Dal bolognese
trovare: ital.
catér: dialetto arcaico
truver: dialetto italianiz.
L’ITALIANO STANDARD
MORFOLOGIA
La morfologia studia le forme delle parole e
il modo in cui queste forme cambiano per
esprimere diversi valori grammaticali.
La flessione
- dei nomi, degli articoli e degli aggettivi
indica genere (maschile/femminile) e
numero (singolare/plurale);
- dei pronomi indica numero, persona
(prima, seconda, ecc.) e funzione sintattica
(io soggetto, me oggetto);
- dei verbi indica persona, numero, tempo,
modo (amo, amerei, ecc.), aspetto (amai,
ho amato, amavo) e diatesi (amo, sono
amato, ecc.).
I composti si distinguono in
MORFOLOGIA NOMINALE
I NOMI
La flessione dei nomi indica le categorie di
numero e di genere.
Il genere non sempre è legato al significato del
nome, in rapporto al quale è perlopiù
immotivato.
La distinzione maschile/femminile coincide
spesso con il genere naturale quando si tratta
di nomi che indicano persone o esseri animati.
Per le cose inanimate o per i concetti astratti il
genere maschile o femminile è del tutto
indipendente dal significato. È solo un genere
grammaticale.
Il maschile è il genere non marcato in cui si
inseriscono le parole nuove formate senza
suffissi e i prestiti stranieri.
AGGETTIVI
ARTICOLO
In italiano le categorie di genere (maschile e
femminile) e di numero (singolare e plurale)
sono spesso marcate due volte, tramite
l’articolo (nella testa del sintagma) e per
mezzo del morfema grammaticale:
il (masch. sing.) tavol-o (base lessicale +
morfema grammaticale masch. sing.)
la (femm. sing.) ragazz-a (base lessicale +
morfema grammaticale femm. sing.).
In molti casi, però, l’articolo disambigua: il
poeta, le città, ecc.
I PRONOMI PERSONALI
Il pronome riflessivo ha
una forma tonica (sé) per il ruolo del
complemento (dovrebbe accusare sé e non gli
altri; parla sempre di sé)
una forma atona (si) tanto per il complemento
oggetto (si rade ogni mattina) quanto per il
complemento di termine (quando si vide
davanti quel colosso rimase di stucco).
Ne svolge funzioni
di partitivo (non ne voglio);
di complemento di argomento (non ne voglio
parlare);
di moto da luogo (non se ne andrà) ma in
questo ruolo sopravvive ormai quasi
esclusivamente con il verbo andarsene.
Ci ha funzioni
di locativo (non ci sono fiori, non ci vado);
di complemento indiretto se riferito a oggetti
inanimati (non ci penso mai = “non penso mai
a ciò”) o talvolta a persone ma soprattutto in
alcune espressioni tipiche del parlato (non ci
conto = “su di lui”; non ci vado mai insieme =
“con lui”).
Vi svolge il ruolo di locativo, ma è sempre più
in disuso anche nello scritto.
Funzioni allocutive
Pronomi con funzione allocutiva: servono cioè
per rivolgersi a qualcuno.
I DIMOSTRATIVI
Aggettivi e pronomi:
questo: per ciò che è vicino a chi parla;
codesto: per ciò che è vicino a chi ascolta;
quello: per ciò che è distante da chi parla e da
chi ascolta.
I RELATIVI
In italiano abbiamo tre forme diverse per il
relativo:
che: invariabile per il soggetto e per il
complemento oggetto, al singolare e al plurale;
I RELATIVI
In italiano abbiamo tre forme diverse per il
relativo:
che: invariabile per il soggetto e per il
complemento oggetto, al singolare e al plurale;
Il tempo
Le categorie temporali più importanti sono il
presente e il passato.
La distinzione tra presente e passato rispetto al
momento dell’enunciato si trova in tutti i modi
del verbo; unica eccezione: l’imperativo, che
in italiano si esprime solo al presente.
L’aspetto
Distinzione tra azioni concluse e non concluse,
momentanee e durative.
L’opposizione si realizza mediante la scelta
dei tempi verbali; al modo indicativo:
l’imperfetto è una forma imperfettiva
passato prossimo e passato remoto sono forme
perfettive.
