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CAP I, LE LINGUE ROMANZE

Lingue romanze – lingue derivate dal latino con l’espansione dell’Impero Romano.
L’area in cui vengono parlate si chiama Romània.
Romanzo – avverbio latino romanice, riferito al romanice loqui opposto al latine loqui.
Si distinguono 9 lingue: portoghese, spagnolo, catalano, provenzale, francese, italiano, sardo, ladino,
romeno. La 10 sarebbe il dalmatico, ma l’ultimo parlante è morto nel 1898.
Friedrich Diez inizialmente ne isolava solo 6, escludendo catalano, sardo e ladino per la poca influenza
politica e culturale rispetto alle altre lingue.
Le lingue romanze vengono raggruppate in 5 famiglie:
-balcanoromanzo: romeno e dalmatico;
-italoromanzo: italiano e sardo;
-retoromanzo: friulano, ladino, romancio;
-galloromanzo: francese, francoprovenzale, occitano;
-iberoromanzo: catalano, spagnolo, portoghese.
Molte lingue romanze hanno parlanti anche al di fuori delle frontiere classiche, a causa della colonizzazione
di Vecchio e Nuovo Mondo da parte delle popolazioni della Romània; diffondendosi in altri continenti,
nasce quella che viene chiamata Romània nova distinta da quella antiqua.
In questi casi si parla spesso di lingue creole, le quali nascono in situazioni particolari, come la tratta degli
schiavi. Un pidgin è una lingua senza parlanti nativi, ma impiegata in ambiti professionali, come il
commercio. Quando un pidgin diventa lingua madre in una comunità si parla di processo di creolizzazione,
ovvero la formazione di una lingua creola. In Romània nova vi sono varietà linguistiche che spesso
assumono una struttura morfologica diversa da quella originale.
Esiste anche una Romània submersa, un’area in cui, nonostante facesse parte dell’Impero, il latino è stato
soppiatato da altre lingue, perlopiù germaniche o slave (es. Vallo di Adriano).

CAP II, IL LATINO


Le lingue romanze derivano dal latino, il quale a sua volta fa parte di una famiglia linguistica chiamata
indoeuropeo; la lingua d’origine viene definita come lingua madre, quelle derivate come lingue figlie.
La lingua madre sembra fosse originaria di un popolo nell’Asia centrale intorno al 3000 a.C., il quale migrò
verso parte di Asia ed Europa. Sono indoeuropee le lingue:
-germaniche: tedesco, inglese, olandese, svedese;
-slave: russo, polacco, bulgaro, croato;
-celtiche: gallese, gaelico, bretone;
-gruppo italico, contenente il latino;
-greco e albanese.

Le lingue italiche dovrebbero essere arrivate nella penisola intorno al secondo millennio a.C., contenenti
anche l’osco-umbro, i cui esempi si trovano nei graffiti a Pompei e nelle Tavole Iguvine a Gubbio.
Vi erano anche altre varietà linguistiche, come greco, celtico ed etrusco.
Il latino in origine veniva parlato solo nella zona laziale, si diffuse poi gradualmente in un’area più vasta.

Il periodo di espansione del latino copre un arco di circa quattro secoli:


-III sec. a.C. Italia centro meridionale;
-II sec a.C. Iberia (Jugoslavia), Illiria (Albania), Italia settentrionale;
-146 a.C. Africa;
-118 a.C. Gallia merdionale;
-50 a.C. Gallia settentrionale;
-15 a.C. Rezia (Svizzera e Austria);
-107 d.C. Dacia (Romania).
La data della caduta definitiva dell’Impero Romano d’Occidente è il 476 d.C.; il latino parlato all’epoca delle
prime conquiste non era lo stesso parlato al momento della caduta dell’Impero.
-Variazione di tipo storico, con il tempo tutte le lingue evolvono di generazione in generazione;
-Variazione geografica, legata al diverso apprendimento delle lingue nelle colonie, nelle quali vi è la
tendenza all’introduzione di termini della propria lingua, cambiando suoni, lessico e grammatica;
-Variazione di tipo stilistico, la lingua differisce tra lo scritto e il parlat, in situazioni formali e non, etc…

Il confronto fra le lingue romanze trova molte forme derivate da un latino che non coincideva con la lingua
“classica” tipica di Cicerone e Virgilio. La linguistica comparata rivela delle differenze tra il latino
tramandato dalla letteratura e quello basico utilizzato dai parlanti delle lingue romanze.
Si distingue dal latino classico il latino volgare o protoromanzo, considerato in qualche modo scorretto.
Secondo il romanista Roger Wright, per sermo vulgaris ci si riferiva alla varietà parlata da tutti, in quanto è
normale che venisse usato uno stile meno formale nel linguaggio quotidiano; nei testi latini tramandati vi
sono esempi di una lingua che seguiva regole della retorica classica.
Conviene usare il termine latino per indicare in generale la lingua dalla quale derivano le lingue romanze.

