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CETTINA MILITELLO

ECCLESIOLOGIA E LITURGIA
2007-2008

PONTIFICIO ISTITUTO LITURGICO


ECCLESIOLOGIA E LITURGIA
ANNO ACC. 2007-2008
I SEM. CR. 2
PROGRAMMA
0. Questioni Introduttorie
I. Scienza della Chiesa - Scienza della Liturgia
1.
L'ecclesiologia contemporanea
1.1. La svolta del Vaticano II
1.2. Il dibattito contemporaneo
2.
La liturgia nella ecclesiologia post-conciliare
2.0. La provocazione dell'ecclesiologia eucaristica
2.1. L'incidenza del tema liturgico nella ecclesiologia subito dopo il Concilio
2.1.1. Il modello giuridico-istituzionale
2.1.2. L'ecclesiologia di comunione
2.1.2. L'ecclesiologia sacramentale
2.1.3. Altri apporti
2.2. Ecclesiologia e liturgia nella sistematizzazione post-conciliare
2.2.1. Le collane
2.2.2. Alcuni manuali degli anni '80
2.2.3. Alcuni manuali degli anni '90
2.2.4. Alcuni manuali dopo il 2000
2.3. L'ecclesiologia di comunione come ecclesiologia della Chiesa locale
II.
1.
1.1.
1.2.
1.3.
1.4.
2.
3.

Per una ermeneutica del rapporto Scienza della Chiesa - Scienza della liturgia
Predicare la Chiesa
Il nodo ecclesiologico del principio primo
Una proposta sistematica
L'ecclesiologia sponsale
Altre ipotesi incentrate sull'accadimento locale
La liturgia sta in rapporto alla Chiesa. La Chiesa in atto la celebrazione liturgica
Chiesa e liturgia: un'unica e medesima realt.

III. Un percorso esemplificativo


1.
La ricezione liturgica nellambito della struttura della Chiesa
1.1. Mistero-sacramento
1.2. Popolo di Dio
1.3. Corpo di Cristo
1.4. Sposa di Cristo
2.
La ricezione liturgica nellambito della funzione della Chiesa
2.1. Liniziazione cristiana
2.2. Il ministero ordinato
3. Lemblematicit della messa crismale in rapporto agli elementi costitutivi della
struttura della Chiesa.

BIBLIOGRAFIA
- APL, Ecclesiologia e liturgia, Marietti, Casale M. 1981.
- D. SARTORE (Ecclesiologia e liturgia: principi metodologici e fondamenti teologici di
un rapporto, pp.10-29) e FRANCO ARDUSSO (Rilevanza della dimensione liturgica nella
riflessione ecclesiologica contemporanea, pp. 30-35) vi affrontano rispettivamente il
tema del rapporto disciplinare tra ecclesiologia e liturgia, e il tema della rilevanza (o
irrilevanza) della scienza liturgica nell'elaborazione della sistematica ecclesiologica. Il
che comporta anche un bilancio critico dell'ecclesiologia nei primi vent'anni dopo il
Concilio.
- D. SARTORE, Chiesa e liturgia, in NDL (a cura di D. SARTORE e A.M. TRIACCA),
Paoline, Cinisello B. 1983, 248-259 - (sostanzialmente ripropone il saggio gi citato).
- CONFERENCE DE SAINT-SERGE, Liturgie de l'Eglise particulire et liturgie de l'Eglise
universelle, XXII Semaine d'Etudes Liturgiques - Paris 1975, ELV, Roma 1976;
- CONFERENCE DE SAINT-SERGE, L'assemble liturgique et les differents roles dans
l'assemble, XXIII Semaine d'Etudes Liturgiques - Paris 1976, ELV, Roma 1977;
- CONFERENCE DE SAINT-SERGE, L'Eglise dans la Liturgie, XXVI Semaine d'Etudes
Liturgiques - Paris 1979, ELV, Roma 1980.
- C. MILITELLO, Lo stato della ricerca in ecclesiologia. Per un dialogo con la scienza
liturgica, in Aa.Vv., Liturgia. Itinerari di ricerca, ELV, Roma 1997, 321-341.
- EAD., La Chiesa il corpo crismato, EDB, Bologna 2003.
- G. TANGORRA, Dall'Assemblea liturgica alla Chiesa. Una prospettiva teologica e
spirituale, EDB, Bologna 1998.

QUESTIONI INTRODUTTORIE

Il tema poco trattato e i sussidi non sono molti. Quelli indicati in bibliografia sono, a
nostro avviso, i pi importanti.
Le domande che soggiacciono al nostro corso sono poi le seguenti: qual il senso, qual
il significato dell'azione liturgica in rapporto alla Chiesa e qual il significato della
Chiesa rispetto alla azione liturgica? In che rapporto stanno Chiesa e liturgia? Cosa
intercorre tra la Chiesa in atto e la liturgia in atto? Qual il senso dell'esperienza
liturgica per una autentica ecclesialit?
La tesi che perseguiamo quella che indica la liturgia, l'azione liturgica come Chiesa in
atto emblematicamente.
La Chiesa infatti comunione, lode, annuncio, testimonianza. E proprio nella liturgia
tutte queste realt si mostrano nel loro culmen et fons.
Ci muoveremo secondo due attenzioni, una prima di carattere storico-sistematico; una
seconda, per cos dire induttiva, prover sulla linea della tradizione liturgica la
veridicit del rapporto intrinseco di Chiesa e Liturgia.

I. SCIENZA DELLA CHIESA SCIENZA DELLA LITURGIA


1. L'Ecclesiologia contemporanea
Sono diverse le monografie che hanno messo a tema l'ecclesiologia contemporanea. Tra
quelle pubblicate in Italia, segnaliamo, ad esempio:
- D. Valentini ( a cura), La teologia. Aspetti innovatori e loro incidenza sulla
ecclesiologia e sulla mariologia, Roma 1989 (il bilancio contestuale alle diverse aree
culturali).
- ATI (Associazione Teologica Italiana), L'ecclesiologia contemporanea (a cura di D.
Valentini), Padova 1994.
- G. ZIVIANI V. MARALDI, Ecclesiologia, in G. CANOBBIO - P. CODA, La teologia nel
secolo XX. Un bilancio, 2. Prospettive sistematiche, Citt Nuova, Roma 287-410 (bibl.).
Una ricaduta ecclesiologica e quindi un bilancio, sia dal punto di vista dello sviluppo
teoretico che del vissuto di Chiesa, troviamo anche negli innumerevoli volumi che
hanno quale tema il Vaticano II e la sua ricezione. Si vedano, ad esempio, S. Dianich E.R. Tura ( a cura), Vent'anni di Concilio Vaticano II. Contributi alla sua ricezione in
Italia, Roma 1985; Ren Latourelle, Vaticano II. Bilancio e prospettive, vll. 2, Assisi
1987); Rino Fisichella ( a cura), Il Concilio Vaticano II, San Paolo, Cinisello B 2000.
Io stessa ho offerto un mio bilancio. Si vedano: L'ecclesiologia chiave ermeneutica
della ratio studiorum della Facolt Teologica di Sicilia, Ho Theologos- nuova serie I
(1982),13-34; La riscoperta della teologia, in Rino Fisichella (a cura), Storia della
teologia, Roma 1996, vl. 3, 599-662; Introduzione in La Chiesa, il corpo crismato,
EDB, Bologna 2003, 9ss.

1.1. La svolta del Vaticano II


Indubbiamente al Vaticano II che ha trovato voce quella istanza di rinnovamento della
ecclesiologia che ha caratterizzato l'intero secolo XX. salutato, non a caso, come il
secolo della Chiesa (cf O. Dibelius, Das Jahrhundert der Kirche, Berlin 1926).
A
monte
il
rinnovamento
della
teologia
nel
secolo
XIX:
la
Scuola di Tubinga e quindi Adam Moehler; Henry Newman, Antonio Rosmini, la
cosiddetta Scuola Romana, Joseph Scheeben...
Il tentativo di rompere il cerchio dell'incomunicabilit, diremmo oggi noi, tra mistero e
istituzione; tra evento di grazia e visibilit della Chiesa, stato nel secolo XIX segnato
dall'insuccesso.
La Chiesa cattolica ha seguitato a pensarsi e a proporsi come societas hierarchica
iuridica perfecta inaequalis mettendo insieme la residua ideologia feudale (il
cosiddetto modello gregoriano) con l'assetto societario degli stati in et moderna.
Questa mescolanza, apparentemente improbabile e inaffidabile, ha sorretto un
immobilismo ecclesiologico fondato su un servizio primaziale, gi cristallizzatosi come
potere patriarcale su un Occidente assurto a ecumene.
Il Vaticano I ha celebrato questo intreccio di feudalit residua e di monarchia assoluta
portando le prerogative del Vescovo di Roma agli esiti ben noti [Pastor Aeternus
(1870): giuridisdizione universale e infallibilit del Romano Pontefice].
Ne seguito un ristagno. La manualistica dopo il Vaticano I ha sposato le tesi pi
inverosimili di intelligenza del primato. N i tentativi che si sono susseguiti per
rinnovare la teologia cattolica, e dunque l'ecclesiologia, hanno avuto buon esito.

Ci malgrado la linfa nuova del ritorno alle fonti.


E' proprio questo volgersi al passato, nell'impossibilit di incidere nell'immediatezza
dell'oggi, ad avere avviato un fenomeno assai rilevante di mutazione teologica.
Su questo piano ecclesiologia e liturgia si sono incontrate.
La prassi e la tradizione liturgica si sono infatti rivelate come luoghi privilegiati e
singolari nei quali si era mantenuta viva una diversa concezione di Chiesa.
I grandi temi biblici e patristici del mysterion, del popolo di Dio, del corpo di
Cristo, della Chiesa sposa, ormai rimossi dall'ambito ecclesiologico e pure riscoperti
come modalit costitutive dell'autocomprendersi della comunit delle origini (e come
tali recepiti dalla comunit dei Padri), sono stati avvertiti presenti e attivi da tutta una
generazione di teologi nelle eucologie come nelle anafore, nella tradizione
dell'Occidente latino come nella plurimorfa tradizione dell'Oriente cristiano.
La tradizione liturgica, cos come la tradizione patristica, diventavano una miniera che
avallava altre ipotesi di approccio al mistero della Chiesa.
Avveniva in ecclesiologia qualcosa di simile a quanto era avvenuto per la scienza
liturgica, tra le ultime ad acquisire lo statuto di scienza teologica.
La liturgia aveva da colmare un silenzio che per i quattro secoli dell'et moderna l'aveva
rinserrata in un rubricismo canonistico.
L'ecclesiologia doveva rimontare l'angustia di una funzione apologetica in chiave
antiprotestante.
Cos come era stato pernicioso per l'ecclesiologia non trovare spazio nella struttura del
Liber sententiarum di Pietro Lombardo, al cui interno le questioni relative alla Chiesa
trovavano il loro luogo proprio nella Scienza canonica, altrettanto rovinoso era stato per
la liturgia l'essere esclusa dal De locis di Melchior Cano.
Una medesima scienza delle norme aveva sottratto, in tempi diversi, a entrambe le
prospettive disciplinari la possibilit di impegnare se stesse per disegnare una immagine
altra del sapere teologico.
In ogni caso il Movimento liturgico, tutt'uno con il ritorno alle fonti, mise in crisi
ovviet plurisecolari, mostrando come nomi propri della Chiesa quelli da sempre
evocati dalla comunit orante. Proprio questi nomi (popolo di Dio, corpo di Cristo,
sposa di Cristo, mistero e sacramento) avrebbero segnato la svolta del Vaticano II.

