Sei sulla pagina 1di 99

16 APRILE NO LEZIONE, 17 Sì

La prospettiva storico comparativa permette di raffrontare oggetti linguistici per


verificare se ci siano tratti di somiglianza o differenza e di che tipo siano. Le lingue
europee condividono alcuni tratti dovuti dall’indoeuropeo. Il sistema storico
comparativo ci fa capire che parentele genetiche sviluppatesi sull’asse diacronico ci
siano. Una lingua può essere osservata sia nella prospettiva sincronica che diacronica.

QUALI SONO LE LINGUE ROMANZE?

Quando parliamo di un’area in cui ci sono molti parlanti di una lingua, la lingua viene
nazionalizzata. Lingue che oggi sono concepite come ufficiali, nazionali, una volta
potevano non esserlo.

L’Italiano è parlato in Italia e un cantone della svizzera

Il romeno in romania e aree limitrofe

Il ladino/romancio in un cantone della Svizzera a livello ufficiale.

Il francese è parlato in Francia, Belgio, Lussemburgo, Svizzera

Lo Spagnolo (o Castigliano)-> Il castigliano era parlato in una zona centro


settentrionale, era una varietà linguistica che poi si è imposta come lingua nazionale.

Il catalano-> tutta la costa, la parte mediterranea della Spagna.

Il gallego-> in Galizia

Il portoghese

Possiamo dividere l’ambito delle lingue romanze in 4 macro-aree che si distinguono


nella Romània (quella grande area linguistica culturale dove si parla una lingua
romanza) Queste 4 macro aree sono identificate come segue:

L’area ibero-romanza (spagna, portogallo, catalano)

L’area gallo-romanza in cui l’unica lingua è il francese.

L’italiano, il ladino e il sardo che costituiscono l’area italo-romanza.

L’area daco-romanza la provincia interessata dalla romanizzazione era appunto la


provincia della Dacia.
Per definire una lingua o comunque una varietà che aspira a diventare lingua deve
avere un prestigio culturale. Dei tratti che la possano differenziare da altre lingue, dei
tratti fondamentali. Il sardo ad esempio ha una fonetica, un lessico peculiari e per cui
risponde bene a questo requisito. Inoltre ha una produzione di testi antica e notevole.

Questa situazione è quella della Romània attuale.

Parliamo di Romània continua che identifica quell’area dove si è sviluppata una


lingua romanza per influsso di una romanizzazione diretta (portata da eserciti, scambi
commerciali etc). Dove si è sviluppata una romanizzazione diretta e si è sviluppata
una lingua romanza che ancora oggi è parlata, si parla di Romania Continua
(rappresentata dalle 4 aree).

Le lingue romanze si parlano anche al di fuori dell’Europa.

Il francese è parlato in Canada, negli Stati Uniti (in Louisiana), ad Haiti, in Guyana,
Nordafrica, Mali, centro Africa. In Indocina, in Vietnam abbiamo avuto la
colonizzazione Francese, Timor etc. in alcune zone dell’oceania.

Lo spagnolo è parlato in tutto il Sudamerica ad eccezione del Brasile in cui si parla il


portoghese. Abbiamo l’Angola con l’influenza portoghese, nel golfo di Guinea, nel
Mozambico e del Madagascar pure portoghese. Abbiamo piccole Colonie spagnole in
Africa, delle enclavi spagnoli: Ceuta e Melilla. L’indonesia è stata divisa tra francesi
e portoghesi.

Parliamo di Romània nova in cui non c’è stata una latinizzazione diretta ma le lingue
sono state esportate. È quella zona geografico-linguistica in cui una lingua romanza
esiste ma non attraverso una romanizzazione diretta. Ci sono differenze tra lo
spagnolo parlato in America e quello della Spagna: questo avviene perché si parte da
un latino volgare evolutasi in maniera indipendente. Nel momento in cui questa
lingua viene esportata la lingua inizia un nuovo tipo di evoluzione. Abbiamo due
evoluzioni di tipo divergente. Sono lingue dovute alla colonizzazione.

Parliamo inoltre di Romània submersa. C’erano delle zone che si sono sottratte
all’area di influenza latina e hanno subito un’influenza e una colonizzazione da parte
di altri popoli che poi hanno determinato la lingua attuale. Una volta ad esempio il
Nord Africa era parte dell’impero romano, pensiamo a scrittori cartaginesi che
scrivevano in latino (Sant’Agostino ad esempio). Il dalmatico era una lingua del
ceppo italo-romanzo che si è estinta da poco. Il caso dell’Inghilterra è notevole
perché su una popolazione parlante una lingua germanica si innesterà una dinastia
che adotterà il francese: si svilupperà l’anglonormanno. Non a caso molto lessico
inglese ha delle origini non germaniche ma latine.

Abbiamo altri 2 concetti linguistici molto importanti:

Substrato-> La lingua si fonda su diversi strati che hanno influenzato più o meno la
lingua: ogni strato precede un altro strato e segue un altro strato. L’ultimo strato è lo
stato attuale della lingua. Uno dei primissimi stati è costituito dalle lingue autoctone,
le lingue che già esistevano di cui non sappiamo quasi nulla: il ligure, il basco, il
guascone. Successivamente a questo primo strato si è depositato lo strato delle lingue
indoeuropee (latino, greco etc). Poi dal latino si arriva ai volgari romanzi e dai
volgari romanzi alle lingue romanze. Queste stratificazioni sono dati da un deposito,
un accumulo di altre lingue. Queste stratificazioni avranno tra di loro degli influssi e
delle influenze: lo strato sottostante influenza quello sottostante e viceversa.
Pensiamo all’europa pre-romana: c’erano delle popolazioni autoctone che erano state
assorbite da popolazioni indoeuropee. Tra le grandi migrazioni c’è per esempio
quella dei Celti che nell’area spagnola hanno dato origine all’area celtibera e all’area
galla. La Gallia è stata influenzata più nettamente mentre la Celtibera di meno. Si è
creato uno strato sovrastante che ha cacciato lo strato precedente, lo strato precedente
però ha fatto sì che ci fossero degli affioramenti dell’area gallica

Superstrato-> Nel caso del latino, il latino si è imposto come strato preponderante ed
è riuscito a caratterizzarsi in maniera forte cancellando quasi del tutto gli strati
precedenti. La lingua latina è diventata superstrato, perché ha coperto tutte le aree
delle lingue precedenti attraverso tre fattori: il fattore militare, il fattore commerciale,
il fattore culturale (molte popolazioni sono affascinate dagli usi e costumi neolatini.
Ogni superstrato è substrato di un superstrato successivo: subito dopo la
romanizzazione segue un periodo di decadenza che consente ad altri gruppi etnico-
linguistici di farsi superstrato a loro volta quindi di andare ad agire sulla
romanizzazione. Allo strato del latino si viene a sovrapporre un altro strato di lingue
estranee che agiscono sulla romanizzazione pregressa. In Italia ad esempio
subentrano goti e longobardi. Sia i goti che i longobardi fanno parte di un gruppo
linguistico germanico: i longobardi riusciranno ad avere un dominio politico ma
anche un influsso di superstrato sul latino che si era creato nelle loro aree di
dominazione. Gli influssi dei longobardi li abbiamo ancora oggi in alcune espressioni
lessicali: quando parliamo di ‘’guerra’’ non abbiamo una base etimologica latina ma
dovremmo rifarci a una base etimologica germanica. Dopo la romanizzazione sono
subentrati altri strati che hanno avuto effetto di superstrato che hanno influenzato la
lingua latina.
Delle due, una soccombe e una si sviluppa, prendendo più o meno in maniera intensa
elementi della lingua che era parlata. Il latino ha vinto rispetto alle lingue germaniche
ma dal superstrato ha preso degli elementi. Le lingue di substrato (che quindi sono
scomparse), come il ligure per esempio, non ha lasciato alcuni elementi visibili. Le
lingue di substrato sono lingue che vengono spazzate vie o assorbite da una lingua
che si deposita su questo strato. Le lingue di superstrato sono quelle lingue che si
riversano di sopra che possono cancellare le lingue precedenti.

Tutte le lingue romanze derivano dalla stessa lingua ma sono diversa in base alle
dinamiche di evoluzione e in base ai superstrati vari che si sono andati a depositare
consentendo la frammentazione linguistica.

Le lingue di sostrato sono lingue che pur soccombendo rispetto alla nuova lingua che
si istaura in realtà producono comunque minimi fenomeni che affiorano nella lingua
sovrastante che va ad imporsi: ex. Le lingue di natura celtica nel sostrato latino. Allo
stesso tempo gli stati sovrastanti possono influenzare le lingue sottostanti (ex. Il
latino è lo strato che si trova al di sotto rispetto alle lingue germaniche che avanzano
attraverso verso i confini dell’impero. Queste popolazioni, per quanto dominanti non
riescono a imporre una nuova lingua, quindi la lingua precedente, latina, resta la
lingua parlata. Questa lingua che si va a sovrapporre pur scomparendo riesce a
produrre degli effetti sulla lingua sottostante. Un esempio è quello dei relitti che
abbiamo nel fondo linguistico in cui abbiamo dei germanismi: guardare, guerra etc).

Ci sono dei forestierismi che non possono essere considerato come superstrato (come
gli anglicismi) per il semplice motivo che non c’è stato un contatto di popolazioni. I
longobardi sono stati qui per secoli, i celti sono entrati a contatto con i romani: si
sono frequentati, combattuti, sposati e questo ha determinato il superstrato. Mentre
gli inglesi non hanno mai invaso massicciamente l’Italia. Esistono quindi tutta una
serie di altri fenomeni, come il prestito che vengono chiamati adstrato-> ‘’ad’’
presso, vicino. Non dobbiamo considerare conquiste, invasioni o colonizzazioni ma
piuttosto dovute a dei rapporti in via orizzontale: popolazioni collegate tra di loro da
una rete ad esempio commerciale, o per questioni di prestigio culturale.

Nel caso dell’arabo in spagna abbiamo un superstrato il sistema linguistico della


cultura precedente non soccombe ma sopravvive pur prendendo alcuni elementi di
questa cultura che si è sovrapposta. La cultura che si è sovrapposta non è proprio di
substrato xkè c’è una continuità: c’era il volgare prima in spagna e quando poi i
musulmani vengono scacciati di nuovo c’è la stessa lingua. Un po’ come i longobardi
in Italia. Possiamo pensare che nel caso dell’arabo in spagna ci sia anche un altro
discorso, quello dell’ adstrato. Perché c’è comunque un influenza di adstrato: in
alcune aree linguistiche rispetto alla dominazione musulmana avranno preso di più,
ovvero spagnolo e portoghese. In italiano ci sono meno arabismi. Possiamo parlare di
adstrato perché c’è questo periodo in cui anche popolazioni che non sono state
direttamente influenzate (come l’italiano) prendono l’arabo in alcune situazioni.

Quando parliamo di cultismi parliamo di quelle parole che non hanno subito tutti i
mutamenti spontanei dell’evoluzione della lingua. Per quanto riguarda il greco tutte
le parole di tipo medico non sono adstrato ma sono state introdotte per una questione
di prestigio linguistico. Sono delle parole condizionate da una trafila non spontanea.

Periodi della romanizzazione

753 a.c. -> Roma viene probabilmente fondata in quest’anno. Tutti gli storici ci
danno questa data di formazione. C’erano diverse popolazioni italiche, alcune
autoctone altre non, che nel centro italia convivevano pacificamente. Da questo
momento in poi, la popolazione latina, prende il sopravvento e attraverso le conquiste
militari e le alleanze strategiche riesce ad imporsi nell’Italia centrale. Dall’italia
centrale questa popolazione assorbe territorialmente quasi tutta l’Italia fino alla
pianura padana che rimane dei galli e diverse aree del sud che invece erano state
conquistate da Cartagine.

218-202 a.c.-> Periodo della seconda guerra punica. Si creano delle situazioni in cui
due potenze lottano per la supremazia: Roma (che ora è una repubblica) e Cartagine.
Abbiamo 3 guerre puniche ma la seconda è importante perché rappresenta la
romanizzazione dell’area iberica. La seconda guerra punica è la guerra di Annibale in
cui Roma riesce ad impossessarsi di un dominio strategico importante del blocco
cartaginese. I cartaginesi controllavano il Mediterraneo occidentale e quindi
controllava la Spagna e parte della sardegna e sicilia. Con la disfatta della seconda
guerra punica questi territori passano a Roma. Roma per la prima volta mette piede in
Iberia e si inizia la romanizzazione della penisola iberica.

50 a.c. -> Data presunta della stesura del De bello gallico. Data della romanizzazione
della Gallia. Con la stesura del de bello gallico si ha il compimento della conquista
della Gallia. Cesare narra le vicende di una lunga campagna militare che inizia coi
territori della Gallia Cisalpina fino a tutta quanta la Gallia: la belgica, la celtica fino
ad arrivare alla conquista pressoché totale. Comprende anche quella parte della
Svizzera che oggi è romanza. È una conquista parziale perché c’è una resistenza di
tipo celtico che si concentra soprattutto nel nord che anche se assoggettata alla
repubblica romana restano più legate alle loro origini celtiche. Questo avviene in
alcune aree nel nord. Il sud invece è molto più facilmente romanizzato perché intanto
è più vicino all’area mediterranea ma anche perché quell’area era già romanizzata
prima del de bello gallico di Cesare perché era un’area utilizzata per raggiungere la
penisola iberica. Quest’area si chiamava provincia Narbonensis che prende il nome
dall’attuale città di Norbona. Quindi il sud era territorio romano prima della
conquista. Per cui avremo questi due diversi gradi di latinizzazione: un nord meno
latinizzato, un sud pienamente latinizzato e simpatizzante della cultura latina. Nel sud
si sono persi proprio gli usi e costumi celti: nella gallia del sud erano entrate le
istituzioni repubblicane con un patriziato, al contrario della tipica gestione delle tribù
celtiche.

38-117 a.c.-> Siamo in età imperiale (e anche imperialista di Roma visto che Roma
ha l’egemonia nel mondo antico). Siamo nel periodo dell’impero di Traiano. Sotto il
suo impero abbiamo la massima espansione di Roma. In questo periodo si arriva al
culmine della romanizzazione: sarà romanizzato il nord Africa, tutta la Spagna, la
Dacia, l’Inghilterra fino al Vallo Adriano. In Iberia e Gallia abbiamo avuto la
romanizzazione diretta mentre in altre aree la romanizzazione non è stata così forte
come il medio oriente. Roma di solito lascia usi e costumi che si trovano, basta che ci
sia il controllo del territorio, le alleanze militari e il pagamento dei tributi. Molte aree
hanno dunque una romanizzazione politica, amministrativa e non tanto di tipo
culturale e linguistico. Questo è il momento di massimo splendore.

285 d.c.-> Inizia un lento declino di roma che durerà fino alla caduta. Fin’ora creava
il motto dividi et impera, e questo si rivolterà contro. Si crea la necessità di frazionare
l’impero perché tutto l’impero non può essere controllato da un unico cesare. Sotto
Diocleziano avremo la diarchia: il comando di due. Diocleziano si rende conto che
un solo cesare non ce la fa e ci sarà una divisione almeno amministrativa di due parti.

295 d.c.-> Una decina di anni dopo dalla diarchia si istituisce la tetrarchia: il
comando di quattro. L’impero romano viene spezzettato in 4 parti, delle parti che
coincidono con le macro aree linguistiche e culturali: uno della parte orientale, uno
della parte centrale, uno della gallia e dell’inghilterra, e uno dell’aria iberica e
nordafricana.

395 d.c.-> Momento di crisi. La divisione non è più solo amministrativa. Teodosio
ha due figli e decide di spartire l’impero romano in due nuove realtà imperiali, due
imperi diversi: un impero romano d’occidente (area romanza più o meno) e l’impero
romano d’Oriente con capitale Costantinopoli. Questo impero romano d’Oriente avrà
delle sorti diverse e lontane rispetto all’altro impero. L’impero d’oriente è ciò che c’è
a Oriente della penisola italiana, dai balcani in poi. Quindi non esiste più l’impero
romano ma esistono due imperi. Ci sarà una successione di colpi di stato, fino ad
arrivare al famoso ultimo imperatore di Roma: Romolo augustolo.
450-> Con la deposizione di Romolo augusto finisce l’impero romano d’occidente.
Poi l’impero romano d’oriente finirà con l’assedio di Costantinopoli nel 1400 circa.

Dal 753 il latino inizierà ad evolversi e a frammentarsi così come si frammenta


l’unità di comando e amministrativa. L’impero romano d’oriente rimarrà fuori dalla
latinizzazione, tra la tarda classicità e il medioevo i bizantini a livello linguistico e
culturale si distaccano dalla latinizzazione. Durante il periodo della decadenza si
arriva a un nuovo assetto culturale. A livello linguistico il latino procede da una fase
arcaica (Plauto o Terenzio) poi abbiamo una fase classica fase degli autori
fondamentali (Cesare, Cicerone, Orazio, Livio, Virgilio etc). C’è infine una fase
tarda, una fase in cui si inizia ad andare la decadenza. La fase tarda è testimoniata da
autori che sperimentano già un nuovo lessico e una nuova struttura sintattica (ex.
Petronio). Queste tre fasi, sono delle fasi linguistiche di cui noi possiamo avere
conoscenza solo a livello scritto. Sono delle fasi che conosciamo attraverso la
letteratura. Attraverso la letteratura sappiamo che esistono queste tre fasi. Tuttavia
una lingua che sopravvive solo attraverso dei reperti scritti non potrà mai essere
restituita così per com’è anche nella vita quotidiana. C’è una differenza tra la lingua
scritta e orale. Nelle fasi scritte abbiamo un certo sviluppo, oggi resta ed è studiata
principalmente la fase classico/letteraria. Questa entità linguistica però, non ha nulla a
che vedere col latino standard che è alla base delle lingue romanze. Le lingue
romanze procederanno dal latino standard e non dal latino classico. Il latino standard
sarà la lingua latina comune dell’uso, la lingua che si usa nelle comunicazioni non
letterarie, non ufficiali, nelle comunicazione di tutti i giorni. Questa lingua è la lingua
del parlato, dell’uso comune che si usava in strada e famiglia. Questo latino si
differenzia dal latino utilizzato in letteratura, nelle orazioni e dalle istituzioni in
generale. Come facciamo a sapere che tipo di lingua era? Dovremo necessariamente
rivolgere la nostra attenzione alla documentazione linguistica che in via diretta o
indiretta ci testimonia qualcosa di questo latino standard. Una fonte utile ad esempio
può essere una registrazione scritta della lingua dell’uso comune: quando abbassiamo
il livello di un’opera letteraria per esempio. Cicerone per esempio scrive le orazioni e
i trattati filosofici utilizzando il latino colto. Cicerone scrive anche le familiares, delle
lettere in cui lì cicerone si toglie la toga dell’oratore e scrive alla moglie, ai parenti,
agli amici. Attraverso le familiares possiamo avere una traccia del divario tra il latino
classico e quello standard. Anche il teatro è utile: se pensiamo alle commedie
plautine abbiamo personaggi degli strati più bassi della società e l’autore sceglie una
lingua standard. Attraverso plauto sappiamo come funzionava il latino ‘’basso’’ nella
fase arcaica. Petronio scrive il Satyricon che ha inserti comico-grotteschi in cui
parlano persone provenienti da ambienti bassi. Attraverso il Satyricon abbiamo
un’idea del latino standard in epoca post-classica. Le lingue, nella loro quotidianità
sono analizzati anche a partire dai testi non-letterari: ad esempio testi di tipo pratico,
di tipo commerciale per esempio, o gli inventari di provviste, oppure dei testi
avventizi, occasionali come scritte sul muro. Ovviamente possiamo ricostruire
parzialmente una fase del latino standard, per questo latino standard abbiamo un
corpus ridotto e occasionale. Alcuni testi sono sopravvissuti in maniera fortuita, testi
che si sono salvati. Abbiamo comunque alcune cognizioni di questo latino standard.
Il latino standard è un elemento linguistico che viaggia parallelamente al latino
classico. Il latino standard è stato interpretato variamente e chiamato anche latino
volgare.

Questa dinamica che riguarda roma bisogna applicarla a delle aree linguistiche che
avevano già altre lingue. Lo strato del latino classico-letterario ha un impatto minore
rispetto a quello non letterario: sicuramente i militari o i mercanti non parlavano alla
maniera di Cicerone e si porterà avanti il livello standard. Il livello standard è quello
della romanizzazione. Che fine fa il latino classico? Si evolve e da origine al latino
medievale. Il latino aulico non muore, si trasforma. Il latino letterario sopravvivrà
attraverso un opera di conservazione e preservazione attraverso i secoli bui del
medioevo e dare origine al latino medievale. Le varie lingue romanze hanno una fase
di proto romanzo, romanzo medievale etc, poi invece abbiamo il latino medievale che
si evolve dal latino standard. Per chi avrà accesso all’istruzione si accederà al latino
medievale che è anche la lingua delle istituzioni. La frammentazione linguistica
nelle lingue romanze è data dall’effetto dei sostrati differenti ma anche a causa delle
cronologie. Un latino che entra in iberia nel 200 a.c., per quanto sia il latino standard
delle truppe, sarà diverso dalla lingua entrata in Gallia circa 250 anni dopo, nel 50
a.c. Il latino standard entra nelle aree romanze in periodi differenti, entrerà con fasi di
sviluppo differenti. Un ultimo fattore è quello del superstrato. Gli elementi del
superstrato sono elementi legati alla storia politica, culturale e militare.
Sostanzialmente noi abbiamo da una parte le ‘’invasioni barbariche’’-> le frontiere
dell’impero non sono più difendibili dopo traiano. Né militarmente né
amministrativamente. C’è la penetrazione di alcune popolazioni verso i confini
romani. Questa penetrazione avviene o in maniera pacifica: si fanno entrare nei
confini dell’impero queste popolazioni barbariche (anche assoldando mercenari),
oppure in altri casi c’è uno scontro violento, i confini non saranno più difendibili e
dall’est inizieranno a entrare nell’impero romano. Le invasioni barbariche
costituiscono uno di quei momenti di superstrato: delle popolazioni non romane
entrano a contatto col sistema linguistico culturale dell’impero romano. Queste
popolazioni all’inizio si romanizzano (tra traiano e Diocleziano), successivamente si
avrà un tracollo soprattutto all’estinzione dell’impero unitario, queste popolazioni
saranno più aggressive, autonome e si impongono a livello militare e politico.
Creeranno così i regni romano-barbarici, molto diversificati. Ognuna di queste
popolazioni, porterà le sue specificità culturali e linguistiche. Ad esempio i franchi
porteranno il francone, i goti che si frammenteranno in visigoti e ostrogoti, i vandali
arrivano fino al nord africa. Tutte queste popolazioni diversificheranno ulteriormente
quello strato già variegato di latino che c’era prima.

14/03/19

La caduta di Roma è fissata al 476 d.c. e Romolo Augustolo viene deposto da


Odoacre. Già pochi anni dopo le popolazioni barbariche si sono già stanziate con
ingressi più o meno pacifici. Delle popolazioni barbariche, come i vandali sono stati
spinte lontano da altre popolazioni più forte. I vandali venivano dall’Est-europa,
avevano attraversato l’Europa fino ad arrivare in Africa. Anche questo fenomeno
delle invasioni barbariche, è un fenomeno di lunga durata e complesso. Tra i regni
romano-barbarici ci sono alcune particolarità: abbiamo il regno di Odoacre che durerà
poco e altre popolazioni barbariche si contenderanno l’Italia. Dopo infatti, si
contenderanno l’Italia gli Ostrogoti e i Longobardi, In Italia avremo una dominazione
di origine germanica e avremo però delle zone che resisteranno come zone ex-
imperiali, ovvero sotto il dominio dell’impero romano d’Oriente. Tuttavia i bizantini
erano minoritari. Per quanto riguarda l’area gallo-romanza abbiamo una
diversificazione un po’ più ampia: abbiamo già da prima un sostrato celtico specie in
Bretagna, i Sassoni che saranno scansati dai Franchi. I franchi hanno un’origine
prettamente germanica, con una lingua che potrebbe corrispondere all’olandese. I
franchi sono poi divisi in due raggruppamento; franchi Sali e franchi ripuali.
Nell’area meridionale dell’ex gallia abbiamo i visigoti. I visigoti fanno parte dei goti
insieme agli ostrogoti (goti dell’ovest e dell’est). Gli ostrogoti si stanziano in Italia e
nei balcani, la parte dei visigoti è ad occidente con un regno molto grande: metà della
Gallia e quasi tutta la Spagna. Il regno visigotico è uno dei più estesi ma anche uno
dei più fragili perché a nord incontrerà i franchi che sono molto bellicosi (i franchi
arriveranno fino ai Pirenei). Inoltre i visigoti dovranno fronteggiare le invasioni
arabe. Gli arabi poi instaurano dei califfati che sostituiscono in toto il regno
visigotico. Con la dominazione araba la spagna cambierà la sua cultura e ci sarà
questa virata che porterà ad altri risultati come la massiccia presenza di arabismi
anche a livello artistico e architetturale. In francia abbiamo i franchi al nord, i visigoti
al sud e una zona occupata dai Burgundi (attuale Borgogna) e una zona che resisteva
ancorata al sostrato celtico. In francia nel medioevo avremo un assetto linguistico
tripartito a livello linguistico: A nord sorgerà la lingua d’oil da cui poi nascerà il
francese, nel sud della Francia avremo a livello linguistico un proto-provenzale o
occitano ( o lingua d’oc). Lingua d’oc e lingua d’oil vengono distinte da Dante nel De
vulgari eloquentia sulla base di come si esprime la parola sì. In francese si dice oui e
in occitano si dice oc. Per cui nasceranno questi due nomi. Nella zona dei burgundi si
sviluppa il franco-provenzale.

Quando parliamo di lingue romanze ne dobbiamo parlare sia in senso geografico


sulla situazione attuale, quindi sincronico e in maniera diacronica, quindi storica.
Quando sviluppa dei tratti precisi propri, una lingua diventa una lingua. Ma una
lingua diventa una lingua anche quando c’è un prestigio dato per esempio dalla
letteratura. Il terzo requisito è che ci sia una comunità di parlante che per ragioni
etniche possano identificarsi in quella lingua. Poi nelle varie lingue ci saranno delle
varietà linguistiche. Le lingue dell’area gallo-romanze oggi è una: il francese. Il
francese attuale è un francese che per arrivare a questo aspetto attuale ha avuto una
trafila complessa. Si passa da un proto-francese a un francese antico (fino al 400) tra
400 e 500 si passa al francese medio e poi si arriva al francese contemporaneo.

I testi studiati possono avere varia provenienza: un testo può essere etichettato
innanzitutto come letterario e non letterario. Le prime attestazioni delle lingue
romanze passano per testi non letterari, testi pratici come documenti, leggi, conti o
appunti. Questi elementi testuali che di per sé non hanno grande rilievo, ma sono
importanti perché sono i primi reperti scritti delle lingue romanze. La prima
attestazione dell’italiano è del 960, prima di ciò esisteva la lingua ma aveva una fase
più che altro orale. A livello ortografico ci saranno tantissime oscillazioni anche solo
sullo stesso fonema. Ciò deriva dal fatto che le lingue romanze non erano dotate di
una norma e quindi i parlanti delle lingue romanze hanno dovuto costruire loro stessi
le proprie norme. Queste norme linguistiche derivate dall’uso linguistico sono state
teorizzate nel medioevo e nel 500 con le prime grammatiche e le riflessioni.

Testo dell’appendix probi-> Testo di un’aggiunta che viene fatto a una grammatica.
Questo grammatico, probo, compone un trattato sulla lingua latina e successivamente
questo trattato viene adattato nelle scuole. Intorno al IV secolo dopo cristo, viene
allegata a questa grammatica un’appendice in cui c’è una lista di parole per come
dovrebbero essere in buon latino e come invece gli scolari e i parlanti dell’epoca
erano soliti storpiarli. Si tratta di una serie di parole messe in fila con la pronuncia
corretta. Ci dice una cosa molto importante: già nel 300 dopo cristo i parlanti, anche
abbastanza colti, tendevano a dire ad esempio ‘’speclum’’ invece di ‘’speculum’’ e i
professori dovevano ribadire qual è la corretta norma. Tuttavia si produce un primo
fenomeno che è quello della sincope perché manca l’elemento vocale atono. Quindi
la sincope è un fenomeno che grazie a quest’attestazione può essere fatto risalire al
terzo secolo dopo cristo. Lo stesso fenomeno si produce in viridis, virdis. Quando
questi fenomeni sono ricorrenti, dobbiamo dire che questo tipo di errore va a
sottolineare una tendenza e quindi una legge di sviluppo linguistico. Se questa perdita
dell’elemento vocale atono è frequente e interessa tutte le lingue romanze, è un
elemento che possiamo definire panromanzo. In oculus troviamo una sincope,
frigida e fricda. Per quanto riguarda ‘’auris non oricla’’ (orecchio): il dittongo au si
chiude in o, poi si è suffissata in questo caso con il suffisso –icula. Per avere una
maggiore forza della parola, una maggiore specificità (per non confonderla con oro)
si avrà questo fenomeno. Da qui nascerà *auricola (forma non attestata ma
congetturata), da auricola poi sarà successa una sincope che avrà portato ad oricla.
Alcune parole di scarso corpo fonico come auris prenderanno un aumento della
parola ma anche poi una riduzione attraverso la sincope o la lenizione, Il
rafforzamento suffissale lo troviamo in parole come fratello, castello etc.

Iscrizione di San clemente-> Siamo in un contesto di iscrizioni. È un’iscrizione che


viene posta per spiegare un affresco della basilica di San Clemente a roma. In questa
cripta c’è l’affresco di San Clemente che viene martoriato dai Romani. C’è il santo e
ci sono due soldati romani e i loro comandante Sisinium. San Clemente, essendo
santo non può che parlare latino (visto che la lingua della chiesa era il latino). È
interessante notare questo scontro che c’è tra la lingua romanza, un proto-italiano e la
lingua della chiesa, latina. Il genitivo latino è già espresso con la preposizione ‘’de’’
prima usato per complemento di argomento e abbiamo già l’articolo. C’era una
modalità sintetica in latino per esprimere il complemento di mezzo, ora abbiamo una
preposizione.

Iscrizione di santa Commodilla-> è una sorta di avviso che si mette su un muro,


siamo nel contesto di una catacomba, in un luogo di preghiera dove qualcuno aveva
inciso questo avviso. Significa ‘’Non dire i segreti ad alta voce’’. Probabilmente
questi segreti potrebbero essere o la confessione, oppure più verosimilmente, sta a
significare le orazioni, le preghiere: va bene pregare ma a bassa voce. In questo caso
è importante l’uso dell’imperativo negativo, abbiamo l’uso di ‘’ille’’ che non è un
pronome ma ha funzione aggettivale (corrisponde quasi a quei) poi perde la funzione
dimostrativa e diventa articolo, un fenomeno panromanzo. Abbiamo ‘’a bboce’’ che
ci dice due cose: l’uso preposizionale, quindi i complementi espressi attraverso i vari
casi ormai non si esprimono più con i casi, e poi c’è ‘’bboce’’ che rimanda a un
regionalismo dell’area italo-centrale.
Giuramenti di Strasburgo-> è un documento storico, non un testo avventizio. Si
tratta di un atto quindi l’atto è specifico con le date. I giuramenti di Strasburgo, con
Carlo magno si era formato il sacro romano impero con la spagna musulmana, francia
parte della germania e l’Italia che sono sotto la dinastia carolingia. A carlo magno
succede Ludovico il Pio che non avrà la stessa forza del genitore e quindi si avrà una
crisi dell’impero. Ludovico il Pio avrà tre figli che litigheranno tra di loro per
l’eredità e ci sono conflitti che vedono da una parte Ludovico il Germanico, Carlo il
calvo e Lotario. A un certo punto due fratelli si alleano ai danni del terzo e così si
incontrano per stipulare un giuramento per sancire la loro alleanza. Questi sono
appunto i giuramenti di Strasburgo: area di confine tra Ludovico il Germanico e
Carlo il calvo. Lotario si trovava nella parte italiana. Ludovico il Germanico con le
sue truppe tedesche (che parlano una lingua protogermanica) e poi abbiamo dei
franchi ‘’più francesi’’ che sono quelli di Carlo il calvo che parlano un’altra lingua.
Ognuno firma il trattato nella lingua dell’altro. Ludovico il germanico leggerà nella
lingua dell’altro, cioè in francese antico. Ci sono caratteristiche che rimandano al
latino e altre che si distaccano dal latino. Ad esempio abbiamo l’uso della
preposizione ‘’pro’’ che sostituisce i casi. ‘’Poblo’’ da ‘’popolus’’ quindi abbiamo
una sincope. Quando dice ‘’fradra’’ sarà per ‘’fratello’’ , ‘’fradra’’ manca della
suffissazione che ci sarà in italiano e che in francese non avverrà. (fratellum)

Placito capuano-> Prima attestazione ad oggi conosciuta dell’Italiano. È un


documento di tipo notarile. Abbiamo data e luogo in quanto documento. Sono in
realtà una serie di documenti dei placiti capuani ossia dei patti: dei documenti redatti
dai notai in cui due parti in lite tra di loro si accordano davanti al notaio e stabiliscono
poi di chi sia quel territorio. Troviamo una sola frase: il notaio usa il suo latino e nel
momento in cui deve registrare la deposizione, la testimonianza a favore di una delle
parti deve registrare esattamente le parole pronunciate. La cosa contesa è una
campagna e fu chiamato a testimoniare un contadino che lo coltiva. Il contadino,
quando gli viene chiesto di chi fossero le terre che coltivava, si esprime in una lingua
che non è latino: Dice che le terre erano dell’abazia di San Benedetto. ‘’Sapio’’
diventa ‘’Sao’’ quindi c’è una riduzione di tipo consonantico che si chiama lenizione
e che vanno sempre nello spirito di semplificazione linguistica per ridurre gli
elementi accessori. ‘’Le possette’’ per ‘’le possedette’’, il pronome ‘’ille’’ inizia ad
avere un appendice solo finale, quindi diventa ‘’le possedette’’.
Con l’impero c’era una forte struttura linguistica che si frammenta coi regni romano
barbarici fino alla dissoluzione che porterà alla frammentazione. Questo periodo è
quello tra tardo antico e medioevo (dai regni romano barbarici fino all’800 con una
rinnovata unità che è quella del sacro romano impero di Carlo Magno). Le letterature
sono a uso e consumo di un pubblico che deve essere conosciuto. La società
medievale com’è organizzata? Quali distribuzioni ci sono? Ci sono tre classi sociali.
L’economia condiziona la società, la cultura e la letteratura. La cultura medievale ha
a che fare con avvenimenti di ordine storico, economico e sociale. Tra 7 e 8 secolo
l’economia mediterranea cessa di esistere perché ci sono le scorrerie dei pirati
musulmani e quindi c’è una forte crisi economica che fa sì che la società si contragga
e si radicalizzi in alcuni poli estremi: c’è una società formata da poche classi con
assetto verticistico. La tripartizione classica che si ha dall’epoca carolingia è questa:

Bellatores-> Sono coloro che fanno la guerra, che combattono e si occupano delle
armi. Detengono il potere di uno stato, corrispondono all’aristocrazia, perché si
tratterà non di potere pubblico come quella romana ma un potere dinastico su base
familistica e tribale. Sono aristocrazie legate a famiglie che deterranno il potere.