Alcuni autori utilizzano tratti linguistici regionali o non standard, come lo stile familiare nelle lettere
Familiares di Cicerone. Alcune forme utilizzate da Plauto, nonostante fosse un autore del periodo arcaico,
sopravvivono nelle lingue romanze nonosante siano state rifutate dalla lingua classica.
Petronio nel Satyricon provò a imitare la lingua degli schiavi liberati nella scena della Cena Trimalchionis.

Per il materiale epigrafico, interessanti sono le iscrizioni “private”, le quali non danno indicazioni sulle
diversità regionali del latino. Il quarto volume raccoglie i graffiti di Pompei, testimonianze databili prima del
79 a.C., anno dell’eruzione del Vesuvio.

Alcuni testi vengono definiti “pratici”, come il trattato di architettura di Vitruvio, contenenti uno stile più
gergale e meno formale, privo di velleità letterarie.

Le prime comunità cristiane erano formate dagli strati più bassi della società, e spesso non erano neanche
di origine romana. Lo stile utilizzato dai testi religiosi era dunque più semplicistico e meno formale, per
veicolare il messaggio. Le prime traduzioni della Bibbia, dette come insieme Vetus Latina, usano una lingua
con diversi scarti dalla norma “classica”. Verso il IV secolo, autori come San Girolamo e Sant’Agostino
useranno in parte una retorica più complessa, perché la lingua del cristianesimo non doveva essere
inferiore. Una testimonianza importante è quella su un viaggio in Terra Santa noto come Itinerarium
Egeriae; l’autrice lascia trapelare la propria cultura dallo stile del racconto, ma la lingua utilizzata usa una
morfologia, lessico e sintassi più vicini al romanzo che al latino classico.

Dopo la caduta dell’Impero d’Occidente viene meno il modello linguistico romano e la lingua scritta si
discosta sempre più dalle norme classiche, in quanto non venivano più insegnate o praticate.

Le grammatiche forniscono una fonte indiretta di informazioni sulla lingua.


Le grammatiche sono normative o prescrittive, dicono quali forme sono corrette in base all’uso degli
autori. L’Appendix Probi è il testo più noto per la linguistica storica romanza; è un elenco di 227 parole
contenenti la forma corretta e quella errata. Inizialmente si pensava contenesse errori di pronuncia, mentre
sono invece ortografici, rivelando come si scriveva.
Nell’espansione del latino occorre tenere presenti:
A) I processi di convergenza linguistica;
B) Le politiche linguistiche.
Registri linguistici: sermo urbanus / sermo rusticus.
Tale distinzione è ricavata da testi scritti; il latino volgare contiene registri linguistici diversi.
CAP III, INFLUENZE ESTERNE
L’espansione di Roma ha sconvolto le popolazioni sia conquistate, sia dei coloni inviati nell’Impero.
Quando un gruppo sociale compatto viene disgregato, la lingua cambia più velocemente.
A fine Ottocento si usava spiegare le divergenze tra le lingue romanze in base all’influenza delle lingue
preromane (lingue di substrato o sostrato: lingua non più parlata su un territrio che prima di sparire ha
influenzato la successiva). L’influenza di sostrato si sente di più nel lessico; anche i parlanti nativi del latino
avranno preso in prestito termini locali nelle colonie per designare oggetti nuovi.
Ulteriore fonte esterna d’influenza furono le invasioni barbariche dal V secolo in poi.
Successivamente alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente si accelerò la frammentazione linguistica,
gettando le basi per le lingue romanze moderne. Le invasioni costituiscono un momento di contatto fra i
popoli e ulteriori prestiti lessicali dalle lingue di superstrato.
L’Impero d’Occidente subì invasioni barbariche da parte di popolazione germaniche dal primo movimento
di Vandali, Alani e Svevi nel 406 d.C. Parole di origine germanica si trovano in tutte le lingue romanze, sono
dette panromanze, presenti in tutta l’area. Il termine germanico è generico e nasconde varietà che
appartenevano a rami diversi della "famiglia” germanica.
Il francese è la lingua che ha risentito di più della presenza germanica e dei suoi prestiti lessicali.
Nel 86 d.C. i Franchi presero il potere nel nord-est della Gallia, quando i Romani vennero sconfitti alla
battaglia di Saissons; seguì una politica di alleanza con i Galloromani dell’area, che permise la conquista
della parte sud nel 536, spingendo i Visigoti nella penisola iberica.
A est della Romania sono presenti prestiti dalle lingue slave. La migrazione degli Slavi segue le orme di
quella dei Germani. I contatti con queste popolazioni hanno influenzato il lessico romeno.
Gli Arabi sbarcarono nella penisola iberica attraverso Gibilterra nel 711; vennero fermati da Carlo Martello
nel 732 nella battaglia di Poitiers, ma rimasero nell’area fino al 1492, quando cadde Granada, ultimo
regno. Sembra che le lingue iberoromanze abbiano subito l’influenza dell’arabo, essendo una cultura
superiore rispetto a quella dei Visigoti da un punto di vista scientifico e filosofico.

