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A Milano c’è una piazza intitolata ai santi Pietro e Lino. Per quei curiosi casi voluti dalla
perdita di memoria umana e dai giochi linguistici, il santo da onorare nella piazza dovrebbe in realtà
essere il solo Pietro. La parrocchia che si affacciava in questo sito era infatti detta di S. Pietro ad
linteum (al telo, al lino), tanto da divenire nel corso del Seicento il luogo preferito di ritrovo dei sarti
milanesi che se ne assunsero anche la cura.1 S. Pietro ad linteum dava le spalle al castello di Porta
Pietro Paolo Borrono abitava infatti, almeno a partire dal 1535, proprio in questa parrocchia,
non casualmente così prossima al castello. La sua attività di soldato, spia, sicario, lo portava sovente
fra le mura della fortezza, all’interno della quale egli però non risiedeva. Dalla sua abitazione in S.
Pietro ad linteum Borrono avviò anche la sua attività imprenditoriale in campo tipografico, che
intavolature di liuto e di cembalo. Gli aspetti legati a questa attività, qui presentati per la prima volta
produzione di intavolature della prima metà del secolo in Italia e il volume presentato qui in
1 Su San Pietro ad linteum si veda, per il Seicento, Carlo TORRE, Il Ritratto di Milano […], Milano, Agnelli, 1714/2, p.
204. Ringrazio Dinko Fabris e John Griffiths per avere molto gentilmente discusso con me alcuni punti relativi a questa
introduzione, e Ivano Zanenghi per aver con grande gentilezza agevolato il mio lavoro presso la Biblioteca Nazionale
Marciana di Venezia.
facsimile è in tal senso testimone prezioso e fino ad oggi in pratica negletto. Ma procediamo con
ordine.2
La biografia di Pietro Paolo Borrono (1494 ca.- post 1564) è stata indagata da Alessandra
Bollini, che ha reso la figura del liutista meno evanescente rispetto a quella che risultava dallo stato
degli studi precedente agli anni ’80 del secolo scorso. Bollini ha chiarito che la vera attività di
Borrono fu quella del soldato, come già era possibile intuire da alcune missive scritte da Annibal
Caro per conto di Alessandro Farnese, all’interno delle quali si denunciava l’organizzazione di un
attentato contro il cardinale stesso, pianificato proprio dal nostro liutista per conto del governatore
di Milano Ferrante Gonzaga.3 Nessuna notizia riguardante i primi trent’anni del Cinquecento era
però venuta alla luce. Le prime tracce, di difficile lettura, rilevavano la sua presenza in Francia dal
1531 al 1534, come valet de chambre di Francesco I. Nei registri di pagamento compare infatti un
«Pierre Paul dit l’Italien», responsabile anche della sorveglianza di alcuni cantieri reali: troppo
poco, credo, per poterlo identificare proprio con il nostro Pietro Paolo.4 Tre lettere autografe di
Pietro Paolo Borrono da me rinvenute nel corso di un lavoro di ricerca su Francesco Canova vedono
il nostro liutista già in contatto, anche se con modalità molto ambigue, con il castellano
Massimiliano Stampa e con il duca di Milano Francesco II Sforza il giorno 8 settembre 1531. Egli
dichiara in realtà di non avere «alcuna famigliarità con vostra Illustrissima signoria» ma dopo poche
righe rivela di avere scritto al duca per aver saputo da un certo Francesco da Lodi che «non passaria
uno mexo che vostra excellentia darìa del culo in terra». La faccenda è piuttosto complessa e si
iscrive probabilmente nella grave vicenda che vide coinvolto Giovanni Alberto Maraviglia, scudiero
2 Archivio di Stato di Milano (d’ora in avanti ASM), Fondo Notarile, cartella 8321. Si veda anche Arnaldo GANDA,
Giovanni Antonio Castiglione e la stampa musicale a Milano, «La Bibliofilia», C (1998), nn. 2-3, pp. 301-324: 317-
319, che per primo ha pubblicato il documento. La trascrizione dell’intera imbreviatura è inserita nell’appendice A.
3 Sulla biografia di Borrono il resoconto più completo si deve ad Alessandra BOLLINI, Pietro Paolo Borrono e l’attività
liutistica a Milano dal 1450 al 1550, tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, anno accademico 1983-84, 2 voll.
4 Si veda Alessandra BOLLINI, Pietro Paolo Borrono cit., passim e anche EAD., L’attività liutistica a Milano dal 1450 al
1550: nuovi documenti, «Rivista Italiana di Musicologia» XXI (1986), pp. 51-52; si veda inoltre Michel BRENET, Notes
sur l’histoire du luth en France, Torino, Bocca, 1899, pp. 9-10.
di Francesco I Valois re di Francia, a Milano.5 Le lettere furono scritte da Mantova, e in una
Borrono afferma di volersi trasferire a Ferrara. Ma nessuna traccia è emersa per il momento dagli
incartamenti giunti da quella città. Non possiamo comunque affermare con certezza che si tratti
proprio del nostro Pietro Paolo Borrono, anche se l’interesse per questioni di spionaggio ci fanno
ritenere che vi siano buoni motivi per credere che si tratti della stessa persona. Se si accetta questa
ipotesi e si vuole che collimi con quella che vede Pietro Paolo trasferito in Francia fra il 1531 e il
1534, bisognerà pensare che il liutista-soldato si sia recato oltralpe negli ultimi mesi del 1531,
subito dopo gli accadimenti mantovani. Rimane però da spiegare il ribaltamento di fedeltà dalla
corona di Francia a quella imperiale, che Borrono avrebbe dovuto attuare al ritorno in patria: qui la
sua carriera si svolse sotto la tutela dei governatori milanesi, certamente lontani dal re
cristianissimo. Ma tali voltagabbana non erano certo infrequenti, ed inoltre conosciamo ancora
troppo poco della vita di Borrono per poterne delineare i contorni con una certa sicurezza. Nel mese
di maggio del 1536 vede la luce a Milano una importante antologia di intavolature per liuto,
stampata dal tipografo Giovanni Antonio Castiglione: Borrono è il grande protagonista di questa
raccolta, che lo vede compagno di Francesco da Milano, Marco dall’Aquila, Alberto da Mantova –
le tre corone del liuto italiano – e di Joan Jacobo Albutio, liutista e violista milanese.6 Praticamente
nessuna notizia era sinora nota circa la preparazione di questo volume. Ora sappiamo che essa
rappresentò, lo possiamo dire con sicurezza, l’inizio dell’attività imprenditoriale di Borrono, che
portò il suo sodalizio con Castiglione a preparare anche il volume del 1548 oggetto del nostro
facsimile.
