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Quando parliamo di un’area in cui ci sono molti parlanti di una lingua, la lingua viene
nazionalizzata. Lingue che oggi sono concepite come ufficiali, nazionali, una volta
potevano non esserlo.
Il gallego-> in Galizia
Il portoghese
Il francese è parlato in Canada, negli Stati Uniti (in Louisiana), ad Haiti, in Guyana,
Nordafrica, Mali, centro Africa. In Indocina, in Vietnam abbiamo avuto la
colonizzazione Francese, Timor etc. in alcune zone dell’oceania.
Parliamo di Romània nova in cui non c’è stata una latinizzazione diretta ma le lingue
sono state esportate. È quella zona geografico-linguistica in cui una lingua romanza
esiste ma non attraverso una romanizzazione diretta. Ci sono differenze tra lo
spagnolo parlato in America e quello della Spagna: questo avviene perché si parte da
un latino volgare evolutasi in maniera indipendente. Nel momento in cui questa
lingua viene esportata la lingua inizia un nuovo tipo di evoluzione. Abbiamo due
evoluzioni di tipo divergente. Sono lingue dovute alla colonizzazione.
Parliamo inoltre di Romània submersa. C’erano delle zone che si sono sottratte
all’area di influenza latina e hanno subito un’influenza e una colonizzazione da parte
di altri popoli che poi hanno determinato la lingua attuale. Una volta ad esempio il
Nord Africa era parte dell’impero romano, pensiamo a scrittori cartaginesi che
scrivevano in latino (Sant’Agostino ad esempio). Il dalmatico era una lingua del
ceppo italo-romanzo che si è estinta da poco. Il caso dell’Inghilterra è notevole
perché su una popolazione parlante una lingua germanica si innesterà una dinastia
che adotterà il francese: si svilupperà l’anglonormanno. Non a caso molto lessico
inglese ha delle origini non germaniche ma latine.
Substrato-> La lingua si fonda su diversi strati che hanno influenzato più o meno la
lingua: ogni strato precede un altro strato e segue un altro strato. L’ultimo strato è lo
stato attuale della lingua. Uno dei primissimi stati è costituito dalle lingue autoctone,
le lingue che già esistevano di cui non sappiamo quasi nulla: il ligure, il basco, il
guascone. Successivamente a questo primo strato si è depositato lo strato delle lingue
indoeuropee (latino, greco etc). Poi dal latino si arriva ai volgari romanzi e dai
volgari romanzi alle lingue romanze. Queste stratificazioni sono dati da un deposito,
un accumulo di altre lingue. Queste stratificazioni avranno tra di loro degli influssi e
delle influenze: lo strato sottostante influenza quello sottostante e viceversa.
Pensiamo all’europa pre-romana: c’erano delle popolazioni autoctone che erano state
assorbite da popolazioni indoeuropee. Tra le grandi migrazioni c’è per esempio
quella dei Celti che nell’area spagnola hanno dato origine all’area celtibera e all’area
galla. La Gallia è stata influenzata più nettamente mentre la Celtibera di meno. Si è
creato uno strato sovrastante che ha cacciato lo strato precedente, lo strato precedente
però ha fatto sì che ci fossero degli affioramenti dell’area gallica
Superstrato-> Nel caso del latino, il latino si è imposto come strato preponderante ed
è riuscito a caratterizzarsi in maniera forte cancellando quasi del tutto gli strati
precedenti. La lingua latina è diventata superstrato, perché ha coperto tutte le aree
delle lingue precedenti attraverso tre fattori: il fattore militare, il fattore commerciale,
il fattore culturale (molte popolazioni sono affascinate dagli usi e costumi neolatini.
Ogni superstrato è substrato di un superstrato successivo: subito dopo la
romanizzazione segue un periodo di decadenza che consente ad altri gruppi etnico-
linguistici di farsi superstrato a loro volta quindi di andare ad agire sulla
romanizzazione. Allo strato del latino si viene a sovrapporre un altro strato di lingue
estranee che agiscono sulla romanizzazione pregressa. In Italia ad esempio
subentrano goti e longobardi. Sia i goti che i longobardi fanno parte di un gruppo
linguistico germanico: i longobardi riusciranno ad avere un dominio politico ma
anche un influsso di superstrato sul latino che si era creato nelle loro aree di
dominazione. Gli influssi dei longobardi li abbiamo ancora oggi in alcune espressioni
lessicali: quando parliamo di ‘’guerra’’ non abbiamo una base etimologica latina ma
dovremmo rifarci a una base etimologica germanica. Dopo la romanizzazione sono
subentrati altri strati che hanno avuto effetto di superstrato che hanno influenzato la
lingua latina.
Delle due, una soccombe e una si sviluppa, prendendo più o meno in maniera intensa
elementi della lingua che era parlata. Il latino ha vinto rispetto alle lingue germaniche
ma dal superstrato ha preso degli elementi. Le lingue di substrato (che quindi sono
scomparse), come il ligure per esempio, non ha lasciato alcuni elementi visibili. Le
lingue di substrato sono lingue che vengono spazzate vie o assorbite da una lingua
che si deposita su questo strato. Le lingue di superstrato sono quelle lingue che si
riversano di sopra che possono cancellare le lingue precedenti.
Tutte le lingue romanze derivano dalla stessa lingua ma sono diversa in base alle
dinamiche di evoluzione e in base ai superstrati vari che si sono andati a depositare
consentendo la frammentazione linguistica.
Le lingue di sostrato sono lingue che pur soccombendo rispetto alla nuova lingua che
si istaura in realtà producono comunque minimi fenomeni che affiorano nella lingua
sovrastante che va ad imporsi: ex. Le lingue di natura celtica nel sostrato latino. Allo
stesso tempo gli stati sovrastanti possono influenzare le lingue sottostanti (ex. Il
latino è lo strato che si trova al di sotto rispetto alle lingue germaniche che avanzano
attraverso verso i confini dell’impero. Queste popolazioni, per quanto dominanti non
riescono a imporre una nuova lingua, quindi la lingua precedente, latina, resta la
lingua parlata. Questa lingua che si va a sovrapporre pur scomparendo riesce a
produrre degli effetti sulla lingua sottostante. Un esempio è quello dei relitti che
abbiamo nel fondo linguistico in cui abbiamo dei germanismi: guardare, guerra etc).
Ci sono dei forestierismi che non possono essere considerato come superstrato (come
gli anglicismi) per il semplice motivo che non c’è stato un contatto di popolazioni. I
longobardi sono stati qui per secoli, i celti sono entrati a contatto con i romani: si
sono frequentati, combattuti, sposati e questo ha determinato il superstrato. Mentre
gli inglesi non hanno mai invaso massicciamente l’Italia. Esistono quindi tutta una
serie di altri fenomeni, come il prestito che vengono chiamati adstrato-> ‘’ad’’
presso, vicino. Non dobbiamo considerare conquiste, invasioni o colonizzazioni ma
piuttosto dovute a dei rapporti in via orizzontale: popolazioni collegate tra di loro da
una rete ad esempio commerciale, o per questioni di prestigio culturale.
Quando parliamo di cultismi parliamo di quelle parole che non hanno subito tutti i
mutamenti spontanei dell’evoluzione della lingua. Per quanto riguarda il greco tutte
le parole di tipo medico non sono adstrato ma sono state introdotte per una questione
di prestigio linguistico. Sono delle parole condizionate da una trafila non spontanea.
753 a.c. -> Roma viene probabilmente fondata in quest’anno. Tutti gli storici ci
danno questa data di formazione. C’erano diverse popolazioni italiche, alcune
autoctone altre non, che nel centro italia convivevano pacificamente. Da questo
momento in poi, la popolazione latina, prende il sopravvento e attraverso le conquiste
militari e le alleanze strategiche riesce ad imporsi nell’Italia centrale. Dall’italia
centrale questa popolazione assorbe territorialmente quasi tutta l’Italia fino alla
pianura padana che rimane dei galli e diverse aree del sud che invece erano state
conquistate da Cartagine.
218-202 a.c.-> Periodo della seconda guerra punica. Si creano delle situazioni in cui
due potenze lottano per la supremazia: Roma (che ora è una repubblica) e Cartagine.
Abbiamo 3 guerre puniche ma la seconda è importante perché rappresenta la
romanizzazione dell’area iberica. La seconda guerra punica è la guerra di Annibale in
cui Roma riesce ad impossessarsi di un dominio strategico importante del blocco
cartaginese. I cartaginesi controllavano il Mediterraneo occidentale e quindi
controllava la Spagna e parte della sardegna e sicilia. Con la disfatta della seconda
guerra punica questi territori passano a Roma. Roma per la prima volta mette piede in
Iberia e si inizia la romanizzazione della penisola iberica.
50 a.c. -> Data presunta della stesura del De bello gallico. Data della romanizzazione
della Gallia. Con la stesura del de bello gallico si ha il compimento della conquista
della Gallia. Cesare narra le vicende di una lunga campagna militare che inizia coi
territori della Gallia Cisalpina fino a tutta quanta la Gallia: la belgica, la celtica fino
ad arrivare alla conquista pressoché totale. Comprende anche quella parte della
Svizzera che oggi è romanza. È una conquista parziale perché c’è una resistenza di
tipo celtico che si concentra soprattutto nel nord che anche se assoggettata alla
repubblica romana restano più legate alle loro origini celtiche. Questo avviene in
alcune aree nel nord. Il sud invece è molto più facilmente romanizzato perché intanto
è più vicino all’area mediterranea ma anche perché quell’area era già romanizzata
prima del de bello gallico di Cesare perché era un’area utilizzata per raggiungere la
penisola iberica. Quest’area si chiamava provincia Narbonensis che prende il nome
dall’attuale città di Norbona. Quindi il sud era territorio romano prima della
conquista. Per cui avremo questi due diversi gradi di latinizzazione: un nord meno
latinizzato, un sud pienamente latinizzato e simpatizzante della cultura latina. Nel sud
si sono persi proprio gli usi e costumi celti: nella gallia del sud erano entrate le
istituzioni repubblicane con un patriziato, al contrario della tipica gestione delle tribù
celtiche.
38-117 a.c.-> Siamo in età imperiale (e anche imperialista di Roma visto che Roma
ha l’egemonia nel mondo antico). Siamo nel periodo dell’impero di Traiano. Sotto il
suo impero abbiamo la massima espansione di Roma. In questo periodo si arriva al
culmine della romanizzazione: sarà romanizzato il nord Africa, tutta la Spagna, la
Dacia, l’Inghilterra fino al Vallo Adriano. In Iberia e Gallia abbiamo avuto la
romanizzazione diretta mentre in altre aree la romanizzazione non è stata così forte
come il medio oriente. Roma di solito lascia usi e costumi che si trovano, basta che ci
sia il controllo del territorio, le alleanze militari e il pagamento dei tributi. Molte aree
hanno dunque una romanizzazione politica, amministrativa e non tanto di tipo
culturale e linguistico. Questo è il momento di massimo splendore.
285 d.c.-> Inizia un lento declino di roma che durerà fino alla caduta. Fin’ora creava
il motto dividi et impera, e questo si rivolterà contro. Si crea la necessità di frazionare
l’impero perché tutto l’impero non può essere controllato da un unico cesare. Sotto
Diocleziano avremo la diarchia: il comando di due. Diocleziano si rende conto che
un solo cesare non ce la fa e ci sarà una divisione almeno amministrativa di due parti.
295 d.c.-> Una decina di anni dopo dalla diarchia si istituisce la tetrarchia: il
comando di quattro. L’impero romano viene spezzettato in 4 parti, delle parti che
coincidono con le macro aree linguistiche e culturali: uno della parte orientale, uno
della parte centrale, uno della gallia e dell’inghilterra, e uno dell’aria iberica e
nordafricana.
395 d.c.-> Momento di crisi. La divisione non è più solo amministrativa. Teodosio
ha due figli e decide di spartire l’impero romano in due nuove realtà imperiali, due
imperi diversi: un impero romano d’occidente (area romanza più o meno) e l’impero
romano d’Oriente con capitale Costantinopoli. Questo impero romano d’Oriente avrà
delle sorti diverse e lontane rispetto all’altro impero. L’impero d’oriente è ciò che c’è
a Oriente della penisola italiana, dai balcani in poi. Quindi non esiste più l’impero
romano ma esistono due imperi. Ci sarà una successione di colpi di stato, fino ad
arrivare al famoso ultimo imperatore di Roma: Romolo augustolo.
450-> Con la deposizione di Romolo augusto finisce l’impero romano d’occidente.
Poi l’impero romano d’oriente finirà con l’assedio di Costantinopoli nel 1400 circa.
Questa dinamica che riguarda roma bisogna applicarla a delle aree linguistiche che
avevano già altre lingue. Lo strato del latino classico-letterario ha un impatto minore
rispetto a quello non letterario: sicuramente i militari o i mercanti non parlavano alla
maniera di Cicerone e si porterà avanti il livello standard. Il livello standard è quello
della romanizzazione. Che fine fa il latino classico? Si evolve e da origine al latino
medievale. Il latino aulico non muore, si trasforma. Il latino letterario sopravvivrà
attraverso un opera di conservazione e preservazione attraverso i secoli bui del
medioevo e dare origine al latino medievale. Le varie lingue romanze hanno una fase
di proto romanzo, romanzo medievale etc, poi invece abbiamo il latino medievale che
si evolve dal latino standard. Per chi avrà accesso all’istruzione si accederà al latino
medievale che è anche la lingua delle istituzioni. La frammentazione linguistica
nelle lingue romanze è data dall’effetto dei sostrati differenti ma anche a causa delle
cronologie. Un latino che entra in iberia nel 200 a.c., per quanto sia il latino standard
delle truppe, sarà diverso dalla lingua entrata in Gallia circa 250 anni dopo, nel 50
a.c. Il latino standard entra nelle aree romanze in periodi differenti, entrerà con fasi di
sviluppo differenti. Un ultimo fattore è quello del superstrato. Gli elementi del
superstrato sono elementi legati alla storia politica, culturale e militare.
Sostanzialmente noi abbiamo da una parte le ‘’invasioni barbariche’’-> le frontiere
dell’impero non sono più difendibili dopo traiano. Né militarmente né
amministrativamente. C’è la penetrazione di alcune popolazioni verso i confini
romani. Questa penetrazione avviene o in maniera pacifica: si fanno entrare nei
confini dell’impero queste popolazioni barbariche (anche assoldando mercenari),
oppure in altri casi c’è uno scontro violento, i confini non saranno più difendibili e
dall’est inizieranno a entrare nell’impero romano. Le invasioni barbariche
costituiscono uno di quei momenti di superstrato: delle popolazioni non romane
entrano a contatto col sistema linguistico culturale dell’impero romano. Queste
popolazioni all’inizio si romanizzano (tra traiano e Diocleziano), successivamente si
avrà un tracollo soprattutto all’estinzione dell’impero unitario, queste popolazioni
saranno più aggressive, autonome e si impongono a livello militare e politico.
Creeranno così i regni romano-barbarici, molto diversificati. Ognuna di queste
popolazioni, porterà le sue specificità culturali e linguistiche. Ad esempio i franchi
porteranno il francone, i goti che si frammenteranno in visigoti e ostrogoti, i vandali
arrivano fino al nord africa. Tutte queste popolazioni diversificheranno ulteriormente
quello strato già variegato di latino che c’era prima.
14/03/19
I testi studiati possono avere varia provenienza: un testo può essere etichettato
innanzitutto come letterario e non letterario. Le prime attestazioni delle lingue
romanze passano per testi non letterari, testi pratici come documenti, leggi, conti o
appunti. Questi elementi testuali che di per sé non hanno grande rilievo, ma sono
importanti perché sono i primi reperti scritti delle lingue romanze. La prima
attestazione dell’italiano è del 960, prima di ciò esisteva la lingua ma aveva una fase
più che altro orale. A livello ortografico ci saranno tantissime oscillazioni anche solo
sullo stesso fonema. Ciò deriva dal fatto che le lingue romanze non erano dotate di
una norma e quindi i parlanti delle lingue romanze hanno dovuto costruire loro stessi
le proprie norme. Queste norme linguistiche derivate dall’uso linguistico sono state
teorizzate nel medioevo e nel 500 con le prime grammatiche e le riflessioni.
Testo dell’appendix probi-> Testo di un’aggiunta che viene fatto a una grammatica.
Questo grammatico, probo, compone un trattato sulla lingua latina e successivamente
questo trattato viene adattato nelle scuole. Intorno al IV secolo dopo cristo, viene
allegata a questa grammatica un’appendice in cui c’è una lista di parole per come
dovrebbero essere in buon latino e come invece gli scolari e i parlanti dell’epoca
erano soliti storpiarli. Si tratta di una serie di parole messe in fila con la pronuncia
corretta. Ci dice una cosa molto importante: già nel 300 dopo cristo i parlanti, anche
abbastanza colti, tendevano a dire ad esempio ‘’speclum’’ invece di ‘’speculum’’ e i
professori dovevano ribadire qual è la corretta norma. Tuttavia si produce un primo
fenomeno che è quello della sincope perché manca l’elemento vocale atono. Quindi
la sincope è un fenomeno che grazie a quest’attestazione può essere fatto risalire al
terzo secolo dopo cristo. Lo stesso fenomeno si produce in viridis, virdis. Quando
questi fenomeni sono ricorrenti, dobbiamo dire che questo tipo di errore va a
sottolineare una tendenza e quindi una legge di sviluppo linguistico. Se questa perdita
dell’elemento vocale atono è frequente e interessa tutte le lingue romanze, è un
elemento che possiamo definire panromanzo. In oculus troviamo una sincope,
frigida e fricda. Per quanto riguarda ‘’auris non oricla’’ (orecchio): il dittongo au si
chiude in o, poi si è suffissata in questo caso con il suffisso –icula. Per avere una
maggiore forza della parola, una maggiore specificità (per non confonderla con oro)
si avrà questo fenomeno. Da qui nascerà *auricola (forma non attestata ma
congetturata), da auricola poi sarà successa una sincope che avrà portato ad oricla.
Alcune parole di scarso corpo fonico come auris prenderanno un aumento della
parola ma anche poi una riduzione attraverso la sincope o la lenizione, Il
rafforzamento suffissale lo troviamo in parole come fratello, castello etc.
Bellatores-> Sono coloro che fanno la guerra, che combattono e si occupano delle
armi. Detengono il potere di uno stato, corrispondono all’aristocrazia, perché si
tratterà non di potere pubblico come quella romana ma un potere dinastico su base
familistica e tribale. Sono aristocrazie legate a famiglie che deterranno il potere.
