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94001 Lettura Liturgica dei Padri - prof.

Ephrem Carr osb



(v. l'Ordo Anni Academici dove si trova una sintetica descrizione del Corso, insieme con una
bibliografia essenziale. Nel Seminario Metodologico parleremo di pi di bibliografia patristica.)
Questo corso un'iniziazione allo studio dei padri, in funzione dello studio della liturgia: i padri
sono gli scrittori ecclesiastici greci sino a S. Giovanni Damasceno, l'ultimo grande teologo
patristico greco, morto verso l'anno 750. Per i padri della chiesa latina alcuni indicano come ultimo
Isidoro di Siviglia morto nell'anno 636, altri invece il monaco benedettino Beda il Venerabile,
morto nell'anno 735.
In questo semestre si studieranno alcuni testi di diverso tipo, ma sempre di carattere liturgico. I testi
patristici saranno spiegati in base agli autori e al contesto storico-liturgico. Circa la liturgia nei
padri, si possono consultare il manuale Scienza Liturgica (Basil Studer, Liturgia e padri, 1, 67-
94; Basil Studer, Documenti liturgici nei primi quattro secoli, 1, 217-242); cf. anche Michele
Pellegrino, Padri e liturgia I, in Liturgia, ed. D. Sartore A.M. Triacca C. Cibien, San Paolo,
Cinisello Balsamo 2001, 1404-1411 [=Nuovo dizionario di liturgia, Paoline, Roma 1984, 1008-
1015.]; Michele Pellegrino, Liturgia II: Liturgia e padri, in Nuovo dizionario patristico e di
antichit cristiane, 2, Genova-Milano 2007, 2857-2861 [=Dizionario patristico e di antichit
cristiane 2, ed. A. Di Berardino, Marietti, Casale Monferrato 1983, 1976-1979.]; A.M. Triacca,
Padri e liturgia II, in Liturgia, ed. D. Sartore A.M. Triacca C. Cibien, San Paolo, Cinisello
Balsamo 2001, 1411-1426; Seminarium 30 (1990) specifico sul tema liturgia e padri o padri e
liturgia.

Nel nostro contesto (liturgia) il tema dei Padri si pu impostatare in quattro modi:
1) di studiare l'uso dei padri nella liturgia attuale (es., l'Ufficio divino: ufficio delle letture);
2) di studiare i padri come fonti della liturgia (es., Leone Magno, circa il Sacramentario
Veronese, detto anche Leoniano; v. il Sacramentario gelasiano, quello gregoriano; v. per la
liturgia ispanica, Isidoro di Siviglia, ecc.);
3) di studiare i documenti liturgici che vengono dal tempo patristico (es. la Didach, la cosdetta
Traditio apostolica, la Didascalia, la Costituzione apostolica, i Canoni di Ippolito, le
Costituzioni apostoliche, lEuchologion attribuito a Serapione di Thmuis, il Testamento del
Signore nostro Ges Cristo);
4) di studiare i padri considerati come testimoni della liturgia.

In questo corso vedremo alcuni documenti patristici di natura liturgica (3) e testi dei padri (4)
come testimonianze della liturgia dal II secolo sino al IV secolo.