1.2. Il dibattito post-conciliare


Negli anni seguenti al Concilio e in verit ancor oggi - ci si lungamente e variamente
interrogati su quale fosse la categoria ecclesiologica fondamentale riscoperta e messa in
circolo dal Vaticano II.
Nei decenni immediatamente seguenti la promulgazione della Lumen Gentium ci si
impegnati - tentando cos di catalogare o additare piste di classificazione per le
ecclesiologie del passato, del presente e in divenire - nella identificazione di:
- modelli di Chiesa. La Chiesa vi stata declinata come istituzione, come comunione
mistica, come sacramento, come annunciatrice, come in servizio (Cf Avery Dulles,
Models of Church, New York 1974; tr. it. Il Messaggero, Padova 2005).
- principi architettonici fondativi di indirizzi. Si parlato di indirizzo teandrico, di
indirizzo kerygmatico, di indirizzo comunionale, di indirizzo ecumenico, di indirizzo
sacramentale, di indirizzo pneumatico, di indirizzo storico (Cf Battista Mondin, Le
nuove ecclesiologie, Roma 1980).
-prospettive ecclesiologiche. Si sono individuate la prospettiva storico-giuridica,
sacramentale, carismatica, ecumenico-missionaria (Luigi Sartori, Chiesa in NDT, Alba
1977, 127-1-30).
Al di l del dibattito tra gli ecclesiologi e al di l dell'apporto oggettivamente recato
attraverso queste molteplici griglie di classificazione, a mio parere il vero problema del
post-concilio andava individuato nella persistente ipoteca societaria e giuridicista, cui il
concilio stesso aveva reso non pochi tributi (Cf Antonio Acerbi, Due ecclesiologie.
Ecclesiologia giuridica ed ecclesiologia di comunione nella Lumen Gentium,
Bologna, 1975).
Nella ripresa della categoria di sacramento, come pure nella teorizzazione di un
primato della parola o del servizio, ovvero del primato dello Spirito, dei carismi o della
missione, il modello conciliare e post-conciliare sembrava radicarsi altrove.

Malgrado tutto, l'eredit conciliare sta nella categoria di comunione, assunta nello
stesso documento finale del Sinodo straordinario a vent'anni dal Concilio (Exeunte
Coetu Secundo, EV/IX, 1779-1818) come vera chiave ermeneutica del mistero della
Chiesa.
Quella della koinonia/communio tra le categorie pi antiche, tra le pi suggestive nella
sua carica ecclesiogenetica. Si vedano, ad esempio il saggio di Cf L. Hertiling,
Communio. Chiesa e papato nell'antichit cristiana, Roma 1961 (lautore protestante)
o quello di Pier Cesare Bori, L'idea della comunione nella ecclesiologia recente e nel
NT, Brescia 1972.
L'ecclesiologia di comunione recepiva d'altra parte quella ecclesiologia eucaristica che
originariamente proposta dalla corrente slavofila aveva avuto ulteriori sviluppi nella
stessa teologia ortodossa sino a contagiare tanto il mondo protestante che quello
cattolico (cf. Bruno Forte, La Chiesa nell'Eucaristia, Napoli 19751).
Va per notato, oltre il dibattito ecclesiologico cui facciamo riferimento, come
l'ecclesiologia eucaristica non sia mai venuta meno nella tradizione dell'Oriente
cristiano per la profonda unit, sempre avvertita, del mistero contemplato celebrato
vissuto.
Sempre alla categoria di comunione, esplicitata come comunit di discepoli veniva a
legarsi negli anni 80 anche Avery Dulles (Imaging the Church for the 1980s, in A
Church To Belive In, New York 1982). Per lAutore questo modello veniva a recuperare
quanto cera di positivo negli altri modelli e ad esprimerlo in consonanza con il vissuto
ecclesiale. Si tratta di un modello modesto che suggerisce il continuo cammino della
Chiesa verso il regno e l'alternarsi della esperienza cristiana tra lessere chiamati in
assemblea e lessere rinviati fuori nel mondo.
A met degli anni '80, dunque, se doveva registrarsi una sorta di convergenza obbligata
sull'ecclesiologia di comunione, restavano pur sempre aperti i problemi legati a quelle
che potremmo chiamare le categorie esplicite della dizione di Chiesa operata dal
Vaticano II.
In particolare ci si interrogava sulla valenza del popolo di Dio , in qualche modo
fattosi evanescente nella ecclesiologia e nella prassi ecclesiale (L. Sartori).
Ci si interrogava sullo spessore della categoria di mistero-sacramento, quasi
ritornando indietro sulle acquisizioni conciliari (G. Colombo).
Quanto alla categoria ecclesiologica del corpo di Cristo, riassunta quale fondante,
essa si prestava a sorreggere tanto le nostalgie giuridiciste e gerarcologiche che a
fondare la stessa ecclesiologia di comunione.
(Un bilancio in S. Dianich, A che punto l'ecclesiologia?, Concilium XVII (1981)
6,158-168. Cf. pure C. Militello, La ratio studiorum..., cit.).

A limitarsi ai titoli di questi ultimissimi anni, emerge la difficolt di una dizione


univoca dell'ecclesiologia.
Tra i contributi pi cospicui di lingua francese quelli elaborati da Jean Marie Tillard, su
cui avremo modo di ritornare.
Una significativa produzione di lingua tedesca, sembra soprattutto suggerire le piste
inedite di una ecclesiologia della comunicazione. Ma come osserva Severino Dianich,
che questi contributi ha studiato e la cui lezione in qualche modo ha recepita, la loro
rassegna non ci lascia con la sensazione daver fatto un gran passo nella intelligentia
fidei della Chiesa [Teorie della comunicazione ed ecclesiologia, in L'ecclesiologia
contemporanea..., cit., 173 (il saggio, pp. 134-178)]. Tuttavia Dianich ne trae la
conferma circa la convinzione che dall'analisi dell'annuncio si pu dipanare l'intero
processo della intelligentia fidei della Chiesa (p. 176).
(Vi vengono presi in esame: B. Kappenberg, Kommunikationstheorie und Kirche: Grundlagen einer
kommunikationstheoretische Ekklesiologie, Frankfurt 1981; H.J. Hoehn, Kirche und kommunikatives
Handeln, Frankfurt a.M. 1985; W. Beinert e Altri, Theorie der Sprachlandlungen und heutige
Ekklesiologie. Ein philosophisch-theologisches Gespraech, a cura di R. Scaeffler, Frieburg - Basel - Wien
1987 - vi si presta attenzione a quell'atto caratteristico della Chiesa che l'atto sacramentale -).

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Non mancano, ovviamente, riletture pi prossime alla struttura, e dunque, alle esigenze
didattiche del manuale tradizionale. Indichiamo solo come esempi i manuali di:
- W. Kreck, Grundfragen der Ekklesiologie, Muenchen 1981;
- P. Aliqu, La Chiesa popolo della Pasqua, Cosenza 1983;
- J. Espeja Pardo, La Iglesia, memoria y profecia, Salamanca 1983;
- B. Forte, La Chiesa, icona della Trinit. Breve ecclesiologia, Brescia 1984;
- H. Zirker, Ekklesiologie, Duesseldorf 1984;
- C. Porro, La Chiesa. Introduzione teologica, Casale M. 1985;
- B. Mondin, La Chiesa, primizia del Regno, Bologna 1986;
- J. Auer, La Chiesa, Assisi 1988;
- F. A. Sullivan, Noi crediamo la Chiesa. Lineamenti di ecclesiologia sistematica,
Casale M. 1990;
- Ch.-M. Guillet, La Chiesa, comunit di testimoni nella storia, Brescia 1990;
- C. Militello. Ecclesiologia, Casale M. 1991.

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Cos come non mancano gli apporti alla questione fondativa dell'ecclesiologia (cf H.
Rikhof, The concept of the church. A methodological inquiry into the use of metaphors
in ecclesiology, London 1981).
Tra istanze di pura ricerca e istanze di propositivit sistematica sta la produzione
italiana degli anni 90 del secolo XX e dei primissimi anni del secolo XXI.
- Severino Dianich, Ecclesiologia. Questioni di metodo e una proposta, Cinisello B.
1993.
Questo saggio, sin dal sottotitolo, si configura come una sorta di percorso metodologico.
L'A., nell'introduzione (p. 9), si assegna di offrire un contributo alla soluzione dei molti
problemi che deve affrontare il trattato. Ma quest'attenzione critica approda, infine, a
quella che gi nella sua opera prima, La chiesa mistero di comunione, Genova 19907,
Dianich aveva indicata come categoria ecclesiologica fondante: l'annuncio. Una
ecclesiologia globale si fonda sull'esperienza della comunicazione della fede e sul fatto
dell'annuncio.
- Severino Dianich Serena Noceti, Trattato di Ecclesiologia, Brescia 2002.
Il volume ripropone in modo organico, non senza un esplicito apparato didattico, la tesi
di fondo di Severino Dianich relativa al primato dellannuncio. Lapporto di Serena
Noceti che ne condivide limpianto dice una qualit diversa di modulazione nellaprirsi
del testo a istanze catechetico-pastorali, non senza un qualche rivio alla prassi liturgica.
- Bruno Forte, La Chiesa della Trinit: Saggio sul mistero della Chiesa comunione e
missione, Cinisello B. 1995.
Anche Forte ha esordito negli anni '70 con un saggio ecclesiologico. Il testo ora
proposto retto da una articolazione tripartita su suggestione globalmente trinitaria. Ci
pare tuttavia che lo schema prometta pi di quanto poi offre; inoltre a volte addirittura
incongruente in un eccesso di zelo verso i referenti giuridico-istituzionali. Ci
particolarmente evidente nella sezione relativa al corpo di Cristo (la Chiesa del
Figlio), pur se non manca un correttivo comunionale nell'attenzione al tempio dello
Spirito (la Chiesa dello Spirito Santo).
Una funzione critica, ma anche propositiva, quella assolta da Tullio Citrini e Donato
Valentini. Gli interessi del secondo restano pi prossimi al nodo ecumenico; quelli del
primo toccano l'articolazione stessa del trattato, del quale sin qui ha offerto soltanto
quella che Citrini stesso definisce una ecclesiologia minore (Chiesa dalla Pasqua,
Chiesa tra la gente, Milano 19851).

