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Dinko Fabris - Antonella Garofalo

POS
Per non ractum. sed genitum,
,>mnia fa<.1a, se<] non genita.
Benché il presente volume sia frutto di lavoro interdisciplinare concepito
ed elaborato a quattro mani, si specifica che Antonella Garofalo ha scritto
il capitolo 1 e redatto la bibliografia mentre Dinko Fabris ha scritto le
• •
restanti parti.
Le principali testimonianze su Purcell ed i documenti biografici sono riportati
direttamente nella traduzione italiana, quando non indicato diversamente, di
Antonella Garofalo. I documenti originali in lingua inglese sono reperibili per
la maggior parte nd volume di Franklin Zimme1111an, Henry Puree!!, 1659-
1695. His Li/e and Times, Philaddphia, University of Philaddphia, 1983.

ISBN 88-8302-184-3

© 1999 L'EPOS Società Editrice


via Dante Alighieri, 25 - 90141 Pale1111u
info@lepos.it - www.lepos.it
te!. 091/6113191-fax 091/6116011
INDICE

9 Introduzione
17 I I TEA1RI DI LONDRA NELL'ETÀ DELLA REsTAURAZIONE

45 II HENRY PURCELL, ''ORGOGLIO E MERAVIGLIA DEL-


L'ETÀ SUA''

69 III ''GLORIA DEL TEMPIO E DELLA SCENA'': LE OPERE


DI PURCELL

69 La musica sacra e celebrativa


71 Services
73 Anthems
83 Le odi e i ''Welcome Songs''
94 Musica strumentale
107 Songs e musica per i teatri di Londra
151 IV UN ''ORFEO BRITANNICO'' TRA FRANCIA E ITALIA

171 V BREVE STORIA DELLA RICEZIONE

185 Catalogo delle opere


197 Bibliografia
205 Discografia
211 Indice dei nomi
INTRODUZIONE

Et penitus toto divisos orbe Britannos


Inghilterra nazione "divisa dal mondo"
(Fantozzi 1639)

Nel giugno 1608 Thomas Coryat, un avventuriero inglese


amico di artisti e letterati, realizzava il suo sogno di visitare
<<la gloriosissima, impareggiabile e verginale>> Venezia.
Recatosi in un teatro veneziano volle porre un confronto con
la tradizione teatrale londinese: 1

Mi recai anche a un teatro della città dove vidi rappresentare una


commedia. La sala è molto misera e sciatta a confronto dei nostri
imponenti teatri d'Inghilterra, né gli attori possono competere con i
nostri per costumi, spettacoli e musica. Qui notai certe cose che non
avevo mai visto prima: per esempio, vidi delle attrici fare le parti di
donna, cosa che non avevo mai visto prima, sebbene abbia sentito
dire che qualche volta ciò sia stato fatto a Londra [... ] Qui gli uomi-
ni non siedono nelle gallerie come si fa da noi a Londra, perché vi
sono appena un paio di piccole gallerie, nelle quali siedono soltanto
le cortigiane; gli uomini siedono tutti giu in platea, ognuno sul suo
sgabello, per il quale pagano una gazzetta [ ... ].

La lontananza è spesso essenziale per comprendere il


proprio ambiente e per apprezzare le proprie tradizioni. I
viaggiatori inglesi, che compivano tra Cinque e Seicento il
''Grand tour'' del continente europeo, furono il tramite indi-

1 Thomas Coryat, Crudities, Londra 1611; trad. it.: Crudezze. Viaggio in


Francia e in Italia. 1608, a cura di F. Marenco e A. Meo, Milano, Longanesi, 1975,
270-272.
10 Henry Puree/l

spensabile per l'introduzione dei principali fermenti innova-


tori nella vita artistica dell'Isola. Allo stesso tempo, i piu rari
viaggiatori che giungevano a Londra dal continente ci rivela-
no quelle caratteristiche di diversità che gli Isolani non
avrebbero potuto, senza confronti, valutare e registrare.
Il Nunzio Carlo Rossetti, conte ferrarese, era partito
ventiquattrenne da Roma il10 giugno del 1639 ed arrivato a
Londra il 28 agosto. La sua presenza faceva seguito a vari
tentativi di Urbano VIII di introdurre suoi agenti in
Inghilterra (il caso piu eclatante erano stati 250 gesuiti "tra-
vestiti"). All'inizio la sua ambasceria, anche grazie all'appog-
gio della regina madre Maria de' Medici, riusd positiva ma
presto fu minacciato di morte dal popolo e dovette fuggire,
travestito da marinaio, con l'aiuto dell'ambasciatore venezia-
no a Londra, nel dicembre dello stesso anno; e già agli inizi
del1640 era a Roma. Lo sguardo di questo visitatore italiano
si posa su una città per noi inedita, registrata nelle annotazio-
ni dettate al proprio segretario Domenico Fantozzi in un
Diario poco conosciuto che descrive l'Inghilterra alla vigilia
della guerra civile, nazione «la quale per la distanza remotis-
sima [ ... ] con molta ragione fu detta disgiunta dal mondo».2
Ecco la sua prima immagine della città nell'agosto 1639:

(137) [... ] Si entrò nella città sopra quel ponte tanto celebrato, che è
tenuto una delle piu belle cose abbia in sé, non pur Londra ma tutta
Inghilterra. Attraversa il Tamigi ed è con arte mirabile fabbricato
tutto di pietra solidamente. Ha 19 archi e vi sono fino a 20 pilastri,
lavorati di pietra quadrata e con fortissime volte si uniscono e si
chiudono fra loro. Ciò che fa piu meraviglia si è la gran quantità di

2 Domenico Fantozzi Panna, Diario del viaggio /atto in Inghilterra nel1639


dal Nunzio Po>ztt/icio Rossetti scritto da Domenico Fantoui Parma pubblicato dal
Pro/ Giuseppe Ferraro, Bologna, Romagnoli, 1885. Si tratta di un ms. di sole 54
carte (mancanti 4 e le tavole che dovevano esserci); il Ferraro lo descrive accurata·
mente, ma trascura di dire dove sia conservato il codicetto: un accenno al "catalogo
Antonelli" ci fil capire che si tratta della Biblioteca Comunale di Ferrara. Il curatore
sostiene che il volumetto dovesse essere dedicato al Cardinal Barberini, ma la "S. V."
a cui è rivolta la narrazione ben potrebbe essere un membro della famiglia
Bentivoglio di Ferrara.
Introduzione Il

gente che vi sta sopra, e la moltiplicità degli edifizi e delle case, onde
lo giudicherei piu un borgo in terra ferma, che un ponte sopra le
acque. Ed altri ebbe ragione di comprenderlo fra le sei cose che in
quest'isola sono ragguardevoli:
Mons./ons, pons, ecclesia, /aemina, lana [. .. ].

(148) [. .. ] Sono gli abitanti ordinariamente alti di statura, muscolosi


e pieni di robustezza. Portano i capelli lunghi e biondi, sono di car-
nagione bianca anziché no, d'aspetto non ingrato, sebbene in questo
le donne eccedono grandemente essendo ordinariamente bellissime.
Sono di aperta e ingenua natura questi popoli, di maniere trattabili e
piacevoli e però da papa Gregorio 6° furono chiamati Angli quasi
Angeli. I gentiluomini o nobili o titolati vestono riccamente e con
politezza, amano la conversazione. Sono cortesi e affabili di costumi,
si dilettano di conviti e di pompe, e sono cosi splendidi e profusi che
non vi è altra nazione che li trapassi. Il mangiare sontuoso fu prima
in Europa trovato da loro [ ... ].
La metropoli del regno è Londra, detta anticamente Londinum, edi-
ficata da Britto prima col nome di Troja, poi ampliata e restaurata
dal suo principe Londo, Londra venne appellata. Fu dai romani
fatta colonia. Per la grandezza del suo sito, per la frequenza de' fore-
stieri, per la moltitudine degli abitanti, per la fertilità del terreno,
per le mercanzie e traffici che vi si fanno, per la abbondanza ed
opportunità di tutto ciò che all'uso umano appartiene, a paragone
con qualunque altra capitale dell'Europa può stare. È bella per le
strade e per la politezza degli edifizi, per il ponte di cui sopra ho
fatto menzione, e soprattutto per l'amenità del sito, essendo posta
dilettosamente sulla riva del fiume Tamigi. Cresce ella poi e si va
ampliando in maniera che in progresso di tempo è per eguagliare e
contrastare della maggioranza con qualunque altra che si trovi oggi
al mondo. Il palazzo del re è posto in Westminster, in luogo dei piu
nominati di Londra [... ].

All'incirca trent'anni piu tardi, nel febbraio 1668, un


altro ecclesiastico italiano, il poligrafo e futuro cardinale
Lorenzo Magalotti, giungeva a Londra in compagnia del
nobile letterato Orazio Falconieri, non in missione diploma-
tica ma nell'ambito di un lungo viaggio di istruzione e di
aggiornamento scientifico. Lo sguardo di Magalotti ci mostra
chiari i segni dei cambiamenti epocali che avevano trasfor-
mato la città e l'intera società inglese, dalla rivoluzione e la
guerra civile alla Restaurazione piagata nei suoi primi anni da
12 Henry Puree/I

terribili calamità naturali, che avevano anche imposto una


nuova identità architetturale ed urbanistica: 3

(107) [ ... ] Londra faceva innanzi l'incendio centotrenta parrocchie,


delle quali ne rimasero abbruciate novantatré. Anime, si fa conto
che ne faccia al presente, secondo calcoli molto aggiustati, trecentot-
tantaquattromila. Case abbruciate, tredicimila; case finite di rifab-
bricare e tornate ad abitarsi, sopra duemila [ ... ]. Il legno, fuori che
per le soffitte, i palchi, li pavimenti, è bandito dalle nuove fabbriche,
le quali si fanno tutte di mattoni e s'adornano con ringhiere di ferro
dipinte di turchino e toccate d'oro. L'architettura è buona e per tutti
v'è obbligo di seguitare appresso a poco un istesso disegno.

Magalotti si trattenne a Londra soltanto due mesi, du-


rante i quali tuttavia riusci a raccogliere una gran quantità di
informazioni sull'organizzazione della vita politica e sociale
dell'Isola, sulla corte e sui sovrani, sulla religione, sulla mora-
le e anche sui divertimenti degli inglesi, soprattutto nei teatri
recentemente riaperti e sempre affollati:

( 108) [ ... Nei caffé di Londra] vi son diverse camere o crocchi di


novellisti, dove si sente quanto c'è e quanto si crede di nuovo, o vero
o falso che sia [ ... ].
Vi son due teatri per le commedie e tre compagnie di commedianti
inglesi. La prima si chiama del re, la seconda del duca, la terza non è
altro che un seminario di giovani, di commedianti che alle volte reci-
tando sui teatri de' maestri s'abilitano alla scena e all'occasioni

3 Il manoscritto originale della Relazione d'Inghilte"a di Magalotti è conser-


vato nell'Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozzi, Serie I, ms. 299, cc. 3-1 I 6v, ed
è stato pubblicato integralmente per la prima volta nell'edizione che qui citiamo:
Lorenzo Magalotti, Relazioni di viaggio in Inghilterra Francia e Svezia, a cura di
Walter Moretti, Bari, Laterza, 1968 (poche varianti ed aggiunte nell'edizione succes-
siva, a cura di Anna Maria Crinò, Firenze, Olschki, 1972). Nel 1821 fu stampata a
Londra, attribuita sempre al Magalotti, una seconda relazione di un viaggio in
Inghilterra compiuto nel 1669 col titolo: Travels o/ Cosmo the third Grand Duke o/
Tuscany, through England during the Reign o/ King Charles the second (1669).
Questo testo (l'unico finora utilizzato dagli studiosi interessati alla musica nella
Restaurazione inglese) è tratto da una copia, oggi alla British Library, di un mano-
scritto secentesco della Biblioteca Laurenziana di Firenze. Ne conft:111,a l'attribuzio-
ne a Magalotti la curatrice dell'edizione italiana: Anna Maria Crinò, Un principe di
Toscana in Inghilte"a e in Irlanda, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1969.
Introduzione 13

entrano nelle due compagnie sopraddette. Queste recitano tutto


l'anno ogni giorno, coltone le domeniche, le quali sono universal-
mente santificate con superstiziose devozioni [ ... ].
La Quaresima non c'è commedia se non quattro volte la settimana:
lunedi, martedi, giovedi e sabato; e la settimana santa non c'è mai.
Nei teatri è gran libertà e conversazione, stando mescolati uomini e
donne e sin ne' palchetti e nello stanzone, dove non si sta altrimenti
che a sedere. Le donne ne vengono mascherate a tentar dell'avven-
ture e spesso riesce il far dell'amicizie. Il concerto de' violini v'è
sempre buonissimo. Tutto l'anno vi si vendon arance di Portogallo,
che quivi si chiaman della China, e d'estate ogni sorte di frutti. Si
recita il giorno, dalle tre fino alle sette.
(109) I bordelli pubblici son molti e tutti sicurissimi [ ... ] Quelle che
si chiaman "taverne" son per lo piu nobilissime e tutte superbamen-
te addobbate, onde le persone di gran qualità, cosi uomini come
donne, non si fanno il minimo scrupolo d'andarvi [ ... ] (110) V'è infi-
nità di bettole da birra dove si vendono molte spezie di bevande del
paese, delle quali ne ho contate fino in trentadue sorte. [ ... ]
Avanti il fuoco v'erano de' giuochi di pallacorda, tutti alla franzese,
ma ora ve ne son quattro essendo gli altri due abbruciati. Il princi-
pale e il piu bello è quello del re dirimpetto al palazzo, con il quale
ha comunicazione per un cavalcavia [ ... ].
In diversi luoghi della città vi sono giuochi di pallottole [ ... ].
(111) Tre spettacoli si rappresentano in Londra per la plebe piu infi-
ma: i gladiatori, la battaglia dei tori e degli orsi, e la battaglia de'
galli, in ciascuno de' quali corrono grandissime scommesse [ ... ]. Gli
orsi e i tori si conducono in un teatro fatto apposta dall'altra parte
della città, cioè di là dal fiume, tutto intorniato di palchetti [ ... ].
( 112) Il luogo per la battaglia de' galli è un piccolo teatro, coperte le
gradinate di stuoia [ ... ].

Con la curiosità scientifica dello studioso piu che col


moralismo dell'uomo di chiesa, Magalotti osserva e descrive
ql1ello che si configura come una generalizzata corsa ai pia-
ceri ed ai divertimenti, in tutte e tre le categorie sociali ingle-
si (<<patrizi, l'ordine equestre e la plebe, che in inglese si
dicono Nobleman, Gentry, Yeoman>>, p. 96), a cominciare dai
cortigiani e dal re in persona. La situazione era degenerata
dopo i primi, comprensibili, entusiasmi per il ritorno del re
Carlo II dal suo esilio francese, nel 1660, che aveva sancito la
fine di quasi vent'anni di guerre civili, tumulti, distruzioni,
torture ed esecuzioni, ma soprattutto il divieto totale di tutte
14 Henry Puree/I

le forme di divertimento pubblico, dagli sports agli spettacoli


teatrali e perfino alle funzioni liturgiche in chiesa con cori e
strumenti. Lo aveva compreso da tempo anche il piu sottile e
cinico osservatore vissuto a Londra in quegli anni, quel
Samuel Pepys il cui Diario (che abbraccia gli anni dal 1659 al
1669) sarebbe divenuto a sua insaputa il piu celebre e pre-
zioso resoconto sulla vita della società inglese della metà del
Seicento. Ecco che cosa scriveva il 30 agosto del 1661: 4

[ ... ] Devo confessare che in questi ultimi tempi mi sono troppo


abbandonato alla vita frivola: troppi teatri, troppi divertimenti, troppe
spese. Tutto questo mi induce a trascurare il lavoro, ed è male. Anche
alla Corte le cose non vanno meglio, troppi vizi, troppa intemperanza,
troppi facili amori. Quale sarà la conseguenza di un tale disordine? Vi
sono anche in giro parecchie malattie strane e mortali [ ... ].

Se questi erano i pensieri di un trentenne di agiata bor-


ghesia, istruito e libertino d'istinto, immaginiamo quello che
gli Yeomen (la 'plebe' per Magalotti), istigati dai Puritani e
dalle continue difficoltà economiche, potevano pensare della
impressionante serie di calamità che scossero Londra negli
anni successivi: l'ira di Dio suscitata appunto dalla perdizione
della nuova Sodoma. Tra il 1665 e il 1666 scoppiò e si diffuse
spietata una delle piu terribili tra le tante epidemie di peste
che avevano flagellato Londra da secoli (l'ultima si era scate-
nata nel 1636). I morti furono calcolati in un quinto della
popolazione che allora contava circa cinquecentomila abitanti.
I superstiti non ebbero il tempo di riprendere le vecchie abitu-
dini, poiché nel settembre del 1666 un terribile incendio
(''The Great Fire'') distrusse in pochi giorni piu di mille abita-
zioni, diffuso virulento dal legno che abbondava nelle costru-
zioni: la Londra cinquecentesca, la Londra dei Tudor non esi-
steva piu. I morti sommati ai morti, i londinesi non si arresero

4 Citiamo dall'unica edizione italiana (parziale) finora disponibile: Il Diario


di Samuel Pepys (1659-69), scelta a cura di Milli Dandolo, Milano, Bompiani, 1941,
65. I testi originali inglesi si possono facilmente rintracciare sotto le date rispettive
nell'edizione critica in 11 volumi: Pepys (1970-1983).
Introduzione 15

ancora a quella che per i predicatori puritani era l'evidenza


della rabbia divina, e con una ammirevole tenacia riaprirono i
teatri, le taverne e tutti i luoghi di divertimento, mentre la città
si apprestava a mutare la sua fisionomia urbanistica con i pro-
getti affidati a Christopher Wren, l'architetto che ha lasciato la
sua fi1111a nella pietra bianca di Portland della cattedrale di St.
Paul e delle tante altre chiese del nuovo centro di Londra.
Non furono solo gli edifici a trovare una nuova dimen-
sione artistica nella Londra della Restaurazione. La smania
dei divertimenti e degli spettacoli era soltanto un aspetto
della reazione a decenni di forzata moralizzazione della vita
pubblica. Con Carlo II, sotto l'apparente superficialità dei
suoi gusti ''alla francese'', si apriva un'epoca splendida per le
scienze e le lettere, l'epoca di Newton e della Royal Society,5
di Milton e di Dryden e che, per la prima volta nella storia
d'Inghilterra, sarebbe stata definita anche da una straordina-
ria personalità di musicista: l'età di Purcell, ovvero <<our
Musical Shakespeare>>.6

5 Alla Royal Society, fondata il 15 luglio 1662, dedica un'acuta descrizione


nel 1673 Giovanni Battista Pacichelli, uno dei pochi italiani che furono invitati a
farne parte (se ne veda un estratto in Viaggiatori del Seicento, a cura di Marziano
Guglielminetti, Torino, UTET, 1967, 668-672). Un ulteriore viaggiatore italiano che
ha lasciato una descrizione dell'Inghilterra è Giovanni Francesco Gemelli Careri,
che scrive nel 1686 alla vigilia della "Gloriosa rivoluzione" (cfr. Viaggi per l'Europa,
1693, estratto ivi, 690-695).
6 Il celebre parallelo Shakespeare-Puree!! fu definito nel tardo Settecento da
Charles Burney: cfr. Richard Luckett, 'Or Rather Our Musical Shakespeare': Charles
Burney's Puree!!, in Music in Eighteenth-Century England, a cura di Christopher
Hogwood e Richard Luckett, Cambridge, Cambridge University Press, 1983, 59-77.
Perfino il classico della storiografia sociale inglese di questo secolo inserisce
"Purcell's Music" tra i principali prodotti della Restoration England: George M.
Trevelyan, English Socia/ History. A Survey o/ Six Centuries ( 1942), London,
Penguin, 1986, 277. Per una chiara ed esauriente introduzione alla storia
d'Inghilterra nel Seicento è sempre valido John P. Kenyon, Stuart England (1978),
London, Penguin, 1987. Per la cultura letteraria, filosofica e scientifica si veda un
altro classico: Basi! Willey, The Seventeenth-Century Background ( 1934 ), London,
Routledge, 1967, di cui esiste anche una traduzione italiana: La cultura inglese del
Seicento e del Settecento, Bologna, Il Mulino, 1975. L'aggiornamento storiografico
sulla prima età della Restaurazione è in John Miller, The Restoration and the
England o/ Charles II, London, Longman, 1997 2.
I

I TEATRI DI LONDRA NELL'ETÀ DELLA


RESTAURAZIONE

Questi nostri attori, come del resto avevo già detto, erano soltanto
degli spiriti, e si sono dissolti nel!' aria sottile. E simile in tutto alla
fabbrica senza fondamento di questa visione, le torri incapucciate di
nubi, gli splendidi palazzi, i sacri templi, lo stesso globo terrestre e
tutto quello che vi si contiene si awieranno al dissolvimento, e al
modo di quello spettacolo senza corpo che avete visto or ora dissol-
versi, non lasceranno dietro di sé nemmeno un solo strascico di
nube. Noi siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, e
la nostra vita breve è circondata dal sonno. (Shakespeare, The
Tempest, IV, 1)

Mentre in Italia le corti di Firenze e di Mantova sperimenta-


vano le prime ''favole in musica'' (Da/ne 1598, Euridice 1600,
Orfeo 1607), che avrebbero aperto il cammino al melodram-
ma secentesco, l'Inghilterra degli ultimi anni di Elisabetta
aveva protetto un teatro ancora di tipo rinascimentale, in cui
il testo (drama) è indipendente dalla messa in scena. Il domi-
natore di questo tipo di teatro è William Shakespeare. Con
Giacomo Stuart, salito sul trono inglese nel 1603, avviene la
prima unione delle due anime del teatro, spettacolo e drama,
nel masque, una forma tipicamente inglese di spettacolo di
corte ''multimediale'', che unisce la recitazione alla danza, alla
musica e al canto. Il teatro inglese dell'età di Shakespeare era
tipicamente metaforico: nella maggior parte dei casi lo spet-
tatore non vedeva realmente sulla scena gli oggetti e le situa-
zioni che gli attori descrivevano accuratamente con parole.
Nei primi decenni del secolo XVII si operò una vera e pro-
pria rivoluzione in questo campo, trasformando la scena tea-
trale in un contenitore metonimico ricco di oggetti di per sé
18 Henry Puree/I

chiari ed espressivi agli occhi del pubblico, senza necessità di


descrizioni verbali. 1
I protagonisti di questa nuova epoca teatrale sono Inigo
Jones e Ben Jonson, i quali si unirono in un sodalizio artistico
irripetibile, durato oltre 30 anni, la cui infelice conclusione fu
definita <<great scenic controversy>>.2 Per Ben Jonson, che era
un drammaturgo, il predominio continuava ad essere del testo,
come per i suoi predecessori, in opposizione a Inigo Jones che,
in quanto architetto, riteneva che il senso del masque si trovasse
nelle sue manifestazioni visive e dunque nella scena.
Non esiste nel Seicento europeo forma di spettacolo
meno legata ad un testo scritto del masque inglese. Secondo
Richard Southern:3
se non ci fossero stati i masque il teatro inglese di oggi sarebbe stato
molto diverso. E la Restaurazione non avrebbe visto la rivoluzione
nella forma e nel palcoscenico dei teatri pubblici, una rivoluzione
che portò una nuova tecnica, nella presentazione del palcoscenico, e
una nuova arte, che la vecchia scuola non cesserà mai di denigrare,
la rivoluzione che portò alla scena mutevole. Venne creato lo "spet-
tacolo teatrale" e il drammaturgo divenne iroso, e la chiamò prosti-
tuzione. La scenografia fa ormai parte dell'"arte del teatro". C'è
ancora all'interno del teatro inglese questa vecchia diatriba le cui
origini si possono rintracciare con la nascita del masque.

I due tipi di teatro, tuttavia, convissero fino al Settecento


'
inoltrato. E difficile trovare alla fine del secolo XVII un tipo di
spettacolo soltanto metaforico o soltanto metonimico. Del resto,
la tradizione metaforica nel teatro inglese, con la descrizione di
oggetti inesistenti o invisibili per il pubblico, non si è spenta del
tutto ancora ai nostri giorni. Il caso piu significativo è rappre-
sentato dall'arte teatrale contemporanea di Peter Brook.4

1 Si legga la distinzione tra metafora e metonimia in Umberto Eco, Semiotica


e filosofia del linguaggio, Torino, Einaudi, 1984, 142ss.; inoltre Cesare Molinari,
L'attore e la recitazione, Bari-Roma, Laterza, 1993, 19-27 (La Meta/ora).
2 Cfr. Southern 1952, cap. 6 (e precedenti per l'origine del masque).
3 Ibidem, 83.
4 Ecco come Brook descrive un momento cruciale dell'immaginazione al ser-
vizio della rappresentazione: <<[ ... ] Posso prendere un qualsiasi spazio vuoto e chia-
I teatri 19

Le convenzioni del play elisabettiano non erano adatte


al masque, né tantomeno lo era il palcoscenico fino ad allora
utilizzato: il teatro della Restaurazione dovette per forza
'
inventare un nuovo proscenio. E stato giustamente osservato
che esiste un curioso parallelismo tra la tradizione storica del
teatro giapponese e quello inglese di quest'epoca: il teatro
elisabettiano ha molto in comune con il teatro Nò, basato
sulla metafora e la descrizione piuttosto che su un apparato
scenico e su oggetti reali. Al contrario, il teatro della Restau-
razione offre un parallelo con la struttura del Kabuki, sfarzo-
sa nei suoi elementi scenografici e visivi. 5
In che cosa consisteva la differenza tra il play e il
masque? Un play era essenzialmente un'opera letteraria, una
creazione poetica con proprie regole: uno spettacolo di tea-
tro parlato in cui gli altri elementi, compresa la musica, sono
importanti ma non indispensabili. Per il masque, invece, la
parte scritta era soltanto l'abbozzo di partenza da utilizzare
per concepire uno spettacolo ogni volta unico e irripetibile,
non contenuto in partenza nel testo: quest'ultimo diventava
una sorta di canovaccio analogamente a quello utilizzato
dalla Commedia dell'Arte continentale.
Sul versante del materiale della rappresentazione, gli
attori costituivano il solo bagaglio realmente indispensabile al
play. C'era naturalmente una importante componente di sug-
gestione sonora (musica di scena), cosf come una già evoluta
utilizzazione della illuminazione per effetti speciali. Era stato
necessario dotare gli attori di uno spazio scenico sopraeleva-
to, in modo tale che potessero essere visti dagli spettatori, e
delimitare con un fondale lo spazio entro il quale l'azione
doveva essere svolta. Al contrario della scena rinascimentale
italiana, basata sul modello di Vitruvio e Serlio, la scena elisa-

marlo palcoscenico vuoto. Un uomo attraversa questo spazio vuoto mentre qualcun
altro lo guarda e questo è tutto ciò di cui ha bisogno perché si inizi un atto teatrale
[ ... ]>>: Peter Brook, The Open Door, trad. it.: La porta aperta, Milano, Anabasi,
1993, 13 (cita una frase dal suo precedente libro Lo spazio vuoto).
5 Cfr. Richard Southern, Theatres and Scenery, in The Revels History o/
Drama in English, l 976, 83-118: 117.
20 I lenry Puree/I

bettiana non proponeva mai delle rappresentazioni pittoriche


ispirate alla località o all'atmosfera della scena rappresentata. 6
Il teatro elisabettiano per eccellenza era stato il mitico Globe
Theatre, il teatro dei capolavori di Shakespeare, dalla celebre
pianta a ''O'' capace di ospitare 3.000 spettatori in piedi e
totalmente sprowisto di scene. 7
Se si considerano questi e gli altri elementi che caratteriz-
zavano gli allestimenti spettacolari elisabettiani, rivelati anche
dall'iconografia, è ovvio che quando si imposero i nuovi
masque secenteschi, una compagnia tradizionale non poteva
piu neppure provare a rappresentare i vecchi e ben noti testi
letterari dei plays in questi nuovi spazi completamente
diversi. 8 Per tale motivo la corte decise di predisporre due tipi
di palcoscenico: uno per i plays e l'altro per i masque.
Se il play è letteratura, il masque assume per sua intrin-
seca natura una dimensione scenica e scenografica: era mero
divertimento di società, non la rappresentazione di una sto-
ria o un dramma storico, ma divertimento principesco, che
solo eccezionalmente valicava le mura delle residenze della
corte. Nonostante il nome derivasse dall'italiano ''maschera-
ta'' e forme analoghe fossero diffuse in tutta Europa durante
il Cinquecento, il masque recuperava antiche tradizioni ingle-
si, divenendo la forma di spettacolo piu originale ed influen-
te originata in Inghilterra.
Nella fase aurea della sua storia, l'epoca elisab~ttiana e
dei primi Stuart, il masque rappresentò il versante inglese di
quelle feste principesche o accademiche che in Italia si deno-
minavano ''veglie'' o ''festini'', in Francia ''ballet de cour''.
Come per le feste delle corti continentali, anche a Londra fu

6 Southern 1952, cap. 6, per la differenza tra play e masque.


7 Erett<J nel 1599, il Globe andò in fiamme nel 1613, ma fu prontamente rico-
struit<J con una sottoscrizione popolare nel 1614, per essere chiuso e demolito defini-
tivamente nel 1(-,44 in accordo con la normativa puritana sui luoghi di spettacolo.
8 In un celebre saggio di Gerald Eades Bentley, Shakespeare and the Black-
/rairs "["heatre, si ipotizza che il palcoscenico dovette mutare ncJtevolmente quando
le compagnie incominciarono a fare rappresentazioni al chiuso (cit. in Southern
1952, 87).
I teatri 21

riassorbita nel ballo e nella pantomima la lunga tradizione


degli spettacoli cavallereschi, giostre e tornei a tema, in parti-
colare i cosiddetti ''trionfi'' (processional triumph). Gli spetta-
coli inglesi riuscirono per alcuni decenni a recepire le novità
che giungevano appunto dai paesi continentali, fino ad intro-
durre una sorta di ''recitativo'' fiorentino o lo schema france-
se del ''ballet à entrées'', oltre alle piu avanzate scenotecniche.
La struttura del masque venne via via complicandosi
durante i primi decenni del Seicento, quando vennero
aggiunti episodi farseschi o grotteschi fuori della storia prin-
cipale, denominati antimasque e lo spettacolo si concludeva
con i revels, la vera e propria festa (dal 1545 era stata addirit-
tura creata a corte la carica ufficiale del Master o/ the revels,
il quale era incaricato anche di organizzare i masque).
Ricaviamo da Walls uno schema tipico delle parti compo-
nenti un Courtly masque dell'epoca di Giacomo I (primi
decenni del Seicento) con le rispettive durate: 9

ore 21 Inizio con musica fragorosa


21,03 Antimasque [canzone]
danza
21,25 Cambio di scena con musica fragorosa
Masque principale:
Introduzione
canzone -> suite di danze
canzone -> suite di danze
[canzone-> suite di danze]
21,45 Festino (Revels)
01,00 [canzone e/o danza conclusiva della festa]

Gli antimasque piacevano cosi tanto per il loro tono farse-


sco ed irreale, che cominciarono a prendere il sopravvento,
ritrovandosene diversi in uno stesso masque: Salmacida Spolia di
Davenant, l'ultimo masque rappresentato prima dell'epoca di

9 Walls 1996, 2-3. Si tratta del piu aggiornato e completo studio sull'elemento
musicale nel masque inglese, anche se limitato ali' epoca degli Stuart. Per notizie gene-
rali su questa f<,tt11a cfr. la voce di Murray Lefkowitz in NG, XI, 757-769, con estesa
bibliografia (in italiano l'analoga voce diJohn Harley in DEUMM-L, III, 65-67).
22 Henry Puree!{

Cromwell, inglobava ben 20 antimasque. Tranne pochi casi, fino


al 1640 i masque erano spettacoli esclusivi della corte, anche se
il loro costo elevato era spesso sostenuto al di fuori della coro-
na: tra i piu attivi patrocinatori, fin dall'epoca di Elisabetta,
erano i quattro Inns of the Court, ovvero le uniche associazioni
legali abilitate all'avviamento alla professione forense, che ave-
vano non soltanto i loro esclusivi luoghi di incontro, ma anche
un responsabile per i festini (Lord o/ Misrule). The Triumph o/
Peace di James Shirley, nel 1634, divenne celebre non soltanto
per essere il piu complesso ed elaborato masque mai realizzato,
ma anche probabilmente il piu costoso: le 21.000 sterline neces-
sarie furono pagate dai quattro Inns riuniti. La cifra appare dav-
vero enor111e se confrontata con il costo del piu sfarzoso teatro
stabile di Londra nel Seicento, il Dorset Garden: circa 9.000
sterline. E tuttavia in tali investimenti di propaganda politica
Londra si allineava con le ingenti spese per gli spettacoli autoce-
lebrativi delle corti di Francia e degli stati italiani. Analogamente
a quanto succedeva, per esempio, nella Firenze dei Medici dove
si univano gli sforzi di letterati come Rinuccini con quelli di sce-
nografi come Buontalenti, i masque della prima età Stuart furo-
no dominati dalla coppiaJonson eJones.
Il primo incontro tra Ben JonsonlO e lnigo Jonesll era
avvenuto nel 1605 per l'allestimento del Masque o/ Blacknesse.
Ne nacque un sodalizio estremamente proficuo che si incrinò

lO BenjaminJonson (1572-1637) fu il maggiore tra i letterati inglesi della gene-


razione post-elisabettiana e l'unico che raccolse in pieno l'eredità di Shakespeare.
Accanto alla produzione letteraria, fondamentali furono i testi da lui composti per
tutti i piu importanti masque realizzati scenicamente da lnigo Jones a partire dal 1605,
tra i quali almeno otto Court masque (cfr. Mary Chan, Music in the Theatre of Ben
Jonson, Oxford, 1980). L'edizione completa dei suoi Works apparve postuma a
Londra nel 1640; l'edizione critica moderna fu curata in 11 volumi da Herford e
Simpson (Oxford 1925-1952). In italiano sono edite solo alcune piu famose comme-
die, come Volpone e L:Alchimista: cfr. Teatro Elisabettiano, a cura di M. Praz, Firenze,
1948 e Teatro di Ben Jonson, a cura di N.E. Condini, Milano, 1988.
l l La figura dell'architetto Inigo Jones (1573-1652) è la piu rilevante per
quanto riguarda gli esordi della scenografia e della macchinistica teatrale in
Inghilterra. Dopo aver compiuto anni di studio in Italia, nell'età cruciale degli esor-
di del melodramma fiorentino, Jones debuttò in Danimarca. Tornato a Londra fu
I teatri 23

soltanto molti anni dopo, nel 1635, quando scoppiò una cla-
morosa controversia tra i due. 12 Fu a questo punto che apparve
un nuovo personaggio nella vita teatrale londinese: Sir William
Davenant.
Gli ultimi e piu ricchi allestimenti di Jones erano tratti da
soggetti (scripts) di Davenant: Britannia Triumphans, Luminalia,
e il piu maestoso di tutti i masque, Salmacidia Spolia (1640). Un
awenimento cruciale, tuttavia, impedi che fin dal quarto decen-
nio del Seicento a Londra si realizzasse l'adeguamento del tea-
tro pubblico a quanto succedeva contemporaneamente in Italia,
dove nel 1637 si era aperto a Venezia il primo teatro d'opera
moderno a gestione impresariale.
I decenni tra il 1642, anno in cui si scatena la guerra
civile, e il 1660 furono i piu tragici della storia moderna
dell'Inghilterra: per la prima volta era stato giustiziato un re,
Carlo I. La crisi politica, religiosa ed economica paralizzò
anche l'attività teatrale, tranne episodici e modesti allesti-
menti registrati dalle cronache di quegli anni. Dopo la paren-
tesi di Cromwell, la monarchia venne restaurata nel 1660, ma
con presupposti di autorità completamente diversi sia dalla
propria storia, sia dalle monarchie continentali. Non erano
passati senza traccia diciotto anni di protettorato, una guerra
civile, l'uccisione del re, le tante condanne ali' esilio, la forza-
ta redistribuzione delle ricchezze. Si riaprirono anche i teatri,
in coincidenza con il rientro in patria di un monarca che
aveva trascorso il suo lungo esilio a Parigi e aveva quindi

ammesso, dopo il 1604, al servizio del principe Henry, oltre che come architetto,
come responsabile dei masque. In quest'ultimo campo esordi nel 1605 in coppia
con Jonson e tale attività prosegui con decine di spettacoli (alcuni anche fuori della
corte, ad esempio ad Oxford nel 1605) fino allo scoppio della Guerra Civile. Le sue
innovazioni furono quasi tutte influenzate dalla maniera italiana: scene mutevoli
attraverso macchine, fondale dipinto inquadrato nell'arco scenico, apparizioni, e
cosi di seguito. Molti dei suoi disegni preparatori sono oggi conservati nella
Biblioteca del Duca di Devonshire a Chatswonh. Perduti i suoi mecenati, durante
l'epoca di Cromwell, J ones mori povero.
12 Edizione moderna: An expostulation, with lnzgo ]ones, in The Poems o/ Ben
Jonson, a cura di B.H. Newdigate, Oxford, Shakespeare Head Press, 1936. La contro-
versia veneva appunto sul primato del testo letterario o dell'apparenza della scena.
24 I lenry Puree/I

potuto ammirare il grande ''théatre à machines'' della corte


di Luigi XIV. La sorte del teatro inglese sarà da quel momen-
to fortemente legata a quella della corte che lo sosteneva:
Carlo II si dimostrò presto un mecenate attivo e interessato.
Dopo un primo periodo di rodaggio, con la nuova chiusura a
causa della peste (dal 1665 al 1667), i teatri londinesi conob-
bero un periodo di grande fermento, durato oltre dieci anni.
Fino al 1680 si rappresentarono infatti le principali opere di
Dryden, Shadwell, Etherege, Wycherly, Behn, Lee, e molte
di Otway. Tuttavia, nuovi segnali di confusione e crisi sociale
erano già presenti verso la fine di quel decennio, anche per
effetto del tentativo di colpo di stato (il ''popish plot'') nel
1678. L'ascesa al trono di un re cattolico, nel 1685, non
migliorò la situazione, favorendo anzi solo tre anni piu tardi
il rovesciamento della monarchia Stuart. Dopo varie crisi per
la successione al trono, che spinsero il paese sul!' orlo di
un'altra guerra civile, soltanto alla fine del Seicento si ebbe
una vera rappacificazione, con l'avvento della nuova dinastia
degli Hannover, trasferitasi in Inghilterra dall'Olanda nel
1694. Sono questi gli avvenimenti storici che costituiscono lo
sfondo degli eventi spettacolari di cui ci occupiamo.
Fin dal 1660 Carlo II aveva concesso due privilegi reali,
per gestire le attività teatrali a Londra. Uno era stato affidato
a Sir Thomas Killigrew, 13 che chiamerà la sua compagnia
''The King's Men'' e la sala ''The Theatre Royal''; l'altro al già
ricordato Sir William Davenant, 14 che istituirà la compagnia

13 Thomas Killigrew (1612-1683), benché avesse già scritto commedie di


successo prima della chiusura dei teatri nel 1642 (soprattutto tragi-commedie come
Claricilla, 1ne Princess o The Parson's Wedding, da Calder6n, ripresa nel 1664 con
un cast di sole donne), divenne celebre come impresario e gestcJre del teatrlJ da lui
fondato come Theatre Royal e poi Drury Lane.
14 La carriera teatrale di William Davenant (1606-1668), nato ed educato ad
Oxford, fu certamente agevolata dalla diffusa opinione ch'egli fosse figlio naturale
di Shakespeare, che in effetti ne fu il padrino di battesimo, in strette relazioni con la
sua famiglia. Fu lui a continuare la tradizione di scrittore teatrale di Ben Jonson,
tanto da essere creato "poeta laureato" nel 1638, fino alla chiusura dei teatri nel
1642. Il suo 'fhe Siege o/ Rhodes del 1656, con musica di cinque diversi compositori,
è consideratlJ il primo vero melodramma inglese, replicato con successo nei primi
I teatri 25

dei Duke's Men, nel Duke's Theatre. Sia Davenant che


Killigrew scelsero di riadattare delle stutture già esistenti, ma
a nessuno venne in mente di riaprire il vecchio Globe, simbo-
lo di un'epoca ormai passata. Killigrew prese la stanza del
Gibbon's Tennis Court, che venne aperta al pubblico nel
novembre 1660 e che ricalcava la struttura dei public playhou-
se elisabettiani, totalmente privi di scenografia. Samuel Pepys
descriveva il 20 novembre 1660 la sala in Vere Street come <<il
piu bel teatro che ci sia mai stato in lnghilterra>>. 15 Inoltre
Killigrew poteva contare su una compagnia di attori esperti,
mentre la compagnia di Davenant era formata da principian-
ti. Davenant inaugurò il suo teatro in Lisle's Tennis Court,
denominato Lincoln's lnn Fields, nel giugno 1661 con una ver-
sione ampliata del suo The Siege o/ Rhodes, precedentemente
rappresentato in casa dell'autore nel 1656 e che era - come si
legge sul frontespizio dell'edizione a stampa del 1656 - una
<<Representation by Art of Prospective in Scenes>>. Il successo
della scelta di Davenant fu enorme. Il solito Pepys, il 4 luglio
1661, aveva annotato di essersi recato a vedere la tragicom-
media di Killigrew Claracilla <<ben recitata dalla King's
Company>>, aggiungendo: <<ma strano vedere questo teatro,
che di solito è cosi affollato, ora vuoto da quando è comincia-
ta l'Opera [di Davenant]>>. 16 L'atteggiamento conservativo di
Killigrew si scontrò con quello fortemente innovativo di
Davenant, e tale situazione innescò una fortissima competi-
zione tra i due teatri al fine di assicurarsi qualche spettatore
in piu dell'altro (dobbiamo considerare che il pubblico totale
londinese non poteva superare comunque il migliaio di

,inni della RL-staurazione. Al contrario di Killigrew, che reclute\ tutti gli attori profes-
sionisti di una certa esperienza per il suo Theatre Royal, Davenant puntò sui giovani
sconosciuti, tra i quali riusci ad individuare sicuri talenti, a cominciare da Betterton,
per il suo teatro di Dorset Garden (ai giovani attori piu tardi dedicò una scuola).
l'urono inoltre i suoi sperimentalismi scenici, accusati dai critici, a creare le nuove
strutture dello spettacolo inglese, a cominciare dai riadattamenti in chiave musicale
dei capolavori di Shakespeare.
15 Pepys, 29 novembre 1660.
16 Pepys, 4 luglicl 1661.
26 flenry Puree/I

paganti). Fu quindi grazie a Davenant che i cambiamenti e le


macchine sceniche riuscirono ad imporsi sulle scene teatrali
nell'Inghilterra della Restaurazione. 17
Il grande favore di pubblico che ebbero gli allestimenti
del teatro gestito da Davenant spinsero anche la compagnia
di Killigrew ad adeguarsi alla nuova moda e ai nuovi gusti
del pubblico. E infatti nel Drury Lane - il nuovo teatro di
Killigrew, inaugurato il 7 maggio 1663 con The Humorous
Lieutenant - era già previsto l'utilizzo delle scenografie. Ma
solo a partire dalla metà degli anni Settanta a Londra si alle-
stirono produzioni spettacolari di tipo continentale, quando
entrambe le compagnie erano ormai trasferite nei loro rispet-
tivi teatri: in Dorset Garden (la Duke's Company) e nel
nuovo Drury Lane (la King's Company).
Il Drury Lane è il piu antico dei teatri di Londra, rima-
sto sostanzialmente identico e sempre in uso dal Seicento
fino ai nostri giorni. Conosciamo il costo totale della costru-
zione (2.400 sterline per un anno di lavori), ed i prezzi dei
biglietti per i differenti posti: dai palchi (4 sterline) alla pla-
tea (2 sterline e 6 d.) alle due file di gallerie (poco piu di 1
sterlina). Come nei principali teatri europei, alle rappresenta-
zioni si univano il gioco d'azzardo, la compagnia femminile
ed il consumo di cibi e bevande: un personaggio di questo
teatro divenuto popolare era ''Orange Moll'', una venditrice
di arance, che aveva pagato ben 100 sterline (piu una tassa di
poco piu di 6 sterline al giorno durante l'apertura del teatro)
per assicurarsi l'esclusiva di vendita all'interno del Drury
Lane per 39 anni. 18 La compagnia superò i tragici eventi del

17 La propensione di Davenant per gli spettacoli à machines era apparsa


chiara fin dai tempi in cui aveva allestito i primi intrattenimenti, nella decade prece-
dente al 1660. Quasi tutti i commentatori della sua epoca sottolineano la sua leader-
ship nell'uso della scena mutevole a teatro: per esempio l'Historia Histrionica,
1'Apolofs di Cibber, e il Roscius Anglicanus.
8 Si tratta di un personaggio realmente esistito, Mary Meggs, una vedova
che abitava nei paraggi dell'attuale Covent Garden, morta nel 1691. La sua attività
doveva essere lucrosa e vi furono molti tentativi di eluderne il privilegio, fino a
I teatri 27

1665-66, ma un incendio semidistrusse il teatro nel gennaio


1672: si persero tutte le scene e i costumi e un attore restò
ucciso. Trasferitosi temporaneamente con la compagnia nei
locali abbandonati del Lisle's Tennis Court, Killigrew riusci
due anni dopo, il 26 marzo 1674, a riaprire, alla presenza del
re e della regina, il nuovo e definitivo Drury Lane, su proget-
to dell'architetto Christopher Wren. Benché costato 4.200
sterline, il teatro non faceva che riprendere e migliorare le
caratteristiche del precedente Drury, senza alcun tentativo di
copiare la vistosa magnificenza del nuovo teatro concorrente
di Davenant, aperto nel 1671, e specializzatosi nella produ-
zione di '' opere in musica''.
Anche il teatro voluto da Davenant (che mori nel 1668
prima di vederlo compiuto) era stato progettato da Wren,
ma costato oltre il doppio del Drury, circa 9.000 sterline,
accumulate con pubblica sottoscrizione. Il Dorset Garden,
sulla riva del Tamigi poco piu a sud di Salisbury Court, si
presentava come una costruzione di una magnificenza mai
vista a Londra, con in bella evidenza le armi del suo protet-
tore, il Duca di York (da cui il nome della compagnia di
Duke's Men). Tra le pieces di maggior successo vi furono
rappresentati gli adattamenti musicali di Macbeth
(Davenant), Tempest (Shadwell) e l'opera di modello france-
se Psyche (Locke), oltre ai lavori di Dryden. 19
Gli ultimi decenni del secolo non furono positivi per la
vita teatrale londinese. Benché fornito dei migliori attori e di
uno scrittore di plays della statura di John Dryden, il Drury
Lane era intanto precipitato in una crisi inarrestabile, che ne
causò una prima chiusura nel 1676 e addirittura lo scioglimen-
to della compagnia nell'aprile 1682. Nel novembre di quell' an-
no, poiché anche il Dorset Garden navigava in pessime acque,

quando l'unione delle due compagnie rivali del Drury e del Dorset, nel 1682, con-
senti la sua sostituzione con una giovane "orange-woman".
19 Le info1111azioni tecniche sul teatro sono riassunte in Robert D. Hume, The
Dr,rset Garden Theatre: A Review o/ Facts and Problems, in "Theatre Notebook",
XXIII/!, 1979 e Radice 1997.
28 l lenry Pure,·/!

le due compagnie rivali decisero di unirsi aprendo una nuova


stagione al Drury Lane, sotto la direzione di Betterton (''The
United Company''). Le cose tuttavia non migliorarono in un'e-
poca in cui, scomparso il grande protettore del teatro della
Restaurazione Carlo II, lo spettacolo londinese manifestava
precocemente la crisi dell'intera società. Dopo la riunificazione
delle compagnie, il Dorset fu praticamente abbandonato, pur
ospitando qualche sporadico tentativo operistico. Nel 1689 fu
ribattezzato Queen's Theatre in onore della nuova regina Mary,
ma ciò non servi a salvarlo dal declino: utilizzato or·111ai soltanto
per spettacoli circensi, scomparve poco dopo il 1706.
Per il persistere della crisi, nel 1690 i discendenti di
Killigrew avevano dovuto vendere il privilegio del Drury Lane
ed il nuovo impresario, Christopher Rich,20 si diede ad ammi-
nistrare in maniera talmente iniqua i guadagni ai danni degli
attori che quasi tutta la compagnia, sotto la guida di Betterton,
abbandonò nel 1695 il teatro, ottenendo dal re Guglielmo III il
privilegio di operare nell'antica sala di Davenant, 01·111ai abban-
donata, a Lincoln's Inn Fields. La personalità di Betterton, uno
dei piu grandi attori della storia dello spettacolo inglese, 21 con-
senti presto al nuovo teatro di eclissare la compagnia superstite
del Drury, guidata dall'attore Powell, fino a che nel 1709 fu riti-
rato a Rich il privilegio ed il Drury Lane fu chiuso.

2 0 Suo figlio John Rich, grande Arlecchino da pantomima col nome di Lun,
fonderà nel 1732 il piu importante teatro di Londra tuttora in vita, il Covent Garden.
21 Thomas Bettert(1n (1635 c.ca-1710) è considerata la figura di attore piu
importante <lei teatro inglese della Restaurazione. Dopo essere stato a bottega da un
libraio, sc(1pert(1 da ragazzo per la sua passione teatrale da Davenant, dopti la morte
di questi assunse nel 167 I la direzione <lella compagnia dei Duke's al Dorset
c;arden, guidando p(1i la compagnia unita al Drury Lane dopo il 1682 e dal 1695 al
Lincoln's Inn Field. Era stimatissimo da tutti i contemporanei, compreso Dryden,
che accettava <li rivedere i suoi testi secondo i suggerimenti di Betterton, e colla-
borò almeno in un caso come librettista con Henry Purcell, in occasione dell'adatta-
mento <li 'f'he Prophctess di Fletcher nel Dioclesian del 1690. In questo elaborato
masque, che ebbe un grande successo, Betterton applicò alcune delle soluzioni sce-
niche dell'opera francese, soprattutto nei meccanismi delle macchinerie, che aveva
conosciuto a Parigi. Sua moglie, Mary Sanderson, è una delle prime grandi attrici
del teatro inglese, resa celebre da una delle repliche di The Siege o/ Rhodes.
I t,·atri 29

Esaminiamo adesso piu da vicino in che cosa consistono


le novità del teatro della Restaurazione rispetto al passato. 22
Innanzi tutto è necessario tenere presenti i condizionamenti
morali del puritanesimo, sia come prolungamento degli editti
ufficiali dell'età di Cromwell, sia come reazione per eccesso
agli stessi. Cambiarono di netto i ruoli dei personaggi femmi-
nili e maschili sulla scena. Quelli maschili degli heroic-plays
vengono esasperati nella loro dimensione eroica tanto da
divenire grotteschi, <<esatto corrispondente - come propone
Cesare Molinari - [... ] della contemporanea comedy o/ man-
ners che, in chiave caricaturale, freddamente constata l'assen-
za di qualsiasi valore morale nella società del tempo>>. 2 3 Una
novità, che costitui un tentativo di attrarre il pubblico da
parte delle compagnie rivali, fu l'apparizione sulle scene delle
attrici donne (fino alla guerra civile le parti femminili in
Inghilterra erano sempre state interpretate da ragazzi).
Questa innovazione scatenò furiosi attacchi da parte dei
moralisti in una Londra già poco incline al teatro e ancora
sostanzialmente condizionata dall'ortodossia puritana. 24 Ma
la figura femminile assunse anche altri significati: sempre piu
numerose erano le tragedie basate su una protagonista donna,
le cosiddette she-tragedies, di autori come Otway e Dryden.
Cambiarono poi gli stessi luoghi fisici che accoglievano
gli spettacoli. Il termine piu corretto per definire tali spazi non

22 Oltre alle voci dei dizionari, la bibliografia di riferimento è: 1/Je London


Stage. 1660-18()(), I; The London Theatre World. 1600-1800; Southern 1952; Nicoll,
I, 1952; Papetti 1979; Powell 1984; I-lume 1976; 'l'he Revels Hzstory o/ Drama in
Engl1sh. In italiano si leggano almeno i contributi sul teatro musicale inglese della
Restaurazione in Opera e musica sacra (1630-1750), Storia della Musica (trad. della
N,·w Ox/rJrd l-fi.1trJry o/ Music, Oxford 1975), V, Milano, Feltrinelli, 1978 e le indica-
zioni bibliografiche in Federico Doglio, 1èatro in Europa. Storia e documenti, II,
Milano, Garzanti, 1988.
23 Cesare Molinari, Storia del teatro, Roma-Bari, Laterza, 1996, 164. Sulla
(,'rJmedy <J/ manners, in italiano, si veda l'ampia intr<lduzione al vecchio ma non
superato volume antologico La c·rJmmedia della Restaurazione, a cura di E. Chinai,
Napoli, ES!, 1958.
2 4 Una delle piu note critiche fu quella di Collier, A Short View o/ the
l111morality and PrrJ/aneness o/ the Englzsh Stage, London, 1698.
30 Henry Puree/I

è quello generico di ''teatri'' bensi quello inglese di ''playhou-


se''. La Londra di Elisabetta era arrivata a contare una quindi-
cina di tali spazi teatrali; quella della Restaurazione si accon-
tentò di due playhouses (per alcuni anni addirittura una sola):
la derivazione di entrambe, prima della edificazione di nuovi
edifici, da riadattamenti di vecchie tennis-court condizionò la
scelta di una forma rettangolare (al posto di quella circolare
dei teatri elisabettiani) con palcoscenico esteso tra le due pare-
ti a contenere le scenografie. Sir Christopher Wren, architetto
simbolo della Londra dopo l'incendio del 1666, oltre al pro-
getto della cattedrale di St. Paul e ai due teatri pubblici, firmò
anche la ristrutturazione della sala di Whitehall in nuova sala
teatrale di corte, sempre rettangolare per l'influenza italiana,
dove furono allestiti i masque della nuova epoca.
Nel secondo Epilogo del suo riadattamento di Tempest
del 1674, Shadwell aveva orgogliosamente scritto: <<We have
Machines to some perfection brought>>. Uno straniero a
Londra, il barone von Schwerin, rimase particola1111t:nte colpito
dagli apparati di quell'allestimento di Tempest che, <<per via dei
mutamenti di scena meritava di essere vista>>. 25 Per arrivare a
questi risultati gli impresari si erano assicurati nuovo personale
specializzato, soprattutto disegnatori, carpentieri, scenografi e
macchinisti: conosciamo i nomi solo di alcuni di questi umili
ma indispensabili artefici. Per esempio lsaac Fuller, che disegnò
le scene nel 1669 per Tyrannic Love di Dryden, guadagnandone
una modesta paga di 335 sterline e 10 scellini. Costumi, musica
e danza contribuivano in maniera decisiva al fascino dei nuovi
spettacoli, ma anche l'illuminotecnica cominciava a creare
nuove suggestioni: 26 si trovano scene di improvvisa oscurità
tanto nella Tempest di Shadwell quanto nella Circe di Davenant,
allestimenti famosi per i loro multipli effetti meccanici.