Oratores-> Con la decadenza dell’impero romano cadono molto istituzioni


pubbliche. I regni romano barbarici soppiantano le istituzioni senatoriali perché alla
base sociale e amministrativa di questi regni c’è il concetto di clan, di tribù legato alla
famiglia. C’è un capo con i suoi figli, i fratelli etc. Quindi non c’è la classe politica
antica. Il cristianesimo è una delle due grandi novità (insieme ai barbari) che irrompe
in maniera rilevante nell’assetto socio politico del vecchio impero romano.
Costantino è il primo imperatore che sancisce la religione cristiana come religione
privilegiata e poi diventerà religione di stato. Gli oratores sono gli ecclesiastici. Orare
significa pregare, dire le orazioni. Gli oratores hanno a che fare con il sacro e quindi
sarà tutto un ambito molto diversificato di persone che hanno a che fare col mondo
ecclesiastico che è un mondo variegato con vari strati.

Laboratores-> Quando parliamo di lavoro parliamo di lavoro manuale e non


intellettuale. A questa altezza cronologica (fino all’epoca carolingia e post carolingia,
secoli 7 e 8 stiamo analizzando). La semplificazione dell’economia ha ridotto
l’economia a economia di sussistenza. Mentre prima c’era una grande rete
commerciale con i mercanti, gli usurai etc, questa contrazione dell’economia fa sì che
ci sia un fenomeno di tesaurizzazione ( i soldi che si hanno sono messi da parte per i
bellatores e gli oratores). Visto che non si investe, l’economia ritorna a un’economia
di sussistenza basata su lavoro della terra. La maggior parte dei laboratores è intesa
quindi come classe di contadini (lavoro dei campi, allevatori, pastori). Per lavoro si
intende quello dei campi. Poi progressivamente, durante il 12 secolo di nuovo si
ripristineranno i mercati e l’economia florida e ci saranno le classi dei mercanti, dei
cantieri e della borghesia. Quindi quest’ordine tripartito si diversificherà.

Quando sono nate le lingue romanze questa era la società. È chiaro che i più
importanti erano quelli che avevano le armi, poi chi amministrava il potere spirituale
e poi i contadini. È una sorta di piramide. Tuttavia la classe dei bellatores ha pochi
membri rispetto alla classe degli oratores e dei contadini. La classe più numerosa era
quella dei laboratores (quasi totalità degli abitanti). Questi tre ordini avevano
ciascuno i propri spazi. Lo spazio degli oratores era quello delle chiese, dei
monasteri, dei conventi. Lo spazio dell’aristocrazia è quello della corte, luogo in cui
riesede il leader del potere insieme al suo entourage. L’ambiente dei laboratores sono
i campi, quelli che vengono ancora chiamati ‘’villa’’. Nell’ambito dell’economia
romana c’era un contrasto tra la curtem dove risiedeva la persona importante e la casa
di campagna dove la stessa persona andava e dove si possedevano degli
appezzamenti terrieri, quindi la ‘’villa’’ intesa in questo senso è l’elemento agreste,
dove ci sono i contadini. Nella letteratura trobadorica dire che una persona è cortese o
villana, indica da quale ambiente viene, molto semplicemente senza implicazioni
negative.

LETTERTURA RELIGIOSA NON VA FATTA DAL MANUALE.

Gli oratores erano gli unici che sapevano leggere e scrivere e quindi sarà lì che si
conserva e si produce cultura. Gli oratores producono testi. I depositari della cultura
oltre che del sapere religioso sono gli oratores, Il mondo ecclesiastico ci interessa per
l’aspetto culturale.

Il medioevo culturale si articola in due dimensioni: innovazione nella tradizione. Da


una parte abbiamo la tradizione che è fortissima e da cui non ci si distacca, citare le
vecchie autorità è qualcosa di fondamentale. Non si può iniziare un’opera se non c’è
la citazione iniziale di un’autorità del passato. La tradizione, il tramandare il sapere
degli antichi diventa fondamentale. I monasteri sono dei tesori in cui si conserva il
sapere antico. L’innovazione viene fatta solo attraverso l’innovazione, dalla storia di
Alessandro magno si ha le roman d’alexandre per esempio.

Quando parliamo di oratores parliamo di una fetta della società che per quanto non
sia grandissima è molto diversificata. Il vertice degli oratores sarà il Papa, poi
cardinali, vescovi etc. C’è una struttura piramidale , che dovrà avere a che fare con
l’aspetto religioso e l’aspetto politico (il potere temporale della chiesa). Abbiamo
l’ambito del clericus. Il clericus è una figura molto diffusa nel medioevo: il chierico è
chi prende gli ordini minori per finalità di altro tipo e non per vocazione. Per esempio
chi era escluso dal potere della propria famiglia perché ad esempio erano figli cadetti,
per cui per aver accesso a vitto e alloggio sceglievano la via ecclesiastica. Allo stesso
tempo chi vuole studiare va in seminario. Gli ordini minori erano una serie di figure
scollegate dall’apparato sacramentario, che non dovevano sottostare a dei voti precisi
come quello di castità o di povertà. Nella grande schiera dei chierici ci sono i
principali attori della nascita delle letterature medievali romanze. Ci saranno coloro
che nei conventi e nei monasteri inizieranno a occuparsi delle biblioteche monastiche,
inizieranno ad essere coloro che studieranno e fonderanno delle confraternite di
studenti che progressivamente si trasformeranno nelle prime università. L’origine
dell’università risale appunto a questa divisione della società, e in particolare
all’ambito dei chierici. I chierici erano degli studenti che avevano accesso alla
cultura, facevano un circolo di studi di teologia, retorica, filosofia, scienze etc. Questa
serie di elementi contribuiva a creare questa classe dei chierici che sarà fondamentale.
La gran parte della lirica latina non religiosa (laica, profana) nasce proprio dai
chierici. All’interno delle scuole dove i chierici si formavano (delle proto università),i
chierici giravano varie sedi di formazione e acquisivano delle competenze che
mettevano a servizio di una nascente storia letteraria. C’erano i clerices vagantes,
delle figure specifiche, un gruppo al quale si deve tra le altre cose la produzione dei
Carmina Burana, una poesia a tutti gli effetti laica, una poesia di tipo giocoso e ludico
che ha poco a che fare col mondo ecclesiastico. I chierici vaganti si ritroveranno nelle
taverne, nelle piazze, nei mercati, nei porti, tutti luoghi che non hanno a che fare con
la chiesa. Abbiamo forme metriche molto raffinate che vanno verso la tradizione
antica greco/latina. La tradizione viene studiata dai chierici ma viene innovato anche
attraverso l’esperienza quotidiana.

Quando parliamo di lirica nel medioevo dobbiamo pensare a un genere che esisteva
già. Partiamo dalla lirica greca, era un genere ben noto che si stava innovando. C’è
una lirica medio-latina di esaltazione, una lirica medio-latina devozionale. Abbiamo a
che fare con un filone letterario che è sempre vivo, ha dei caratteri che si evolvono.
Non avremo più un latino classico ma un medio-latino che ha dei caratteri di
contiguità col latino classico. Ma la vera innovazione che si ha è la nascita di una
produzione letteraria diversificata, che esce dall’ambito clericale, dei chierici e si ha
l’esigenza di una nuova espressione linguistica in lingue volgari. Queste lingue
volgari sono delle lingue che iniziano prima ad entrare nell’uso pratico,
successivamente ci sarà da parte del pubblico la necessità di avere delle letterature. Il
pubblico che chiederà a gran voce questo tipo di letteratura è proprio il pubblico dei
bellatores (dal momento che i laboratores non sanno neanche leggere o scrivere). I
bellatores avrà le esigenze di una produzione in una nuova lingua. Queste esigenze
saranno prima pratiche, il latino non era ben conosciuto tra di loro. Quindi c’è una
ragione pratica: il latino non si conosce tra gli aristocratici come i clericali. Ma c’è
anche un motivo politico: bellatores e oratores entrano in contrasto per il potere
temporale, quindi avere una letteratura fatta apposta per i bellatores e non solo per
gli oratori diventa un’azione anche politica. La classe dei bellatores era una classe
verticistica: il capo clan, il monarca dopodiché il potere viene trasmesso in via
verticale e familiare. La tendenza è quella di trasmettere il potere da una persona
all’altra, soprattutto dal padre al primogenito. Nel momento in cui queste famiglie
che contavano fino a una decina di figli, la trasmissione era solo su uno, gli altri figli
esclusi avevano necessità di trovare una dimensione. Per trovare questa dimensione, o
nella classe dei bellatores diventano cavalieri, oppure entrano negli oratores
diventando oratores. Nel caso in cui rimangono nello stesso ordine dei bellatores,
nasce il feudalesimo. Il feudalesimo riguarda un periodo storico tra il tardo antico
fino a tutto il medioevo. Il feudalesimo consiste in un rapporto di tipo sociale e poi
politico. Un rapporto sociale che serve per sistemare l’ordine dei bellatores. La
maggior parte dei bellatores non avevano accesso diretto al potere (visto che solo il
primogenito regnava) e quindi dovevano avere un accesso indiretto al potere. Il
signore poteva avere degli aiutanti, delle persone fidate alle quale dare in concessione
l’amministrazione personalmente. Pur rimanendo il potere di uno e la terra una, c’era
questa concessione. Pensiamo ai vari regni romano barbarici che erano amministrati
su base tribale, le tribù erano legati da vincoli familiari. C’era un grande territorio,
una macroregione che corrispondeva a un regno: il regno aveva il re, unico capo. Il re
aveva la sua corte e poteva avere una parte di territorio che poteva amministrare lui
stesso ma essendo il regno troppo grande egli stesso era costretto a frazionarlo. Nel
momento in cui aveva parenti, il re poteva dare in affidamento, in concessione, il suo
territorio e le sue prerogative di re (amministrare giustizia, riscuotere le tasse etc) a
terzi. Possiamo dire che il re poteva dare il potere a signori locali collegati con lui da
vincoli spesso di parentela. Questi signori istituivano quindi delle signorie. Nelle loro
signorie i signori agivano come se fossero i re. Coloro che fisicamente si trovavano in
quella signoria dovevano rispondere al signore come se fosse il re. Il rapporto tra il
signore e il re era di fiducia reciproca: il signore doveva garantire fiducia al re e il re
doveva garantire fiducia al signore. I signori a loro volta affidavano alcune gestioni e
funzioni ad altre figure e quindi si frazionavano anche le signorie: questi
frazionamenti avevano vari gradi. I signori avevano i loro vassalli. Se il signore
rompeva i vincoli col vassallo, il vassallo poteva anche scegliere di fare guerra. Il
feudalesimo è molto importante per la lirica dei trovatori, ci sarà una grande metafora
feudale all’interno della poesia.

Le grandi letterature romanze nascono nel momento in cui i bellatores vuole dotarsi
di una letteratura che non sia in latino. Allora iniziano degli esperimenti. La
letteratura passa attraverso dei generi codificati, bisogna conoscere la tradizione
narrativa e della lirica. Quando parliamo di letteratura possiamo dare dei macro
generi letterari: l’epica, la poesia e la prosa. L’epica è un genere che c’è già dai testi
omerici, la poesia ha dei tratti specifici e distintivi. La poesia si distingue dall’epica
perché l’epica racconta, narra mentre la poesia esprime. L’epica ha a che fare con
fatti, con storie, tant’è che spesso si chiama racconto delle gesta, mentre la lirica ha a
che fare con il dipingere, il mostrare delle emozioni, dei sentimenti. Nell’epica
abbiamo dei fatti, mentre nella lirica abbiamo delle immagini che ci fanno avvicinare
in maniera vaga a concetti, sentimenti, sensazioni ed emozioni.

LA LIRICA

La lirica ha una trafila antica, però è un qualcosa che inizia a interessare molto le
corti e i bellatores. Nel momento in cui parliamo di lirica, poesia, spesso parliamo di
risvolti intimistici che hanno a che fare con la tematica amorosa. Quando parliamo di
lirica, in particolare di lirica amorosa facciamo riferimento alla lirica dei trovatori. Il
fenomeno dei trovatori non riguarda solo la Francia del Sud ma riguarda anche tutti
gli altri contesti romanzi medievali: Italia, Galizia, Portogallo etc e ci sono anche
addirittura dei collegamenti con la letteratura tedesca. Il trovatorismo è una dei
caratteri dell’innovazione romanza e laica. Non abbiamo l’amore che poteva essere
narrato a livello mistico o chi ericale, è un amore profano, laico e vincolato da dei
valori che circolano esclusivamente nell’ambiente dell’aristocrazia, quindi l’ambiente
cortese (di corte). Quando parliamo di poesia trobadorica posiamo di poesia d’amore,
poesia laica, poesia cortese che si sviluppa a partire dalla lingua d’oc, poi negli altri
domini romanzi ed extra romanzi. Le origini dei trovatori sono incerte: le prime fasi
della poesia trovatorica passano attraverso una fase non scritta. Le letterature
romanze delle origini si devono essere sviluppate attraverso una fase orale e
leggendaria e solo successivamente si sono fissati dei criteri ben precisi che sono poi
rimasti registrati nella fase scritta di questa letteratura. La fase scritta si attesta tra
l’11 secolo e il 12 secolo, periodo della seconda rinascita medievale. In questo
periodo possiamo collocare i primi monumenti della letteratura medievale: La
Chanson de Roland (1050-1090) e Guglielmo nono d’aquitania, che è il primo
trovatore di cui abbiamo notizia. Dobbiamo presupporre che prima della messa in
scritta della chanson de roland, c’era materiale orale sulla leggenda rolandiana, epica.
La poesia di tipo trobadorico è misterioso ma ha due teorie: una teoria che è una
teoria di nascita che si rifà a un momento precedente che è legata all’ambiente
popolare, quindi nascerebbe nel canto popolare e folclorico. Secondo un'altra trafila
ha a che fare con l’ambiente monastico, clericale. Il termine stesso ‘’trobador’’
(antico provenzale) trouvers (antico francese) trovatore (italiano), di questo termine
non sappiamo l’etimologia precisa. La seconda teoria, di tipo clericale, rimanda
all’idea di ‘’tropus’’, una tecnica di canto e di scrittura del canto. Il tropus era
un’aggiunta di tipo melodico ad alcune parti degli inni sacri. Il comporre il tropus,
cioè questa aggiunta melodica e lirica, era un verbo che era appunto ‘’tropare’’
(comporre tropi). Questo tropare, che poi diventa trovare, era trovare delle parole e
musiche per poter rendere più piacevole questi inserti lirici all’interno della liturgia
stessa. Dall’azione tropare sarebbe venuta fuori la terminologia che rimanda a
‘’trobador’’. Questo tipo di spiegazioni ci rimanda a una delle due teorie, che venne
sviluppato all’interno di un centro ecclesiastico che era quello dell’Abbazia di San
Marziale a Limoges. In quell’area lì, si sviluppa attraverso questa scuola dell’abbazia
questa attività che avrà molto successo. L’arte del tropare, del comporre tropi,
dall’ambito ecclesiastico, si sviluppa in dei testi che erano in lingua volgare. A corte
si inizia ad avere qualcuno, che sviluppi questi motivi. Si crea una tematica che è
quella amorosa. Spesso i tropi erano esaltazioni della vergine, anche a livello lessico-
semantico lo slittamento era ‘’coerente’’. Poi si prenderanno le distanze dai contenuti
religiosi e si affinerà a livello metrico e melodico. Questa è una teoria sull’origine
della poesia trovatorica, che nasce da un ambiente clericale.

Un’altra teoria, è una teoria legata a una trafila di tipo popolare. SI sono trovati in
spagna dei testi in mozarabico, testi in cui c’è ancora un canto che riguarda una
situazione di tipo amoroso, espressa secondo delle modalità specifiche. Questa
prospettiva si rifà quindi a dei canti popolari. Questo genere specifico si chiama
Karjat. Nelle karjat, l’io lirico femminile canta di un amore che è lontano (in guerra
magari). C’è il tema dell’infelicità d’amore. È interessante il fatto che la Karjat si è
inserito in una composizione lirica, Muassà. Quindi c’è un testo principale,
complessivo che è in mozarabo, dopodiché la Karjat (il ritornello) è in lingua
romanza o protoromanza ed esprime questo canto di una donna infelice. Il testo
romanzo è messo in quella lingua in un testo in mozarabo per finalità espressive, per
far vedere come la protagonista del posto esprimesse nella sua lingua il suo dolore
amoroso. Questo ritornello è sì un canto, ma messo in bocca alla donna, alla
popolana, ha un abbassamento rispetto al tono generale e quindi denuncia un’origine
di tipo popolare.

Quindi da una parte abbiamo la trafila dell’origine clericale e dall’altra queste nuove
Kajat, hanno messo in dubbio la prima teoria. A livello strutturale ci sarà più affinità
delle Karjat rispetto ai tropi di Limoges. Si è cercata una soluzione di compromesso:
la nuova esperienza di poesia trovadorica avrà un’origine nella cultura clericale di
San Marziale ma andrà a trovare anche dei tratti all’interno delle tematiche amorose
del Karjat. Si crea una poesia amorosa, laica in cui gli elementi metrici sono andati a
coincidere. Ci sono queste due teorie e delle sfumature intermedie.
Il trobatorismo nel suo carattere complessivo non ha nessuna antecedente ma sarà il
punto fondamentale di tutta la lirica romanza medievale e non solo, di tutta la poesia
fino a quella moderna e contemporanea. Anche poeti extra romanzi riprendono
elementi della lirica trobadorica. I tratti essenziali sono: una lirica profana che ha
come argomento principale quello amoroso. Esisterà anche una lirica non amorosa
ma sarà minoritaria a livello quantitativo e a livello d’impatto. Ci sarà una lirica
incentrata sullo scherzo o sulla politica ma si tratterà di esperienze liriche minoritarie.
Il tipo di amore trobadorico è quello cortese, ancorato all’ambito dei valori delle
corti. Nel dodicesimo e tredicesimo secolo questi valori diventano fondamentali, la
poesia non è più solo legata alla corte fisica ma anche alla corte come valori e
comportamenti.

20 Marzo

L’arco cronologico di trobadorismo conosce diversi periodi, o generazioni. Sui dati


cronologici non sappiamo moltissimo perché i trovatori identificati non sono tanti e
non sappiamo molto di loro. È difficile inquadrare personaggi storicamente
circoscritti. Se si tratta di signori feudali che si mettevano in gioco a livello letterario,
se è un personaggio importante abbiamo più dati. Non abbiamo delle notizie storiche
importanti se non per quelle figure di spicco della classe dei bellatores, per cui
avremo trovatori che sono delle figure di spicco, come Guglielmo nono di Aquitania
che era un signore feudale. Era conte e duca allo stesso tempo a causa di alcuni
matrimoni dinastici. Scrisse nel 1100 intorno. C’è un problema per le origini:
dobbiamo presupporre che prima di Guglielmo nono la poesia trobadorica già
esistesse. Ci sono diverse generazioni, quella di Guglielmo è la prima, avevano le
provenienze sociali più disparate, l’importante è che avesse a che fare con la corte,
ma poteva essere anche il figlio di un servo di corte. La lirica trobadorica nel suo
impianto di valori è estremamente democratica, ciò che conta è il saper fare bene
poesia e avere la piena padronanza dei mezzi espressivi e contenutistici che
aderiscano al codice cortese di cui si fa parte. Quindi a prescindere dall’estrazione
sociale. La lirica trobadorica rovescia il sistema sociale reale all’interno di questa
finzione letteraria. Un altro messaggio nuovo è quello del ruolo della donna. La
cultura medievale contemplava la donna come avente un ruolo subalterno, anche le
donne di corte, le signore, in realtà sono subordinate all’uomo. Nella finzione
letteraria c’è un capovolgimento molto moderno di fronti: il vertice non è il signore
ma la signora che verrà chiamata con un termine tecnico ‘’midonz’’. La signora sarà
quella che viene anche chiamata domna, domna viene dal latino ‘’domina’’ . Non
sarà più il dominus il vertice la la domna. La domna diventa l’oggetto dell’attenzione
dell’io lirico. L’io lirico maschile non solo antepone la domna a se stesso, alla vita e
la loda, ma addirittura la mette al di sopra della sua vita stessa e di qualsiasi altro
bene. Mentre l’epica parla di esperienze collettive, nella lirica ci sarà sempre un ‘’io’’
che parla. L’io lirico parlerà di ‘’meam domina’’ che poi diventerà ‘’mea domna’’
fino ad arrivare a ‘’madonna’’ che sarà un appellativo e non avrà il riferimento alla
madonna. Per il trovatore il raggiungimento della conquista sarà appunto l’apice, lo
scopo della propria vita. Tanto più il trovatore cercherà di raggiungere madonna,
tanto più sarà difficile che riuscirà. Ci sarà una tensione verso un oggetto che sarà o
irraggiungibile o molto difficilmente raggiungibile, verrà espresso il dolore e la
frustrazione per questo mancato raggiungimento. Il femminile ‘’mea domna’’
(madonna) si avrà anche alla forma maschile ‘’meus dominus’’ che diventa midonz.
Perché i trovatori se parlano di una donna usano il maschile? Proprio perché la
signora diventa talmente importante e centrale per la loro vita da diventare addirittura
il vertice assoluto di tutta l’impalcatura sociale e si va ad incarnare con il signore. C’è
quindi una grande metafora feudale. Quando si parlerà di essere un amante fedele,
l’amante sarà fedele non nei confronti di vincoli a cui si è sottoposto per questioni
esterne, per necessità, ma la fedeltà sarà dato dal corteggiamento esclusivo verso
l’oggetto del suo amore. La Fin’amor è questa dinamica erotico amorosa attraverso la
quale il corteggiatore, che di solito si chiama ‘’drut’’ oppure ‘’aman’’, corteggia la
donna. ‘’fin’’ viene dal latino finus che vuol dire sottile (qualcosa che col tempo si è
assottigliata, consumata), questa è proprio l’immagine: una passione talmente forte e
bruciante che attraverso questa metafora del fuoco, questo ardore si raffina, si
consuma. Abbiamo un annientarsi per questo corteggiamento. Questo sentimento è
un sentimento talmente puro e forte che consuma colui che corteggia e lo depura
anche. Il drut più corteggia, più si depura da tutte le scorie della società di matrice
barbara e quindi depurandosi riesce a raffinarsi e a diventare fine. Questo processo di
raffinazione lo porterà ad essere perfetto. Tutto questo impianto sulla fin’amor si basa
sull’adulterio. In genere l’oggetto dell’amore è l’altra faccia del signore. In genere
Midonz sarà la donna del signore e bisognerà corteggiarla segretamente per avere il
suo consenso. Tutto ciò si basa quindi sull’adulterio anche se dovrebbe essere sincero
e puro(il fin’amor). Tuttavia, nell’ambiente di corte, la maggior parte dei legami che
avvenivano all’epoca erano matrimoni dinastici già combinati in cui non c’era
fin’amor, non c’era corteggiamento, non c’era amore, in alcuni casi il dominus e la
domina non si erano mai conosciuti prima delle nozze. Questi erano i matrimoni, i
vertici erano legati da dinamiche economico-politiche. Chiaramente, l’unica
possibilità di amore vero e sincero era attraverso un amore parallelo al matrimonio e
questo discorso era accettato a corte come un escamotage che consentisse che il
matrimonio restasse saldo ma che poi si avesse la soddisfazione amoroso. L’adultero
era istituzionalizzato, tollerato. Nell’ambito della lirica cortese la fin’amor si basa su
un percorso di adulterio in cui vince la realtà, la sincerità del sentimento. Anche nella
fin’amor la donna ha degli obblighi. Il corteggiatore deve avere solo un obiettivo, non
può avere tante donne da corteggiare e midonz può accordare il proprio favore solo
ad un drut, ad un corteggiatore. Se questa reciproca fiducia viene tradita, il rapporto si
rompe e il drut dovrà rivolgersi a un’altra donna oppure evitare. È vero che siamo in
un contesto letterario, ma poi verrà attuato anche all’interno delle corti. Si inizierà a
sviluppare questo sistema dell’amore cortese.

Le immagini a p.1 e 3 sono tratti da grandi antologie detti canzonieri. Queste poesie
ci sono state trasmesse attraverso la copiatura, non abbiamo più le originali. Ci
possiamo basare solo sui canzonieri. Questi canzonieri vengono scritti tra il 1220 ma
non abbiamo date precise. Questi raccolgono il materiale che si sviluppa a partire
circa dal 1100.

L’immagine di pagina 3 riporta la notazione musicale. Questa notazione musicale fa


sì che sia una poesia per il canto, che fossero vere e proprie canzoni. Erano dei testi
che venivano accompagnati da musica e la performance era sempre canora, non erano
fruiti al pubblico attraverso la lettura ma erano ascoltati. C’erano dei professionisti
che accompagnandosi con uno strumento cantavano queste poesie. In alcuni casi nei
canzonieri troviamo delle minibiografie, le ‘’vidas’’. Nel medioevo c’è sempre il
problema della veridicità. Queste biografie in realtà erano spesso delle biografie un
po’ romanzate, desunte anche dai contenuti delle poesie. I compilatori dei canzonieri
erano comunque persone che capivano la sensibilità del pubblico,

Il provenzale per quanto riguarda la lettura è simile all’italiano, si legge come si


scrive.

TESTO PAGINA 1, LA VIDA DI JAUFRE RUDEL

Jaufre Rudel è un trovatore che ha una produzione che va tra il 1125 e il 1148.
L’edizione è quella di Giorgio Chiarini, il più accreditato. (Quella a fianco è
l’immagine della vida).

Que=ke.

Ch= palatale, c di ciao.

Traduzione: ‘’ Jaufres rudel di Blaia (Provenza). Era molto gentile uomo, principe di
Blaia. E si innamorò della contessa di Tripoli (Medioriente, si parla di un regno
crociato), senza vedere, per il bene che egli ne udì dire dai pellegrini che venivano da
Antiochia (altra città mediorientale dei regni crociati. I pellegrini a ritorno dal loro
pellegrinaggio, portarono la notizia di questa bellissima donna di tripoli, ascoltando i
racconti Rudel si innamora senza mai averla vista, solo dall’averne sentito parlare
bene). E fece (de è usato alla latina quindi su di lei) molti vers con buone melodie e
con semplici parole. La parola vers è il termine tecnico che indica il componimento
intero, questi argomenti vengono chiamati vers e poi a partire dal 1150 cominciano a
chiamarsi ‘’cansò’’, Quindi quando sentiamo la parola vers, potrebbe significare o il
componimento intero oppure il semplice verso. Quando dice che fece su di lei molti
‘’vers’’ può essere che fece molti componimenti o molti versi di poesia. Perciò non
l’abbiamo tradotto. Paubres invece significa ‘’povero’’ ma è usato come semplice. La
composizione trovadorica si divideva in due stili:

il trobar leu-> trobare lieve, leggero, con uno stile semplice.

Il trobar clus-> è uno stile chiuso, ermetico.

I trovatori all’altezza di Rudel potevano scegliere uno stile semplice, piano, aperto
oppure potevano scegliere uno stile ermetico.

Qui ci sta dicendo con ‘’paubres’’ che lui usa uno stile semplice.

E per volontà di vedere lei, si fece crociato e si mise in mare (Noi ci saremmo
aspettati ‘’si mise’’, proclitico, invece qua è spostato. La collocazione del clitico può
oscillare, è uno stadio della lingua ancora molto fragile, è un organismo che sta
iniziando a formarsi ora, non c’è una grammatica con cui confrontarsi. Spesso si
scrivono poesie senza aver cognizione della lingua stessa) e lo prese (ancora il clitico
è spostato) una malattia nella nave e fu condotto a tripoli, in un ricovero come se
fosse mort. E fu fatto sapere alla contessa ed ella venne a lui (al suo letto) e lo prese
tra le sue braccia Ed egli seppe che ella era la contessa, e così recuperò l’udito e il
respiro, e lodò dio, poiché aveva per lui la vita sostenuto, fino a che egli l’avesse
vista e così egli morì fra le sue braccia. E lei lo fece con grande dolore seppellire
nella casa del tempio e poi in quel giorno lei si rese monaca per il dolore che ella
ebbe della morte di lui. Si parla di un principe ma non abbiamo elementi. Sappiamo
che effettivamente faceva parte di un’aristocrazia decaduta e che effettivamente si
fece crociato. Questi sono gli unici dati storici accertati, il resto della bibliografia è
pieno di elementi che ci vengono offerti dal biografo ma che sono finti e che il
biografo estrae dai testi. Il biografi sta legge i testi e prova ad immaginare che sia
successo questo, senza alcun dato storico. A livello di finzione letteraria, la biografia
introduce una delle tematiche del poeta che è il cosiddetto Amor de lonh, (nh è una
nasale palatale gn), è un amore di lontano. Sarà uno dei temi più fortunati che ebbe
molto seguito anche nel romanticismo. Questo amor de lonh è esemplificato nella
vita, è un massimo livello della fin’amor. Nella fin’amor la dinamica amorosa del
corteggiamento è una dinamica quasi senza fine, questo corteggiamento non arriva
facilmente alla sua conclusione positiva ma che più è difficile più rende migliore e
più nobile i due amanti e in particolare il corteggiatore. In questo caso c’è una
distanza sociale e di necessità fra il drut e midonz. Midonz è talmente lontana sia
fisicamente e inoltre non è mai stata vista. È un amore che si è prodotto solo per aver
sentito parlare di lei. Anche nel matrimonio combinato spesso non si erano visti ma si
univano per ragioni economici, nell’amor de lonh nasce un amore disinteressato che
fa sì che l’io lirico che non ha mai visto la donna amata resti con questo amore e
cerchi attraverso la lode e il ricordo di raggiungere comunque Midonz.

Come fenomeni linguistici abbiamo la LENIZIONE-> termine tecnico-linguistico,


significa ‘’indebolimento’’. Nel passaggio da latino a lingue romanze c’è un
indebolimento sia per quanto riguarda gli elementi vocalici (sincope) che per quanto
riguarda le consonanti. È un fenomeno complesso di vario grado che riguarda tutte le
lingue romanze. Prendiamo un caso semplice del titolo stesso VIDA, La base latina è
(lat)VITAM >vida (a pr). Abbiamo una perdita della nasale finale e si ha la modifica
della consonante dentale che da sorda diventa sonora. La perdita della consonante
finale si ha già nella fase del latino standard, un fenomeno precoce. Per la riduzione
del corpo fonico, la parte finale viene pronunciata molto meno spesso se si tratta di
una consonante. Questo è un tratto panromanzo molto precoce. Il latino si reggeva su
un sistema di casi, la perdita dell’elemento finale provoca caos nella percezione dei
casi. Il secondo elemento è la mutazione da sorda a sonora. Questo fenomeno si
chiama sonorizzazione, se qualcosa si trasforma in sonoro c’è una sonorizzazione.
La lenizione si produce solo in consonanti intervocaliche. Si abbassa il grado di
intensità. Se avevamo una dentale sorda, l’abbassamento di un grado sarà l’esito
sonoro, quindi c’è stata una sonorizzazione.

RICORDA QUESTO SCHEMA ALL’ESAME LO FA FARE (STA COSA CON >,


maiuscoloe e minuscole. Per le forme non attestate ma ricostruite si usa l’asterisco).
All’esame dici i nomi fonetici e NON ‘’la emme, la zeta’’ (devi dire nasale etc).
21 Marzo

(Chiede analisi metrica, quindi non i contenuti o gli aspetti linguistici ma come
funzionano quegli elementi formali e retorici).

Gli elementi macrostrutturali sono le strofe, le porzioni maggiori di testo. Le strofe


nella lirica trobadorica si chiamano coblas (cobla al singolare).

La tornada è una partizione strofica minore (più corta) posta sempre in chiusura che
serve da congedo all’interno della poesia.

In una rima c’è una parte uguale della porzione ultima del verso, che va dall’ultima
vocale accentata in poi. Il rimante è la parola che contiene al suo interno una rima.

(Quante coblas? Ci sono tornade? Quante? Quante sillabe per ogni verso?)

Laquan li jorn son lonc en mai->Abbiamo il Nome dell’autore, incipit (titolo),


edizione da cui è tratto il testo. Nella poesia abbiamo otto coblas: 7 coblas sono
uguali e una è più corta (l’ultima). L’ultima strofa più corta, nella lirica trobadorica si
chiama tornada. Ciascuna coblas è composta da 7 versi. I versi sono tutti composti
da 8 sillabe, quindi da ottosillabi. Lo schema metrico del componimento per tutte
quante le coblas è ABABCCD. Per quanto riguarda la tornada invece ripete le ultime
3 rime CCD. La rima maggioritaria (ABAB) è la parte più narrativa, la chiusura
(CCD) della strofa sembra quasi un ritornello. I rimanti (ovvero le parole che
contengono la rima) spesso ritornano sempre uguali: in particolare in seconda e un
quarta posizione (Le rime B). La metrica di questo testo ci porterà in primo piano una
parola che sarà il leitmotiv e ritornerà in tutto il testo, questa parola è Lonh. Questa
parola Lonh è unita alla parola ‘’amor’’, quindi abbiamo l’amor de lonh. Questa
poesia è orientata come tema principale verso questo tema. Siamo di fronte a una
poesia di estrema raffinatezza, Jauffré Rudel sicuramente ebbe dei precedenti, che
oggi sono perduti, per raggiungere tale raffinatezza.

TRADUZIONE

Quando i giorni sono lunghi in maggio


Mi piace il dolce canto degli uccelli di lontano
E quando me ne sono andato da lì
Mi ricordo di un amore di lontano.
Vado con uno stato d’animo triste e afflitto.
Sicché il canto e il fiore di biancospino
Non mi piacciono di più dell’inverno gelato.
C’è un io lirico, una persona che canta che è il personaggio che ama. All’epoca c’era
una corrispondenza tra l’io lirico e colui che scrive. Esprime un’emozione triste e
malinconica. La malinconia è data dal fatto che c’è stata una separazione.
Successivamente qualcosa ha rievocato il ricordo della donna amata: il fatto che i
giorni si stanno iniziando ad allungare e il fatto che c’è un canto di uccelli. La
primavera sarà uno dei topoi (luogo comune, immagine che viene sfruttata a fini
retorici in genere condivisi da tutti). Tuttavia alla fine, questa primavera non gli fa
piacere, preferirebbe quasi l’inverno gelato. Abbiamo un esordio stagionale che è
tipico della tradizione, ma aggiunge un carattere di innovazione: laddove la
primavera è usata per invocare l’amore e una condizione positiva, lui invece
contraddice questo topos. Lui non è felice per la primavera, perché la primavera porta
amore ma lui non possiede l’oggetto dell’amore vicino a lui, per cui poco gli importa
della primavera. Il suo stato d’animo rimane triste per la lontananza. Quindi abbiamo
la tradizione(l’esordio stagionale) e l’innovazione (il fatto che la primavera non porta
amore).
Il punto alto no.m indica un pronome clitico atono che si fonde con un elemento
tonico che trova nelle vicinanze.