Quando sono nate le lingue romanze questa era la società. È chiaro che i più
importanti erano quelli che avevano le armi, poi chi amministrava il potere spirituale
e poi i contadini. È una sorta di piramide. Tuttavia la classe dei bellatores ha pochi
membri rispetto alla classe degli oratores e dei contadini. La classe più numerosa era
quella dei laboratores (quasi totalità degli abitanti). Questi tre ordini avevano
ciascuno i propri spazi. Lo spazio degli oratores era quello delle chiese, dei
monasteri, dei conventi. Lo spazio dell’aristocrazia è quello della corte, luogo in cui
riesede il leader del potere insieme al suo entourage. L’ambiente dei laboratores sono
i campi, quelli che vengono ancora chiamati ‘’villa’’. Nell’ambito dell’economia
romana c’era un contrasto tra la curtem dove risiedeva la persona importante e la casa
di campagna dove la stessa persona andava e dove si possedevano degli
appezzamenti terrieri, quindi la ‘’villa’’ intesa in questo senso è l’elemento agreste,
dove ci sono i contadini. Nella letteratura trobadorica dire che una persona è cortese o
villana, indica da quale ambiente viene, molto semplicemente senza implicazioni
negative.
Gli oratores erano gli unici che sapevano leggere e scrivere e quindi sarà lì che si
conserva e si produce cultura. Gli oratores producono testi. I depositari della cultura
oltre che del sapere religioso sono gli oratores, Il mondo ecclesiastico ci interessa per
l’aspetto culturale.
Quando parliamo di oratores parliamo di una fetta della società che per quanto non
sia grandissima è molto diversificata. Il vertice degli oratores sarà il Papa, poi
cardinali, vescovi etc. C’è una struttura piramidale , che dovrà avere a che fare con
l’aspetto religioso e l’aspetto politico (il potere temporale della chiesa). Abbiamo
l’ambito del clericus. Il clericus è una figura molto diffusa nel medioevo: il chierico è
chi prende gli ordini minori per finalità di altro tipo e non per vocazione. Per esempio
chi era escluso dal potere della propria famiglia perché ad esempio erano figli cadetti,
per cui per aver accesso a vitto e alloggio sceglievano la via ecclesiastica. Allo stesso
tempo chi vuole studiare va in seminario. Gli ordini minori erano una serie di figure
scollegate dall’apparato sacramentario, che non dovevano sottostare a dei voti precisi
come quello di castità o di povertà. Nella grande schiera dei chierici ci sono i
principali attori della nascita delle letterature medievali romanze. Ci saranno coloro
che nei conventi e nei monasteri inizieranno a occuparsi delle biblioteche monastiche,
inizieranno ad essere coloro che studieranno e fonderanno delle confraternite di
studenti che progressivamente si trasformeranno nelle prime università. L’origine
dell’università risale appunto a questa divisione della società, e in particolare
all’ambito dei chierici. I chierici erano degli studenti che avevano accesso alla
cultura, facevano un circolo di studi di teologia, retorica, filosofia, scienze etc. Questa
serie di elementi contribuiva a creare questa classe dei chierici che sarà fondamentale.
La gran parte della lirica latina non religiosa (laica, profana) nasce proprio dai
chierici. All’interno delle scuole dove i chierici si formavano (delle proto università),i
chierici giravano varie sedi di formazione e acquisivano delle competenze che
mettevano a servizio di una nascente storia letteraria. C’erano i clerices vagantes,
delle figure specifiche, un gruppo al quale si deve tra le altre cose la produzione dei
Carmina Burana, una poesia a tutti gli effetti laica, una poesia di tipo giocoso e ludico
che ha poco a che fare col mondo ecclesiastico. I chierici vaganti si ritroveranno nelle
taverne, nelle piazze, nei mercati, nei porti, tutti luoghi che non hanno a che fare con
la chiesa. Abbiamo forme metriche molto raffinate che vanno verso la tradizione
antica greco/latina. La tradizione viene studiata dai chierici ma viene innovato anche
attraverso l’esperienza quotidiana.
Quando parliamo di lirica nel medioevo dobbiamo pensare a un genere che esisteva
già. Partiamo dalla lirica greca, era un genere ben noto che si stava innovando. C’è
una lirica medio-latina di esaltazione, una lirica medio-latina devozionale. Abbiamo a
che fare con un filone letterario che è sempre vivo, ha dei caratteri che si evolvono.
Non avremo più un latino classico ma un medio-latino che ha dei caratteri di
contiguità col latino classico. Ma la vera innovazione che si ha è la nascita di una
produzione letteraria diversificata, che esce dall’ambito clericale, dei chierici e si ha
l’esigenza di una nuova espressione linguistica in lingue volgari. Queste lingue
volgari sono delle lingue che iniziano prima ad entrare nell’uso pratico,
successivamente ci sarà da parte del pubblico la necessità di avere delle letterature. Il
pubblico che chiederà a gran voce questo tipo di letteratura è proprio il pubblico dei
bellatores (dal momento che i laboratores non sanno neanche leggere o scrivere). I
bellatores avrà le esigenze di una produzione in una nuova lingua. Queste esigenze
saranno prima pratiche, il latino non era ben conosciuto tra di loro. Quindi c’è una
ragione pratica: il latino non si conosce tra gli aristocratici come i clericali. Ma c’è
anche un motivo politico: bellatores e oratores entrano in contrasto per il potere
temporale, quindi avere una letteratura fatta apposta per i bellatores e non solo per
gli oratori diventa un’azione anche politica. La classe dei bellatores era una classe
verticistica: il capo clan, il monarca dopodiché il potere viene trasmesso in via
verticale e familiare. La tendenza è quella di trasmettere il potere da una persona
all’altra, soprattutto dal padre al primogenito. Nel momento in cui queste famiglie
che contavano fino a una decina di figli, la trasmissione era solo su uno, gli altri figli
esclusi avevano necessità di trovare una dimensione. Per trovare questa dimensione, o
nella classe dei bellatores diventano cavalieri, oppure entrano negli oratores
diventando oratores. Nel caso in cui rimangono nello stesso ordine dei bellatores,
nasce il feudalesimo. Il feudalesimo riguarda un periodo storico tra il tardo antico
fino a tutto il medioevo. Il feudalesimo consiste in un rapporto di tipo sociale e poi
politico. Un rapporto sociale che serve per sistemare l’ordine dei bellatores. La
maggior parte dei bellatores non avevano accesso diretto al potere (visto che solo il
primogenito regnava) e quindi dovevano avere un accesso indiretto al potere. Il
signore poteva avere degli aiutanti, delle persone fidate alle quale dare in concessione
l’amministrazione personalmente. Pur rimanendo il potere di uno e la terra una, c’era
questa concessione. Pensiamo ai vari regni romano barbarici che erano amministrati
su base tribale, le tribù erano legati da vincoli familiari. C’era un grande territorio,
una macroregione che corrispondeva a un regno: il regno aveva il re, unico capo. Il re
aveva la sua corte e poteva avere una parte di territorio che poteva amministrare lui
stesso ma essendo il regno troppo grande egli stesso era costretto a frazionarlo. Nel
momento in cui aveva parenti, il re poteva dare in affidamento, in concessione, il suo
territorio e le sue prerogative di re (amministrare giustizia, riscuotere le tasse etc) a
terzi. Possiamo dire che il re poteva dare il potere a signori locali collegati con lui da
vincoli spesso di parentela. Questi signori istituivano quindi delle signorie. Nelle loro
signorie i signori agivano come se fossero i re. Coloro che fisicamente si trovavano in
quella signoria dovevano rispondere al signore come se fosse il re. Il rapporto tra il
signore e il re era di fiducia reciproca: il signore doveva garantire fiducia al re e il re
doveva garantire fiducia al signore. I signori a loro volta affidavano alcune gestioni e
funzioni ad altre figure e quindi si frazionavano anche le signorie: questi
frazionamenti avevano vari gradi. I signori avevano i loro vassalli. Se il signore
rompeva i vincoli col vassallo, il vassallo poteva anche scegliere di fare guerra. Il
feudalesimo è molto importante per la lirica dei trovatori, ci sarà una grande metafora
feudale all’interno della poesia.
Le grandi letterature romanze nascono nel momento in cui i bellatores vuole dotarsi
di una letteratura che non sia in latino. Allora iniziano degli esperimenti. La
letteratura passa attraverso dei generi codificati, bisogna conoscere la tradizione
narrativa e della lirica. Quando parliamo di letteratura possiamo dare dei macro
generi letterari: l’epica, la poesia e la prosa. L’epica è un genere che c’è già dai testi
omerici, la poesia ha dei tratti specifici e distintivi. La poesia si distingue dall’epica
perché l’epica racconta, narra mentre la poesia esprime. L’epica ha a che fare con
fatti, con storie, tant’è che spesso si chiama racconto delle gesta, mentre la lirica ha a
che fare con il dipingere, il mostrare delle emozioni, dei sentimenti. Nell’epica
abbiamo dei fatti, mentre nella lirica abbiamo delle immagini che ci fanno avvicinare
in maniera vaga a concetti, sentimenti, sensazioni ed emozioni.
LA LIRICA
La lirica ha una trafila antica, però è un qualcosa che inizia a interessare molto le
corti e i bellatores. Nel momento in cui parliamo di lirica, poesia, spesso parliamo di
risvolti intimistici che hanno a che fare con la tematica amorosa. Quando parliamo di
lirica, in particolare di lirica amorosa facciamo riferimento alla lirica dei trovatori. Il
fenomeno dei trovatori non riguarda solo la Francia del Sud ma riguarda anche tutti
gli altri contesti romanzi medievali: Italia, Galizia, Portogallo etc e ci sono anche
addirittura dei collegamenti con la letteratura tedesca. Il trovatorismo è una dei
caratteri dell’innovazione romanza e laica. Non abbiamo l’amore che poteva essere
narrato a livello mistico o chi ericale, è un amore profano, laico e vincolato da dei
valori che circolano esclusivamente nell’ambiente dell’aristocrazia, quindi l’ambiente
cortese (di corte). Quando parliamo di poesia trobadorica posiamo di poesia d’amore,
poesia laica, poesia cortese che si sviluppa a partire dalla lingua d’oc, poi negli altri
domini romanzi ed extra romanzi. Le origini dei trovatori sono incerte: le prime fasi
della poesia trovatorica passano attraverso una fase non scritta. Le letterature
romanze delle origini si devono essere sviluppate attraverso una fase orale e
leggendaria e solo successivamente si sono fissati dei criteri ben precisi che sono poi
rimasti registrati nella fase scritta di questa letteratura. La fase scritta si attesta tra
l’11 secolo e il 12 secolo, periodo della seconda rinascita medievale. In questo
periodo possiamo collocare i primi monumenti della letteratura medievale: La
Chanson de Roland (1050-1090) e Guglielmo nono d’aquitania, che è il primo
trovatore di cui abbiamo notizia. Dobbiamo presupporre che prima della messa in
scritta della chanson de roland, c’era materiale orale sulla leggenda rolandiana, epica.
La poesia di tipo trobadorico è misterioso ma ha due teorie: una teoria che è una
teoria di nascita che si rifà a un momento precedente che è legata all’ambiente
popolare, quindi nascerebbe nel canto popolare e folclorico. Secondo un'altra trafila
ha a che fare con l’ambiente monastico, clericale. Il termine stesso ‘’trobador’’
(antico provenzale) trouvers (antico francese) trovatore (italiano), di questo termine
non sappiamo l’etimologia precisa. La seconda teoria, di tipo clericale, rimanda
all’idea di ‘’tropus’’, una tecnica di canto e di scrittura del canto. Il tropus era
un’aggiunta di tipo melodico ad alcune parti degli inni sacri. Il comporre il tropus,
cioè questa aggiunta melodica e lirica, era un verbo che era appunto ‘’tropare’’
(comporre tropi). Questo tropare, che poi diventa trovare, era trovare delle parole e
musiche per poter rendere più piacevole questi inserti lirici all’interno della liturgia
stessa. Dall’azione tropare sarebbe venuta fuori la terminologia che rimanda a
‘’trobador’’. Questo tipo di spiegazioni ci rimanda a una delle due teorie, che venne
sviluppato all’interno di un centro ecclesiastico che era quello dell’Abbazia di San
Marziale a Limoges. In quell’area lì, si sviluppa attraverso questa scuola dell’abbazia
questa attività che avrà molto successo. L’arte del tropare, del comporre tropi,
dall’ambito ecclesiastico, si sviluppa in dei testi che erano in lingua volgare. A corte
si inizia ad avere qualcuno, che sviluppi questi motivi. Si crea una tematica che è
quella amorosa. Spesso i tropi erano esaltazioni della vergine, anche a livello lessico-
semantico lo slittamento era ‘’coerente’’. Poi si prenderanno le distanze dai contenuti
religiosi e si affinerà a livello metrico e melodico. Questa è una teoria sull’origine
della poesia trovatorica, che nasce da un ambiente clericale.
Un’altra teoria, è una teoria legata a una trafila di tipo popolare. SI sono trovati in
spagna dei testi in mozarabico, testi in cui c’è ancora un canto che riguarda una
situazione di tipo amoroso, espressa secondo delle modalità specifiche. Questa
prospettiva si rifà quindi a dei canti popolari. Questo genere specifico si chiama
Karjat. Nelle karjat, l’io lirico femminile canta di un amore che è lontano (in guerra
magari). C’è il tema dell’infelicità d’amore. È interessante il fatto che la Karjat si è
inserito in una composizione lirica, Muassà. Quindi c’è un testo principale,
complessivo che è in mozarabo, dopodiché la Karjat (il ritornello) è in lingua
romanza o protoromanza ed esprime questo canto di una donna infelice. Il testo
romanzo è messo in quella lingua in un testo in mozarabo per finalità espressive, per
far vedere come la protagonista del posto esprimesse nella sua lingua il suo dolore
amoroso. Questo ritornello è sì un canto, ma messo in bocca alla donna, alla
popolana, ha un abbassamento rispetto al tono generale e quindi denuncia un’origine
di tipo popolare.
Quindi da una parte abbiamo la trafila dell’origine clericale e dall’altra queste nuove
Kajat, hanno messo in dubbio la prima teoria. A livello strutturale ci sarà più affinità
delle Karjat rispetto ai tropi di Limoges. Si è cercata una soluzione di compromesso:
la nuova esperienza di poesia trovadorica avrà un’origine nella cultura clericale di
San Marziale ma andrà a trovare anche dei tratti all’interno delle tematiche amorose
del Karjat. Si crea una poesia amorosa, laica in cui gli elementi metrici sono andati a
coincidere. Ci sono queste due teorie e delle sfumature intermedie.
Il trobatorismo nel suo carattere complessivo non ha nessuna antecedente ma sarà il
punto fondamentale di tutta la lirica romanza medievale e non solo, di tutta la poesia
fino a quella moderna e contemporanea. Anche poeti extra romanzi riprendono
elementi della lirica trobadorica. I tratti essenziali sono: una lirica profana che ha
come argomento principale quello amoroso. Esisterà anche una lirica non amorosa
ma sarà minoritaria a livello quantitativo e a livello d’impatto. Ci sarà una lirica
incentrata sullo scherzo o sulla politica ma si tratterà di esperienze liriche minoritarie.
Il tipo di amore trobadorico è quello cortese, ancorato all’ambito dei valori delle
corti. Nel dodicesimo e tredicesimo secolo questi valori diventano fondamentali, la
poesia non è più solo legata alla corte fisica ma anche alla corte come valori e
comportamenti.
20 Marzo
Le immagini a p.1 e 3 sono tratti da grandi antologie detti canzonieri. Queste poesie
ci sono state trasmesse attraverso la copiatura, non abbiamo più le originali. Ci
possiamo basare solo sui canzonieri. Questi canzonieri vengono scritti tra il 1220 ma
non abbiamo date precise. Questi raccolgono il materiale che si sviluppa a partire
circa dal 1100.
Jaufre Rudel è un trovatore che ha una produzione che va tra il 1125 e il 1148.
L’edizione è quella di Giorgio Chiarini, il più accreditato. (Quella a fianco è
l’immagine della vida).
Que=ke.
Traduzione: ‘’ Jaufres rudel di Blaia (Provenza). Era molto gentile uomo, principe di
Blaia. E si innamorò della contessa di Tripoli (Medioriente, si parla di un regno
crociato), senza vedere, per il bene che egli ne udì dire dai pellegrini che venivano da
Antiochia (altra città mediorientale dei regni crociati. I pellegrini a ritorno dal loro
pellegrinaggio, portarono la notizia di questa bellissima donna di tripoli, ascoltando i
racconti Rudel si innamora senza mai averla vista, solo dall’averne sentito parlare
bene). E fece (de è usato alla latina quindi su di lei) molti vers con buone melodie e
con semplici parole. La parola vers è il termine tecnico che indica il componimento
intero, questi argomenti vengono chiamati vers e poi a partire dal 1150 cominciano a
chiamarsi ‘’cansò’’, Quindi quando sentiamo la parola vers, potrebbe significare o il
componimento intero oppure il semplice verso. Quando dice che fece su di lei molti
‘’vers’’ può essere che fece molti componimenti o molti versi di poesia. Perciò non
l’abbiamo tradotto. Paubres invece significa ‘’povero’’ ma è usato come semplice. La
composizione trovadorica si divideva in due stili:
I trovatori all’altezza di Rudel potevano scegliere uno stile semplice, piano, aperto
oppure potevano scegliere uno stile ermetico.
Qui ci sta dicendo con ‘’paubres’’ che lui usa uno stile semplice.
E per volontà di vedere lei, si fece crociato e si mise in mare (Noi ci saremmo
aspettati ‘’si mise’’, proclitico, invece qua è spostato. La collocazione del clitico può
oscillare, è uno stadio della lingua ancora molto fragile, è un organismo che sta
iniziando a formarsi ora, non c’è una grammatica con cui confrontarsi. Spesso si
scrivono poesie senza aver cognizione della lingua stessa) e lo prese (ancora il clitico
è spostato) una malattia nella nave e fu condotto a tripoli, in un ricovero come se
fosse mort. E fu fatto sapere alla contessa ed ella venne a lui (al suo letto) e lo prese
tra le sue braccia Ed egli seppe che ella era la contessa, e così recuperò l’udito e il
respiro, e lodò dio, poiché aveva per lui la vita sostenuto, fino a che egli l’avesse
vista e così egli morì fra le sue braccia. E lei lo fece con grande dolore seppellire
nella casa del tempio e poi in quel giorno lei si rese monaca per il dolore che ella
ebbe della morte di lui. Si parla di un principe ma non abbiamo elementi. Sappiamo
che effettivamente faceva parte di un’aristocrazia decaduta e che effettivamente si
fece crociato. Questi sono gli unici dati storici accertati, il resto della bibliografia è
pieno di elementi che ci vengono offerti dal biografo ma che sono finti e che il
biografo estrae dai testi. Il biografi sta legge i testi e prova ad immaginare che sia
successo questo, senza alcun dato storico. A livello di finzione letteraria, la biografia
introduce una delle tematiche del poeta che è il cosiddetto Amor de lonh, (nh è una
nasale palatale gn), è un amore di lontano. Sarà uno dei temi più fortunati che ebbe
molto seguito anche nel romanticismo. Questo amor de lonh è esemplificato nella
vita, è un massimo livello della fin’amor. Nella fin’amor la dinamica amorosa del
corteggiamento è una dinamica quasi senza fine, questo corteggiamento non arriva
facilmente alla sua conclusione positiva ma che più è difficile più rende migliore e
più nobile i due amanti e in particolare il corteggiatore. In questo caso c’è una
distanza sociale e di necessità fra il drut e midonz. Midonz è talmente lontana sia
fisicamente e inoltre non è mai stata vista. È un amore che si è prodotto solo per aver
sentito parlare di lei. Anche nel matrimonio combinato spesso non si erano visti ma si
univano per ragioni economici, nell’amor de lonh nasce un amore disinteressato che
fa sì che l’io lirico che non ha mai visto la donna amata resti con questo amore e
cerchi attraverso la lode e il ricordo di raggiungere comunque Midonz.
