Tommaso Bertoldi
Espera srl
Editoria e Servizi per Archeologi
Via Fulvio Palmieri, 4
00151 Roma
espera.libri@gmail.com
www.archeologica.com
isbn 978-88-906443-5-1
tutti i diritti di riproduzione delle immagini originali e del testo sono riservati elaborazioni
grafiche e foto sono opera dell'autore, con l'eccezione di quelle che riportano fonte
bibliografica di provenienza dell'immagine
In copertina: particolare di un sistema di drenaggio realizzato con anfore (Roma, Passolombardo-
Città dello Sport)
Indice
Note introduttive pag.XIII
1. Produzioni iberiche pag.21
Tarraconensis
Oberaden 74 pag.23
Pascual 1A pag.24
Pascual 1B pag.25
Dressel 2-4 tarraconese pag.26
Gauloise 4 tarraconese pag.27
Dressel 8 tarraconese pag.28
Dressel 9 tarraconese pag.29
Ebusus/Ibiza
Anfora PE-25 pag.30
Anfora PE-41 pag.31
Baetica
Dressel 2-4 betica pag.32
Haltern 70 di età augusteo-claudia pag.33
Haltern 70 di età flavia pag.34 VII
Haltern 70 tarda pag.35
Dressel 28 pag.36
Gauloise 4 betica pag.37
Dressel 30 betica pag.38
Matagallares I pag.39
Beltrán 68 pag.40
Keay XLI pag.41
Dressel 20 pag.42
Dressel 23 pag.43
Keay XIIIC-D pag.44
Dressel 21-22 betica pag.45
Dressel 7 pag.46
Dressel 8 pag.47
Dressel 9 pag.48
Dressel 10 pag.49
Dressel 12 pag.50
Dressel 14 pag.51
Dressel 17 pag.52
Beltrán IIA/Pélichet 46 pag.53
Beltrán IIB pag.54
Puerto Real 1 pag.55
Puerto Real 2 pag.56
Keay XVI/Almagro 50 betica pag.57
Keay XIX/Almagro 51A-B betica pag.58
Keay XXIII/Almagro 51C betica pag.59
Beltrán 72 pag.60
Lusitania
Dressel 28 lusitana pag.61
Lusitana 3/Gauloise 4 lusitana pag.62
Dressel 14 similis pag.63
Almagro 50 pag.64
Almagro 51A-B pag.65
Almagro 51C pag.66
Keay LXXVIII/Anfora Sado 1 pag.67
Gallia Lugdunensis
Lionese 2/Dressel 2-4 lionese pag.85
Lionese 3A/Augst 31 pag.86
Lionese 3B/Augst 32 pag.87
Lionese 4/Augst 17 pag.88
Haltern 70 similis pag.89
Gauloise 12 pag.90
Gallia Belgica
Gauloise 13 pag.91
Gauloise 14 pag.92
Augusta Rauricorum
Dressel 2-4 di Augst pag.93
Bruttium e Sicilia
Ostia II 522/Ostia III 464 pag.107
Ostia II 523 pag.108
Ostia I 453-454 pag.109
Lipari
Richborough 527 pag.110
Versante adriatico
IX
Dressel 2-4 adriatica pag.111
Anfora di Forlimpopoli pag.112
Anfora di Sant’Arcangelo pag.113
Dressel 6A pag.114
Anfora ‘con collo a imbuto’/Anfora tipo ‘Portorecanati’ pag.115
Dressel 6B pag.116
Schörgendorfer 558 pag.117
Anforetta tipo ‘Grado I’ pag.118
Anfora ‘con orlo a fascia’ pag.119
Area siro-palestinese
Anfora di Beirut pag.144
Agora M 334 pag.145
Schöne XV/Camulodunum 189 pag.146
X
Kingsholm 117 pag.147
Zemer 57 pag.148
Egitto
Dressel 2-4 egiziana pag.149
Anfora bi-troncoconica egiziana pag.150
Mar Nero
Knossos 26/27 pag.151
Anfora tipo C Snp I-1 pag.152
Anfora tipo C Snp III-1/Zemer 40 pag.153
Zeest 94/Knossos 14 pag.154
Dressel 24 pag.155
Anfore Knossos 39 e Knossos 38/Zeest 80 pag.156
Tavola esemplificativa pag.158
di alcuni impasti di contenitori da trasporto del Mediterraneo orientale
Zeugitana e Byzacena
Schöne-mau XL/Van der Werff 2 pag.170
Hammamet 1 pag.171
Hammamet 2 pag.172
Africana IIIA pag.173
Africana IIIB pag.174
Africana IIIC pag.175
Pupput T700. 4 e Pupput T700. 5 pag.176
Ostia LIX pag.177
Ostia XXIII pag.178
Africana I pag.179
Africana IIB pag.180
Africana IIB ‘pseudo-tripolitana’ pag.181
Uzita pl. 52. 10 pag.182
Leptiminus I pag.183
Leptiminus II pag.184
Africana IIA pag.185
Africana IIC pag.186
XI
Africana IID pag.187
Dressel 2-4 nord africana pag.188
Tripolitania
Mau XXXV pag.189
Tripolitana I pag.190
Tripolitana II pag.191
Tripolitana III pag.192
Cyrenaica
Mid Roman 8 pag.193
Anfore: come riconoscerle?1 Così titola un importante testo pubblicato nel 1991, nel
quale gli autori descrivono alcuni tra i contenitori da trasporto più frequentemente
attestati nel Mediterraneo antico. Si tratta però di una domanda alla quale risulta
difficile rispondere in maniera sintetica, soprattutto se formulata da chi sta
affrontando o ha iniziato da poco ad affrontare lo studio di questa classe ceramica
considerata tra le più complesse. Tale complessità va ricercata in almeno tre
caratteristiche specifiche delle anfore romane: in primo luogo nell’ampia gamma di
impasti, dovuta a una molteplice quantità di centri di produzione, in secondo luogo
nell’articolato e complesso quadro morfologico, che spesso comprende anche più tipi
morfologici fabbricati nella stessa area geografica e in terzo luogo va ricercata nel
fenomeno delle ‘imitazioni’, che con il procedere delle nuove scoperte sta assumendo
caratteri ancora più ampi di quelli tracciati in un recente passato2.
