Il sorgere delle lingue romanze e la loro classificazione 1.
Ragioni della differenziazione delle lingue romanze
Nell’analizzare la differenziazione tra le varie lingue romanze, si tiene conto di tre fattori: 1. Fattore cronologico: col tempo tutte le lingue, lentamente, si evolvono in quanto impercettibilmente la lingua cambia di generazione in generazione; 2. Fattore geografico: quando un popolo invade un altro popolo di un’altra zona, chi prova ad accostarsi alla nuova lingua inserirà involontariamente i tratti caratteristici della lingua madre. Se sopravvive la lingua del popolo invasore, quella del popolo invaso gli funge da substrato; se sopravvive quella degli invasi, quella degli invasori gli funge da superstrato; si ha un adstrato quando entrambe le lingue si influenzano orizzontalmente. Il latino volgare, prima di scomparire, ha interagito con alcuni superstrati (dei popoli che invasero e distrussero l’Impero Romano), come influenze germaniche sul francese o arabe sullo spagnolo, e molti substrati (dei popoli invasi dall’Impero per espansione): a. Dialetti italici dell’Italia centrale e settentrionali; b. Illirico nelle Puglie, Dalmazia e Veneto; c. Greco nella Magna Grecia; d. Etrusco in Campania, Lazio, Romagna e Toscana; e. Ligure; f. Celtico; g. Tracio e gotico in Romania (Dacia). 3. Fattore stilistico: mutamenti tra la lingua scritta e quella orale (quest’ultima più soggetta a modifiche di natura socio-culturale). 6 2. La classificazione delle lingue romanze Lo studioso H. Lausberg propon una divisione delle lingue romanze di tipo geografico: Romània occidentale (Iberoromania, Galloromania, Retoromania, Italia settentrionale), Romània orientale (Italia centrale, Italia meridionale, Romania e Dalmazia) e Sardegna. Le principali lingue romanze sono: 1. Francese: l’odierno francese letterario è il francese dell’altàsocietà parigina unificato nel XVII secolo, con le sue evoluzioni avvenute nei secoli successivi. Tra le varianti, differenziamo le lingue settentrionali (vallone e piccardo), le lingue occidentali (normanno settentrionale e meridionale), le lingue sud occidentali (pittavino), le lingue sud orientali (borgognone) e le orientali (champenois); tutte queste sono raggruppate nella definizione di lingua d’oïl. Il più antico testo in “francese” sono i Giuramenti di Strasburgo (842), che è anche il primo assoluto in volgare. 2. Provenzale/Occitano: la lingua medievale della Francia meridionale, che ebbe grande successo con la nascita della lirica trobadorica ma che venne poi soppiantata dalla lingua francese del nord (sopra detta); Francesco I, attraverso l’Ordonnance de Villers-Cotterets (1539) rese obbligatorio l’uso del francese negli atti pubblici, soppiantando il latino per tutelare i ceti meno colti, ma di fatto,soppiantò anche qualsiasi altra minoranza nazionale, come appunto il provenzale. 3. Catalano: dal IX secolo si crea un centro politico- culturale attorno al conte (poi re) di Barcellona, elevando il catalano a lingua ufficiale della casata d’Aragona. I forti rapporti con la Francia lasciano nel francese importanti impronte. Con l’unificazione dei regni di Castiglia e Aragona del 1479, il castigliano iniziò per poi soppiantare definitivamente il catalano con la proclamazione a lingua ufficiale nel 1714. Oggi il catalano è una delle lingue nazionali della Spagna. 4. Spagnolo: lo spagnolo odierno si basa sul castigliano. Durante la dominazione araba, la Penisola Iberica era divisa tra regni cristiani (che parlano lingue romanze) nel nord e regni arabi nel sud (che comunque avevano dei piccoli dialetti romanzi, soffocati dalla lingua ufficiale che era l’arabo, che sono i dialetti mozarabici, da mozarabe, suddito degli arabi). Con il lento processo della Riconquista, si riafferma il castigliano nazionalmente. Ad oggi, dati i suoi grandi domini coloniali, è la lingua romanza più parlata nel mondo. 