25 Journal del 4 giugno 1674, cit. in traduzione inglese in The London Stage,
cit., I, 216.
26 I cambi dalla luce all'oscurità furono usati a Londra per la prima volta pro-
prio nella Tempest prodotta al Dorset Garden nella primavera del 1674, cioè poco dopo
il ritorno di Bettenon <la Parigi, con un bagaglio di nuove idee e soluzioni tecniche.
I teatri 31

Il testo letterario rimase comunque l'elemento fondante


per i drammaturghi, che non perdevano occasione per lamen-
tarsi del troppo sfarzo degli allestimenti spettacolari, come
nell'epilogo di Mr Anthony, datato 14 dicembre 1669:27

Dannati drammi che saranno adornati di poderose Scene,


E vuoti discorsi altisonanti saran recitati in enormi Macchine

Un altro problema che gli impresari come Davenant e


Killigrew si trovarono ad affrontare dagli anni Sessanta fu
quello del repertorio dopo la lunga chiusura dei teatri. Una
scelta obbligata fu quella di una spartizione, tra le compagnie,
del repertorio shakespeariano, un classico di sicura presa sul
pubblico. 28 I riadattamenti interessavano anche i testi di
Beaumont e Fletcher, Jonson, ed in generale i testi provenien-
ti dalla Francia e dalla Spagna. 29 Il crescente successo del tea-
tro ''spettacolare'', rispetto a quello parlato, spinse gli impre-
sari concorrenti ad aggiungere alle commedie, e qualche volta
persino alle tragedie, elementi esterni, come estese parti musi-
cali e balletti: verso la fine del secolo la musica, le danze e gli

27 Cit. The London Stage, LXXXVII.


28 Nel documento costitutivo della Duke's Company cosi si legge: <<Whereas
Sir William Davenant, Knight hath humbly presented to us a proposition of refor-
meinge some of the most ancient Plyes that were plyed at Black-fiers and of makeinge
them fitt for the Company of Actors appointed under his direction and Command[ ... ]
Viz: the plays called the Tempest, Measures /or Measures, Much adoe about nothinge,
Romeo and Juliet, Twel/e night, The !ife o/ Kinge the Eyght, The Sophy, Kinge Lear,
The tra~edy o/ Mackbeth prince o/ Denmarke [... ]>>: cit. in Nicoll 1952, 352.
9 Cfr. A.C. Sprague, Beaumont and Fletcher on the Restoration Stage,
Cambridge, Mass, 1926; J.H. Wilson, The ln/luence o/ Beaumont and Fletcher on
the Res/oration Drama, Columbus, Ohio, 1928; G.E. Bentley, Shakespeare and
Jonson: Their reputation in the Seventeenth Cenlury compared, 2 voli., Chicago,
1945; R.G. Noyes, Ben Jonson on the English Stage 1660-1776, Cambridge, Mass,
1935; A.H. Scouten, The lncrease o/ Popularily o/ Shakespeare's Plays in the
Eighteenth Century, "Shakespeare Quarterly", VII, 1956, 189-202; H. Spencer,
Shakespeare improved, Cambridge Mass., 1927; G.C.D. Odell, Shakespeare /rom
Betterton to lrving, 2 voll. I, New York, 1920, II, London, 1921. Per quanto riguar-
da le influenze francesi sul teatro della Restaurazione cfr. Nicoll 1952, I, 95-9, 186-
91, II, 71-3, 143-6, 417,419 e per quelle spagnole, I, 19lss., e II 146.
32 flenry Puree/I

intermezzi avevano ormai assunto una posizione dominante


rispetto alle tradizionali rappresentazioni dei testi teatrali.30
Qual era l'impressione suscitata dalle riprese shakespea-
riane nel pubblico londinese, che conosceva bene il testo lette-
rario originale? Nel Discourse o/ the English Stage di Richard
Flecknoe, indirizzato al duca di Newcastle e stampato insieme
con la tragicommedia pastorale Love's Kingdom nel 1664, si
legge: 31

[... ] Quanto alla differenza tra i nostri teatri attuali e quelli del pas-
sato, questi ultimi non erano che [strutture] vuote e semplici, senza
alcuna scena o decorazione del palcoscenico, se si eccettua la vec-
chia tappezzeria, e col palcoscenico ricoperto da paglia [ ... ].
I nostri teatri, invece, per costi ed ornamenti son giunti al massimo
grado della magnificenza. Ma ciò che rende migliore il nostro palco-
scenico, peggiora nel contempo i nostri testi drammatici, poiché [gli
autori] oggi si sforzano di concepirli piuttosto per la vista, che per le
orecchie [del pubblico] [... ].
Poiché scene e macchine non sono una invenzione moderna, in pas-
sato i nostri Masque e qualcuno dei nostri Plays (per quanto non
fosse cosi frequente) si erano rivelati altrettanto buoni e perfino
migliori di quelli d'oggi[ ... ].

Avevamo già riferito quel che Samuel Pepys, in data 4


luglio 1661, annotava dopo essersi recato a vedere Claracilla,
tragicommedia di Killigrew. Il 2 luglio precedente Pepys era
stato al Duke's Theatre dove aveva assistito alla rappresenta-
zione di The Siege o/ Rhodes di Davenant. Questo è il suo
scarno commento:32

[... ] Mi sono recato all'Opera di Sir William Davenant; si trattava


della quarta replica dal debutto ma la prima cui assistevo. Oggi si
rappresentava la seconda parte dell'Assedio di Rodi [... ] Non appena
è arrivato il Re, la scena si è aperta: dawero bella e splendida, e ben
recitata, da tutti tranne che dal castrato, che era cosi cattivo che è
stato cacciato a fischi dal palcoscenico [... ].

30 "fhe London 5·1age, XXVIII.


31 Cit. in Summers, The Restoration "Jneatre, 227.
32 Pcpys, I, 175-176.
I teatri 33

Altre annotazioni di Pepys, in data 7 novembre 1667, fanno


diretto riferimento all'allestimento della Tempest di Davenant-
Dryden:33

[ ... ] A mezzogiorno decidemmo con Sir W. Pen di andare a vedere


The Tempest, una vecchia commedia di Shakespeare, che sento dire
sia al primo giorno di rappresentazione. [ ... ] fummo forzati a sedere
dal lato della balconata sopra e di fronte la sala di musica del Duke's
Theatre, vicino alla mia Lady Dorset ed a molti altri grandi. La sala
era completamente piena. V'erano il Re e la corte: si tratta del piu
garbato Play che abbia mai visto [ ... ] Lo spettacolo non ha una gran-
de vivacità, ma è davvero buono, e superiore ai Plays ordinari [ ... ].

Questa testimonianza diretta ci consente di vedere con


l'occhio dello spettatore la sala e l'atmosfera del nutrito pub-
blico della prima del 1667 ma, a parte alcune annotazioni
specifiche sulla musica che aveva colpito Pepys, tutto quello
che si può ricavare sullo spettacolo è che non si trattava di
un allestimento ''ordinario''.
Negli ultimi anni del secolo J ames Wright, parlando
delle imponenti scene nei teatri pubblici, ne considera inizia-
tori Davenant e Dryden da una parte e Betterton e Shadwell
dall' altra:34

[le scene] introdotte sui pubblici teatri da Sir William Davenant al


vecchio Duke's Theater di Lincolns-Inn-Fields; ma in seguito assai
migliorate, grazie all'aggiunta di curiose macchine, da Mr. Betterton
al nuovo Teatro di Dorset Garden, e alle eno1111i spese [ ... ].

L'allestimento di Betterton e Shadwell era ancora ricorda-


to con ammirazione nel Roscius Anglicanus di John Downes,
edito nella prima decade del Settecento:35

33 Pepys, Il, 383.


34 Historia Histrionica, London, 1699, cit. in Summers, The Restoration
Theatre, 228.
35 Roscius Anglicanus, London, 1708, 34-35, cit. dalla prefazione di Summers
alla Tempest in Shadwell, Works, II, 187. Esiste una edizione moderna del Roscius
Anglicanus, a cura diJ. Milhous e R. Hume, London, 1987.
34 Henry Puree/I

[ ... ] Nel 1673 [recte 1674] The Tempest; or The Inchanted Island;
trasformata in Opera da Mr. Shadwell. Tutto in essa era nuovo:
scene, macchine, ed in particolare una scena dipinta con miriadi di
spiritelli Ariel, ed un altro [spirito] che volava via con una tavola,
bandita di tutti i frutti, dolciumi ed ogni sorta di vivande, proprio
nel momento in cui il duca Trincalo ed i suoi compagni stavano per
sedersi a cena. Tutto vi fu rappresentato cosi meravigliosamente
bene, che nessun'altra Opera di successo ha mai guadagnato tanto
denaro [ ... ].

Ma la migliore ricostruzione dello spettacolo del 1674,


esempio tipico della drammaturgia della Restaurazione, è
fornita dalla didascalia iniziale dell'edizione stampata l'anno
successivo: 36

[ ... ] Mentre si sta suonando l'Overture, sale il sipario e scopre un


nuovo frontale, unito ai grandi pilastri su ciascun lato del palcosce-
nico. Questo frontale rappresenta un nobile Arco [ ... ] Dietro a que-
sto è una scena che rappresenta un profondo cielo nuvoloso, una
costa assai rocciosa ed un mare in tempesta che si agita continua-
mente. Questa Tempest (che si può credere scatenata per magia) ha
in sé una quantità di spaventosi Oggetti, come numerosi Spiriti
volanti in orride forme che scendono tra i marinai, poi risalgono ed
attraversano l'Aria. E quando la nave sta per affondare, l'intera sala
è al buio e una pioggia di Fuoco si abbatte su loro. Nel mezzo della
pioggia di Fuoco cambia la scena [... ] E quando si riaccendono le
luci, si scopre un'amena porzione d'Isola, in cui Prospero aveva
dimora. Tutto questo è accompagnato da fulmini e numerosi fragori
di tuono, fino alla fine della Tempesta.

John Dryden, coautore dell'adattamento precedente di


Tempest nel 1667, fu forse coinvolto anche nello spettacolo
del 1674. Diversi anni piu tardi, nella prefazione di Albion
and Albanius (1685) Dryden inseri la propria definizione di
opera: 37
[ ... ] Un'Opera è una Favola poetica, una Finzione, rappresentata
con musica vocale e strumentale, ornata di scene, macchine e balli.

36 Shadwell, Works, II, I 99.


37 Cfr. Dryden, The Dramatic Works, 344.
I teatri 35

Ci si aspetta che i protagonisti di questo dramma musicale siano in


genere esseri sovrannaturali, dei e divinità, oppure eroi [... ] Il sog-
getto essendo di solito esteso oltre i limiti della Natura Umana,
'
ammette di essere condotto in maniera meravigliosa e sorprendente,
cosa che non è possibile in altri tipi di spettacolo [ ... ].

In seguito nella stessa prefazione Dryden definisce <<a


Play of the nature of the Tempest>> come <<a Tragedy mix' d
with Opera; or Drama Written in blank Verse, adorn' d with
Scenes, Machines, Songs, and Dancing>>. Ancora Dryden
parla di quella parte di un'opera <<which (for want of a pro-
per English word) I must cali The Songish Par!>>, e aggiunge
che secondo lui chiunque intraprenda la composizione di
un'opera <<is obliged to imitate the design of the ltalians,
who have not only invented, but brought to perfection, this
sort of Dramatique Musical Entertainment>>. Certamente è
indicativo che egli avesse intrapreso proprio in quegli anni
una intensa collaborazione con Henry Purcell, con il quale
produsse numerosi spettacoli musicali.
John Dryden, massimo scrittore inglese dell'età della
Restaurazione, iniziò la sua carriera nel 1662, a trentadue
anni, quando venne nominato Origina! Fellow della Royal
Society. Nominato ''poeta laureato'' con un Master ad hono-
rem, sposato con tre figli, fu coinvolto quasi inconsapevol-
mente nella carriera di scrittore ed organizzatore teatrale che
divenne cruciale nella sua vita.3 8 Divenne playwriter fisso del

38 Era nato ad Aldwinckle nel Northamptonshire nel 1631 ed aveva ricevuto


la piu solida educazione letteraria allora possibile, alla Westminster School, dove si
studiava particolarmente a fondo il latino. Ma risultarono altrettanto buone le sue
conoscenze del greco antico e del francese, mentre riusciva a leggere l'italiano e lo
spagnolo (e forse anche l'olandese). Fu notato durante l'epoca di Cromwell, ma non
si presentò l'occasione giusta. Cosi anche dopo la Restaurazione, il decennio fino al
1670 fu un periodo di tentativi, soprattutto poetici, tra cui notevole resta il poema
Annus Mirabilis (uscito nel 1667 contemporaneamente al Paradiso perduto di
Milton) e, nel campo teorico, l'importante trattato An Essay o/ Dramatic Poesy
(1668). Gli anni della breve parentesi di monarchia cattolica spinsero Dryden ad
alcune imprudenti dichiarazioni di fede che minacciarono di distruggerlo col ritor-
no di un re puritano, dopo il 1688. Gli fu revocato l'incarico di poeta di eone, fu
isolato e controllato, ma grazie alle altolocate amicizie si salvò dalla prigione e dalla
36 Henry Puree/I

Drury Lane, con saltuarie collaborazioni anche col teatro


rivale, il Dorset Garden. Ma pochissime furono le sue opere
teatrali rappresentate, poiché il suo compito era soprattutto
quello di riadattare drammi e commedie altrui, aggiungendo-
vi in particolare Prologhi ed Epiloghi che, in molti casi, si
rivelano una delle fonti piu preziose per la nostra conoscenza
del mondo teatrale del tempo.39
La prima collaborazione tra Dryden e Purcell avvenne
anch'essa tardi, come l'esordio letterario del drammaturgo:
nel 1689 il musicista, allora sempre piu in auge, venne invita-
to a fornire nuova musica incidentale per la ripresa di una
vecchia pièce anticattolica di Dryden, The Spanish Fryar (rap-
presentata per volontà di Carlo II nel 1679 ma interdetta da
Giacomo 11). Fu l'inizio di un sodalizio durato fino alla morte
del compositore e che produsse alcuni tra i capolavori assolu-
ti del secolo: King Arthur, The Indian Queen, The Indian
Emperor, Amphitryon, oltre al Prologo del Dioclesian ed altri
spettacoli musicali. Alla morte di Henry Purcell, fu Dryden a
comporre la piu toccante delle odi funebri in suo onore, 40 e
forse anche i versi che ne ornano la lapide in Westminster,
apposta dal nobile commediografo dilettante sir Howard.
La ter111inologia del tempo per definire il tipo di spetta-
coli prodotti da Dryden e Purcell è talmente eterogenea da
creare confusione. 41 Il ter111ine generico del tempo è ''Opera'',

rovina. Dovette però orientare gli ultimi anni della sua vita ancor piu alla ricerca di
immediati guadagni: dopo aver proposto una nuova tragedia ed una commedia
(1690) rinunciò per sempre alle scene teatrali, dove i gusti erano troppo radicalmen-
te cambiati, e si concentrò su traduzioni di classici, rese ai vertici della letteratura
inglese di ogni tempo. Mori nel 1700.
39 Cfr. l'edizione critica con ampie annotazioni The Works o/fohn Dryden.
40 Mark how the lark and linnet sing ["Sentite come cantano l'allodola e il
fanello"], musicata da John Blow. Ne riporta il testo inglese con traduzione italiana
Bianconi 1982, 296-297.
41 Sugli spettacoli di teatro musicale nella Londra della Restaurazione cfr.
Price 1984 e i saggi compresi nei volumi miscellanei: The Puree!! Companion 1995
(Langhans, The Theatrical Background; Savage, The Theatre Music) e Per/orming the
Muszc o/ Henry Puree!!, 1996 (Burden, Puree!! Debauch'd: The Dramatick Operas in
Per/ormances; Walkling, Performance and Politica! Allegory in Restoration England:
What to lnterpret and When).
I teatri 37

ma a volte sono definiti ''Masque'', o ancora ''Plays''. La musi-


cologia anglosassone dei nostri giorni preferisce chiamarli
''semi-opere'', utilizzando una definizione coniata (con non
celata avversione) da Roger North nel 1726 per indicare quei
tipici ''ambigue entertainments'' della Restaurazione.
Il prototipo delle semi-opere era stato The Siege o/
Rhodes di Davenant (1656), con scene di un allievo di Inigo
Jones, John Webb e musica di diversi autori: questo lavoro,
com'è detto nell'edizione a stampa, <<Made a Representation
by the Art of Perspective in Scene, and the Story Sung in
Recitative Musick>>. Dryden piu tardi si dolse del fatto che
l'esperimento di Davenant non fosse subito proseguito,
creando l'opera in musica nazionale inglese, e che lo stesso
autore avesse in seguito ridotto The Siege ad un normale
dramma parlato: la presenza della musica era una copertura,
durante il proibizionismo del Commonwealth, per far passa-
re le vecchie forme del teatro parlato, trucco evidentemente
non piu necessario durante la Restaurazione. 42
Dopo la prima semi-opera di Davenant (replicata ancora
nei primi anni del regno di Carlo II), ed un prototipo -
anch'esso abortito - di opera ''alla francese'', Psyche di
Shadwell rappresentata ed edita nel 1675 con musiche di
Locke e dell'italiano Draghi,43 le prime autentiche opere inglesi
interamente cantate furono rappresentate negli anni Ottanta
come masque: Venus and Adonis di Blow e Dzdo and Aeneas di
Purcell. Com'era avvenuto per The Siege o/ Rhodes, anche

42 John Westrup, L'Opera in Inghilterra e in Germania, in The New Oxford


History o/ Music, [Oxford, Oxford University Press, 1975], trad. it.: Storia della
Musica, V· Opera e Musica sacra (1630-1750), Milano, Feltrinelli, 1978, 313.
43 Il titolo esatto utilizza il termine "Opera" rivendicandone il ruolo nazio-
nale: The English Opera, or The Vocal Musick in Psyche, with the Instrumental
Therein Intermix'd (London 1675). Il modello di Shadwell era stata la comédie-bal-
let di Molière Psyché, musicata da Lully nel 1671. Forse per la presenza di Draghi,
tuttavia, la prefazione della partitura giustifica il titolo ambizioso di opera alla
maniera italiana, come qualcosa di ancora sconosciuto in Inghilterra: ,,for the
Author prudently consider' d, that though Italy was, and is the great Academy of the
World for that Science and way of Entertainment, England is not: and therefore
mixt it with interlocutions, as more proper to our Genius».
38 Henry Puree!!

quest'opera di Purcell ebbe una ripresa tarda (nel 1700), ma


ridotta daJohn Eccles ad un masque inserito in un rimaneggia-
mento dello shakespeariano Measure /or measure. Anche gli
altri tentativi di introdurre a Londra autentiche opere in italia-
no ed in francese non ebbero seguito e cosi si può dire che il
masque continuò ad essere il genere di spettacolo teatrale e
musicale egemone dell'età della Restaurazione.44
Non sono molte le notizie sugli interpreti secenteschi,
ma sappiamo che alcuni attori si dedicavano solo alla recita-
zione, come Betterton, mentre altri, come Nell Gwyn, riusci-
vano contemporaneamente a recitare, cantare, ed anche suo-
nare degli strumenti: abilità che derivavano dall'eredità dei
comici della Commedia dell'Arte, trasmessa dal continente
in Inghilterra negli ultimi anni del Cinquecento, dalle com-
pagnie girovaghe italiane.
Con la riapertura dei teatri, dopo il 1660, anche la danza
divenne una parte integrante ed insostituibile dei plays, spe-
cialmente per quelli fortemente spettacolari. Un'altra funzio-
ne della danza era di intrattenimento del pubblico, che tra-
scorreva a teatro dalle tre alle sette ore. La moda dei balletti
divenne presto bersaglio della satira dei letterati. 45
Nel teatro della Restaurazione, tra tutte le arti che con-
tribuivano alle messinscena, era fondamentale il ruolo della
musica come parte integrante ed insostituibile dei Plays e
degli intermezzi. Accanto a questi spettacoli si diffusero ben

44 La differenza sostanziale che corre tra l'opera di tipo continentale ed il


masque inglese è ben riassunta da Bianconi 1982, 251: <<la differenza che passa tra la
cerimonia e la rappresentazione, tra la celebrazione comunitaria d'un rito sociale
simbolico e affermativo e la simulazione scenicamente convenzionata e verosimile di
un conflitto o di un processo esemplari ed ammirevoli. L'eterogenea commistione di
azione e danza, balletto e musica nel masque non rappresenta insomma un prodro-
mo dell'opera, e si rivelò anzi nei fatti un ostacolo all'impiantazione in Inghilterra
del teatro in musica>>.
45 Sulla danza negli spettacoli teatrali londinesi del!' epoca di Purcell cfr.
soprattutto Semmens, Dancing and Dance Music in Purcell's Operas, in Per/orming
the Musico/ Henry Puree!!, 180-196 (con il catalogo di Dances in Purcell's Operas,
1689-1692, /or which Music is Known, 282-286); Jennifer Thorp, Dance in late llth-
century London: Priestly muddles, "Early Music", XXVI, n. 2, 1998, 198-212.
I teatri 39

presto anche i concerti in cui si ascoltava solo musica stru-


mentale. Durante una rappresentazione a teatro l'orchestra o
lo strumento solista avevano diverse funzioni. I musicisti
suonavano concerti o assoli, accompagnavano i cantanti,
creavano una base musicale per rendere una particolare
atmosfera. Venivano suonate delle vere e proprie overtures
prima dei plays per intrattenere il pubblico nell'attesa dell'i-
nizio della rappresentazione. Samuel de Sorbière, ad esem-
pio, scriveva nel 1664: <<La Musica d'intrattenimento distrae
il vostro tempo fino a quando non comincia lo spettacolo, e
il pubblico preferisce arrivare di buon'ora per ascoltarla>>.46
Nella Tempest 1674 è specificato <<While the ouverture is
playing>>. Ecco cosa dice Dryden a proposito degli strumenti
musicali da lui ampiamente previsti ed utilizzati: 47

[ ... ] A coloro che obiettano al mio frequente uso di percussioni e


trombe, e alle mie rappresentazioni di battaglie, rispondo che non
son stato io ad aver introdotto tutto ciò sulle scene inglesi: Shakespeare
usa tali elementi di frequente, e benché Jonson non mostra battaglie
nel suo Catilina, tuttavia vi si ascoltano davanti alla scena suoni di
trombe e i colpi delle a1111ate che combattono. Ma aggiungerò anco-
ra che tali strumenti guerreschi, perfino le rappresentazioni di com-
battimenti in scena, non sono piu necessari per produrre effetti di
un dramma eroico. Vale a dire, catturare l'immaginazione del pub-
blico, e persuaderlo che ciò che essi vedono a teatro accade real-
mente[ ... ].

I plays della Restaurazione ereditarono dal periodo pre-


cedente a Cromwell l'uso di inserire canzoni (che tra l'altro
servivano ad iniziare lo spettacolo) sia nelle tragedie che nelle

46 A Voyage to England, 71, cit. in The London Stage, CXIV. L'autore della
seconda relazione di viaggio in Inghilterra del 1669 (attribuita al Magalotti) ribadi-
sce il concetto : ,,Before the comedy begins, that the audience may not be tired with
waiting, the most delightful synphonies are played; on which account many persons
come early to enjoy this agreeable amusement•> (Travels of Cosmo the third Grand
Duke o/ Tuscany, through England during the Reign o/ King Charles the second
(1669), London, 1821, in data 15 aprile 1669).
47 The Works of fohn Dryden: The Dramatic Works, III, prefazione a The
Conquest of Granada, 23.
40 Henry Puree!!

commedie. Una diffusa convenzione era quella di rivolgere


un'aria ad un personaggio addormentato all'apertura del sipa-
rio. Oppure il canto serviva a definire degli episodi durante
una scena o ancora a indicare il trascorrere del tempo.
Tra il 1660 e il 1700 quasi tutte le commedie e tragedie
ospitavano almeno una canzone in scena. L'enorme produ-
zione di canzoni '' di scena'' risulta chiara dalle migliaia elen-
cate nella raccolta fattane da Day e Murrie (English Song-
Books, 1651-1702). Molte di queste canzoni, dopo essere
apparse nei plays, venivano stampate in antologie: diversi
songs teatrali di Purcell apparvero nella raccolta postuma
Orpheus Britannicus.
I protagonisti del rinnovamento teatrale della Restaura-
zione, come Dryden, si posero il problema di come legare
alla gloriosa tradizione elisabettiana e shakespeariana le tante
innovazioni sceniche. Nel secondo Prologo alla Enchanted
Isle del 1674, Shadwell48 rivendicava i meriti del suo nuovo
modo di presentare i drammi rispetto ai modelli antichi,
disdegnando i meschini tentativi di imitazione e parodia
compiuti dai concorrenti, incapaci di seguire le vie nuove:4 9

[... ] Allontanandoci dai buoni vecchi Plays abbiamo in realtà pro-


gredito,
e tutti gli ornamenti dei palcoscenici accresciuti.
Tardivamente altri seguono la strada delle meraviglie:
nulla inventano, al piu sono in grado di imitare.
Se non avessimo trovato per il vostro piacere nuove vie

48 Thomas Shadwell (1642-1692) è un altro dei protagonisti della letteratura


teatrale della Restaurazione. Si dichiarò discepolo e continuatore di Ben Jonson,
entrando per questo in polemica con Dryden, di cui prese il posto come "poeta lau-
reato" dopo il 1688. La sua prima commedia, The Jmpertinents, era basata su una
pièce di Molière, ma egli seppe trovare una via originale ed alternativa a quella rap-
presentata da Dryden, anche se spesso il suo lavoro nei teatri di Londra fu determi-
nato dalle esigenze di botteghino. La moglie Anne Gibbs, un'attrice della prima
compagnia di Davenant, ne pubblicò postume le ultime commedie, dimenticate
dopo pochi decenni.
49 Shadwell, Works.
l teatri 41

avreste ancora drammi consunti e tapezzerie sbiadite;


né scenografie né donne [in scena]: dovreste ancora seguire il loro
[vecchio] stile,
ed ancora vecchi dalla barba brizzolata [ vedreste] nel ruolo di
donne; [ ... ]
Pieni d'invidia per il nostro meraviglioso teatro, e per i ricchi spetta-
coli,
essi si fanno beffe di noi, e distribuiscono libelli nelle strade princi-
pali [ ... ].

Basti pensare che nel 1675 l'allestimento di Psyche di


Shadwell al Dorset Garden era costato 800 sterline soltanto
per l'apparato scenografico (oltre dieci volte piu del guada-
gno annuale del librettista). Nello stesso anno si ebbe un
altro spettacolo di proporzioni ancor piu smisurate, l' allesti-
mento a corte del masque di John Crowne Calisto: or the
Chast Nimph, con musiche scritte da Nicholas Staggins, capo
della banda dei 24 violini di Carlo 11. 50 La moda per il gran-
de spettacolo visivo, illusionistico, era cosi dilagante ed inar-
restabile che si può capire il risentimento che traspare
dall'Epilogo di Love in the Dark, datato 10 maggio 1675:51

Poiché canti e scenografie portano un pubblico doppio


[ ... ]
Attori trasfu111,ati in burattini a vostro piacimento,
Nelle loro bocche stupidaggini, e nelle loro code fil di ferro,
volano tra le nuvole di tuoni, e piogge di fuoco [ ... ].

Uno sfogo analogo sarà esternato molti anni piu tardi


da un testimone appassionato di quella stagione teatrale lon-
dinese, Roger North:'>2

50 Su questo che è uno degli spettacoli piu ricchi di documentazione supersti-


te di tutta la Restaurazione, si veda ora Andrew R. Walkling, Masque and Politics al
the Restoration Courl: fohn Crowne's Calisto, "Early Music", XXIV/1, 1996, 27-63.
5 l Cit. in The London Stage, LXXXIX. Il passo allude anche a tipici strata-
gemmi tecnici, divenuti quasi stereotipi, come l'innalzamento degli attori attraverso
fili metallici per simulare il volo.
52 Roger North on Mus1c 1959, 273, 306-307.
42 Henry Puree/I

[ ... ] Ed ora passiamo a parlare dei teatri pubblici. Sarebbe stato stra-
no se essi non avessero osservato questa tendenza promiscua della
musica, e non l'avessero portata sui loro palcoscenici, senza appro-
fittarne. [ ... ]
[Quanto al pubblico] alcuni vengono solo per il Play e odiano la
musica, altri vengono solo per la musica, e il dramma è per loro W1a
vera penitenza; pochissimi altri sono interessati ad entrambi [gli
aspetti] [ ... ].
[ ... ] Ed è noto che nei nostri teatri, tanto sono migliorati musica e
allestimenti, quanto invece sono peggiorati il buon senso, l'acutezza
e l'azione[ ... ].

Profeticamente, nel 1672, Payne aveva avvertito in un


suo prologo che, continuando in tal maniera, i nuovi spetta-
coli, splendidi ma effimeri, non avrebbero resistito per
molto: 53

[... ] Shakespeare, da lungo tempo nella tomba, avrà sempre un posto


nelle migliori biblioteche, mentre neppure uno dei moderni plays
sfuggirà al fuoco [ = alla distruzione e oblio].

Poteva sembrare un masque come tanti l'Arsinoe,


Queen o/ Cyprus che nel gennaio 17 05 al Drury Lane fu pre-
ceduto come al solito dalla recitazione di una scelta di brani
drammatici.5 4 E invece si trattava della prima opera ''all'ita-
liana'', cantata da cima a fondo (sia pure risultato di un dop-
pio pastiche di arie italiane di varia origine tradotte in ingle-
se), che nel giro di pochi anni sarebbe stata seguita da stagio-
ni regolari d'opera italiana al nuovo teatro di Haymarket
(aperto nello stesso 1705 con Gli amori di Ergasto di Jakob

53 Prologo alla commedia The Morning Ramble, London, 1672; cit. in Singh
1963, 132.
54 Già il sottotitolo del pasticcio avveniva che si trattava di "An Opera, after
the ltalian manner: Ali sung". L'autore, il modesto Thomas Clayton, aveva in realtà
utilizzato, rimaneggiandole, le numerose arie che aveva raccolto durante un suo
viaggio in Italia. Nel successivo 1707, dopo che era apparsa a stampa una raccolta
dei Songs dall'Arsinoe, Clayton presentò una nuova opera, Rosamond, che non ebbe
successo e probabilmente troncò sul nascere la carriera drammatica di questo musi-
cista ed il nuovo genere.
I teatri 43

Greber), e dall'esordio (con il Rinaldo al Queen's Theatre


nel 1711) di Georg Friedrich Handel, dominatore incontra-
stato dei successivi trent'anni di storia teatrale inglese. Le
evidenti influenze stilistiche di Purcell su Handel sconfessa-
no quanto sostenuto negli stessi anni da Addison:55

Gli Artisti Italiani non possono condividire l'ammirazione per le


Composizioni di Puree// dei nostri Musicisti Inglesi, e comprendere
come le sue Melodie siano meravigliosamente adattate alle Parole:
perché le due Nazioni non esprimono le stesse Passioni con i mede-
simi Suoni.

55 "Spectator", XXIX, 3 aprile 1711, cit. in Westrup 1947, 240. Sugli impre-
stiti stilistici purcelliani in Handel, cfr. E.O. Renda!!, The In/luence o/ Henry Purcell
on Hiindel, Traced in "Acis and Galatea", "Musical Times", XXXVI, 1895, 293-296.
II

HENRY PURCELL, ''ORGOGLIO E


MERAVIGLIA DELL'ETÀ SUA''

Puree!!! The Pride and Wonder o/ the Age ...


(Henry Hall, Orpheus Britannicus)

A dispetto della fama raggiunta in vita da Henry Purcell e


del suo essere considerato il maggiore compositore inglese di
tutte le epoche, scarne ed incomplete permangono le infor-
mazioni biografiche a nostra disposizione. Sono viceversa
abbondanti le composizioni superstiti, compresi molti auto-
grafi: produzione impressionante per un autore morto a
meno di 37 anni. Inesorabilmente mute restano le testimo-
nianze sull'uomo Purcell, sulle sue sensazioni, sui desideri e
le aspirazioni, dolori e delusioni, amori e passioni. Numerosi
sono invece i ritratti che ci mostrano il suo aspetto fisico,
quasi sempre prematuramente invecchiato.
La scarsità dei documenti biografici raggiunge la sua
punta massima in riferimento alla giovinezza di Purcell: non
esiste una sola annotazione d'archivio su di lui fino almeno al
1673. Quattordici anni su trentasei restano misteriosi. Venuto
meno l'obbligo di registrare i battesimi durante l'epoca di
Cromwell, non è stato possibile ritrovare traccia diretta della
sua nascita. L'indicazione dell'anno 1659 è assunta infatti per
via indiretta: nel frontespizio delle sue Sonatas in Three Parts
del 1683 il suo ritratto è datato ''aetat. suae 24'', indicazione
confermata dall'iscrizione funeraria in Westminster che lo
dichiara morto nel 1695 ''anno aetatis suae 37.mo''. 1 Il ritratto

1 Cfr. Zimn,c:111,an 1983, 33 e nota 1, dove si riduce ai mesi tra il novembre


1658 e il giugno 1659 il periodo in cui sarebbe avvenuta la nascita.
46 Henry Puree/I

del 1683 reca le a1111i araldiche di un casato nobiliare, i Purcell


di Shropshire, di cui si conosce almeno un Thomas vivente nel
1597, e ad una origine francese del cognome alludono, nella
stessa impresa, tre teste di porco (in francese antico: puree[). In
Francia il cognome è tuttora diffuso, ma numerosi erano fin
dal secolo XVI i Purcell sparsi nei territori inglesi, dallo
Oxfordshire allo Shropshire, e perfino in Irlanda. 2
Suo padre fu l'omonimo Henry Purcell [d'ora in avanti
lo indicheremo come ''Henry (I)''], impiegato come musicista
della corte inglese fin dalla restaurazione della Cappella Reale
nel 1660, che mori 1'11 agosto 1664, lasciando una vedova di
nome Elizabeth 3 e almeno un altro figlio musicista, Daniel,
nato intorno al 1661. A suo fratello Thomas, anch'egli musico
di corte, toccò il compito di allevare ed educare alla musica il
nipote, che probabilmente adottò come tutore (per cui fu
scambiato da alcuni biografi per il vero padre del ragazzo). Di
Henry (I) si ipotizza che fosse nato a New Windsor nel 1624.4

2 Per le notizie sui Purcell di Shropshire e sulle possibili connessioni con la


famiglia del compositore Henry cfr. Duffy, 13ss. Quasi tutte le biografie (a panire
da Arundel e Westrup) iniziano con la storia del mitico Hugh Porcel, primo nor-
manno a giungere in Inghilterra al seguito di Guglielmo il Conquistatore, che sareb-
be stato il fondatore del ramo inglese, radicatosi poi nell'Oxfordshire (Signori di
Newton) da cui si sarebbe staccata una branca per un membro cadetto di nome
Roger Purcell, che avrebbe fondato il ramo di Shropshire. Una consistente presenza
dei Purcell in Irlanda (Kilkenny), attestata dal XII secolo e con lo stesso scudo degli
Shropshire, ha consentito tra le varie ipotesi anche l'ascendenza irlandese.
3 Il nome della madre è confc111,ato dal testamento del padrino di Henry
Purcell, John Hingeston. La vedova (relict) di Henry (I) attendeva di riscuotere, nel
maggio e nel luglio 1668, 20 sterline spettanti dalla pensione del marito (Ashbee,
Records.Vlll, 1995, 187-8). L'amministrazione di corte non mostrava panicolare
solerzia nel pagare questo tipo di debiti, per cui la cifra arretrata divenne enorme
con gli anni: Elizabeth "widow Purcell" risulta ancora creditrice di 50 sterline nel
dicembre 1682 e addirittura di 100 sterline nell'aprile e nel settembre successivo.
L'ultima annotazione rivela che il credito totale maturato dalla "widow Puree!!" era
di oltre 302 sterline, per cui il 2 dicembre 1684 le erano versate in acconto poco piu
di 10 sterline (ivi, 249,251,253 e 260). Dopo tale data il nome di Elizabeth scom-
pare dai registri, ma ella soprawisse al celebre figlio, morendo quattro anni piu
tardi, nell'agosto 1699. Fu sepolta nella chiesa di St. Margaret a Westminster.
4 Duffy, 11 ha rintracciato una serie di documenti che attesterebbero un tra-
sferimento momentaneo della famiglia Puree!] (secondo lei un ramo dei nobili
La vita 47

Dovrebbe essere lui il ''Mr. Henry Persill'' che nel 1656 (e


ancora nella ripresa del 1661) interpretò la parte di Mustafà
in quello che è considerato il primo melodramma rappresen-
tato a Londra, The Siege o/ Rhodes di Davenant. Di lui non si
conoscono altre tracce certe prima del 1660, quando fu accol-
to tra i Gentlemen della restaurata Chapel Royal di Carlo II
divenendo nel 1663 liutista della King's Band of Music al
posto di Angelo Notari e contemporaneamente, dal 1661, cleri-
co laico e maestro nella cappella dell'Abbazia di Westminster.5
È possibile che Henry (I), incaricato di riorganizzare il coro
dei children dal 1660, avesse già tentato di introdurre nella
Cappella il primo figlio Edward (fratello maggiore di Henry,
nato verso il 1655) benché avesse appena 5 anni. 6 Quanto a
Thomas Purcell, anch'egli era stato ammesso dopo il 1660
nella ricostituita Chapel Royal e, alla morte di Henry Lawes
nell'ottobre 1662, ne aveva preso il posto come liutista e can-
tore di corte.7

Purcell di Shropshire) a Windsor tra il 1620 e il 1660. Tra i 7 figli qui nati da Francis
Purcell (morto a Windsor nel 1655), si trovano infatti i nomi sia di Henry (battezzato
il 5 agosto 1624) che di Thomas (battezzato il 25 febbraio 1627). Una diversa ipotesi
era fmora fornita da una serie di biografi che avevano individuato negli stessi anni
una famiglia di Puree!! (tra cui numerosi Henry e Thomas) nei territori tra
BuckinJham e Aylesbury (cfr. Zimmerman 1983, 332-5; Campbell, 2; Keates, 13ss.).
La recente pubblicazione di Ashbee, Records. VIII, 1995, aggiunge qualche
informazione ai documenti finora noti su Henry (1): una annotazione sul pagamento
annuale di 40 sterline cit. in data 27 febbraio 1664: ,,Money warrant dormant for
wages of E 40 a year to Henry Pusell for his office of musician in ordinary to the
King for the Iute and voice>> (ivi, 166); inoltre la notizia della nomina, in data 28
novembre dello stesso anno, di John Goodgroome <<in piace of Henry Puree!!,
deceased>> (ivi, 169).
6 Edward ottenne comunque un posto a corte negli stessi anni del fratello
Henry, anche se di natura non musicale. Era infatti "Gentleman Usher assistant
Daily Wayter", come rivela la sua lastra tombale in cui si definisce figlio di Henry,
già Gentleman della Chapel Royal.
7 Thomas Purcell mori a Londra il 31 luglio del 1682, lasciando la moglie
Katherine, da cui aveva avuto almeno 4 figli maschi e due femmine. Non vi è certez-
za che Thomas ed Henry fossero fratelli, anche se ciò appare molto plausibile. A
confondere maggiormente la situazione è una lettera autografa (oggi nella Biblioteca
Nanki di Tokio, cit. tra gli altri in Duffy, 42) diretta 1'8 febbraio 1679 da Thomas al
basso John Gostling a Canterbury in cui egli scrive <<my sonne Henry [ ... ] is compo-
48 Henry Puree!!

Maureen Duffy ha abilmente percorso le tracce evanescen-


ti di questa famiglia, identificando altri nomi di fratelli di Henry
Q"oseph e Charles, nati tra il 1655 e il 1659), della sorella
Katherine (l'unica di cui si conservi l'atto di battesimo, avvenu-
to nell'Abbazia di Westminster nel 1662) e perfino le diverse
residenze dei membri della famiglia. 8 Inutile tentare di sapere di
piu sulla infanzia di Henry, rimasto orfano a soli cinque anni. Lo
zio Thomas era abbastanza apprezzato a corte da riuscire già
intorno al 1668 a far accettare il piccolo Henry come ragazzo di
coro della Chapel Royal, un posto ambitissimo e di grande pre-
stigio che inevitabilmente condizionò la sua successiva carriera.
Le ''voci bianche'' di una cappella di primaria importanza
come quella inglese erano messe in condizione di riciclarsi
prima del cambio di registro vocale, che avveniva in genere tra i
12 e i 14 anni,9 imparando uno strumento musicale o approfon-
dendo la tecnica del canto, e anche se ciò non sempre consenti-
va di ottenere un posto a corte, l'apprendistato nella Cappella
garantiva ottime credenziali per incarichi esterni. I ragazzi del
coro erano diretti da un Master o/ the Children: negli anni in cui
il giovane Purcell fece parte della cappella, questo ruolo era
ricoperto da ''Captain Cook'', ovvero dal compositore Henry
Cooke il quale, tra gli altri incarichi, insegnava loro anche violi-
no, liuto, tiorba e organo.lo

sing wherein you will be chiefly concerned>>. Secondo Zimmermann 1983, 34s. si
tratta di una riprova dell'adozione da parte dello zio.
8 Duffy, 16ss.
9 Il caso del fratello di Henry, Daniel Purcell, è singolare poiché nel 1678
cantava ancora tra le voci bianche della Cappella Reale, circostanza che mette in
dubbio la data di nascita 1660 proposta dagli studiosi: non avrebbe comunque
avuto meno di 17 anni anche accettando la data limite 1661 (l'anno successivo 1662
era nata la sorella minore Katherine).
10 Cooke era chiamato "Captain" per aver servito l'esercito realista durante
la guerra civile e, alla ricostituzione della Cappella Reale nel 1660, vi fu ammesso
come "compositore per liuti e voci, tiorbe e virginali" al posto del francese Nicolas
Duval. Oltre che virtuoso di strumenti e compositore, Cooke si era presto imposto
nella vita musicale della corte per la sua abilità nel reclutare voci bianche di talento,
girando per i territori inglesi dove esistevano cori di lunga tradizione. Per la cura
dei ragazzi della Cappella (che comprendeva non solo le lezioni di musica ma anche
"diet, lodging, washing") il guadagno annuale di Cooke era di 30 sterline.
Ùl vita 49

Si è molto discusso sugli altri possibili maestri di


Purcell. In Westminster, a pochi passi dalla casa patema di
Henry, vivevano eccellenti musicisti della vecchia generazio-
ne che certamente ebbero rapporti con i Purcell: basti pensa-
re ad Henry Lawes 11 e Thomas Farmer, a ciascuno dei quali
il nostro compositore dedicò affettuose elegie funebri; oppu-
re agli strumentisti Christopher Gibbons e John Banister. 12
Senza contare le serate musicali nelle taverne o nelle case dei
melomani londinesi, che ponevano i migliori musicisti della
città in costante contatto tra loro, cosi vividamente descritte
dai Diari di Samuel Pepys. Gli unici sicuri maestri del giova-
ne Henry, oltre allo zio Thomas ed al padrino Hingeston,
restano Cooke, Humfrey e in maniera particolare Blow.
Negli anni successivi le occasioni di incontro con i principali
maestri attivi a Londra furono numerose, e testimoniate dalle
copie di studio delle loro opere di mano di Purcell o da
omaggi musicali. l3
Rispetto agli altri ragazzi del coro, Henry fu particolar-
mente fortunato tanto da ricevere, al momento del cambio di
voce, insieme con le consuete regalie per la perdita del

11 Henry Lawes (1596-1662) era stato uno dei principali compositori della
generazione che aveva esordito prima della rivoluzione di Cromwell ed era stato
integrato nella nuova Cappella Reale dopo il 1660 con un atto di deferente omag-
gio, divenendo anche compositore del servizio privato del re. Alla sua morte, nel-
!'ottobre 1662, fu proprio Thomas Puree!! a prenderne il posto tra i Gente/men
della Ca~pella.
1 Banister, virtuoso violinista, era stato il primo ed autorevole direttore del-
1' orchestra dei 24 violini del re fino a quando uno scandalo finanziario non lo allon-
tanò dalla carica nel tardo 1666. Alcuni anni dopo avviò una storica serie di concerti
pubblici in città di cui è possibile trovare traccia negli avvisi pubblicati annualmente
dai giornali di Londra fino alla sua morte avvenuta nel 1679. Cfr. M. Tilmouth, A
Calendar o/ Re/erences to Music in Newspapers Published in London and the
Provinces (1660-1719), 2-4. Altri protagonisti della musica strumentale di corte, col-
leghi dello zio Thomas con cui Puree!] entrò certamente in contatto, sono lo spa-
gnolo Louis Grabu e Nicholas Staggins, maestri della banda dei 24 violini.
13 Ad esempio l'elegia What hope /or us remains now be is gone scritta "On
the death of his worthy friend Mr Matthew Locke, musick-composer to his Majesty,
and organist of Her Majestie's Chappel, who dyed in August 1677 ". Questa compo-
sizione fu edita nel secondo volume dell'antologia Choise Ayres del 1679.
50 Henry Puree/I

posto,14 un incarico di assistente di John Hingeston, conser-


vatore degli strumenti a tastiera e a fiato della corte, che era
stato allievo del celebre Orlando Gibbons, 15 e da godere
presto di ripetute occasioni per mantenere stretti contatti di
collaborazione con il Palazzo. Ciò avveniva nel 1673, come si
legge nei primi tre documenti direttamente riferibili alla vita
di Purcell.
L'anno prima era subentrato a Cooke, come Master o/ the
Children, un giovane compositore di belle speranze, Pelham
Humfrey, che però mori ad appena 27 anni nel 1674. 16 Il
nuovo Master non ebbe dunque il tempo di addestrare i suoi
ragazzi al moderno stile compositivo continentale che aveva

l4 ,,As a 'late child of his Majesty's Chappell Royall, whose voice is changed,
and gon [sic] from the Chappell' he was to be paid .C.30 a year and was at once pro-
vided with fine holland, handkerchiefs, a felt hat etc. •• (Arundell, 12: per essere
stato ragazzo della Cappella Reale, licenziato per il cambio di voce, gli venivano
assegnate 30 sterline per un anno oltre ad un corredo di fini vestimenti). Il docu-
mento originale è cit. tra gli altri in Campbell, 39.
15 Hingestone, compagno di bevute e serate musicali del solito Pepys, pur
essendo stato organista al servizio di Cromwell, divenne uno dei protagonisti della
rinascita musicale a corte dopo il 1660. Nel 1663 era stato nominato libero "solicitor"
nella rinata Corporazione londinese della "Art and Science of Music". Nel suo testa-
mento risultano oltre a Purcell numerosi altri "figliocci" quasi tutti figli di Gente/men
della Cappella Reale, colleghi ed amici ai quali lasciò tutti i suoi libri e strumenti, ad
eccezione di un quadro, riservato alla scuola di musica di Oxford, del suo "ever
honoured master Orlando Gibbons". Quest'ultimo era stato il dominatore della musi-
ca strumentale inglese della prima epoca Stuart. Suo figlio Christopher Gibbons
(organista della Cappella Reale, dell'Abbazia di Westminster e della musica privata
del re, morto nel 1676) fu un'altra figura musicale influente negli anni di apprendista-
to di Purcell, soprattutto per la sua futura produzione per tastiera. Esistono peraltro
dei brani sacri di Orlando Gibbons copiati per studio dalla mano del giovane Henry.
L'insieme delle figure emblematiche con cui Purcell entrò in contatto prima di com-
piere 18 anni rappresenta una eccezionale sintesi delle maggiori esperienze inglesi sia
nel campo della musica strumentale (liuto, tiorba, virginale e organo) sia vocale, senza
distinzione tra produzione sacra, profana da camera e teatrale.
16 Humfrey era nato nel 1647 e si era presto distinto tra i primi ragazzi
ammessi nella riorganizzata Cappella Reale dal 1660, sotto la guida di "Captain"
Cooke. Nel 1664 Carlo II lo aveva prescelto per una insolita missione di studio:
doveva trascorrere tre anni sul continente, in Francia e in Italia, per apprendere i
segreti dell'arte musicale a spese della corona (furono investite 450 sterline). Non
tradf le aspettative, come dimostra l'immediata nomina al suo rientro, nel 1666, tra i
Gente/men della Cappella e la susseguente rapida carriera, a stretto contatto con
La vita 51

appreso nei suoi viaggi. Il successore di Pelham Humfrey come


maestro dei ragazzi della Cappella esercitò invece una duratura
e decisiva influenza sulle scelte stilistiche di Purcell, anche se
questi aveva già abbandonato l'organismo. Si trattava di John
Blow, uno dei maggiori compositori inglesi del secolo. 17
Alcune tra le prime composizioni vocali sacre di Purcell
si ritrovano copiate insieme a quelle dei suoi maestri della
Chapel Royal, Humfrey e Blow, in un manoscritto oggi alla
Christ Church di Oxford, e la loro datazione dovrebbe esse-
re non posteriore al 1677. 18 In quegli anni Purcell aveva già
scritto ambiziose pagine vocali non solo per la Cappella
Reale ma anche per l'Abbazia di Westminster. Si trattava
delle due principali istituzioni musicali di Londra, presso le
quali il padre e lo zio avevano già prestato la loro opera.

Thomas Puree!! (entrambi erano compositori di liuto e voce e nel 1671 ottennero
entrambi la carica di compositori per i violini del re). L'unica voce controcorrente è
ancora quella di Samuel Pepys che, pur confermando l'ottima reputazione di virtuo-
so, ironizzava sui suoi viaggi (,,Little Pelham's travels ••) e sull'aver appreso gli aspet-
ti deteriori della moda francese (<<an absolute Monsieur as full of form and confi-
dence and vanity, and disparage everything and everybody's skill but his own ••):
Pepys, 15 novembre 1667.
17 Nato nel 1649 a Newark nel Nottinghamshire, Blow entrò tardi nel coro
dei ragazzi della Cappella Reale, sotto la direzione di Henry Cooke, fino al cambio
della voce avvenuto nel 1664. La sua carriera, fin da questo esordio, scorre assoluta-
mente parallela a quella di Puree!!. Nel 1668 divenne organista dell'Abbazia di
Westminster e l'anno successivo virtuoso di tastiere di corte, fino a che fu ammesso
nel 1674 tra i Gente/men della Cappella, divenendone anche Master o/ Children.
Ricevuto nel 1677 il dottorato in musica dal Capitolo di Canterbury, cedette nel
1679 il posto di organista di Westminster ad Henry Purcell, al quale ormai lo legava
una solida e duratura amicizia, ritornando in quella carica alla morte del collega nel
1695, accanto al quale fu poi sepolto nella stessa Abbazia dopo la morte avvenuta il
1 ottobre 1708. Oltre alle composizioni sacre, una sua opera teorica fu sicuramente
studiata ed apprezzata dal giovane Purcell: si tratta di un breve ma utile metodo per
il basso continuo, Rules /or Playing o/ a Through Bass upon Organ and Harpsichon,
rimasto manoscritto (London, British Library, Add. 34072).
18 Oxford, Christ Church, Ms. Mus. 628. Da notare che nello stesso archivio
il Ms. Mus. 554 contiene tra l'altro la parte di organo di un anthem di Blow, God is
our hope and strength, arrangiato dalla mano autografa del giovane Purcell, quasi
certamente prima del 1677, poiché l'autore è definito ancora "Mister John Blow"
non "Doctor", come divenne uso dopo il dottorato conseguito nel 1677 da Blow. (Il
manoscritto è riprodotto in The Glory o/ the Tempie and the Stage: Henry Puree!!
1659-1695, 1995, 11).
52 Henry Puree/I

La Cappella Reale (Chapel Royal) esisteva fin dal secolo


XIII, ma cominciò ad assumere una notevole importanza
musicale soltanto ali' epoca della regina Elisabetta I ( 1558-
1603 ). Il suo organico comprendeva un decano di nomina
regia, che eleggeva i componenti della cappella (questa cari-
ca corrispondeva, fino al 17 48, al vescovo di Londra), un
vice-decano, 12 ecclesiastici per i servizi divini, 20 cantori
laici (''Capellae Clerici''), 12 ragazzi studenti di musica (i
Children), 1 custode e 3 inservienti. Tra i clerici laici erano
compresi il maestro dei ragazzi (''Magister artis musicae''
owero Master o/Children) e due organisti. 19 L'insieme dei 32
coristi (religiosi e laici) era denominato coro dei Gentlemen,
ma erano assai rare le occasioni in cui erano tutti coinvolti in
un servizio, che doveva essere particolarmente importante.
Per le occasioni quotidiane (feria! services) bastava la metà
dei Gentlemen. I ragazzi erano invece sempre obbligati alla
presenza, sottoposti ad una rigida sorveglianza. Era questo
uno dei compiti del loro Master, che in piu doveva badare
alla loro istruzione, sia musicale che letteraria, ed a tutte le
loro necessità (dal vitto e alloggio ai vestiti). Dopo l'interru-
zione dovuta alla rivoluzione di Cromwell, la restaurazione
della monarchia comportò nel 1660 la rinascita della
Cappella Reale. Il prestigio sociale dei suoi membri era
manifestato anche dalle loro paghe: un corista dei tempi di
Elisabetta guadagnava circa 30 sterline annue, mentre attor-
no al 1662 la paga era piu che raddoppiata ad almeno 70
sterline. Carlo II, imbevuto di gusto francese per gli anni tra-
scorsi in esilio a Versailles, pur tra notevoli ristrettezze finan-
ziarie, utilizzava spesso la Cappella Reale in unione con la
sua banda dei 24 violini (la formazione che aveva copiato dal
cugino re di Francia), incoraggiando i compositori di corte a
scrivere musica solenne per questi organici uniti. Poi, sotto i

19 Questo lo schema base descritto nella piu autorevole opera antica sulla
storia e la legislazione delle regie cappelle d'Europa: Giuseppe Carafa, De Cape/la
Regis utriusque Siciliae et aliorum prina"pum liber unus, Roma, de Rubeis, 1749, 16-
19 ("Capella Palatina Regum Angliae").
LA vita 53

suoi successori, lentamente anche per la Chapel Royal, come


per le altre istituzioni musicali regie, cominciò il declino.
La Westminster Abbey era stata un altro luogo di atti-
vità del padre di Purcell, Henry (1), a partire dal 1661.
Anche l'Abbazia di S. Pietro a Westminster rappresentava
un sito regio, con lo status di chiesa nazionale, essendo sorta
come monastero benedettino nei paraggi del palazzo reale di
Westminster, e per essere la sede di tutte le incoronazioni dei
sovrani inglesi, a partire da Guglielmo I nel 1066. Dal
Quattrocento vi fiori anche una scuola per giovani Chorister
e all'epoca di Elisabetta I, eliminato l'ordine monastico, l' or-
ganico della Cappella comprendeva 12 chierici secolari (Lay
Clercs), 12 vicari e 10 ragazzi (Chorister), con 3 organi. Tra
gli organisti piu prestigiosi che vi si avvicendarono furono
Hooper, Parsons, i Gibbons, Blow e Purcell, il quale ultimo
fin dal 1675 vi era stato nominato accordatore e curatore
degli organi, ricevendo anche incarichi saltuari di altra natu-
ra, per esempio copiatura di musiche. 20 Dalla fine del
Cinquecento, inoltre, sempre piu frequenti erano stati gli
inserimenti occasionali di strumenti musicali ''esterni'' nelle
celebrazioni della Cappella, in particolare cornetti e trombo-
ni (in inglese: sackbuts). L'incoronazione di Giacomo II, che
vi ebbe luogo nel 1685, fu particolarmente solenne, inclu-
dendo tra l'altro uno sfarzoso anthem di Henry Purcell, di
cui sopravvive copia autografa. 21 Nella descrizione a stampa
della cerimonia di incoronazione, edita nel 1687, è riprodot-
to l'interno della Westminster Abbey con accurata descrizio-
ne della posizione dei coristi e dei musici: questi occupavano

2 0 Dai registri dell'Abbazia di Westminster (33709-33710) risultano paga-


menti a lui effettuati dal 1675 di 2 sterline annue per accordare gli organi e di 5 ster-
line per il solo anno 1675-76 per copiatura di musiche (,,for pricking out two
bookes of organ parts,,): cit. in Westrup 1947, 24, dove si dimostra che l'attività di
Purcell come copista per l'Abbazia fu assolutamente occasionale, visto che dal 1676
in poi altri suoi colleghi della Cappella Reale, molto meno noti, ricevettero maggiori
somme per simili incarichi.
21 I:anthem composto da Purcell per l'incoronazione del 1685 è My heart is
inditing (Z 30).
54 Henry Puree!!

3 gallerie separate e distanti tra loro, mentre il re è in primo


piano a livello di terra. I cantori della Chapel Royal, con un
piccolo organo, si individuano nella galleria di sinistra; di
fronte si trovano ''The King's quire of Instrumentall Musick''
(gli strumentisti) ed infine il coro dell'Abbazia, nella galleria
piu lontana, sullo stesso lato degli strumentisti. 22 Il 5 marzo
1695, sempre alla Westminster Abbey, fu eseguita l'ultima
composizione sacra di Purcell, la musica per i funerali della
regina Mary, ripetuta poi in novembre per la sua stessa cele-
brazione funerale. 23
Nel 1673 fu assegnato ad Henry Purcell il primo incari-
co documentato, quello di assistente di John Hingeston.
Questi era ufficialmente il <<custode, costruttore, curatore,
riparatore ed accordatore dei regali, organi, virginali, flauti
traversi e diritti e di tutte le altre sorti di qualsivoglia stru-
mento a fiato>> di corte,24 ma era anche il padrino di Henry.
Ricordato nel testamento di Hingeston insieme con la madre
Elizabeth, Purcell ne ereditò anche il posto, dal 1683.25 Una
annotazione dei registri amministrativi di corte del 16 feb-
braio 1684 elenca i compiti ora affidati a Purcell: 26

[Si accorda l'incarico di riparare ed accordare gli strumenti musicali


di corte] ad Henry Purcell al posto diJohn Hingeston, deceduto [con
60 sterline annue piu il denaro necessario per riparare e costruire ogni
tipo di strumenti] [... ] nella stessa piena ed ampia maniera in prece-
denza concessa al suo predecessore il nominato J ohn Hingeston.