(Chiede analisi metrica, quindi non i contenuti o gli aspetti linguistici ma come
funzionano quegli elementi formali e retorici).
La tornada è una partizione strofica minore (più corta) posta sempre in chiusura che
serve da congedo all’interno della poesia.
In una rima c’è una parte uguale della porzione ultima del verso, che va dall’ultima
vocale accentata in poi. Il rimante è la parola che contiene al suo interno una rima.
(Quante coblas? Ci sono tornade? Quante? Quante sillabe per ogni verso?)
TRADUZIONE
Già mai d’amore non godrò (jauzirai è futuro, è una formazione nuova che non
esisteva in latino. In latino era espresso sinteticamente, nelle lingue romanze si arriva
al futuro con una perifrasi col verbo all’infinito più il presente del verbo avere. Per
esempio, in latino avevamo Amabo, che non c’è più nelle lingue romanze e invece di
dire amabo diranno AMARE+HABEO, poi si arriverà a un trittongo Amar+aeo che
poi si ridurrà ulteriormente (Amerò, ‘’ho da amare’’). È una cosa che viene creata ex
novo come gli articoli.
Se non godo di questo amore di lontano
Poiché più nobile (suffisso –or presente in latino)né migliore non conosco
Verso nessuna parte né vicino né lontano. (una donna migliore).
Tanto è il suo pregio vero e nobile (Pretz è un termine che viene da pretium, che può
essere o prezzo o pregio-> cultismo)
Che là nel regno dei Saraceni fossi io
Per lei fossi io chiamato prigioniero. (Fossi io chiamato prigioniero nel regno dei
saraceni, a causa sua il poeta sarebbe disposto a farsi fare prigioniero nel regno dei
saraceni. È un apprezzamento iperbolico. Chiamatz è un participio. Clamat viene da
Clamatum. C’è un indebolimento delle consonanti in posizione finale, dopodiché un
altro tratto fondamentale è il trattamento delle vocali finali. Le vocali finali che
generalmente sono atone tendono a scomparire in tutte le lingue romanze. In italiano
ciò non avverrà perché è una lingua conservativa. C’è un grado massimo di
conservazione (l’italiane-> Le vocali latine atone possono scurire o aprire il timbro la
u tende a diventare o), le vocali finale in provenzale tendono a scomparire ad
eccezione della A. In francese invece cadono tutte le vocali finali ad eccezione della
A ma la A si trasforma sempre in E –vita diventa vie- tramite lenizione). Nell’area
ibero-romanza c’è una tendenza ibrida: la A si mantiene, la O si mantiene, la U
diventa O. I spagnolo la E ha la tendenza a cadere. Quindi per quanto riguarda le
vocali ci sono lingue estremamente conservative (italiano), lingue intermedie (lingue
iberiche) e lingue meno conservative (lingue gallo-romanze). Tornando a Clamatz
abbiamo la vocale finale che è caduta e rimane clamat. In italiano, il nesso
consonantico cl diventa chiamare, in spagnolo llamar, chamar in portoghese, poi
abbiamo clamer (antico francese). Quando si incontrano due consonanti c’è una sorta
di scontro di supremazia, c’è un suono che vuole prevalere sull’altro. C’è un esito
massimamente conservativo nell’area gallo-romanza. In italiano, c’è la vittoria
dell’elemento velare (una velarizzazione). In spagnolo avremo una prevalenza della
laterale che però si palatarizzerà. In chamar abbiamo una velare che prevale sul suono
laterale venendone però in parte coinvolta e in parte modificata, avremo come per lo
spagnolo una palatalizzazione ma dell’elemento velare.
Abbiamo l’espressione ‘’chiaitius’’. Il sistema dei casi latini nelle lingue gallo-
romanze diventa in una prima fase, un sistema bicasuale: il caso retto, del soggetto di
chi fa l’azione e il caso obliquo (chi subisce l’azione). Poi si perderà questo sistema
casuale, come nelle altre lingue romanze ad eccezione del romeno che mantiene un
sistema bicasuale. Queste ‘’s’’ che troviamo servono, sia per il singolare che per il
plurale anche come tratto morfologico per distinguere il caso retto dal caso obliquo.
Tolta la s, Chiaitiu< CAPTIVU(M). Tra i tratti che possiamo notare, c’è la velare
davanti ad A. C’è la palatalizzazione della velare davanti ad A. La velare iniziale più
A di norma resta inalterato nel provenzale mentre subisce una palatalizzazione nel
francese. Questo è uno dei tratti che distingue la lingua del nord (francese) da quella
del sud (provenzale). In questo caso abbiamo un influsso settentrionale nella poesia.
(Gauch-> raggiungimento della fin d’amor, che deriva dal latino GAUDIUM, quindi
la gioia, la soddisfazione nel raggiungimento dell’obiettivo). Quindi chantiu è un
settentrionalismo, un influsso della lingua d’oil che si è prodotta o a livello
autorale( cioè rudel ha scelto di scrivere così) oppure sarà stato uno dei copisti a fare
questa modifica. Un altro tratto interessante della parola chantiu è il nesso P+T (di
captivum), il trattamento di pt viene risolto con una vocalizzazione della vocale
precedente: resta la dentale che vocalizza la consonante precedente. Chaitiu subisce
una vocalizzazione (influenza del nord di coitiu). (parentesi. Il suono CT spesso in
italiano si assimila NOCTEM>(notte), in antico provenzale e spagnolo (noche,
noch)si palatalizza e in portoghese (noite) si vocalizzano. In antico francese (noit) e
portoghese (noite) c’è una vocalizzazione)
Iratz nella terza cobla ha a che fare con l’ira, ma a livello semantico l’ira andava ad
identificare due diversi stati d’animo: uno che ha come sinonimo adirato, l’altro
significato ha a che fare con la tristezza). Iratz può essere adirato o triste. In questo
caso è triste e si contrappone al gioioso.
Triste e gioioso me ne separerò (Partir ha una base etimologica latina che deriva da
separare)
Se io già là vedo l’amore di lontano
Ma non so quando la vedrò
Poiché (car viene dal latino quare) sono troppo le nostre terre lontane.
Ci sono molti passi e cammini
E per questo non ne sono indovino. (Per questo non posso essere indovino, non posso
prevedere quando ci rivedremo e se mai ci rivedremo).
Ma tutto sia come a dio piace.
‘’Be’’ all’inizio della quarta cobla sta per Ben, che deriva dall’avverbio latino Bene
che perde l’elemento vocalico e rimane ben. Il provenzale e il francese antico
tendono a rendere evanescente la vocale nasale finale).
Davvero mi parrà joi (Joi è un termine chiave della lirica trovatorica. Joi potremmo
tradurlo come gioia, joi è il raggiungimento della fin’amor. Nel momento in cui
questo corteggiamento del drut verso midonz, quando c’è l’accettazione si compie
tutto il percorso e si raggiunge uno status psicofisico di appagamento. Questo
appagamento è la joi. Joi deriva da GAUDIUM. In provenzale questa parola sarà
gauch (vedi prima) oppure molto più spesso si ritrova nella variante dell’antico
francese che è appunto joi). Questa parola è un condensato di informazioni e regole
fonetiche. Come mai da GAUDIUM in francese deriva joi e in provenzale gauch? Le
consonanti finali cadono, la vocale finale diverse da A nelle lingue gallo romanze
scompaiono. La i di GAUDIUM si chiama yod, ed è una semivocale. Essendo una
semivocale, se si trova in combinazione con un’altra consonante precedente crea
degli effetti: La dentale+ yod, in antico provenzale (al sud) l’esito di dentale e yod
sarà la palatalizzazione, Mentre in francese (al nord) ci sarà una vocalizzazione.
Nord, vocalizzazione. Sud, palatalizzazione. Il dittongo AU distingue anche il
francese antico dal provenzale antico. Questo dittongo, detto primario perché esiste
nella base etimologica latina, è un dittongo che nell’antico provenzale resta in alterato
mentre in francese antico si avrà una monottongazione, diventa un unico suono
vocalico). La e breve in italiano dittonga, pedem-> piede. Invece quando sue suoni
vocalici se ne ha uno solo si chiama monottonga mento. Per quanto riguarda La G di
gaudium, la velare quindi, resta tale al sud mentre palatalizza al nord).
Quando le chiederò per amor di dio
L’accoglimento da lontano
E se a lei piace, sarò accolto presso di lei.
Per quanto io venga da lontano. (Per quanto io possa essere estraneo, forestiero, sarò
comunque ben accolto da lei)
Mi sembrerà il nostro discorso fis (fis deriva da finus e ha a che fare con la fin’amor,
quindi perfetto, gentile, cortese,amorevole)
Quando il drut lontano sarà tanto vicino
con un cortese ginh (ginh sta per ingegnum) ingegno (attenzione) godrà del piacere.
Questa poesia è indicata come poesia con musica. I manoscritti oscillano spesso nella
grafia, quando ci sono delle grafie diverse, questa situazione riflette non solo la grafia
moderna ma i manoscritti stessi. I copisti ancora non avevano una norma ortografica
e potevano scrivere diverse cose: per esempio ‘’laquan’’ nel manoscritto della foto è
scritto ‘’lan quant’’. In alcuni casi si trova addirittura lancan. La quarta parola,
‘’jorn’’ ne manoscritto l’abbiamo come ‘’ior’’. Per cui la ‘’i’’ in provenzale può
essere una i o una j.
Nella tornada c’è una differenza che nell’ultima parte dell’ultima cobla. Le rime sono
uguali all’ultima parte dell’ultima cobla, i contenuti cambiano. C’è un congedo.
‘’Mon cortes’’ è un nome nascosto che si chiama in termine tecnico senhal. È un
nome nascosto che serve per celare l’identità della persona a cui è inviato questo
componimento. La lirica amorosa si basa sul nascondere questo sentimento, si usa
quindi il senhar per celare l’identità della dama a cui questo componimento viene
invitato. È messo al maschile perché il soggetto è Midonz, Si fa riferimento a una
lontananza, si fa riferimento a una dama cortese quindi di corte. Questa donna sarà la
contessa di Normandia, Eleonora d’Aquitania. La contessa che se ne andò aldilà della
manica. Potrebbe essere lei, perché il componitore della vita ha messo la storia ma
spesso non è reale.
Nella terza strofa si fa riferimento a Tristano, personaggio del ciclo di tristano e isotta
(di cui non ci occupiamo). Quando si fa riferimento Tristano a questa altezza
cronologica, abbiamo almeno 3 autori che si sono occupati di tristano: Beroul, Tomas
e probabilmente anche Chrétien de Troies (di lui non abbiamo nessun testo, solo una
menzione). Tristano è un elemento importante. Tristano deve salvare Isotta e deve
portarla dall’Irlanda alla Cornovaglia per farla sposare allo zio, per azione di un filtro
magico i due si innamorano e c’è quindi quest’amore adultero. Questo riferimento a
Tristano ci rimanda a un ambito non lirico, in questo genere non lirico erano
penetrate le dinamiche dell’amore adultero contro quello matrimoniale.
CI SONO DOMANDE SULLA NARRATIVA.
Nella terza strofa fa riferimento a Tristano, neanche tristano che è l’amante per
eccellenza, ha amato così loiaument. Loiaument in alcune versioni è scritto
coriaument. Il testo medievale è mobile, anche quando abbiamo un autore e un
componimento , il testo che ci è tramandato oscilla: la tradizione manoscritta. Ha
alterato a volte il testo introducendo errori oppure in altri casi (come questo) dando
delle varianti, due versioni differenti. In questo caso il filologo si trova nel dilemma
se restituire un testo oppure l’altro. In questo caso abbiamo queste due lezioni che
vogliono dire due cose differenti. Coriaumant ha a che fare con cor, cuore. Loiaument
invece ha a che fare con l’aggettivo leal. L’amore di Tristano e Isotta è un amore
indotto da una pozione. Non c’è ad oggi una versione unica, gli editori moderni
danno due risposte differenti. In ogni caso si fa riferimento a un amore
incondizionato.
Per ribadire la forza che mette in questo sentimento amoroso a un certo punto Bernart
de Ventardorn, Chatelain riprende Bernart de Ventadorn. È una ripresa intertestuale .
Qui abbiamo una citazione esplicita di Ventadorn, un autore già ben conosciuto.
Probabilmente aveva letto Bernart de Ventadorn, l’aveva memorizzato e lo riusa
citandolo per rifunzionalizzarlo nel suo discorso amoroso, infatti aggiunge delle cose;
‘’ma non so se faccio follia’’, lui al contrario di Bernart ha questo dubbio, che andare
in maniera condizionata verso quest’amore può portare a commettere una follia.
‘’Ancora me dout’’. Dout è il verbo douter che viene dal latino DUBITARE. C’è la
caduta della vocale finale (cadono tutte le vocali finali in francese e provenzale tranne
la a che in francese diventa e, mentre in provenzale rimane a). Abbiamo la caduta
della bilabiale (una lenizione), mentre nel provenzale dobtar c’è una sincope
dell’elemento vocalico. Dobbiamo presupporre che nel provenzale ci sia stata prima
una sincope della vocale I, perché altrimenti si sarebbe verificata anche per il
provenzale la lenizione della bilabiale. Non c’è stata una lenizione perché la sincope
ha impedito la posizione intervocalica della bilabiale (e la lenizione avviene solo in
posizione intervocalica). Nell’italiano antico abbiamo ‘’dottare’’ : in un primo
momento sarà caduta la vocale e ci sarà stata una sincope, dopo questa sincope due
consonanti si sono trovate in contatto e c’è stata un’assimilazione regressiva.
L’elemento dentale ha prevalso e c’è stata un’assimilazione regressiva (quello a
destra prevale su quello a sinistra).
Anche se dovesse far follie, a costo della vita le commetterebbe perché non trova
nessuna così bella e così saggia. La bellezza fisica deve essere corredata da una
bellezza interiore, la dama deve essere sia bella che assennata. La dama per
eccellenza, Midonz, deve essere completa come bellezza e saggezza. Gli occhi sono i
responsabili di questo stato d’innamoramento, ama i suoi occhi perché gliel’hanno
fatta vedere. Abbiamo un riferimento all’ostaggio, l’amante ha messo il suo cuore in
ostaggio nel carcere d’amore. In questo ostaggio il cuore ci sta da molto tempo ma
non ha cura di uscire da questo carcere, non c’è una necessità di uscirne. C’è un
riferimento che troviamo in Bernart de Ventadorn e Jaufré Rudel.
Canzone, vattene per farmi da messaggero
Laddove io non oso ritornare e né rivolgermi (ha a che fare con gauche, ha a che fare
con qualcosa che è curvo)
Poiché tanto temo la folle gente crudele
Che indovinano prima che ciò possa avvenire,
i beni d’amore (Dio li possa maledire). (Tra i due amanti si frappongono le figure dei
lauzengers, coloro che sparlano e che in un contesto di amore adultero vanno a
rivelare quest’amore. Quelle persone che a corte colgono qualcosa e indovinano
qualcosa prima che il corteggiamento arrivi a buon fine, che poi vengono denunciate
al marito, al giloz).
A molti amanti hanno fatto ir ( o ira o tristezza, in questo caso è tristezza) e
danno(Danno viene da < damnum+aticum che si risolve in age, poi la nasale finale
cade, una caduta della u (vocale finale diversa da a) una doppia nasale che si
scempia. In inglese troviamo anche questa parola. È dovuta a una fase in cui
l’Inghilterra del sud era sotto il dominio anglonormanno. L’anglonormanno è una
varietà del francese antico che ha permesso la conservazione dell’inglese di un
patrimonio lessicale non germanico)
Ma io ne traggo di questo molto crudele vantaggio,
poiché debbo obbedire secondo il mio peso (a mio malgrado)
L’ultima strofa è una tornada. Lo schema metrico è quella di una strofa, non abbiamo
una tornada a livello strutturale ma ce l’abbiamo a livello di contenuto. Ha una
funzione di congedo. Abbiamo un riferimento alla canzone all’inizio. Il poeta affida
alla canzone il suo stato d’animo e l’espressione del suo sentimento.
L’immagine è del canzoniere, anche in questo caso siamo in un contesto di lirica per
musica.
Nella lirica siciliana, il connubio tra musica e parole non c’è più. Anche alcune
miniature di questi canzonieri ci tramandano il poeta che legge solamente ma non ci
tramanda immagini di giullari o di musicisti. Il fatto di non aver traccia di spartiti
musicali, capiamo che questa poesia è slegata dalla musica. C’è l’assenza di una
cornice topica, abbastanza frequente: non c’è l’esordio stagionale, o quello retorico
ma si inizia con l’io lirico che si rivolge direttamente a Madonna, che è esattamente
Midonz (Mia domina diventa madonna). Siamo sempre in una poesia profana, erotico
amorosa e cortese.
Mia signora vi voglio dire
Come mi ha fatto prigioniero l’amore
Rispetto al grande rifiuto (Oroglio è il rifiuto, quanto il corteggiamento non va buon
fine)
Che voi bella mostrate e non m’aiuta.
Oi lasso (infelice dal latino laxus, laqueo significava essere legato) il mio cuore che è
messo in tante pene
Vive quando muore (il che è polivalente) per bene amare. (Il cuore messo in tante
pene, a causa del bene amare, dell’amare finemente muore. Vive e muore allo stesso
tempo)
E se lo tiene a vita.
Muoio e vivo io?
No, ma il cuore mio muore più spesso e fortemente
Di quanto non farebbe di morte naturale.
