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Capitolo 2: Il sostrato preromano

LATINO E ROMANZO: Le lingue romanze o neolatine formano un gruppo di idiomi


geneticamente affini, esse sono almeno nel patrimonio principale la continuazione del
Latino e non vi è alcuna interruzione tra Latino e romanzo. Sono l’ideale anche perché
sono l’unico esempio di un gruppo di linee geneticamente affini di cui sia conservata la
fonte comune e cioè il Latino.

IL LATINO E I DIALETTI ITALICI.

Il latino in origine era solo il dialetto di Roma (nome non latino e neanche indoeuropeo).
L’aggettivo latinus è un etnico tratto dal toponimo Latium che può significare “paese
piano” in contrapposizione con la collinosa Sabina, anch’esso non è di origine
indoeuropea, assume un senso diverso a seconda che sia riferito alla lingua o al popolo:
latina lingua è più diffuso che romana lingua mentre in senso etnico politico Latini fu la
denominazione di quei popoli del Lazio socio dei romani che godevano di alcuni privilegi
ma che non di rado erano in conflitto con Roma. Dal punto di vista linguistico il latino fa
parte della famiglia indoeuropea e rappresenta un’area marginale del gruppo di lingue
Kentum.

Strettamente affini al latino erano talune varietà dialettali (ausoniche) poco conosciute
ad eccezione del Falisco o dell’Osco-umbro. La maggior parte degli indoeuropeisti aveva
costituito un gruppo italico che comprendeva da una parte il latino-falisco e dall’altra
l’Osco-umbro. L’Osco-umbro comprendeva i dialetti:
- L’OSCO lingua degli antichi Sanniti, parlato nel Sannio e nella Campania, in parte della
Lucania e del Bruzio. Ci è conosciuto da oltre 200 iscrizioni (tabula bantina e cippus
abellanus);
- Dialetti SABELLICI dei popoli che abitavano tra il Sannio e l’Umbria, conosciamo il
Peligno, il Marrucino, il Vestito, il Marsico e il Sabino che hanno più affinità con l’Osco,
mentre il Volsco era più vicino all’Umbro e ci è noto grazie alla tabula Velliterna;
- L’UMBRO parlato fra il Tevere e il Nera nell’antica Umbria, è il meglio conosciuto grazie
alle famose tavole Iguvine.

In realtà recenti ricerche hanno dimostrato che questi due gruppi (LATINO-FALISCO e
OSCO-UMBRO) sono molto diversi tra loro specialmente per dei fattori tra i quali:
- Il trattamento delle originarie labiovelari indoeuropee che nell’osco-umbro sono rese
da labiali mentre nel latino sono velari seguite da U.
- La conservazione delle aspirate interne come spiranti in Osco-Umbro, mentre il latino
presenta delle sonore.
- L’assimilazione di ND in -nn- e di MB in -mm- (-m- in Osco-Umbro).
- Considerevoli differenze morfologiche nella formazione del futuro, del perfetto e
notevoli differenze anche nel lessico.

L’ESPANSIONE DEL LATINO

L’espansione del latino è conseguenza diretta dell’espansione politica di Roma che


avvenne o per via militare o più frequentemente attraverso alleanze. Le province
vennero considerate come territori soggetti, il Foedus Cassianum congiunse Roma coi
popoli latini in una stretta alleanza e il diritto romano escogitò formule che lusingavano
l’amor proprio dei vinti come la piena cittadinanza o la cittadinanza minore. Dal punto di
vista della linguistica romanza dobbiamo tenere presenti due considerazioni: il concetto
di romanità fu soprattutto politico e che i romani non si proposero mai un’assimilazione
violenta delle popolazioni soggette e non tentarono mai di imporre la loro lingua e
quindi non ostacolarono mai gli altri idiomi e neanche l’etrusco o il greco.