Gli studi sulle fonti della musica a stampa per liuto della prima metà del Cinquecento si
sono concentrati soprattutto sulla grande produzione dei torchi veneziani, ponendola al centro di
5 Le lettere sono conservate in ASM, Fondo Sforzesco, cart. 1014 e trascritte nella mia tesi Francesco Canova da
Milano (1497-1543), Università degli Studi di Milano, anno accademico 1996-97, pp. 102-106. Sulle vicende
riguardanti la morte di Maraviglia si legga Federico CHABOD, Lo Stato e la vita religiosa a Milano nell’epoca di Carlo
V, Torino, Einaudi, 1971, pp. 29-33.
6 Howard MAYER BROWN, Instrumental Music Printed before 1600. A Bibliograph, Cambridge Mass., Harvard
University Press, 1979/3, (d’ora in avanti BROWN); l’antologia è qui segnata 1536/9.
quasi tutte le attenzioni. Dopo l’eccezionale stagione dominata da Petrucci, la notevole quantità di
sillogi prodotte nella città della laguna a partire dal 1536 e soprattutto dal 1546 cela però in modo
anche fin troppo evidente una scarsa affidabilità testuale, una rapidità di esecuzione a volte sospetta,
un repertorio che appare sovente plagiato da altre edizioni. È il caso del libro pubblicato da
Marcolini nel 1536 contenente musiche di Francesco da Milano, dei volumi comparsi nel 1547
copiati direttamente da una stampa doriciana curata da Perino Fiorentino e apparsa a Roma nel
1546, e almeno dell’intavolatura comparsa presso Scotto nel 1548, plagio dell’edizione da cui è
tratto il nostro facsimile: ho ragioni per ritenere che almeno un’altra stampa veneziana sia stata
ripresa direttamente da una fonte milanese oggi persa, come cercherò di dimostrare in seguito.7
Questo ragionamento vale in modo particolare per la situazione dei testimoni che riguardano le
musiche di Francesco da Milano e di Pietro Paolo Borrono. Vediamo ora, sulla base di nuovi
documenti, quale fu il ruolo svolto da Borrono a Milano nella raccolta e nella diffusione delle
Il 31 maggio 1535 il musicista si recò presso il notaio Pietro Paolo Crevenna, in compagnia
di Rainaldo d’Adda e di Giovanni Antonio Castiglione, per costituire una società al fine di stampare
intavolature di liuto, di canto e liuto e di clavacino sive clavicordio.8 L’accordo, progettato per una
durata decennale, prevedeva un investimento iniziale da parte di Rainaldo d’Adda che non solo
doveva provvedere alle spese vive della carta, ma anche pagare il lavoro di Castiglione e l’affitto di
7 Si veda l’introduzione al volume di FRANCESCO DA MILANO, Intabolatura da Leuto, a cura di chi scrive, Bologna,
Arnaldo Forni Editore, 2000. Per la fonte curata da Perino Fiorentino si veda Perino FIORENTINO, Opere per liuto, a
cura di Mirco Caffagni e Franco Pavan, Bologna, Ut Orpheus Edizioni, 1996 e Richard K. FALKENSTEIN, The Lute
Works of Pierino degli Organi, Buffalo, M. A. Thesis, 1987.
8 ASM, Fondo Notarile, cart. 8321 e A. GANDA, Giovanni Antonio Castiglione cit., pp. 317-319. Borrono aveva come
esempio in Europa soprattutto l’attività del tipografo parigino Pierre Attaignant. Si noti che Rainaldo d’Adda non va
identificato, come da me erroneamente segnalato nell’introduzione del facsimile citato alla nota 7, con il «banchiere et
mercadante melanese» figlio di Pagano, che ottenne l’appalto per la pulitura dei navigli, ma con il figlio di Pietro. Egli
era residente a Porta Ticinese, ed era in stretto contatto con Giovanni Antonio Castiglione, tanto da essere anche
testimone di un pagamento di un affitto dovuto a Gian Maria Villa da quest’ultimo nel novembre del 1535. Si veda A.
GANDA, Giovanni Antonio Castiglione cit., p. 303.
