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L’università in tempo di crisi.

Revisioni e novità dei saperi e delle istituzioni nel Trecento,


da Bologna all’Europa

a cura di
Berardo Pio
Riccardo Parmeggiani
© 2016, CLUEB Casa editrice, Bologna

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Redazione a cura di Ilaria Maggiulli

L’università in tempo di crisi. Revisioni e novità dei saperi e delle istituzioni nel Trecento, da Bologna all’Europa / a cura di
Berardo Pio, Riccardo Parmeggiani.
Bologna : Clueb, 2016
xIII, 248 p. ; 27 cm.
(Centro interuniversitario per la storia delle università italiane : Studi / 30)
ISBN 978-88-491-5515-0

CLUEB srl
Via Marsala, 31 - 40126 Bologna
051 0950400 - www.clueb.it

Finito di stampare nel mese di novembre 2016


da Studio Rabbi - Bologna
INDICE

1 BERARDo PIo, Un secolo in chiaroscuro: il Trecento tra crisi e rinnovamento


15 MARIo ASCHERI, I giuristi: come primeggiare nonostante la crisi
27 ANDREA PADoVANI, Sette orationes pavesi pro doctoratu di Baldo degli Ubaldi
63 ANDREA BARToCCI, Giovanni di Pietro Fantuzzi e la canonistica bolognese alla fine del Trecento
81 ToMMASo DURANTI, La scuola medica e l’insegnamento della medicina a Bologna nel xIV secolo
95 RICCARDo PARMEGGIANI, L’arcidiacono bolognese tra Chiesa, città e Studium
113 RoBERTo LAMBERTINI, Intersezioni: ancora su Studia mendicanti e facoltà di teologia a Bologna
123 PAoLo NARDI, La migratio delle scuole universitarie da Bologna a Siena: il problema della conti-
nuità istituzionale
135 DANIELA RANDo, Lo Studium di Pavia nel secondo Trecento: una rivisitazione
159 STEFANIA ZUCCHINI, L’età dell’oro dello Studio perugino tra epidemie, guerre e sconvolgimenti
politici: maestri e dottori dell’università nella Perugia del secondo Trecento
177 ANDREAS REHBERG, Spigolature per la storia dello Studium Urbis nel Trecento
193 BRIGIDE SCHwARZ, who studied (and taught) at the university of the Roman Curia and why? A
prosopographic approach
205 FULVIo DELLE DoNNE, Strutture e organizzazione dello Studio di Napoli nel Trecento
215 JACQUES VERGER, Le quatorzième siècle: siècle d’apogée ou siècle de crise pour l’université de Paris?
227 MARTIN KINTZINGER, Temps de crise, temps du début. Fondation et développement des universités
de l’Empire Romain Germanique de Prague à Erfurt
235 PATRICK GILLI, L’università di diritto di Montpellier nella prima metà del xIV secolo: vantaggi e
punti deboli di un’istituzione, tra papato, monarchia/e e città
La scuola medica e l’insegnamento della medicina a Bologna nel xIV secolo
Tommaso Duranti

In un importante articolo del 1983, dal forte taglio metodologico, Nancy Siraisi metteva in guardia dal
postulato di un declino dello Studium medico di Bologna nella seconda metà del xIV secolo, secondo
lei quanto meno sovrastimato1. Secolo difficile, il Trecento, anche per lo Studio bolognese, la categoria
di ‘crisi’ vi va verosimilmente applicata con qualche cautela, e soprattutto, con alcune specificazioni e
non a priori, tentando di non fare aderire automaticamente i periodi di crisi politico-economica e de-
mografica, che colpirono anche Bologna nel xIV secolo, alla ‘tenuta’ dello Studio2.
In particolare, per l’insegnamento della medicina nel Trecento è opportuna una periodizzazione in
almeno tre fasi: quella fino agli anni ’20; quella centrale influenzata dalle vicende politiche che investirono
la città e dalle crisi congiunturali di metà secolo; infine, dagli anni ’60 del secolo, la ripresa dopo le dif-
ficoltà precedenti.
Il periodo tra gli ultimi due decenni del xIII secolo e i primi due del xIV fu, nel panorama europeo,
momento fondamentale dell’insegnamento universitario della medicina, sia dal punto di vista istituzio-
nale, sia da quello curricolare, nonché da quello più propriamente dottrinario. A Bologna e a Montpellier,
ma anche a Parigi e a Padova, i quattro centri universitari d’eccellenza per la medicina in età medievale,
in quegli anni i corsi di medicina acquisirono stabilità, visibilità e autonomia, divenendo pilastri portanti
degli Studia, al pari degli insegnamenti di diritto (e, a Parigi, di teologia). A Bologna quella fase corrispose
al magistero di Taddeo Alderotti e dei suoi allievi, secondo la definizione di un famoso, fondamentale
lavoro di Nancy Siraisi3, che poi ha fatto fortuna. A quel gruppo di medici devono, infatti, essere fatti
risalire la sistemazione scolastica dell’insegnamento medico a Bologna; l’ampliamento del curriculum di

1
NANCY G. SIRAISI, Medical Scholasticism and the Historian, in EAD., Medicine & the Italian Universities, 1250-1600, Lei-
den, Brill, 2001, p. 140-156, p. 146 (ed. or. Reflections on Italian Medical Writings of the Fourteenth and Fifteenth Centuries, in
History and Philosophy of Science: Selected Papers, a cura di JoSEPH w. DAUBEN-VIRGINIA STAUDT SExToN, «Annals of the New
York Academy of Sciences», 412 (1983), p. 155-168). Una posizione analoga è stata recentemente assunta, per l’Italia in ge-
nerale, da TIZIANA PESENTI, The Teaching of the Tegni in Italian Universities in the Second Half of the Fourteenth Century, in El
aprendizaje de la medicina en el mundo medieval: las fronteras de la enseñanza universitaria, a cura di CoRNELIUS o’BoYLE-
RoGER FRENCH-FERNANDo SALMóN, [«Dynamis. Acta Hispanica ad Medicinae Scientiarumque Historiam Illustrandam»,
20 (2000)], p. 159-208, p. 160.
2
Naturalmente, essi influirono, e probabilmente non poco, sull’andamento della vita universitaria, ma si dovrà verificarne
le conseguenze attraverso, ove possibile, le testimonianze ‘dall’interno’; ciò vale anche per la ‘cronologia’, poiché non necessa-
riamente crisi della città e crisi dello Studio coincidono nei tempi, ipotizzando che in alcuni casi le eventuali ricadute furono
successive.
3
NANCY G. SIRAISI, Taddeo Alderotti and his pupils. Two generations of italian medical learning, Princeton, Princeton Uni-
versity Press, 1981.
82 Tommaso Duranti

studi ereditato dalle scuole parigine, che si trova ancora negli statuti dell’universitas di medicina del
14054; la preferenza accordata al genere del commento attraverso il metodo scolastico importato, pro-
babilmente per il tramite delle scuole mendicanti cittadine, dalle aule di teologia di Parigi; la stretta con-
nessione, tipicamente italiana e non solo istituzionale, con le artes e la filosofia5; senza dimenticare la
promozione didattica e scientifica dell’insegnamento di chirurgia, le cui scuole furono all’origine del-
l’insegnamento universitario di medicina6; il ricorso alla redazione di consilia medici7; l’introduzione
dello studio anatomico e della dissezione di cadaveri anche nell’ambito didattico8. Taddeo, i suoi colleghi,
i suoi allievi inaugurano la produzione di commenti ai testi base dell’insegnamento, commenti che, come
è ormai dimostrato, nacquero quasi sempre dalla concreta esperienza didattica, o meglio ne erano esito
diretto; due generazioni di dottori di medicina il cui portato fu tale da far diventare le loro stesse opere
nuove auctoritates per i medici successivi. Un prestigio che fece loro assumere un carattere quasi leggen-
dario e fondativo; già nei decenni successivi – Michele Savonarola dipinse Taddeo coi tratti reverenziali
del maestro per eccellenza: «senex vir maximae scientiae et totius medicinae lumen»9, termine, quest’ul-
timo, che sembra accostare Alderotti a Irnerio – ma, soprattutto, per la storiografia successiva: Taddeo,
fondatore dell’insegnamento medico universitario, almeno a Bologna e in Italia, gloria dell’Alma Mater