GLI ELEMENTI DIALETTALI DEL LATINO

Dalla diffusione del latino su un territorio sempre più vasto derivarono due conseguenze:
esercitava e subiva un influsso più o meno potente verso e dagli altri idiomi; il latino se
pure era relativamente unitario nella primitiva piccola patria di origine, doveva man
mano differenziarsi nelle singole regioni ma finché il legame politico rimase forte queste
differenze erano limitate. Roma riuscì a far prevalere il latino, in quanto aveva maggior
prestigio, sull’Osco, sull’Umbro e perfino sul Gallico e sull’Etrusco ma solo parzialmente
ebbe ragione sul Greco.

È naturale che tutte le popolazioni assoggettate abbiano avuto un periodo più o meno
lungo di bilinguismo e quindi gli idiomi preesistenti hanno condizionato il latino e questo
interessa solo indirettamente la linguistica romanza se parole neolatine derivano da
parole latine influenzate dai dialetti preesistenti ma diventa direttamente collegato se
voci romanze risalgono a basi non attestate dagli autori classici. È stato merito di Ascoli
l’aver messo in evidenza le reazioni etniche ovvero l’influsso del sostrato.

A parte quelle parole di origine dialettale che sono già attestate in latino, a parte la
toponomastica che in ogni regione conserva elementi delle lingue preesistenti,
traspaiono nelle lingue romanze alcune tendenze fonetiche ed elementi lessicali
sicuramente o verosimilmente attribuibili al sostrato preromano.

IL SOSTRATO ITALICO

Le voci latine che presentano -f- intervocalico (le aspirate intervocaliche che in latino
venivano rese con b,d) sono per lo più di origine dialettale italica, anche se alcune
risultano già largamente attestate in latino sia come unica forma esistente sia accanto ad
una forma cittadina con fonetica romana normale. Molto spesso ambedue le forme
sopravvivono nel Romanzo.

Vi sono dei casi in cui soltanto le lingue romanze attestano una forma con fonetismo
italico e la mancanza di attestazioni in latino non è una prova assoluta dell’inesistenza
della voce nella stessa Roma ma è un indizio che se la parola esisteva aveva limitata
vitalità o può anche essere l’indizio che si trattava di una voce regionale in uso solo in
alcuni territori. Ad Ascoli il merito di aver attirato l’attenzione su questo problema in una
delle sue lettere glottologiche. In alcuni casi la -f- può avere altre spiegazioni, certo erano
abbastanza numerose nel latino volgare e non solo in quelli con astratto prima e sostrato
poi di dialetti italici.

Non pochi sono gli esempi di sostrato Osco limitati ai dialetti dell’Italia meridionale sia
nel territorio che fu in antico linguisticamente Osco sia in quello che pur essendo japigio,
messapico o greco contò numerosi italici.

Esempio: l’assimilazione ND>nn; MB>mm. Rohlfs pensa che non vi sia continuità fra i due
fenomeni fonetici perché se l’assimilazione, presente oggi anche a Roma, fosse antica,
avrebbe dovuto diffondersi anche nelle altre parti della Romania ed effettivamente se ne
trovano tracce anche in altri punti del territorio romanzo dove è più difficile pensare a un
influsso Osco.

Merlo ribadisce che trattandosi di un fenomeno assimilatorio è naturale che ritorni qua e
là saltuariamente. Vediamo che il confine nord-orientale del fenomeno coincide con il
fiume Esino che era confine anche tra sostrato celtico e sostrato italico.!In altri casi la
coincidenza di un fenomeno dialettale moderno con uno antico italico è molto più
dubbia o da escludersi assolutamente: nell’umbro antico come corrispondente di -d-
intervocalico vi era un fonema speciale rappresentato con un segno dell’alfabeto etrusco
e poi con -rs-. Il passaggio d>r si trova solo nell’antico Umbro e nell’Osco non vi sono
esempi sicuri di r<d perché i pochi esemplari hanno più probabilmente r<l. Nei dialetti
centro meridionali non è raro questo passaggio ma non è direttamente collegabile a
quello antico. Anche l’assimilazione -ct- > -tt- è un fenomeno troppo generale per poter
essere attribuito al sostrato italico.

