione di ‘in- Anche se non sapremo mai quale automaton aveva in mente l’ospi- goria di androidi, come ad esempio bambole che muovono auto-
intellettuale molto probabilmente formatosi nel circolo scientifico e gegneri’ delle scienze meccaniche, pneumatiche ed idrauliche, che te di Trimalcione, il passo di Petronio getta luce sul luogo e sulle nomamente le membra o manichini con fattezze umane. Tutto
filosofico del celebre museion alessandrino ed attivo a Roma intor- un altro più tardo prosecutore della stessa scuola, Pappo di Ales- situazioni sociali nel mondo romano, in cui tali congegni trovava- questo poteva trovare collocazione adeguata, per dimensioni e
no al 60 d.C., scrive su una vasta gamma di congegni meccanici, sandria (ca. 300 d.C.), chiamerà in modo suggestivo thauma- no la loro collocazione ideale, vale a dire il momento del banchet- funzionalità, nelle residenze delle aristocrazie romane: è stato pro-
idraulici, pneumatici. Dalla misurazione del terreno alla costruzio- siourgoi, cioè creatori di congegni meravigliosi e oggetti magici, to conviviale. Il quadro petroniano crea, dunque, lo sfondo adeguato posto convincentemente di vedere gli spettacoli pneumatici e idrau-
ne di macchine da guerra, dalle macchine per il sollevamento dei funzionanti per pressione dell’aria o dell’acqua (Hultsch 1878, vol. per comprendere tutta una serie di oggetti accuratamente descrit- lici di Erone non come puro risultato di una speculazione teorica
pesi a strumenti ottici sofisticati: molti dei congegni da lui descrit- 3, 1022 ss.). ti da Erone con un’ampia gamma di variazioni. Un esempio in Pneu- ma come produzione destinata agli spazi e ai momenti sociali del-
ti sono esplicitamente motivati dall’intento di suscitare stupore ne- Contrariamente al notevole apprezzamento e alla diffusione di ta- matica 1, 9 (fig. 1) esemplifica quello che viene definito trick-vase, le élites dell’impero.
gli osservatori. L’opera di questo autore è esemplare di un’intera li congegni in antico, per i quali Erone offre senza dubbio la mi- recipiente-scherzo, che produce un inganno dei sensi: si tratta di Sulla base delle esemplificazioni fatte ci sembra che si possa enu-
produzione tecnologica di oggetti, comunemente denominati co- gliore testimonianza, gli storici moderni di tecnologia antica hanno un recipiente per liquidi, la cui ansa è cava all’interno e che prose- cleare la natura degli automata in tre aspetti essenziali: il loro fun-
me automaton/automata. Si tratta, nella maggior parte dei casi de- espresso, invece, giudizi assai limitativi su tale produzione: non gue con un piccolo tubo (ξ−η) per l’aria all’interno del recipiente zionamento automatico, la suggestiva finzione di riprodurre un
scritti, di oggetti meravigliosi la cui prima peculiarità è quella di rientrando in categorie moderne, come ingegneria idraulica o ci- stesso; l’ansa è dotata di un piccolo foro (κ) che permette l’entra- fenomeno naturale, il celarsi del meccanismo che li mette in azio-
fingere di funzionare senza alcun ausilio o apporto di energia ester- vile, né funzionali ad un discorso di produttività, come agricoltu- ta o il blocco dell’aria all’interno del vaso. L’interno del vaso è do- ne agli occhi dello spettatore.
na, per l’appunto, come indica la composizione greca del termine ra, estrazione mineraria, trasporti ecc., le machinae/mechanai di tato di un fondo intermedio (υ−δ) che ne divide il corpo interno in Ma il campo di azione degli automata appare più ampio rispetto
con il prefisso auto-‘da se stesso’, di ‘vivere di vita propria’. cui ci parlano Erone o Svetonio vengono considerate nella lette- due settori, comunicanti per una serie di piccoli fori (ε). Qual era a quello degli spazi residenziali, andando ad interessare la sfera
Forse anche per queste peculiarità, la popolarità di Erone di Ales- ratura specialistica alla stregua di “giocattoli”, di prodotti secon- il fenomeno a cui assisteva lo spettatore durante lo spettacolo del- del sacro e quella dell’esperienza teatrale.