I Padri sono testimoni fondamentali del dialogo fra Dio e l'uomo, che continua anche nella chiesa
doggi. Noi siamo gli eredi di questo dialogo che iniziato con i padri della chiesa. A tale riguardo
c' un testo importante nella Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei Verbum del
Concilio Vaticano II, cap. 2, n 8:
Pertanto la predicazione apostolica, che espressa in modo speciale nei libri ispirati,
doveva esser conservata con successione continua fino alla fine dei tempi. Gli apostoli
perci, trasmettendo ci che essi stessi avevano ricevuto, ammoniscono i fedeli ad
attenersi alle tradizioni che avevano appreso sia a voce che per iscritto (cf. 2 Ts 2,15), e
di combattere per quella fede che era stata ad essi trasmessa una volta per sempre (cf.
Giuda 3). Ci che fu trasmesso dagli apostoli, poi, comprende tutto quanto contribuisce
alla condotta santa del popolo di Dio e all'incremento della fede; cos la Chiesa nella sua
dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ci
che essa , tutto ci che essa crede. Questa Tradizione di origine apostolica progredisce
nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto
delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei
credenti che le meditano in cuor loro (cf. Lc 2,19 e 51), sia con la intelligenza data da una
pi profonda esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con
la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verit. Cos la Chiesa nel
corso dei secoli tende incessantemente alla pienezza della verit divina, finch in essa
vengano a compimento le parole di Dio. Le asserzioni dei santi padri attestano la
vivificante presenza di questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e
nella vita della Chiesa che crede e che prega. questa Tradizione che fa conoscere alla
Chiesa l'intero canone dei Libri Sacri e nella Chiesa fa pi profondamente comprendere e
rende ininterrottamente operanti le stesse sacre Scritture. Cos Dio, il quale ha parlato in
passato non cessa di parlare con la sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per
mezzo del quale la viva voce dell'Evangelo risuona nella Chiesa e per mezzo di questa nel
mondo, introduce i credenti alla verit intera e in essi fa risiedere la parola di Cristo in
tutta la sua ricchezza (cf. Col 3,16).
1
In altre parole, il documento conciliare sottolinea l'azione dinamica e onnipresente dello Spirito
Santo nella Chiesa. La sua presenza necessaria per il dono - carisma - che assicuri la verit nella
chiesa: le asserzioni dei padri attestano la vivificante presenza di questa tradizione di fede nella
chiesa orante. Dio non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio diletto e per mezzo dello
Spirito Santo ci introduce e ci guida a tutta la verit intera.

Ma cosa la liturgia nei padri? Dando uno sguardo allinizio, le strutture liturgiche hanno
origine nell'epoca apostolica e si sviluppano nei primi secoli: un esempio concreto la prassi
eucaristica (per esempio verso l'anno 150 San Giustino parla per primo della Liturgia della Parola
nella liturgia domenicale, ancora oggi presente). L'iniziazione cristiana fortemente indicativa di
questo sviluppo, essa inizia con la catechesi e trova il suo culmine nell'Eucaristia. Nei padri si segue
lo sviluppo dei diversi ministeri della chiesa e uno sviluppo della liturgia intorno alle chiese di una
certa importanza, come ad esempio, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme (anche Cesarea di
Cappadocia, ed Efeso), e per la liturgia di lingua siriaca, che era la seconda lingua nell'Oriente,
dopo il greco, la tradizione liturgica di Edessa. Ci sono diverse chiese di una certa importanza, in
merito allo sviluppo della tradizione occidentale come ad esempio, Roma, Milano, Lione,
Siviglia/Toledo e Cartagine.

La lettura liturgica dei padri importante anche per la regula fidei, sotto il profilo teologico e
nellambito del rapporto tra fede e liturgia: come la Sacra Scrittura era norma della liturgia, per i
padri, tale liturgia esprime la tradizione della chiesa e diventa norma per lo sviluppo della teologia.
La massima lex orandi - lex credendi (Prospero di Aquitania [+463]: ut legem credendi statuat lex
supplicandi, cf. [Ps. Celestino], Indiculus c. 8 in Enchiridion symbolorum, ed. H. Denzinger-A.
Schnmetzer, Barcelona, ecc.,
32
1962, 246) intravedibile nel contesto della fede e richiama al
contesto liturgico della catechesi in preparazione del battesimo: gi San Basilio il Grande nel suo
De Spiritu Sancto (verso l'anno 375) cita una dossologia liturgica come prova indiscutibile della
personalit divina dello Spirito Santo. A ci bisogna profondamente credere, altrimenti non c'
corrispondenza tra la liturgia celebrata e la fede professata in Dio uno e Trino.


