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di Alissa Peron
Sono le lingue che derivano dal latino e infatti una volta erano chiamate
neolatine, e ne rappresentano l'estrema evoluzione. Elenco: portoghese castigliano
francese italiano ladino romeno sono le principali lingue romanze oggi; nel periodo
medievale non esistevano lingue nazionali di riferimento o lingue standard, perché
non esistevano veri e propri stati, nel Medioevo non ha senso parlare di francese
nonostante in seguito lo stato di Francia sia diventato monarchia fortemente
accentratrice; vi si parlavano e scrivevano molte lingue, c'è netta divisione tra Nord
e Sud della Francia (Dante de vulgari eloquentia, lingua d'oil d'oco e volgare di sì),
a Nord della Loira si parlava e scriveva lingua d'oil a Sud lingua d'oc. Queste
lingue avevano uguale dignità, lingue usate per documenti e letteratura allo stesso
modo; lingua d'oil riunisce un insieme di lingue differenziate per aree, bretone
anglo-normanno lingua del Sud dell'Inghilterra conquistata dai Normanni, il
normanno è varietà della lingua d'oil. Il più antico poema epico che abbiamo in
lingua romanza è la chanson de Roland scritta in anglo-normanno. Questa varietà
vale per le altre lingue, in Spagna oggi si parla il castigliano = espanol che nel
Medioevo era una delle tante lingue parlate e scritte nella penisola iberica. La
prevalenza di una lingua si lega al prestigio politico, il francese ha i caratteri del
franciano che si era imposto nell'area di Parigi adottata dal re, processo lento di
imposizione di una lingua sulle altre che va oltre il Medioevo e si completa molto
dopo. L'unificazione della Spagna è avvenuta grazie a chi parlava il castigliano che
si è imposto come lingua nazionale.
Quali sono le nostre fonti del latino volgare che, ricordiamo, è lingua
parlata e non esistevano i registratori? Per fortuna abbiamo fonti dirette e indirette,
le prime sono importanti ma poche e non esaustive, possono dirci come si parlava
il latino in una certa zona e in una certa epoca, se poi si riesce a collocare
cronologicamente le fonti. Al primo posto delle fonti dirette si pongono di solito le
opere dei grammatici, coloro che normalizzano la lingua e per far capire la forma
corretta vi mettono accanto la forma scorretta, quella della lingua parlata, la
deviazione dalla norma; una delle fonti principali è l'appendix Probi, una lista di
200 parole circa redatta da un maestro di scuola che cerca di insegnare il latino
vero. Gli autori classici ci aiutano in qualche caso perché usano consapevolmente
forme non classiche (Cicerone nelle lettere, Petronio nel Satyricon i cui personaggi
sono liberti cioè ex schiavi arricchiti e ignoranti che parlano il latino che sanno, in
quest'invenzione letteraria troviamo formule poi presenti nelle lingue romanze
dunque proprie della lingua parlata). Le iscrizioni latine non ufficiali (scritte sui
muri incise e quindi rimaste fino a noi) sono scritture estemporanee di persone
piuttosto istruite ma non coltissime, che usano un latino vicino a quello parlato, le
più importanti sono quelle di Pompei ed Ercolano piuttosto antiche e abbastanza
conservate. Poi abbiamo i glossari, rudimentali vocabolari o liste di parole tradotte
o note interlineari e marginali a testi latini perlopiù sacri nelle quali vengono
spiegate alcune parole; ci sono glossari in latino su latino (brevi espressioni del
latino patristico spiegate con glosse in latino più semplice e vicino al parlato) o
latino-volgare, dove il glossatore dà una traduzione in una lingua diversa, già
romanza, di alcune espressioni latine considerate difficili e non comprese. Uno dei
principali è il glossario di Reichenau, località sulla costa tedesca del lago di
Costanza, risalente al IX secolo ma le glosse sono forse del secolo precedente (si
tratta di una copia) e verosimilmente provengono dal Nord della Francia. Anche il
latino dei trattati tecnici non è quello classico, specialmente il lessico è distante
(ricorda Vitruvio, l'architetto non è un grammatico); ci sono trattati di arte culinaria
e appunto di architettura. Gli autori cristiani avevano lo scopo di farsi capire,
specialmente i primi, e dunque usano un latino semplice (Agostino, meglio essere
rimproverati dai grammatici che non essere capiti dal popolo). Le fonti indirette
sono soprattutto le stesse lingue romanze, adozione del metodo ricostruttivo
comparativo (i germanisti devono ricostruire molto più spesso di noi perché
abbiamo latino classico e fonti dirette che ci aiutano, ma in alcuni casi il metodo è
necessario anche per le lingue romanze); si confrontano le forme delle lingue
romanze per ricostruire all'indietro il processo di modificazione fonetica che deve
essere avvenuto per risalire alla probabile forma latina. Esempi: infinito di potere,
it potere, spagn poder, franc pouvoir; si intuisce che sono forme imparentate tra
loro, infinito latino posse, ahia non possono derivare da posse queste forme! Le
fonti del latino volgare tacciono, devo ricostruire qualcosa che sta in mezzo tra
posse e le lingue romanze: la forma che si cerca è *potere, è un'ipotesi che si regge
perché la regolarizzazione dei verbi irregolari è fenomeno comune, posse è stato
regolarizzato come verbo della II coniugazione come attesta l'italiano con l'accento
sulla penultima, e l'italiano si spiega così facilmente, l'italiano è la lingua più
vicina al latino; ma questa forma spiega anche attraverso la fonetica il francese e lo
spagnolo? sì, le evoluzioni nelle due lingue sono regolari, la e finale latina in
spagnolo cade e l'occlusiva dentale intervocalica si sonorizza e spirantizza ed ecco
spiegato poder, in francese le consonanti intervocaliche si leniscono e spesso
cadono e spesso le occlusive diventano fricative sonore, la vocale finale cade, il
dittongo oi è pure regolare, avviene che una e lunga tonica latina in sillaba libera
dittonga in oi oggi pronunciato ua, ecco spiegato pouvoir. Altro esempio: il verbo
essere è circa come potere, it essere franc etre, lat esse, stessa regolarizzazione dei
verbi, da esse non si originano le lingue romanze; la forma *essere non è attestata
in nessuna fonte ma deve essere stata detta e scritta.