5. Portoghese e galego: nel Medioevo, erano due varianti della lingua portoghese-galega, lingua letteraria di prestigio. Quando nel 1095 la contea (poi regno) di Portogallo si separò dalla Galizia, le due lingue hanno preso due strade diverse. La lingua attuale si basa su quella di Lisbona, capitale dal XV secolo. Il portoghese brasiliano ha importanti differenze di tipo lessicale e fonetico, e riprende caratteristiche arcaiche della lingua europea. Il galego, dapprima tralasciato, diventa lingua ufficiale in Spagna nel corso degli anni Settanta. 6. Retoromanzo (o ladino): cadono sotto questo gruppo varie lingue parlate in territori disomogenei e alternati da zone germanofone. Il retoromanzo è diviso in tre gruppi: a. Occidentale: suddiviso in sursilvano, sottosilvano, surmirano, alto e basso engadino. Nella regione della Raetia si diffuse sempre di più il tedesco; b. Centrale: costituito dal ladino dolomitico; c. Orientale, cioè il friulano. 7. Romeno: parlato principalmente in Romania e Moldavia. Fino al 1840 era scritto in caratteri cirillici, e l’area in cui si parla è suddivisibile in 4 zone: dacoromeno (Romania), macedoromeno, megleoromeno e istroromeno. I romeni hanno vissuto fino al VI secolo in contatto con gli Slavi, loro popolo conquistatore, che li ha molto influenzati in più ambiti. 7 3. Fonetica 1. Foni, fonemi, allofoni La fonetica studia le caratteristiche fisiche dei suoni, la cui unità di misura è il fono; la fonologia studia le funzioni che i foni hanno all’interno del proprio sistema linguistico, e la sua unità di misura è il fonema (che è un fono collocato nel suo sistema linguistico, e caratterizzato da tratti distintivi. Attraverso le coppie minime, si riesce ad opporre parole singole che hanno una minima differenza dietro la quale si cela una totale variazione di significato: questo può avvenire con un’apertura o chiusura delle vocali (accètta-accétta), di una sordità o sonorità delle consonanti (pende-bende), ma mai per quantità (cioè non esistono, in italiano, coppie minime che differenzino due parole in base alla lunghezza o brevità vocalica; ciò accade in latino e in inglese, e.g. sheep-ship). Gli allofoni invece sono i vari suoni che possiamo ottenere dalle varie posizioni assunte dal fonema, come la n che varierà il suono in nano o anca. 2. L’accento In latino esisteva sia la quantità vocalica, ma anche quella sillabica, necessaria per determinare la posizione dell’accento nelle parole. La legge della penultima stabilisce che, in tutte le parole plurisillabiche, l’accento cada sulla penultima sillaba quando questa è lunga, altrimenti sulla terzultima. Una sillaba è sempre lunga quando è chiusa (terminante cioè per consonante), e lo è anche se questa è aperta (terminante per vocale) quando contiene una vocale lunga; se la vocale contenuta nella sillaba aperta è una vocale breve, anche la sillaba stessa sarà breve. Dunque, tutte le sillabe sono lunghe, escluse quelle aperte con vocale breve. Generalmente, l’accento del latino classico ha mantenuto la sua posizione nelle romanze, eccezion fatta per: 1. Proparossitoni latini (ìntegrum – intero); 2. Parole latine con iati con e o i toniche nella terzultima (filìolum – figliòlo/ mulìerem – mòglie/ parìetem – parète); 3. Alcuni verbi composti che hanno spostato l’accento dal prefisso al radicale del verbo, a volte restituendo la vocale tematica (rènegat – rinnéga/ dìsplicet – dispiàce); 4. Metaplasmi di coniugazione (fùgere – fuggìre); 5. Altri casi particolari non coerenti in tutte le lingue romanze (ficàtum – fègato, hìgado MA ficàt in romeno) 3. Dal sistema quantitativo al sistema timbrico È un’evoluzione panromanza (quindi relativamente antica) il passaggio dal sistema quantitativo - che in latino classico opponeva molte coppie minime- al sistema timbrico -che nelle attuali lingue romanze tende ad opporre parecchie coppie minime-; ciò non accade per lo spagnolo, che non ha differenze tra la e e la o aperte o chiuse, come accade spesso in italiano. 