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Quanto ai punti caldi dell'ecclesiologia post-conciliare e agli apporti innovativi occorre


poi ricordare, ma il discorso interconfessionale, il fiorire di una ecclesiologia
ecumenica o, a monte, il mettere a profitto, per una lettura ecclesiologica, gli apporti
scaturiti dall'interscambio ecclesiologico, vissuto soprattutto a livello dei rapporti con il
Consiglio Ecumenico delle Chiese e dei dialoghi bilaterali e multilaterali tra la Chiesa
cattolico-romana e le altre Chiese cristiane. Si colloca su questa linea, ad es., C.
Duquoc, Chiese provvisorie. Saggio di ecclesiologia ecumenica, Brescia 1985 e
indirettamente anche O. Culmann, anche se il tema ecclelgico in questo autore
conseguenziae alla ricerca ecumenica. In Italia un contributo significativo venuto da
Luigi Sartori (Teologia ecumenica. Saggi, Padova 1987)e da Giovanni Cereti (Molte
Chiese Cristiane. Ununica Chiesa di Cristo, Brescia 1992; Id.. Per UnEcclesiologia
Ecumenica, Bologna 1996). Da ultimo Giancarlo Bruni, Quale ecclesiologia?
Cattolicesimo e Ortodossia a confronto. Il dialogo ufficiale, Milano 2000.
L'ecclesiologia del post-concilio ha dovuto misurarsi con il detto e il non detto del
Concilio; ha dovuto oltrepassare la LG; talora ha anche tentato di disattenderla.
Certamente ha maturato il tema conciliare della comunione (cf, significativamente, il
recente consuntivo dellallora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede al
convegno sulla ricezione del Vaticano II: J. Ratzinger, Lecclesiologia della
Costituzione Lumen Gentium, in R. Fisichella ( a cura), Il Concilio Vaticano II.
Ricezione e attualit alla luce del Giubileo, Cinisello B. 2000, 66-80).
Le sfide sono venute dal tentativo di dar vita a una ecclesiologia globale, a una
ecclesiologia che evolvesse in senso soggettuale le figure fatte proprie dal Vaticano II:
- soggettualit del popolo di Dio;
- soggettualit di carismi e ministeri;
- soggettualit della Chiesa locale.
Purtroppo difficile liberarsi da ipoteche cristonomiche, giuridiciste, gerarcologiche,
per il persistere canonico e pratico di una pregiudiziale universalistica. Ci costituisce
uno dei pericoli latenti nella stessa attenzione conciliare, quello di un ecclesiocentrismo
pago di se stesso, avulso dall'orizzonte dell'annuncio e della missione, oltre che dalla
dimensione escatologica. Un modo antico e nuovo di ripiegare su modelli che
dimenticano il limite storico dell'essere della Chiesa nel tempo, il suo statuto
peregrinante.
E proprio un correttivo al cosiddetto ecclesiocentrismo del Vaticano II viene dalla
ecclesiologia kerygmatico-missionaria e dalla teologia politica In entrambe ritorna
centrale la categoria del Regno di Dio.

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Va ancora avvertita una tendenza critica, assai vivace, che attraversa la saggistica
ecclesiologica di fine secolo XX, essenzialmente riconducibile alla domanda sulla
superfluit del dire la Chiesa (H. Fries, Di fronte alla decisione le Chiese diventano
superflue?, Brescia 1995).
La modernit ha vissuto il divorzio tra la fede e la cultura, tra la complessit sotto
accusa del fenomeno Chiesa e un sentire religioso, pure tenacemente persistente. La
seconda modernita (post-modernit?) permane in quest'orientamento. La religiosit
persiste come prova il fenomeno delle conversioni a fedi altre, di antica o recente
tradizione. C una indubbia domanda pur se tradotta e confidata nelle brume
sincretistiche e individualistiche della new age. Ma proprio il persistere della domanda
religiosa e l'incapacit nostra di Chiesa di corrispondervi, la crisi strutturale che stiamo
attraversando, rende obbligata la domanda circa una obsoletudine della fede, della
comunit cristiana. Insomma se superflua la Chiesa a maggior ragione lo sono le
ecclesiologie.
Stiamo veramente facendo nostre le attese e le speranze degli uomini d'oggi o abbiamo
ripiegato soprattutto a livello di prassi su un orgoglioso, settario, autosufficiente
ecclesiocentrismo? Le categorie sin qui ricercate e utilizzate rendono plausibile per
l'uomo d'oggi la significanza del mistero ecclesiale? Rendono comprensibile,
significativa la celebrazione del mistero? Liturgia ed ecclesiologia sono giochi
intellettuali di una ristrettissima (sazia) minoranza, avulsa dal resto dell'umanit? Hanno
una riserva di senso? E tale riserva risponde sino in fondo ai bisogni dell'uomo del
nostro tempo?
Vorrei che queste domande restassero nello sfondo di un cammino che purtroppo rischia
d'essere sin troppo scollato dalle emergenze epocali. Ignorarle o rifuggirle,
significherebbe, io credo, il tradimento pi grande verso l'essere e il dover essere della
Chiesa.
Queste problematiche producono un nuovo cantiere ecclesiologico. Esso va dalla
diagnosi critica di Medard Kehl, Dove va la Chiesa? Una diagnosi per il nostro tempo,
Brescia 1998 alla ricerca di Giovanni Tangorra, DallAssemblea liturgica alla Chiesa.
Una prospettiva teologica e spirituale, Bologna 1999. Provocano anche, ma la ricaduta
sistematica, quello che potremmo chiamare il cantiere dellimmaginazione. Penso al
Lasciateci sognare dellomonima lettera pastorale del card. Carlo M. Martini o al
saggio di Ghislain Lafont, Imaginer l'Eglise catholique, Paris 1996 (ovviamente da
correlare a quella Storia teologica della Chiesa [ed. fr. 1994], apparsa nel 1997 anche in
Italia).

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N possiamo dimenticare l'apporto ecclesiologico della teologia femminista (il


movimento avrebbe bisogno di un'ampia collocazione critica relativa alle sue istanze, al
suo metodo, alla mappa diversificata delle studiose che vi si riconoscono - cf R.
Gibellini, L'altra voce della teologia: lineamenti e prospettive di teologia femminista, in
M.T. Van Lunen-Chenu - R. Gibellini, Donne e Teologia, Brescia 1988, 101-190; dello
stesso, il capitolo Teologia femminista nel volume La teologia del secolo XX, Brescia
1992, 447-480, bibl. 625-627; cf pure C. Militello ( a cura), Donne e Teologia: Bilancio
di un secolo, Bologna 2004).
L'ipotesi in essa formulata quella di una Chiesa delle donne (cf Ann Carr, Grazia
che trasforma, Brescia 1991, 228-235), caratterizzata dalla tensione tra un modello
statico, idealizzato, di perfezione - la Chiesa come societ perfetta che possiede tutta
intera la verit - e un modello dinamico di lotta terrena e umana per passare
dall'incredulit alla fede nell'ambiguit della storia - il modello di un popolo pellegrino
che cammina nella solidariet verso il futuro di Dio -.
Tensione, dunque, tra un modello patriarcale e gerarchico di Chiesa, i cui fautori si
sentono minacciati, e il modello femminista auspicato come egualitario e pienamente
inclusivo, di una comunit cristiana dei discepoli.
L'attenzione alla storia rivela una molteplicit di modelli, addirittura nella stessa
comunit delle origini riconducibile a una pluralit di Chiese, ciascuna segnata da una
sua particolarissima intelligenza della propria unione a Cristo e del proprio impegno
verso gli altri e il mondo.
La ricerca delle donne - della Elisabeth Schssler Fiorenza (In memoria di lei, Torino
1990), soprattutto - ha portato a identificare il tratto essenzialmente egalitario e
controculturale delle comunit cristiane primitive, come pure il loro appiattirsi sul
modello socio-politico esistente.
A questo modello pluralistico ha cercato di ricondurci il Vaticano II, in realt dando vita
a un tentativo di sintesi di concezioni vecchie e nuove. Da una parte il Vaticano II ha
cercato di sintonizzarsi con le istanze del nostro tempo senza tuttavia eliminare le
ipoteche giuridiciste elaborate nel secolo XVI o la articolazione burocratica acquisita
soprattutto nel secolo XIX.
Le femministe cristiane... vedono oggi la Chiesa come mistero che si estende alla vita
personale e politica, in cui la responsabilit individuale, la capacit di rischiare e il
coraggio per i compiti pubblici sono alimentati dalla preghiera personale e liturgica, e
attraverso l'autorit dell'amore e del servizio (A. Carr, cit., p. 233).
Dunque, una nuova intelligenza dell'autorit; riconoscimento delle strutture, ma nel
primato della sussidiarit e della collegialit.

15

La Chiesa delle donne come movimento che nel suo stesso pluralismo si impegna a
dare un nome alla propria esperienza del vangelo e interpella la Chiesa a convertirsi.
Ci non impedisce, tuttavia, alla teologia femminista di modulare lecclesiologia
secondo lasserto simbolico della communio sanctorum. E quanto fa nel 1998
Elisabeth A. Johnson, gi autrice del fortunatissimo Colei che (Queriniana, Brescia
1998) nel suo Amigos de Dios y profetas. Una visin feminista de la comunin de los
santos, Herder, Bacellona 2004.
NB. Per un bilancio dettagliato sullelaborazione ecclesiologica delle donne cf. il
saggio di Serena Noceti nel volume, in stampa, di C. Militello (a cura), Il Vaticano II e
lermeneutica delle donne, EDB. Bologna 2007.

Infine un discorso attento merieterebbero le ecclesiologie inculturate in particolare


quella dellAmerca Latina, dellAsia, dellAfrica.
In esse vediamo rispettivamente emergere il concetto di popolo di Dio che orienta a una
presa di coscienza globale al cui centro stanno i valori del regno -viene ripreso,
insomma, il concetto di regno di Dio quale chiave interpretativa dellessere e del
divenire della Chiesa nella storia (America Latina); le istanze dellinculturazione e il
dialogo con le altre fedi religiose e il loro significato salvifico (Asia); la locuzione
Chiesa famiglia come chiave interpretativa della realt della Chiesa e ponte verso una
sua inculturazione (Africa) - (cf. D. VALENTINI ( a cura), La teologia. Aspetti innovatori
e loro incidenza , cit. [S. Karotempel, 203-221; J:-L. Vande Kerkove, 223-248; G.
Lopes, 261-280]; G. ZIVIANI V. MARALDI, Ecclesiologia, cit., 354-375 ).

16

2. La liturgia nella ecclesiologia post-conciliare

Gi nell'81 Franco Ardusso registrava la disaffezione alla liturgia all'interno della


saggistica ecclesiologica.
Ci non stupisce nell'ambito della teologia protestante.
Bench non sia mancato un cospicuo e variegato movimento, di cui segno, ad
esempio, la liturgia di Taiz, nella sistematica ecclesiologica protestante, riconducibile a
un modello kerygmatico, il tema liturgico praticamente senza peso. In questione
infatti la concezione sacramentale della Chiesa, considerata addirittura un tradimento
rispetto alle istanze e al vissuto delle origini.
N, all'opposto, meraviglia la fluida consapevolezza della mutualit profonda tra Chiesa
e liturgia propria alla tradizione ortodossa. Penso al saggio di Evanghelos Theodorou
(La phnomnologie des relations entre l'Eglise et la Liturgie, cit., 275-293), alle sue
suggestive affermazioni sulla circuminsessione di Chiesa e liturgia (si veda anche
l'intervento di Paolo Barrera, in Ecclesiologia e Liturgia, 54-71.
2. 0a. La provocazione dell'ecclesiologia eucaristica
Il movimento slavofilo (cf B. Forte, La Chiesa nell'eucaristia, cit., 43-55, bibl.) si
radica nella rinascita della teologia russa del secolo XIX. La figura pi espressiva di
questo movimento quella del teologo laico A. S. Khomiakov, fortemente influenzato
dalla lettura del Moehler e come lui sulla scia dei Padri.
L'ecclesiologia di Khomiakov guarda la Chiesa come unanimit nellamore o con
parola russa Sobornost. La Chiesa cio una totalit e unit di membri nella carit,
depositaria custode trasmettitrice della verit cristiana che una verit nell'amore.
Questa unanimit nell'amore abbraccia la totalit dei fedeli e lo Spirito Santo che opera
in loro. La Sobornost il soggetto della infallibilit nella fede.
La lezione di Khomiakov recepita da V. Soloviev, S. Bulgakov, V. Losskj, G.
Florovskj, ma soprattutto da N. Afanassieff, il quale integra l'idea della sobornost con il
ricorso all'eucaristia intesa come il principio che fonda ed esprime l'unit della Chiesa.
Per Afanassieff si tratta di elaborare una ecclesiologia eucaristica, a correttivo di una
ecclesiologia universalistica, il cui modello ha predominato in Occidente ma anche in
Oriente a partire da Cipriano, il quale avrebbe assunto il modello sociologico
dell'impero romano e lo avrebbe proiettato nella realt ecclesiale.
La Chiesa infatti sarebbe un organismo solido e compatto, diviso in parti - le concrete
comunit dei fedeli -, affidate alla cura pastorale di un vescovo. L'unit della Chiesa
sarebbe garantita dall'episcopato, inteso anch'esso come un corpus cui si partecipa in
solidum..
Una Chiesa fa parte della Chiesa universale se il suo vescovo in comunione on gli altri
vescovi. Un fedele fa parte della Chiesa se in comunione con il vescovo. Questa
ecclesiologia a tutt'oggi presente nella Chiesa d'Oriente come in quella d'Occidente si