L’imperfetto codifica:
- eventi passati abituali (vestivamo di bianco);
- eventi durativi (ascoltavo la musica mentre
leggevo);
- eventi finiti in testi narrativi di tipo biografico
o cronachistico => imperfetto storico o
cronachistico: prolunga la durata dell’azione
espressa dal verbo, immobilizzandola davanti
agli occhi del lettore. (Nel 1840 Manzoni
pubblicava i Promessi Sposi).
Un’azione perfettiva individua il punto iniziale
e finale dell’avvenimento, mentre un’azione
imperfettiva individua il punto iniziale e non
sempre mostra con chiarezza quello finale.
Il modo
In italiano esistono sette modi verbali.
Modi finiti: indicativo, congiuntivo,
condizionale e imperativo;
non finiti: infinito, gerundio, participio.
MORFOLOGIA LESSICALE
Morfologia derivazionale o lessicale: studia il
modo in cui si formano nuove parole che
ampliano il lessico italiano.
I meccanismi di cui si serve sono la
derivazione e la composizione.
Indagando nel lessico del vocabolario di base,
il 35% delle parole non viene dal latino e non
è un prestito da altre lingue: si tratta di termini
che sono stati ottenuti attraverso i
procedimenti della derivazione o della
composizione.
Derivazione
La derivazione avviene tramite gli affissi, da
distinguersi in suffissi, prefissi, infissi.
Proprietà dei suffissi:
transcategorizzazione (cambio di categoria
morfologica): deciso (aggettivo) > decisione
(sostantivo);
ricorsività: socio > sociale (aggettivo) >
socializzare (verbo) > socializzazione
(sostantivo): abbiamo sia ricorsività sia
transcategorizzazioni.
La ricorsività è possibile più raramente e solo
in alcuni casi anche con i prefissi:
stabilizzare > de-stabilizzare > ri-de-
-stabilizzare.
Gli alterati
L’alterazione consiste nell’aggiungere un
affisso non per cambiare completamente il
significato ma solo per modificarne alcuni
tratti => si aggiungono informazioni sulla
dimensione (appartamentino, scatolone);
sulla negatività di vari aspetti (ragazzaccio,
cartaccia);
su elementi affettivi (amoruccio, tesorino).
Anche i suffissi alterativi hanno solo una
tendenza a specializzarsi: per esempio alcuni
suffissi destinati a formare diminutivi o
accrescitivi, se legati ad alcune basi lessicali,
possono assumere sfumature di negatività
(attricetta, grassone) o di affettività,
confidenza e così via (ci prendiamo un
caffeino?).
Alcuni alterati divengono parole autonome: es.
carrozzina non è più una “piccola carrozza”,
ma un mezzo di trasporto per i neonati,
spazzolino è oggi solo lo “spazzolino da
denti”.
Lo stesso è avvenuto nel passaggio dal latino
all’italiano: fratello, agnello erano
originariamente degli alterati con valore
diminutivo.
Si tratta di esempi di lessicalizzazione: forme
che in una fase storica precedente della lingua
non venivano percepite come termini
autonomi del lessico, mentre da un certo
momento in poi lo diventano.
Anche alcuni casi di conversione sono
lessicalizzazioni: es. cantante; condotta,
participio passato al genere femminile, che ha
assunto il significato di “tubatura”.
In qualche caso con il suffisso –ino e qualche
volta anche con il suffisso –one, si verifica sia
lessicalizzazione sia cambio di genere:
capanna > capannone ‘grande edificio
destinato ad attività industriali o usato come
deposito di materiali’, rosa > rosone
‘finestrone decorativo applicato alla facciata di
chiese romaniche o gotiche’, spazzola >
spazzolino, ecc.
Quando un alterato si lessicalizza non può più
essere usato come alterato e quindi ricorriamo
spesso a una sostituzione di suffisso o a un
doppio suffisso: fiorellino (perché fioretto ha
assunto un altro significato ‘sottile spada senza
taglio’).