L SOSTRATO ETRUSCO

Roma in un tempo della sua storia fu dominata dagli etruschi e successivamente questi
ultimi vissero per molto tempo a stretto contatto con i romani. È possibile che all’epoca
dei re l’etrusco fosse insegnato pubblicamente a Roma ed è altrettanto possibile che
l’alfabeto latino di origine greca sia arrivato ai romani attraverso gli etruschi.
L’Etrusco era una una lingua molto diversa dal latino e non era indoeuropea ma vi è il
problema dell’origine del popolo che è dibattuto ancora oggi, la tesi oggi prevalente è
quella di una concordanza più sensibile fra etrusco e lingue asianiche e più remota con
l’indoeuropeo.!Le nostre conoscenze del lessico etrusco sono molto modeste anche
perché le glosse latine e greche di parole etrusche sono assai scarse.

I frequenti contatti fra etruschi e latini hanno fatto si che il latino assimilasse un certo
numero di parole etrusche che noi possiamo isolare sia per la mancanza di
corrispondenze indoeuropee sia per la presenza di alcuni caratteristici elementi
morfologici come suffissi (-na, -ena, -enna, -ina).

L’etrusco è stato anche l’intermediario fra latino e greco di alcune parole che per il loro
aspetto fonetico e morfologico non possono essere state mutuate direttamente dal
greco (es. SPORTA per la sincope della vocale breve interna e per la trasformazione in
sorda della sonoraoriginaria).

Forte fu l’influsso etrusco sull’onomastica romana a cominciare da sistema nominale


composto da tre membri che è comune anche ad altri popoli italici ma diverso dagli altri
popoli indoeuropei (es. Marcus Tullius Cicero). Questo interessa più la linguistica latina. !
L’Etruria propriamente detta corrisponde all’odierna toscana ma poi si spinsero anche
nella pianura padana e verso le alpi. Nell’Etruria vi è un fenomeno fonetico che gli
studiosi vogliono far risalire ad una tendenza di origine etrusca, la GORGIA toscana
ovvero l’aspirazione o spirantizzazione delle sorde intervocaliche -c-, -t-, -p- o in
posizione iniziale se precedute da parola uscente in vocale.

È noto che il sistema fonologico etrusco possedeva tre aspirate sorde. Questa teoria fu
ideata da Heinrich Nissen e poi sostenuta da Clemente Merlo ma il Rohlfs si è opposto
rimanendo fermo nel suo scetticismo circa il possibile influsso etrusco. Recentemente il
romanista americano Hall ha cercato di dimostrare che l’aspirazione di -t- e -p- è più
recente di quella della -c- e che la sola Firenze è stata il centro di diffusione della
tendenza aspiratoria. Il Merlo insiste sull’importanza di trovare nel toscano una
tendenza fonetica che fu sicuramente etrusca e non italica o celtica. Meno ipotetici sono
i relitti etruschi nella toponomastica es. chianti, Volterra, Ravenna.

IL SOSTRATO GRECO

I dialetti ellenici della Magna Grecia erano in prevalenza di tipo dorico e cominciarono
assai presto ad assimilare elementi latini. La romanizzazione fu qui molto più difficile per
la superiorità della cultura greca. La questione della persistenza della grecità nell’Italia
meridionale acquista dal punto di vista romanistico una speciale importanza, non si
tratta solo di stabilire quale influsso abbia potuto avere il sostrato greco ma di appurare
se la grecità tutt’ora esistente in due isole linguistiche dell’Italia meridionale sia
continuazione della MG o importazione bizantina.

Le due isole sono una ormai ristrettissima nella Calabria meridionale a oriente di Reggio,
intorno a Bova; l’altra un po’ più vasta in terra d’Otranto a sud di Lecce. I dialetti di
queste due isole corrispondono sia sotto l’aspetto fonetico, morfologico e sintattico sia
sotto quello lessicale ai dialetti neoellenici della Grecia ma presentano alcuni caratteri
arcaici. Giuseppe Morisci sostenne che il grecismo delle colonie sia dovuto alla
dominazione bizantina ma nel 1924 Rohlfs affermò che la grecità dell’Italia meridionale
doveva connettersi direttamente a quella della MG, questa teoria sostenuta da diverse
argomentazioni fu accolta da parecchi grecisti e romanisti ma non mancò chi vi si oppose
per difendere la teoria bizantina come Carlo Battisti.