nuovi locali dove installare il torchio che avrebbe lavorato per produrre stampe musicali, in
ambienti dunque diversi rispetto a quelli della consueta sede della tipografia di Castiglione.9 Il ruolo
insieme a Rainaldo d’Adda il buon andamento del lavoro. Al torchio destinato alla stampa delle
intavolature potevano avere accesso i soli d’Adda, Borrono, Castiglione e il nipote appena
dodicenne di quest’ultimo, Gerolamo Corsico; al tipografo era fatto divieto assoluto di stampare
intavolature per altri committenti o di svelare le tecniche di stampa utilizzate a tal fine. Per ogni
imperiali) per ogni risma di cinquecento fogli: dal momento che Castiglione avrebbe ricevuto da
d’Adda 200 lire imperiali si deduce che le risme stampate dal tipografo furono ottanta per ogni
edizione. Una risma era composta da cinquecento fogli, nel cosiddetto formato ‘rezuta’, e dunque i
fogli di forma stampati dovettero essere 40.000.10 Il primo frutto oggi conosciuto di questa
collaborazione fu il noto volume antologico al quale accennavo sopra, pubblicato a Milano nel 1536
e recante un colophon risalente al 1 maggio. La distanza di un anno dalla stesura del contratto non
deve sorprendere, anche in confronto con altre opere stampate da Castiglione e da altri tipografi a
lui contemporanei.11 Non è inoltre implausibile che fossero state pubblicate allo stesso tempo altre
edizioni oggi non conosciute. Il volume antologico è a noi assai noto grazie anche ad un facsimile
9 Sull’attività di Castiglione si veda lo studio di K. M. STEVENS, Liturgical Publishing in mid Sixteenth-Century Milan:
The Contracts for the Breviarium Humiliatorium (1548) and the Breviarium Ambrosianum (1557), «La Bibliofilia»,
XCIX, 1997, pp. 11-134. Anche E. SANDAL, L’arte della stampa a Milano nell’età di Carlo V, Baden-Baden, V.
Koerner, 1988, pp. 16-17, che però curiosamente non crede alla possibilità che il nostro volume sia stato edito da
Castiglione.
10 In ragione del numero delle carte che compongono il volume, i libri stampati dovrebbero essere 2500, un numero
piuttosto consistente rispetto ad altre opere delle quali conosciamo la consistenza della tiratura.
11 Si vedano l’articolo citato di K. M. STEVENS, passim, e soprattutto il saggio di John GRIFFITHS e Warren E.
HULTBERG, Santa Maria and the Printing of Instrumental Music in Sixteenth-Century Spain, in Livro de Homenagem a
Macario Santiago Kastner, a cura di Maria Fernanda Cidrais Rodrigues-Manuel Morais-Rui Veiera Nery, Lisbon,
[Fundaçao Gulbenkian], 1992, pp. 347-360.
pubblicato a cura di Orlando Cristoforetti già nel 1979.12 La dedica sottoscritta da Rainaldo d’Adda
è rivolta a Battista Visconti, che fu in seguito decurione della città di Milano e che nel 1541 fece
parte di una delegazione inviata ad incontrare Carlo V a Trento.13 Il lavoro di Borrono in qualità di
curatore della raccolta appare del tutto evidente. Egli è il compositore presente con il maggior
numero di composizioni e la sua attività di spia potrebbe aver favorito sia i contatti con Alberto da
Mantova – volendo accettare l’ipotesi che dà Borrono in Francia nel corso degli anni Trenta ciò
risulta ancora più semplice – sia con Marco dall’Aquila, il primo alle dipendenze del re
Milano ebbe modo di trovarsi nel capoluogo lombardo in quel periodo, così come Joan Jacobo
Albutio, e fu quindi più facilmente avvicinabile.14 L’indicazione che l’intavolatura sia stata «con
ogni diligentia corretta» va a mio parere riferita ad un lavoro curato direttamente in fase di stampa –
quindi dallo stesso Borrono – e non a una nuova edizione di un volume precedentemente uscito dai
12 G.A. CASTELIONO, Intabolatura de leuto de diversi autori, Firenze, S.P.E.S., 1979. Sono sopravvissuti tre esemplari
di questa edizione. Uno è conservato a Vienna, Österreichische Nationalbibliothek ed è stata oggetto del facsimile edito
da Spes, uno è presso la Biblioteca del Conservatorio di Musica “L. Cherubini” di Firenze, il terzo è alla Bibliothèque
Nationale di Parigi e reca la segnatura Vm7 6209, misura cm 21.5x15 circa ed è acefalo. Le prime quattro carte sono
infatti sostituite da un frontespizio con la marca tipografica di Pierre Ballard, recante nel verso due brani in intavolatura
francese in accord nouveau. Tale esemplare non riporta filigrana, mentre la qualità della stampa e dei punzoni è
notevolissima. È difficile immaginare dove Castiglione abbia appreso la tecnica di stampare le intavolature. Egli è
infatti il primo tipografo che si cimenta in tale impresa a Milano. Dopo aver sposato Elisabetta Zarotto nel 1504, una
delle tre figlie di Antonio Zarotto, importante tipografo attivo nel tardo Quattrocento milanese, riceve in eredità alla
morte di quest’ultimo nel 1510 una grande quantità e varietà di punzoni. Potrebbe Zarotto aver già pensato, nell’epoca
di Petrucci, di pubblicare libri per liuto? Oppure, e credo più verosimilmente, fu l’intraprendenza di Borrono a fargli
preparare o acquistare i punzoni necessari? Si veda K. M. STEVENS, Liturgical Publishing cit., p. 116. Una copia del
volume stampato da Castiglione nel 1536 apparteneva alle collezioni Herwart. Si veda Marie Louise MARTINEZ-
GÖLLNER, Die Augsburger Bibliothek Herwart und ihre Lautentabulaturen, «Fontes Artis Musicae», XVI (1969), p. 49.
13 Vedi A. GANDA Giovanni Antonio Castiglione cit., p. 307. Resta comunque difficile la sicura identificazione di
questo Battista Visconti: si legga infatti Davide DAOLMI, Don Nicola Vicentino Arcimusico in Milano, Lucca, LIM,
1999, ad indicem.