Già mai d’amore non godrò (jauzirai è futuro, è una formazione nuova che non
esisteva in latino. In latino era espresso sinteticamente, nelle lingue romanze si arriva
al futuro con una perifrasi col verbo all’infinito più il presente del verbo avere. Per
esempio, in latino avevamo Amabo, che non c’è più nelle lingue romanze e invece di
dire amabo diranno AMARE+HABEO, poi si arriverà a un trittongo Amar+aeo che
poi si ridurrà ulteriormente (Amerò, ‘’ho da amare’’). È una cosa che viene creata ex
novo come gli articoli.
Se non godo di questo amore di lontano
Poiché più nobile (suffisso –or presente in latino)né migliore non conosco
Verso nessuna parte né vicino né lontano. (una donna migliore).
Tanto è il suo pregio vero e nobile (Pretz è un termine che viene da pretium, che può
essere o prezzo o pregio-> cultismo)
Che là nel regno dei Saraceni fossi io
Per lei fossi io chiamato prigioniero. (Fossi io chiamato prigioniero nel regno dei
saraceni, a causa sua il poeta sarebbe disposto a farsi fare prigioniero nel regno dei
saraceni. È un apprezzamento iperbolico. Chiamatz è un participio. Clamat viene da
Clamatum. C’è un indebolimento delle consonanti in posizione finale, dopodiché un
altro tratto fondamentale è il trattamento delle vocali finali. Le vocali finali che
generalmente sono atone tendono a scomparire in tutte le lingue romanze. In italiano
ciò non avverrà perché è una lingua conservativa. C’è un grado massimo di
conservazione (l’italiane-> Le vocali latine atone possono scurire o aprire il timbro la
u tende a diventare o), le vocali finale in provenzale tendono a scomparire ad
eccezione della A. In francese invece cadono tutte le vocali finali ad eccezione della
A ma la A si trasforma sempre in E –vita diventa vie- tramite lenizione). Nell’area
ibero-romanza c’è una tendenza ibrida: la A si mantiene, la O si mantiene, la U
diventa O. I spagnolo la E ha la tendenza a cadere. Quindi per quanto riguarda le
vocali ci sono lingue estremamente conservative (italiano), lingue intermedie (lingue
iberiche) e lingue meno conservative (lingue gallo-romanze). Tornando a Clamatz
abbiamo la vocale finale che è caduta e rimane clamat. In italiano, il nesso
consonantico cl diventa chiamare, in spagnolo llamar, chamar in portoghese, poi
abbiamo clamer (antico francese). Quando si incontrano due consonanti c’è una sorta
di scontro di supremazia, c’è un suono che vuole prevalere sull’altro. C’è un esito
massimamente conservativo nell’area gallo-romanza. In italiano, c’è la vittoria
dell’elemento velare (una velarizzazione). In spagnolo avremo una prevalenza della
laterale che però si palatarizzerà. In chamar abbiamo una velare che prevale sul suono
laterale venendone però in parte coinvolta e in parte modificata, avremo come per lo
spagnolo una palatalizzazione ma dell’elemento velare.
Abbiamo l’espressione ‘’chiaitius’’. Il sistema dei casi latini nelle lingue gallo-
romanze diventa in una prima fase, un sistema bicasuale: il caso retto, del soggetto di
chi fa l’azione e il caso obliquo (chi subisce l’azione). Poi si perderà questo sistema
casuale, come nelle altre lingue romanze ad eccezione del romeno che mantiene un
sistema bicasuale. Queste ‘’s’’ che troviamo servono, sia per il singolare che per il
plurale anche come tratto morfologico per distinguere il caso retto dal caso obliquo.
Tolta la s, Chiaitiu< CAPTIVU(M). Tra i tratti che possiamo notare, c’è la velare
davanti ad A. C’è la palatalizzazione della velare davanti ad A. La velare iniziale più
A di norma resta inalterato nel provenzale mentre subisce una palatalizzazione nel
francese. Questo è uno dei tratti che distingue la lingua del nord (francese) da quella
del sud (provenzale). In questo caso abbiamo un influsso settentrionale nella poesia.
(Gauch-> raggiungimento della fin d’amor, che deriva dal latino GAUDIUM, quindi
la gioia, la soddisfazione nel raggiungimento dell’obiettivo). Quindi chantiu è un
settentrionalismo, un influsso della lingua d’oil che si è prodotta o a livello
autorale( cioè rudel ha scelto di scrivere così) oppure sarà stato uno dei copisti a fare
questa modifica. Un altro tratto interessante della parola chantiu è il nesso P+T (di
captivum), il trattamento di pt viene risolto con una vocalizzazione della vocale
precedente: resta la dentale che vocalizza la consonante precedente. Chaitiu subisce
una vocalizzazione (influenza del nord di coitiu). (parentesi. Il suono CT spesso in
italiano si assimila NOCTEM>(notte), in antico provenzale e spagnolo (noche,
noch)si palatalizza e in portoghese (noite) si vocalizzano. In antico francese (noit) e
portoghese (noite) c’è una vocalizzazione)

Iratz nella terza cobla ha a che fare con l’ira, ma a livello semantico l’ira andava ad
identificare due diversi stati d’animo: uno che ha come sinonimo adirato, l’altro
significato ha a che fare con la tristezza). Iratz può essere adirato o triste. In questo
caso è triste e si contrappone al gioioso.
Triste e gioioso me ne separerò (Partir ha una base etimologica latina che deriva da
separare)
Se io già là vedo l’amore di lontano
Ma non so quando la vedrò
Poiché (car viene dal latino quare) sono troppo le nostre terre lontane.
Ci sono molti passi e cammini
E per questo non ne sono indovino. (Per questo non posso essere indovino, non posso
prevedere quando ci rivedremo e se mai ci rivedremo).
Ma tutto sia come a dio piace.

‘’Be’’ all’inizio della quarta cobla sta per Ben, che deriva dall’avverbio latino Bene
che perde l’elemento vocalico e rimane ben. Il provenzale e il francese antico
tendono a rendere evanescente la vocale nasale finale).
Davvero mi parrà joi (Joi è un termine chiave della lirica trovatorica. Joi potremmo
tradurlo come gioia, joi è il raggiungimento della fin’amor. Nel momento in cui
questo corteggiamento del drut verso midonz, quando c’è l’accettazione si compie
tutto il percorso e si raggiunge uno status psicofisico di appagamento. Questo
appagamento è la joi. Joi deriva da GAUDIUM. In provenzale questa parola sarà
gauch (vedi prima) oppure molto più spesso si ritrova nella variante dell’antico
francese che è appunto joi). Questa parola è un condensato di informazioni e regole
fonetiche. Come mai da GAUDIUM in francese deriva joi e in provenzale gauch? Le
consonanti finali cadono, la vocale finale diverse da A nelle lingue gallo romanze
scompaiono. La i di GAUDIUM si chiama yod, ed è una semivocale. Essendo una
semivocale, se si trova in combinazione con un’altra consonante precedente crea
degli effetti: La dentale+ yod, in antico provenzale (al sud) l’esito di dentale e yod
sarà la palatalizzazione, Mentre in francese (al nord) ci sarà una vocalizzazione.
Nord, vocalizzazione. Sud, palatalizzazione. Il dittongo AU distingue anche il
francese antico dal provenzale antico. Questo dittongo, detto primario perché esiste
nella base etimologica latina, è un dittongo che nell’antico provenzale resta in alterato
mentre in francese antico si avrà una monottongazione, diventa un unico suono
vocalico). La e breve in italiano dittonga, pedem-> piede. Invece quando sue suoni
vocalici se ne ha uno solo si chiama monottonga mento. Per quanto riguarda La G di
gaudium, la velare quindi, resta tale al sud mentre palatalizza al nord).
Quando le chiederò per amor di dio
L’accoglimento da lontano
E se a lei piace, sarò accolto presso di lei.
Per quanto io venga da lontano. (Per quanto io possa essere estraneo, forestiero, sarò
comunque ben accolto da lei)
Mi sembrerà il nostro discorso fis (fis deriva da finus e ha a che fare con la fin’amor,
quindi perfetto, gentile, cortese,amorevole)
Quando il drut lontano sarà tanto vicino
con un cortese ginh (ginh sta per ingegnum) ingegno (attenzione) godrà del piacere.

Davvero credo nel signore


Perché io vedrò l’amore di lontano;
ma per un bene che mi accade (Il verbo puro è escazer, la velare iniziale palatalizza
di norma in inizio di parola, e infatti è in inizio di parola perché es è un suffisso di ex
ma il vero inizio è ‘’cazer’’. La prefissazione serve solo a rinforzare la parola stessa.
Cadono le vocali - LA lenizione avviene solo in posizione intervocalica-. Da
‘’cadere’’ a ‘’cazer’’ abbiamo la spirantizzazione)
ne ho due mali, poiché tanto mi è lontano. ( i due mali sono il fatto che è lontana e il
fatto che non può goderne).
Ohimé! Fossi io la pellegrino,
così che il mio bastone e il mio mantello
fossero per i suoi begli occhi rimirati!
(la situazione dell’essere fatto prigioniero di prima e questo del pellegrino di mo,
rimandano a quegli elementi fantasiosi della vida. È presumibile che chi ha scritto la
vida abbia interpretato queste due metafore come se fossero due esperienze di vita
reale, vissute).

Veia alla 6 cobla si legge veja


Dio che fece tutto quanto, ogni cosa che viene e va
E formò questo amore di lontano
Mi dia il potere, poiché io ne ho volontà, (cor significa in maniera traslata vuol dire
volontà)
Che io veda questo amore di lontano,
veramente, in tale agio,
cosicché la camera e il giardino
mi sembrino sempre palazzo. (Qui con questa esclamazione si sta augurando di poter
arrivare un giorno di avere l’occasione, con tutto l’agio possibile di vedere questo
amore di lontano e di goderne in modo che la camera e il giardino possano essere
come il palazzo. Abbiamo la camera che è il luogo privato, il giardino è il locus
amoenus quindi il luogo segreto, appartato. Dobbiamo ricordare che è un amore
adultero quindi che può e deve essere consumato nel segreto. Un amore che non deve
essere visto dagli altri della corte o dal marito della donna. È un amore che avrà come
luoghi il giardino e la camera, dove non può esserci nessuno. Qui si sta augurando
che un giorno il loro amore possa essere consumato, ma che possa diventare
pubblico. Che non si debba limitare alla camera e al giardino, quindi ogni camera o
giardino dovrebbe somigliare al palatz, alla sala principale della corte dove
avvengono le cose pubbliche).

Ve lo dice chi mi chiama desideroso


Né bramoso di amore di lontano,
poiché nessun’altra joi tanto non mi piace
come il godimento d’amore di lontano.
Ma ciò che io voglio mi è impedito,
poiché così ha predetto il fato il mio padrino (Fadis può essere un padrino oppure un
religioso che lo ha battezzato)
che io amassi ma non fossi amato. (Qui torna l’amore pessimistico e irrealizzabile)

La tornada ricalca a livello di contenuti ma anche a livello di rimanti le cobla.


Abbiamo le stesse rime. Abbiamo il primo verso della tornada che è esattamente
uguale al terzultimo verso dell’ultima cobla. A livello retorico, argomentativo etc la
cobla ricalca l’ultima parte dell’ultima cobla avendo una funzione di ritornello, di
ribadire e rafforzare ciò che è stato detto prima.

Questa poesia è indicata come poesia con musica. I manoscritti oscillano spesso nella
grafia, quando ci sono delle grafie diverse, questa situazione riflette non solo la grafia
moderna ma i manoscritti stessi. I copisti ancora non avevano una norma ortografica
e potevano scrivere diverse cose: per esempio ‘’laquan’’ nel manoscritto della foto è
scritto ‘’lan quant’’. In alcuni casi si trova addirittura lancan. La quarta parola,
‘’jorn’’ ne manoscritto l’abbiamo come ‘’ior’’. Per cui la ‘’i’’ in provenzale può
essere una i o una j.

Bernart de Ventadorn (La vida)


Di lui non i sa nulla poiché era di umili origini. (Scrive circa intorno al 1170). Di lui
abbiamo un corpus vasto, ebbe molto successo. Bernartz de Ventadorn Era limosino,
del castello di Vertadorn (nell’area di confine tra il nord e il sud della francia). Era di
umile nascita, figlio del servo del fornai che scaldava il forno del castello per
cuocere il pane.( Anche il figlio di un servo era potuto diventare letterato) (Castel->
La velare iniziale di nanzi ad a è regolare nel provenzale, non c’è palatalizzazione
come nell’antico francese caste. CASTRUM +ELLUM serve per rafforzare il suffisso
ellum). Divenne un bell’uomo E diritto ( adreichs->o fisicamente, forse alto. Oppure
c’è uno slittamento semantico, una persona diretta, franca. Oppure un’altra ipotesi è
l’essere retti, persone che si comportano bene. ) e seppe ben cantare e trobar
(comporre). E divenne cortese e colto (il figlio di un fornaio che avrebbe continuato il
mestiere del padre, rompe questa catena di mestiere attraverso il fatto di ricevere un
insegnamento, imparare a leggere e a scrivere –cose che il figlio di un fornaio non
sapeva fare-). L’antologista dice anche che divenne cortese. Queste vidas sono state
compilate molto dopo la morte del poeta. Quando usa l’aggettivo ‘’cortes’’ si
riferisce a una qualità morale e attitudine comportamentale. Applicato a Bernardo è
un po’ anacronistico questo termine, perché a quell’epoca essere cortesi significava
stare a corte e condividere i giochi letterari, i gusti e i modi di chi stava a corte. E il
visconte, il suo signore lo prese molto in simpatia (s’abbellir vuol dire gradire)
piacque lui e il suo comporre, il suo cantare e gli fece grandi onore (Qua la parola
Onor in realtà ha un significato diverso dal nostro. Oggi riguardano le qualità morali
e comportamentali. In realtà, nella fase antica delle lingue il termine Onor ha a che
fare con Onus, un bene fisico, materiale che può essere un possedimento o un titolo.
Quindi un qualcosa che è legato a una ricompensa. Avere un onore significa avere un
premio, ricevere qualcosa di fisico e materiale. Gli fece grande onore significa quindi
che lo ricompensava. Quindi alcuni grandi trobadores non avevano bisogno della
ricompensa come i signori feudali. La maggior parte invece erano dei poeti che
avevano bisogno di un sostentamento per vivere e usavano la poesia per procurarsi da
vivere).
Poi abbiamo un tema tipico della fin’amor, l’amante che cerca di non farsi scoprire e
viene scoperto e ci sono delle conseguenze. Anche in questo caso non abbiamo del
materiale vero, ma una storia romanzata. Il visconte diventa il mecenate e così aveva
una moglie giovane, gentile e gaia. E lei iniziò a gradire en (en è un titolo onorifico
che sta per signor) quindi ser bernardo e le sue canzoni e si innamorò di lui ed egli
della donna (nel senso di domina) così che egli fece le sue canzoni e i suoi versi su di
lei. (de sta per complemento di argomento. Su di lei). E sull’amore che egli aveva nei
confronti di lei e sul valore di lei. Lungo tempo durò il loro amore prima che il
visconte o l’altra gente se ne rendesse conto. (apercever ha a che fare con percepire).
E quando il visconte se ne accorse, allora lo allontanò da lui e la moglie la fece
rinchiudere e sorvegliare. La signora si fece dare congedo da ser Bernardo ed egli si
separò e si allontanò da quella contrada. Ed egli se ne allontanò e se ne andò dalla
duchessa di Normandia che era giovane e di grande valore e si intendeva nel pregio
e nell’onore e nel ben dire delle lodi. (Era tra l’altro una estimatrice nel
trobadorismo, era una mecenate che si intendeva nel dare ricompensa nel momento in
cui c’era da fare delle lodi). E le piacquero molto le canzoni e i versi di Ser Bernardo
ed ella lo accolse molto bene. Per lungo tempo stette nella sua corte, si innamorò di
lei e lei di lui e fece molte canzoni su di lei. (Di nuovo Bernard si innamora) però
stando presso di lei, il re Enrico d’Inghilterra la prese per moglie e così la portò via
e la condusse in Inghilterra. E bernardo così rimase di qua (in Normandia) e rimase
triste e indolente. E se ne andò dal buon conte Raimondo di Tolosa e con egli stette
finché il conte morì. (Bernardo è limosino, dopodiché si trasferisce nel nord in
Normandia, dopodiché va di nuovo nel profondo sud, a Tolosa, si trova in area
Pirenaica. Già all’altezza cronologica del 1170 il trobadorismo trovava successo tra
corti che erano diverse tra di loro. Abbiamo diverse corti, quella in lingua d’oc, d’oil
ma anche una corte in cui c’è l’influsso pirenaico. In una corte in cui si tratta il
francese antico viene capito anche un letterato che usa un’altra lingua. La corte di
Enrico II Plantageneto è una corte a tutti gli effetti di lingua e cultura romanza.
L’Inghilterra Plantageneta usa come lingua ufficiale il francese antico, una varietà
specifica che è l’anglonormanno). Rimase alla fine con questo terzo mecenate dove
probabilmente non ci sono state altre avventure amorose. E Bernardo per quel
dolore (per la morte del conte) si rese all’ordine di Dalon e là egli finì la sua vita.
(L’ordine Dalon è un ordine religioso. Succedeva spesso che concluse le attività
letterarie passassero il loro resto della vita in un ordine monastico. Ci sono alcuni che
sono diventati addirittura vescovi). L’ultima parte ci da informazioni sull’antologista
che ha compilato la vida. Ed io, messer Ugo di San Circ, di lui so ciò che io ho
scritto, così me lo ha raccontato il visconte ser Ebles di Ventadorn, che fu figlio della
viscontessa che Ser Bernardo amò Qui ci sta dando delle informazioni importanti: lui
è Ucs de Saint Circ, che visse alla metà del 13 secolo. Lui dichiara anche la sua corte,
ci sta dicendo che queste cose gliele ha raccontate il figlio della viscontessa che era
stata fatta rinchiudere. Qui l’allusione alla viscontessa ci può fare pensare che questo
ragazzo fosse addirittura il figlio di Bernardo) e fece queste canzoni che voi
ascolterete (le poesie erano fatte per essere ascoltate) così come sono qui sotto scritte.

Bernart de Ventadorn-Non es meravelha’s eu chan


Tratta dall’edizione critica dell’opera completa fatta da Carl Appel nel 1915).
Abbiamo sette coblas e una tornada. Abbiamo degli ottosillabi. Abbiamo un intreccio
più complesso a livello di rime rispetto a Rudel. Qua abbiamo: la prima parte della
cobla speculare con la seconda parte della cobla (ABBA- CDDC). Nella seconda
cobla poi abbiamo di nuovo uno stesso schema, tuttavia questi tipi di suoni sono
suoni già impiegati nella prima quindi i versi si richiamano tra di loro, ma invertiti
nella prima parte della seconda cobla. La terza cobla ha sempre lo stesso schema ed è
uguale alla prima. La quarta è uguale alla seconda etc. Le coblas pari hanno una
identicità dei suoni, e le dispari un’identicità tra di loro. Questo si chiama coblas
alternas. Il trobador può modellare le sue poesie a partire da una struttura ben
definita. Le strofe sono concatenate tra di loro in maniera alternata. In Jaufré Rudel
avevamo tutte le strofe uguali, Jaufré rudel usa le coblas unissonnans (unisonanti,
tutti con lo stesso suono. È una struttura che rispecchia lo stile leu). Esistono anche
altri tipi di coblas, come le coblas singulars (Le rime, pur mantenendo lo stesso
schema metrico cambiano come suoni ed ognuna ha dei suoni nuovi). Ci sono anche
le coblas doblas (Le rime vanno a due strofe ognu due strofe –prima e seconda
uguali, terza e quarta uguali etc)
L’incipit, la cobla iniziale è caratterizzata da elementi ricorrenti. Non si ha quasi mai
il vero e proprio inizio della poesia ma si fa un riferimento alla natura o alla stagione
o in altri casi si spiega come funziona la propria attività del trobar. Bernardo ha
nell’incipit un’autoconsapevolezza di sé, Non è meraviglia se io canti meglio di di
chiunque altro. Poiché di più mi trae il cuore verso amore e meglio sono fatto a suo
comando. Egli pensa di cantare meglio di chiunque altro perché segue il suo cuore.
Per essere buoni trobadori bisogna essere veri, sinceri. Per essere sinceri bisogna
sentire certe cose nel cuore. Cuore e corpo e senno, forza e potere ci ho messo. (Ha
dedicato tutto sé stesso nell’attività del cantare). Di fatti, mi tira verso amore il freno
che verso altra parte non mi indirizza. (Questo fres, tradotto come freno, Era il
dispositivo che si usa per governare il cavallo, quindi sono le redini del cavallo. Qui
c’è un immagine dell’io lirico dominato da amore così come il cavallo è dominato
attraverso le redini dal cavaliere. Il cavaliere è l’amore che dominerà completamente
il suo cavallo, cioè l’amante. Ci sta dicendo che amore tira in questo modo il freno da
farlo andare verso una dama e da nessun’altra parte). Davvero è morto chi d’amore
non sente al cuore qualche piacere. (Dolce sapore in realtà è un sintagma che da solo
dovrebbe essere tradotto piacere) E che cosa vale vivere senza amore se non per
provocare fastidio alla gente? (Chi vive senza amore non ha uno scopo, solo per dare
fastidio alla gente). Già il signore dio non si adiri tanto nei miei confronti che io già
non viva giorno o mese poiché sarò biasimato a causa del fastidio e che d’amore non
avrò desiderio. (Dopo aver detto che se uno non ama è come morto e vive solo per
dar fastidio alla gente, ora dice che mai, né un giorno né un mese nella sua vita
vorrebbe dar fastidio alla gente e quindi si sta augurando di non rimanere mai senza il
desiderio d’amore). Enoi> INODIUM, Nell’italiano diventa noia, quindi una cosa
astratta, un sentimento. Nell’italiano antico abbiamo noia ma con un significato
diverso: la noia è proprio un fastidio fisico, una noia. È un impedimento fisico.
Secondo Bertrand chi non ama è qualcuno che da fastidio fisicamente, che impedisce
agli altri di amare.
Prima strofa-> esordio sulla retorica (non stagionale come rudel)
Seconda strofa-> si introduce il tema dell’amore in generale dicendo che chi non
sente amore è un fastidioso.
Terza strofa-> Discorso specifico sul proprio amore.
Per buona fede e senza inganno io amo la più bella e la migliore, dal cuore sospiro e
dagli occhi piango poiché tanto la amo io, per questo ne ho danno. (Tema dell’amore
doloroso, tanto più la ama tanto più ne ha danno perché non viene soddisfatto). Qui
parte una lunga domanda retorica. E che posso io mai se amore mi prende e le carceri
in cui mi ha messo non può aprire nessuna chiave se non merces e di merces non ne
trovo nulla?( Questa domanda retorica, attraverso una metafora che è quella del
prigioniero delle carceri d’amore. Amore è personificato, c’è la A maiuscola. Qui
amore lo ha preso, lo ha fatto prigionierio e lo ha rinchiuso dentro delle carceri e
l’unica chiave che può aprire questa prigione si chiama Merces –mercés-. Questa
Merces è l’equivalente del latino MISERICORDIAM anche se la base etimologica
reale è MERCEDEM. Questa merces sarà la misericordia. Questa merces è la
misericordia, la compassione, nel momento in cui Midonz proverà Merces il percorso
sarà compiuto e si arriverà al momento del joi in cui i due amanti possono stare
insieme. Quindi si trova in questa prigione d’amore e l’unica chiave che può aprire
questa prigione è la misericordia e la compassione di Midonz ma lui non ne trova).
Insieme alla speranza del joi c’è una sensazione di dolore. Nell’esito di Ventadorn ci
sono due aree semantiche precise: uno è gioir, jauzir, e l’altro è suffrir, soffrire. (joi
da una parte, dolor dall’altra). Nella terza strofa si chiede come trovare joi e non
essere in balia di questo amore che domina e non fa altro che far piangere e gioire.
L’unico modo è trovare la merces, compassione che tarda a venire.
Quarta strofa:
Quest’amore mi colpisce tanto gentilmente (Fer è il verbo ferire che nel medioevo
non significa ferire, ma colpire)
Al cuore con un dolce sapore. (Dolce sapore è sempre sapere)
Cento volte muore il giorno di dolore
E rivive di gioia altri cento. (I due poli antitetici. Durante il giorno, i poli antitetici di
gioia e dolore convivono tra di loro annientandosi a vicenda)
E davvero è il mio male di bell’aspetto
Tanto che di più vale il mio male che altro bene
E poiché il mio male così tanto buono mi è
Buono sarà il bene dopo l’affanno. (Questi quattro versi sono un po’ ermetici, ma sta
giocando con le parole per esprimere questo concetto: più soffro più gioisco, più
gioisco più soffro. Questo male che ha si presenta bene perché incarnato da una bella
figura, da questa donna. Visto che questo male ha un bell’aspetto, tutto sommato vale
più il suo male che qualsiasi altro bene. Visto che il male che io ho è bello, il bene
vero che poi verrà in futuro dopo questa situazione di male che ho, quando riuscirà ad
avere il joi sicuramente sarà meglio. Più si soffre ora più si gioirà dopo. Se soffro ora
vuol dire che il mio bene futuro sarà maggiore, che poi è la dinamica del fin’amor: il
percorso del corteggiamento che spesso allontana nel tempo il raggiungimento della
gioia. Quanto più la gioia è differita tanto più chi la cerca farà fatica a trovarla ma
godrà maggiormente quando la troverà)

Oh dio, poiché se fossero distinguibili


Tra i falsi i fini amanti (fini amanti, perfetti amanti)
E i lusingatori e gli ingannatori
Portassero corna davanti sulla fronte. (In questi quattro versi si sta lamentando del
fatto che non esiste solo la fin’amor ma anche la fals’amo. C’erano poeti come
Marcabru che scrivevano non delle cansos (o vers) ma delle sirventes. Le cansos sono
predominanti con testo erotico-amoroso. Al secondo posto per numero di
componimenti ci sono i sirventes. Il contenuto dei sirventes non ha niente a che fare
con le dinamiche d’amor cortese. C’è un io lirico che espone un problema per
esempio di carattere morale, politico o di attualità. I sirventes sono usati per
condannare alcuni costumi oppure attaccare qualcuno. Già negli anni di Bernart c’era
la condanna per chi spacciava la fals’amor per fin’amor. Alcuni, invocando l’amore
cortese ne prendono solo alcuni tratti come i tratti libertini. Queste sono delle
degenerazioni della fin’amor. Allora i teorici stessi della fin’amor devono prendere le
distanza perché questi atteggiamenti screditano il trovatorismo. C’è la fin’amor,
l’amore perfetto e nobile però alcuni usano questo per accedere a un amore falso. La
fals’amor è una dinamica che va a utilizzare in maniera fraudolenta alcune
caratteristiche tralasciandone altre (come il purificare la propria anima etc). Questo
sarà un dibattito importante, Bernart inizierà a scrivere poesie in un dibattito con un
altro poeta, Raimbaut d’Aurenga. Raimbaud era un trovatore che aveva una visione
più frivola e libertina dell’amor cortese. Ci sarà un momento in cui Bernart scrive dei
versi facendo a capire ad d’Aurenga qual è la fin’amor e lui controbatterà. In questi
versi possiamo cogliere dei tratti di questo dibattito. Lui dice in questi versi che
sarebbe bello se quelli che sono dei falsi amatori portassero dei tratti distintivi come
ad esempio un paio di corna. Sta parlando in questi versi anche di due altre figure:
lauzenger e trichador (trichador sono gli ingannatori e i lauzenger sono i lusingatori).
I lusingatori fanno complimenti non sinceri, fatti per ottenere qualcosa. I lusingatori
possono essere quelli che corteggiano una dama per ottenere un vantaggio materiale.
È una sorta di complimento con una finalità, cosa che nella fin’amor non è
contemplata. La fin’amor deve essere un atteggiamento di disinteresse.
Tutto l’oro del monto e l’argento
Vorrei aver dato se io l’avessi
Solo perché Madonna conoscesse
Così come io la amo finemente.
Quando io la vedo davvero mi sembra
Agli occhi, al viso e al colorito,
che così tremo di paura
come fa la foglia contro il vento.
Non ho di senno (intelligenza) se non come un bambino
Dal momento che sono legato da amore
E di persona che è così conquistata
Può la signora avere una gran pietà. (almorna è un sinonimo di merces)
In questa strofa parla di sé, dice io. Ci sta descrivendo gli effetti fisici, fisiologici
dell’innamoramento. Come si manifesta l’amore? Si manifesta attraverso dei segni
fisici: gli occhi, il viso e il colorito (il fatto di arrossire). Quando la vede anche se non
dice nulla e sta zitto si manifesta subito il sentimento che prova per lei: negli occhi
(probabilmente abbassa lo sguardo) e il viso, quindi il colorito. Inoltre si aggiunge un
tremito di timidezza mista a paura. A un certo punto perde completamente la ragione
e diventa come un bambino. Un verbo importante è entrepres (con una radice che
deriva da intra e pres che viene da PRESUM, che quindi ha a che fare con il verbo
CAPIO quindi l’essere stato preso. Essere pres, ha a che fare con l’essere preso,
agguantato, l’essere prigioniero. Nella terza strofa diceva proprio che si trova nelle
carceri d’amore.)

Buona donna, altro non vi domando


Se non che mi prendiate per servitore,
così che io vi servirò come buon signore,
così che avrò una ricompensa.
(Qui la metafora feudale è esplicitata, vuole servirla come se lei fosse un buon
signore. Domina diventa un dominus)
Eccomi al vostro comandamento,
franco cuore, umile, gaio e cortese
Orso né leone non siete voi affatto
Che mi uccidete, se a voi mi rendo.
(Se si sottomette alla signora lei non sarà un orso né un leone, non sarà tanto
selvaggia e feroce da ucciderla. Sta chiedendo clemenza, spera che lo risparmi se lui
si rende a lei),

A mio cortese là dove egli è


Trasmetto il componimento
E già non gli pesi se io sono stato tanto di lontano.

Nella tornada c’è una differenza che nell’ultima parte dell’ultima cobla. Le rime sono
uguali all’ultima parte dell’ultima cobla, i contenuti cambiano. C’è un congedo.
‘’Mon cortes’’ è un nome nascosto che si chiama in termine tecnico senhal. È un
nome nascosto che serve per celare l’identità della persona a cui è inviato questo
componimento. La lirica amorosa si basa sul nascondere questo sentimento, si usa
quindi il senhar per celare l’identità della dama a cui questo componimento viene
invitato. È messo al maschile perché il soggetto è Midonz, Si fa riferimento a una
lontananza, si fa riferimento a una dama cortese quindi di corte. Questa donna sarà la
contessa di Normandia, Eleonora d’Aquitania. La contessa che se ne andò aldilà della
manica. Potrebbe essere lei, perché il componitore della vita ha messo la storia ma
spesso non è reale.

La lirica trobadorica nasce al sud ma conosce molta fortuna e si propaga a livello


culturale e di moda il fenomeno del trobadorismo. Iniziano ad esserci delle aree
sempre più lontane, in aree geo linguistiche diverse che assumono il trobadorismo.. In
Francia nel Nord, nelle zone iberiche e poi in Italia. Prima nel nord italia e poi giù
fino al sud italia con la corte federiciana. La circolazione delle liriche in lingua d’oc è
enorme. Dopo che la lirica in lingua d’oc ha iniziato a circolare in altre aree romanze,
in queste stesse aree si creerà un fenomeno di imitazione utilizzando però la lingua di
ciascuna di queste aree. Dopo aver fatto circolare le poesie in provenzale, si
inizieranno a scrivere delle liriche identiche per contenuti e forme metriche ma in
lingua propria. Per esempio in lingua d’oil o sul versante iberico. La corte di Federico
II sarà la prima corte in cui si userà la propria lingua, l’antico siciliano per creare
poesia. Come funzionano queste liriche nelle altre aree romanze?
I trovieri sono i trovatori che usano la lingua d’oil, mentre i trobador sono i trovatori
occitani. Poi ci sono i trobadoresh (portoghesi) etc. I trovatori furono i primi a usare
una lingua volgare. Dalla fase iniziale occitana ci si espande in aree contigue dove
entra la produzione trobadorica in lingua d’oc, subito dopo ciascuna di queste aree
sviluppa una propria lirica nel proprio idioma.

Chastelain de Couci è un personaggio più o meno coevo di Bernart de Ventador.


Siamo di fronte a una poesia formalmente identica a quella dei trovatori, anche in
questo caso ci sono le partiture musicali. Anche questa è una poesia di corte, per un
pubblico d’élite che veicola gli stessi concetti. C’è il tema della fin’amor.
Il francese è una lingua meno conservativa rispetto al provenzale. Il francese anche
per fenomeni di sostrato e di superstrato e fenomeni di mutamento fonetico molto più
spinti. Chastelain de Couci esprime gli stessi temi della lirica trobadorica, il servizio
d’amore, la fin’amor, il corteggiamento etc.
Il dittongo OI è UE e non UA
Ch è ancora c di ciao
Il dittongo AI è E come in francese
Abbiamo decasillabi.

La dolce voce dell’usignolo selvatico


Che odo notte e giorno gorgheggiare e riecheggiare
Mi addolcisce così il cuore e rasserena
Che allora ho desiderio di cantare per rallegrare,
(In questa prima parte non abbiamo un incipit stagionale ma si fa riferimento a degli
elementi della natura. SAUVAGE> SELVATICUM perdita della vocale finale,
caduta di tutte le vocali finali e la a si trasforma in e, abbiamo delle sincopi e poi
abbiamo il nesso laterale L+consonate. In genere, quando si trova una L+ consonante
è quella della vocalizzazione dell’elemento laterale che passa in questo caso ad U.
Nel francese le vocali tendono ad essere più dinamiche e cambiano il loro timbro per
ragioni di vocalismo oppure per degli influssi di nessi consonantici particolari
precedenti, oppure per fenomeni di assimilazione. La seconda A è quella tonica, per
assimilazione la vocale atona precedente va ad assomigliare a questa A. è caduta la è
di SilvatIcum e si trovano insieme t e c che vanno a palatizzarsi in g. Tendenzialemte
cadono tutte le vocali finali diverse da A ma per i nessi impronunciabili viene
introdotta a posteriori una vocale di appoggio che in genere è una e. Qui c’è stata una
fase intermedia:
SILVATICUM
SILVAT(I)C
SILVATC-> impronunciabile per cui c’è stato bisogno di una e di appoggio.

Stesso esempio per fratello: si mantiene la e finale e non cade:


Il problema di FRATREM è che se noi togliamo la vocale finare diventa FRATR
quindi c’è stato bisogno della vocale d’appoggio.
La regola del trattamento delle vocali finali quindi vale a condizione che il nesso
finale non sia impronunciabile. Se è impronunciabile si aggiunge un elemento di
appoggio che è la e.

Ben devo cantare poiché viene a piacere a colei


Alla quale io ho gatto omaggio fedele del cuore (Il termine lige homage è un termine
molto specifico del lessico feudale. Omaggio ha un significato diverso rispetto a oggi,
C’è stata una trafila di slittamento semantico. Omaggio ha una base semantica che da
poi il senso che è HOMO+ il suffisso ATICUM. Quindi qualcosa che ha a che fare
con l’uomo. Om era usato per definire il vassallo, un uomo di fiducia, di cui potersi
fidare. Quindi om più aticum è qualcosa che ha a che fare con il rapporto di
sudditanza dei vassalli. Quindi leggendo questo verso, fa un atto di sottomissione
vassallatica del suo cuore)
E così devo avere grande gioia nel mio cuore (Corage è un rafforzativo. Cor+aticum
che secondo la trafila identica di Homo e sauvage da Corage. Corage, in tutta la
produzione medievale ancora significa cuore e non coraggio)
Se ella mi vuole tenere al suo servizio.

Mai verso di lei non ebbi falso cuore né mutevole


E per questo mene dovrebbe per tanto venire (allude a una ricompensa)
Anzi la amo e la servo e la adoro costantemente,
ma non le oso rivelare il mio pensiero
poiché la sua bellezza mi fa tanto turbare
tanto che io non so davanti a lei nessun linguaggio(Effetti fisiologici dell’amore.
Quando è difronte a lei la sua bellezza è tale che resta sconvolto e non riesce a
pronunciare alcune parole)
Né guardare oso il suo puro volto
Tanto temo che dei miei occhi al separarmi. (Non riesce a dir nulla e non riesce
neanche a guardare il suo viso. Non riesce a guardarla perché teme che lei se ne
vada).
Bo e gazardo nella penultima strofa cade la N (Bon e gazardon), la o non è una vera
vocale finale, ma è caduta la N e si è persa la vera vocale latina di BONUM ad
esempio.
3 strofa
Intanto ho lì fermo messo il mio cuore
Che altrove non penso e Dio me ne lasci gioire. (La fin’amor è tale se c’è
perseveranza, verso un unico oggetto dell’interesse, deve esserci un rapporto di
esclusività).
Che mai Tristano, quello che bevve la pozione
Amò così di cuore senza pentirsi
Che io ci metto tutto cuore e corpo e desiderio
Senno e sapere e non so se faccio follia
Ancora ho timore che in tutta la mia vita
Non possa assai lei e il suo amore servire.(servire rimanda al servizio verso il signore
che in questo caso è il servizio amoroso)

Nella terza strofa si fa riferimento a Tristano, personaggio del ciclo di tristano e isotta
(di cui non ci occupiamo). Quando si fa riferimento Tristano a questa altezza
cronologica, abbiamo almeno 3 autori che si sono occupati di tristano: Beroul, Tomas
e probabilmente anche Chrétien de Troies (di lui non abbiamo nessun testo, solo una
menzione). Tristano è un elemento importante. Tristano deve salvare Isotta e deve
portarla dall’Irlanda alla Cornovaglia per farla sposare allo zio, per azione di un filtro
magico i due si innamorano e c’è quindi quest’amore adultero. Questo riferimento a
Tristano ci rimanda a un ambito non lirico, in questo genere non lirico erano
penetrate le dinamiche dell’amore adultero contro quello matrimoniale.
CI SONO DOMANDE SULLA NARRATIVA.