8 4.Vocalismo 4.1. Vocalismo tonico: evoluzione spontanea È il processo che ha portato all’evoluzione delle vocali dal latino alle romanze. In alcuni casi il processo è stato una semplice perdita di qualità (il sistema sardo ad esempio ha 5 vocali, che non variano di quantità); il sistema italico invece contempla 7 vocali, data la variazione di quantità possibile per le vocali e e o. Nel passaggio da latino alle romanze però, ci sono stati anche altri cambiamenti, come per l’italiano la presenza -attestata da tempi più remoti sino anche al XIX secolo- dei dittonghi /jè/ o /wò/ preceduti anche da cons. + r o da palatali /gl/ o /g/ dolce, come in brieve, figliuolo, giuoco… In francese O e U si evolvono nel dittongo ou; il catalano evolve I e E in e ad ovest, e nella schwa ad est. Quanto ai dittonghi latini (gli unici erano AE, OE e AU), i primi due si sono presto monottongati in e (coelum – cielo), mentre AU ha mostrato più resistenza, monottongandosi più tardivamente in rari casi in o chiusa (caudam – coda), ma nella maggiorparte in ò aperta (aurum – òro). 4.1.1. Dittongamento L’evoluzione del vocalismo ha portato anche ad un dittongamento sulla cui origine gli esperti sono ancora discordi: questo fenomeno, assente in provenzale e portoghese, così si comporta nelle altre lingue: § Spagnolo: dittongano la O e la E sia in sillaba aperta che chiusa (BONUM-BUENO/TERRAM-TIERRA); § Italiano: dittongano la O e la E solo in sillaba aperta (BONUM-BUONO ma TERRAM-TERRA); § Francese: al dittongamento della O ed E, si aggiungono anche altri dittonghi (REGEM-ROI/PEDEMPIED); § Romeno: dittonga la E in ie (FERRUM-FIER/PECTUS-PIEPT). 5. Consonantismo Il consonantismo delle lingue romanze è diverso in parte da quello del latino classico: si perde innanzitutto l’h, che già si era indebolita nel periodo più tardo (come testimoniano epigrafi con scritture erronee con abere o ic), un’h completamente scomparsa in italiano avendo perso il suo valore fonetico, o rimasta come un latinismo grafico senza alcun valore fonetico in altre lingue romanze (da HOMINEM a homme, hombre); in italiano distingue graficamente le forme coniugate del verbo avere da preposizioni o congiunzioni omofone. È curioso che le lingue romanze abbiano sviluppato suoni inesistenti e sconosciuti al latino classico, come c e g dolci, ts e z rispettivamente sorda e sonora ed altre. La gu dura non esisteva all’inizio della parola ma solo ad inizio sillaba all’interno della parola (cioè in lingua ma non in guarda), fonema che si è evoluto in b in romeno o sardo (da lingua a limba). 5.1. Consonanti iniziali 5.1.1. Consonanti semplici Le consonanti semplici ad inizio parola non sono generalmente cambiate. Per quanto riguarda T e D, subiscono fricativizzazioni specialmente se seguite da uno yod, tipo in romeno. Quanto alle occlusive, in latino erano sempre velari, sia che seguissero vocali velari come a, o e u, sia che seguissero palatari come e e i; nelle lingue romanze la velarità del suono si è mantenuta nel primo caso, ma ha sviluppato diversi suoni nel secondo caso (mantenendo il suono velare il sardo e nei prestiti latini in lingue germaniche): con vocali palatali, si è evoluto in un suono fricativo sibilante sordo nelle lingue galloromanze (coelum-ciel), o in una fricativa interdentale sorda in spagnolo (cielo). Quando alla G con vocali palatali, in spagnolo abbiamo casi di yod (generum-yerno), casi di dileguo (germanum-hermano) e casi di /x:/ (gentem- gente). La fricativa labiodentale /f/ latina si mantiene nelle lingue romanze, eccezion fatta per lo spagnolo che la evolve in /h/ muta, indebolendola e azzerandole il valore fonetico (fabulare-hablar). 