14 Su Francesco Canova e Milano si vedano, di chi scrive, Francesco Canova and his Family in Milan: New
Biographical Findings, «Journal of the Lute Society of America», XXIV (1991), pp. 1-13 e ‘Ex paupertate evasit’:
Francesco da Milano et sa Famille, in Le Concert des Voix et des Instruments à la Renaissance, a cura di Jean-Michel
Vaccaro, Paris, C.N.R.S., 1995, pp. 361-370.
torchi di Castiglione.15 Non escluderei infine che la silografia posta alla c. 1v, rappresentante un
liutista nell’atto di suonare ritragga proprio Borrono. L’attività editoriale di quest’ultimo e d’Adda
coinvolse già nel giugno del 1535 Mathias Werrecore, maestro di cappella del Duomo, il quale
sottoscrisse un contratto con d’Adda al fine di raccogliere e pubblicare musica vocale. I dividendi
dell’impresa sarebbero stati condivisi anche da Pietro Paolo Borrono, che in qualche modo avrebbe
La vigilia del Natale 1544, Giovanni Antonio Castiglione e Pietro Paolo Borrono si
collaborazione.17 D’Adda non risulta più presente. L’imbreviatura è per noi di grande interesse
perché è senz’altro alla base del volume del quale ci stiamo occupando e che presentiamo in
facsimile. Particolarmente importanti si rivelano essere due capoversi. Nel primo si afferma:
15 Sui correttori di stampa in tipografia si veda l’illuminante studio di J. GRIFFITHS e W. E. HULTBERG, Santa Maria and
the Printing cit. Sono in disaccordo con A. GANDA, Giovanni Antonio Castiglione cit., p. 308, che afferma: «[…] è
probabile che questa edizione sia stata preceduta da un’altra stampata dallo stesso Castiglione. Questo se si considera
che dal 31 maggio 1535 (data dei patti) alla conclusione della stampa (1 maggio dell’anno seguente) erano trascorsi ben
undici mesi». Per l’Arte de tañer fantasia di Santa Maria passarono fra i sedici e i diciassette mesi prima che l’opera
fosse completata; per le Obras di Cabezón addirittura 26 mesi. Meglio andò all’Orphenica Lyra di Fuenllana, stampato
in sei mesi, mentre El Parnasso di Daza fu edito in soli tre mesi. Va rilevato che il contratto fra Castiglione e Girolamo
Torchio per la stampa del Breviarium Humiliatorum (ASM, Fondo Notarile, cart. 11798, 2 aprile 1545) prevedeva la
pubblicazione di 1000 copie nel lasso di otto mesi. Ma il 3 gennaio 1547, nonostante il lavoro non fosse terminato,
Castiglione stilò un contratto con Matteo Besozzo per stampare 500 copie del Messale Ambrosiano (ASM, Fondo
Notarile, cart. 8679).
16 ASM, Fondo Notarile, cart. 8321. Si osservi che Werrecore era figlio di Eligio e viveva nella parrocchia di S. Protaso
ad monacos in porta Cumana. Si trasferì il 14 settembre 1542 nella parrocchia di S. Tommaso in Terramara, dove poi
divenne parroco Nicola Vicentino. Si veda A. GANDA, Giovanni Antonio Castiglione cit., pp. 304-305 e 319-320.
Werrecore si doveva occupare della stampa di Cantus e Moteta, raccogliendo le opere e consegnandole a Rainaldo
d’Adda. Anche questo contratto aveva durata decennale e la previsione di ricavo era di almeno 25 lire per ogni volume
stampato, da dividere in parti uguali fra D’Adda, Borrono e Werrecore.
17 ASM, Fondo Notarile, cart. 8326, e A. GANDA, Giovanni Antonio Castiglione cit., pp. 321-323. L’intera imbreviatura
è trascritta nell’appendice B.
[…] Primo quod predictus magister Iohannes Antonius teneatur et obligatus sit ad omnem ispius Petri Pauli
requisitionem redigere et redigi facere in stampo omnes illas intabulaturas a leuto quas eidem domino Petro Paulo
placuerit et eidem dederit ad stampandum et seu in stampo redigendum. Et hec omnia ad computum librarum quatuor
imperialium pro qualibet risma papiri intabulature stampande ut supra […]
[…] Tertio quod ipse magister Iohannes Antonius nullo modo possit de dictis intabulaturis, tam factis annis presentibus
quam fiendis de cetero nomine ipsius domini Petri Pauli, disponere nec de eis neque consimilibus stampare nec vendere
alicui persone sine speciali licentia predicti domini Petri Pauli in scriptis danda. Et similiter de aliis intabulaturis iam in
stampis redactis sub dicta infrascripta pena aplicanda ut infra, etiam si intabulature predicte fuissent intitulate sub alio
nomine predicti Petri Pauli.[…]
Questo passo indica con chiarezza che l’officina di Castiglione non produsse, prima del
1544, solo il volume antologico del 1536. Non v’è però traccia di questa attività. Analizziamo ora
finalmente l’oggetto del nostro studio, la stampa che fu esito del rinnovato contratto fra il musico e
il tipografo milanesi.
Il volume è oggi conservato come unicum presso la Bibliothèque Nationale di Parigi con la
segnatura Rés. Vmd. 69 e proviene dalla grande collezione privata di Geneviève Thibault, contessa
di Chambure. Esso divenne proprietà dello Stato francese alla morte di quest’ultima; il passaggio fu
annunciato già nel catalogo edito nel 1980 dalla stessa Bibliothèque Nationale, all’interno del quale
era già data la collocazione della silloge. La difficile visibilità che il volume ebbe nel corso del
Novecento non ne permise una corretta collocazione in qualità di testimone primario per la
trasmissione della musica di Francesco Canova e di Pietro Paolo Borrono. Nella monumentale
opera di Brown esso fu infatti catalogato come ristampa di un’edizione veneziana voluta da Scotto
nello stesso anno, opera scorretta e copiata dalla silloge milanese.18 Il libro voluto da Borrono e
18 BROWN: il volume di Scotto è segnato 1548/2, mentre il secondo libro di Castiglione è catalogato 1548/3,
quest’ultimo non è catalogato dal RISM. Il primo chiaro riferimento all’edizione di Castiglione del 1548 che ho
incontrato in antichi repertori è in Filippo PICINELLI, Ateneo de’ Letterati Milanesi, Milano, Francesco Vigone, 1670, p.