Il presente testo, realizzato dall’esperienza didattica pluriennale presso il laboratorio
di ‘Ceramica romana’ dell’Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’, si vuole
inserire nella tradizione delle guide riservate ai materiali di età romana e raccoglie
alcune informazioni di base sui principali contenitori da trasporto in circolazione nel
Mediterraneo antico tra l’età augustea e il IV secolo d. C.
Tale arco cronologico è stato scelto per due motivazioni principali: in primo luogo
per analizzare una fase particolarmente prolifica dell’attività commerciale e della
fabbricazione di questo tipo di oggetti, in secondo luogo perché trattare nello stesso
testo anche le anfore di età repubblicana e di età tardo antica, avrebbe significato XIII
ampliare un tema già di per sé molto vasto3.
La finalità principale è stata quella di realizzare uno strumento di facile consultazione,
rivolto prevalentemente agli studenti o a chi, per motivi di studio o di lavoro, debba
per la prima volta cimentarsi nel riconoscimento o nella schedatura di anfore romane.
Ma è rivolto anche a chi, già avvezzo allo studio di questa classe ceramica, desideri
avvalersi di uno strumento che sintetizzi le caratteristiche essenziali delle anfore
romane di età imperiale.
Tripolitania e Cyrenaica per il nord Africa. Per quanto riguarda l’Italia e l’area
del Mediterraneo orientale - per le quali risulta complesso seguire una divisione
geografica corrispondente alle antiche circoscrizioni amministrative di età imperiale
- si è preferito utilizzare nomi di aree produttive già noti dalla bibliografia archeologica
XIV
specifica. Nel caso dell’Italia si tratta del versante tirrenico (compreso tra l’Etruria
e la Campania), dell’Italia centrale intera (media e bassa valle dell’Arno e media e
bassa valle del Tevere), del Bruttium e della Sicilia, dell’isola di Lipari e del versante
adriatico (compreso tra la Puglia e l’Istria). Il Mediterraneo orientale comprende
invece l’area egea e microasiatica (isole del mar Egeo e Asia Minore fino alla Cilicia),
l’area siro-palestinese, l’Egitto e le regioni che si affacciano sul mar Nero.
La successione delle schede dei singoli tipi di anfora all’interno del testo, dopo questa
prima suddivisione di carattere geografico, è stata redatta sulla base di un secondo
criterio dettato dal principale prodotto trasportato, secondo questo ordine: vino, olio
e salse di pesce.
Nel caso di anfore il cui contenuto sia ad oggi ancora ignoto, le loro schede sono state
inserite per ultime, ma sempre all’interno dell’ambito geografico di provenienza. Nel
caso invece di anfore per le quali sono attestati più prodotti trasportati, si è tenuto
conto di quello maggiormente documentato, senza comunque omettere l’elenco
completo.
Centri di produzione, distribuzione, impasto, morfologia, datazione e
contenuto sono le voci riportate in ogni scheda, dove sono raccolte una serie di
informazioni sintetiche utili a inquadrare i vari aspetti dell’anfora descritta.
Per documentare anche dal punto di vista grafico i singoli contenitori da trasporto,
ogni scheda è corredata da un rilievo dell’anfora intera in scala 1 : 10 e una serie di
massimo quattro rilievi in scala 1 : 3 generalmente dell’orlo e delle anse, ma in alcuni
casi anche del fondo, quando ritenuto un elemento morfologicamente significativo
(fig. 2).
Fig. 2 - Immagini delle schede descrittive delle anfore; in alto a sinistra il rilievo intero dell’anfora in scala 1 : 10,
in alto a destra la cartina con indicata l’area di fabbricazione e le voci che riportano varie indicazioni sui centri di
produzione, la distribuzione, l’impasto, la descrizione morfologica, la datazione e il contenuto. In basso i rilievi delle
XV
anfore in scala 1 : 3.
Centri di produzione
In questa voce sono elencati in maniera più puntuale gli ambiti geografici di
produzione. In questo caso si è preferito, quando possibile, riportare i nomi originari
seguiti tra parentesi dal toponimo attuale, così anche per i nomi delle città. Tale
criterio ha permesso di precisare alcune aree che altrimenti sarebbero rimaste
troppo generiche (es. Catalogna e paese Valenciano nella Hispania Tarraconensis o
valle del Guadalquivir, baia di Cadice e costa mediterranea nella Hispania Baetica).
Per questa voce, così come per la maggior parte delle altre voci inserite all’interno
della scheda, occorre precisare che si tratta di informazioni sintetiche e generiche
e che potranno essere - con il prosieguo delle ricerche - aggiornate o in alcuni casi
anche rettificate.