22 L'immagine, tratta da Francis Sandford, History o/ Coronation, London,


1687, figura a p. 92, è riprodotta in The Glory of the Tempie and the Stage: Henry
Purcell 1659-1695, 1995, 21.
23 Holman 1994, 143.
24 <<Keeper, maker, mender, repairer and tuner of the regals, organs, virgi-
nals, flutes and recorders and ali other kinds of wind instruments whatsoever>> (cfr.
Ashbee, Records, I, 1986, 210 e Campbell, 81).
25 Fin dalla nomina come assistente, nel 1673, a Purcell venivano assegnate
30 sterline annue con l'incarico di sostituire il titolare in caso di malattia o morte.
La nomina ufficiale del 1683 è registrata in Ashbee, Records, I, 1986, 126 e 132.
26 Cit. in Ashbee, Records, I, 1986, 210 e Campbell, 81. Il documento origi-
nale specifica minuziosamente i compiti, compresa la ricerca e la contrattazione per
il miglior prezzo dei materiali da utilizzare in nome del re: ,,[ ... ] workinge, labourin-
LA vita 55

Nel 1673, l'anno del suo primo incarico, era apparso per
la prima volta un brano a stampa sicuramente attribuibile ad
Henry, edito daJohn Playford nell'antologia londinese di Ayres
and Songs, e molti altri seguirono negli anni successivi, sempre
nelle diffuse raccolte di Playford. Le citate Sonatas in Three
Parts del 1683, costituirono invece la prima edizione monogra-
fica a stampa, anche se le Fantasie a 4 per consort di viole, rima-
ste manoscritte, erano già completate nel 1680. In quest'ultimo
anno, cruciale nella produzione del nostro autore, fu composta
la prima delle odi per i sovrani, che avrebbero costituito una
serie di ben 25 titoli fino alla morte del compositore.
Infatti, dopo le prime grandi composizioni di musica
sacra, si era consolidata la carriera a corte di Purcell. Dopo
che John Blow aveva già ceduto ad Henry nel 1679 il suo
posto di organista all'abbazia di Westminster, il 14 luglio 1682
Purcell fu ammesso ufficialmente tra i Gentlemen della Royal
Chapel, al posto dello scomparso Edward Lowe, uno dei tre
organisti della Cappella. Già nel 1677 gli era stato conferito
dal re un incarico musicale di grande prestigio: compositore
ordinario per i violini della Cappella Reale, al posto di
Matthew Locke. Questi è considerato un altro dei maestri del
giovane Henry, anche in base ad una lettera (oggi scomparsa e
di cui non è possibile provare l'autenticità) che sarebbe stata
inviata da Locke nei suoi ultimi anni di vita: 27

ge, makeing and mending any of the instruments aforesaid [ ... ] And also lycence and
authority to the said Henry Purcell or his assigns to take up within ye realme of
England ali such mettalls, wyer, waynscote and other wood and things as shalbe
necessary to be imployed about the premisses, agreeing, paying and allowing reaso-
nable rates and prices for the same. And also in his Majesty's name and upon reaso-
nable and lawfull prices, wages and hire, to take up such workmen, anificers, labou-
rers, worke and store houses, land and water carriages and ali other needful things as
the said Henry Purcell or his assignes shall thinke convenient to be used on ye pre-
misses. And also power and authority to the said Henry Purcell or his assignes for
the premisses, agreeing, paying and allowing reasonable rates and prices for the
same, in as full and ampie manner as the saidJohn Hingston [ ... ] fo1111crly had,,.
27 Trascritta per la prima volta in Cummings 1903, 27 e poi, tra gli altri, in
Zimmerman 1983, 36 e Duffy, 45. Locke, che abitava proprio nella parrocchia di
Savoy (St. Mary Le Strand) conosceva Henry Purcell (I), che aveva cantato in The
56 Henry Puree/I

Caro Harry,
Alcuni dei gentiluomini della Musica di Sua Maestà intendono ono-
rare questa sera con la loro compagnia la mia povera residenza, e mi
piacerebbe che tu venissi con loro. Porta teco, Harry, l'ultimo tuo
anthem, e cosi pure il canone che abbiamo composto insieme nel
nostro ultimo incontro. Tuo in tutto,
M. Lock
[Parrocchia di] Savoy, Marzo 16[ ... ].

Nel 1681, a meno di 23 anni, Henry aveva sposato una


ragazza di nome Frances Peters, figlia del fiammingo John
Baptist Peters, morto a Londra nel 1675. 28 Dall'unione nac-
quero, oltre a tre figli morti in tenera età, due figlie ed un
maschio di nome Edward, nato nel 1689, che sarebbe dive-
nuto organista, proseguendo con lo zio Daniel la tradizione
musicale di famiglia.
L'ingresso nella piu prestigiosa cappella musicale d'In-
ghilterra segnò per Purcell la svolta: negli anni fino al 1688,
divenne il compositore ufficiale per tutte le esigenze rituali e
celebrative della corte (''The Glory of the Tempie'', secondo
le parole del suo collega Henry Hall), dedicandosi esclusiva-
mente agli incarichi a Whitehall, il palazzo reale. La piu
importante fonte musicale collegata a questo periodo è il
''Whitehall Book'' (R.M.20.h.8), un manoscritto autografo

Siege o/ Rhoder, l'opera composta in parte anche da Locke (ne parla, tra gli altri,
Pepys). Matthew Locke era nato a Exeter verso il 1621 ed aveva studiato con Edward
Gibbons, fratello del celebre Orlando, prima di studiare all'estero, soprattutto nelle
Fiandre, musica francese e italiana. Al momento della Restaurazione, nel 1660, otten-
ne ben tre prestigiosi incarichi a corte: compositore del servizio privato del re, organi-
sta della regina e compositore per gli strumenti a fiato e i 24 violini reali.
28 L'ampia e accurata ricostruzione della biografia di Francese della famiglia
Peters è in Duffy, 6 lss. (che dimostra con una certa attendibilità che la data del
matrimonio, finora accettata come 1682, deve essere anticipata all'anno preceden-
te). Dai documenti allegati al testamento del padre di Frances, si viene a sapere che
questi era nato a Gand nel 1622 e, benché battezzato come cattolico, si era trasferi-
to a Londra dove ottenne la naturalizzazione nel 1663, dopo essersi dichiarato pro-
testante. Duffy riporta anche la diceria, tramandata da biografi settecenteschi, per
cui la morte di Henry Purcell sarebbe stata causata - sia pure involontariamente -
dalla moglie Frances, indispettita per le ripetute assenze notturne del musicista,
appassionato frequentatore di taverne in compagnia di allegre brigate (67ss.).
La vita 57

che accoglie, in ordine cronologico, la musica che Purcell


aveva utilizzato nelle svariate occasioni festive, stabili o ecce-
zionali, per i servizi della Cappella o per i trattenimenti pri-
vati del re (con un'ampia sezione di musica profana). La
morte per colpo apoplettico del suo primo protettore, Carlo
II, il 3 febbraio 1685, non ebbe alcuna conseguenza sulla
carriera a corte di Purcell, ormai ben awiata. Al contrario,
dopo aver composto nell'aprile dello stesso anno parte della
musica per l'incoronazione del nuovo sovrano Giacomo II,
Purcell continuò a scrivere in gran numero partiture celebra-
tive per awenimenti legati alla famiglia reale, comprese le
prime grandiose odi. Giacomo - ritratto come glorioso
Cesare nella prima ode reale di Purcell, Why are ali the
muses mute? - si limitò a rendere esplicito l'orientamento
cattolico del governo che Carlo II aveva a lungo occultato.
Un cambiamento radicale fu invece imposto dalla Glorious
Revolution con l'esilio definitivo, nel 1688, di Giacomo II e
l'awento di Guglielmo d'Orange.
I nuovi sovrani protestanti, pur succedendo ad un re
cattolico, non portarono nell'apparato di corte trasformazio-
ni nette. Nel caso della Chapel Royal - baluardo anglicano
nel cuore della corte - awenne esattamente il contrario, poi-
ché dopo l'incoronazione di Guglielmo III e di Mary, nel
1689, l'organismo perse progressivamente la sua importanza.
E tuttavia le mirabili odi composte da Purcell per la regina
Mary indicano che il livello esecutivo della Cappella non
scese rispetto all'età precedente. Inoltre furono ancora spo-
radicamente commissionate a Purcell composizioni dedicate
ad awenimenti politici o familiari che il sovrano volle cele-
brare in maniera significativa, come la vittoria sull'esercito
giacomino in Irlanda (1690) o il sesto compleanno del delfi-
no William, duca di Gloucester (1695) - l'unico figlio
soprawissuto dei principi Anna e George, che sarebbe piu
tardi salito al trono.
Nel 1680 si era inaugurata una nuova esperienza artisti-
ca: la collaborazione con i teatri di Londra, a partire dalle
musiche incidentali per il Theodosius di Nathaniel Lee. Per
58 Henry Puree!!

la verità, nei dieci anni successivi Purcell non ebbe molte


occasioni di ripetere l'esperienza di Theodosius. Eppure pro-
prio in quel periodo maturò l'unica composizione teatrale di
Purcell definibile come autentica ''opera'', nel senso conti-
nentale del termine, che è anche l'unica non destinata ai tea-
tri pubblici londinesi. Si tratta di Dido and Aeneas, una parti-
tura breve scritta per una occasione ancora poco chiara, la
cui prima esecuzione certa ebbe luogo nel 1689 presso la
Priest's School, un convitto scolastico femminile di Chelsea,
quartiere periferico di Londra, dove Purcell dava lezioni di
musica alle giovani allieve. Il collegio era diretto da Josias
Priest, che nei decenni precedenti aveva dominato i teatri
londinesi come ballerino e coreografo. Ma sembra assai pro-
babile che Purcell avesse composto Dido molti anni prima,
forse addirittura per una festa di corte degli ultimi anni di
Carlo II, come l'analoga operina Venus and Adonis, ''A
Masque for the Entertainment of the King'', scritta per re
Carlo dal collega John Blow.29
Se queste opere di corte in miniatura tentavano di rivi-
talizzare il masque del primo Seicento con le forme del dram-
ma musicale francese, Purcell ebbe la possibilità di seguire
nei teatri di Londra tutti i tentativi dei suoi piu stimati colle-
ghi di dar vita ad una forma di spettacolo lirico paragonabile
al melodramma continentale.
'
E necessario ricordare che negli spettacoli allestiti prima
della ''Glorious Revolution'', il compositore della musica
doveva arrangiare soltanto una serie di pezzi strumentali e di
arie incidentali, dato che gli attori protagonisti recitavano e
non cantavano. Ma già prima di Theodosius erano state alle-
stite con alterno successo alcune semi-opere, tra cui The
Empress o/ Marocco con musiche di Matthew Locke (Dorset

29 Un primo tentativo di allestire a Whitehall uno spettacolo di corte di que-


sto tipo risale in realtà al 1675, con Calisto, un elaborato masque con musica di
Nicholas Staggins. Cfr. Andrew R. Walkling, Masque and Politics at the Restoration
Court: fohn Crowne's Calisto, "Early Music", XXIV/I, 1996, 27-63, ed in generale
Price 1984 sul significato di propaganda politica legato a queste produzioni di corte.
La vita 59

Garden 1673 ); la rielaborazione di Tempest ancora con musi-


che di Locke (Dorset Garden 1674); Ariane - da Cambert -
allestimento di una troupe francese diretta da Louis Grabu
(Drury Lane 1674); Psyche - da Lully - musicata insieme da
Locke e dall'italiano Giovan Battista Draghi (Dorset Garden
1675); Circe di John Banister (Dorset Garden 1677). Dopo il
1680 questi esperimenti teatrali si intensificarono, soprattutto
a partire da modelli francesi: Cadmus et Hermione di Lully fu
probabilmente rappresentata a Londra nel 1686, preceduta
nel 1685 dallo spettacolo che piu si avvicinava alla forma con-
tinentale dell'opera interamente cantata: Albion and Albanius
di Grabu, su libretto del celebre poeta John Dryden, che
avrebbe in seguito avviato una stretta collaborazione con
Purcell.
L'attività teatrale di Henry si fece piu intensa solo negli
ultimi cinque anni della sua vita, in coincidenza con la dimi-
nuzione dei suoi impegni a corte, e produsse, tra gli oltre qua-
ranta titoli delle sue musiche di scena, i primi capolavori del
teatro musicale inglese. Intanto aumentava la sua fama e si
avviava il processo di mitizzazione del nuovo Orfeo inglese.
Già considerato <<the pride and wonder of the age>> per la sua
produzione sacra, poco piu che trentenne Henry Purcell
divenne cosf anche <<the glory of the stage>> (sempre citando
l'elogio postumo di Henry Hall). Al Dorset Garden furono
rappresentate in successione Dioclesian (1690), King Arthur
(1691), The Fairy Queen (1692) e al Drury Lane The Indian
Queen (1695). Inoltre alcune delle sue musiche di scena presen-
tano ampie sezioni interamente cantate e strumentate: Bonduca,
Circe, Timon o/ Athens, Don Quixote, The Libertino. Dei due
teatri di Londra in concorrenza tra loro, il Dorset Garden, do-
tato di macchinari piu sofisticati, fu naturalmente la sede pri-
vilegiata per le semi-opere di Purcell, ma numerose furono
anche le musiche incidentali scritte per le commedie recitate
al Drury Lane.
Può sembrare strano che siano in genere poco accurate
ed affidabili le fonti superstiti delle composizioni per il tea-
tro (a parte l'autografo parziale di The Fairy Queen, Ms. 3
60 llenry Puree/I

della Royal Academy of Music di Londra) e che solo una


delle sue fortunate ''semi-opere'', Dioclesian, sia stata stam-
pata nel 1690, per cura della moglie Frances (la quale in
seguito avrebbe pubblicato diverse raccolte di arie e musiche
strumentali del marito, anche postume, molto piu commer-
ciabili). La spiegazione è fornita nel 1702 dallo stampatore
londinese John Walsh nella prefazione alla sua edizione del
]udgement o/ Paris di Daniel Purcell: <<Dioclesian aveva
incontrato cosi poco successo nella sua versione a stampa, da
scoraggiare la stampa di altre opere integrali, pur non meno
eccellenti>>. 30 Non si usava peraltro stampare partiture com-
plete di melodrammi neppure negli altri paesi europei.
Negli anni immediatamente successivi alla morte di
Henry, la moglie Frances si affrettò a pubblicare presso
Playford gran parte delle composizioni del marito rimaste
inedite. Attraverso queste edizioni si può comprendere la
frenetica attività degli ultimi anni del compositore, impegna-
to contemporaneamente nei teatri pubblici, nelle sue varie
mansioni a corte (soprattutto le odi per la regina Mary),
come consulente di editori musicali e come insegnante priva-
to di musica. Quest'ultima attività è assai poco documentata,
ma doveva essere fortemente remunerativa, a giudicare dai
pagamenti versatigli dalla famiglia Howard per le lezioni pri-
vate da lui impartite tra il 1693 e il 1695.
La situazione economica di Henry Purcell, dopo
vent'anni di attività professionale presso le maggiori istitu-
zioni musicali d'Inghilterra, non era certo florida. Fino alme-
no alla data del suo matrimonio, nel 1681, i suoi guadagni a
corte erano di molto inferiori a quelli dello zio Thomas.
Questi era riuscito a cumulare tante cariche da poter contare
negli ultimi anni della sua carriera su un reddito, davvero
cospicuo per quei tempi, di circa 250 sterline annue.31
Thomas svolse forse una seconda attività nascosta di confi-

}O Prefazione dello stampatore all'edizione del Judgement o/ Paris di Daniel


Purcell (London, Walsh, 1702).
31 Campbell, 20.
ù, vita 61

'
dente segreto del re. E certo che durante gli anni Settanta la
sua condizione economica migliorò tanto che poté trasferire
la famiglia in una grande e comoda casa dalle parti di St.
James's Park.3 2 La sola Chapel Royal fruttava a Thomas dal
1674 una media di 100 sterline annue, incrementate da inca-
richi temporanei: in realtà, per i ritardi a volte decennali con
cui l'amministrazione reale provvedeva a versare gli arretrati
ai suoi dipendenti, la disponibilità effettiva era di molto infe-
riore. Dopo la morte di Thomas la sua vedova si affannò per
riscuotere i suoi compensi arretrati.33
Per il nipote l'avvio professionale fu assai meno agiato.
Si può calcolare che negli anni fino al 1688 il cumulo dei
suoi incarichi ufficiali (non tenendo conto di eventuali lezio-
ni private) portava a Henry una entrata media di circa 81
sterline annue. La sua famiglia aveva attraversato i periodi
piu difficili del secolo: la rivoluzione di Cromwell, la peste,
l'incendio di Londra. L'impiego stabile a corte era già un
miraggio per ogni musicista di talento. Oltre alle 30 sterline
annue come assistente del curatore degli strumenti musicali
Hingeston (dal 1673 ), Henry poteva contare dal 1679 sulla
paga di organista dell'Abbazia di Westminster: sono persi
alcuni registri di quegli anni, ma secondo Westrup il guada-
gno doveva essere di circa 10 sterline annue piu 8 per l'affit-
to di una casa, oltre alle 2 sterline di media per gli interventi
di accordatura già assegnatigli dal 1675. 34 Dal settembre
1677 era stato promosso al ruolo di compositore per i violini
del re ma la paga accordatagli, di poco piu di 16 sterline
annue, non fu versata fino almeno al dicembre 1680. 35 Ai

32 Cfr. Duffy, 42 (con riferimento anche all'ipotesi sul "dual role" di Thomas).
33 In Ashbee, Records, I, 1995, risultano le differenze di trattamento econo-
mico tra i due Purcell: ad esempio il 17 maggio 1682 Thomas riceve 100 sterline
contro le poco piu di 11 del nipote Henry (245), ma due mesi piu tardi a Thomas
sono assegnate solo 31 sterline e spiccioli. Nel 1683 la vedova di Thomas attendeva
ancora il pagamento di 50 sterline e 100 sterline risultavano ancora non pagate al
musicista (sollecitate dagli eredi) negli anni successivi.
34 Westrup 1947, 35.
35 Ashbee, Records, I, 1986, 173,192,231 e V (1991), 79.
62 Henry Puree/I

Gentlemen della Cappella Reale, in quegli anni, si sommava-


no altri 62 musici ''ordinari'' di corte, divisi in tre organici: la
musica ''privata''del re, la banda dei fiati, e i 24 violini del re
(Four and Twenty Fiddlers), sotto la direzione di Nicholas
Staggins; infine seguivano, ultimi nella gerarchia sociale, 16
trombettieri ed un tamburino.3 6
Dal 1682 Henry aveva sommato ai precedenti incarichi
quello di organista della Chapel Royal, ma le entrate relative
sono difficili da valutare,3 7 anche a causa della frequenza dei
pagamenti aggiuntivi per feste o eventi particolari: per il
Natale 1683, per esempio, egli ricevette un'addizionale cifra
di poco piu di 16 sterline. Soltanto negli anni Novanta l'in-
nalzamento del suo status risulta anche dai pagamenti per il
servizio a corte (50 sterline di media), ma è certo che in quel
periodo le maggiori entrate gli derivavano dalle composizio-
ni per i teatri e dalle lezioni private. Non era inoltre trascura-
bile il guadagno di collaborazioni piu o meno occasionali: si
pensi all'incarico di curare la riedizione della dodicesima edi-
zione del trattato di John Playford, A Brie/ Introduction to
the Skill o/ Musick, nel 1694.38
I documenti amministrativi ci consentono di scoprire altre
labili tracce dell'uomo Purcell, o almeno della sua capacità di
scrivere lettere e petizioni. Il 10 giugno 1687 aveva rivolto
un'accorata supplica, nella sua qualità di curatore degli stru-
menti musicali di corte (carica per la quale, veniamo cosi a
sapere, era giunto a guadagnare 60 sterline annue), per un rim-
borso spese di circa 20 sterline. La petizione era stata inoltrata
dall'amministrazione al dean della Chapel Royal in data 12
dicembre dello stesso anno, ma non se ne conoscono gli esiti. 39

36 Holman 1993. Noteremo per inciso che molti di questi musicisti, soprattut-
to gli strumentisti dei "24 violini", collaboravano attivamente con i teatri di Londra.
37 In Ashbee, Records, VIII, 1995, 245-6, 254,258,261,263, 271, 274-6,
284, 300, sono indicate per Henry Purcell cifre diverse, da poco piu di 11, a 23 fino
a 40 sterline per gli anni 1682-1685 e 50 nel 1692.
38 Ne esiste una edizione facsimile, a cura di F.B. Zimmerman, apparsa a
New York nel I 972.
39 Ashbee, Records, VIII, 1995, 271 (e 274 per l'invio al Dean).
La vita 63

Simile ed ancor piu particolareggiata una nuova petizio-


ne, inoltrata in data 18 febbraio 1688, <<per pagare 81 sterline
ad Henry Purcell per carichi da lui già spesi o che saranno
spesi nel restaurare l'organo della Chapel Royal, e per prov-
vedere ai clavicembali per il servizio di Sua Maestà dal
tempo della salita al trono di Sua Maestà fino al Natale scor-
so>> (si raccomandava inoltre di inserire tra le spese fisse 56
sterline per anno allo stesso scopo). 40 In appendice a questo
documento si trova allegata una copia non autografa del ren-
diconto delle spese predisposto dallo stesso Purcell, che
testimonia della sua meticolosità e della sua competenza: 41
L'organo al presente è cosi malandato che per pulirlo, accordarlo e
metterlo in buon ordine non ci vorrà meno di (40 e per mantenerlo
tale ci vorranno f20 per anno dunque almeno f20. Os. Od.
Per l'affitto di un clavicembalo, trasporto ed accordatura per tre
prove ed esecuzioni di ciascun song per il Re a (4 per song per 4
diversi songs almeno (16. Os. Od
Poiché il salario [totale] del posto al tempo del vecchio Re era di
.i:60 per anno, per ogni cura e problema che dovesse inevitabilmente
accadere: f20. Os. Od.
06. Os.Od
Pertanto umilmente supplico di poter essere confermato col salario
annuale di 06 a cominciare dal Natale 1687.
E poiché restaurare l'organo costerà come detto in precedenza
almeno f:40. Os. Od.
e la mia fattura, già consegnata, in scadenza al capodanno 1686
[=1687] ammonta a f20. 10s. Od.
poiché il servizio già effettuato equivale alla somma di f20. Os. Od.
Totale f:81. Os. Od

Supplico umilmente che sia dato ordine per effettuare il presente


pagamento della somma totale di ottant'uno sterline.
Henry Purcell

Suppliche dello stesso tenore - dei suoi colleghi Cooke,


Humfrey e dello stesso Thomas Purcell - affollano i libri di
conti della corte di Londra.

40 Ashbee, Records, VIII, 1995, 275s.


41 Ashbee, Records, VIII, 1995, 276 (il documento era già stato trascritto in
Westrup 1947, 57).
64 Henry Puree/I

Si riferisce sempre a questioni economiche l'unica lette-


ra autografa conosciuta di Henry Purcell, scritta al dean di
Exeter il 2 novembre 1686, che tratta di un forte debito con-
tratto da un suo allievo:42

Westminster, 2 Novembre 1686

Ho scritto molte volte al Sr. Webber in relazione a ciò che era a me


dovuto sul conto di Hodge e non ho ricevuto alcuna risposta, il che
mi ha causato la presunzione di poterle arrecare il fastidio di pochi
'
righi in riferimento a questo fatto. E 0111,ai dagli inizi dello scorso
giugno che il denaro doveva essere versato: la somma è di f27, cioè,
f20 per la metà di un anno d'insegnamento e di pensione completa;
l'altra fattura di f.7 si riferisce a cose necessarie alle quali ho dovuto
provvedere per lui, che è la fattura che ha il Sr. Webber. La compas-
sione m'impedisce di informarla di debiti ancora maggiori contratti
dal Sr. Hodge mentre si trovava a Londra e per essere [i creditori]
tanto poveri sarebbe un atto di carità, oltre che di giustizia, pagarli.
Spero che lei sarà cosi gentile da voler prendere in considerazione
tutto ciò ed inoltre da perdonare questa arditezza dal
Di lei molto obbligato umilissimo servitore
Henry Purcell

Altrettanto rivelatrice del carattere modesto e pacato


del compositore è la lettera dedicatoria ai ''Gentlemen of the
Musical Society", che avevano patrocinato nel 1683 l'ode a
Santa Cecilia Welcome to Alt the Pleasures e che compare
nell'edizione a stampa curata l'anno seguente da Playford:43

illustri Signori, il Vostro gentile Consenso e la benevola Accoglienza


dell'esecuzione di queste Composizioni Musicali per il giorno di
Santa CECILIA (in segno di Gratitudine) rendono opportuna que-
sta DEDICA, che nello stesso tempo consente all'Autore di rendere
noto al Mondo l'Obbligo contratto nei vostri confronti e eh' egli si
professa di tutti gli Amanti della Musica,
Vero Amico e Servitore,
Henry Purcell

42 Exeter Cathedral Library. La lettera fu riprodotta in facsimile per la


prima volta da Westrup 1947, tavola a fronte di 21; trascritta in Campbell, 102s.
43 Campbell, 85.
La vita 65

Dagli scarni dati biografici che abbiamo riassunto emer-


ge una figura di musicista molto meno eroica e felice di quel
che i contemporanei e i biografi vollero delineare. Gli incari-
chi ufficiali a corte (con l'eccezione delle odi celebrative) non
furono i piu elevati e neppure ben pagati. Ciò fu forse dovuto
all'alternanza di tre sovrani di fede differente e con gusti spes-
so opposti. Possiamo solo supporre che il giro della musica
privata fosse per Purcell una proficua fonte di reddito, che
tuttavia dovette portarlo ad un rapido esaurimento fisico che
favori la malattia mortale: come Pergolesi, Mozart o Schubert,
musicisti altrettanto mitizzati dall'estetica romantica.
Con una coincidenza rilevata da tutti i biografi, la morte
colse Purcell la sera del 21 novembre 1695, vigilia della festa
di Santa Cecilia patrona della musica, alla quale il composi-
tore aveva dedicato alcune delle sue odi piu suggestive. Un
funerale imponente gli fu tributato dalla corte, dai suoi colle-
ghi e dalla società londinese. Sulle colonne del quotidiano di
Londra ''The Flying Post'' apparve in quei giorni la notizia
che <<Mr Henry Pursel uno dei piu rinomati maestri nella
scienza musicale d'Inghilterra, e non inferiore a qualunque
altro in Europa>> sarebbe stato seppellito a Westminster per
espressa volontà del decano e del Capitolo <<con la massima
solennità>>. 44 Fu sepolto proprio sotto l'organo la sera del 26
novembre: era presente l'intero Capitolo e fu eseguita la
musica da lui stesso composta nel marzo precedente per i
funerali della regina Mary, con i cori di Westminster e della
Chapel Royal, sotto la direzione di Stephen Crespion. Il suo
monumento sepolcrale fu pagato dalla devota allieva Lady
Annabella Howard e vi fu apposta l'iscrizione:45

QUI GIACE HENRY PURCELL Che ha lasciato questa Vita per


raggiungere quel Luogo Santo che è il solo in grado di superare la
sua Armonia. Mori il 21 novembre del suo 37.mo anno di vita, nel-
]' anno del Signore 1695.

44 Cit. tra gli altri in Campbell, 237; Keates, 276.


45 ,,HERE LYES HENRY PURCELL Esq. Who left this Life and is gone to
chat Blessed Piace where only his Harmony can be exceeded. Obiit 2lmo die
66 Henry Puree/I

Henry riusci a scrivere di suo pugno il testamento poche


ore prima di morire nella sua casa di Marsham Street. Si awer-
te il peso di una penosa malattia, probabilmente tubercolosi, e
un'amorevole premura nei confronti della moglie Frances (che
un secolo dopo sarebbe stata ingiustamente accusata da
Hawkins di averne causato la morte):46

Nel nome di Dio, Amen. Io, Henry Purcell, della Città di Westminster,
gentiluomo, essendo pericolosamente malato nella costituzione del
mio corpo, ma in buona e perfetta mente e memoria (sia resa grazie
a Dio), intendo con la presente rendere pubblico e dichiarare che
questa è la mia ultima Volontà e Testamento. E con la presente Io
intendo lasciare in eredità alla mia amata Moglie, Frances Purcell,
tutti i miei Beni mobili e immobili di qualsivoglia natura e specie, a
lei e a coloro che lei designerà per sempre. E con la presente io
intendo costituire ed incaricare la detta mia amata Moglie come mia
unica Esecutrice di questa mia ultima Volontà e Testamento, annul-
lando ogni precedente Testamento o Testamenti.
Firmato e sigillato di mia mano questo ventunesimo giorno di
Novembre dell'Anno del Signore Mille seicento novanta cinque, e
nel settimo anno del Regno del Re Guglielmo III.
Henry Purcell

La moglie Frances gli soprawisse fino al 1706, dopo


essersi trasferita in una nuova casa nel quartiere alla moda di
Dean's Yard (dove fu accolta probabilmente anche la vecchia
madre di Henry, fino alla di lei scomparsa nel 1699). Qui
Frances intraprese la pubblicazione delle opere inedite del
marito, col doppio intento di preservarne la memoria e la
gloria, ma anche di ricavarne utili per sé e per i figli: due rac-
colte di lezioni per clavicembalo (A Choice Collection o/
Lessons /or the Harpsichord), dedicate alla principessa Anna,

Novembris Anno Aetatis suae 37mo Anno Domini 1695>> (Campbell, 241; Keates,

277). Annabella era la quarta moglie di Sir Robert Howard, un autore teatrale che
ebbe per questo lunga frequentazione con Purcell. Lady Annabella, non per caso,
fu la dedicataria dell'O,pheus Britannicus. Poiché Howard era tra l'altro cognato di
Dryden, è possibile che l'epitaffio sia stato scritto da quest'ultimo, come suggerito
(ma con altra argomentazione) da Zimmcr111an.
46 Testamentum Henrici Puree// PCC: 243 lrby (Somerset House),
December 1695, riportato in Campbell, 236.
La vita 67

le arie teatrali (A Collection o/ Ayres, Compos' d /or the


Theatre), un libro di Sonate ed il Te Deum e Jubilate. Poco
prima di morire Frances abbandonò l'attività editoriale e si
trasferi a Richmond in casa di un fratello.
Degli altri membri della famiglia il fratello di Henry,
Daniel Purcell, dopo otto anni di oscuro servizio come orga-
nista al Magdalein College di Oxford, tornò stabilmente a
Londra in coincidenza con la morte del fratello nel 1695 e vi
avviò una intensa attività artistica. Completò le musiche
incompiute del fratello maggiore, tra cui The Indian Queen,
che pubblicò nel 1696. Compose quindi, fino al 1707, musi-
che di scena per oltre 40 commedie, ed avrebbe proseguito
tale attività se non si fosse diffusa quella moda della musica
italiana che favori l'arrivo di Han del a Londra. La personalità
di Daniel è stata oscurata da quella di Henry, ma la sua pro-
duzione superstite è di notevole qualità (soprattutto la musica
strumentale, alcuni anthems, le odi) mentre il suo ruolo nel
sistema teatrale londinese fu perfettamente in continuità con
quello svolto dal fratello. Gli ultimi anni della vita di Daniel,
fino alla morte avvenuta il 26 novembre 1717, trascorsero nel-
l'umile occupazione di organista di periferia, nella chiesa di
Sant' Andrea ad Holborn, un sobborgo di Londra.
Piu triste la vicenda esistenziale del figlio musicista di
Henry, Edward, che dopo la morte della madre, nel 1706, si
pose sotto la tutela dello zio Daniel. Alla morte di questi, tutta-
via, non riusci neppure a prenderne il posto come organista
della chiesa di Holborn. Organista fu anche suo figlio, Edward
Henry, che fu accolto, come i suoi antenati, tra i Gentelmen
della Chapel Royal, morendo cinquantenne nel 17 65.
III
''GLORIA DEL TEMPIO E DELLA SCENA'':
LE OPERE DI PURCELL

... The Glory o/ the Tempie, and the Stage


(Henry Hall, Orpheus Britannicus)

I numeri d'opera assegnati da Franklin Zimmerman al


Catalogo delle composizioni di Henry Purcell sono 871 (con-
trassegnati con la lettera Z), oltre a circa un centinaio di
opere di dubbia attribuzione (D) e una cinquantina di opere
certamente spurie (S). Non è l'elevato numero delle compo-
sizioni a destare meraviglia, data la risaputa prolificità dei
compositori dell'età barocca, ma resta il fatto che tante opere
di cosi alta qualità siano state composte in soli quattordici
anni di attività professionale. Rispetto al catalogo stabilito da
Zimmerman nel 1963 poche ma significative sono le aggiunte
o le espunzioni, seguite alle ricerche dei decenni successivi.
La piu importante addizione recente di musica di Purcell è il
manoscritto per tastiera, parzialmente autografo, riscoperto
nel 1993 ed oggi conservato presso la British Library, che
testimonia di come sia possibile ancora ai nostri giorni l'indi-
viduazione di ulteriori fonti musicali purcelliane di primaria
importanza. Nel nostro rapido esame complessivo della pro-
duzione musicale di Purcell, utilizzeremo una comoda divi-
sione in generi, con una attenzione particolare alla spiegazio-
ne di forme musicali poco familiari al lettore non inglese.

La musica sacra e celebrativa


Oltre un secolo prima della nascita di Purcell l'Inghilterra


aveva compiuto una trasformazione radicale della propria
70 Henry Puree//

organizzazione religiosa, attraverso la cosiddetta '' rivoluzione


anticlericale'' avviata da Enrico VIII intorno al 1540 con la
convinzione di operare una rifor111a ortodossa all'interno del
cattolicesimo: infatti, a parte il ripudio dell'autorità del papa
di Roma, che aveva consentito di assoggettare i religiosi al
potere laico (del re), essa rivoluzione prevedeva innanzi tutto
la distruzione di ogni forma di idolatria e superstizione
medievale, la diffusione di una Bibbia in inglese anche tra le
classi inferiori, il rinnovamento in senso filosofico delle scuole
dottrinali di Oxford e Cambridge. I ''protestanti'' erano
ancora ufficialmente perseguitati ma, pur essendo una mino-
ranza nell'Inghilterra di metà Cinquecento, videro gradual-
mente le loro idee diffondersi grazie all'azione del parlamento
e dei sovrani. La misura piu eclatante presa da questi ultimi
fu la dissoluzione dei monasteri e la distribuzione dei relativi,
cospicui, beni. Già con il successore Edoardo VI, nel 1547, la
dottrina protestante aveva ottenuto il suo riconoscimento
ufficiale e protestanti si definivano orgogliosamente tutti i
migliori intellettuali della nuova generazione. Il First Act o/
Uni/ormity, nel gennaio 1549, stabili che in tutte le cerimonie
religiose la lingua inglese doveva rimpiazzare il latino.
Accanto alle celebrazioni ufficiali della scarna liturgia di
quella che si defini allora Chiesa Anglicana (seroices quotidiani
e ser111oni), si andava imponendo la nuova religiosità che pre-
diligeva le pratiche domestiche: la lettura della Bibbia in ingle-
se e delle preghiere del Prayer Book, pubblicato per la prima
volta nel 1549 col titolo The Booke o/ the Common Prayer. Su
questi libri ''rifor111ati'' si fondava or111ai a fine Cinquecento il
nuovo ordinamento sociale inglese. Lentamente, durante il
regno di Carlo I, vescovi e clero tornarono ad esercitare la loro
influenza nella vita sociale e politica, occupando i piu impor-
tanti uffici dello stato. Questo fu un elemento non trascurabi-
le, col ritorno di un acceso clima anticlericale, nell'esplosione
della ''rivoluzione protestante'', che tra le tante preoccupazio-
ni moralistiche dett:1111inò la chiusura dei teatri e l'abolizione
dei divertimenti pubblici. Tra il 1642 e il 1644 il Parlamento
ordinò non soltanto lo scioglimento di tutti i cori nelle chiese,
Le opere 71

ma perfino l'abbattimento di tutti gli organi, insieme con gli


altri emblemi dell'idolatria.
Per circa quindici anni fu bandita l'esecuzione dei canti
nelle cerimonie pubbliche; fino a quando la Restaurazione
della monarchia, nel 1660, non reintegrò le vecchie pratiche
della Chiesa Anglicana. Regnò a lungo una situazione di con-
fusione, poiché i Puritani - che avevano perseguitato i reli-
giosi anglicani e a loro volta erano stati ufficialmente banditi
nel 1662 - continuarono a spargere nella popolazione moti
di insofferenza e sospetto per i costumi morali e religiosi
imposti dalla corte. Questa confusione non sfuggi all'occhio
critico di Lorenzo Magalotti, che dopo il suo soggiorno a
Londra del 1668 scrisse: 1

[ ... ] L'erezione degli altari, gli abiti sacri, le musiche, gli organi, le
preci molto confor111i alla Chiesa Romana, le litanie, benché senza
l'invocazione dei santi e le formalità delle cerimonie, sono tutto il
forte di questa religione e servono nell'istesso tempo ai nemici di
essa - che sono altresi quelli del re e gli amici delle novità e delle
sedizioni [ ... ] .

Il repertorio della musica da chiesa, durante i primi


tempi della Restaurazione, era forzatamente basato sulle
opere di compositori attivi prima del Commonwealth, dei
quali furono riadattati a lungo, nella Cappella Reale e nelle
cattedrali, i services e gli anthems. 2

Services

Facendo seguito al First Act o/ Unz/ormity, nel 1549 furono


dunque poste le basi del rinnovato e semplificato rito della
Chiesa Anglicana. Accanto alle preghiere domestiche ed alla
lettura della Bibbia, la pratica pubblica della religione era

1 Lorenzo Magalotti, Relazioni di viaggio in lnghilte"a Francia e Svezia, 9.


2 Sulla musica nella liturgia anglicana, prima e durante l'epoca di Purcell, cfr.
Holman 1994, 102-105, con riferimenti bibliografici.
72 Henry Puree/I

affidata a due soli servizi quotidiani, il Morning service e


l'Evening service (del mattino e della sera), durante i quali
erano intonati polifonicamente i canticles (cantici tratti da
salmi e altri testi fissi). Nel service del mattino i testi musicati
erano Te Deum e ]ubilate Deo con Benedictus o Benedicite in
alternativa; in quello serotino erano Magnificat e Nunc dimit-
tis con alternativi Cantate Domino e Deus misereatur. Vi
erano poi alcuni testi intonati durante il Communio: Kyrz·e,
Credo e a volte Sanctus e Glorz·a.3
Essendo stato Purcell attivo come organista per quasi
vent'anni, è davvero strano che risulti aver scritto cosi poco
per il servz·ce anglicano: tutto ciò che ci resta è infatti un servz·-
ce completo in Si bem. (Z 230) composto nel 1682 probabil-
mente per l'Abbazia di Westminster, un Evenz·ng Servz·ce in
Sol min. non datato (Z 231), oltre al Te Deum and ]ubilate in
Re (Z 232) del 1694. Entrambi i services sono interamente
corali (del tipo full anthem) ma vi appaiono numerose sezioni
verse (con soli e recitativi). Sono composizioni relativamente
semplici, pur includendo alcuni canoni (comunque elementa-
ri) e si direbbero scritte per modesti cori cattedralizi piuttosto
che per la Cappella Reale, come suggerisce anche il fatto che
il Servz·ce in Si bem. (che include cantici alternativi, Kyrz·e e
Nz·cene Creed) ricorra in numerose copie manoscritte. Si tratta
comunque di una composizione eccellente, per quanto ele-
mentare sotto il profilo del contrappunto. Ne ricalca la stessa
struttura tipo full+verse anthem il servz·ce serotino, che si rive-
la ancor piu semplificato contrappuntisticamente.
Il Te Deum and ]ubilate rappresenta un caso particolare
di servz·ce, essendo stato scritto per la festa di Santa Cecilia
del 1694, ed appare come una imponente partitura per trom-
be e archi, la piu lunga delle composizioni sacre di Purcell. I

3 Holman 1994, 104, ricava interessanti informazioni sulla possibile liturgia


musicale della Cappella Reale (compreso l'uso dell'organo) dalla seconda edizione
allargata del testo di James Clifford, The Devine Service and Anthems Usually Sung
in bis Majesties Chappell, and in al! Cathedrals and Collegiate Choires in England
and lreland, London, 1664.
Le opere 73

momenti di questa tardiva composizione che oggi i critici


considerano piu interessanti sono i meno esuberanti, laddove
tuttavia si scopre la perizia contrappuntistica del maturo
compositore: dialogo tra soli e coro pieno, un canone alla
quinta e uso della aumentazione al basso nella prima parte; e
poi soggetto in tripla aumentazione nello ]ubilate. Le sezioni
verse del Te Deum and Jubilate, in cui abbonda l'uso delle
trombe, erano ammirate già al tempo e per anni dopo la
morte dell'autore: in genere il brano ha sempre goduto una
popolarità notevole, anche se si tratta di una brillantezza
tutta superficiale, che non può confrontarsi con le analoghe
sezioni dei suoi migliori anthems.

Anthems

Fin dall'età medievale il termine anthem era stato utilizzato


in Inghilterra come sinonimo di ''antifona'' (da cui deriva),
soprattutto in importanti occasioni celebrative religiose o
politiche, in cui veniva utilizzata la polifonia corale. Dagli
inizi del Seicento, divenuto ormai l'anthem la piu popolare
forma di esecuzione polifonica nelle chiese inglesi, la stessa
parola definiva qualunque composizione in inglese basata su
testi scelti dal compositore da precise fonti religiose prote-
stanti: la Bibbia, il Prayer Book o altro. In questo esiste una
forte somiglianza con l'uso continentale del termine 'mottet-
to', impiegato nello stesso periodo per definire genericamen-
te le composizioni religiose in latino che non rientravano
specificamente all'interno di una celebrazione liturgica. 4
L'uso della lingua inglese e la predilezione per l'esecuzione
domestica rendono labili i confini tra l' anthem religioso e le
forme profane come il lute-song, almeno fino al 1660. Con la
Restaurazione l'anthem fece ritorno nelle chiese e la nuova

4 Le parentele tra gli anthems di Henry Puree!! e il Grand Motel francese


della stessa epoca sono estesamente illustrate in Bianconi 1982, 156-157.
74 ffenry Puree/I

edizione del 1662 del Book of Common Prayer ne stabili per


la prima volta una precisa destinazione: come appendice
extra-liturgica a conclusione dei servizi del mattino o della
sera laddove essi fossero cantati coralmente. 5
Purcell iniziò assai presto a copiare anthems di Tallis,
Byrd, Gibbons e altri compositori delle generazioni prece-
denti. Nella Cappella Reale la musica nuova era servita dai
maestri stabili, come Locke e Cooke. Quest'ultimo, in quanto
Master of the Choristers, poteva contare su numerosi giovani
allievi, alcuni molto dotati come Humfrey, Blow e Wise, che
continuarono a scrivere anthems in uno stile che probabil-
mente risentiva dell'esperienza italiana di Cooke. Ciò portò il
vecchio full anthem (una composizione basata sul trattamento
contrappuntistico delle voci in coro, non su un basso conti-
nuo bensi su basso seguente, cioè ricavato dalla linea vocale
di volta in volta piu grave) ad aprirsi ad episodi di voci solisti-
che ed a recitativi in funzione drammatica, che costituiranno
la nuova forma di anthem della Restaurazione. Purcell fin da
ragazzo fu messo in condizioni di famigliarizzarsi col vecchio
stile del full anthem e contemporaneamente fu tra i primi a
praticare il nuovo stile, in cui voci soliste e strumenti comin-
ciavano ad assumere una crescente importanza.
Una caratteristica del nuovo stile compositivo, dopo il
1660, era l'uso di sezioni di versetti per voci soliste (come nei
mottetti concertati italiani): da qui la denominazione di verse
anthem. In realtà il verse anthem esisteva già da prima del
1600, ma soltanto in epoca giacomina aveva assunto caratte-

5 Cfr. articolo Anthem in New Grave, I, 454ss. Da notare che il termine


inglese anthem ha come altro significato quello dell'italiano "inno" (per esempio
come National anthem). Non esiste un termine analogo italiano invece per la fo1111a
religiosa polifonica che stiamo descrivendo. Il traduttore italiano del capitolo di
Anthony Lewis, La musica sacra inglese (The New Oxford History o/ Music, trad. it.
Storia della Musica, V, Opera e musica sacra (1630-1750), Milano, Feltrinelli, 1978,
55 lss.), ha preferito assegnarle una fo1111a italiana femminile (la anthem), probabil-
mente in considerazione del significato originale di "antifona". Noi preferiamo
seguire la scelta della forma italiana al maschile (già adottata da Bianconi 1982,
154ss.), anche per la vicinanza col significato italiano di "mottetto" e francese di
"motet".
Le opere 75

ristiche in qualche modo piu drammatiche e in linea con lo


stile ''rappresentativo'' tipico della contemporanea musica
sacra continentale. La denominazione di queste forme deriva
dall'indicazione rispettiva di full (per indicare il tutti dei
coristi) e di verse (sezione per voce solista o per coro di una
voce per parte), che poteva comparire sulla partitura.
Esistevano anche fur111c miste, in cui l'antico full anthem
presentava anche sezioni di voci sole, con effetto di contrasto,
ma senza la necessità di un proprio accompagnamento speci-
fico: viene definito full+verse, proprio per esplicitare la sua
doppia componente. Un'altra caratteristica, che ritroviamo
soltanto nel repertorio per la Cappella Reale, era la presenza
di una orchestra di corde ogni volta che un brano doveva
essere eseguito in presenza del re, almeno fino al 1685.
Quando in un verse anthem la parte orchestrale arriva a gode-
re di una autonoma sinfonia (in genere ''alla francese'') e di
ritornelli, esso è definito symphony anthem. Un ibrido tra
tutti questi tipi, assolutamente anomalo e denominato concer-
ted anthem, è dato dall'unione di un symphony anthem con
un full+verse anthem, in cui tuttavia le parti vocali sono tutte
corali (a doppio coro) e il basso è seguente. Uno dei rari
esempi di una composizione di questo tipo (3 soli casi per
tutto il Seicento inglese) è l' anthem per l'incoronazione di
Giacomo II e Maria di Modena scritto da Purcell nel 1685.
Gli anthems di Purcell - circa 70 composizioni - sono
generalmente suddivisi dagli studiosi nelle quattro citate sotto-
categorie. Eric Van Tassel ha fornito una comoda periodizza-
zione delle fur111c degli anthems di Purcell in relazione alle ten-
denze generali della Restaurazione che si può cosi riassumere: 6

c. 1676-80: 1 full 3 full +verse 11 verse 4 symphony


c. 1680-82: 1 full 5 full+verse 8 verse
c. 1682-85: 3 full 16 symphony
c. 1685-95: 1 full 10 verse 7 symphony

6 Eric Van Tasse!, Music /or the Church, in The Puree!! Companion, 101-199:
lise 1-4 e fig. 2, 106-114. La suddivisione nelle quattro categorie (full, verse,
76 Henry Puree!/

In realtà il vero spartiacque nella produzione di musica


sacra di Purcell, come dimostrano le analisi di Martin
Adams, è il 1685: sono oltre cinquanta gli anthems scritti
anteriormente a quella data e dei rimanenti venti, la maggior
parte risale a prima del 1689. 7 Evidentemente il numero, ma
anche la struttura e la lunghezza di questi brani dipendono
dalle circostanze politiche in cui Purcell si trovò ad operare,
attraverso i regni di tre sovrani cosi diversi l'uno dall'altro.
Il piu antico anthem di Purcell che è possibile datare,
Lord, who can teli how oft he offendeth (Z 26) fu probabil-
mente scritto prima del 1678. 8 Nel 1679 Henry era già impe-
gnato a scrivere anthems per la Cappella Reale, come indica
la lettera di Thomas Purcell a Gostling di quell'anno. Fino al
momento in cui fu nominato organista della Cappella Reale,
l'interesse compositivo di Henry sembra diviso equamente
tra full e verse anthems. Alcune di queste composizioni
dovettero essere cantate ali' Abbazia di Westminster, poiché
una ricevuta di pagamento a lui intestata nel 1681 dichiara:
<<per i Service e Anthems scritti da Mr. Purcell>>. Tuttavia,
una volta divenuto membro effettivo della Cappella Reale
nel 1682, Purcell abbandonò del tutto il full anthem. 9
I full anthems composti da Henry fino al 1682 seguono la
consolidata tradizione della polifonia vocale, benché non man-
chino segnali precoci della sua istintiva attitudine per l'armo-
nizzazione. Uno dei suoi piu antichi anthems, le Funeral

full+verse e symphony) fu proposta per la prima volta da Peter Dennison, The


.çtylistic Origins of the Early Church Music, in Essays in Honour of Sir Jack Westrup,
Oxford, 1975, 45 e passim. Una differente categorizzazione fu invece proposta da
Franklin B. Zimmerman, The Anthems of Henry Puree!!, "The American Choral
Review", XIII, 1973, nn. 3-4.
7 Adams, 164-193.
8 Si ritiene che fossero scritti tra il 1677 e il 1678 almeno altri 4 anthems (Z
28, 62, 10) e due frammenti (N 66 e 68): si tratta di verse e symphony anthems e solo
in un caso, Z 10, di un full+ verse anthem.
9 Secondo Holman 1994, 110, l'abbandono del full anthem <la parte di
Purcell e del collega Blow fu il risultato di un cambio di moda imposto dalla prefe-
renza di Carlo II per il verse anthem: anche Blow, come Purcell, dopo il 1682 non
scrisse piu autentici full anthems eccetto che per le celebrazioni delle incoronazioni
reali del 1685 e 1689.
Le opere 77

Sentences (Z 27), emula una for111a a piu cori tipica dell'inizio


secolo, ma ormai in disuso nei primi decenni della Restaura-
zione. Tuttavia, in queste Funeral Sentences di Purcell si ritro-
vano alcune delle piu raffinate invenzioni dell'autore, pur nella
semplicità quasi naturalistica della scrittura.
I piu antichi verse anthems (con organo) per molti aspet-
ti non sono dissimili dai/ul/ anthems. Anche qui vi sono molti
esempi di un trattamento del testo tipico di Purcell, con tota-
le adesione ad ogni spunto concesso alla sua immaginazione
artistica dai testi, soprattutto quelli piu intimistici e peniten-
ziali. La piu radicale innovazione del verse anthem successivo
al 1660 era stata determinata da due elementi che nel giovane
Henry trovarono un terreno fertile: l'introduzione - attraver-
so l'orchestra dei violini- del relativo stile di danza importato
dal continente e soprattutto la presenza di un basso continuo
indipendente (soprattutto per le voci soliste) al posto del vec-
chio seguente ancorato alle linee del contrappunto corale.
Purcell non abbandonò mai il suo personale gusto nel
mettere in musica dei testi evocativi, anche se nei piu ampi
verse anthems tende a trovare la principale espressione nel
recitativo. Gran parte dei suoi anthems con strumenti a
corde datano a partire dalla sua assunzione alla Cappella
Reale, ed egli continuò a scrivere opere di questo tipo fino
all'insediamento di Guglielmo III: dopo tale data, infatti, gli
strumenti a corde nelle funzioni della Cappella Reale furono
messi da parte, e soltanto due anthems di Purcell, entrambi
con organo, furono scritti in questo periodo.
Purcell scriveva per specifici cantanti, come i composito-
ri italiani d'opera: per esempio, dopo l'ingresso nella Cappel-
la Reale, nel 1679, di John Gostling, voce di basso fuori dal
comune, furono composti da Purcell alcuni dei brani piu
impervi e virtuosistici della sua epoca: 10 pochi dei moderni
esecutori sono tuttora in grado di eseguire alcune sezioni
scritte per quella voce, ad esempio in I will give thanks unto

lO Era stato definito "stupendious base" da John Evelyn nel 1685 (Evelyn,
IV, 404).
78 Henry Puree/I

Thee, o Lord (Z 20). Negli anni immediatamente successivi,


quando la Cappella Reale poteva contare anche su eccellenti
virtuosi di alto e di tenore, in particolare tra il 1682 e il 1685,
si moltiplicarono le sezioni virtuosistiche affidate da Purcell a
tali voci nei suoi anthems. Erano soprattutto i controtenori a
costituire allora il vanto della Cappella, puntualmente gratifi-
cati dalle composizioni a loro dedicate da Purcell. Com'è
noto, Londra non ammetteva ancora l'uso dei castrati per le
parti acute, assegnate ai cosiddetti controtenori acuti (voci di
falsetto), tra i quali si distinse John Abell. Invece il tenore
acuto era denominato controtenore grave: si ricordano sem-
pre in quegli anni i nomi di Turner, Damascene, Boucher,
Howell. Con il citato basso Gostling, non vi è dubbio che
questi virtuosi formassero una compagine che poteva dare
grande soddisfazione ad un compositore come Purcell, che
infatti produsse in quegli anni pagine vocalmente assai ardite.
Il piu lungo e il piu impressionante degli anthems di
Purcell è My heart is inditing, scritto per l'incoronazione di
Giacomo II nel 1685 (Z 30). In realtà questo anthem appar-
tiene alla parte della cerimonia riservata alla regina, l'infelice
e colta Maria di Modena, giunta in Inghilterra come sposa di
Giacomo fin dal 1673 e subito messasi in luce come protettri-
ce della musica. La fonte primaria è il manoscritto della
British Library R.M.20.h.8, in cui venne ricopiato dalla mano
dello stesso Purcell come ultimo della serie dei suoi anthems.
Attraverso una cronaca riccamente illustrata dell'incoronazio-
ne, pubblicata da Francis Sandford nel 1687, conosciamo
molti dettagli sulla cerimonia e sulla esecuzione dell' anthem
di Purcell. 11 Abbiamo del resto anche una colorita descrizio-
ne di Samuel Pepys, che si era recato a Westminster alle 4 del
mattino per non perdersi una buona visuale della cerimonia
che ebbe inizio soltanto alle 11. 12 Osservando le illustrazioni

l l Francis Sandford, History o/ the Coronation, London, 1687 (esemplare


alla British Library, 604. i. 19).
12 Pepys, 23 aprile 1661: ,,Con molta fatica e col favore di Mr. Cooper sono
riuscito a issarmi sul palco al lato nord dell'Abbazia, dove con molta pazienza sono
Le opere 79

di Sandford, veniamo a sapere che i musici occupavano tre


gallerie separate da una certa distanza: i cantori nella galleria
di sinistra appartenevano alla Cappella Reale, accompagnati
da un piccolo organo positivo (e non dimentichiamo che
Purcell svolgeva allora l'incarico di ''Keeper of the Organs'').
Dal lato opposto i 24 violinisti del re (''the King's quire of
Instrumentall Musick'') e piu lontano, dallo stesso lato degli
strumentisti, il coro dell'Abbazia, presumibilmente accompa-
gnato dall'apposito organo positivo. Questo coro, intorno al
1685, contava almeno 20 ragazzi e 48 cantori adulti. Per tutte
queste ragioni, la struttura di questo anthem è assolutamente
eccezionale rispetto al resto della produzione di Purcell. 13
Avendo qui a disposizione due cori, Purcell esaspera la suddi-
visione contrappuntistica tra le voci, riuscendo a rendere la
struttura ben piu solida rispetto alle composizioni scritte fino
a quel momento (impressiona soprattutto il massiccio Alleluja
finale), attraverso la tecnica dello sviluppo e della concentra-
zione armonica. Questa peculiare tecnica di scrittura dialogi-
ca per ripetizione e accumulo è ben rappresentata nella prima
sezione verse che segue alla elaborata sinfonia, sul testo
''Hearken, o daughter, consider, incline thine ear'', per tutti
gli otto solisti insieme (esempio n. 1).
Le opere scritte per esecuzioni private, per la maggior
parte nei primi anni di attività di Purcell, mostrano un carat-
tere piuttosto diverso dagli anthems finora citati. Sono
indubbiamente piu intimistiche: non era certamente necessa-
rio impressionare l'uditorio ristretto riunito per un servizio
domenicale della Cappella Reale.
Le stesse caratteristiche compositive dei primi verse
anthems compaiono nei due salmi latini destinati all'uso pri-
vato: Jehovah, quam multi, che sembra essere un'opera giova-

rimasto in attesa dalle quattro del mattino fino alle 11, ora in cui è apparso il Re
[ ... ]. Il frastuono era tale che non potei nemmeno godere della bella musica, ma
credo che fosse cosi per tutti[ ... ]>> (Il Diario di Samuel Pepys, trad. it., cit., 59-60).
l3 Cfr. Eric Van Tasse!, Purcell's Sacred Music on Record, I, "Early Music",
XXIII/4, 1995, 685-93: II, "Early Music", XXIV/1, 1996, 79-82.
80 Henry Puree//

Es. la, b: ,,Hearken, o daughter,,, prima sezione verse dell'anthem


per l'incoronazione del 1685, My Heart i,s inditing (Z 30.6)

Hear-ken, O daugh-ter, con-

-

Hear-ken, O daugh-ter. con - si - der,

Hear- ken, O daugh-ter, con -


- - •

Hear- ken, O dough-ter, con - si - der,

in - cline, ,n

-

-
si-der, con-si-der, in - cline thine ear, -

- n-
si - der,

si-der, con-si-der, in - cline thine ear, -

con - si - der,
Le opere 81

&
-
f -
CORI)
(Tuili)
Al - - - - le - lu - jah -

((lrt'b.rt\lra)
-

• •

nile, mostra dettagli armonici ragguardevoli prodotti da


scontri diatonici tra le parti (come nei salmi monteverdiani).
Sia questo che l'altro salmo Beati omnes potrebbero essere
stati scritti per la cappella della regina a Somerset House,
dov'era organista Giovan Battista Draghi. Esiste anche un
terzo brano, Domine non est exaltum, incompleto.
Queste composizioni, nonostante l'apparente forma del
Jull+verse anthem, si sarebbero chiamate in italiano 'mottetti',
e mostrano indubbiamente una forte influenza dei composito-
ri italiani, a cominciare dalla presenza di un basso continuo al
posto del tipico basso seguente. La loro destinazione privata è
dimostrata dal fatto che Purcell copiò questi brani nella sua
raccolta di musica vocale e strumentale per esecuzioni dome-
stiche, il manoscritto della British Library Add. MS 30930.
Al breve catalogo delle musiche spirituali per esecuzioni
private va aggiunta ancora una composizione su testo latino
nello stile italiano del mottetto: il Laudate Ceciliam (Z 329),
composto per la festa di Santa Cecilia del 1683, pur avendo
una sinfonia alla francese, è strutturato come un mottetto di
Carissimi, con il modesto organico previsto dalla partitura:
due violini e basso continuo con tre voci soliste, alto, tenore
82 Henry Puree//

e basso. Assolutamente insolita per un autore inglese è la


notazione musicale, che utilizza solo figure bianche, impli-
cando un simbolismo visivo nella partitura ed un altro segno
di contaminazione italiana. Invece che per la cappella cattoli-
ca della regina Caterina di Braganza, come si era ipotizzato in
passato, questo brano è oggi ritenuto parte del repertorio ese-
guito nei circoli italianofili della Scuola di musica dell'Uni-
versità di Oxford, dove erano state eseguite numerose copie
di autori italiani. '4
Sempre destinate ad una esecuzione domestica soprav-
vivono 12 composizioni sacre a solo (sacred partsongs), di cui
11 sono copiate nel citato manoscritto Add. MS 30930 di
Londra: tutte, tranne tre, sono su testi tratti dalla versione
metrica dei salmi di John Patrick, pubblicata nel 1679.
L'atmosfera penitenziale verso Dio è ovviamente ideale per la
devozione privata, anche se non tutte le composizioni hanno
questo carattere. Vi è anche un caso di una composizione
sacra che si rivela una vera cantata drammatica sul soggetto
della visita di Saul alla strega di Endor (In guilty night). Ma
la maggior parte riflette lo schema ideale del verse anthem e
mostra una analoga disposizione di Purcell ad applicare la
tecnica dialogica. Questi pezzi sacri sono ritenuti tra le com-
posizioni migliori e piu riuscite del giovane Purcell, come
dimostra bene ''The Evening Hymn on a Ground'', Now that
the sun hath veil'd bis light (Zl 93) (esempio n. 2a).
Basato su un elementare basso ostinato discendente,
mostra bene le doti di Purcell nel trattamento di questa
forma. La linea vocale è di volta in volta ritoccata per
nascondere le ripetizioni del basso, che modula nella sezione
mediana del brano. Giunge infine un Alleluja in apparenza
infinito, che occupa all'incirca le 40 battute conclusive
(esempio n. 2 b).
Dopo il 1685 Purcell scrisse ancora una ventina di
anthems ma con un evidente calo creativo negli ultimi anni,

14 Adams, 38.
Le opere 83

dovuto al distacco progressivo dell'interesse della corte per


queste composizioni. Tuttavia risalgono agli anni immediata-
mente successivi alcuni dei migliori brani sacri dell'autore,
soprattutto quando recupera la forma dei verse anthems con
orchestra d'archi.
L'ultima composizione sacra scritta da Purcell, dopo
alcuni titoli decisamente minori, è uno dei suoi capolavori:
Thou knowest, Lord, the secrets o/ our hearts (Z 58C) - per i
funerali della regina Mary celebrati a Westminster il 5 marzo
1695 - è il secondo anthem scritto da Purcell come Funeral
Sentences. Thomas Tudway inseri in una sua raccolta di
musiche copiata tra il 1715 e il 1720 il ricordo ancor vivo di
quella celebrazione, evidenziando l'uso delle trombe e lo
stile generale ''after the old way'' della composizione e insie-
me la sua efficacia nel muovere gli affetti degli spettatori: 15

[ ... ] Chiedo a tutti coloro che furono presenti [ ... ] se avevano mai
udito nulla di cosi bello ed estasiante, cosi solenne e cosi celestiale
nell'azione, che strappò lacrime a tutti; e tuttavia una composizione
del tutto semplice, che mostra il potere della Musica, quand'essa è
correttamente adattata ai propositi devozionali [ ... ] .