CAP IV, FONETICA


Il sistema vocalico del latino “classico” era costituito da cinque vocali, ognuna delle quali poteva essere
lunga o breve:

La distinzione di lunghezza era una distinzione fonologica, la vocale lunga e quella breve costituivano due
fonemi diversi. Il fonema è la più piccola unità in cui si può dividere una parola, è privo di significato da
solo, ma la sua sostituzione può cambiare il significato della parola. In latino, la sostituzione di una vocale
breve con una lunga ne cambiava il significato o la funzione grammaticale. La distinzione funzionale nelle
lingue romanze si basa sul grado di apertura delle vocali, di qualità e di timbro. Tale distinzione implica un
cambio nel sistema fonologico. Nel sistema fonologico del latino era importante la struttura della sillaba;
per capirla bisogna far riferimento alle onde sonore che partono dagli organi fonatori, e al concetto di
volume acustico che dipende dalla pressione espiatoria impiegata dall’articolazione del suono.
In latino esisteva una regola secondo la quale nei polisillabi l’accento doveva cadere sulla penultima sillaba
se lunga, e sulla terzultima se la penultima era breve. Nei bisillabi era obbligatorio porre l’accento sulla
penultima sillaba.

ACCENTO. Una trasformazione con ripercussioni sul vocalismo tonico è la modifica del tipo di accento.
Sembra che inizialmente l’accento latino fosse un accento tonico, ovvero un accento melodico che
prevedeva un innalzamento della voce. Con il tempo diventa un accento d’intensità, il che comporta un
allungamento della sillaba tonica, confondendo la distinzione di durata delle vocali toniche.
In latino vi erano delle regole sulla posizione dell’accento in base alla struttura della sillaba e alla lunghzza
della parola. La sillaba che porta l’accento tonico rimane immutata anche quando il numero delle sillabe
cambia. Vi sono alcuni casi in cui l’accento latino si è spostato, come testimoniano le forme romanze.

VOCALISMO TONICO. Vi è una perdita della quantità, con la riduzione delle dieci vocali latine a cinque.
Il sistema base delle principali lingue romanze occidentali viene detto eptavocalico, formato da sette vocali
toniche, in cui vi è una distinzione di qualità per le vocali mediane anteriori e posteriori.
Il sistema occidentale è alla base dell’italiano standard (toscano) e di molti dialetti.
Un quarto sistema vocalico è proprio del siciliano e dei dialetti di Reggio Calabria e del Salento, e prevede la
coincidenza delle tre vocali più alte, anteriori e posteriori, in un’unica vocale /i/ e /u/.
Il sistema siciliano è derivato dal sistema occidentale con una convergenza delle vocali toniche alte che fa
coincidere /i/-/e/ e /u/-/o/, fino a giungere a un sistema a cinque vocali.

DITTONGAZIONE ROMANZA. I risultati della dittongazione sono:


A) La formazione di un dittongo ascendente (accentato sul secondo elemento);
B) La formazione di un dittongo discendente (accentato sul primo elemento).

CONSONANTISMO. L’articolazione delle consonanti coinvole gli organi fonatori.