Al fine di inquadrare in maniera più immediata l’area o le aree di fabbricazione
delle anfore, ogni scheda è dotata di una cartina geografica nella quale è indicata
la zona di produzione. In base alla caratteristica di questa zona sono stati utilizzati
graficamente dei punti con tre ordini di grandezza: il punto più grande (fig. 3a) indica
l’intera provincia (es. Tarraconensis, Baetica o Lusitania), soprattutto quando si è
trattato di localizzare un consistente numero di centri di produzione distribuiti in tutto
il territorio, la cui resa grafica nella scala adottata sarebbe risultata molto imprecisa
(la bibliografia specifica alla fine di ogni capitolo sarà di supporto per affrontare
una ricerca più approfondita); il punto di media grandezza (fig. 3b) si riferisce a un
territorio meno ampio, dove sono noti centri di produzione distribuiti in un ambito
a. Hispania Tarraconensis (Catalogna) b. Gallia Lugdunensis (media valle del Rodano)
c. Versante tirrenico (area vesuviana, Pompei e Sorrento) d. Area egea? (Lesbo, Samo e Cos), area microasiatica?
(regione di Efeso) e Mar Nero? (Crimea)
XVI Fig. 3a-d - Quadro esemplificativo degli elementi grafici adottati per indicare le aree di produzione delle anfore.
geografico più limitato (es. media o bassa valle del Rodano, Italia nord orientale,
regione di Gaza, ecc.); il punto più piccolo (fig. 3c) indica infine quando si tratta di
una singola città o di un’area poco più vasta (es. Forum Iulii/Fréjus, ager Pisanus e
Volaterranus, Forum Popili/Forlimpopoli, ecc.). Nel caso di centri o di aree produttive
ancora incerti, spesso proposti sulla base di somiglianze macroscopiche degli impasti
(es. l’anfora San Lorenzo 7, la Dressel 24 ecc.) o di somiglianze morfologiche (es. la
Knossos 19) o di provenienze ipotizzate grazie a informazioni epigrafiche (es. l’anfora
Ostia IV 168) ma non ancora suffragate dalla scoperta di fornaci o scarti di fornace,
le aree di fabbricazione sono state indicate con punti interrogativi (fig. 3d).
Distribuzione
In questa seconda voce della scheda sono indicati - in linea di massima e sulla base
della bibliografia edita - gli ambiti geografici di rinvenimento, senza specificare
il nome della città o del singolo sito. Quando si tratta di un numero ridotto o di
sporadiche segnalazioni tale dato è stato indicato rispettivamente premettendo le
frasi ‘in misura minore’ o ‘scarse attestazioni’. Sebbene lacunosa questa informazione
si rivela comunque importante, in quanto utile soprattutto a inquadrare in maniera
sintetica la ‘fortuna commerciale’ di una determinata anfora e del suo contenuto.
Anche in questo caso la bibliografia generale allegata in fondo a ogni capitolo è di
aiuto nel caso si desideri approfondire l’argomento sulla distribuzione dei singoli
contenitori da trasporto. Va da ultimo specificato che questa è sicuramente la voce che
più di ogni altra è soggetta a revisioni, dal momento che scavi e ricerche di carattere
topografico possono continuamente aggiornare l’elenco delle singole attestazioni.
Impasto
Per quanto riguarda questa terza voce della scheda, che riporta la descrizione
dell’impasto o più frequentemente degli impasti di ogni tipo morfologico, le
problematiche sono molteplici.
Non è raro che a uno stesso tipo di contenitore da trasporto appartengano differenti tipi
di impasto; in questo caso - anche rischiando di incorrere in eccessive semplificazioni
- si possono riscontrare principalmente due differenze.
La prima riguarda leggere variazioni nell’ambito di uno stesso colore (es. rosso
chiaro, rosso o rosso scuro) o differenze tra colori simili (rosso tendente al giallo o
giallo tendente al rosso) e variazioni minime nella quantità e nella grandezza degli
inclusi. In tali casi potrebbe trattarsi degli stessi centri di produzione o di centri di
produzione geograficamente piuttosto vicini.
La seconda differenza riguarda variazioni di maggiore rilievo, come colori
completamente diversi (es. rosso chiaro, giallo tendente al marrone, verde chiaro
ecc.) o variazioni non solo nella quantità o nella grandezza degli inclusi, ma anche
nel colore o nel tipo di inclusi. In questo caso potrebbe trattarsi verosimilmente di
uno stesso tipo morfologico fabbricato in centri di produzione localizzati in aree
geografiche differenti, a volte anche non molto distanti tra loro.
Per ovviare a questo genere di problemi, nella voce impasti sono state descritte di ogni
anfora sia le variazioni minime della gamma del colore, del numero e della grandezza XVII
degli inclusi documentate in uno stesso impasto4, sia gli impasti completamente diversi
che possono indicare differenti centri di produzione. In quest’ultimo caso, quando si
tratta di dati noti, è stata indicata anche la frequenza con cui tali impasti sono attestati.
D’altro canto sono documentati anche differenti tipi di contenitori da trasporto
con impasti molto simili o decisamente uguali, che indicano sia una produzione
morfologica differenziata da parte di un medesimo centro di fabbricazione, sia la
presenza - talvolta anche in un territorio molto vasto - di banchi di argilla dalle
caratteristiche geologiche simili. Nel caso di produzioni che registrano tali somiglianze
(es. anfore tarraconesi, anfore betiche, anfore cretesi ecc.), si è scelto - nelle varie
schede delle anfore - di copiare la descrizione degli impasti e ripeterla ogni qual volta
fosse necessario, con l’obiettivo di realizzare schede che risultassero indipendenti
l’una dall’altra e di più facile consultazione.