DIDACH

Il primo documento (testo greco della Didach presa dall'edizione critica di Karl Bihlmeyer, Die
apostolischen Vter, Mohr [Siebeck], Tbingen 1956, 5-8) una compilazione di diversi testi sulla
vita e liturgia in una chiesa locale della Siria romana (pare che sia una Chiesa di campagna e non di

1
Documenti. Il Concilio Vaticano II, testo ufficiale e traduzione italiana, Dehoniane, Bologna
6
1967, 501-503.
2
citt). Il suo genere letterario riguarda le prescrizioni pratiche in seno alla Chiesa, con elementi di
diritto, di liturgia, di morale e di spiritualit escatologica. Il compilatore ha preso qua e l diversi
elementi di diverse epoche: gli studiosi parlano di un arco di tempo che va dall'anno 50 al 110 (la
compilazione sarebbe avvenuta tra il 100-110).

Il documento intitolato Didach dei dodici apostoli o L'insegnamento del Signore per mezzo
dei dodici apostoli alle genti. Il testo c' stato trasmesso da un manoscritto che risale al secolo XI (
stato scoperto negli anni 1873 e pubblicato nel 1883 a cura di Philotheos Bryennios).

Si pu dividere la Didach in 16 capitoli e in diverse sezioni:
a) Le due vie (i capitoli 1-6 parlano della via della vita e della morte); alla base c un
documento gi esistente, del quale ci sono altri testimonianze (ad esempio, l'Epistola di
Barnaba 18,1-21,9). Ci sarebbe alla radice una catechesi giudaica di tipo morale;
b) diversi elementi liturgici (il capitolo 7: Battesimo, il capitolo 8: digiuno e preghiera
giornaliera).
c) Nei capitoli 9-10 c' una presentazione dell'Eucaristia. (NB: 1-7 + 9-10 = sequenza
dIniziazione cristiana)
d) I capitoli 11, 12, 13 e linizio del 15 sono di natura disciplinare soprattutto in merito ai
ministeri della chiesa.
e) Nel capitolo 14 si parla della celebrazione domenicale.
f) L'ultima sezione del capitolo 15 parla della scomunica e della disciplina penitenziale.
g) Il capitolo 16 ha uno sbocco escatologico ed un ammonimento.

Riportiamo il testo bifronte di Greco con a fianco una traduzione in italiano:



6. 1. Opo, q i , ot iovq oq oo ou q,
q, oou q, io_q,, tti opt|o, tou
ot ioo|ti.
LINSEGNAMENTO DEI DODICI
APOSTOLI.
6.1. Guarda che nessuno ti distolga da
questa via (Mt 24,4 con Dt 11,28) della
dottrina, poich timpartirebbe un
insegnamento lontano a Dio.
6.2 Ei tv yop uvoooi oooooi oiov
ov uyov ou |upiou, titio, toq ti ou
uvoooi, o uvq, ouo oiti.
6.2 Se, dunque, tu puoi portare tutto intero
il giogo del Signore, sarai perfetto; se non
puoi, fa quello che puoi.
6.3 Htpi t q, pooto,, o uvoooi
ooooov oo t ou tioiouou iiov
poot_t ioptio yop toi tov vt|pov.
6.3 Quanto ai cibi, fa quello che puoi; ma
astieniti assolutamente dalle carni immola-
te agli idoli, poich culto degli dei morti.

Nel capitolo 6 viene messa in luce una certa flessibilit nel comportamento, ma pone un
principio assoluto: non si pu mangiare il cibo offerto agli idoli. Circa il giogo del Signore, vi
losservanza della Legge mosaica, alla quale alcuni volevano che fossero sottoposti anche i cristiani
provenienti dal paganesimo. La questione fu trattata dagli apostoli nel concilio di Gerusalemme,
dove le parole di Pietro furono acute: un giogo che n i nostri padri, n noiabbaimo potuto
portare(At 15,10).
2

Le disposizioni del concilio, a riguardo dei cibi, lasciano la responsabilit alla propria
coscienza. Ci si pu richiamare a Rm 14,1-5: Ognuno segua la sua coscienza. Pare proprio che
lapostolo voglia arrestare gli scrupoli, che potevano sorgere dal precetto della Didach, che chi
vuol essere perfetto deve portare intero il giogo del Signore. E questo un indizio che i due scritti

2
Si pu citare anche le parole taglienti di Paolo nella Lettera ai Galati: Non vi lasciate imporre di nuovo il giogo della
schiavit (Gal 5,1).
3
riflettono la stessa situazione. Paolo trattava la questione del mangiare carne sacrificata agli idoli
per esteso nella Prima Lettera ai Corinti 8,1-13. Paolo insiste sulla liberta di coscienza, ma anche
sulla la necessit di non fare scandolo ai deboli. Invece nel capitolo 10 della stessa Lettera: Ci che
i pagani sacrificano, sacrificato ai demoni e non a Dio; or, io non voglio che voi siate in
comunione coi demoni (10,20).