9 5.2. Consonanti all’interno della parola 5.2.1. Consonanti semplici Nel trattamento delle consonanti semplici all’interno della parola, la Romània si divide in due: quella occidentale (francese, provenzale, spagnolo, portoghese, catalano e italiano settentrionale) e quella orientale (italiano e romeno); in generale nell’Italia orientale si conservano di più le consonanti intervocaliche, mentre in quella occidentale si leniscono (fino a sonorizzarle, spirantizzarle o addirittura dileguarle). a) Occlusive labiali; la sonora /-b-/ si è fricativizzata in /- v-/. In origine la /-v-/ era una “u” semiconsonantica divenuta poi un suono bilabiale (come quello spagnolo), che nella lingua parlate si evolse in /-v-/ che il romeno ha dileguato e l’italiano ha mantenuto. Nelle lingue iberoromanze, il suono bilabiale è rimasto, la cui grafia è possibile sia con b sia con v. In casi come il francese paon (da pavonem), abbiamo un dileguo. Quando alla sorda /-p-/, venne sonorizzata e spirantizzata nella Romània occidentale (da RIPAM a riba in pr.); b) Occlusive dentali; la sonora /-d-/ viene conservata nell’orientale, e sonorizzata, spirantizzata o dileguata nella Romània occidentale (da videre a voir/ver); così anche la sorda /-t-/ (da fatam a fée/ hada).; c) Occlusive velari; la corsa /-c-/ si palatizza davanti alle vocali palatari e e i, ma non in sardo (kentu - cento). L’affricata palatale sorda c (/tsh/) si mantiene nell’orientale, ma si evolve nell’occidentale in affricate dentale sorda /ts/, che si evolve ulteriormente nelle galloromanze e portoghese in sibilante /z/, nel castigliano nell’interdentale /th/, ad es. PLACERE in plaisir (/z/), plazer (/z/), placer (/th/). Anche la G velare si palatizza davanti a vocali palatari come e e i, ma nella Romània occidentale può rimanere tale, trasformarsi in yod o dileguarsi (SAGITTAM in saeta, saetta/LEGEM in loi, ley); davanti a vocali velari (a, o e u), la sorda C sonorizza o spirantizza, la sonora G spirantizza (AMICAM in Amiga/Amie, NEGARE in nier); d) Fricative labiali; la /-f-/ viene trattata a volte come se fosse a inizio parola, a volte come un’intervocalica, e dunque si mantiene in Romània orientale e sonorizza o dilegua in occidentale (DEFENSAM in difesa MA dehesa in spagnolo); e) Fricative alveolari (sibilanti); la /-s-/ latina era sorda: si conserva tale nella Romània orientale, mentre si sonorizza in quella occidentale (per poi desonorizzarsi di nuovo in spagnolo). 5.2.2. Consonanti + iod Nelle lingue romanze, la consonante + yod provoca sempre un’evoluzione: § N+yod; in tutte le lingue si palatizza in /gn/, come in VINEAM-VIGNA, tranne nel romeno che rimane solo lo yod (VINEAM-VIE); § L+yod; in italiano e portoghese produce una /gl/ (in portoghese/lh/), indebolita in francese e romeno in /j/, e in spagnolo in /x/ (FOLIAM- foglia, folha, feuille, hoja); § T+yod; in provenzale, spagnolo antico e portoghese diventa una /z/ sonora, che si desonorizza in /th/ in spagnolo corrente; in antico francese si evolse in /ts/, a sua volta evoluto in /z/ sonora o /s/ sorda, mentre in italiano una /ts/ sorda o /g/ sonora (PLATEAM-piazza,place,plaza,plasa); § D/G+yod; nella Romània orientale s’evolve in /ts/ sorda, mentre ad occidente diventa /g/ palatale sonora o si riduce a yod (HODIE-oggi,hui,uei,hoy,hoje,azi); § S+yod; nelle galloromanze e in portoghese, lo yod si inverte in iz; in spagnolo si ha una /s/ sorda, in romeno una /sh/ palatale sorda, mentre in italiano una /tsh/ o /dsh/ (BASIARE-baciare,baiser,besar, beijar); § C+yod; si palatizza o assimila ovunque (FACIEM- faccia,face,fatz,haz); § R+yod; in genere si ottiene jr, mentre in italiano lo yod (AREAM- aia,aire,aira,era,eira,arie) 10 5.2.3. Gruppi consonantici primari Seguono le evoluzioni gruppi formati da nasale+consonante, consonante+L e velare+consonante: v Nasale+consonante; generalmente questo gruppo si conserva, e la nasale nasalizza in francese la vocale che la precede; nei dialetti italiani meridionali, questi gruppi si assimilano (in nn o mm), mentre con NT e MP, viene sonorizzata la seconda consonante (piommo, mannare, monno, tammurru); il gruppo NG tratta la G compie ad inizio parola, o si evolve in /gn/; v Consonante+L; seguono la stessa evoluzione; v Velare+consonante; il gruppo KT già si semplifica nel volgare con la caduta della velare; in italiano si assimila ed in romeno si evolve in PT, mentre nel resto della Romània si sviluppa in uno yod che spesso si palatizza. Mentre il gruppo KS si assimila in italiano o si evolve nella palatale /sh/, e in uno yod nelle galloromanze, o ancora in /ps/ nel romeno. 