Le odi e i ''Welcome Songs''

Tra tutte le forme musicali praticate all'epoca di Purcell, la


piu autenticamente insular è certamente l'ode per coro e
orchestra, una delle rare invenzioni inglesi secentesche in
campo musicale.16

l5 Cit. in Adams, 192. Il manoscritto originale di Tudway è nella British


Library, Harl. MS 7337-42. Cfr. Christopher Hogwood, Thomas Tudway's History
o/ Music, in Music in Eighteenth Century England. Essays in Memory o/ Charles
Cudworth, a cura di Ch. Hogwood e R. Luckett, Cambridge, Cambridge University
Press, 1983, 19.
16 Cfr. Rosamond McGuinness, English Court Odes 1660-1820, Oxford,
1971; Holman 1994, 144ss.; Bruce Wood, Purcell's Odes: A Reappraisal, in The
Puree// Companion, 200-253. ·
84 Henry Puree/I

Es. 2a, b: ,,Now that the Sun hath veil'd his Light», An Evening
Hymn on a Ground (Zl93)

Slow Now,

b
now Lhat the sun---- hath veil'd _ _ hi•-
~-·'" And

Al-le-lu-ia. al - le - lu - - - -

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Le opere 85


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I •
86 Henry Puree/I

La prassi di onorare ricorrenze dei sovrani o dei mem-


bri della famiglia reale con delle odi nacque durante il regno
di Carlo II, probabilmente per la concomitanza nel mese di
maggio di due occasioni celebrative: il compleanno del
sovrano e l'anniversario del suo ritorno a Londra. Durante i
decenni successivi le occasioni festive che venivano solenniz-
zate con un'ode erano il Capodanno (New Year's Day), i
compleanni reali oppure il rientro nella capitale del sovrano
dopo una visita esterna (in genere Windsor o Newmarket),
che richiamava comunque il rientro a Londra dopo l'esilio
(per questo erano denominati Welcome songs).
L'unica ode di Purcell per il Capodanno, di cui si ha
notizia, risale al 1694 (in quell'anno fu eseguita Light o/ the
world secondo la testimonianza dell'autore dei versi,
Matthew Prior), ma la musica non è sopravvissuta. Durante i
regni di Carlo II e Giacomo II, Purcell musicò invece alme-
no nove Welcome songs e un'ode per il matrimonio della
principessa Anna con George, Principe di Danimarca. Dopo
l'ascesa al trono di Guglielmo III i Welcome songs furono vir-
tualmente abbandonati, ma Purcell fu comunque incaricato
di scrivere sei odi di compleanno per la regina Mary e una
per il figlio della principessa Anna, il Duca di Gloucester.
In totale risultano ben 24 le odi composte da Purcell tra
il 1680 e il 1694, praticamente almeno una ogni anno - con la
sola eccezione del 1688, anno sconvolto dalla rivoluzione - e
in alcuni casi piu odi nello stesso anno. Le odi di corte e i
Welcome songs coprono infatti l'intero periodo di attività pro-
fessionale a corte di Purcell e, benché stilisticamente esse non
impieghino tutte le sfaccettature dell'arte compositiva dell'au-
tore, possono darci una buona idea generale dello sviluppo
nel tempo di tale arte. 17 Eppure fino a tempi recenti soltanto
un paio delle sue odi erano eseguite ed apprezzate dal pubbli-
co moderno: Come, ye sons o/ art away e Hail! Bright Cecilia!

17 Una lista cronologica delle odi di Purcell, insieme con una discussione sul
loro utilizzo politico-celebrativo è in lan Spink, Purcell's Odes: Propaganda and
Panegyn·c, in Puree/I Studies, 145-171.
Le opere 87

Le odi della Restaurazione includono sezioni per voci


soliste - in alcuni casi fino a sette parti - e un limitato nume-
ro di recitativi, proprio come i verse anthems dei quali sem-
brano costituire il corrispondente profano, ed è per questo
che ne abbiamo riunito la discussione in uno stesso capitolo.
Le odi di Purcell potrebbero essere definite cantate per
sole voci, cori e orchestra, ma non esistono nella tradizione
continentale europea del Seicento forme di cantata cosi
imponenti: neppure il Grand Motet della corte di Versailles
vi si awicina. Le odi per Carlo II e Giacomo II impiegano la
semplice orchestra d'archi, anche se in almeno tre di esse
sono utilizzati anche flauti dolci e in Swi/ter, Isis, swi/ter flow
(1681) appare per la prima volta un oboe. Alcune delle odi
scritte durante il regno di Guglielmo III sono piu elaborate
nell'orchestrazione, anche per la decadenza della precedente
banda dei violini del re e la maggiore circolazione a Londra
di virtuosi fiatisti: cinque su sette di queste contengono parti
'
per oboi e trombe. E probabilmente non autentica, invece, la
parte per timpani che si incontra nell'unica copia tardiva
(17 65) dell'ultima ode per la regina Mary: Come, ye sons o/
art away (Z 323 ). Quest'ultima, del 1692, è l'unica a poter
rivaleggiare, per l'alta qualità e l'intensità espressiva, con la
piu celebre ed imponente Ode a Santa Cecilia, composta
nello stesso anno. La stessa ode, che rifulge di splendide e
svettanti melodie amplificate dalle trombe, comprende uno
dei piu brillanti song di Purcell su basso ostinato, il duetto
''Sound the trumpet'' per due controtenori, ed un elaborato
solo di soprano, ''Bid the virtues '', con un' altrettanto elabo-
rata parte di oboe obbligato.
Le overtures, in tutte le opere di Purcell in cui si pre-
sentano, sono per la maggior parte modellate sullo stile del-
l'opera francese, cioè con una introduzione pomposa, una
canzona in stile fugato e qualcosa di analogo ad un adagio
come conclusione. Un caso anomalo è il primo dei Welcome
songs per Giacomo II (Why are al! the Muses mute?, Z 343),
il quale comincia con un recitativo vocale e non presenta l' o-
verture strumentale fino al momento in cui il coro non ha
88 flenry Puree/I

finito di intonare '' Awake, awake'': come in altri brani,


Purcell accoglie qui l'invito retorico del testo, incurante di
sovvertire cosi una precisa tradizione formale. Due odi intro-
ducono melodie popolari (tunes): in Ye tone/ul Muses (1686,
Z 344) la melodia ''Hey then, up go we'' è usata ingegnosa-
mente come basso per un solo di controtenore, poi come
contrappunto per un coro e infine come basso di un ritornel-
lo orchestrale; nella seconda, Love's goddess sure was blind
(1692, Z 331), è una melodia scozzese - Cold and raw - ad
essere usata come basso per il solo di soprano '' May her blest
example'' che, secondo una tradizione riportata da Hawkins,
era una delle melodie favorite dalla regina Mary, dedicataria
dell' ode. 18
I testi delle odi, per lo piu anonimi, sono sempre stati
giudicati di bassa qualità e sorprende che Purcell vi abbia
potuto costruire partiture talmente ben riuscite. La sua
immaginazione creativa appare comunque piu felice laddove
può appigliarsi ad un qualche piu riuscito ed evocativo sug-
gerimento dei testi: si vedano i soli ''Welcome, more welco-
me does he come'' in From those serene and rapturous joys
(1684, Z 326) e ''See how the glitt'ring ruler of the day'' in
Arise, my Muse (1690, Z 320), entrambi su un basso ostinato.
Il primo di questi verses si riferisce ali' episodio di Lazzaro
che riemerge dal sepolcro; il secondo, in ritmo di minuetto,
rappresenta il sole che invita i pianeti ad un ballo solenne.
Nelle odi i testi solo eccezionalmente possono sfiorare
toni patetici ed intimistici: quando vi riesce, l'emozione della
musica di Purcell tocca i suoi vertici: si veda nella stessa Artse,
my Muse il solo del controtenore ''But ah, I see Eusebia drow-
ned in tears '' (Eusebia rappresenta la Chiesa Anglicana
sconfortata per la imminente partenza del suo campione,
Guglielmo III).

18 La ballata sarebbe stata cantata dalla insegnante di canto della principessa


Anna, Arabella Hunt, che ,,aveva una assai bella voce e suonava mirabilmente il liuto>>
(ne esiste il ritratto con lo strumento): Hawkins, 564, cit. in Westrup 1947, 54-55.
Le opere 89

Lo stile delle odi è in generale semplice, estroverso, con


solo a tratti spunti contrappuntistici nei cori. Anche le compo-
sizioni scritte da Purcell per occasioni celebrative esterne alla
corte sono strutturate in maniera analoga alle odi di corte.
Alcune hanno testi letterariamente piu dignitosi di quelle di
corte, ma non tutte: Great parent, hail su testo di Nahum Tate
per il centenario del Trinity College a Dublino (1694, Z 327) è
un monumento di banalità (e ciò ha forse provocato una ade-
guata risposta da parte del compositore, che appare assai poco
ispirato). Ugualmente O/ old, when heroes thought it base (Z
333), su testo di D'Urfey, scritta per l'assemblea annuale del
1690 dei Gentlemen dello Yorkshire, non produce che una
convenzionale risposta del compositore.
Hail! Bright Cecilia, l'ode su testo del reverendo Nicholas
Brady scritta per il giorno di Santa Cecilia del 1692 (Z 328) si
staglia ad una distanza stratosferica dalle odi piu infelici di
Purcell, superando perfino le migliori scene del lavoro tea-
trale The Fairy Queen, scritto pochi mesi prima. Il genere
dell'ode per la festa annuale di Santa Cecilia (22 novembre)
era divenuto un vero laboratorio sperimentale, dopo che l'i-
taliano Giovan Battista Draghi aveva prodotto nel 1687 per
la prima volta una partitura assai innovativa. Sia Blow che
Purcell, i compositori che si alternarono nel musicare le odi
annuali successive, ne erano rimasti affascinati. 19 Purcell, in
particolare, aveva già dimostrato di essere coinvolto dal sog-
getto nella sua precedente ode a Santa Cecilia del 1683,
Welcome to all the pleasures (Z 339) - che è anche la prima
ode alla santa che si conosca - oltre che nella composizione
latina per uso privato Laudate Ceciliam, che fu a lungo, erro-
neamente, considerata frammento di un'altra ode per la
santa protettrice della musica. Proprio quest'ultimo è il sug-

19 Il confronto della produzione di odi di Puree!! con quelle del collega


Blow è tentato da Martin Adams, Puree!!, Blow and the English Court Ode, in
Puree!! Studies, 172-191; per il nuovo modello stilistico imposto da Draghi cfr.
Bruce Wood, Pureell's Odes: A Reappraisal, 232.
90 Henry Puree!!

gerimento retorico che riesce a liberare le migliori energie


creative di Purcell nell'ode del 1692: il testo, in realtà un elo-
gio della musica piu che della sua protettrice, è ricco di rife-
rimenti a singoli strumenti musicali puntualmente recepiti
dal compositore. Per esempio dove il testo inizia

Hark, each tree its silence breaks


The box and fir to talk begin ...

fa riferimento al flauto e al violino, il che porta Purcell a


scrivere il duetto con una risposta antifonale tra orchestra
d'archi e tre flauti .

. . .The fife and ali the harmony of war ...

producono un andamento marziale con due trombe e


• •
t1mpan1.

L'organo - definito nel testo come ''Wondrous machine'' -


non riceve nella partitura una specifica menzione, anche se
sembra probabile che fosse usato durante la prima esecuzione
dell'ode a Stationer's Hall. Il compiacimento dell'autore per i
simboli sonori del testo trovano un corrispettivo nella struttu-
ra musicale dell'ode, che presenta una sbalorditiva coerenza
retorica basata su una figurazione elementare: la ''voce della
natura'', evocata dal primo assolo di alto dell'ode ('' 'Tis
Nature's voice''), è presentata dalla triade maggiore (Fa-La-
Do) in quanto fenomeno acustico naturale. Man mano che si
procede nel song, si apprezza la disinvoltura con cui Purcell
riesce a creare variazioni sulla stessa triade, accumulando
energia in termini di densità contrappuntistica. 20
La precedente ode per Santa Cecilia, Welcome to alt the
pleasures (Z 339), non lasciava presagire tanta competenza
d'uso retorico, pur offrendo già una serie di riuscite soluzio-
ni compositive: si veda ad esempio ''Here the deities appro-

2 0 Si veda l'analisi in Adams, 253-255. Già Westrup 1947, 194, aveva esaltato
nel!' aria di alto la capacità ,,di suggerire l'accattivante potere della voce della natura>>.
Le opere 91

ve'', un'aria su basso ostinato particolarmente ricca di effetti,


che dovette guadagnarsi una buona popolarità poiché ne esi-
ste una trascrizione per tastiera pubblicata col titolo di '' A
New Ground'' nella seconda parte della Musick's Hand-maid
del 1689.
Secondo la recensione apparsa dopo la prima esecuzione
in ''The Gentleman's Journal'' del novembre 1692, la parte di
declamato per alto solo '''Tis Nature's Voice'' sarebbe stata
cantata dallo stesso Purcell ''with incredible Graces'', cioè
con notevoli e numerosi abbellimenti, che in effetti si ritrova-
no in abbondanza nella partitura autografa originale. Ma nel-
l'autografo dell'ode (Oxford, Bodleian Library, MS Mus. C
26), che riporta i nomi di ben tredici cantanti solisti della
prima esecuzione, quest'aria figura assegnata al controtenore
John Pate, e non si hanno altre prove di una capacità vocale
da controtenore di Henry Purcell, che invece era sicuramente
un basso. 21
Benché le altre parti vocali siano meno impegnative di
questa, tutta la partitura richiede cantanti dotati di una tecni-
ca professionale notevole (tra i cantanti compare una donna,
Miss Ayliff, che era il soprano preferito sulle scene teatrali
londinesi del tempo). Anche la parte corale è in quest'opera
piu elaborata che nelle altre odi di Purcell: basti considerare
la scrittura a sei parti del coro finale, che include un canone
con doppia aumentazione. Ecco lo schema generale dell'ode:

Hail.1 Brighi Cecilia.' ("Ode on St. Cecilia's Day" 1692: Z 328)

1. Sinfonia Re: maestoso-allegro (canzona) 22 -adagio-allegro (157


battute)
Sonata orchestrale all'italiana, con, oboi, trombe e percussioni

21 Numerosi biografi fmo ai nostri giorni, basandosi su quest'unica testimo-


nianza del 1692, hanno infatti dichiarato Purcell un basso e controtenore. Si veda
invece Holman 1994, 182.
22 La seconda sezione della sinfonia dell'ode del 1692 fu riutilizzata identica
da Purcell nella successiva ode per la regina Mary del 1693: cfr. tra gli altri Westrup
1947, 191.
92 Henry Puree!!

2. Solo (B) e Coro: Hail! Bright Cecilia! re min. (73 battute)


Sezione corale con introduzione e brevi inserzioni del solo
3. Duetto (A e B): Hark each tree la min. (160 battute)
Su grande basso ostinato, a1111onicamente suddivisibile in 3 sezioni
4. Solo (A): 'Tis Nature's voice Fa (56 battute)
Il movimento piu celebre dell'ode, 23 in stile recitativo con
abbellimenti originali scritti
5. Coro: Soul of the world Sib (43 battute)
Maestoso coro con violini, che usa ancora la retorica dei madri-
galismi nella parte finale
6. Solo (S) e Coro: Thou tun'st this world sol min. ( 102 battute)
Movimento assai anomalo, poiché presenta un preludio stru-
mentale, un song solistico e il coro
7. Trio (A I e II e B): With the sublime celestial lay Do (58 battute)
Applica la tecnica dialogica dell'anthem
8. Solo (B): Wondrous machine mi min. (53 battute)
Secondo grande basso ostinato, ritmicamente variato, con una
sola idea melodica del solo con oboi
9. Solo (A): The airy violin Do (61 battute)
Elementare contrappuntisticamente, caratterizzato dalle imita-
zioni tra solo e violini (evocate dal testo)
10. Duetto (A e T): In vain the am'rous flute la min. (101 battute)
Uno dei piu straordinari duetti dell'autore, con preludio e
postludio dei flauti, schema di lamento
11. Solo (A): The fife and ali the harmony of war Re (73 battute)
Rapido cambio di atmosfera imposto da trombe e tamburi di guerra
12. Duetto (BI e II): Let these amongst themselves contest re min.
(31 battute)
Uno dei piu riusciti duetti di bassi del!' autore, ricco di abbelli-
menti e dissonanze all'italiana
13. Coro e Quartetto finale: Hail! Bright Cecilia! Re (85 battute)
Grandioso finale2 4 in quattro sezioni: declamato-fugato-adagio
languido di soli (AATB)-da capo

Sarebbe stato molto utile poter conoscere piu da vicino


le intenzioni compositive di un autore come Purcell, studian-
do le versioni autografe delle parti separate delle composizioni

23 Secondo Adams, 25 3, questo solo «sta al recitativo inglese come 'Possente


spirto' dell'Orfeo sta al nuovo stile italiano>>.
24 Nella fonte a stampa, coeva del testo dell'ode, il coro finale è denominato
"Grand Chorus".
Le opere 93

sacre e celebrative da lui scritte per la Real Cappella e la corte:


ma la maggior parte di esse sono andate perdute, principal-
mente a causa dell'incendio che distrusse nel 1698 l'antico edi-
ficio reale di Whitehall. Restano oggi quasi esclusivamente
partiture di copista, con alcune importanti eccezioni: l'auto-
grafo delle parti orchestrali della sinfonia dell'anthem My song
shall be alway e le copie di parti per l'ode a Santa Cecilia del
1692, effettuate pochi anni dopo la morte del compositore. 25
Sopravvivono invece almeno tre grandi partiture autografe di
Purcell, che contengono prevalentemente la sua musica sacra,
e che contribuiscono a chiarire il lavoro professionale a corte,
sia come compositore che come interprete: si tratta dei mano-
scritti Cambridge, Fitzwilliam Museum Music MS 88; Londra,
British Library Add. MS.30.930 e Royal Music MS.20.h.8, tra
le fonti piu studiate e conosciute di musica inglese. 26 Se, come
ha osservato qualcuno, questi autografi non rappresentano
antologie diacroniche o retrospettive di quelle che Purcell
considerava versioni definitive delle sue composizioni ma sol-
tanto raccolte d'uso pratico per detc1111inate occasioni, almeno
il manoscritto Music MS 88 di Cambridge ha anche una
seconda funzione del tutto eccezionale: quella di rappresentare
una significativa antologia della musica sacra della generazione
precedente a Purcell. Si pensa infatti che il manoscritto fosse
stato iniziato nell'ambito della Cappella Reale, poco dopo il
1670, da un diverso copista (forse il suo maestro ed amico John
Blow), e che fosse poi passato nelle mani di Purcell intorno al
1682. Il nostro compositore si trovò cosi in possesso di anthems
orchestrali di prima mano dei suoi maestri, Humfrey e Blow,
che studiò ed in alcuni punti addirittura ritoccò, aggiungendo
alla silloge, oltre ai suoi, ben 12 brani di compositori anteriori
al Commonwealth e altri di Blow e Locke. Del resto l'attitudine
di Purcell per lo studio dei compositori del passato (Bull,
Gibbons o l'italiano Monteverdi) è provata da altri autografi e

25 Peter Holman, Originai Sets o/ Parts /or Restoration Coneerted Music· at


Oxford, in Per/orming the Musieo/Henry Puree/I, 9-19: 10.
26 Robert Thompson, Pureell's great autographs, in Puree/I Studies, 6-34.
94 Henry Puree/I

giustifica la sua competenza contrappuntistica e nello stesso


tempo il gusto per un certo sapore passatista che affiora anche
nelle sue composizioni piu mature e piu apparentemente lega-
te ai modelli stilistici del suo tempo.

Musica strumentale

Chiunque osservi la cronologia delle opere in confronto con


la biografia di Purcell può notare la sua istintiva metodicità
nel trattare le varie forme compositive ciascuna in un ambito
di anni privilegiato, come a volerne esplorare e ricavare il
massimo in un tempo limitato, per poi passare a nuove espe-
rienze. Naturalmente questa è una eccessiva semplificazione,
poiché le opere di un compositore di corte dipendono dalla
volontà dei committenti. Ma resta fuori di dubbio che, per
esempio, lo studio del contrappunto nei primi anni della sua
carriera musicale portò ad un grande entusiasmo per forme
compositive come la fantasia per tre o piu strumenti, interes-
se che possiamo considerare spento dopo il 1680.
Possiamo distinguere diversi tipi di musica strumentale
praticati, in epoche diverse, da Purcell: la consort music (musica
per un insieme vario di strumenti),27 introduzioni (symphonies o
overtures) e ritornelli orchestrali per composizioni vocali sacre
(anthems) o celebrative (odes); musica incidentale per i teatri;
musica per un solo strumento, in particolare per fmi didattici.
Osserviamo innanzi tutto la tavola delle sue composi-
• •
z1on1 per consort:

FANTASIE
Fantasia upon a Ground a 3
Fantasia upon One Note a 5
3 fantasie a 3
9 fantasie a 4 (datate 1680)

2 "In Nomine" (a 6 e 7 viole)

27 Peter Holman, Consort Mustc, in The Purcell's Companion, 254-296.


Le opere 95

SONATE
12 Sonatas in III Parts (ed. Londra 1683)
10 Sonatas in Four Parts (ed. Londra 1697)
Sonata in Re per tromba e be
Sonata in sol min. per violino e be (ricostruita da Th. Dart)

DANZE E ALTRE COMPOSIZIONI


Chacony a 4
Pavan a 3 e be
4 pavane a 2 violini e be
Preludio per uno strumento
Suite in Sol a 4 (incompleta)
Marche Canzona per 4 trombe (datata 1692)

OVERTURES (solo versioni consort)


The "Stairre Case Overture''
Overture in Sol per 4 strumenti (datata 1681) 28
Overture in re min. per 4 strumenti
Overture in sol min. per 5 strumenti

Benché pubblicate in epoche assai distanti tra loro, sem-


bra certo che per la maggior parte le fantasie e le sonate di
Purcell fossero state composte prima del 1680. Molto del
repertorio per consort di Purcell sopravvive in un manoscritto
autografo di Londra (British Library, Add. MS 30930) forse
allestito dallo stesso autore, intorno al 1680, con un preciso
progetto fallito: l'allestimento di una copia completa di tutte
le sue fantasie e della restante musica per utilizzo privato, per
organici da tre a. otto parti reali. 29 Eppure, nonostante l' evi-
dente gusto antiquario di una simile raccolta, quella che oggi
è considerata la piu antica composizione di Purcell non vi
figura. Si tratta della Overture detta ''Staircase'' dal titolo che

28 Dalla Welcome ode per Carlo II Swz/ter lsis, swz/ter /low (Z 336).
29 Date tra il giugno e l'agosto 1680 compaiono soltanto per le fantasie "in 4
parti". Le altre composizioni del manoscritto di Londra potrebbero dunque essere
precedenti: la Fantasia upon One Note, le fantasie a 3, i due In Nomine a 6 e 7, la
Pavana a 3 e inoltre la Ciaccona in Sol e 8 Sonate a tre. Cfr. Adams, 91. La sola fanta-
sia con una data posteriore al 1680 nel manoscritto (24 febbraio 1683) è incompleta.
96 Henry• Puree/I

vi compare (Stairre Case) - probabilmente per le impetuose


figurazioni di semicrome in scale ascendenti e discendenti
con cui prende avvio-: dovrebbe risalire al 1675 circa, quan-
do Henry aveva appena sedici anni, ma è già notevole dal
punto di vista tecnico e delle idee, soprattutto nelle prime
due sezioni, composte come vere e proprie danze. Questa
presunta opera ''prima'' (manca nel catalogo Zimme1111ann) è
del resto compatibile con la moda per un simile tipo di over-
ture, giunto dalla Francia con Carlo II e diffusa a Londra du-
rante gli anni Settanta. Tuttavia è Locke, piu di Lully, il mo-
dello piu prossimo per questa e per altre composizioni stru-
mentali del giovane Purcell.
L'influenza di Locke è fortemente avvertibile nelle
pavane, composte prima del 1680, probabilmente secondo
una precisa sequenza tonale, come proverebbe la distribuzio-
ne delle quattro Pavans a due violini e continuo nel mano-
scritto di Londra, British Library, Add. MS 33236: sol min. -
la min. - La magg. - Sib magg. Ma almeno la Pavan a 3 del
citato autografo MS 30930 riporta ad un'epoca ancora piu
arcaica, quella della generazione prerivoluzionaria, di cui
l'ultimo esponente era stato John Jenkins (1592-1678): anche
la caratteristica di scrivere pavane isolate, non inserite all'ini-
zio di suites, riporta le composizioni di Purcell assai piu
indietro rispetto a Locke, a quei primi decenni del Seicento
che avevano visto una grande fortuna di questa forma. 30 Da
questo punto di vista, la punta massima antiquaria è raggiun-
ta dai due In Nomine dell'autografo di Londra, a sei e a sette
parti, che pongono Purcell come l'ultimo di una serie di
compositori inglesi che si sono cimentati con questa forma. 31
Il modello di Locke, autore di celebri fantasie per 4
viole, si estende anche alle fantasie di Purcell (perfino l'ardi-

30 Holman, Consort Music, 265-268; Holman 1994, 73-74.


3 I Partendo da un passaggio della messa Gloria tibi Trinitas di John
Taverner (ante 1530), sulle parole del canto gregoriano "In nomine Domini", i com-
positori inglesi composero circa 150 pezzi strumentali su quel canto fc11110 tra il
1550 e il 1640.
1 John Closterman (?), ritratto di Henry Purcell, National Portrait
Gallery, Londra.
2 John Closterman (?), Henry Purcell nel 1695, National Portrait
Gallery, Londra.
3 Londra in un dipinto del 1650 ca., Museum of London.

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4, .5 Wenceslaus Hollar, due incisioni raffiguranti Londra prima e dopo


l'incendio del 1666, British Museum.
6 J.B. Medina, ''Musicisti'', 2a metà del XVII sec., Monastero di Nostell.
ORP IJEUS BRITANNIC(:},S.
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in Rrt1j111,t, t-tDCXCVUI.

7 Frontispizio dell'Orpheus Britannicus, British Library- Music Library.

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8 Hornpipe della Fairy Queen nella trascrizione per tastiera dello stesso
Purcell, British Library - Music Library.
9 Godfrey Kneller, ritratto diJohn Dryden, 1693, National Portrait
Gallery, Londra.
.,
10 Frontispizio dei Songs di Pietro Reggio, Londra 1677.
11 W. Wissing, ritratto della regina Mary, N ational Portrait Gallery,
Londra.
Le opere 97

namento di queste ultime nel manoscritto autografo sembra


ispirato dall'ordine dell'autografo delle fantasie di Locke,
nella British Library). Ma il problema si pone con l'organico
che aveva in mente Purcell nella stesura delle sue fantasie: per
viole da gamba, per violini o per insieme misto di questi o
altri strumenti? La scrittura stessa delle composizioni purcel-
liane, lontane dalla musica di danza tipica dei violini inglesi
come pure, per limiti cronologici, dalla formazione delle viole
da gamba (scomparsa nei primi anni della Restaurazione),
esclude ciascuna di queste ipotesi sulle quali si sono espressi a
turno i piu accreditati studiosi. Eppure - suggerisce Peter
Holman - la piu semplice spiegazione è che queste composi-
zioni dal sapore cosi arcaico non fossero destinate alla esecu-
zione ma soltanto ad una sorta di speculazione teorica, come
esercizi di scrittura contrappuntistica. 32 Lo stesso Henry
Purcell avrebbe raccomandato nelle sue addizioni alla
Introduction to the Skill o/ Musick di Playford (Londra 1694),
come migliore mezzo per lo studio del contrappunto, di met-
tere in partitura piu musica possibile e dei migliori autori:
non è un caso che siano partiture ben quattro dei cinque
manoscritti principali in cui sopravvive la musica per consort
di Purcell anteriore al 1680.33 Il formato notazionale delle
partiture superstiti ci consente inoltre di attribuire con una
certa attendibilità la destinazione pratica esecutiva di quelle
composizioni strumentali di Purcell sicuramente non teori-
che, prodotte nella sua qualità di compositore di corte.
Se il generico consort di strumenti, soprattutto il quar-
tetto di viole da gamba con o senza il liuto, era stata la for-
mazione standard nell'Inghilterra post-elisabettiana fino al
1642, la rivoluzione aveva bruscamente dissolto tale tradizio-
ne, relegando l'uso degli strumenti musicali all'ambito dome-

32 Holrnan, Consort Music, 271.


33 Gli specialisti non hanno mancato di rilevare come anche nell'esecuzione
pratica, non soltanto quindi nello studio, il compositore aveva la possibilità di utiliz-
zare la partitura come parte per uno strumento a tastiera, secondo un uso italiano e,
aggiungeremo noi, particola111,ente vivo al tempo di Purcell soprattutto a Napoli.
98 Henry Puree/I

stico, come abbondantemente descritto nel diario di Samuel


Pepys. Dopo il 1660, col ritorno di Carlo Il, furono restaura-
te le due formazioni di strumentisti al servizio della corte: la
banda dei violini, da cui venivano selezionati i pochi virtuosi
al servizio della Private Musick, incaricati di suonare negli
appartamenti reali elaborati contrappunti strumentali (come
le fantasie). In realtà il re, secondo Roger North, non sop-
portava lo stile introverso della fantasia e prediligeva invece
l'esuberante musica da ballo. Poiché il suo modello ideale di
musica di corte era stato formato, negli anni di esilio, dall' or-
ganizzazione sonora di Versailles, è comprensibile che la
prima riforma musicale di Carlo consistesse nell'adeguare la
sua banda alle dimensioni francesi, instaurando i Twenty-
/our Violins ed intervenendo anche sul repertorio eseguito
dalla Private Musick, che era denominata Broken Consort.34
Per quest'ultimo insieme era concepita la musica piu
intimista e contrappuntistica scritta da Purcell, mentre ogni
partitura strumentale di ampie dimensioni si può collegare
alla banda dei 24 violini del re. Tra le opere sicuramente
composte per la grande banda, sono le overtures, a comin-
ciare dalla giovanile Staircase. Fino al 1675 circa il repertorio
della banda era scritto, senza basso continuo, a quattro parti,
violino-due viole-basso, mentre in seguito si affermò il
modello italiano alle origini del quartetto d'archi moderno
(due violini-viola-basso). L'incendio della residenza reale di
Whitehall del 1698 ha probabilmente distrutto la gran parte
del repertorio originale per la banda durante gli anni di
Purcell.
Henry era intanto succeduto a Matthew Locke nel 1677
come compositore della banda dei violini del re, compito che
comprendeva anche il provvedere al repertorio per il Broken
Consort. In sintonia con i gusti del re Carlo II sembra porsi

34 Sugli strumenti ad arco nella musica strumentale inglese della Restaura-


zione ed i mutamenti di gusto e organologia rispetto alle epoche precedenti cfr.
Holman 1993; John Dilworth, Violin Making in England in the Age o/ Puree!!, in
Per/orming the Musie o/ Henry Puree!!, 39-48.
Le opere 99

una danza ancora oggi giustamente celebre come la Chacony


in Sol (Z 730), che Purcell copiò nel citato manoscritto auto-
grafo di Londra tra i brani composti fino al 1680. Il modello
può forse trovarsi nella contemporanea Chaconne in Sol di
Blow, anch'essa una danza fino a un certo punto, ricca com'è
di elementi contrappuntistici e sperimentali. Tali elementi
sono in Purcell talmente esuberanti da far scomparire non
soltanto l'antico e ormai tenue legame con la tradizione dei
bassi ostinati italiani del primo Seicento sulla ciaccona, ma
anche la piu prevedibile connessione con la Chaconne fran-
cese, diffusa dai modelli consacrati di Lully.
Assai simili alla Chacony sono due contemporanee fan-
tasie di Purcell altrettanto awenturose nella scrittura speri-
mentale fin nel titolo. Si pensi alla straordinaria Fantasia
upon One Note (Z 745), nella quale il canto fermo è ridotto
addirittura al solo do centrale, oppure al vortice di sviluppo
contrappuntistico su basso ostinato di Three parts upon a
Ground (Z 731) (esempio n. 3).35
Il manoscritto autografo di Londra contiene anche la
prima versione di otto delle ventidue sonate, piu tardi edite
tra il 1683 e il 1697. Con questo repertorio, che a sua volta si
può datare tra la fine degli anni Settanta e il 1685 circa,
Purcell compie un decisivo passo avanti verso un fenomeno
che semplicisticamente è stato definito l'attrazione dello stile
compositivo italiano.
Indubbiamente non può essere sottovalutato il genere
scelto per la prima apparizione a stampa di Henry Purcell,
che nel 1683 aveva 24 anni, in una edizione che tra l'altro si
fregiava dello stemma (presunto) dell'antica casata dei Purcell
di origine normanna e di un ritratto dell'autore. Benché il
titolo della stampa del 1683 dichiari Sonatas o/ Three Parts e
quello dell'edizione postuma del 1697 Sonatas o/ Four Parts,

35 Cfr. Holman, Consort Music, 264-266. Secondo Adams, 106, la Z 731 è


una fantasia estremamente importante nel corpus purcelliano, poiché si tratta del
primo documentato esempio di sue variazioni su un basso, risorsa sempre piu
importante nelle composizioni della maturità.
100 Henry Puree/I

si tratta della stessa tipologia (nell'ultimo caso tra le parti è


contato anche il basso continuo) ed in alcuni casi è presente
materiale musicale in comune con le fonti manoscritte ante-
riori al 1680, con minimi interventi di aggiornamento.
Con questo genere musicale ci allontaniamo probabil-
mente dalla corte reale, non solo a causa dello scarso interes-
se di Carlo II. Alla fine degli anni Settanta la sonata era giun-
ta a Londra direttamente dall'Italia, divenendo presto
appannaggio di ristretti circoli domestici di appassionati
dilettanti, come testimonia Roger North, il quale si vanta di
essere stato tra i primi a praticare questo genere in città: 36
[ ... ] divenendo causa delle composizioni alla maniera italiana del
divino Purcell; e con lui al cembalo, me stesso ed un altro compagno
al violino, le abbiamo suonate molte volte, del che Mr. Purcell era
non poco orgoglioso [ ... ] .

L'Inghilterra fu negli anni Ottanta quasi inondata di


libri a stampa o copie manoscritte delle sonate italiane, di
Cazzati, Vitali, il primo Corelli e Lelio Colista.37 Nella prefa-
zione alla sua edizione del 1683, Purcell conferma il fenome-
no di italianizzazione rappresentato da quella nuova forma
diffusasi in Inghilterra, chiamando le Sonate in tre parti
''imitazione dei piu celebrati Maestri Italiani''.
Nonostante ciò, le sonate di Purcell non ebbero un tan-
gibile successo in Inghilterra: l'edizione postuma del 1697,
curata dalla moglie Frances, non riusci a raggiungere il mini-
mo dei sottoscrittori e ne rimasero a lungo copie invendute.
Peter Holman interpreta questo dato come un logico effetto
della distribuzione massiccia degli originali italiani, soprat-

36 Roger North on Music, 47; Holrnan, Consort Music, 282s.


37 Colista era un liutista e chitarrista attivo a Roma a metà Seicento, che sor-
prende trovare copiato in almeno sette manoscritti inglesi degli anni Ottanta. Si è
appurato che almeno la metà delle "sinfonie" attribuite dalle fonti inglesi a Colista
sarebbero opera del violinista milanese Carlo Lonati, ma ciò non chiarisce il mistero
della fama di Colista. Uno dei brani di Colista-Lonati fu riprodotto in pane dallo
stesso Purcell nella sua revisione del trattato di Playford An lntroduction to the Skill
o/ Mus1ck del 1694.
Le opere 101

Es. 3: Fantasia Three parts upon a Ground (Z 731), versione in Fa


magg.

17



137

• •

tutto di Corelli: piu l'inglese Purcell si avvicinava ai modelli


continentali come imitatore, offrendo peraltro brani troppo
complessi contrappuntisticamente, piu il ristretto pubblico
degli estimatori preferiva ricorrere direttamente agli origina-
li, ormai largamente disponibili.38

38 Holman, Consort Muszc, 288s.


102 Henry Puree!{

Un successo assai piu cospicuo fu raggiunto invece dall'al-


tra edizione postuma, curata da Frances Purcell nello stesso
1697: A Collection o/ Ayres, Compos'd/or the Theatre, and upon
other Occasions. Vi sono comprese tutte le tredici suites stru-
mentali composte da Purcell come musica incidentale per i tea-
tri di Londra dei quali fu collaboratore stabile dal 1690 al 1695.
La tradizione della suite di musica incidentale per i plays risaliva
alla riapertura dei teatri di Londra dopo il 1660, anche se ne
sono rimaste assai scarse tracce prima che, dagli anni Ottanta,
cominciassero ad essere pubblicate le prime suites teatrali di
Locke, Grabu e dello stesso Purcell: sempre comunque all'in-
terno di singole partiture di plays o di antologie per consort.
Ayres /or the Theatre fu la prima edizione organica dedi-
cata esclusivamente a suites teatrali di un autore, il che signifi-
ca che la loro organizzazione era concepita in maniera diversa
da come i brani strumentali erano stati usati a teatro, per una
coerente utilizzazione autonoma in concerto. Per esempio,
nei manoscritti superstiti associati ad una rappresentazione
teatrale, l'overture si trova generalmente in mezzo, tra i brani
denominati ''first music'' e ''second music'' - quelli usati
come segnali per l'inizio dello spettacolo - e i cosiddetti ''act
tunes'', ossia gli intermezzi strumentali tra gli atti del play.
Nell'edizione di Ayres /or the Theatre, invece, le suites si
aprono con l' overture, ed i numeri seguenti sono collocati in
progressione logica di tonalità e comprendono anche delle
trascrizioni strumentali dei piu riusciti numeri vocali dello
spettacolo. Se le overtures sono ancora vagamente modellate
sul tipo dell'opera francese, gli altri numeri se ne allontanano
decisamente, dando ampio spazio alle danze su arie popolari
inglesi, in particolare la hornpi'pe. Altro elemento d'importan-
za della raccolta postuma del 1697 è di costituire l'unica fonte
nota per numerose musiche incidentali di teatro composte da
Purcell nei suoi ultimi cinque anni di vita.
L'ultima sezione della produzione purcelliana di com-
posizioni per insieme di strumenti è collegata alla musica
sacra e celebrativa. Si tratta infatti della gran quantità di
sinfonie e ritornelli scritti per gli anthems o le odes durante
Le opere 103

tutta la sua attività professionale. Nel primo caso è natural-


mente il tipo symphony anthem ad attrarre maggiormente la
nostra attenzione: sviluppatosi durante il regno di Carlo II,
questo tipo di anthem veniva eseguito quasi esclusivamente
in presenza del sovrano, i cui noti gusti francofili ne condi-
zionarono la primitiva struttura degli interventi strumentali.
Ma già dopo il 1685 la overture degli anthems cominciò a
mostrare chiari segni di influenza italiana. I due stili, francese
e italiano, coesistettero a lungo nelle varie tipologie delle odi
e dei Welcome songs, nei quindici anni in cui Purcell ne pro-
dusse. Di volta in volta, la presenza a Londra di virtuosi (per
esempio di flauti, trombe o oboi) o il semplice avvicenda-
mento del gusto musicale, determinava l'organico disponibi-
le per l'esecuzione della musica sacra o delle odi, e di conse-
guenza della partitura scritta per l'occasione.
Henry Purcell aveva avuto fin dall'infanzia un costante
contatto con la musica strumentale attraverso gli strumenti
musicali. Sia il padre Henry che lo zio Thomas erano vituosi di
liuto e cantavano accompagnadosi allo strumento, come il loro
predecessore nella Cappella Reale, l'italiano Angelo Notari. La
formazione tipica di un ragazzo del coro della Cappella, dove
il piccolo Henry entrò meno che decenne, comprendeva lo
studio del liuto, della tiorba, del violino, del basso di viola da
gamba, della spinetta e dell'organo. A quattordici anni Henry
era stato assunto nella Cappella Reale per mantenere in ordine
e restaurare <<regali, organi, virginali, flauti traversi e dolci e
tutte le altre sorti di strumenti>>, come assistente del padrino
John Hingeston. Nel 1677, a diciotto anni, Purcell era divenu-
to uno dei compositori della musica dei 24 violini del re, al
posto del defunto Matthew Locke, uno dei massimi autori di
musica strumentale inglese del suo secolo. Tra i beni lasciati al
figlio Edward dalla moglie Frances Purcell nel 1706, vi erano
<<l'organo, una spinetta doppia ed una semplice>>: quasi certa-
mente gli strumenti praticati in casa da Henry.3 9

39 Holrnan 1994, 98.


104 Hen ry Puree/I

Il suo piu duraturo contatto con uno strumento musica-


le fu come organista della Cappella Reale, dal 1682, avendo
anche in cura - almeno dal 1675 - gli organi dell'Abbazia di
Westminster. L'organo era stato quasi dimenticato fino al
1660, per via delle distruzioni operate durante l'epoca di
Cromwell, ma era tornato in gran voga durante i primi decen-
ni della Restaurazione. Conosciamo dettagliate descrizioni
sulla struttura, la prassi e perfino l'iconografia degli organi
suonati da Purcell o a lui contemporanei. 40 E tuttavia di quasi
vent'anni di attività professionale come organista, cancellati i
brani un tempo a lui attribuiti ma di altri autori, restano oggi
appena cinque composizioni autentiche per organo, distinte
tra Voluntary (in Do, in Sol, due in re min.) e un singolo Verse
in Fa:4 1 si tratta di brani estremamente semplici, di cui soltan-
to i due Voluntaries in re min. (Z 718 e 719) sono considerati
dagli specialisti di una qualche rilevanza.
Stupisce invece l'abbondanza e la qualità della supersti-
te produzione per clavicembalo di Purcell, quasi interamente
in relazione con gli anni in cui è documentata una sua attività
di maestro privato, ossia dal 1689 alla morte: anni in cui
meno forte era il peso degli impegni come dipendente della
corte e prevalente il libero lavoro come compositore per i
teatri di Londra. Le fonti inglesi di musica per clavicembalo
(intendendo con questo nome generico gli strumenti piu uti-
lizza ti in Inghilterra, la spinetta e soprattutto il virginale)
sono assai scarse durante il Seicento, meno di una decina, e

40 La migliore sintesi è offerta da Dominic Gwynn, The English Organ in


Purcell's Li/etime, in Per/orming the Muszc o/ Henry Puree!!, 20-38 e inoltre, dello
stesso autore, la descrizione del Purcell's Organ at Westminster Abbey, "Early
Music", XXIII, 1995, 4, 550 (con una splendida riproduzione di una anonima raffi-
gurazione, databile intorno al 1700, del coro dell'Abbazia e una fedele visione del-
1'organo, poi distrutto).
41 Il voluntary è una forma esclusivamente inglese di composizione organisti-
ca (piu raramente per viola o lira) di tipo improwisativo, diffusa almeno dalla metà
del secolo XVI, che in genere concludeva un service (ma poteva anche essere all'ini-
zio o in mezzo). Il verse (corrispettivo del versetto italiano) era anch'esso utilizzato
all'interno del rito anglicano, sia per dare l'intonazione al coro, sia per rispondere
alle voci nelle composizioni antifonali in alternatim.
Le opere 105

tra queste la musica per tastiera di Purcell occupa ben due


edizioni monografiche ed almeno una importante raccolta

manoscritta:

The Second Pari of Musick's Hand-Maid (Londra 1689 e ristampata


nel 1705, seguito di una prima raccolta pubblicata da John Playford
nel 1663 e riedita nel 1678).

A Choice Col/ection o/ Lessons /or the Harpsichord or Spinnet (opera


postuma: Londra 1696, ristampata nel 1699 e ancora nel 1700).

Il manoscritto "Purcell-Draghi" della British Library (databile tra il


1693 e il 1695, autografo di Purcell e Draghi).

La raccolta piu antica, quella edita nel 1689, contiene


13 brani (danze e tunes) e una suite in Do. Quella postuma
del 1696 ben 8 suites, 10 danze, grounds e tunes, e inoltre 7
airs, 3 hornpipes e 4 overtures, riarrangiamenti questi ultimi
dalle composizioni incidentali per il teatro. Il manoscritto
''Purcell-Draghi'' della British Library (MS Mus. 1) costitui-
sce la fonte piu importante ed una delle piu interessanti del-
l'intero repertorio di Purcell, del quale è anche l'ultimo auto-
grafo ricomparso in ordine di tempo. Il manoscritto fu
messo in vendita nel 1994 dalla libreria antiquaria inglese
Lisa Cox, e prontamente acquistato dalla British Library. Era
appartenuto ad una famiglia aristocratica, forse a quella
fa miglia Howard di cui fa cevano parte le due allieve di cui
sono documentati i pagamenti ad Henry tra il 27 luglio 1693
e il 16 aprile 1695.42 Gli elementi piu affascinanti di questo
manoscritto risiedono nel fatto che esso sia stato redatto (se
non addirittura posseduto) per metà da Henry Purcell ed il
resto da Giovan Battista Draghi, risultando autografo dei

42 Cit. in Zimmerman 1983, 228s. Per la descrizione del manoscritto della


British Library e ipotesi sulla sua origine cfr. Cunis Price, New Light on Pureell's
Keyboard Musie, in Puree/I Studies, 87-93 e Id., Newly Diseovered Autograph
Keyboard Musie o/ Puree/I and Draghi, in "Journal of the Royal Musical
Association ", CXX/I, 1995, 77-111 (con facsimili e trascrizione degli inediti di
Purcell ed edizione completa degli inediti di Draghi).
106 Henry Puree/I

due colleghi-rivali, e che tra i 21 brani nella mano di Purcell


5 siano unica e 4 nuovi arrangiamenti di musica teatrale. 3 4
L'ipotesi piu attendibile, formulata da Curtis Price, è che il
quaderno fosse stato utilizzato da Purcell come manuale pro-
gressivo ad uso di uno o piu allievi di una famiglia aristocra-
tica (gli Howard?) e che dopo la sua morte, dal 1695, fosse
stato affidato per continuare le lezioni al nuovo maestro
Draghi, chiamato come uno dei pochi all'altezza del prece-
dente insegnante. In effetti la qualità della musica di Giovan
Battista Draghi è altissima, come conferma la sezione da lui
copiata nel manoscritto di Londra, che tra l'altro dimostra
infondate le precedenti identificazioni di autografi tra i brani
già noti di Draghi.44
Alcune delle ulteriori importanti informazioni che ci
reca questo manoscritto si riferiscono alla morfologia della
suite che in Purcell, a differenza della forma ormai standar-
dizzata nel continente, è composta da brani intercambiabili e
senza un preciso ordine se non di tonalità: un uso ampia-
mente diffuso tra i liutisti francesi. Inoltre dimostra che
Purcell utilizzava per fini didattici gli arrangiamenti per
tastiera delle sue musiche orchestrali, delle quali il mano-
scritto londinese offre brani non compresi nella Second Part
o/ Musick's Hand-maid. E per quanto possa apparire strano,
anche gli arrangiamenti al cembalo delle sue suite incidentali
per il teatro dovevano essere utilizzate durante le sue lezioni
di strumento.
Diafane tracce della metodologia dello studio (quello
seguito da lui stesso e quello imposto agli allievi), possono

43 Inoltre Puree!! ha copiato un brano di Orlando Gibbons, il Preludio in


Sol da Parthenia (celebre antologia di musica per tastiera inglese del 1613), a ripro-
va dei suoi mai spenti interessi per la musica delle generazioni piu antiche.
44 Cfr. G .B. Draghi, Harpsichord Music, a cura di R. Klakowich, Madison, A-
R Editions, 1986 ("Reseant Researches in the Music of the Baroque Era", LXI). Dei
17 brani copiati nella sezione Draghi del manoscritto della British Library, 4 sono
unici e gli altri si ritrovano, con significative varianti, nella posteriore edizione, cura-
ta da Draghi un anno prima di morire, delle Six Select Sutes [sic! J o/ Leszons /or the
Harpsichord in Six Severa!! Keys (London 1708).
Le opere 107

essere rintracciate nelle rare dichiarazioni teoriche di Henry


Purcell, per esempio nella sua revisione (edizioni del 1694 e
1697) del manuale di Playford, An Introduction to the Skill o/
Musick, il piu diffuso manuale inglese di teoria musicale del
secolo. Ancor piu importanti, dal punto di vista della prassi
esecutiva dei suoi brani per strumento solo, sono le Rules /or
Graces, owero le regole per gli abbellimenti che furono inse-
rite nella terza edizione del 1699 della postuma A Choice
Collection o/ Lessons, e la cui autenticità è provata dalla loro
prima apparizione a stampa nella antologia londinese The
Harpsichord Master del 1697 sotto la paternità dello scom-
parso <<celebre Mr. H. Purcell su richiesta di un amico privato,
tratte dal suo proprio Manoscritto, mai pubblicato prima>>.45
Esisteva dunque - al pari dei giovanili manoscritti di musica
sacra e domestica per consort - una piu ampia raccolta auto-
grafa della musica per tastiera, utilizzata da Purcell fino alla
sua morte.

Songs e musica per i teatri di Londra

Nel primo volume dell'Orpheus Britannicus, uscito nel 1698,


l'editore Henry Playford scriveva:46

[ ... ] Tutti conoscono lo straordinario talento dell'Autore in qualsi-


voglia sorte di Musica, e tuttavia egli fu soprattutto ammirato per il
genere Vocale, per il suo particolare Ingegno nell'esprimere l'energia
delle parole della lingua Inglese, attraverso cui egli muoveva le pas-
sioni di tutti coloro che le udivano [ ... ].