7.1 Htpi t ou oiooo,, ouo
oioot ouo ovo potiovt,,
oioot ti, o ovoo ou opo, |oi
ou uiou |oi ou oyiou vtuoo, tv uoi
ovi.
7.1 Riguardo al battesimo, battezzate (=
immergete) in questo modo: dopo aver
esposto tutte queste cose, battezzate nel
nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo in acqua viva.
7.2 Eov t q t_q, uop ov, ti, oiio
uop oioov ti ou uvoooi tv
u_po, tv tpo.
7.2 Se non hai acqua viva, immergi in altra
acqua; se non puoi nella fredda, (immergi)
nella calda.
7.3 Eov t ootpo q t_q,, t|_tov ti,
qv |toiqv pi, uop ti, ovoo opo,
|oi uiou |oi oyiou vtuoo,.
7.3 Se non disponi n delluna n
dellaltra, versa acqua sul capo tre volte in
nome di Padre, Figlio e Spirito Santo.
7.4 Hpo t ou oiooo, povqotu
ooo o oiov |oi o oiotvo, |oi
ti ivt, oiioi uvovoi |tituti, t
vqotuooi ov oiotvov po q uo.
7.4 Prima del battesimo digiunino il
battezzante ed il battezzando e se possono,
alcuni altri; ordinerai per che il
battezzando digiuni per uno o per due
giorni prima.

Il capitolo 7 parla del battesimo. Prima c' una catechesi prebattesimale (le due vie). C' gi una
struttura, evidente in tutto il periodo patristico, che si richiama al comando di Ges (Mt 28,19).
Battezzare in acqua viva vuol dire in acqua corrente come anche nell'ambiente giudaico vive gi
una tradizione che indica non idonea al bagno rituale l'acqua ferma o stabile. Se uno non pu
battezzare con acqua corrente o fresca, almeno il battesimo avvenga in una piscina dacqua fresca
(v. le terme del tempo a Roma: ad es., la Chiesa di Santa Pudenziana costruita dentro delle terme
romane). Il testo d quattro possibilit: acqua corrente, acqua fresca, acqua calda o acqua versata sul
capo. Con quest'ultima la menzione per la prima volta di versare tre volte per accompagnare i tre
nomi. Viene poi posta la condizione secondo cui fondamentale il digiuno di almeno un giorno
prima del battesimo.
Da ci si vede una struttura gi stabilita per la celebrazione del battesimo:
a) catechesi prebattesimale;
b) preparazione immediata per il battesimo con il digiuno;
c) l'acqua del battesimo;
d) invocazione trinitaria.

8.1 Ai t vqotioi uov q toooov to
ov uo|piov vqotuouoi yop tutpo
oooov |oi t q uti, t
vqotuoot tpoo |oi opoo|tuqv.
8.1 I vostri digiuni non siano insieme
agli ipocriti; essi infatti digiunano il
secondo e il quinto giorno della
settimana; voi invece digiunate il quarto
e quello della preparazione.
8.2 Mqt pootu_tot o, oi uo|pioi,
oii o, t|tiutotv o |upio, tv o
tuoyytiio ouo, ouo pootu_tot
Hotp qov o tv o oupovo, oyiooqo
o ovoo oou, tito q ooiitio oou,
8.2 Neppure pregate come gli ipocriti,
ma come comand il Signore nel suo
vangelo, cos pregate: Padre Nostro che
sei nel cielo, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua
4
ytvqqo o tiqo oou o, tv oupovo
|oi ti yq, ov opov qov ov
tiouoiov o, qiv oqtpov, |oi ot, qiv
qv otiiqv qov, o, |oi qti, oittv
oi, otiitoi, qov, |oi q tiotvty|q,
qo, ti, tipooov, oiio puooi qo, oo
ou ovqpou
volont come in cielo cos in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e
rimetti a noi il nostro debito, come
anche noi lo rimettiamo ai nostri
debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal maligno.

oi oou toiv q uvoi, |oi q o o ti,
ou, oiovo,.
Perch tua la potenza e la gloria nei
secoli.
8.3 1pi, q, qtpo, ouo pootu_tot. 8.3 Pregate cos tre volte al giorno.