A causa vostra, donna che ama e che brama più di se stesso
E voi sempre lo sdegnate:
Amore, la vostra amicizia ho visto male (Pensava che fosse suo amico e invece ha
visto male)
Il problema è il solito, la sofferenza d’amore per una donna che non è estremamente
lodata. È lodata però appunto questa domina mostra orgoglio, sta iniziando a uscire
dalla dinamica della fin’amor. Se la donna amata è tracotante e non mostra pietà,
questo è un comportamento stigmatizzabile.
Il mio innamoramento
Non può apparire a parole
E così come io lo sento
Non lo potrebbe pensare un cuore
E né esprimere con la lingua; (L’amore è talmente grande che non è esprimibile. Si
riprendono figure e motivi della tradizione trobadorica ma innovandoli con alcuni
aspetti)
E quello che io dico è niente
Rispetto al fatto che io sono imprigionato
Tanto coralemente
Io ho un fuoco nel cuore
E non credo che mai si estingua
Anzi sempre aumenta.
E quindi perché non mi consuma questo fuoco?
(qui fa riferimento ai bestiari medievali, delle enciclopedie in cui venivano presentati
degli animali che avevano le loro caratteristiche)
Ho ascoltato che la Salamandra
Che vive nel fuoco stando sana (non morendo)
E quindi anche io faccio così da tanto tempo,
vivo dentro il fuoco d’amore
e non so che cosa dire:
il mio lavoro spiga (mette le spighe) però non produce i chicchi. (è una specie di
detto aforistico, lui ce l’ha messa tutta, però queste spighe del suo lavoro non sono
buone per fare il grano)
L’ultima strofa è una sorta di congedo, è una strofa completa ma anche qui l’ultima
strofe ha un argomento discorsivo che funge da congedo.
Assai mi sono mostrato
A voi bella e spietata (La pietà è l’equivalente della mercé provenzale. Si riallaccia a
una figura dell’inizio, spietate è quindi senza pietà)
Come io sono innamorato
Ma credo che io dispiacerei
A voi pinto (dipinto. Io dispiacerei a voi anche se fossi dipinto. Io credo che a voi non
vi piacerei nemmeno dipinto, figuriamoci di persona)
Perché solo a me,lasso (infelice, che viene da costretto)
Questa sorte è data,
perché non me ne separo? (Qui abbiamo due rimanti apparentemente uguali ma
hanno due funzioni differenti. Il primo lasso è un aggettivo, l’altro è un verbo. Questa
è una figura rimica che si basa sul principio dell’equivocatio. Questi due rimanti sono
in rapporto tra loro come rima equivoca, quando il poeta riesce a usare due parole
graficamente identiche che abbiano però forma diversa. La bravura sta nel non far
coincidere la stessa funzione morfosintattica anche con una pronuncia identica).
Non posso, perché in tale maniera Amore (personificato) mi ha vinto.
E vorrei che ora il mio cuore uscisse
Come se fosse tutto incarnato
E si presentasse a voi sdegnosa
Perché amore a tanto lo ha portato
Che se ci fosse una vipera,
perderebbe la sua natura (La vipera è associata a qualcosa di cattivo, repellente.
Rispetto a questa donna perderebbe la sua natura e sembrerebbe meno viscida)
Poiché vedendolo (Il mio cuore com’è ridotto)
Anche la vipera avrebbe mercé.
Nel momento in cui il poeta nel congedo dichiara che è troppo orgogliosa e peggio di
una vipera, dalla tipica lode della cansò cortese abbiamo il biasimo.
Questi canzonieri che hanno tramandato i componimenti della scuola siciliana hanno
toscanizzato molti elementi del siciliano illustre. I copisti dei tre canzonieri
provengono da un’area fiorentina e hanno spalmato una patina coprente di toscano
che poi è il toscano della lingua di dante. La lingua italiana nasce e si basa sulle
lingue delle 3 corone, i tre grandi massimi produttori di testi: Dante, Boccaccio e
Petrarca. Nel rinascimento, quando si è sviluppato il dibattito sulla lingua italiana, si
è cercato di formulare delle grammatiche dell’italiano e si è detto di prendere come
riferimento la lingua di questi 3 uomini di cultura, toscani. La lingua che usano è il
toscano del tredicesimo e quattordicesimo secolo. Questa lingua, depurata da
regionalismi molto spinti verrà codificata come grammatica e sarà la lingua che
genererà l’italiano. Questa operazione è avvenuta per il siciliano, uniformato alla
lingua toscana. Come facciamo a dire che c’è un cambiamento linguistico e avere la
certezza che fosse in un’altra lingua? Bisogna sempre distinguere tra lingua degli
autori e dei copisti, oggi quando si stampa qualcosa non si altera niente, nel medioevo
non c’era questa reverenza verso l’autore, e soprattutto se si tratta di letteratura
volgare. Il testo letterario in lingua volgare tende ad essere modificato con modifiche
anche spesso inconsapevoli. Il pubblico che leggerà giacomo da lentini pisanizzato
pensa che ha scritto in toscano. Quando Dante parla del volgare illustre, era il volgare
siciliano toscanizzato perché simile alla sua lingua, Forse se lo avesse letto in lingua
originale avrebbe avuto qualche perplessità in più. Lui stigmatizza molto i dialetti, se
avesse letto lui in siciliano non lo avrebbe scelto come lingua illustre.
Se ci troviamo di fronte a una poesia siamo più avvantaggiati, per il sistema delle
rime. La rima non può essere compromessa, le rime devono essere perfette, la rima
deve essere necessariamente quella con una corrispondenza esatta di suoni. Se noi
osserviamo le rime di questa poesia, c’è la rima a mezzo che spezza il verso. C’è una
parte (Abac) poi (Dbdc) poi una seconda metà divisibile (Eeffg) e (hhiig). Abbiamo
la fronte e la sirma. La fronte è divisa in due piedi e la sirma in due volte. Abbiamo
‘’priso al secondo verso’’ che è una rima b che rima con ‘’miso’’, ‘’ messo’’ e
‘’preso’’ non possono rimare in italiano né in fiorentino antico, si può attuare solo se
ipotizziamo un sistema linguistico siciliano. Nel sistema siciliano priso e miso
rimano. Qui i copisti toscani hanno toscanizzato tutto il testo però a un certo punto,
arrivati su ‘’priso’’ non hanno potuto toscanizzare altrimenti si sarebbe perso lo
schema delle rime e hanno lasciato il siciliano. Questo discorso veniva interpretato
come una sorta di deroga, una licenza poetica e venivano chiamate ‘’rime siciliane’’,
potevano essere rime imperfette o strane derivate dal sistema linguistico di partenza.
Poi ad esempio nella seconda strofe abbiamo un altro esempio di rima siciliana dove i
copisti sono intervenuti parzialmente ‘’long’uso’’ e poi c’è ‘’amoroso’’. Il siciliano
sarebbe ‘’amorusu’. In siciliano ci sarebbe la rima perfetta tra long usu e amorusu. Ha
toscanizzato le u, che si sono abbassate in o. Queste spie sono presenti in tutto il
testo: ‘’audivi’’ e ‘’vivi’’ nel sistema vocalico siciliano le e vanno verso la i e le o
verso la u. poi abbiamo ‘’tutto’’ e ‘’motto’’, quindi tutto deve rimare con motto e può
succedere solo in un sistema siciliano . In maniera preferenziale si lascia questi testi
così come dal 1250 sono stati tramandati, riportare qualcosa a uno stadio grezzo o
qualcosa lasciarla com’è stata recepita e com’è circolata? La seconda ipotesi è stata
seguita. Sono state ritrovate alcune carte, abbiamo un frammento di un
componimento di un autore siciliano della corte di federico secondo. Nel 1500 un
umanista di nome barbieri aveva copiato questo frammento di poesia e l’aveva
ricopiato nella sua veste siciliana. Si è trovato questo taccuino e si è avuto un testo
così com’era in siciliano. Risicilianizzare è un alterazione del testo, non abbiamo
elementi validi per riportarlo indietro, sarebbe un ulteriore cambiamento.
Letteratura galego-portoghese
I TESTI DEL MANUALE NON SONO DA ANALIZZARE NEL DETTAGLIO, I
TESTI DEL PROFILO DELLE LETTERATURE ROMANZE VANNO LETTI E
COMPRESI.
La poesia trobadorica si espande anche in area iberica, l’area iberica in realtà
comprende la Castiglia. Com’è che in Castiglia che c’è già una letteratura trobadorica
la poesia circola in galego portoghese? Il re stesso usa la poesia galego portoghese.
La lingua galego portoghese diventa una koiné, una lingua letteraria con cui fare
poesia. Anche l’occitano era una koiné letteraria che viene condivisa da chi si occupa
di quel tipo di letteratura. Nell’area iberica a partire dagli ultimi anni del 1100 fino al
1300 la poesia è veicolata dalla lingua galego-portoghese. Il castigliano in questo
xiodo nella letteratura lascia poche tracce, soprattutto di epica (el cid) e narrativa. Nel
medioevo non esiste una lirica in castigliano antico, anche chi abita nelle parti in cui
non si parla il galego portoghese adotta come lingua poetica quella galego
portoghese.
Come si diversifica da quella provenzale? A livello tematico e contenutistico
abbiamo una tripartizione di genere: per quanto riguarda la lirica trovadorica c’è il
genere della canso erotico-amorosa e il sirventes (poesia di tematica morale o
politica, come Bertrand de Born che parla principalmente della guerra e incita i
sovrani di turno a guerreggiare). Invece, la lirica trobadorica trasportata in galizia ha
una tripartizione:
Le cantigas d’amor-> il genere dominante, a tematica amorosa che verrà coltivata
come poesia erotico amorosa.
Cantigas d’escarnho o maldizer->La tematica amorosa è esclusa e c’è una tematica
di tipo moralistica. Tipo il sirventes ma mentre il sirventes moralizzava attaccando,
questi aspetti si traducono in argomenti più ludici, goliardici in galego portoghese. In
galego portoghese hanno toni sarcastici, offensivi e talvolta osceni. Serviranno non
solo per la moralizzazione ma avranno fini prettamente ironici e ludici. Ci sono
attacchi su personaggi di corte ad esempio sugli aspetti fisici o sulle qualità morali.
Cantigas d’amigo->Genere nuovo e peculiare nella lirica cortese. Ci sarà di nuovo
una tematica erotica e sentimentale, è quasi un sottogenere delle cantifas de amor, ma
cambia la prospettiva, il punto di vista di chi esprime il sentimento. Nelle cantigas
d’amor parla il drut, l’amante. Mentre qui il punto di vista è quello della dama, che è
in lontananza rispetto al suo amico, la tematica sarà quello di un lamento di nostalgia,
il proprio amato è lontano per diverse ragioni. L’amata rimaneva a terra per mesi in
attesa del suo amato. Il punto di vista per la prima volta è quello femminile. Ci sono
molte cantigas de amigo, quindi non è un genere minoritario.
Abbiamo in sostanza 3 canzonieri: il canconeiro d’ajouda fine del 1200 e poi altri due
cinquecenteschi che sono copie umanistiche di canzonieri ad oggi perduti. Pochi
manoscritti significa che c’è stata una circolazione endogena, non si è avuta una
diffusione al di fuori dell’area specifica.
Don Dinis
Nell’area gallego portoghese la lirica trobadorica arriva tardi rispetto a Francia,
Germania e Italia. Don Dinis , è il grande sovrano portoghese famosissimo e
celebrato. È un sovrano che è anche poeta e uomo di cultura. dice dall’inizio della
poesia che:
Voglio io in maniera provenzale fare ora un canto d’amore.
La ripresa dei modelli provenzali è palese ed è dichiarata. Nel caso del galego-
portoghese il collegamento con la musica è ancora molto vivo. Nel canzoniere d’ajuta
ci sono dei musicisti in delle miniature.
E vorrei molto lodarvi (nella poesia) Midonz (Minha senhor è al maschile, lo sta
declinando come facevano i provenzali al maschile)
Alla quale non manca pres (pregio) né bellezza
Né bontà e più ve ne dirò, tanto la fece Dio completa di bene (Comprida a livello
etimologico viene da Complitam)
Che di più vale di tutte quelle del mondo. (è uno stile piano semplice, di trobar leu.
Nella lirica trobadorica c’era o un incipit stagionale o un incipit retorico, qui abbiamo
un incipit retorico, perché vuole fare una bella canzone alla maniera dei provenzali.
Andando sui contenuti. In questa parte iniziare sta esprimendo la lode, loar< Laudare.
Le vocali finali in galego, come nell’area ibero romanza in generale c’è una tendenza
ibrida: La a si mantiene, la e cade, la o si mantiene. È a metà tra un atteggiamento
massimamente conservativo (italiano) e non conservativo (francese). Abbiamo una
lenizione della consonante in posizione intervocalica della dentale. È una lenizione di
secondo grado mentre in occitano lauzer è di primo grado (nel portoghese ha un
effetto più forte perché scompare, in occitano diventa fricativa). In italiano la
lenizione è di grado 0, la lenizione non c’è. In francese antico abbiamo loer con la
lenizione di secondo grado. Il dittongo primario AU, in alcune lingue (francese,
spagnolo, italiano c’è una monottongazione), il provenzale è massimamente
conservativo (Au), il portoghese si differenzia e si trasforma in OU, un dittongo non
originario. Qui in loar si è assorbito perché altrimenti ci sarebbe stato un trittongo
poco pronunciabile Nella fin’amor il drut per accedere al joi deve innanzitutto lodarla
o pregarla. Qui lui sta iniziando con la lode. C’è una lode articolata su tre elementi:
pres (il pretz, usa termini tecnici del trovadorismo, quasi un calco), fremosura (la
bellezza, ciò che è estetico) e poi abbiamo una cosa che mancava alla dama che
corteggiava giacomo da lentini: ha bontade, è anche buona. Risponde ai requisiti
fondamentali di come deve essere una dama: buona e pietosa, che possa dare mercé.
Abbiamo un valore morale, uno estetico e una prospettiva di buona condotta e
maganimità.
Al secondo verso abbiamo fazer< FACERE. Cadono le e. In latino, secondo la
pronuncia scientifica Facere si diceva Fakere. Abbiamo un suono velare, occlusivo e
intervocalico quindi ci sarà la lenizione e diventa fricativo. In spagnolo abbiamo
Hacer quindi un’altra lenizione. La fricativa F iniziale resta inalterato in galego
portoghese, mentre in spagnolo Hacer si spirantizza, la h però è muta, in età media
era un’aspirata.
Agora. Questo agora è il rafforzamento di HORAM (l’ora) al quale viene anticipato
l’aggettivo dimostrativo HAC (ablativo dell’aggettivo dimostrativo femminile).
Sarebbe ‘’ In questa ora’’. Si salda e diventa agora. Le H cadono, la nasale finale
cade, si avrà AC+ORA, si arriva ad agora tramite una lenizione che provoca una
sonorizzazione (perché si trova in posizione intervocalica e si sonorizza).
MUIT > multum. La m finale cade, In italiano abbiamo molto, in gallo romanzo molt
e nell’area ibero-romanza abbiamo il portoghese muito (la u finale si conserva
passando ad o come in italiano) e in spagnolo mucho. Il nesso consonantico LT
(laterale+ dentale) che in portoghese c’è una vocalizzazione e si mantiene la dentale.
La vocalizzazione della laterale si avrà poi anche in francese e distinguerà l’area
gallo-romanza. A partire dal 13 secolo il francese tenderà a vocalizzare la laterale e
diventerà mout. Nel castigliano c’è una palatalizzazione. Se c’è una consonante prima
della dentale c’è una tendenza che tende alla palatalizzazione, alla vocalizzazione,
all’assimilazione. In area iberica quando abbiamo un nesso di Consonante+dentale in
genere abbiamo una palatalizzazione nello spagnolo e una vocalizzazione in
portoghese.
Fremosura è bellezza. L’aggettivo sarà Fremoso, in spagnolo hermoso, in provenzale
bel, in francese antico Bel, in italiano bello. Le lingue bel, bel e bello derivano da
BELLUM , che in latino significava guerra ma poi nel latino volgare significa bello, e
guerra è stato espresso con un germanismo. Fremoso ed Hermoso hanno come base
etimologica FORMOSUM.
Teoria delle aree laterali, le aree laterali sono più conservative, l’innovazione bellum
non è arrivato. Poi c’è una metatesi: Fremoso e formosum.
Poiché Midonz dio pensò di farla tale,
quando la fece che la fece conoscitrice, sapiente di ogni bene
e di molto grande valore. E nonostante tutto questo
Midonz è molto comune (non altezzosa, semplice) lì dove è necessario (Si ha
l’atteggiamento magnanimo di midonz)
E diede a lei (c’è il maschile) un buon senno e dunque
Non gli fece poco di bene
quando non volle Che altra fosse uguale a lei (Dio le ha fatto un grande bene dal
momento in cui ha voluto che lei non fosse uguale a tutte le altre).
E quindi nella mia signora mai Dio pose male
Ma vi ha posto pres (pregio), beltà e lode
E il parlare bene(da fabulare, mentre altre vengono da parabolare, latino cristiano.
Nelle aree laterali vengono da fabulare, quindi c’è conservatorismo. Troviamo il
primo suono consonantico diverso) il ridere migliore che altra donna.
E così è molto leale e per questo io non so chi
Possa completamente nel suo bene parlare
Perché non c’è oltre il suo bene altro. ( Lui non sa chi può dire meglio rispetto a lei e
al suo comportarsi bene perché non esiste qualcuno che si possa comportare meglio
di lei).
Vuole fare in maniera di provenzale e quindi riprende i temi del provenzale ma
prende in prestito anche il lessico tecnico e quindi la Bellitatem diventa bel in
provenzale che qua diventa Beltad, con aggettivo bel. Loor deriva dal provenzale
lauzor col trattamento tipico del galego portoghese.
TESTO 10
Hanno tematiche diverse e sono dei sottogeneri.
La cantiga d’amigo si sviluppa solo nell’ambito della produzione galego-poroghese.
Le cantigas d’amigo sono dei canti, sempre per musica ed esecuzione. Abbiamo
sempre la partitura musicale. A parlare è un io lirico femminile (origini mozarabe, le
karjat). Nelle cantigas d’amigo, i contenuti sono sempre l’amiga che si lamenta e
soffre perché il suo amigo o amado non si trova con lei. Non è un corteggiamento in
versi, la coppia è già fatta. La trama è semplice ma la struttura sintattica segue la
forma del leixa-pren (lascia e prendi) un procedimento metrico-retorico per cui c’è
una formula strofica in cui la prima parte di ogni strofa è comporta da versi e
un’ultima parte della strofa dove c’è un refem, ossia un ritornello.