197: «Francesco: Fra i nostri virtuosi, che si dilettarono di liuto, uno ne ritrovo, co’l solo nome di Francesco, & per
cognome la patria da Milano. Esso come valente possessore di questo nobile strumento diede alle stampe Intavolatura di
Liuto. Milano 1548 […]». Questa notizia fu ripresa da Johann G. WALTHER, Musicalisches Lexicon, Leipzig, Deer,
1723, p. 257 e da Ernst L. GERBER, Neues historisch-biographisches Lexicon der Tonkunstler, seconda ed., Künhnel,
vol. II, 1812, col. 177. Il volume Musique anciennes, instruments et partitions (XVIe-XVIIe siècles), Paris, Bibliothèque
Nationale, 1980, p. 90, segnala l’acquisizione allo Stato francese del libro, con relativa segnatura. Stranamente però il
volume è indicato come veneziano o milanese, e non come sicuramente milanese. Questa è la prima indicazione della
Casteliono fu comunque conosciuto dagli studiosi, e in particolare fu utilizzato da Arthur J. Ness
per la preparazione della sua fondamentale edizione delle opere di Francesco da Milano; se ne
avvalse inoltre Diana Poulton per gli studi da lei dedicati agli abbellimenti, modalità per la quale il
nostro libro è fonte di primissima importanza.19 Nonostante ciò, esso è stato confuso con altre
edizioni e soprattutto considerato sovente una mera ristampa.20 Esso si configura al contrario come
un elemento cardine della collana intrapresa da Pietro Paolo Borrono in collaborazione con
Castiglione a Milano, collaborazione che si rivela di grande interesse per noi a causa della presenza
musiche. Il volume si compone di 40 carte di 15.0 x 20.5 cm circa (la rifilatura varia lievemente da
carta a carta), non presenta né filigrana né contromarche, possiede tre carte di guardia aggiunte
posteriormente, una coperta di pelle rossa, con titolo abbreviato e data in oro sul dorso e custodia di
origine recente. Il volume è lacunoso, essendo cadute le cc. 6 e 7.21 La silloge, che possiede ben tre
privilegi – del pontefice Paolo III, dell’imperatore Carlo V e del Senato veneziano – fu pubblicato
come Libro Secondo, ad instantia di Giovanni Battista Borrono, che altri non è se non il figlio di
Pietro Paolo. La dedica scritta da Giovanni Battista è rivolta a Hippolito del Mayno, membro di una
importantissima famiglia milanese. Non deve stupire il riferimento all’amore per la musica, per le
silloge come in possesso dello Stato francese. La segnalazione fu subito ripresa da François LESURE, Catalogue de la
musique imprimée avant 1800 dans les bibliothèques publiques de Paris, Paris, Bibliothèque Nationale, 1981, p. 214.
19 Arthur J. NESS, The Lute Music of Francesco Canova da Milano, Cambridge Mass., Harvard University Press, 1970;
Diana POULTON, L’usage des ornements dans la musique de luth de la renaissance, in Le Luth et sa Musique, II, a cura
di Jean-Michel Vaccaro, Paris, C.N.R.S., 1980, pp. 193-202: 194-195. Anche Poulton ritene però che il volume di
Scotto sia antigrafo rispetto a quello di Castiglione. Nell’edizione a cura di Ruggero Chiesa, FRANCESCO DA MILANO,
Opere per liuto, Milano, Suvini Zerboni, 1970, 2 voll., il curatore dichiara di non avere visionato l’intavolatura di
Castiglione nel corso del suo lavoro.
20 Si veda il pur eccellente studio di Dinko FABRIS, Lute Tablature Instructions in Italy: a Survey of the Regole from
1507 to 1759, in Performance on Lute Guitar and Vihuela, a cura di Victor Coelho, Cambridge, Cambridge University
Press, 1997, pp. 16-46, dove l’autore confonde l’edizione del 1546 con quella del 1548, e Daniel HEARTZ, Les
premiéres “instructions” pour le luth, in Le luth et sa musique, a cura di Jean Jacquot, Paris, C.N.R.S., 1980-2, pp. 77-
92: 86, dove l’autore ritiene che la stampa del Libro Secondo sia una riedizione del volume pubblicato a Venezia senza
indicazioni tipografiche nel 1546.
21 I brani contenuti in queste carte sono qui riprodotti in appendice nella versione del volume ‘pirata’ di Scotto.
armi e per i cavalli da parte di Hippolito presente nell’epistola di dedica di Borrono, un amore
probabilmente condiviso con il padre di Giovanni Battista, Pietro Paolo Borrono. Hippolito fu
nipote di uno dei più grandi giuristi milanesi vissuti in epoca sforzesca, Giason del Mayno. La sua
apparizione in un dialogo pubblicato a cura di Gaudenzio Merula nel 1538 lo pone al centro di
interessi antiquari relativi alla città di Milano, in compagnia di personaggi quali Bonaventura
La dicitura di Libro Secondo apposta al frontespizio dell’opera deve farci riflettere. Non è
pensabile infatti che con la dicitura Libro Primo vada inteso il volume pubblicato da Castiglione nel
1536: in quel caso si trattava di una antologia, non di un volume comprendente esclusivamente
opere di Francesco da Milano e Pietro Paolo Borrono. Se diamo uno sguardo alle fonti ci
accorgiamo che un volume pubblicato nel 1546 a Venezia e privo di indicazioni tipografiche è la
spia fondamentale per la nostra indagine.23 Si tratta infatti di una silloge progettata secondo il
medesimo schema del volume del 1548: quasi del tutto eguali sono infatti le regole anteposte alle
fantasie, intavolature di musica vocale – analoga l’iniziativa di inserire abbellimenti nelle danze,
Il frontespizio recita:
22 Su Merula e gli interessi antiquari a Milano si veda Simone ALBONICO, Il ruginoso stile. Poeti e poesia in volgare a
Milano nella prima metà del Cinquecento, Milano, Franco Angeli, 1990.