17

evoluta in Occidente come ecclesiologia universale pontificale. La sua influenza in


Oriente ha portato all'equivalente riconduzione al capo della autocefalia.
Il che per contraddirebbe il dettato del NT nel quale non compare la Chiesa universale,
ma solo la comunit locale.
A sua radice l'eucaristia (cf 1 Cor 10,16-17). In quanto corpo di Cristo la Chiesa si
manifesta in tutta la sua pienezza nellassemblea eucaristica della Chiesa locale, perch
il Cristo presente nelleucaristia nella pienezza del suo corpo. Ecco perch la Chiesa
locale che possiede tutta la pienezza della Chiesa, , in altri termini, la Chiesa di Dio in
Cristo (Una sancta, Irenikon 36 (1963), 452).
Nell'ecclesiologia universale gli attributi una santa cattolica apostolica toccano
l'organismo universale; nell'ecclesiologia eucaristica toccano ciascuna Chiesa locale che
Chiesa in pienezza, poich l'eucaristia vi rende presente Cristo in pienezza.
Ma come si esprime sul piano pratico-empirico questa unit della Chiesa? Per
Afanassieff ci avviene nel tramite della receptio, nella mutua accettazione,
dell'appropriarsi reciproco di ci che avviene nelle altre. Il che non impedisce che ci
siano Chiese pi autorevoli, ma si tratta di una autorit fondata non sul diritto
costituzionale ma sul primato dell'amore e del servizio.
Quanto al vescovo esso rimane il segno distintivo della Chiesa locale per il suo rapporto
con l'eucaristia: Il vescovo, infatti colui che la presiede. Non a caso nella cristianit
antica c'era una sola eucaristia: quella presieduta dal vescovo. E anche dopo sono
rimasti segni che riconducono al vescovo la pluralit di celebrazioni eucaristiche
demandate ai presbiteri.
In ogni caso mentre nell'ecclesiologia universale il vescovo staccato dall'eucaristia,
nell'ecclesiologia eucaristica affermato il rapporto immediato e diretto tra vescovo ed
eucaristia.
Per Afanassieff, infine, la permanenza dell'eucaristia vanifica lo scisma tra le Chiese, le
quali possono anche avere contenziosi, rotture, ma queste non toccano l'unit della
Chiesa se in esse seguita a darsi la medesima eucaristia.
Un correttivo alle tesi di Afanassieff venuto dal teologo greco J.D. Ziziulas (Lessere
ecclesiale, Qiqajon, Magnano 2007 or. 1981; Being as Communion Studies in
Personhood and the Curch, London 1885; Il creato come eucaristia, Qiqajon, Magnano
1994)) per il quale l'ecclesiologia eucaristica di Afanassieff metterebbe in ombra i
presupposti della stessa unit eucaristica, e cio l'unit nella fede e nell'amore e il ruolo
del vescovo, la cui presenza al centro e al cuore della sinassi esprime e custodisce
lunit cattolica.
Nella divina liturgia la Chiesa si manifesta nel luogo e nel tempo come il corpo di
Cristo, ma anche come unit canonica. Lunit nella divina eucaristia si pone come la
fonte dellunit della Chiesa nel corpo di Cristo ma anche dellunit nel vescovo.
Lunit della Chiesa locale nel vescovo e nelleucaristia rende presente nel luogo la
Chiesa intera, perch il Cristo storico intero si incarna in essa attraverso la divina
eucaristia ed ha nel vescovo la sua immagine e il suo tipo.

18

La molteplicit delle Chiese si risolve nell'unit per l'identit mistica di ciascuna di esse
con Cristo nell'eucaristia e nel vescovo. E' il principio ecclesiologico dell'unit nella
identit che espressa storicamente dal vescovo e dal sinodo (cf. ID., Lunit della
Chiesa nella Divina Eucaristia e nel Vescovo nei primi tre secoli, Atene 21990).
2.0b. Lincidenza nella ecclesiologia eucaristica nel mondo evangelico
Gi D. Bonhoeffer in Sanctorum Communio, Brescia 1972, pur se con accenti
contraddittori, legge la Cena come il punto da cui trae origine lattivit comunitaria,
come daltra parte confluisce in essa tutta la vita; in questa bilateralit consiste la sua
vitalit, che vitalit della Chiesa, cio dellessere allo stesso tempo meta e strumento
di Dio (p.188).
Si veda pure Max Thurian, Leucaristia. Memoriale del Signore, sacrificio di azione di
grazie e di intercessione, Roma 1967.
Ma anche J.J. Von Allmenn.
(cf B. Forte, La chiesa..., cit., 58-72).
Segnaliamo pure il recentissimo volume di ERMANNO GENRE, Ges ti invita a cena.
Leucaristia ecumenica, Claudiana 2007 come segno evidente di un fecondo cammino
ecumenico.

19

2.1. L'incidenza del tema liturgico nella ecclesiologia cattolica immediatamente


dopo il Concilio
In ambito cattolico, quali ecclesiologie, quali autori hanno fatto spazio alla scienza
liturgica?
2.1.1. Il modello giuridico-istituzionale
Non sembra esserci interscambio tra ecclesiologia e liturgia nell'ambito del modello
che seguita a pensare la Chiesa come societ e ad articolarla secondo modalit deduttive
dall'evento Cristo.
Unica eccezione l'ecclesiologia di Charles Journet, il cui impianto lascia spazio alla
liturgia. Egli sottolinea, infatti, il carattere sacerdotale, cultuale della Chiesa e afferma
che essa esiste in pienezza solo l dove praticato il sacerdozio di Cristo, tramite il
culto.
Particolare importanza ha quindi l'eucaristia, coronamento di tutti gli altri sacramenti.
Definendo la Chiesa Journet la dice: comunit destinata alla vita eterna che lo Spirito
Santo raduna sin dora: 1) sotto un medesimo capo che la dirige; 2) in un medesimo
culto che la consacra; 3) in una stessa comunione interiore che la santifica (Teologia
della Chiesa, Torino 1965, 351).
Journet non si discosta dal definire la Chiesa a partire dalla cosiddetta triplice fedelt,
ossia da quella fedelt simbolica, liturgica, sociale, gi individuabile in At 2,42-46. Il
che caratterizzava gi le definizioni della Chiesa care alla teologia di controversia. E,
tuttavia, proprio accostando le parole di Journet a quelle del Bellarmino o del Canisio,
appare evidente come la stessa ecclesiologia giuridico-istituzionale abbia mutato
accento.
Tuttavia, per quanto Journet tenda a cogliere nella liturgia e nel culto cristiano il luogo
del passaggio attraverso il quale la duplice corrente dellamore sale dalla terra al cielo e
discende dal cielo alla terra (ivi, 66) la prospettiva essenzialista non gli consente di
cogliere oltre la res della liturgia il suo momento celebrativo. Il che gli impedisce anche
di valorizzare la Chiesa locale, che considera parte della Chiesa universale (cf ivi,
150ss.; cf Ardusso, cit., 34 s.).

2.1.2. l'ecclesiologia di comunione


Troviamo una attenzione maggiore per la liturgia all'interno della ecclesiologia di
comunione, per la centralit che assume nel concetto stesso di comunione l'evento
sacramentale.
Ci tuttavia non comporta una immediata convergenza tra l'ecclesiologia eucaristica
cos come lha elaborata lOrtodossia e l'ecclesiologia di comunione proposta dalla
teologia cattolica. Ci per il diverso atteggiamento verso la celebrazione

20

.
Per gli ortodossi la celebrazione congrua e strutturale alla definizione stessa di Chiesa
(l'assemblea riunita per la celebrazione), mentre per i cattolici questa prospettiva appare
insufficiente.
Vediamo cos Jerome Hamer (La Chiesa una comunione, Brescia 1964), aprirsi
tomisticamente alla communio propria del corpo mistico a partire dall'eucaristia intesa
come sacramentum ecclesiasticae unitatis. L'indagine sul concetto di communio porta
Hamer a porre in primo piano l'elemento sacramentale. Ma, polemizzando con
Afanassieff, nega che sia possibile costruire l'ecclesiologia sul concetto di assemblea (o
di Chiesa locale) perch, a suo avviso, non l'assemblea l'effetto della celebrazione, ma
la Chiesa in s.
La res eucaristiae l'unitas corporis mystici, la comunione universale. L'assemblea
solo un caso privilegiato dell'agere ut pars.
Il terreno di scontro dunque quello di una prospettiva universalistica, contrapposta a
quella locale, propria della ecclesiologia eucaristica.
Tra i padri dell'ecclesiologia di comunione Yves Congar stato particolarmente attento
alla dimensione liturgica, innanzitutto per avere la liturgia tenuto vivo, in tempi di
decadenza, il concetto genuino di Chiesa.
L'attenzione al fatto liturgico sta ancora alla base delle sue riflessioni sul laicato e sulla
Chiesa locale.
A suo avviso, il trinomio classico kerygma - koinonia - diakonia andrebbe integrato con
un quarto termine: leitourgia.
Il problema, tuttavia, non tanto quello di una sistematica assunzione della liturgia,
quanto di professarne la necessaria integrazione con la ricerca teologica, essendo
quest'ultima non fine a se stessa, ma di necessit esistenzialmente connessa al
rendimento di lode, alla pratica della celebrazione, in forza della quale, si comunica ai
santi misteri (cf Je crois en l'Esprit Saint, I, Paris 1979, 11).
Tuttavia, rimane emblematico il riferimento al culto e ai sacramenti, in particolare
all'eucaristia, a margine della trattazione della nota di unit in Mysterium Salutis, VII,
466-475.
Congar insiste innanzitutto sulla valenza unificatrice del culto, fondato su una fede che
non ha al centro elucubrazioni teoriche ma una persona concreta Ges Cristo,
particolarmente nell'atto stesso che lo costituisce quale nostro Salvatore: la sua Pasqua.
Il culto cristiano non ci unisce in quanto culto, ma in forza del suo contenuto, Cristo
stesso.
La natura del culto cristiano si realizza innanzitutto nei sacramenti, mediante i quali
seguita a prolungarsi sino a noi la venuta nella carne di Cristo Signore in vista della
nostra salvezza. L'unit che ne consegue per la Chiesa non gi un principio
sociologico ma una unit di essere e di esistere derivante da una sorgente unica.