Al termine di questo breve accenno alle principali difficoltà riscontrabili nella
schedatura delle anfore, occorre precisare che sebbene al presente testo siano allegate
11 tavole a colori esemplificative di solo alcuni tra gli impasti più frequentemente
attestati (in totale sono stati selezionati 84 impasti), riportare tutti quelli conosciuti
sarebbe risultato un lavoro non solo estremamente complesso ma anche fuorviante;
infatti è solo l’esperienza diretta con i frammenti ceramici che permette di acquisire
maggiore dimestichezza nel riconoscere gli impasti e le problematiche a essi connesse.
4
Per quanto riguarda la descrizione del colore degli impasti sono state utilizzate le tavole di A. H. Mun-
sell (Munsell soil color charts, 1990) e nella maggior parte dei casi la definizione in inglese del colore è
stata tradotta letteralmente in italiano (es. reddish brown è stato tradotto in marrone tendente al ros-
so). Quando non è stato possibile reperire e analizzare autopticamente l’impasto, sono state riportate le
descrizioni raccolte nella bibliografia specifica, citando la provenienza della fonte.
Descrizione
In questa voce sono riportate in maniera molto sintetica le caratteristiche morfologiche
principali delle singole anfore, partendo dalla descrizione del corpo e proseguendo
con il collo, l’orlo, le anse e concludendo con il fondo.
Dal momento che la standardizzazione morfologica non è certo una delle caratteristiche
principali dei contenitori da trasporto e che spesso ci troviamo di fronte a oggetti
piuttosto differenti tra loro e fabbricati in numerosi centri di produzione, per altro
attivi - in alcuni casi - anche per più secoli, risulta talvolta complicato in sede di
schedatura ritrovare un preciso riscontro morfologico. A tale proposito una delle
finalità principali di questo testo è stata quella di offrire, grazie a rilievi in scala
1 : 3 allegati in ogni scheda, un quadro orientativo sulla morfologia di ogni singolo
tipo di anfora, che potesse servire solo come approccio iniziale, per poi proseguire
una determinata ricerca in maniera più approfondita grazie all’ausilio bibliografico.
Si precisa che non si tratta di un atlante delle anfore di età imperiale, per cui forse
non basterebbero decine di volumi per raccogliere tutti gli esemplari noti, ma di un
primo strumento per chi avesse intenzione di avvicinarsi allo studio dei contenitori
da trasporto. Almeno tre sono infatti i criteri selettivi che sono stati adottati nella
scelta dei rilievi da inserire in ciascuna scheda.
In primo luogo sono stati scelti quegli esemplari che potessero meglio rappresentare
il margine di variabilità morfologica di un tipo, cercando di far emergere quanto
effettivamente questa caratteristica fosse in alcuni casi molto marcata.
In secondo luogo sono stati scelti - quando si trattava di dati reperibili e significativi
XVIII - esemplari provenienti da scavi di fornaci.
Il terzo criterio di scelta è stato quello cronologico, per cui sono stati utilizzati
preferibilmente frammenti di anfore provenienti da più stratigrafie e con datazioni
differenti, in modo da riuscire a cogliere l’eventuale ‘evoluzione’ morfologica del tipo.
Sono infatti presenti casi di anfore suddivise, da chi le ha studiate in maniera specifica,
in ‘sottotipi’ o più frequentemente in ‘varianti’; questi sono stati sempre riportati
nella voce ‘Descrizione’ con il riferimento bibliografico specifico. Oltre alle variazioni
morfologiche che riguardano la conformazione generale dell’anfora, sono attestate
anche variazioni del modulo, per cui all’interno della stessa forma sono presenti anfore
con grandezze diverse, come nel caso di alcune anfore galliche e italiche.
Ogni rilievo inserito nella scheda è corredato (quando specificato nella pubblicazione)
da informazioni che inquadrano l’esemplare dal punto di vista cronologico, topografico
e bibliografico.
Nelle informazioni di tipo cronologico è riportata la datazione dello strato in cui
è stato rinvenuto un determinato esemplare. Nel caso di esemplari provenienti da
fornaci scavate è stata riportata - quando specificata - la datazione della fornace; va
però segnalato che in genere di questa è indicato l’intero arco di produzione e più
raramente è stato possibile, durante le indagini di scavo, attribuire a un determinato
esemplare una specifica fase cronologica di attività.
Per quanto riguarda le informazioni di carattere topografico è stata sempre indicata
la località generica o la città di rinvenimento e mai il singolo scavo (es. Lione e non
Lione/Bas-de-Loyasse, Ostia e non Ostia/Terme del Nuotatore, Roma e non Roma/
via Sacchi, ecc.); questo perché non sempre nella bibliografia è presente il dato
topografico preciso.
Infine tra parentesi si trovano i riferimenti bibliografici da cui è stata reperita
l’immagine dell’anfora.
Datazione
In questa voce è segnato l’arco cronologico di produzione dell’anfora, ed è riportata
sia la cronologia del singolo tipo, sia - quando si tratta di un dato noto - la cronologia
di ogni singolo ‘sottotipo’ o ‘variante’. Anche per quanto riguarda questa voce occorre
fare almeno due precisazioni.
In primo luogo nella datazione non è specificato l’eventuale periodo di maggiore o
minore circolazione, elemento peraltro caratteristico di quasi tutti i contenitori da
trasporto. Si tratta di un dato volontariamente omesso perché potrebbe risultare
fuorviante, dal momento che talvolta la maggiore o minore circolazione di un
determinato tipo morfologico di anfora cambia da area ad area.
In secondo luogo per alcune anfore non è stato specificato quando la circolazione è
avvenuta prevalentemente in ambito locale; ciò significa che in alcuni casi se nella
datazione di un contenitore da trasporto compare il III e IV secolo d. C., non è da
escludere che l’anfora in questione abbia continuato ad essere prodotta e a circolare
poco oltre tale arco cronologico, ma solo in ambito locale. Fenomeno per altro
abbastanza frequente in alcune produzioni del Mediterraneo orientale e del nord
Africa.