I vostri digiuni non siano insieme agli ipocriti, cio i Giudei che non si sono convertiti;
3
nel
vangelo invece si tratta dei Farisei (Mt 6,16; 23,13-15.23.25.27.29). Il documento continua e
raccomanda la tradizione cristiana di due giorni di digino, mercoled e del venerd, rispetto ai
Giudei che digiunavano il luned ed il gioved. Nel testo non c ancora una ragione teologica
data per la scelta dei giorni menzionati. Non c menzione di diversit nel modo di digiunare.

Circa la preghiera, la Didach raccomanda di pregare come il Signore ha preordinato e prescritto
nel suo vangelo: il Padre Nostro (vedi Mt 6,9-13). Il testo del Padre nostro sostanzialmente
quello di San Matteo - e della liturgia greca - con tre particolarit: nelle frasi nel cielo e il nostro
debito c' il singolare al posto del plurale di Matteo e il verbo rimettiamo nel presente e non
nell'aoristo del NT. L'aggiunta di una dossologia, secondo l'uso giudaico di terminare una preghiera,
indica che l'insieme gi una formula liturgica. Una dossologia simile penetr alla fine del Padre
nostro anche in un certo numero di manoscritti e di versioni antiche del Vangelo di Matteo. C' un
richiamo alla tradizione giudaica della preghiera quando il testo si conclude con una dossologia o
benedizione conclusiva. Questa sezione finisce con una rubrica: cos pregate per tre volte al
giorno, come la preghiera giudaica Tefillah. Come la preghiera stessa, la ripetizione tre volte al
giorno fa parte dell'apologia contro gli ipocriti. Lusanza segue anche la divisione naturale della
giornata dei greci e romani (mattina, pomeriggio e sera) che si aggancia alla liturgia del nostro
tempo: le Lodi, la Messa e i Vespri.

9.1 Htpi t q, tu_opioio,, ouo,
tu_opioqoot
9.1 Per lEucaristia, poi, cos rendete
grazie:
9.2 poov tpi ou oqpiou
Eu_opiooutv ooi, otp qov, utp
q, oyio, otiou Loui ou oio, oou,
q, tyvopioo, qiv io Iqoou ou oio,
oou ooi q oo ti, ou, oiovo,.
9.2 Prima per il calice: Ti rendiamo
grazie, Padre nostro, per la santa vite di
Davide, tuo servo, che ci hai fatto
conoscere per mezzo di Ges, tuo servo;
a te la gloria nei secoli!
9.3 Htpi t ou |ioooo,
Eu_opiooutv ooi, otp qov, utp q,
oq, |oi yvooto,, q, tyvopioo, qiv
io Iqoou ou oio, oou, ooi q o o ti,
ou, oiovo,.
9.3 Poi per il (pane) spezzato: Ti
rendiamo grazie, Padre nostro, per la
vita e la conoscenza, che ci hai fatto
conoscere per mezzo di Ges, tuo servo;
a te la gloria nei secoli!
9.4 1otp q v ouo <o>|iooo
ito|opiotvov to vo ov optov
9.4 Come questo (pane) spezzato era
disperso sulle montagne e, raccolto,

3
Secondo VICTOR SAXER gli ipocriti non sono i giudei, ma i giudeo-cristiani; cfr. suo La Didach: Miroir de
communauts chrtiennes du I
er
sicle , in Domum tuam dilexi: Miscellanea in onore di Aldo Nestori (Studi di antichit
cristiana 53), Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Citt del Vaticano 1998, 784.

