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Il sorgere delle lingue romanze e la loro classificazione 1.

Ragioni della differenziazione delle lingue romanze


Nell’analizzare la differenziazione tra le varie lingue romanze, si tiene conto di tre fattori: 1. Fattore
cronologico: col tempo tutte le lingue, lentamente, si evolvono in quanto impercettibilmente la lingua
cambia di generazione in generazione; 2. Fattore geografico: quando un popolo invade un altro popolo di
un’altra zona, chi prova ad accostarsi alla nuova lingua inserirà involontariamente i tratti caratteristici della
lingua madre. Se sopravvive la lingua del popolo invasore, quella del popolo invaso gli funge da substrato;
se sopravvive quella degli invasi, quella degli invasori gli funge da superstrato; si ha un adstrato quando
entrambe le lingue si influenzano orizzontalmente. Il latino volgare, prima di scomparire, ha interagito con
alcuni superstrati (dei popoli che invasero e distrussero l’Impero Romano), come influenze germaniche sul
francese o arabe sullo spagnolo, e molti substrati (dei popoli invasi dall’Impero per espansione): a. Dialetti
italici dell’Italia centrale e settentrionali; b. Illirico nelle Puglie, Dalmazia e Veneto; c. Greco nella Magna
Grecia; d. Etrusco in Campania, Lazio, Romagna e Toscana; e. Ligure; f. Celtico; g. Tracio e gotico in Romania
(Dacia). 3. Fattore stilistico: mutamenti tra la lingua scritta e quella orale (quest’ultima più soggetta a
modifiche di natura socio-culturale). 6 2. La classificazione delle lingue romanze Lo studioso H. Lausberg
propon una divisione delle lingue romanze di tipo geografico: Romània occidentale (Iberoromania,
Galloromania, Retoromania, Italia settentrionale), Romània orientale (Italia centrale, Italia meridionale,
Romania e Dalmazia) e Sardegna. Le principali lingue romanze sono: 1. Francese: l’odierno francese
letterario è il francese dell’altàsocietà parigina unificato nel XVII secolo, con le sue evoluzioni avvenute nei
secoli successivi. Tra le varianti, differenziamo le lingue settentrionali (vallone e piccardo), le lingue
occidentali (normanno settentrionale e meridionale), le lingue sud occidentali (pittavino), le lingue sud
orientali (borgognone) e le orientali (champenois); tutte queste sono raggruppate nella definizione di lingua
d’oïl. Il più antico testo in “francese” sono i Giuramenti di Strasburgo (842), che è anche il primo assoluto in
volgare. 2. Provenzale/Occitano: la lingua medievale della Francia meridionale, che ebbe grande successo
con la nascita della lirica trobadorica ma che venne poi soppiantata dalla lingua francese del nord (sopra
detta); Francesco I, attraverso l’Ordonnance de Villers-Cotterets (1539) rese obbligatorio l’uso del francese
negli atti pubblici, soppiantando il latino per tutelare i ceti meno colti, ma di fatto,soppiantò anche qualsiasi
altra minoranza nazionale, come appunto il provenzale. 3. Catalano: dal IX secolo si crea un centro politico-
culturale attorno al conte (poi re) di Barcellona, elevando il catalano a lingua ufficiale della casata
d’Aragona. I forti rapporti con la Francia lasciano nel francese importanti impronte. Con l’unificazione dei
regni di Castiglia e Aragona del 1479, il castigliano iniziò per poi soppiantare definitivamente il catalano con
la proclamazione a lingua ufficiale nel 1714. Oggi il catalano è una delle lingue nazionali della Spagna. 4.
Spagnolo: lo spagnolo odierno si basa sul castigliano. Durante la dominazione araba, la Penisola Iberica era
divisa tra regni cristiani (che parlano lingue romanze) nel nord e regni arabi nel sud (che comunque avevano
dei piccoli dialetti romanzi, soffocati dalla lingua ufficiale che era l’arabo, che sono i dialetti mozarabici, da
mozarabe, suddito degli arabi). Con il lento processo della Riconquista, si riafferma il castigliano
nazionalmente. Ad oggi, dati i suoi grandi domini coloniali, è la lingua romanza più parlata nel mondo. 5.