Il latino aveva già assimilato elementi greci ricevendoli dalla MG come mostra il carattere
fonetico proprio dei dialetti dorici, quando mancano sicuri criteri fonetici non è facile
stabilire l’origine e l’epoca dei prestiti greci. Possiamo dire che negli odierni dialetti
dell’Italia meridionale si trovano numerosi elementi che rimontano alla grecità antica
per molti dei quali si può sicuramente ammettere il passaggio attraverso il latino volgare.
Sono importanti quegli elementi i quali per le caratteristiche fonetiche hanno un colorito
nettamente dorico. Il numero degli elementi greci nei dialetti dell’Italia meridionale è
considerevolissimo, moltissimi però, q giudizio dello stesso Rohlfs si devono alla
posteriore grecità bizantina.

Gli influssi del sostrato greco, sia esso antico o più recente si rivelano anche nel campo
della sintassi, es. il neogreco ha perduto l’infinito nelle proposizioni oggettive e lo
sostituisce con il congiuntivo (come il rumeno).

IL SOSTRATO IN SICILIA

La grecità sicula è scomparsa dopo la romanizzazione dell’isola, tracce dei Sicani e dei
siculi le troviamo nella toponomastica. La lingua dei siculi ha carattere indoeuropeo e
probabilmente italico, mentre quella dei sicari non ha carattere indoeuropeo. Le tracce
di sostrato dovute a queste popolazioni sono assai scarse: il riflesso del sostrato sulle
parlate siciliane odierne per le quali Piccitto ha proposto una classificazione in
occidentali e orientali basata sulla presenza o meno del dittongo metafonetico, egli
emette l’ipotesi che nel siciliano occidentale esso manchi a causa del spstrano Sicano, di
tipo molto diverso dal latino.

Il fatto che la romanizzazione della sicilia sia un fatto assodato non esclude la presenza di
numerose tracce del sostrato grecospecialmente nella toponomastica. Secondo un’altra
teoria di Rohlfs la romanizzazione della sicilia sarebbe un fatto relativamente recente e
posteriore alla cacciata degli arabi e quindi sarebbe un processo di reromanizzazione
simile a quello verificatosi nella sogna meridionale. Contro questa teoria si è scagliato
Antonino Pagliaro ribadendo la tesi di una completa romanizzazione della sicilia intera.

IL SOSTRATO IN SARDEGNA E IN CORSICA

Abitata fin dal tardo periodo neolitico, contesa fra cartaginesi e greci, la Sardegna rimase
ai cartaginesi mentre la Corsica passò agli etruschi. Il dominio punico non riuscì a
sconfiggere le popolazioni indigene che si ritirarono all’interno. I romani si
impadronirono di queste due isole nel III sec a.c. ma dovettero sostenere dure lotte
contro gli aborigeni dell’interno e le popolazioni puniche delle coste. La romanizzazione
avvenne lentamente ma profondamente pur dentro un’organizzazione che lasciava una
certa autonomia. L’isolamento della Sardegna ha come conseguenza che l’idioma
neolatino ivi sviluppatosi rappresenta il tipo romanzo più prossimo alla base originaria.

Poco si può trovare di greco preromano, gli elementi greci o provengono dal latino o
sono importazioni bizantine. Per gli elementi attribuibili al punico sono stati ricercati
prevalentemente nella toponomastica e sporadicamente affiorano anche nel lessico.

Si possono isolare anche elementi di carattere preindoeuropeo-mediterraneo che


risalgono alle lingue di strati antichissimi della popolazione sarda, ci sono degli studi di
Wagner che attirano l’attenzione su alcuni elementi paleosardi e alcuni relitti iberici
conservati nel Basco e segnala anche diversi nomi di animali che posseggono un prefisso
a-, -ta, -tsa che potrebbe essere messo in relazione con l’articolo femminile prepositivo
dei dialetti berberi.