Si deve considerare il punto di articolazione del suono, per cui si avranno suoni bilabiali, labiodentali,
dentali, palatali, velati, etc… L’aria passa per questi organi in modi diversi:
A) Ostruzione, suono occlusivo;
B) Passaggio costante, suono fricativo;
C) Combinazione delle due modalità, suono affricato;
D) Passaggio dell’aria ai lati della lingua, suono laterale;
E) Vibrazione della lingua durante il passaggio dell’aria, suono vibrante;
Anche le consonanti possono essere nasali. La vibrazione delle corde vocali durante l’articolazione della
consonante produce una consonante sonora, la mancanza di vibrazione produce una consonante sorda.
Nel cambio linguistico è importante il contesto fonetico, la posizione del suono nella parola.
Le consonanti sono più forti in posizione iniziale, più deboli in posizione finale (caduta della -M).
Rispetto alle vocali, nelle consonanti ci sono meno cambiamenti.

CAP V, MORFOLOGIA
La grammatica è la parte della lingua che cambia più lentamente, ma in modo più significativo.
Si divide in morfologia, lo studio delle forme o della struttura delle parole, e sintassi, lo studio dei rapporti
nella frase. La morfologia analizza le parole in morfemi, le unità più piccole di una parola ancora dotate di
significato. Il fonema non è portatore di significato.
La morfologia è anche una delle basi su cui sono state poste le classifiche delle lingue; una classifica di tipo
genetico riguarda i rapporti fra le lingue indoeuropee (non si somigliano come fonologia, grammatica o
ordine delle parole) o fra le lingue romanze.
Secondo von Schegel una classifica tipologica sulla morfologia si ditinguevano tre tipi di lingue:
1) Tipo isolante o analitico: tutte le parole sono invariabili e i rapporti grammaticali sono espressi
mediante l’ordine delle parole (es. cinese e vietnamita).
2) Tipo agglutinante: le parole sono costituite da una serie di unità o morfemi, ognuno dei quali ha un
solo significato grammaticale (es. turco e finlandese).
3) Tipo flessivo o sintetico: i rapporti grammaticali sono espressi con la modifica della struttura della
parola, mediante l’aggiunta di desinenze diverse o cambi della struttura interna
(es. latino, greco, arabo).
L’evoluzione dal latino alle lingue romanze conduce da una lingua sintetica a una lingua analitica; il latino fa
comunque uso di preposizioni, unità isolate, per esprimere alcune funzioni grammaticali.
Le lingue romanze fanno ricorso anche alle desinenze nel sistema verbale, non sono completamente
analitiche. Il latino e le lingue romanze vanno viste come due punti lungo una linea che non tocca mai gli
estremi; alcuni considerano le lingue romanze come flessive.
Un cambio linguistico frequente riguarda il passaggio di una lingua con l’ordine sintattico che prevede il
complemento oggetto prima del verbo (OV) a un ordine con il verbo prima del complemento (VO).
Le lingue con l’ordine VO tendono ad avere caratteristiche comuni, come l’uso di preposizioni.
Il latino era una lingua con l’ordine OV, mentre le lingue romanze VO.
L’evoluzione del sistema flessivo può essere visto nel quadro dell’evoluzione della struttura sintattica.
Una delle forze nel cambio morfologico, o grammaticale, è l’analogia, che evidenzia come una serie di
forme faccia parte di un sistema, tende a eliminare irregolarità. Nell’evoluzione si osserva un antagonismo
tra il cambio fonetico, che altera l’aspetto fonico delle forme, e l’analogia, che tende a ristabilire il rapporto
tra le forme e il sistema a cui appartengono.
Il sistema morfologico del latino si articola in tre sottoinsiemi: nominale, verbale e parole invariabili
(avverbi, preposizioni e congiunzioni). Il sotto-sistema nominale e quello verbale presentano forme flesse o
variabili, dette declinazioni per il primo, coniugazioni per il secondo.

Il sistema nominale latino comprende i sostantivi, gli aggettivi, i pronomi e i numerali.


Queste classi di parole erano declinate: si servivano di desinenze diverse per esprimere il numero, per il
genere, e il caso. Il caso, e la sua desinenza, cambiava secondo la funzione svolta dalla parola nella frase,
fornendo anche indicazioni spaziali e temporali sul contesto dell’enunciato.
Il latino aveva 6 casi: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, ablativo.

Il sistema verbale latino si conserva più intatto del sistema nominale, non vi è la stessa tendenza a
eliminare le desinenze e a sostituirle con altre particelle.
Un fattore nell’evoluzione del sistema verbale è l’analogia, che tende a rafforzare i rapporti nel sistema
contro l’azione del cambio fonetico che talvolta oscura questi rapporti.
Per analogia sarà possibile:
A) Creare verbi nuovi “regolari”, spesso sulla base del supino;
B) Riformare un tempo per eliminare delle irregolarità, che possono essere intrdotte di nuovo a
causa dell’evoluzione fonetica, e portare a ulteriori modiiche analogiche.
Molti verbi che erano regolari in latino non lo sono nelle lingue romanze, come l’indicativo presente e
perfetto, cui l’accento cade sul tema in alcune voci e sulla desinenza in altre; questo porta a un’evoluzione
diversa della vocale del tema quando è tonica rispetto a quando è atona.