Onde del mare di Vigo(Atlantico)
Avete visto il mio amico? (amore)
O dio, se verrà presto? (Non è il se italiano, non indica un’ipotesi ma è l’inizio
dell’interrogativa. Lo potremmo rendere come un punto interrogativo)
Onde del mare levato (Levado viene da Levatum, il mar levado sarà il mare in
burrasca, alto)
L’amata rimane su queste falese e si preoccupa del suo amore, se tornerà. A livello
metrico/compositivo. Oltre al refrem, Il primo emistichio delle prime due strofe, sono
uguali. Il secondo emistichio invece sono uguali alle ultime due. Il leixa pren si
chiama anche parallelismo. Quando ci si sposta da una strofa alla successiva si lascia
qualcosa, innovo, però prendo qualche altra cosa identica. La strofe che segue toglie
qualcosa dalla strofa precedente e ne porta altri aspetti. Il primo verso delle prime due
strofe si prende il primo emistichio ma si lascia il secondo emistichio. Il primo
emistichio resta inalterato nella seconda strofa, il secondo emistichio viene cancellato
e viene innovato con levado. C’è l’innovazione nella tradizione. La bravura è proprio
questa: riproporre qualcosa che sembra identico ma in realtà non è. Rispetta la
metrica e il parallelismo andando a innovare ma mantenendo una struttura data dalla
strofa precedente. Il primo verso della terza strofa prende il secondo emistichio
prende il secondo della prima strofa. Tra prima e seconda abbiamo la variazione della
metà del verso finale. Nel secondo verso della terza strofe troviamo qualcosa di
totalmente nuovo. Abbiamo un verso completamente identico e uno totalmente
nuovo. Fra terza e quarta c’è un parallelismo come tra prima e seconda: il primo
verso della quarta è identico nel primo emistichio della terza ma il secondo emistichio
varia. Il secondo verso viene innovato nel secondo emistichio.
Abbiamo non una composizione narrativa, non ci viene raccontato qualcosa. I
sentimenti mostrati sono sempre gli stessi ma con strutture lessico semantico diverse.
La particolarità risiede proprio nella tecnica compositiva.
TESTO 9
È un testo anonimo importante perché ci testimonia la diffusione di un sottogenere,
l’alba. L’alba è un sottogenere che prevede sempre il rapporto tra due interlocutori
che sono due amanti, però qui quello che caratterizza il sottogenere dell’alba è la
cornice. Quando parliamo di cornice parliamo di ambientazione. L’ambientazione, la
circostanza in cui si svolge la situazione che la lirica ci propone. Abbiamo due
personaggi che si incontrano di nascosto, di notte per consumare il loro amore.
Passano la notte insieme in un luogo e quando arriva la luce del giorno devono
separarsi per non essere scoperti. C’è l’amore adultero per non farsi scoprire dal
marito di lei o da persone che potrebbero denunciare il loro rapporto, i lauzengers.
Abbiamo una separazione vissuta con tristezza dai due amanti. Tra il drut e midonz ci
può essere un intermediario: colui, colei o l’oggetto che annuncia l’alba. Questa
funzione di sveglia viene svolta a volte da una sentinella amica dei due amanti e li
copre (una cosiddetta gaita), in altri casi avremo il sole che fa da sveglia. Il sole
avverte che la notte è finita. Un altro elemento può essere un animale, come
un’allodola o un usignolo che col canto segnalano l’alba. L’alba è un genere che non
si trova solo nel francese antico come in questo caso, ma se ne hanno anche in
provenzale (in maniera minoritaria), anche nella lirica italiana delle origini possiamo
cogliere degli elementi tematici che si rifanno al sottogenere alba. Nell’ambito della
produzione lirica oitanica, trovierica ci sono più testi (francese antico) Come questo.
Abbiamo due strofe, anche in questo caso è prevista la presenza di un refrem. Anche
in questo caso siamo in presenza di un sottogenere fatto per il canto e l’esecuzione
musicale.
‘’Il mant finale rima con –ent. Questo discorso ci conferma quale fosse il livello
fonetico dell’epoca su fenomeni come la nasalizzazione. C’è un’oscillazione grafica
ma si capisce che le vocali nasali possono essere già indistinte tra e ed a’’
‘’Sant’’ nell’ultima strofa sta per cent.
Il francese antico ha più oscillazioni grafiche delle altre lingue romanze, ci sono
effetti di sostrato e superstrato che la rendono difficile. A livello di grafia possiamo
trovare sant per cent, derivati da CENTUM. Ci sono oscillazioni grafiche molto forti
per la stessa parola.
Abbiamo una seconda parte della strofe che si ripropone identica, un refrem, un
modulo fisso che caratterizza in maniera popolareggiante il componimento. Il
ritornello è costituito dagli ultimi quattro versi, fissi.
Tra me e il mio amore
In un bosco che è presso Betune,
siamo andati gioiosi martedì
tutta la notte al chiaro di luna (Abbiamo nuit<NOCTEM e qui abbiamo il discorso
del trattamento del nesso consonantico velare e dentale. Uno dei tratti principali che
differenza le due lingue dell’area gallo-romanza. Il francese vocalizza rispetto al
provenzale che palatalizza con noch).
Fin tanto che fece giorno
E che l’allodola (l’aloue) ha cantato.
L’allodola che dice <<Amanti, andate>>
E così rispondono dolcemente:
<<Non è mica giorno,
noi ricchi di piacere dal cuore di bell’aspetto (gent è gentile, nobile, grazioso, bello a
seconda del sostantivo)
Così mi aiuti amore,
l’allodoletta ci mente>> Questa strofa ci introduce nella situazione, in cui il martedì
sono andati in questo locus amoenus, riparato di notte e si introduce anche il discorso
della luna. La luna è in maniera ante-litteram un elemento romantico. L’allodola li
avvisa col canto ma i due non si vogliono separare e non credono all’allodola.
E dunque si è tratto vicino a me
E io non ne ero affatto scontenta (è lei che sta parlando)
Ben tre volte mi ha baciato lui,
e così io gli ho fatto più uno (Lui mi ha dato tre baci e io gliene ho dati tre più uno)
Poiché affatto non mi dispiaceva
E dunque avremmo voluto noi là
Che quella notte durasse cento.
E che non si andasse più dicendo
<<Non è mica giorno,
noi ricchi di piacere dal cuore di bell’aspetto
così mi aiuti amore,
l’allodoletta ci mente>>
il tono è romantico e questo tipo di componimenti possono essere assimilati ad altri
brani come in questo caso Romeo e Giulietta (Brano a fianco). Romeo e Giulietta
rappresentano la dinamica della fin’amor: una difficoltà nell’amore data da ragioni
familiari. Due amanti che non riescono a vivere a pieno il loro amore, si frequentano
in maniera segreta. (Ritorna l’alba nella prima frase, c’è la separazione dei due
amanti e il fatto che l’alba che sta arrivando è annunciata dall’allodola. L’usignolo
canta anche di notte mentre l’allodola canta solo di giorno e lei sperando sia un
usignolo vuole che continuino a stare insieme. Romeo invece puntualizza che è
l’allodola. Spesso chi decide di procrastinare l’incontro amoroso può rischiare la
morte. Nel caso di romeo e giulietta per i parenti, nel caso della poesia può
sopraggiungere qualcuno o il marito. Giulietta alla fine afferma che sia l’allodola, il
verso dell’allodola per i due amanti è un verso tremendo, bruttissimo. C’è il momento
della divisione, della separazione degli amanti. Shakespeare attinge a livello tematico
e contenutistico al testo).
Abbiamo un altro sottogenere: il sottogenere della pastorella. È un testo provenzale di
un trovatore della seconda generazione, Marcabru. Di Marcabru non ci sono state
tramandate canzoni cortesi/amorosi, ma solamente sirventesi. Il genere più
moralistico. È una tematica relativa all’amore ma mentre la cansò esprime i
sentimenti d’amore, il sirventes può parlare di amore ma criticandolo e giudicando le
dinamiche d’amore. Si parla di com’è l’amore, come non deve essere, cosa
caratterizza l’amore. Il genere della pastorella si chiama così perché facciamo
riferimento a una cornice specifica, una cornice bucolico. Facciamo riferimento a
un’ambientazione non più cortese ma extra-cortese e ha a che fare con un luogo come
un pascolo, un bosco, una montagna e i due interlocutori saranno: un cavaliere
(l’elemento maschile in genere è cortese, che però si trova al di fuori della corte e in
un ambiente bucolico si imbatte in un elemento femminile extra cortese, come una
pastorella). L’elemento pastorella è quindi l’elemento nuovo che da il nome a questi
componimenti. La pastorella è presente in quasi tutte le letterature romanze, specie
nell’area oitanica e italiana (Cavalcanti ad esempio). Abbiamo anche in area iberica,
una lirica castigliana successiva. Quali sono le dinamiche che legano i due
interlocutori? Abbiamo sempre un corteggiamento amoroso ma rovesciato e assume
delle caratteristiche parodiche. È una sorta di parodia del corteggiamento della
fin’amor. Alla fine di questo corteggiamento c’è quasi sempre una violenza che il
cavaliere tenta di fare sulla pastorella. Il gauch si arriva a volte ad estorcerlo con la
forza. È una sorta di parodia non tanto comica ma moralizzante sulle deviazioni della
fin’amor. Abbiamo la fals’amor, chi usa le tecniche di seduzione della fin’amor in
maniera impropria per degli altri fini.
QUESTA POESIA è IN PROVENZALE.
Siamo in presenza di un trobar leu, uno stile semplice e facile da tradurre perché
quello che conta è la trama e non i risvolti retorici. Abbiamo una sintassi semplice.
Tempo fa presso un pascolo (Una sorta di pascolo, una radura dove c’è un prato)
Ho incontrato un umile pastorella
Ma ricca di joi e di intelletto
Per quanto figlia di villana (Villana significa extra cortese, colei che abita fuori dalla
corte)
Aveva una cappa e una gonna di pelliccia (abbiamo la descritio puellae in questi
versi)
Una veste e una camicia grezza (Treslissa viene da TRILICEAM cioè formata da tre
fili per volta, intessuta in maniera grezza. Abbiamo un lessico con elementi villani,
extracortesi)
Degli zoccoli e calze di lana.
Bella ( invece di tosa. Vede che lei è scaltra e passa dal tosa al bella) feci io, cosa pia
Distolto mi sono dalla strada
Per fare a voi compagnia.
Poiché una tale ragazzetta villana
Non deve senza una uguale compagnia
Portare al pascolo tante bestie
In una tale terra soldana (solitaria). Sta proponendo la sua compagnia. C’è un
cedimento del registro, inizia con bella e a mezza strada la chiama tosa villana, ogni
tanto si sbaglia. La sua interlocutrice nell’ottica del cavaliere è villana, ma solo per
concupirla ogni tanto la innalza e la nobilita. Questo giocare sui due registri (rendere
l’altra persona elevata da un suo livello che non è elevato) sarà il gioco che Marcabru
èporterà avanti in questo finto dialogo.
Signore, fece lei, chiunque io sia
Ben conosco il senno (la ragione) e la follia
Il vostro mettersi alla pari, signore
Ciò mi disse la villana
Là dove sta si tenga.
Poiché il tale che pensa averla in possesso
In realtà non ne ha se non l’ufana (ufana è un termine che viene dal gotico, significa
‘’la parte esteriore di qualcosa’’ la buccia, il rivestimento interiore)
È una sorta di proverbio, chi pensa di averlo tutto non ne ha che la parte esteriore. È
una chiusa un po’ proverbiale, un proverbio che non ha continuazione oggi. Il
concetto di questa strofa è che lei conosce il senno e la follia (sa ragionare) e non ha
bisogno del fare amichevole del cavaliere (mettersi alla pari con lei), anzi ognuno
resti dove compete che stia.
Bella, di gentil affaire (di gentili modi) Una gentilezza sinonimo anche di nobiltà. Il
cavaliere sta cercando di ‘parillar’’. Sta cercando di livellare i due status sociali, sta
cercando sostanzialmente di innalzare il livello della villana, perché secondo le
dinamiche della cortesia un cavaliere non può corteggiare una villana ma deve
corteggiare una dama, una donna che abbia un rango sociale alto. Per riuscire a
legittimare il suo corteggiamento deve parigliare, portare in alto il livello della
pastorella.
Un cavaliere fu vostro padre
Che vi generò nella madre
Poiché fu una cortese villana.
Ha un modo impacciato di livellare. Sta cercando di dire che è una pastorella, ma
anche nobile. Può essere che ha il padre cavaliere che si è accoppiato con una villana
e quindi tutto sommato ha una stirpe sia cortese che villana.
Come più vi guardo (gardar è un germanismo. Quando troviamo dei termini che
inizino per ‘’ga’’ si tratta in genere di germanismi che si è andata a stratificare in un
momento successivo alla latinizzazione, come superstrato. I franchi erano dei popoli
di cultura e lingua germanica)
mi è piacevole e per la vostra gioia mi rischiaro.
Se almeno mi foste un po’ umana. (Se almeno foste disponibile)
Signore, Don sta per dominus, quindi lei rimarca la differenza sociale. Tutta la mia
linea di successione e il mio lignaggio
Vedo rivolgersi e risalire indietro
Al versorio (l’aratro) e l’aratro (tutto il mio lignaggio fa capo ai campi)
Così mi disse la villana.
Ma il tale che si fa cavaliere (che si crede essere cavaliere)
Altrettanto dovrebbe farlo i sei giorni della settimana.
Chi un giorno si spaccia per cavaliere, dovrebbe essere con i fatti cavaliere anche
negli altri giorni della settimana. Bisogna essere sempre cavalieri e non fingere di
esserlo come il protagonista.
Cavalier o cavalgaire hanno a che fare con Caballus. Nel latino classico era equus. Da
equus si arriva a caballum e da caballum viene cavallo, caballarium. (Si mette un
suffisso –arium, colui che usa il cavallo). Abbiamo lo scempiamento della laterale,
una delle due L cade e la lenizione dell’intervocalica nella bilabiale B che lenisce.
Una differenza tra francese antico e occitano è che qua abbiamo cavalier con velare
iniziale intatta mentre in francese abbiamo la palatalizzazione (chevalier).
Da una parte abbiamo il cavaliere che inizia con uno stile aulico e cortese. Quando si
rende conto che le avance vengono frenate dalla pastorella, questo stile di
comportamento inizia a mutare da parte del cavaliere.
Bella, feci io, gentile fata
A voi fu dato in sorte, fu predestinato (ad astret è il verbo adastrer. Ha un prefisso
ad+astrum, qualcosa che ha a che fare con le costellazioni. Il riferimento agli astri
significa che nascere sotto un determinata costellazione significava qualcosa)
A voi è stato dato in sorte quando foste nata
Una bellezza esmerada (ex-mirare, ammirata, ammirevole)sopra ogni altra villana
(da una parte cerca di lodarla ma continua a chiamarla villan)
E sarebbe per voi davvero raddoppiata (la bellezza)
Se mi vedeste una volta superiore e voi sottoposta.
(Si sta svelando l’intento sessuale del cavaliere)
La pastorella, ora che il piano è svelato risponde:
Signore tanto mi avete lodata
Che tutta ne sono infastidita. (fa del sarcarmo. L’ha talmente lodata che ora è
infastidita) e poiché in pregio mi avete sollevata
Così mi disse la villana,
per questo ne avrete una ricompensa al partire (quando ve ne andrete)
Midonz, dopo che c’è stato il corteggiamento concede merce o guizardo, ricompensa.
Qui si gioca sui termini della fin’amor. Saudada ha a che fare con il SOLIDUS che è
di ricompensa.
Aspetta folle, aspetta (aspetta e spera) e l’attesa inutile (musar vuol dire stare attenta,
stare con il muso all’aria). La ricompensa sarà un’attesa vana.
Poi abbiamo due tornadas: sono doppie perché si continua il botta e risposta.
Il cavaliere, ormai smascherato e sistemato conclude.
Ragazzetta, della vostra figura non vidi altra più irrispettosa (tafura ha un etimo
sconosciuto)
Né di suo cuore più cattiva.
Questa ‘’madonna mia’’ che ci faceva predire una donna d’alto livello, si contraddice
con la risposta bassa della donna.
Si è pensato che Cielo d’alcamo fosse tipo Marcabru, non amministratori o
funzionari, forse cielo d’alcamo era un giullare come Marcabru di umili origini.
Se sei preoccupato per me (travagliare essere in travaglio) follia te lo fa fare.
C’è una serie di adiunaton (azioni impossibili)
Potresti arare il mare prima di seminarlo
E potresti mettere insieme tutto quante le ricchezze di questo secolo,
avere me non potrai in questo mondo.
Potrebbe fare tutte queste cose ma non avrebbe lei.
Piuttosto i capelli m’aritonno (assimilazione delle due nasali per aritondo. ‘’viene da
tonso’’, quindi piuttosto mi taglio i capelli. Se si tagliava i capelli un’adulta vuol dire
che andava in convento. Potresti addirittura arare il mare o avere tutte le ricchezze ma
anche se fosse lei preferirebbe farsi monaca)
L’EPICA
Quando si parla dell’epica medievale, si pensa subito a due testi: La Chanson de
Roland e il cantar del mio Cid. Questi sono i due testi fondamentali che hanno anche
delle caratteristiche speculari a livello compositivo ad esempio. L’epica non si riduce
solo a questi due testi. Soprattutto nell’area gallo-romanza esistono diversi cicli
epici.
C’è chi vede tre cicli epici: il ciclo carolingio (dove il personaggio che sempre
compare è Carlo Magno) etc.
C’è chi vede dei gruppi di testi che ruotano attorno all’aristocrazia di Norbona, dove
il capostipite si chiama Alberic, ed ecco il ciclo degli alboresi.
Aldilà di queste clasifficazioni (CHE DEVI STUDIARE) è che l’epica conosce una
grande diffusione con un forte impatto. Questo forte impatto avviene su un pubblico
vasto ed eterogeneo, non solo un pubblico nobile, alto ma anche un pubblico popolare
che fruisce dell’epica. L’epica ha un’origine orale, viene declamata o a corte o anche
su una piazza, in un mercato, sul sagrato di una chiesa. Ci sono diversi luoghi di
fruizione dell’epica, tutti luoghi extracortesi dove a fruire dell’epica sono viandanti o
cittadini borghesi o pellegrini di passaggi.
Cos’è l’epica?
È una narrazione (al contrario della lirica che spesso è una descrizione). Quindi
mentre la lirica è descrittiva, l’epica è narrativa. L’epica racconta qualcosa. Quando
parliamo di gesta sono delle imprese che si sono svolte, le gesta riguardano non un
tempo presente mentre le gesta ricordano il passato. La lirica ha una prospettiva
presente mentre l’epica è rivolta al passato. L’epica è una narrazione di eventi, fatti
del passato. A livello strutturale, la lirica è breve mentre l’epica è lunga. Per la lirica
c’è un pubblico cortese, per l’epica abbiamo un pubblico vario.. Quali sono i
personaggi che agiscono? Nella lirica sono personaggi sconosciuti, volutamente
sconosciuti e spesso fittizi. Nell’epica ci sono personaggi noti e nella maggior parte
dei casi almeno i principali sono anche reali. Nell’epica c’è un disegno politico, gli
argomenti saranno politici e militari mentre nella lirica tutto verte sull’argomento
erotico amoroso. C’è un intento di trasmissione del sapere, o didattico. Per la lirica
come ci si deve comportare in amore, per l’epica la legittimazione di un popolo
attraverso le imprese dei personaggi.