4
Statuti dell’Università di medicina e d’arti del 1405, in Statuti delle Università e dei Collegi dello Studio Bolognese, a cura di
CARLo MALAGoLA, Bologna, Nicola Zanichelli, 1888, p. 213-312. TIZIANA PESENTI, Arti e medicina: la formazione del curri-
culum medico, in Luoghi e metodi di insegnamento nell’Italia medioevale, secoli XII-XIV. Atti del Convegno internazionale di
studi, Lecce-otranto, 6-8 ottobre 1986, a cura di LUCIANo GARGAN-oRoNZo LIMoNE, Galatina, Congedo, 1989, p. 155-
177, p. 171-174, ha ridimensionato in parte il ruolo ‘fondativo’ della scuola di Taddeo dal punto di vista curriculare.
5
Che in questa sede non è, però, affrontata; si rimanda a NANCY G. SIRAISI, The libri morales in the Faculty of Arts and
Medicine at Bologna: Bartolomeo da Varignana and the pseudo-Aristotelian Economics, in EAD., Medicine & the Italian Univer-
sities, p. 100-113 (ed. or. «Manuscripta», 20 (1076), p. 105-117; EAD., Taddeo Alderotti, part. p. 147-202; ALFoNSo MAIERù,
L’insegnamento della logica a Bologna nel secolo XIV e il manoscritto Antoniano 391, in Rapporti tra le università di Padova e di
Bologna. ricerche di filosofia medicina e scienza, a cura di LUCIA RoSSETTI, Trieste, Lint, 1988, p. 1-24; L’insegnamento della
logica a Bologna nel XIV secolo, a cura di DINo BUZZETTI-MAURIZIo FERRIANI-ANDREA TABARRoNI, Bologna, Istituto per la
storia dell’Universit di Bologna, 1992; DANIELLE JACQUART, La scolastica medica, in Storia del pensiero medico occidentale. An-
tichità e Medioevo, a cura di MIRKo D. GRMEK, Roma-Bari, Laterza, 1993, p. 261-322; PIETRo P. GIoRGI-RoBERTo LAMBER-
TINI-ANDREA TABARRoNI, Tecniche di insegnamento nella formazione dei medici a Bologna nel XIV secolo: due questioni disputate
di Mondino de’ Liuzzi da Bologna, in L’insegnamento della Medicina in Europa (secoli XIV-XIX), atti del Convegno tenutosi a
Siena in occasione delle celebrazioni dei 750 anni dalla fondazione dell’Università di Siena, a cura di FRANCESCA VANNoZZI,
Siena, Tip. Senese, 1994, p. 211-224; DINo BUZZETTI-RoBERTo LAMBERTINI-ANDREA TABARRoNI, Tradizione testuale e inse-
gnamento nell’Università di Medicina e Arti di Bologna dei secoli XIV e XV, «Annali di Storia delle Università italiane», 1 (1997),
p. 77-96; FABRIZIo BoNoLI-DANIELA PILIARVU, I lettori di Astronomia presso lo Studio di Bologna dal XII al XX secolo, Bologna,
Clueb, 2001; ora v. anche JoëL CHANDELIER-AURéLIEN RoBERT, Introduction e CHIARA CRISCIANI-RoBERTo LAMBERTINI-AN-
DREA TABARRoNI, Due manoscritti con questioni mediche. Note e schede (prima metà del secolo XIV), entrambi in Frontières des
savoirs en Italie à l’époque des premières universités (XIIIe-XVe siècles), a cura di JoëL CHANDELIER-AURéLIEN RoBERT, Roma,
école française de Rome, 2015, p. 1-14 e p. 387-431.
6
Sull’insegnamento della chirurgia a Bologna, un buon punto di partenza è ancora GIUSEPPE GHERARDo FoRNI, L’inse-
gnamento della chirurgia nello studio di Bologna: dalle origini a tutto il secolo XIX, Bologna, Cappelli, 1948.
7
Genere su cui si rimanda, innanzitutto, a JoLE AGRIMI-CHIARA CRISCIANI, Les Consilia médicaux, Turnhout, Brepols,
1994 (Typologie des Sources du Moyen Âge occidental, fasc. 69); v. anche Consilia di Taddeo Alderotti: XIII secolo, a cura di
PIERo P. GIoRGI-GIAN FRANCo PASINI, Bologna, Istituto per la storia dell’Universita di Bologna, 1997.
8
Che si fa risalire a MoNDINo LIUZZI, Anothomia, a cura di PIERo P. GIoRGI-GIAN FRANCo PASINI, Bologna, Istituto per
la storia dell’Università, 1992; sul complesso tema della dissezione anatomica, si rimanda a ANDREA CARLINo, La fabbrica del
corpo: libri e dissezione nel Rinascimento, Torino, Einaudi, 1994; RAFAEL MANDRESSI, Le regarde de l’anatomiste. Dissection et
invention du corps en Occident, Paris, Seuil, 2003; Anatome: sezione, scomposizione, raffigurazione del corpo nell’età moderna, a
cura di GIUSEPPE oLMI-CLAUDIA PANCINo, Bologna, Bononia University Press, 2012.
9
TIZIANA PESENTI, Michele Savonarola e Padova: l’ambiente, le opere, la cultura medica, «Quaderni di Storia dell’Università
di Padova», Ix-x (1977), p. 45-101, p. 107; sul tema del maestro di medicina che assurge a figura sapienziale, v. JoLE AGRIMI-
CHIARA CRISCIANI, Edocere medicos. Medicina scolastica nei secoli XIII-XIV, Napoli, Guerini e associati, 1988, part. cap. IV.
La scuola medica e l’insegnamento della medicina a Bologna nel XIV secolo 83

celebrato non a caso nel discorso conclusivo dell’ottavo centenario10; Bartolomeo da Varignana, ‘innal-
zatore’ della perizia medico-legale11; Mondino Liuzzi fondatore dell’anatomia e della dissezione nell’am-
bito didattico, la cui Anothomia divenne testo autoritativo non solo in Italia, ma nel corso del xIV secolo
anche a Montpellier e Parigi; Pietro Torrigiani ‘plusquamcommentatore’ di Galeno, e così via.
Non c’è ormai dubbio che in quella fase Bologna rappresentò il più celebre Studio per l’insegnamento
medico, al pari solo di quello di Montpellier12: i suoi docenti formarono i medici tra i più importanti
della generazione successiva, le loro opere furono citate con frequenza almeno nel corso di tutto il Tre-
cento e si ritrovano in numerosi inventari di biblioteche private di medici tre e quattrocenteschi13. Forse
la vitalità indubbia di quelle due generazioni fu, però, tra i fattori che, congiuntamente alla nascita, o al
decollo, di nuovi Studia e, soprattutto, alla fama internazionale raggiunta nel corso del Trecento dall’in-
segnamento medico a Padova14, misero in ombra le fasi successive della scuola medica bolognese. Sui
giudizi della storiografia, almeno fino ad anni abbastanza recenti, sembra infatti pendere sempre il con-
fronto, almeno implicito, con quella fase fondamentale.
In che modo si può valutare la ‘tenuta’ di un insegnamento universitario del xIV secolo, tentando di
non farsi condizionare dai toni drammatici della crisi trecentesca, dalle reiterate convinzioni che, spesso,
sembrano basarsi su accenni e luoghi comuni, dal confronto, si diceva, con una fase immediatamente

10
GIUSEPPE PINTo, Taddeo da Fiorenza o la medicina in Bologna nel XIII secolo: discorso tenuto il giorno 14 giugno 1888 nel-
l’Archiginnasio di Bologna, ultimo delle feste dell’VIII centenario, Roma, R. Accademia Dei Lincei, 1888. Anche Carducci, nella
prolusione inaugurale, aveva fatto riferimento ad Alderotti (e a Liuzzi) quali glorie della medicina bolognese: «Intanto ai filosofi
ed ai grammatici si aggiungevano i medici e i maestri delle arti più pratiche. Taddeo Alderotti fiorentino faceva miracoli di
cure alle corti e spiegava nella scuola Ippocrate e Galeno: Mondino de’ Luzzi bolognese insegnava anatomia su ‘1 cadavere
umano» (GIoSUE CARDUCCI, Lo Studio bolognese. Discorso per l’Ottavo centenario, Bologna, N. Zanichelli, 1888, p. 34).
11
Cfr. SIRAISI, Taddeo Alderotti, p. 45-49; STEFANo ARIETI, Una famiglia di medici illustri: Bartolomeo e Guglielmo da Va-
rignana, in XXXI Congresso Internazionale di Storia dalla Medicina, Atti, Bologna, 30 agosto-4 settembre 1988, a cura di RAF-
FAELE A. BERNABEo, Bologna, Monduzzi, 1990, p. 13-24; sulla nascita della perizia medico-legale, v. GHERARDo oRTALLI, La
perizia medica a Bologna nei secoli XIII e XIV. Normativa e pratica di un istituto giudiziario, «Atti e memorie della Deputazione
di storia patria per le province di Romagna», xVII-xIx (1969), p. 223-259; JoëL CHANDELIER-MARILYN NICoUD, Les médecins
en justice (Bologne, XIIIe-XIVe siècles), in Experts et expertise au Moyen Âge: consilium quaeritur a perito, Actes du xLIIe congrès
de la Shmesp (oxford, 31 mars-3 avril 2011), Paris, Publications de la Sorbonne, 2012, p. 149-160.
12
Sullo Studium medico di Montpellier, si rimanda a L’Université de Médecine de Montpellier et son rayonnement (XIIIe-
XVe siècles), Actes du colloque international de Montpellier, 17-19 mai 2001, a cura di DANIEL LE BLéVEC, Turnhout, Brepols,
2004.
13
Per una panoramica sulla diffusione di testi medici bolognesi, oltre agli studi specifici, si rimanda ai classici cataloghi:
PAUL oSKAR KIBRE, Iter Italicum, Leiden, Brill, 1963-1997; LYNN THoRNDIKE-PEARL KIBRE, A catalogue of incipits of mediaeval
scientific writings in Latin, London-Cambridge, Mass., The Mediaeval Academy of America, 1963; GUY BEAUJoUAN, Manuscrits
médicaux du Moyen Âge conservés en Espagne, «Mélanges de la Casa de Velázquez», 8/1 (1972), pp. 161-221; PEARL KIBRE,
Hippocrates latinus: repertorium of Hippocratic writings in the Latin Middle Ages, New York, Fordham University Press, 1985;
ora anche Manuscripta Medica, database di mss. di medicina nelle biblioteche di Francia: http://www.manuscripta-
medica.com/.
Per alcuni esempi di biblioteche private di medici: MARIA CHIARA GANGUZZA BILLANoVICH, I libri di Benedetto Greco da
Salerno, studente a Padova in medicina, «Quaderni per la storia dell’Università di Padova», 7 (1974), p. 1-15; EDoARDo FU-
MAGALLI, La biblioteca «bolognese» di Daniele Santasofia, «Studi Petrarcheschi», 7 (1990), pp. 30-49; STEFANo CARoTI, La bi-
blioteca di Romelio da Brescia, “magister Artium et Medicine”, «Nuncius», V, 2 (1990), p. 327-342; TIZIANA PESENTI, Gli inventari
delle biblioteche dei professori, in La storia delle Università italiane. Archivi, fonti, indirizzi di ricerca. Atti del Convegno. Padova,
27-29 ottobre 1994, a cura di LUCIANA SITRAN REA, Trieste, Lint 1996, p. 251-269; DoNATELLA NEBBIAI-DALLA GUARDA,
Livres, patrimoines, profession: les bibliothèques de quelques médecins en Italie (XIVe- XVe siècles), in Les élites urbaines au Moyen
Âge, Actes du xxVIIe Congrès de la Société des historiens médiévistes de l’enseignement supérieur public (Rome, mai 1996),
Roma, école française de Rome, 1997, p. 385-441; TIZIANA PESENTI, I libri di medicina di Giovanni di Marco da Rimini, «Il
bibliotecario. Rivista semestrale di studi bibliografici», n.s., 2 (1998), p. 93-109.
14
Cfr. EAD., Marsilio Santasofia tra corti e università: la carriera di un monarcha medicinae del Trecento, Treviso, Antilia,
2003, p. 629-630.
84 Tommaso Duranti