45 Le regole erano state stampate in un formato a parte, forse come foglio


volante, come ultima pagina di una serie di lnstruetions /or beginners di sole quattro
facciate: non comparivano nella prima edizione postuma della Choiee Colleetion del
1696, ma già esistevano nella seconda edizione del 1697, di cui però non sopravvi-
vono esemplari. Su queste regole di Purcell cfr. H. DiackJohnstone, Ornamentation
in the Keyboard Musie o/ Henry Puree!! and his Contemporaries, in Per/orming the
Musie by Henry Puree!!, 82-104 (con riproduzione in facsimile, trascrizione e discus-
sione delle "Regole per gli abbellimenti").
46 Introduzione a Orpheus Britannicus, I, London, Playford, 1698.
108 Henry Puree/I

Ed infatti nel catalogo di Purcell sono circa 250 i solo


songs profani (nell'italiano del tempo si direbbero ''arie a
voce sola''), dei quali quasi 150 si trovano all'interno delle
sue composizioni teatrali. A questi vanno aggiunti numerosi
duetti, le poche ma mirabili cantate a piu voci, la musica
d'intrattenimento come i catches. La vastità e l'alta qualità di
questo repertorio stupiscono ancor piu se si considera che la
maggior parte di questa musica vocale risale al ristretto
periodo degli ultimi quindici anni di vita dell'autore.
Partiamo dai catches, che costituiscono una delle poche
autentiche forme musicali esclusivamente inglesi utilizzate da
Purcell. A parte l'etimologia comune, infatti, non vi sono
sicuri elementi che riconducano il catch inglese alla caccia,
forma assai in voga nell'Ars Nova italiana del Trecento, ma di
cui non esiste una sopravvivenza secentesca. Si sa di certo
che si trattava di un tipo di composizioni di carattere convi-
viale, senza pretese di finezza letteraria o musicale, basate su
facili canoni, le quali ebbero una notevole fortuna in Inghil-
terra durante tutto il Seicento e gran parte del Settecento.
Furono addirittura fondati dei Catch-clubs dove gli appassio-
nati si riunivano per bere, fumare e soprattutto cantare le
allegre composizioni (l'ultimo fu aperto a Londra nel 17 61).
Tra le numerose pubblicazioni nell'età della Restaurazione la
piu fortunata fu quella curata da John Hilton nel 1652 col
titolo scherzoso di Catch that Catch Can, continuata da John
Playford, che ebbe numerose ristampe e revisioni con diversi
titoli, fino al 1685, quando apparve una nuova scelta di catches
dei maggiori autori della Restaurazione, compresi Blow e
Purcell: Catch that Catch Can: or the Second Part o/ the
Musical Companion, being a collection o/ new catches, songs
and glees, never printed be/ore. Vi compaiono poco piu di
quindici brani di Purcell, ma la sua produzione complessiva
di catches è assai piu rilevante, occupando ben 52 numeri del
catalogo Zimmerman (Z 240-292), oltre a numerose compo-
sizioni spurie o incerte. Per molto tempo erano state conside-
rate autentiche composizioni di Henry due catches editi nella
prima parte del Musical Companion di Playford, apparso nel
Le opere 109

1667, quando il nostro compositore contava appena otto an-


ni: Sweet Tyraness, I now resign (Z S70), a tre voci, potrebbe
in realtà essere opera del padre Henry Purcell (1). 47 I catches
di Purcell sono stati letteralmente ignorati dalla maggior
parte dei biografi: Westrup se la cava in 4 righe, giudicandoli
brani <<troppo leggeri per godere di un qualche permanente
significato>>;48 Arundel, al contrario, vi dedica un ampio spa-
zio, considerando che queste composizioni <<mostrano il
gusto popolare del tempo>>. 49 La maggior parte dei catches
sono per tre voci (come le villanelle italiane, utilizzate in con-
testi analoghi fino alla metà del Seicento), su testi piuttosto
scialbi, la metà dei quali in onore di Bacco, il resto di donne
o personaggi in vista nella Londra del tempo: alcuni inneg-
giano al re Carlo II (God save our sovreign Charles, Z 250; Is
Charleroi's siege come tao?, Z 257); un caso particolare è Now
England's great Council's assembled, ''A Catch made in the
time of Parliament'' in data 1676 (Z 261). 50 La maggior parte
esprime quella libertà di linguaggio erotico e ricco di doppi
sensi che per secoli ha causato la condanna senza appello di
questi giochi musicali.51 Arundel ha ragione nel considerare
queste composizioni uno specchio del gusto dei tempi: è
assolutamente indispensabile ricorrere a questi ''scherzi
musicali'' se si vuol comprendere quel fenomeno tutto ingle-
se della pratica quotidiana della musica in casa o nelle taver-
ne, di cui i diari di Samuel Pepys ci restituiscono la piu viva
ambientazione.

47 Di diverso parere Holrnan 1994, 28s., che giudica il brano (riprodotto) abba-
stanza semplice da poter esser il prodotto di un ragazzo, aiutato beninteso dal padre.
48 Westrup 1947, 169: <<Nothing need to be said here of Purcell's numerous
catches. They are of some interest far che light they throw on the manners and
history of the period and as an exemple of his dexterity in handling a popular form
of the musician's craft, but they are tao slight to have any pc1111anent significance>>.
49 Arundel 1927, lllss.
5 o Si allude al fallito tentativo del "Complotto Papale" da parte dei Gesuiti.
51 Già Arundel, 111, accusava gli editori della prima Purcell Edition di aver
purgato i testi di queste composizioni, giudicati troppo immorali. Le prime edizioni
integrali sono apparse soltanto negli anni Settanta (cfr. Holman 1994, 30, nota 8).
110 Henry Puree/I

Allo stesso paesaggio sonoro londinese appartengono le


altre composizioni vocali profane di Purcell. Tra le arie mono-
diche è possibile individuare una gran varietà di tipi: molte
sono costruite su un semplice basso ostinato, secondo il diffu-
so modello italiano; altre hanno la fo1111a tipicamente francese
del rondeau; frequente infine l'aria col da capo, specialmente
all'interno del repertorio teatrale. È opportuno ricordare che
in genere le arie inserite nelle rappresentazioni teatrali poteva-
no essere facilmente riutilizzate in altri plays o estrapolate per
usi domestici, poiché non avevano un legame diretto con lo
svolgimento dell'azione. Esse non erano mai affidate agli attori
protagonisti, ma a personaggi secondari dei quali caratterizza-
vano la natura: per esempio di spiriti o di figure allegoriche.
L'interesse crescente di Purcell per lo stile italiano, negli
ultimi anni della sua vita, insieme con la possibilità di conta-
re su virtuosi cantanti a corte, si riflettono nella scrittura
delle arie e delle cantate dell'ultimo periodo, in cui la linea
melodica è massicciamente fiorita e ricca di abbellimenti
(graces). La storia della musica vocale da camera, nell'Inghil-
terra dell'età di Purcell, è letteralmente dominata dall'Italia.
Il primo ad utilizzare in Inghilterra la linea del basso
continuo, in una pubblicazione di arie, era stato il liutista
padovano Angelo Notari, nelle sue Prime Musiche nuove del
1613. Notari, morto ultranovantenne nel 1663, era stato col-
lega del padre e dello zio di Henry nella Cappella Reale,
anche se non ebbe la possibilità di esercitare la sua influenza
diretta sul piccolo talentoso musicista.
Mentre Henry compiva i primi passi della sua carriera a
corte, si ebbe una seconda e decisiva ondata di modelli vocali
italiani: una compagnia di cantanti ed attori italiani era giunta
a Londra intorno al 1663, guidata da Vincenzo Albrici, allie-
vo di quel Giacomo Carissimi che sarebbe diventato il princi-
pale modello compositivo continentale in Inghilterra. A quei
primi cantanti (per la prima volta si mostrava al pubblico lon-
dinese un castrato) si aggiunsero alcuni nomi destinati ad
introdursi stabilmente nella vita artistica inglese: Pietro Reg-
gio, Cesare Morelli, Nicola Matteis, Giovan Battista Draghi.
Le opere 111

Ciascuno di questi personaggi contribui al mutamento sensi-


bile del gusto musicale nel pubblico londinese, che già era
stato sottoposto nel decennio precedente alla moda francese.
Un peso notevole nel processo di diffusione della nuova aria
continentale ebbero le pubblicazioni di Songs di Pietro
Reggio (Songs set by Signior Pietro Reggio, Londra 1680) e di
Nicola Matteis (Collection o/ New Songs, Londra: I, 1696; II,
1699), ma soprattutto fortunate antologie, come la Scelta di
canzonette italiane de piu autori, edita da Pignani a Londra
nel 1679, che conteneva arie di Carissimi, Luigi Rossi, Cesti,
Stradella e altri. Reggio stampò addirittura un trattato sul
canto nel 1677, ma non ne sopravvive alcuna copia.52 Anche
l'autore del piu celebre trattato di canto del Settecento (Opi-
nioni de' cantori antichi, e moderni edito nel 17 23), il castrato
Pier Francesco Tosi, aveva lavorato a Londra intorno al 1693.
Roger North ricorda ancora dopo oltre trent'anni lo stile ese-
cutivo di Tosi, da lui conosciuto a Londra, ed in particolare la
sua arte di diminuire le note lunghe:53

[ ... ] breaking time and keeping it, which Sigr. Tosi sayd was the
cheif art of a performance [ ... ].

Sempre North aveva invece stigmatizzato coloro che,


esperti nell'arte del violino ma incapaci di cantare, si per111ette-
vano di insegnare alle signore londinesi il canto e di comporre
songs, che nulla potevano essere se non <<lezioni di violino>>:54
un chiaro riferimento a Matteis, che, dopo essersi imposto in
Inghilterra come prodigioso strumentista fin dal suo arrivo
intorno al 1670, aveva cominciato a insegnare anche canto e a
pubblicare songs insieme al figlio omonimo Nicola.

52 Secondo alcuni, il trattato fu soltanto pubblicizzato in sottoscrizione nel


1678 ma mai stampato (Olive Baldwin-Thelma Wilson, Purcell's Stage Singers, in
Per/orming the Music o/ Henry Puree!!, 113 ). Invece esisteva un tempo nella
Archbishop Marsh's Library di Dublino almeno una copia del volume, realmente
stampato da Pietro Reggio: The Art o/ Singing, Oxford, 1677 (Holman 1994, 33 ).
53 Roger North on Music, 151.
54 Roger North on Mus1c, 114.
112 Henry Puree/I

Fin dalla generazione pre-Commonwealth i musicisti


inglesi avevano prestato una profonda attenzione alla prassi
dell'esecuzione vocale abbellita. I precetti di Caccini, ad
esempio, erano stati tradotti in inglese55 e non vi era trattato
nel secolo XVII che non riservasse una congrua discussione
agli abbellimenti (graces). Questi, applicati primariamente
alla musica strumentale, si distinguevano principalmente in
diminuzioni, passaggi (passages) e variazioni (divisions). La
musica vocale inglese a cui questi ornamenti si potevano
aggiungere era principalmente quella modellata '' after the
Italian Manner'', in particolare le arie monodiche.
Questo tipo di produzione tocca il suo apogeo con
Purcell. Sono ben 122 i numeri d'opera dei songs (da una a
quattro voci con basso continuo, con o senza coro), che
Holman distingue in due tipologie principali: l'aria basata su
uno schema ritmico di danza - tipico dei Iute e theorbo-songs -
e l'aria in stile declamato, destinata ad utilizzare testi poetici
piu importanti.56
In questo secondo tipo, il declamatory-song, il poeta
preferito da Purcell sembra essere Abraham Cowley (morto
nel 1667), del quale musicò non meno di 15 songs ed alcune
arie per il teatro. In entrambi i tipi di aria, Purcell poté a suo
agio riversare la sua competenza nel trattamento del basso
continuo, scoperta precoce che aveva tratto dagli italiani ma
che non poteva applicare né agli anthems né alle altre com-
posizioni celebrative di corte per grandi organici.
Nonostante le precoci esperienze di inizio secolo, l'età
aurea di John Dowland,5 7 i musicisti inglesi cominciarono a
praticare il basso continuo in maniera sistematica soltanto
dopo il 1660 e la maniera italiana di accompagnare la voce su

55 Col titolo "A Brief Discourse of, and Directions for Singing after the
ltalian Manner", furono inserite nella Introduction to the Skill o/ Musick di Play/ord
nell'edizione di Londra 1664 ed in ogni ristampa (compresa quella curata da
Purcell) fino al 1694.
56 Holman 1994, 24-25.
57 Cfr. Robert Spencer, The Performance Style o/ the English Lute Ayre c.
1600, "The Lute", 1984, 55-68.
Le opere 113

uno strumento solo (specialmente liuto, tiorba o chitarra


spagnola) divenne la gran moda grazie ai vari Reggio, Matteis
e colleghi, intorno al 1680. Purcell, all'occasione in grado
egli stesso di cantare accompagnandosi al liuto, fu tra i primi
inglesi a recepire la freschezza e l'esuberanza melodica, rit-
mica ed armonica di questa prassi italiana.
Esiste tuttavia un versante assolutamente insular anche
in questa rigogliosa produzione di Purcell, che consiste nel-
l'insuperata abilità di trattare la metrica della lingua inglese
dei testi da lui utilizzati, raggiungendo la ''exquisite expres-
sion of the words'' .58 Non è un caso che Purcell sia anche il
piu grande maestro inglese del recitativo, nel quale impiega
tutta la sua variegata tavolozza armonica al servizio delle sol-
lecitazioni affettuose del testo. In questo ancora una volta un
italiano, Luigi Rossi, aveva offerto il modello di riferimento.
Oltre quaranta delle arie di Purcell sono per due voci e
basso continuo, altra caratteristica in cui eccelleva Rossi. Il tra-
mite piu logico per la conoscenza in Inghilterra della ste1111inata
produzione di arie e cantate di Rossi era rappresentato dall' an-
tico allievo di questi, Pietro Reggio, o dall'altro romano Vittorio
Albrici; ma virtualmente da ogni altro musicista italiano giunto
a Londra e perfmo dai semplici musicofili viaggiatori.
Alcune delle arie a voce sola potrebbero già definirsi can-
tate, poiché presentano una successione di una sezione in reci-
tativo prima dell'aria vera e propria. Sono soltanto quattro le
autentiche cantate superstiti (di una q11inta restano la sinfonia
iniziale e il coro). Come le coeve composizioni italiane, sono
quasi sempre concertate con violini o flauti dolci. Ma inutil-
mente si cercherà in questi brani la foriììa tipica della cantata
italiana, con l'alternanza di recitativi e arie: la parentela è invece
forte con l'anthem o l'ode di corte, ed è per questo che sono
stati definiti piu correttamente symphony songs. In maniera

58 Tale il giudizio di colui che nel tardo Settecento definisce Puree!! «our
Musical Shakespeare>>: Burney, A Generai History o/ Music, II, 393. Analizza questo
aspetto Katherine T. Rohrer, Poetic Metre, musical Metre, and the Dance in Purcell's
Songs, Puree/I Studies, 207-242.
114 Henry Puree/I

speculare, la composizione di Purcell che piu assomiglia for-


malmente ad una cantata italiana è un brano sacro edito
nell'Harmonia Sacra di Playford nel 1693, Teli me, some pitying
angel (Z 196), su testo di Nahum Tate, il librettista di Dido and
Aeneas.
La destinazione dei symphony songs di Purcell (otto in
tutto nel manoscritto autografo di Londra, R.M.20.h.8) è
certamente la Private Music a corte. Per le assai piu numero-
se arie monodiche è piu difficile tentare di ricostruire le oc-
• • • • •
cas1on1 compos1t1ve o esecutive.
Il testo può indicare di volta in volta delle piste (si pensi
alla owia O dive Custos Austriacae domus, Z 504), anche se
spesso i testi dei songs sono una mera celebrazione del pote-
re della musica, caratteristica che si riscopre in quasi tutti i
generi praticati da Purcell, ma soprattutto nelle odi (Celestial
music did the Gods inspire, Z 322; Sound the trumpet, beat
the drum, Z 335 e naturalmente Hai!! Bright Cecilia, Z 328).
Tra i songs di questo tipo, è esplicito il potere evocativo
di J/ music be the /ood o/ love, di cui esistono ben tre versioni
(Z 379 A,B,C), ma ancor piu magica è l'atmosfera del celebre
solo di Alto 'Tis Nature's voice, quarto numero dell'ode a
Santa Cecilia del 1692 (Z 328), ristampato separatamente nel
primo libro dell'Orpheus Britannicus del 1698, a conferma
della sua forma di aria eseguibile a sé stante (esempio n. 4).
Anche la produzione di Purcell per i teatri di Londra è
tutta racchiusa negli anni fatidici tra il 1680 e il 1695. Il
grado di impegno del compositore, negli oltre quaranta titoli
teatrali del suo catalogo, è assai vario, spaziando dalla musica
incidentale per i plays - a volte pochi minuti di suoni per
un'intera rappresentazione -, gli intermezzi e masque, alle
semi-opere e all'unica vera e propria opera, sia pure in
miniatura, la celebre Dido and Aeneas: appena un'ora di
durata quest'ultima partitura, e mai piu di un paio d'ore di
musica per ciascuna delle altre semi-opere.5 9 Siamo ben lon-

59 Roger Savage, The Theatre Music, in Puree!! Companion, 313-383, si chie-


de il perché dell'incremento cosi vistoso della produzione di Purcell negli ultimi
Le opere 115

tani, dunque, dal modello francese della tragédie lyrique di


Battista de Lully, per non dire delle immense opere del
primo barocco italiano (Il Palazzo incantato di Atlante di
Luigi Rossi, nella Roma del 1642, aveva intrattenuto per
sette ore senza noia gli invitati dei Barberini). Ma è bene
ricordare che anche Lully, un italiano emigrato in Francia,
aveva iniziato la sua carriera inserendo all'interno delle com-
medie di Molière parti musicali che possono essere conside-
rate, alla pari di Dido, prove di melodrammi in scala ridotta.
La prima commissione dai teatri londinesi giunse nel
1680, quando Henry aveva poco piu di vent'anni: si trattava
di comporre le musiche di scena della tragedia di Nathaniel
Lee Theodosius, or The Force o/ Love (Z 606), partitura piut-
tosto consistente, che comprendeva cori, pezzi d'assieme e
alcuni songs cantati ''betwixt the acts''. L'incarico fu svolto
con tale riconosciuta abilità da meritargli la pubblicazione
delle sue musiche nel libretto apparso a stampa nello stesso
anno. Eppure la carriera cosi brillantemente avviata in que-
sto campo non ebbe un seguito immediato. Se ci limitiamo
alle fonti superstiti, nei successivi dieci anni Purcell compose
in tutto una dozzina di arie per i teatri di Londra, a parte
naturalmente la partitura di Dido and Aeneas, che è tuttavia
un caso particolare e non collegabile direttamente ai teatri
pubblici cittadini.
Dovette attendere infatti il 1690, quando The Pro/etess,
or The History o/ Dioclesian (Z 627) fu rappresentato al
Dorset Garden (la partitura integrale fu stampata a Londra
l'anno successivo). Dioclesian è considerata la prima ''semi-

anni: <<Only twelve songs in the 1680s (post-Theodosius) but twelve hours in the
early 1690s?,, (318). La risposta di Savage è che forse altra musica prodotta per i
teatri londinesi negli anni Ottanta è andata perduta e non si può escludere che le
partiture superstiti, destinate ai riallestimenti di drammi degli anni Sessanta e
Settanta curate dalla United Company, fossero state composte ed utilizzate già nei
primi anni Ottanta e non negli ultimi cinque anni della vita di Puree!!. Quello che
piu stupisce, conclude lo studioso, è che la musica di scena composta da Purcell,
per quanto ne sappiamo, tra il 1690 e il 1695 ha una durata complessiva di circa 10
ore: oltre un'ora in piu rispetto alla somma di tutte le 24 odi composte dall'autore
nel corso di tutta la sua carriera (ibidem).
116 Henry Puree/I

Es. 4: Hail, Bright Cecilia! Ode on St. Cecilia's Day, 1962 (Z328):
n.4, « 'Tis Nature's Voice» (solo di Alto)

Allo
oolo •

'Tis Ne - ture's voicc, 'tis Na - ture"s

BC


vo1ce, thro' ali the mov - - - - - -

7
2
4
tr


- - - - - - - •
- ,ng

5 2 6
3 4 5
6

.... .,,. ____


------·--•
-------• _
.,,.••.
wood, lures un - - - - - -

2 7

tr

- d e r - - stood, The u - •
n1 - ver - ..,

-·-•
----
--~·
• ,... .


longue, the u - n1 - ver - sai tongue,- to none of ali her

4
2
6
Le opere 117

ir

nu - m"rous race _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ un - known.

37

[rejoice]

38

39

o, _________ love. In

41

un - seen _ _ _ _ chains, it does-- lhe fan - cy

\4 4 ~3
2


1I it does-- lhe

~7 6 7 6
118 Henry Puree/I

4.1
tr


fan - - - - - cy bind, At once •
Il

6 4 3
5
47

c h a r m s - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - the-

3 4 5 6 7
2 3 4 5 6
49
tr

sense, end cap - - - - - - - ti - vates the

51

mind, al once il charms------------

53

the- sense, and cap - - - - -


55
tr

- - - - • ti - vates the mind.


Le opere 119

opera'' inglese, secondo la definizione coniata da Roger North


ed entrata in uso comune nel Settecento.60 In realtà questa e
le successive musiche teatrali di Purcell perfezionavano un
modello preesistente, quello della tragedia ''patriottica'' di
Dryden Albion and Albanius, musicata da Grabu ed edita
nel 1687 (a sua volta seguendo i prototipi francesi di Lully).
Ma per la prima volta sulle scene pubbliche inglesi in
Dioclesian è concesso un piu ampio ed autonomo spazio alla
componente musicale (ben sedici numeri): un totale quasi
pari alla lunghezza dell'intera Dido.

La "profetessa" che dà titolo all'opera è Delphia, la cui profezia


avvia l'azione: [Atto I] Diocles, un semplice soldato dell'esercito romano,
diventerà imperatore a patto che egli uccida un potente cinghiale. Diocles
ucciderà infatti Aper (dal nome del dio-toro egizio Apis), assassino del
precedente imperatore, e viene acclamato come suo successore. [Atto II]
Ma non è cosi semplice. Divenuto imperatore col nome di Diocleziano, il
protagonista abbandona l'amata Drusilla, la dolce nipote di Delphia, per
Aurelia che gli si offre per aver vendicato il suo predecessore. [Atto III]
Ma anche il nipote di Diocleziano, Maxminian, ama Aurelia. A questo
punto Diocleziano affronta in guerra i Persiani e vince. [Atto IV] Delphia,
che aveva aiutato i persiani, perdona Diocleziano per il suo cattivo com-
portamento nei confronti di Drusilla e l'imperatore, magnanimamente,
restituisce il re di Persia alla sua nazione, consegnandone l'impero a
Maxminian. Quest'ultimo, folle cli gelosia, attenta alla vita di Diocleziano,
ma viene ostacolato dall'intervento di Delphia. [Atto V] La vicenda si con-
clude felicemente con una rappresentazione mascherata ispirata da
Cupido, ovvero un lungo country masque.

La rappresentazione di Dioclesian nel giugno 1690 fu


uno strepitoso successo, grazie anche alle <<costose scene,
macchinerie e costumi: con le musiche vocali e strumentali
composte da Mr. Purcell e le coreografie di Mr. Priest, lo
spettacolo ha soddisfatto le aspettative della corte e della

6 0 La celebre annotazione di North si riferisce proprio alle produzioni di


Betterton al Dorset Garden: ,,Mr. Betterton, che era il responsabile del teatro, con-
cepi un tipo di spettacoli chiamati Opere, ma che sarebbe stato piu appropriato
definire Semi-Opere, poiché esse consistono per metà di musica e per metà di reci-
tazione•• (RoJ!.er North on music, 115).
120 lfenry Puree/I

città>>.6 1 Dal punto di vista musicale, la struttura drammatica


offre ben pochi spazi alla musica di Purcell fino al secondo
atto. L'avvio è quello tradizionale di ogni spettacolo della
Restaurazione, con la successione di tre brani orchestrali con
funzione di richiamo del pubblico (First Music, Second Music
e una efficace Overture di gusto francese) e la vicenda avviata
da una Hornpipe, unica sezione musicale del primo atto.
Questo schema iniziale sarà adottato in tutte le altre semi-
opere di Purcell. La partitura del secondo, terzo e quarto
atto offre una serie di songs a voce sola, alternati a duetti, trii,
quartetti e cori di grande effetto. Molti brani sono su ground
bass, cioè su ostinati nel piu puro e travolgente spirito italia-
no, anche se permangono contenitori formali alla francese,
come la ''Chaconne Two in one upon a Ground'' e l'altra
ciaccona per coro e strumenti che conclude il play sulle paro-
le ''Triumph victorious Love". L'ampio masque finale di
Cupido è l'omaggio pagato alla tradizione piu arcaica, in una
partitura fortemente innovativa soprattutto nella concezione
dell'orchestra, con l'introduzione delle trombe concertanti,
oboi, fagotti, flauti dolci e percussioni accanto agli archi e al
basso continuo.
La successiva semi-opera, King Arthur, or The British
Worthy (Z 628), fu allestita al Dorset Garden nel giugno
1691, l'anno dell'unico viaggio all'estero di Purcell, in
Olanda al seguito del re Guglielmo. Fu un nuovo e piu fol-
gorante successo, determinato da un concorso di fattori: la
musica di Purcell, il testo di Dryden, il tema nazionalistico,
ma anche lo sfarzoso (e costoso) allestimento. 62 Il testo origi-
nale era stato concepito da Dryden prima del 1685, come
contributo allegorico al tentativo di riconciliazione tra il duca

61 Cosi ne scrisse John Downes che era il suggeritore della United Company
al Dorset Garden (Roscius Anglieanus, London, 1708). Sulla produzione del 1690
cfr. Julia Muller, Henry Pureell's First Semi-Opera Dioelesian, Lewiston, NY, 1990;
Julia Muller-Frans Muller, Pureell's Dioelesian on the Dorset Garden Stage, in
Per/orming the Musico/ Henry Puree!!, 232-242.
62 Rinviamo alla utile guida all'opera (con libretto commentato, analisi musi-
cale ed apparati): Puree!!. King Arthur, "L' Avant-Scène Opéra", 163, Paris, 1994.
Le opere 121

di York (futuro Giacomo 11) e il figlio naturale di Carlo Il,


duca di Monmouth. Fallito il tentativo, giustiziato Monmouth,
Dryden fu costretto a rimaneggiare ampiamente il suo testo
per consentire l'identificazione dell'eroe Artu col nuovo so-
vrano olandese Guglielmo Ili: ma l'antipatia del poeta verso
il nuovo regime è avvertibile nel tono iperbolico e perfino
sarcastico con cui a tratti sono caricate le allegorie.

La storia di King Arthur si basa su una "leggenda storica" diversa da


quella piu diffusa del ciclo della Tavola rotonda, il cui perno centrale è l'e-
popea dell'unificazione dell'Inghilterra. [Atto I] Artu, re dei Britanni, e
Oswald, il re sassone del Kent, sono entrambi innamorati di Emmeline, la
figlia cieca del duca di Cornovaglia. Dopo varie e sanguinose battaglie i
Sassoni, sempre respinti, dovranno affrontare la battaglia decisiva nel gior-
no di San Giorgio (presagio di sicuro successo per le truppe britanniche).
In un tenero duetto Emmeline esprime le difficoltà di conoscere il mondo
che la circonda, dovute alla sua cecità. Gli amanti sono separati dallo
squillo delle trombe di guerra, mentre scendono in campo anche le deità
che appoggiano i rispettivi schieramenti. Mentre Artu è aiutato da
Merlino, il grande incantatore, Oswald ha come alleato il mago Osmond,
il quale si serve di due assistenti, gli spiriti della terra e dell'aria, Grimbald
''spirito della terra" e Philidel "spirito dell'aria". [Atto II] Philidel, con-
vinto da Merlino a passare dalla parte degli inglesi, riesce a smascherare gli
inganni tramati ai loro danni da Grimbald. Nel frattempo Oswald riesce a
catturare Emmeline con la sua serva Matilda e inutilmente Artu fa appello
al senso dell'onore del rivale per farla liberare. [Atto III] La foresta che
circonda la roccaforte dei Sassoni è ricolma dei malefici di Oswald ed i
generali britanni rinunciano all'attacco: il solo Artu, armato degli incanti
di Merlino, andrà a liberare Emmeline. Grazie agli stratagemmi e alle
magie di Philidel, riescono a liberare la ragazza e a restituirle la vista con
un preparato fatato di Merlino. Ma questi è per il momento impotente
contro i sortilegi del perfido Osmond, che sopraggiunge e blocca
Emmeline mentre i britanni fuggono. Per impressionarla e costringerla alle
sue voglie, dopo aver legato in una orrida fossa il suo signore Oswald, il
mago fa apparire una scena terribile: nel paese tutti gli abitanti sono morti
congelati (Masque del ghiaccio). Cupido, dopo aver risvegliato il Genio
del Freddo, ispira il calore dell'amore e tutti vengono riportati in vita da
un gran ballo con coro inneggiante alle passioni. Emmeline rifiuta di cede-
re e Osmond vorrebbe passare alla violenza, ma è distolto dal suo spirito
Grimbald. [Atto IV] Lo spirito della terra avverte Osmond dell'arrivo dei
britanni. Merlino è riuscito a vincere solo una parte dei malefici della fore-
sta: Artu dovrà proseguire solo con l'aiuto di Philidel, badando bene che
122 Henry Puree/I

"tutto è illusione". Grazie alla sua fede, Artu non cede alle lusinghe di
sirene e altre meraviglie preparate come trappole per lui. Sta per colpire
l'albero in cui si annida il segreto di tutti i mali, quando gli appare una
finta Emmdine sanguinante e gemente che fa appello al suo amore. Grazie
a Philidel l'inganno è scoperto e Grimbald, che si era finto donna, viene
sconfitto e catturato. [Atto V] Terrorizzato per aver perso insieme la sua
foresta incantata e il fido Grimbald, Osmond decide di liberare Oswald
per farlo combattere alla pari con Artu. La singolar tenzone è vinta dal re
dei Britanni che generosamente concede al rivale vita, libertà e regno,
punendo duramente Osmond. Tutti i personaggi si riuniscono in scena e
Merlino profetizza la futura unione dei popoli sassoni e britannici, in un'u-
nica grande nazione. A questo punto il masque finale presenta una succes-
sione di allegorie dai riferimenti eloquenti: Eolo calma i venti per far appa-
rire calma e serena la Britannia, della quale Pan e una Nereide tessono le
lodi soprattutto per l'abbondanza dei suoi prodotti naturali; dopo altre
generiche lodi dell'Inghilterra, sarà Venere a decretare che nessun'altra
Isola è di essa piu bella e Cupido assicura la sua serena prosperità; l'Onore
introduce una schiera di futuri eroi, che per le loro imprese in difesa della
Nazione saranno insigniti dell'Ordine della Giarrettiera, che riceve prote-
zione da San Giorgio in persona. Durante il gran ballo finale Artu ripren-
de la parola per incitare i suoi compagni a cercare la gloria sui campi di
battaglia, in maniera da non essere da meno dei futuri eroi dell'Isola.

Nonostante la confusione creata dalle diverse fonti


manoscritte (non soprawive un autografo di Purcell), ci si
accorge immediatamente dell'alta qualità della musica com-
posta per questa Dramatic Opera, il cui soggetto doveva esse-
re particolarmente congeniale al compositore. Vi si trovano
alcune delle pagine piu celebri di Purcell, come la ''Scena del
Ghiaccio'' (Frost Scene) nel III atto, la Passacaglia in sol mino-
re del IV atto e l'aria di Venere ''Fairest Isle'' nel masque fina-
le. La Frost Scene, il risveglio del Genio del Freddo da parte
di Cupido, ha da sempre impressionato per la potenza evoca-
tiva del cromatismo vocale e per il tremolo degli archi, effetto
sonoro che allude al tremore causato dal gelo. 6 3 Nella sua

63 Un'analisi accurata di questo elemento e del possibile modello dei


Tremb/eurs (imitazione con mezzi musicali del tremito di uomini assiderati) nell'o-
pera lsis di Lully (1677) è in Lione) Sawkins, Trembleurs and Co/d Peop/e: How
Shou/d They Shiver?, in Performance the Musico/ Henry Puree//, 243-264.
Le opere 123

Lz/e o/ Betterton (London, 1710, p. 167), Charles Gildon


ricordava questa scena tra le migliori composte da Purcell che
potevano essere opposte con successo alle opere italiane di
moda ai suoi tempi:

Let any Master compare "Twice ten hundred Deities", the Music in
the "Frost Scene", severa! parts of the Indian Queen, and twenty
more pieces of Henry Puree! [ ... ].

La scena era stata suggerita a Dryden dall'eccezionale


freddo che colpi Londra nella stagione 1683-84, quando il
poeta aveva iniziato la stesura dell'opera, ma il modello
drammaturgico deriva da Lully. La Passacaglia costituisce il
momento musicale centrale del IV atto, sulle parole ''How
happy the lover / how easy his chain'' ripetute dal tenore e
dal coro, per le quali Purcell inserisce una serie di 59 varia-
zioni sul basso ostinato, per un totale di 242 battute. Questo
numero, come la Chaconne finale, è ancora una volta influen-
zato dalla forma delle chaconnes delle opere di Lully, ma
secondo la concezione italiana delle variazioni su ostinato.
Infine, quella che è forse la piu celebre aria di Purcell, ''The
Fairest Isle'', è un vero inno patriottico, in cui Dryden e
Purcell riversano intera la loro concezione nazionalistica del-
1' opera (esempio n. 5):

Tu, la piu bella di tutte le isole,


Sede del piacere e dell'amore,
Prescelta da Venere come propria dimora,
Da lei preferita alla grotta di Cipro.
Cupido saprà allontanare dalla sua Nazione preferita,
Gli affanni e le invidie,
La gelosia che avvelena la passione
E la disperazione che fa morire per amore.

Oltre a questa, sono innumerevoli le allegorie che


Dryden utilizza per esaltare la Restaurazione, di cui King
Arthur resta il monumento teatral-musicale piu eloquente: la
celebrazione di San Giorgio (patrono dell'Inghilterra nella
cui ricorrenza, il 23 aprile 1661, era awenuta l'incoronazione
124 Henry Puree/I

di Carlo II), l'identificazione di Emmeline con la Nazione,


che aveva recuperato la vista con il ritorno degli Stuart; il
riferimento all'Ordine della Giarrettiera e cosi di seguito. 64
Inoltre Dryden offre a Purcell la prima occasione di confron-
tarsi col supremo modello teatrale di Shakespeare, attraverso
i diversi caratteri ricavati dalla Tempest: i due spiriti della
terra e dell'aria, Grumbald e Philidel (rispettivamente da
Caliban e Ariel), Merlino (Prospero), Oswald (Alonzo), Artu
(Fernando), Emmeline (Miranda).65
La rivisitazione shakespeariana trova compimento con
lo sfolgorante spettacolo di The Fairy Queen (Z 629), rappre-
sentata l'anno successivo ancora al Dorset Garden. Si tratta-
va di un riadattamento del Midsummer Night's Dream con
una serie di masque e vari numeri musicali.

[Atto I] E1111ia e il suo amante Lisandro decidono di fuggire per non


sottostare alle leggi ateniesi che impongono alla fanciulla di sposare colui
che il padre ha scelto per lei, owero Demetrio. Elena, innamorata di que-
st'ultimo, lo informa dell'accaduto sperando di riconquistarlo, ma
Demetrio corre all'inseguimento dei fuggiaschi, seguito da Elena. Nella
foresta, dominio di Oberon e Titania, signori delle fate, una compagnia di
dilettanti artigiani giunge per provare la rappresentazione della tragedia di
Piramo e Tisbe, prevista per il matrimonio di Ermia. [Atto II] Oberon
accusa Titania di tradirlo col suo giovane paggio indiano, e per vendicarsi
incarica il suo spiritello Puck di versarle sugli occhi mentre du1111e un filtro
magico che la farà innamorare del primo sconosciuto visto al risveglio, ossia
Bottom - uno dei commedianti impegnato nella prova della tragedia - il
quale si ritrova con una testa d'asino. [Atto III] Oberon, impietosito dall'a-
more di Elena, ordina di effettuare la stessa operazione sugli occhi di
Demetrio, perché tomi all'antico amore. Ma Puck si confonde e fa innamo-
rare sia Demetrio che Lisandro di Elena, con l'effetto di scatenare l'ira di
E1111ia. [Atto V] Oberon deve cosi intervenire personalmente per ristabilire
l'ordine naturale delle cose: Bottom recupera la sua testa umana, E1111ia si
fidanza con Lisandro, Demetrio con Elena e lo stesso re delle fate si rappa-

6 4 Andrew Pinnock, King Arthur expos'd: A Lesson in Anatomy, in


Per/orming the Musie o/ Henry Puree/I, 243-256.
65 Ellen T. Harris, King Anhur's Journey into the Eighteenth Century, in
Per/(Jtming the Musie o/ Henry Puree/I, 257ss. (King Anhur and Shakespeare).
Le opere 125

Es. 5: «Fairest isle», song di Venere in King Arthur (Z 628), V, 40

[VENUS)

.....
Sop,-• no

I. Feir - eel isle, ell iole•--- ex - cel - ling,

BC

Seel-- of plee - sure and _ _ of love



Ve - nus here will choose _ __ her dwell - ,ng,

And _ _ for - eake _ _ her Cy - •


pnan grove.

cifica con la sua Titania. La successione delle apparizioni fmali ha il compi-


to di provare allo scettico duca ateniese Teseo la potenza della magia.

La trama shakespeariana ha poco o nulla a che fare (se


si eccettuano i duetti di Oberon e Titania e i cori di fate) con
i numeri musicati da Purcell nello stile di sfarzosi masque in
126 Henry Puree/I

successione continua (entrées). La rappresentazione fu con-


cepita infatti come allegoria della superiorità della magia
(ovvero gli apparati scenografici) sulle altre arti del teatro:
tesi quantomai barocca, sostenuta già nel Prologo del Palazzo
incantato di Atlante di Luigi Rossi del 1642. A tal fine furono
investite risorse finanziarie fino ad allora inusitate per i teatri
pubblici londinesi: oltre 3 .000 sterline per costumi, scene e
musiche, a fronte delle quali la compagnia ricavò ben poco
utile dalla vendita dei biglietti. 66 Lo spettacolo fu ripreso un
anno piu tardi, nel febbraio del 1693 - circostanza inusuale,
che ne prova il successo - e sarebbe probabilmente entrato
piu stabilmente in repertorio (grazie al revival di interesse
per i rimaneggiamenti shakespeariani nel primo Settecento)
se non ne fosse stata smarrita la partitura, ricomparsa soltan-
to nei primi anni del 1900, nonostante alcuni tentativi fatti
nel 1701 di offrire ricompensa per la sua restituzione al
Theatre Royal. 67
L'autografo parziale custodito oggi alla Royal Academy
di Londra si riferisce alla prima rappresentazione del 1692, il
cui libretto differisce dalla ripresa dell'anno successivo. 68 Una
serie di fonti accessorie oggi disponibili (compresa la riduzio-
ne per clavicembalo di due numeri nel manoscritto ''Purcell-
Draghi'' della British Library) rendono la ricostruzione
moderna di Fairy Queen tra le partiture purcelliane piu atten-
dibili. A parte la brillantezza degli inserti strumentali (che allu-
dono al virtuosismo degli italiani come Matteis) e la potenza
contrappuntistica dei cori e degli insiemi, il contenuto musica-

66 Testimonianze coeve di Luttrell e Downes cit. in Holman 1994, 209.


67 Sulla "London Gazette" del 9 e del 13 ottobre 1701 comparve infatti l'an-
nuncio: <<Essendo stata smarrita, dopo la morte dell'autore, la partitura della
Musica per The Fairy Queen composta dallo scomparso Mr. Henry Purcell, che
appartiene ai gestori autorizzati del Theatre Royal in Covent Garden, Londra,
chiunque riporterà la suddetta partitura, o una copia della stessa, al Tesoriere del
detto Teatro, Mr. Zachary Baggs, riceverà la somma di 20 ghinee,, (originale cit.
nella prefazione all'edizione di The Fairy Queen, Purcell Society voi. 12, London,
Novello, 1903, VIII).
68 Roger Savage, The Shakespeare-Puree!! Fairy Queen, "Early Music", I,
1973, 200-221.
Le opere 127

le può essere suddiviso in temi naturalistici e terni magici. Alla


prima categoria appartiene l'intero I atto, con il duetto iniziale
della fuga dalla città (''Come let us leave the town'') e il gusto-
so episodio del poeta ubriaco (''Tue Drunken Poet'', un basso
comico); inoltre tutti i dialoghi tra Oberon e Titania e degli
altri protagonisti, compresa l'inserzione erotico-pastorale del
dialogo buffo tra Coridon e Mopsa (''I tel1 you again, / Maids
rnust Kiss no Men [ ... ] I'le not Kiss, till I Kiss you for good
and all'' dichiara equivocamente la fanciulla, come una dama
di corte, III, 25). Alla categoria del magico appartengono i
songs che evocano il soprannaturale (solo di alto ''Come all ye
songsters of the sky'', II, 9; di soprano ''Ye gentle spirits of the
air'', III, 24) o quelli pronunciati da una divinità, come il subli-
me ''When a cruel long winter'' (IV, 34) intonato dal tenore-
Febo apparso sul suo carro di fuoco e le cui parole (musicate
con alternanza La minore-maggiore e dominante Mi) riporta-
no alla situazione della Frozen Scene di King Arthur. Il calore
(dell'amore) scioglierà i ghiacci e consentirà la prima delle
grandi entrée con l'ingresso delle quattro stagioni. Il terna del-
1' amore è centrale in questa come in tutte le rappresentazioni
teatrali della Restaurazione, ma sono rare altrove atmosfere
dolci e patetiche come il song di soprano solo e ripreso dal
coro ''If Love's a Sweet Passion, why does it to1111ent?'' (III,
20) o il giustamente celebre lamento (The Plaint, V, 43). Le
Entry Dance coronano con le macchine e i travestimenti esotici
l'atmosfera magica del masque in successione accelerata a par-
tire dalla chiusa del II atto: i Seguaci della notte, i Cigni, le
Fate, gli Uomini verdi, i Falciatori, le Scimmie, i carri di Febo
e le Stagioni, Giunone, Fauni, Ninfe, esseri dei boschi e spiriti.
Ma è la scena centrale del V atto il coup-de-théatre in grado di
ammutolire anche il pubblico piu smaliziato. Secondo la dida-
scalia del libretto del 1692:

[ ... ] la scena s'illumina improvvisamente, scoprendo il prospetto


trasparente di un giardino cinese, la cui architettura, alberi, piante,
frutti, uccelli e animali appaiono alquanto differenti da ciò che si
conosce in questa parte del Mondo. [Il giardino] termina con un
arco, attraverso il quale se ne intravvedono altri con alberi annessi, e
128 Henry Puree/I

un boschetto in fondo alla visione. Al di fuori è un giardino pensile,


che si allunga con successive salite fino alla sommità della casa. Esso
è chiuso da entrambi i lati da piacevoli pergolati, con alberi diversi e
molti strani uccelli in volo. Sul culmine di una piattaforma vi è una
fontana, il cui getto d'acqua finisce in un largo bacino.

A quel punto entrano uomini e donne cinesi che intona-


no il celebre e festoso coro ''Thus Happy and Free'' (V, 47).
Nelle successive musiche di scena, composte nei suoi
ultimi anni, Purcell offrirà contributi meno sfolgoranti e
anche quantitativamente ridotti, probabilmente perché rivol-
ti a soggetti assai meno esotici: Don Quixote (Z 578), Circe
(Z 575), Oedipus (Z 583 ), The Libertine (Z 600) e la piu nota
di questa serie di semi-opere '' in miniatura", Timon o/
Athens (Z 632), in cui si ritrova un masque di Cupido e
Bacco (II, 2) degno delle sue partiture piu ampie.
La ''tragedia eroica'' The Indian Queen (Z 630), era stata
scritta da John Dryden in collaborazione con Sir Robert
Howard nel 1664, poco dopo il matrimonio che aveva stabili-
to la parentela tra i due commediografi. Non è sopravvissuta
la musica vocale composta per quella prima rappresentazione
da John Banister, ma soltanto una suite strumentale. Per la
ripresa avvenuta al Drury Lane nel 1695 Purcell ne riscrisse
per intero i numeri musicali, ad eccezione del masque finale
del V atto, completato dal fratello Daniel dopo la sua morte.

[Atto I] Grazie al valore del loro condottiero Montezuma, gli Incas


del Peru sconfiggono in battaglia i nemici Aztechi del Messico. Ma quan-
do a Montezuma per le sue origini ignote viene rifiutata la mano di Orazia,
la figlia del capo Inca, il guerriero si pone al servizio dei nemici Aztechi,
che sconfiggono gli Incas. [Atto II] Gli onori resi a Montezuma per la vit-
toria accendono la gelosia di Zempoalla, la regina salita al trono del
Messico dopo aver ordito la morte del fratello, la quale tuttavia si innamo-
ra follemente di Montezuma. Questi, fedele ad Orazia, non cede alla regi-
na. [Atto III] Zempoalla tenta di dividere i due amanti spingendo suo
figlio Acacis a corteggiare Orazia. Ma Acacis, respinto, si uccide. [Atto
IV] Mentre si annuncia l'arrivo della vedova del sovrano dd Messico ucci-
so, del quale Montezuma scopre di essere il figlio, Zempoalla si uccide.
[Atto V] Il masque di Imene (musicato da Daniel Purcell) celebra l'im-
mancabile lieto fine col matrimonio di Montezuma e Orazia.
Le opere 129

Ancor piu che nelle semi-opere precedenti, in Indian


Queen le parti musicate sono marginali rispetto alla trama della
tragedia (in accordo al principio per cui cantavano in genere i
personaggi secondari e gli spiriti ultraterreni). Per esempio nel
IV atto l'unico numero musicato è il song di Orazia, in due
strofe (nn. 28-29), come ''Fourth Act Tune''. Nel Prologo, di
solito solo recitato, sono introdotti, invece, due indiani che illu-
strano la storia cantando una serie di arie. Questa semi-opera si
mostra piu matura anche rispetto ai caratteri dei personaggi:
Purcell assegna alla regina Zempoalla una grande profondità
psicologica, soprattutto nell'aria a solo ''I attempt from love's
sickness to fly in vain'' (III, 25), cui fa da contraltare gioioso il
duetto degli spiriti dell'aria, ''Ah, how happy are we! / From
human passion free'' (III, 23), che riecheggia le atmosfere rit-
miche e contrappuntistiche sia della passacaglia del IV atto di
King Arthur (''How happy the lover''), sia del coro cinese del V
atto di The Fairy Queen (''Thus Happy and free''). Meraviglio-
sa è la scena dell'incantamento nel III atto sulle parole del sa-
cerdote Ismeron ''You twice ten hundred deities / to whom we
daily sacrifice'', in cui la preveggenza della triste fine della regi-
na è espressa da una successione di dissonanze e cromatismi,
soprattutto sulle parole ''what strange fate'' _69
Ma nonostante queste punte di grande qualità e il fasci-
no dell'ambientazione esotica, gli studiosi rilevano come que-
sta ultima semi-opera non renda giustizia dell'evoluzione stili-
stica che negli ultimi anni aveva portato Purcell ad aprire
nuovi orizzonti espressivi, dimostrati da musiche di scena
purtroppo incomplete, come Bonduca del 1695 (Z 574): anco-
ra un dramma imperniato sull' autocelebrazione della nazione
britannica.70 Mentre Henry Purcell era sul letto di morte, al

69 Per un approfondimento dell'analisi dell'opera cfr. Price 1984, 126-131;


Andrew Pinnock, Play inia Opera: Purcell's The Indian Queen, "Early Music",
XVIII, 1990, 21-31.
7 o La tragedia era stata adattata da George Powell a partire da una antica
pièce di Beaumont e Fletcher, con un cospicuo contributo di numeri musicati da
Purcell: 13 arie, 9 songs, e un catch. Cfr. Price 1984, 125; Holman 1994, 223s.
130 Henry Puree//

Dorset Garden fu presentata la terza parte del Don Quixote


di D'Urfey, una Dramatic Opera alla quale il compositore
aveva fornito un solo song: ''From rosy bowers'', cantato dalla
celebre Letitia Cross. Ristampato nell'O,pheus Britannicus (I,
1698) come ''The Last SONG the Author Sett, it being in his
Sickness'', questo frammento ultimo destinato al teatro è con-
siderato il suo capolavoro (esempio n. 6).
Le semi-opere di Purcell furono quasi tutti riadattamen-
ti di testi preesistenti e ben noti. Il direttore della compagnia
del Dorset Garden, Betterton, aveva riadattato il Dioclesian
di Fletcher e Massinger, che risale al 1622. The Indian
Queen, scritta a quattro mani da Dryden e dal cognato Sir
Robert Howard, era stata rappresentata come tragedia parla-
ta nel 1664. The Fairy Queen incastonava alla maniera del-
l'antico masque una irrispettosa riduzione del Sogno di una
notte di mezza estate di Shakespeare. Fa eccezione King
Arthur, che è un dramma originale scritto appositamente da
John Dryden.

Es. 6: ,,From rosy bowers,,, in Orpheus Britannicus, I, London,


1968, p. 90

[ jO ]

'rhis was che lan Scng diac Mr. Pa"/1 Sctt, •ir bcing in his Sd•• Fs-
' ---- -

-- - --

-
Le opere 131

Poco dopo la morte di Purcell apparve in una antologia


a stampa (Deliciae Musarum, Libro III, London 1695) ''A
New Song in The Tempest, sung by Miss Cross to her Lover
who is supposed Dead. Set by Mr. Henry Purcell''. Questa
''aria di Dorinda'' (Dear pretty youth) si ritrova in una parti-
tura manoscritta che fu a lungo considerata un'autentica
semi-opera composta da Purcell, per l'ultima ripresa della
Tempest shakespeariana del secolo, awenuta intorno al 1694.
Anche se è possibile che Purcell abbia partecipato a quell'al-
lestimento, certamente non è sua la musica tramandata da
quella partitura di mano settecentesca (Oxford, Bodleian
Library, Ms. Tenbury 1266/4) ad eccezione dell'aria di
Dorinda.7 1
Le caratteristiche stilistiche delle semi-opere si ricono-
scono, in miniatura, nelle numerose musiche incidentali per
gli spettacoli teatrali degli stessi anni. Abbiamo già detto
come Purcell avesse a cuore una organizzazione unitaria dei
vari numeri musicali di una pièce, anche quando essi sembra-
no essere stati utilizzati come frammenti puramente evocati-
vi. Lo dimostra la cura con cui sono allestite le tredici suites
strumentali nella raccolta postuma del 1697, A Collection o/
Ayres, Compos'd/or the Theatre.
Se è possibile interpretare la febbrile produzione per il
teatro degli ultimi anni, come conseguenza del disimpegno
di Purcell rispetto al nuovo assetto dato alla corte dal sovra-
no Guglielmo III d'Orange - salito al trono nel 1689 e osten-

71 Margaret Laurie, Curtis Price, Peter Holman, seguiti da altri studiosi,


hanno dimostrato insostenibile la paternità purcelliana della Tempest di Oxford:
sarebbe invece opera di un allievo di Purcell, John Weldon, che un giornale di
Lc,ndra dichiarava autore della musica per una ripresa della Tempest nel 1704. È
l><>ssibile che avesse partecipato a questa rappresentazione anche Miss Cross, ossia
la stessa cantante associata all'aria di Dorinda nel 1695, poiché un'altra cronaca lon-
dinese la ricorda protagonista di una ulteriore ripresa di Tempest nel 1707 nello
st esso ruolo: <<Dorinda by Miss Cross with the Song of Dear Pretty Youth •• . L'aria
c~e compare nel manoscritto settecentesco potrebbe essere stata inserita dalla stessa
C'.ross, come un'aria da baule, nel nuovo spettacolo con le musiche di Weldon e poi
rimasta nelle riprese successive: segno comunque di una vitalità ancora una volta
sorprendente dei songs di Purcell.
132 Henry P,,rcell

tatamente poco incline alla musica e agli spettacoli -, piu dif-


ficile è spiegare la genesi ed il significato di quell'unicum
nella produzione teatrale inglese del Seicento che è la piccola
ma compiuta opera in musica dedicata da Purcell agli sfortu-
nati amori di Didone ed Ene~Dido and Aeneas, il primo
autentic? melo~~~E1_~~~!1~ese (nel senso con1inentàle di una
storia rappresentata interamente in musica, senza parti parla-
te), resta ancora ai nostri giorni una partitura misteriosa,
anche per la mancanza di fonti musicali del tempo (il mano-
scritto piu antico che ne sopravvive è databile intorno al
1750) e di cronache o documenti coevi. La vic::_~nda dell'ope-
ra è tratta dal IV libro dell'Eneide, gi_Yirailio;~2
····· ·--'
- ---· • ---•• · - ~ - •--····· • •• • • - •• ,.,, , - - - • - · - - · ~ .

[Atto I] Cartagine, Palazzo della regina Didone. Questa confessa di


essere innamorata del troiano Enea alla fedele ancella Belinda, la quale,
con un'altra ancella, cerca di confortarla. Sopraggiunge Enea, che dichiara
a sua volta l'amore per Didone. Appare quindi Venere con amorini, in
segno del favore degli dei. [Atto II, scena I] L'antro delle streghe. Una
maga annuncia il piano per dividere i due eroici amanti: uno spirito assu-
merà le sembianze di Mercurio per consegnare ad Enea un falso ordine di
Giove, che obbligherà il troiano a lasciare Cartagine. Le streghe si metto-
no alacremente all'opera per provocare una tempesta. [Atto II, scena II]
Un bosco. Didone, nel mezzo di una scena di caccia, confessa i suoi tragici
presentimenti a Belinda. Mentre Enea sta tornando con un cinghiale come
bottino di caccia, scoppia la tempesta provocata dalle streghe ed a lui, trat-
tenuto da forze misteriose, si presenta il falso Mercurio, mentre le donne
fuggono a cercar riparo. [Atto III] Le navi troiane sono ancorate nel porto
con i troiani pronti a partire. Vedendo giungere Didone addolorata, Enea
si dichiara pronto a trasgredire per lei ali' ordine divino e a restare. Ma
Didone, con nobile gesto, rifiuta. Concluse le operazioni di imbarco, la
flotta di Enea parte. Dopo il coro delle ancelle che dichiarano la compas-
sione per il dolore atroce della loro regina, Didone intona il suo addio alla
vita, sempre con la fierezza e la dignità che impone il suo stato regale.
Infine si uccide. Sul suo sepolcro appaiono degli amorini che intonano un
dolce coro finale.

