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Capitolo 2 – I sikh.
i sikh nel nostro paese sono diventati negli ultimi anni la seconda Comunità in ordine di importanza numerica in
Europa dopo la Gran Bretagna. Le stime non ufficiali parlano di 220.000 presenze, considerando anche quelle
irregolari. Di queste presenze, la maggior parte è di religione sikh. Stando a dati ufficiali degli ultimi censimenti
indiani, la percentuale di sikh a livello nazionale è pari a meno del 2%, mentre quella degli induisti è pari all'80%
circa della popolazione.
La grande maggioranza di essi proviene dalla regione indiana del Punjab in cui i sikh sono la comunità religiosa
più numerosa. La migrazione indiana in Italia è un fenomeno recente. I primi arrivi risalgono alla fine degli anni
70, la presenza è cresciuta soprattutto dalla metà degli anni 80, in concomitanza con alcuni fattori come la
guerra civile che dal 1934 ha insanguinato per molti anni il punjab. La loro presenza non sembra destare
allarme e questo aspetto può avere distolto l'attenzione dagli studiosi. Nel senso comune prevale un
atteggiamento diffuso di relativa benevolenza verso i sikh, essendo essi percepiti come una presenza silenziosa
e inoffensiva e laboriosa. Inoltre solo negli ultimi anni i sikh hanno cominciato a manifestare apertamente nello
spazio pubblico la loro carta religione come elemento distintivo e definitorio.
Processo di progressiva istituzionalizzazione della comunità religiosa sikh che si è estrinsecato, a partire dai
primi anni 90, nell'apertura di vari gurdwara. Ma lo Stato italiano ancora non riconosce il sikhismo.
Non è contemplata nel nostro Paese perchè la migrazione indiana è recente, e sono percepiti come una
presenza inoffensiva e laboriosa. Per questo molti hanno sottovaluto l'interno delle comunità che in realtà sono
disomogenee.
I luoghi di culto, i gurdwara, devono avere determinate caratteristiche: la presenza del guru granth sahib,
caratteristiche strutturali specifiche dell’immobile adibito a luogo di culto e la celebrazione di funzioni religiose
aperta alla comunità dei fedeli secondo una liturgia consolidata. Ciò ha significato l'esclusione di luoghi
etnicamente misti.
Risultati della ricerca dimostrano l'esistenza di un nesso fra le caratteristiche del radicamento territoriale e
quelle del radicamento religioso.
La presenza degli indiani in Italia è più che triplicata negli ultimi 8 anni, concentrata principalmente nel centro-
nord. La distribuzione geografica dei gurdwara rispecchia le zone di maggiore concentrazione residenziale in
Italia, in modo non proporzionale.
Tutti i gurdwara sono finanziati dalle comunità locali, talvolta anche con l'aiuto di donazioni da parte di altri
templi in paesi della diaspora sikh. Tutti i gurdwara solo diretti a livello organizzativo e amministrativo da un
comitato gestionale che prevede una serie di ruoli dirigenziali, sottoposti periodicamente a verifica e a
possibilità del cambio sulla base di elezioni.
La liturgia è interamente in punjabi (in alcuni recentemente proiettati testi in inglese).
Il pluralismo interno al mondo dei sikh riferendoci al sistema delle caste: esse assumono un significato nel
sikhismo molto diverso rispetto a quello che hanno nell'induismo. La religione sikh afferma che la salvezza non
dipende dalla casta. Ma esse restano una innocua convenzione sociale, costituiscono dei criteri identificativi
che condizionano le relazioni e le pratiche sociali dei sikh. per quanto ufficialmente rifiutati dalla dottrina, nelle
consuetudini sociali e culturali essi continuano ad essere elementi definitori di una identità collettiva in
rapporto alla quale si costituiscono legami e obbligazioni, si strutturano reti Di relazioni, si effettuano scambi e
si organizzano matrimoni. La questione delle caste potrebbe essere alla base di possibili scontri e discussioni
comunitarie, da cui talvolta potrebbero originare nuovi gurdwara. Ad esempio la questione del rapporto fra
sikh ortodossi e ravidasi. Scatenando scontri violenti, armati.