Il popolo dei franchi inizia ad avere una supremazia, fondarono un regno. In questo
regno c’è un’altra componente, quella meridionale con l’impianto letterario
trobadorico, più romanizzato. La francia, i franchi hanno necessità di rafforzarsi a
livello culturale e sociale e così scrivono delle proprie origini. Si deve andare ad
identificare in un passato che non sia troppo remoto, ma si identificano in un passato
vicino, dei fatti e dei personaggi emblematici per il popolo dei franchi, così che i
franchi del XI e XII secolo si possano identificare. L’eroe per eccellenza che è
riuscito a ripristinare l’impero romano è Carlo Magno. Con Carlo Magno si identifica
la dinastia carolingia. Si fonda quindi attraverso questo testo quella che è appunto
chiamata l’epica carolingia che vede in primis Carlo Magno, poi Ludovico il Pio e
accenni anche ai precedenti. Carlo Magno è l’elemento fondamentale per l’epica
francese ma non l’elemento unico. Esistono altri elementi, altri personaggi. Non sarà
più la narrazione di fatti storici esistiti ma sarà più una narrazione metaforica.
Si chiama Chanson de Roland perché in effetti è una canzone. Quando parliamo di
canzone, di chanson de geste parliamo di un testo strutturalmente ben connotato con
delle caratteristiche precise. Le caratteristiche della chanson de geste sono: un testo
lungo diviso in partizioni strofiche (non unitarie come i romanzi). Queste partizioni
strofiche si chiamano lasse. Un testo che viene oralmente esposto, cantato, declamato.
Le lasse sono delle strutture strofiche variabili. Abbiamo una variabilità del numero
di versi nelle lasse, e ciò è una costante. Il verso tipico dell’epica è il decasillabo
(decasyllabe francese). Che può avere 11 sillabi, perché il conto alla francese si fa per
dove cade l’ultimo accento. L’undicesima sillaba del primo verso è atona quindi
contano 10 (vedi testo). L’epica userà quasi esclusivamente il decasyllabe.
1. Chanson de Roland
A livello metrico abbiamo l’endecasillabo. Abbiamo a che fare con un sistema che
non è rimico come nella lirico ma abbiamo un sistema basato sull’assonanza. La rima
è l’identità di suono dall’ultima sede accentata fino alla fine del verso. L’assonanza
invece è l’identità dall’ultima vocale tonica alla fine del verso ci deve essere l’identità
almeno del suono vocalico. A partire dall’ultima vocale accentata fino alla fine del
verso per esserci un’assonanza ci deve essere l’identità del suono vocalico o dei suoni
vocalici.
Nella seconda lassa abbiamo una u tonica e una e atona e saranno rispettati questi due
suono vocalici per tutta la lassa. All’interno possiamo trovare diverse consonanti,
l’importante è che ci siano la u e la e. In genere il decasillabo ha una frattura alla sua
metà, la cesura ovvero un taglio in mezzo all’endecasillabo. C’è in genere dopo le
prime quattro sillabe, dopodiché ce ne sono altre sei. Inoltre c’è un discorso di
trasmissione memoriale. Questi testi erano imparati a memoria da professionisti ,
quindi il problema di memorizzare una narrazione lunga o degli episodi, comporta
delle strategie nell’allestimento del testo. Se un testo è assonanzato è più facile
imparare a memoria perché consente delle deroghe rispetto alla rima esatta.
Di questi testi non abbiamo l’originale ma trascrizioni lungo diversi anni. Solo tra 8 e
900 si è fatta l’edizione critica dei testi basati su antichi manoscritti. L’originale è
perduto, abbiamo una fase di trasmissione orale e poi una fase di trasmissione scritta
che interessa il XIII secolo.
Per la Chanson de Roland abbiamo un solo manoscritto , O. Conservato ad Oxford.
Questo è l’unico superstite della trasmissione della Chanson de Roland.
L’autore è sconosciuto, anonimo. Non abbiamo notizie sull’autore o su dove l’avesse
scritta. Non abbiamo un luogo o l’anno. Tutti gli indizi che ricaviamo dalla chanson
de roland ci danno comunque un quadro possibile di come e dove si sia sviluppata.
La chanson de Roland è un testo che fissa la leggenda di Orlando. Abbiamo una serie
di elementi popolari, narrativi che veicolano le imprese di Orlando. Questa leggenda
è una leggenda che ha un fondamento storico di personaggi reali. Il fondamento
storico è relativo al personaggio Orlando ma anche a elementi storici come le
spedizioni franche nei territori musulmani. C’è un avvenimento reale del 15 agosto
del 778, nel 778 in una delle varie spedizioni del giovane Carlo Magno non ancora
imperatore, aveva fatto una spedizione e tornando in Francia la sua retroguardia viene
assalite da un gruppo di predoni sui Pirenei presso Roncisvalle. C’è una strage e
muore gran parte della retroguardia tra cui si narra che ci fosse questo Rotlandus (ci
sono delle cronache storiche dell’epoca che riportano questo episodio e dicono che in
questa battaglia perì Rotlandus). Non si sa bene chi fosse, alcuni vedono in questo
nome qualcosa di Normanno ad esempio. Questo Rotlandus muore . La data di
composizione oscilla, dalla fine del mille, (circa 1090) per arrivare al 1130. Non è
certo. Ci sono riferimenti storici che consentono di dare una datazione
approssimativa. Dal fatto reale si è stratificata una serie di accumulazioni e aggiunte
fantastiche. Anche la contrapposizione tra franchi e pagani è un discorso che non ha
fondatezza, Infatti, le ultime indagini hanno accertato che a uccidere rolando sono
stati dei briganti probabilmente guasconi che facevano scorrerie quindi non i
musulmani. La glorificazione passa attraverso una manipolazione dei fatti.
Nell’opinione pubblica dell’epoca, rolando era stato ucciso dai musulmani. Perché
c’era questa idea intorno al 1090? Perché si stava partendo per le crociate e bisognava
modificare una storia per andare incontro alle esigenze politiche e militari dell’epoca.
La chanson de roland è una rielaborazione della leggenda rolandiana che ha una
diffusione enorme, che arriva anche in Islanda,
I LASSA
Carlo il re, nostro imperatore magno
Sette anni tutti pieni è stato in Spagna
Fino al mare ha conquistato la terra alta.
Non c’è castello che davanti a lui rimanga (da conquistare)
Mura né città sono rimaste da distruggere
Fuorché Saragozza che è su una montagna.
Il re marsilio la tiene, il re marsilio che dio non ama
Che serve maometto e che invoca Apollo:
Non può guardarsi dal mare che gliene verrà (Non può proteggersi)
Nella prima lassa a livello contenutistico ci spiega quale sia la questione, quali siano i
personaggi. È vero che Marsilio serve maometto ma ci sono riferimenti alla paganità.
Si distorce questa prospettiva dicendo che tutto sommato noi abbiamo dalla nostra
dio, mentre dall’altra parte ci sono i pagani e tutti i nemici del cristianesimo. Questo
processo di distorsione è evidente, dire che un musulmano venerava apollo è una
distorsione storica ma c’è un’altra distorsione. Viene presentato Carlo il re, ma
‘’nostro imperatore magno’’ è una distorsione perché siamo nel 778 e lui ancora non
è imperatore. Ci sarà questa discrepanza per cui l’autore narrerà un episodio del 778
ma lui ci vuole proporre già un carlo magno adulto, ci sarà una descrizione di carlo
magno in cui è raffigurato con i capelli e la barba bianca. Il primo nome che salta
fuori in questo testo è Carlo Magno.
Il francese antico aveva delle varietà. C’è una koiné linguistica del francese antico
che si riscontra nei vari testi e che corrisponde a quello che si chiama franciano. Il
francese antico è modellato sul franciano. Il francese antico conosce comunque delle
varietà con delle caratteristiche fonetiche rilevanti. Una delle varietà del francese
antico è l’anglonormanno in cui è scritta la chanson de roland. Il francese antico
corrisponde al franciano, all’ile de France (poi ci sono piccardo, bretone etc). I
normanni arrivano in Francia. ‘’Anglo’’ rimanda all’Inghilterra. C’è un periodo
specifico tra il 1130 fino alla fine del secolo successivo che vede nell’Inghilterra
l’istaurazione di una sovranità imparentata con la stirpe normanna. Con la battaglia di
Hastings i normanni francesizzati arrivano sul suolo Britannico e inizia un dominio
che è anche di matrice francese, normanna, quindi di lingua romanza. Da questo
momento in poi, da Guglielmo il conquistatore in avanti, in Inghilterra si userà una
varietà specifica del francese che verrà chiamata anglonormanno. Molti testi della
letteratura romanza e della narrativa francese sono in Anglonormanno. Chretien de
troye scrive in una varietà dello Champagne, i romanzi antichi sono in
anglonormanno perché vengono scritti nella corte Plantageneta dell’Inghilterra, una
corte mista ma a prevalenza culturale e linguistica normanna. Questo fenomeno di
espansione della lingua francese antica e di esportazione tardiva di una lingua
romanza, quindi si tratterebbe di una sorta di ri-latinizzazione (fino al vallo adriano
era stata romanizzata, poi con la decadenza dell’impero romano, in quella parte
romanizzata non è attecchita una lingua romanza quindi potremo considerarla
romania submersa. Dopodiché a partire dal 1000 si ha una nuova romanizzazione che
però non è diretta, come la romanizzazione secondaria che avviene per l’america
latina. Con l’anglonormanno possiamo avere una Romania nova). Questa parentesi
dell’anglonormanno però sarà breve.
Le caratteristiche dell’anglonormanno:
Per esempio nella prima lassa vediamo che Carles, in cui la velare iniziale è
mantenuta. Quindi l’anglonormanno, varietà del francese antico (non un’altra lingua),
tende a non palatalizzare la velare iniziale. Abbiamo Carles e Castel, che in
franciano, cioè francese antico è chastel.
Un’altra caratteristica riguarda il vocalismo, abbiamo una sovrabbondanza di U
(Conquist, tuz, Saragus). Non sappiamo se questa spia linguistica abbia a che fare con
una localizzazione di questo testo, non sappiamo niente dell’autore, non possiamo
dire con certezza che sia anglonormanna. Alcuni riscontri interni ci suggeriscono
altre aree, tipo citazioni di luoghi ed episodi suggeriscono una familiarità con altre
aree geografiche. Questo testo avrà una stratificazione di varietà linguistiche a causa
dei copisti, possiamo trovare delle lasse in cui caval diventa chaval. Il fatto di trovare
entrambe le cose capiamo che c’è stata una circolazione di questo testo. Alcuni
elementi potrebbero escludere che sia stata scritta in area anglonormanna.
Seconda lassa
Il re marsilio stava in Saragoza
È andato in un giardino sotto l’ombra
Sopra un masso di marmo bluastro (OI-> UE)
Si sono coricati intorno a lui più di ventimila uomini.
Lui ne chiama i suoi duchi e i suoi conti. (Convoca lo stato maggiore)
Ascoltate signori, quale disgrazia incombe su di noi
L’imperatore carlo di Francia dolce
In questo paese noi è venuto a distruggere. (Cunfundre CUM+FONDERE. Fondere
significa portare a una temperatura tale che fa sì che la materia diventi liquida o
gassosa, quindi è venuto per distruggerci, farci passare da vivi a morti)
(Abbiamo Nus e Nos, quindi due parole diverse per la stessa cosa. È oscillante, nos è
la versione franciana)
E io non ho una schiera che battaglia gli dia,
né ho tanta gente che la sua mandi in rotta (significa rompe la schiera avversaria)
Consigliatemi come saggi uomini
Affinché io mi guardi sia dalla morte che dalla onta (vergogna della sconfitta)
Non c’è pagano che una sola parola risponda
Tranne Biancandrino del castello di Valfonda.
Pagano<PAGUS, in latino il pagus è il villaggio, quindi paganus sta nel villaggio.
Che attinenza c’è tra chi abita nei villaggi e uno non cristiano? A partire dal 313 ecco
che nelle grandi città, nelle metropoli ci sono i fulcri della nuova religione e c’è una
conversione di massa che coinvolge tutte le persone. Nelle metropoli il cristianesimo
attecchisce. Delle sacche di resistenza del pantheon greco latino ci sarà dove il
cristianesimo non è penetrato come nelle zone rurali dove c’è una tradizione di culti
legati all’agricoltura e alla pastorizia, inoltre sono zone poco facilmente raggiungibili.
È un anacronismo, aveva senso all’epoca ma nel periodo della chanson de roland non
ha senso questa parola.
Oez< AUDITE. Cade la vocale finale, la monottongazione di Au e poi una lenizione
di secondo grado perché la D scompare. In italiano non abbiamo lenizione (Udite), in
provenzale abbiamo un grado intermedio, c’è una fricativa quindi abbiamo auzit.
Ch-> c dolce
IIIC-> Quattrocento
Biancandrino fu tra i più saggi pagani
Di vassallaggio fu molto cavaliere (chevaler, tipico del franciano)
Prode era per il suo signore aiutare
E disse al re:’’Ora non vi impaurite,
date a Carlo, all’orgoglioso e al fiero
fedeli servizi e una molto grande amicizia.
(Il servizio è in ottica vassallatica, dando servizio di fedeltà).
Biancandrino propone di diventare vassalli di Carlo. Quando si fa questo si deve dare
qualcosa in cambio, gli assediati offrono qualcosa in segno di resa e inizia una serie
importante di beni per incentivare questa alleanza:
Voi gli darete degli orsi, leoni e cani
Settecento cammelli e mille astori mutati (Gli animali vengono dati come bene, i cani
sono strumenti che servono per la caccia o per la battaglia. Gli astori sono degli
uccelli rapaci che servono per andare a caccia, mutati vuol dire che hanno effettuato
la muta quindi che sono adulti)
Oro e argento, quattrocento muli caricati
E mandatene cinquanta carri che ne farete incamminare.
Bene ne potrà pagare i suoi soldati (Loer, viene come lode nel senso di ricompensa
che si da in caso di vittoria. I soldati si chiamano così perché erano pagati con il
soldus. Per evitare che ci sia un assedio gli da direttamente i soldi, perché spesso i
soldati facevano razzia).
La scritta AOI, non si sa cosa sia, non si è pervenuti a una soluzione univoca. È una
scritta che compare solo nella Chanson de Roland, nel manoscritto di Oxford quindi
non sappiamo come interpretarla. Sono segni extratestuali, quasi in margine e alla
fine di una lassa ma non in tutte le lasse. Forse è una sorta di segnalibro per ricordarsi
dove aveva smesso di copiare, in altri casi una sorta di richiamo per un
accompagnamento musicale. Questi testi erano detti a voce e forse avevano un tema
musicale. L’unico problema è che non abbiamo nessuna partitura musicale. Altri
hanno pensato che fosse un riferimento a un coro, alcuni hanno pensato che qui
abbiamo un coro, un’altra voce a spiegare quello che stava succedendo. Spesso è
posto in luoghi in cui cambia la scena.
In questa terra è stato assai a combattere (Carlo)
In Francia ad Aquisgrana se ne deve ben ritornare.
Voi lo seguirete ala festa di San Michele (Quando ci sarà la festa di San Michele voi
andrete da lui ad Aquisgrana come segno di sottomissione)
E così riceverete la legge dei cristiani (convertirsi)
E sarete il suo uomo (vassallo) per onore e per bene. (Onore non è un sostantivo
astratto, voi garantite di essere suo vassallo e lui vi darà un Onus, un bene come
l’essere governatore di Saragozza)
Se lui vuole ostaggi voi glieli invierete ( Gli ostaggi servono a Garanzia. Spesso si
dava in ostaggio il figlio del re o parenti stretti.)
O dieci o venti per far fidare lui (affinché si fidi)
Inviate i nostri figli delle nostre mogli
A costo della vita io invierà il mio
Assai è meglio che loro perdano la testa
Invece che noi perdiamo l’onore (in senso di possesso di Saragozza) e la dignità
(Ovvero il ruolo politico e militare)
Affinché noi non saremo condotti a mendicare (non andremo in rovina)
Biancandrino sta proponendo una truffa: allontanare carlo magno promettendogli che
ci convertiremo e diventeremo vassalli, mandiamo ostaggi ma poi non manterranno la
promessa. Se gli ostaggi perderanno la testa poco male, basta che noi non perdiamo i
nostri beni. Biancandrino è la mente mentre gano è il braccio che muove la frode.
All’uccisione di Orlando si arriva attraverso il tradimento di Gano. Gano era
imparentato con Orlando, Gano inizierà ad odiare orlando per suoi motivi e visto che
c’è antipatia, Gano cede alla pressione psicologica e al ricatto di Biancandrino e
svelerà a Biancandrino e a tutto l’esercito pagano che nella retroguardia si trova
Orlando e attraverso questo disvelamento di Gano, Biancandrino e l’esercito riuscirà
ad assaltare la retroguardia, dopodiché ci sarà una seconda parte cospicua in cui c’è il
secondo movimento. L’epica deve celebrare una stirpe, la Chanson de Roland non
finisce con la morte di Orlando ma c’è il momento della vendetta. Carlomagno, che si
trova aldilà dei Pirenei, a sentire della morte di Orlando torna indietro (lui diventa
protagonista), rivalica in Pirenei e farà strage. Quindi spazza via chi ha ucciso suo
nipote e punisce in una maniera esemplare gano. I francesi vincono, la morte e il
sacrificio eroico di Orlando ma il fine dell’epica è arrivare a una fine gloriosa. Il
pubblico sapeva già la storia, perché non c’era un concetto di originalità. I prodotti
letterari rimangono in un solco di tradizione dove c’è un’aspettativa fissa
dell’ascoltatore. Non è l’autore che pone dei tratti di originalità, nel testo medievale
romanzo l’autore da qualcosa di prevedibile perché il pubblico deve riconoscere
qualcosa di familiare. La bravura dell’autore sta nel mettere qualche dettaglio in più,
ma la leggenda di Rolando era nota a tutti. Già dalla prima lassa si anticipa al
pubblico che Marsilio fa una brutta fine.
Chanson de Roland il dissidio
In realtà, i cattivi della chanson non nascono cattivi ma sono portati ad essere cattivi.