Nella terza strofa fa riferimento a Tristano, neanche tristano che è l’amante per
eccellenza, ha amato così loiaument. Loiaument in alcune versioni è scritto
coriaument. Il testo medievale è mobile, anche quando abbiamo un autore e un
componimento , il testo che ci è tramandato oscilla: la tradizione manoscritta. Ha
alterato a volte il testo introducendo errori oppure in altri casi (come questo) dando
delle varianti, due versioni differenti. In questo caso il filologo si trova nel dilemma
se restituire un testo oppure l’altro. In questo caso abbiamo queste due lezioni che
vogliono dire due cose differenti. Coriaumant ha a che fare con cor, cuore. Loiaument
invece ha a che fare con l’aggettivo leal. L’amore di Tristano e Isotta è un amore
indotto da una pozione. Non c’è ad oggi una versione unica, gli editori moderni
danno due risposte differenti. In ogni caso si fa riferimento a un amore
incondizionato.
Per ribadire la forza che mette in questo sentimento amoroso a un certo punto Bernart
de Ventardorn, Chatelain riprende Bernart de Ventadorn. È una ripresa intertestuale .
Qui abbiamo una citazione esplicita di Ventadorn, un autore già ben conosciuto.
Probabilmente aveva letto Bernart de Ventadorn, l’aveva memorizzato e lo riusa
citandolo per rifunzionalizzarlo nel suo discorso amoroso, infatti aggiunge delle cose;
‘’ma non so se faccio follia’’, lui al contrario di Bernart ha questo dubbio, che andare
in maniera condizionata verso quest’amore può portare a commettere una follia.
‘’Ancora me dout’’. Dout è il verbo douter che viene dal latino DUBITARE. C’è la
caduta della vocale finale (cadono tutte le vocali finali in francese e provenzale tranne
la a che in francese diventa e, mentre in provenzale rimane a). Abbiamo la caduta
della bilabiale (una lenizione), mentre nel provenzale dobtar c’è una sincope
dell’elemento vocalico. Dobbiamo presupporre che nel provenzale ci sia stata prima
una sincope della vocale I, perché altrimenti si sarebbe verificata anche per il
provenzale la lenizione della bilabiale. Non c’è stata una lenizione perché la sincope
ha impedito la posizione intervocalica della bilabiale (e la lenizione avviene solo in
posizione intervocalica). Nell’italiano antico abbiamo ‘’dottare’’ : in un primo
momento sarà caduta la vocale e ci sarà stata una sincope, dopo questa sincope due
consonanti si sono trovate in contatto e c’è stata un’assimilazione regressiva.
L’elemento dentale ha prevalso e c’è stata un’assimilazione regressiva (quello a
destra prevale su quello a sinistra).

Io non dico che faccio una follia


Né se per lei dovessi morire
Che nel mondo non trovo tanto bella né così saggia.
Né nulla mai che tanto è a mio desiderio.
Molto amo i miei occhi che me la fecero scegliere,
nell’ora in cui la vidi, lasciai a lei in ostaggio
il mio cuore, che poi vi ha fatto lunga permanenza,
e né mai nessun giorno chiede a lei di partire.

Anche se dovesse far follie, a costo della vita le commetterebbe perché non trova
nessuna così bella e così saggia. La bellezza fisica deve essere corredata da una
bellezza interiore, la dama deve essere sia bella che assennata. La dama per
eccellenza, Midonz, deve essere completa come bellezza e saggezza. Gli occhi sono i
responsabili di questo stato d’innamoramento, ama i suoi occhi perché gliel’hanno
fatta vedere. Abbiamo un riferimento all’ostaggio, l’amante ha messo il suo cuore in
ostaggio nel carcere d’amore. In questo ostaggio il cuore ci sta da molto tempo ma
non ha cura di uscire da questo carcere, non c’è una necessità di uscirne. C’è un
riferimento che troviamo in Bernart de Ventadorn e Jaufré Rudel.
Canzone, vattene per farmi da messaggero
Laddove io non oso ritornare e né rivolgermi (ha a che fare con gauche, ha a che fare
con qualcosa che è curvo)
Poiché tanto temo la folle gente crudele
Che indovinano prima che ciò possa avvenire,
i beni d’amore (Dio li possa maledire). (Tra i due amanti si frappongono le figure dei
lauzengers, coloro che sparlano e che in un contesto di amore adultero vanno a
rivelare quest’amore. Quelle persone che a corte colgono qualcosa e indovinano
qualcosa prima che il corteggiamento arrivi a buon fine, che poi vengono denunciate
al marito, al giloz).
A molti amanti hanno fatto ir ( o ira o tristezza, in questo caso è tristezza) e
danno(Danno viene da < damnum+aticum che si risolve in age, poi la nasale finale
cade, una caduta della u (vocale finale diversa da a) una doppia nasale che si
scempia. In inglese troviamo anche questa parola. È dovuta a una fase in cui
l’Inghilterra del sud era sotto il dominio anglonormanno. L’anglonormanno è una
varietà del francese antico che ha permesso la conservazione dell’inglese di un
patrimonio lessicale non germanico)
Ma io ne traggo di questo molto crudele vantaggio,
poiché debbo obbedire secondo il mio peso (a mio malgrado)

L’ultima strofa è una tornada. Lo schema metrico è quella di una strofa, non abbiamo
una tornada a livello strutturale ma ce l’abbiamo a livello di contenuto. Ha una
funzione di congedo. Abbiamo un riferimento alla canzone all’inizio. Il poeta affida
alla canzone il suo stato d’animo e l’espressione del suo sentimento.
L’immagine è del canzoniere, anche in questo caso siamo in un contesto di lirica per
musica.

Testo di Giacomo da lentini, Madonna, dir vo voglio


Giacomo da Lentini fa parte della scuola poetica siciliana, primo grande movimento
che si occupa di poesia, in particolare di poesia cortese. La scuola siciliana si colloca
tra il 1220 e il 1250. Siamo ben distanti dalla fase fondativa dei trovatori. La scuola
poetica Siciliana nasce su impulso di Federico II di Svevia, che diventa anche
imperatore, unisce in sé le dinastie tedesce di Svevia con quelle Normanne, francesi e
fonda una corte in cui la cultura è vista come strumento di propaganda ed esaltazione.
Per sua decisione ci si occupa di poesia cortese, il modello è trobadorico, la lingua
sarà quella del siciliano, quello definito da dante siciliano illustre. È un siciliano non
della lingua parlata, ma usata dai ministeriales, dagli amministrativi che ruotano
attorno alla corte di federico II. Lui coinvolge questi ministeriales in un processo
culturale. Giacomo da Lentini era un notaio di cui sappiamo molto poco, pure perché
verso federico II c’è una damnatio memoriae perché era una figura molto odiata.
Tuttavia sopravvivono alcuni testi della scuola poetica siciliana che funzionano da
modello per una serie di altri autori, come Dante o Petrarca, Questo siciliano illustre
non lo possiamo più leggere perché gli unici tre canzonieri (palatino, laurenziano e
vaticano) hanno recepito i testi siciliani, ma essendo canzonieri toscani hanno
toscanizzato tutti i testi. Non c’è niente della patina linguistica siciliana che possiamo
cogliere solo in certi punti.

Nella lirica siciliana, il connubio tra musica e parole non c’è più. Anche alcune
miniature di questi canzonieri ci tramandano il poeta che legge solamente ma non ci
tramanda immagini di giullari o di musicisti. Il fatto di non aver traccia di spartiti
musicali, capiamo che questa poesia è slegata dalla musica. C’è l’assenza di una
cornice topica, abbastanza frequente: non c’è l’esordio stagionale, o quello retorico
ma si inizia con l’io lirico che si rivolge direttamente a Madonna, che è esattamente
Midonz (Mia domina diventa madonna). Siamo sempre in una poesia profana, erotico
amorosa e cortese.
Mia signora vi voglio dire
Come mi ha fatto prigioniero l’amore
Rispetto al grande rifiuto (Oroglio è il rifiuto, quanto il corteggiamento non va buon
fine)
Che voi bella mostrate e non m’aiuta.
Oi lasso (infelice dal latino laxus, laqueo significava essere legato) il mio cuore che è
messo in tante pene
Vive quando muore (il che è polivalente) per bene amare. (Il cuore messo in tante
pene, a causa del bene amare, dell’amare finemente muore. Vive e muore allo stesso
tempo)
E se lo tiene a vita.
Muoio e vivo io?
No, ma il cuore mio muore più spesso e fortemente
Di quanto non farebbe di morte naturale.
A causa vostra, donna che ama e che brama più di se stesso
E voi sempre lo sdegnate:
Amore, la vostra amicizia ho visto male (Pensava che fosse suo amico e invece ha
visto male)
Il problema è il solito, la sofferenza d’amore per una donna che non è estremamente
lodata. È lodata però appunto questa domina mostra orgoglio, sta iniziando a uscire
dalla dinamica della fin’amor. Se la donna amata è tracotante e non mostra pietà,
questo è un comportamento stigmatizzabile.
Il mio innamoramento
Non può apparire a parole
E così come io lo sento
Non lo potrebbe pensare un cuore
E né esprimere con la lingua; (L’amore è talmente grande che non è esprimibile. Si
riprendono figure e motivi della tradizione trobadorica ma innovandoli con alcuni
aspetti)
E quello che io dico è niente
Rispetto al fatto che io sono imprigionato
Tanto coralemente
Io ho un fuoco nel cuore
E non credo che mai si estingua
Anzi sempre aumenta.
E quindi perché non mi consuma questo fuoco?
(qui fa riferimento ai bestiari medievali, delle enciclopedie in cui venivano presentati
degli animali che avevano le loro caratteristiche)
Ho ascoltato che la Salamandra
Che vive nel fuoco stando sana (non morendo)
E quindi anche io faccio così da tanto tempo,
vivo dentro il fuoco d’amore
e non so che cosa dire:
il mio lavoro spiga (mette le spighe) però non produce i chicchi. (è una specie di
detto aforistico, lui ce l’ha messa tutta, però queste spighe del suo lavoro non sono
buone per fare il grano)

Mia signora, così mi accade


Che io non posso riuscire
Per quanto io dica bene
La cosa specifica che io sento rispetto all’amore (Per quanto lui esprima il suo amore
non ha successo)
Così come l’uomo che ha prurito
Il cuore gli fa sentire,
giammai non è quieto
dal momento in cui non può toccare il suo sentore (Fa una similitudine,)
Il mio non potere mi turba
Così come l’uomo dipinge e cancella
E sempre pure gli dispiace
Il dipinto che fa e se la prende con se stesso
Che non ha fatto per natura
La propria pittura (Sta dicendo che lui si sente frustrato come il pittore che ogni volta
che finisce il suo quadro lo cancella perché non ha dipinto ciò che voleva dipingere)
Non è da condannare la persona che cade in mare
A ciò a cui si afferra (Esprime l’impotenza e questo stato di perdita delle proprie
certezze).
Ci troviamo di fronte a un’imitazione creativa. Questa poesia è una semplice
traduzione però è anche una rielaborazione.
Le tematiche sono sempre quello, poi esistono delle variazioni sul tema, non riesce a
trovare corrispondenza nella dama e quindi è sconfortato, in certi casi ciò può portare
a non corteggiare più la dama. In questo caso c’è una reazione di frustrazione. C’è la
similitudine tratta dalla medicina (prurito), poi il paragone con i naufraghi e poi delle
similitudini che attingono a cose medievali come il bestiario.
C’è un collegamento tra la terza strofa e la quarta, un collegamento di Capfinidas (Le
coblas capfinidas sono quelle cobla che terminano con una parola o un argomento che
viene poi ripresa all’inizio della strofa successiva). Qui ne abbiamo un esempio. Il
mare è l’ultimo elemento della strofa 3, nella strofa 4 si inizia una nuova similitudine
che ha a che fare con il mare.
Il poeta nelle 4 strofe ultima il suo lamento attraverso delle immagini, delle immagini
con uno sfondo marittmo.
Il vostro amore che mi ha
Che mi ha messo in mare tempestoso
È così come la nave
Che ha la fortuna (Fortuna sta per fortunare, una tempesta) getta ogni pesanti (le
zavorre. Quando una mare si trova nel pieno di una burrasca e si rischia di affondare,
l’equipaggio getta il carico per alleggerirsi)
E riescono a vivere per il gettare via le cose pesanti
Dal luogo pericoloso:
Similemente io getto
A voi, mia bella i miei sospiri e i pianti,
poiché se io non li gettassi
mi sembrerebbe di affondare,
e davvero affonderei (Il condizionale è un tempo che non esisteva in latino. Il latino
non aveva il proprio condizionale ma usava delle perifrasi, qui abbiamo il
condizionale come novità)
poiché il cuore tanto peserebbe nel suo desiderio (il mio cuore così pieno di desiderio
per lei, rischierei di affondare se io non gettassi fuori da me qualcosa. Può gettare
solo lacrime e sospiri)
Davvero tanto si frange a terra
La tempesta che si placa,
e io così mi rinfranco
quando sospiro e piango (Quando butto questa zavorra di sospiri e lacrime il cuore
trova pace).

L’ultima strofa è una sorta di congedo, è una strofa completa ma anche qui l’ultima
strofe ha un argomento discorsivo che funge da congedo.
Assai mi sono mostrato
A voi bella e spietata (La pietà è l’equivalente della mercé provenzale. Si riallaccia a
una figura dell’inizio, spietate è quindi senza pietà)
Come io sono innamorato
Ma credo che io dispiacerei
A voi pinto (dipinto. Io dispiacerei a voi anche se fossi dipinto. Io credo che a voi non
vi piacerei nemmeno dipinto, figuriamoci di persona)
Perché solo a me,lasso (infelice, che viene da costretto)
Questa sorte è data,
perché non me ne separo? (Qui abbiamo due rimanti apparentemente uguali ma
hanno due funzioni differenti. Il primo lasso è un aggettivo, l’altro è un verbo. Questa
è una figura rimica che si basa sul principio dell’equivocatio. Questi due rimanti sono
in rapporto tra loro come rima equivoca, quando il poeta riesce a usare due parole
graficamente identiche che abbiano però forma diversa. La bravura sta nel non far
coincidere la stessa funzione morfosintattica anche con una pronuncia identica).
Non posso, perché in tale maniera Amore (personificato) mi ha vinto.
E vorrei che ora il mio cuore uscisse
Come se fosse tutto incarnato
E si presentasse a voi sdegnosa
Perché amore a tanto lo ha portato
Che se ci fosse una vipera,
perderebbe la sua natura (La vipera è associata a qualcosa di cattivo, repellente.
Rispetto a questa donna perderebbe la sua natura e sembrerebbe meno viscida)
Poiché vedendolo (Il mio cuore com’è ridotto)
Anche la vipera avrebbe mercé.

Nel momento in cui il poeta nel congedo dichiara che è troppo orgogliosa e peggio di
una vipera, dalla tipica lode della cansò cortese abbiamo il biasimo.
Questi canzonieri che hanno tramandato i componimenti della scuola siciliana hanno
toscanizzato molti elementi del siciliano illustre. I copisti dei tre canzonieri
provengono da un’area fiorentina e hanno spalmato una patina coprente di toscano
che poi è il toscano della lingua di dante. La lingua italiana nasce e si basa sulle
lingue delle 3 corone, i tre grandi massimi produttori di testi: Dante, Boccaccio e
Petrarca. Nel rinascimento, quando si è sviluppato il dibattito sulla lingua italiana, si
è cercato di formulare delle grammatiche dell’italiano e si è detto di prendere come
riferimento la lingua di questi 3 uomini di cultura, toscani. La lingua che usano è il
toscano del tredicesimo e quattordicesimo secolo. Questa lingua, depurata da
regionalismi molto spinti verrà codificata come grammatica e sarà la lingua che
genererà l’italiano. Questa operazione è avvenuta per il siciliano, uniformato alla
lingua toscana. Come facciamo a dire che c’è un cambiamento linguistico e avere la
certezza che fosse in un’altra lingua? Bisogna sempre distinguere tra lingua degli
autori e dei copisti, oggi quando si stampa qualcosa non si altera niente, nel medioevo
non c’era questa reverenza verso l’autore, e soprattutto se si tratta di letteratura
volgare. Il testo letterario in lingua volgare tende ad essere modificato con modifiche
anche spesso inconsapevoli. Il pubblico che leggerà giacomo da lentini pisanizzato
pensa che ha scritto in toscano. Quando Dante parla del volgare illustre, era il volgare
siciliano toscanizzato perché simile alla sua lingua, Forse se lo avesse letto in lingua
originale avrebbe avuto qualche perplessità in più. Lui stigmatizza molto i dialetti, se
avesse letto lui in siciliano non lo avrebbe scelto come lingua illustre.
Se ci troviamo di fronte a una poesia siamo più avvantaggiati, per il sistema delle
rime. La rima non può essere compromessa, le rime devono essere perfette, la rima
deve essere necessariamente quella con una corrispondenza esatta di suoni. Se noi
osserviamo le rime di questa poesia, c’è la rima a mezzo che spezza il verso. C’è una
parte (Abac) poi (Dbdc) poi una seconda metà divisibile (Eeffg) e (hhiig). Abbiamo
la fronte e la sirma. La fronte è divisa in due piedi e la sirma in due volte. Abbiamo
‘’priso al secondo verso’’ che è una rima b che rima con ‘’miso’’, ‘’ messo’’ e
‘’preso’’ non possono rimare in italiano né in fiorentino antico, si può attuare solo se
ipotizziamo un sistema linguistico siciliano. Nel sistema siciliano priso e miso
rimano. Qui i copisti toscani hanno toscanizzato tutto il testo però a un certo punto,
arrivati su ‘’priso’’ non hanno potuto toscanizzare altrimenti si sarebbe perso lo
schema delle rime e hanno lasciato il siciliano. Questo discorso veniva interpretato
come una sorta di deroga, una licenza poetica e venivano chiamate ‘’rime siciliane’’,
potevano essere rime imperfette o strane derivate dal sistema linguistico di partenza.
Poi ad esempio nella seconda strofe abbiamo un altro esempio di rima siciliana dove i
copisti sono intervenuti parzialmente ‘’long’uso’’ e poi c’è ‘’amoroso’’. Il siciliano
sarebbe ‘’amorusu’. In siciliano ci sarebbe la rima perfetta tra long usu e amorusu. Ha
toscanizzato le u, che si sono abbassate in o. Queste spie sono presenti in tutto il
testo: ‘’audivi’’ e ‘’vivi’’ nel sistema vocalico siciliano le e vanno verso la i e le o
verso la u. poi abbiamo ‘’tutto’’ e ‘’motto’’, quindi tutto deve rimare con motto e può
succedere solo in un sistema siciliano . In maniera preferenziale si lascia questi testi
così come dal 1250 sono stati tramandati, riportare qualcosa a uno stadio grezzo o
qualcosa lasciarla com’è stata recepita e com’è circolata? La seconda ipotesi è stata
seguita. Sono state ritrovate alcune carte, abbiamo un frammento di un
componimento di un autore siciliano della corte di federico secondo. Nel 1500 un
umanista di nome barbieri aveva copiato questo frammento di poesia e l’aveva
ricopiato nella sua veste siciliana. Si è trovato questo taccuino e si è avuto un testo
così com’era in siciliano. Risicilianizzare è un alterazione del testo, non abbiamo
elementi validi per riportarlo indietro, sarebbe un ulteriore cambiamento.

Folquet de Marselha, a vos midontc, voill retrair’en cantan


Nasce in una famiglia di mercanti di marsiglia e anziché fare il mercante entra nel
circuito della poesia cortese. È molto conosciuto e viene citato anche da dante. È
provenzale, è presente nel paradiso di Dante. Lui diventa vescovo, lascia l’attività del
poetare e prende i voti, quelli clericali, fa carriera e diventa vescovo. Dante lo inserisc
perlopiù come vescovo e uomo di chiesa. L’immagine è il frammento che abbiamo di
una poesia, un frammento un po’ cancellato.
Se paragoniamo la prima strofa col testo di Giacomo da Lentini, iniziano entrambi
con la vocazione alla donna.
A voi, midonz, voglio ritrarre cantando
Come mi imprigiona Amore e mi conduce con una briglia
Rispetto all’orgoglio grande, e non m’aiuta in nulla,
che mi mostrate (orgoglio) laddove io vi domando merce.
Ma tali e tanti sono per me i pensieri e gli affanni
Che vivo quando muoio per amore finemente.
Dunque muoio e vivo? No, ma il mio cuore che arde
Muore e rivive di pensieri amorosi
Per voi, donna, che amo tanto coralmente (dal profondo del cuore)
Nel medioevo non c’è un vero concetto di plagio, c’è un’innovazione nella
tradizione. Citare in maniera esplicita con quasi le stesse parole è una dimostrazione
della propria conoscenza. Da Lentini ci dice che conosce bene Folquet de Marselha,
la prende per tradurla nella sua lingua. Questa operazione è un’operazione da un lato
di traduzione, ma una traduzione creativa, una traduzione in cui riesce a proporre una
forma metrica (molto spesso le traduzioni sono in prosa), l’abilità di giacomo da
lentini è di usare un sistema metrico complesso in cui tradurre le espressioni di una
poesia specifica, più che un plagio è una citazione molto apprezzata nel medioevo.
La sofferenza e gioia si vede al morto che sta cuocendo (in fiamme da desiderio)
Perché male vidi la grande bellezza di noi.
(Questo dice Beutat, giacomo da lentini dice amistade. Lui ha inteso male l’amistade,
l’amicizia, ha male interpretato l’amicizia e l’accoglienza mentre Folquet ha male
inteso la sua bellezza. È probabile che anche folquet si riferisce all’amicizia).
Ci sono dei segni strani nella seconda strofa, tutto ciò che c’è tra quelle crocette non
si è riuscito a tradurlo, è la croce della disperazione quando proprio non riesce a
leggere ed è stato copiato così com’era. Non riesce a capire o cosa c’è scritto o cosa
significa.
Apparire non può per detto o per sembianti (né’ in parole né in cose reali)
Il bene che io vi voglio con (… nn sappiamo) ma niente è ciò che io vi dico. Così mi
tiene nel cuore un fuoco che non (…. Non sappiamo)
Per quale ragione non mi uccide consumandomi?
I saggi dicono l’autore veramente
Che un lungo uso, secondo diritto e ragione
Si converte in natura (Una cosa alla quale siamo esposti regolarmente può cambiare
la nostra natura, ci abituiamo. L’essere umano non è abituato a soffrire così tanto ma
io sì, ci ho fatto il callo) per la qual cosa voi dovete sapere
Che io ne ho ugualmente per lungo uso in un fuoco d’amore piacente.
Probabile che sia una copia corrotta dell’originale, questa seconda strofa resta
incompiuta. Non ha molto senso, ci sono state forse corruzioni ma se leggiamo
giacomo da lentini troviamo ‘’long’uso’’, il discorso del cambiare natura. Possiamo
cogliere il diffondersi della lirica trobadorica. Giacomo da lentini aveva a
disposizione trascrizioni che traduce in maniera creativa, fondando il corpus delle
poesia delle origini.

Letteratura galego-portoghese
I TESTI DEL MANUALE NON SONO DA ANALIZZARE NEL DETTAGLIO, I
TESTI DEL PROFILO DELLE LETTERATURE ROMANZE VANNO LETTI E
COMPRESI.
La poesia trobadorica si espande anche in area iberica, l’area iberica in realtà
comprende la Castiglia. Com’è che in Castiglia che c’è già una letteratura trobadorica
la poesia circola in galego portoghese? Il re stesso usa la poesia galego portoghese.
La lingua galego portoghese diventa una koiné, una lingua letteraria con cui fare
poesia. Anche l’occitano era una koiné letteraria che viene condivisa da chi si occupa
di quel tipo di letteratura. Nell’area iberica a partire dagli ultimi anni del 1100 fino al
1300 la poesia è veicolata dalla lingua galego-portoghese. Il castigliano in questo
xiodo nella letteratura lascia poche tracce, soprattutto di epica (el cid) e narrativa. Nel
medioevo non esiste una lirica in castigliano antico, anche chi abita nelle parti in cui
non si parla il galego portoghese adotta come lingua poetica quella galego
portoghese.
Come si diversifica da quella provenzale? A livello tematico e contenutistico
abbiamo una tripartizione di genere: per quanto riguarda la lirica trovadorica c’è il
genere della canso erotico-amorosa e il sirventes (poesia di tematica morale o
politica, come Bertrand de Born che parla principalmente della guerra e incita i
sovrani di turno a guerreggiare). Invece, la lirica trobadorica trasportata in galizia ha
una tripartizione:
Le cantigas d’amor-> il genere dominante, a tematica amorosa che verrà coltivata
come poesia erotico amorosa.
Cantigas d’escarnho o maldizer->La tematica amorosa è esclusa e c’è una tematica
di tipo moralistica. Tipo il sirventes ma mentre il sirventes moralizzava attaccando,
questi aspetti si traducono in argomenti più ludici, goliardici in galego portoghese. In
galego portoghese hanno toni sarcastici, offensivi e talvolta osceni. Serviranno non
solo per la moralizzazione ma avranno fini prettamente ironici e ludici. Ci sono
attacchi su personaggi di corte ad esempio sugli aspetti fisici o sulle qualità morali.
Cantigas d’amigo->Genere nuovo e peculiare nella lirica cortese. Ci sarà di nuovo
una tematica erotica e sentimentale, è quasi un sottogenere delle cantifas de amor, ma
cambia la prospettiva, il punto di vista di chi esprime il sentimento. Nelle cantigas
d’amor parla il drut, l’amante. Mentre qui il punto di vista è quello della dama, che è
in lontananza rispetto al suo amico, la tematica sarà quello di un lamento di nostalgia,
il proprio amato è lontano per diverse ragioni. L’amata rimaneva a terra per mesi in
attesa del suo amato. Il punto di vista per la prima volta è quello femminile. Ci sono
molte cantigas de amigo, quindi non è un genere minoritario.

Abbiamo in sostanza 3 canzonieri: il canconeiro d’ajouda fine del 1200 e poi altri due
cinquecenteschi che sono copie umanistiche di canzonieri ad oggi perduti. Pochi
manoscritti significa che c’è stata una circolazione endogena, non si è avuta una
diffusione al di fuori dell’area specifica.

Don Dinis
Nell’area gallego portoghese la lirica trobadorica arriva tardi rispetto a Francia,
Germania e Italia. Don Dinis , è il grande sovrano portoghese famosissimo e
celebrato. È un sovrano che è anche poeta e uomo di cultura. dice dall’inizio della
poesia che:
Voglio io in maniera provenzale fare ora un canto d’amore.
La ripresa dei modelli provenzali è palese ed è dichiarata. Nel caso del galego-
portoghese il collegamento con la musica è ancora molto vivo. Nel canzoniere d’ajuta
ci sono dei musicisti in delle miniature.
E vorrei molto lodarvi (nella poesia) Midonz (Minha senhor è al maschile, lo sta
declinando come facevano i provenzali al maschile)
Alla quale non manca pres (pregio) né bellezza
Né bontà e più ve ne dirò, tanto la fece Dio completa di bene (Comprida a livello
etimologico viene da Complitam)
Che di più vale di tutte quelle del mondo. (è uno stile piano semplice, di trobar leu.
Nella lirica trobadorica c’era o un incipit stagionale o un incipit retorico, qui abbiamo
un incipit retorico, perché vuole fare una bella canzone alla maniera dei provenzali.
Andando sui contenuti. In questa parte iniziare sta esprimendo la lode, loar< Laudare.
Le vocali finali in galego, come nell’area ibero romanza in generale c’è una tendenza
ibrida: La a si mantiene, la e cade, la o si mantiene. È a metà tra un atteggiamento
massimamente conservativo (italiano) e non conservativo (francese). Abbiamo una
lenizione della consonante in posizione intervocalica della dentale. È una lenizione di
secondo grado mentre in occitano lauzer è di primo grado (nel portoghese ha un
effetto più forte perché scompare, in occitano diventa fricativa). In italiano la
lenizione è di grado 0, la lenizione non c’è. In francese antico abbiamo loer con la
lenizione di secondo grado. Il dittongo primario AU, in alcune lingue (francese,
spagnolo, italiano c’è una monottongazione), il provenzale è massimamente
conservativo (Au), il portoghese si differenzia e si trasforma in OU, un dittongo non
originario. Qui in loar si è assorbito perché altrimenti ci sarebbe stato un trittongo
poco pronunciabile Nella fin’amor il drut per accedere al joi deve innanzitutto lodarla
o pregarla. Qui lui sta iniziando con la lode. C’è una lode articolata su tre elementi:
pres (il pretz, usa termini tecnici del trovadorismo, quasi un calco), fremosura (la
bellezza, ciò che è estetico) e poi abbiamo una cosa che mancava alla dama che
corteggiava giacomo da lentini: ha bontade, è anche buona. Risponde ai requisiti
fondamentali di come deve essere una dama: buona e pietosa, che possa dare mercé.
Abbiamo un valore morale, uno estetico e una prospettiva di buona condotta e
maganimità.
Al secondo verso abbiamo fazer< FACERE. Cadono le e. In latino, secondo la
pronuncia scientifica Facere si diceva Fakere. Abbiamo un suono velare, occlusivo e
intervocalico quindi ci sarà la lenizione e diventa fricativo. In spagnolo abbiamo
Hacer quindi un’altra lenizione. La fricativa F iniziale resta inalterato in galego
portoghese, mentre in spagnolo Hacer si spirantizza, la h però è muta, in età media
era un’aspirata.
Agora. Questo agora è il rafforzamento di HORAM (l’ora) al quale viene anticipato
l’aggettivo dimostrativo HAC (ablativo dell’aggettivo dimostrativo femminile).
Sarebbe ‘’ In questa ora’’. Si salda e diventa agora. Le H cadono, la nasale finale
cade, si avrà AC+ORA, si arriva ad agora tramite una lenizione che provoca una
sonorizzazione (perché si trova in posizione intervocalica e si sonorizza).
MUIT > multum. La m finale cade, In italiano abbiamo molto, in gallo romanzo molt
e nell’area ibero-romanza abbiamo il portoghese muito (la u finale si conserva
passando ad o come in italiano) e in spagnolo mucho. Il nesso consonantico LT
(laterale+ dentale) che in portoghese c’è una vocalizzazione e si mantiene la dentale.
La vocalizzazione della laterale si avrà poi anche in francese e distinguerà l’area
gallo-romanza. A partire dal 13 secolo il francese tenderà a vocalizzare la laterale e
diventerà mout. Nel castigliano c’è una palatalizzazione. Se c’è una consonante prima
della dentale c’è una tendenza che tende alla palatalizzazione, alla vocalizzazione,
all’assimilazione. In area iberica quando abbiamo un nesso di Consonante+dentale in
genere abbiamo una palatalizzazione nello spagnolo e una vocalizzazione in
portoghese.
Fremosura è bellezza. L’aggettivo sarà Fremoso, in spagnolo hermoso, in provenzale
bel, in francese antico Bel, in italiano bello. Le lingue bel, bel e bello derivano da
BELLUM , che in latino significava guerra ma poi nel latino volgare significa bello, e
guerra è stato espresso con un germanismo. Fremoso ed Hermoso hanno come base
etimologica FORMOSUM.
Teoria delle aree laterali, le aree laterali sono più conservative, l’innovazione bellum
non è arrivato. Poi c’è una metatesi: Fremoso e formosum.
Poiché Midonz dio pensò di farla tale,
quando la fece che la fece conoscitrice, sapiente di ogni bene
e di molto grande valore. E nonostante tutto questo
Midonz è molto comune (non altezzosa, semplice) lì dove è necessario (Si ha
l’atteggiamento magnanimo di midonz)
E diede a lei (c’è il maschile) un buon senno e dunque
Non gli fece poco di bene
quando non volle Che altra fosse uguale a lei (Dio le ha fatto un grande bene dal
momento in cui ha voluto che lei non fosse uguale a tutte le altre).
E quindi nella mia signora mai Dio pose male
Ma vi ha posto pres (pregio), beltà e lode
E il parlare bene(da fabulare, mentre altre vengono da parabolare, latino cristiano.
Nelle aree laterali vengono da fabulare, quindi c’è conservatorismo. Troviamo il
primo suono consonantico diverso) il ridere migliore che altra donna.
E così è molto leale e per questo io non so chi
Possa completamente nel suo bene parlare
Perché non c’è oltre il suo bene altro. ( Lui non sa chi può dire meglio rispetto a lei e
al suo comportarsi bene perché non esiste qualcuno che si possa comportare meglio
di lei).
Vuole fare in maniera di provenzale e quindi riprende i temi del provenzale ma
prende in prestito anche il lessico tecnico e quindi la Bellitatem diventa bel in
provenzale che qua diventa Beltad, con aggettivo bel. Loor deriva dal provenzale
lauzor col trattamento tipico del galego portoghese.

TESTO 10
Hanno tematiche diverse e sono dei sottogeneri.
La cantiga d’amigo si sviluppa solo nell’ambito della produzione galego-poroghese.
Le cantigas d’amigo sono dei canti, sempre per musica ed esecuzione. Abbiamo
sempre la partitura musicale. A parlare è un io lirico femminile (origini mozarabe, le
karjat). Nelle cantigas d’amigo, i contenuti sono sempre l’amiga che si lamenta e
soffre perché il suo amigo o amado non si trova con lei. Non è un corteggiamento in
versi, la coppia è già fatta. La trama è semplice ma la struttura sintattica segue la
forma del leixa-pren (lascia e prendi) un procedimento metrico-retorico per cui c’è
una formula strofica in cui la prima parte di ogni strofa è comporta da versi e
un’ultima parte della strofa dove c’è un refem, ossia un ritornello.
Onde del mare di Vigo(Atlantico)
Avete visto il mio amico? (amore)
O dio, se verrà presto? (Non è il se italiano, non indica un’ipotesi ma è l’inizio
dell’interrogativa. Lo potremmo rendere come un punto interrogativo)
Onde del mare levato (Levado viene da Levatum, il mar levado sarà il mare in
burrasca, alto)

Onde del mare levato


Avete visto il mio amore?
Verrà presto?

Se avete visto il mio amore,


perché io sospiro?
E verrà presto?

Se avete visto il mio amato


Perché io ho pena? (Coidado viene dal verbo COGITAT(U)M participio passato di
cogitare, pensare intensamente a qualcosa, quindi con uno slittamento semantico stare
in pensiero per qualcuno, avere apprensione. Abbiamo una tripla lenizione delle
occlusive)
Verrà presto?