La categoria delle parole indeclinabili include tutte quelle parole che hanno una funzione grammaticale,
ma che non hanno parti flessive come i sostantivi o i verbi, non fanno parte di un sistema.
Ci si riferisce a forme come gli avverbi, le preposizioni e le congiunzioni.

CAP VI, SINTASSI


La sintassi è un sistema molto più aperto della fonologia e della morfologia; vi sono infinite possibilità per
ordinare le parti di una frase, è quindi difficile dar conto a tutte le possibilità sintattiche delle diverse lingue
romanze e dei loro rapporti con le possibilità sintattiche del latino.
L’evoluzione della sintassi romanza è omogenea, le differenze sono da attribuirsi all’influenza della
grammatica normativa degli standard moderni. È un’evoluzione tipologica da una lingua sintetica a una
lingua analitica; una conseguenza era la perdita, nel sistema nominale, delle desinenze casuali e altri mezzi
per stabilire i rapporti fra le parole nella frase. Uno di questi mezzi è l’impiego preposizioni, un altro è il
ricorso a un ordine fisso delle parole in base al quale si possono capire le relazioni fra loro.
Il sintagma nominale nelle lingue romanze prevede l’ordine:
1) determinante (articolo dimostrativo…), 2) aggettivo, 3) sostantivo, 4) sostantivo, 5) aggettivo.
Un simile sintagma può costituire il soggetto o il complemento del verbo.
Alcune lingue romanze a volte utilizzano una particella, detta accusativo preposizionale o accusativo
personale, per indicare l’oggetto nella frase.
Il cambiamento più importante nella sintassi latina è quello della posizione del verbo rispetto al
complemento oggetto e rispetto al soggetto, da cui sembrano dipendere altri cambiamenti a livello della
sintassi e della morfologia. Una costante del cambio linguistico sembra essere il passaggio da un ordine
sintattico che prevede il complemento oggetto prima del verbo (OV), a un ordine che mette il verbo prima
del complemento (VO). I due ordini presentano caratteristiche differenti.
-Ordine OV, i determinanti precedono i determinanti:
1) il sostantivo precede suffissi e posposizioni;
2) il verbo principale precede gli eventuali ausiliari, comunque poco numerosi;
3) nella comparazione, l’aggettivo precede l’elemento che esprime la comparazione;
4) gli aggettivi, i genitivi, le frasi relative precedono il verbo principale.
-Ordine VO, i determinanti seguono i determinanti:
1) delle preposizioni procedoono il sostantivo;
2) gli ausiliari sono più numerosi e precedono il verbo principale;
3) l’elemento comparativo precede l’aggettivo;
4) gli aggettivi, i genitivi, le frasi relative seguono il sostantivo.

Ordine della frase:


1) Verbo e complemento: lingue romanze VO, latino OV.
In latino l’ordine poteva modificarsi e il verbo trovarsi in altre posizioni, ordine libero.
2) Verbo e avverbio: in latino l’avverbio si trova a sinistra del verbo.
3) Posposizioni e preposizioni: i sostantivi nelle lingue con ordine OV prevedono suffissi e desinenze.
Il latino, in quanto lingua flessiva, possiede desinenze casuali per esprimere i rapporti fra le parole
nella frase. Le desinenze, essendo posposte, si trovano a destra del sostantivo; è la desinenza di
caso a costituire il determinato. Nelle lingue romanze le desinenze dei casi sono sostituite da
preposizioni, che spostano il sostantivo a destra.
4) Ausiliari: le lingue romanze hanno più verbi ausiliari, come i tempi passati composti, il passivo e il
futuro condizionale.
5) Comparativi: la formazione dei comparativi in romanzo avviene mediante un avverbio di quantità
che precede l’aggettivo.
6) Sostantivo e aggettivo: l’aggettivo nelle lingue romanze può precedere o seguire il sostantivo.
7) Frasi relative: sembrerebbe contraddire la tendenza generale la posizione delle subodinate.
8) Congiunzioni: in una lingua OV la congiunzione si dovrebe trovare dopo l’elemento congiunto;
la sintassi latina presenta alcuni tratti “evoluti”, quella presenta tratti “arcaici”, tra le lingue
romanze quella più evoluta n direzione dell’ordine VO è il francese.