Portoghese e galego: nel Medioevo, erano due varianti della lingua portoghese-galega, lingua letteraria di
prestigio. Quando nel 1095 la contea (poi regno) di Portogallo si separò dalla Galizia, le due lingue hanno
preso due strade diverse. La lingua attuale si basa su quella di Lisbona, capitale dal XV secolo. Il portoghese
brasiliano ha importanti differenze di tipo lessicale e fonetico, e riprende caratteristiche arcaiche della
lingua europea. Il galego, dapprima tralasciato, diventa lingua ufficiale in Spagna nel corso degli anni
Settanta. 6. Retoromanzo (o ladino): cadono sotto questo gruppo varie lingue parlate in territori
disomogenei e alternati da zone germanofone. Il retoromanzo è diviso in tre gruppi: a. Occidentale:
suddiviso in sursilvano, sottosilvano, surmirano, alto e basso engadino. Nella regione della Raetia si diffuse
sempre di più il tedesco; b. Centrale: costituito dal ladino dolomitico; c. Orientale, cioè il friulano. 7.
Romeno: parlato principalmente in Romania e Moldavia. Fino al 1840 era scritto in caratteri cirillici, e l’area
in cui si parla è suddivisibile in 4 zone: dacoromeno (Romania), macedoromeno, megleoromeno e
istroromeno. I romeni hanno vissuto fino al VI secolo in contatto con gli Slavi, loro popolo conquistatore,
che li ha molto influenzati in più ambiti. 7 3. Fonetica 1. Foni, fonemi, allofoni La fonetica studia le
caratteristiche fisiche dei suoni, la cui unità di misura è il fono; la fonologia studia le funzioni che i foni
hanno all’interno del proprio sistema linguistico, e la sua unità di misura è il fonema (che è un fono
collocato nel suo sistema linguistico, e caratterizzato da tratti distintivi. Attraverso le coppie minime, si
riesce ad opporre parole singole che hanno una minima differenza dietro la quale si cela una totale
variazione di significato: questo può avvenire con un’apertura o chiusura delle vocali (accètta-accétta), di
una sordità o sonorità delle consonanti (pende-bende), ma mai per quantità (cioè non esistono, in italiano,
coppie minime che differenzino due parole in base alla lunghezza o brevità vocalica; ciò accade in latino e in
inglese, e.g. sheep-ship). Gli allofoni invece sono i vari suoni che possiamo ottenere dalle varie posizioni
assunte dal fonema, come la n che varierà il suono in nano o anca. 2. L’accento In latino esisteva sia la
quantità vocalica, ma anche quella sillabica, necessaria per determinare la posizione dell’accento nelle
parole. La legge della penultima stabilisce che, in tutte le parole plurisillabiche, l’accento cada sulla
penultima sillaba quando questa è lunga, altrimenti sulla terzultima. Una sillaba è sempre lunga quando è
chiusa (terminante cioè per consonante), e lo è anche se questa è aperta (terminante per vocale) quando
contiene una vocale lunga; se la vocale contenuta nella sillaba aperta è una vocale breve, anche la sillaba
stessa sarà breve. Dunque, tutte le sillabe sono lunghe, escluse quelle aperte con vocale breve.
Generalmente, l’accento del latino classico ha mantenuto la sua posizione nelle romanze, eccezion fatta
per: 1. Proparossitoni latini (ìntegrum – intero); 2. Parole latine con iati con e o i toniche nella terzultima
(filìolum – figliòlo/ mulìerem – mòglie/ parìetem – parète); 3. Alcuni verbi composti che hanno spostato
l’accento dal prefisso al radicale del verbo, a volte restituendo la vocale tematica (rènegat – rinnéga/
dìsplicet – dispiàce); 4. Metaplasmi di coniugazione (fùgere – fuggìre); 5. Altri casi particolari non coerenti in
tutte le lingue romanze (ficàtum – fègato, hìgado MA ficàt in romeno) 3. Dal sistema quantitativo al sistema
timbrico È un’evoluzione panromanza (quindi relativamente antica) il passaggio dal sistema quantitativo -
che in latino classico opponeva molte coppie minime- al sistema timbrico -che nelle attuali lingue romanze
tende ad opporre parecchie coppie minime-; ciò non accade per lo spagnolo, che non ha differenze tra la e
e la o aperte o chiuse, come accade spesso in italiano. 8 4.Vocalismo 4.1. Vocalismo tonico: evoluzione
spontanea È il processo che ha portato all’evoluzione delle vocali dal latino alle romanze. In alcuni casi il
processo è stato una semplice perdita di qualità (il sistema sardo ad esempio ha 5 vocali, che non variano di