5
|oi ouvo_tv tytvto tv, ouo ouvo_qo
oou q t||iqoio oo ov tpoov q, yq,
ti, qv oqv ooiitiov oi oou toiv q
oo |oi q uvoi, io Iqoou Xpioou ti,
ou, oiovo,.
divenuto uno, cos sia raccolta la tua
Chiesa dalle estremit della terra nel tuo
regno; perch tua la gloria e la potenza
per mezzo di Ges Cristo nei secoli!
9.5 Mqti, t oyto qt ito oo
q, tu_opioio, uov, oii oi
oiotvt, ti, ovoo |upiou |oi yop
tpi ouou tipq|tv o |upio, Mq ot o
oyiov oi, |uoi .
9.5 Nessuno per mangi, n beva della
vostra eucaristia, al di fuori di quelli che
sono battezzati nel nome del Signore,
poich anche a questo riguardo il
Signore ha detto: Non date ci che
santo ai cani (Mt 7,6).

Nei capitoli 9-10 si parla dell'eucaristia. Ci sono diverse ipotesi: quella massimalista vede le
preci come preghiere sacramentali sul pane e vino. La posizione minimalista considera le preci
simplicemente per un agape o cena religiosa in qualche modo in relazione con il banchetto
eucharistico sacramentale. Unaltra ipotesi parla della Cena del Signore nella forma di una cena
communitaria un banchettto liturgico ma non sacramentale. Si tratterebbe di una eucaristia
minore o di un rito vigiliare preparatorio e di transizione alleucaristia vera e propria. Per altri si
deve distinguere tra capitolo 9 il rito del vino e del pane del cap. 9 la doppia consacrazione di
una vera eucharistia e il pasto che segue la comunione - e capitolo 10 un ringraziamento alla
communione. Altri, invece, limiterebbero il momento della consacrazione del vino alla preghiera
che seguiva il pasto, chiamato a volte la Birkat ha-mazon cristiana.
In base al testo all'inizio del capitolo 9 c' un chiaro riferimento alltu_opioio, come nel
capitolo 7 al battesimo. In riferimento alla prima ipotesi, c la convinzione che questi due capitoli
siano una vera e propria preghiera eucaristica, anche se ovviamente diversa da quelle dei secoli
seguenti. Se ci si basa alla descrizione lucana dellultima cena (v. Lc 22,14-29) si ha invece la stessa
struttura: primo rito del calice (vv. 14-16); primo rito del pane (v.19), pasto o cena (v. 20) e
secondo rito del calice dopo il pasto (v. 20). Orbene, in qualche comunit della Siria occidentale,
verso il 50 o anche prima doveva esistere unimpostazione eucharistica ripresa anche dal Vangelo di
Luca. Si puo citare anche I Corinti 10,16-17: Prima un rito del calice con benedizione come una
communione del sangue di Cristo e poi un rito del pane come comunione del corpo di Cristo. Il rito
giudaico di una cena solenne segue un ordine simile: prima della cena, rito del calice con
benedizione, rito del pane con benedizione, e dopo la cena rito del calice con eucarestia. Il
vocobulario dei capitoli 9-10 si riferiscono allo stesso fatto liturgico di capitolo sulla liturgia
domenicale - 14,1: (spezzare il pane) e capitolo 9,3.4: | (pane
spezzato); 14,1: (rendere grazie) e capitolo 9,2.3 e 10,2.4:
(rendiamo grazie) e (ringraziamento); capitolo 9,4: (si riunisca) e 14,1:
(riuniti). Vedi anche Luca 22,17-19: ,
.