Contenuto
Nell’ultima voce della scheda è riportato il contenuto principale; questo dato tuttavia, XIX
se per un numero considerevole di anfore è ricavabile in maniera sufficientemente
realistica grazie alla presenza di un apparato epigrafico esaustivo, alla presenza o
meno di pece all’interno dell’anfora o a residui organici conservati o grazie ancora
ad alcuni studi specifici effettuati sulla superficie interna del vaso, in altri casi la
mancanza di elementi non permette di individuarlo in maniera certa o obbliga a
ignorarlo del tutto. Le motivazioni che non consentono di identificare con certezza
il contenuto di un’anfora, oltre alla mancanza di indizi di tipo archeologico, possono
essere molteplici e sintetizzabili in almeno due motivazioni legate ad alcune
caratteristiche specifiche. In primo luogo alcune anfore non sembrano nascere in
funzione di una determinata derrata alimentare, ma piuttosto venivano utilizzate a
seconda delle esigenze; in secondo luogo non è da escludere il fenomeno, abbastanza
frequente, del riutilizzo dei contenitori da trasporto.
Nel presente testo dal momento che per la successione delle schede delle anfore
è stato adottato come primo criterio quello che corrisponde all’area geografica di
produzione e come secondo criterio quello del contenuto, nelle schede compare per
primo quello che a oggi è ritenuto il contenuto certo o comunque il più probabile,
seguito - quando documentato - da un elenco delle altre derrate alimentari attestate.
Nel caso di ipotesi, il contenuto è seguito da un punto interrogativo e nel caso di
impossibilità di avanzare ipotesi si è scritto sconosciuto.
Produzioni iberiche
Tarraconensis
Ebusus/Ibiza
Baetica
Lusitania
Oberaden 74
23
Oberaden 74 dalla fornace di Tivissa (Tarragona), Oberaden 74 dalla fornace di Tivissa (Tarragona),
attiva tra la fine del I secolo a. C. e il III secolo d. C. attiva tra la fine del I secolo a. C. e il III secolo d. C.
(Revilla Calvo 1993, fig. 24. 5, p. 76) (Revilla Calvo 1993, fig. 25. 9, p. 77)
Pascual 1A
24
25
Pascual 1B da strati datati al 30-70 d. C. (Augst) Pascual 1B dalla fornace di Tivissa (Tarragona),
(Martin-Kilcher 1994, tav. 96. 2034, vol. 3) attiva tra la fine del I secolo a. C. e il III secolo d. C.
(Revilla Calvo 1993, fig. 9. 7, p. 56)
Dressel 2-4 tarraconese
Gauloise 4 tarraconese dalla fornace d’Oliva (Valencia), Fondi di Gauloise 4 tarraconese da strati di II-metà III secolo d. C.
attiva tra il II e il III secolo d. C. Fornace di Llanfranc (Palafrugell)
(Gisbert 1987, fig. 2. 4, p. 114) (Nolla et al. 1982, fig. 19. 1-2, p. 176)
Dressel 8 tarraconese
28
30
31
Anfora PE-41 dalla fornace di Can Rova de Baix (Ibiza), Anfora PE-41 dalla fornace di Can Rova de Baix (Ibiza),
datata tra il I e il III secolo d. C. datata tra il I e il III secolo d. C.
(Ramon Torres 2007, fig. 2. 41, p. 244) (Ramon Torres 2007, fig. 2. 90, p. 244)
Dressel 2-4 betica
32
Dr. 2-4 betiche dalla fornace di Guadarranque (Cadice) Anse e fondo di Dr. 2-4 betica dalla fornace di Guadarranque (Cadice)
(Beltrán Lloris 1977, fig. 27, p. 131) (Beltrán Lloris 1977, fig. 29, p. 131)
Haltern 70 di età augusteo-claudia
35
Dr. 28 da strati di età flavia (Lione) Dr. 28 da strati datati tra il 240 e il 250 d. C. (Ostia)
(Dangréaux, Desbat 1987-1988, fig. 20. 1, p. 146) Ostia (Ostia I, tav. XL. 549)
Gauloise 4 betica
Dr. 30 betica dalla fornace di Los Matagallares (Granada), Fondi di Dr. 30 betica dalla fornace di Los Matagallares (Granada),
attiva durante il III secolo d. C. attiva durante il III secolo d. C.
(Bernal Casasola 1998, fig. 104. 113, 115, p. 278) (Bernal Casasola 1998, fig. 106. 130-131, p. 280)
Matagallares I
Matagallares I dalla fornace di Los Matagallares (Granada), Matagallares I dalla fornace di Los Matagallares (Granada),
attiva durante il III secolo d. C. attiva durante il III secolo d. C.
(Bernal Casasola 2000, fig. 35. 4, p. 359) (Bernal Casasola 2000, fig. 35. 5, p. 359)
Beltrán 68
Beltrán 68 da strati della prima metà del IV secolo d. C. Beltrán 68 dal relitto di Cabrera III (Maiorca),
Fornace del Puente Melchor, Puerto Real (Cadice) datato poco oltre la metà del III secolo d. C.
(Bernal Casasola 2000, fig. 24. 4, p. 348) (Bernal Casasola 1996, fig. 5. 3, p. 266)
Keay XLI
Centri di produzione: Hispania Baetica (costa mediterranea). Attestata anche una produ-
zione nord africana.