L’amata rimane su queste falese e si preoccupa del suo amore, se tornerà. A livello
metrico/compositivo. Oltre al refrem, Il primo emistichio delle prime due strofe, sono
uguali. Il secondo emistichio invece sono uguali alle ultime due. Il leixa pren si
chiama anche parallelismo. Quando ci si sposta da una strofa alla successiva si lascia
qualcosa, innovo, però prendo qualche altra cosa identica. La strofe che segue toglie
qualcosa dalla strofa precedente e ne porta altri aspetti. Il primo verso delle prime due
strofe si prende il primo emistichio ma si lascia il secondo emistichio. Il primo
emistichio resta inalterato nella seconda strofa, il secondo emistichio viene cancellato
e viene innovato con levado. C’è l’innovazione nella tradizione. La bravura è proprio
questa: riproporre qualcosa che sembra identico ma in realtà non è. Rispetta la
metrica e il parallelismo andando a innovare ma mantenendo una struttura data dalla
strofa precedente. Il primo verso della terza strofa prende il secondo emistichio
prende il secondo della prima strofa. Tra prima e seconda abbiamo la variazione della
metà del verso finale. Nel secondo verso della terza strofe troviamo qualcosa di
totalmente nuovo. Abbiamo un verso completamente identico e uno totalmente
nuovo. Fra terza e quarta c’è un parallelismo come tra prima e seconda: il primo
verso della quarta è identico nel primo emistichio della terza ma il secondo emistichio
varia. Il secondo verso viene innovato nel secondo emistichio.
Abbiamo non una composizione narrativa, non ci viene raccontato qualcosa. I
sentimenti mostrati sono sempre gli stessi ma con strutture lessico semantico diverse.
La particolarità risiede proprio nella tecnica compositiva.
TESTO 9
È un testo anonimo importante perché ci testimonia la diffusione di un sottogenere,
l’alba. L’alba è un sottogenere che prevede sempre il rapporto tra due interlocutori
che sono due amanti, però qui quello che caratterizza il sottogenere dell’alba è la
cornice. Quando parliamo di cornice parliamo di ambientazione. L’ambientazione, la
circostanza in cui si svolge la situazione che la lirica ci propone. Abbiamo due
personaggi che si incontrano di nascosto, di notte per consumare il loro amore.
Passano la notte insieme in un luogo e quando arriva la luce del giorno devono
separarsi per non essere scoperti. C’è l’amore adultero per non farsi scoprire dal
marito di lei o da persone che potrebbero denunciare il loro rapporto, i lauzengers.
Abbiamo una separazione vissuta con tristezza dai due amanti. Tra il drut e midonz ci
può essere un intermediario: colui, colei o l’oggetto che annuncia l’alba. Questa
funzione di sveglia viene svolta a volte da una sentinella amica dei due amanti e li
copre (una cosiddetta gaita), in altri casi avremo il sole che fa da sveglia. Il sole
avverte che la notte è finita. Un altro elemento può essere un animale, come
un’allodola o un usignolo che col canto segnalano l’alba. L’alba è un genere che non
si trova solo nel francese antico come in questo caso, ma se ne hanno anche in
provenzale (in maniera minoritaria), anche nella lirica italiana delle origini possiamo
cogliere degli elementi tematici che si rifanno al sottogenere alba. Nell’ambito della
produzione lirica oitanica, trovierica ci sono più testi (francese antico) Come questo.
Abbiamo due strofe, anche in questo caso è prevista la presenza di un refrem. Anche
in questo caso siamo in presenza di un sottogenere fatto per il canto e l’esecuzione
musicale.
‘’Il mant finale rima con –ent. Questo discorso ci conferma quale fosse il livello
fonetico dell’epoca su fenomeni come la nasalizzazione. C’è un’oscillazione grafica
ma si capisce che le vocali nasali possono essere già indistinte tra e ed a’’
‘’Sant’’ nell’ultima strofa sta per cent.
Il francese antico ha più oscillazioni grafiche delle altre lingue romanze, ci sono
effetti di sostrato e superstrato che la rendono difficile. A livello di grafia possiamo
trovare sant per cent, derivati da CENTUM. Ci sono oscillazioni grafiche molto forti
per la stessa parola.
Abbiamo una seconda parte della strofe che si ripropone identica, un refrem, un
modulo fisso che caratterizza in maniera popolareggiante il componimento. Il
ritornello è costituito dagli ultimi quattro versi, fissi.
Tra me e il mio amore
In un bosco che è presso Betune,
siamo andati gioiosi martedì
tutta la notte al chiaro di luna (Abbiamo nuit<NOCTEM e qui abbiamo il discorso
del trattamento del nesso consonantico velare e dentale. Uno dei tratti principali che
differenza le due lingue dell’area gallo-romanza. Il francese vocalizza rispetto al
provenzale che palatalizza con noch).
Fin tanto che fece giorno
E che l’allodola (l’aloue) ha cantato.
L’allodola che dice <<Amanti, andate>>
E così rispondono dolcemente:
<<Non è mica giorno,
noi ricchi di piacere dal cuore di bell’aspetto (gent è gentile, nobile, grazioso, bello a
seconda del sostantivo)
Così mi aiuti amore,
l’allodoletta ci mente>> Questa strofa ci introduce nella situazione, in cui il martedì
sono andati in questo locus amoenus, riparato di notte e si introduce anche il discorso
della luna. La luna è in maniera ante-litteram un elemento romantico. L’allodola li
avvisa col canto ma i due non si vogliono separare e non credono all’allodola.
E dunque si è tratto vicino a me
E io non ne ero affatto scontenta (è lei che sta parlando)
Ben tre volte mi ha baciato lui,
e così io gli ho fatto più uno (Lui mi ha dato tre baci e io gliene ho dati tre più uno)
Poiché affatto non mi dispiaceva
E dunque avremmo voluto noi là
Che quella notte durasse cento.
E che non si andasse più dicendo
<<Non è mica giorno,
noi ricchi di piacere dal cuore di bell’aspetto
così mi aiuti amore,
l’allodoletta ci mente>>
il tono è romantico e questo tipo di componimenti possono essere assimilati ad altri
brani come in questo caso Romeo e Giulietta (Brano a fianco). Romeo e Giulietta
rappresentano la dinamica della fin’amor: una difficoltà nell’amore data da ragioni
familiari. Due amanti che non riescono a vivere a pieno il loro amore, si frequentano
in maniera segreta. (Ritorna l’alba nella prima frase, c’è la separazione dei due
amanti e il fatto che l’alba che sta arrivando è annunciata dall’allodola. L’usignolo
canta anche di notte mentre l’allodola canta solo di giorno e lei sperando sia un
usignolo vuole che continuino a stare insieme. Romeo invece puntualizza che è
l’allodola. Spesso chi decide di procrastinare l’incontro amoroso può rischiare la
morte. Nel caso di romeo e giulietta per i parenti, nel caso della poesia può
sopraggiungere qualcuno o il marito. Giulietta alla fine afferma che sia l’allodola, il
verso dell’allodola per i due amanti è un verso tremendo, bruttissimo. C’è il momento
della divisione, della separazione degli amanti. Shakespeare attinge a livello tematico
e contenutistico al testo).
Abbiamo un altro sottogenere: il sottogenere della pastorella. È un testo provenzale di
un trovatore della seconda generazione, Marcabru. Di Marcabru non ci sono state
tramandate canzoni cortesi/amorosi, ma solamente sirventesi. Il genere più
moralistico. È una tematica relativa all’amore ma mentre la cansò esprime i
sentimenti d’amore, il sirventes può parlare di amore ma criticandolo e giudicando le
dinamiche d’amore. Si parla di com’è l’amore, come non deve essere, cosa
caratterizza l’amore. Il genere della pastorella si chiama così perché facciamo
riferimento a una cornice specifica, una cornice bucolico. Facciamo riferimento a
un’ambientazione non più cortese ma extra-cortese e ha a che fare con un luogo come
un pascolo, un bosco, una montagna e i due interlocutori saranno: un cavaliere
(l’elemento maschile in genere è cortese, che però si trova al di fuori della corte e in
un ambiente bucolico si imbatte in un elemento femminile extra cortese, come una
pastorella). L’elemento pastorella è quindi l’elemento nuovo che da il nome a questi
componimenti. La pastorella è presente in quasi tutte le letterature romanze, specie
nell’area oitanica e italiana (Cavalcanti ad esempio). Abbiamo anche in area iberica,
una lirica castigliana successiva. Quali sono le dinamiche che legano i due
interlocutori? Abbiamo sempre un corteggiamento amoroso ma rovesciato e assume
delle caratteristiche parodiche. È una sorta di parodia del corteggiamento della
fin’amor. Alla fine di questo corteggiamento c’è quasi sempre una violenza che il
cavaliere tenta di fare sulla pastorella. Il gauch si arriva a volte ad estorcerlo con la
forza. È una sorta di parodia non tanto comica ma moralizzante sulle deviazioni della
fin’amor. Abbiamo la fals’amor, chi usa le tecniche di seduzione della fin’amor in
maniera impropria per degli altri fini.
QUESTA POESIA è IN PROVENZALE.
Siamo in presenza di un trobar leu, uno stile semplice e facile da tradurre perché
quello che conta è la trama e non i risvolti retorici. Abbiamo una sintassi semplice.
Tempo fa presso un pascolo (Una sorta di pascolo, una radura dove c’è un prato)
Ho incontrato un umile pastorella
Ma ricca di joi e di intelletto
Per quanto figlia di villana (Villana significa extra cortese, colei che abita fuori dalla
corte)
Aveva una cappa e una gonna di pelliccia (abbiamo la descritio puellae in questi
versi)
Una veste e una camicia grezza (Treslissa viene da TRILICEAM cioè formata da tre
fili per volta, intessuta in maniera grezza. Abbiamo un lessico con elementi villani,
extracortesi)
Degli zoccoli e calze di lana.

Verso di lei venni per la pianura:


‘’Ragazza’’ feci io ‘’cosa bellissima,
ho dolore poiché il freddo vi punge’’ (da FIXA latina. C’è un approccio misto. Il
cavaliere cerca di capire come poterla sedurre e cerca di approcciarsi in maniera
cortese, le da del voi che si concedeva a Midonz, usa questa bella parafrasi perché si
preoccupa che lei possa aver freddo. Tuttavia la chiama Tosa. Tozo(maschile) che
vuol dire ragazzino, ragazzina vengono da TONSUM. Abbiamo un’assimilazione che
già si ha in epoca imperiale e pre-imperiale (Consul scritto Cosul). Questo tonsum.
Un tempo, soprattutto i ragazzini avevano i pidocchi e per evitare i pidocchi si
tonsurava, si tagliavano i capelli sia a maschi che a femmine. Per cui toso o tosa poi
si è usato per ragazzini). L’approccio di questo cavaliere è misto: la chiama tosa
nonostante usi paroli cortesi. Tosa non si può dire a Midonz. Questa duplicità di
livelli ci introduce già nella parodia.
‘’Signore’’ così mi disse la villana
‘’grazie a dio e grazie a mia madre
Poco mi importa se il vento mi scompigli
Poiché sono allegra e sono sana’’ (Notiamo che chiama il cavaliere signore. Lei sa
bene chi sia il suo interlocutore e come approcciarsi con lui. La seconda sta un po’
più in guardia perché capisce subito cosa vuole il cavaliere)

C’è un ribaltamento parodico della cortesia. L’atteggiamento di questo cavaliere che


cerca di approcciare la pastorella è un atteggiamento sconveniente, anti-cortese che
però all’inizio tenta di fare un approccio cortese: la laude, la preghiera ed elementi
retorici tipici della cortesia.

Bella ( invece di tosa. Vede che lei è scaltra e passa dal tosa al bella) feci io, cosa pia
Distolto mi sono dalla strada
Per fare a voi compagnia.
Poiché una tale ragazzetta villana
Non deve senza una uguale compagnia
Portare al pascolo tante bestie
In una tale terra soldana (solitaria). Sta proponendo la sua compagnia. C’è un
cedimento del registro, inizia con bella e a mezza strada la chiama tosa villana, ogni
tanto si sbaglia. La sua interlocutrice nell’ottica del cavaliere è villana, ma solo per
concupirla ogni tanto la innalza e la nobilita. Questo giocare sui due registri (rendere
l’altra persona elevata da un suo livello che non è elevato) sarà il gioco che Marcabru
èporterà avanti in questo finto dialogo.
Signore, fece lei, chiunque io sia
Ben conosco il senno (la ragione) e la follia
Il vostro mettersi alla pari, signore
Ciò mi disse la villana
Là dove sta si tenga.
Poiché il tale che pensa averla in possesso
In realtà non ne ha se non l’ufana (ufana è un termine che viene dal gotico, significa
‘’la parte esteriore di qualcosa’’ la buccia, il rivestimento interiore)
È una sorta di proverbio, chi pensa di averlo tutto non ne ha che la parte esteriore. È
una chiusa un po’ proverbiale, un proverbio che non ha continuazione oggi. Il
concetto di questa strofa è che lei conosce il senno e la follia (sa ragionare) e non ha
bisogno del fare amichevole del cavaliere (mettersi alla pari con lei), anzi ognuno
resti dove compete che stia.
Bella, di gentil affaire (di gentili modi) Una gentilezza sinonimo anche di nobiltà. Il
cavaliere sta cercando di ‘parillar’’. Sta cercando di livellare i due status sociali, sta
cercando sostanzialmente di innalzare il livello della villana, perché secondo le
dinamiche della cortesia un cavaliere non può corteggiare una villana ma deve
corteggiare una dama, una donna che abbia un rango sociale alto. Per riuscire a
legittimare il suo corteggiamento deve parigliare, portare in alto il livello della
pastorella.
Un cavaliere fu vostro padre
Che vi generò nella madre
Poiché fu una cortese villana.
Ha un modo impacciato di livellare. Sta cercando di dire che è una pastorella, ma
anche nobile. Può essere che ha il padre cavaliere che si è accoppiato con una villana
e quindi tutto sommato ha una stirpe sia cortese che villana.
Come più vi guardo (gardar è un germanismo. Quando troviamo dei termini che
inizino per ‘’ga’’ si tratta in genere di germanismi che si è andata a stratificare in un
momento successivo alla latinizzazione, come superstrato. I franchi erano dei popoli
di cultura e lingua germanica)
mi è piacevole e per la vostra gioia mi rischiaro.
Se almeno mi foste un po’ umana. (Se almeno foste disponibile)

Signore, Don sta per dominus, quindi lei rimarca la differenza sociale. Tutta la mia
linea di successione e il mio lignaggio
Vedo rivolgersi e risalire indietro
Al versorio (l’aratro) e l’aratro (tutto il mio lignaggio fa capo ai campi)
Così mi disse la villana.
Ma il tale che si fa cavaliere (che si crede essere cavaliere)
Altrettanto dovrebbe farlo i sei giorni della settimana.
Chi un giorno si spaccia per cavaliere, dovrebbe essere con i fatti cavaliere anche
negli altri giorni della settimana. Bisogna essere sempre cavalieri e non fingere di
esserlo come il protagonista.
Cavalier o cavalgaire hanno a che fare con Caballus. Nel latino classico era equus. Da
equus si arriva a caballum e da caballum viene cavallo, caballarium. (Si mette un
suffisso –arium, colui che usa il cavallo). Abbiamo lo scempiamento della laterale,
una delle due L cade e la lenizione dell’intervocalica nella bilabiale B che lenisce.
Una differenza tra francese antico e occitano è che qua abbiamo cavalier con velare
iniziale intatta mentre in francese abbiamo la palatalizzazione (chevalier).
Da una parte abbiamo il cavaliere che inizia con uno stile aulico e cortese. Quando si
rende conto che le avance vengono frenate dalla pastorella, questo stile di
comportamento inizia a mutare da parte del cavaliere.
Bella, feci io, gentile fata
A voi fu dato in sorte, fu predestinato (ad astret è il verbo adastrer. Ha un prefisso
ad+astrum, qualcosa che ha a che fare con le costellazioni. Il riferimento agli astri
significa che nascere sotto un determinata costellazione significava qualcosa)
A voi è stato dato in sorte quando foste nata
Una bellezza esmerada (ex-mirare, ammirata, ammirevole)sopra ogni altra villana
(da una parte cerca di lodarla ma continua a chiamarla villan)
E sarebbe per voi davvero raddoppiata (la bellezza)
Se mi vedeste una volta superiore e voi sottoposta.
(Si sta svelando l’intento sessuale del cavaliere)
La pastorella, ora che il piano è svelato risponde:
Signore tanto mi avete lodata
Che tutta ne sono infastidita. (fa del sarcarmo. L’ha talmente lodata che ora è
infastidita) e poiché in pregio mi avete sollevata
Così mi disse la villana,
per questo ne avrete una ricompensa al partire (quando ve ne andrete)
Midonz, dopo che c’è stato il corteggiamento concede merce o guizardo, ricompensa.
Qui si gioca sui termini della fin’amor. Saudada ha a che fare con il SOLIDUS che è
di ricompensa.
Aspetta folle, aspetta (aspetta e spera) e l’attesa inutile (musar vuol dire stare attenta,
stare con il muso all’aria). La ricompensa sarà un’attesa vana.

Bella, cuore riottoso (indomito) e selvaggio


Si addomestica (om sta per homo in latino e si usa come on in francese) attraverso la
consuetudine.
E ben conosco a tres passage (immediatamente) che con una tale ragazzetta villana
Si può fare ricca compagnia (Ric nel senso di bella, piacevole)
Con amore, cuore, se l’uno l’altro non inganna.
Il cavaliere sta proponendo di far cedere, di addomesticare il cuore riottoso di questa
pastorella per farne un ric compagnage, il tempo stringe, vuole che si uniscano.

Signore, l’uomo che è preso da follia


Giura e promette gadge (ovvero ricompensa)
E così mi farete omenage (ricompensa dell’ambito feudale. Essere fedeli e ricevere er
questo un bene o un beneficio)signore
Così mi disse la villana.
Ma io per poco di guadagno
Non voglio il nome di vergine
Cambiare per nome di puttana.
C’è una risposta sagace della pastorella. L’allusione che ha fatto prima ‘’ric
compagnage’’ ric si traduce come bello, piacevole ma anche come valore pecuniario.
La pastorella capisce e risponde per le rime e sullo stesso tono. Dice che chi è preso
da follia promette ricompensa ma lei per un po’ di denaro non vuole cambiare la sua
virtù per la prostituzione

Bella, ogni creatura ritorna


Alla sua natura
E allora dobbiamo accoppiare
Questa accoppiatura (per tradurre meglio questo gioco di parole: il discorso si fa più
ambiguo perché con pareillar si fa il discorso di accoppiare gli status sociali, però c’è
di nuovo una lettura sessuale, devono accoppiarsi)
Lì dietro in quel riparo vicino il pascolo (quindi pareillar parelladura è un’operazione
esplicita di accoppiamento)
Poiché così ne starete più sicuro per fare la cosa dolce (esplicito)
Marcabru condannava la fals’amor. Scriveva dei sirventes di tipo morale per
rimproverare a livello teorico le deroghe dalla fin’amor. Lo spirito di Marcabru è
tolta dalla forma del sirventes e viene messo e teatralizzato attraverso questa coppia.
A parlare con la voce di Marcabru è proprio la pastorella. La risposta della pastorella
la potremmo trovare nei sirventesi di Marcabru)
Certamente sì, ma secondo diritto
Cerca il folle la sua follia
Il cortese cerca un’avventura cortese
E il villano cerca una villana.
In questo punto fa il ragionamento frattura
Laddove l’uomo non rispetta (gardar, rispettare) la misura.
Il termine chiave è mezura, misura. Il folle segue la follia, il cortese la cortesia, il
villano la villania. Non ci possono essere incroci tra questi enti. Non può essere che il
cortese sia con la villana. La misura è la chiave di tutto, la misura era la chiave della
società. La misura deve regolare quei rapporti cortesi della fin’amor che iniziano già
a deviare e devono essere ricalibrati, riportati a misura)
Così dice la gente anziana (chi ha più esperienza, saggezza).
Le parole della pastorella denotano un ragionamento anche superiore a quello del
cavaliere.

Poi abbiamo due tornadas: sono doppie perché si continua il botta e risposta.
Il cavaliere, ormai smascherato e sistemato conclude.
Ragazzetta, della vostra figura non vidi altra più irrispettosa (tafura ha un etimo
sconosciuto)
Né di suo cuore più cattiva.

Lei conclude con un modo di dire anche in questo caso.


Signore, la civetta vi augura
Che tale bada (guarda) nella pittura
E in un altro invece ne aspetta la ricompensa. C’è chi guarda nell’aspetto esteriore e
c’è qualun altro che riesce ad ottenere il giovamento. C’è chi è cortese solo
esteriormente e chi merita di ottenere la ricompensa.

Le dinamiche e la riflessioni sulle cortesia sono variegate. Marcabru è deciso a


mettere in riga chi si professa cortese ma non lo è e c’è anche un atteggiamento
parodico, che si ritroverà anche rispetto ad altri contesti. Vedremo come ci sarà anche
una parodia dell’epica. Questo atteggiamento è interessante perché attraverso la
parodia capiamo qual era l’immaginario delle persone dell’epoca. Un elemento
parodico abbastanza affine a quello che abbiamo detto è quello di cielo d’alcamo.

Brano di cielo d’alcamo


Siamo sempre nell’ambito della lirica cortese erotico amoroso ma dalla provenza
della seconda metà del 1100 siamo alla corte di Federico II, scuola poetica siciliana.
Siamo intorno al 1250 circa e siamo in un’area che è quella dove si è sviluppata la
scuola poetica, la sicilia. Tuttavia cielo d’alcamo ha tratti linguistici che vanno dalla
calabria del nord o forse della campania.
Cielo d’alcamo è uno dei poeti della scuola siciliana meno convenzionali. Giacomo
da lentini traduce poesie occitane, viene messo in posti di rilievo. Di Cielo D’alcamo
non si ha nessuna notizia. Anche il nome: alcuni Cielo, altri Ciullo, dipende dai
manoscritti. Quello che possiamo dire è che fa riferimento al periodo Federiciano che
si ricava anche da argomenti del testi. Anche in questo testo abbiamo una parodia, a
livello metrico c’è una differenza con le liriche cortesi. Le liriche cortesi si articolano
su delle forme metriche ben precise, qui abbiamo una forma metrica popolareggiante
che assume anche una denominazione specifica: il contrasto. Il contrasto è un genere
metrico che pone in contrasto due personaggi o due elementi attraverso una disputa.
Anche a livello metrico-retorico siamo vicini a Marcabru dove in ogni strofe c’era
una parte di discorso in contrasto con quella successiva. Anche in questo testo di
cielo d’alcamo ci sono due personaggi in contrasto:
Un uomo e una donna. Il cliché è lo stesso: l’uomo cerca di corteggiare in maniera
simil-cortese la dama ma la dama pone delle distanze e cerca di sminuire il suo
corteggiatore. Mentre in Marcabru c’è un cavaliere e una villana, qua è rovesciata la
situazione: il corteggiatore è un vagabondo miserabile (forse un giullare) e la donna
corteggiata è una persona di rango superiore rispetto a chi la sta corteggiando.
Lo schema metrico è semplice, quasi una cantilena, una filastrocca non c’è un
andamento complicato. È semplice perché deve riproporre nella scrittura ciò che è il
dialogo tra due interlocutori extra- cortesi, di rango basso.
Inizia a parlare l’uomo che prende l’iniziativa attraverso la lode. Manca la cornice,
iniziano subito le parole dell’uomo.
Rosa fresca aulentissima (profumatissima) che appari verso l’estate (qualcosa non
torna, di solito sbocciano in primavera. O c’è un problema del testo, dei manoscritti,
della tradizione, oppure dobbiamo interpretare diversamente questo passaggio.
Quando si dice estate nel medioevo esistono due stagioni: la bella e la brutta, non
esistono le mezze stagioni. Nell’uso popolare c’erano solo la brutta e la bella
stagione. Dire verso l’estate può essere interpretato come verso la bella stagione).
Le donne ti desiderano, pulzelle o maritate
Tirami fuori da questo fuoco (desiderio d’amore) se ti è a volontà.
Usa degli imperativi. Si rivolge alla dama con degli imperativi, che non sono cortesi e
sta iniziando a dare il tu.
A causa tua non ho riposo notte e giorno (Usa Dia per dire giorno)
Pensando sempre di voi madonna mia. In questo ultimo verso notiamo che cerca di
dare un tocco di cortesia alla richiesta. Non riesce a decidersi se usare un livello alto
o basso. Parte con un livello aulico (Aulenta è un latinismo) poi si passa al basso
‘’tragimi d’este focora’’ è dialettale e usa l’imperativo. ‘’Bolontate’’ è un betacismo,
che è un meridionalismo che va contro la koiné letteraria della scuola siciliana. Dopo
cerca di riguadagnare terreno passando al voi e dandole della madonna.

Questa ‘’madonna mia’’ che ci faceva predire una donna d’alto livello, si contraddice
con la risposta bassa della donna.
Si è pensato che Cielo d’alcamo fosse tipo Marcabru, non amministratori o
funzionari, forse cielo d’alcamo era un giullare come Marcabru di umili origini.
Se sei preoccupato per me (travagliare essere in travaglio) follia te lo fa fare.
C’è una serie di adiunaton (azioni impossibili)
Potresti arare il mare prima di seminarlo
E potresti mettere insieme tutto quante le ricchezze di questo secolo,
avere me non potrai in questo mondo.
Potrebbe fare tutte queste cose ma non avrebbe lei.
Piuttosto i capelli m’aritonno (assimilazione delle due nasali per aritondo. ‘’viene da
tonso’’, quindi piuttosto mi taglio i capelli. Se si tagliava i capelli un’adulta vuol dire
che andava in convento. Potresti addirittura arare il mare o avere tutte le ricchezze ma
anche se fosse lei preferirebbe farsi monaca)

Se tu ti tagli i capelli fossi io morto


Perché così mi perderei il sollazzo.
Quando passo dove sei tu e ti vedo, rosa fresca dell’orto
Un buon conforto mi doni tutore (gallicismo, à toute l’heures, sempre)
Facciamo che si congiunga il nostro amore (congiungiamoci)

Alcuni tratti continentali nella strofa successiva, nell’area del campano.


Che il nostro amore si congiunga non voglio assolutamente
se ci trova che ci congiungiamo Paremo (tratto campano, mio padre)
con gli altri miei parenti, stai attento che non ti colgano questi forti corenti (Perché
loro corrono veloce)
Come sei venuto qui con le tue gambe, sano
Ti consiglio che ti conservi in questo modo anche al ritorno.

La strofa successiva ci da un aiuto a livello geografico e storico:


Se i tuoi parenti mi trovano, e cosa mi possono fare?
Io ci metto una cauzione di duemila augustali.
Non mi toccherà tuo padre per quante ricchezze ci sono a Bari.
Viva l’imperatore, grazie a dio.
Capisci, bella, quello che io dico?
È una strofa strana e anche un po’ criptica, infatti alla fine chiede se lei ha capito,
quindi pure il lettore. Quando dice ‘’ci metto una difesa di duemila augustali. C’è una
tassa che si pagava per la difesa personale. Si metteva una cauzione, una sorta di
multa di duemila augustali. Gli augstali erano usate intorno al 1230 (periodo della
scuola poetica siciliana). Poi c’è ‘’evviva l’imperator grazie a dio’’ che era previsto
in questa cauzione. Quando si chiedeva la difesa si doveva invocare la protezione
dell’imperatore e si doveva versare una caparra. Sta millantando la sua richiesta, lui
non lo possono toccare perché lui invoca la formula all’imperatore e ci paga una
cauzione di duemila augustali mentre il padre se lo toccasse non riuscirebbe a pagare
questa cauzione.
Tu non mi lasci vivere né la sera né il mattino.
Io sono una donna di perperi (il perpero è una moneta bizantina) di oro berbero,
se tanto avere mi donassi quanto ha il saladino
e in aggiunta anche quanto ha il sultano
non mi potresti toccare nemmeno la mano.
Dice che è una donna abituata ai soldi e all’oro.

Molte sono le femmine che hanno la testa dura


E l’uomo con le parole le domina e le addomestica
Tanto intorno la procaccia
Finché non ce l’ha in suo potere.
Femmina da uomo non si può salvare
Stai in guardia, bella, di non pentirtene.

E io dovrei pentirmene? Piuttosto fossi io uccisa


Affinché nessuna buona femmina
Fosse a causa mia ripresa. (Non vuole che la sua facilità ricada su tutto il genere
femminile)
L’altra sera sei passato correndo alla distesa
Ora riposati, canzonieri, le tue parole a me non piacciono a ffatto
(((())))‘’Canzoniere’’ sta per giullare. Nel medioevo il canzoniere è quello che esegue
canzoni. Non solo canzoni cortesi ma anche popolari, vere e proprie. Questo
appellativo ‘’canzonieri’’ può essere riferito allo stesso cielo d’alcamo.

Quanti sono i dolori che mi hai messo al cuore


E solo pensandoci il giorno quando io esco.
Femmina di questo secolo
Tanto non amai ancora quanto amo te
Rosa desiderata.
Ben credo che mi fosti destinata.

Se io ti fossi stata destinata


Allora davvero cadrei dall’alto (fa riferimento all’alto e basso sociale. Dalla mia
altezza sociale io cadrei in basso perché tu sei un semplice canzoneri)
E molto male sarebbero riposte in te le mie bellezze
Se tutto questo dovesse capitarmi
Mi taglierei le trecce
E con suora mi rendo a una maggione (Maison, un gallicismo. Una casa monastica)
Prima che mi tocchi il corpo.

Se tu ti fai suora, allora io vengo al monastero e mi faccio frate.


Con una prova di questo tipo, lo farei volentieri.
Nello stesso monastero (starebbero insieme)
È necessario che io ti tenga nella mia potestà.
‘’Cchiù’’ è dell’area tra nord della calabria e campania.

Gesù cristo, altissimo del tutto mi è adirato,


mi ha concepito per mettermi in mano di un blasfemo.
Cerca tutta la terra che è grande ormai,
è ima dama più bella ne trovai.
Vai a cercare nella terra, una donna meglio di me troverai.

Cercato ho in Calabria, Toscana e Lombardia,


puglia etc., Soria è la siria (medi oriente), magna (Germania), Barberia (la zona
Berbera, nordafrica)
Donna non ci trovai tanto cortese.
Per cui ti ho scelta come mia sovrana. (midonz)
C’è la cortesia vera che contrasta con la cortesia falsa. È un componimento che
almeno dai riscontri che abbiamo avuto è contemporaneo e circola allo stesso tempo
di Giacomo Da Lentini.
C’è LESSICO relativo alla numismatica ad esempio. Nella lirica d’amore si fa
riferimento a un lessico specifico, tecnico. Invece qua abbiamo gli auustali, l’oro
massa mutino (questo aggettivo rimanda a qualcosa di musulmano) idem i perperi,
una moneta non federiciana ma di area bizantina. Il perpero è interessante perché
viene dal greco Uperpiros (una moneta ‘’al di sopra del fuoco’’ quindi molto lucente)
Questo lessico specialistico lo troviamo solo qui e ci serve per finalità espressive,
C’è un tira e molla fra i due, un buffo tira e molla in cui il canzoneri tenta di
corteggiare la popolana che rifiuta, il canzoneri si stanca di corteggiarla e nel
momento in cui lui decide di lasciare stare lei si pente e si fa più disponibile. La
disponibilità di questa popolana è subordinata al fatto che il giullare la sposi, vuole
essere sposata. Poi c’è una sferzata anticlericale perché giura sui vangeli. La
pastorella di Marcabru, piena di mezura e ragionevolezza mette da parte il cavaliere,
in questo caso alla fine i due finiranno insieme perché la popolana dirà che anche se
non lo giuri sui vangeli, basta che va dal padre e sistema la situazione. Quindi implica
il matrimonio che è all’opposto del legame della fin’amor che è adultero. C’è un
ribaltamento parodico complessivo che arriva fino allo stravolgimento della fase
finale.
La parodia è facile perché va incontro ai gusti del pubblico, quello alto (che ama
anche ridere di se stesso) ma anche un pubblico più basso, di quella nuova classe
sociale del popolo, dei borghesi (Persone che non sono né a corte né sono villane, che
daranno luogo a una classe che si occuperà di commercio e mercati che contribuirà
alla nascita dei comuni). Con Federico II siamo in un contesto imperiale ma si
iniziano a sviluppare i comuni, passando dal feudalesimo verso un altro contesto che
è quello comunale, cittadino, borghese. La parodia inizia ad andare incontro a un
largo pubblico. La parodia in genere si mette in moto laddove va a prendere in giro
qualcosa di ben consolidato. C’è spesso un rovesciamento o un abbassamento di tono.
La parodia va a colpire qualcosa di consolidato, che nell’immaginario, nella cultura è
qualcosa di ben saldo, conosciuto e autorevole. Si prende un personaggio o un
argomento e si scardina per sovvertirlo e rovesciarlo, cambiarne il senso. La fin’amor
prevedeva una seria di passi (Laude, il pretz, la mercé) in questi casi, specie nel caso
di Cielo d’Alcamo tutto cambia valore. Il pretz, che era una qualità della donna in
Cielo d’Alcamo diventa ‘’prezzo’’ cioè un amore prezzolato, del sesso a pagamento.
Questo rovesciamento ci fa capire che all’altezza di Cielo d’Alcamo il meccanismo
della fin’amor era ben radicato sia a corte che in un ambiente extra-cortese e questa
circolazione quindi era precedente.

14 Maggio Filol 4 (17-19)


15 Maggio Iana (9-11) SEMINARIO SULLO SPAZIO
16 Maggio Filol4 (9-11)

L’EPICA
Quando si parla dell’epica medievale, si pensa subito a due testi: La Chanson de
Roland e il cantar del mio Cid. Questi sono i due testi fondamentali che hanno anche
delle caratteristiche speculari a livello compositivo ad esempio. L’epica non si riduce
solo a questi due testi. Soprattutto nell’area gallo-romanza esistono diversi cicli
epici.
C’è chi vede tre cicli epici: il ciclo carolingio (dove il personaggio che sempre
compare è Carlo Magno) etc.
C’è chi vede dei gruppi di testi che ruotano attorno all’aristocrazia di Norbona, dove
il capostipite si chiama Alberic, ed ecco il ciclo degli alboresi.
Aldilà di queste clasifficazioni (CHE DEVI STUDIARE) è che l’epica conosce una
grande diffusione con un forte impatto. Questo forte impatto avviene su un pubblico
vasto ed eterogeneo, non solo un pubblico nobile, alto ma anche un pubblico popolare
che fruisce dell’epica. L’epica ha un’origine orale, viene declamata o a corte o anche
su una piazza, in un mercato, sul sagrato di una chiesa. Ci sono diversi luoghi di
fruizione dell’epica, tutti luoghi extracortesi dove a fruire dell’epica sono viandanti o
cittadini borghesi o pellegrini di passaggi.
Cos’è l’epica?
È una narrazione (al contrario della lirica che spesso è una descrizione). Quindi
mentre la lirica è descrittiva, l’epica è narrativa. L’epica racconta qualcosa. Quando
parliamo di gesta sono delle imprese che si sono svolte, le gesta riguardano non un
tempo presente mentre le gesta ricordano il passato. La lirica ha una prospettiva
presente mentre l’epica è rivolta al passato. L’epica è una narrazione di eventi, fatti
del passato. A livello strutturale, la lirica è breve mentre l’epica è lunga. Per la lirica
c’è un pubblico cortese, per l’epica abbiamo un pubblico vario.. Quali sono i
personaggi che agiscono? Nella lirica sono personaggi sconosciuti, volutamente
sconosciuti e spesso fittizi. Nell’epica ci sono personaggi noti e nella maggior parte
dei casi almeno i principali sono anche reali. Nell’epica c’è un disegno politico, gli
argomenti saranno politici e militari mentre nella lirica tutto verte sull’argomento
erotico amoroso. C’è un intento di trasmissione del sapere, o didattico. Per la lirica
come ci si deve comportare in amore, per l’epica la legittimazione di un popolo
attraverso le imprese dei personaggi.