I sikh sono generalmente considerati una comunità molto unita, coesa e solidale, di bravi lavoratori che
tengono alla propria religione. Ciò porta a sottovalutare le dinamiche interne, più articolate e complicate di
quanto si crede.
Capitolo 9 – Studi di caso: Roma, Castel Volturno, Palermo, Mazara del Vallo.
Difficile parlare oggi di secolarizzazione; più attendibile semmai l’ipotesi di una diversa richiesta del sacro, che
alcuni vedono come un re-incantamento. Sostenibile con riguardo alle credenze orientali (buddhismo,
induismi), oggi molto presenti, meno sconosciute di una volta. Una tendenza al re-incantamento avvertibile in
certi ambiti cristiani.
Multireligiosità romana: effettiva eterogeneità che la caratterizza sia per i relativi trascorsi storici,
estremamente vari e sfaccettati.
Gli stranieri residenti nel Lazio sono 542.688, di cui l’81,6% vive nella provincia di Roma. Età media 38 anni, con
80.000 minorenni, la metà di loro nata in Italia. Romeni 153000, 30000 filippini, 20000 polacchi, 15000
bengalesi, poi albanesi, ucraini, cinesi e moldavi.
Luoghi di culto: cattolica 153, ortodossa 38, protestante 28, ebraica 7, musulmana 23, orientale 11.
Roma non è soltanto una città, ma anche un ideale, un sogno, un luogo a sé, fuori dal tempo ma talmente
contingente da risultare paradosso: innumerevoli provenienze, credi e prospettive che si trovano innanzi gli
stessi grandiosi monumenti. Nella provincia dinamiche più lineari e concentrate, ciononostante l’aumento
dell’eterogeneità di culture in questo frangente lascia presagire un futuro di parziale allineamento. Possiamo
ritenere che la roma multiculturale sia un autentico laboratorio sociale, cui l’identità, volente o nolente, colpita
o esaltata, pulsa e si ricostruisce, continuamente; un ciclo in cui la religione mantiene quel ruolo ambivalente,
ma sempre centrale, di centro di gravità, di motore e viva energia.
Castel Volturno in provincia di Caserta raccoglie 15000 immigrati, in maggioranza provenienti dall’Africa.
La presenza di immigrati in un territorio fortemente segnato da attività di criminalità organizzata ha posto
interrogativi sulle connessioni fra il fenomeno migratorio e la malavita locale, che sfrutterebbe la manodopera
nera nel mercato della prostituzione e del traffico di droga e avrebbe stabilito un accordo di collaborazione con
le costituite organizzazioni criminali africane. Nascita e crescita repentina di congregazioni e Chiese evangeliche
africane in tutta l’area a partire dagli anni 90.
A castel volturno e territori adiacenti sono presenti 40 chiese evangeliche africane, in maggioranza pentecostali
e indipendenti. I luoghi di culto sono più visibili ed esposti. All’interno del confine delimitato, esistono 15
congregazioni organizzate su base etnica, di cui 13 pentecostali o indipendenti. Dal punto di vista dello status
giuridico, quasi tutte le chiese sono registrate regolarmente come associazioni culturali e dotate di uno statuto
che ne giustifica l’esistenza.
Le chiese africane di castel volturno consiste in 3 tipologie dai confini porosi e non rigidi:
1. Le chiese rigenerate, sono le comunità fondate negli anni 80 dai militari americani presenti sul
territorio, rivitalizzate e trasformate dall’arrivo degli immigrati africani. Il percorso formativo dei pastori
di queste chiese è solitamente chiaro e documentato. All’attività religiosa vengono affiancati
programmi civili.
2. Chiese con una leadership forte, che si caratterizzano per la presenza di un leader riconosciuto e
carismatico. La formazione spirituale e teologica del leader non è sempre documentata e la
legittimazione del ministro avviene attraverso il racconto di una storia di predestinazione al ruolo di
custode di anime. Comunicazione pubblica, anche attraverso i nuovi media per la trasmissione della
parola e il rafforzamento della collettività religiosa.
3. Chiese comunitarie, congregazioni dalle caratteristiche variegate, accumunate dalla presenza di una
comunità forte e coesa, all’interno della quale la distribuzione delle responsabilità è poco concentrata.