23 BROWN 1546/8.
24 L’amico e collega Dinko Fabris mi segnala cortesemente che alle medesime conclusioni è giunto il dott. Christophe
DUPRAZ, Musique pour luths (1507-1601). Catalogue raisonné et édition moderne du répertoire pour plusieurs luth
imprimé à la Renaissance. Analyse musicale des mises en tablature de modèles polyphoniques. Thèse préparée sous la
direction de Jean-Michel Vaccaro ( ) et Nicoletta Guidobaldi, presentée et soutenue publiquement le lundi 10 décembre
2001, Université François-Rabelais (Tours), Centre d’études supérieurs de la Renaissance, 2000-2001, vol. I, pp. 61-62,
pur non avendo a disposizione il materiale documentario da noi presentato.
INTABOLATURA // DI LAUTO // DEL DIVINO FRANCESCO DA MILANO, // ET DELL’ECCELLENTE
PIETRO PAULO // Borrono da Milano, nuovamente posta in luce, et con ogni // diligentia corretta, opera nuova, &
tratta di un libro di grande importanza per il catalogo delle opere di Pietro Paolo Borrono e
Francesco da Milano, e fu inserito in una collana, voluta secondo Howard Mayer Brown da Scotto,
che comprendeva anche volumi di Antonio Rotta (Libro Primo), Joan Maria da Crema, (Libro
Terzo), Melchiorre de Barberiis, (Libro Quarto, Quinto e Sesto), Francesco da Milano (Libro
Settimo), Pietro Paolo Borrono (Libro Ottavo, il libro ‘piratato’ dal Libro Secondo di Castiglione),
ancora de Barberiis (Libri Nono e Decimo).26 Questa edizione veneziana del 1546 cela a mio parere
una copia del Libro Primo di Casteliono, nato dal contratto effettuato a Milano alla vigilia di Natale
del 1544 con Pietro Paolo Borrono. Sarebbe inoltre impensabile che Pietro Paolo Borrono
atto il contratto del 1544, un contratto che gli permetteva inoltre di scegliere personalmente le
maggiori. Si delinea così una attività tipografica legata alle produzioni di intavolature nella città di
Milano sino ad oggi pressoché ignorata: il notevole rilievo che essa assume va ricercato anche nel
fatto che le composizioni trasmesse dal volume del 1548 e dal presunto Libro Primo, volume non
pervenutoci ma copiato secondo la mia ipotesi a Venezia, compaiono per la prima volta all’interno
della trasmissione delle fonti. È inoltre piuttosto curioso il fatto che il numero di concordanze
25 La presenza dell’intavolatura a Uppsala potrebbe essere spiegata grazie all’amore di Eric XIV (1533-1577) per il liuto.
Sono segnalati infatti nel 1553 a corte quattro libri per liuto, rilegati «per sua altezza». Si veda, per questa e altre notizie
che riguardano il liuto in terra svedese, Kenneth SPARR, French Lutenists and French Lute-Music in Sweden, in Le luth
cit., II, pp. 59-67.
26 Si confronti in particolare Jane A. BERNSTEIN, Music Printing in Renaissance Venice. The Scotto Press (1539-1572),
Oxford, Oxford University Press, 1998, pp. 348-350. Si veda anche EAD., The Burning Salamander: Assigning a
Printer to Some Sixteenth-Century Music Prints, «Notes» XLII (1986), pp. 483-501, in particolare p. 493, dove la
studiosa si pone la questione della mancanza di un privilegio che copra la pubblicazione del libro.
relativo ai brani stessi sia piuttosto limitato: escludendo la ristampa di Scotto del Libro Secondo,
che peraltro non contiene la Fantasia di Francesco da Milano riportata dalle cc. 32v-34r, e la tarda
ristampa del 1563, le altre fonti che mostrano materiale in comune con il libro pubblicato da
notare però che l’estensore di questo codice non copiò direttamente dalla nostra stampa, ma da
un’altra fonte oggi perduta, assegnando addirittura una delle fantasie ad un fantomatico Francesco
da Parigi, presente anche con altri brani nel codice conservato oggi a L’Aia, al quale vengono
Il colophon del volume del Libro Secondo non precisa in che giorno la stampa sia stata
terminata. Volendo collegare il volume a un contesto politico, non possiamo dimenticare che nella
città lombarda la fine del 1548 fu segnata dall’arrivo di Filippo II, che si sapeva essere stato scelto
dal padre Carlo V per la guida del ducato di Milano, anche se l’investitura non era stata ancora
ufficializzata. Filippo entrò trionfalmente in città il 19 dicembre, ma la sua visita era programmata
già da lungo tempo. Il suo viaggio avrebbe toccato in seguito Trento, Innsbruck, Monaco,
Heidelberg per giungere infine presso la corte paterna a Bruxelles.29 Innumerevoli furono i
festeggiamenti preparati nella città lombarda per accogliere Filippo II; possiamo forse ipotizzare un
collegamento fra questi ultimi e la preparazione della stampa di Castiglione, anche se la stampa
‘pirata’ di Scotto a Venezia, pubblicata nel medesimo anno, rivela la necessità che la stampa
milanese non possa essere stata edita in prossimità del mese di dicembre. Le vicende biografiche di
Pietro Paolo Borrono non sono per quegli anni solidamente documentate. Possediamo un tenue
Merlini da una parte e il nostro liutista e il figlio Giovanni Battista dall’altra. L’imbreviatura
purtroppo è oggi perduta. Nel 1545 i Libri Bannitorum riportano nel giorno 22 aprile il ferimento a
colpi di pugnale di un Giovanni Battista Borrono, che potrebbe forse essere proprio il figlio di
Pietro Paolo, da parte di un certo Marco Antonio. Un altro documento, non datato, è un
salvacondotto firmato dal governatore Alfonso d’Avalos in favore di un Pietro Paolo Borrono,
accusato «di non havere administrato fidelmente le cose de la cesarea Camera». D’Avalos governò
dal 1538 al 1546, quindi la nostra fonte deve essere fatta rientrare in questi anni.30 Ciò che possiamo
immaginare è che Borrono abbia mantenuto un contatto con la famiglia di Francesco Canova,
poiché, come detto, le fantasie del grande liutista pubblicate nei libri editi da Castiglione compaiono
per la prima volta agli occhi del mondo. Il rinnovo del contratto fra il musicista e il tipografo nel
1544 parrebbe confermare questa ipotesi, dato che Francesco era morto appena un anno prima.