quantità); il sistema italico invece contempla 7 vocali, data la variazione di quantità possibile per le vocali e
e o. Nel passaggio da latino alle romanze però, ci sono stati anche altri cambiamenti, come per l’italiano la
presenza -attestata da tempi più remoti sino anche al XIX secolo- dei dittonghi /jè/ o /wò/ preceduti anche
da cons. + r o da palatali /gl/ o /g/ dolce, come in brieve, figliuolo, giuoco… In francese O e U si evolvono nel
dittongo ou; il catalano evolve I e E in e ad ovest, e nella schwa ad est. Quanto ai dittonghi latini (gli unici
erano AE, OE e AU), i primi due si sono presto monottongati in e (coelum – cielo), mentre AU ha mostrato
più resistenza, monottongandosi più tardivamente in rari casi in o chiusa (caudam – coda), ma nella
maggiorparte in ò aperta (aurum – òro). 4.1.1. Dittongamento L’evoluzione del vocalismo ha portato anche
ad un dittongamento sulla cui origine gli esperti sono ancora discordi: questo fenomeno, assente in
provenzale e portoghese, così si comporta nelle altre lingue: § Spagnolo: dittongano la O e la E sia in sillaba
aperta che chiusa (BONUM-BUENO/TERRAM-TIERRA); § Italiano: dittongano la O e la E solo in sillaba aperta
(BONUM-BUONO ma TERRAM-TERRA); § Francese: al dittongamento della O ed E, si aggiungono anche altri
dittonghi (REGEM-ROI/PEDEMPIED); § Romeno: dittonga la E in ie (FERRUM-FIER/PECTUS-PIEPT). 5.
Consonantismo Il consonantismo delle lingue romanze è diverso in parte da quello del latino classico: si
perde innanzitutto l’h, che già si era indebolita nel periodo più tardo (come testimoniano epigrafi con
scritture erronee con abere o ic), un’h completamente scomparsa in italiano avendo perso il suo valore
fonetico, o rimasta come un latinismo grafico senza alcun valore fonetico in altre lingue romanze (da
HOMINEM a homme, hombre); in italiano distingue graficamente le forme coniugate del verbo avere da
preposizioni o congiunzioni omofone. È curioso che le lingue romanze abbiano sviluppato suoni inesistenti e
sconosciuti al latino classico, come c e g dolci, ts e z rispettivamente sorda e sonora ed altre. La gu dura non
esisteva all’inizio della parola ma solo ad inizio sillaba all’interno della parola (cioè in lingua ma non in
guarda), fonema che si è evoluto in b in romeno o sardo (da lingua a limba). 5.1. Consonanti iniziali 5.1.1.
Consonanti semplici Le consonanti semplici ad inizio parola non sono generalmente cambiate. Per quanto
riguarda T e D, subiscono fricativizzazioni specialmente se seguite da uno yod, tipo in romeno. Quanto alle
occlusive, in latino erano sempre velari, sia che seguissero vocali velari come a, o e u, sia che seguissero
palatari come e e i; nelle lingue romanze la velarità del suono si è mantenuta nel primo caso, ma ha
sviluppato diversi suoni nel secondo caso (mantenendo il suono velare il sardo e nei prestiti latini in lingue
germaniche): con vocali palatali, si è evoluto in un suono fricativo sibilante sordo nelle lingue galloromanze
(coelum-ciel), o in una fricativa interdentale sorda in spagnolo (cielo). Quando alla G con vocali palatali, in
spagnolo abbiamo casi di yod (generum-yerno), casi di dileguo (germanum-hermano) e casi di /x:/ (gentem-
gente). La fricativa labiodentale /f/ latina si mantiene nelle lingue romanze, eccezion fatta per lo spagnolo
che la evolve in /h/ muta, indebolendola e azzerandole il valore fonetico (fabulare-hablar). 9 5.2.
Consonanti all’interno della parola 5.2.1. Consonanti semplici Nel trattamento delle consonanti semplici
all’interno della parola, la Romània si divide in due: quella occidentale (francese, provenzale, spagnolo,
portoghese, catalano e italiano settentrionale) e quella orientale (italiano e romeno); in generale nell’Italia
orientale si conservano di più le consonanti intervocaliche, mentre in quella occidentale si leniscono (fino a
sonorizzarle, spirantizzarle o addirittura dileguarle). a) Occlusive labiali; la sonora /-b-/ si è fricativizzata in /-
v-/. In origine la /-v-/ era una “u” semiconsonantica divenuta poi un suono bilabiale (come quello
spagnolo), che nella lingua parlate si evolse in /-v-/ che il romeno ha dileguato e l’italiano ha mantenuto.