Il popolo dei franchi inizia ad avere una supremazia, fondarono un regno. In questo
regno c’è un’altra componente, quella meridionale con l’impianto letterario
trobadorico, più romanizzato. La francia, i franchi hanno necessità di rafforzarsi a
livello culturale e sociale e così scrivono delle proprie origini. Si deve andare ad
identificare in un passato che non sia troppo remoto, ma si identificano in un passato
vicino, dei fatti e dei personaggi emblematici per il popolo dei franchi, così che i
franchi del XI e XII secolo si possano identificare. L’eroe per eccellenza che è
riuscito a ripristinare l’impero romano è Carlo Magno. Con Carlo Magno si identifica
la dinastia carolingia. Si fonda quindi attraverso questo testo quella che è appunto
chiamata l’epica carolingia che vede in primis Carlo Magno, poi Ludovico il Pio e
accenni anche ai precedenti. Carlo Magno è l’elemento fondamentale per l’epica
francese ma non l’elemento unico. Esistono altri elementi, altri personaggi. Non sarà
più la narrazione di fatti storici esistiti ma sarà più una narrazione metaforica.
Si chiama Chanson de Roland perché in effetti è una canzone. Quando parliamo di
canzone, di chanson de geste parliamo di un testo strutturalmente ben connotato con
delle caratteristiche precise. Le caratteristiche della chanson de geste sono: un testo
lungo diviso in partizioni strofiche (non unitarie come i romanzi). Queste partizioni
strofiche si chiamano lasse. Un testo che viene oralmente esposto, cantato, declamato.
Le lasse sono delle strutture strofiche variabili. Abbiamo una variabilità del numero
di versi nelle lasse, e ciò è una costante. Il verso tipico dell’epica è il decasillabo
(decasyllabe francese). Che può avere 11 sillabi, perché il conto alla francese si fa per
dove cade l’ultimo accento. L’undicesima sillaba del primo verso è atona quindi
contano 10 (vedi testo). L’epica userà quasi esclusivamente il decasyllabe.

1. Chanson de Roland
A livello metrico abbiamo l’endecasillabo. Abbiamo a che fare con un sistema che
non è rimico come nella lirico ma abbiamo un sistema basato sull’assonanza. La rima
è l’identità di suono dall’ultima sede accentata fino alla fine del verso. L’assonanza
invece è l’identità dall’ultima vocale tonica alla fine del verso ci deve essere l’identità
almeno del suono vocalico. A partire dall’ultima vocale accentata fino alla fine del
verso per esserci un’assonanza ci deve essere l’identità del suono vocalico o dei suoni
vocalici.
Nella seconda lassa abbiamo una u tonica e una e atona e saranno rispettati questi due
suono vocalici per tutta la lassa. All’interno possiamo trovare diverse consonanti,
l’importante è che ci siano la u e la e. In genere il decasillabo ha una frattura alla sua
metà, la cesura ovvero un taglio in mezzo all’endecasillabo. C’è in genere dopo le
prime quattro sillabe, dopodiché ce ne sono altre sei. Inoltre c’è un discorso di
trasmissione memoriale. Questi testi erano imparati a memoria da professionisti ,
quindi il problema di memorizzare una narrazione lunga o degli episodi, comporta
delle strategie nell’allestimento del testo. Se un testo è assonanzato è più facile
imparare a memoria perché consente delle deroghe rispetto alla rima esatta.
Di questi testi non abbiamo l’originale ma trascrizioni lungo diversi anni. Solo tra 8 e
900 si è fatta l’edizione critica dei testi basati su antichi manoscritti. L’originale è
perduto, abbiamo una fase di trasmissione orale e poi una fase di trasmissione scritta
che interessa il XIII secolo.
Per la Chanson de Roland abbiamo un solo manoscritto , O. Conservato ad Oxford.
Questo è l’unico superstite della trasmissione della Chanson de Roland.
L’autore è sconosciuto, anonimo. Non abbiamo notizie sull’autore o su dove l’avesse
scritta. Non abbiamo un luogo o l’anno. Tutti gli indizi che ricaviamo dalla chanson
de roland ci danno comunque un quadro possibile di come e dove si sia sviluppata.
La chanson de Roland è un testo che fissa la leggenda di Orlando. Abbiamo una serie
di elementi popolari, narrativi che veicolano le imprese di Orlando. Questa leggenda
è una leggenda che ha un fondamento storico di personaggi reali. Il fondamento
storico è relativo al personaggio Orlando ma anche a elementi storici come le
spedizioni franche nei territori musulmani. C’è un avvenimento reale del 15 agosto
del 778, nel 778 in una delle varie spedizioni del giovane Carlo Magno non ancora
imperatore, aveva fatto una spedizione e tornando in Francia la sua retroguardia viene
assalite da un gruppo di predoni sui Pirenei presso Roncisvalle. C’è una strage e
muore gran parte della retroguardia tra cui si narra che ci fosse questo Rotlandus (ci
sono delle cronache storiche dell’epoca che riportano questo episodio e dicono che in
questa battaglia perì Rotlandus). Non si sa bene chi fosse, alcuni vedono in questo
nome qualcosa di Normanno ad esempio. Questo Rotlandus muore . La data di
composizione oscilla, dalla fine del mille, (circa 1090) per arrivare al 1130. Non è
certo. Ci sono riferimenti storici che consentono di dare una datazione
approssimativa. Dal fatto reale si è stratificata una serie di accumulazioni e aggiunte
fantastiche. Anche la contrapposizione tra franchi e pagani è un discorso che non ha
fondatezza, Infatti, le ultime indagini hanno accertato che a uccidere rolando sono
stati dei briganti probabilmente guasconi che facevano scorrerie quindi non i
musulmani. La glorificazione passa attraverso una manipolazione dei fatti.
Nell’opinione pubblica dell’epoca, rolando era stato ucciso dai musulmani. Perché
c’era questa idea intorno al 1090? Perché si stava partendo per le crociate e bisognava
modificare una storia per andare incontro alle esigenze politiche e militari dell’epoca.
La chanson de roland è una rielaborazione della leggenda rolandiana che ha una
diffusione enorme, che arriva anche in Islanda,
I LASSA
Carlo il re, nostro imperatore magno
Sette anni tutti pieni è stato in Spagna
Fino al mare ha conquistato la terra alta.
Non c’è castello che davanti a lui rimanga (da conquistare)
Mura né città sono rimaste da distruggere
Fuorché Saragozza che è su una montagna.
Il re marsilio la tiene, il re marsilio che dio non ama
Che serve maometto e che invoca Apollo:
Non può guardarsi dal mare che gliene verrà (Non può proteggersi)
Nella prima lassa a livello contenutistico ci spiega quale sia la questione, quali siano i
personaggi. È vero che Marsilio serve maometto ma ci sono riferimenti alla paganità.
Si distorce questa prospettiva dicendo che tutto sommato noi abbiamo dalla nostra
dio, mentre dall’altra parte ci sono i pagani e tutti i nemici del cristianesimo. Questo
processo di distorsione è evidente, dire che un musulmano venerava apollo è una
distorsione storica ma c’è un’altra distorsione. Viene presentato Carlo il re, ma
‘’nostro imperatore magno’’ è una distorsione perché siamo nel 778 e lui ancora non
è imperatore. Ci sarà questa discrepanza per cui l’autore narrerà un episodio del 778
ma lui ci vuole proporre già un carlo magno adulto, ci sarà una descrizione di carlo
magno in cui è raffigurato con i capelli e la barba bianca. Il primo nome che salta
fuori in questo testo è Carlo Magno.
Il francese antico aveva delle varietà. C’è una koiné linguistica del francese antico
che si riscontra nei vari testi e che corrisponde a quello che si chiama franciano. Il
francese antico è modellato sul franciano. Il francese antico conosce comunque delle
varietà con delle caratteristiche fonetiche rilevanti. Una delle varietà del francese
antico è l’anglonormanno in cui è scritta la chanson de roland. Il francese antico
corrisponde al franciano, all’ile de France (poi ci sono piccardo, bretone etc). I
normanni arrivano in Francia. ‘’Anglo’’ rimanda all’Inghilterra. C’è un periodo
specifico tra il 1130 fino alla fine del secolo successivo che vede nell’Inghilterra
l’istaurazione di una sovranità imparentata con la stirpe normanna. Con la battaglia di
Hastings i normanni francesizzati arrivano sul suolo Britannico e inizia un dominio
che è anche di matrice francese, normanna, quindi di lingua romanza. Da questo
momento in poi, da Guglielmo il conquistatore in avanti, in Inghilterra si userà una
varietà specifica del francese che verrà chiamata anglonormanno. Molti testi della
letteratura romanza e della narrativa francese sono in Anglonormanno. Chretien de
troye scrive in una varietà dello Champagne, i romanzi antichi sono in
anglonormanno perché vengono scritti nella corte Plantageneta dell’Inghilterra, una
corte mista ma a prevalenza culturale e linguistica normanna. Questo fenomeno di
espansione della lingua francese antica e di esportazione tardiva di una lingua
romanza, quindi si tratterebbe di una sorta di ri-latinizzazione (fino al vallo adriano
era stata romanizzata, poi con la decadenza dell’impero romano, in quella parte
romanizzata non è attecchita una lingua romanza quindi potremo considerarla
romania submersa. Dopodiché a partire dal 1000 si ha una nuova romanizzazione che
però non è diretta, come la romanizzazione secondaria che avviene per l’america
latina. Con l’anglonormanno possiamo avere una Romania nova). Questa parentesi
dell’anglonormanno però sarà breve.
Le caratteristiche dell’anglonormanno:
Per esempio nella prima lassa vediamo che Carles, in cui la velare iniziale è
mantenuta. Quindi l’anglonormanno, varietà del francese antico (non un’altra lingua),
tende a non palatalizzare la velare iniziale. Abbiamo Carles e Castel, che in
franciano, cioè francese antico è chastel.
Un’altra caratteristica riguarda il vocalismo, abbiamo una sovrabbondanza di U
(Conquist, tuz, Saragus). Non sappiamo se questa spia linguistica abbia a che fare con
una localizzazione di questo testo, non sappiamo niente dell’autore, non possiamo
dire con certezza che sia anglonormanna. Alcuni riscontri interni ci suggeriscono
altre aree, tipo citazioni di luoghi ed episodi suggeriscono una familiarità con altre
aree geografiche. Questo testo avrà una stratificazione di varietà linguistiche a causa
dei copisti, possiamo trovare delle lasse in cui caval diventa chaval. Il fatto di trovare
entrambe le cose capiamo che c’è stata una circolazione di questo testo. Alcuni
elementi potrebbero escludere che sia stata scritta in area anglonormanna.

Seconda lassa
Il re marsilio stava in Saragoza
È andato in un giardino sotto l’ombra
Sopra un masso di marmo bluastro (OI-> UE)
Si sono coricati intorno a lui più di ventimila uomini.
Lui ne chiama i suoi duchi e i suoi conti. (Convoca lo stato maggiore)
Ascoltate signori, quale disgrazia incombe su di noi
L’imperatore carlo di Francia dolce
In questo paese noi è venuto a distruggere. (Cunfundre CUM+FONDERE. Fondere
significa portare a una temperatura tale che fa sì che la materia diventi liquida o
gassosa, quindi è venuto per distruggerci, farci passare da vivi a morti)
(Abbiamo Nus e Nos, quindi due parole diverse per la stessa cosa. È oscillante, nos è
la versione franciana)
E io non ho una schiera che battaglia gli dia,
né ho tanta gente che la sua mandi in rotta (significa rompe la schiera avversaria)
Consigliatemi come saggi uomini
Affinché io mi guardi sia dalla morte che dalla onta (vergogna della sconfitta)
Non c’è pagano che una sola parola risponda
Tranne Biancandrino del castello di Valfonda.
Pagano<PAGUS, in latino il pagus è il villaggio, quindi paganus sta nel villaggio.
Che attinenza c’è tra chi abita nei villaggi e uno non cristiano? A partire dal 313 ecco
che nelle grandi città, nelle metropoli ci sono i fulcri della nuova religione e c’è una
conversione di massa che coinvolge tutte le persone. Nelle metropoli il cristianesimo
attecchisce. Delle sacche di resistenza del pantheon greco latino ci sarà dove il
cristianesimo non è penetrato come nelle zone rurali dove c’è una tradizione di culti
legati all’agricoltura e alla pastorizia, inoltre sono zone poco facilmente raggiungibili.
È un anacronismo, aveva senso all’epoca ma nel periodo della chanson de roland non
ha senso questa parola.
Oez< AUDITE. Cade la vocale finale, la monottongazione di Au e poi una lenizione
di secondo grado perché la D scompare. In italiano non abbiamo lenizione (Udite), in
provenzale abbiamo un grado intermedio, c’è una fricativa quindi abbiamo auzit.

Marsilio è assediato a Saragozza e deve capitolare. Chiede ai suoi uomini come


concordare una resa autorevole che gli risparmi la vita.
Biancandrino è uno dei cattivi, uno dei cattivi che innesta tutto il tradimento di gano,
è colui che pone nell’orecchio di marsilio e di gano il seme della discordia.

Ch-> c dolce
IIIC-> Quattrocento
Biancandrino fu tra i più saggi pagani
Di vassallaggio fu molto cavaliere (chevaler, tipico del franciano)
Prode era per il suo signore aiutare
E disse al re:’’Ora non vi impaurite,
date a Carlo, all’orgoglioso e al fiero
fedeli servizi e una molto grande amicizia.
(Il servizio è in ottica vassallatica, dando servizio di fedeltà).
Biancandrino propone di diventare vassalli di Carlo. Quando si fa questo si deve dare
qualcosa in cambio, gli assediati offrono qualcosa in segno di resa e inizia una serie
importante di beni per incentivare questa alleanza:
Voi gli darete degli orsi, leoni e cani
Settecento cammelli e mille astori mutati (Gli animali vengono dati come bene, i cani
sono strumenti che servono per la caccia o per la battaglia. Gli astori sono degli
uccelli rapaci che servono per andare a caccia, mutati vuol dire che hanno effettuato
la muta quindi che sono adulti)
Oro e argento, quattrocento muli caricati
E mandatene cinquanta carri che ne farete incamminare.
Bene ne potrà pagare i suoi soldati (Loer, viene come lode nel senso di ricompensa
che si da in caso di vittoria. I soldati si chiamano così perché erano pagati con il
soldus. Per evitare che ci sia un assedio gli da direttamente i soldi, perché spesso i
soldati facevano razzia).
La scritta AOI, non si sa cosa sia, non si è pervenuti a una soluzione univoca. È una
scritta che compare solo nella Chanson de Roland, nel manoscritto di Oxford quindi
non sappiamo come interpretarla. Sono segni extratestuali, quasi in margine e alla
fine di una lassa ma non in tutte le lasse. Forse è una sorta di segnalibro per ricordarsi
dove aveva smesso di copiare, in altri casi una sorta di richiamo per un
accompagnamento musicale. Questi testi erano detti a voce e forse avevano un tema
musicale. L’unico problema è che non abbiamo nessuna partitura musicale. Altri
hanno pensato che fosse un riferimento a un coro, alcuni hanno pensato che qui
abbiamo un coro, un’altra voce a spiegare quello che stava succedendo. Spesso è
posto in luoghi in cui cambia la scena.
In questa terra è stato assai a combattere (Carlo)
In Francia ad Aquisgrana se ne deve ben ritornare.
Voi lo seguirete ala festa di San Michele (Quando ci sarà la festa di San Michele voi
andrete da lui ad Aquisgrana come segno di sottomissione)
E così riceverete la legge dei cristiani (convertirsi)
E sarete il suo uomo (vassallo) per onore e per bene. (Onore non è un sostantivo
astratto, voi garantite di essere suo vassallo e lui vi darà un Onus, un bene come
l’essere governatore di Saragozza)
Se lui vuole ostaggi voi glieli invierete ( Gli ostaggi servono a Garanzia. Spesso si
dava in ostaggio il figlio del re o parenti stretti.)
O dieci o venti per far fidare lui (affinché si fidi)
Inviate i nostri figli delle nostre mogli
A costo della vita io invierà il mio
Assai è meglio che loro perdano la testa
Invece che noi perdiamo l’onore (in senso di possesso di Saragozza) e la dignità
(Ovvero il ruolo politico e militare)
Affinché noi non saremo condotti a mendicare (non andremo in rovina)
Biancandrino sta proponendo una truffa: allontanare carlo magno promettendogli che
ci convertiremo e diventeremo vassalli, mandiamo ostaggi ma poi non manterranno la
promessa. Se gli ostaggi perderanno la testa poco male, basta che noi non perdiamo i
nostri beni. Biancandrino è la mente mentre gano è il braccio che muove la frode.
All’uccisione di Orlando si arriva attraverso il tradimento di Gano. Gano era
imparentato con Orlando, Gano inizierà ad odiare orlando per suoi motivi e visto che
c’è antipatia, Gano cede alla pressione psicologica e al ricatto di Biancandrino e
svelerà a Biancandrino e a tutto l’esercito pagano che nella retroguardia si trova
Orlando e attraverso questo disvelamento di Gano, Biancandrino e l’esercito riuscirà
ad assaltare la retroguardia, dopodiché ci sarà una seconda parte cospicua in cui c’è il
secondo movimento. L’epica deve celebrare una stirpe, la Chanson de Roland non
finisce con la morte di Orlando ma c’è il momento della vendetta. Carlomagno, che si
trova aldilà dei Pirenei, a sentire della morte di Orlando torna indietro (lui diventa
protagonista), rivalica in Pirenei e farà strage. Quindi spazza via chi ha ucciso suo
nipote e punisce in una maniera esemplare gano. I francesi vincono, la morte e il
sacrificio eroico di Orlando ma il fine dell’epica è arrivare a una fine gloriosa. Il
pubblico sapeva già la storia, perché non c’era un concetto di originalità. I prodotti
letterari rimangono in un solco di tradizione dove c’è un’aspettativa fissa
dell’ascoltatore. Non è l’autore che pone dei tratti di originalità, nel testo medievale
romanzo l’autore da qualcosa di prevedibile perché il pubblico deve riconoscere
qualcosa di familiare. La bravura dell’autore sta nel mettere qualche dettaglio in più,
ma la leggenda di Rolando era nota a tutti. Già dalla prima lassa si anticipa al
pubblico che Marsilio fa una brutta fine.
Chanson de Roland il dissidio
In realtà, i cattivi della chanson non nascono cattivi ma sono portati ad essere cattivi.
In questa parte si vede come Gano, in realtà è l’opposto di Roland. Roland fa la
figura di quello che vuole intervenire in guerra mentre gano è prudente e un po’ più
‘’pacifista’’. Questa posizione porterà al dissidio tra i due che sono anche
imparentati. Biancandrino cercherà di sfruttare gano e lo persuaderà verso il
tradimento. Gano, rispetto a un’idea comune che c’è (e che ha anche dante che lo
colloca nell’inferno), in realtà questa versione di Gano è più mitigata. Non ha una
malvagità connaturata nel personaggio, mentre i pagani agli occhi del pubblico sono
per natura malvagi.
Carlo Magno ha ricevuto gli ambasciatori di Saragozza che propongono la resa.
Allora Carlo Magno, convoca il suo consiglio di guerra (i famosi 12 pari, grandi
aristocratici e cavalieri). Questa visione dei 12 cavalieri verrà mitizzata e rappresenta
anche i dodici apostoli. È una raffigurazione allegorica che nel Medioevo viene
sfruttata, non è che fossero davvero 12. Nella mitizzazione della materia arturiana i
cavalieri devono essere 12 per gli apostoli.
Siamo in un contesto dove l’epos ripropone sacralizzandolo una caratteristica della
francia. In questo consiglio di guerra, carlo chiede cosa bisogna fare.

L’imperatore ebbe il suo discorso finito (raisun è un tratto anglonormanno altrimenti


sarebbe raison)
Il conte Roland al quale non lo concede affatt
In piedi si drizza (Dreset viene da dresar)e così lo viene a dire dopo.
Rolando è spesso definito prode, l’aiutante è Olivieri. I due costituiscono una coppia
indissolubile, sono talmente uniti che a volte capita anche nell’atto di nascita quando
ci sono dei gemelli Roland e Olivier. Roland è definito pro (prode) e Oliviero sage
(saggio). Si compensano l’un l’altro. Roland è prode ma non è saggio e Olivieri è
saggio ma non è prode. Roland si alza in piedi irruento, senza avere l’autorizzazione
e inizia a parlare (cuntradir vuol dire dire subito dopo che qualcuno ha parlato)
E disse al re: non credete mai a marsilio,
sette anni sono pieni Che in spagna siamo giunti (Nell’epica spesso si ritrovano interi
versi che sono identici, la riproposizione di formule ben precise è un escamotage
memoriale per memorizzare meglio dei passaggi così, colui che canta, ha il tempo di
recuperare mentalmente ciò che dovrà dire)
Io ho conquistato per voi Noples, (Alcuni luoghi sono veri altri sembrano fantastici)
(altre terre)
Il re marsilio ha fatto molto tradimento:
dei suoi pagani ve ne ha inviati quindici,
ciascuno ha portato un ramo di olivo. (Lo stile formulare riprende ciò che ha detto
Biancandrino nella scena di prima)
E hanno annunciato a voi proprio queste parole:
A voi francesi, avete chiesto un consiglio (Dovrebbe dire a NOS francesi, noi
francesi, quindi il manoscritto è errato, quindi ‘’ a noi francesi’’)
Vi hanno dato come suggerimento qualcosa di leggero.
Due di voi conti al pagano avete mandato,
l’uno fu Basan e l’altro fu Basilie.
Le teste ne ha prese sulle colline su Haltilie.
(Fa riferimento a un precedente. Marsilio aveva chiesto una tregua, Carlo Magno
aveva accettato e aveva mandato i suoi due conti per trattare la pace ma era una pace
a tradimento e sti due conti sono stati uccisi. Dice a Carlo che già due conti sono stati
uccisi)
Fate la guerra come voi l’avete intrapresa.
In Saragozza conducete la vostra schiera
Mettete l’assedio per quanto voi possiate vivere
E così vendicherete quelli che il Malvagio aveva fatto uccidere.
(Carlo magno chiede guerra o pace? Rolando si alza e dice no, bisogna continuare
l’assedio a tutti i costi).

Al verso 223 toviamo scritto ‘’hom’’, quell’hom deve essere letto come hum, quindi
in anglonormanno.
L’imperatore teneva la sua testa pensierosa
E così toccava la sua barba, lisciava i suoi baffi (è un gallicismo da grennos)
E né bene né male rispondeva a suo nipote.
I francesi tacciono ma non lo fa Gano (il suffisso ‘’un’’ si avvale di un suffisso)
In piedi si alza e così venne davanti a Carlo
Molto fieramente comincia il suo discorso
E disse al re: Giammai crediate a Bricun (è un germanismo, persona inaffidabile)
Né io e né altri se abbiamo caro il vostro vantaggio (Se avete caro il vostro vantaggio
non dovete credere a nessuno che sia inaffidabile)
Quanto vi ha mandato a dire il re Marsilio,
che egli diventerà il tuo uomo congiunte le sue mani
e tutta la spagna manterrà come vostro Dono (La spagna sarà concessa a Marsilio
come dono di carlo magno)
E che poi riceverà la legge (religione) che noi teniamo.
Tutte queste cose chi a voi vi dice di rigettare questo patto,
non gli interessa, sire, di quale morte noi moriamo.
Il consiglio che viene da Orgoglio. Non è giusto che salga dai monti (di più)
Lasciamo i folli, ai saggi invece atteniamoci

Gano sta dicendo le cose opposte di Roland: sta riassumendo i termini di pace, tutto
ciò accettalo, perché chi ti dice di non accettarlo vuol dire che non gli interessa se noi
viviamo o moriamo. Chi dice di non accettare questa pace non gli interessa di morire.
Gano ci sta dicendo di lasciare stare i folli come Rolan e di tenerci coloro che
potrebbero mediare ed evitare di spargere sangue.
L’atteggiamento di Gano non è incentrato al tradimento per ora, ma è un
atteggiamento che tende a salvaguardare il suo re, i suoi amici e il suo esercito.

Botta e risposta tra Gano e Roland:


Carlo ha preso la decisione di accettare la pace e deve scegliere chi mandare a fare la
pace. I due ambasciatori precedenti erano stati decapitati.
Franchi cavalieri, ora elegetemi un barone della mia marca
Che a Marsilio porti il mio messaggio per me.
Così disse Rolando ‘’Lui sarà Gano, il mio patrigno’’
Dicono i francesi ‘’questo lo può ben fare
Se lui lasciate andare non ne trasmetterete uno più saggio.’’
Nel momento in cui la sua mozione è stata rifiutata in favore di quella di Gano, ecco
che Roland si vendica e dice che bisogna mandare chi ha proposto di fare la pace. I
francesi alla proposta di Roland dicono che va bene.
E il conte Gano ne fu molto angustiato.
Gano capisce di essere caduto in trappola ed è angosciato e adirato.
Dal suo collo gettò le sue grandi pelli di Martora ( mantelli decorati con pellicce di
Martora, una specie di volpe)
Ed è rimasto con la sua tunica e il suo blialt (una tunica di lana spessa sotto i
mantelli)
Aveva gli occhi vari (vers viene dal latino varius. Forse o di vari colori, rossi per la
rabbia, o che vanno da una parte all’altra. X ex si può tradurre cangianti)
E il volto fiero in visto.
Aveva il corpo e le coste larghe.
Tanto era bello che tutti lo guardavano
E disse a Roland:’’Del tutto folle, perché stai provando della rabbia?
Ciò si sa bene che io sono per te patrigno
E così hai giudicato che io me ne vada da Marsilio! (Gano sta chiedendo conto.
Perché rolando si arrabbia nei suoi confronti se lui gli è padrino. Nonostante siamo
parenti hai deciso di mandarmi da marsilio)
E se dio ciò concede, che io da là ritorni
Io te ne muoverò una così grande contrarietà
Che durerà fin tanto che tu sarai vivo. (Qua inizia il dissidio, che attraverso
Biancandrino diventerà vendetta)
Roland risponde: ‘’Ascolto, sento orgoglio e follia. (verbo oir< Audire.
Monottongazione, caduta finali e lenizione della occlusiva intervocalica di secondo
grado)
Ciò si sa bene che io non ho cura di minaccia.
Ma saggi uomini è necessario che facciano il messaggio
Se il re non vuole pronto sono a farlo al posto vostro. (Rolando lo sta umiliando. Sta
dicendo che è codardo. Questa operazione spetta a uomini saggi, ma se proprio volete
posso andare io al posto vostro).
Gano risponde: per me, non andrai tu mica (Mie è un rafforzativo della negazione)
Tu non sarai mio vassallo né io sarò il tuo signore.
Carlo comandi che faccia il suo servizio
A Saragozza io ci andrò da Marsilio
E anzi forse farò un poco di leggerezza. (Farò follia)
Finché io non schiarisca questa mia grande ira.
Quanto Rolando l’ascolta così comincia a ridere.
Quando Rolando lo provoca, Gano è costretto ad andare. Gano inizia a dire che visto
che con sé ha questa grande ira, se non si toglie quest’ira potrà commettere qualche
follia, qualche leggerezza (anticipa ciò che succederà, ovvero la corruzione).
Rolando ha un atteggiamento sprezzante.

Gano visto l’atteggiamento di rolando è arrabbiato:


Quando ciò vide gano che ora se ne rideva Rolando,
dunque a tale dolore che per poco a casa dell’ira non sviene, (Fent, come feint in
inglese. Introduzione nell’inglese di lessico galloromanzo).
E per davvero poco lui non perde i sensi
E disse al conte: Io non vi amo affatto,
su di me avete orientato un falso giudizio. (che è codardo)
giusto imperatore, mi vedete qui presente
voglio adempiere il vostro ordine.
Qui Gano sta dicendo che non è un codardo ma vuole andare.

In Saragozza io lo so bene che andare devo (estoet è il verbo Estovoir<Opus est->


Una perifrasi per esplicitare dovere. Si deve fare qualcosa, devo fare qualcosa).
Persona che lì va, ritornare non se ne può
E così io ho vostra sorella (Gano ha sposato la sorella di Carlo Magno. L’aristocrazia
era tutta imparentata, i pari sono anche parenti. Per i franchi c’è un’organizzazione
tribale. E così ho un figlio ed è il più bello che non possa essere
Lui è Baldovino. Così disse, che è un prode.
Gano sta facendo un testamento.
A lui lascio io i miei onori e i miei feudi.
Conservatelo bene, poiché io non lo vedrò più con gli occhi.
Carlo risponde: troppo avete tenere il cuore.
Dal momento che lo comando, vi tocca andare.
Qui si chiude questa scena che vede contrapposti i grandi protagonisti: Gano e
Rolando. Gano sopravviverà ma la sua fine sarà tragica. Carlo Magno si vendicherà e
sbaraglierà i saraceni, prendera gano e lo punirà.
Il grande fulcro narrativo è questo. Da questo momento della discordia in poi si
diramano tutte le vicende. Dalle stesse parole di Gano vediamo come non sia
malvagio ma una sorta di pacifista. Colui che suggerisce di fare la pace, che si adira
solo quando viene provocato oltremodo da Rolando. Roland è uno di quei personaggi
d’azione ma che però non hanno pietas, quei valori di comportamento necessari,
come la saggezza o le virtù legate alla moderazione.
Grammatica storica:
Verso 226:
‘’Plait’’ < PLACITUM. I famosi placiti. Patto invece deriva da PACTUM. La I cade
per sincope. Si arriva a *Plact (forma non attestata). In questo plact abbiamo il nesso
CT che si sviluppa come in NOCTEM, c’è una vocalizzazione dell’elemento velare.
In provenzale avremo Plach. Il nesso PL viene mantenuto, mentre in portoghese
palatalizza, in spagnolo per una fase viene mantenuto, in italiano abbiamo la
vocalizzazione della laterale.

Il valore
LA LEZIONE DI GIOVEDì PROSSIMO NON CI SARà,
MARTEDì C’è LEZIONE
MERCOLEDì FAREMO DALLE 9 MENO DIECI FINO ALLE 9 E 35
GIOVEDì NO LEZIONE.

Il valore delle armi è uno di quelli messi più a risalto nell’epica.


La prodezza è il requisito fondamentale del cavaliere. La lirica esalta la virtù della
cortesia, una virtù comportamentale di chi attraverso il corteggiamento eleva il
proprio spirito e il proprio rango sociale. Nell’epica abbiamo un altro stimolo, quello
del valore delle armi. Per elevare il proprio spirito non si fa attraverso la cortesia ma
attraverso il valore. Come si acquista? Attraverso l’uso delle armi. X esempio nell
chanson de roland non ci sono donne. L’unico personaggio più o meno femminile è la
spada di Roland. Scompare quindi completamente l’aspetto amoroso. L’aspetto
cortese e cavalleresco insieme verranno recuperati nel romanzo cavalleresco, un altro
genere in cui si cerca di congiungere l’epica e gli aspetti intimistici e amorosi.
IL ROMANZO LO DEVI STUDIARE

Al terzultimo verso della prima lassa abbiamo la testimonianza della stratificazione.


La differenza tra ‘’malvaise cancun’’ non c’è la palatalizzazione del franciano e
invece a ‘’chantet’’ abbiamo la palatalizzazione tipica del franciano.
Siamo nel momento in cui c’è la trappola. I francesi se ne stanno tornando in francia
e si fa un nuovo consiglio per decidere chi dovesse stare alla retroguardia e gano
propone di metterci Roland per vendicarsi del primo consiglio in cui Roland aveva
deciso di far andare gano.
Si sta preparando l’esercito dei pagani per andare a sterminare la retroguardia.
I pagani si addobbano di corazze saraceni,
tutti i più ne sono Ci sono due lezioni: o saraguzeis (la maggior parte sono di
Saragozza) oppure dovremmo intendere che tutti loro erano raddoppiati in tre, quindi
erano in numero maggiore rispetto alla retroguardia. O una lezione o l’altra. Tuttavia
saraguzeis è al verso successivo quindi è più plausibile la seconda, forse c’è stato un
errore del copista che ha anticipato la parola saragueis
La maggior parte di loro sono raddoppiati in tre (i saraceni sono più numerosi)
Allacciano i loro elmi molti buoni di Saragozza,
cingono le spade di acciaio di Vienne (L’acciaio vieneis, è un acciaio della città di
Vienne in spagna. Cingere vuol dire portare alla vita, alla cintura. Cingere la spada
vuol dire allacciarsi i cinturoni. La spada si cinge perché si porta nella zona
addominale)
Gli scudi hanno belli, spiedi hanno di valenzia
E gonfaloni (stendardi) bianchi e blu e vermigli. (VERMICULUM è un composto
dove c’è una suffissazione. Verm, viene da verme. Per fare il rosso vermiglio si usano
dei gusci di microrganismi, pestando questo composto di origine animale si arriva a
questo colore. Cade la nasale finale, cadono le vocali finali diverse da A, una sincope
di U e una palatalizzazione). Il nesso C+L e T+L tendono a palatalizzare mentre in
italiano a velarizzare (vetulum, vecchio, velh). In italiano infatti sarebbe dovuto
essere vermichio, quindi qui siamo in presenza di un gallicismo, un prestito.
Lasciano i muli e prendono i palafreni (Stavano andando sui muli e prendono i
palafreni. Come mai cambiano dal mulo al cavallo? Loro stanno sui pirenei per cui
non possono andare su un cavallo pesante da guerra ma usano i muli. Quando si
trovano in cima prendono i cavalli da guerra, i palafreni, cavalli pesanti e forti e si
preparano per lo scontro. I cavalli sono freschi e riposati tra l’altro)
E destrieri montano e così cavalcano stretti (si compattano in una schiera)
Chiaro fu il giorno e bello fu il sole
E hanno un equipaggiamento che tutto ne riluce.
Suonano mille trombe (Grailles viene da GRACILEM. Gracilem. C’era un tipo
preciso di tromba, la tipica tromba sottile e allungata che segnala a tutto quanto il
campo di battaglia come muoversi. Si portava il corno o la tromba) per ciò che più
bello sia.
Grande è il rumore(lessico inglese di origine latina. Noise deriva da NAUSEAM,
rumore forte che da un malessere) così lo sentono i francesi.
Dice Olivieri: ‘’Signori compagni questo credo dei saraceni potremmo avere
battaglia’’
E risponde Rolando ‘’Dio ce lo conceda’’ (Volesse dio. Rolando vuole battaglia)
Davvero dobbiamo qui essere per il nostro re. (Abbiamo ancora rey e non roi, stadio
intermedio della dittongazione)
Per il suo signore deve uomo soffrire fatica (da DISTRECTUM ciò che costringe.
Per essere buoni cavalieri si deve per il proprio signore soffire ogni pena)
E sopportare sia il grande caldo che il grande freddo (Si sopporta tutto)
E così deve l’uomo (om impersonale) perdere sia il cuoio sia il pelo. (Ci si deve a
limite anche fare spogliare).
Ora si guardi ciascuno dai grandi colpi che saranno dati,
poiché una brutta canzone di noi cantata non sia. (Indicazione importante. Rolando
dice che bisogna essere perfetti affinché non sia fatta una cattiva canzone e lo dice
nella chanson, sa che qualcuno canterà una canzone).
I pagani hanno torto e i cristiani hanno ragione,
un cattivo esempio non sarà mai da parte mia’’
Rolland è prode e Olivieri è saggio (Confronto tra i due. Oliverio dice di chiedere
aiuto a carlo magno, e rolland avrebbe dovuto suonare un corno che avvisa che c’è un
pericolo e chiamare soccorso. Questo viene consigliato da Olivieri ma Roland non
vuole farlo, vuole affrontarli da solo così avrà più gloria e non ci sarà la vergogna di
aver chiesto aiuto al re, un comportamento coraggioso ma sconsiderato)
Entrambi hanno un gran vassallaggio
Poiché sono con i cavalli e con le armi
Non per morire scriveranno la battaglia.
Buoni sono i conti e le loro parole sono alte,
i pagani malvagi con grande ira cavalcano
e dice Olivieri: Rollan ne vedete alcuni?
Questi sono presso di noi ma troppo per noi è lontano carlo.
Il vostro olifante non vi siete degnato di suonare. (è troppo tardi sono già qui i
nemici)
Se ci fosse il re, non ne avremmo danno (Damn aticum)
Guardate lì vicino verso le porte di spagna (Il valico che fa da porta per la spagna)
Potete vedere, dolente è la retroguardia.
Chi questa fa (retroguardia) giammai ne farà un’altra.
Rolando risponde: non dite tale oltraggio
Maledetto sia di cuore chi nel petto è codardo (Sta dando del codardo a Olivieri)
Noi rimarremo in guardia su questo luogo (non scapperemo)
Per noi saranno dati colpi e fendenti (Caple viene da CAPPARE, una foma non
attestata che significa ‘’dare colpi, tagliare’’, da ex cappare deriva anche scappare)

Quando rollando vede che ci sarà la battalgia


Si fa più feroce di un leone o un leopardo.
Ai francesi grida e chiama Olivieri
Caro compagno, amico, non dire altro.
L’imperatore che ha lasciato noi i francesi
Così ventimila uomini ha messo in una parte (ha radunato)
Per quanto lui possa sapere
Non ce n’è uno solo codardo (Abbiamo una retroguardia scelta da carlo magno,
ventimila uomini prodi)
Poi abbiamo lo stile formulare degli ultimi due versi, calchi del verso 1010 e 1011.
Dello stile formulare si cambia solo l’assonanza.
Per il proprio signore si deve sopportare tanti mali
E soffrire forte freddo e grande caldo.
Per il nostro signore si può perdere il sangue e la carne.
Colpisci fiero con la tua lancia
E io con durendal, la buona spada che il re mi ha donato.
Se qui io muoio dire si può che chi l’ha avuta
Che ella fu appartenuta a un nobile vassallo.
La battaglia
Abbiamo una miniatura, fiamminga di lingua extraromanza. Nel 1200 quindi c’è
ancora qualcuno che si interessa di queste vicende e decide di dipingerle. È ricca di
dettagli, vediamo com’è l’equipaggiamento di un cavaliere. Anche l’orrido, il sangue
fa parte della chanson de roland, attraverso anche il martirio si esalta l’avventura. I
dettagli macabri sono anche fatti per rendere il testo più realistico.