Borrono potrebbe avere ricevuto copia degli esemplari stessi delle composizioni del liutista
milanese dal padre Benedetto o dalla vedova Chiara Tizzoni, probabilmente in cambio di denaro,
La Regola per quelli che non sanno la Intavolatura è identica a quella pubblicata nello
scomparso, secondo la nostra ipotesi, Libro Primo, copiato a Venezia nel 1546, tranne che per un
loro realizzazione:
[…] et dove trovereti un circolo in tal forma [manca l’indicazione della forma] se ha ad a mettere duo deta sopra detta
corda et tenere fermo il deto qual è sopra il menor numero: et tirare giù detta corda con il detto qual è sopra il maggior
numero: si che la voce serà come è notato il mancho numero sopra il .2. Tasto ma questo si fa perché il Lauto faccia
maggior dolcezza: però il detto circolo è una Botta sola […]
due parentesi tonde che si aprono e si chiudono intorno ai due numeri interessati, fu probabilmente
la causa del suo mancato utilizzo nelle fonti preparate dalle tipografie. Nel volume del 1546 non
incontriamo nel corso del libro, pur non segnalati dalle parentesi ma semplicemente evidenziati
dall’esubero di valori all’interno della battuta e dalla stretta vicinanza delle cifre. Ma si ricordi che
la stampa veneziana è, secondo la nostra ipotesi, una copia pirata. Borrono lavorò direttamente
ogni circolo indicante l’abbellimento di ogni singola copia. Un lavoro di immani dimensioni,
considerando la notevole quantità di fogli di forma stampati. Egli era consapevole al tempo stesso
che la necessità di migliorare e diversificare il prodotto da lui approntato gli avrebbe consentito di
ottenere guadagni ancor maggiori. L’idea di Borrono e gli stessi brani furono copiati in toto da
Rudolph Wyssenbach nel 1550, che però non diede alcuna ragione del significato dei simboli
utilizzati per evidenziare gli abbellimenti.32 Nella stampa pirata di Scotto del nostro libro la
rozzezza della preparazione si evidenzia anche in questi particolari non trascurabili: assenza totale
dei segni di abbellimento e goffa indicazione del segno di tenuto, indicato anziché con una croce
come in Castiglione-Borrono, con un «1» barrato da un tratto di penna, notazione che crea una
Il volume veneziano di Scotto si presenta unicamente come opera di Pietro Paolo Borrono,
31 Vincenzo Capirola, nell’introduzione alla sua intavolatura di liuto compilata dall’allievo Vidal intorno al 1517, parla
dei mordenti e non delle appoggiature semplici: se ne veda la riproduzione in facsimile Compositione di Messer
Vincenzo Capirola, a cura di Orlando Cristoforetti, Firenze, Spes, 1981, p. 3 del facsimile.
32 Brown 1550/4. Il zurighese avverte nell’introduzione che alcuni procedimenti musicali non si possono spiegare.
INTAVOLATURA // DI LAUTO // DELL’ECCELLENTE PIETRO PAOLO BORRONO // DA MILANO,
NUOVAMENTE POSTA IN LUCE, ET CON OGNI // diligentia corretta, opera perfettissima sopra qualunche [sic]
altra Intavolatura // che da qua indrieto [sic] sia stampata // LIBRO [marca tipografica] OTTAVO // Venetjis apud
di Venezia, con segnatura Musica 1400. Il volume misura circa cm 21 x 15 – anche in questo caso
ordinate dal signum di ciascun registro. Nella seconda carta di guardia troviamo il timbro della
all’indicazione rintracciabile nel catalogo di vendita della biblioteca del collezionista tedesco,
confermandolo così come uno dei precedenti proprietari.33 Per noi è comunque un testimone
prezioso, perché ci permette di integrare le composizioni mancanti nel Libro Secondo a causa della
caduta delle carte 6 e 7. Esse sono riprodotte in appendice, in modo da integrare il contenuto della
quella di Scotto.
In sintesi, possiamo affermare che nel panorama delle pubblicazioni in intavolatura per liuto
della prima metà del Cinquecento si pone ora in primo piano l’attività di Pietro Paolo Borrono,
responsabile e curatore dell’antologia stampata da Castiglione nel 1536; del volume pubblicato
forse nel corso del 1546 a Milano da Castiglione e oggi perduto, antigrafo del libro apparso a
33 Si veda Musikbibliothek Dr. Werner Wolffheim. I. Teil. Textband, Berlin, Martin Breslauer & Leo Liepmannssohn
Antiquariat, 1928, p. 207. Brown aveva segnalato la copia appartenuta a Wolffheim come scomparsa. Si tratta in realtà
della medesima ora presente alla Marciana. Sull’ultima carta del volume possiamo notare il timbro della Biblioteca
Nazionale Marciana e il numero progressivo 99833. Si noti la presenza nel medesimo catalogo di vendita di numerose
altre intavolature, fra le quali anche il «Libro terzo d’intavolatura di chitarone con sue tavole per sonar sopra la parte.