21

Ci particolarmente vero per l'eucaristia. Essa sacramento di unit; produce l'unit


del corpo mistico.
Congar insiste sul realismo del mangiare, dell'essere assimilati a Cristo nutrendosi di
lui. Il che produce una transformatio hominis ad Christum che unio populi christiani
ad Christum.
Se la Scolastica e la teologia occidentale hanno insistito sull'effetto d'unione prodotto
dall'eucaristia a partire dal significato del segno sacramentale: pane e vino
transustanziati e assunti quale nutrimento, oggi il segno sacramentale non sta solo negli
elementi, ma nella celebrazione comunitaria come tale, che pasto fraterno,
condividere, festa e promessa di riconciliazione universale (471).
Nota ancora Congar che possibile contemplare l'effetto dell'eucaristia in rapporto alla
realt che contenuta nel sacramento ma che, mirando a produrre un effetto non nel
sacramento ma nei fedeli, ancora un momento del dinamismo sacramentale.
Questa realt Cristo stesso la cui pasqua ripropone il mistero dell'alleanza. Di ci
l'eucaristia sacramento. Ne ripropone perci tutto il significato, tutto il dinamismo,
ossia la carit come risposta al piano salvifico di Dio.
La carit eucaristica ci unisce a Ges nella sua Pasqua damore e ci fa donare
interamente ... a Dio e indissolubilmente agli uomini (p. 474).

2.1.3. L'ecclesiologia sacramentale


Germinata negli anni immediatamente antecedenti il Concilio e da questo
autorevolmente fatta propria, lecclesiologia sacramentale appunto caratterizzata
dallassunzione come sua chiave ermeneutica del concetto biblico-patristico di
mysterium-sacramentum (cf C. Militello, La Chiesa sacramento di salvezza:
novit di una formula, in AA.VV., Manuale di Teologia Sacramentaria, I, Brescia
2000, 393-416)
Vi si iscrivono autori quali:
Henry de Lubac
- Corpus Mysticum. L'eucaristia e la Chiesa nel Medioevo, Milano 1982 (1a fr. 1949)
- Meditazioni sulla Chiesa, Milano 1982 (1a fr.1952)
Otto Semmelroth
- La Chiesa come sacramento originario, Napoli 1965;
- La Chiesa come sacramento di salvezza, in MS VII, Brescia 1972, 377-473.
Karl Rahner
- Chiesa e sacramenti, Brescia 1965;
- Saggi sulla Chiesa, Roma 19692

22

Edouard Schillebeeckx
- Cristo sacramento dell'incontro con Dio, Roma 1962.
Malgrado la categoria sacramentale suggerisca immediate connessioni liturgiche,
occorre prendere atto, che lincidenza di questa ricerca per ci che tocca il rapporto
ecclesiologia-liturgia o, il che lo stesso, lattenzione alla liturgia, , fatta eccezione per
De Lubac, piuttosto marginale. Ci malgrado, alcuni di essi, Rahner, ad esempio,
prestino espressamente attenzione, sia pure secondo altre suggestioni alla centralit
delleucaristia, incluso laspetto celebrativo.
Per De Lubac il punto di congiunzione tra ecclesiologia e liturgia dato dall'eucaristia,
anzi dall'equazione stabilita tra eucaristia e Chiesa. La messa in crisi di questo rapporto
come prova la sua ricerca relativa al medioevo - mette in crisi lo stesso concetto di
Chiesa.
A De Lubac si deve la frase poi abusatissima: E la Chiesa che fa leucaristia; ma
anche leucaristia che fa la Chiesa (Meditazioni sulla Chiesa, cit., 82).
Tutto, egli scrive, ci invita a considerare i rapporti che legano la Chiesa e leucaristia.
Tra luna e laltra corre una reciproca causalit. Ognuna per cos dire stata affidata
allaltra dal Salvatore. E la Chiesa che fa leucaristia, ma anche leucaristia che fa la
Chiesa. Nel primo caso si tratta della Chiesa in senso attivo, nell'esercizio del suo potere
di santificazione; nel secondo caso si tratta della Chiesa in senso passivo, la Chiesa dei
santificati. E attraverso questa misteriosa interazione, sempre il Corpo unico, in fin dei
conti, che cresce e si costituisce, nelle condizioni della vita presente, fino al giorno del
suo compimento (p.82).
Ma si rifletta sull'articolazione del discorso
A) La Chiesa fa l'Eucaristia.
Per De Lubac il sacerdozio stato istituito a questo scopo. E bench ogni cristiano sia
sacerdote nel senso che partecipe del sacerdozio di Cristo, altro colui che compie il
rito altro colui che offre le ostie immacolate della piet del suo cuore (Agostino, De
civ. Dei, X,3).
Il sacerdozio del popolo cristiano non concerne la vita liturgica della Chiesa. Non ha un
rapporto diretto con il fare l'Eucaristia.
Il celebrante parla a nome della comunit cristiana e ci sufficiente perch si possa
dire che la celebrazione liturgica lunico sacrificio del capo e delle membra...
Certo il popolo di Dio comunit cultuale. Chiesa vuol dire assemblea. E l'assemblea
non cessa di essere riunita. Non di meno secondo la sua natura sacramentale, la sua
invisibile riunione deve essere visibilmente significata e procurata. ...

23

In ogni caso, per De Lubac la Chiesa non realizza mai cos pienamente il suo nome,
come quando in un luogo prestabilito il popolo di Dio si stringe al suo pastore per la
celebrazione eucaristica. Non che una cellula del grande corpo, ma virtualmente
presente il corpo intero. La Chiesa in diversi luoghi, ma non vi sono diverse Chiese.
La Chiesa tutta intera in ognuna delle sue parti...
B) L'Eucaristia fa la Chiesa
Essa il sacramento grazie al quale in questo tempo si costituisce dinamicamente la
Chiesa (cf Agostino, Contra Faustum, XII,20). E' grazie all'Eucaristia che viene portato
a perfezione quanto ha avuto inizio nel battesimo. L'eucaristia ci fa un solo corpo. Il
Capo fa l'unit del Corpo. Il mysterium fidei anche il mysterium ecclesiae.
E' il tema della identificazione mistica di Cristo e della Chiesa di ispirazione paolina,
per cui la Chiesa non un corpo qualunque ma il corpo di Cristo.
De Lubac conclude che nell'eucaristia che l'essenza misteriosa della Chiesa riceve una
espressione perfetta, e correlativamente, nella Chiesa nella sua cattolica unit che
matura in frutti concreti il significato nascosto dell'Eucaristia. Se la Chiesa cos la
pienezza del Cristo, il Cristo, nella sua Eucaristia, veramente il cuore della Chiesa.
(Cf pure l'Introduzione a Corpus mysticum).

2.1.4. Altri apporti


Sempre nell'alveo dell'ecclesiologia di comunione, ormai per compenetrata di
attenzione pneumatologica, si fatto carico del tema della liturgia Heribert Mhlen
(Una mystica persona. La Chiesa come il mistero dello Spirito Santo in Cristo e nei
cristiani: una persona in molte persone, Roma 1968) per il suo interpretare il mistero
della Chiesa nell'ottica dell' una persona (lo Spirito, appunto) in molte persone
(Cristo e noi) a partire dal mistero dell' unzione dello Spirito Santo. Mistero che
dovrebbe animare e rinnovare la liturgia dell'ufficio e la vita liturgica e sacramentale,
affermandone la connessione costitutiva allo Spirito Santo.
Afferma Mhlen - riferendosi a SC 5 (quando venne la pienezza dei tempi (Dio)
mand il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto di Spirito Santo, ad annunziare la buona
novella ai poveri e risanare i cuori affranti) - che non possibile comprendere
lessenza della liturgia senza stabilire come presupposto la dottrina dellunzione di Ges
per mezzo dello Spirito (10,35).
In riferimento a SC 7 (giustamente perci la liturgia ritenuta come lesercizio del
sacerdozio di Ges Cristo; in essa e per mezzo di segni sensibili viene significata e, in
modo ad essi proprio, realizzata la santificazione delluomo, e viene esercitato dal corpo
mistico di Ges Cristo, cio dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale),
nota che in queste formula che pu essere quasi considerata una definizione della

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liturgia stessa, manca un qualsiasi accenno alla funzione storico-salvifica dello Spirito
Santo. Cosa, invece che viene corretta in PO 5: I presbiteri... nelle sacre celebrazioni
agiscano come ministri di Colui che ininterrottamente esercita la sua funzione
sacerdotale in favore nostro nella liturgia, per mezzo del suo Spirito (10,35, 1).
All'interno della ricezione dell'espressione sacramento riferita alla chiesa dal Vaticano
II, facendo ermeneutica di SC 5 (vi si trova la celebre locuzione mirabile sacramentum
totius ecclesiae), Mhlen avverte che la tradizione antichissima qui recepita
esplicitata in SC 26 (Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni
della Chiesa che sacramento di unit, cio popolo santo radunato e ordinato sotto la
guida dei vescovi). Ne consegue che tutta la Chiesa (che si manifesta nelle locali
adunanze ecclesiali) compie la liturgia e non solo il sacerdote celebrante. La struttura
della Chiesa in quanto sacramento si manifesta nella celebrazione visibile ed ufficiale
della liturgia.
Sacramento, dunque, non significa solo segno di salvezza, ma insinua l'idea della realt
operante nella celebrazione liturgica stessa, che lega i partecipanti in una stessa unit.
Questa realt, avverte Mhlen, lo Spirito Santo (cf 11,42).
Infine, a margine di quello che Mhlen chiama corollario pastorale viene sottolineata
l'esigenza di rendere coscienti coloro che prendono parte alla liturgia dell'attivit dello
Spirito Santo che la rende possibile. (13,36). Ogni atto liturgico, infatti, si svolge nello
Spirito Santo, sia che i partecipanti vi pensino, sia che non vi pensino (13,36).
Mhlen denuncia l'ipoteca deistica, naturalistico-antropocentrica della realt ecclesiale e
della liturgia, propria dell'illuminismo. La liturgia vi fu vista come un'azione puramente
umana, con un semplice fine etico-morale. Il trionfalismo e il clericalismo ottocenteschi
hanno seguitato a separare l'ufficio dal Pneuma (13,37).
Il rito, avverte pi avanti, un processo eminentemente personale. E' Cristo stesso che
agisce, ed lo Spirito in quanto persona a costituire la mediazione personale tra Cristo
stesso e il ministro. Nell'opus operatum si attua il mistero della manifestazione nella
storia della salvezza e nelle loro proprie funzioni delle due divine persone mandate ad
extra. L'opus operantis non che il conscio adeguamento a questo avvenimento
personale (13,41).
Occorre dunque acquisire viva coscienza della struttura personale dell'atto liturgico. Il
modo migliore per partecipare alla liturgia pregustare la partecipazione in essa alla
vita stessa delle Persone divine (13,42).
Muehlen conclude richiamando una frase di Ippolito: perci ciascuno sia sollecito ad
andare in chiesa, che il luogo dove fiorisce lo Spirito Santo (Traditio Apostolica 41).
Egli avverte sull'improbabilit di un tale invito oggi. Chi ricorderebbe ai suoi fedeli che
nella celebrazione eucaristica presente nella pienezza lo Spirito Santo, passato
presente futuro, che la manifestazione pi concreta della Chiesa universale? Questo