antecedente di particolare vitalità? Quali fattori devono essere presi in considerazione per cercare di co-
gliere lo stato di salute dell’insegnamento medico a Bologna nel corso del Trecento, dopo l’apice raggiunto
nei primi decenni del secolo?
Partendo dal presupposto, in parte da verificare, che il ‘successo’ di un insegnamento universitario
non dipenda solamente dall’innovazione e dalla rinomanza della produzione scientifica dei suoi docenti,
il primo indicatore da valutare è, mi pare, quello dell’attrattività (per usare una categoria con cui siamo
dovuti diventare familiari) sia di studenti, sia di maestri.
Il verosimile calo di studenti, sintomo di un processo di regionalizzazione degli studi15, dalla prolifi-
cazione delle sedi universitarie, dalla crisi ‘generale’ e locale, dalla decadenza del prestigio dei docenti è
verosimile, ma, mi pare, non del tutto verificato, né verificabile, e dunque non può essere dato acritica-
mente per vero né sovrastimato16. Certo, una diminuzione del numero di studenti dovette verificarsi
negli anni centrali del secolo, quelli delle epidemie di peste e soprattutto degli sconvolgimenti politico-
economici17: in particolare, gli anni tra il 1334 (inizio della signoria di Taddeo Pepoli18) e il 1360 (fine
del governo visconteo e risoggezione alla Chiesa) furono percepiti come i più bui per la vita dello Studio.

15
Che, però, andrebbe meglio chiarito: un conto, infatti, è il processo di municipalizzazione che, ad esempio a Bologna,
interessò il corpo docente attraverso la chiusura dei collegi dottorali ai soli cittadini, un conto è l’eventuale restringimento del
bacino di reclutamento dei maestri, un altro ancora di quello studentesco. Esso dipenderebbe, in prima istanza, dal perduto
privilegio studentesco nello scegliere i maestri, che nel corso del xIV secolo divenne prerogativa del comune, innescando un
meccanismo di reclutamento preferibilmente su scala locale: cfr. ANToNIo IVAN PINI, “Discere turba volens”. Studenti e vita
studentesca a Bologna dalle origini dello Studio alla metà del Trecento, in ID., Studio, università e città nel medioevo bolognese, Bo-
logna, Clueb, 2005, p. 125-188, p. 135 (ed. or. in Studenti e Università degli studenti a Bologna dal XII al XIX secolo, a cura di
GIAN PAoLo BRIZZI-ANToNIo IVAN PINI, Bologna, Istituto per la Storia delle università, 1988, p. 45-136).
16
Ad esempio, recentemente è stato meso in luce come il Grande Scisma non abbia più di tanto influito su numero e
luoghi di provenienza degli studenti di diritto canonico a Bologna (mentre più incisivo fu in altri contesti): v. BERARDo PIo,
Osservazioni preliminari all’edizione delle più antiche registrazioni del Liber Secretus Iuris Pontificii, in Università e formazione
dei ceti dirigenti. Per Gian Paolo Brizzi, pellegrino dei saperi, a cura di GIANCARLo ANGELoZZI-MARIA TERESA GUERRINI-
GIUSEPPE oLMI, Bologna, Bononia University Press, 2015, p. 51-60, p. 59. Si conferma necessario, dunque, valutare con pru-
denza e caso per caso l’effetto delle diverse ‘crisi’ sulla popolazione studentesca.
17
Sulle crisi politiche che costellarono il Trecento bolognese, si rimanda a AUGUSTo VASINA, Dal Comune verso la Signoria
(1274-1334); ANNA LAURA TRoMBETTI BUDRIESI, Bologna 1334-1376; RoLANDo DoNDARINI, La crisi del XIV secolo: tutti in
Bologna nel Medioevo [Storia di Bologna, 2], a cura di oVIDIo CAPITANI, Bologna, Bononia University Press, 2007, risp. p.
581-651; p. 761-866; p. 867-897.
18
Nel 1338 Bologna fu colpita da papa Benedetto xII con l’interdetto, che aveva tra le conseguenze, almeno teoriche, la
sospensione dello Studium. Anche sulla questione dell’interdetto papale mi pare, però, si debba usare qualche cautela. Tra le
conseguenze della censura ecclesiastica vi era, infatti, il divieto di tenere lezione; generalmente, per sfuggire a questa interruzione,
prendevano vita migrazioni di maestri e studenti verso luoghi ove potere svolgere le proprie attività; se sembra che gli studenti,
soprattutto chierici, tendessero a cambiare città, i maestri erano in genere più orientati a sospendere momentaneamente le lezioni
o a portare la propria scuola fuori le mura. Nel 1338, alcuni docenti si trasferirono nella vicina Castel San Pietro, ma almeno
altri 19 - tra cui i medici Niccolò Bertruccio e Giuliano Preonti - giurarono al signore di rimanere in città (o meglio, di non tra-
sferirsi fuori da Bologna o dal suo contado; ma i pochi accenni alle scuole a Castel San Pietro ricordano solo due maestri). è
difficile valutare i concreti effetti dell’interdetto sulla vita dello Studio: certo un danno, non solo di ‘immagine’, doveva esserci,
come testimoniano le varie suppliche per evitare che l’interdetto colpisse anche le scuole (formate, in larga maggioranza, da non
bolognesi). D’altra parte, alcuni maestri continuavano a fare lezione in città (come dichiarò ad esempio, nel corso dell’interdetto
del 1306, il giurista Pietro Cernitti), segno che, seppur verosimilmente in diminuzione, gli scolari continuavano a risiedere a
Bologna. Si tenga inoltre conto che queste misure ebbero, in genere, durata piuttosto breve: giugno 1306-ottobre 1308; marzo-
ottobre 1338. Cfr. FRANCESCo CAVAZZA, Le scuole dell’antico Studio bolognese, Milano, Hoepli, 1896, p. 174-182; NICCoLò
RoDoLICo, Dal comune alla signoria: saggio sul governo di Taddeo Pepoli in Bologna, Bologna, N. Zanichelli, 1898, p. 184-192;
GUIDo ANToNIoLI, Conservator pacis et iustite. La signoria di Taddeo Pepoli a Bologna (1337-1347), Bologna, Clueb, 2004, p.
130-135; GIUSEPPE MAZZANTI, Lo Studium nel XIV secolo, in Bologna nel Medioevo, p. 951-975, p. 953. Più gravido di conse-
guenze fu probabilmente il periodo successivo, della dominazione viscontea, anche se mancano studi approfonditi dal punto di
vista dello Studio (cfr. però GUIDo ZACCAGNINI, Storia dello Studio di Bologna durante il Rinascimento, Genève, Leo S. olschki,
1930, che ha indicato in Giovanni Visconti il fautore della ripresa dello Studium bolognese).
La scuola medica e l’insegnamento della medicina a Bologna nel XIV secolo 85

Mancano però, come è noto, fonti dirette sulla popolazione studentesca bolognese; non è ipotizzabile,
dunque, un numero medio, né un ordine di grandezza, di studenti19. Questo stato di cose non è miti-
gabile, per l’insegnamento medico nel Trecento (e in realtà anche nel Quattrocento) dalle registrazioni
delle lauree, che per il diritto sono invece disponibili, dalla fine degli anni ’70, grazie ai Libri secreti (il
primo Liber secretus del collegio di medicina superstite inizia, invece, dal 1485)20. Per il numero di laureati
in medicina possiamo unicamente fare riferimento ad alcune registrazioni di lauree conferite tra 1367 e
1369, edite da Celestino Piana21, di cui 4 in medicina e una in arti, da integrare con le notizie reperibili
nei documenti editi dall’ancora preziosissimo Chartularium Studii Bononiensis22, che tra 1369 e 1374
registrano 16 lauree in medicina. Per motivi ben noti il numero di laureati offrirebbe in ogni caso solo
un esiguo spaccato della popolazione studentesca: l’unico dato quantitativo che si può qui sottolineare
è il numero di 7 licenze concesse nel 1374.
Meglio informati siamo invece per quanto riguarda i lettori, sia per l’interesse storiografico più risa-
lente su questo tema, sia per la maggior disponibilità di fonti (i soli rotuli ufficiali trecenteschi riguardano
due anni accademici, ma siamo in possesso di altre fonti anche in serie23), sia grazie ai classici repertori
eruditi della storiografia locale (che spesso necessitano di correzioni, ma che in ogni caso offrono un ot-
timo punto di partenza), e oggi anche a strumenti più ricchi e corretti, quale l’utilissimo database im-
prontato da David Lines24. Dopo la crisi del 1321 con la migrazione studentesca a Imola, e da là
soprattutto a Siena (ricordata, tra l’altro, da Dino del Garbo nel Prologo al commento a Canon, I.4)25,