La derivazione e la composizione si
differenziano anche sul piano diacronico:
derivazione: procedimento attivo e importante
fin dalle origini della nostra storia linguistica;
composizione: più frequente a partire dalla
fine del Settecento.
IL TESTO
Testualità e sintassi sono strettamente
connesse tra loro e tuttavia si occupano di cose
sensibilmente differenti:
la sintassi guarda al modo in cui le parole si
organizzano per formare sintagmi o frasi;
la testualità si occupa soprattutto di capire
come i componenti di una frase o più frasi
instaurino relazioni per fornire al testo
coerenza e coesione.
La coesione consiste
- nel collegamento grammaticale tra tutte le
parti di un enunciato (coeso: Maria è una bella
ragazza, ma è molto timida – non coeso:
Giovanni sono un bel ragazzo, ma è molto
timida)
- nel legare tra loro le parti del testo tramite
mezzi di varia natura linguistica, detti coesivi,
come il ma degli esempi precedenti.
Presupposizioni
Implicazioni
La conoscenza del mondo condivisa con i
parlanti della nostra comunità, spesso
accompagnata dalle conoscenze linguistiche,
ci consente di ricostruire connessioni che sono
lasciate implicite nei testi.
Inferenze
Le operazioni che compiamo per ricostruire le
implicazioni sono definite inferenze.
Quando riceviamo un testo mettiamo subito in
atto la sua interpretazione, partendo dalla
nostra conoscenza del mondo e da una serie di
premesse che riteniamo vere per raggiungere
una conclusione che statisticamente dovrebbe
essere vera.
Questa nostra capacità di inferire, combinando
conoscenze e contesto, ci mette nelle
condizioni di interpretare anche annunci scritti
come
PARCHEGGIO – CUSTODE – COPERTO.
diverso.
Distribuzione dell’informazione
- struttura logico-sintattica
Mario (soggetto) ha regalato (predicato) un
libro (complemento oggetto) a Giovanni
(complemento di termine).
Azzurra
Gialla
Il cugino
Il padre
L’amico
La frase
La frase è l’unità minima del discorso dotata di
senso compiuto; è anche detta l’unità di
massima estensione della grammatica,
composta di unità inferiori (parole, sintagmi).
Abbiamo
verbi zerovalenti che non richiedono
argomenti (piovere, nevicare);
verbi monovalenti che richiedono almeno il
soggetto e dunque un solo argomento (russare,
sospirare, ecc.);
verbi bivalenti che hanno bisogno di due
argomenti (con oggetto diretto: amare, vedere,
ecc., o con oggetto indiretto preceduto da
preposizione: credere); tra questi rientrano
anche i verbi copulativi che mettono in
relazione il soggetto con un altro elemento
(costituire, essere, sembrare);
verbi trivalenti che necessitano di un
soggetto, un oggetto e un complemento
indiretto (dare, dire ecc.).
Interrogative indirette
Contengono un dubbio o esplicitano una
domanda contenuta nella reggente:
Mi chiedo che cosa pensi di me.
Si possono considerare una sottospecie delle
completive: si comportano come oggettive e
divengono argomento del verbo della
principale.
Sono però introdotte da diverse congiunzioni
di subordinazione (se, quando, come, perché,
che cosa...) e riferiscono un dubbio o una
domanda mentre le oggettive contengono
un’enunciazione.
Finali
Indicano lo scopo, il fine:
Sono uscito per cercare Mario;
ti pago affinché te ne vada.
Consecutive
Ipotetiche
Indicano la condizione per cui accade o
potrebbe accadere l’azione espressa nella
principale.
La reggente (apodosi) e la subordinata
ipotetica (protasi) formano insieme il periodo
ipotetico.
Di solito la protasi, introdotta da congiunzioni
come se, qualora, nel caso che, ecc., precede
l’apodosi ma può avvenire anche il contrario:
Se tu fossi in casa, verrei;
Verrei, se tu fossi in casa.
se parli ti ascolto
Concessive
Temporali
Relative
Le proposizioni relative non rientrano tra le
frasi non argomentali perché non si
comportano come le altre subordinate. Non si
comportano neppure come le frasi
argomentali, perché non sono argomenti del
verbo della reggente ma un’espansione
dell’antecedente cui il relativo si lega.