Nelle lingue iberoromanze, il suono bilabiale è rimasto, la cui grafia è possibile sia con b sia con v. In casi
come il francese paon (da pavonem), abbiamo un dileguo. Quando alla sorda /-p-/, venne sonorizzata e
spirantizzata nella Romània occidentale (da RIPAM a riba in pr.); b) Occlusive dentali; la sonora /-d-/ viene
conservata nell’orientale, e sonorizzata, spirantizzata o dileguata nella Romània occidentale (da videre a
voir/ver); così anche la sorda /-t-/ (da fatam a fée/ hada).; c) Occlusive velari; la corsa /-c-/ si palatizza
davanti alle vocali palatari e e i, ma non in sardo (kentu - cento). L’affricata palatale sorda c (/tsh/) si
mantiene nell’orientale, ma si evolve nell’occidentale in affricate dentale sorda /ts/, che si evolve
ulteriormente nelle galloromanze e portoghese in sibilante /z/, nel castigliano nell’interdentale /th/, ad es.
PLACERE in plaisir (/z/), plazer (/z/), placer (/th/). Anche la G velare si palatizza davanti a vocali palatari
come e e i, ma nella Romània occidentale può rimanere tale, trasformarsi in yod o dileguarsi (SAGITTAM in
saeta, saetta/LEGEM in loi, ley); davanti a vocali velari (a, o e u), la sorda C sonorizza o spirantizza, la sonora
G spirantizza (AMICAM in Amiga/Amie, NEGARE in nier); d) Fricative labiali; la /-f-/ viene trattata a volte
come se fosse a inizio parola, a volte come un’intervocalica, e dunque si mantiene in Romània orientale e
sonorizza o dilegua in occidentale (DEFENSAM in difesa MA dehesa in spagnolo); e) Fricative alveolari
(sibilanti); la /-s-/ latina era sorda: si conserva tale nella Romània orientale, mentre si sonorizza in quella
occidentale (per poi desonorizzarsi di nuovo in spagnolo). 5.2.2. Consonanti + iod Nelle lingue romanze, la
consonante + yod provoca sempre un’evoluzione: § N+yod; in tutte le lingue si palatizza in /gn/, come in
VINEAM-VIGNA, tranne nel romeno che rimane solo lo yod (VINEAM-VIE); § L+yod; in italiano e portoghese
produce una /gl/ (in portoghese/lh/), indebolita in francese e romeno in /j/, e in spagnolo in /x/ (FOLIAM-
foglia, folha, feuille, hoja); § T+yod; in provenzale, spagnolo antico e portoghese diventa una /z/ sonora,
che si desonorizza in /th/ in spagnolo corrente; in antico francese si evolse in /ts/, a sua volta evoluto in /z/
sonora o /s/ sorda, mentre in italiano una /ts/ sorda o /g/ sonora (PLATEAM-piazza,place,plaza,plasa); §
D/G+yod; nella Romània orientale s’evolve in /ts/ sorda, mentre ad occidente diventa /g/ palatale sonora o
si riduce a yod (HODIE-oggi,hui,uei,hoy,hoje,azi); § S+yod; nelle galloromanze e in portoghese, lo yod si
inverte in iz; in spagnolo si ha una /s/ sorda, in romeno una /sh/ palatale sorda, mentre in italiano una /tsh/
o /dsh/ (BASIARE-baciare,baiser,besar, beijar); § C+yod; si palatizza o assimila ovunque (FACIEM-
faccia,face,fatz,haz); § R+yod; in genere si ottiene jr, mentre in italiano lo yod (AREAM-
aia,aire,aira,era,eira,arie) 10 5.2.3. Gruppi consonantici primari Seguono le evoluzioni gruppi formati da
nasale+consonante, consonante+L e velare+consonante: v Nasale+consonante; generalmente questo
gruppo si conserva, e la nasale nasalizza in francese la vocale che la precede; nei dialetti italiani meridionali,
questi gruppi si assimilano (in nn o mm), mentre con NT e MP, viene sonorizzata la seconda consonante
(piommo, mannare, monno, tammurru); il gruppo NG tratta la G compie ad inizio parola, o si evolve in /gn/;
v Consonante+L; seguono la stessa evoluzione; v Velare+consonante; il gruppo KT già si semplifica nel
volgare con la caduta della velare; in italiano si assimila ed in romeno si evolve in PT, mentre nel resto della
Romània si sviluppa in uno yod che spesso si palatizza. Mentre il gruppo KS si assimila in italiano o si evolve
nella palatale /sh/, e in uno yod nelle galloromanze, o ancora in /ps/ nel romeno. 5.2.4. Gruppi consonantici
secondari I gruppi consonanti secondari si formano a causa della sincope di una vocale atona, postonica o
interfonica: la caduta di questa vocale fa sì che si incontrino queste consonanti (succede specialmente in
francese che ha subito varie sincopi vocaliche); in parte succedeva già nel latino volgare (VETULUS-VETLU-
VECLU-VECCHIO). Il francese adotta inoltre la Loi des trois consonnes quando ci si trova dinanzi a gruppi
consonantici tripli, che comporta la caduta della consonante intermedia (legge che non vale per r e l).