Raccolto dal Sig. Michele Priuli. Nobile Venetiano. Roma 1626. Folio. Cart. I Bl. S. 7-48» di Johannes Hieronimus
Kapsberger, opera in seguito andata perduta. Una copia di questa intavolatura (non sappiamo se si tratti di quella
appartenuta a Wolffheim) è stata ritrovata e venduta all’asta tenuta presso Sotheby’s London il 7 dicembre 2001. Si
veda Tim CRAWFORD, Dis-Intabulations, «Early Music» XXX (2002), p. 136, che conferma anche la presenza di «tavole
per sonare sopra la parte» all’interno del volume.
Venezia nel 1546 stampato probabilmente da Scotto; ed infine del volume apparso nel 1548 (Libro
Secondo) oggetto del nostro facsimile ed immediatamente copiato da Scotto a Venezia. I libri per
canto e liuto e per clavacino sive clavicordio non sono oggi testimoniati, ma non è improbabile, se
Diamo ora uno sguardo alla musica. La presenza degli abbellimenti, utilizzati unicamente
nelle danze ed esclusi dalla fantasie e dalle intavolature di musica vocale, dona «maggior dolcezza»
al liuto anche grazie alla presenza pressoché costante dell’artificio. Nella maggior parte dei casi
croma, semiminima e minima. Un esempio tipico è leggibile alla c. 12r, in corrispondenza del finale
della Pavana novissima detta la Lucretia, dove in successione possiamo trovare tutte le eventualità
ora elencate. Notevole l’uso dell’appoggiatura non preparata su salto ascendente nel corso della
Pavana chiamata la bella Biancha margarita, a c. 16r, a partire dalla casella 18.
Le composizioni su tenori di danza di Borrono confermano la struttura dei brani inseriti già
nell’antologia del 1536, con la successione pavana – saltarello – saltarello – saltarello, comprensiva
di variazioni. L’inventiva ritmica e timbrica del liutista milanese è notevole, come si può ad
esempio notare nel Saltarello secondo posto a c. 5v. Le due fantasie di Borrono contenute nella
accordali che si susseguono. Le composizioni di musica vocale non sono attribuite né a Pietro
rilevato il gusto antiquario nella ripresa di due mottetti di Jean Mouton, e soprattutto che la chanson
Mala Senea non appartiene affatto al repertorio di Josquin (un espediente editoriale per rendere
ancor più appetibile il volume?), come ha dimostrato Howard Mayer Brown.35 Per quanto riguarda
34 The New Grove Dictionary of Music and Musicians, 2. ed, London, Macmillan, 2001.
35 Howard MAYER BROWN, The Importance of Sixteenth-Century Intabulations, in Proceedings of the International
Lute Symposium Utrecht 1986, a cura di Louis Peter Grijp e Willem Mook, Utrecht, STIMU, 1988, pp. 1-29: 4-10, dove
si stabilisce che il brano è in realtà la chanson N’a vous point veu mal assenée di Jean Lebrun.
le composizioni di Francesco da Milano ci troviamo in alcuni casi di fronte a veri e propri
capolavori. Incuriosisce il fatto che almeno due brani prendano spunto da opere vocali: la fantasia
posta a c. 23r dalla nota lauda Si ch’io ti vuo’i lodare,36 e la fantasia a c. 25r dalla chanson di
anonimo Bon jour m’amie, intavolata nel medesimo volume a c. 37r. Non è frequente infatti il
riconoscimento di modelli o soggetti cavati dalla musica vocale nelle opere di Francesco da Milano.
Impressiona però soprattutto la scrittura della prima e dell’ultima fantasia, di grande respiro
Paolo Borrono.
36 Sulla fortuna presso i liutisti di questo soggetto si veda John WARD, A Dowland Miscellany, “Journal of the Lute
Society of America”, X (1977), pp. 32-34.
Appendice A
Appendice B
Appendice C
Appendice D
Le fonti
Stampe
B 1548/2
Intavolatura // di lauto // dell’eccellente Pietro Paolo Borrono // da Milano, nuovamente posta in
luce, et con ogni // diligentia corretta, opera pefettissima sopra qualunche altra intavolatura // che da
qua indrieto sia stampata // Libro Ottavo // Venetijs apud Hieronymum Scotum. // M. D. XLVIII
B1563/3
La // Intabolatura de lauto // dell’eccellente P. Pauolo // Borrono da Milano. // di Saltarelli,
Padouane, Balli, // Fantasie, et Canzon Francese, // Novamente posta in luce. // Con ogni diligentia
ristampata & corretta. // In Vinegia Appresso Girolamo Scotto. // 1563.
B1574/1
Sixt Kargel, Novae, Ele//gantissimae, gallicae, // item et italicae cantilenae […] Getruckt zu
Strassburg durch Bernhard / Jobin. Anno 1574.
Manoscritti
Brus
Bruxelles, Bibliothèque Royale de Belgique, Ms. II. 275
D DO G I 4
Donaueschingen, Fürstlich Fürstenbergische Hofbibliothek, Ms. G I 4
D Mbs 266
München, Bayerische Staatsbibliothek, Mus. Ms. 266
D Mbs 268
München, Bayerische Staatsbibliothek, Mus. Ms. 268
D Mbs 269
München, Bayerische Staatsbibliothek, Mus. Ms. 269
D Mbs 272
München, Bayerische Staatsbibliothek, Mus. Ms. 272
D Mbs 1511d
München, Bayerische Staatsbibliothek, Mus. Ms. 1511d
Edin
Edinburgh, University Library, Ms. Dc. 5.125
F Pn Rés. 429
Paris, Bibliothèque Nationale, Ms. Rés. 429
London
London, British Library, Ms. Hirsch M. 1353
Siena
Den Haag, Gemeente Museum, Ms. 28.B.39