72 Benché sia troppo datato per essere utilizzato per lo studio dell'opera, il
numero speciale di "L'Avant-Scène Opéra" dedicato a Didon et Enée (n. 18, Paris,
1976) è ancora utile per le notizie sulla fonte virgiliana. Si veda ora: Paola Bono-
Maria Vittoria Tessitore, Il mito di Didone. Avventure di una regina tra secoli e cultu-
re, 1998, con vasta bibliografia ragionata.
Le opere ) 133
/
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·-......... .,..--'

- -vido, capol?_yoro_ 1eatrale UQ..Qçvé 1!1 piitcd.eb.ce partiOJra


di Purcell, èoritinua a porre interrogativi irrisolti.73 Il primo
problema riguarda la sua datazione: l'unico libretto esistente si
riferisce ad una esecuzione dell'opera nel 1689 per un collegio
femminile di un sobborgo di Londra, una scuola fondata a
Chelsea daJosias Priest, ballerino e responsabile degli spettacoli
di corte. 74 Gli avvenimenti del 1688, con l'avvicendamento
delle case regnanti, contribuirono certamente alla dispersione
delle testimonianze su quella che resta la composizione di
Purcell piu nota ai nostri giorni eppure la meno influente sui
suoi contemporanei che, almeno in apparenza, non sembrarono
accorgersi della rivoluzionaria novità fur111ale che essa recava.
Fino ad anni recenti, la data del libretto del 1689 era
considerata quella piu vicina alla redazione dell'opera, anche
per alcuni accenni nel testo agli avvenimenti politici inglesi
del 1688. Una serrata discussione musicologica fa prevalere
oggi una datazione molto anteriore, tra il 1684 e il 1686, ed
una destinazione originale piu convincente ed importante del
collegio di Chelsea: la corte. 75 Prima di Dido and Aeneas, nel

73 I principali problemi sono riassunti in Curtis Price, Dido and Aeneas: An


Opera, New York, Norton, 1986; E.T. Harris, Henry Purcell's Didon and Aeneas,
C)xford, Clarendon Press, 1987; Holman 1994, 196ss. Inoltre: lrving Godt, Puree!! and
Dido (and Aeneas), in Studies in the History o/ Music, II, 1988, 60-82; Mark Goldie,
"/ne Earliest Notice o/ Purcell's Dido and Aeneas, "Early Music", XX, 1992, 392-400.
74 Sull'identità e l'attività di Priest si veda il piu recente contributo: Jennifer
Thorp, Dance in late 17th-Century London: Priestly muddles, "Early Music", XXVI,
I 998, 198-2 I O.
75 Gli articoli attraverso i quali si è sviluppato il dibattito sulla datazione
sono: Bruce Wood - Andrew Pinnock, "Unscarr'd by turning times"?: The Dating o/
/Jurcell's Dido and Aeneas, "Early Music", XX, 1992, 372-390; Martin Adams, More
rin Dating Dido, "Early Music", XXI, 1993, 510; Curtis Price, Dido and Aeneas:
Quest,ons o/ Style and Evidence, "Early Music", XXII, 1994, 115-125; Bruce Wood,
",çingin' in the Rain": Yet More on Dating Dido, "Early Music", XXII, 1994, 365-367;
Andrew R. Walkling, The Dating o/ Purcell's Dido and Aeneas? A Reply lo Bruce
Wr,od and Andrew Pinnock, "Early Music", XXII, 1994, 469-481. La precedente
datazione, che accettava l'anno 1689 indicato dal libretto, era basata sulla presunta
allegoria della Gloriosa Rivoluzione e di Enea con Guglielmo III (cfr. John Buttrey,
Dating Purcell's Dido and Aeneas, "Proceedings of Royal Musical Association",
XCIV, 1967-1968, 51-62 e Price 1984, 229).
134 Henry Puree/I

1684 era stata rappresentata a Chelsea anche una simile ope-


rina di John Blow, Venus and Adonis, che costitui il modello
formale per la partitura di Purcell. Ma la composizione di
Blow era '' A Masque for the Entertainment of the King'', ed
aveva avuto infatti diverse rappresentazioni a Whitehall. È
probabile dunque non soltanto che Purcell abbia assistito a
tali allestimenti, ma che addirittura abbia fatto a sua volta
rappresentare la sua opera a corte prima di riprenderla alla
Priest's School nel 1689. Secondo una piu recente ipotesi, sia
Purcell che Blow avrebbero avuto come modello un'altra splen-
dida micro-opera di analoga durata del francese Mare' Antoine
Charpentier, La descente d'Orphée aux en/ers, composta per
una esecuzione in una casa nobiliare francese intorno al
1683.76
Il testo di Na che recupera temi mitologiçi çari
·----
~--------~-~
allo spettaco o europeo del primo Seicento, è stato letto
. ~~-"~,.--.'

anche in chiàve allégòrica-;co111c a-.veztimento al sovrano (l'e-


roe giusto Enea) di non abbandonare la nazione che lo ama
(Didone), per le trame di una finta autorità divina (riferimen-
to alle aperture cattoliche del re): ciò si adatta piuttosto agli
ultimi anni di Carlo II, il quale si converti in punto di morte,
che agli anni di regno del suo successore, il troppo aperta-
mente cattolico Giacomo II. 77 La mancanza di libretti o di

documenti sulla esecuzione a corte dell'opera di Purcell sem-


bra awalorare la tesi di alcuni studiosi, secondo cui in realtà
Dido non fu mai rappresentata pubblicamente, a parte il sag-
gio nella scuola femminile di Priest nel 1689. Tate e Purcell,
in sostanza, avrebbero avuto da Carlo II l'incarico di compor-
re un masque simile a Venus and Adonis, secondo il program-
ma allegorico già riferito, ma la morte improwisa del sovra-

76 Christie-Khoury 1995, 50-55, 126-130.


77 Andrew Walkling mette in guardia sui pericoli delle troppo semplicistiche
e superficiali identificazioni allegoriche del repertorio teatrale della Restaurazione:
Politica! Allegory in Purcell's Dido and Aeneas, "Music and Letters", LXXVI, 1995,
540-571; Performance and Politica! Allegory in R·estoration England: What to
lnterpret and When, in Per/orming the Musico/Henry Puree!!, 163-179.
L,· opere 135

no, nel 1685, ne avrebbe bloccato la rappresentazione, poi


non piu proponibile con il successore, il cattolico Giacomo
II. Ma non tutti sono daccordo con questa ipotesi.78
L'allegoria ha trovato un'interpretazione piu ampia e
convincente in un libro italiano dedicato al personaggio di
Didone attraverso i secoli, 79 dal quale abbiamo ricavato un
impulso decisivo per formulare una tesi suggestiva. Il punto
di partenza è l'insistente riproposizione da parte dei letterati
inglesi, a partire dalla Fairy Queen di Spencer, di un'origine
troiana della Gran Bretagna, che inseriva a pieno titolo la
regina Elisabetta (Astrea) nella linea dinastica che, a ritroso,
contava Britomarte la guerriera (la stessa Elisabetta), re Artu
fino a Bruto, discendente del troiano Enea. Consideriamo
adesso che il librettista di Dido and Aeneas, Tate, fin dal 1678
aveva concepito un rifacimento del IV libro dell'Eneide, ma il
dramma fu poi rappresentato al Duke's Theatre con soggetto
e titolo mutato in Brutus o/ Alba. 80 Dryden, futuro librettista
di King Arthur, aveva addirittura concepito un ampio dram-
ma sull'origine troiana dei sovrani inglesi, Albion and
Albanius, al quale doveva essere accoppiato appunto King
Arthur, per la continuità del soggetto. La morte di Carlo II
impedf la prima messa in scena prevista nel febbraio 1685 e
l'allestimento che seguf nei primi mesi del regno di Giacomo
II non obbediva piu, evidentemente, al disegno originale.
Questi indizi inducono a riconoscere durante i primi decenni
della Restaurazione il tentativo di Carlo II (o degli intellettua-
li della sua corte) di recuperare il mito di legittimazione che
Spencer e Marlowe avevano elaborato per Elisabetta, parte di

78 Robert King resta il solo a difendere la data del 1689 come vera prima
<lella Dido, che trova perfettamente coerente con una destinazione originale per il
collegio femminile di Chelsea, ributtando come astruse le analisi filologiche e quelle
sulla struttura compositiva (King 1996, 173ss.).
79 Paola Bono - Maria Vittoria Tessitore, Il mito di Didone. Avventure di una
regina tra secoli e culture, 1998, 255-294.
BO Nella prefazione del dramma, edito a Londra nel 1678, Tate spiega di aver
creato inizialmente i personaggi di Didone e Enea, ma di essere poi stato spinto da
amici a trasfo1111are il soggetto per non sembrare troppo arrogante (ibidem, 257).
136 Henry Puree/I

un organico progetto autocelebrativo con un preciso quanto


inarrivabile modello: la divinizzazione del cugino re-sole in
Francia. Tutti i dubbi sulla negatività della figura di Didone
(già in Virgilio, e poi in Paradise Lost di Milton, dov'è para-
gonata ad Eva per il suo peccato), in cui si fatica a identifica-
re allegoricamente la regina di turno, sono fugati da un sim-
bolo piu arcaico e nascosto: Didone si sacrifica per consenti-____
re ad Enea di fondare la nuova Troia da cui verranno gli ante-
--------
-

nati dei sovrani d'Inghilterra. Inoltre, è la regina di Cartagine,


ossia della città nemica giurata dei futuri romani. Infatt-i,-il
fulcro del programma politico è la propagandaantir9Illaga
(ossia antipapale), che si adatta bene sia al regno di Carlo II
. .

(dove furono sventate congiure gesuitiche vere o presu11_t~


sia a quello di Guglielmo III (dopo il popisch plot), ma non
certamente agli anni di Giacomo II, il re cattolico. 81 Tutte le
semi op€r-e di Purcell hanno come s~ggei1:0··1.-ovrani che sof-
0

frono per amore: a parte Diocleziano e la regina indiana


Zempoalla, troviamo la Fairy Queen (titolo che si rifà a
Spencer), ancor piu esplicito King Arthur e, tra le musiche di
scena meno ampie, Bonduca, l'eroina britannica che sfida i
• • •
nem1c1 romani.
Di tutti questi soggetti, il tema di Didone ed Enea era
probabilmente quello preferito da Carlo II, ma non da
Guglielmo III, visto che l'opera di Purcell non fu piu ripresa
dopo il tentativo indiretto dell'esecuzione-saggio a Chelsea.
Esistevano peraltro esempi continentali di opere e cantate

81 La situazione inglese è assai meno semplice di come l'abbiamo dipinta,


poiché durante il Seicento i personaggi di Didone ed Enea assumono di volta in
volta connotazioni diverse. Per esempio Shaftesbury, nel suo discorso al Parlamento
del 1672 intitolato De/enda est Carthago, incitava alla guerra contro l'Olanda identi-
ficata come Cartagine e assegnava a Londra il nome di "nuova Roma". Giacomo II,
per il suo atteggiamento cattolico, fu invece paragonato al traditore Enea che fugge
a Roma. L'identificazione, a sua volta, di Guglielmo III con Enea si spinge ai ritratti
del troiano inseriti nella traduzione dell'Eneide compiuta da John Dryden e pubbli-
cata nel 1697, la cui prefazione esplicita l'interpretazione in chiave di politica con-
temporanea del testo virgiliano. Cfr. Bono - Tessitore, Il mito di Didone, 1998,
278ss.
Le opere 137

dedicate a Didone, che vanno considerate nel complesso


esame di interferenze che abbiamo affrontato. Vincenzo
Albrici, uno dei primi musicisti stranieri approdati nella
Londra della Restaurazione, compose tra l'altro la cantata Su
l'arenoso lido, un lungo e straziante lamento di Didone, natu-
ralmente su basso ostinato (il manoscritto si conserva alla
Bibliothèque Nationale di Parigi). Era stata l'Italia, madre del
lamento su ostinato, a creare i primi lacrimosi capolavori sul
tema: Sigismondo D'India e Monteverdi per le spettacolari
feste di Parma del 1628; poi Cavalli con un vero e proprio
melodramma su Didone del 1641, che dopo numerose riprese
europee, ebbe la ventura di essere la prima opera rappresen-
tata a Napoli nel 1650. In questa città si ebbe nel 1677 la rap-
presentazione di un raro seguito della storia, Enea in Italia,
che certo avrebbe interessato il sovrano inglese; piu tardi, nel
1724, a Napoli sarà messo in musica per la prima volta (da
Domenico Sarro) il piu celebre testo dedicato alla regina di
Cartagine, la Didone abbandonata di Metastasio. Ma a testi-
moniare che la circolazione teatrale è sempre imprevedibile,
si scopre che una possibile fonte di Metastasio era stata la
tragedia composta da un attore-commediografo francese rivale
di Molière, Antoine-Jacob de Montfleury, dal titolo I:Ambigu-
Comique ou Les Amours de Didon et d'Aenée, rappresentata
con successo straordinario nel 1673 al Théatre du Marais e di
cui l'eco può facilmente essere giunta a Carlo II, sempre asse-
tato di novità dalla Francia.
Ci siamo dilungati in precedenza sui problemi connessi
alla datazione perché sono essenziali per comprendere l'uni-
cità di questa partitura nella produzione di Purcell e
dell'Inghilterra del suo tempo. I problemi filologici sono
peraltro assai meno complessi. Abbiamo già detto che della
musica esiste una sola fonte manoscritta completa, che reca il
titolo The Loves o/ Aeneas and Dido set by Mr. Henry Puree!
(Oxford, Bodleian Library, Tenbury MS 1266/5), databile a
non prima del 1748 anche se utilizza una fonte piu antica. A
questa partitura forniscono minime soluzioni alternative
alcune parti manoscritte coeve, oggi in una collezione giap-
138 Henry Puree/I

ponese. Entrambe le fonti erano già note al pioniere della


musica antica inglese William Cummings (dalla cui bibliote-
ca proviene il manoscritto giapponese) che nella sua edizione
del 1889 dell'opera ricostruf (anche in base ad alcune arie
stampate poco dopo la morte di Purcell) un testo che per
quasi un secolo è stato considerato definitivo e al quale le
altre tre edizioni tuttora in commercio hanno aggiunto e sug-
gerito interventi non sostanziali. Già prima di Cummings era
stato scoperto il libretto a stampa del 1689, in base al quale
mancherebbero diverse parti musicali, a cominciare dal
Prologo e dal finale del II atto.
Anche l'analisi stilistica comparativa è stata utilizzata
nel tentativo di provare una datazione per Dido and Aeneas.
Pinnock e Wood hanno stabilito che la scrittura di Dido
a~p-~~~!~D~.ruJq sti,le. <::_<J.t:n-.P.?.~tiY.~.--~i.. P.ur~~ll i~to~n~ _8:!:,:~98.S
piuttosto che al 1689. 82 Ma Martin Actanìs"·1nd1ca gli ann.1
T687-88 per il completamento della partitura cosi come si
conosce oggi. 83 Peter Holman si serve dell'analisi per eviden-
ziare la maggiore innovazione formale della' Dido: essa consi-
ste nell'uso di tre bassi ostinati y_9_çali, pi~:?:~!!._!_:ic;L p~nti _sirà~
tegi~i del clrafl}lJla. Attraverso questi bassi ostinati l'autore
definisce senza ambiguità i centri tonali dell'opera, all'inizio
(Do minore), al centro (Re minore) e alla conclusione (Sol
{llinore)., Su questi bassi sono costruiti, non a caso, i pez~f
~iù nOiì' della partitura: l'aria di esordio Ah! Belinda, su ciac-
cona, e il conclusivo Laf!tento di _Did.QJJ~, su una passacaglia
cromatica estremamente elaborata, omaggio agli illustri
modelli di mezzo secolo di lamenti italiani. Invece di ricorre-
re alle centinaia di esempi che affollano il repertorio romano
della prima metà del Seicento (che hanno Luigi Rossi come
capostipite indiscusso), abbiamo scelto di confrontare la piu
celebre pagina di Henry Purcell con una cantata fino ad oggi

82 Bruce Wood - Andrew Pinnock, "Unscarr'd by turning times" ?: The


Dating o/ Purce//'s Dido and Aeneas, cit.
83 Adams 1995, 56ss. e 277-286.
84 Holman 1994, 194-200.
Le opere 139

mai citata nella letteratura specifica. Si tratta di un brano


preservato da un solo manoscritto parigino (Bibliothèque
Nationale, Vm7 11(1), pp. 81-96), che ha il duplice interesse
di essere un lungo lamento di Didone (incipit: ''Su l'arenoso
lido de l'antica Cartago''), composto da Vittorio Albrici, un
autore romano che fu alla corte di Londra negli anni in cui
Purcell awiava la sua attività. Non sappiamo purtroppo in
quale data Albrici compose questa cantata-lamento, 85 che
dimostra una grande maestria armonica rispetto ad un certo
manierismo della condotta vocale. Le formule del lamento in
tetracordi discendenti non indulgono che raramente ad un
parco cromatismo, allontanando dunque questo documento
- comunque interessante - dal cuore della struttura purcel-
liana (esempio n. 7).
La cantata di Albrici, nel suo schema di racconto indi-
retto (recitativo) in cui sono incastonate le parole della sven-
turata Didone (aria 1 e 2 con varie strofe), non può compete-
re con l'introspezione psicologica del dramma offerto dal
libretto di Tate nel suo climax: Didone chiede la mano della
sua fedele Belinda, la coprotagonista, apprestandosi a morire
(con tanto di apparizione 'di Cupido "tra le -ntivoré)-e' tra k
parte-recit-ativa e l'aria e l'mteràserie'cromatica del basso del
lamento~- fare
da effièàè~ edmusìtafa--cerriier~ (esempio n. 8).
--pù-rcell-si autoc1tera nerTangiiic.fo Th-e Plaint inserito in
un punto altrettanto strategico del Fairy Queen. Può sembra-
re assurdo che il lamento sia inserito, in questo caso, nel
punto culminante del festoso masque conclusivo dell'opera,
ma il riferimento è un autentico capolavoro di mise en abime,
con intento parodistico. In netto contrasto con il song di
Giunone immediatamente precedente (''Thrice happy
lovers''), Oberon chiede che venga eseguito il celebre lamento

85 Il soggetto dei due amanti era già in un'altra cantata inserita in una
impanante raccolta inviata da Roma a Parigi intorno al 1640, ma in fo1111a di feroce
parodia, con doppi sensi e pesanti allusioni ai protagonisti: Quando che il buon
Troiano I in Cartago arrivò pieno di stracci, testo di Francesco Melosio, musica di
Mario Savioni (Parigi, Bibliothèque Nationale, Ms, Rés, Vmd7, II, 107, olim 33 )_
140 Henry Puree/I

Es. 7: «Su l'arenoso lido dell'antica Cartago», cantata di Didone di


Vincenzo Alhrici (Parie, Bihliothèque Nationale, Ms. Vm7 11(1), pp.
81-96).

(Recitativo I)

Su l'e-re-no - so li - do de l'an-ti - ca Car -

la - go pian-gen - do per do - lo - re d'un pe-re-gri-no_in • li - do

la sven-tu - ra - la Di - do- e con fle - bi-li ac-


-

6 5 7
fT 4 3

cen - ti sro-gan-do_i suoi lor - men - ti se-no di duo-lo


-
col - mo il

• •

al - le que-re - le sue di- sciol - - - - - se il

7 6
Le opere 141

vo - - - - lo, al - le que-re - le sue di-sciol -

- se il vo - - - - lo[:]

(Aria) (6/4)

Ca - te - [or - te un pet - to già




• •

mai• non •
stnn - se spez - za - re sol può la mor - te il

• •

6 5
4 3

• • •

• •
fer-ro che il sen mi c1n-se, il fer-ro che il sen mi se.
- - CIO -

• • •

• •

3 6 4 3
~: 4
[Recitativo)

Ciò det - to in un ba - le-no con - tro - il can - di - do


142 Hen,y Puree/I


se - no im - mer-se il fer - ro i - gnu - do e so-spi-
-

7 6 5 3
5
"

ran - do sciol - se ' - ne


so-vru pi - re di fuoco la ge-li-

da al-ma e con do - len - le--- sor - le tra le fiam - me re -


-

stò pre - da di mor - le, e con do-len - t e - -

" 3 6

sor - te Ira le liam-me re-stò pre - da di mor - te.


17',

7 6
Le opere 143

Es. 8: «When I am laid in earth», lamento di Didone in Dwo and


Aeneas, III, 37

175

Vlnllni I e D

Viola

r'zssn

179

&


When I am laid,-- am laid------ ID

6 4 7 6 6
5 2

183

-
r
-
r r r

earth, may my wrong,,-- ere - ate No trou - ble, no

6 6 6 6 7 6 6
l 5 4 5
144 Henry Puree//

187

-
-

trou - ble in thy breaat; When I am -


7 6 6 6 6
5
6
2 3 l 5 4

199

• •

Re - mem - ber me, re - mem - ber me.i

6 7 7 --
6
5
6
4 i -3 6 5
4 3
6

203

but ah! _ _ for - gel--- my fate, Re -

7 8

l 6 6 6 6
4 l 5
3
6
4
-- 6 6
2 -
Le opere 145

207

• •

• •

mem - ber mc, hul eh! _ __ for - gel my- fate.

7
5
6 6 7
5
6
-
6 6
5 : 1

(Plaint) di Laura straziata dalla partenza del suo amato (evi-


dente allusione alla regina cartaginese, ma anche simbolo
della poesia e della gloria in quanto "alloro''), parte finale di
un rito sacrificale avviato con la sua Fairy Musick, suscitata
per guarire la regina Titania e tutti gli umani dalla loro incre-
dulità. Infatti, dopo le parole di Laura

Lasciate ch'io mi lamenti per sempre


I miei occhi non potran piu riposare [ ... ]
Egli è andato, è andato, piango la sua perdita,
Poiché mai piu lo rivedrò

l' a1111onia cosmica è ristabilita e tutti possono stringersi


felici intorno alla regina (esempio n. 9).

L'analisi musicale, estesa a tutta la partitura invece che


ad un solo brano, consentirebbe di verificare la caratteristica
che piu colpisce in Dido and_iJf!'letls: -- --
l'energia che emana .dai
sin go li pezzi incastonati come microforme compi~te!- Tale
COtfcentraz"ìon:e~~!.~ cons~ntiia da ·due ~lem~nti compo.siuv1
~ Purcell av~Y!l gi~ ampi_~!Dente matu~~t~_ la !ç;cn~C!\ d.ell.a
ripetizione e l' elaboraziç>pç Q.fJIIQJ.llCa. Inoltre ogni element9
t_<!"_ilii_fil:~ò- oc~fllP~iss~, a seconda della ne-c·essìra· ,1~-~1;1matur-
__
gica, per provocare
,_,__
tensioni
,,~_ ...,,, .......,,,... -..,.,~·
·e di<:teo.ililoi Eppure, quando
146 Henry Puree/I

Es. 9: «O let me weep», lamento (The Plaint) in The Faery Queen, V, 43

,-c,10
continuo

~
~

22
Soprano •

o, 0,-- let me, o, 0,--


&

6 6

26

let me, let me weep! o, 0,-- 0--



• •

I 6 7 6

30

Jet me, for e - ver, e - ver weep, for

I
33 Violino aolo

ev - er, for ev - er, for

6
Le opere 147

37

-·-
.,,•
......
,,.. •
• •

~
~

ev - er, for ev - - - er- weep.I


~
~
6 6 4 13

l'alternanza recitativo-aria potrebbe far credere di utilizzare


queste tecniche nello spirito del melodramma continentale,
ecco emergere la consueta struttura ludica del masque bri-
tannico, attraverso il suo elemento piu caratteristico: la
danza. Roger Savage, in base alla sua esperienza di esecutore,
ha elencato in maniera semi-seria i problemi posti dallo stu-
dio e dalla rappresentazione moderna di Dido and Aeneas in
un saggio piu volte ristampato, 86 in cui afferma tra l'altro:
<<the music of Dido is very gestural>>. 87 Eppure, si tratta vera-
mente di qualcosa di diverso dagli altri masque conosciuti.
La differenza rispetto alle altre composizioni teatrali di
Purcell si avverte subito fin dall'introduzione strumentale
dell'opera: invece che la consueta successione di ''First'' e
''Second Music'', troviamo direttamente una Overture bipar-
tita in Mi bemolle, che parte con un Adagio puntato alla

86 Roger Savage, Producing Dido and Aeneas: An lnvestigation into Sixteen


JJroblems, in The Puree/I Companion, 445-468 (già edito in "Early Music", IV, 1976,
era stato ripubblicato, con integrazioni, come premessa all'edizione della partitura
curata da Curtis Price, New York, Norton, 1986). Di questo articolo esiste anche
una trad. it.: Allestire Didone ed Enea, in "Quaderni dell'I.R.T.E.M.", 1, Serie I, n,
I, "Early Music" (Roma, 1984), 47-66. -
87 Sul tema della danza e della gestualità nelle opere di Purcell, ed in parti-
colare in Dido, cfr.: Richard Semmens, Dancing and Dance Music in Purcell's Operar,
in Performing the Musico/ Henry Puree!!, 180-196 (Appendix: Dances in Purcel!'s
Operar, 1689-1692, /or which Music is Known, 282-286); Jennifer Thorp, Dance in
late 17th-Century London: Priestly mudd!es, cit .
148 Henry Puree/I

francese e si avvita poi in un trascinante Allegro moderato su


svolazzi di quartine di crome, a costruire una ansimante pul-
sazione cardiaca. Dopo questa introduzione, lo schema gene-
rale dei tre atti può essere riassunto nel modo seguente:

Atto I (Palazzo) Atto II, scena II (Bosco)


1. Scena, Coro con Belinda 22. Ritornello strumentale
2. Song di Didone (Ah! Be- 23. Song di Belinda e Coro
linda) su ground 24.Song
3. Recitativo Didone-Belinda 25. Recitativo Enea-Didone
4. Coro 26. Song di Belinda e Coro
5. Recitativo Didone-Belinda 27. Recitativo Spirito-Enea
6. Duetto, Coro con Belinda
7. Recitativo Belinda-Didone- Atto III (Le navi)
Enea 28. Preludio, Song e Coro
8. Coro 29. Danza dei Marinai
9. Recitativo di Enea 30. Recitativo Maga-Streghe e
10. Aria di Belinda Song Maga
11. Coro 31. Coro
12. Danza trionfante (tutti) 32. Danza delle Streghe
33. Recitativo Didone-Belinda-
Atto II, scena I (Caverna) Enea
13. Preludio, Streghe, Maga 34. Recitativo Didone
14. Coro di Streghe 35. Coro
15. Recitativo Maga 36. Recitativo Didone
16. Coro 37. Song Didone (Lamento)
17. Recitativo Streghe-Maga 38. Coro finale
18. Coro
19. Duetto di Streghe
20. Coro
21. Danza (Echo) delle Furie

Come si vede, è assicurato il massimo equilibrio tra le


parti secondo uno schema di accumulo che in ogni sezione
porta dal preludio strumentale al coro finale, passando attra-
verso l'alternanza di recitativi e songs a solo o duetti. La per-
fezione dei songs non sminuisce l'impatto con la perizia con-
Le opere 149

trappuntistica dei cori, tra i quali il celebre ''Ho ho ho ho'', il


coro di streghe nell'antro costruito per 16 battute solo sulle
crome che ribattono la sillaba ''ho'' (II, 16). A parte la magi-
ca atmosfera di tutta la scena della Maga e delle streghe
(degna di un testo shakespeariano come Macbeth), abbiamo
già ricordato i songs piu celebri dell'opera, quello di Belinda
all'inizio e quello conclusivo di Didone. Quest'ultimo giunge
al termine di una situazione in progressiva deflagrazione psi-
cologica: a mano a mano che si avvicina il momento della
separazione, la musica modula verso il grave. Ai tre_~!?:gQ:
nisti sonq ~sseg~~~~-t~-~-~o~a.Ji.t~~segnali: sol minore a Didone,
re minore ad Enea, Sib a Belin~!_(l'u.,1;J~?:.a.11~~rire speran:za.J:.
L'avvio del lamento su ·tetracordo discendente, elaborato
=cr__o__m-at.:..1-ca__m:.,__e_n-te-,.:....e_.,n_e_g_u-:i~;-o-c~bile. ·N~Ù~ ·-trag~Jf; ..di..Didon~
si annulla ogni tentativo di distinguer~- ir~ le
0

matrÌc1~naziona'.:
rr d~! ~~-t~ri.a~~-ii,i}isic·a1~-µt1]zzato·n~~l~?P~ra,. _qq,i_in.stilè
francese, "àltrove assolutamente itiliano, a tratti originalmen-
te J:11Blese. È sempTtCemente una cteiI~-pi6 .;traordinar1é·co·fl'i:
posizioni rri"UsiCalì ·ai1ut1i'i'ì:eiri.pi'. ,,... · · . ·..
IV
UN ''ORFEO BRITANNICO'' TRA FRANCIA E ITALIA

Tra i grandi musicisti della storia della musica europea Henry


Purcell è forse il solo a soffrire di un irrimediabile pregiu-
dizio critico: la sua opera è sempre stata considerata il risul-
tato di una serie di influenze stilistiche, complementari o al-
ternate, imposte dalla Francia o dall'Italia ai musicisti inglesi
del suo tempo. Ad una analisi macroscopica questo dato di
fatto è difficilmente contestabile, poiché tutta l'età della
Restaurazione è contraddistinta nei vari campi dell'arte e
della cultura da un mélange di influenze continentali, che però
seppero fondersi ed irrobustirsi al contatto con una tradizione
autoctona insulare per nulla disprezzabile. Limitandoci al caso
Purcell, una certa dose di orgoglio nazionalistico aveva con-
dotto i primi biografi a insistere sulla eccezionalità di colui
che aveva saputo per primo trarre dalle influenze artistiche
francesi e italiane quel che lo condusse ad una terza via, la
creazione di uno stile nazionale inglese in musica. Solo in
tempi recentissimi, grazie anche ad un approfondimento
sistematico della ricerca, i musicologi anglosassoni hanno
potuto impostare il problema su una base completamente
diversa. Henry Purcell si staglia per la sua straordinaria sta-
tura artistica su un panorama inglese nient' affatto desertico:
le sue presunte innovazioni, le sue scelte stilistiche e formali,
appaiono pienamente condivise dalle principali personalità
dei suoi colleghi e contemporanei, rivalutate singolarmente e
contestualizzate in una ricostruzione globale dell'ambiente
sonoro della Restaurazione. Il complesso meccanismo delle
influenze, delle contaminazioni e degli scambi artistici col
continente va dunque oggi esaminato non soltanto all'inter-
152 Henry Puree{{

no della vasta produzione superstite del solo Purcell, ma di


tutti i musicisti con cui egli ebbe contatti diretti.
I piu recenti studi propongono che, già durante la
Restaurazione, esistesse una precisa identità nazionale nella
musica prodotta e consumata in Inghilterra, sul filo sotteso
di una tradizione che non sarebbe stata spezzata dal ventennio
di silenzio imposto dalla Rivoluzione puritana. Nell'ambito di
tale tradizione, le novità venute dai centri musicali egemoni
del continente avrebbero agito da vettore fondamentale di
aggiornamento e di rivestimento esterno per strutture di ben
consolidata costruzione. 1 La rivalutazione recente di compo-
sitori come Henry e William Lawes, Matthew Locke e so-
prattutto John Blow, offre per la prima volta la possibilità di
rivedere nella luce piu corretta l'apporto protagonistico di
Henry Purcell. 2
Nel meccanismo complesso che vogliamo esaminare,
rientrano tutte le influenze esterne, giunte non solo da
Francia e Italia, ma anche dalla Germania, dall'Olanda e
forse anche da altri luoghi imprevedibili (si pensi alla corte
della regina portoghese moglie di Carlo 11). 3 Due sono essen-

1A cominciare da J.A. Fuller-Maitland, Foreign In/luences on Henry Puree//,


"Musical Times", XXXVII, 1896, 10-11; W.J. Lawrence, Foreign Singers and
Musicians at the Court o/Charles Il, "Musical Quarterly", IX, 1923, 217-25 e tutte
le piu antiche biografie di Purcell. Secondo Peter Holman ,,Innanzitutto è necessa-
rio liberarsi del vecchio e decrepito mito che la tradizione orchestrale inglese sia
derivata dalla prassi francese, o ne sia un'imitazione>> (intervento di risposta ad un
articolo di Graham Sadler, in "Early Music", VIII, 1981, 75-78, trad. it. come Il con-
tinuo riluttante, "Quaderni dell'I.R.T.E.M.", 4, Serie 1, n. 3, "Early Music" [Roma,
1986], 59-62).
2 Cfr. tra gli studi piu recenti (che riassumono la bibliografia precedente):
Peter Dennison, The Sacred Musie o/ Matthew Locke, "Music and Letters", LX, 1979,
60-75; Jennifer McDonald, Matlhew Locke's The English Opera, and The Theatre
Musico/Puree//, in ,5tudies in Musie [West Australia], XV, 1981, 62-75; Bruce Wood,
'Only Puree/I e're sha/1 equa/ Blow', in Puree// Studies, 1995, 106-144; Martin Adams,
Puree/I, Blow and the Eng/ish Court Ode, in Puree/I Studies, 1995, 172-191.
3 Caterina di Braganza, rimasta vedova nel 1685, sembra avesse condotto
con sé in Portogallo per un breve periodo il maestro della sua cappella Giovan
Battista Draghi. Nel diario di viaggio di Magalotti del 1668, tuttavia, si legge che la
regina non si dilettava <<né di lettura né di musica né di pittura né di cosa immagina-
Un Orfeo Britannico 153

zialmente le modalità di trasmissione delle culture musicali


continentali in Inghilterra: l'arrivo di musicisti stranieri e la
circolazione di musiche, sia attraverso professionisti che
attraverso viaggiatori o collezionisti. In limitati casi il viaggio
continentale è compiuto da musicisti professionisti, che in tal
modo al loro rientro possono sviluppare una enorme poten-
zialità di inserimento dei modelli europei.
Alcuni dei musicisti inglesi piu rappresentativi dell'età di
Purcell intrapresero viaggi d'istruzione nel continente, per
iniziativa personale, ma piu spesso per espressa volontà dei
sovrani loro padroni. Uno dei primi musicisti inglesi (trala-
sciando la generazione di John Dowland) a compiere il ''Grand
tour'' fu George Jeffreys, musico di Carlo I ad Oxford, che tra-
scorse alcuni anni in Italia prima che nel Commonwealth.
Visse abbastanza da vedere il primo lustro del ritorno della
monarchia Stuart Nicholas Lanier, che era stato Master of the
King's Musick di Carlo I. Benché di origine francese, Lanier
fece piu volte il viaggio in Italia per servizio del re, ed ebbe
una stretta relazione personale con la pittrice Artemisia, figlia
del pittore di corte Orazio Gentileschi. 4 Ad Oxford si creò
un circolo di intellettuali e musicofili filoitaliani, che produs-
sero una gran quantità di copie manoscritte di composizioni
dei maggiori maestri italiani. 5 Mentre si studiava la musica ita-
liana scritta, la musica degli apparati celebrativi di corte fu
orientata a lungo esclusivamente sui modelli francesi.

bile che sia>•, occupandosi invece di pettegolezzi, preghiere, della sua chiesa e della
cappella privata in Whitehall (Lorenzo Magalotti, Relazioni di viaggio, a cura di
Walter Moretti, Bari, Laterza, 1968, 19-21 ).
4 Un viaggiatore inglese, Richard Symonds, conobbe Lanier in Italia e lo
descrisse come <<inamorato di Artemisia Gentileschi che pingeva bene••'' (London,
British Library, Harl Ms. 991, c. 34). L'incontro tra Laniere Artemisia doveva esse-
re avvenuto durante i primi viaggi del musicista in Italia, a Roma nel 1625 o a Vene-
zia nel 1627. Cfr. Michael I. Wilson, Nieholas Lanier. Master o/ the King's Musie,
Aldershot, Scholar Press, 1994; Alexandra Lapierre, Artemisia, Parigi, Laffont,
1998, 474s.
5 Jonathan P. Wainwright, Puree// and the English Baroque, in The Puree//
C,'ompanion, 21-3 7: 24s.
154 Henry Puree!{

Le ragioni dell'esordio filofrancese della monarchia


restaurata nel 1660 sono note: Carlo II aveva trascorso gran
parte dell'interregnum in un dorato esilio in Francia, ospite
della corte di Luigi XIV. Qui aveva imparato l'importanza per
un monarca assoluto del mecenatismo politico, facendosi
coinvolgere nel piacere della vita circondata da artisti, musici-
sti e danzatori, fino a diventare un abile chitarrista e cantante
egli stesso. Già pochi mesi dopo il rientro del re a Londra, in
occasione della sua incoronazione, Carlo volle esibire il suo
piu vistoso biglietto da visita francese: la banda dei 24 violini,
copia plateale della formazione del cugino Le Roi Soleil. 6 Che
non si trattasse di un interesse occasionale lo dimostra la cura
con cui Carlo continuò ad aggiornare la sua orchestra di
corde secondo le novità maturate in Francia anche dopo la
sua partenza. Nel maggio 1662 uno dei principali violini,
John Banister, rientrato da uno dei suoi viaggi compiuti in
Francia per conto del re, otteneva

di poter selezionare all'in-
terno della grande banda un gruppo di 12 violini, copiando
evidentemente i Petits violons di Lully. 7 Caduto in disgrazia
Banister, questa fo1111azione scelta fu diretta da un musicista
proveniente direttamente dalla Francia, Louis Grabu, catala-
no di origine, che nel 1666 sostituf Nicholas Lanier come
maestro dei violini del re. Grabu mantenne costanti rapporti
con l'ambiente teatrale francese, come dimostra il suo coin-
volgimento negli allestimenti della prima troupe operistica
francese di Cambert, arrivata a Londra intorno al 1673. 8
Nicholas Staggins, colui che sostitui Grabu come maestro
dei violini del re dal 1674, viaggiò per ordine di Carlo II in

6 Samuel Pepys, ovviamente presente, annotò il 23 aprile 1661 di aver


«ascoltato Musica di varie soni, ma soprattutto i 24 violini •• (,,10 hear the Musique
of ali sons; but above ali, the 24 viollins,,) Pepys, II, 86.
7 Michael Burden, Puree!! and bis Contemporaries, in The Puree!! Compa-
nion, 63s.
8 Secondo Holman 1993, 343ss., l'allestimento di Tempest con musiche di
Locke e Humfrey nel 1674, e soprattutto di Psyehe di Locke nel 1675 (considerata
la prima "semi-opera" di grandi dimensioni), furono un tentativo di risposta indige-
na all'impatto causato dalle rappresentazioni della troupe francese di Camben.
Un Orfeo Britannico 155

<<France ... Italy, & other Forrin Parts>>. 9 Proprio durante questi
viaggi egli fu sostituito nella sua carica da Matthew Locke, che
a sua volta nel 1677 lasciò il posto, morendo, a Purcell, che fu
dunque preceduto da una lunga serie di violinisti viaggiatori.
Indubbiamente, i migliori musicisti cercavano con ogni
mezzo di tenersi aggiornati sulle novità continentali, soprat-
tutto dopo l'impulso dato dallo stesso sovrano. A Pelham
Humfrey, compagno di studi e poi per breve tempo maestro
di Henry Purcell, fu addirittura assegnata (dal servizio segre-
to del re) una borsa di studio di 450 sterline <<to defray the
charge of his journey into France and ltaly>>, per studiarvi le
ultime conquiste compositive di un Lully o di un Carissimi. 10
A sua volta il maestro di Humfrey e di Purcell, 'Captain'
Henry Cooke, aveva acquistato larga notorietà grazie al suo
particolare stile di cantare ''nella maniera italiana''. Benché
oggi del tutto trascurata, la personalità di Cooke costituisce
un anello importante nella mitizzazione precoce di Purcell.
Come il suo illustre allievo, Cooke fu definito (da Playford nel
1662) ''Orfeo dei nostri tempi'' e vero eroe nazionale che
poteva confrontarsi con qualsiasi maestro, perfino con i can-
tanti italiani. 11 Del resto era normale il confronto con gli ita-

9 Cfr. Parrot, Per/orming Puree!!, in The Puree!! Companion, 406.


IO Documento (perduto) cit. in Wainwright, Puree!! and the English Baroque,
in The Puree!! Companion, 23.
l l ,,[Parlando della Cappella Reale] is come to that excellency and perfection
there by the skill and furtherance of that Orpheus of our time Henry Cooke, gent and
master of the children of His Majesty's Chapel, whose compositions of anthems new
used [... ] most exq11isirely perfu111,cd to the Glory of God and honour of our nation
[ ... ] can compare with the most famous singers of ltaly, both men and women •• (John
Playford, A Brie/ Introduetion to the Skill o/ Muszck, London, presso l'autore, 16623;
cit. in Duffy, 38s.). Fin dal 1654 John Evelyn lo aveva definito il miglior cantante esi-
stente in Inghilterra «after the ltalian manner>• (Evdyn, 28 ottobre 1654). Sul carattere
arrogante e borioso di Cooke conosciamo invece la testimonianza di Samuel Pepys che,
avendone ascoltato nel febbraio 1667 una esibizione privata, ne criticava la pretesa di
essere migliore di Davenant nell'accordare le parole alla musica «benché [Cooke] canti
e componga cosi bene•• (cit. in Keats, 25). Cookc restava comunque anche per Pepys il
migliore tra i cantanti inglesi della sua generazione (ne aveva elogiato il 27 luglio 1661
<<the best manner of singing in the world,,), avendo tra l'altro partecipato (anche con
una porzione delle musiche) alla produzione di The Siege of Rhodes.
156 Henry Puree/I

liani sulle scene teatrali: Thomas Killigrew, l'impresario del


Theatre Royal, aveva dichiarato nel 1667 di essersi recato
<<otto o dieci volte almeno fino a Roma, per udire della
buona musica, tanto gli era gradita>>.12
Fallito il tentativo del re Carlo II di importare fin dal
1660 l'opera italiana a Londra, attraverso Giulio Gentileschi,
nel 1664 Killigrew confessava a Pepys di essere sul punto di
costruire una nuova sala a Moorfields che, oltre ai comuni
plays, avrebbe potuto ospitare vere stagioni d'opera, con
almeno sei repliche per ogni spettacolo: per questo ambizio-
so progetto, Killigrew pensava di chiamare cantanti diretta-
mente dall'Italia. Anche se l'opera non si realizzò, l'ambiente
londinese era maturo. Solo pochi anni piu tardi giunsero a
Londra i primi cantanti italiani, che seppero conquistarsi un
posto privilegiato nel cuore del pubblico inglese. 13
Tra i primi musicisti italiani a stabilirsi a Londra, verso la
metà degli anni 1660, furono i fratelli Bartolomeo e Vincenzo
Albrici e Pietro Reggio. John Evelyn, che era stato a Roma
abbastanza a lungo da poter entrare in contatto col piu ele-
vato ambiente musicale della città, affidò a questi musicisti
italiani l'educazione musicale di sua figlia Mary. Reggio nel
1664 aveva già cominciato a frequentare casa Pepys, dando
lezioni di canto e facendo musica insieme. 14 Quando pub-
blicò a Londra la sua raccolta di Songs set by Signior Pietro
Reggio, nel 1680, aveva già una fama di didatta consolidata da
un trattato di canto, presumibilmente pubblicato ad Oxford
nel 1677. 15

12 Pepys, VIII, 26, in data 12 febbraio 1667; cit. in Dixon, Purcell's ltalianate
Circle, in The Puree!! Companion, 38-51.
l3 The London Stage, CXIII.
14 Graham Dixon, Purcell's ltalianate Circle, in The Puree!! Companion, 38-
51: 42. Da notare che la prima annotazione di Pepys, il 22 luglio 1664, descrive
Reggio <<singing the best piece of musique, counted of ali hands in the world, made
by Seignor Charissimi the famous master in Rome» (Pepys, V, 217).
15 Sui giornali del 1678 era apparsa la sottoscrizione del trattato, intitolato
The Art o/ Singing, di cui un esemplare era conseivato un tempo nella Archbishop
Marsh's Library di Dublino. Sulla biografia di Reggio cfr. G. Rose, Pietro Reggio. A
Wondering Musician, "Music and Letters", XLVI, 1965, 207-216.
Un Orfeo Britannico 157

Vincenzo Albrici - autore della cantata di Didone che


abbiamo esaminato nel capitolo precedente - rappresentava
la scuola romana di Giacomo Carissimi, il nome di composi-
tore italiano piu conosciuto e rispettato nell'Inghilterra della
Restaurazione. 16 Persino un violinista francese, Michel
Farinel, contribui durante il suo soggiorno londinese, alla
fine degli anni 1670, alla diffusione delle opere di Carissimi,
suo maestro a Roma. Pietro Reggio era stato, come gli Albrici,
al servizio della regina Cristina di Svezia (a Roma e nei nu-
merosi viaggi di lei per l'Europa) prima di giungere a Lon-
dra, intorno al 1663. È possibile che i tre italiani avessero
raggiunto insieme l'Isola, forse al seguito di una delle com-
pagnie itineranti di commedianti con cui Reggio aveva girato
Francia, Spagna e Germania. Un manoscritto recentemente
individuato in California rivela che Reggio aveva portato con
sé in Inghilterra un gran numero di arie di autori romani, tra
cui Carissimi, Graziani e soprattutto Luigi Rossi (i suoi pro-
babili antichi maestri), in una speciale redazione per canto e
intavolatura di chitarra spagnola. Si tratta di una fonte
importante eppure finora ignorata negli studi sulla circola-
zione della musica italiana nell'Inghilterra del Seicento. 17

l6 Sulla fortuna di Carissimi in Inghilterra e sulle numerose copie di sue


composizioni (e perfino le attribuzioni errate di brani altrui) cfr. DiKon, 39ss.;
Adams, 48ss. con trascrizioni tra l'altro dal mottetto Lucz/er, coelestis olim, tra i piu
diffusi brani di Carissimi nelle fonti inglesi. Vincenzo Albrici era stato allievo di
Carissimi al Collegio Germanico di Roma fmo al 1645, awiando poi una vita erra-
bonda ma ricca di successi professionali. Fu assunto alla corte londinese di Carlo II
col fratello Bartolomeo dal 1663 al 1667 circa, per poi trasferirsi nei paesi di lingua
tedesca fino alla morte awenuta nel 1696. Cfr. C.-A. Moberg, Vincenzo Albrici
( 1631-1696): eine biographische Skizze mit besonderer Berucksichtigung seiner swedi-
schen Zez"t, in Festschri/t Frederick Blume, Kassel, 1963, 235ss.
17 Los Angeles, The William Andrews Clark Memoria! Library, Ms.fC.697.-
M.4, erroneamente catalogato come intavolatura per liuto in Wolfgang Botticher,
Handschri/tlich iiberlie/erte Lauten - und Gitarrentabulaturen des 15.bis 18.
Jahrhunderts, Monaco, Henle, 1976 (RISM B VIVI), 194. In realtà si tratta di un
manoscritto per voce e intavolatura francese per chitarra a 5 cori, con un solo brano
per viola da gamba (cfr. Victor A. Coelho, Letter to the "Journal of American
Musicologica! Society", 1982, 20ls.). Gli altri autori sono Cavalli e Lucio, i protago-
nisti dell'opera veneziana dell'epoca di Reggio. L'intavolatura francese per chitarra è
segno di una origine inglese (o francese) del manoscritto, che appartenne alla fami-
158 Henry Puree!/

Col passare degli anni la Londra di Carlo II aveva atti-


rato altri italiani. Cesare Morelli, cantante al servizio di
Samuel Pepys dal 1675, si impose presto come maestro del
canto ''after the ltalian manner'' ,18 come lo era stato Cooke.
Le sue composizioni sopravvivono in manoscritti autografi
(Cambridge, Magdalene College) che accolgono i migliori
autori della generazione dopo Carissimi: Stradella, Cesti,
oltre a Giambattista Draghi, un altro italiano che fece la sua
fortuna a Londra in quegli stessi anni diventando uno dei
piu accreditati rivali di Henry Purcell, con cui ebbe certa-
mente una stretta relazione. 19 Non sappiamo da quanto
tempo fosse giunto in Inghilterra Girolamo Pignani, che
firmò la prefazione della Scelta di canzonette italiane de piu
autori, la prima esplicita antologia a stampa di musica italia-
na, apparsa a Londra nel 1679:

Havendo osservato, quanto favorevolmente sono ricevute le Com-


posizioni Italiane dagli amatori della Musica, in cotesta Città
[Londra] mi fece risolvere imprimere il presente Volume, & per ren-
derlo piu stimabile, ho scielto le piu belle Canzoni de piu Eccellenti
Autori del nostro secolo, acciò che la varietà dello stile, lo rendi piu
dilettevole, non meno utile. Alcune di esse sono state composte in
Londra espressamente per compiacerti, da Persone, la di cui virtu, ti
è molto ben nota, e spero che la tua approbazione, e lode, ricom-
penseranno per me loro fatica [ ... ] .

Pignani era un cantante, probabilmente castrato, che


abbiamo rintracciato a Parigi, impegnato nei ruoli di Giu-

glia inglese Hilton, prima di essere acquistato nel 1953 dall'antiquario londinese
Rosenthal. Noteremo che John Hilton era un musicista che Puree!! ebbe modo di
incrociare piu volte, organista a Westminster e curatore della principale antologia di
Catches anteriori alla Restaurazione: Catch thai Catch Can del 1652 (riedita nel 1685
con integrazioni dello stesso Purcell).
18 Roger North scrive nella sua autobiografia di aver ascoltato in gioventu
(prima del 1676) una affascinante ragazza che aveva appreso ad accompagnare la sua
bella voce suonando il liuto, grazie alle lezioni ,,of an ltalian, one Signor Morelli»
(The Autobiography o/ the Hon. Roger North, a cura di A. Jessop, London, 1887, 85).
19 Su Draghi cfr. la prefazione a G .B. Draghi, Harpsichord Music, a cura di
R. Klakov,ich, Madison, A-R Editions, 1986 ("Reseant Researches in the Music of
the Baroque Era", LXI).
Un O,feo Britannico 159

none e Mercurio in una delle prime commedie musicali ita-


liane volute da Mazzarino, Le Nozze di Peleo e di Theti del
1654. 20 Questa notizia sembra confermare l'impressione che
la maggior parte dei musicisti italiani sia giunta a Londra
insieme, forse con una compagnia itinerante di commedianti.
Ad essi si aggiunse piu tardi qualche ospite occasionale,
come il celebre castrato Giovanni Francesco Grossi detto
'Siface', che restò a Londra per sei mesi durante il 1687.
Accolto con entusiasmo come ''one of the best voices in ltaly''
o addirittura ''esteemed the best in Europe'', ''Cifeccio''
(come lo chiama Evelyn) lasciò una duratura impressione,
testimoniata tra l'altro da un brano per clavicembalo di
Purcell, intitolato Sz/ace's Farewell (Z 656).21
L'antologia di Pignani presentava due brani suoi e due per
ciascuno degli altri italiani, sia quelli emigrati a Londra (B.
Albrici, Matteis, Draghi), sia altri prevalentemente romani
(Carissimi, Rossi, Boretti, Caproli, Pasquini) o di piu vasta cir-
colazione (Stradella, Cesti, Lonati). Come ha notato Graham
Dixon, la maggior parte di essi aveva un comune passato di ser-
vizio presso la regina Cristina di Svezia. Inoltre il curatore do-
veva disporre di fonti dirette vicine agli autori prescelti, poiché
numerose sono le composizioni uniche di questa raccolta. 22
Oltre ai nomi che abbiamo finora elencato, altri italiani
erano a Londra in quegli anni, come testimonia una lista inse-
rita da Lorenzo Magalotti nel suo diario di viaggio del 1668: 23

2 0 Nella lista dei "Personnages du Drame" riportata in Henry Prunières,


L'Opéra italien en Franceavant Lully, Paris, Champion, 1913, 168.
21 Dixon, Purcell's Italianate Circle, 43 (cita Evelyn e l'esibizione di Siface in
casa Pe s).
21 Ibidem, 38ss. Da notare che delle quattro copie superstiti della stampa del
1679, una è oggi conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana (RISM 16796).
23 Lorenzo Magalotti, Relazioni, cit., 131; nell'edizione curata da Anna
Maria Crinò (Relazioni d'Inghilterra 1668 e 1698, Firenze, Olschki 1972, 1959), l'u-
nica aggiunta è il suggerimento d'identificare "Stewking d'Hamburg" con "Isaac
Staggins, morto a Londra nel 1684" oboista e violinista di corte fin dai primi anni di
Carlo II. Il caso di Staggins dimostrerebbe che la lista dei "sonatori di viola" di
Magalotti si riferisce in genere a suonatori di strumenti a corde (dal violino alla chi-
tarra) piuttosto che alla sola viola da gamba. È possibile addirittura che "Giovanni
160 Henry Puree/I

Sonatori di viola.
Cristofano Sernproni. Uomo assai vecchio; questo è cattolico e un
starnpator della sua professione.
Banisher. Questo non lo conosco.
Cavalier Giovanni Belles. Questo è un gentiluomo che fu a Firenze
al tempo delle nozze ed ebbe l'onor di sonare in carnera del serenis-
simo Gran Duca.
Giovanni Srnith. Questo ancora è stato in Italia.
Giorgio Walsh.
Stewkin d'Hamburg.
Francesco Corbetti, padovano: per la chitarra.

Il ''Banisher'' che Magalotti dice di non conoscere era


un personaggio molto noto a Londra: si tratta di John
Banister, il già citato violinista che era stato il primo direttore
della orchestra dei 24 violini del re fino al 1666, quando si
ritirò ad attività privata per uno scandalo finanziario, avvian-
do proprio negli anni del viaggio di Magalotti i primi concer-
ti pubblici in città, che godevano di una notevole affluenza
di pubblico. 24 Nulla sappiamo degli altri, ad eccezione di
Francesco Corbetta, uno dei piu grandi virtuosi della storia
dello strumento, che era giunto a Londra da Parigi in conco-
mitanza con l'arrivo della corte di Carlo II nel 1660 e vi
rimase per un decennio in qualità di membro dei Gentlemen
della camera della regina.25
'
E ancora da studiare il ruolo delle influenze della tradi-
zione continentale della chitarra nel momento di maggiore

Smith" sia identificabile con Bernard Smith, organaro ed organista tedesco, che si
trasferi a Londra intorno al 1660 e fu l'artefice, tra l'altro, dell'organo della
Cappella Reale di Whitehall e poi dell'organo di Westminster, dove divenne organi-
sta; infine nel 1684 dell'organo della Tempie Church, inaugurato da Purcell.
2 4Cfr. Holman 1994, 17. Sul violino a Londra nella seconda metà del
Seicento cfr. Holman 1993, 351ss.; John Dilworth, Violin Making in England in the
Age o/ Puree!!, in Per/orming the Musie o/ Henry Puree!!, 39-48.
25 Tornato a Parigi nel 1671, Corbetta fu ancora a Londra dal 1677, divenen-
do tra l'altro insegnante della futura regina Anna. Mori a Parigi nel 1681 lasciando
una gran quantità di musica (inclusa l'edizione dei due volumi della Guita"e Royalle,
1671 e 1674, dedicata al re Luigi XIV) ed una meritata fama europea.
Un Orfeo Britannico 161

fortuna in lnghilterra. 26 Oltre a Corbetta e a Pietro Reggio,


un altro virtuoso italiano dello strumento, Nicola Matteis,
s'impose a Londra negli stessi anni. Dopo aver esordito nella
Scelta di Pignani, Matteis fu il primo a pubblicare in Inghil-
terra un trattato dedicato alla chitarra. Peter Holman non ha
mancato di notare che per ben due volte la chitarra è richie-
sta dal libretto di Dido and Aeneas in punti cardine del dram-
ma, ma la musica non fu composta da Purcell, che aveva forse
in mente un esecutore-improvvisatore del calibro di Matteis per
l'esecuzione estemporanea.27
La figura di Nicola Matteis è stata sempre considerata
fondamentale per la trasmissione dello stile italiano a Londra
al tempo di Purcell. Ma forse si è acriticamente esagerato il
suo ruolo per il solo motivo di essere italiano e per di piu
assai noto nella Londra dell'epoca. La piu antica tra le poche
notizie biografiche su questo personaggio è fornita da John
Evelyn nel suo Diario alla data 19 novembre 1674, quando
doveva essere già a Londra da qualche anno: 28

Ho ascoltato quel meraviglioso violinista Signor Nicholao (con altri


eccellenti musicisti) che di certo non ha rivali tra i viventi nel suo
strumento: ha un suono cosi dolce e lo fa parlare come una voce
umana; e quando gli piace, come un Consort di vari strumenti: fa
meraviglie su una sola nota [ ... ] nulla a che. vedere con il Violino
nelle mani di Nicholas: sembrava essere spiritato e suonava cose tal-
mente suadenti su un ground da strabiliare tutti [ ... ].

26 Scrive Nicola Matteis in The Fa/Je Consonances o/ Musick (London 1682,


ed. inglese): «La chitarra non è mai stata cosi tanto usata ed apprezzata come ai
nostri giorni». Per altre notizie sulla moda dello strumento a Londra dr. Parrott,
Per/orming Puree/I, in The Puree/I Companion, 434 note 58-60.
27 Holman 1994, 200. I brani sono: A Dance Gittars Chacony, nella scena del
Palazzo (fine atto I), e Gittar Ground a Dance, nella scena della Caverna (metà atto
II). Sulla storia ed il repenorio della chitarra nell'Inghilterra della Restaurazione cfr.
James Tyler, The Early Guitar, London, Oxford University Press, 1980.
28 The Diary o/]ohn Evelyn, 19 novembre 1674.
162 Henry Puree/I

La seconda notizia fu scritta assai piu tardi, intorno al


1726, da Roger North, che aveva conosciuto Matteis a
'
Londra negli anni di Purcell. E North il primo ad attribuire
a Matteis il ruolo di avere introdotto in Inghilterra il gusto
per lo stile italiano, in luogo di quello francese che aveva
dominato fino agli anni Settanta del XVII secolo: 2 9

[Delle due circostanze che concorsero a convertire la musica inglese,


fino allora dominata dalla Francia, interamente al gusto italiano]
una fu l'arrivo di Nicholai Matteis senior; egli fu una sorta di precur-
sore che apri la strada a quanti seguirono.
Era in Inghilterra già da alcuni anni prima che venissero in uso que-
sti intrattenimenti [all'italiana], vivendo in Città [Londra] dove riu-
sci a trovare alcuni patroni che lo incoraggiarono. E con le sue inno-
vazioni e le sue volate seppe ricavare ampie rendite da alcuni di
costoro. Era poverissimo, ma orgogliosissimo senza rimedio e diffi-
cilmente poteva essere indotto a suonare con qualcun altro [ ... ] .
[Questi lati del suo carattere mutarono col tempo, anche grazie alla
stima e agli sforzi affettuosi dei suoi stimati colleghi Lestrange,
"exquisite violinist", e Waldegrave "che faceva meraviglie sul suo arci-
liuto", e finalmente Matteis riusci ad accordarsi con "il genio della
nazione inglese, che disdegna colui che resta sulle sue, ma onora chi si
mostra compiacente e famigliare''. North descrive a questo punto la
sfortunata parabola esistenziale dell'italiano, che mentre sembrava nel
pieno delle sue fortune, con moglie e un figlio musicista e una grande
casa di proprietà, indotto dal danaro alla lussuria e incappato in una
serie di contrarietà, tornò povero "e mori miserabile''].