Distribuzione: penisola iberica, scarse attestazioni in Gallia e Italia. Attestata anche una
produzione nord africana
Impasto: sono documentati vari tipi di impasto, ma quelli più frequenti che caratterizzano tutte le
produzioni della baia di Cadice e di alcune zone della costa mediterranea sono di un colore che varia
dal giallo chiaro (Munsell 2.5Y 8/3, 8/4) al rosa chiaro (Munsell 7.5YR 8/3, 8/4) e al crema chiaro
(Munsell 7.5YR 8/6). In alcuni casi sono attestati anche impasti con tonalità del verde chiaro, bian-
co (Munsell 5Y 7/2, 8/2 e 7/3, 8/3). Il livello di depurazione varia molto e si passa da impasti piutto-
sto depurati con piccolissimi inclusi di colore grigio, grigio chiaro e bianco, a impasti ricchi di inclusi
di piccole e medie dimensioni sempre di colore grigio, grigio chiaro e bianco, con rari inclusi piccoli
di colore rosso. Rara la presenza di inclusi micacei, attestati solo in alcune produzioni. (tav. II. 9-11)
Keay XLI
(García Vargas, Bernal Casasola 2008, Descrizione: corpo piriforme fortemente rastremato verso il basso e direttamente unito alla
fig. 6. 4, p. 671)
spalla ampia e discendente. Il collo è basso e stretto con pareti più spesso concave e svasate,
ma talvolta anche leggermente convesse. L’orlo si presenta sia troncoconico con le pareti rivolte
verso l’interno, sia a sezione triangolare. Le anse, impostate sotto il collo e sulla spalla, sono a
sezione ellittica e schiacciate nella parte centrale esterna.
Datazione: terzo quarto del III-metà V secolo d. C.
41
Contenuto: vino.
Keay XLI dalla Fornace di Los Barreros (Granada), Keay XLI da strati di IV-V secolo d. C.
attiva tra il III e l’inizio del V secolo d. C. Fornace di Torrox (Málaga)
(Bernal Casasola 2000, fig. 6. 21, p. 330) (Serrano Ramos 2004, fig. 25, p. 185)
Dressel 20
44
Keay XIII C-D da strati di metà V secolo d. C. (Tarracona) Keay XIII C-D da strati di metà V secolo d. C. (Tarracona)
(Remolà Vallverdú 2000, fig. 58. 1, p. 181) (Remolà Vallverdú 2000, fig. 58. 6, p. 181)
Keay XIII C-D da strati di metà V secolo d. C. (Tarracona) Keay XIII C-D da strati di metà V secolo d. C. (Tarracona)
(Remolà Vallverdú 2000, fig. 58. 7, p. 181) (Remolà Vallverdú 2000, fig. 60. 5, p. 183)
Dressel 21-22 betica
45
Dr. 12 da strati di età flavia. Dr. 12 da strati datati tra il II e l’inizio del III secolo d. C.
Fornace di Puente Melhor, Puerto Real (Cadice) Fornace di Puente Melhor, Puerto Real (Cadice)
(García Vargas 1998, fig. 54. 4, p. 372) (García Vargas 1998, fig. 57. 3, p. 375)
Dressel 14
Beltrán IIA da strati datati tra l’80 e il 90 d. C. (Ostia) Beltrán IIA da strati di età flavia (Lione)
(Ostia III, tav. LXXI. 656) (Dangréaux, Desbat 1987-1988, fig. 16. 7, p. 140)
Beltrán IIB
Keay XVI da strati di fine III secolo d. C. Keay XVI da strati di III-IV secolo d. C.
Fornace di Hospital de las Cinco Llagas (Siviglia) Fornace di Puente Melchor, Puerto Real (Cadice)
(García Vargas 2000b, fig. 6. 3, p. 259) (Bernal Casasola 2000, fig. 2. 3, p. 326)
Keay XIX/Almagro 51A-B betica
Dr. 28 lusitana dalla fornace Descrizione: contenitore morfologicamente simile alla Dr. 28 (supra p. 36) betica e di cui non
del Pinheiro (Alcácero do Sal) si conoscono ancora esemplari integri, E’ possibile supporre che si tratti di un contenitore con
(ricostruzione ipotetica) corpo a trottola a fondo piatto. Gli unici esemplari noti (fornace del Pinheiro, Alcácer do Sal)
(Fabião 2008, fig. 11, p. 737) sono conservati solo nella parte superiore e sono caratterizzati da un collo cilindrico con pareti
concave e svasate, orlo con due gradini marcati e molto vicini l’uno all’altro. Le anse, brevi e
con andamento circolare, sono a fascia e molto schiacciate, con numerosi leggeri solchi longitu-
dinali; le anse sono impostate subito sotto l’orlo e sulla spalla.
Datazione: seconda metà II-inizi IV secolo?
Contenuto: vino?
61
Centri di produzione: Hispania Lusitania (valle del Tago e del Sado, Algarve).
Distribuzione: penisola iberica, Gallia e Italia, in misura minore nord Africa e Mediterraneo
orientale.
Impasto: colore rosso chiaro e arancione (Munsell 2.5YR 6/4, 6/6, 6/8), che talvolta presenta in
sezione diverse tonalità di colori che variano dall’arancione al grigio chiaro. Sono documentati
differenti gradi di depurazione, con impasti spesso caratterizzati da numerosi inclusi di pic-
cole e medie dimensioni di colore bianco, grigio chiaro e scuro, con rari inclusi rossi e di colore
marrone chiaro. Ben visibili anche numerose scaglie di mica brillante, talvolta di colore dorato
(tav. II. 14).