LA SINTASSI MARCATA
L’italiano tende a costruire le frasi da sinistra:
pone ad apertura di frase un tema che di solito
o è stato già introdotto nel cotesto
precedente o è ricavabile dal contesto.
Spesso il tema è anche l’elemento dato o noto.
Al tema segue il rema, che predica qualcosa
sul tema, aggiungendo informazioni e che
spesso coincide con il nuovo.
Tema sospeso
Due costrutti distinti sono posti nella stessa
frase; il primo dei due però rimane sospeso,
mentre il secondo completa il senso della frase
seguendo un diverso percorso sintattico.
Quando si lascia in sospeso il tema noto
dell’enunciato, introdotto a inizio di frase
come se dovesse svolgere il ruolo di soggetto,
si ha un tema sospeso:
Io, non mi piace per niente questa cosa.
Questa storia, non ci credo proprio.
Luigi, non voglio più avere a che fare con lui.
Dolci, ne ho mangiati abbastanza a Natale.
Dislocazione a destra
Quando l’oggetto, un complemento o un’intera
frase sono anticipati da un pronome atono si ha
dislocazione a destra:
Lo prendi un caffè?
Non gli ho detto niente a Giovanni.
Ne abbiamo parlato a sufficienza, di questo
argomento.
Ci torno sempre volentieri in questa città.
Topicalizzazione (o anteposizione)
contrastiva
Nel parlato possiamo dare enfasi all’elemento
nuovo anche con il tono della voce:
IL PANE ha comprato Mario.
In questo caso la frase può rispondere alla
domanda Che cosa ha comprato Mario? (e non
come nella dislocazione a sinistra Chi ha
comprato il pane?).
Si pone in evidenza il rema, coincidente con
l’informazione nuova (il pane) collocandolo a
sinistra, ma poiché in italiano non è possibile
anteporre l’oggetto senza riprenderlo con un
pronome, si ricorre a un innalzamento del tono
di voce.
Possiamo realizzare la stessa costruzione
anche con un complemento:
Frase scissa
La focalizzazione di un elemento può avvenire
tramite la scissione della frase in due parti:
la prima trasmette il contenuto nuovo, il rema,
ed è costituita dal verbo essere e dall’elemento
focalizzato; la seconda contiene il già dato ed
è introdotta da un che di ripresa seguito dal
resto dell’informazione.
È Mario che è arrivato tardi.
È a lui che ha proposto una gita.
È qui che volevo venire.
È mettere in ordine la tua stanza che mi
affatica.
Se l’elemento focalizzato coincide con il
soggetto, si può costruire la frase scissa anche
con l’infinito preceduto da preposizione:
È stato Mario ad arrivare tardi.
È stato il ministro a rassegnare le dimissioni.
La frase scissa si incontra anche nello scritto,
soprattutto nella sua versione con l’infinito.
Nel parlato le frasi scisse possono avere
costruzioni differenti (frasi pseudo-scisse):
Il significato
Il lessico più di altre componenti della lingua
ha un rapporto evidente con la realtà
extralinguistica.
L’arbitrarietà del segno indica il rapporto
arbitrario tra il significato e il significante (la
‘faccia esterna’ del segno, la parola) e tra le
parole e le cose cui si riferiscono.
Le relazioni di significato
In base al significato, i tipi di associazione tra
le parole possono essere:
- relazioni verticali o gerarchiche o di
inclusione, in cui un elemento è sovraordinato
all’altro (fiore, rosa);
- relazioni orizzontali o di equivalenza
(barriera/ostacolo);
- relazioni di opposizione (bello/brutto).
Iperonimia – iponimia
Per le relazioni gerarchiche o di inclusione
abbiamo l’iperonimia che lega due parole delle
quali l’una, l’iponimo, ha un significato più
specifico, l’altra, l’iperonimo, più generico.
Il significato dell’iponimo cioè è costituito dal
significato dell’iperonimo più qualche tratto
aggiuntivo:
fiore – rosa, giglio;
veicolo – automobile, autobus.
Sinonimia
La relazione di equivalenza è la sinonimia.