5.2.4. Gruppi consonantici secondari I gruppi consonanti secondari si formano a causa della sincope di una vocale atona, postonica o interfonica: la caduta di questa vocale fa sì che si incontrino queste consonanti (succede specialmente in francese che ha subito varie sincopi vocaliche); in parte succedeva già nel latino volgare (VETULUS-VETLU- VECLU-VECCHIO). Il francese adotta inoltre la Loi des trois consonnes quando ci si trova dinanzi a gruppi consonantici tripli, che comporta la caduta della consonante intermedia (legge che non vale per r e l). Alcuni gruppi sviluppano l’epentesi, cioè l’aggiunta di una “consonante di transizione” (INSULA-INSLA- ISCLA-ISCHIA), o in francese NUMERUS-NOMBRE. 5.3. Consonanti finali Distinguiamo tra le consonanti in posizione finale primaria (cioè del latino) e quelle in posizione finale secondaria (cioè già nelle romanze). 5.3.1. Posizione finale primaria Alcune finali erano già articolate debolmente in latino, e la loro caduta è stata testimoniata alla massima potenza in italiano, e alla minima in francese, collocandosi tutte le altre lingue romanze tra questi due poli. v -m; già durante la Repubblica veniva pronunciata debolmente; è caduta in tutte le lingue romanze, lasciando qualche traccia nei monosillabi (REM-rene,rien); v -n; generalmente è caduta dappertutto (NOMEN-nome,nom); v -s; durante il periodo repubblicano, essa veniva pronunciata come una s se seguita da vocale o consonante con la quale poteva formare gruppo. Cadde invece laddove si trovava seguita da consonanti alle quali era impossibile legarsi; in linea di massima, la Romània occidentale la conserva, mentre invece l’orientale la converte in i (NOS-noi,nous,nos); v -t; già caduta nel latino volgare in tutte le zone, si è mantenuta nel francese fino al 1100 circa. Ora la mantiene solo nella desinenza della 3° persona plurale dei verbi (CANTANT-cantano MA chantent); v -r; nei polisillabi subisce una metatesi, passando all’interno della parola (SEMPER-sempre/QUATTORquattro). 5.3.2. Posizione finale secondaria C’è da tener conto che le consonanti diventate finali nelle romanze possono aver subito modificazioni e non essere più quelle del latino; inoltre molte lingue romanze accettano consonanti finali solo se queste sono possibili anche in latino. Nelle lingue romanze, le consonanti diventano finali specialmente a causa della caduta della vocale finale, specialmente nelle galloromanze; in questo caso, si ricorre spesso alla desonorizzazione della consonante (GRANDEM-grant in antico francese) 11 4. Morfologia La morfologia analizza la struttura e la forma delle parole, ed i processi che le fanno evolvere. Questa branca distingue: • Lingue analitiche o isolanti: cioè lingue in ci ogni parola consiste in un unico morfema, come il vietnamita; • Lingue agglutinanti, che aggiungono piccole particelle chiaramente identificabili e segmentabili per dare il senso di numero, genere, caso ecc…, come fanno il turco o il finlandese; • Lingue sintetiche o flessive, che introducono queste particelle all’interno della parola, flettendola come fa il latino, che evolvendosi nelle romanze, si evolve in lingue analitiche (che comunque conservano vari elementi tipicamente flessivi). 1. Morfologia nominale 1.1.I casi e le declinazioni Il latino parlato riduce molto il numero dei casi, mantenendo solo il nominativo e usando l’accusativo con preposizioni per rimpiazzare gli altri casi. Questo sistema bicasuale è stato poi abbandonato dalle lingue romanze, rimanendo in quelle galloromanze sino al Medioevo. Il romeno invece, ancora mantiene due casi, uno che accoppia nominativo e accusativo, ed una che accoppia il genitivo e il dativo. Alcune lingue romanze inoltre, usano differenziano il complemento oggetto dal complemento oggetto animato usando una preposizione (come le iberoromanze che usano a). Con l’evoluzione della lingua, le 5 declinazioni vanno via via impoverendosi nel latino parlato, le quali vennero esemplificate con la prima che inglobò tutte le parole femminili della III, IV e V declinazione (oltre a mantenere le parole che già appartenevano alla prima), e la seconda inglobò tutte quelle maschili della III, della IV e le rarissime della IV (oltre a quelle che già le appartenevano). 