La battaglia è eccezionale e diffusa (Tutti i soldati erano impegnati a combattere)


Il conte Rolando non se ne sottrae (Da ad+sicurare)
Colpisce, (Ferir non significa ferire ma colpire) con la lancia
Intanto come questa gli dura
A quindici colpi l’ha infranta e perduta (Dopo 15 colpi la rompe e la perde)
Trasse Durendal, la sua buona spada sguainata
Il suo cavallo speronò (dal celtico brok) e così va a colpire Chernuble.
Chernuble è il capitano della schiera nemica, il corrispondente di Rolando.
L’elmo gli infrange dove il carbocchio brilla
Tagliò la carne e la capigliatura
E così gli taglia gli occhi e il volto
al bianco osberco dove la maglia di ferro è minuta.
E tutto il corpofino all’inforcazione (fino al bacino)
E continua sulla sella, che è di oro battuto,
e sul cavallo si è arrestata la spada.
Taglia la schiena del cavallo, finché non ebbe raggiunto la giuntura
Del tutto lo abbatte morto sull’erba spessa.
Dopo Rolando gli disse:’’Codardo (culvert sta da collibertus libertus più cum i liberti
erano gli schiavi liberati ma rappresentavano il gradino più basso della società, al di
sotto c’erano solo gli schiavi), ti ha detto male( mouesst viene da molere, macinare.
‘’hai macinato male)
Da Maometto già non avrai più aiuto
Per tale ghiottone non sarà la battaglia oggi vinta’’ (Gluttun significa ghiotto, nel
medioevo cristiano i peccati capitali sono importanti e stigmatizzano il
comportamento di chi non si conforma. Il peccato della gola è ricorrente e ha a che
fare con la smodatezza, il non sapersi dare una regola. Sinonimo di debole. Lo
sbeffeggia).

Il conte rolando attraverso il campo cavalca


Tiene durendal che bene taglia e affetta
Dei saraceni loro ha fatto un grande danno
Poiché vede l’uno gettare morto sull’altro. (Rolando vede che i saraceni cadono uno
sull’altro morti)
Il sangue tutto chiaro giacere per quel posto.
Insanguinata ne ha l’armatura e il braccio
Il suo buon cavallo, il collo e le spalle.
(Espalles, in spagnolo e portoghese abbiamo derivati di OMERUS per dire spalla. Il
latino standard ha sviluppato da SPATULA i termini espalles e spalla. La spatula
latina è un osso piatto, largo e sottile. Si passa dall’omero delle aree laterali a spatula)
Olivier non si attarda nel colpire
E i dodici pari non ne devono avere biasimo
E i francesi quindi colpiscono e tagliano.
Muoiono i pagani e molti ne cadono.
Dice l’arcivescovo (uno dei 12 pari anche cavaliere)
Bene ne ha la nostra stirpe, gridano ‘’munjoie’’
Questo è il motto di Carlo.

La chanson de Roland in veneto


È interessante, ci dice come v4, questo esemplare è affiancabile al testo di Oxford e
può essere utile per ricostruire il testo in quei punti in cui O è danneggiato. V4 ci da
una versione a livello di contenuti identico ma linguisticamente diversa. Il franco
veneto è una lingua che tende al franco ma usata nell’area veneta.
Ci sono dei tratti veneziani come çanter invece di chanter.
Chevalier diventa civalcer.
Carl diventa çarl.
La cosa interessante è questo incipit, in area franco veneta in un tempo successiva, ci
da delle informazioni su chi eseguiva la chanson de roland. Dice ‘’chi vuole ascoltare
un vero significato, a san dionigi c’era una gesta (una epica) in francia. Chi lo sa bene
e conosce bene poiché a traverso lo scritto ne canta (chi ha preso sto scritto e lo sta
cantando) non deve andare a piedi. Subler deriva da Jonglar, giullare. Ma cavalcare
un mulo o un destriero d’arabia, ( Sta dicendo ‘’io sono un giullare, ho appreso queste
gesta dallo scritto e se volete ascoltare queste gesta non mandatemi a piedi ma
pagatemi, datemi una ricompensa. I giullari per ricevere un compenso diffondevano
queste canzoni di gesta sulla piazza o in una corte affidandosi alla generosità di chi
stava lì)
Da qui comincia il tradimento di Gano (…) Ci da subito l’argomento, dice che inizia
il tradimento di Gano. La chanson de roland era connotato da questo episodio. Il
pubblico già sa di chi si parla, sa già che gano tradirà e si fa riferimento a una cosa
già conosciuta o ascoltata.
C’è una corrispondenza talvolta perfetta, talvolta un riassetto della metrica o dei
contenuti.
Se prendiamo la terza lassa, al verso 34 vediamo ‘’ursi e leon e sincler’’ questi
sincler. Se nella chanson abbiamo ‘orsi, leoni e cani’’ qui invece ‘’orsi, leoni e
cinghiali’’. I cani diventano cinghiali. Queste piccole modifiche non erano modifiche
che il pubbblico avvertiva, il giullare che si trovava ad aver imparato a memoria
poteva assestare il suo testo, questi piccoli assestamenti hanno determinato delle
discrepanze ma sono rimaneggiamenti e trasmissioni tipiche del medioevo dove non
c’è un rispetto fedele per la fonte.
Nel terzultimo verso abbiamo tanti italianismi, siamo in area italiana, al nordest e il
terzultimo verso è di base italiana. ‘’che noi siamo for de espagna ceter’’ Noi siamo è
propriamente italiano.
Il testo di v4 che viene utilizzato quando il manoscritto di Oxford è lacunoso può
essere di aiuto per capire ma questa libertà non consente di fare un’edizione critica in
cui i testi sono messi insieme. Hanno uno stesso testo ma non identificano lo stesso
testo per ragioni linguistiche e non.

La chevalerie è tipica dell’epica, la cortezia della lirica.

Epica iberica
Spostandoci tra questi due pilastri culturali nell’ambito della letteratura, il roland e il
Cid ci sono differenze. Per esempio il protagonista: Rolando è un eroe che porta fino
alle estreme conseguenze il suo coraggio, mentre il Cid è sempre eroico e valoroso
però ha un aspetto e delle vicende che lo portano ad essere più umano. Ci sono vari
nuclei narrativi: c’è chi vede due parti, prima e dopo l’esilio e chi ne vede di più. Il
Cid non è un eroe solitario che ha come controparte femminile Durlindana ma ha una
famiglia, delle figlie etc. è un testo che non ha autore, e un unico manoscritto. Un
manoscritto anche danneggiato, come per la chanson siamo nei casi in cui il testo
sopravvive grazie a un manoscritto. Questo manoscritto presenta diversi problemi: è
sicuramente successivo all’originale, sappiamo che grossomodo il cid è databile alla
metà del 1100 e ci sono varie teorie, tradizionaliste che vedono il cid come una
confluenza spontanea di una narrazione collettiva tratta dalla tradizione autoctona,
iberica. Nel territorio iberico c’è una frammentazione: regno castiglia, aragona etc. e
spesso sono in guerra. Queste guerre interne ai cristiani vengono portate alla luce.
Quindi secondo la teoria tradizionalista non c’è un solo autore ma una tradizione, un
racconto leggendario ispirato al cid che confluisce nella scrittura del cid. Ci sono altre
teorie che vedono un singolo autore identificato addirittura in certi casi con pere abat
(il trascrittore). Prevedono che ci sia stato queste teorie un autore che ha raccolto
delle tradizioni popolari e le ha rielaborate anche alterandole per arrivare alla stesura
dell’opera. Non abbiamo tuttavia grandi dati visto che c’è un solo manoscritto.

Cantar de mio Cid-L’umanità dell’eroe


Sono i primissimi versi del Cid, ci fa vedere come questo sia un eroe umano che
piange anche. Abbiamo una lingua iberoromanza, un castigliano antico che ha delle
caratteristiche diverse rispetto al castigliano moderno.
La j è pronunciata palatale (ex ojos-> ochos)

C’è una parte precedente andata perduto, ci doveva essere un antefatto perché anche
il roland iniziava in media res come questo. Però nella chanson c’è un prologo,
mentre qua iniziamo direttamente nell’azione. Il Cid era stato accusato falsamente da
alcuni della corte di fronte al re e il re lo aveva bandito, il cid si trova a dover lasciare
la sua terra e andarsene in esilio verso Leon, fuori dalla castiglia. Il Cid in questo
momento deve obbedire all’ordine e
Dai suoi occhi tanto fortemente piangendo
Girava la testa e li stava a guardare.
Vide porte aperte e usci senza catene
Alcandaras (arabismo.La spagna per due terzi è occupata dagli arabi e ci sono
arabismi. Vuol dire aste) Vuote senza pelli e senza manti (aste per fare asciugare le
pelli e i mantelli delle concerie forse)
E senza falconi (servivano anche per fare poggiare gli occelli) e senza astori mutati
(come la chanson, gli astori adulti utili per la caccia)
Sospirò il mio Cid (Cid è un arabismo, il nome del personaggio è Rodrigo Diaz, un
nome tipicamente castigliano. Viene chiamato Sid perché viene dall’arabo said, capo,
colui che comanda la schiera) poiché molto aveva grandi pene.
Però il mio Cid bene e tanto misuratamente.
‘’Sono grato a te signor padre, che stai in alto!
Questo mi hanno rivolto i miei nemici malvagi’’
Siamo in un discorso abbastanza semplice, senza periodi lunghi senza sintassi
particolari. A livello metrico vediamo che c’è la stessa organizzazione della chanson
de roland: abbiamo la cesura evidente e abbiamo una struttura strofica formata da
assonanze, quindi l’identità solo dei suoni vocalici dall’ultima vocale tonica accentata
fino alla fine del verso. Inoltre abbiamo come il roland le lasse, delle partizioni
strofiche variabili, delle lasse assonanzate. Siamo nel metro epico: lassa assonanzata
con la cesura epica. 4 sillabe, cesura, fine del verso. Non sappiamo se era musicato,
non abbiamo AOI né partizione musicale.
Per quanto riguarda la lingua:
‘’Buelto’’ è un fenomeno di betacismo, la v può confondersi con la bilabiale. Questo
discorso esiste ancora nel castigliano spagnolo e di oltre oceano.
‘’Fablò’’ Siamo in una fase in cui ancora la fricativa viene rispettata, non si ha quel
passaggio che porterà alla muta. CI sarà un passaggio intermedio che porterà alla
velarizzazione che porterà Hablò (aspirata) e poi si perderà l’aspirazione. Ci saranno
testi pre cinquecenteschi in cui nello stesso testo, si ha hablar e fablar, questa
differenza si noterà nei testi successivi. Viene da Fabulare nelle aree laterali e
parabolare nelle altre lingue.
‘’estavalos’’ los è una particella pronominale enclinica, anziché ‘’lo stavano’’
‘’stavanolo’’’
‘’Fuerte mientre’’ è tradotto come un avverbio. Siamo in una altezza cronologica in
cui l’avverbio non è saldato. Siamo in un contesto in cui la forma avverbiale ricalca
la forma perifrastica latina. In latino avremmo avremmo avuto ‘’forte’’ per esprimere
l’avverbio di ‘’fortis’’ nel latino standard si rafforza utilizzando l’ablativo di mente
più l’aggettivo. Non è una suffissazione ma sono due parole, un aggettivo e un
sostantivo che poi si saldano insieme.
‘’Mucho’’ rispetto a muito. MULTUM. Il trattamento di laterale più dentale in area
iberica ha due sviluppi diversi che differenza il portoghese dal castigliano. In
portoghese c’è una vocalizzazione mentre in spagnolo c’è la palatalizzazione.
Il Cid sta uscendo dalla sua città, una città ferma e uscendo sta piangendo. Abbiamo
un eroe che piange.
Il Cid non è da solo,sta con altre persone. Chi guarda sono i suoi uomini, il vassallo
ha delle persone che lo seguono,dei compagni d’armi. Va in Esilio insieme al suo
esercito.
E così pensano di spronare (aguiare, pungolare con qualcosa di acuto) E sciolgono le
redini.
All’uscita di Bivar (betacismo, Vivar), udirono la cornacchia a destra
Ed entrando a Burgos la udirono alla sinistra. (L’uscita dalla propria terra e
l’ingresso in un'altra. Ad accoglierlo ci sarà una cornacchia sinistra, mentre all’uscita
dalla sua città c’è una cornacchia a destra di buon auspicio)
Scosse le spalle mio Cid (Ombros sta per spalla, da OMERUS. Nelle altre lingue c’è
spatula) e mise avanti la testa.
‘’Albricia viene da al bixara dall’arabo, potremmo renderlo con ‘’forza, su, avanti’’
Albar Faiez (è l’’aiutante del Cid, sarà il suo fedele amico) che scacciati siamo dalla
nostra terra.
Ma ricchi e onorati ritorneremo in Castiglia. Stanno uscendo da castiglia per entrare
nel regno di Leon, con la cornacchia che li saluta ed è un segno propizio.

Echados ha a che fare con EJECTARE, rigettati, scacciati via. Il nesso velare e
dentale ha il trattamento di palatalizzazione. EJECTATUS, abbiamo la dentale
intervocalica che lenisce e diventa ados. La vocale finale U si mantiene come la A.
Ge si legge ancora palatale.
Varones sta per Barones (betacismo).

Mio Cid, Roy (diminuitivo rodrigo) Diaz a Burgos entrò


In sua compagnia sessanta stendardi. (Ogni cavaliere aveva la lancia con lo
stendardo)
E riuscirono a vederlo donne e uomini (inteso come opposizione a mugeres, donne.
Barones sta per uomini)
Borghesi e borghesi (cittadini e cittadini, Ma potrebbe essere anche ‘’abitanti di
burgos’’)
Per la finestra sono piangendo dagli occhi
Poiché tanto avevano dolore.
Dalla loro bocca quindi dicevano una frase
‘’Dio che Buon vassallo, se avesse un buon signore!’’ (A Burgos hanno una buona
opinione di lui. La sua reputazione è sempre eccellente).

Abbiamo a sinistra abbiamo llorando e a destra ‘’plorando de los ochos’’, Siamo nel
momento in cui si sta passando la trafila di mutamento in cui il nesso di bilabiale e
laterale inizia a innestare la palatalizzazione nella laterale.

‘’Oviesse’’ viene da HABUISSE, la H era muta e va via, poi abbiamo una lenizione.
Si sta mettendo in discussione il fatto che sia il signore, il re di castiglia che non si è
comportato bene. Il legame vassallatico tra il signore e il vassallo deve essere
reciproco, per quanto è superiore al vassallo, il vassallo può legittimamente rivalersi
sul signore e muovergli guerra o allearsi con i nemici. C’è La messa in discussione
della catena sociale. Nella chanson de roland c’è una stigmatizzazione del tradimento
mentre qua chi è di posizione superiore può anche sbagliare.

Lo avrebbero convitato (invitato) ma nessuno non osava(tutti lo stimavano ma


nessuno osav)
perché il re don Alfonso tanto aveva la grande ira (sana è un termine tipicamente
iberoromanzo. Sana viene da INSANIA, l’essere insani, essere tanto adirati da
stravolgere la sanità mentale. Non sappiamo quale Alfonso fosse
Prima della notte, a Burgos era entrata da lui una carta (editto)
Assai solenne e fortemente sigillata. (Dotata di sigillo reale)
‘’Que al mio cid nessuno desse ricovero, ospitalità’’ (Posata viene dal latino
PAUSATAM e ha a che fare con pausa,fare una pausa, riposarsi. Pausata è il luogo
dove ci si può riposare. Il dittongo AU monottonga)
E quello che gliela avesse data avrebbe sfidato la vera parola
E avrebbe perso gli averi e in più gli occhi dalla faccia.
E ancora di più il corpo e l’anima.
Grande dolore avevano le genti cristiane
Si nascondevano dal mio Cid, poiché nessuno osava dire nulla. (Nada è una particella
rafforzativa che rafforza la negazione. Viene da RES NATA, ‘’ qualcosa di nato’’,
‘’Io non lo farò x nessuna cosa nata’’, questo res nata si è conservato nella sua
seconda parola con una lenizione).
Il Campeador (Colui che tiene il campo, il campo di battaglia) arrivò al suo ricovero
E così come arrivò alla porta (Llegò viene da PLICARE, ripiegare, andare verso che
poi diventa llegò e chego in portoghese)
La trovò ben serrata per paura che re Alfonso
Che così lo aveva predisposto.
E se non l’avesse rotta, non gliel’avrebbero aperta per nulla. (Deve buttare giù la
porta xk nessuno gliela apriva. Quebrantas viene da CREPANTARE, verbo latino che
ha a che fare con CREPARE, fare delle crepe, incrinare qualcosa. L’azione intensiva
di fare delle crepe è distruggere, rompere)
Quelli del mio cid ad alta voce chiamano
Quelli di dentro non vogliono rispondere.

L’eroe se ne va in una terra ostile, dove perseguitato anche dalle accuse e dall’editto
non trova nessuna accoglienza.
Cantar del mio cid-la battaglia
Il Cid per riscattarsi si mette al servizio di un nuovo sovrano cristiano, che da al sid il
compito di recuperare un territorio in mano agli infedeli, ai pagani. Quindi questa è
una delle prime battaglie.

Imbracciano gli scudi di fianco ai cuori ( col braccio sinistro. La destra è la mano che
deve tenere la lancia, la destra sarà la mano che va a ferire. La spada si porta a
sinistra per estrarla).
E abbassano le lance avvolte negli stendardi (Al passo coi cavalli si sta con le lance
verticali, quando si va al galoppo o alla carica abbassano le lance verso il nemico)
Inclinarono i volti in cima agli arcioni (L’arcione è la parte della sella che viene in
alto, le parti alte della sella. Andando alla carica per dare più spinta ci si mette in
avanti)
E andavano a colpire di forte intenzione. (Corasones hanno due significati diversi.
Prima si intende cuore ma per traslato anche intenzione. Il cuore è la sede del
pensiero e delle intensioni, della volontà)
A grande voce chiama lui che nella buona ora nacque (Colui che nacque nella buona
ora è il cid)
Colpitelo cavalieri, per amore del creatore!
Io sono Roy Diaz, il Cid campeador.
Tutti colpiscono nel centro dove sta (nome dell’antagonista)
Trecento lance sono, tutte hanno stendardi.
Ciascun moro uccidono tutti con ciascun colpo. (Ognuno di loro riesce a uccidere un
moro)
Al ritorno che fanno altrettanti morti sono.

(Croce-> non c’è la traduzione)

Vedrete tante lance premere e alzare


Tanti scudi (adagara arabismo) forati e passati.
Tante armature rompere e smagliare.
Tanti stendardi bianchi uscire rossi di sangue. (Immagini cruente. Lance avvolte da
stendardi bianchi che diventano rossi)
Tanti buoni cavalli senza i loro padroni andare.
I mori chiamano Maometto e i cristiani San Giacomo.
Cadono per il campo in un poco di spazio
Mori morti mille e trecento già.

a minaccia (nomignolo dell’amico, albafagnez (?)) hanno ucciso il cavallo


Ben lo soccorre una masnada (gruppo di uomini armati) di cristinani
La lancia ha rotto, alla spalla ha messo mano
Anche a piedi va dando buoni colpi.
Lo vide il mio cid roy sir il castigliano
E si avvicinò a un auguazir (Arabismo, capitano esercito arabo) che aveva un buon
cavallo.
Gli diede una spadata con solo il braccio destro,
lo tagliò per la vita in mezzo e lo gettò in mezzo al campo. (Lo taglia in orizzontale)
E ad albar fanez da il suo cavallo.
‘’Cavalcate minaya (soprannome), voi siete il mio braccio destro!
Oggi in questo giorno di voi sarà data una grande risposta (un riscatto)
Fermi sono i mori, per quanto non vanno via dal campo,
à menester (è necessario) che li assaliamo da capo (nuovamente)’’

Cavalcò Minaya con la spada nella mano


Per quei luoghi fortemente combattendo (verbo liticare)
A quelli che incalza,
va loro uccidendo.
Mio cid roy diaz, (stile formulare, che in buona ora nacque)
Al re faiz tre colpi gli aveva dato.
Due avevano fallito e uno lo ha preso.
Attraverso la maglia stillando il sangue
Tornò indietro con le redini per andarsene dal campo.
Per quel corpo perforato è nel fossato. (Il moro)

Martin Antoninez, un colpo diede a Galve (nemici),


le gemme dell’elmo gliele fece saltare a parte
tagliò l’elmo e arrivò alla carne,
sapete, l’altro non l’osò aspettare.
Colpito è il rey faiz e galbe.
Tanto quel giorno fu per la cristianità
E fuggirono i mori da questa e da quella parte.

SI è rifatto dell’esilio, si ricongiungerà alla famiglia ma avremo poi l’oltraggio delle


figlie da parte di due cristiani.

Il Cid
Il Cid è stato visto come un’opera a livello narratologico che può essere divisa in
sessioni, uno sviluppo narratologico coeso. La divisione in tre parti corrisponde
all’esilio, le nozze e l’oltraggio.
Viene scacciato da re alfonso (l’esilio), durante l’esilio il cid conquista Barcellona e
Valencia sconfiggendo i musulmani e anche i cristiani conti di Barcellona nemici del
suo ex re. Il cid fa di tutto per riacquistare la fiducia di alfonso e lo fa con la
conquista di Valencia. Riesce a rivedere la propria moglie e le figlie. Ste figlie
vengono chieste in spose da due conti, emblema della piccola aristocrazia che cercava
delle unioni matrimoniali per accedere ai livelli socialmente più alti e arricchirsi. Gli
infanti ti Carillon, cristiani riescono a combinare un matrimonio con le figlie del Cid.
Ci saranno le nozze, il Cid è insediato a Valencia. Gli infanti vanno a Valencia per
sposare ste figlie e si rivelano per come sono: due codardi. Ci saranno degli episodi in
cui verrà ribadita la codardia e la malvagità. Si fanno le nozze e con il pretesto di
mostrare alle due nuove spose le loro terre riescono ad allontanare le figlie del cid da
valencia e se le portano con loro. Le figlie del Cid verranno oltraggiate e inizierà un
processo di vendetta e recupero delle figlie, così come nella chanson dove c’è la
vendetta.
Abbiamo dei xsonaggi femminili che rubano la scena al xsonaggio maschile,
vengono connotate in maniera positiva e ricalcano le figure delle martiri cristiane.
C’è una costruzione di questa scena molto articolata con un’introspezione
psicologica, l’epica iberica si differenzia anche per questo.

‘’Pujan’’ palatale
‘’vergel’’ palatale
‘’Essa noch’’ non è ‘’essa noche’’ per mantenere l’assonanza si mette la parola
tronca.
La lunghezza delle lasse aumenta quando ci sono elementi di forte intensità e si tende
a fare una lassa più estesa senza interruzioni soprattutto nelle assonanze.

I monti sono alti e i rami arrivano a toccare le nuvole


Pujar viene dal latino Podium, gradino più alto. In italiano abbiamo due derivati:
podio e poggio. La trafila dotta è podio e la trafila non dotta è poggio dove lo iod ha
fatto diventare la dentale una palatale. Mentre podio è colto, un latinismo in cui si ha
una forma sulla base etimologico. In Pujar abbiamo anche la palatalizzazione.
‘’Poggiare’’ significa salire in alto, i rami salgono verso l’alto e quasi oscurano i
raggi del sole.
E le bestie feroci girano in torno (adderretor, da ad retrom (?))
Si trovarono in un verziere (Uno dei loci amoeni dei trovatori) con una chiara fonte.
Ordinarono di montare la tenda gli infanti di carillon.
Con quanto loro hanno tratto e lì giacendo per quella notte.
Con le loro mogli al braccio e gli dimostrano amore. (Celano le loro intenzioni
malvage e mostrano amore verso le mogli)
(Qui abbiamo un’ anticipazione->) Ma glielo tolsero quando spuntò il sole.
(Complier, portare a compimento, esaurire) L’autore ci dice che questo quadro
idilliaco è destinato a finire.
E quindi mandarono a caricare i somari (arabismo)
Con grandi averi in quantità (Stanno rubando la dote che le figlie del Cid avevano
portato con loro)
Hanno fissato le tende in cui albergheranno di notte
Verso in avanti erano andati quelli di Criazon (D’avanti erano stati mandati i
servitori. Criazon viene da Criar-> creare significa anche far crescere, creare qualcosa
dal nulla. In portoghese ancora i criados sono i servitori. Coloro che sono nati e
cresciuti sulle proprietà del signore.
Fanno caricare i muli con l’oro e gli averi e dicono a tutti i servitori di andarsene
avanti per non avere testimoni.
Mandano avanti i servitori e così comandorono gli infanti
Che non restasse nessuno uomini o donne
Se non entrambe le loro mogli, donna elvira e donna sol.

La X si legge SH.

Fanno andare via tutti tranne le mogli


E vogliono svagarsi con loro a completo piacimento
Tutti erano andati, loro quattro solo rimangono.
Tanto male commettevano gli infanti di Carrion.
‘’Credetelo bene donna elvira e donna sol
Che qui sarete oltraggiate in questi monti fieri (Escarnir viene da ESCARNIO, dal
germanico scher, oltraggiare)
Oggi noi partiremo e sarete lasciate da noi
Non avrete parte in terra di Carillon (dove dovevano andare)
Andranno con questi ordini (porteranno questi ordini) al cid campeador.
Noi vendicheremo questa azione per la parte di Leon. (Non sappiamo che significa
leon. ‘’Faremo la parte del Leone’’ perché nel momento in cui due infanti vanno a
valencia in vari episodi sono stati codardi e ora dicono che si vendicheranno che gli
hanno detto codardi e ora sono dei leoni. Ma può significare anche ‘’Ci
vendicheremo in nome di Leon’’ la regione iberica’’)
E così le tolgono i mantelli e le pellicce
E le lasciano nel corpo con la camicia e la sottoveste (di seta)
Gli speroni hanno calzato i cattivi traditori.
In mano prendono delle cinghie forti e durature
E quando questo videro le donne così parlava donna Sol:
‘’Per Dio vi preghiamo don pedro e don ferrando
Due spade avete due spade forti e taglienti,
una è chiamata colada e l’altra Dizon.
Tagliandoci le teste noi potremmo essere martiri.
Mori e cristiani con divideranno questa storia
In modo che ciò che meritiamo lo possiamo ottenere. ‘’
Vedendo che la situazione prevederà un oltraggio sta suggerendo di tagliargli la testa
così saranno considerate delle martiri, purtroppo che subire un’umiliazione.

Abiltaredes (betacismo)

Chiede misericordia che presuppone la morte.


Con tanta cattiva strage (Viene da EXEMPLUM ma ha a che fare con scempio)
Non fate di noi,
se noi saremo sferzate avvilirete voi stessi (sarà vergogna per voi)
Ve lo hanno già detto di faccia a corte.
Quello che chiedono le donne non ha nessun pro.
Ora le iniziano a colpire gli infanti di Carillon.
Con le cinghie che corrono velocemente le sferzano
Tanto senza sosta
con gli speroni acuti per i quali loro hanno dolore.
Rompono le camicie e le carni a loro entrambe
Chiaro esce il sangue sopra le sottovesti
E già lo sentono loro nei propri cuori.
‘’ Quale fortuna sarebbe, se piacesse al Creatore
Che apparisse ora il Cid Campeador!
Tanto le sferzarono che senza forze sono (C’è ridondanza, stile formulare perché il
pubblico voleva anche identificarsi perché è una scena chiave che innescherà la
volontà del cid, quindi vuole che il pubblico provi questa volontà di vendetta. Sta
prefigurando il desiderio di vendetta e insiste su questi particolari. Majaron ha a che
fare con ammaccare)
Hanno sporcato di sangue le camicie e tutte le sottovesti.
Stanchi son di colpire gareggiando entrambi a chi darà più colpi.
Già non potevano più parlare, per morte le lasciarono
Nel roveto di Corp (è una località).
Portarono via i mantelli e le pellicce d’ermellino
E le lasciarono svenute in Briales (Tunica) e in camicia.
E agli uccelli del monte e alle bestie di razza feroce.
Per morte le lasciarono, sapete, e non per viva.
Quale sorte sarebbe se arrivasse il Cid Roy Diaz!

Questo episodio è descritto in termini minuziosi per innescare la vendetta. Il primo


innesco è l’esilio (prima crisi) la seconda dall’oltraggio (seconda crisi).

GIOVEDì AULA ALCARO

Orlando Furioso-> parte relativa alla follia. Orlando ha un momento di ira, il furore
di Orlando non è dovuto alla sua prodezza ma avrà una matrice amorosa. Non
qualcosa di epico-cavalleresco. La cavalleria e la cortesia si fondono nel rinascimento
anche grazie alla spinta del romanzo cavalleresco. Il protagonista è il medesimo però
oltre ad essere un paladino è un paladino innamorato.
Don Quixote-> Periodo in cui lo spirito crociato è ancora forte. Cervantes si deve
riprendere da uno scontro e scrive quixote. Quixote è la storia di un folle, Lavora di
fantasia, questa fantasia deriva proprio dalla lettura intensa dei romanzi cavallereschi
medievali iberici che innesca questa voglia di imitare, di essere lui stesso un
cavaliere, rendendo il suo ronzino un palafreno e la sua armatura rovinata, possente.
Nomina suo scudiero Sancho Panza, mette in luce l’elemento della follia,
dell’irrazionalità. In questa parte ci fa capire come funziona la follia del personaggio.
Chanson de Guillaume

Francese antico. Siamo su un altro versante rispetto alla chanson de roland. È un testo
arcaico, paragonabile alla chanson de Roland. È uno dei primi esempi di epica scritta.
Non sappiamo se ci fosse una leggenda orale anche qui, è una forma di epica recitata,
declamata. Guillaume è un personaggio realmente esistito come roland, era un nobile,
il cugino di carlo magno, nipote di Carlo Martello, era Guglielmo d’Aquitania un
grande signore. Alcuni lo identificano come Guglielmo di Gellone o d’Orange.
Aveva combattuto contro i saraceni in varie occasioni tra la metà del 700 e l’800 per
gestire le scorribande saracene. Conquista anche Barcellona. La battaglia di
Carcasson dove presumibilmente sono ambientati i fatti che si svolgono intorno al
790.
C’è stata una razzia di saraceni, di pagani in questa località che si chiama Archanp. I
saraceni arrivano via mare e devastano questa zona. Va a fronteggiarli Vivien, nipote
di Guillaume d’orange che viene sopraffatto e si chiede aiuto a Guillaume che va in
soccorso al nipote ma non riesce a sconfiggere i saraceni. Torna, chiede rinforzi al
sovrano Louis (nome probabilmente fittizio). Guillaume chiede aiuto al re e Louis
non vuole dare aiuto (c’è un tema nuovo, negare il servizio vassallatico di reciproco
aiuto, il sovrano dovrebbe proteggere i vassalli). Dopo aver tentennato Louis da dei
rinforzi a Guilaume d’Orange che a capo di un esercito, insieme a Renard (un pagano
catturato e che era stato convertito ed era diventato cristiano. È un gigante che va in
giro con una grande clava ed è goffo). Insomma, Forte di questo nuovo esercito riesce
a sbaragliare i saraceni. Questo tipo di chanson è antica, la storia a cui fa riferimento
è quella della battaglia di carcasson del 790, viene scritta presumibilmente nel
dodicesimo o tredicesimo secolo, circa 1150. Lo sappiamo deducendolo a elementi
contenutistici: per esempio pesi, misure, monete, nomi di persone o di cose che ci
rendono più facile datare un testo, in realtà è un testo anonimo di cui non si sa
l’autore. Non si sa il luogo di scrittura, l’unica localizzazione che possiamo desumere
è dalla lingua, è in anglonormanno. Per la chanson abbiamo un unico manoscritto che
tramanda questo testo, salvatosi in maniera singolare: fino ai primi del 900 non si
conosceva questo manoscritto. Solo nel 1904 circa uno studioso inglese scopre in un
archivio privato questo manoscritto e che è l’unico esemplare di questo testo. È
disponibile in un unico manoscritto anglonormanno e rivela poco sulla circolazione di
questo testo.