19
Dunque si può ancora ritenere valido un andamento generale in negativo (del resto l’inflessione demografica fu, appunto,
generale), ma non è chiaro in base a quali dati MAZZANTI, Lo Studio, p. 968, concluda che «nella seconda metà del secolo e
per tutto il Quattrocento la facoltà di medicina visse un periodo di crisi. L’immobilisimo intellettuale, dovuto in larga misura
alle scelte per nulla meritocratiche del collegio dei medici, e la concorrenza di altri Studia provocarono una forte diminuzione
del numero degli studenti mentre, paradossalmente, aumentavano i professori».
20
Archivio di Stato di Bologna, Archivio dello Studio, Primo libro segreto di medicina (1485-1500); una presentazione in-
troduttiva è in UGo BRUSCHI, I «Libri Secreti Artium et Medicine». Dietro le quinte del collegium di arti e medicina in una
inedita fonte, «Bullettino delle scienze mediche», CLxxxI (2009), p. 25-44. Per il diritto civile: Il “Liber secretus iuris caesarei”
dell’Università di Bologna, I (1378-1420), II (1420-1449), a cura di ALBANo SoRBELLI, Bologna, Istituto per la storia dell’Uni-
versità di Bologna, 1938, 1942; CELESTINo PIANA, Il liber secretus iuris Caesarei dell’Università di Bologna. 1451-1500, Milano,
Giuffrè, 1984. Per il diritto canonico, si rimanda a PIo, Osservazioni preliminari.
21
CELESTINo PIANA, Nuovi documenti sull’Universita di Bologna e sul Collegio di Spagna, Bologna, Publicaciones del Real
colegio de Espana, 1976, I, part. p. 82-105.
22
Chartularium Studii Bononiensis. Documenti per la storia dell’Universita di Bologna dalle origini fino al secolo XV, Bologna,
Istituto per la storia dell’Universita di Bologna, vol. IV, 1988 (rist. anast.).
23
V. UMBERTo DALLARI, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, I, Bologna, F.lli Merlani,
1888.
24
Tra i classici repertori: GIoVANNI NICCoLò PASQUALI ALIDoSI, I dottori bolognesi di teologia, filosofia, medicina e d’arti
liberali dall’anno 1000 per tutto marzo del 1623, Sala Bolognese, A. Forni, 1980 (rist. anast.); SERAFINo MAZZETTI, Repertorio
di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre Istituto delle Scienze di Bologna, Sala Bolognese, A.
Forni, 1988 (ed. anast.); MAURo SARTI-MAURo FATToRINI, De claris archigymnasii Bononiensis professoribus: a saeculo XI usque
ad saeculum XIV, a cura di CESARE ALBICINI-CARLo MALAGoLA, Bologna, F.lli Merlani, 1888. V. anche GEoRGE SARToN, In-
troduction to the History of Science, Baltimore, williams & wilkins co., 1927-1948; ALESSANDRo SIMILI, I lettori di medicina
e chirurgia nello studio di Bologna dal 1460 al 1500: profili bio bibliografici, Bologna, La Grafica Emiliana, 1941; FoRNI, L’in-
segnamento della chirurgia; I lettori di medicina allo Studio di Bologna nei secoli XV e XVI, a cura di ANDREA CRISTIANI, Bologna,
Analisi, [1987]. Più aggiornati e affidabili: ANDREA TABARRoNI, Notizie biografiche su alcuni maestri di arti e medicina attivi
nello “Studium” bolognese nel XIV secolo, in L’insegnamento della logica a Bologna, p. 607-616; DAVID A. LINES, Natural Philosophy
in Renaissance Italy: The University of Bologna and the Beginnings of Specialization, «Early Science and Medicine», 6 (2001), p.
267-320, da integrarsi con ID., Teachers of the Arts and medicine in the Italian Universities, ca. 1350-1630: http://www.phil-
hum-ren.uni-muenchen.de/php/Lines/DocentesN.htm.
25
Cit. in TIZIANA PESENTI, Peregrinatio academica e monarchae medicinae: studenti attorno ai Santasofia, in Studenti, uni-
versità, città nella storia padovana. Atti del Convegno, Padova 6-8 febbraio 1998, a cura di FRANCESCo PIoVAN-LUCIANA
86 Tommaso Duranti

furono, si è detto, gli anni centrali del secolo a rappresentare un momento di particolare difficoltà per
lo Studio, anche per le insicure e poco allettanti condizioni economiche offerte ai docenti. Ciò potrebbe
aver causato quindi una minor capacità di attrazione di rinomati lettori forestieri e la tendenza a trasferirsi
di coloro che già insegnavano a Bologna. Scorrendo i documenti superstiti non si notano, comunque,
interruzioni dell’attività didattica26. Inoltre, alcuni dei docenti repertoriati godevano, almeno tra i con-
temporanei, di buona fama (un fattore che deve essere tenuto presente parlando di attrattività). Solo per
fare alcuni nomi, negli anni ’40 insegnavano ancora Giuliano Preonti (è lo Julianus Bononiensis della
cerchia di Alderotti) e Niccolò Bertruccio, eredi della scuola alderottiana, e fece il suo debutto (seppur
in astronomia) Tommaso da Pizzano27; negli anni ’50 iniziarono a insegnare Iacopo da Montecalvo e
Fabiano di Alberto Zancari.
Fu verosimilmente dopo il 1360 (fine del dominio visconteo), e ancora di più dopo il 1376 (istitu-
zione del comune ‘del popolo e delle arti’), che, avendo Bologna risolto almeno temporaneamente le
difficoltà politiche, la vita dello Studio tornò a crescere: lo mostra anche la ripresa di un’attività istitu-
zionale, quale ad esempio la redazione di nuovi statuti del collegio dottorale di medicina (1378), l’isti-
tuzione, da parte del comune, della magistratura dei Riformatori dello Studio, o, ancora, la fondazione
della facoltà di teologia28. Pur nella esiguità dei dati disponibili, può essere degno di nota che dal primo
rotulo dei lettori (1384-’85)29 risultino attive (o quanto meno preventivate) 11 cattedre di medicina, 28
per l’intera ‘facoltà’ di arti e medicina. Considerando che, ad esempio, a Perugia nel biennio precedente
si registrano 8 lettori di discipline non giuridiche30, che a Parigi a fine secolo sono attestate nella facoltà
di medicina tra le 27 e le 35 cattedre31, che a Pavia nell’anno accademico 1387-’88 la facoltà di arti e
medicina ne aveva tra 14 (di cui 10 in medicina e una in chirurgia)32, e che a Bologna la riforma di Nic-
colò V del 1450 le portò a 24, di cui 6 di medicina e una di chirurgia33, sembra di poter intravvedere un
buon andamento della vita didattica negli anni ’80 del Trecento (e, di conseguenza, ipotizzare un numero
non esiguo di studenti).

SITRAN REA, Trieste, LINT, 2001, p. 117-125, p. 118. Sulla migrazione del 1321, è ancora utile FRANCESCo FILIPPINI, L’esodo
degli studenti da Bologna nel 1321 e il “Polifemo” dantesco, «Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna», VI (1921),
p. 107-185; v. anche PAoLo NARDI, Le Università nei Secoli XIV-xV, in Storia delle Università in Italia a cura di GIAN PAoLo
BRIZZI-PIERo DEL NEGRo-ANDREA RoMANo, Messina, Sicania, 2007, I, p. 45-93, p. 55-58; si rimanda, inoltre, al contributo
di Paolo Nardi in questo volume.
26
Cfr. ad es. RoDoLICo, Dal comune alla signoria, p. 194-196.
27
Medico di Carlo V di Francia e padre di Christine de Pizan, Tommaso si addottorò in Medicina nel 1343, insegnò a
Bologna fino al 1356, per poi trasferirsi dapprima a Venezia e poi a Parigi; v. JEAN-YVES TILLIETTE, Cristina da Pizzano, in
Dizionario Biografico degli Italiani, 31, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1985, p. 40-47.
28
V. rispettivamente: Statuta Collegii doctorum scientie medicine (1378), in Statuti delle Università, p. 425-452; L’archivio
dei Riformatori dello Studio. Inventario, a cura di CLAUDIA SALTERINI, Bologna, Istituto per la Storia dell’Università, 1997;
FRANCESCo EHRLE, I più antichi statuti della Facoltà teologica dell’Università di Bologna, Bologna, Istituto per la storia del-
l’Università di Bologna, 1932.
29
DALLARI, I rotuli dei lettori, p. 2-3.
30
STEFANIA ZUCCHINI, Le spese per lo Studium nella gestione finanziaria del Comune di Perugia tra la seconda metà del
Trecento e l’inizio del Cinquecento, in La storia delle università alle soglie del XXI secolo. Atti del convegno internazionale di studi.
Aosta, 18-20 dicembre 2006, a cura di PAoLo GHEDA-MARIA TERESA GUERRINI-SIMoNA NEGRUZZo-SIMoNA SALUSTRI, Bo-
logna, Clueb, 2008, p. 15-25, p. 22.
31
CoRNELIUS o’BoYLE, The Art of Medicine. Medical Teaching at the University of Paris, 1250-1400, Leiden, Brill, 1998,
p. 66.
32
MARILYN NICoUD, Le prince et les médecins: pensée et pratiques médicales à Milan (1402-1476), Roma, Ecole Française
de Rome, 2014, p. 484. Nicoud ha ricostruito i ruoli dei lettori pavesi dalle prime attestazioni del 1374 fino al 1500 (p. 482-
554): i primi anni sono incompleti, mentre più certezza si ha nelle liste dal 1387 in poi.
33
ToMMASo DURANTI, Mai sotto Saturno. Girolamo Manfredi, medico e astrologo, Bologna, Clueb, 2008, p. 33.
La scuola medica e l’insegnamento della medicina a Bologna nel XIV secolo 87