25

invito alla comunit di noi liturgica non sarebbe poi ancor pi ricco, se nella
predicazione si proponesse la testimonianza biblica sullo Spirito di Cristo con pi cura
e pi forza? (13,49).
Anche l'ecclesiologia elaborata da Louis Bouyer offre una certa attenzione ai temi
liturgici. Ci riferiamo al manuale, La Chiesa di Dio. Corpo di Cristo e tempio dello
Spirito, Assisi 1975, caratterizzato tra laltro da un dichiarato afflato ecumenico.
Nel volume, la riflessione sulla Chiesa corpo di Cristo avvia una vera e propria
ecclesiologia eucaristica. Ne indichiamo i momenti:
A) La corporeit della Chiesa: la Chiesa locale e la celebrazione eucaristica.
Si tratta di riandare al concetto di qahal, assemblea. La Chiesa innanzitutto una
assemblea adunata nella quale si annuncia la Parola definitiva che Cristo stesso. La
risposta il rendimento di grazie, la berakah, la preghiera eucaristica.
Nota Bouyer che su questo punto non pu che concordare con i teologi
congregazionalisti e con gli esponenti della ecclesiologia eucaristica. Affermare il
primato dell'assemblea in atto non vuol dire negarne la dimensione istituzionale. Vuol
dire se mai additare nella concretezza dell'assemblea adunata, gi nello stesso NT, la
presa di coscienza della propria identit come popolo di Dio (cf At 2,42-46).
L'esperienza delle origini esperienza di congregazione in un luogo, esperienza di
comunione. Questa esperienza caratterizza le comunit locali che vengono
successivamente alla luce. La Chiesa non mai un'astrazione o una organizzazione al di
sopra delle assemblee concrete.
B) Le molte membra dell'unico corpo (carismi/ministeri)
Clemente Romano distingue i compiti esercitati da ciascuno nell'assemblea ricorrendo
al termine leitourgia, cio funzione sacra compiuta da un individuo per la comunit.
L'eucaristia dunque un'opera collettiva e insieme essenzialmente sacerdotale. Tutti la
celebrano nella sinfonia delle diverse funzioni. Anche se c' chi annuncia la parola e chi
consacra pane e vino, tutti pregano, offrono, comunicano al corpo e al sangue del
Signore. Di pi necessaria la sinergia di ministri e fedeli. Non possibile consacrare
pane e vino senza il popolo offerente
C) Il corpo del Cristo risorto e il corpo del Cristo che la Chiesa
Non solo metafora ma realt (cf 1 Cor 10,16-17).
D) Il Corpo di Cristo e la concelebrazione eucaristica
Pi vescovi insieme concelebrando attestano il mistero della comunione delle diverse
Chiese locali.

26

2.2.1. Le collane
Il post-concilio caratterizzato da nuovi tentativi di sistematizzazione teologica. A
offrire un saggio di una integrazione significativa tra liturgia ed ecclesiologia
certamente il Mysterium Salutis che colloca all'interno della trattazione
ecclesiologica, che abbraccia i volumi VII e VIII, i temi del culto, dei sacramenti,
dell'assetto ecclesiale. Questi ultimi collocati nel volume VIII costituiscono
approfondimenti e attenzioni del tutto coerenti allo sviluppo biblico e storico-dogmatico
e sistematico del volume VII. Quanto al volume VIII non ha solo attenzioni pratiche
ma anche sistematiche. Si pensi alla teologia del laicato, ivi sviluppata o alla
mariologia, qui tematizzata nella prospettiva ecclesiotipica.
Si veda il saggio di Alois Stenzel, Il servizio divino celebrato dalla comunit cultuale e
liturgica adunata in Cristo, MS VIII, 12-49. Ne richiamiamo brevemente lo sviluppo:
1.La comunit cultuale dellantica alleanza. 2. Il culto di Ges Cristo. 3. Il culto della
comunit escatologica: a) sacerdozio comune; b) sacerdozio ministeriale; c) la liturgia.
Vi si sottolinea leminente ecclesialit dellazione liturgica e leucaristia come suo
culmine. In essa la Chiesa diviene se stessa ed presente a se stessa. Nellassemblea
celebrante la Chiesa presente in modo esemplare perch vi si manifesta come
convocazione, raduno, corpo, comunit conviviale.
Ricordiamo, ancora, che nel Mysterium Salutis la liturgia ha una collocazione
globalmente inconsueta in un manuale di teologia dommatica. Se ne tratta, infatti,
esplicitamente nel volume II che accoglie, modernamente rivisitati, i temi propri al
classico De locis theologicis.
Si tratta di uno dei primissimi sforzi post-conciliari di riscrittura della teologia
dommatica in prospettiva storico salvifica. Mentre restano discutibili talune soluzioni
resta ineccepibile la collocazione ecclesiologica dei luoghi teologici pratici.
Ritroviamo una analoga prossimit tra il tema della Chiesa e i suoi contesti pratico
celebrativi - nella conseguenzialit tra la trattazione della Chiesa-sacramento e quella
dei suoi segni sacramentali - anche nel volume III della Iniziazione alla pratica della
teologia, apparso circa dieci anni dopo (Brescia 1986).
Ora per cambiato il referente.
L'accadimento ecclesiale non ancorato alla complessit del modello sacramentale
ma, piuttosto, all'evento locale. Sicch la stessa riflessione sui sacramenti, pur se in
strettissima connessione alla sacramentalit della Chiesa, ha in effetti una criteriologia
evenimentale, dunque n essenzialista n universalista.
Nel saggio di Herv Lgrand (La Chiesa si realizza in un luogo) si afferma, tra laltro,
che leucaristia mostra come la Chiesa sia necessariamente locale e necessariamente
comunione di Chiese (p. 169). Lo stesso modello ecclesiologico mutuato dal rito
dellordinazione episcopale, cos come era in uso nella Chiesa antica, assunto come
modello euristico (pp.199ss.).

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Quanto alla Collana di teologia sistematica pubblicata tra la met degli anni 80 e la
met degli anni 90 (ne in corso una revisione globale) dalle Dehoniane di Bologna
che avrebbe dovuto dar conto dello sviluppo post-conciliare della teologia in Italia, la
liturgia non vi compare come tema a se stante, n il manuale di ecclesiologia, La Chiesa
primizia del Regno di G.B. Mondin, Bologna 1986, le lascia spazio. I temi contigui tra
liturgia ed ecclesiologia restano cos affidati al testo di Sacramentaria fondamentale.
Dal mysterion al sacramentum, redatto da Carlo Rocchetta.

2.2.2. Alcuni manuali degli anni '80


Crediamo, tuttavia, di poter dire che l'attenzione alla liturgia celebrata o alla liturgia
come scienza cresce nella misura stessa della comunionalit soggiacente al progetto
ecclesiologico.
Esemplifichiamo con due monografie pubblicate a met degli anni 80:
Juan Anton Estrada, Da Chiesa mistero a popolo di Dio, Assisi 1987.
Secondo una sensibilit comune all'area culturale ispanica, europea o latino americana,
congruamente ai problemi della met degli anni '80, Estrada proietta una sorta di
dialettica tra il concetto di mistero e quello di popolo di Dio. Egli ritiene solo
quest'ultimo assunto come chiave ermeneutica dell'ecclesiologia, il punto terminale
della ricerca sulla identit della Chiesa.
La problematica liturgica emerge nella scansione del rapporto Chiesa-eucaristia, in un
contesto di oggettiva attenzione alla Chiesa locale e alle istanze pastorali connesse (cf
pp. 155ss; 165; 182).
- H. Zirker, Ecclesiologia, Brescia 1987.
In quest'autore l'attenzione alla liturgia ancora pi esplicita. Infatti nella sezione
relativa all'agire ecclesiale la liturgia precede gli altri luoghi pratici (predicazione,
missione, diaconia...) costituendo la forma fondamentale del vivere ecclesiale (pp.
237ss.).

2.2.3. Alcuni manuali degli anni 90


Severino Dianich, Ecclesiologia. Questioni di metodo..., cit.
Non vi si riscontra alcuna attenzione significativa alla liturgia. Lo stesso principio
dell'annuncio non trova un referente celebrativo. E per accostarsi alla tematica pi
prossima - l'eucaristia - occorre portarsi all'interno della lettura critica della categoria di
comunione. Il referente tuttavia resta contenutistico non facendosi spazio alcuno alla
celebrazione.
Bruno Forte, La Chiesa della Trinit..., cit.

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Un afflato diverso, lattenzione ventennale alla ecclesiologia eucaristica, un debito


evidente alla teologia ortodossa, lasciano uno spazio pi congruo all'istanza liturgia. La
si avverte soprattutto l dove la comunione ai santi doni declina la radice pneumatica
del tema della comunione (pp. 192 ss. ).
Medard Kehl, La Chiesa. Trattato di ecclesiologia sistematica, Milano 1995.
L'indice dei termini registra, per la liturgia, quattro referenze su un insieme di oltre
quattrocentocinquanta pagine. Due ancorano la prassi liturgica al problema
dell'inculturazione, una si fa carico dell'istanza di un linguaggio inclusivo; solo una
volta il termine chiamato in causa per declinare accanto al termine martyria e
diakonia la modalit del tradursi della comunione ecclesiale.
Ovviamente accanto a queste referenze vanno poste quelle pi numerose relative ai temi
della eucaristia, della sacramentalit e della comunione, ma ci pare di dover ancora una
volta costatare come queste attenzioni sistematiche non metabolizzino ed introiettino
latto celebrativo nella sua valenza ecclesiogenetica o strutturale.
Ricordiamo ancora:
Umberto Casale, Il mistero della Chiesa. Saggio di ecclesiologia, Torino 1998.
Juergen Werbick, La Chiesa. Un progetto ecclesiologico per lo studio e per la prassi,
Brescia 1998.
Gerhard Lohfink, Dio ha bisogno della Chiesa? Saggio sulla teologia del popolo di
Dio, Cinisello B. 1999.
E elencazione non esaustiva che, tuttavia non cambia i termini del problema.
Lecclesiologia sistematica non fa spazio alla liturgia come scienza n alla celebrazione
come Chiesa in atto, se non nella prospettiva delleucaristia o, il che lo stesso, della
Chiesa locale.

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2. 3. L'ecclesiologia di comunione come ecclesiologia della Chiesa locale


Tra i teologi darea cattolica, nella seconda parte del secolo XX, soprattutto Jean
Marie Tillard, dichiaratamente impegnato nel dialogo ecumenico, a mio parere, ad avere
meglio recepito la lezione ortodossa dellecclesiologia eucaristica cos da elaborare non
un modello ecclesiologico astratto, ma al contrario da focalizzare la Chiesa come evento
in atto nel suo radunarsi nella concretezza del luogo.
Dobbiamo a questo domenicano, morto alle soglie del secolo XXI, in passato gi attento
allEucaristia e alla vita religiosa, una serie di saggi che dagli anni 80 agli anni 90 sono
andati costruendo, in crescendo, una ecclesiologia della Chiesa locale
Nel 1984 viene pubblicato in Italia il suo Il vescovo di Roma, Brescia 1984. La sua
rilettura del primato provoca ovviamente una valanga di critiche pi o meno pungenti.
Seguono: Chiesa di Chiese, Brescia 1987 - listanza proprio quella di oltrepassare le
strettoie di una ecclesiologia universalistica; Chair de l'Eglise, Chair du Crist, Paris
1992, allinterno del quale la metafora del corpo assume la pregnanza viva e concreta
della carne dunque una ecclesiologia eucaristico-comunionale -. Infine, L'Eglise
locale, Paris 1995. Allinterno di questo saggio pi che mai la Chiesa locale viene
additata come comunione e in comunione mediante leucaristia (cf p. 250 ss).
Dei tre saggi quello che ovviamente ha funzione di cerniera Chair de l'Eglise, Chair du
Crist - oggi tradotto in italiano dalleditrice della Comunit Monastica di Bose -
anche quello in cui appare pi evidente la circumincessione tra ecclesiologia e
liturgia.Occorre per anche rilevare come la focalizzazione de L'Eglise locale resa
possibile proprio dallaccesso alle fonti liturgiche della Chiesa indivisa. Il principio
analogo a quello messo in atto da H. Lgrand a proposito dellordinazione episcopale.
E la tradizione liturgica ad attestarci la soggettualit e identit della Chiesa locale e le
sue dinamiche di comunione intra e interecclesiali.
Credo, davvero, sia questa la vera novit dell'ultimo decennio del secolo XX.
La ricerca ecclesiologica ha continuato a ricercare le proprie chiavi, a ipotizzare un suo
principio primo. Ma la vera novit, nelle sue evidenti ricadute pratiche, sta proprio
nell'aver assunto come orizzonte fondamentale l'evento della Chiesa in un luogo.
Certo restano legittime ecclesiologie diverse. Ma la convergenza dell'ecclesiologia di
comunione verso la sacramentalit e l'eucaristia non pu che ha comportare il primato
della Chiesa locale o, quanto meno, l'aprirsi di un vivace contenzioso tra ecclesiologia
universalistica ed ecclesiologia della Chiesa locale. Entrambe rivendicano a s la nota
costitutiva di cattolicit. Ma assai diverso il loro esito, la loro attenzione alla
liturgia. Nel primo caso il fatto liturgico rimane un semplice enunciato, una semplice
istanza formale. Nel secondo caso il fatto liturgico al centro, al cuore dell'evento
ecclesiale.