In questa parte si vede come Gano, in realtà è l’opposto di Roland. Roland fa la
figura di quello che vuole intervenire in guerra mentre gano è prudente e un po’ più
‘’pacifista’’. Questa posizione porterà al dissidio tra i due che sono anche
imparentati. Biancandrino cercherà di sfruttare gano e lo persuaderà verso il
tradimento. Gano, rispetto a un’idea comune che c’è (e che ha anche dante che lo
colloca nell’inferno), in realtà questa versione di Gano è più mitigata. Non ha una
malvagità connaturata nel personaggio, mentre i pagani agli occhi del pubblico sono
per natura malvagi.
Carlo Magno ha ricevuto gli ambasciatori di Saragozza che propongono la resa.
Allora Carlo Magno, convoca il suo consiglio di guerra (i famosi 12 pari, grandi
aristocratici e cavalieri). Questa visione dei 12 cavalieri verrà mitizzata e rappresenta
anche i dodici apostoli. È una raffigurazione allegorica che nel Medioevo viene
sfruttata, non è che fossero davvero 12. Nella mitizzazione della materia arturiana i
cavalieri devono essere 12 per gli apostoli.
Siamo in un contesto dove l’epos ripropone sacralizzandolo una caratteristica della
francia. In questo consiglio di guerra, carlo chiede cosa bisogna fare.
Al verso 223 toviamo scritto ‘’hom’’, quell’hom deve essere letto come hum, quindi
in anglonormanno.
L’imperatore teneva la sua testa pensierosa
E così toccava la sua barba, lisciava i suoi baffi (è un gallicismo da grennos)
E né bene né male rispondeva a suo nipote.
I francesi tacciono ma non lo fa Gano (il suffisso ‘’un’’ si avvale di un suffisso)
In piedi si alza e così venne davanti a Carlo
Molto fieramente comincia il suo discorso
E disse al re: Giammai crediate a Bricun (è un germanismo, persona inaffidabile)
Né io e né altri se abbiamo caro il vostro vantaggio (Se avete caro il vostro vantaggio
non dovete credere a nessuno che sia inaffidabile)
Quanto vi ha mandato a dire il re Marsilio,
che egli diventerà il tuo uomo congiunte le sue mani
e tutta la spagna manterrà come vostro Dono (La spagna sarà concessa a Marsilio
come dono di carlo magno)
E che poi riceverà la legge (religione) che noi teniamo.
Tutte queste cose chi a voi vi dice di rigettare questo patto,
non gli interessa, sire, di quale morte noi moriamo.
Il consiglio che viene da Orgoglio. Non è giusto che salga dai monti (di più)
Lasciamo i folli, ai saggi invece atteniamoci
Gano sta dicendo le cose opposte di Roland: sta riassumendo i termini di pace, tutto
ciò accettalo, perché chi ti dice di non accettarlo vuol dire che non gli interessa se noi
viviamo o moriamo. Chi dice di non accettare questa pace non gli interessa di morire.
Gano ci sta dicendo di lasciare stare i folli come Rolan e di tenerci coloro che
potrebbero mediare ed evitare di spargere sangue.
L’atteggiamento di Gano non è incentrato al tradimento per ora, ma è un
atteggiamento che tende a salvaguardare il suo re, i suoi amici e il suo esercito.
Il valore
LA LEZIONE DI GIOVEDì PROSSIMO NON CI SARà,
MARTEDì C’è LEZIONE
MERCOLEDì FAREMO DALLE 9 MENO DIECI FINO ALLE 9 E 35
GIOVEDì NO LEZIONE.
Epica iberica
Spostandoci tra questi due pilastri culturali nell’ambito della letteratura, il roland e il
Cid ci sono differenze. Per esempio il protagonista: Rolando è un eroe che porta fino
alle estreme conseguenze il suo coraggio, mentre il Cid è sempre eroico e valoroso
però ha un aspetto e delle vicende che lo portano ad essere più umano. Ci sono vari
nuclei narrativi: c’è chi vede due parti, prima e dopo l’esilio e chi ne vede di più. Il
Cid non è un eroe solitario che ha come controparte femminile Durlindana ma ha una
famiglia, delle figlie etc. è un testo che non ha autore, e un unico manoscritto. Un
manoscritto anche danneggiato, come per la chanson siamo nei casi in cui il testo
sopravvive grazie a un manoscritto. Questo manoscritto presenta diversi problemi: è
sicuramente successivo all’originale, sappiamo che grossomodo il cid è databile alla
metà del 1100 e ci sono varie teorie, tradizionaliste che vedono il cid come una
confluenza spontanea di una narrazione collettiva tratta dalla tradizione autoctona,
iberica. Nel territorio iberico c’è una frammentazione: regno castiglia, aragona etc. e
spesso sono in guerra. Queste guerre interne ai cristiani vengono portate alla luce.
Quindi secondo la teoria tradizionalista non c’è un solo autore ma una tradizione, un
racconto leggendario ispirato al cid che confluisce nella scrittura del cid. Ci sono altre
teorie che vedono un singolo autore identificato addirittura in certi casi con pere abat
(il trascrittore). Prevedono che ci sia stato queste teorie un autore che ha raccolto
delle tradizioni popolari e le ha rielaborate anche alterandole per arrivare alla stesura
dell’opera. Non abbiamo tuttavia grandi dati visto che c’è un solo manoscritto.
C’è una parte precedente andata perduto, ci doveva essere un antefatto perché anche
il roland iniziava in media res come questo. Però nella chanson c’è un prologo,
mentre qua iniziamo direttamente nell’azione. Il Cid era stato accusato falsamente da
alcuni della corte di fronte al re e il re lo aveva bandito, il cid si trova a dover lasciare
la sua terra e andarsene in esilio verso Leon, fuori dalla castiglia. Il Cid in questo
momento deve obbedire all’ordine e
Dai suoi occhi tanto fortemente piangendo
Girava la testa e li stava a guardare.
Vide porte aperte e usci senza catene
Alcandaras (arabismo.La spagna per due terzi è occupata dagli arabi e ci sono
arabismi. Vuol dire aste) Vuote senza pelli e senza manti (aste per fare asciugare le
pelli e i mantelli delle concerie forse)
E senza falconi (servivano anche per fare poggiare gli occelli) e senza astori mutati
(come la chanson, gli astori adulti utili per la caccia)
Sospirò il mio Cid (Cid è un arabismo, il nome del personaggio è Rodrigo Diaz, un
nome tipicamente castigliano. Viene chiamato Sid perché viene dall’arabo said, capo,
colui che comanda la schiera) poiché molto aveva grandi pene.
Però il mio Cid bene e tanto misuratamente.
‘’Sono grato a te signor padre, che stai in alto!
Questo mi hanno rivolto i miei nemici malvagi’’
Siamo in un discorso abbastanza semplice, senza periodi lunghi senza sintassi
particolari. A livello metrico vediamo che c’è la stessa organizzazione della chanson
de roland: abbiamo la cesura evidente e abbiamo una struttura strofica formata da
assonanze, quindi l’identità solo dei suoni vocalici dall’ultima vocale tonica accentata
fino alla fine del verso. Inoltre abbiamo come il roland le lasse, delle partizioni
strofiche variabili, delle lasse assonanzate. Siamo nel metro epico: lassa assonanzata
con la cesura epica. 4 sillabe, cesura, fine del verso. Non sappiamo se era musicato,
non abbiamo AOI né partizione musicale.
Per quanto riguarda la lingua:
‘’Buelto’’ è un fenomeno di betacismo, la v può confondersi con la bilabiale. Questo
discorso esiste ancora nel castigliano spagnolo e di oltre oceano.
‘’Fablò’’ Siamo in una fase in cui ancora la fricativa viene rispettata, non si ha quel
passaggio che porterà alla muta. CI sarà un passaggio intermedio che porterà alla
velarizzazione che porterà Hablò (aspirata) e poi si perderà l’aspirazione. Ci saranno
testi pre cinquecenteschi in cui nello stesso testo, si ha hablar e fablar, questa
differenza si noterà nei testi successivi. Viene da Fabulare nelle aree laterali e
parabolare nelle altre lingue.
‘’estavalos’’ los è una particella pronominale enclinica, anziché ‘’lo stavano’’
‘’stavanolo’’’
‘’Fuerte mientre’’ è tradotto come un avverbio. Siamo in una altezza cronologica in
cui l’avverbio non è saldato. Siamo in un contesto in cui la forma avverbiale ricalca
la forma perifrastica latina. In latino avremmo avremmo avuto ‘’forte’’ per esprimere
l’avverbio di ‘’fortis’’ nel latino standard si rafforza utilizzando l’ablativo di mente
più l’aggettivo. Non è una suffissazione ma sono due parole, un aggettivo e un
sostantivo che poi si saldano insieme.
‘’Mucho’’ rispetto a muito. MULTUM. Il trattamento di laterale più dentale in area
iberica ha due sviluppi diversi che differenza il portoghese dal castigliano. In
portoghese c’è una vocalizzazione mentre in spagnolo c’è la palatalizzazione.
Il Cid sta uscendo dalla sua città, una città ferma e uscendo sta piangendo. Abbiamo
un eroe che piange.
Il Cid non è da solo,sta con altre persone. Chi guarda sono i suoi uomini, il vassallo
ha delle persone che lo seguono,dei compagni d’armi. Va in Esilio insieme al suo
esercito.
E così pensano di spronare (aguiare, pungolare con qualcosa di acuto) E sciolgono le
redini.
All’uscita di Bivar (betacismo, Vivar), udirono la cornacchia a destra
Ed entrando a Burgos la udirono alla sinistra. (L’uscita dalla propria terra e
l’ingresso in un'altra. Ad accoglierlo ci sarà una cornacchia sinistra, mentre all’uscita
dalla sua città c’è una cornacchia a destra di buon auspicio)
Scosse le spalle mio Cid (Ombros sta per spalla, da OMERUS. Nelle altre lingue c’è
spatula) e mise avanti la testa.
‘’Albricia viene da al bixara dall’arabo, potremmo renderlo con ‘’forza, su, avanti’’
Albar Faiez (è l’’aiutante del Cid, sarà il suo fedele amico) che scacciati siamo dalla
nostra terra.
Ma ricchi e onorati ritorneremo in Castiglia. Stanno uscendo da castiglia per entrare
nel regno di Leon, con la cornacchia che li saluta ed è un segno propizio.
Echados ha a che fare con EJECTARE, rigettati, scacciati via. Il nesso velare e
dentale ha il trattamento di palatalizzazione. EJECTATUS, abbiamo la dentale
intervocalica che lenisce e diventa ados. La vocale finale U si mantiene come la A.
Ge si legge ancora palatale.
Varones sta per Barones (betacismo).
Abbiamo a sinistra abbiamo llorando e a destra ‘’plorando de los ochos’’, Siamo nel
momento in cui si sta passando la trafila di mutamento in cui il nesso di bilabiale e
laterale inizia a innestare la palatalizzazione nella laterale.
‘’Oviesse’’ viene da HABUISSE, la H era muta e va via, poi abbiamo una lenizione.
Si sta mettendo in discussione il fatto che sia il signore, il re di castiglia che non si è
comportato bene. Il legame vassallatico tra il signore e il vassallo deve essere
reciproco, per quanto è superiore al vassallo, il vassallo può legittimamente rivalersi
sul signore e muovergli guerra o allearsi con i nemici. C’è La messa in discussione
della catena sociale. Nella chanson de roland c’è una stigmatizzazione del tradimento
mentre qua chi è di posizione superiore può anche sbagliare.
L’eroe se ne va in una terra ostile, dove perseguitato anche dalle accuse e dall’editto
non trova nessuna accoglienza.
Cantar del mio cid-la battaglia
Il Cid per riscattarsi si mette al servizio di un nuovo sovrano cristiano, che da al sid il
compito di recuperare un territorio in mano agli infedeli, ai pagani. Quindi questa è
una delle prime battaglie.
Imbracciano gli scudi di fianco ai cuori ( col braccio sinistro. La destra è la mano che
deve tenere la lancia, la destra sarà la mano che va a ferire. La spada si porta a
sinistra per estrarla).
E abbassano le lance avvolte negli stendardi (Al passo coi cavalli si sta con le lance
verticali, quando si va al galoppo o alla carica abbassano le lance verso il nemico)
Inclinarono i volti in cima agli arcioni (L’arcione è la parte della sella che viene in
alto, le parti alte della sella. Andando alla carica per dare più spinta ci si mette in
avanti)
E andavano a colpire di forte intenzione. (Corasones hanno due significati diversi.
Prima si intende cuore ma per traslato anche intenzione. Il cuore è la sede del
pensiero e delle intensioni, della volontà)
A grande voce chiama lui che nella buona ora nacque (Colui che nacque nella buona
ora è il cid)
Colpitelo cavalieri, per amore del creatore!
Io sono Roy Diaz, il Cid campeador.
Tutti colpiscono nel centro dove sta (nome dell’antagonista)
Trecento lance sono, tutte hanno stendardi.
Ciascun moro uccidono tutti con ciascun colpo. (Ognuno di loro riesce a uccidere un
moro)
Al ritorno che fanno altrettanti morti sono.
Il Cid
Il Cid è stato visto come un’opera a livello narratologico che può essere divisa in
sessioni, uno sviluppo narratologico coeso. La divisione in tre parti corrisponde
all’esilio, le nozze e l’oltraggio.
Viene scacciato da re alfonso (l’esilio), durante l’esilio il cid conquista Barcellona e
Valencia sconfiggendo i musulmani e anche i cristiani conti di Barcellona nemici del
suo ex re. Il cid fa di tutto per riacquistare la fiducia di alfonso e lo fa con la
conquista di Valencia. Riesce a rivedere la propria moglie e le figlie. Ste figlie
vengono chieste in spose da due conti, emblema della piccola aristocrazia che cercava
delle unioni matrimoniali per accedere ai livelli socialmente più alti e arricchirsi. Gli
infanti ti Carillon, cristiani riescono a combinare un matrimonio con le figlie del Cid.
Ci saranno le nozze, il Cid è insediato a Valencia. Gli infanti vanno a Valencia per
sposare ste figlie e si rivelano per come sono: due codardi. Ci saranno degli episodi in
cui verrà ribadita la codardia e la malvagità. Si fanno le nozze e con il pretesto di
mostrare alle due nuove spose le loro terre riescono ad allontanare le figlie del cid da
valencia e se le portano con loro. Le figlie del Cid verranno oltraggiate e inizierà un
processo di vendetta e recupero delle figlie, così come nella chanson dove c’è la
vendetta.
Abbiamo dei xsonaggi femminili che rubano la scena al xsonaggio maschile,
vengono connotate in maniera positiva e ricalcano le figure delle martiri cristiane.
C’è una costruzione di questa scena molto articolata con un’introspezione
psicologica, l’epica iberica si differenzia anche per questo.
‘’Pujan’’ palatale
‘’vergel’’ palatale
‘’Essa noch’’ non è ‘’essa noche’’ per mantenere l’assonanza si mette la parola
tronca.
La lunghezza delle lasse aumenta quando ci sono elementi di forte intensità e si tende
a fare una lassa più estesa senza interruzioni soprattutto nelle assonanze.
La X si legge SH.
Abiltaredes (betacismo)
Orlando Furioso-> parte relativa alla follia. Orlando ha un momento di ira, il furore
di Orlando non è dovuto alla sua prodezza ma avrà una matrice amorosa. Non
qualcosa di epico-cavalleresco. La cavalleria e la cortesia si fondono nel rinascimento
anche grazie alla spinta del romanzo cavalleresco. Il protagonista è il medesimo però
oltre ad essere un paladino è un paladino innamorato.
Don Quixote-> Periodo in cui lo spirito crociato è ancora forte. Cervantes si deve
riprendere da uno scontro e scrive quixote. Quixote è la storia di un folle, Lavora di
fantasia, questa fantasia deriva proprio dalla lettura intensa dei romanzi cavallereschi
medievali iberici che innesca questa voglia di imitare, di essere lui stesso un
cavaliere, rendendo il suo ronzino un palafreno e la sua armatura rovinata, possente.
Nomina suo scudiero Sancho Panza, mette in luce l’elemento della follia,
dell’irrazionalità. In questa parte ci fa capire come funziona la follia del personaggio.
Chanson de Guillaume
Francese antico. Siamo su un altro versante rispetto alla chanson de roland. È un testo
arcaico, paragonabile alla chanson de Roland. È uno dei primi esempi di epica scritta.
Non sappiamo se ci fosse una leggenda orale anche qui, è una forma di epica recitata,
declamata. Guillaume è un personaggio realmente esistito come roland, era un nobile,
il cugino di carlo magno, nipote di Carlo Martello, era Guglielmo d’Aquitania un
grande signore. Alcuni lo identificano come Guglielmo di Gellone o d’Orange.
Aveva combattuto contro i saraceni in varie occasioni tra la metà del 700 e l’800 per
gestire le scorribande saracene. Conquista anche Barcellona. La battaglia di
Carcasson dove presumibilmente sono ambientati i fatti che si svolgono intorno al
790.
C’è stata una razzia di saraceni, di pagani in questa località che si chiama Archanp. I
saraceni arrivano via mare e devastano questa zona. Va a fronteggiarli Vivien, nipote
di Guillaume d’orange che viene sopraffatto e si chiede aiuto a Guillaume che va in
soccorso al nipote ma non riesce a sconfiggere i saraceni. Torna, chiede rinforzi al
sovrano Louis (nome probabilmente fittizio). Guillaume chiede aiuto al re e Louis
non vuole dare aiuto (c’è un tema nuovo, negare il servizio vassallatico di reciproco
aiuto, il sovrano dovrebbe proteggere i vassalli). Dopo aver tentennato Louis da dei
rinforzi a Guilaume d’Orange che a capo di un esercito, insieme a Renard (un pagano
catturato e che era stato convertito ed era diventato cristiano. È un gigante che va in
giro con una grande clava ed è goffo). Insomma, Forte di questo nuovo esercito riesce
a sbaragliare i saraceni. Questo tipo di chanson è antica, la storia a cui fa riferimento
è quella della battaglia di carcasson del 790, viene scritta presumibilmente nel
dodicesimo o tredicesimo secolo, circa 1150. Lo sappiamo deducendolo a elementi
contenutistici: per esempio pesi, misure, monete, nomi di persone o di cose che ci
rendono più facile datare un testo, in realtà è un testo anonimo di cui non si sa
l’autore. Non si sa il luogo di scrittura, l’unica localizzazione che possiamo desumere
è dalla lingua, è in anglonormanno. Per la chanson abbiamo un unico manoscritto che
tramanda questo testo, salvatosi in maniera singolare: fino ai primi del 900 non si
conosceva questo manoscritto. Solo nel 1904 circa uno studioso inglese scopre in un
archivio privato questo manoscritto e che è l’unico esemplare di questo testo. È
disponibile in un unico manoscritto anglonormanno e rivela poco sulla circolazione di
questo testo.