In questo passo si fa riferimento alla codardia, come per gli infanti di Carillon. Qui
vediamo un episodio in cui assume un ruolo fondamentale Reinard dal tinel (reinard
dalla clave). Essendo epica la forma metrica è quella che conosciamo: decasillabi,
lasse e assonanze.
C’è un fenomeno di ibridazione linguistica dove una patina di una varietà linguistica
si sovrappone a un’altra, quindi non ci sono tratti marcatamente anglonormanni. Non
sappiamo quale delle due sia originale.
Troviamo chevalers (tratto franciano) mentre in anglonormanno la palatalizzazione
non ci sarebbe stato. Abbiamo un vocalismo chiuso, cumparer per esempio, tipico
dell’anglonormanno.
Si deve andare ad achanp per dare l’assalto finale. Dopo essersi riposati i cavalieri
devono andare a combattere.
Reneward si leva prima che l’alba appaia
Dalla cucina è ritornato al palazzo. (Il fatto che fosse in cucina, visto che è un ex
saraceno era stato destinato a fare il cuoco da prigioniero ma non abbandona il suo
ruolo di cavaliere).
‘’Munjoi (grido di battaglia) grida, franchi cavalieri, montate!
Quando ci vedranno ad Achanp sul mare,
fuggiti saranno i saracini e i pagani. (Escler ha a che fare con esclavos, esclavonis,
slavoni. Ovvero gli slavi. Gli slavi erano considerati pagani. C’era una religiosità
ancora non cristiana)
Poi A quell’ora non potremo raggiungere!
Dicono i francesi: ‘’Miserabile, lasciaci stare!
Male sia l’ora che il tuo corpo fu nato.
Ancora no ha il gallo ciò credo, che due volte cantato’’
Disse Reneward: ‘’Io lo comando!
(?)E così devo avere chiarezza.
Per la grande fede che io ho giurato a Dio,
Questa volta, se ora non vi alzate su,
io vi faro caro a tutti pagare’’ (Cumparer è comperare, così si diceva in francese
antico.
Questo episodio ha un tema non molto epico, questo gigante va in giro con una clave
e irrompe nel palazzo dicendo di andare a combattere. Stiamo in quel passaggio che
va dai toni epici a toni invece più bassi, meno epici. Caratterizzati dalla presenza in
scena di questo personaggio che nelle tue fattezze non ha un’eccellenza epica. Questo
botta e risposta con gli altri cavalieri continua:
E alza il bastone (clava) e così colpisce su un pilastro
Tanto che una trave ne ha colpito in mezzo.
Tutta la sala fa sopra di loro tremare,
per poco non la ha tutto distrutto. (crepantar)
Per la paura che loro hanno si sono i francesi alzati su.
Mille ce ne sono che perdono le loro scarpe.
E non possono recuperare nessun equipaggiamento.
Mettono le selle ai destrieri focosi
E per ben quindici leghe sono di notte andati. (Si spaventano tanto che escono senza
l’equipaggiamento completo)
La notte fu oscura e nulla del giorno appare
Tutti quanti maledicono Reneward dalla Clava
‘’maledetto sia per i santi miracoli di dio questo briccone , questo poltrone provato.
Poiché a questa ora ci fa errare questi luoghi.
Davvero un grande colpo di spada bisognerebbe dargli.
(Coles è un colpo di spada solo per stordire, in italiano il piattone, dalla parte piatta
della spada)
Continua ad esserci il comico.

Villaine (Guillaume) La W si trasforma in Gu nelle lingue romanze, qua abbiamo la


V. Quindi abbiamo un qualcosa di nordico.
Guillaume aveva condotto la schiera della francia
Fino a che vi vennero all’Archanp sul mare.
E lì videro le barche e le navi.
Signori baroni, disse Guglielmo dal naso curvo,
ora dovete tanto affrettarvi ed andare
poiché noi vediamo saraceni e pagani.
Poiché loro andiamo a sfidarli e a mostrare,
che a torto disonorano la santa cristianità.
Chi ora mi vorrà mostrare fellonia (Codardia)
In battaglia a lachanp sul mare,
congedo da Dio e da me gli voglio donare. (Chi non se la sente e ha paura, se ne vada
e prenda congedo da me e da dio. Ci sono due letture possibili: una lettura è quella di
dire, se voi adesso non difendete la cristianità mi ponete in una posizione di
vigliaccheria, ma c’è un altro valore feudale: quando si giura si giura di dare sostegno
al proprio signore, quindi il giuramento è sacro. Quando si dice che darà congedo da
dio, giurerà il voto feudale, vassallatico).
Cosicché in francia dolce potrà ritornare.
Quando quelli lo ascoltano hanno dio ringraziato.
Tutti i codardi sono da una parte andati,
molto è cresciuta la sua forza e il suo valore (di Guillaume) (Se ne va una parte
dell’esercito, molti eserciti erano mercenari. I mercenari potevano andarsene o peggio
ancora rivoltarsi contro. Per cui i codardi e i mercenari abbandona la schiera, per cui
impoverisce la schiera ma la rende qualitativamente più forte).
La sua forza vassallatica.
in dolce francia se ne vogliono ritornare
vanno da Guillelmo a chiedere congedo.
Ed egli lo concede a loro (lur, anglnorm) e non degna loro di uno sguardo.
(I codardi stanno tornando verso la francia)
Ma non pensate mica che andarono a tanto!
Poiché Reneward li incontra a un gualdo (bosco) (guè viene da wald, una zona
boscosa)
In una strettoia dove dovevano passare.
Al suo collo portava il suo grande bastone.
‘’Signori! Disse lui. Dove volete andare?’’
Il conte Guillaume ci ha dato concedo.
Perché non te ne vieni anche tu, Renewald dalla clava?
E in tanti ci sono di saraceni e di pagani.
E già non ci sarà nessuno di noi che vedrete scampare.
Disse Reneward: ‘’Maledetti, voi mentite!
Male mi avete incontrato per la fede che avete a dio (Per vostra sfortuna) Reneward
adesso diventa il più grande e infervorato guerriero della parte cristiana.
E dunque la loro corsa segue
E così si ha la volontà cambiata.
Più di quattordici ne ha uccisi con la clava,
finché ne ha fatti tutti per forza ritornare.
E venne da Guiglielmo e così gli parla:
‘’Signore Guglielmo, datemi ascolto un poco.
Questi codardi che voi qui vedete
Questa è la mia squadra (dal latino turbam)
Il mio popolo e la mia schiera.
(Si è creato un esercito di codardi e li porta presentandoli come la sua schiera)
Da una parte abbiamo Rolland, coraggioso e forte che ha durlindana, qui l’arma
grottesca e una clava. La retroguardia era formata da rolando ora abbiamo una fila
sarà formato da rinnegati, convinti con la forza.
Ora ci sarà un ribaltamento parodico dell’epica:
In mezzo a loro nella prima linea mettete (metteteli nella prima linea)
Contro le lance acute dei pagani.
Si così lo farò, disse Guillaume
Se dio mi aiuta non mi sarà mai impedito
Quei codardi di cui ora mi avete sentito parlare (parla il narratore)
Poi furono quelli nell’Achanp come baroni.
Grande aiuto diedero a Guglielmo dal naso curvo.
Proprio quel gruppo di codardi tirò fuori un codardo da leoni, fu grazie a loro che si
vince la battaglia.
La chanson de roland e Guillaume sono coeve, sono arcaici. CI fa capire che anche
nel periodo arcaico dell’epica francese c’era già un’epica parodica, grottesca.
Laddove si comincia a fare parodia o aggiungere un elemento comico significa che
siamo in una fase avanzata in cui questo genere di testi era già ben conosciuto. Il
pubblico che ascoltava parlare del gigante la metteva a paragone con la chanson de
Roland. È ancora una parodia mediata, un livello misto in cui la parodia dell’epica
inizia ad essere presente. Mentre poi avremo la parodia vera e propria.

Voyage de Charlemagne en Orient


E un testo parodico, l’intento è quello di divertire. È un’opera quasi religiosa l’epica
perché si parla della supremazia della cristianità. Un argomento granitico come
questo viene sovvertito in maniera parodica, dall’alto al basso. La parodia è evidente
perché a differenza della chanson de Guillaume dove sono creati personaggi ad hoc
come reneward mentre qua abbiamo gli stessi personaggi, i paladini di francia e Carlo
Magno. Il testo è anche chiamato pelerinage de charlemagne en orient, dove già nel
titolo compare il nome di Carlo Magno, un personaggio quasi mitico. Ci sono
oscillazioni sul titolo quindi ci sono problemi a livello filologico. Si tratta di un testo
molto problematico, un testo che è tramandato da un codice unico: si tratta di un testo
epico anche se è parodico. Conserva dei tratti dell’epica (stile formulare, lasse
assonanzate) ma non ha il verso dell’epica, non ha il decasillabo ma piuttosto
l’alessandrino. Si chiama alessandrino perché è usato sulle narrazioni di carlo magno.
L’alessandrino è più lungo di due sillabe rispetto al decasillabo: sei emistichi con
cesura interna (Nell’epica abbiamo 4, cesura, 6 o 6, cesura, 4) Qua abbiamo la cesura
dopo 6 parti. È una struttura ridotta, la lunghezza è di 890 versi. La parodia, lo
scherzo, si può condurre per un numero ridotto di versi. I contenuti sono chiaramente
anti-epici. Sono parodici. Ci saranno dei contenuti epici a livello strutturale narrativo:
mettersi in viaggio, prove da superare, andare al santo sepolcro però non ci saranno
battaglie o uccisioni. È un testo in cui si vuole prendere l’aspetto epico ma cambiato
nella modalità di rappresentazione.
La storia è semplice e parodica già dall’inizio: i personaggi vengono rappresentati in
maniera forzatamente solenne. Nella scena iniziale carlo magno si pavoneggia di
essere la persona più potente al mondo. Questo modo di fare è per cercare il consenso
dei suoi baroni, l’unica persona che non acconsente a dire che è il migliore è sua
moglie. Carlo Magno chiede spiegazioni e la regina dirà chi è più forte di lui, Ugo il
forte. Ugo il forte è un immaginario sovrano di Costantinopoli (tratti di esotismo). Si
cerca di presentare al pubblico un personaggio verosimile che si trova in una città
anche reale ma lontano ed esotico. Ricco, potente, con grandi domini. Carlo Magno
deve incontrare questa persona. Per convincere la propria moglie che si sbaglia parte
per questo viaggio che è anche un pellegrinaggio. Per coinvolgere i baroni gli dice di
andare in pellegrinaggio a Gerusalemme. La prima tappa sarà Gerusalemme dove
incontrano il patriarca che onora Carlo Magno e carlo magno chiede se davvero esiste
sto re e lui gli dice di sì. La seconda tappa sarà il passaggio a Costantinopoli. Giunti a
Costantinopoli trovano Ugo il forte con amplificazioni anche grottesche dello sfarzo
di questa corte. Ugo il forte, che vuole glorificarsi, da uno sfarzosissimo accoglienza
a carlo e i suoi paladini. Dopo aver trascorso una serata alcolica iniziano un gioco, il
gap (?), si comincia per gioco a proporre delle imprese impossibili. Così fanno i
cavalieri di carlo magno, vengono ascoltati da delle spie di ugo i forte che decide di
metterli alla prova: ciò che avete detto ieri sera dovete metterlo in pratica e allora
iniziano tutta una serie di prove. In genere l’epica finisce sempre bene per carlo
magno e vinceranno tutte le sfide anche aiutati dalla provvidenza divina e Carlo
Magno potrà tornare in francia e dire che è meglio di Ugo.
Per questo brano esisteva un unico manoscritto conservato al British museum, questo
unico manoscritto scompare nel 1879, sparisce. Per fortuna erano state fatte delle
trascrizioni moderne e quindi tutto ciò che possiamo sapere e leggere è a partire da
queste edizioni fatte nella seconda metà dell’ottocento. Non sappiamo datarlo perché
nell’800 non c’erano strumenti per datarlo, ma se le trascrizioni sono corrette
possiamo dire che è un testo arcaizzante. Siamo intorno al 1150, non sappiamo
l’autore ma abbiamo informazioni dalla lingua su una circolazione anglonormanna.
Non sappiamo se c’è un origine franciana con una patina di trascrittori
anglonormanni o viceversa.
Ex. Carlemaines invece di Charlemagne
Carlo Magno e i paladini sono arrivati a Costantinopoli e vengono alloggiati:
(Abbiamo la chiusura in U di diverse vocali A) e l’oscillazione della velare che ogni
tanto viene velarizzata e ogni tanto palatalizzata.

I francesi furono alle camere e così bevvero del vino (Chambre> CAMERAM, cade
nasale finale, la A si trasforma in E. Sincope della vocale atona, poi ci sarà un
fenomeno, l’epentesi: l’inserimento di un suono non etimologico che serve per
rendere un passaggio consonantico più pronunciabile. E poi la palatalizzazione).
E dice l’uno all’altro: guardate che grande bellezza! (In francese antico è ancora
VEER il verbo vedere dove è ben precisa la semplificazione, la lenizione che arriva
fino al dileguo della occlusiva dentale intervocalica di Videre), Lenizione di primo
grado in provenzale Vezer e in italiano no, vedere.
Guardate che bel palazzo e che potente ricchezza!
Piacesse al re della gloria, di santa maestà (Dio)
Che Carlo Magno, nostro sire avesse conquistate (acaptare)
Attraverso le sue armi in una battaglia di campo! (Peccato che queste ricchezze non
le abbia conquistate in battaglia)
E allora carlo magno disse loro: ‘’Adesso dobbiamo gabbare’’ (fare il gioco)
‘’Il re ugo i forte non ha nessun cadetto
Di tutto il suo esercito, che tanto sia ben forte
Che avendo vestito due corazze e due elmi allacciati,
si sieda su un destriero che corre e ben riposato. (Se ugo mi sceglie il suo miglior
cadetto e lo fa vestire con due corazze e due elmi –iperbole- )
Se il re mi presta la sua spada adornata da un pomo d’oro
Così io colpirò sugli elmi laddove saranno più spessi.
Taglierò le due armature e gli elmi gemmati
E il feltro e inoltre la sella del cavallo riposato.
La spada (il brando) colpirà in terra
E così io la lascerà andare
E non ci sarà più nessuno salvato per alcuna persona
Finché non sia di un’asta piena infilata nella terra.
Dice che riuscirebbe con un solo colpo di spada a ucciderlo e ad arrivare fino a un
metro, è una sbruffonaggine, è un’azione che crea un collegamento intertestuale,
allude al testo della chanson de Roland, l’epica vera nel passo della battaglia. Nella
chanson de roland l’azione era vera, qui è messa in ridicolo. Viene presa un’azione
che è abbastanza enfatizzata, qui per renderlo parodico viene amplificato oltremodo,
oltre misura, viene caricato per renderlo qualcosa di burlesco e impossibile.
‘’Per dio’’ disse la sentinella, ‘’è davvero ben forte e possente’’ Ugo prima li fa bere
e poi le fa spiare. La sentinella la prende per una sfida reale, non come una
sbruffonata.
Folle fu il re ugo quando volle accoglierli.
Se questa notte ancora sento dire delle cose folli
Al mattino appena arriva l’alba li farò congedare.
Tra un brindisi e l’altro carlo esorta ognuno a dire una sbruffonata con un
esagerazione nei contenuti sempre più alti.

Disse l’imperatore: gabbate adesso bel nipote Rolland!


Volentieri disse lui, sire. Eccomi al vostro comando.
Dite al re Ugo che mi presti il suo olifante (Si sta rimettendo in moto,
risemantizzando degli elementi propri dell’epica vera, della chanson de Roland.
Prende ciò che non aveva voluto fare in battaglia)
E poi io me ne andrò là di fuori in quella pianura.
Tanto sarà forte il mio respiro, e il vento così fragoroso (bruant viene da bruir che
viene dal latino RUGIRE. Rugire in latino era un fracasso. C’è un inserimento non
etimologico di un suono consonantico D, la vocalizzazione della velare). Soffierà il
corno così forte che questo soffio sarà forte
Che in tutta la città che è così ampia e grande
Non resterà più porta o piccoli usci in piedi
Di rame né d’acciaio sia se forte o pesante.
(Tun è in realtà L’un, errore di stampa)
Che l’uno lo sbatta contro l’altro per il vento così fragoroso. (Ci sarà un vento, una
tempesta tanto potente che sconvolgerà Costantinopoli facendo saltare gli usci).
Molto è forte il re Ugo se egli si mette davanti
Lui perde la barba e i baffi poiché si bruciano.
E le grandi pelli di Martora perderà che ha al collo volando via.
E la grande pelliccia d’ermellino dalle spalle sarà rovesciato’’. (Iniziamo ad andare
sempre più sul personale. Abbiamo l’elemento dell’olifante ma anche un altro
elemento: gli farà volar via le pelli di Martora. Nella Chanson de Roland abbiamo un
personaggio a cui volano via le pelli di Martora dal collo, ovvero Gano. Riprende
esattamente la scena in cui rolando si trova davanti gano, gano si oppone, viene
messo in difficoltà e in un momento di ira getta dal collo le sue pelli di martora)
Per dio, disse la sentinella, qui hanno mal gabbato!
Che folle è stato il re ugo che ha ospitato tale gente.
(Eschut ha a che fare con AUSCULTARE, L’echut è colui che si mette in ascolto.
Nell’inglese abbiamo scout, che hanno della funzione di ricerca. Quelli che vanno
avanti e vedono dov’è il nemico, info sul territorio e poi tornano a dare queste
informazioni. Gli scout ha una trafila linguistica che viene dall’antico francese che
entra nel lessico grazie all’antico francese).
Gabbate, messer Oliver! Disse Rolando il cortese (Rolando tutto è fuori che cortese)
Volentieri disse il conte, ma che carlo lo conceda!
Prenda il re sua figlia che tanto ha i capelli biondi
Nella sua camera ci metta in un letto che richiederemo.
Se io non la possiedo tutta la notte secondo la sua testimonianza, cento volte,
domani io possa perdere la testa.
Questo per patto glielo concedo.
‘’Per dio’’ disse la sentinella ‘’voi vi ricrederete prima.
Grande onta avete detto che lo sappia il re
E mai più nella sua vita vi amerà’’

L’ultima parte bisogna vedere se ce la fa olivieri a fare quello che ha detto. Il re


concede sua figlia

(Fllle-> Fille. Errore di stampa


Dune-> dunc. Errore di stampa)
E allora disse ugo il forte che non siera dimenticato mica
Che qui sta olivieri che disse grande follia
‘’Che in una sola notte avete posseduto sua figlia
E disonorato sia in tutte le corti se io non glielo conceda!’’
E così non glielo vieto, dunque non me ne privo io mica
Ma se sbaglia una sola volta per la sua stanchezza
Taglierò a lui la testa con la mia spada forbita.
Lui e i dodici pari sono condannati al martirio.
Carlo Magno se ne ride poiché in dio si affida
E dice all’altro queste parole:
‘’Giammai lo lascerete libero
Tutto il giorno si divertono, giocano, e si svagano (Si affidano alla provvidenza, non
si rattistano prima della prova ma giocano)
Nessuna cosa che loro chiedono non viene loro negata
Fino a che viene la notte e tutto quanto diventa scuro
Eil re fa nella sua camera condurre la figlia
E vestita tutta di palio e di veli.
Ella ha tutta la carne (ean-> carn) tanto bianca
Come un fiore di Biancospino.
Olivieri entra lì e comincia a ridere (è fiducioso perché si affidano a Dio. Chiedono
per queste loro azioni l’aiuto divino)
Quando lo vide la pulzella molto si è spaventata.
Tuttavia gli fu cortese e gentili parole ha detto:
Signore, siete voi usciti dalla francia per uccidere noi femmine?
E risponde Olivieri: non lo temiate dolce amica
Se mi volete credere del tutto ne sarete salva.
Olivier giace nel letto accanto alla figlia del re
E verso di sé l’ha girata e così l’ha baciata tre volte.
Lei era molto accorta, egli disse in maniera cortese:
‘’Dama, molto siete bella, dal momento che siete la figlia del re.
‘’E perciò’’, così disse molto sfottendo, ‘’giammai voi non dovete temere.
Di voi mai volentieri voglio prendere a forza’’.
‘’Messere’’ disse la pulzella ‘’abbiate pietà di me’’(La dama chiede merce al suo
corteggiatore)
Giammai non sarò lieta se voi mi disonorate.
‘’Bella’’ disse olivieri ‘’io sono a vostro comando.
Ma che di me, del mio giuramento mi sciogliate verso il re.
‘’Di voi farò la mia amante, e io non ne vorrò altre avere’’ (Se reggete il gioco sarò
vostro amante fedele)
‘E così al ben cortese, e giurò la sua fedeltà
E il conte non fece più quella notte che trenta volte.
Al mattino, è venuto lì il re e chiama sua figlia
E così gli dice chiedendo. ‘’Ditemi bella figlia
Vi ha avuto quindi cento volte?’’
E lei gli risponde:’’Certo bel sire re ‘’
E non chiedete se si arrabbiò il re,
venne errando al palazzo dove carlo era.
Dicendo il ‘’primo è andato’’
È un incantesimo, ciò credo.
Ora voglio sapere dagli altri se è menzogna o è vero.

C’è il finto amore cortese. La tematica religiosa, chiamare dio per risolvere situazioni
come queste è una presa in giro.

Strumenti lessicografici:
Lingue romanze: REW (archive.org)
Provenzale: Levy Petit, Levy supplement.
Breve Diccionario etimologico de la lengua castellana, Corominas.
Petit dictionnaire provençal-Français, Emil Levy (archive.org)
Dictionnire étymologique de l’ancien français
Anglonormanno : ANglo-Norman dictionary
Italiano : TLIO tesoro della lingua italiana delle origini

Ogni fenomeno commentato deve riguardare tutte le lingue romanze.


Per vedere le basi etimologiche usiamo il REW.
Grammatiche storiche:
Provenzale: Roncaglia, la lingua dei trovatori
Francese: Roncaglia, la lingua d’oil
Italiano: Serianni, lezioni di grammatica storica italiana
Spagnolo: pellegrini, grammatica storica spagnola
Portoghese Nunes, compendio de gramatica historica portughesa.
Sistema bibliotecario di ateneo catalogo generale.

MODALITà ESAME

Prima lettura dei testi, Traduzione , analisi linguistica. Porta due testi di aree
linguistiche differenti (No francese e provenzale No spagnolo e portoghese): un testo
dall’area galloromanza, un testo da italoromanza, un testo da iberoromanza.
Due liriche, due epiche o una lirica e un’epica.

- Capitolo 11 non va fatto (i testi commentati)


- Capitolo 5 non va fatto

(FAI BENE Relativo al latino, ai caratteri delle lingue romanze, l’edizione dei
testi, storia della filologia)

Profilo delle letterature:


La parte da saltare è 1.1 agiografica religiosa
Letteratura catalana e letterature romanze minori (capitolo 5 va saltato)
Il 6 va fatto.

SEMINARIO 15 MAGGIO SULLO SPAZIO


Lo spazio nel teatro. Il teatro è uno spazio, un edificio. Etimologia tseatron, le
gradinate dove si sedevano gli spettatori. Il teatro secondo Ortega è un’esperienza
visiva, un’arte visionaria e spettacolare. Prima di essere letteraria, è un’esperienza
spettacolare. Ortega parla del teatro all’italiana. Pone due realtà: la sala e la scena che
sono divise. Alla sala appartiene il pubblico, alla scena gli attori. Nel 500 si
recuperano le opere di Vitruvio e si costruiscono i teatri. Il primo teatro è l’olimpico
di vicenza. La scena è ancora un tutt’uno con la sala. I primi teatri autonomi sono
costruiti a Venezia e genova nel 600. Troviamo i teatri autonomi e a pagamento.
Questi teatri hanno ormai la divisione tra sala e scena. La sala è divisa. In questi teatri
si mette in scena per prima cosa il melodramma.
I primi teatri al sud saranno costruiti verso la fine dell’ottocento. Poi nel 20 secolo
abbiamo nuove soluzioni sceniche, si ritenta di creare un dialogo tra scena e
spettatori.

In latino destra era DEXTRA


Per sinistra c’erano SINISTRA, LAEVA E SCAEVA.

A livello semantico si aggiunse un valore traslato, di tipo religioso. La destra era


associata al volo degli uccelli, la destra associata a fortuna, la sinistra fu connotata
come simbolo di sciagura. Per il cristianesimo ha anche un’accezione negativa. Ne
‘’il racconto del graal o perceval’’ c’è un pezzo in cui la sinistra significa vana gloria
e ipocrisia. A questa altezza cronologica ancora si usa senestre e destre in francese
antico.
Poi abbiamo l’avvio del cantar del mio cid, il cid è stato mandato in esilio. L’autore
adopera i termini diestra e signestra, la presenza della cornacchia sulla destra è buon
augurio, la cornacchia a sinistra preannuncia l’asprezza dell’esilio.
Anche in occitano in ambito trobadorico, in un componimento allegorico leggiamo la
pace associata alla destra e la guerra alla sinistra.
Con la fine del medioevo il termine per sinistra cambia e poi cambierà anche la
destra.
Abbiamo isquierda, esquerra, eskerr, gauche, zanca (ladino), manca (sardo), stinga
per il romeno. Le lingue romanze cercano un sostituto per esprimere il concetto di
sinistra per evitare le parole derivate da sinistra ormai troppo vicine all’immaginario
della sciagura. Si evita un termine legato a un tabù, un meccanismo simile
all’eufemismo.
I nuovi termini provengono da:
Basco: eskerr (area iberica)
Antico francone:*wenkjan (galloromanza)
Slavo: stinganesc per romeno.
Le aree lessico semantiche ed etimologiche delle nuove parole designanti la sinistra
hanno a che fare con ‘’eskerre’’ che vuol dire mano piegata, storta.
Per l’area galloromanza wenkjan ha a che fare con curvare, piegare.

In analogia con quanto avvenuto per la sinistra anche per la destra si adotta un
modello che indica in opposizione concettuale ‘’ciò che non è piegato, diritto,
agevole’’
Da DEXTRA si passa a DIRECTA. (dereita, derecha, droite, dreapta).
L’italiano mantiene sia destra che sinistra. Ma nel lessico nautico si usa ‘’diritta’’ per
indicare la destra.
La fase di sostituzione è lunga e progresiva: riguarda prima la sinistra e poi la destra.
In francese la prima attestazione di gauche è del 1471, izuierda del sedicesimo secolo.
Droite nel 500, derecha nel diciassettesimo secolo.
Dante oscilla tra manca, sinistra e mancina.

SEMINARI DI DE SALAZAR
La Romania è una regione abbastanza giovane, ha compito 100 anni nel 2018. Nel
1857 si erano uniti Valacchia e Moldavia. A conclusione della prima guerra
mondiale, ad Alba Julia la romania si riunusce: La Transilvania si unisce al resto
della Romania. Da Romanum abbiamo Roman. Tuttavia il termina roman o ruman
non denotava solo il popolo ma indicava la classe sociale di appartenenza: In romania
si sono avvicendati diversi popoli dove c’erano degli autoctoni sopraffatti da altri
popoli. Roman designa non solo gli abitanti di questa zona ma coloro che sono servi.
I turchi, arrivarono a conquistare il territorio dell’Ungheria e la Transilvania crea un
principato autonomo che stava bene agli ottomani, In questo principato i roman non
stavano nel consiglio di potere di questo principato, i roman erano sempre subalterni.
Nei documenti si parlava spesso di valecchi, di tran silvani etc, si parlava di
‘’roman’’ solo nel caso dei mercanti per esempio.
Spesso in Italiano prevale il ‘’Ru’’ (Rumeno), ma la variante con la O inizia a
imporsi nel periodo fascista, visto che i due stati erano convergenti sull’asse e
volevano marcare la propria latinità tentando di imporre la parola con la O. La
variante romena è più vicino alla variante autoctona, Roman. Quello con la U è
l’evoluzione normale.
Il romeno è l’unica lingua romanza che non è nella romania continua. La Romania è
staccata dal resto della Romania. È un isola di latinità in un mare slavo. È singolare il
fatto che avendo dei ceppi linguistici così forti, pensare che si è mantenuta una lingua
dal carattere romanzo. Le attestazioni scritte in lingua romena sono molto tarde.
Intorno al XVI secolo.
C’è stata la conquista della Dacia. La Dacia Felix, la Dacia felice e prospera che vede
l’arrivo delle truppe romane. L’arrivo delle truppe romane fu all’incirca nel 101 a.c.
per opera di Traiano. Nel 106 viene portata a compimento la conquista della Dacia,
con la sconfitta di Decebalo da parte di Traiano. C’erano già stati prima dei contatti
tra i romani e i daci, ma erano più che altro degli scambi commerciali. La lingua
dacica era una lingua indoeuropea, solo che tra questo tipo di lingue indoeuropee era
una lingua satem: la parola per 100 viene da satem (al contrario di altre lingue
romane che sono centum, in cui la parola per 100 deriva da 100). Del daco è rimasto
molto poco, quasi nulla. Non essendoci testimonianze scritte, per determinare il
sostrato daco si fa ricorso all’albanese. La legione era molto grande, questi soldati
parlavano un latino non colto, un latino volgare. Già nel V, VI secolo iniziano ad
arrivare gli slavi: la particolarità del romeno sta anche in questo, gli agenti di
superstrato sono diverse rispetto a quelle che hanno toccato altre lingue romanze.
Questi effetti di superstrato sono diversi rispetto alle lingue romanze occidentali.
Come si passa dal latino al romeno? C’è una teoria che sostiene che il romeno si sia
sviluppato soltanto al sud del danubio perché si supponeva che la popolazione
romanizzata fosse stata portata a sud del danubio. Ma ciò non è valido innanzitutto
perché non c’è stato uno sterminio dei Daci o dei Romani. Aureliano porta con sé le
truppe, non porta con sé tutta la popolazione e non si hanno tracce di questo esodo. Il
romeno non si sviluppò particolarmente a nord o a sud, ma sia a nord che a sud inizia
a differenziarsi la lingua romena. Ci sono dei motivi che ci fanno capire che la lingua
si sia sviluppata sia al di sopra che al di sotto del Danubio: per esempio il fatto che ci
sono delle tracce del latino al sud con i riferimenti al fico e al castagno che nelle altre
lingue vengono chiamate diversamente. A nord invece si attestano delle parole come
‘’aur’’ che viene da ‘’aurum’’ e ‘’picula’’ che è la pece. Cosa conserva dal latino?
Il romeno è una delle lingue più conservative, innanzitutto perché è l’unica lingua
romanza che conserva le declinazioni. La declinazione è molto ridotta, l’ablativo non
c’è più, il vocativo è circoscritto a pochi casi e abbiamo nominativo/accusativo stessa
forma e genitivo/dativo stessa forma. Un altro aspetto è il neutro, conserva quest’altro
genere che si comporta al singolare come un maschile e al plurale come un
femminile. Per quanto riguarda l’articolo indeterminativo abbiamo anche quello
plurale. Ha l’articolo determinativo ma è l’unica lingua che ha l’articolo
determinativo enclitico e posposto, si lega alla parola ed è posposto.
C’è un lessico panromanzo (come le parti del corpo) e un lessico diverso. Ci sono
parole che sono conservate solo in alcune lingue romanze tra cui il romeno come
bello che si dice ‘’frumos’’ che viene da ‘’fromosum’’ . Oppure mangiare abbiamo
‘’a manca’’ da ‘’manducare’’ (che troviamo in altre lingue romanze tranne spagnolo).
Cucchiaio si dice ‘’lingura’’ che lo ha conservato solo il romeno (che viene da
lingula, il cochelarium era un cucchiaio di metallo).
Abbiamo l’influsso slavo, l’influsso ungherese, dal turco.
Il romeno è parlato in Romania, in Moldavia (con l’influenza russa, fino a poco
tempo fa si usava il cirillico), si parla nelle comunità romene all’estero, nella zona
della Bucovina che fa parte dell’Ucraina.
Quando parliamo di romeno parliamo di Dacoromeno (al nord del danubio)
A sud del Danubio abbiamo l’aromeno o macedo romeno (che si parla in Macedonia
con pochi parlanti, in parte della Grecia, Serbia, Bulgaria)
Poi abbiamo il meglenoromeno (nord della Grecia e una zona della romania)
L’istroromeno (Che si parla nella zona dell’Istria).
Questi tre dialetti romeni si sono staccati dal romeno.

Il sostrato della lingua romena è un sostrato diverso dalle altre lingue: abbiamo il
daco. Anche i superstrati sono diversi, ad esempio abbiamo l’ungherese. Popolazioni
che sono arrivate che non sono state le stesse nelle altre nazioni romanze. Lo slavo ha
la stessa influenza che hanno avuto le lingue germaniche nelle altre lingue (ad
esempio la parola ‘’ricco’’ in romeno viene da bogat che è slavo, mentre nelle altre
lingue è derivato dal germanico).
Il romeno e l’italiano hanno dei fenomeni vicini. Il romeno è una lingua molto
conservativa, con l’italiano condivide alcuni tratti, per esempio uno dei primi aspetti
è il plurale: il plurale dei sostantivi in romeno come in italiano è un plurale vocalico
(al contrario delle altre lingue romanze che spesso fanno in –s). Il romeno ha avuto
un evoluzione diversa, perché la ‘’i’’ del plurale è servita poi per palatalizzare la
consonante precedente (infatti non si sente e palatalizza la consonante prima). Poi,
così come in italiano da Nos e Vos derivano Noi e Voi. Un’altra caratteristica che
accomuna italiano e romeno è la seconda persona singolare del verbo che è in ‘’i’’, le
altre lingue romanze invece in –s.
Una cosa è marcata quando è specifica di quella lingua. Più è alta la specificità
all’interno di una lingua, più si dice che quella lingua è marcata per quel carattere. Il
romeno è marcato per i casi perché è l’unica lingua che ce l’ha.
A livello di sintassi come fenomeno panromanzo abbiamo il passaggio dalla forma
OV a VO. Poi dall’ ‘’aggettivo-nome’’ del latino si passa al ‘’nome-aggettivo’’ delle
lingue romanze.
Il sistema dei casi è una specificità del romeno.
Dal neutro latino le lingue romanze hanno assimilato le parole neutre nel maschile o
nel femminile: mare era neutro e diventa maschile in italiano e femminile in francese.
In Italiano il neutro non è una categoria, è una categoria chiusa. In romeno è una
categoria molto viva perché per esempio si arricchisce anche dei neologismi: i
neologismi si assimilano nel neutro.
L’articolo è un’innovazione panromanza in tutta la Romania. È un’innovazione
rispetto al latino.
Tutte le lingue romanze hanno un avverbio con il suffisso –mente. Questo non esiste
in romeno, il romeno inizia a delinearsi simile ad altre zone periferiche come i dialetti
centro-meridionale. In romeno si utilizza l’aggettivo con valore di avverbio.
Un altro aspetto è il condizionale. In latino il condizionale non c’era e poi si è
formato in ambito romanzo con l’infinito e il verbo ausiliare avere (Cantare-habebat-
che diventa Cantare habia e poi cantar hìa). Nelle lingue romanze viene ad essere
sintetizzato. In romeno abbiamo un condizionale non sintetizzato: l’ausiliare avere è
in una forma particolare e poi il verbo. Abbiamo delle particelle in romeno che sono
forme particolari dell’ausiliare avere (as, ai, ar, am, ati, ar+ infinito. Per esempio as
lucra, ai merge).
Nel romeno per il futuro si usa una forma di volere-> La particella non è più quella
che si usa per il verbo avere ma ci sono sei particelle più l’infinito (voi, vei, va, vom,
veti, vor). In romeno abbiamo 3 tipi di futuro, c’è una formula simile alle nostre che è
quella del verbo avere più il congiuntivo, usato per azioni di necessità. (Forma simile
a quella presente nei dialetti. Am sa fac, può essere ‘’ho da fare’’ ed esprime il
futuro).
Il passato prossimo usa solo l’ausiliare avere come in spagnolo.
Per il comparativo abbiamo una forma analitica panromanza (più bello, meno bello)
però in romeno abbiamo una derivazione che troviamo anche in altre lingue che viene
dal ‘’magis’’ latino e quindi ‘’più’’ diventa ‘’mai’’. Non esiste il comparativo
sintetico ‘’migliore’’ ‘’peggiore’’. Non c’è neanche il superlativo assoluto in –issimo.
Per quanto riguarda il numero, dall’uno al 10 e il mille sono panromanzi. Il cento è
diverso, lo prende dallo slavo ‘’sto’’. Abbiamo il due femminile che è un’altra
particolarità. Il tipo di numerazione che abbiamo dall’11 in poi, abbiamo lo spagnolo
che è sintetico fino al 15, l’italiano è sintetico fino al sedici. In romeno dall’undici
abbiamo una forma particolare: unsprezece, doisprezece che viene da ‘’uno super
decem’’, uno su dieci. ‘’Super’’ diventa ‘’spre’’. Sembra che gli elementi sono latini
ma la costruzione è slava. C’è un’altra spiegazione interessante che è quella che vede
un riferimento ancora più antico: visto che era un popolo prevalentemente di pastori,
si pensa che per contare si utilizzasse una bacchetta di legno su cui si facessero delle
tacche e dopo la decima tacca i trattini si mettevano sopra in orizzontale rispetto a
quelli verticali.

Potrebbero piacerti anche