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In ogni caso solo un'ecclesiologia di comunione, quale che sia la sua forma particolare e
concreta, potr aprirsi a un dialogo con la liturgia come scienza e con la celebrazione
liturgica. E' dato che appare evidente in rapporto alle ecclesiologie venute alla luce in
questi ultimissimi anni.

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II. PER UNA ERMENEUTICA DEL RAPPORTO SCIENZA DELLA CHIESA SCIENZA DELLA LITURGIA
Premessa
Intervenendo a Bologna alla XVI settimana dell'APL, Domenico Sartore nella sua
relazione Ecclesiologia e liturgia: principi metodologici e fondamenti teologici di un
rapporto, dopo aver evocato i luoghi chiave del rapporto liturgia- Chiesa proposti dalla
Sacrosanctum Concilium, affermava che l'approfondimento del rapporto ecclesiologia
e liturgia poteva aprirsi a quattro principali prospettive:
a) l'interazione tra la concezione della Chiesa e della liturgia, tra il modo di realizzarsi
della Chiesa e il modo di comprendere le sue azioni cultuali;
b) l'apporto che la tradizione liturgica - testi e riti - pu dare oggi alla comprensione del
mistero della Chiesa;
c) il significato che hanno le azioni liturgiche, soprattutto l'eucaristia, come
manifestazione della Chiesa;
d) le suggestioni che possono venire dall'ecclesiologia contemporanea per una pi
autentica realizzazione dell'esperienza liturgica e per un sempre rinnovato adattamento
della prassi cultuale della Chiesa (p. 11).
Queste istanze egli articolava prestando attenzione alla liturgia come luogo teologico;
alla liturgia come epifania della Chiesa; alla correlazione storica tra ecclesiologia e
liturgia.
Le affermazioni rese in quella sede e poi riproposte nel Nuovo Dizionario di Liturgia
(Chiesa e Liturgia, NDL, a cura di D. Sartore e A.M. Triacca, Cinisello B. 1988, 248259) mantengono la loro suggestione.
Ad esempio, come non convenire sulla correlazione storica tra ecclesiologia e liturgia?
L'ecclesiologia da sempre debitrice di modelli filosofici, sociologici, antropologici
propri alla cultura nel succedersi del tempo. Si capisce allora come nell'articolazione
della disciplina in quanto scienza abbia potuto prevalere la globalit sociologica del
concetto di societ sulla dimensione olistica del mistero o l'unilateralit gerarcologica
della visione cristonomica sulla globalit comunionale dello Spirito e dei suoi doni.
Potremmo in tutta simmetria declinare la storia della scienza liturgica e della stessa
liturgia, la sua progressiva eclisse come azione globalmente teandrica e
significativamente pneumatica.
Si presti attenzione:
- alla vicenda, gi ricordata, dei due trattati e alle analogie legate al loro ingresso nel
novero delle discipline teologiche;

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- alla mutazione dell'immagine di Chiesa, tutt'uno con la mutazione liturgica, nel suo
statuto rituale come pure nel suo statuto riflesso;
- all'eclisse dello Spirito, tipica della ecclesiologia occidentale, in stretta analogia con
quanto avvenuto a livello della celebrazione;
- all'involuzione della categoria di comunione e alla divaricazione comunit-eucaristia.
La caduta dell'attenzione all'epiclesi e la caduta della partecipazione attiva del popolo di
Dio sono espressioni di una medesima riduttiva intelligenza della Chiesa, ricondotta a
istituzione umana tra le istituzioni umane, privata delle valenze impreteribili del suo
essere atto ed evento teandrico.
Ancora, non senza significato che ai prodromi del rinnovamento ecclesiologico ci
siano i protagonisti stessi del Movimento liturgico da Dom Guranger (il primo a
parlare di Chiesa locale!) a Odo Casel, a Romano Guardini.
N irrilevante la correlazione tra ecclesiologia e liturgia al livello dello stesso
magistero. Il rapporto che intercorre tra Sacrosanctum Conciliume Lumen Gentium
in qualche modo anticipato da quello tra la Mystici Corporise la Mediator Dei, ad
esempio. Quanto all'adagio Legem credendi lex statuat supplicandi, alla questione
della liturgia come luogo teologico, ci particolarmente evidente per l'ecclesiologia.
Il problema vero, quello che intendiamo affrontare come emblematico della
correlazione ecclesiologia-liturgia per quello posto dall'essere la liturgia una
speciale manifestazione, una speciale epifania (trasparenza) della Chiesa.
Il fatto che la liturgia la celebrazione, l'atto celebrativo. Nella Chiesa non esistono
atti altrettanto pregnanti che, come la liturgia, ne esprimano la sacramentalit, ossia lo
statuto di mediazione teandrica.
L'accadimento ecclesiale circuminsessione di fede speranza carit che ha il suo vertice
nella liturgia. Inoltre, l'atto celebrativo a dare consistenza alla Chiesa.
Non tocca a chi studia lecclesiologia definire la liturgia. Ma tocca a chi riflette e
rielabora il mistero della Chiesa provare ad offrire di questultima una definizione.
E' attorno alla modalit prima di questa definizione che intendo porre il problema
strutturale della reciprocit Chiesa-liturgia.
Non senza una avvertenza previa. Chiamiamo ecclesiologia il trattato sulla Chiesa.
Dunque ci troviamo di fronte al binomio Chiesa/ecclesiologia. Il primo termine chiama
in causa il mistero in atto; il secondo il suo statuto riflesso.
Il trattato sulla liturgia si chiama invece ancora liturgia. La liturgia, cio reduplica se
stessa. Lo stesso termine indica e la celebrazione e la scienza della celebrazione.
Tocca a noi distinguere tra liturgia celebrata e liturgia riflessa cos come tra Chiesa ed
ecclesiologia.

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1. Predicare la Chiesa
1.1. Il nodo ecclesiologico di un principio primo
Il dibattito ecclesiologico contemporaneo si posto la questione di un principio primo,
di una categoria fondante a partire dalla quale articolare il trattato. Indubbiamente assai
spesso ci si trova dinanzi a categorie non omogenee, ambiguamente trasferite su
altrettanto non omogenei piani semantici.
Si ovviato a queste difficolt elaborando una sorta di fenomenologia ecclesiale da
anteporre al trattato vero e proprio (cf i manuali di Zikker, Kehl, ad es; ma anche il
saggio di Forte; e, pur se privilegiando istanze comunque comunicative anche
Tangorra [Dallassemblea... cit.]e Kehl [Dove va la Chiesa?]).
Tale lettura il pi delle volte solo un atto dovuto a fronte dell'attuale crisi culturale.
Il discorso scorre, poi, sui binari consueti. Quale che sia il dato o i dati rilevati, lo sforzo
teso ad elaborare una ecclesiologia della cattolica, e a muoversi secondo suggestioni
essenzialmente deduttive.
Pu certamente accadere - e le referenze dell'attenzione liturgica nel contesto della
sistematica ecclesiologica ne sono una spia - che si avverta la necessit di introiettare i
luoghi teologici pratici, il vissuto di Chiesa, proprio per l'irrilevanza che essi
finiscono con l'assumere in uno schema solamente deduttivo.
1.2. Una proposta sistematica
Proprio per sfuggire a queste insidie, pensando per la prima volta il trattato nel lontano
1975 scelsi di ricondurlo a uno schema linguistico, l'unico, a mio parere, che potesse
condurre a correttezza globale termini intrinsecamente non omogenei e tuttavia
strutturali alla tradizione come autocoscienza ecclesiale.
In questo schema, la distinzione tra struttura e funzione della Chiesa - e il raccordo
di entrambe a partire dallo Spirito soggetto strutturante e dai carismi intesi quali
elementi strutturali- rende possibile l'avvalersi simmetricamente sul piano fondativo
del mistero, e dunque dell'essere della Chiesa, dei termini biblici di misterosacramento, popolo di Dio, corpo di Cristo, sposa di Cristo e di quelli simbolici di
una, santa, cattolica, apostolica, assunti con valenza categoriale.
In questo schema, lo Spirito e i suoi doni, in quanto elementi costitutivi della
struttura, ne consentono l'attivazione e dunque rendono possibile la funzione, cio
l'agire e la pratica ecclesiale, il dover essere della Chiesa ad intra e ad extra, in altre
parole, la sua diakonia. La funzione della Chiesa (leitourgia) dunque quella
sacerdotale, nella complementarit di sacerdozio comune e sacerdozio ordinato,
espressioni diverse, ugualmente e originariamente fondate sull'unico carisma (ministero) fondamentale della iniziazione cristiana.