In questo passo si fa riferimento alla codardia, come per gli infanti di Carillon. Qui
vediamo un episodio in cui assume un ruolo fondamentale Reinard dal tinel (reinard
dalla clave). Essendo epica la forma metrica è quella che conosciamo: decasillabi,
lasse e assonanze.
C’è un fenomeno di ibridazione linguistica dove una patina di una varietà linguistica
si sovrappone a un’altra, quindi non ci sono tratti marcatamente anglonormanni. Non
sappiamo quale delle due sia originale.
Troviamo chevalers (tratto franciano) mentre in anglonormanno la palatalizzazione
non ci sarebbe stato. Abbiamo un vocalismo chiuso, cumparer per esempio, tipico
dell’anglonormanno.
Si deve andare ad achanp per dare l’assalto finale. Dopo essersi riposati i cavalieri
devono andare a combattere.
Reneward si leva prima che l’alba appaia
Dalla cucina è ritornato al palazzo. (Il fatto che fosse in cucina, visto che è un ex
saraceno era stato destinato a fare il cuoco da prigioniero ma non abbandona il suo
ruolo di cavaliere).
‘’Munjoi (grido di battaglia) grida, franchi cavalieri, montate!
Quando ci vedranno ad Achanp sul mare,
fuggiti saranno i saracini e i pagani. (Escler ha a che fare con esclavos, esclavonis,
slavoni. Ovvero gli slavi. Gli slavi erano considerati pagani. C’era una religiosità
ancora non cristiana)
Poi A quell’ora non potremo raggiungere!
Dicono i francesi: ‘’Miserabile, lasciaci stare!
Male sia l’ora che il tuo corpo fu nato.
Ancora no ha il gallo ciò credo, che due volte cantato’’
Disse Reneward: ‘’Io lo comando!
(?)E così devo avere chiarezza.
Per la grande fede che io ho giurato a Dio,
Questa volta, se ora non vi alzate su,
io vi faro caro a tutti pagare’’ (Cumparer è comperare, così si diceva in francese
antico.
Questo episodio ha un tema non molto epico, questo gigante va in giro con una clave
e irrompe nel palazzo dicendo di andare a combattere. Stiamo in quel passaggio che
va dai toni epici a toni invece più bassi, meno epici. Caratterizzati dalla presenza in
scena di questo personaggio che nelle tue fattezze non ha un’eccellenza epica. Questo
botta e risposta con gli altri cavalieri continua:
E alza il bastone (clava) e così colpisce su un pilastro
Tanto che una trave ne ha colpito in mezzo.
Tutta la sala fa sopra di loro tremare,
per poco non la ha tutto distrutto. (crepantar)
Per la paura che loro hanno si sono i francesi alzati su.
Mille ce ne sono che perdono le loro scarpe.
E non possono recuperare nessun equipaggiamento.
Mettono le selle ai destrieri focosi
E per ben quindici leghe sono di notte andati. (Si spaventano tanto che escono senza
l’equipaggiamento completo)
La notte fu oscura e nulla del giorno appare
Tutti quanti maledicono Reneward dalla Clava
‘’maledetto sia per i santi miracoli di dio questo briccone , questo poltrone provato.
Poiché a questa ora ci fa errare questi luoghi.
Davvero un grande colpo di spada bisognerebbe dargli.
(Coles è un colpo di spada solo per stordire, in italiano il piattone, dalla parte piatta
della spada)
Continua ad esserci il comico.
I francesi furono alle camere e così bevvero del vino (Chambre> CAMERAM, cade
nasale finale, la A si trasforma in E. Sincope della vocale atona, poi ci sarà un
fenomeno, l’epentesi: l’inserimento di un suono non etimologico che serve per
rendere un passaggio consonantico più pronunciabile. E poi la palatalizzazione).
E dice l’uno all’altro: guardate che grande bellezza! (In francese antico è ancora
VEER il verbo vedere dove è ben precisa la semplificazione, la lenizione che arriva
fino al dileguo della occlusiva dentale intervocalica di Videre), Lenizione di primo
grado in provenzale Vezer e in italiano no, vedere.
Guardate che bel palazzo e che potente ricchezza!
Piacesse al re della gloria, di santa maestà (Dio)
Che Carlo Magno, nostro sire avesse conquistate (acaptare)
Attraverso le sue armi in una battaglia di campo! (Peccato che queste ricchezze non
le abbia conquistate in battaglia)
E allora carlo magno disse loro: ‘’Adesso dobbiamo gabbare’’ (fare il gioco)
‘’Il re ugo i forte non ha nessun cadetto
Di tutto il suo esercito, che tanto sia ben forte
Che avendo vestito due corazze e due elmi allacciati,
si sieda su un destriero che corre e ben riposato. (Se ugo mi sceglie il suo miglior
cadetto e lo fa vestire con due corazze e due elmi –iperbole- )
Se il re mi presta la sua spada adornata da un pomo d’oro
Così io colpirò sugli elmi laddove saranno più spessi.
Taglierò le due armature e gli elmi gemmati
E il feltro e inoltre la sella del cavallo riposato.
La spada (il brando) colpirà in terra
E così io la lascerà andare
E non ci sarà più nessuno salvato per alcuna persona
Finché non sia di un’asta piena infilata nella terra.
Dice che riuscirebbe con un solo colpo di spada a ucciderlo e ad arrivare fino a un
metro, è una sbruffonaggine, è un’azione che crea un collegamento intertestuale,
allude al testo della chanson de Roland, l’epica vera nel passo della battaglia. Nella
chanson de roland l’azione era vera, qui è messa in ridicolo. Viene presa un’azione
che è abbastanza enfatizzata, qui per renderlo parodico viene amplificato oltremodo,
oltre misura, viene caricato per renderlo qualcosa di burlesco e impossibile.
‘’Per dio’’ disse la sentinella, ‘’è davvero ben forte e possente’’ Ugo prima li fa bere
e poi le fa spiare. La sentinella la prende per una sfida reale, non come una
sbruffonata.
Folle fu il re ugo quando volle accoglierli.
Se questa notte ancora sento dire delle cose folli
Al mattino appena arriva l’alba li farò congedare.
Tra un brindisi e l’altro carlo esorta ognuno a dire una sbruffonata con un
esagerazione nei contenuti sempre più alti.
C’è il finto amore cortese. La tematica religiosa, chiamare dio per risolvere situazioni
come queste è una presa in giro.
Strumenti lessicografici:
Lingue romanze: REW (archive.org)
Provenzale: Levy Petit, Levy supplement.
Breve Diccionario etimologico de la lengua castellana, Corominas.
Petit dictionnaire provençal-Français, Emil Levy (archive.org)
Dictionnire étymologique de l’ancien français
Anglonormanno : ANglo-Norman dictionary
Italiano : TLIO tesoro della lingua italiana delle origini
MODALITà ESAME
Prima lettura dei testi, Traduzione , analisi linguistica. Porta due testi di aree
linguistiche differenti (No francese e provenzale No spagnolo e portoghese): un testo
dall’area galloromanza, un testo da italoromanza, un testo da iberoromanza.
Due liriche, due epiche o una lirica e un’epica.
(FAI BENE Relativo al latino, ai caratteri delle lingue romanze, l’edizione dei
testi, storia della filologia)
In analogia con quanto avvenuto per la sinistra anche per la destra si adotta un
modello che indica in opposizione concettuale ‘’ciò che non è piegato, diritto,
agevole’’
Da DEXTRA si passa a DIRECTA. (dereita, derecha, droite, dreapta).
L’italiano mantiene sia destra che sinistra. Ma nel lessico nautico si usa ‘’diritta’’ per
indicare la destra.
La fase di sostituzione è lunga e progresiva: riguarda prima la sinistra e poi la destra.
In francese la prima attestazione di gauche è del 1471, izuierda del sedicesimo secolo.
Droite nel 500, derecha nel diciassettesimo secolo.
Dante oscilla tra manca, sinistra e mancina.
SEMINARI DI DE SALAZAR
La Romania è una regione abbastanza giovane, ha compito 100 anni nel 2018. Nel
1857 si erano uniti Valacchia e Moldavia. A conclusione della prima guerra
mondiale, ad Alba Julia la romania si riunusce: La Transilvania si unisce al resto
della Romania. Da Romanum abbiamo Roman. Tuttavia il termina roman o ruman
non denotava solo il popolo ma indicava la classe sociale di appartenenza: In romania
si sono avvicendati diversi popoli dove c’erano degli autoctoni sopraffatti da altri
popoli. Roman designa non solo gli abitanti di questa zona ma coloro che sono servi.
I turchi, arrivarono a conquistare il territorio dell’Ungheria e la Transilvania crea un
principato autonomo che stava bene agli ottomani, In questo principato i roman non
stavano nel consiglio di potere di questo principato, i roman erano sempre subalterni.
Nei documenti si parlava spesso di valecchi, di tran silvani etc, si parlava di
‘’roman’’ solo nel caso dei mercanti per esempio.
Spesso in Italiano prevale il ‘’Ru’’ (Rumeno), ma la variante con la O inizia a
imporsi nel periodo fascista, visto che i due stati erano convergenti sull’asse e
volevano marcare la propria latinità tentando di imporre la parola con la O. La
variante romena è più vicino alla variante autoctona, Roman. Quello con la U è
l’evoluzione normale.
Il romeno è l’unica lingua romanza che non è nella romania continua. La Romania è
staccata dal resto della Romania. È un isola di latinità in un mare slavo. È singolare il
fatto che avendo dei ceppi linguistici così forti, pensare che si è mantenuta una lingua
dal carattere romanzo. Le attestazioni scritte in lingua romena sono molto tarde.
Intorno al XVI secolo.
C’è stata la conquista della Dacia. La Dacia Felix, la Dacia felice e prospera che vede
l’arrivo delle truppe romane. L’arrivo delle truppe romane fu all’incirca nel 101 a.c.
per opera di Traiano. Nel 106 viene portata a compimento la conquista della Dacia,
con la sconfitta di Decebalo da parte di Traiano. C’erano già stati prima dei contatti
tra i romani e i daci, ma erano più che altro degli scambi commerciali. La lingua
dacica era una lingua indoeuropea, solo che tra questo tipo di lingue indoeuropee era
una lingua satem: la parola per 100 viene da satem (al contrario di altre lingue
romane che sono centum, in cui la parola per 100 deriva da 100). Del daco è rimasto
molto poco, quasi nulla. Non essendoci testimonianze scritte, per determinare il
sostrato daco si fa ricorso all’albanese. La legione era molto grande, questi soldati
parlavano un latino non colto, un latino volgare. Già nel V, VI secolo iniziano ad
arrivare gli slavi: la particolarità del romeno sta anche in questo, gli agenti di
superstrato sono diverse rispetto a quelle che hanno toccato altre lingue romanze.
Questi effetti di superstrato sono diversi rispetto alle lingue romanze occidentali.
Come si passa dal latino al romeno? C’è una teoria che sostiene che il romeno si sia
sviluppato soltanto al sud del danubio perché si supponeva che la popolazione
romanizzata fosse stata portata a sud del danubio. Ma ciò non è valido innanzitutto
perché non c’è stato uno sterminio dei Daci o dei Romani. Aureliano porta con sé le
truppe, non porta con sé tutta la popolazione e non si hanno tracce di questo esodo. Il
romeno non si sviluppò particolarmente a nord o a sud, ma sia a nord che a sud inizia
a differenziarsi la lingua romena. Ci sono dei motivi che ci fanno capire che la lingua
si sia sviluppata sia al di sopra che al di sotto del Danubio: per esempio il fatto che ci
sono delle tracce del latino al sud con i riferimenti al fico e al castagno che nelle altre
lingue vengono chiamate diversamente. A nord invece si attestano delle parole come
‘’aur’’ che viene da ‘’aurum’’ e ‘’picula’’ che è la pece. Cosa conserva dal latino?
Il romeno è una delle lingue più conservative, innanzitutto perché è l’unica lingua
romanza che conserva le declinazioni. La declinazione è molto ridotta, l’ablativo non
c’è più, il vocativo è circoscritto a pochi casi e abbiamo nominativo/accusativo stessa
forma e genitivo/dativo stessa forma. Un altro aspetto è il neutro, conserva quest’altro
genere che si comporta al singolare come un maschile e al plurale come un
femminile. Per quanto riguarda l’articolo indeterminativo abbiamo anche quello
plurale. Ha l’articolo determinativo ma è l’unica lingua che ha l’articolo
determinativo enclitico e posposto, si lega alla parola ed è posposto.
C’è un lessico panromanzo (come le parti del corpo) e un lessico diverso. Ci sono
parole che sono conservate solo in alcune lingue romanze tra cui il romeno come
bello che si dice ‘’frumos’’ che viene da ‘’fromosum’’ . Oppure mangiare abbiamo
‘’a manca’’ da ‘’manducare’’ (che troviamo in altre lingue romanze tranne spagnolo).
Cucchiaio si dice ‘’lingura’’ che lo ha conservato solo il romeno (che viene da
lingula, il cochelarium era un cucchiaio di metallo).
Abbiamo l’influsso slavo, l’influsso ungherese, dal turco.
Il romeno è parlato in Romania, in Moldavia (con l’influenza russa, fino a poco
tempo fa si usava il cirillico), si parla nelle comunità romene all’estero, nella zona
della Bucovina che fa parte dell’Ucraina.
Quando parliamo di romeno parliamo di Dacoromeno (al nord del danubio)
A sud del Danubio abbiamo l’aromeno o macedo romeno (che si parla in Macedonia
con pochi parlanti, in parte della Grecia, Serbia, Bulgaria)
Poi abbiamo il meglenoromeno (nord della Grecia e una zona della romania)
L’istroromeno (Che si parla nella zona dell’Istria).
Questi tre dialetti romeni si sono staccati dal romeno.
Il sostrato della lingua romena è un sostrato diverso dalle altre lingue: abbiamo il
daco. Anche i superstrati sono diversi, ad esempio abbiamo l’ungherese. Popolazioni
che sono arrivate che non sono state le stesse nelle altre nazioni romanze. Lo slavo ha
la stessa influenza che hanno avuto le lingue germaniche nelle altre lingue (ad
esempio la parola ‘’ricco’’ in romeno viene da bogat che è slavo, mentre nelle altre
lingue è derivato dal germanico).
Il romeno e l’italiano hanno dei fenomeni vicini. Il romeno è una lingua molto
conservativa, con l’italiano condivide alcuni tratti, per esempio uno dei primi aspetti
è il plurale: il plurale dei sostantivi in romeno come in italiano è un plurale vocalico
(al contrario delle altre lingue romanze che spesso fanno in –s). Il romeno ha avuto
un evoluzione diversa, perché la ‘’i’’ del plurale è servita poi per palatalizzare la
consonante precedente (infatti non si sente e palatalizza la consonante prima). Poi,
così come in italiano da Nos e Vos derivano Noi e Voi. Un’altra caratteristica che
accomuna italiano e romeno è la seconda persona singolare del verbo che è in ‘’i’’, le
altre lingue romanze invece in –s.
Una cosa è marcata quando è specifica di quella lingua. Più è alta la specificità
all’interno di una lingua, più si dice che quella lingua è marcata per quel carattere. Il
romeno è marcato per i casi perché è l’unica lingua che ce l’ha.
A livello di sintassi come fenomeno panromanzo abbiamo il passaggio dalla forma
OV a VO. Poi dall’ ‘’aggettivo-nome’’ del latino si passa al ‘’nome-aggettivo’’ delle
lingue romanze.
Il sistema dei casi è una specificità del romeno.
Dal neutro latino le lingue romanze hanno assimilato le parole neutre nel maschile o
nel femminile: mare era neutro e diventa maschile in italiano e femminile in francese.
In Italiano il neutro non è una categoria, è una categoria chiusa. In romeno è una
categoria molto viva perché per esempio si arricchisce anche dei neologismi: i
neologismi si assimilano nel neutro.
L’articolo è un’innovazione panromanza in tutta la Romania. È un’innovazione
rispetto al latino.
Tutte le lingue romanze hanno un avverbio con il suffisso –mente. Questo non esiste
in romeno, il romeno inizia a delinearsi simile ad altre zone periferiche come i dialetti
centro-meridionale. In romeno si utilizza l’aggettivo con valore di avverbio.
Un altro aspetto è il condizionale. In latino il condizionale non c’era e poi si è
formato in ambito romanzo con l’infinito e il verbo ausiliare avere (Cantare-habebat-
che diventa Cantare habia e poi cantar hìa). Nelle lingue romanze viene ad essere
sintetizzato. In romeno abbiamo un condizionale non sintetizzato: l’ausiliare avere è
in una forma particolare e poi il verbo. Abbiamo delle particelle in romeno che sono
forme particolari dell’ausiliare avere (as, ai, ar, am, ati, ar+ infinito. Per esempio as
lucra, ai merge).
Nel romeno per il futuro si usa una forma di volere-> La particella non è più quella
che si usa per il verbo avere ma ci sono sei particelle più l’infinito (voi, vei, va, vom,
veti, vor). In romeno abbiamo 3 tipi di futuro, c’è una formula simile alle nostre che è
quella del verbo avere più il congiuntivo, usato per azioni di necessità. (Forma simile
a quella presente nei dialetti. Am sa fac, può essere ‘’ho da fare’’ ed esprime il
futuro).
Il passato prossimo usa solo l’ausiliare avere come in spagnolo.
Per il comparativo abbiamo una forma analitica panromanza (più bello, meno bello)
però in romeno abbiamo una derivazione che troviamo anche in altre lingue che viene
dal ‘’magis’’ latino e quindi ‘’più’’ diventa ‘’mai’’. Non esiste il comparativo
sintetico ‘’migliore’’ ‘’peggiore’’. Non c’è neanche il superlativo assoluto in –issimo.
Per quanto riguarda il numero, dall’uno al 10 e il mille sono panromanzi. Il cento è
diverso, lo prende dallo slavo ‘’sto’’. Abbiamo il due femminile che è un’altra
particolarità. Il tipo di numerazione che abbiamo dall’11 in poi, abbiamo lo spagnolo
che è sintetico fino al 15, l’italiano è sintetico fino al sedici. In romeno dall’undici
abbiamo una forma particolare: unsprezece, doisprezece che viene da ‘’uno super
decem’’, uno su dieci. ‘’Super’’ diventa ‘’spre’’. Sembra che gli elementi sono latini
ma la costruzione è slava. C’è un’altra spiegazione interessante che è quella che vede
un riferimento ancora più antico: visto che era un popolo prevalentemente di pastori,
si pensa che per contare si utilizzasse una bacchetta di legno su cui si facessero delle
tacche e dopo la decima tacca i trattini si mettevano sopra in orizzontale rispetto a
quelli verticali.