Quali elementi emergono dall’analisi del corpo docente? Innanzitutto, anche nella seconda metà del
xIV secolo permane una discreta percentuale di dottori non cittadini, pur nella tendenza alla maggioranza
di bolognesi (specie nelle cattedre più prestigiose). Inoltre è possibile, in alcuni casi, ricostruire la pere-
grinatio dei maestri, ‘in entrata’ e ‘in uscita’, che offre il polso della attrattività dello Studio cittadino e
della rinomanza dei suoi docenti, ‘rincorsi’ da altri Studia. Quest’ultimo caso, in particolare, permette
di investigare sull’eventuale influenza della scuola bolognese su altri Studi (ci si tornerà tra poco).
Non da ultimo, trattando dei lettori, si possono stabilire filiazioni scientifiche, unendo le quali si ot-
tengono reti34: come ha mostrato il citato studio di Nancy Siraisi su Alderotti, individuare generazioni
di docenti tra loro collegati da rapporti di maestro/allievo e poi di colleganza offre più strumenti per la
ricostruzione di un quadro didattico e dottrinario più complesso, e dunque più completo. Un esempio
su tutti, anche se in estrema sintesi, mi pare illuminante, soprattutto per la notorietà dei protagonisti (v.
anche infra, fig. 1): tra i più noti allievi di Taddeo Alderotti fu il fiorentino Dino del Garbo, che fu poi
lettore a Bologna, a Siena, a Padova. Tra gli allievi di Dino figura, tra tutti, Gentile da Foligno, che in-
segnò a Siena (ove fu collega del suo maestro) e Perugia. Gentile fu maestro di Tommaso del Garbo,
figlio di Dino, che, dopo aver studiato a Bologna, fu suo allievo a Perugia, e che poi insegnò a Bologna
per essere quindi chiamato a Firenze, ove fu tra i promotori della rinascita dell’insegnamento medico in
quello Studio, e poi a Pavia. Allievi di Tommaso del Garbo furono Pietro Curialti da Tossignano, docente
a Bologna, Padova, Pavia, e il bolognese Cristoforo onesti, che insegnò nella sua città natale e a Firenze
(e su cui si tornerà). Si è coperto, in tal modo, un secolo esatto: Alderotti morì nel 1295, onesti nel
1392. Altri esempi, pur con meno continuità, potrebbero essere citati: si pensi solo a Guglielmo Corvi,
‘esportatore’ della scuola di Taddeo a Montpellier35, o a Mondino Liuzzi maestro di Niccolò Betruccio
maestro a sua volta di Guy de Chauliac, che a Bologna studiò verosimilmente nei primi anni ’4036.
Queste genealogie maestro-allievo (da integrarsi con i rapporti tra colleghi) non istituiscono in modo
automatico, naturalmente, una trasmissione lineare di temi e di dottrine; ma, ad esempio, sia Katharine
Park, sia Chiara Crisciani hanno messo in luce che le opere di Tommaso del Garbo scritte anche dopo
il suo trasferimento a Firenze risentono fortemente dell’influsso della sua esperienza, di studente e poi
di maestro, a Bologna, a tal punto da concludere (Crisciani) che Tommaso «rappresenta l’esportazione
di linee della scuola bolognese in nuovi studi»37. E se, come sostiene Siraisi nell’articolo citato in apertura,
è difficile isolare dalle singole opere mediche un orientamento chiaramente locale (mentre più ricono-
scibile è un orientamento ‘regionale’, il nord Italia rispetto alla Francia, ad esempio)38, è pur tuttavia
vero che le generazioni di maestri trecenteschi bolognesi godettero di una specificità dottrinaria ricono-

34
Cfr. CRISCIANI-LAMBERTINI-TABARRoNI, Due manoscritti, p. 392-393.
35
LUIS GARCIA-BALLESTER, The New Galen: a Challenge to Latin Galenism in Thirteenth-Century Montpellier, in ID., Galen
and galenism: theory and medical practice from antiquity to the European Renaissance, a cura di JoN ARRIZABALAGA-
MoNTSERRAT CABRé-LLUIS FUENTES-FERNANDo SALMóN, Aldershot, Ashgate, 2002, p. 55-83, p. 56, 73 (ed. or. in Text and
Tradition. Studies in Ancient Medicine and its Trasmissions. Presented to Jutta Kollesch, a cura di KLAUS-DIETRICH FISCHER-DI-
ETHAND NICKEL-PAUL PoTTER, Leiden, Brill, 1998).
36
Il quale, peraltro, si dichiarava fieramente appartenente alla scuola di Montpellier, più che a quelle di Bologna e di
Tolosa, ove pure aveva studiato: v. MICHAEL R. MCVAUGH, Surgery in the Fourteenth-Century Faculty of Medicine of Montpellier,
in L’Université de Médecine, p. 39-49, p. 47; v. anche RoMANA MARToRELLI VICo, Breve nota su Mondino de’ Liuzzi e Guy de
Chauliac, ivi, p. 307-314.
37
KATHARINE PARK, Doctors and Medicine in Early Renaissance Florence, Princeton, Princeton University Press, 1985, p.
202-209; JoLE AGRIMI-CHIARA CRISCIANI, Medicina e logica in maestri bolognesi tra Due e Trecento: problemi e temi di ricerca,
in L’insegnamento della logica, p. 216-234, part. p. 216-219 (la cit. è a p. 217); ora v. anche CRISCIANI-LAMBERTINI-TABARRoNI,
Due manoscritti, p. 393.
38
SIRAISI, Medical Scholasticism, p. 143-148.
88 Tommaso Duranti

sciuta, come provano, ad esempio, i riferimenti di uno degli eredi di quell’insegnamento che, come si è
appena detto, fu però maestro prevalentemente in altri Studia. Gentile da Foligno, in particolare nel suo
Commento al Canon di Avicenna, si riferisce infatti più volte ai maestri bolognesi, che sono da lui iden-
tificati, seppur in termini di competizione39, come un gruppo di intellettuali dottrinariamente affini, a
tal punto da potersi riferire ad essi non solo individualmente, ma come a una comunità scientifica, che
definisce dei «moderni bononienses»40. Essi erano, secondo Gentile, i maestri dello Studium felsineo da
Dino del Garbo in poi, che il maestro folignate individuava quale vero caposcuola dei bolognesi, soprat-
tutto nella (secondo lui) eccessiva e quasi cieca fedeltà mostrata verso Galeno; ma, proprio nel commento
al De morbo et accidenti di Galeno, Gentile, pur proponendosi come novità rispetto alla tradizione dei
commenti precedenti, in fondo si inserisce proprio sul solco di essa, rendendosi membro di «un conso-
lidato lignaggio di studiosi» bolognesi, come sintetizzato da Fernando Salmón41. Una specificità dottri-
naria che, qualche decennio dopo, fu sottolineata anche dal padovano Giovanni Santasofia, il quale,
confutando le posizioni di Pietro Torrigiani sulla questione della latitudo sanitatis, individua due sole
possibili linee di pensiero: quella, appunto, di Torrigiani «et omnium Bononienisum sequencium eum»,
e quella di Gentile da Foligno42. Che Gentile e Giovanni Santasofia prendessero le mosse dai bolognesi
indica, mi pare, sì che nuove leve della medicina italiana apportavano originali contributi alla disciplina,
ma contestualmente che il riferimento alla scuola di Bologna era ancora percepito come irrinunciabile,
seppur nel tentativo di superarne le posizioni. Il dibattito su questo tema peraltro restava vivo: principale
oppositore di Santasofia sulla latitudo sanitatis fu Albertino Rinaldi da Salso, che aveva insegnato a Bo-
logna e Firenze, per poi trasferirsi a Pavia almeno dal 1374, ove ripropose con forza la veridicità della
lettura di Torrigiani (e ove importò, peraltro, il ‘curriculum bolognese’)43.
In una puntuale analisi del commento di Giovanni Santasofia, Tiziana Pesenti ha concluso che l’at-
tenzione ai commenti precedenti scaturisse anche dalla novità che, nell’Ateneo padovano, era rappre-
sentata da un commento alla Tegni (che invece a Bologna era oggetto di commento da quasi un secolo)44.
La costruzione di un’identità necessita anche dell’individuazione dell’altro da sé: per questo Giovanni,
che si sentiva di rappresentare nel suo complesso la scuola padovana, connotò quella tradizione oppo-
nendola a una generica tradizione bolognese (entro cui fece peraltro rientrare interpretazioni anche di-
verse: Haly, Torrigiano, Gentile, Albertino da Salso).
Proprio sui commenti alla Tegni di Galeno, Pesenti ha tracciato le linee di una scuola bolognese che
continua, nella seconda metà del xIV secolo45. L’opera di Galeno assunse, nella sistemazione curriculare
scaturita dall’attività didattica dei maestri del secondo/terzo decennio del xIV secolo (Bartolomeo da
Varignana, Dino del Garbo, Mondino Liuzzi e, soprattutto, Pietro Torrigiani), un ruolo di primo piano,
come attestano ancora gli statuti del 140546. Per la medicina teorica, infatti, l’insegnamento era imper-