Descrizione: corpo di forma ellittica (l’altezza totale è compresa tra i 60 e i 70 cm. ca. negli
esemplari più antichi, fino a 110 cm. negli esemplari di I-II secolo d. C.), con corte spalle molto
discendenti su cui è impostato un alto e largo collo troncoconico con pareti leggermente con-
cave e svasate. L’orlo negli esemplari più antichi è a fascia e svasato (variante A, cfr. Mayet,
Tavares Da Silva 2002, pp. 100-103), in quelli più recenti tende a diventare semplicemente
ingrossato, con un labbro che si può presentare arrotondato o appuntito e svasato (varianti B
e C, cfr. Mayet, Tavares Da Silva 2002, pp. 103-108). Negli esemplari più recenti l’orlo diventa
nella maggior parte dei casi più appuntito e svasato (variante tarda, cfr. Mayet, Tavares Da
Silva 2002, pp. 171-173). Le anse, a sezione ellittica, sono impostate sotto l’orlo e sulla spalla e
Dr. 14 similis da Porto dos Cacos (valle del Tago) 63
presentano spesso, nella parte esterna, un solco longitudinale. Il fondo è di grandi dimensioni,
(Panella 2001, tav. 18. 132, p. 268)
vuoto e di forma troncoconica, con un puntale arrotondato. Spesso nella parte interna del fondo
è visibile un grumo di argilla.
Datazione: la variante A è datata tra l’età augustea e l’età giulio/claudia; la variante B è da-
tata entro il I secolo d. C.; la variante C è caratteristica del II secolo d. C.; la variante tarda è
datata tra la fine del II e l’inizio del III secolo d. C.
Contenuto: vino.
Dr. 14 similis variante C da strati di I-II secolo d. C. Dr. 14 similis tarda da strati di metà I-III secolo d. C.
Fornace de la Garrocheira (Benavuente) Fornace del Pinheiro (Alcácer Do Sal)
(Amaro 1990, fig. 11. 2, pag. 95) (Mayet et al. 1996, fig. 47. 136, p. 108)
Almagro 50
Centri di produzione: Hispania Lusitania (valle del Tago e del Sado, Algarve).
Distribuzione: penisola iberica, Gallia e Italia, in misura minore nord Africa.
Impasto: colore rosso chiaro e arancione (Munsell 2.5YR 6/4, 6/6, 6/8), che talvolta presenta in
sezione diverse tonalità di colori che variano dall’arancione al grigio chiaro. Sono documentati
differenti gradi di depurazione, con impasti spesso caratterizzati da numerosi inclusi di picco-
lissime, piccole e medie dimensioni (talvolta anche grandi, ma più rari) di colore bianco, grigio
chiaro e scuro, rosso e marrone chiaro. Ben visibili anche numerose piccolissime e piccole sca-
glie di mica brillante (rare quelle di medie e grandi dimensioni), talvolta di colore dorato.
Descrizione: corpo di forma ellittica o cilindrica con la parte bassa più espansa (l’altezza totale
è compresa tra gli 85 e i 90 cm. ca.), ampia spalla discendente, corto collo cilindrico o troncoconi-
co. Orlo svasato e ingrossato, a sezione triangolare. Le anse, corte e con andamento curvilineo,
Almagro 50 dal relitto di Cabrera III (Maiorca) hanno una sezione circolare o ovoidale, e sono impostate sull’orlo e sulla spalla. Il fondo, a sezio-
(Panella 2001, tav. 18. 134, p. 268) ne conica, è piccolo, generalmente vuoto e con un puntale ingrossato e a sezione triangolare.
Datazione: III-IV secolo d. C.
Contenuto: salse di pesce.
64
Almagro 50 da strati di III-inizi V secolo d. C. Fondi di Almagro 50 da strati della seconda metà II-prima metà IV secolo d. C.
Fornace di Porto dos Cacos (Alcochete) Fornace di Quinta do Rouxinol (Seixal)
(J. M. Cordeiro Raposo 1990, fig. 37. 83, p.151) (A. L. C. Duarte 1990, fig. 18. 10-11, p. 113)
Almagro 51A-B
Centri di produzione: Hispania Lusitania (valle del Tago e del Sado, Algarve).
Distribuzione: penisola iberica, Gallia e Italia, in misura minore nord Africa.
Impasto: colore rosso chiaro e arancione (Munsell 2.5YR 6/4, 6/6, 6/8), che talvolta presenta
in sezione diverse tonalità di colori che variano dall’arancione al grigio chiaro. Sono documen-
tati differenti gradi di depurazione, con impasti spesso caratterizzati da numerosi inclusi di
piccolissime, piccole e medie dimensioni (talvolta anche grandi, ma più rari) di colore bianco,
grigio chiaro e scuro, rosso e marrone chiaro. Ben visibili anche numerose piccolissime e piccole
scaglie di mica brillante (rare quelle di medie e grandi dimensioni), talvolta di colore dorato
(tav. II. 15).
Descrizione: corpo piriforme (l’altezza totale è compresa tra gli 80 e i 90 cm. ca.), con spalla
che in alcuni esemplari si presenta ampia e arrotondata, mentre in altri casi corta e discen-
dente. Il collo, basso e stretto e di forma troncoconica o cilindrica, è ben separato dal corpo.
L’orlo è a doppio gradino, dove il primo gradino più basso è arrotondato, mentre il secondo, in
Almagro 51A-B dal relitto
corrispondenza del labbro, è leggermente estroflesso. Nella parte interna dell’orlo è presente un
di Sud Lavezzi 1 (Corsica)
(Panella 2001, tav. 19.136, p. 269) gradino piuttosto marcato. Le anse, a sezione circolare o poco schiacciate, sono impostate sotto
l’orlo (in alcuni esemplari sono impostate nella parte bassa dell’orlo) e sulla spalla. Il fondo è in
molti casi pieno e a sezione conica, con il puntale arrotondato.