A parte il giudizio morale, dobbiamo a North una este-


sa descrizione dell'abilità musicale dell'italiano e perfino
delle sue caratteristiche esecutive:

[ ... ] La sua professione era suonare il violino e la chitarra, ma possede-


va tutte le doti di un musicista completo, sicché non conosco alcun
maestro al di fuori di lui che possa essere nominato con Corelli. Tutte
le sue composizioni sono ricolme della piu artificiosa a1111unia e della
sua squisita passione. La sua maniera di usare il violino era piuttosto
fuori della normale pratica, ma oltre a questo egli faceva il miglior
suono, doppio, singolo, rapido, e tutte le maniere del tocco, da produr-

29 Notes o/Comparison (c. 1726) in Roger North on Music, 307ss.


Un Orfeo Britannico 163

re una impressione tale che il suo pubblico non soltanto ne ricavava


piacere ma era pieno di stupore per lui e per la sua maniera di eseguire.
Aveva una mano dawero grande e corpulenta, usava un lunghissimo
archetto, agganciava il suo strumento alle sue corte coste, e in tal modo
(avendo soltanto un semplice accomp ..g11amento) poteva raggiungere
le orecchie del pubblico piu lontane del no1111ale, e non si sentiva vola-
re una mosca. In breve, il carattere di quest'uomo può apparire incre-
dibile per coloro che mai lo videro o lo ascoltarono; ma al di là di tutto
ciò, egli insegnò agli Inglesi a tenere l'archetto non dal crine ma solo
dal manico di legno, e questa fu una non piccola rifo1111 ...3o

Ancora Roger North si dilunga a descrivere l'origine dei


libri di musica stampati a Londra da Matteis a partire dal 1676,
per i suoi numerosi allievi e <<to oblidge his English friends>>:
edizioni che, tra l'altro, ebbero il merito di costituire <<gli inizi
della incisione musicale in Inghilterra>>. 31 Le prime opere di
Matteis a vedere la luce furono quattro libri di suites e sonate
per violino intitolate Ayres /or the Violin, di cui una I e II parte
apparvero nel 1676 e una III e IV parte nel 1685.32 A queste si
aggiunsero un trattato uscito a Londra intorno al 1682 (non
compaiono le indicazioni tipografiche) in una doppia impres-
sione: in italiano come Le False Consonanze della Musica, e in
inglese, come The False Consonances o/Musick. Infine, nel 1696
e nel 1699 apparvero due sue raccolte di musica vocale con
basso continuo: A collection o/ New Songs, libro I e II. Matteis

30 I vari appunti sparsi di North offrono altre minute indicazioni sul carattere
e sul virtuosismo di Matteis, che in Inghilterra affrontò anche delle competizioni con
colleghi, come il francese Farine!: ibidem, e inoltre 355-359 e passim. Si tratta di
variazioni sullo stesso tema: Matteis primo degli italiani giunti a Londra ad esercitare
una vera influenza (anche su Purcell) e unico degno di figurare al pari di Corelli.
31 North sembra qui trascurare le poche edizioni con musica incisa già
,1pparse a Londra a partire da Parthenia nel 1613: compiange che quella musica
superstite non valga a descrivere esattamente la sua maniera di suonare e di insegna-
re agli allievi (ibidem, 31 O).
32 Nel 1687 apparve una edizione complementare di un secondo violino per
i brani della III e IV parte, mentre le prime due parti furono ristampate da Walsh
nel 1703, anche in questo caso con un secondo violino ricavato, secondo l'editore,
Jal "Manoscritto proprio dell'Autore". Nella Biblioteca Marciana di Venezia esisto-
no due copie manoscritte del soprano II e tenore "del libro stampato" di Matteis
IMs. Cl. IV 465-466).
164 Henry Puree/I

era ancora vivo nel 1714, quando risulta aver comprato una
casa a Norfolk con la moglie, una ricca vedova da lui sposata
nel 1700.33 Un elemento importante, ma finora del tutto trascu-
rato dagli studiosi, rivelato dai volumi violinistici stampati nel
1685, è che Matteis vi si definisce ''Napolitano''. Pur se le ricer-
che svolte a Napoli non hanno dato risultati, il suo cognome è
effettivamente diffuso in quella città negli stessi anni: a parte il
noto pittore Paolo De Matteis, suo perfetto contemporaneo,34
si chiamava Pietro di Matteo un soprano della Cappella Reale
napoletana divenuto celebre come ''Petrillo'', morto nella terri-
bile peste del 1656, mentre della stessa Cappella divenne violi-
nista, attorno al 1727, un Domenico de Matteis che potrebbe
forse essere un parente diretto di Nicola.35
Ma piu delle notizie, inutilmente cercate, sui primi anni e
sull'educazione musicale ricevuta a Napoli da Nicola, ci inte-
ressa un elemento finora sfuggito a quanti si sono occupati di
questo musicista, soprattutto in relazione a Purcell.3 6 Si ritene-

33 A quell'epoca Matteis aveva già avuto un figlio a cui fu dato il suo stesso
nome, Nicola, che divenne a sua volta apprezzato violinista e che dal 1700 si trasferi
con successo a Vienna fino alla morte avvenuta nel 1737.
34 Nato a Piano del Cilento nel 1662, mori a Napoli nel 1728, assai apprez-
zato ed attivo in quella capitale, dove si era fo, 11,ato alla scuola di Luca Giordano
(oltre che dei modelli romani, allora in gran voga a Napoli).
35 Come dimostra la terminazione del cognome, la dizione esatta a Napoli
doveva essere de Matteis (o de Matthaeis). Domenico de Matteis divenne uno dei
maestri di Pergolesi, in quanto insegnante di violino al Conseivatorio dei Poveri di
Gesu Cristo dal 1729 (Salvatore di Giacomo, Il Conservatorio dei Poveri di Gesu
Cristo e quello di S. M. di Loreto, Palermo, Sandron, 1928, 148s.), anche se a quell'e-
poca il diciannovenne Giambattista era già tra i violini primi del Conseivatorio, che
avrebbe lasciato entro l'anno successivo. Nicola (de) Matteis, invece, non compare
in nessuno degli elenchi noti di alunni dei quattro Conseivatori napoletani fino agli
inizi degli anni 1670, epoca del suo supposto trasferimento a Londra.
36 Su Matteis cfr. ]. Frederick Bridge, Puree// and Nicola Matteis, "Sammelbande
der lnternationale Musik-Gesellschaft", I, 1900, 623-626; Id., Purce//'s Fantazias
and Sonatas, "Proceedings of the Musical Association", 42, 1915-16, 1-13 (identifica
in Matteis l'unico modello italiano delle sonate di Purcell del 1683). Piu in generale,
sugli italiani a Londra nell'età di Purcell: Jack A. Westrup, Foreign Musicians in
Stuart England, "Musical Quarterly", XXVII, 1941, 72-73; Margaret Mabbett,
ltalian Mustcians in Restoration England (1660-1690), "Music and Letters", LXVII,
1986, 237-247.
Un Orfeo Britannico 165

va fino a pochi anni fa che l'Inghilterra della Restaurazione


avesse riservato un posto d'onore tra i compositori italiani di
musica strumentale al romano Lelio Colista, i cui brani erano
attestati in numerosi manoscritti e perfino nella ristampa cura-
ta da Purcell del trattato di Playford An Introduction to the
Skill o/ Musick. Si è poi appurato che oltre la metà di quei
brani non sarebbero di Colista, ma di un violinista milanese
divenuto celebre nella Roma della regina Cristina di Svezia,
Carlo Ambrogio Lonati, di cui si suppone un trasferimento a
Londra intorno al 1685.37 La carriera di Lonati si avviò pro-
prio a Napoli in anni in cui doveva ancora essere in città
Matteis: nel dicembre 1664 fu assunto come violinista della
Cappella Reale e rimase a Napoli almeno fino alla fine del
1667, dopo di che si strasferi a Roma. Ancora una circostanza
curiosa: alla fine della sua carriera, prima del 1700, Lonati
tornò a Milano dove divenne il primo maestro di Francesco
Geminiani, ossia del violinista che, dopo aver studiato con
Corelli e con Scarlatti, esordi a sua volta a Napoli dal 1707,
come violinista e direttore dell'orchestra del Teatro dei
Fiorentini e poi nella Cappella Reale, prima di trasferirsi in
Inghilterra nel 1714 e divenire qui il maggiore divulgatore
dello stile italiano. 38 Del resto, Napoli aveva conosciuto nella
seconda metà del Seicento uno straordinario sviluppo della
tecnica violinistica, in rapporto costante con l'ambiente roma-
no, che dette i suoi frutti piu evidenti nell'esportazione massic-
cia di virtuosi in Europa (si pensi ai nomi di Michele Mascitti,
Giovanni Antonio Piani e Pietro Marchitelli).
La seconda via di diffusione della musica italiana a
Londra indicata da Roger North fu data dal

37 Allsop 1989.
38 Quest'intreccio di violinisti "corelliani" tra Napoli e Londra è per la
f>rirna volta suggerito nella tesi di laurea non pubblicata di Guido Olivieri, L'attività
vi,,ltnistica a Napoli tra XVII e XVIII sec., Napoli, Università degli Studi Federico
II, 1992-93, 78ss. (con documenti inediti su Lonati e Gerniniani e notizie sugli altri
1fnf><irtanti violinisti).
166 Henry Puree/I

[ ... ] cospicuo numero di giovani viaggiatori della migliore qualità e


condizione, che in quel periodo si trasferirono in Italia risiedendo a
Roma e Venezia, dove essi poterono ascoltare la miglior musica e
conoscere i migliori maestri. E mentre erano partiti già resi ben
disposti dal 'vecchio Nicola' [Matteis], tornarono a casa del tutto
convinti nel loro amore per la musica italiana, ed alcuni raggiunsero
una discreta abilità tecnica tanto da sfidare esecutori sopraffini. 39

Se infatti cantanti ed esecutori italiani potevano entusia-


smare il pubblico londinese, furono i viaggiatori a favorire la
conoscenza del piu aggiornato repertorio musicale continen-
tale - soprattutto ma non esclusivamente italiano - ai musici-
sti professionisti inglesi. Si è sempre supposto che Henry
Purcell, uno dei pochi compositori inglesi del suo tempo a
non aver compiuto viaggi in Francia o in Italia, abbia almeno
potuto conoscere le composizioni italiane che furono stam-
pate a Londra durante la Restaurazione. Tali fonti sarebbero
cosi limitate ai 26 brani della Scelta di canzonette italiane del
1679, a due duetti italiani nella raccolta di 46 Songs di Pietro
Reggio del 1680,40 e ai brani tutti su testo inglese delle due
raccolte di New Songs di Nicola Matteis del 1696 e 1699
(oltre alle raccolte strumentali di Ayres /or the Violin dello
stesso autore). A questi e a pochi altri brani manoscritti di
maggiore circolazione si sono limitati i confronti con lo stile
italiana/e di Purcell finora tentati. 41 Ma le fonti italiane a
disposizione di Henry fin dai suoi anni giovanili dovevano
essere assai piu varie e numerose: casi emblematici sono le
copie di suo pugno del madrigale monteverdiano Cruda
Amarilli e di un mottetto di Maurizio Cazzati. 42 Solo uno

39 Roger Noth on Music, 310s.


4 o Gli altri brani di Reggio sono infatti tutti su testi inglesi: 42 a voce sola e 2
duetti. Ma è chiaro che lo stile compositivo era considerato genericamente "after
the ltalian Manner".
41 Un brano di Reggio (1680) è trascritto in Holman 1994, 34; composizioni
vocali di Stradella e Matteis ( 1679), mottetti di Carissimi e Bonifazio Graziani
(copie mss. inglesi) e frammenti strumentali di Colista (o Lonati?) ed altri italiani in
Adams, ~assim.
4 Il frammento monteverdiano si trova inserito nel Service autografo Z 230
della Bodleian Library di Oxford, MS Mus.A. l. Si ha notizia di un altro manoscrit-
Un Orfeo Brilannico 167

studio profondo e sistematico dei modelli italiani può giusti-


ficare l'atmosfera stilistica che emana da gran parte della
produzione di sonate e fantasie, dalle variazioni su basso
continuo e da molte delle sue arie su ostinati e lamenti.
Violinisti recentemente giunti dall'Italia come Matteis e
Lonati potrebbero spiegare la forte influenza della scrittura
di Corelli che è possibile apprezzare già nelle opere di
Purcell composte intorno al 1683.
Pur essendo partiti in questo capitolo dal monopolio
culturale francese dei primi anni del regno di Carlo II, non
abbiamo fornito molti elementi a sostegno della forte
influenza francese sui musicisti inglesi della Restaurazione.
Non vi è dubbio che la struttura formale del teatro musicale
francese fu il modello base adottato nelle prime produzioni
teatrali autoctone londinesi. Thomas Betterton fu inviato
ripetutamente in Francia da Carlo II a partire dal 1662 e fino
al 1685.43 Inoltre è documentato almeno un caso in cui, nel
1676, Luigi XIV inviò a Londra tre dei suoi migliori cantan-
ti, accompagnati da virtuosi di strumenti, per intrattenere il
cugino Carlo. 44 Furono invece quasi esclusivamente italiani
- di nascita o di formazione - i musicisti continentali che
con la loro attività a Londra contribuirono ad una trasfor-
mazione radicale dell'ambiente musicale dell'Isola.
Il piu importante dei compositori di scuola francese era
in realtà lo spagnolo Louis Grabu, che percorse una rapida
carriera a corte dal suo arrivo nel 1666 fino al momento in

t(J autografo di Purcell che conteneva diverse copie di madrigali di Monteverdi tra
cui Cruda Amarilli (Thurston Dart, Puree!! and Bull, "Musical Times", 104, 1963,
30-31). Il mottetto di Cazzati è copiato nell'importante autografo della British
Lb 1 rary, R.M. 20.h.8.
43 Cfr. Ruth Eva Ronen, O/ Costume and Etiquette. Staging in the Time o/
fJurcell, in Per/orming the Mus1c o/ Henry Puree/I, 198; J udith Milhous, The Multi-
,'v/edza Spectacular on the Restoration Stage, in British Theatre and Other Arts, a cura
Ji S. Strumm Kenny, Washington, 1984, 41-66.
4 4 I tre erano Gillet, de La Forest e Godonesche, e cantarono estratti dalle
l1 rincipali opere di Lully: Alceste, Cadmus, Thésée e Atys. Cfr. John Buttrey, New
Lzght on Robert Cambert in London, and bis Ballet et Musique, "Early Music",
XX!II/2, 1995, 199-220.
168 Henry Puree{/

cui, nel 1674, fu licenziato per la sua fede cattolica, e dovette


tornare a Parigi nel 1679. Grabu ebbe una nuova opportu-
nità di riaffermarsi a Londra dopo il 1683, ma questa volta si
impegnò in un progetto del tutto innovativo: produrre su
testo di John Dryden la prima autentica 'Dramatick Opera'
tutta cantata in inglese. Il progetto riusci solo parzialmente,
con la rappresentazione al Dorset Garden, nel 1685, di Albion
and Albanius. 45
Nonostante i tentativi del sovrano di emulare il cugino
Luigi XIV, gli unici elementi francesi prontamente recepiti
dai musicisti della sua corte furono i contenitori formali:
soprattutto l'overture orchestrale e i movimenti di danza.
Nell'ambito dei teatri pubblici, indipendenti dalle
mode di corte, si ebbe ancora un ulteriore paradosso: nel
momento in cui alla fine degli anni Sessanta i musicisti italia-
ni (ltalian Musick) avevano ormai rimpiazzato il gruppo di
musicisti francesi portati dal re al suo arrivo a Londra
(French Musick), il tentativo ricordato da Evelyn di rappre-
sentare <<la prima Opera in musica Italiana in lnghilterra>>46
si realizzava con una serie di riprese di opere francesi: Ariane
ou Le Mariage de Bacchus (1674), Rare en tout (1677),
Cadmus et Hermione (1686). Del resto, per scardinare vecchi
luoghi comuni, basterà riflettere sulla circostanza per cui,
quando gli Stuart furono costretti a tornare in esilio in
Francia negli anni Novanta, crearono questa volta una corte
totalmente italianofila dal punto di vista musicale.47

45 Wainwright, Puree!! and the English Baroque, in The Puree!! Companion,


30-31; Price 1984, 266ss.
46 Evelyn, IV, 30 (17 gennaio 1674). Cfr. Wainwright, Puree!! and the English
Baroque, 30.
47 Jean Lionnet, che ha studiato a lungo il patronato musicale filoitaliano
della corte Stuart in esilio a St. Germaine-en-Laye, identifica l'origine di questa
inversione di gusto con l'arrivo a Londra del compositore romano Innocenzo Fede
nel 1685, fin dall'inizio del regno di Giacomo Il: appendice a Dixon, Pureell's
Italiana/e Cirele, 51 (Lionnet dà anche notizia dell'esistenza nella Bibliothèque
Nationale di Parigi di una collezione di sette volumi manoscritti di cantate italiane
in relazione con quella corte in esilio).
Un Orfeo Britannico 169

Tutti questi elementi, sommati alle piu recenti ricerche


sulla fiorente tradizione autoctona inglese del periodo, con-
sentono di rivedere l'immagine del melting pot, del crogiuolo
di esperienze artistiche e sonore diverse che avrebbe caratte-
rizzato l'età della Restaurazione e dunque la formazione stili-
stica di Henry Purcell. Come ha dimostrato su serie basi ana-
litiche Martin Adams,48

Nonostante il successo del giovane Purcell in una corte francofila e il


fatto che egli si presentò piu tardi come un campione della maniera
straniera, soprattutto italiana, di comporre, riservò comunque le sue
migliori risorse, almeno negli anni giovanili, verso quel mondo inti-
mista, in qualche modo insular, che è la musica inglese per consort.

Quel peculiare mondo sonoro inglese, che derivava dal-


la tradizione rinascimentale di dotta e severa polifonia, si in-
contrava in maniera naturale nel giovane Purcell con lo stu-
dio dei grandi maestri italiani del contrappunto e, piu tardi,
con l'inebriante ricerca verticale dell'armonia avventurosa di
Corelli. La veste esterna con cui utilizzare tali progressive ed
esaltanti conquiste tecniche della sua competenza musicale
'
veniva dalle forme alla moda, soprattutto francesi. E lo stesso
Henry Purcell a chiarire questi principi nella lettera premes-
sa all'edizione delle sue Sonatas o/ Three Parts:

La Poesia e la Pittura sono giunte nella nostra Nazione alla loro per-
fezione. La Musica è ancora bambina, che da speranza di vedere un
giorno ciò che potrà esserci in Inghilterra, quando i Maestri vi trove-
ranno il giusto incoraggiamento. Essi per il momento imparano
l'Italiano, che è il migliore dei Maestri, e studiano anche un po' di
Aria alla Francese, per aggiungervi un po' d'allegria e di gusto. Cosi
essendo i piu lontani dal Sole, cresciamo in ritardo rispetto alle
Nazioni a noi vicine, e dobbiamo accontentarci di spogliarci gra-
dualmente della nostra barbarie [ ... ].

Il territorio ideale in cui provare questa istintiva tenden-


za ad appropriarsi dei mezzi piu idonei all'espressione musi-

48 Adams 1995, 7.
170 Henry Puree//

cale del momento fu il teatro d'opera. Qui non è piu possibile


operare distinzione tra elementi italiani, francesi o autoctoni:
quella di Purcell (e dei suoi collaboratori, in primo luogo i
librettisti) è opera nazionale inglese sotto ogni punto di vista.
John Dryden aveva dovuto giustificare la scelta di un
compositore 'francese' come Grabu nella prefazione di Albion
and Albanius del 1685 dichiarandosi pronto a riconoscere di
aver avuto torto

se un giorno un nostro conterraneo riuscirà a superarlo [Grabu], ne


sarò lieto, per il bene della nostra vecchia Inghilterra.

Soltanto cinque anni piu tardi lo stesso Dryden poté


annunciare di aver trovato l'uomo che cercava per il suo pro-
getto:49

Composizione eccellente di Mr Purcell; persona nella quale abbia-


mo finalmente trovato un Inglese che può stare alla pari con qualun-

que straniero.

49 Ibidem, 62.
V

BREVE STORIA DELLA RICEZIONE

Il mito di Purcell come 'Orfeo Britannico' nacque immediata-


mente dopo la morte del compositore, dichiarato apertamente
- forse progettato - dai letterati e dai colleghi musicisti che ne
scrissero le odi di compianto. Pochissimi erano stati i musicisti
europei del suo secolo che avevano ricevuto omaggi tanto signifi-
cativi: bisognava tornare indietro alla commovente cerimonia
funebre per Luzzasco Luzzaschi, nel 1607, il cui feretro era stato
incoronato d'alloro dai suoi colleghi musicisti ferraresi; oppure
agli onori tributati a Claudio Monteverdi nel 1643 a Venezia.
Molti allievi diretti o indiretti di Henry Purcell contri-
buirono a spargere la sua fama di virtuoso di tastiera, com-
positore per la chiesa, per il teatro e per i salotti, ben adden-
tro al Settecento. Jeremiah Clarke, che era stato tra i children
della Chapel Royal affermandosi piu tardi come organista,
compose per lui un epicedio in cui il tradizionale encomio si
trasforma in compianto (Come, come along /or a dance and a
song), e ne diresse l'esecuzione al Drury Lane. John Dryden,
eminente poeta della Restaurazione e collaboratore di Purcell
in tanti spettacoli teatrali, compose a sua volta un'elegia in
morte di Henry, intitolata Mark how the Lark and Linnet
sing, posta in musica da John Blow il quale, da maestro, ne
era divenuto collega e aveva condiviso con Purcell oltre
vent'anni di esperienza musicale a corte, rioccupandone alla
morte il posto di organista della Chapel Royal. 1 La partitura

I An Ode, on the Death o/ Mr. Henry Puree!!; Late Seroant to bis Majesty, and
Organist o/ the Chapel Royal, and o/ St. Peter's Westminster. The Words by Mr.
Dryden, and Sett lo Musick by Dr. Blow, London, Playford, 1696.
172 Henry Puree/I

è per due contro-tenori, due flauti diritti e basso continuo.


Nel testo di Dryden si avvia quel processo di mitizzazione
del genio morto precocemente che proseguirà ininterrotto
fino al XIX secolo: 2

[ ... ] Cosi depose il canto, all'arrivo di Puree!!, lo stuolo dei rivali,


E se cantò, cantò in suo onore.
Ammutoliti, ammiravano in coro quell'uomo divino,
Quell'uomo divino, ahimè,
Arrivato troppo tardi,
Troppo presto ripartito.
Non gl'lnferi imploreremo di restituirci il nostro Orfeo:
Fosse andato laggiu, subito l'avrebbe respinto,
Per paura, il Sovrano infernale.
Troppo bene conoscono essi la forza dell'Armonia,
E sanno che, accordate quelle sfere discordi,
colui d'un subito avrebbe soppresso l'inferno[ ... ]

Il processo di ''divinizzazione'' di Purcell-Orfeo prosegue


nell'elegia composta da un altro collega di Purcell a Westminster,
l'organista Henry Hall, dedicata ''To the Memory of my Dear
Friend Mr. Henry Purcell'' e che accenna ai comuni studi con
Blow: 3

[ ... ] Ti ho amato vivente, ti ammiro defunto.


L'Arpa di Apollo assieme commosse le nostre anime,
Insieme imparammo, ma non parimenti:
Benché il nostro Maestro abbia posto egual cura,
Puree!! soltanto eguagliar poté Blow
[ ... ]
In ogni epoca appare un EROE,
Ma un sol PURCELL in ogni millennio.

Quest'elegia fu pubblicata nel primo volume dell'Orpheus


Britannicus (Londra, Playford 1696), la celebre antologia di
arie, che divenne il principale veicolo della musica di Purcell

2 Trad. it. in Bianconi 1982, 297s. (dov'è riprodotto anche il testo inglese).
3 Testo riprodotto in facsimile in The Glory 1995, 56 e trascritto parzialmen-
te in Campbell, 243.
Breve storia della riceiir,ne 173

nel Settecento, grazie alle numerose ristampe. Fin nel titolo è


evidente l'identificazione mitica con Orfeo, il simbolo stesso
della musica, trasformandolo in un eroe nazionale, l'unico
''Orpheus Britannicus '' .4
A parte gli amici piu sinceri e devoti, come Henry Hall,
John Blow e John Dryden, il maggior contributo al consolida-
mento del mito si deve alla moglie Frances, che si impegnò
nella pubblicazione postuma di un gran numero di opere di
Henry. La strategia di Frances, suggerita anche da ragioni com-
merciali, consisteva nel coinvolgimento di autorevoli sostenito-
ri: nel 1698 il primo volume dell'Orpheus Britannicus, la
summa dell'arte vocale di Henry, è dedicato a Lady Arabella
Howard, moglie del drammaturgo Sir Robert, alla cui famiglia
appartenevano le allieve di clavicembalo di Purcell per le quali
fu forse composto il manoscritto Purcell-Draghi della British
Library di Londra. 5 Il contenuto degli altri volumi era estrema-
mente vario: A Choise Collection o/ Lessons /or the Harpsichord
(1696), A Collection o/ Ayres, compos'd /or the Theatre e Ten
Sonatas in Four Parts (1697), e inoltre il Te Deum & ]ubilate per
Santa Cecilia (1697). Dell'Orpheus Britannicus usci nel 1702
una seconda parte e le ristampe si susseguirono nel 1706-11,
nel 1721 e cosi via fino al 1745 (una successiva edizione, ridotta
e pesantemente manipolata, si vendeva ancora intorno al
1790). Quanto al Te Deum & ]ubilate, queste composizioni
sono state da sempre tra le piu ammirate ed eseguite di Purcell,
a dispetto del giudizio piuttosto negativo degli specialisti
(Westrup in particolare). La loro fortuna ebbe origine fin dalla
prima esecuzione, che ebbe tanto successo da far ripetere il

4 Lo stesso titolo era stato attribuito quasi un secolo prima ad un altro gran-
de protagonista della musica inglese, il liutista John Dowland "the English
Orpheus" (nell'opera del figlio Robert Dowland, A variety o/ Lute Lessons, London
1610). Su questo tema: Anthony Rooley, Performance. Revealing the Orpheus
Within, Longmead, Element Books, 1990.
5 I coniugi Howard fecero porre sulla tomba di Henry in Westminster la
placca commemorativa che contribuisce a stabilire la data di nascita del musicista.
Né può essere trascurata la parentela di Sir Howard con John Dryden il quale aveva
sposato Elizabeth Howard.
174 Henry Puree!!

brano annualmente nella cattedrale di St. Paul in occasione


della festa dei Figli del Clero, fino a quando non fu soppianta-
to, soltanto nel 1713, dal celebre Te Deum di Handel (quello
detto ''di Utrecht'').
Anche alcune delle composizioni inedite di Purcell
restarono per un certo periodo in uso, non certo per effetto
del mito o per interesse antiquario del pubblico, ma perché
musica di riconosciuto effetto, funzionale al repertorio d'uso
corrente. Per esempio, alcuni frammenti degli anthems di
Purcell furono a lungo utilizzati nella pratica liturgica delle
parrocchie anglicane. 6
Oltre alle arie di Orpheus Britannicus, è soprattutto la
musica teatrale di Purcell ad essere ripresa assai frequente-
mente durante il primo Settecento: 7 circostanza del tutto ecce-
zionale per le abitudini del melodramma europeo, se si eccet-
tuano, per motivazioni assai diverse, le opere di Lully. Già nel
1700 troviamo una ripresa della musica di Dido and Aeneas,
anche se ridotta a pantomima durante un allestimento di
Measure /or Measure da parte della compagnia di Betterton ai
Lincoln'Inn Fields. Come opera a sé stante, la partitura fu poi
presentata nel 1704 stravolta in un testo intitolato The Loves
o/ Dido and Aeneas, che fino al XX secolo fu l'ultima ripresa
del capolavoro di Purcell (l'opera venne censurata come
immorale durante l'età vittoriana). Andò meglio a Dioclesian,
ripreso nel 1712 alla Stationers Hall in fur111a di concerto, con
la significativa precisazione che si trattava di un' opera8

6 Una delle sezioni di My beloved spake (Z 28 ), sulle parole "And the voice
of turtle is heard in our land", con una straordinaria progressione accordale, è stata
adattata come melodia per l'intonazione del Salmo 90 Lord Thou hast been our re/u-
ge, usato ancora nel nostro secolo per le celebrazioni funebri anglicane.
7 Sulle esecuzioni delle opere di Purcell e sulla sua reputazione nel
Settecento cfr. in particolare Richard Luckett, 'Or rather our musical Shakespeare':
Charles Burney's Puree/I, in Muszc in Eighteenth Century England. Essays in Memory
o/Charles Cudworth, 1983.
8 <<[ •.. ] Composed by the lmmortal Henry Purcell, which for Beauty of
Expression, Excellence of Harmony, and Grandeur of Contrivance, gives a first
piace tono Musical Opera in Europe••: dalla pubblicità dell'opera sulla stampa lon-
dinese del 1712, cit. in Campbell 1995, 245.
Breve storia della ricezione 175

composta dall'Immortale Henry Purcell, che per Bellezza di


Espressione, Eccellenza nell'A1111unia e Grandezza dell'Invenzione,
non cede a qualsivoglia opera in musica prodotta in Europa [ ... ].

Una melodia dal III atto dell'opera (''What shall I doto


show how much I lover her?'') fu citata nella celebre ballade-
opera che intendeva lanciare un'opera nazionale inglese nel
momento di maggior circolazione del teatro in musica conti-
nentale a Londra: The Beggar's Opera di John Gay (1728).
Dopo di allora il successo crescente del nuovo melodramma
europeo, soprattutto quello portato da compositori e cantan-
ti italiani, pose in ombra definitivamente le partiture antiche
di Purcell, nonostante i deferenti omaggi a lui rivolti dal piu
autorevole musicista del momento, il tedesco Georg Frederick
Handel, ormai naturalizzato inglese.
Alcuni colti musicofili inglesi continuarono devotamen-
te a trasmettere alle generazioni successive il culto, ormai
intellettuale ed antiquario, per le opere del primo grande
musicista inglese. 9 Thomas Tudway e Roger North, fonti
autorevoli e ampiamente studiate per la ricostruzione della
musica inglese di fine Seicento, avevano conosciuto entrambi
personalmente Henry Purcell. Il primo era stato probabil-
mente collega di Henry fin dal coro della Cappella Reale
negli anni Sessanta del Seicento, anche se dal 1670 si era tra-
sferito come organista a Cambridge. Il suo ricordo di
Purcell, inserito in una sua raccolta manoscritta databile
intorno al 1715, tende ad evidenziare l'unicità della sua per-
sonalità creativa in ognuno dei campi artistici in cui si era
cimentato. 10 Roger North - nella cui casa lo stesso Purcell si
recava ad eseguire musica strumentale - scrive quasi
trent'anni dopo la morte di Henry, nel 1726: il suo tono cele-

9 Le notizie che qui riassumiamo sono tratte per la maggior parte da


Campbell 1995, 240ss. (Aftermath), su cui si basa anche l'appendice De la gioire à
l'oubli di Christie-Khoury 1995, 114ss.
IO Cfr. Christopher Hogwood, Thomas Tudway's History o/ Music, in Music
in Eighteenth Century England. Essays in Memory o/ Charles Cudworth 1983, 19 (il
manoscritto di Thomas Tudway è in Londra, British Library, Harl. MS 7337-42).
176 flenry Puree/I

brativo esagera forse la realtà storica, come nel punto in cui


affer111a che Purcell <<elevò l'opera in musica nei teatri ad una
tale reputazione che giunse fin in Italia, dove Sigr. Puree/I era
ricercato non meno che in patria>>. 11 A parte la citazione di
North che lo chiama ''Sigr. Purcell'' (all'italiana), non so-
pravvive alcuna prova che la musica del compositore inglese
fosse conosciuta in Italia durante la sua esistenza, se non
forse attraverso qualche collega musicista o i soliti viaggiato-
ri. Quello di Purcell doveva restare un fenomeno insular, una
sorta di mito di compensazione per la manifesta incapacità
britannica di opporre nel pieno Settecento, ai colossi della
musica continentale, un autentico artista nativo di livello
internazionale: in questo Purcell condivide la sorte dei suoi
illustri coetanei letterati e scienziati, tutti rimasti insuperati
nei rispettivi campi durante il secolo successivo. Ecco allora
il piu ascoltato inglese '' dilettante'' esperto di musica del se-
condo Settecento, il Dr. Charles Burney, decretare nella sua
Generai History o/ Music (vol. III, 1789): 12

Per un Inglese Henry Puree]] è l'orgoglio della Musica, quanto


Shakespeare lo è per gli spettacoli teatrali - Milton nella Poesia eroi-
ca - Locke nella Metafisica - o Sir Isaac Newton per la Filosofia e le
Matematiche[ ... ].

Un altro aspetto della sopravvivenza settecentesca del


nome di Purcell è la trasmissione di aneddoti, di cui un buon
numero si trova nella Generai History dell'altro pioniere della
musicografia britannica, Sir John Hawkins, apparsa nel 177 6. 13
L'interesse di Hawkins per Purcell era stato riacceso da un
avvenimento quasi impensabile: nel 1770 il piu grande attore

11 Roger North on Music, 307.


12 «[ ... ] Henry Purcell is as much the pride of an Englishman in Music, as
Shakespear[e] in productions of the Stage - Milton in Epic Poetry - Lock[e] in
Metaphysics - or Sir Isaac Newton in Philosophy and Mathematics [ ... ]»: si tratta di
una citazione da Bumey inserita nella prefazione di The Beauties o/ Puree//, a cura
di Corfe (London, 1805), cit. in Campbell 1995, 260.
!3 Hawkins 1776 (ried. New York 1%3), in panicolare voi. II, 653ss.
Breve str1ria della rice1.i<1ne 177

inglese del secolo, David Garrick, volle mettere in scena King


Arthur, che aveva avuto un'ultima ripresa nel 1735 col titolo
mutato in Merlin or the British Enchanter. Garrick, che eviden-
temente intendeva sfruttare il tema dell'epopea nazionale ingle-
se, dovette far ricorso al compositore Thomas Arne per far riar-
rangiare ed in parte riscrivere la troppo antica partitura di
Purcell. Arne, in una serie di lettere, espresse a Garrick le sue
pesanti riserve sulle porzioni dell'opera che si intendeva comun-
que presentare con la musica originale di Purcell. Le arie erano
per lui <<cattivissime, cosi terribili, che in privato esse sono
oggetto di scherno e ridicolo per i musicisti>>: altre parti non
erano spiacevoli in sé, ma il problema era l'atmosfera generale
di quella musica antica, che <<era tipicamente cattedralizia (pur
eccellente in quel genere) e non certo nel gusto di un moderno
pubblico teatrale>>. 14 Ciononostante, la revisione fu tt:1111inata e
la partitura ''riaggiornata'' del King's Arthur di Purcell ebbe cosi
l'onore di una edizione a stampa nel tardo Settecento (conte-
stualmente anche i nuovi numeri di Arne furono editi a parte).
Il secolo XIX si apre con l'edizione in due volumi, per
cura di Joseph Corfe nel 1805, dell'antologia di arie da una a
tre voci col pianoforte intitolata The Beauties o/ Purcell. Lo
stesso titolo fu utilizzato tre anni piu tardi per una nuova rac-
colta di arie curata da John Clarke, un ''Doctor of Music'' di
Cambridge. 15 Il fervore delle iniziative editoriali di inizio se-
colo, che trovò il suo culmine nei cinque volumi di Purcell's
Sacred Music editi da Vincent Novello tra il 1828 e il 1832, fu
accompagnato dai primi tentativi di dar vita ad una Purcell
Society, che per alcuni anni si limitò a funzionare come
Purcell Club, fondato nel 1836 con un numero di 40 soci,
per metà musicisti professionisti e per metà amatori.

14 Lettere citate in Campbell 1995, 245.


15 L'unica edizione curata da Clarke di cui il RISM riporti le date di stampa
è quella di London, Lonsdale 1809-10 (P 5993), di cui esiste un solo esemplare
superstite in Germania, mentre il manoscritto reca la data della Prefazione di
(:larke "Cambridge Sep: r 27: 1807 ". Anche delle altre due edizioni indicate dal
RISM, edite a Londra da Preston senza data (P 5991-5992), resta appena un esem-
1,I,1re ciascuna.
178 Henry Puree/I

Le esecuzioni di musiche di Purcell organizzate dal


Club erano, come le antologie a stampa del tempo, manipo-
lazioni assolutamente infedeli delle composizioni giudicate
imperfette ed inadeguate ai tempi. Il momento di gloria dei
soci fu la preparazione, nel 1858, di quello che si riteneva
allora il secondo centenario della nascita del compositore.
L'autentica Purcell Society fu creata soltanto nel feb-
braio 1876, e coinvolse negli anni una serie di personalità
importanti della cultura musicale inglese di quel tempo: tra
gli altri William Cummings, Hubert Parry, Charles Stanford,
Ralph Vaughan Williams, Michael Tippett. Uno degli scopi
principali della Società era quello di pubblicare l'opera
omnia di Henry Purcell - primo caso per un musicista ingle-
se del passato - e favorirne lo studio e la divulgazione. In tal
modo si avviava attraverso l'''Orfeo Britannico'' quella
''English Musical Renaissance'' di cui si avvertiva forte l' esi-
genza. In realtà, nonostante gli sforzi del curatore della colla-
na William Cummings (autore nel 1881 della prima biografia
moderna ed infaticabile ricercatore di fonti purcelliane),16 la
prima edizione delle opere della Purcell Society, in circa 25
volumi, non si completò prima del 1923.
Fuori dell'Inghilterra, nonostante il grande movimento
di riscoperta della musica del passato fosse esteso fin dalla
metà del secolo XIX, non si ebbero sensibili segnali di inte-
resse. In Italia, per esempio, si può dire che non si avesse
conoscenza della produzione di Purcell prima del pieno
Ottocento, nonostante l'affermazione di Roger North sulla
sua reputazione giunta ''fin in Italia'' mentre era in vita. Nel
Fondo Mario della sezione Accademica della Biblioteca del
Conservatorio di Santa Cecilia di Roma esiste una copia
manoscritta integrale (A-Ms-3752-CAT), compiuta ai primi
del secolo XIX, del primo volume dell'antologia di John
Clarke-Withfield The Beauties o/ Purcell. Le edizioni origina-
li a stampa di Purcell in Italia sono estremamente rare. Ci

l6 Cfr. Cummings 1881.


Breve stona della n'cezione 179

risultano soltanto le partiture secentesche di The lndian


Queen (P 5885) e di King Arthur (P 5896), insieme con le
varie riedizioni dell'O,pheus Britannicus tra il 1698 e il 1721
(P 5979-5985): questi esemplari sono conservati quasi esclu-
sivamente in una sola biblioteca italiana, ancora una volta
quella del Conservatorio di Roma. 17 Una sola edizione sette-
centesca di musica strumentale è conservata in Italia, al
Conservatorio di Milano: il Purcell's ground /or the ha,psichord
edito a Londra da Straight e Skillen nel 1778. 18 Abbastanza
sorprendente è l'edizione milanese presso Sonzogno, nel 1882,
della Allemanda dalla Suite n.1 in Sol maggiore per clavicem-
balo (Z 660/2), di cui esiste un esemplare presso la biblioteca
del Conservatorio Venturi Premoli di Brescia. Ma per questi
ultimi due casi si tratta di poche pagine (tre il ground e appe-
na una l'Allemanda). Esiste infine la trascrizione manoscritta
di alcune fantasie a piii strumenti compiuta da Benvenuto
Disertori, pioniere italiano della riscoperta della musica anti-
ca, datata '' Milano 1940'' _19 •

Intanto, anche grazie ad alcuni personaggi che ne


hanno fatto la storia, come Arnold Dolmetsch, quel fenome-
no di ''Early Music Revival'' in Inghilterra produsse nella
prima metà del Novecento un crescente numero di esecuzio-
ni di musiche di Purcell. 20 Già nel 1895 la Purcell Society

17 Fanno eccezione le ristampe dell'Orpheus Britannicus del 1702 e 1706 (P


5980 e 5983 ), in copia anche presso l'Istituto Donizetti-Piatti di Bergamo, e l'edizio-
ne 1721 (P 5982) esistente soltanto al Conservatorio di Milano. Delle varie ristampe
manca del tutto in Italia la sola impressione del 1711 (P 5984). Non è possibile
appurare se gli esemplari del Conservatorio di Roma avessero, almeno in parte, una
• •
comune or1gme.
18 Esemplare sconosciuto al RISM che segnala come sola copia superstite
quella della British Library di Londra.
l 9 Si tratta dei manoscritti donati dalla famiglia Disertori alla Biblioteca
milanese di Brera nn. M.064.41 (Fantasia 1680 = Z 738) e M.070.17 (Fantasia 9 a 4).'.
2 0 Per informazioni generali sulle attività di Dolmetsch e alcuni dei pro~
grammi da lui eseguiti con musiche di Purcell (furono almeno 45 i brani purcelliani
eseguiti da Amold Dolmetsch su strumenti originali) si rinvia a Margaret Campbell,
Dolmetsch: The Man and his Work, London, 1975 ed al catalogo The Arnold
Dolmetsch Years, Haslemere, The Dolmetsch Foundation, 1990. Inoltre cfr. Harry
l laskell, The Early Music Revival: a History, London, 1988.
180 Henry Puree/I

aveva voluto celebrare il bicentenario della morte del com-


positore con una serie di esecuzioni tra cui una rappresenta-
zione di Dido and Aeneas come saggio degli allievi del Royal
College of Music di Londra. Nel 1897 fu allestito, questa
volta in maniera professionale, King Arthur (al Birmingham
Triennial Musical Festival), occasione per la quale fu prepa-
rata una apposita edizione della partitura e fu coinvolto al
clavicembalo Dolmetsch: ma la rappresentazione scatenò
una serie di polemiche con la critica del tempo sui problemi
dell'autenticità e del riadattamento moderno. Fu fondata
quindi, nel 1899, una Purcell Operatic Society, il cui primo
atto fu un allestimento di Dido and Aeneas affidato alla regia
di Gordon Craig, che risultò del tutto rivoluzionario, soprat-
tutto per le scene e l'illuminazione, se non propriamente
convincente dal punto di vista musicale.
Fatta giustizia dell'unica vera opera di Purcell, la Dido
che era stata censurata come immorale durante il secolo XIX,
i primi decenni del Novecento offrirono la possibilità di
riscoprire un altro capolavoro fino ad allora negletto, The
Fairy Queen, che probabilmente risenti del rinnovato interes-
se per le manipolazioni tardive delle opere di Shakespeare. Di
quel festoso masque semioperistico forni una prima esecuzio-
ne in forma di concerto il compositore Gustav Holst nel
1911; il primo vero allestimento teatrale si ebbe invece in una
occasione del tutto particolare nel 1946, quando il Covent
Garden per la prima volta inaugurò con un'opera barocca
una stagione operistica in Inghilterra. Fu un awenimento che
consacrò come definitiva la rivalutazione dell'eroe nazionale
riscoperto. 21 Era u1111ai disponibile una biografia piu attendi-

21 Si veda il libretto, riccamente illustrato, edito nel)' occasione: Purcell's The


Fairy Queen, as presented by the Sadler's Wells Balle/ and the Covenl Garden Opera
[ ... ], London, 1947, con prefazione di E. Dent (copia consultata a Londra,
Warburg lnstitute). Cfr. inoltre Michael Burden, "Gallimaufry" al Covent Garden:
"The Fairy Queen" in 1946, "Early Music", XXIII, 1995, 2-18. Questo avvenimento
era stato preceduto a Cambridge da un nuovo allestimento di King Arthur, curato
nel 1928 da Dennis Arundell, autore di una delle prime biografie su Purcell
(Arundell 1927) e da varie riprese della stessa Fairy Queen dal 1920 al 1931.
Breve storia della ricezione 181

bile, fir111ata da Sir J.A. Westrup, giunta alla terza edizione nel
1947, che per quasi mezzo secolo è rimasta insuperata. Da
questo momento, soprattutto per effetto del revival della
. . . .. . . ,,
musica antica su strumenti stor1c1, non possiamo ptu tentare
di seguire gli innumerevoli rivoli della diffusione e delle ese-
cuzioni di musiche di Purcell, nell'Isola e fuori.
Nel 1951 si raggiunse il successivo gradino della risco-
perta, grazie alla serie di Eight Concerts o/ Henry Purcell's
Music organizzati col concorso della Purcell Society durante
il Festival of Britain, il cui libretto di sala si apriva con una
premessa del compositore Ralph Vaughan Williams sulla
necessità di conoscere maggiormente l'illustre antenato.
L'invito fu raccolto pochi anni piu tardi, nel 1959, quan-
do per la prima volta un gruppo di musicisti e di studiosi
dette vita ad una ricostruzione a piu voci delle informazioni
su Purcell fino a quel momento disponibili, passate attraver-
so un vaglio critico di tutto rispetto. 22 Faceva parte del grup-
po anche Benjamin Britten (1913-1976), il piu autorevole
compositore inglese vissuto dopo l'età di Purcell, che in varie
occasioni aveva dedicato significativi omaggi all'amato pre-
decessore. 23 Del resto, il culto per la musica di Purcell fu
condiviso da tutti gli altri importanti compositori inglesi del
Novecento, come Edward Elgar (1857-1934), 24 Michael
Tippett ( 1905),25 e persino oltreoceano: basti l'esempio del

22 Henry Puree/I (1659-1695): Essays on bis Musie, a cura di Imogen Holst,


London, 1959.
23 Si pensi alla notissima The Young Person's Guide to the Orchestra (Guida
all'Orchestra per i giovani), op. 34 del 1946, che Britten concepi come una serie di
Variazioni e Fuga su un tema di Puree/I. li tema è la Hornpipe inserita nelle musiche
lii scene per Abdelazar del 1695 (Z 570). Inoltre il suo .Sogno di una notte di mev:.a
estate è un omaggio a The Fairy Queen, e prevede tra l'altro l'utilizzo di un contro-
tenore con una scrittura esplicitamente purcelliana.
24 Nonostante si sia sempre creduto il contrario, Elgar dimostrò il suo inte-
resse per Purcell almeno in una occasione, con l'orchestrazione nel 1929 dell'anthem
]ehovah, quam multi sunt (Z 135), di cui è ricomparso l'autografo nel 1995 presso
Sotheb~ (Michael Burden, Puree/I and Elgar, "Early Music", XXIV/I, 1996, 181s.).
5 Tippett trattò con passione del linguaggio musicale di Purcell in alcuni
saggi, tra cui: Puree/I and the English Language, in Eight Concerts o/ Henry Pureell's
182 Henry Puree/I

quintetto per strumenti a fiato del 197 4 A Fantasy about


Purcell's Fantasia upon One Note di Elliott Carter (1908),
uno dei piu importanti compositori statunitensi, basato sulla
Fantasia Z 745.
Questo intenso movimento di rivalutazione sarebbe
rimasto un fenomeno interno anglosassone, se non fosse nata
l'industria discografica che ne avviò l'inarrestabile diffusione
planetaria dagli anni 1960. Mentre l'angelico contro-tenore
Alfred Deller, che aveva incantato Britten e Tippett, avviava
le sue storiche registrazioni tuttora insuperate, 26 il lato operi-
stico della produzione di Purcell veniva abbordato da can-
tanti del grande repertorio lirico, in grado perlomeno di
aumentarne la popolarità: si pensi alla Didone interpretata
da Jessye Norman e soprattutto da Tatiana Troyanos.
Col Tricentenario della morte nel 1995 giungiamo all' a-
pice della consacrazione di Henry Purcell a grande musicista
della storia della musica occidentale. La mole delle pubblica-
zioni prodotte nella sola Inghilterra in prossimità della sca-
denza centenaria è un fenomeno che non ha paragoni nella
letteratura musicologica internazionale. Il loro livello è il piu
vario, naturalmente, andando dal carattere celebrativo alla
biografia romanzata, ma con una encomiabile abbondanza di
ricerche originali e di validi contributi scientifici, sia singoli
che collettivi. La Purcell Edition presso l'editore Novello,
pur non completata, ha ripreso vigore e ad essa si sono
affiancate decine di edizioni musicali parziali, critiche o pra-
tiche, oltre ad importanti facsimili. Alla grande mostra del
Tricentenario presso la British Library, con la sorpresa del
manoscritto per clavicembalo di Purcell-Draghi acquisito

Musie, programma di sala a cura di W. Shaw, London, 1951; Our Sense o/ Continuity
in English Drama and Musie, in Henry Puree!! (1659-1695): Essays on his Music,
1959. Cfr. inoltre Michael Tippett, Muszc o/ the Angels, London, 1980, 67-68.
2 6 Noteremo che un dibattito recente (Andrew Parrott, Per/orming Puree!!,
in The Puree!! Companion, 1995, 387-444) ha posto in discussione proprio uno degli
elementi piu "nazionali" della scrittura di Puree!!, la supposta destinazione di molte
arie per contro-tenori (tenori acuti) in falsetto: un uso tipicamente inglese anche se
forse ispirato dalla tecnica dei castrati italiani (Holman 1994, 34s.).
Breve storia della ricezione 183

giusto in tempo, 27 si è affiancata un'agile e ben costruita


mostra fotografica del British Council, che continua a girare
il mondo in attesa dell'imminente tricentenario della morte
diJohn Dryden nel 2000.28
Sul versante teatrale, dopo il successo dell'allestimento
di The Fairy Queen al Festival di Aix-en-Provence del 1989,
William Christie ed il complesso Les Arts Florissants hanno
realizzato nel 1995 lo spettacolo centrale delle celebrazioni: il
King Arthur in co-produzione al Teatro Chatelet di Parigi e
al Covent Garden di Londra.29
Grazie all'impulso celebrativo, l'industria discografica
ha ormai percorso in lungo e in largo ogni pagina, anche le
piu neglette, della enorme produzione di Henry Purcell, di
cui è disponibile l'intera opera incisa, a volte in numerose
versioni. Tra i progetti piu interessanti per la loro sistemati-
cità si segnalano le incisioni di tutti gli anthems, tutte le odi e
tutte le arie curate in una trentina di CD da Robert King; il
confronto tra Purcell e gli altri autori inglesi contemporanei
attuato opportunamente da Peter Holman e The Parley's of
Instruments; inoltre le offerte per il Tricentenario di interi
blocchi della produzione piu o meno nota, comprendente le
incisioni di Eliot Gardiner, Christopher Hogwood, William
Christie, e cosi via. Perfino il manoscritto per clavicembalo
Purcell-Draghi è stato inciso con una eccezionale tempesti-
vità pochi mesi dopo il suo acquisto da parte della British
Library.30

27 The Glory o/ the Tempie and the Stage: Henry Puree/I 1659-1695, a cura di
Roben P. Thompson, Catalogo della Mostra di Londra, The British Library, 1995.
28 The Fairest [sie: Puree/I to Dryden. La mostra fotografica allestita presso il
13ritish Council di Roma è stata ospitata a Napoli, Centro di Musica Antica "Pietà
dei Turchini" nel marzo 1998 in occasione di una delle rare produzioni italiane di
Dido and Aeneas, preceduta da una tavola rotonda sul tema I Lamenti di Didone:
/Jureell e l'Italia.
29 Utili informazioni su questa produzione, oltre che sulla composizione ori-
ginale, nel libretto Pureell-King Arthur, edito come n. 163 dei quaderni "L'Avant-
Scène Opéra" (Paris, 1995). Di questa produzione e della precedente (The Fairy
Queen) la casa discografica Erato ha realizzato l'incisione in CD.
30 Si rinvia alla Discografia per le indicazioni principali in questo settore.
184 Henry Puree/I

Un nuovo livello della globalizzazione del mito di Henry


Purcell si è aggiunto negli ultimi anni del presente millennio:
la consultazione dei siti Internet. Ne esistono almeno tre, che
non si limitano a fornire notizie biografiche o immagini, ma
offrono utili cataloghi delle composizioni, ordinate per gene-
ri, bibliografie e discografie costantemente aggiornate, e per-
fino l'ascolto di composizioni in midi-/iles. 31 La popolarità nel
mondo contemporaneo di Henry Purcell (pari 01111ai a quella
di Bach e Han del), quale risulta dai fenomeni di diffusione
che abbiamo descritti, non sarebbe parsa possibile neppure ai
suoi piu convinti seguaci e sostenitori, a coloro che, tre secoli
fa, ne forgiarono il mito nazionale di ''Orfeo Britannico''.

31 Ecco alcuni indirizzi dei siti Internet dedicati a Henry Purcell: Henry
Puree!! http://www.mala.bc.ca/-mcneil/purcell.htm (elenco di connessioni curato dal
Malaspina University-College, con costanti aggiornamenti); http://apollo.lpg.fi/pur-
cell/ (a cura del giapponese J. Salo). Un sito molto utile perché contiene l'intero cata-
logo Zimme1111a,1 delle opere di Henry Purcell, diviso per generi, è: http://www.geoci-
ties.com/Vienna/1790/p_main.htm (a cura di Lewis Monon); The Puree!! Project
http://web.ftech.net/-honeyg/purcell.hon. Inoltre è molto facile attivare i collegamenti
con i cataloghi di libri e dischi in commercio, come ad esempio The Classica! Net
all'indirizzo: h ttp://www.classical.net/musicicom p.lst/purcell.html.
CATALOGO DELLE OPERE

Si segue la numerazione (Z) di Zimmerman 1963 aggiornata in


Zimmerman 1989 con integrazioni relative ai titoli di recente indi-
viduazione. Tra parentesi quadre gli autori dei testi poetici messi in

musica.

Edizione delle opere complete:

The Works o/ Henry Puree!!, London, Novello, 1878-1965, 32 voll.


(The Purcell Edition a cura della Purcell Society); revised edi-
tion: London, Novello, 1961- in corso.

Altre edizioni parziali:

A Puree!! Anthology. Twelve Anthems, a cura di Bruce Wood,


. Oxford, Oxford University Press
10 Anthems, a cura di Richard Lyne e Robin Langley, Oxford,
Oxford University Press (The Church Music Society), 1995
Funeral Sentenees, With Mareh and Canzona /or the Funeral o/
Queen Mary, a cura di Christopher Hogwood, Oxford, Oxford
University Press, 1995
Complete Catehes, a cura di Michael Nyman, London, Stainer &
Bell, 1995
Complete Songs, a cura di Peter Wishart e Maureen Lehane, ried.
London, Stainer & Bell, 3 voll.
Thirty Songs in Two Volumes, a cura di Timothy Roberts, Oxford,
Oxford University Press
Complete Harpsiehord Works, a cura di Howard Ferguson,
London, Stainer & Bell

Inoltre, sono edite in facsimile:


186 Henry Puree/I

Sonnata's o/ lii Parts: Two Violins and Basse (London, 1683), New
York, Broude Brothers
Ten Sonatas in Four Parts (London, 1697), New York, Broude
Brothers
A Choice Collection o/ Lessons /or the Harpsichord or Spinnet
(London, 1696), New York, Broude Brothers
A Collection o/ Ayres, Compos'd For the Theatre, and Upon Other
Occasions (London, 1697), New York, Broude Brothers
Orpheus Britannicus, I-II, (London, 1698-1702), New York,
Broude Brothers, 1965, 2 voll. ("Monuments of Music and
Music Literature in Facsimile'' I/1)
The Gresham Autograph. A Manuscript Songbook in Henry Purcell's
Hand, con introduzione e indici a cura di Margaret Laurie e
Robert Thompson, London, Novello (Grasham College e Purcell
Society), 1995
The Gostling Manuscript (Compi/ed by John Gostling), a cura di
Franklin B. Zimmerman, Austin-London, University of Texas
Press, 1977

MUSICA SACRA

Anthems (Z 1-70)

Awake, put on thy strength - Behold, I bring you glad tidings - Behold,
now praise the Lord - Be merciful unto me - Blessed are they that fear
the Lord - Blessed be the Lord my strength - Blessed is he that conside-
reth the poor - Blessed is he whose unrighteousness is forgiven - Blessed
is the man that feareth the Lord - Blow up the trumpet in Sion - Bow
down Thine ear, O Lord - Give sentence with me, O Lord - Hear me, O
Lord, and that soon - Hear my pray'r, O God - Hear my prayer, O Lord
- lf the Lord himself - In thee, O Lord, do I put my trust - In the midst
of !ife - lt is a good thing to give thanks - I was glad when they said unto
me (da Blow) - I will give thanks unto Thee, O Lord - I will give thanks
unto the Lord - I will love thee, O Lord - I will sing unto the Lord - Let
God arise - Let mine eyes run down with tears - Lord, how long wilt
Thou be angry? - Lord, who can teli how oft he offendeth? - Man that is
born of woman - My beloved spake - My heart is fixed, O God - My
heart is inditing - My song shall be alway - O consider my adversity - O
give thanks unto the Lord - O God the king of glory - O God, Thou art
my God - O God, Thou has cast us out - O Lord God, of hosts - O
Lord, grant the King a long !ife - O Lord, our Governar - O Lord,
rebuke me not - O Lord, Thou art my God - O praise God in His holi-
ness - O praise the Lord ali ye heathen - O, sing unto the Lord - Out of
the deep have I called - Praise the Lord, O Jerusalem - Praise the Lord,
O my soul, and ali that is within me - Praise the Lord, O my soul, O
Catalogo delle opere 187

Lord my God - Praise the Lord, ye servants - Rejoice in the Lord alway
(The Bel! Anthem) - Remember not, Lord, our offences - Save me, O
God - Sing unto God - The Lord is King, be the people never so impa-
tient - The Lord is King, the earth may be glad - The Lord is my light -
The way of God is an undefiled way - They that go down to the sea in
ships - Thou know'st, Lord, the secrets of our heans (J versioni) - Thy
righteousness, O God, is very high - Thy way, O God, is holy - Thy
word is a lantem unto my feet - Turn Thou us, O good Lord - Unto
Thee will I cry - Who hath believed our report? - Why do the heathen
so furiously rage together?