39
RoGER FRENCH, Canonical medicine: Gentile da Foligno and scholasticism, Leiden, Brill, 2001, p. 49.
40
GENTILE DA FoLIGNo, Canon III, fen III, tract. 2, cap. I, cit. ivi, p. 48.
41
FERNANDo SALMóN, Technologies of Authority in the Medical Classroom in the Thirteenth and Fourteenth Centuries, in El
aprendizaje de la medicina, p. 135-157, p. 149.
42
Cfr. PESENTI, The Teaching of the Tegni, passim (la cit. è a p. 168); EAD., Marsilio Santasofia.
43
Cfr. ANNALISA BELLoNI, Giovanni Dondi, Albertino da Salso e le origini dello Studio pavese, «Bollettino della Società
pavese di storia patria», 82 (1982), p. 17-47.
44
PESENTI, The Teaching of the Tegni. Cfr. JoëL CHANDELIER, Le commentaire au Tegni de Dino del Garbo (m. 1327): plagiat
ou oeuvre originale?, in L’Ars medica (Tegni) de Galien: lectures antiques et médiévales, a cura di NICoLETTA PALMIERI, Saint-
Etienne, PUSE, 2008, p. 129-145.
45
PESENTI, The Teaching of the Tegni, p. 169 ss.
46
Statuti dell’Università di medicina, p. 275. Cfr. NANCY G. SIRAISI, Changing concepts of the organization of medical knowl-
edge in the italian universities: fourteenth to sixteenth centuries, in La diffusione delle scienze islamiche nel Medio Evo europeo,
La scuola medica e l’insegnamento della medicina a Bologna nel XIV secolo 89

niato sulla lettura di Avicenna al primo anno, quale introduzione di base allo studio della medicina, per
poi, dal secondo anno, avere il proprio fulcro nella Tegni, la cui lettura era, insieme agli Aforismi di Ip-
pocrate, oggetto dell’esame di laurea47. Prendendo a modello la sistemazione bolognese, gli altri Studia
del nord Italia fecero del testo di Galeno uno dei libri fondamentali dell’insegnamento: Padova, Perugia,
Pavia, Firenze (ove per un lasso di tempo fu presente una cattedra ad hoc)48. Torrigiani, che dai successori
fu definito Commentator Novus di Galeno, divenne in questo ambito l’auctoritas per eccellenza, da cui
era giocoforza, come si è visto, prendere avvio anche per coloro che volessero contraddirne o superarne
le posizioni. Antonio da Scarperia (che era stato rettore dell’universitas bolognese dei medici nel 1369)
commentò l’opera durante il suo insegnamento a Perugia49. Quasi un commento al commento di Tor-
rigiani è quello di Bolognino, da identificare con ogni probabilità con Bolognino Zambeccari, lettore di
Medicina a Bologna negli anni ’60 e ’70, che peraltro cita tra le sue fonti anche il contemporaneo collega
Fabiano Zancari: egli destinò la sua opera introduttoria – forse frutto di repetitiones – ad usum di scolari
e colleghi50.
Come in diversi altri contesti (per il Trecento il caso più noto è quello dei padovani Santasofia51),
anche a Bologna nel xIV secolo si assiste alla tendenza, in generale accademica, alla formazione di dinastie
familiari di medici e maestri di medicina. oltre al celebre testimone passato da Dino del Garbo al figlio
Tommaso, alcuni esempi possono risalire fino al xIII secolo.
Innanzitutto il caso della famiglia Liuzzi: Mondino era nipote e figlio di speziari; suo zio, Liuzzo,
medico, concorse alla sua formazione, mentre suo figlio Mondino iuniore figura come lettore di logica
nel 134952. Anche Alberto Zancari – figlio del magister medicinae Galvano, e fratello del medico Enoch
– morto post 1348 e autore noto soprattutto per il De cautelis medicurum habendis, per un processo
subìto nel 1319 per avere trafugato un cadavere per una dissezione53 e per essere, probabilmente, l’Albertus
che compare nella x novella della prima giornata del Decameron, trasmise la propria eredità professionale
al figlio Fabiano, ascritto al collegio nel 1349 (dunque in quella data il padre era già morto), lettore di
Medicina almeno dal 1351, che, grazie alle citazioni di Bolognino Zambeccari54, può essere ricordato
quale autore di un perduto commento alla Tegni55. Giuliano Preonti († 1343), noto soprattutto per
essere stato il reportator del commento di Dino del Garbo al De natura fetus di Ippocrate, fu autore di
diverse questiones, nonché di un sermone de prestantia medicinae et scientiae legalis in apertura dell’anno

Roma, 2-4 ottobre 1984: convegno internazionale, Roma, Accademia nazionale del Lincei, 1987, p. 291-321, p. 295.
47
Statuta Collegii, p. 439.
48
PESENTI, The Teaching of the Tegni, p. 181.
49
Su Antonio da Scarperia, v. GIULIA RUINA, Il primo secolo dell’insegnamento medico a Perugia: maestro Antonio di Uguccio
da Scarperia, «Annali di Storia delle Università italiane», 18 (2014), p. 59-74. Sul suo rettorato a Bologna: PIANA, Nuovi doc-
umenti, I, p. 104.
50
PESENTI, The Teaching of the Tegni,p. 185-186, che però non vi riconosce lo Zambeccari. Bolognino Zambeccari compare
come membro del collegio di medicina dal 1369 (Chartularium, IV, p. 82). Su Fabiano Zancari, v. infra.
51
V. EAD., Marsilio Santasofia. Per un altro contesto, quello parmense, v. ora RoBERTo GRECI, Tra maestri, allievi e parenti:
medici e chirurghi nell’Italia padana medievale, in Università e formazione dei ceti dirigenti, p. 81-106.
52
Cfr. FRANCo BACCHELLI, Liuzzi, Mondino de’, in Dizionario Biografico degli Italiani, 65, Roma, Istituto della Enciclopedia
Italiana, 2005, p. 309-314; per Mondino Jr.: LINES, Teachers.
53
V. oTTAVIo MAZZoNI ToSELLi, Racconti storici estratti dall’archivio criminale di Bologna ad illustrazione della storia patria,
III, Bologna, A. Chierici, 1870, p. 118; MANUEL MoRRIS, Die Schrift des Albertus de Zancariis aus Bologna ‘De cautelis medico-
rum habendis’, Leipzig, Ferdinand Peter Nachf, 1914; TABARRoNI, Notizie biografiche, p. 607.
54
Il cui figlio Federico è attestato come medico in alcuni atti a partire dal 1380 (PIANA, Nuovi documenti, I, p. 270, 547).
Nel 1385 Bolognino era già morto (ivi, p. 286). Non è specificato invece il legame parentale del medico Luca Zambeccari
(ivi, p. 305).
55
Nel 1380 Fabiano Zancari risulta morto (PIANA, Nuovi documenti, I, p. 273).
90 Tommaso Duranti

accademico nel 1342; suo figlio Guido († ante 1424), che lesse Medicina nel 1364 e fu ascritto al collegio
dottorale (e un altro figlio, Giacomo, fu lettore di diritto canonico)56.

Fig. 1: Sintesi della rete di rapporti di relazione tra doctores di medicina a Bologna nel xIV secolo.

Particolarmente longeve furono altre due famiglie di medici bolognesi: innanzitutto quella dei da Va-
rignana57, per i quali si può risalire a magister Giovanni, alla metà del xIII secolo, e il cui figlio, Barto-
lomeo, fu il più insigne membro della schiatta. Bartolomeo fu padre di Guglielmo, anch’egli medico e
autore di una Practica, di consilia e di quaestiones sulle febbri e sui veleni. Alla seconda metà del xIV
secolo appartengono i fratelli Pietro (lettore di Medicina almeno dal 1384 e membro del collegio almeno
dagli anni ’70) e Matteo, lettore dal 1375, figli di un magister Giovanni58. Nell’estate del 1378 Pietro da
Varignana, in qualità di priore del collegio, forzò, derogando al numero legale, la cooptazione al collegio