Alcuni gruppi sviluppano l’epentesi, cioè l’aggiunta di una “consonante di transizione” (INSULA-INSLA-
ISCLA-ISCHIA), o in francese NUMERUS-NOMBRE. 5.3. Consonanti finali Distinguiamo tra le consonanti in
posizione finale primaria (cioè del latino) e quelle in posizione finale secondaria (cioè già nelle romanze).
5.3.1. Posizione finale primaria Alcune finali erano già articolate debolmente in latino, e la loro caduta è
stata testimoniata alla massima potenza in italiano, e alla minima in francese, collocandosi tutte le altre
lingue romanze tra questi due poli. v -m; già durante la Repubblica veniva pronunciata debolmente; è
caduta in tutte le lingue romanze, lasciando qualche traccia nei monosillabi (REM-rene,rien); v -n;
generalmente è caduta dappertutto (NOMEN-nome,nom); v -s; durante il periodo repubblicano, essa
veniva pronunciata come una s se seguita da vocale o consonante con la quale poteva formare gruppo.
Cadde invece laddove si trovava seguita da consonanti alle quali era impossibile legarsi; in linea di massima,
la Romània occidentale la conserva, mentre invece l’orientale la converte in i (NOS-noi,nous,nos); v -t; già
caduta nel latino volgare in tutte le zone, si è mantenuta nel francese fino al 1100 circa. Ora la mantiene
solo nella desinenza della 3° persona plurale dei verbi (CANTANT-cantano MA chantent); v -r; nei polisillabi
subisce una metatesi, passando all’interno della parola (SEMPER-sempre/QUATTORquattro). 5.3.2.
Posizione finale secondaria C’è da tener conto che le consonanti diventate finali nelle romanze possono
aver subito modificazioni e non essere più quelle del latino; inoltre molte lingue romanze accettano
consonanti finali solo se queste sono possibili anche in latino. Nelle lingue romanze, le consonanti
diventano finali specialmente a causa della caduta della vocale finale, specialmente nelle galloromanze; in
questo caso, si ricorre spesso alla desonorizzazione della consonante (GRANDEM-grant in antico francese)
11 4. Morfologia La morfologia analizza la struttura e la forma delle parole, ed i processi che le fanno
evolvere. Questa branca distingue: • Lingue analitiche o isolanti: cioè lingue in ci ogni parola consiste in un
unico morfema, come il vietnamita; • Lingue agglutinanti, che aggiungono piccole particelle chiaramente
identificabili e segmentabili per dare il senso di numero, genere, caso ecc…, come fanno il turco o il
finlandese; • Lingue sintetiche o flessive, che introducono queste particelle all’interno della parola,
flettendola come fa il latino, che evolvendosi nelle romanze, si evolve in lingue analitiche (che comunque
conservano vari elementi tipicamente flessivi). 1. Morfologia nominale 1.1.I casi e le declinazioni Il latino
parlato riduce molto il numero dei casi, mantenendo solo il nominativo e usando l’accusativo con
preposizioni per rimpiazzare gli altri casi. Questo sistema bicasuale è stato poi abbandonato dalle lingue
romanze, rimanendo in quelle galloromanze sino al Medioevo. Il romeno invece, ancora mantiene due casi,
uno che accoppia nominativo e accusativo, ed una che accoppia il genitivo e il dativo. Alcune lingue
romanze inoltre, usano differenziano il complemento oggetto dal complemento oggetto animato usando
una preposizione (come le iberoromanze che usano a). Con l’evoluzione della lingua, le 5 declinazioni vanno
via via impoverendosi nel latino parlato, le quali vennero esemplificate con la prima che inglobò tutte le
parole femminili della III, IV e V declinazione (oltre a mantenere le parole che già appartenevano alla
prima), e la seconda inglobò tutte quelle maschili della III, della IV e le rarissime della IV (oltre a quelle che