Ma non tutti i resti di sostrato prenotano della Sardegna si spiegano con il Basco.
Wagner è propenso ad ammettere influssi di sostrato anche nella fonetica sarda:
l’avversione al fonema F, la tendenza ad aggiungere una vocale prostetica nelle parole
comincianti per r-, la tendenza alle articolazioni alveolari, i fenomeni cacuminali (molti in
comune con penisola iberica e Guascogna). Tutti questi si incontrano nei dialetti più
conservativi della regione centrale sarda. Quanto alla Corsica non si hanno finora studi
metodicamente ben condotti se non per la toponomastica, e non è facile distinguere se
gli elementi di carattere prealpino siano attribuibili agli Iberi, agli Etruschi o ai Liguri.

IL SOSTRATO LIGURE E RETICO

Fino all’invasione celtica i liguri abitavano un territorio molto ampio che comprendeva
parte del Piemonte, della Provenza, della Lombardia e dell’Emilia e la Liguria.!Per quanto
riguarda la loro lingua il materiale a noi pervenuto è assai scarso, i linguisti concludono
che nel ligure sono da vedere due strati principali: uno non indoeuropeo o mediterraneo
più antico e uno indoeuropeo più recente dovuto alla fusione coi Celti.

Tracce del sostrato ligure compaiono nella toponomastica dell’alta italia e regioni
finitime, notevole è il suffisso -asco, -asca e intere parole liguri. Secondo Merlo le più
importanti tracce del sostrato ligure sarebbero in una tendenza fonetica di alcuni dialetti
della Liguria e della provenza che egli attribuisce a reazione etnica dovuta al sostrato
ligure: la debolezza di -r- intervocalico che giunge in alcuni punti come a Genova
addirittura al dileguo.

Ma -l- intervocalico divenuto -r- è caduto anche in parecchi dialetti della francia
meridionale e quindi l’area non è solo quella originariamente ligure ma egli pensa che
come questo fenomeno si è esteso nella pianura padana così si sia esteso a occidente del
Rodano per successive migrazioni dei liguri cacciati dai Celti. Questa non è del tutto
convincente perché questo fenomeno si trova anche in tutto il territorio rumeno. La
presenza di fenomeni acuminali nella regione papuana e nella vicina Garfagnana ha fatto
supporre al Bottiglioni che si tratti di un fenomeno ligure ma contro tale tesi si può
addurre il fatto che fenomeni acuminali sono stati segnalati sporadicamente anche in
altre zone dell’Italia settentrionale. Per ciò che concerne i Reti una delimitazione
geografica è quasi impossibile, erano probabilmente un conglomerato di tribù assai
diverse e il loro nome aveva verosimilmente un valore più politico che etnico o
linguistico.

Abbiamo i Triumpilini, i Venostes, i Comuni, i Genauni, gli Isarci. I confini della Retia sono
molto incerti, una buona parte dell’Alto Adige dove si parlano dialetti impropriamente
chiamati retoromanzi apparteneva certo al Norico e non alla Rezia. Quanto alla lingua gli
elementi di giudizio che possediamo sono molto scarsi, vi sono indubbie affinità con
l’etrusco ma non sono identificabili come una cosa unica. Il Retico per quel poco che ne
sappiamo appare come una lingua certamente anaria (=non indoeuropea) affine alle
lingue preindoeuropee del bacino del mediterraneo. Tracce di questo sostrato si trovano
quasi unicamente nella toponomastica.

IL SOSTRATO CELTICO

È il principale sostrato e alcune lingue celtiche continuano ad essere parlate. I galli


abitarono la maggior parte dell’Italia settentrionale prima della colonizzazione romana a
danno di liguri ed Etruschi. Il gallico fa parte delle lingue celtiche che si dividono in:
celtico continentale rappresentato solo dal Gallico e celtico insulare diviso in due
sottogruppi che sono Gaelico e Goidelico. La varietà che più ha influito sul latino è stato
il Gallico. La romanizzazione della Gallia cisalpina avvenne più presto e fu più profonda
rispetto a quella transalpina.
I lunghi contatti fra romani e certi hanno avuto anche riflessi linguistici e relative
penetrazioni. Ci sono voci di origine celtica già attestate in latino che poi si sono diffuse
nel dominio romanzo ma ci sono parole certamente o presumibilmente di origine gallica
attestate solo attraverso le lingue romanze es. betulla.