Datazione: III-V secolo d. C. 65
Contenuto: salse di pesce.
Almagro 51A-B da strati della seconda metà del IV secolo d. C. Almagro 51A-B da strati della seconda metà del IV secolo d. C.
Fornace di Martinhal (Sagres) Fornace di Martinhal (Sagres)
(Tavares da Silva et al. 1990, fig. 74. 1, p. 244) (Tavares da Silva et al. 1990, fig. 74. 6, p. 244)
Almagro 51A-B da strati datati tra la fine del III Fondi di Almagro 51A-B da strati della seconda metà del IV secolo d. C.
e la metà del V secolo d. C. (Tarragona) Fornace di Martinhal (Sagres)
(Remolà Vallverdú 2000, fig. 62. 2, p. 186) (Tavares da Silva et al. 1990, fig. 74. 7-8, p. 244)
Almagro 51C
Centri di produzione: Hispania Lusitania (valle del Tago e del Sado, Algarve).
Distribuzione: penisola iberica, Gallia e Italia, in misura minore nord Africa.
Impasto: colore rosso chiaro e arancione (Munsell 2.5YR 6/4, 6/6, 6/8), che talvolta presenta in
sezione diverse tonalità di colori che variano dall’arancione al grigio chiaro. Sono documentati
differenti gradi di depurazione, con impasti spesso caratterizzati da numerosi inclusi di
piccolissime, piccole e medie dimensioni (talvolta anche grandi, ma più rari) di colore bianco,
grigio chiaro e scuro, rosso e marrone chiaro. Ben visibili anche numerose piccolissime e piccole
scaglie di mica brillante (rare quelle di medie e grandi dimensioni), talvolta di colore dorato
(tav. II. 16).
Descrizione: contenitore la cui morfologia varia sensibilmente nel corso dei secoli. Il tipo
più antico, denominato variante A (probabilmente da assimilare alla Lusitana 3/Gauloise
4 lusitana, (supra p. 62), è caratterizzato da un corpo ovoidale (l’altezza totale è compresa
tra i 55 e i 60 cm. ca.), con un corto e stretto collo troncoconico. L’orlo è a fascia verticale o
Almagro 51C da Augst leggermente convessa, con un gradino interno che lo separa dal collo. La variante B ha un corpo
(Martin Kilcher 1994, tav. 233. 5358, vol. 3)
piriforme (l’altezza totale è compresa tra i 65 e il 70 cm. ca.), con un collo corto e stretto e dalle
pareti concave. L’orlo è a sezione triangolare con labbro esternamente appuntito e talvolta
poco pendente. La variante C ha un corpo piriforme (l’altezza totale è di 75 cm. ca.), collo più
66 alto delle varianti precedenti, ma sempre stretto e con pareti concave. L’orlo è a fascia, ma
con un labbro pendente. In tutti i casi le anse sono a fascia, schiacciate e impostate sull’orlo e
sulla spalla. Il fondo è piccolo, vuoto e cilindrico, ma in alcuni esemplari è conico, con funtale
arrotondato.
Datazione: la variante A è datata tra la fine del II e l’inizio del III secolo d. C. La variante B è
datata tra il III e la metà del IV secolo d. C., mentre la variante C è datata tra il IV e la metà
del V secolo d. C.
Contenuto: salse di pesce.
Almagro 51C variante A, da strati datati dalla metà del I al III secolo d. C. Almagro 51C variante B, da strati datati dalla metà del I al III secolo d. C.
Fornace del Pinheiro (Alcácer Do Sal) Fornace del Pinheiro (Alcácer Do Sal)
(Mayet et al. 1996, fig. 49. 152, p. 110) (Mayet et al. 1996, fig. 49. 155, p. 110)
Almagro 51C variante B da strati della seconda metà del IV secolo d. C. Almagro 51C variante C, da strati di IV-metà V secolo d. C.
Fornace di Martinhal (Sagres) Fornace del Pinheiro (Alcácer Do Sal)
(Tavares da Silva et al. 1990, fig. 75. 5, p. 245) (Mayet et al. 1996, fig. 50. 162, p. 111)
Keay LXXVIII/Anfora Sado 1
Anfora tipo Sado 1 var. B Fondi di anfora tipo Sado 1 var. A (a sx.) e var. B (a dx.)
(Étienne, Mayet 2002, fig. 45. 4, p. 150) (Étienne, Mayet 2002, fig. 45. 2 e 6, p. 150)
Tavola esemplificativa di alcuni impasti di contenitori da trasporto iberici
1. Impasto cosiddetto ‘leetano’ (supra, pp. 23-29) 2. Impasto di P-E 25 (supra, p. 30)
68
3. Impasto di Haltern 70 (supra, pp. 33-35) 4. Impasto di Haltern 70 (supra, pp. 33-35)
Tav. I
9. Impasto betico (baia di Cadice e costa mediterranea) (supra, pp. 37-41, 10. Impasto betico (baia di Cadice e costa mediterranea) (supra, pp.
46-56, 59-60) 37-41, 46-56, 59-60)
11. Impasto betico (baia di Cadice e costa mediterranea) (supra, pp. 12. Impasto di Keay XVI/Almagro 50 betica (supra, p. 57)
37-41, 46-56, 59-60) 69
13. Impasto di Keay XIX/Almagro 51A-B betica (supra, p. 58) 14. Impasto di Dressel 14 similis (supra, p. 63)
15. Impasto di Almagro 51A-B (supra, p. 65) 16. Impasto di Almagro 51C (supra, p. 66)
Tav. II
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