56
Su Giuliano, ricordato come magister dal 1312, cfr. TABARRoNI, Notizie biografiche, p. 614; Cfr. CRISCIANI-LAMBER-
TINI-TABARRoNI, Due manoscritti, p. 426-427. Il sermo è, con altre sue questiones, in Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat.
2418, c. 227r; per l'edizione e il commento, rimando a ToMMASo DURANTI, Una disputa tra medicina e diritto del primo
Trecento all'Università di Bologna, «Archivio storico italiano», cds. Su Guido e Giacomo, Chartularium, IV, p. 94 ss., e PIANA,
Nuovi documenti, ad indicem.
57
V. ARIETI, Una famiglia.
58
PIANA, Nuovi documenti, I, p. 349; dal documento sembrerebbe che il congnome della famiglia fosse de Laurentiis.
La scuola medica e l’insegnamento della medicina a Bologna nel XIV secolo 91

degli artisti di Antonio di Pietro da Tossignano59, il cui figlio Gian Francesco fu doctor artium et medicinae
nella prima metà del secolo successivo60.
Un’altra famiglia di medici di lunga durata fu quella dei Cristiani, caso su cui pochissimo sappiamo,
ma che mette ben in luce l’intreccio, ancora da indagare, tra mondo accademico e mondo della profes-
sione61. Capostipite professionale fu Martino, alla metà del xIII secolo, due figli del quale ne seguirono
le orme: Pellegrino, che fu tra i medici di re Enzo di Svevia durante la prigionia a Bologna62, e padre di
Primirano, anch’egli medico; e Buonagiunta, padre di Giacomo medico e chirurgo, morto nel 1329, au-
tore di una perizia (effettuata con Bartolomeo da Varignana e Giovanni Durante) per un processo contro
una Villiana di Faenza sospettata di avere avvelenato il marito63. A questa generazione appartiene un
altro Pellegrino Cristiani, che nel 1321 fu tra i lettori di Medicina che ricevettero il pagamento del sala-
rio64. Un Guglielmo di Martino Cristiani fu lettore di Medicina e membro del collegio dottorale almeno
dalla fine degli anni ’60, mentre nella generazione successiva si trova un Francesco di Pellegrino65, e, a
inizio xV secolo, un Giacomo di Filippo docente di arti e grammatica66.
Insieme a essi sedeva nel collegio dottorale Pietro Aristoteli, padre di Francesco; anche quest’ultimo,
laureatosi nel 1376, fu lettore di Medicina67. Tomasia figlia di Pietro era invece andata in sposa a Paolo
Calori da Modena68, che ottenne poi la cittadinanza bolognese69 e fu lettore prima di Astrologia, poi di
Medicina ordinaria dalla fine degli anni ’80, e poi fu lettore a Ferrara e archiatra di Bonifacio Ix; loro
figlio, Andrea, nel 1410 è ricordato come peritus in artibus70.
Dal 1390 insegnò Medicina pratica Giacomo dall’Arme, figlio di quel medico Nanne di Ughetto che
nel 1396 lasciò la propria biblioteca al convento di San Francesco (come aveva già fatto Taddeo Alde-
rotti)71 segno, verosimilmente, che il figlio era già morto.
Parente, forse nipote, di Pietro da Moglio72 – discepolo di Petrarca e maestro di Salutati – fu proba-
bilmente Giovanni di Francesco, laureato nel 1374 e immediatamente ascritto al collegio dottorale di

59
Chartularium, IV, p. 198-199; un Antonio (figlio naturale?) di Pietro da Tossignano è poi ricordato come decretorum
doctor nel 1390 (PIANA, Nuovi documenti, I, p. 292).
60
Ivi, p. 547.
61
Su cui si rimanda a ToMMASo DURANTI, Doctores e dottori: laurea in medicina e professioni mediche nel medioevo europeo,
in Un monopolio imperfetto. Titoli di studio, professioni, università (secc. XIV-XXI), a cura di MARIA TERESA GUERRINI-REGINA
LUPI-MARIA MALATESTA, Bologna, Clueb, c.d.s., e alla bibliografia ivi citata.
62
Il testamento di Enzo raccomanda di saldare il pagamento nei confronti di sei illustri medici che lo avevano curato, tra
cui Taddeo Alderotti e, appunto, Pellegrino Cristiani: v. Bologna Re Enzo e il suo mito, a cura di ANNA LAURA TRoMBETTI BU-
DRIESI, Bologna, Clueb, 2002, p. 106-112.
63
Cfr. soprattutto SARTI-FATToRINI, De claris archigymnasii, I, p. 551-554; II, p. 288.
64
CHERUBINo GHIRARDACCI, Historia di Bologna, II, Sala Bolognese, Forni, 1973 (ed. anast.), p. 18: con Cristiani sono
elencati Mondino Liuzzi, Alberto Zancari, Niccolò Bertruccio - con un salario di 50 lire di bolognini - e Giuliano Preonti,
magister Guido e magister Castellanus - con salario di 25 lire.
65
Chartularium, IV, ad indicem.
66
PIANA, Nuovi documenti, I, p. 444; altri membri della famiglia ricorrono ivi, passim.
67
Chartularium, IV, ad indicem.
68
JULIANA HILL CoTToN, Calori, Paolo, in Dizionario Biografico degli Italiani, 16, Roma, Istituto della Enciclopedia Ita-
liana, 1973, p. 808-809.
69
Nel 1395 gli fu contestata da un collega l’ascrizione al collegio, ma i restanti doctores si schierarono a suo favore (PIANA,
Nuovi documenti, I, p. 399-402).
70
Ivi, p. 560.
71
DALLARI, I rotuli, p. 16-18. Sul padre: CELESTINo PIANA, Chartularium Studii Bononiensis S. Francisci: (saec. XIII-XVI),
Firenze, Typographia Collegii S. Bonaventurae, 1970, p. 14*-16* e 39*-42*, che però lo chiama Nicolaus. Cfr. NEBBIAI-DALLA
GUARDA, Livres, p. 419.
72
LEoNARDo QUAQUARELLI, Moglio, Pietro da, in Dizionario Biografico degli Italiani, 75, Roma, Istituto della Enciclopedia
92 Tommaso Duranti

medicina73, che lesse fino al 1412 e le cui lezioni sulla Tegni di Galeno erano parte della biblioteca del
contemporaneo Romelio da Brescia74.
Si potrebbe proseguire con altri esempi, approfondendo legami parentali orizzontali e verticali. Alcuni
dei personaggi che ne emergono non sono per noi altro che nomi, ma una più precisa indagine su base
familiare potrebbe portare a nuovi risultati anche dal punto di vista dell’attività di docenza (oltre a essere
un valido strumento di indagine sociale sui medici trecenteschi e sul familismo accademico).
Si è accennato alla fama dei docenti di Medicina (dovendo tralasciare in questa sede la fama derivante
dall’esercizio della professione): al di là di antichi luoghi comuni sul medico (che colpivano a dire il vero
più il professionista che il docente) e degli strali petrarcheschi, oltre la nascente disputa delle arti, i medici
che insegnavano nei grandi Studia iniziavano a ottenere una fama che usciva dalla cerchia degli addetti
ai lavori, proponendo figure a volte al limite del leggendario, che oltre a rappresentare un elemento di
attrattività, si diceva, verso un particolare Studium, erano chiamati in causa a lustrare con la loro scientia
quando la gloria cittadina, quando quella accademica75. Così, nel decantare i fasti fiorentini, Filippo Vil-
lani ricorda Taddeo Alderotti, Dino del Garbo, Pietro Torrigiani, Tommaso del Garbo, privilegiando
l’origine personale rispetto al luogo della formazione e attività scientifica, svolta prevalentemente altrove,
nei casi dei primi tre almeno76. Ancora, all’interno di quella che sarebbe divenuta una vexata quaestio, la
preminenza del diritto o della medicina l’una rispetto all’altra e nei confronti delle altre scienze, Coluccio
Salutati ricorda tra gli illustri medici, oltre ai quattro già citati da Villani, Pietro d’Abano, Gentile da
Foligno e Cristoforo onesti77.
Quest’ultimo, bolognese, era un suo contemporaneo (onesti morì nel 1392, Salutati completò il De
nobilitate legum et medicine nel 1398), il che permette di presupporre che la fama di cui godette fosse, se
non meritata, almeno reale. Egli venne ricordato anche, nella seconda metà del xV secolo, dalle laudes
cittadine bolognesi composte dai due umanisti Giovanni Garzoni e Niccolò Burzio78, che ne sottolinea-
rono la vasta cultura (literatus, secondo Garzoni, disertissimus, per Burzio). Cristoforo di Domenico one-
sti79 si laureò a Bologna il 25 aprile 1367, presentato da Fabiano Zancari al collegio giudicante (composto
da Pietro Aristoteli, Guglielmo Cristiani, Martino Erri, Bartolomeo di Reno, Giovanni Barbieri, Guido
Preonti, Bolognino Zambeccari, Paolo Buvalelli, Baldassarre Conforti): la sua è una delle registrazioni

Italiana, 2011, p. 267-273.


73
Cfr. TABARRoNI, Notizie biografiche, p. 613-614.
74
CARoTI, La biblioteca, p. 235; essa conteneva anche testi di Taddeo Alderotti, Dino del Garbo, Mondino Liuzzi Giovanni
da Brossano, Cristoforo onesti.
75
Su questo tema, v. LAURENCE MoULINIER-BRoGI - MARILYN NICoUD, Fama ou légende? De la vie de quelques médecins
italiens d’après les témoinages médiévaux, «Micrologus», xxI (2013), p. 445-470.
76
Cfr. NANCY G. SIRAISI, The Physician’s Task: Medical Reputation in Humanist Collective Biographies, n EAD., Medicine &
the Italian Universities, 1250-1600, Leiden, Brill, 2001, p. 157-183, p. 169-171 (ed. or. in The Rational Arts of Living, «Smith
College Studies in History», 50 (1987), p. 105-133).
77
CoLUCCIo SALUTATI, De nobilitate legum et medicinae. De verecundia, a cura di EUGENIo GARIN, Firenze, Vallecchi,
1947, p. 70.
78
JoHANNIS GARZoNII Bononiensis, De dignitate Urbis Bononiae Commentarius, in Rerum Italicarum Scriptores, t. xxI,
Milano, Societas Palatina, 1732, coll. 1139-1168, coll. 1159-1166; cfr. SIRAISI, The Physician’s Task, p. 178-179. NICoLò
BURZIo, Bononia illustrata, in FULVIo PEZZARoSSA, Un profilo quattrocentesco dello Studio bolognese, «Studi e memorie per la
storia dell’Università di Bologna», n.s., III (1983), p. 105-156, p. 137.
79
Cfr. TIZIANA PESENTI, Per l’eloquenza dei medici trecenteschi: un sermo dottorale di Cristoforo Onesti da Bologna, in Mar-
garita amicorum. Studi di cultura europea per Agostino Sottili, a cura di FABIo FoRNER-CARLA MARIA MoNTI-PAUL GERHARD
SCHMIDT, Milano, Vita & Pensiero, 2005, II, p. 857-877, e STEFANIA ZUCCHINI, Onesti, Cristoforo, in Dizionario Biografico
degli Italiani, 79, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2013, p. 323-325.
La scuola medica e l’insegnamento della medicina a Bologna nel XIV secolo 93

di lauree pubblicate da Celestino Piana80. Negli anni precedenti aveva, come era prassi, insegnato filosofia
e dialettica, mentre dal 1370 al 1386 insegnò Medicina ordinaria, ottenendo rapidamente grande pre-
stigio e, contestualmente, un salario piuttosto elevato: nel 1383-’84 gli furono attribuite per la lettura
di Medicina ordinaria de mane 300 lire di bolognini, compenso di tutto rispetto per i medici dello Studio
bolognese in quegli anni: nell’anno successivo, il secondo salario per entità è quello attribuito a Pietro
Aristototeli per Medicina pratica – 200 lire, come onesti aveva avuto negli anni dal ’79 all’82 – mentre
gli altri due lettori di Medicina ordinaria de mane ebbero 100 lire81 (a riprova che nell’attribuzione dei
salari il discrimine non era dato soltanto dalla lectura ricoperta, ma anche da fattori quali appunto il pre-
stigio personale e, parrebbe da questo esempio, l’anzianità accademica). Negli anni tra il 1380 e il 1382,
onesti rifiutò due proposte di condotta per la lettura di medicina all’Università di Perugia (e forse a
questo evento si lega l’aumento di salario a Bologna), mentre accettò, nel 1386 – probabilmente in
seguito a un contenzioso per la lettura di Medicina che, nella primavera di quell’anno, lo aveva opposto
al collega Pietro da Tossignano82 – di trasferirsi a insegnare a Firenze, ove rimase fino al ‘90, in concor-
renza col docente di Medicina allora più celebre, Marsilio Santasofia, occasione nella quale, verosimil-
mente, entrò in contatto con Salutati. Il trasferimento di onesti a Firenze aveva causato non pochi
problemi all’organizzazione didattica bolognese, come lamentano i Riformatori dello Studio che, allar-
mati dal rischio di esodo di studenti verso Firenze e dalla mancanza di docenti esperti di medicina (poiché,
si dice, onesti era andato a leggere nella città toscana83), proposero di concedere la cittadinanza ai più
celebri lettori forestieri (tra i primi a beneficiarne pare ci fu Pietro da Tossignano84). Nel 1390, dopo che
venne chiesta licenza a Firenze di lasciarlo partire per tornare a curare Tordino Cospi85 (segno che onesti
godeva di fama anche come medico curante), fu di nuovo a Bologna a ricoprire la cattedra di Medicina.
In quanto dottore cittadino, onesti fu cooptato nel collegio dottorale di medicina, in cui lo sappiamo
presente almeno dal 1371, quando fu promotore di una laurea e presente a un altro esame finale86; fu
anche fra i dottori collegiati che sottoscrissero e poi giurarono i nuovi statuti del collegio di medicina,
approvati nel 137887 (come noto, la prima redazione a noi pervenuta). Della sua produzione scientifica
sono rimaste diverse opere: un De venenis che godette di ampia rinomanza e che, ad esempio, servì da
modello strutturale, pur non citato, al Liber de evitandis veneniis di Giovanni Martino Ferrari († 1458),
docente a Pavia e medico di Filippo Maria Visconti88, nonché, nel secolo scorso, a Ernesto De Martino,
che su esso basò le prove dell’esistenza del tarantismo e del suo interesse medico già nel Trecento (sulla
base del titolo di un capitolo presente nell’indice del ms. conservato presso la Bibliothèque Nationale de
France, ma assente nel testo)89. onesti fu autore anche di quaestiones e di ricette (alcune delle quali poi
stampate), nonché di numerosi commenti: agli Aforismi di Ippocrate, al I libro della Tegni di Galeno, a
parte del Canon di Avicenna – dunque, si è detto, ai testi basi dell’insegnamento medico – nonché al-
l’Antidotarium di Mesue, poi stampato, nel 1488 a Ferrara e a Bologna, nel 1497 e nel 1527 a Venezia.

80
PIANA, Nuovi documenti, I, p. 83-88.
81
DALLARI, I rotuli dei lettori, p. 2-3.
82
PIANA, Nuovi documenti, I, p. 315-317.
83
GIoVANNI FANTUZZI, Notizie degli scrittori bolognesi, VI, Bologna, A. Forni, 1965, p. 179 (rist. anast.).
84
ZACCAGNINI, Storia dello Studio di Bologna, p. 25.
85
Epistolario di Pellegrino Zambeccari, a cura di LoDoVICo FRATI, Roma, Tipografia del Senato, 1929, p. 117.
86
Chartularium, IV, p. 100-101.
87
Statuta Collegii, p. 426.
88
V. NICoUD, Le prince et les médecins, p. 192.
89
ERNESTo DE MARTINo, La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud, Milano, Il Saggiatore, 20084, p.
254-255 (ed. or. Milano, 1961).
94 Tommaso Duranti

Di lui resta anche un sermone de exhibitione libri et benedictione paterna, cioè pronunciato dopo che il
candidato aveva superato l’esame pubblico, edito da Tiziana Pesenti, nel quale compare uno dei primi
riferimenti da parte di un medico alle Invectivae contra medicum di Petrarca90. Un commento al Canon,
testimoniato in un ms. conservato presso la Biblioteca Riccardiana91, è frutto esplicito della attività di-
dattica di Cristoforo. Il commento è alle fen I, II e IV del I libro, ossia alla parte più manualistica che,
insegnata al primo anno, poneva le basi della conoscenza medica. Si tratta di un esempio di recollectiones
operate, come è dichiarato alla fine del commento alla I fen, da Tommaso di San Miniato quando era
studente a Bologna92. onesti, nel corso delle lectiones in cui è organizzato il testo, alternava citazioni del
testo di Avicenna alla ripresa delle interpretazioni dei suoi predecessori: a una prima ricognizione, i
medici più citati sembrano essere Tommaso del Garbo, Gentile da Foligno, Iacopo da Montecalvo. Mae-
stri recenti, dunque, il riferimento ai quali conferma una riflessione portata avanti nei decenni e non
bloccata all’epoca dei grandi commentatori (anche se non mancano, naturalmente, citazioni di Guglielmo
Corvi, Dino del Garbo, Mondino Liuzzi). La vicenda di Cristoforo onesti ben esemplifica, anche cro-
nologicamente, l’insegnamento medico bolognese del Trecento che si andava concludendo: egli morì il
27 agosto 1392 e fu sepolto nella basilica bolognese di San Domenico, come ricorda l’epitaffio trascritto
da Giovanni Fantuzzi93.
Un’altra lapide, pochi anni dopo, sarebbe stata apposta in una basilica cittadina a celebrare un grande
lettore di Medicina: quella di un monarcha medicinae della seconda metà del Trecento, il padovano Mar-
silio Santasofia, che già abbiamo visto incrociare le proprie vicende con quelle di onesti. Marsilio, nel
1405, espresse nel proprio testamento la volontà di essere sepolto a Bologna, nella basilica di San Fran-
cesco94. Santasofia, il cui prestigio non occorre qui ricordare, aveva accettato, ormai ultrasessantenne,
una condotta per leggere Medicina a Bologna, attività che iniziò nell’autunno 1404. Prima di lui, nel
1388, il fratello Giovanni, probabilmente per seguire il figlio Galeazzo che aveva ottenuto la lettura di
logica, vi aveva ricoperto la lettura di Medicina, che per l’occasione fu tolta a Pietro da Tossignano.
Anche il figlio di Marsilio, Daniele, insegnò in questo Studio e, anch’egli, nel 1410, scelse San Francesco
per la propria sepoltura. La più grande stirpe di medici di fine Trecento, insomma, sembrava voler co-
ronare una carriera accademica tra le più prestigiose con un insegnamento a Bologna.
Forse – mi sia concessa una boutade in chiusura – Bartolemeo Facio, che, nel De viris illustribus, definì
Marsilio bononiensis95, fu vittima di un lapsus, ritenendo che il più celebre medico del periodo non
potesse che appartenere all’Alma Mater Studiorum.

90
PESENTI, Per l’eloquenza dei medici, p. 869.
91
Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 1178 (L. II 35).
92
Ivi, c. 143v.
93
FANTUZZI, Notizie, p. 180.
94
Sulle vicende biografiche e intellettuali dei medici della dinastia padovana, v. PESENTI, Marsilio Santasofia.
95
Cfr. SIRAISI, The Physician’s Task, p. 176-177.

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