sandria fu notevole non solo nel mondo antico ma anche in quello dari negli autori antichi di tecnologia, con limitata portata scientifica, la festa? Tenendo chiuso il foro (κ) il recipiente poteva essere riem- La descrizione (sez. 11.12b) di un congegno automatico per mez-
bizantino e arabo, come dimostra l’esistenza di circa un centinaio di in qualche modo retaggio di una cultura ellenistica e estranei al pito, ad esempio con acqua, nel settore superiore del vaso e senza zo del quale è possibile aprire le porte del tempio di Serapide ad
copie di codici greci con disegni illustrativi (il testo più antico è il Mar- mentalità romana. colare in quella inferiore (β), dando l’impressione che il vaso fos- Alessandria in associazione con l’accendersi del fuoco sull’altare
cianus cod. gr. 516 probabilmente del XII secolo), per passare, infi- Su quest’ultimo punto un vivace quadro tratto dal Satyricon di Pe- se pieno; mentre all’aprirsi del foro (κ) l’acqua si riversava attra- cultuale rientra in una serie di impianti complessi descritti da Ero-
ne, all’entusiastica ricezione delle sue opere in epoca rinascimentale, tronio ci mostra quanto tali oggetti fossero parte comune della vi- verso i fori del diaframma(β), lasciando di nuovo vuota la parte ne che hanno come soggetti vittorie, menadi, satiri e figure di di-
tanto che anche Leonardo da Vinci sembra averne subito il fascino. ta e dell’immaginario dei romani: durante l’opulenta coena del superiore. Riempito nuovamente, questa volta con vino, se chi os- vinità tra cui Dioniso, Pan ed altre divinità; qui il contesto sacro
Nonostante il silenzio nei suoi scritti sulla sua attività e sul con- ricco liberto Trimalcione, sotto Nerone (54-68 d.C.), un incidente serva la scena si aspetterà di ottenere questa volta versata la mi- diventa lo sfondo per forme di spettacolarizzazione del rituale at-
testo storico è stata avanzata una suggestiva ipotesi di riconoscere dovuto alla caduta di un giocoliere produce scompiglio tra gli ospi- scela tradizionale di vino ed acqua, rimarrà fortemente deluso: traverso l’impiego di ingegnosità tecnologica.
nell’episodio narrato da Svetonio concernente i nuovi congegni ti e sembra, nell’immaginazione della voce narrante, preludere al- mantenendo chiuso il foro (κ) il vino non si potrà mischiare al- Se l’impiego della tecnologia ha come fine la combinazione di uti-
idraulici dell’imperatore Nerone un’eco dell’attività di Erone e del- l’entrata in scena di un qualche misterioso congegno: l’acqua e l’ospite sorpreso riceverà, invece, vino pretto. litas e del meraviglioso, alla ricerca di un più diretto e emoziona-
le sue creazioni presso la corte imperiale: Notiamo come la tensione a suscitare meraviglia e sorpresa nel- le coinvolgimento dello spettatore, certamente l’applicazione degli
Perciò cominciai a sbirciare, intorno, aspettandomi che qual- lo spettatore sia la finalità anche di questi piccoli congegni; dal automata nell’ambito della performance teatrale non stupisce. Lo
(…) dopo aver fatto una rapida consultazione passò (Nerone) che macchina misteriosa uscisse dalla parete … (trad. G.A. Ci- punto di vista scientifico non si può fare a meno di evidenziare dimostra nella vasta produzione di Erone l’opera automatopoieti-
il resto della giornata a mostrare loro degli organi idraulici di botto 1972) come questi vasi premettono la diffusione di conoscenze pneu- ke, la creazione di automata, dove il meccanico alessandrino ad-

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dirittura descrive il progetto di un teatro mobile con la rappre- La presenza degli automata nella cultura romana, di cui Erone ci Sez. 11.12a - Automata di Erone Sez. 11.12b - ‘Il Tempio di Serapide con re per la carrucola di sinistra e agganciate ad
sentazione (molto probabile) di un testo tragico sofocleo. Ma for- rende la più completa ed efficace testimonianza, è in linea di con- Alessandrino le porte automatiche’ un peso in piombo .
se a dimostrazione dell’efficacia e dell’importanza di tali apparati tinuità con una ben più lunga tradizione che partiva dagli albori Il funzionamento è il seguente: inizialmente
tecnici basta ricordare un caso straordinario di uso emotivo e al della civiltà greca, proprio da quel diciottesimo libro dell’Iliade, do- Il brano, tratto dal testo di Erone (Pneumati- attraverso un foro π sulla sfera θ s’introduce
contempo politico di un automaton, proprio durante uno dei mo- ve nell’officina di Efesto venivano realizzati venti tripodi “auto- ‘La fonte con l’aquila che beve’ ca, I. 38), descrive la costruzione del mecca- dell’acqua fino a riempirne la metà e succes-
menti salienti della vita pubblica di età repubblicana: l’esposizio- matici”: Nel testo di Erone (Pneumatica, I. 29) si descri- nismo che permette l’apertura delle porte di sivamente verrà chiuso.