Il pastore è il leader spirituale e guida morale per i fedeli, ma non svolge questo ruolo in una posizione
di preminenza, essendo affiancato da altri ministri e membri di chiesa anziani.
In tutte le congregazioni la lingua veicolante è l’inglese. Le chiese sono stabilite in ex capannoni industriali o
appartamenti privati.
Chiese evangeliche africane di Castel Volturno. Promuovono la socializzazione dei fedeli, costituiscono reti
sociali a forte solidarietà interna e permettono di ridurre l’ansia dello spaesamento connessa all’esperienza
della migrazione. Per tali motivi, l’adesione alle chiese non è una scelta di carattere puramente religioso, ma è
determinata dalla prossimità culturale in termini di rito e modalità di svolgimento dei culti, che queste riescono
a ricreare nel contesto italiano.
Le chiese pentecostali sono in forte crescita, oggi uno su 4 cristiani lo è, tra pochi anni lo saranno uno su 3. A
discapito delle altre chiese storiche.
Chiese evangeliche africane rischiano di diventare una forma di esclusione sociale e di ghettizzazione.
La mancata realizzazione di politiche d’integrazione e l’assenza di un riconoscimento istituzionale del fenomeno
nello spazio pubblico hanno plasmato le congregazioni come ambienti chiusi e impermeabili agli stimoli esterni.
Tunisini a Mazara del Vallo. La più araba delle città siciliane, con circa 3000 stranieri residenti, quasi tutti di
religione islamica. Nella sua storia millenaria un lungo contatto arabo-islamico. La comunità stanziale tunisina,
grazie ad una locale società accogliente, passivamente tollerante, vive a tutt’oggi una coabitazione grosso
modo senza pregiudizi razziali. Per la maggior parte gli stranieri sono impegnati nell’agricoltura, o come marinai
e pescatori. Nella Casbah si vive secondo l’uso arabo-islamico, e l’intero quartiere è scenario di un forte
richiamo alla cultura originaria. Nella Casbah vi è la moschea, alloggiata in un garage, è riconosciuta come un
luogo di culto importante. Vi è anche la scuola elementare tunisina, dove si insegna arabo, francese, il corano e
la disciplina, ma non l’italiano.
La chiesa cattolica mazarese sta provando a costruire un opportuno incontro interculturale e interreligioso
tramite due sue strutture: il centro mediterraneo di studi interculturali e la caritas diocesana.
La scuola tunisina non studia l’italiano. E la scuola italiana non studia l’etnia arabo-islamica. Per i seguenti
motivi: da una parte i tunisini hanno paura che l’occidente con i suoi modi lascivi e permissivi possa minare i
valori della tradizione islamica; dalla parte occidentale c’è il timore che una eccessiva apertura possa
islamizzare l’occidente, creando un deficit sui diritti della persona e nella visione democratica della società.
A Palermo tra città e provincia si contano circa 15000 musulmani, per il 90% sunniti. I musulmani per pratiche e
rituali e organizzazione interna adottano un sistema di autogestione. Un’unica moschea ufficiale, più un'altra
decina di luoghi di culto islamici.
Molti musulmani denunciano il fatto che a causa del pacchetto sicurezza varato dal Governo italiano, si
registrano continui controlli nei luoghi di culto.
A palermo il fenomeno pentecostale si è diffuso mediante la predicazione e la missione evangelica di fedeli e
leader provenienti dall’africa occidentale che hanno contribuito alla nascita e alla diffusione delle chiese
pentecostali su base etnica, principalmente di origine nigeriana e ghanese. Questi flussi migratori hanno
prodotto novità importanti sul piano sociale e sul piano religioso, modificando anche la fisionomia del
protestantesimo nel territorio palermitano sia a causa della loro inclusione in chiese locali già esistenti sia per la
costituzione di comunità indipendenti. Il pentecostalismo africano può essere descritto come un mosaico di
piccole chiese che rappresenta le più diverse tradizioni della cristianità. Esse esplicano una funzione
aggregativa, di apprendimento e socializzazione in quanto rappresentano per gli individui una valenza
identitaria molto forte. I fedeli trovano una valida alternativa a una ordinaria vita da migrante.