già le appartenevano). 1.2. L’articolo determinativo La presenza dell’articolo determinativo è una novità per
il latino, che lo ignorava. In tutta la Romània si usa ILLE, ma in Sardegna IPSE. Prima la posizione era
indifferente, ma poi andò consolidandosi la posizione precedente al sostantivo. Il romeno invece mantiene
l’articolo posposto e fuso al sostantivo (ochiu-l). Quanto all’italiano, prima veniva usato lo in ogni caso, che
diventava l quand’era preceduto da vocale. Gli venne poi anteposta una vocale d’appoggio, più
precisamente una i, evolvendosi in il. Per il plurale, il consueto li veniva passato a iato con uno yod, che
provocò gli che abbiamo anche oggi. 2. Morfologia verbale 2.1. Le forme nuove La nuova morfologia
verbale introduce nuove forme verbali: 12 2.1.1. Il futuro romanzo Il latino classico dovette evolversi per la
sua “scomodità”: aveva due forme (una per la I e II coniugazione, una la III e la IV), ed ed era uguale al
perfetto, e pronunciato quasi uguale all’imperfetto, data la fricativizzazione di /-b-/ con /-v-/ che
confondeva CANTABIT con CANTAVIT. Per rispondere a quest’ambiguità il latino s’evolse con una perifrasi
formata dall’infinito del verbo seguito dall’indicativo presente di un verbo che esprimesse dovere o
intenzione, come HABERE, VELLE, DEBERE (nel sardo) o VENIRE. HABEO fu il più usato, che quando
precedeva l’infinito poteva esser distanziato da una preposizione (come HABEO AD CANTARE, che si evolve
nell’italiano meridionale in aggi’a candà), e quando lo seguiva si fondeva all’infinito stesso (CANTARE
HABEO-canterò): scomponendo infatti il futuro, troveremo nelle lingue romanze che la parte finale non è
altro che il presente del verbo avere (canter-ò/chanter-ai/cantar-é). 2.1.2. Il condizionale Il condizionale
segue la stessa formazione del futuro ma con l’imperfetto di HABEO, cioè HABEBAM, creando poi le forme
sintetiche nella loro evoluzione com’è successo per il futuro, dando ad esempio cantarìa in spagnolo.
L’italiano invece ha preferito l’uso del perfetto HABUI -poi evoluto in HEBUI- (CANTARE HEBUIcanterei),
sebbene la Scuola Siciliana adottasse “cantaria”; nei dialetti italiani meridionali ed in antico provenzale
troviamo la forma cantàra, evoluta dal piuccheperfetto classico CANTAVERAM (che corrisponde al nostro
trapassato remoto) che perde il suo valore di trapassato e acquisisce quello condizionale. 2.1.3. Il passato
prossimo Forma presente in tutte le lingue romanze, predomina nel francese e nell’Italia settentrionale in
detrimento del passato remoto, situazione che invece si ribalta se guardiamo all’Italia meridionale, al
Portogallo e all’America Latina. Quanto alla costruzione, si accostano i due ausiliare ESSERE e HABERE al
participio passato, forma non del tutto sconosciuta già nel latino classico. Il primo ausiliare è stato
generalmente usato per gli intransitivi ed il secondo per i transitivi; quanto alle iberoromanze, esse si sono
contese HABERE e TENERE, per poi adottarsi il primo in spagnolo (he venido) ed il secondo in portoghese
(tenho vindo). 2.1.4. Il passivo romanzo L’evoluzione del latino in lingue romanze ha portato all’estinzione
della forma sintetica del passivo classico LAUDOR (sono lodato), in favore a forme perifrastiche del
participio passato seguito dall’ausiliare ESSERE (LAUDATUS SUM). La diffusione del passato prossimo ha
facilitato questo processo. Nelle iberoromanze, viene sottolineata la differenza tra il processo dell’azione (la
puerta es cerrada/la porta viene chiusa) da

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