1.2. L’articolo determinativo La presenza dell’articolo determinativo è una novità per il latino, che lo ignorava. In tutta la Romània si usa ILLE, ma in Sardegna IPSE. Prima la posizione era indifferente, ma poi andò consolidandosi la posizione precedente al sostantivo. Il romeno invece mantiene l’articolo posposto e fuso al sostantivo (ochiu-l). Quanto all’italiano, prima veniva usato lo in ogni caso, che diventava l quand’era preceduto da vocale. Gli venne poi anteposta una vocale d’appoggio, più precisamente una i, evolvendosi in il. Per il plurale, il consueto li veniva passato a iato con uno yod, che provocò gli che abbiamo anche oggi. 2. Morfologia verbale 2.1. Le forme nuove La nuova morfologia verbale introduce nuove forme verbali: 12 2.1.1. Il futuro romanzo Il latino classico dovette evolversi per la sua “scomodità”: aveva due forme (una per la I e II coniugazione, una la III e la IV), ed ed era uguale al perfetto, e pronunciato quasi uguale all’imperfetto, data la fricativizzazione di /-b-/ con /-v-/ che confondeva CANTABIT con CANTAVIT. Per rispondere a quest’ambiguità il latino s’evolse con una perifrasi formata dall’infinito del verbo seguito dall’indicativo presente di un verbo che esprimesse dovere o intenzione, come HABERE, VELLE, DEBERE (nel sardo) o VENIRE. HABEO fu il più usato, che quando precedeva l’infinito poteva esser distanziato da una preposizione (come HABEO AD CANTARE, che si evolve nell’italiano meridionale in aggi’a candà), e quando lo seguiva si fondeva all’infinito stesso (CANTARE HABEO-canterò): scomponendo infatti il futuro, troveremo nelle lingue romanze che la parte finale non è altro che il presente del verbo avere (canter-ò/chanter-ai/cantar-é). 2.1.2. Il condizionale Il condizionale segue la stessa formazione del futuro ma con l’imperfetto di HABEO, cioè HABEBAM, creando poi le forme sintetiche nella loro evoluzione com’è successo per il futuro, dando ad esempio cantarìa in spagnolo. L’italiano invece ha preferito l’uso del perfetto HABUI -poi evoluto in HEBUI- (CANTARE HEBUIcanterei), sebbene la Scuola Siciliana adottasse “cantaria”; nei dialetti italiani meridionali ed in antico provenzale troviamo la forma cantàra, evoluta dal piuccheperfetto classico CANTAVERAM (che corrisponde al nostro trapassato remoto) che perde il suo valore di trapassato e acquisisce quello condizionale. 2.1.3. Il passato prossimo Forma presente in tutte le lingue romanze, predomina nel francese e nell’Italia settentrionale in detrimento del passato remoto, situazione che invece si ribalta se guardiamo all’Italia meridionale, al Portogallo e all’America Latina. Quanto alla costruzione, si accostano i due ausiliare ESSERE e HABERE al participio passato, forma non del tutto sconosciuta già nel latino classico. Il primo ausiliare è stato generalmente usato per gli intransitivi ed il secondo per i transitivi; quanto alle iberoromanze, esse si sono contese HABERE e TENERE, per poi adottarsi il primo in spagnolo (he venido) ed il secondo in portoghese (tenho vindo). 2.1.4. Il passivo romanzo L’evoluzione del latino in lingue romanze ha portato all’estinzione della forma sintetica del passivo classico LAUDOR (sono lodato), in favore a forme perifrastiche del participio passato seguito dall’ausiliare ESSERE (LAUDATUS SUM). La diffusione del passato prossimo ha facilitato questo processo. Nelle iberoromanze, viene sottolineata la differenza tra il processo dell’azione (la puerta es cerrada/la porta viene chiusa) da