Il latino non possedeva articoli. Il dimostrativo, base dell’articolo, poteva precedere o seguire il sostantivo.
L’articolo, da dimostrativo, assume la funzione di marcatore del sostantivo in lingue che non hanno più le
desinenze di caso e occupa la posizione di un prefisso. Il francese ha allargato la funzione dell’articolo come
marcatore del sostantivo, le differenze di numero e di genere si desumono da esso.

In latino il pronome era usato per richiamare qualcosa di già menzionato, per questo si trovava all’inizio
della frase. Le lingue romanze hanno sviluppato una doppia serie di pronomi, tonici e atoni, detti clitici, e
occupano una posizione vicina al verbo al quale sono associati; i clitici tendono a precedere le forme finite
del verbo (lo vedo e non vedolo, proclitico). Gli enclitici tendono a seguire le forme infinite del verbo e
l’imperativo, mantenendo l’ordine VO (vederlo e non lo vedere). Nelle fasi antiche del romanzo la posizione
dei clitici era determinata da quella del verbo, senza distinguere le forme finite o infinite. Nella situazione
moderna la proclisi è più frequente, contraddicendo l’ordine VO.
L’ordine sintattico di base delle lingue romanze è VO; rimane da stabilire dove collocare il soggetto,
dal quale dipende la sua identificazione rispetto all’oggetto. L’ordine normale nella frase è
soggetto-verbo-oggetto (SVO), rispetto all’ordine comune nel latino SOV.

Nelle lingue romanze era normale l’inversione del verbo e del soggetto nelle interrogazioni.
In latino potevano essere espresse da un morfema interrogativo, come avviene ancora oggi.
In assenza di tale morfema, la lingua parlata ricorre all’intonazione per esprimere l’interrogazione, senza
modificare l’ordine sintattico. Un’altra possibilità, in assenza del morfema specifico, è l’inversione.

Le lingue romanze esprimono la negazione come in latino e con l’impiego dello stesso termine non.

CAP VII, LESSICO


Il lessico è la parte della lingua che cambia più frequentemente. È la parte della lingua più esposta alle
influenze esterne; nel corso del tempo accoglie o lascia cadere in disuso elementi nuovi.
Sono svariati i motivi per cui cambia il lessico, fattori sociologici, psicologici, etc…
Si ricorre a un termine nuovo quando uno vecchio cade in disuso, o un termine generico viene sostituito da
uno più specifico. Utilizzando un termine già presente nella lingua, allargandone il significato, si parla di
cambio semantico, in quanto la parola non è nuova ma modificata.
Quando una lingua necessita di un termine nuovo per esprimere un concetto o un oggetto introdotto da
una realtà diversa, viene preso in prestito il termine, effettuando dunque un prestito linguistico, tipico
degli anglicismi adattati alla fonetica italiana (es. thriller). Il prestito può avvenire sotto forma di calco,
traducendo in maniera letterale il termine straniero (es. skyscraper – grattacielo).
La lingua ha la possibilità di creare parole nuove mediante l’uso di prefissi e suffissi, modificando il
significato di un già esistente o formando un verbo nuovo da un sostantivo o da un aggettivo, e viceversa.
Prefissi e suffissi possono essere produttivi, possono “passare di moda” o tornare in uso; molti servono a
dare una connotazione in più alla parola, come per i suffissi diminuitivi usati come vezzeggiativo.

Il nucleo di base del lessico romanzo è quello latino, ereditato da quello indoeuropeo.
Una parte del lessico delle lingue romanze è costituito da parole “volgari”, appartenenti a registri stilistici
diversi, meno formali. Spesso sono parole che hanno subito un cambio semantico, come il termine
parabolare “parlare in modo particolare”, scelto in italiano, catalano e galloromanzo; l’uso di questo
termine in alcune aree conferma la teoria che in linguistica storica viene chiamata teoria delle onde
(Schuchardt e Schmidt), che prende come immagine quella di un sasso lanciato in uno stagno, le quali onde
si diradano più ci si allontana dal centro.
La nascita del cristianesimo ha reso necessaria la creazione di termini specifici.
Una grossa parte del lessico di origine latina nelle lingue romanze è frutto di prestiti avvenuti nella storia.
Tali parole vengono definite colte, perché introdotte nelle varie lingue dal latino, lingua di cultura.
Spesso si trovano doppioni simili tra parle colte e popolari.

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