Lo studio delle parole di origine celtica nelle lingue romanze è stato messo su basi
scientifiche dal grande cestista tedesco Thurneysen. L’elemento celtico è molto
considerevole anche nella toponomastica della francia e dell’Italia settentrionale,
troviamo i suffissi -ACUM = proprietà rurale di.. e -briga = roccaforte, altura. Per il lessico
abbiamo termini accolti nel latino che li diffonde in tutto l’impero mentre alcuni sono
diffusi nelle lingue romanze solo delle regioni che erano celtiche.!L’influsso del sostrato
celtico che è certamente il più forte che si riscontri in campo romanzo non si limita solo
ai relitti lessicali ma si estende a tendenze fonetiche, a elementi di formazione e alla
composizione di parole.

È forse celtico il sistema vigesimale di numerazione di cui si ha un relitto nel francese


(quatre-vingt). Fra le tendenze fonetiche un problema molto dibattuto è stato quello del
passaggio Ū > Ü (= sviluppo della Ū latina, non più velare ma palatale). Questo
spostamento fonetico si trova solo in francia, parte della Ladinia e nei dialetti gallo-italici
dell’Italia settentrionale e nel dalmatico, non si sa se il gallico abbia mai posseduto il
fonema Ü, ma la tendenza del celtico medievale e moderno a trasformare Ū in i suppone
un intermediario.

Il problema fu posto per la prima volta da Ascoli e fu risolto in favore della reazione
etnica in base a tre prove: l’una corografica per la corrispondenza del territorio di Ü, la
seconda di congruenza intrinseca per la presenza di i< Ū in alcuni idiomi celtici moderni,
la terza di congruenza estrinseca per la presenza di Ū > Ü in Neerlandese che è lingua
germanica con sostrato gallico.

Mayer-Lubke presentò parecchie obiezioni a questa tesi: la mancanza della


palatalizzazione del c davanti a Ü in parole francesi come cul< culus; le parole che
l’antico e il meditato tedesco han mutuato dal galloromanzo non lo presentano
nonostante lo avessero nel loro sistema fonologico; le parole che l’inglese ha mutuato
dal francese trasformano ŭ in AU e ū in IU; l’assenza di ü in Catalano.

È stato notato anche che la pronuncia di u come ü è recente. Un altro spostamento


fonetico che gli studiosi attribuiscono al sostrato celtico è quello del nesso -ct- che in
francese, provenzale, portoghese e in gran parte dei dialetti gallo-italici dà -IT-. Per
spiegare questo passaggio la via più facile è ammettere la filiera ct > 𝑥t > ẋt in cui ẋ
rappresenta una spirante palatale.
A sud della linea la Spezia-Rimini il nesso -ct- si assimila in -tt-. Il Bolelli considera fra i
fenomeni più sicuramente celtici il passaggio a > e in sillaba libera (ignorata dal
provenzale e tarda nel francese settentrionale e anche nel Ladino centrale è fenomeno
recente -> è molto difficile vederlo come un influsso del sostrato gallico). Un fenomeno
fonetico importante è la sonorizzazione o lezione delle consonanti sorde intervocaliche
che abbraccia tutta la Romania occidentale e che gli studiosi attribuiscono al sostrato
celtico. Potrebbe mettersi in relazione con il sostrato gallico anche la tendenza
all’indebolimento e alla caduta della vocali in sillaba atona che osserviamo nel
galloromanzo, nei dialetti gallo-italici e parzialmente anche in portoghese. Troviamo
anche l’alterazione (palatalizzazione) occlusiva velare sorda davanti a vocale A, è
caratteristico solo del francese.

IL SOSTRATO NELLA PENISOLA IBERICA

La penisola iberica è la sola regione d’Europa in cui si conservi come lingua tutt’ora
vivente e parlata un idioma prenotano certamente preindoeuropeo, il Basco. Oggi
limitata a poche province della spagna nord-orientale e della francia sud-occidentale, il
Basco ha una struttura completamente diversa rispetto alle lingue indoeuropee e la sua
classificazione è tutt’ora oggetto di discussioni, è stato ravvicinato da alcuni studiosi alle
lingue camitiche ma l’opinione oggi prevalente è che si debba connettere alle lingue
caucasiche.