ne del cadavere di Cesare dopo il suo assassinio nel 44 a.C. ve la costruzione ed il funzionamento di una fon- un piccolo tempio, quando il fuoco del sacri- Tale sistema utilizza l’espansione dell’aria che
Leggiamolo nella suggestiva ricostruzione che ne da lo storico Ap- … venti tripodi in una volta faceva, tana monumentale composta da un sistema fico è acceso. Tale macchina era utilizzata per viene riscaldata dal fuoco dell’ara, la quale at-
piano (bella civilia, 2 143-148) attraverso la bellissima ricostruzio- da collocare intorno alle pareti della sala ben costruita; idraulico di vasche comunicanti, caratterizzata aprire le porte del tempio di Serapide ad Ales- traverso il tubo η−ζ giunge nella sfera θ, più
ne di Luciano Canfora: ruote d’oro poneva sotto ciascun piedistallo, dalla presenza di un animale, riprodotto artifi- sandria e può essere considerata uno dei pri- grande, facendone aumentare la pressione.
perché da soli entrassero nell’assemblea divina, cialmente in bronzo o in altro materiale. L’auto- mi esempi di macchina a vapore della storia. Questa dilatazione spingerà l’acqua che si ri-
Quando fece la sua apparizione il cataletto, con il corpo del poi tornassero a casa, meraviglia a vedersi. re alessandrino del I sec. d.C. consiglia di installare Il sistema è costruito nel modo seguente: il verserà attraverso il sifone κ−λ−µ, nel vaso
dittatore, portato a braccia da magistrati in carica e da altri Il. 18, 373-377 (trad. R. Calzecchi Onesti Torino 1950) questa fontana in prossimità di una fonte. tempietto è collocato su di una base α−β−γ− sospeso ν−ξ, aumentandone il peso. Que-
cittadini che avevano ricoperto le magistrature, l’emozione era Il congegno è funzionale a far sì che l’animale, δ insieme alla piccola ara sacrificale ε−δ. At- st’ultimo scenderà, tirando le catene collega-
al colmo. Essa fu acuita da una trovata teatrale, di cui dà no- Il mito di quello che i poeti comici greci di età classica chiame- producendo un sibilo, segnali al visitatore che è traverso di essa si farà passare il tubo η−ζ in te alla carrucola di destra facendo girare i
tizia Appiano: una trovata che rinvia chiaramente ad una re- ranno automatos bios, una vita in cui tutto può funzionare senza in grado di bere: questo, porgendogli una cop- modo tale che l’apertura ζ sarà all’interno del- cardini e la loro rotazione tirerà l’altra catena
gia. Per eccitare fino alla commozione era necessario esibire alcuno sforzo né dispendio di fatica e dolore, ancora esercita una pa piena d’acqua, attiverà il meccanismo per cui l’ara e l’apertura η sarà nella sfera θ, conte- collegata alla carrucola di sinistra, alzando il
alla folla il corpo trafitto, ma ciò non era possibile; «la salma forte suggestione e mantiene una sua validità nelle culture del- l’animale sarà in grado di aspirare l’acqua, dan- nuta nella base α−β−γ−δ. Nella sfera vi sarà contrappeso φ.
era distesa supina sul cataletto, e perciò non risultava visibile. l’impero romano: allora come anche nel mondo contemporaneo, do l’illusione di bere. un sifone ricurvo κ−λ−µ la cui estremità µ, A questo punto le porte del tempio si apri-
Allora fu issato da un tale, grazie ad una mechané (…), un un mito alimentato e sostenuto dalla convinzione in un sapere Il sistema è costruito nel modo seguente: l’ac- esterna alla sfera, si troverà in un vaso sospeso ranno e, come espressamente sottolinea l’au-
fantoccio di cera con le fattezze di Cesare, trafitto da ventitrè tecnologico capace di unire utilitas allo stupore o, come dice il qua sgorgando dalla fonte riempie la vasca su- ν−ξ, mentre l’estremità κ sarà sulla sfera. Ai tore alessandrino, produrrà un effetto di
pugnalate e orrendamente sfigurato. Veniva spostato di qua e poeta, meraviglia a vedersi. periore α−β, in cui è presente un sifone ricurvo prolungamenti dei cardini delle porte che giun- meraviglia negli astanti.