Genericamente i sinonimi sono due parole che
hanno lo stesso significato (miseria/povertà,
sasso/pietra).
Più esattamente la sinonimia dovrebbe essere
una relazione di perfetta equivalenza dei
significati tra due parole che possono essere
sostituite una all’altra senza che questo cambi
il significato della frase. In realtà raramente si
trovano parole che possano essere
perfettamente intercambiabili in tutti i contesti.
Più frequenti sono i casi di sinonimia parziale,
in cui due parole possono essere scambiate
soltanto in un contesto specifico:
es. biglietto può essere scambiato con
banconota in una frase come «un biglietto da
10 euro», ma non in «un biglietto del treno».
Molte parole non possono definirsi sinonimi
perché appartengono a registri diversi.
Antinomia
Nell’opposizione abbiamo coppie o serie di
termini che si oppongono in relazione a uno o
più aspetti del loro significato.
Abbiamo diversi tipi di relazione di
opposizione.
Opposizione polare: due antonimi sono agli
estremi, ai poli opposti di una scala possibile:
es. facile/difficile, bello/brutto, basso/alto,
pulire/sporcare.
Tra facile e difficile, bello e brutto ecc. ci sono
gradazioni intermedie e qualcosa può essere né
facile né difficile, né troppo bella né troppo
brutta ecc.
Opposizione binaria: si escludono a vicenda
(vivo/morto, promosso/bocciato); non sono
cioè su due poli opposti congiunti da
gradazioni intermedie, ma su due sezioni
totalmente separate.
Si parla anche di inversione per due termini
che esprimono la stessa relazione semantica
vista da due prospettive diverse:
comprare/vendere; marito/moglie;
dare/ricevere ecc.
I dizionari dell’italiano
Dizionari dell’uso:
GRADIT, Grande dizionario dell’uso di
Tullio De Mauro (Torino, Utet, 2000, con
supplementi di neologismi fino al 2008).
Comprende al suo interno il vocabolario di
base della lingua italiana, ovvero le circa 7000
parole che hanno maggiore frequenza d’uso.
Le voci che appartengono al Vocabolario di
base sono contraddistinte dalle marche d’uso:
FO: «fondamentali», le 1991 parole più usate
in assoluto (fare, cosa, amore, ecc.);
AU: «di alto uso», le 2750 parole molto usate
ma con ricorrenza minore delle precedenti;
AD: «di alta disponibilità», le 2337 parole
meno frequenti delle precedenti ma molto
usate nel parlato.
Un’edizione parziale del GRADIT si può
consultare al sito:
http://dizionario.internazionale.it
http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/
http://www.treccani.it/lingua_italiana/neologi
smi/searchNeologismi.jsp
LE VARIETÀ LINGUISTICHE E LE
VARIETÀ DELL’ITALIANO
Si preferisce la definizione di
“neostandard” per la diffusa accettazione
da parte della comunità linguistica e per la
sua continuità dallo standard tradizionale e
di più alto prestigio.
- contesto spazio-temporale
- interlocutori
- argomento
- chiave o tono del messaggio (serio,
scherzoso, trascurato…)
- intenzioni e scopi comunicativi
- regole di interazione e interpretazione
condivise dai membri di una comunità parlante
REGISTRI
Sono caratterizzati da
- spontaneità
- immediatezza
- lessico di uso comune e quotidiano; apertura
ai regionalismi
- genericismi (fatto, cosa, tizio…)
- termini abbreviati (tele, bici…)
Riformulazione divulgativa
L’acqua ossigenata si ottiene comunemente
combinando il perossido di bario, un composto
adoperato nell’industria come mezzo di
sbiancamento, con l’acido solforico, ossia con
il potentissimo acido corrosivo noto
popolarmente come vetriolo.
Tecnicismi specifici:
Non possono essere sostituiti senza
compromettere il significato complessivo.
VARIETÀ DIASTRATICHE
ITALIANO POPOLARE
Varietà caratterizzata da tratti considerati
devianti, esclusi dall’accettazione comune.