Pare ovvio che i baschi siano la continuazione di uno dei popoli antichissimi della
penisola iberica, Humboldt già nel 1821 ha cercato di spiegare alcuni nomi di luogo e di
persona per mezzo del Basco e giunse a risultati promettenti. Schuchardt basandosi su
iscrizioni iberiche raccolte da Hubner, tentò di ricostruire la declinazione iberica e notò
concordanze con quella del basco ma poi furono messe in discussione.

Ormai nessuno crede che gli Iberi siano stati il primo popolo della penisola ed è possibile
che i baschi non discendessero da loro. La popolazione progenitrice dei baschi è molto
probabile che sia arrivata nella penisola via terra attraverso la costa settentrionale
dell’africa e questo potrebbe spiegare certi contatti colle lingue camitiche, gli iberi invece
rappresentano una successiva ondata proveniente dall’africa settentrionale o di origine
libica (=camitica) o in gran parte libicizzata.

Nelle lingue romanze della penisola iberica e nell’estremità occidentale del dominio
provenzale non sono rari gli elementi attribuibili al sostrato, quelli più generali sono
penetrati nel latino regionale di Spagna, altri possono essere mutamenti dal basco
specialmente nelle regioni dove lo spagnolo si è sovrapposto al Basco. Tendenze
fonetiche dovute al sostrato oltre alla prostesi vocalica dinanzi a r- iniziale abbiamo il
passaggio f> h, f manca nel sistema fonologico del basco che rende le parole del latino
inizianti con questa lettera con p, b, h. F > H è attestato nello spagnolo e sembra essere
un elemento primitivo, la tesi della reazione etnica è rafforzata dal fatto che questo si
trova anche in alcuni dialetti guasconi che confinano direttamente con il territorio basco.

IL SOSTRATO PALEOVENETO

I popoli stanziati in quello che oggi conosciamo come Veneto erano i Veneti e gli
Euganei, la cui essenza etnica è sconosciuta ma è probabile che si siano fusi con i Reti in
alcune zone e con i PaleoV in altre. Il paleoV ci è parzialmente noto e l’origine
indoeuropea è fuor di dubbio ma il carattere illirico appare incerto e quasi negato. Gli
studi su questo sostrato sono all’inizio, è indubbio che troviamo relitti nella
toponomastica come nomi locali proparossitoni, nella fonetica potrebbe essere di
origine paleoV la tendenza ai fonemi interdentali nei dialetti veneti odierni.   

Ma vi è una maggiore conservazione del vocalismo atono che rende le parole venete più
simili a quelle toscane che a quelle dei dialetti gallo-italici questo ci dimostra che il
sostrato gallico nel veneto è stato assente = concordanza nella agallicità.

IL SOSTRATO ILLIRICO E TRACE

Nella regione dell’Illyricum si è formata una sola lingua romanza oggi estinta, il
Dalmatico. Non vi è dubbio che presenta affinità con il rumeno e cogli elementi latini
dell’Albanese, affinità dovute a ragioni di continuità geografica ma anche al relativo
isolamento e anche ad affinità di sostrato preromano. !Il Trace lo conosciamo
scarsamente da una sola iscrizione e abbiamo anche poco di sicuro da dire quanto
all’influsso del sostrato sul Rumeno, nella fonetica abbiamo la riduzione di A in sillaba
atona a una vocale di uguale timbro, nella sintassi vi sono concordanze fra le lingue
balcaniche come la posposizione dell’articolo determinativo.

APPUNTI LEZIONI

Il latino mantiene qualche caratteristica dalle lingue precedenti = prestiti di necessità.Il


relitto di sostrato è un elemento costitutivo della nuova lingua, non è un corpo
estraneo.!La teoria dello stato latente (Pidal): per secoli un fenomeno può non essere
stato attestato nello scritto ma verificatosi nel parlato.

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