di là un po’in tutte le direzioni. E questa vista risultò alla fine δ−ε−ζ, attraverso il quale l’acqua si riversa in un gono nella base sottostante α−β−γ−δ, saran- Infine, quando il fuoco verrà spento, la pres-
scatenante». Fu allora che si passò, quasi verso un ovvio sboc- piccolo vaso collettore ο−π, dal quale si riversa no fissate due piccole catene che unite sione nella sfera θ diminuirà e il sifone κ−λ−
co, alle vie di fatto: appiccare il fuoco. in un’altra vasca η−θ−κ−λ intermedia. Anche passeranno per la carrucola di destra e giun- µ risucchierà l’acqua svuotando il vaso
(Canfora 1999, 375) questo collettore d’acqua contiene un sifone ri- geranno al vaso sospeso ν−ξ. Altre due pic- sospeso ν−ξ. In questo modo il contrappeso
curvo µ−ν−ξ che permette il flusso dell’acqua cole catene saranno collegate ai cardini, φ scenderà facendo ruotare in senso inverso
verso il fondo del vaso collettore inferiore ω, il analogamente alle prime ma nel senso inver- i cardini che chiuderanno le porte del tempio.
quale, appeso ad un manico, oscilla nel momento so, ed unite in una sola, saranno fatte passa- A.S.
in cui cade al suo interno l’acqua. Anche l’ani-
male è collegato al sistema di vasi comunicanti,
infatti è dotato di un tubo ρ−σ−τ, nascosto, che
dal becco (ρ) passa per una delle zampe (τ) col-
legandolo alla vasca intermedia η−θ−κ−λ.
Il funzionamento è invece il seguente: quando
la prima vasca α−β sarà piena, l’acqua attraver-
so il sifone δ−ε−ζ giunge alla vasca intermedia
η−θ−κ−λ riempiendola, mentre la vasca supe-
riore tenderà a svuotarsi. Analogamente quan-
do la base η−θ−κ−λ si riempe, l’acqua si riversa
nel recipiente sottostante ω creando un vuoto
all’interno e contemporaneamente causando
un’aspirazione dell’aria attraverso il becco arti-
ficiale dell’animale ρ. Quando il vaso inferiore ω
comincerà ad oscillare per la caduta dell’acqua
dal sifone µ−ν−ξ, l’animale, a causa del vuoto
creatosi all’interno della vasca intermedia, co-
mincerà a risucchiare aria attraverso il tubo ρ−
σ−τ, dando origine all’effetto acustico del sibilo:
in questo preciso momento, quando il visitato-
re porgerà all’animale una coppa piena d’acqua,
egli comincerà ad assorbire il liquido creando
Bibliografia
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282 283
Sez. 11.12.c - Organo idraulico Il troppo pieno della camera eolia nell’uscire lo dell’organo idraulico consentiva il canto con-
cinquecentesco e il gioco della è dirottata verso una ruota a pale che aziona temporaneo di più di dieci uccelli. Il movi- Bibliografia e abbreviazioni bibliografiche
civetta un cilindro con denti (un carillon) che apro- mento della civetta era dato da un secchio che
no le valvole delle canne secondo un ordine cadendo faceva girare un rullo e la civetta. Tut-
Nella seconda metà del 1500, a Villa d’Este, si predisposto che corrisponde a un motivo. to era comandato da un rullo fono-tattico a
installa ad opera di due fontanieri francesi, un Grande meraviglia e stupefazione tra gli ospi- denti (un carillon) che consentiva l’apertura Per riviste e periodici sono state usate le abbreviazioni dell’Archäologische Anzeiger 1997
automa idraulico di tale fascino da essere co- ti di Ippolito II d’Este che felicemente ascol- delle valvole per le canne del canto degli uc-
piato e costruito nei più importanti giardini tava la musica. celli e dei denti servivano alla caduta del sec-
d’Italia e d’Europa. Nel corso di un secolo si Dopo anni di studi a Villa d’Este è stato ripri- chio che, quando si svuotava, risaliva e faceva
ascoltano le melodia degli organi idraulici in stinato un organo idraulico che funziona esat- girare la civetta. Il gioco degli uccelli e della ci-
ville romane e del suburbio (Quirinale, villa tamente come quello rinascimentale. vetta è stato ripristinato a Villa d’Este con un
Panphili, Frascati),in Italia, a Parma Caserta e Sempre a Villa d’Este fu realizzato il gioco del- progetto filologicamente corretto.
Modena, in Francia a Versailles e San Germain la civetta, riportato da Erone che riferisce un’in- L.L. Adam 1981 = Adam J.-P., Le tecniche costruttive a (medio e tardo impero), in Enciclopedia dell’arte élévatrices d’eau dans l’antiquité”, in Actes de la
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