Canoni, Inni, Salmi e Sacred Songs (Z 101-110, 130-144, 181-200)

Ah! few and full of sorrow [G. Sandys] - Awake, and with attention bear
[A. Cowley] - Awake and with attention bear - Awake, ye dead [N.
Tate] - Beati omnes qui timent Dominum - Begin the song, and strike
the living lyre [A. Cowley] - Close chine eyes and sleep secure [F.
Quarles] - Early, O Lord, my fainting soul U. Patrick] - Full of wrath
His threatening breath CT- Taylor] - Gloria Patri et Filio - Gloria Patri et
Filio (Canon 3 in 1) - Gloria Patri et Filio (Canon 4 in I per arsin et the-
sin) - Glory be to the Father (Canon 4 in I) - God is gone up (Canon 7
in 1 at the unison) - Great God and just CT- Taylor] - Hear me, O Lord,
the great suppon CT- Patrick] - Hosanna to the highest - How bave I
stray'd [W. Fuller] - How long, great God? U- Norris] - In guilty night
(Saul and the Witch o/ Endor) - In the black, dismal dungeon of despair
[W. Fuller] - Jehova, quam multi sunt - Laudate Dominum (Canon 3 in
J) - Let the night perish CT- Taylor] (Job's Curse) - Lord, I can suffer
Thy rebukes U- Patrick] - Lord, not to us, butto Thy name U- Patrick]
- Lord, what is man? [W. Fuller] - Miserere Mei (Canon 4 in 2) - Now
that the sun hath veiled bis light [W. Fuller] (An Evening Hymn on a
Ground) - O all ye people, clap your hands CT- Patrick] - O happy man
that fears the Lord CT- Patrick] - O, l'm sick of )ife [G. Sandys] - O
Lord our Govemor U- Patrick] - Plung'd in the confines of despair CT.
Patrick] - Since God, so tender a regard CT- Patrick] - Sleep, Adam,
sleep and take thy rest - Tel1 me, some pitying angel [N. Tate] (The
Blessed Virgin's Expostulation) - The eanh trembled [F. Quarles] - Thou
wakeful shepherd [W. Fuller] (A Morning Hymn) - We sing to Him,
whose wisdom fu1111'd the ear [N. lngelo] - When on my sickbed I lan-
guish [T. Flatman] - With sick and famish'd eyes [G. Herbert]

Services

Z 230 Service in Sib magg.:


Te Deum Laudamus - Benedictus - Benedicite Omnia Opera -
Jubilate Deo - Kyrie Eleison - Credo Niceno - Magnificat - Nunc
dimittis - Cantate Domino - Deus misereator
188 Henry Puree!!

Z 231 'Evening Service' in sol min. Magnificat e Nunc dimittis


Z 232 Te Deum eJubilate Deo in Re magg.

ODI E WELCOME SONGS


Z 320 Arise my Muse [T. D'Urfey] (Ode /or Queen Mary's birthday) - Z 321
Celebrate this festival [N. Tate] (Birthday Ode /or Queen Mary) - Z 322
Celestial music did the gods inspire (Ode /or Mr Maidwell's Schoo{) - Z
323 Come ye sons of Art, away [?Tate] (Birthday Ode /or Queen Mary) - Z
324 Fly, bold rebellion (Welcome Ode /or Charles II) - Z 325 From hardy
climes and dangerous toils of war (Ode/or the wedding o/ Prince George o/
Denmark and Pnncess Anne) - Z 326 From those serene and rapturous
joys [T. Flatman] (Welcome Song/or Charles II) - Z 327 Great parent, hail!
[Tate] (Ode /or the Centenary o/ Trinity College, Dublin) - Z 328 Hail, bri-
ght Cecilia! [N. Brady] (Ode /or St. Cecilia's Day) - Z 329 Laudate
Ceciliam (Ode /or St Cecilia's Day) - Z 331 Love's goddess sure was blind
[C. Sedley] (Birthday Ode/or Queen Mary)-Z 332 Now does the glorious
day appear [T. Shadwell] (Ode /or Queen Mary's birthday) - Z 333 Of old
when heroes thought it base [T. D'Urfey] (Yorkshire Feast Song) - Z 334
Raise, raise the voice (Ode /or St Cecilia's Day) - Z 335 Sound the trumpet,
beat the drum (Welcome Ode /or ]ames II) - Z 336 Swifter, lsis, swifter
flow (Welcome Song/or Charles II) - Z 337 Tue summer's absence uncon-
cemed we bear (Welcome Song/or Charles II) - Z 338 Wdcome, glorious
mom (Birthday Ode /or Queen Mary) - Z 339 Welcome to all the pleasures
[C. Fishbum] (Ode /or St Cecilia's Day) - Z 340 Welcome, Vicegerent of
the mighty King (Welcome Song/or Charles II) - Z 341 What shall be done
in behalf of the man? (Welcome Song /or the Duke o/ York) - Z 342 Who
can from joy refrain? [Tate] (Birthday Ode /or the Duke o/ Gloucester) - Z
343 Why are all the Muses mute? (Welcome Song/or ]ames II) - Z 344 Ye
tuneful Muses, raise your heads (Welcome Ode /or Charles II)

MUSICA STRUMENTALE
Fantasias e In nomine (Ms. 1680 c.) per consort:
Z 730 Chacony in sol min. Z 731 Fantasia '3 Parts upon a Ground' in sol
min. Z 732 Fantasia in re min. Z 733 Fantasia in Fa Z 734 Fantasia in sol
min. Z 735 Fantasia in sol min. Z 736 Fantasia in Sib Z 737 Fantasia in Fa
Z 738 Fantasia in do min. Z 739 Fantasia in re min. Z 740 Fantasia in la
min. Z 741 Fantasia in mi min. Z 742 Fantasia in Sol Z 743 Fantasia in re
min. Z 744 Fantasia in la min. Z 745 Fantasia 'upon one note' in Fa. Z
746 In Nomine in sol min. Z 747 In Nomine 'Dorian' in sol min.

Sonatas o/Three Parts, London 1683, per consort:


Z 790 Trio Sonata I in sol min. Z 791 Trio Sonata II in Sib Z 792 Trio Sonata
III in re min. Z 793 Trio Sonata IV in Fa Z 794 Trio Sonata V in la min. Z
Catalogo delle opere 189

795 Trio Sonata VI in Do Z 796 Trio Sonata VII in mi min. Z 797 Trio
Sonata VIII in Sol Z 798 Trio Sonata IX in do min. Z 799 Trio Sonata X
in La Z 800 Trio Sonata XI in fa min. Z 801 Trio Sonata XII in Re

Sonata'_ç in Four Parts (Ms.c1680) per conson:


Z 802 Sonata I in sib min. Z 803 Sonata II in Mib Z 804 Sonata III in la
min. Z 805 Sonata IV in re min. Z 806 Sonata V in sol min. Z 807
Sonata VI in sol min. Z 808 Sonata VII in Do Z 809 Sonata VIII in sol
min. Z 810 Sonata IX in Fa Z 811 Sonata X in Re.

Altra musica strumentale

Z 770 Overture in Sol (Introduzione a Swifter Isis, sw1/ter flow) Z 771


Overture in re min. Z 772 Overture in sol min. Z 748 Pavan in La Z 749
Pavan Z 750 Pavan in Sib Z 751 Pavan in Sol Z 752 Pavan in sol min.
ZN 773 Prelude (violino solo) in sol min. Z 850 Sonata in Re (tromba e
archi) Z 780 Sonata (violino) in sol min.
Z 860 March and Canzona in do min. (Fiati)
- The 'Staircase' Overture Sib
- Frammenti di danze (Ms. Osborn)

Musica per tastiera (e altri strumenti)

The Second Parto/ Musick's Hand-maid (1687)


ZT 694 Song Tune in Do ZT 695 Song Tune in Do Z 647 March in Do Z
648 March in Do ZT 689 A New Minuet in re min. Z 649 Minuet in la
min. Z 650 Minuet in la min. ZT 688 Minuet in re min. Z 655 A New
Scotch Tune in Sol ZT 682 A New Ground in mi min. Z 646 A New
Irish Tune in Sol (Lilliburlero) Z 653 Rigadoon in Do Z 656 'Sefauchi's
Farewell' in re min. Z 665 Suite in Do

A Choice Collection o/ Lessons (1696)


Z 660 Suite in Sol Z 661 Suite in sol min. Z 662 Suite in Sol Z 663 Suite in
la min. Z 666 Suite in Do Z 667 Suite in Re Z 668 Suite in re min. Z 669
Suite in Fa ZT 687 March in Do ZT 698 Trumpet Tune in Do ZT 680
Chaconne in Sol ZT 686 Jig in sol min. ZT 678 Trumpet Tune in Do
(Cibel[) ZT 697 Trumpet Tune in Do

Altra musica per tastiera

Z 641 Air in Sol ZT 675 Air in re min. ZT 676 Air in re min. ZT 693/2 Air
in sol min. ZT 696/1 Air in re min. ZT 696/2 Air in re min. - Air in Fa
190 Henry Puree/I

(da The Indian Queen) Z 645 Ground in Gamut ZT 681 Ground in do


min. ZT 683 Hompipe in Sib ZT 684 Hompipe in re min. (Round O)
ZT 685 Hornpipe in mi min. ZT 690 Overture in do min. ZT 691
Overture in Re ZT 693/1 Overture in sol min. Z 652 Prelude in la min.
Z 642 Almand/Corant in la min. Z 654 Saraband in la min. Z 664 Suite:
Almand/Corant/Saraband in Sib Z 644 Corant in Sol Z 651 Minuet in
Sol Z 670 The Queen's Dolour in la min. ZT 677 Canary in Sib Z 716
Verse in Fa (organo) Z 717 Voluntary in Do (organo) Z 718 Voluntary in
re min. (organo) Z 719 Voluntary in re min. (organo) Z 720 Voluntary in
Sol (organo) Z 721 Voluntary on the 100th Psalm in La (organo)

Il manoscritto per tastiera 'Purcell-Draghi' della British Library contiene


12 brani autografi e 8 riduzioni da musiche di scena:
Prelude in Do; 2 Preludi, Almand, Corant (dalla suite in la min.); Jig in la
min.; Prelude in Do; 2 movimenti in Do; Almanda, Corant, Sarrband
(dalla suite in Do); Minuet e Air in Do (da The Double Dealer Z 592);
Symphony e Hompipe (da The Fairy Queen Z 629); Hompipe (da The
Old Bachelor Z 607); Trumpet Minuet, Minuet e Air (da The Virtuous
WzfeZ611).

SONGS, CATCHES, ARIE, DUETTI E CANTATE


(Z 240-292, 351-548)

Aeolus, you must appear - Ah! Ah! How happy are we! - Ah! Belinda, I
am prest with torment (cfr. Dido and Aeneas) - Ah cruel, bloody fate -
Ah! Cruel nymph, you give despair - A health to the nut-brown lass U
Suckling] - Ah! how pleasant 'tis to love - Ah! how sweet it is to love -
Ah me! to many deaths - Ah! what pains, what racking thoughts
[Congreve] - Alas, how barbarous are we [K Philips] - All our days
(One o/ the Pleasures) - Amidst the shades and cool refreshing streams -
Amintas, to my grief I see - Amintor, heedless of his flocks - An ape, a
lion, a fox and an ass - A Poor blind woman - Arise, ye subterranean
winds - As Amoret and Thyrsis lay - Ask me to love no more [A
Hammond] - As Roger last night to Jenny lay close - As soon as the
chaos - A thousand sev'ral ways I tried - A thousand thousand ways
we'll find - At the close of the evening - Bacchus is a pow'r divine -
Behold the man - Behold, upon my bended spear (da Dido and Aeneas)
- Beneath a dark, a melancholy grove - Beneath the poplar's shadow -
Beware, poor Shepherds - Blow, blow, Boreas, blow - Bring the bowl
and cool Nantz - Britons strike home! - But ah! how much are our deli-
ghts (due Ninfe e Pastore) - But one soft moment - Call for the reck' -
ning' - Can'st thou, Marina - Cease, anxious world [G. Etherege] -
Cease, O my sad soul [C. Webbe] - Celemene, pray tel1 me - Celia has a
thousand cha1111s - Celia's fond, too long l've lov' d her - Celia, that I
once was blest - Charon, the peaceful shade invites - Come a11 to me
Catalogo delle opere 191

(Cupido) - Come all ye songsters of the sky - Come away, do not stay -
Come away, fellow sailors (Primo Marinaio, Coro) - Come, come away
(uno del Baccanale, un Silvano) - Come, come, come, !et us leave the
town - Come, dear companions of th' Arcadian fields - Come every
demon - Come, lay by ali care - Come, !et us agree (Cupido, Bacco,
Coro, strum.) - Come Jet us drink [A Brome] - Come my hearts, play
your parts - Come unto these yellow sands (Ariel, coro) - Corinna, I
excuse thy face - Corinna is divinely fair - Cupid, the slyest rogue alive
- Cynthia frowns - Dear pretty youth (Dorinda) - Divine Andate, presi-
dent of war - Down, down with Bacchus - Draw near, you lovers [T.
Stanley] - Dream no more of pleasures past - Drink on till night be
spent [P. Ayres] - Dry those eyes (Arie/) - Dulcibella, whene'er I sue for
a kiss [A. Henley] - Fair and serene (Neptune) - Fair Cloe, my breast so
alarms U- Glanvill] - Fairest Isle (Venus) - Farewell, all joys - Farewell,
ye rocks [D'Urfey] - Fear no danger - Fili the bowl with rosy wine [A.
Cowley] - Fled is my love - Fly swift, ye hours - For folded flocks - For
Iris and her swain - For Iris I sigh - From rosie bow'rs - From silent
shades and the Elysian groves (c/r. Bess o/ Bedlam) - Full bags, a brisk
bottle U- Allestry] - Genius of England - Gently shepherds, you that
know (on the death o/ fohn Playford) [Tate] - Give to every one - God
save our sovereign Charles - Good neighbor why? - Go teli Amynta,
gentle swain [Dryden] - Great Apollo and Bacchus - Great love - Grief
increases by concealing - Hai! to the myrtle shade - Halcyon days
Amphitrite, (oboe, archi) - Hang this whining way of wooing - Hark
Damon, hark - Hark! Hark! behold the heav'nly choir - Hark how all
things in one sound agree - Hark! how the songsters of the grove
'Sinfonia di cornamuse che imitano il cinguettio degli uccelli' (2 Ninfe, 2
flauti, be) - Hark how the wild musicians sing - Hark! my Damilcar! -
Hark! now the echoing air (Seconda Signora, coro) - Haste, gentle
Charon - Haste, haste to town (Belinda, coro) - Has yet your breast no
pity learn'd? - Hears not my Phyllis (The Knotting Song) [C. Sedley] -
Hear us great Rugwith - Hear, ye Gods of Brita - Hear, ye sullen
powers below - He himself courts his own ruin - Hence, fond deceiver
- Hence! hence! hence with your trifling deity (Un Baccanale, 2 oboi,
be) - Here's a health, pray !et it pass - Here's that will challenge all the
fair (Bartholemew Fair) - Here's the summer, sprightly, gay (Estate) -
Here's to thee, Dick [Cowley] - He that drinks is immortal - High on a
throne of glitt'ring ore (Ode to the Queen) [D'Urfey] - Hither this way
bend (coro, 2 oboi, archi) [Philidel], - How delightful's the !ife of an
innocent swain - How great are the blessings (A Health to King James)
[Tate]- How happy, how happy is she - How happy's the husband -
How happy the Lover (coro) - How I sigh when I think of the cha1111~ -
How pleasant is this flowery plain - How sweet is the air and refreshing
- How vile are the sordid intregues - Hush, no more, be silent all - I am
come to lock all fast - I cali ye all to Woden's hall - I carne, I saw, I was
undone [A. Cowley] - I come to sing great Zempoalla's story (da lndian
Queen) - I envy not a monarch's fate - I fain would be free - If all be
true that I do think- If ever I more riches did desire [Cowley] - If grief
192 1/enry Puree/I

bas any power to kill - If music be tbe food of love [H. Heveningbam]
(3 versioni) - If not formine (da Dido and Aeneas) - If prayers and tears
(on the death o/ Charles II) - If tbou wilt give me back my love - I gave
ber cakes and I gave ber ale - 1'11 mount to yon blue Coelum - 1'11 sail
upon the Dog-star - I look'd and saw within - I lov'd fair Celia [B.
Howard] - I love and I must (Beli Barr) - In a deep vision's intellectual
scene (The Comp/aint) [Cowley] - In all our Cynthia's shining spbere
[E. Settle: The World in the Moon] - lncassum, Lesbia, incassum rogas
(The Queen's Epicedium) [Herbert] - In Cloris ali soft charms 0-
Howe] - lngrateful love! - In some kind dream [G. Etherege] - In vain
Clemene - In vain, 'gainst Love, in vain I strove - In vain we dissemble
- I resolve against cringing - I saw fair Cloris all alone [W. Strode] - I
saw tbat you were grown so bigh - Is Charleroy's siege come too? - I
see, she flies me - I sigh'd, and I pin'd - I sigh'd and owned my love - I
spy Celia, Celia eyes me - I take no pleasure in the sun's bright beams -
Jack tbou art a toper - Jenny, 'gin you can love - Joy, mirtb, triumphs I
do defy (=Alleluia?) - Julia, your unjust disdain - Kind fortune smiles
(Arie/) - Lads and Lasses, blitb and gay - Laius! Hear, bear - Leave
these useless arts - Leave tbese useless arts in loving (duetto da Epsom
We//s di Shadwe//) - Letali mankind the pleasures share - Let each gal-
lant heart 0- Turner] - Let formai lovers stili pursue - Let Hector,
Acbilles and eacb brave commander - Let monarchs figbt (un Fauno) -
Let not a moon-born Elf [Grimbald] - Let tbe dreadful engines - Let
tbe fifes, and the clarions - Let the grave folks go preach - Let us dance
(un altro dei Piaceri) - Let us drink to tbe blades - Let us, kind Lesbia,
give away - Lost is my quiet forever - Love arms himself in Celia's eyes
- Love in their little veins inspires (Ninfa) - Love is now become a trade
- Lovely Albina's come ashore - Love quickly is pall'd (uno del
Baccanale) - Lovers, who to their first embraces go - Love's power in
my heart shall find no compliance - Love, tbou art best - Love, tbou
canst bear, tho' thou art blind [R. Howard] - Lucinda is bewitching fair
- Magician's Dance - Make room for the great god of wine (I Seguaci di
Bacco) - Man is for tbe woman made - May the god of wit inspire -
More love or more disdain I crave [Webbe] - Music for a while -
Musing on cares of human fate [D'Urfey] - My dearest, my fairest - My
heart, wherever you appear - My lady's coachman, Jobn - My torch,
indeed will from such brightness sbine - My wife bas a tounge - Nestor,
who did to thrice man's age attain - Next, winter comes slowly - No
more, Sir, no more - No, no, poor suff'ring heart - No part - No, resi-
stance is but vain - No stars again sball burt you (Amphitrite, Nettuno,
coro) - Not all my torments can your pity move - No, to what purpose
sbould I speak [Cowley] - No watch, dear Celia, just is found - Now
England's great council's assembled - Now, now we are met and
humours agree - Now the fight's done - Now the maids and the men
(Dialogo tra Coridon and Mopsa) - Now tbe night is chas'd away -
Nympbs and shepherds/We come - O dive custos Auriacae domus (In
morte della regina Mary) [H. Parker] - O! fair Cedaria, hide those eyes -
Of all the instruments tbat are - 0ft am I by tbe women told [Cowley] -
Catalogo delle opere 193

0ft she visits this Ione mountain (Seconda Signora) - Oh! how you pro-
test - O! how happy's he [W. Mountfort] - Oh! what a scene does
entertain my sight - O lead me to some peaceful gloom - O let me weep
The plaint' (da The Fairy Queen) - Olinda in the shades unseen - Once
in our lives let us drink to our wives - Once, twice, thrice, I Julia tried -
One cha1111ing night - One industrious insect (Insecta praecauta, alterius
merda) [?R.Thomlinson] - On the brow of Richmond Hill [D'Urfey] -
O solitude, my sweetest choice [K. Philips] - O, the sweet delights of
love - Our next motion (Streghe) - Pale faces, stand by [Taverner] -
Pastora's beauties when unblown - Phillis, talk no more of passion -
Phyllis, I can ne'er forgive it - Pious Celinda goes to prayers [Congreve]
- Pluto arise! - Pox on you for a fop - Prepare, prepare, new guests
draw near - Prepare, prepare, the rites begin - Prithee be n't so sad and
serious [Brome] - Pursue thy conquest, love (Belinda, da Dido and
Aeneas) - Pursuing Beauty - Rashly I swore I would disown - Retir'd
from any mortal's sight - Return, revolting rebels (Bacchus) - Room for
th'express (written on the /ali of Limerick, July 1694) - Round thy coasts
(Nereide, Pan, coro) - Saccharissa's grown old - Sad as death at dead of
night - Sawney was a bonny lad [P. A. Motteux] - Say, cruel Amore -
Scarce had the rising sun appear' d - See even Night hersdf is here - See
how the fading glories of the year - Seek not to know what must not be
reveal' d (Dio dei Sogni) - See, madam where the Prince appears - See
my many colour'd fields (Autunno) - See, see, I obey (Imene)- See, see,
the heavens smile (Nettuno) - See the flags and the streamers curling -
See! where repenting Celia lyes - See where she sits [Cowley] - See,
your royal guest appears - Shake the cloud from off your brow (Belinda,
da Dido and Aeneas) - She loves and she confesses too [Cowley] -
Shepherd, leave decoying (Due Pastorelle) - She that would gain a faith-
ful lover - She who my poor heart possesses - Since from my dear
Astrea's sight (un Fauno) - Since one poor view has drawn my heart -
Since the duke is retum'd - Since the pox or the plague - Since the toils
and hazards of war - Since tirnes are so bad - Since time so kind to us
does prove - Sing all ye Muses - Sing, sing, ye Druids - Sing while we
trip it on the green - Sir Walter enjoying his damsel - Sit down, my dear
Sylvia [D'Urfey] - Soft notes and gently raised (A Serenading Song) U.
Howe] - Soldier, soldier, take off thy wine - Sound a Parley (Cupido e
Genius) - Sound Fame - Spite of the godhead, pow'rful love [A.
Wharton] - Stay, Prince - Still l'm wishing (J Seguaci di Cupido) - Stript
of their green our groves appear [Motteux] - Surn up all the delights -
Sure the dull god of marriage - Sweet, be no longer sad [Webbe] -
Sweeter than roses - Sweet tyranness, I now resign - Sylvia, now your
scorn give over - Sylvia, thou brighter eye of night - Sylvia, 'tis true
you're fair - Take not a woman's anger ill - Tel1 me no more - Tel1 me
why my cha1111ing fair (Pastorelle e Pastori) - The cares of lovers (Ninfa) -
The danger is over - The fatai hour comes on apace - The gate to bliss -
Their necessary aid you use - The Macedon youth [Suckling] - The mil-
ler's daughter riding - The queen of Carthage, whom we hate (Strega) -
There never was so wretched lover as I [Congreve] - There's not a
194 Henry Puree/I

swain - There's nothing so fatal as woman - The surrender of Limerick -


The white horse - They say you're angry [Cowley] - They shall be as
happy - They teli us that you mighty powers above (Orazia) - This not
my passion - This poet sings the Trojan wars (Anacreon's De/eat) -
Thou doting fool forbear (Cupido) - Though my mistress be fair -
Though you make no return - Thrice happy lovers (]uno,
Epithalamium) - Through mournful shades and solitary groves [R.
Duke] - Thus the ever grateful spring (Spring) - Thus the gloomy world
st first began to shine - Thus to a ripe, consenting maid - Thy genius, lo
(2 versioni) - Thy hand Belinda, darkness shades me (Lamento da Dido
and Aeneas) -'Tis death alone -'Tis easy to force - 'Tis I, that have
warn'd ye (Cupido) -'Tis too late for a coach -'Tis wine was made to
rule the day -'Tis women makes us love - To all lovers of music [Carr] -
To a1111~ - To arms, heroic prince - To Mars !et 'em raise - To thee, to
thee and to a maid - Trip it, trip it in a ring (da The Fairy Queen) -
Triumph, victorious love - True Englishmen drink a good health (Song
con musica sui 7 Vescovi) - Tum then thine eyes (da The Fairy Queen) -
Turn then thine eyes (Due Signore) -'Twas within a furlong - Two
Daughters (Due Sirene) - Under a green elm lies Luke Shepherd's helm
- Underneath this myrtle shade [Cowley] - Under this stone lies
Gabriel John - Urge me no more - Wake Quivera, wake (The Indian
Boy) - Wayward sisters (Strega) - We must assemble by a sacrifice - We
now, my Thyrsis, never find [Motteux] - We reap ali the pleasures -
Were I to choose the greatest bliss - What a sad fate is mine - What can
we poor females do? - What flatt'ring noise is this - What ho (Cupido)
(The Frost Scene' da King Arthur) - What hope for us remains now he is
gone? (In morte di Matthew Locke) - What power art thou (Genius):
Prelude mentre entra il Genio del Freddo (da King Arthur) - What shall I
do - When a cruel long winter (da The Fairy Queen) - Whence could so
much virtue spring? - When first Amintas sued fora kiss [D'Urfey] -
When first I saw - When first my shepherdess and I - When gay
Philander left the plain - When her languishing eyes said 'love' - When
I a lover pale do see - When I have often heard (Ninfa) - When, Iovely
Phyllis, thou art kind - When my Aemelia smiles - When Myra sings
[G. Granville] - When night her purple veil had softly spread - When
my Strephon found his passion vain - When Teucer from his father fled
[D. Kenrick] - When the cock begins to crow - When the world first
knew creation - When Thyrsis did the splendid eye - When V and I
together meet - Where does the black fiend Ambition reside (Due
Diavoli) - While bolts and bars my days contro! - While Thyrsis, wrapt
in downy sleep - While you forme alone had charms 0- Oldham] -
Whilst Cynthia sung, ali angry winds lay stili - Whilst I with grief -
Who but a slave can well express - Who can behold Florella's cha1111s? -
Who comes there? - Why, my Daphne, why complaining? (Dialogo tra
Tirsi e Da/ne) - Why should men quarrel (The lndian Girl) - Why so
serious, why so grave? [Flatman] - Wine in a morning makes us frolic
and gay [T. Brown] - With dances and songs (Song upon a Ground) -
With this sacred cha1111ing wand - Woden, first to thee - Would you
c·atalogo delle opere 195

know how we meet [T. Otway] - Ye Blust'ring Brethren (Aeolus, da


King Arthur) - Ye gentle spirits of the air appear (da The Fairy Queen) -
Ye happy swains, whose nymphs are kind - Yes, Daphne, in your looks
I find (Chinese Man, da The Fairy Queen) - Ye twice ten hundred dei-
ties (Ismeron, da The Indian Queen) - Young Colin cleaving of a beam
[D'Urfey] - Young John the gard'ner - Young Thyrsis' fate, ye hills and
groves, deplore (In morte di Thomas Farmer) - Your awful voice I hear
(Aeolus) - Your counsel all is urg'd in vain (Dido, da Dido and Aeneas)-
Your hay is mown (Comus) - You say 'tis love - You who at the altar
stand (High Priest)

MUSICHE DI SCENA PER I TEATRI DI LONDRA

Z 570 Abdelazer - Z 572 Amphitryon - Z 573 Aureng-Zebe - Z


574 Bonduca - Z 591 Canterbury Guests - Z 575 Circe - Z
576 Cleomenes Spartan Hero - Z 577 Distressed lnnocence - Z
578 Don Quixote - Z 592 Double Dealer - Z 594 English
Lawyer - Z 579 Epsom Wells - Z 595 Fatai Marriage - Z 596
Female Virtuosos - Z 571 Fool's Pref1::r111ent - Z 597 Gordian
Knot Unty' d - Z 580 Henry the Second, King of England - Z
581 History of King Richard the Second - Z 598 Indian
Emperor - Z 599 Knight of Malta - Z 600 Libertine - Z 582
Love Triumphant- Z 601 Maid's Last Prayer - Z 602 Marriage-
hater Match'd - Z 603 Married Beau - Z 604 Massacre of Paris
- Z 605 Mock Marriage - Z 583 Oedipus - Z 607 Old
Bachelor - Z 584 Oroonoko - Z 585 Pausanius Betrayer of his
Country - Z 586 Regulus - Z 608 Richmond Heiress - Z 609
Rivai Sisters - Z 587 Rule a Wife and Have a Wife - Z 588 Sir
Anthony Love - Z 589 Sir Bamaby Whigg - Z 590 Sophonisba -
Z 610 Spanish Friar - Z 606 Theodosius - Z 632 Timon of
Athens - Z 613 Tyrannic Love -Z 611 Virtuous Wife - Z 612
Wives' Excuse

OPERE E SEMIOPERE

Z 626 Dido and Aeneas [N. Tate], opera (corte? ante 1689)

Z 627 Prophetess or The History of Dioclesian [T Betterton da J.


Fletcher, P. Massinger], semi-opera (Dorset Garden 1690)

Z 628 King Arthur or The British Worthy O. Dryden], semi-opera


(Dorset Garden 1691)
196 Henry Puree/I

Z 629 The Fairy Queen [E. Settle? da Shakespeare], semi-opera


(Dorset Garden1692)

Z 630 The Indian Queen U. Dryden e R. Howard], semi-opera


(Drury Lane 1695)
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1975 Henry Puree!! 1659-1695: Melodie and Intervallie
Indexes to bis Complete Works, Philadelphia
1989 Henry Puree!!: A Guide to Researeh, New York,
Garland
DISCOGRAFIA

La discografia di Henry Purcell è ster111inata. Anche senza contare le


incisioni storiche in vinile, l'elenco dei CD in commercio occupa
decine di pagine dei cataloghi correnti e dei rdativi siti Internet. Per
alcuni settori è possibile rinviare a specifiche rassegne, come: George
L. Mayer, The Vacai Works o/ Henry Puree!!: A Discography, ''The
American Music Lover" (New York), 1959, pp. 588-591 e 670; Denis
Stevens, Puree!! on the Gramophone, ''Music and Letters'', XL, 1959,
pp. 166-171; Michad J. Greenhalgh, The Musico/ Henry Puree!!: A
Guide /or Librarians, Listeners and Students, Eastcote, 1982; Curtis
Price, Purcell's Theatre Music on Record, ''Early Music'', XIVl, 1984,
pp. 85-90; Eric van Tassel, Purcell's Sacred Music on Record, I, ''Early
Music'', XXIII/4, 1995, pp. 685-93; II, ''Early Music", XXIV/1,
1996, pp. 79-92. La migliore visione d'insieme è l'ampia sezione dedi-
cata alla discografia di Purcell (fino al 1993) in Guide de la musique
ancienne et baroque. Dictionnaire à l'usage des dischophiles, sotto la
direzione di I. A. Alexandre, Paris, Laffont, 1993, pp. 927-962. Sono
forniti di seguito soltanto alcuni suggerimenti personali di incisioni
particolar111ente significative tra quelle in commercio nel 1998.

Collezioni
Gardiner Puree!! Collection
1. The Indian Queen
2. King Arthur
3. Music for Queen Mary
4. Hail Bright Cecilia
5. The Tempest
6. Timon of Athens-Dioclesian
Monteverdi Choir & Orchestra-EqualeBrass Ensemble-English
Baroque Soloists ·
dir. John Eliot Gardiner
206 Henry Puree/I

6 CD: Erato 4509 963 71-2 ( 1994)


[Estratto in un solo CD: Henry Puree!!. A Music Celebration
dir.:· J ohn Eliot Gardiner-Raymond Leppard
Erato 4509-96373 2 (1994)]
Puree!! Collection-Anniversary Edition 1695-1995
1. Ode on St.Cecilia s Day
2. Dido and Aeneas
3. Suites for Harpsichord
4. Coronation Music for KingJames II
5. Fantasias
6. Dioclesian-Timon of Athens
7. Services & Anthems
8. Harmonia Sacra
Gabrieli Consort & Players-The English Concert & Choir-
dir. McCreesh-Mackerras-Pinnock-Preston-Wenzinger-Oppenheim-
Baumgartner
8 CD: Archiv447147-2 (1995)
The Essential Puree!!
The King's Consort
dir. Robert King
Hyperion YP-KING2 V
The Pocket Puree!!. A Tricentenary Tribute
Taverner Consort and Players
dir. Andrew Parrott
Virgin-Veritas 7243545 11622 (1995)
The Puree!! Circle
Progetto diretto da Anthony Rooley
Musica Oscura (1995-in corso)

MUSICA SACRA

Complete Anthems and Services


The King's Consort & Choir-Oxford New College Choir
dir. Robert King
Bowes-Finnis-Hallchurch-Kennedy-Lockmann-Witcomb-Bowman-
Agnew-Covey-Crump-Daniels-Padmore-Campbell-Evans-George
11 CD: Hyperion CDA 66585-66609-66623-66644-66656-66663-
66677-66686-66693-66707-66716 (1991-1994)
Discografia 207

Anthems
Deller Consort
dir.: Alfred Deller
Har111uniaMundiFrance57 (1973) rist. HMA 190233 (1993)
Te Deum & Jubilate Deo
Deller Consort
dir.: Alfred Deller
Harmonia Mundi France 57 (1968) rist. HMA 190207 (1988)

MUSICA CELEBRATIVA

The Complete Odes and Welcome Songs


The King's Consort
dir.: Robert King
8 CD Hyperion CDS44031-44032-44033-44034-44035-44036-
44037-44038

MUSICA STRUMENTALE

Complete Ayres /or the Theatre


The Parley of Instruments
dir.: Roy Goodman
3 CD Hyperion HYP C67001 (1995)
[Complete] Sonatas o/ three and /our parts
The Purcell Quartet
3 CD Chandos CHAN 8591-8663-8763
Sonatas o/ 3 parts, 1683
Beznosiuk-Podger-Coin-Hogwood
Editions de L'Oiseau-Lyre CD 444 449-2
Fantasias /or viols
London Baroque
dir.: Medlam
Emi CDM 763066-2
Fantasias /or the Viols 1680
Hespèrion XX
dir.: Jordi Savall
Astrée/Audivis E 8536
208 Henry Puree!!

Suites and Transcriptions /or Harpsiehord


Clavicembalo: Terence R. Charlston
Naxos 8.553982 (1994)
The Puree!! Manuscript
Davitt Moroney: virginale di John Player (London, 1664), Cobbe
Collection, Hatchlands Park, Surrey
Virgin Veritas CD 7243 5 45166 2 7(1994).

SONGSEARIE

The Complete Seeular Solo Songs


The King's Consort
dir.: Robert King
3 CD Hyperion CDA66710-66720-66730
Hark how the wild musieians sing. The Symphony Songs o/ Henry
Puree!!
Byrd-The Parley of Instruments
dir.: Peter Holrnan
Hyperion CDA 66750
Musiek's Hand-Maid
The Harp Consort
dir.: Andrew-Lawrence King
Astrée IAudivis E 8564
Songs and Ayres
Kirkby-Rooley-Hogwood
Decca 417123-2
Airs and Duets
Kirkby-Thomas-Rooley
Hyperion CDA66056
Countertenor Duets and Solos
Bowman-Chance-The King's Consort
dir.: Robert King
Hyperion CDA66253

MUSICA DI SCENA E OPERA

The Complete Theatre Musie


Academy of Ancient Music, The Taverner Choir
Discografia 209

dir.: Christopher Hogwood


6 CD Decca 425893-2
Purcell's Shakespeare
Musicians of the Globe
dir.: Phili p Pickett
Philips 4462182 (1998-in corso)
Olinda. Theatre Music & Sacred Songs
Deller Consort
dir.: Alfred Deller
Harmonia Mundi France 57 (1970) rist. HMA 190214 (1990)
Dido and Aeneas
Von Otter-Varcoe-The English Concert
dir.: Trevor Pinnock
Archiv 427624-2
Dido and Aeneas
Kirkby-Thomas-Nelson-Taverner Choir & Players
dir.: Andrew Parrot
Chandos CHAN 0521
Dioclesian
Collegium Musicum 90
dir.: Hickox
2 CD Chandos CHAN 0569/70
King Arthur
The King's Musick-Sheppard-Knibbs-Hardy-A. e M. Deller-
Elliott-Nixon-Bevan-Beavan
dir.: Alfred Deller
Harmonia Mundi France HMC 90525.53 (1978), rist. 2 MC HMC
40252.53
King Arthur
The English Concert
dir.: Trevor Pinnock
Archiv 435490-2 (1991)
The Fairy Queen
Argenta -Dawson -Desrochers-van Gent-Gens-Pia u-Rime-Daniels-
F ou checou rt- Le Brocq-Le Paludier-Loonen-Piolino-Randle-
BazolG-Corréas-Banks Martin-Deletré-Lander-Taylor
Les Arts Florissants
210 Henry Puree/I

dir.: William Christie


2 CD Harmonia Mundi France HMC 130809 (1989)
The Indian Queen
Kirkby-Bott-Ainsley
Chorus and Orchestra of The Academy of Ancient Music
dir.: Christopher Hogwood
Editions de L'Oiseau-Lyre CD 444 339-2
INDICE DEI NOMI

Abell, John: 78 Britto: 11


Adams, Manin: 76, 82n-83n, 89n-90n, Brook, Peter: 18-19n
92n, 95n, 99n, 133n, 138, 152n, Bruto: 135
157n, 166n Buontalenti, Bernardo: 22
Addison, Joseph: 43 Burden, Michael: 36n, 154n, 180n-181n
Albrici, Banolomeo: 156, 157 n, 159 Burney, Charles: 15n, 113n, 176
Albrici, Vincenzo: 110, 113, 137, 139, Buttrey, John: 167n
156-57 Byrd, William: 74
Alyff, Miss: 91 Calder6n de la Barca, Pedro: 24n
Anna, principessa poi regina: 57, 66, Camben, Roben: 59, 154, 167n
86,88n, 160n Campbell, Margaret: 47n, 50n, 54n,
Arne, Thomas: 177 60n, 64n-66n, 172n, 174n-77n, 179n
Anu, re: 135 Caproli, Carlo: 159
Arundel, Dennis: 46n, 50n, 109, 180n Carafa, Giuseppe: 52
Ashbee, Andrew: 46n, 54n, 61n-63n Carissimi, Giacomo: 81, 110-11, 155,
Astrea: 135 156n-59, 166n
Bach, Johann Sebastian: 184n Carlo I, re: 23, 70, 153
Baggs, Zachary: 126n Carlo Il, re: 13, 15, 24, 28, 36-37, 41,
Baldwin, Olive: 112n 47, 50n, 52, 57-58, 76n, 86-87, 95-96,
Banister, John: 49, 59, 128, 154, 160 98, 100, 103, 109, 121, 124, 134-137,
Barberini, cardinale: 1On 152,154, 156-57n, 158,160,167
Barberini, famiglia: 115 Caner, Elliott: 182

Beaumont, Francis: 31, 129n Caterina di Braganza, regina: 82, 152n
Behn, Aphra: 24 Cavalli, Francesco: 13 7
Belles, Giovanni: 160 Cazzati, Maurizio: 100, 166-67n
Bentivoglio, famiglia: 10n Chan, Mary: 22n
Bentley, Gerald Eades: 20n, 3 ln Cesti, Antonio: 111, 158-59
Betterton, Thomas: 25n, 28, 30n, 33, Charpentier, Mare' Antoine: 134
38, 119n, 130,167,174 Chino!, Elio: 29n
Bianconi, Lorenzo: 36n, 38n, 73n-74n, Christie, William: 134n, 175n, 183
172n Cibber, Colley: 26n
Blow, John: 36n-37, 49, 51, 53, 55, 58, Clarke, Jeremiah: 171
74, 76n, 89, 93, 99, 108, 134, 152, Clarke, John: 177-78
171-73 Clayton, Thomas: 42n
Bèitticher, Wolfgang: 157n Clifford, J ames: 72n
Bono, Paola: 132n, 135n-136n Coelho, Victor A.: 157n
Baretti, Giovanni Antonio: 159 Colista, Lelio: 100, 165-166n
Boucher: 78 Collier: 29n
Brady, Nicholas: 89 Condini, N.E.: 22n
Bridge,}. Frederick: 164n Cooke, Henry ('Captain'): 48-51n, 63,
Britomane: 13 5 74, 155-158
Britten, Benjamin: 181-82 Cooper, Mr.: 78n
212 Henry Puree/I

Corbetta, Francesco: 160, 161 Elisabetta I, regina: 17, 22, 30, 52-53,
Corelli, Arcangelo: 100, 101, 162, 163n, 135
165, 167 Enrico VIII, re: 70
Corfe, Joseph: 176n-77 Etherege,George:24
Corvat, Thomas: 9 Evelyn,John: 77n, 155n-56, 159, 168
Cox, Liza: 105 Evelyn, Mary: 156, 161
Cowley, Abraham: 112 Falconieri, Orazio: 11
Craig, Gordon: 180 Fantozzi Pa1111a, Domenico: 9-10
Crespion, Stephen: 65 Farine), Miche): 157, 163n
Crinò, Anna Maria: 12n, 159n ra,11,er, Thomas: 49
Cristina di Svezia, regina: 157, 159, 165 Fede,lnnocenzo: 168n
Cromwell, Olivier: 22-23, 29, 35, 39, Ferraro, Giuseppe: !On
45,49n-50n,52,61, 104 Flecknoe, Richard: 32
Cross, Letitia: 130-31 Fletcher,John: 28n, 31, 129n, 130
Crowne,John: 41 Fuller, Isaac: 30
Cummings, William H.: 55n, 138, 178 Fuller-Maitland,J.A.: 152n
Damascene, Alexander: 78 Gardiner, J ohn Eliot: 183
Dandolo, Milli: 14n Garrick, David: 177
Dart, Thurston: 95, 167n Gay, John: 175
Davenant, William: 21, 23-28, 30, 31- Gemelli Careri, Giovanni Francesco:
33, 37, 40n, 47, 155n 15n
Day: 40 Geminiani, Francesco: 165
De La Forest: 167n Gentileschi, Artemisia: 153
Deller, Alfred: 182 Gentileschi, Giulio: 156
Dennison, Peter: 76, 152n Gentileschi, Orazio: 153
Dent, Edward: 180n George, principe di Danimarca: 57, 86
Diack J ohnstone, H.: I 07 n Giacomo I, re: 17, 21
Di Giacomo, Salvatore: 164n Giacomo II, re: 36, 53, 57, 75, 78, 86,
Dilworth, John: 98n, 160n 87, 121, 134-36, 168n
D'India, Sigismondo: 137 Gibbons, Christopher: 49-50, 53
Disertori, Benvenuto: 179 Gibbons, Edward: 56n
Disertori, famiglia: 179n Gibbons, Orlando: 50, 53, 56n, 74, 93,
Dixon, Graham: 156n-57n, 159, 168n 106n
Doglio, Federico: 29n Gibbs, Anne: 40n
Dolmetsch, Amold: 179-80 Gildon, Charles: 123
Dorset, Lady: 3 3 Gillet: 167n
Dowland, John: 112, 153, 173n Giordano, Luca: 164n
Dowland Robert: 173n Godonesche: 167n
Downes, John: 33, 120n, 126n Godt, lrving: 13 3 n
Draghi, Giovanni Battista: 37, 59, 81, Goldie, Mark: 133n
89, 105-106, 111, 152n, 158-59, 173, Goodgroome,John: 47n
182-83 Gostling, John: 47n, 76-78
Dryden, John: 15, 24, 27-30, 33-37, 39- Grabu, Louis: 49n, 59, 102, 119, 154,
40, 59, 66n, 119-21, 123-24, 128, 167-68, 170
130, 135-36n, 168, 170-73, 183 Greber, Jakob: 43
Duffy, Maureen: 46n-48, 55n-56n, 61n, Gregorio VI, papa: 11
155n Grossi, Giovan Francesco ("Siface"):
D'Urfey (Durfey), Thomas: 89, 130 159
Duval, Nicolas: 48 Guglielminetti, Marziano: 15n
Eccles, John: 38 Guglielmo il Conquistatore: 46n
Eco, Umberto: 18n Guglielmo I, re: 53
Edoardo VI, re: 70 Guglielmo III, re: 28, 57, 77, 86-88,
Elgar, Edward: 181 120-21, 131, 133n, 136
Indice dei nomi 213

Gwyn, Dominic: 104n Lestrange: 162


Gwyn, Nell: 38 Lewis, Andrew: 74n
Handel, Georg Friedrich: 43, 67, 174-75 Lionnet, Jean: 168n
Hall, Henry: 43, 56, 59, 69, 172-73 Locke, John: 176
Hannover, famiglia: 24 Locke, Mathiew: 27, 37, 49, 55-56, 59,
Harley, John: 21n 74, 93, 96-98, 102-03, 152, 154n-55
Harris, Ellen T.: 124n, 133n Lonati, Carlo Ambrogio: 100n, 159,
Haskell, Harry: 179n 165-67
Hawkins,John: 66, 88, 176 Londo: 11
Henry, principe: 23 Lowe, Edward: 55
Herford: 22n Luckett, Richard: 15n, 83n, 174n
Hilton, famiglia: 158n Lucio, Francesco: 157 n
Hilton, John: 108, 158n Luigi XIV, "re-sole": 24, 136, 154 160n,
Hingeston, John: 46n, 49-50, 54-55n, 167-68
61, 103 Lully, Jean-Baptiste: 37n, 59, 96, 99,
Hodge: 64 115,119, 122n-23, 154,167,174
Hogwood, Christopher: 15n, 83n, Luttrell, Narcissus: 126n
175n, 183 Luzzaschi, Luzzasco: 171
Holman, Peter: 54n, 62n, 7ln-72n, 76n, Mabbett, Margaret: 165
83n, 91n, 93n, 96n-99n, 100, 101n, Magalotti, Lorenzo: 11-14, 39n, 71,
103n, 109, l l ln-12, 126b, 129n, 152n-153n, 159-60
13 ln, 133n, 138, 152n, 154n, 160n- Marchitelli, Pietro: 165
61, 166n, 182n-83 Marenco, F.: 9n
Holst, Gustav: 180 Marlowe, Christopher: 135
Holst, lmogen: 181 Maria di Modena, regina: 75, 78
Howard, Annabella: 65-66n, 173 Mary, regina: 28, 54, 57, 65, 83, 87-88,
Howard, Elizabeth: 173n 91n
Howard, famiglia: 60, 105-06, 173 Mascitti, Michele: 165
Howard, Robert: 36, 66n, 128, 130, 173 Massinger: 130
Howell: 78 Matteis, Domenico de: 164
Hume, Robert D.: 27n, 29n, 33n Matteis, Nicola: 110-111, 113,126, 159,
Humfrey, Pelham: 49-51, 63, 93, 154n-55 161-64, 166-67
Hunt, Arabella: 88n Matteis, Nicola figlio: 111, 164n
Jeffreys, George: 153 Matteis, Paolo de: 164
Jenkins,John: 96 Matteo, Pietro di ("Petrillo"): 164
Jessop, A.: 158n Mazzarino, Giulio: 159
Jones, Ben: 18, 22-24n, 31, 39-40n McDonald, Jennifer: 152n
Jones, lnigo: 18, 22-23, 37 McGuinness, Rosamond: 83n
Keates: 47n, 65n-66n, 155n Medici, Maria de': 10
Kenyon, John P.: 15n Meggs, Mary ("Orange Moli"): 26n
Khoury, Marielle D.: 134n, 175n Melosio, Francesco: 139n
Killigrew, Thomas: 24-28, 31-32, 156 Meo, A.: 9n
King, Robert: 135n, 183 Metastasio (Pietro Trapassi): 137
Klakowich, Robert: 106n, 159n Milhous, Judith: 33n, 167n
Lanier, Nicholas: 153-54 Miller, John: 15n
Lapierre, Alexandra: 153n Moberg, C.-A.: 157n
Laurie, Margaret: 13 ln Molière Uean-Baptiste Poquelin): 37n,
Lawes, Henry: 47n, 49, 152 40n, 115, 137
Lawes, William: 152 Molinari, Cesare: 18n, 29
Lawrence, W.J.: 152n Monmouth, duca di: 121
Lazzaro: 88 Monteverdi, Claudio: 93, 137, 167n, 171
Lee, Nathaniel: 24, 57, 115 Montfleury, Antoine-Jacob: 137
Lefkowitz, Murray: 21n Morelli, Cesare: 110, 158
214 Henry Puree/I

Moretti, Walter: 12n, 153n Purcell, Edward Henry: 67


Morton, Lewis: 184n Purcell, Elizabeth: 46, 54
Mozart, Wolfgang Arnadeus: 65 Purcell, famiglia: 46-49
Muller, F rans: 120n Purcell, Henry (I): 46-47, 53, 55n, 103,
Muller, J ulia: 120n 109
Murrie: 40 Purcell, Henry (Il): 15, 28n, 35-38, 40,
Newcastle, duca di: 32 43, 45-51, 53, 67, 69, 7ln-79, 81-83,
Newton, Isaac: 15, 176 86-91, 93-99, 100-10, 112-15, 119-20,
Nicoll, Allardyce: 29n, 3 ln 122-24, 126n, 128-34, 136-39, 145,
No1111an, Jessye: 182 147, 151-53, 155, 158, 160n-67, 169-84
North, Roger: 37, 41, 98, 100, 111, 119, Purcell, Henry (di Francis): 47n
158n, 162-63, 165, 175-76, 178 Purcell, J oseph: 48
Notari, Angelo: 47, 103, 110 Purcell, Katherine (sorella di Henry II):
Novello, Vincent: 177 48
Noyes, R.G.: 3 ln Purcell, Katherine (moglie di Thomas):
Odell, G.C.D.: 3 ln 47n
Olivieri, Guido: 165n Purcell, Roger: 46n
Orway, Thomas: 24, 29 Purcell, Thomas: 46-49, 51n, 60-61, 63,
Pacichelli, Giovanni Battista: 15n 76,103
Papetti, Viola: 29b Purcell, Thomas (di Francis): 47n
Parry, Hubert: 17 8 Purcell di Shropshire, famiglia: 46
Parrott, Andrew: 155n, 161n, 182n Purcell di Shropshire, Thomas: 46
Parsons, Robert: 53 Purcell, Signori cli Newton: 46n
Pasquini, Bernardo: 159 Pusell, Henry: v. Purcell, Henry (I)
Pate, John: 91 Radice, Mark: 27n
Patrick, John: 82 Reggio, Pietro: 110-11, 113, 156-57,
Payne:42 161, 166
Pen, W.: 33 Rendall, E.O.: 43n
Pepys, Samuel: 14, 25, 32-33, 49-5ln, Rich, Christopher: 28
56n, 78,98, 109, 154n-56, 158-159n Rich,John ("Lun"): 28n
Pergolesi, Giovanni Battista: 15n Rinuccini, Ottavio: 22
Persill, Henry: v. Purcell, Henry (I) Rohrer, Katherine T.: 113n
Peters, Frances: 56, 60, 66-67, 100, 102, Ronen, Ruth Eva: 167n
103, 173 Rooley, Anthony: 173n
Peters, John-Baptist: 56 Rose, G.: 156n
Piani, Giovanni Antonio: 165 Rosenthal, Albi: 158n
Pignani, Girolamo: 158-59, 161 Rossetti, Carlo: 1O
Pinnock, Andrew: 124n, 129n, 133n, 138 Rossi, Luigi: 111, 113, 115, 126, 138,
Playford, Henry: 107 159
Playford, John: 55, 60, 62, 64, 97, 100n, Sadler, Graham: 152n
105,107,114,155,165 Salo, J.: 184n
Porcel, Hugh: 46n Sanderson, Mary: 28n
Powell, George: 28, 129n Sandford, Francis: 54, 78-79
Powell, J.: 29n Sarro, Domenico: 13 7
Praz, Mario: 22n Saul: 82
Price, Curtis: 36n, 58n, 105n-106, 129n- Savage, Roger: 36n, 114n, 115n, 126n,
13 ln, 133n, 147n, 168n 147
Priest, Josias: 58, 119, 133, 134 Savioni, Mario: 139n
Prior, Matthew: 86 Sawkins, Lione!: 122n
Prunières, Henry: 159n Scarlatti, Alessandro: 165
Purcell, Charles: 48 Schubert, Franz: 65
Purcell, Daniel: 46, 48, 56, 60, 67, 128 Scouten, A.H.: 3 ln
Purcell, Edward; 47, 56, 67, 103 Semmens, Richard: 38n, 147n
Indice dei nomi 215

Semproni, Cristofano: 160 Tosi, Pier Francesco: 111


Serlio: 19n Trevelyan, George M.: 15n
Shadwell, Thomas: 24n, 27, 30, 33-34, Troyanos, Tatiana: 182
37, 40-41 Tudor, famiglia: 14
Shaftesbury (Anthony Ashley Cooper) Tudway, Thomas: 83, 175
conte di: 136n Urbano Vili, papa: 10
Shakespeare, William: 15, 17, 22n, 24n- Vitruvio: 19n
25n, 33, 39, 42,124,130,180 Van Tasse!, Eric: 75, 79
Shaw, W.: 182 Vaughan Williams, Ralph: 178, 181
Shirley, J ames: 22 Virgilio: 132, 136
Simpson: 22n Wainwright, Jonathan P.: 153n, 155n,
Singh, S.: 42n 168n
Smith, Bemard: 160n Waldegrave: 162
Smith, Giovanni: 160 Walkling, Andrew R.: 36n, 41n, 58n,
Sorbière, Samuele de: 39 133n-34n
Southem, Richard: 18-20n, 29n Walls, Peter: 21
Spencer, Edmund: 135-36 Walsh, Giorgio: 160
Spencer, H.: 3 ln Walsh, John: 60
Spencer, Robert: 112n Webb,John: 37
Spink, lan: 86n Webber, Mr.: 64
Sprague, A.C.: 3 ln Weldon, John: 13 ln
Staggins, lsaac: 159n-60 Westrup, Jack A.: 37n, 43n, 46n, 53, 61,
Stanford, Charles: 178 63n-64n, 88n, 90n-91n, 109, 164n,
Stewkin d'Hamburg: v. Staggins lsaac 173, 181
Stradella, Alessandro: 11 ln, 158-59 Willey, Basi!: 15n
Stuart, famiglia: 20, 24, 124, 153, 168 William, duca di Gloucester: 57
Stuart, Henry: v. Henry, principe Wilson, J.H.: 3 ln
Summers: 32n-33n Wilson, Thelma: 111
Symonds, Richard: 153n Wise, Michael: 74
Tallis, Thomas: 74 Wood,Bruce:83n,89n, 133n,138, 152n
Tate, Nahum: 89, 114, 134-35, 139 Wren, Christopher: 15, 27, 30
Tavemer,John: 96n Write, James: 33
Tessitore, Maria Vittoria: 132n, 135n-36n Wycherley, William: 24
Thompson, Robert: 93n, 183n York, duca di: 27
Thorp,Jennifer: 38n, 133n, 147n Zimn1ct111an, Franklin B.: 45n, 47n-48n,
Tilmouth, M.: 49 55n, 62n, 66n, 69, 76n, 96, 105n,
Tippett, Michael: 178, 181-82 108,184

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