GERGHI
LINGUAGGIO GIOVANILE
Caratteristiche:
si esalta l’informalità e l’espressività; sul piano
lessicale si caratterizza per
VARIAZIONE DIAMESICA
- Fenomeni di «allegro»:
aferesi vocaliche: ʼnsomma, ʼnvece, e
sillabiche: ʼsto;
apocopi sillabiche connotate regionalmente:
vie’ qua, sapé, ma’ (“mamma”), dottò;
riduzioni della parola: ʼgiorno, ʼsera;
- Perifrasi:
quello della luce (“elettricista”)
- Parole alterate:
cosine, firmetta, famona, partaccia, attimino
(anche senza riferimento al tempo: una
situazione un attimimo più critica)
SEGNALI DISCORSIVI
Varie funzioni:
- demarcativi per inizio e fine discorso o
presa di turno:
di apertura: allora, ecco, beh, dunque, cioè,
niente, comunque; di chiusura: ecco, chiaro,
no?, basta, insomma;
- particelle modali
per attenuare: praticamente, in pratica, mi
sembra, diciamo, per dire, voglio dire, come
dire?, una specie di, tra virgolette; per
enfatizzare: veramente, davvero, proprio, ti
dico.
Per quanto riguarda la morfologia, nel parlato
si ha una generale semplificazione. I tratti più
innovativi coincidono con quelli del cosiddetto
italiano neostandard.
Accento grafico:
Futuro
può assumere valore di dovere in testi
normativi: si recheranno ‘dovranno recarsi’;
in testi narrativi può essere riferito a eventi
passati, posteriori a quelli indicati dal presente
storico o dal passato: Un cambio di rotta si
verificherà con l'avvento della repubblica.
Imperfetto:
in testi narrativi può assumere valore
perfettivo indicando eventi puntuali: In
quell'anno Dante nasceva a Firenze.
Congiuntivo:
usato in molte proposizioni dipendenti, nelle
completive (penso che i fatti si siano svolti in
questo modo), nelle interrogative indirette
(non sapeva chi fosse arrivato), nelle relative
restrittive (cerco un collaboratore che conosca
bene la situazione).
Condizionale:
si caratterizza nella prosa giornalistica come
tipico delle notizie riportate da altri (di
dissociazione): l'indiziato sarebbe stato visto
presso la casa.
Passivo:
FONETICA DELL’ITALIANO
VOCALISMO
IATO
Determinato dall’incontro di due vocali
appartenenti a sillabe diverse: pa-e-se, le-o-ne,
bo-a-to, ma-e-stro, a-te-o…
Lo iato si verifica:
- quando si incontrano vocali diverse da i, u:
be-a-to, e-ro-e;
- quando una delle due vocali è una i o una u
colpite da accento: mì-o, ci-go-lì-o, bù-e, pa-
ù-ra;
- nelle composizioni: riavere (= avere di
nuovo), suesposto (= esposto sopra), triangolo
(= poligono con tre angoli) ecc.
DITTONGO
È una sequenza di due vocali che appartengono
alla stessa sillaba: chio-do, cau-sa ecc.
Uno solo di questi due foni è una vocale a tutti
gli effetti.
CONSONANTI
Luogo di articolazione
Modo di Labial Labioden Dental Alveolar Palatal Velar
articolaz. i s.da t i i i i
s.ra s.da s.ra s.da s.da s.ra s.da s.da
s.ra s.ra s.ra
Occlusiv p b t d k g
e
Nasali n ɲ
m
Laterali l
ʎ
Vibranti r
Fricative f v s z ʃ
Affricate ts dz ʧ ʤ
LA SILLABA
L’ACCENTO
RADDOPPIAMENTO FONOSINTATTICO
ELISIONE
PROSTESI
Aggiunta di un corpo fonico all’inizio di parola
(per agevolare la pronuncia): per iscritto.
Fenomeno in forte declino nell’italiano attuale.
EPENTESI
Epentesi consonantica:
Epentesi vocalica:
EPITESI
Aggiunta di un corpo fonico alla fine di una
parola. Fenomeno diffuso soprattutto
nell’italiano antico, in parole che avevano
originariamente una finale consonantica e
nelle parole tronche:
AFERESI
APOCOPE
Caduta di un corpo fonico in fine di parola: