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MARIA PIA ALBERZONI

SANTA POVERTÀ
E BEATA SEMPLICITÀ
FRANCESCO D’ASSISI E LA CHIESA ROMANA

RICERCHE | STORIA
|
VITA E PENSIERO ORDINES
ORDINES
STUDI SU ISTITUZIONI E SOCIETÀ NEL MEDIOEVO EUROPEO
1

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Comitato scientifico
Maria Pia Alberzoni (Direttore, Università Cattolica del Sacro Cuore),
Frances Andrews (University of St. Andrews), Nicole Bériou (IRHT,
Paris), Barbara Bombi (University of Kent), Daniel Bornstein
(Washington University in St. Louis, MO), Cécile Caby (Université
Lumière Lyon 2), Pietro Corrao (Università di Palermo), Jacques
Dalarun (IRHT, Paris), Sean L. Field (University of Vermont, VT), Knut
Görich (Ludwig-Maximilians-Universität, München), Klaus Herbers
(Friedrich-Alexander-Universität, Erlangen-Nürnberg), Jochen Johrendt
(Bergische Universität, Wuppertal), Roberto Lambertini (Università di
Macerata), Claudia Märtl (Ludwig-Maximilians-Universität, München),
Maria Grazia Nico Ottaviani (Università di Perugia), Lorenzo Paolini
(Università di Bologna), Agostino Paravicini Bagliani (Université de
Lausanne/SISMEL, Firenze)

Segretario di redazione
Pietro Silanos, Università Cattolica del Sacro Cuore

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MARIA PIA ALBERZONI

SANTA POVERTÀ
E BEATA SEMPLICITÀ
FRANCESCO D’ASSISI E LA CHIESA ROMANA

RICERCHE | STORIA
VITA E PENSIERO ORDINES

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La pubblicazione di questo volume ha ricevuto il contributo fi-
nanziario dell’Università Cattolica sulla base di una valutazione
dei risultati della ricerca in esso espressi.

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© 2015 Vita e Pensiero - Largo A. Gemelli, 1 - 20123 Milano


ISBN 978-88-343-2819-4

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INDICE

Abbreviazioni e sigle 7

Introduzione 9

PARTE PRIMA
Dalle regole dei Padri alla regola dei frati Minori

I. La vita religiosa e la sua regolamentazione fino a Francesco 25


II. La regola dei frati Minori: una regola a prescindere
dalle regole 55

PARTE SECONDA
La curia romana e i primi passi della ‘fraternitas’

III. Francesco d’Assisi, il cardinale Giovanni di S. Paolo e il


collegio cardinalizio: la storia di una difficile approvazione 79
IV. Nelle ‘domus’ dei cardinali: soggiorni e incontri
alla curia romana 109
V. Francesco e il cardinale Ugo d’Ostia: il mito di un’amicizia 145

PARTE TERZA
Il potere dei senza potere

VI. Francesco e Chiara: i due volti dello stesso carisma 171


VII. Tra ‘caritas’ e ‘correctio’ 195
VIII. «Ipse Altissimus revelavit michi». Francesco
e l’affermazione del carisma 225

Bibliografia 263

Indice dei nomi di persona 301

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Introduzione

1. Per giungere a Francesco

La ricostruzione biografica di Francesco e della primitiva fraternitas ha


costituito un tema tra i più frequentati della recente medievistica. A tale
fioritura di studi hanno certamente contribuito le iniziative di importan-
ti Società e Centri di studio, nonché delle stesse Famiglie francescane,
che hanno attivamente sostenuto eventi culturali di grande portata, qua-
li le edizioni critiche degli scritti di Francesco e della relativa agiografia,
oppure, a un livello più divulgativo ma pur sempre meritevole di tenere
vivo l’interesse, la pubblicazione delle cosiddette Fonti francescane nel-
le diverse lingue1. Autorevoli studiosi italiani e stranieri hanno efficace-
mente contribuito agli studi in tale settore offrendo validi punti di riferi-
mento per gli studi francescani nei diversi ambiti linguistici.
La biografia di Francesco non può prescindere dall’esame dei suoi
scritti e delle numerose fonti agiografiche, soprattutto quelle a diverso
titolo più prossime alla sua vita. Ritengo che per comprendere in mo-
do adeguato le scelte di Francesco d’Assisi, come pure della Chiesa ro-
mana – i due termini considerati in queste pagine – un osservatorio par-
ticolarmente fruttuoso sia offerto dalla storia istituzionale, che negli ul-
timi decenni, grazie soprattutto alle ricerche condotte da Gert Melville
e dal Sonderforschungsbereich da lui diretto presso la Technische Uni-
versität di Dresda, ha suggerito fondamentali chiarimenti per la com-
prensione della storia degli Ordini religiosi e della vita regolare in ge-
nere, nonché per valutare adeguatamente la linea d’azione perseguita

1 Guida agli incontri medievistici in Italia (1951-1992). Convegni di Assisi, Mendola, Spoleto, To-

di e Congressi del C.I.S.A.M. Indice degli autori, a cura di G. Tortorelli, Spoleto 1994; Gli studi
francescani e i convegni internazionali di Assisi (1973-2013), Incontro di studio in ricordo
del p. Stanislao da Campagnola ofm cap (Assisi, 11-12 luglio 2014), in corso di stampa;
quanto alle edizioni degli scritti si veda Francisci Assisiensis Scripta, e per le traduzioni
delle fonti il recente volume Francesco e Chiara d’Assisi. Percorsi di ricerca sulle fonti, Atti delle
giornate di studio Edizioni e Traduzioni (Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, 28
ottobre 2011 - Roma, Pontificia Università Antonianum, 9 marzo 2012), Padova 2014
(Franciscalia, 2).

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10 SANTA POVERTÀ E BEATA SEMPLICITÀ

dalla sede apostolica nei loro confronti. Forte di questi contributi, nel-
le pagine che seguono mi propongo di accostare Francesco e conside-
rare le sue scelte collocandole entro il complesso quadro delle direttive
perseguite dalla curia romana, in un periodo segnato dai grandi sviluppi
del diritto canonico nei diversi ambiti della vita ecclesiastica. Il quadro
che ne sortisce consente di cogliere i caratteri assolutamente innovativi
dell’esperienza di Francesco (e di Chiara), anche nei confronti delle co-
eve simili esperienze.
Consideriamo per esempio il caso della regola dei frati Minori con-
fermata da Onorio III nel 1223. Non si coglie la portata di questo even-
to nella storia della Chiesa, se non si considera che durante il pontifica-
to di Innocenzo III andò progressivamente maturando la convinzione
che non era più possibile scrivere nuove regole, ma, come nel 1215 sta-
bilì il IV concilio lateranense, era ora necessario assumerne una di quel-
le già ‘approvate’, vale a dire lungamente sperimentate. Entro tale qua-
dro quanto Francesco riuscì a ottenere dalla curia costituisce un sicu-
ro indizio della sua forte determinazione, ma al tempo stesso rivela una
certa disponibilità della curia stessa a venire incontro alle sue richieste2.
È mia convinzione che senza tracciare i precisi contorni della ricostru-
zione di storia istituzionale l’originalità di Francesco come pure l’atten-
zione della sede apostolica nei suoi confronti si sfochi e assuma i tratti di
una generica benevolenza.
D’altra parte anche i testi agiografici pongono in adeguato rilievo le
importanti concessioni da parte della Chiesa romana ottenute da Fran-
cesco. Un sogno a lui attribuito sia nella Vita beati Francisci sia nella Le-
genda trium sociorum e da quest’ultima collocato nel periodo immedia-
tamente precedente al viaggio alla curia nel 1209 esprime con vivacità
quella che era la convinzione dell’agiografo. Una notte «parve a Fran-
cesco di essere in cammino lungo una strada, ai bordi della quale sor-
geva un albero di grandiose dimensioni, bello, forte e vigoroso. Si avvi-
cinò ad esso e, mentre stava sotto per ammirarne l’altitudine e la bellez-
za, d’improvviso si sentì divenuto così alto da toccare la cima dell’albe-
ro, riuscendo con estrema facilità a piegarlo fino a terra. E in verità ac-
cadde proprio così, quando il signor papa Innocenzo, l’albero più eleva-
to e bello e forte che sorgesse al mondo, si inclinò con tanta benevolen-
za alla domanda e alla volontà di Francesco»3.
In realtà non dovette essere così facile piegare il gigantesco albero,
ma tale racconto, pur accentuando i toni miracolistici delle relazioni tra

2
Vedi infra i capitoli I e II.
3
Thomae de Celano Vita prima sancti Francisci, I, cap. XIII, in Fontes franciscani, p. 307 e
Legenda trium sociorum, cap. XII, in Fontes franciscani, p. 1425; la traduzione italiana è in
FF nn. 376 e 1462.

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INTRODUZIONE 11

la piccola fraternitas di Assisi e il papa, consente di mettere a fuoco il si-


gnificato affatto centrale del confronto tra Francesco e la curia per rico-
struire la sua biografia. Se poi questo confronto ebbe inizio con l’incon-
tro romano del 1209, le difficoltà crebbero con l’entrata in scena, a par-
tire dal 1217, e soprattutto dal 1220, del cardinale Ugo d’Ostia e con la
sua pretesa di dirigere – per così dire – l’operato di Francesco verso una
soluzione a pieno titolo regolare secondo i principi del diritto canoni-
co. Per le vicissitudini di quegli anni non si può che parlare di dramma,
di un profondo dramma consapevolmente assunto e vissuto da France-
sco, e proprio su questi ultimi anni della sua vita si è appuntata la mia
attenzione4.
È dunque giocoforza che il confronto con la Chiesa romana si foca-
lizzi soprattutto sui rapporti tra Francesco e il cardinale Ugo d’Ostia.
A questo proposito ritengo necessario introdurre fin d’ora un chiari-
mento terminologico. Ho scelto di indicare il cardinale d’Ostia con il no-
me Ugo, abbandonando la tradizionale dizione Ugolino, perché quest’ul-
tima non risulta presente né nella documentazione prodotta dal cardi-
nale stesso – che solitamente si intitola Hugo /Hugonis5 – né nella pri-
ma agiografia di cui egli fu il committente, in particolare nella Vita beati
Francisci 6. Da un primo sondaggio (ma saranno necessarie ulteriori in-

4
P. Zerbi, San Francesco e la Chiesa romana, in Francesco d’Assisi nell’ottavo centenario della
nascita, Milano 1982, pp. 75-103, ora in Id., «Ecclesia in hoc mundo posita». Studi di storia e
di storiografia medioevale, a cura di M.P. Alberzoni - A. Ambrosioni - A. Lucioni - G. Picasso
- P. Tomea, Milano 1993 (Bibliotheca erudita. Studi e documenti di storia e filologia, 6),
pp. 355-384, qui 379: «Il Miccoli, intrattenendosi proprio sui problemi fin qui esaminati,
dice “abusata” l’espressione “dramma di Francesco”. Lasciamo pure cadere la parola, ma
teniamo ferma la realtà che essa esprime, e che il Miccoli, del resto, riconosce, cioè un
intreccio complesso, talora tormentato, di forze diverse e persino contrastanti, nell’espe-
rienza umana di Francesco: l’originario propositum, i discordi atteggiamenti della fraterni-
tas, le direttive della Chiesa romana. Proprio questa complicata rete di rapporti interessa
allo storico».
5
Basti rinviare a Registri dei cardinali Ugolino d’Ostia e Ottaviano degli Ubaldini, a cura di
G. Levi, Roma 1890 (Fonti per la storia d’Italia, 8), passim; la riproduzione digitale del
manoscritto con il registro del cardinale (Bibliothèque Nationale de France, Ms. 5152 A)
è ora disponibile all’indirizzo: http://gallica.bnf.fr/Search?ArianeWireIndex=index&p=
1&lang=FR&f_typedoc=manuscrits&q=Bibliothèque+nationale+5152a&x=15&y=14, dove
è possibile cogliere in diversi luoghi (per es. ai ff. 16r e 17r) la diversa grafia tra Hugo
regolarmente utilizzata per indicare il cardinale e Hugolinus, in questo caso il giurista bo-
lognese presente a un atto del legato; anche E. Brem, Papst Gregor IX. bis zum Beginn seines
Pontifikats. Ein biographischer Versuch, Heidelberg 1911 (Heidelberger Abhandlungen, 32),
p. 1: notava che «Er selbst nennt sich Hugo».
6 Si veda, per esempio, Thomae de Celano Vita prima sancti Francisci, I, cap. XXVII,

in Fontes franciscani, p. 348: «Sed et cum tempore quodam, causa religionis poscente,
ad urbem Romam venisset [...]. Quod intelligens dominus Hugo, gloriosus episcopus
Ostiensis»; e ibi, II, cap. V, in Fontes franciscani, pp. 375-377, dove abbiamo sia la salutatio
con la quale Francesco si rivolgeva al cardinale: «Reverendissimo patri, sive domino Hu-
goni, totius mundi episcopo» (ora anche in Francisci Assisiensis Scripta, p. 426, dove

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12 SANTA POVERTÀ E BEATA SEMPLICITÀ

dagini) mi sembra si possa ritenere il nome Ugolino più tardo e ricolle-


gabile all’uso di trattare con il diminutivo tutti i nomi di persona, un uso
che sembra diffondersi soprattutto negli ultimi decenni del XIII e all’i-
nizio del XIV secolo. Non solo. A fronte della scarsità delle menzioni del
cardinale identificato con il suo nome proprio, nei testi agiografici egli è
più frequentemente ricordato come il «dominus episcopus Ostiensis»7.

2. Povertà e semplicità. Una chiave di lettura delle relazioni


tra Francesco e la Chiesa romana

«Il beato padre Francesco era ogni giorno ricolmo della consolazione
e della grazia dello Spirito Santo e con grande vigilanza e sollecitudi-
ne educava i nuovi figli con nuovi ammaestramenti, insegnando loro a
camminare con passo deciso sulla via della santa povertà e della beata
semplicità»8.
Con queste parole Tommaso da Celano nella Vita beati Francisci intro-
duce il capitolo XI (De spiritu prophetiae et monitis sancti Francisci), nel qua-
le si narra come Francesco, ai primordi della sua conversione e quan-
do attorno a lui erano convenuti solo i primi sette compagni, ritiratosi a
pregare perché «il Signore gli indicasse che cosa sarebbe stato della sua
vita e di quella dei suoi frati», ricevette la rivelazione dell’imminente co-
piosa crescita numerica della piccola fraternitas. Tale prodigiosa espan-
sione, dopo la gioia degli inizi, avrebbe però portato anche frutti di ama-
rezza e sarebbe pertanto stato necessario porre dei filtri e operare delle
scelte, sull’esempio di un pescatore accorto che, non potendo condur-
re a riva tutti i pesci pescati, decide di tenere quelli migliori e più gros-
si e di gettare nuovamente in mare gli altri: si faceva in tal modo risalire
a Francesco stesso la profezia della inevitabile decadenza dell’Ordine le-
gata alla sua forte e incontrollata espansione. Il passo citato consente di
cogliere nel giusto rilievo il significato del binomio santa (o beata) po-
vertà – beata (o santa) semplicità, come utilizzato da Tommaso da Cela-

però Hugoni è tradotto con l’italiano Ugolino) sia la definizione che ne dà l’agiografo:
«sanctus Franciscus accessit ad dominum papam Honorium, qui Romanae tunc praeerat
Ecclesie, supplici prece petens ab eo ut dominum Hugonem, episcopum Ostiensem, sui
fratrumque suorum patrem et dominum ordinaret».
7
Lo stesso Francesco, nel Testamentum, lo definisce dominus Ostiensis: Francisci Assisien-
sis Scripta, p. 402.
8 Thomae de Celano Vita prima sancti Francisci, I, cap. XI, in Fontes franciscani, p. 300:

«Beatus igitur pater Franciscus consolatione ac gratia Spiritus Sancti quotidie replebatur,
omnique vigilantia et sollicitudine novos filios novis institutionibus informabat, sanctae
paupertatis beataeque simplicitatis viam gressu indeclinabili eos edocens ambulare»; una
traduzione italiana è in FF n. 363.

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INTRODUZIONE 13

no nella Vita beati Francisci, attraverso il quale l’agiografo intende indica-


re i tratti salienti della santità di Francesco.
In effetti, povertà e semplicità sono termini centrali nel lessico di
Francesco, come pure in quello a lui attribuito dalla agiografia. Senza
voler qui proporre un esame lessicografico esauriente circa il significa-
to di questo binomio nelle fonti relative a Francesco e alla prima fraterni-
tas, basterà ricordare che, a giudizio del Miccoli, simplicitas è «una paro-
la chiave dell’esperienza e dell’insegnamento francescani», fino a con-
figurarsi come il corrispettivo a livello etico della paupertas 9. Così pure
paupertas, nelle sue diverse accezioni, rinvia inequivocabilmente all’uni-
verso francescano, anche se alla sancta (o beata) paupertas, come France-
sco solitamente la definisce, si affianca ben presto l’esaltazione dell’al-
tissima paupertas, laddove però altissima non risulta una determinazione
propria del lessico di Francesco e di Chiara, ma sembra piuttosto deriva-
re dal vocabolario teologico della curia papale e, segnatamente, del car-
dinale Ugo d’Ostia10.
Il binomio paupertas/simplicitas costituisce dunque una valida chiave
di lettura della persona e della santità di Francesco. Tommaso da Cela-
no ne fa uso in un numero assai circoscritto di occasioni, precisamen-
te per esprimere l’ammirazione del cardinale d’Ostia per Francesco, un
motivo che potrebbe indicare una scelta suggerita dalla committenza
stessa dell’opera.
Accenno qui, seppur brevemente, ai passaggi in cui si attribuisce al

9
G. Miccoli, Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un’esperienza cristiana, Torino 1991
(Einaudi Paperbacks, 217), p. 76: «La “semplicità”, nell’insegnamento di Francesco, si
contrappone alla “sapienza del mondo”: “pura sancta simplicitas confundit omnem sa-
pientiam huius mundi et sapientiam corporis”. È una parola chiave dell’esperienza e
dell’insegnamento francescani. Francesco è “semplice”, intende e scrive “semplicemente”
le parole del Signore, i fratelli devono essere “semplici” appunto perché totalmente estra-
nei, nei criteri di giudizio e nei modi di essere, alla “sapienza” e alla “prudenza” che sono
proprie della vita del secolo e che usano gli strumenti da essa offerti».
10 Colgo tale suggestione da uno studio di Michael W. Blastic, Poverty and Christology at

San Damiano, di prossima pubblicazione sulla rivista «Frate Francesco»: desidero espri-
mere all’Autore la mia gratitudine per avermi concesso di leggere il manoscritto del suo
lavoro; a conferma di tale differente uso del termine – un motivo che purtroppo anche il
CD annesso a D. Solvi, Officina Franciscana. Testi, sinossi e indici delle fonti francescane, con
grafici, mappe e tabelle, Firenze 2005, non consente di cogliere a pieno – mi limito qui ad
accennare che nell’VIII capitolo della Vita beati Francisci, assai probabilmente inserito su
richiesta di Gregorio IX (vedi M. Guida, La pericope clariano-damianita di Vita beati Fran-
cisci VIII, 18-20: un’aggiunta all’opera di Tommaso da Celano?, «Collectanea franciscana»,
77 [2007], pp. 5-26), la povertà è definita altissima, come anche in Regula bullata, VII,
4, in Francisci Assisiensis Scripta, p. 328 (un capitolo nella cui formulazione è pure
evidente l’intervento del cardinale d’Ostia), mentre l’aggettivo più usato da Francesco
(e da Chiara) per definire la paupertas è sancta /sanctissima: vedi ibi (cap. VI, 4); si veda
inoltre almeno il cap. VI della Forma vite di Chiara, ibi, p. 382: «ut in ista sanctissima vita
et paupertate semper vivatis».

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14 SANTA POVERTÀ E BEATA SEMPLICITÀ

cardinale l’elogio per queste doti di Francesco. In occasione del primo


incontro tra Ugo e Francesco, ambientato a Firenze nel 1217, il cardi-
nale è colpito da quello strano personaggio, così che «il signor vescovo,
come usava fare sempre con i religiosi, soprattutto con quelli che pro-
fessavano la beata povertà e la santa semplicità, lo accolse con umiltà e
devozione»11. Ancora, nel narrare un altro incontro tra i due, questa vol-
ta avvenuto a Rieti dove Francesco si era recato per ricevere le cure per
la sua malattia agli occhi e dove la curia papale soggiornò tra il giugno
del 1225 e il gennaio del 1226, Tommaso accenna alla benevola acco-
glienza riservata a Francesco dall’intera corte papale, ma soprattutto dal
cardinale Ugo, che, «con il consenso e la volontà del signor papa Ono-
rio, il beato Francesco aveva scelto come padre e signore sopra tutta la
religio e l’Ordine dei suoi frati, per il motivo che a lui era molto cara la
beata povertà e teneva nella massima reverenza la santa semplicità»12.
In entrambi i casi, dunque, la povertà e la semplicità sono indicate co-
me il requisito della religio di Francesco che muove l’interesse del cardi-
nale d’Ostia, come il tratto da lui particolarmente apprezzato e ritenuto
qualificante le nuove aggregazioni religiose, in particolare i frati Minori.
Il binomio beata o sancta paupertas e sancta o beata simplicitas sembra dun-
que esprimere compiutamente la santità di Francesco agli occhi del car-
dinale, come pure di Onorio III e della curia intera.
Due ordini di motivi sembrano suggerire una sorta di predilezione
per questi termini da parte di Gregorio IX. In primo luogo bisogna no-
tare che il binomio paupertas/simplicitas nel Memoriale, di circa vent’an-
ni successivo alla Vita, ma soprattutto scritto dopo la morte dell’antico
committente, non è più utilizzato.
D’altra parte il pontefice – e questo costituisce il secondo ordine di
motivi che fanno pensare a una precisa volontà del committente – ave-
va sperimentato personalmente la tenacia con la quale Francesco ave-
va perseguito la beata simplicitas e la sancta paupertas durante il confron-
to sostenuto in vista dell’approvazione della regola e della strutturazio-
ne dell’Ordine in senso giuridico. Basti qui solo ricordare un noto epi-
sodio, riportato nella Compilatio Assisiensis, una raccolta scritta nei pri-

11
Thomae de Celano Vita prima sancti Francisci, I, cap. XXVII, in Fontes franciscani, p. 350:
«Quem dominus episcopus videns, humili devotione suscepit, sicut et semper omnibus
sacram religionem praetendentibus faciebat, et illis praecipue, qui beatae paupertatis et
sanctae simplicitatis insigne nobile deferebant»; su tali episodi rinvio all’attenta lettura
proposta da Miccoli, Francesco d’Assisi. Realtà e memoria, pp. 198-224, soprattutto 200-204.
12
Thomae de Celano Vita prima sancti Francisci, II, cap. V, in Fontes franciscani, p. 376:
«Hinc [Hugonem] vero beatus Franciscus patrem et dominum elegerat super universam
religionem et ordinem fratrum suorum, ex assensu et voluntate domini Honorii papae,
eo quod illi beata paupertas multum placebat, et sancta simplicitas in maxima reverentia
exsistebat»; anche in questo caso una traduzione in FF nn. 492-493. I due episodi qui
accennati sono ripresi infra, al capitolo V.

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INTRODUZIONE 15

mi decenni del XIV secolo – si è infatti avanzata recentemente la pro-


posta di attribuzione a Ubertino da Casale – ma che certamente attin-
ge al materiale risalente ai compagni di Francesco13. Questi è invitato
a pranzo dal cardinale d’Ostia e si trova a tavola con importanti chie-
rici e cavalieri della sua famiglia, quando, inosservato e senza chiedere
il permesso, esce dalla casa, elemosina dei tozzi di pane che porta con
sé e che si dispone a mangiare, pur essendoci alla mensa del cardinale
ogni ben di Dio. Non solo. Francesco offre il pane sbocconcellato an-
che agli altri commensali, destando in loro un certo imbarazzo, dall’a-
giografo presentato come profonda devozione per il futuro santo. Al-
la fine del pranzo il cardinale, evidentemente irritato per l’accaduto,
prende in disparte Francesco e gli chiede ragione di quanto ha fatto
con queste parole: «Perché, frate mio simplizone, mi hai fatto vergogna-
re, andando a chiedere l’elemosina mentre eri nella mia casa, che è la
casa dei tuoi frati?». Francesco risponde allora di aver fatto in tal mo-
do non un torto, ma un grande onore al cardinale, perché «quando
un suddito serve e fa il suo dovere e obbedisce al suo signore, fa ono-
re al suo signore e al suo superiore». Poiché il suo compito è quello di
essere d’esempio ai suoi frati nel ricevere ogni cosa, innanzi tutto l’e-
lemosina come dono di Dio, è pertanto necessario che egli li ammae-
stri con il suo comportamento, affinché i frati presenti e futuri non ab-
biano scuse davanti a Dio. Il cardinale si trovò disarmato di fronte a ta-
le risposta e non poté che affermare: «Figlio, fa’ quello che ritieni sia
meglio, poiché il Signore è con te e tu sei con Lui»14. Notiamo che l’e-
pisodio si trova anche nel Memoriale di Tommaso da Celano, ma lì l’e-
sclamazione del cardinale si limita a «Mi frater»15; nella Compilatio, in-
vece, «il volgare si è insinuato nel latino così espressivo», contribuen-
do a rendere ancor più vivace l’espressione probabilmente attinta dai
flores dei socii e, al tempo stesso, a fornire quello che il Miccoli ha defi-
nito «un indizio preciso di autenticità»16.

13
J. Dalarun, Plaidoyer pour l’histoire des textes. À propos de quelques sources franciscaines,
«Journal des Savants», 2007, pp. 329-358, soprattutto 336-345; Id., Cruces fontium hagio-
graphicorum de sancto Francisco, in Francesco e Chiara d’Assisi. Percorsi di ricerca sulle fonti, pp.
87-100.
14
Compilatio Assisiensis, 97, in Fontes franciscani, pp. 1626-1631: «Cur, frater mi simplizone,
fecisti michi verecundiam, in domo mea, que est domus fratrum tuorum, ires pro hele-
mosinis?»; si veda la lettura dell’episodio proposta da Zerbi, «Ecclesia in hoc mundo posita»,
pp. 355-384, qui 383.
15
Thomas de Celano, Memoriale, n. 65.2, pp. 140-141 (Fontes franciscani, p. 511): «“Mi
frater” – inquid – “cur fecisti mihi uerecundiam in domo, que tua est et fratrum tuorum
[ma nella redactio definitiva si trova: in domo que tua est et fratrum minorum], ut pro elee-
mosynis ires?”».
16
Zerbi, «Ecclesia in hoc mundo posita», p. 383; Miccoli, Francesco d’Assisi. Realtà e memoria,
pp. 75-78, la citazione è a p. 77: l’osservazione del Miccoli è relativa a un altro famoso

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16 SANTA POVERTÀ E BEATA SEMPLICITÀ

Vale la pena notare come in questo caso simplizone sulla bocca del car-
dinale non abbia il valore positivo che si può attribuire alla beata simpli-
citas perseguita da Francesco, un motivo che consente di cogliere una
divergenza di giudizio circa uno dei capisaldi della minoritas. Lo stesso
Francesco, in un altro celebre passo riportato nella Compilatio Assisien-
sis, indica la coincidenza della simplicitas con la via direttamente rivela-
tagli dall’Altissimo. Infatti, allorché il cardinale Ugo d’Ostia, forse in ac-
cordo con alcuni settori della fraternitas, cercò di indurre Francesco ad
accogliere una delle regole ‘approvate’ (quella di Benedetto o quella di
Agostino), egli espresse con fermezza la volontà di seguire unicamente
la via mostratagli dal Signore stesso, indicata qui come la via simplicitatis:
«Fratres mei, fratres mei, Deus vocavit me per viam humilitatis et osten-
dit michi viam simplicitatis»17.
Sembra dunque di poter concludere che, assieme alla paupertas, la
simplicitas rappresenti l’ideale vivamente perseguito da Francesco, per-
ché direttamente additatogli da Dio, e che pertanto costituisca un tratto
decisivo della sua identità.

3. Il percorso della ricerca

Con il presente volume intendo dare conto di alcune mie indagini con-
dotte negli ultimi dieci anni sulle relazioni tra Francesco e la Chiesa ro-
mana e apparse in sedi disparate e talvolta di non facile reperimento: sa-
rà così possibile conferire maggiore organicità ai risultati conseguiti e
inquadrarli adeguatamente entro la recente storiografia. Con la scelta
del titolo Francesco d’Assisi e la Chiesa romana desidero inoltre riallacciar-
mi ad alcune acute riflessioni formulate da Pietro Zerbi in un saggio dal
medesimo titolo, pubblicato nel volume celebrativo dell’ottavo centena-
rio della nascita del santo e poi ripreso nella raccolta dei suoi studi of-
fertagli in occasione del suo settantesimo compleanno. La rielaborazio-
ne dei contributi raccolti nel presente volume è stata per me l’occasione
per riscoprire quanto le mie ricerche da vent’anni a questa parte dedi-
cate a Francesco e, soprattutto, a Chiara d’Assisi abbiano nella sostanza
sviluppato talune proposte di lettura formulate dallo Zerbi in quell’oc-
casione.

episodio riportato nella Compilatio Assisiensis, 18, in Fontes franciscani, pp. 1497-1498, ma
ritengo che sia valida anche in questo caso.
17
Ibidem; merita di essere almeno accennata un’espressione presente nell’opusculum ter-
tium della Vita beati Francisci, dove si narra della canonizzazione di Francesco: Thomae
de Celano Vita prima sancti Francisci, III, 120, in Fontes franciscani, p. 400: «Franciscum
virum idiota et vere simplicitatis totiusque sinceritatis amicum, humiliter et devotissime
[sapientes orbis et litteratissimi viri] venerantur et colunt».

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INTRODUZIONE 17

In particolare ritengo ancora pienamente valido il risalto conferito


all’«aspro travaglio» che segnò la decisione di Francesco di giurare ob-
bedienza alla Chiesa di Roma nella persona del papa e del cardinale gu-
bernator/dominus18, come pure l’accenno a individuare in tale rapporto
la principale causa di difficoltà per l’Assisiate, ridimensionando drastica-
mente la portata dei presunti conflitti interni alla base del tormento fisi-
co e morale dei suoi ultimi anni di vita19.
Accenno infine ad alcune acquisizioni che emergono dalle ricerche
confluite nel presente volume e che mi sembra offrano elementi di no-
vità e, al tempo stesso, suggeriscano punti di partenza per lo sviluppo
degli studi.
Un primo risultato consiste nel collegamento individuato tra i teolo-
gi parigini – soprattutto gli allievi di Pietro Cantore – e la (nuova) co-
struzione del mito della Ecclesie primitive forma, la cui realizzazione è vi-
sta nelle emergenti forme di vita religiosa ispirata al Vangelo. Entro tale
contesto culturale si comprende l’interesse della curia innocenziana e
poi del IV concilio lateranense per la regolamentazione delle nuove for-
me, riconoscendo anche ai laici la possibilità di esortare (non di predi-
care), come appunto si andò chiarendo nel circolo del Cantore.
In secondo luogo emerge la forza di Francesco nel difendere la vi-
ta secondo il santo Vangelo, quella rivelatagli direttamente dall’Altis-
simo, di fronte ai più alti esponenti della curia romana, dal cardinale
Giovanni di S. Paolo, a Innocenzo III e al cardinale Ugo d’Ostia; una
forza che trova accoglienza da parte della curia, per quanto consenti-
to dalle nuove esigenze del diritto canonico. Proprio in questo serrato
confronto si dovette irrobustire nell’Assisiate la consapevolezza del ca-
risma ricevuto.
È anche possibile ‘relativizzare’ il favore indiscusso che Francesco
avrebbe incontrato sia presso il vescovo di Assisi sia alla curia di Innocen-
zo III, giacché l’accoglienza a lui riservata dalla sede apostolica richiama
alla memoria piuttosto le riconciliazioni dei Valdesi di Durando di Osca
e di Bernardo Prim. Il cardinale Giovanni di S. Paolo, penitenziere pa-
pale, avrebbe nella sostanza svolto nei confronti di Francesco una vera e

18
Zerbi, «Ecclesia in hoc mundo posita», p. 384: «Sembra proprio di dover concludere che
la collaborazione fra due modi di pensare così diversi, pur in una profonda identità di ob-
biettivi, fu aspro travaglio; e che l’armonia tra le due perfette obbedienze, alla rivelazione
dell’Altissimo e alla Chiesa Romana, fu per Francesco una faticosa conquista, animata e
sostenuta dalla convinzione, propria dei veri obbedienti, che l’unità, nella vita ecclesiale,
è sorgente insostituibile di ricchezze inestimabili. La storia dei suoi rapporti con la Chiesa
Romana è tutta qui».
19
Zerbi, «Ecclesia in hoc mundo posita», p. 379: «Autorevoli studiosi, nel delineare il proces-
so della costituzione dell’ordine e della redazione delle regulae, hanno dato importanza a
iniziative provenienti dall’ordine stesso; le tensioni con la curia romana sono invece state
attenuate, poste in minor rilievo o addirittura negate».

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18 SANTA POVERTÀ E BEATA SEMPLICITÀ

propria inquisitio per vagliarne la cattolicità, nel tentativo di convincerlo


ad assumere un ordinamento canonico.
L’interesse di molti prelati e cardinali nei confronti di Francesco e
dei suoi primi frati non sembra essere stato gradito o corrisposto da
Francesco. In particolare la tutela esercitata dal cardinale Ugo d’Ostia
fu percepita da Francesco in tutta la sua gravità. Non di meno egli si sot-
tomise alla volontà del potente prelato e gli fu pienamente obbediente,
ottenendo che egli in cambio accogliesse alcuni punti per Francesco as-
solutamente imprescindibili, quali non dover osservare una delle rego-
le già approvate, poter vivere in povertà e poter rifiutarsi di essere posto
a capo dell’Ordine.
Si è anche messa in luce la centralità della figura del cardinale Ugo
d’Ostia per comprendere la storia di Francesco e dei suoi frati: Ugo fu
veramente abile nell’attribuire a Francesco, dichiarato suo amico e da
lui prontamente santificato, la fondazione di Ordini che in realtà aveva
fondato lui (precisamente i Penitenti e le pauperes domine) e a procede-
re risolutamente verso la strutturazione della fraternitas nella forma giu-
ridica dell’Ordine. Francesco cercò di sottrarsi a tale pressione, se ne
andò anche in Egitto, ma al ritorno non poté non accettare la richiesta
del cardinale: non fu dunque Francesco a scegliere il suo protettore, ma
fu quest’ultimo a imporsi con la sua autorità per poter così dare forma
all’Ordine.
Non solo. Il cardinale Ugo fu anche geniale nel procedere rapida-
mente alla canonizzazione di Francesco. Per tale via, dichiarandosi ripe-
tutamente suo amico e facendo inserire nella Vita beati Francisci, da lui
commissionata a Tommaso da Celano, un quadro a dir poco idilliaco dei
suoi rapporti con Francesco, nonché della protezione esercitata in favo-
re dell’Ordine, riuscì a bloccare qualsiasi voce circa l’esistenza di dissidi
tra lui e Francesco. Il Francesco addolorato, stanco e provato fino all’im-
pressione delle stimmate non poteva essere tale per i contrasti con la se-
de apostolica (non si addiceva a un santo aver avuto attriti con il papa
o con i cardinali), ma piuttosto per i contrasti (che certo non saranno
mancati) all’interno dell’Ordine. E questa lettura, quella proposta dal
cardinale d’Ostia, ha avuto fortuna fino ai nostri giorni, anche grazie al-
la storiografia degli Spirituali, per i quali era fondamentale individuare
all’origine delle sofferenze negli ultimi anni di vita di Francesco il tradi-
mento della maggioranza dei frati. In tal modo si faceva risalire il rilas-
samento dell’Ordine al periodo in cui il fondatore era ancora in vita e,
soprattutto, ci si poteva valere della sua autorevole condanna per i tradi-
tori, in primo luogo frate Elia e i ministri, ponendosi invece nel novero
dei suoi ‘figli legittimi’.
Entro il contesto istituzionale che si è tratteggiato è emersa infine in
tutta la sua novità la concezione della correctio fraterna propria di Fran-

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INTRODUZIONE 19

cesco: fu la totale precarietà insita nella scelta di povertà a rendere prati-


camente impossibile l’esercizio della visita canonica, come si era conso-
lidata nella tradizione monastica. Per Francesco e i primi frati – un ade-
guamento dell’Ordine alla normativa canonica si avrà solo con le costi-
tuzioni successive al 1239 – non erano i visitatori che avrebbero dovuto
recarsi nei loca dei frati, ma erano questi ultimi che, prendendo coscien-
za del loro peccato, avrebbero dovuto cercare di raggiungere i ministri
e servi della fraternità e affidarsi alla loro misericordia. Entro tale oriz-
zonte si comprende meglio anche la funzione di ultimo tribunale affi-
data al cosiddetto cardinale protettore: giacché entro la fraternitas l’as-
soluta parità nei rapporti non consentiva di individuare un giudice so-
pra le parti, fu il cardinale corrector a garantire la correctio interna all’Or-
dine, come Francesco stesso con grande efficacia ebbe a prefigurare nel
suo Testamentum.
Si tratta insomma di una serie di tratti della personalità di Francesco
che le fonti in qualche modo consentono di cogliere, ma che acquistano
il loro pieno significato solo qualora si escluda una lettura aprioristica-
mente ‘pacificata’ degli episodi e, in qualche modo, condizionata dall’e-
sito istituzionale della storia di Francesco: la sua rapida canonizzazione
e il successo dell’Ordine dei frati Minori in ogni regione dell’Europa e
anche nel vicino Oriente20.

Alla base dei capitoli di questo volume stanno alcuni miei studi, apparsi
in sedi diverse tra il 2002 e il 2012, precisamente:

1. Le idee guida della spiritualità, in Mittelalterliche Orden und Klöster im Ver-


gleich. Methodische Ansätze und Perspektiven, hrsg. von G. Melville - A. Mül-
ler (Vita regularis. Abhandlungen, 34), Berlin 2007, pp. 55-85.
2. La Regola dei frati Minori: una novità all’inizio del Duecento, in Frate Fran-
cesco: la via del Vangelo tra Umbria e Lombardia, a cura di R. Giorgi - P. Ca-
nali, Milano 2011 (Presenza di san Francesco, 49), pp. 79-125.
3. Francesco d’Assisi, il cardinale Giovanni di San Paolo e il collegio cardinali-
zio, in Francesco a Roma dal signor Papa, Atti del VI Convegno storico di
Greccio (Greccio, 9-10 maggio 2008), in occasione dell’VIII centenario

20
Anche la Vita di Gregorio IX, la biografia ufficiale del pontefice scritta attorno al 1240,
sottolinea con enfasi la capillare diffusione dei frati Minori: Vie de Grégoire IX, in Le ‘Liber
censuum’ de l’Église romaine, éd. par L. Duchesne - P. Fabre, Paris 1905-1952 (Bibilothèque
des Écoles françaises d’Athène et de Rome; 2e série, 6), p. 18: «quorum eodem rigante ad
eos limites incrementa venerunt ut prebente divina potentia per singulos orbis terminos
eorum venerando consortio vix viculus repperiatur inmunis».

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20 SANTA POVERTÀ E BEATA SEMPLICITÀ

dell’approvazione della prima regola, a cura di A. Cacciotti - M. Melli,


Milano 2008 (Biblioteca di Frate Francesco, 7), pp. 63-91.
4. Dalla ‘domus’ del cardinale d’Ostia alla curia di Gregorio IX, in Gregorio IX
e gli Ordini mendicanti, Spoleto 2011 (Atti dei Convegni della Società in-
ternazionale di studi francescani e del Centro interuniversitario di studi
francescani, 38), pp. 73-121.
5. La memoria contrastata. Ancora su Francesco e Ugolino d’Ostia, in Ovidio
Capitani. Quaranta anni per la Storia medievale, vol. II, a cura di M.C. De
Matteis, Bologna 2003, pp. 89-104.
6. «Un solo e medesimo spirito ha fatto uscire i frati e quelle donne poverelle da
questo mondo [malvagio]» (2Cel 204). I due volti dello stesso carisma, in Ma-
schile e femminile, vita consacrata, francescanesimo. Scritti per l’VIII centenario
dell’Ordine di Santa Chiara (1212-2012), a cura di P. Martinelli, Bologna
2012 (Teologia spirituale, 17), pp. 385-402.
7. I sistemi di controllo, in Die Ordnung der Kommunikation und die Kommu-
nikation der Ordnungen, vol. I, Netzwerke: Klöster und Orden im Europa des
12. und 13. Jahrhunderts, hrsg. von C. Andenna - K. Herbers - G. Melville,
Stuttgart 2012, pp. 93-117.
8.‘Unus novellus pazzus in mundo’. Individualità e affermazione del carisma,
in Das Eigene und das Ganze. Zum Individuellen im mittelalterlichen Religio-
sentum, hrsg. von G. Melville - M. Schürer, Münster 2002 (Vita regularis,
16), pp. 269-301.

Nel riunire e organizzare tra loro questi saggi, ho apportato alcune in-
dispensabili integrazioni, significativi ampliamenti e, d’altra parte, qual-
che alleggerimento per non appesantire il testo con eccessive ripetizio-
ni. Ho proceduto anche con i necessari aggiornamenti bibliografici,
preoccupandomi soprattutto di far emergere la novitas di Francesco en-
tro il quadro della storia istituzionale della vita regolare tra la fine del
XII secolo e gli anni Venti del XIII.
Desidero infine ringraziare tutti coloro che hanno sollecitato e segui-
to il mio lavoro, in primo luogo Gert Melville, che in occasione di conve-
gni e miscellanee da lui promosse mi ha suggerito di affrontare temi re-
lativi alla storia di Francesco e dell’Ordine. Non meno importante è sta-
to il sostegno di amici e colleghi, tra i quali desidero almeno ricordare
Luigi Pellegrini, per le sue preziose osservazioni e per i frequenti scambi
di idee, Gian Luca Potestà, Marco Rainini, Niklaus Kuster OFM Capp.,
Michael W. Blastic OFM e soprattutto Guido Cariboni, che hanno anche
accettato di discutere con me i risultati di questo volume.

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INTRODUZIONE 21

Un particolare ringraziamento va anche alla Casa editrice Vita e Pen-


siero, che con questo volume dà inizio alla collana ‘Ordines. Studi su
istituzioni e società nel medioevo europeo’. Valendosi di un Comitato
scientifico ampiamente qualificato e internazionale, la collana intende
promuovere e accogliere studi in un settore di ricerca al quale la medie-
vistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha da sempre rivolto i
suoi interessi.

Milano, 17 settembre 2014


Festa dell’impressione delle stimmate di san Francesco d’Assisi

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