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Questo schema, palesemente deduttivo, introdotto da una serie di notazioni


metodologiche che a partire da una definizione previa mutuata dalla 1 Gv 1,1-4 e
dunque dalla comunione come partecipazione al mistero del Dio Uni-Trino vissuto ed
esperito nella concretezza dell'adunarsi ecclesiale, declinano previamente la
fenomenologia stessa dell'adunarsi, assumendo l'un dopo l'altro i luoghi teologici
disciplinari e i luoghi teologici pratici (cf Optatam Totius 16). Si dichiara,
insomma, la necessit per il discorso ecclesiologico di confrontarsi con le scienze
teologiche tutte e di interagire con esse. Ma soprattutto si assumono come esperienze
fondanti l'accadimento ecclesiale i luoghi stessi del vissuto della comunit in atto.
Tutte queste istanze dovrebbero anche venir recuperate nello sviluppo interno del
trattato. Bisogna ammettere, per, che spesso rimangono avvertenze generali, voti.
In ogni caso questo progetto ecclesiologico prende le mosse da una precisa contestualit
locale; intende interpretare una precisa e concreta cultura ecclesiale e dialogare con
essa. Questa urgenza anche progettuale si ripropone di sciogliere i nodi dello statuto
teandrico della Chiesa, del suo assetto istituzionale, della sua dimensione mistericocomunionale, ma soprattutto punta ad armonizzarle in una prospettiva immediatamente
locale.
Ci malgrado, il tributo pagato alla liturgia, pure avvertendo apriori la valenza fondativa
dell'ecclesia in atto, dell'ecclesia radunata, culmen et fons della vita ecclesiale, spesso si
risolve nellobbligato ricondursi, categoria per categoria, alla testimonianza della
tradizione liturgica, non fosse altro che per il fatto, gi ricordato, davere serbato vivo
altro concetto di Chiesa.
La dizione pi ardita della soggettualit liturgica della Chiesa locale vi collocata al
cuore della cattolica; cos come al cuore della Chiesa una posta l'attenzione alla
soggettualit rituale della Chiesa locale articolandosi l'unit secondo istanze simboliche,
liturgiche, sociali. Detto altrimenti il discorso sulla Chiesa locale polare alla nota di
cattolicit, cos come il rinvio alla soggettualit liturgica resta inserito nella globalit
tradizionale della triplice fedelt (At 2,42-46), manifesto normante dellunit della
Chiesa.
L'aspetto pi prossimo alla tematica liturgica, in questo schema, posto in essere nella
flessione funzionale, nell'agire della Chiesa, interamente dedotto come ho detto, dalla
iniziazione cristiana come radice e fonte dell'esistenza ecclesiale.
I tria munera, radicati nell'unzione di Cristo nello Spirito, chiamano in causa
ecclesiogeneticamente battesimo confermazione eucaristia e, in tutta coerenza, mettono
in relazione l'ufficio, il compito proprio a ciascun membro del popolo di Dio. Resi
conformi nello Spirito a Cristo re profeta sacerdote, tutti i battezzati crismati
eucaristizzati sono chiamati ad accogliere e annunciare la parola di salvezza, a restituirla
nella lode, a farsi carico gli uni degli altri, in quel crescendo abilitante che liniziazione

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stessa comporta, sino al diritto-dovere inerente alla partecipazione al corpo e al sangue


del Signore.
1.3. L'ipotesi di una ecclesiologia sponsale
Questo schema interpretativo mi apparso nei primi anni '80 insufficiente, bench
ineccepibile didatticamente.
Il problema pressante fu a questo punto quello della soggettualit ecclesiale, realt per
esprimere la quale occorreva dismettere uno schema deduttivo, pur se fortemente
punteggiato da istanze e ricognizioni induttive. Evidentemente entrava ormai nel
dibattito ecclesiologico il problema della Chiesa locale e alla mia maniera tentai di
scioglierlo proponendo ai miei allievi, a conclusione di un corso su Chiesa particolare
e Chiesa universale, la categoria sponsale come chiave interpretativa del mistero della
Chiesa.
L'assunzione come principio primo della figura biblico-patristico della sposa mi
consent di recuperare i miei interessi e i miei studi a fronte della questione femminile,
ma soprattutto mi consent di dire, pur in una salda cornice tradizionale, il chi
della Chiesa e dunque di offrire una personificazione della Chiesa locale.
A questo punto, ovviamente, il vissuto ecclesiale veniva ad irrompere con maggior
vivacit nel tessuto del trattato. E insieme divenivano pi immediate e vitali le domande
poste e offerte alla comunit in atto, radunata nella concretezza di un tempo, di un
luogo, di una cultura umana.
D'altra parte avevo gi proiettato nel corpo delle Chiese la categoria paolina del
corpo del Signore. Una ecclesiologia della Chiesa locale non dismette la nota di
cattolicit. Se guarda alle Chiese a partire dal loro nome proprio, dal loro specifico
simbolico liturgico sociale, avverte intatta la mutua compenetrazione misterica delle
Chiese tra loro. In analogia al corpo di Cristo per noi spezzato, le Chiese sono sempre e
comunque pienamente Chiesa.
Se si vuole anche questa pur sempre una ecclesiologia deduttiva. Di una deduttivit,
per, che pu essere facilmente ribaltata solo che si parta dalla assemblea in atto, dal
suo luogo proprio, dal suo tempo proprio, dal suo proprio rito, dal suo proprio
linguaggio, insomma dalla cultura che le propria, assunta essa stessa come elemento
costitutivo dello stesso accadimento ecclesiale.
In quest'ultimo decennio il mio discorso non andato oltre l'enunciato tematico offerto
in Per una ecclesiologia sponsale, Ricerche Teologiche 1(1990), 121-141.

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1.4. Altre ipotesi incentrate sull'accadimento locale


Una pista diversa, sempre per nella prospettiva della Chiesa locale lo abbiamo gi
richiamato - stata seguita da Herv Lgrand.
Come abbiamo gi visto egli ha assunto come principio euristico la consacrazione
episcopale, mostrando a partire da essa, e dunque da un evento celebrato, lo statuto
teologico della Chiesa locale. Statuto teologico rivelativo insieme del costitutivo legame
di localit e cattolicit. Questa pista, d'altra parte, nella ricerca di Lgrand si
intrecciata con quella sulle Chiese soggetto (cf Lo sviluppo di chiese-soggetto:
un'istanza del Vaticano II, Giuseppe Alberigo ( a cura), L'ecclesiologia del Vaticano II:
dinamismi e prospettive, Bologna 1981, 129-164) e, dunque, ancora una volta con
l'attenzione alla Chiesa locale come accadimento primordiale della comunit ecclesiale.
Come abbiamo gi osservato pista altrimenti seguita da Tillard. E' in particolare in
Chair de l'Eglise, Chair du Christ che egli si ripropone di sciogliere quest'apriori,
questo presupposto, dato come tale in Chiesa di Chiese. Indubbiamente nelle pagine
centrali del volume emerge in tutta la sua forza immediata e concreta il mistero
dell'unico corpo, corpo eucaristico che insieme corpo ecclesiale, soprattutto nella
testimonianza concorde della Chiesa indivisa.
Nell'indagine di Tillard la liturgia presente in quanto elemento costitutivo di questa
stessa testimonianza. Personalmente, per, mi pare che il ricorso alla categoria del
corpo, anzi della carne della Chiesa e di Cristo insieme, si fermi per cos dire sulla
soglia di quello che l'ulteriore passo in avanti della riflessione paolina.
Il tema della Chiesa, corpo di cui Cristo il capo (cf le Lettere della prigionia),
proprio per la complessa e originaria valenza del termine kephal esige che lorganicit
del corpo venga oltrepassata cos da dar luogo alla reciprocit nuziale di Cristo e della
Chiesa. Solo cos la carne (sarx) acquisisce quello spessore soggettuale che
individua la Chiesa quale sposa dell'Agnello (Ap 19,7-8; cf 21,2; 22,17) .
Comunque sia, la questione del chi della Chiesa, gi posta da H.U. Von Balthasar
(Chi la Chiesa?, in Id., Sponsa Verbi, Brescia 1972, 139-187) non indifferente ai
fini del rapporto ecclesiologia-liturgia. Si rilegga Anscar Vonier (Lo Spirito e la Sposa,
Firenze 1949, or. inglese 1935) o Odo Casel (Il mistero dell'Ecclesia, Roma 1965). O si
legga, e siamo negli anni 90, Crispino Valenziano (L'anello della sposa, Magnano
1993). Cos come non indifferente l'assegnarsi una prospettiva universalistica o una
prospettiva locale.
Ritengo comunque di avere oggettivamente operato per una piena reciprocit di
ecclesiologia e liturgia ne La Chiesa il corpo crismato. In esso la chiave ermeneutica
dellunzione ha di molto facilitato lassunzione dellazione liturgica come epifania
dellaccadimento ecclesiale.

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2. La liturgia sta in rapporto alla Chiesa. La Chiesa in atto la celebrazione


liturgica
Il percorso compiuto ha inteso proporre attraverso attraverso la mediatezza della
storia dellecclesiologia di questo nostro secolo la vicenda non esaltante del
rapporto scienza della Chiesa scienza della liturgia. Tuttavia il percorso, sia pure
con la fatica costatata, fatica che innanzitutto quella stessa della mutazione
dellimmagine conciliare, da ultimo ci consente delle valutazioni conclusive che
ripropongono, sciogliendoli definitivamente gli interrogativi da cui siamo partiti.
Possiamo affermare con certezza che la liturgia sta in rapporto alla Chiesa. E tale
rapporto vivo e concreto, sia che si tratti della scienza liturgica nel suo rapporto
alla scienza ecclesiologica, sia che si tratti dellazione liturgica nel suo rapporto
allaccadimento ecclesiale.
La scienza liturgica sta in rapporto alla scienza ecclesiologica, precipuamente, lo
si visto. Vale massimamente per la sistematica liturgica quanto in generale vale
per la teologia tout court. Se del pensiero teologico in quanto tale, dei suoi
paradigmi storici, possiamo sempre parlare come storia teologica della Chiesa
(cf il gi citato saggio di G. Lafont), ci vale ancor di pi per la scienza liturgica,
per la coincidenza delloggetto e del soggetto. La scienza liturgica ha per oggetto
lassemblea liturgica. Ma assemblea liturgica il nome originario della Chiesa.
Lekklesia altro non se non che lassemblea adunata. E dunque lassemblea
loggetto stesso del predicare la Chiesa. Ovviamente, non si tratta di un predicare
generico. Si tratta del predicare la Chiesa nella concretezza di tempo, luogo,
cultura cose tutte gi dette, bench, ovviamente suscettibili di pi larga
attenzione -.
Se identico loggetto, identico anche il soggetto. Soggetto dellazione liturgica
, infatti, lassemblea adunata. Ed lassemblea adunata, lekklesia anche il
soggetto, il referente di ogni modalit di presenza della comunit cristiana nella
storia come pure di ogni sua autocomprensione.
Con altre parole la Chiesa in atto lassemblea liturgica e lassemblea liturgica
la Chiesa in atto. Il che appella ai costitutivi ecclesiologici come pure ai soggetti
ecclesiologici.

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3. Chiesa e liturgia: un'unica e medesima realt


Laffermazione che Chiesa e liturgia costituiscono ununica e medesima realt
appare dunque lovvia conclusione di questo nostro percorso.
Altro, per, lenunciato teoretico sarebbe pi corretto dire teologico e
teologale altro dedurne le istanze attuative di un nuovo modello di Chiesa
come pure un nuovo modello di assemblea celebrante.
Le difficolt sono di natura diversa e anche queste sono state pi volte sfiorate. Di
certo in questione la ricezione del Vaticano II poich dobbiamo ad esso quella
formulazione che ha costituito la magna cartha di questo nostro corso, nonch la
molla ispiratrice della sua presenza allinterno della ratio del PIL.
Vogliamo rievocarla a conclusione: ...la principale manifestazione della Chiesa si
ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo di Dio alle medesime
celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima
preghiera, al medesimo altare a cui presiede il Vescovo, circondato dal suo
presbiterio e dai ministri (SC 42). Inutile rilevare come la flessione liturgica della
soggettualit ecclesiale ci riconduce alla Chiesa soggetto e ai soggetti ecclesiali.
Detto altrimenti ci riconduce al volto proprio della Chiesa sposa che cesellata
dalla Spirito nella compiutezza di tempo spazio cultura, insieme a Lui invoca
Cristo sposo perch torni.
Lesserci della Chiesa nel frattempo altro non se non che il dialogo della sposa e
dello sposo, o, per usare ancora una suggestione di SC 85 allora veramente la
voce della sposa che parla allo Sposo.
Ci che vale dellUfficio divino vale a maggior ragione dellazione liturgica in
ogni sua espressione. Non a caso SC 10 lha additata quale il culmine verso cui
tende lazione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua virt.

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