Lespressione vite di Davide pu riferirsi a Ges come discendente di re Davide (lalbore
genetico) o alla Chiesa in quanto compimento del regno davidico ormai pervenuto alla fase perfetta
del regno messianico. Il titolo oi, dato a Davide e a Cristo puo significare un fanciullo (et), o
figlio (discendenza), o servo/schiavo (posizione sociale). Cristo chiamato servitore di Dio
particolarmente per la sua funzione di rivelatore della fase perfetta del regno di Dio, ma anche
perch il mediatore dei beni della salvezza escatologica di questo regno. Con lespressione Ti
rendiamo grazie per la vita e la conoscenza ci troviamo nel contesto del NT dove si conosce Dio
solo per rivelazione per mezzo di Ges Cristo, che stesso la vera vita (Giov 14,6).
4
Lespressione

4
Cf. Giov 17,3: La vita eterna questa, che conoscono te, solo vero Dio, e colui che hai mandato, Ges Cristo.
6
Ges tuo servo caratteristica della cristologia pi antica, che identifica Ges come il Servo di
J ahv (Is 42, 49-50.52-53). Questa espressione oi, applicata a Ges in Mt 12,18 che riporta Is
42,1-4, in uno dei pi antichi discorsi di Pietro, nella preghiera dei cristiani a Gerusalemme (At
4,27.30) e nellEpistola di Barnaba (6,1) che cita anche Isaia.

Circa lespressione greca |iooo, letteralmente pane spezzato,
5
si tratta del pane destinato alla
frazione, come pure ad un pezzo di pane. Non si deve tuttavia confondere questo fatto con la
frazione da farsi dopo la benedizione dello stesso pane in ordine alla distribuzione. Certamente la
Didach fa un interessante collegamento fra il pane, di cui parla, e lunit della Chiesa. Si
tratterebbe proprio del pane eucaristico (vedi 1Cor 10,17) che connette la sua unit con lunit della
Chiesa. Il richiamo al comando del Signore di non dare ci che santo ai cani (Mt 7,6, ma in un
contesto totalmente diverso) si riferisce verosimilmente al pane ed al vino benedetto diventato cibo
santo (vedi Es 29,33; Lv 22,10).

E significativo il forte ammonimento: la comunione non per tutti, ma solo per i battezzati nel
nome del Signore.
6
In questo senso c un nesso forte tra battesimo ed eucaristia.

10.1 Mto t o tiqoqvoi ouo,
tu_opioqoot
10.1 E dopo esservi saziati, cos rendete
grazie:
10.2 Eu_opiooutv ooi, otp oyit,
utp ou oyiou ovooo, oou, ou
|oto|qvooo, tv oi, |opioi, qov, |oi
utp q, yvooto, |oi ioto, |oi
oovooio,, q, tyvopioo, qiv io Iqoou
ou oio, oou ooi q oo ti, ou,
oiovo,.
10.2 Ti rendiamo grazie, Padre santo,
per il tuo santo Nome, che hai fatto
abitare nei nostri cuori, e per la
conoscenza e la fede e limmortalit
7

che ci hai fatto conoscere per mezzo di
Ges, tuo servo; a te la gloria nei secoli.
10.3 2u, tooo ovo|poop, t|ioo,
o o vo tvt|tv ou ovooo, oou
poqv t |oi oov to|o, oi,
ovpooi, ti, ooiouoiv, ivo ooi
tu_opioqoooiv, qiv t t_opioo
vtuoi|qv poqv |oi oov |oi oqv
oioviov io <Iqoou >ou oio, oou.
10.3 Tu, Signore onnipotente, hai
creato tutte le cose (Sap. 1,14; Sir 18,1)
a causa del tuo nome, cibo e bevanda
hai dato agli uomini in godimento,
perch ti rendessero grazie; ma a noi hai
dato la grazia di un cibo e di una
bevanda spirituali e della vita eterna per
mezzo di <Ges,>tuo servo.
10.4 Hpo o vov tu_oiooutv ooi, oi
uvoo, ti ooi q oo ti, ou, oiovo,.
10.4 Per tutte queste cose ti rendiamo
grazie, perch sei potente; a te la gloria
nei secoli.
10.5 Mvqoqi, |upit, q, t||iqoio, oou
ou puooooi ouqv oo ovo, ovqpou,
|oi titioooi ouqv tv q oyo q oou, |oi
ouvoov ouqv oo ov tooopov
ovtov, qv oyiootioov, ti, qv oqv
ooiitiov, qv qoiooo, ouq oi oou
toiv q uvoi, |oi q oo ti, ou,
10.5 Ricordati, Signore, della tua chiesa,
di liberarla da ogni male e renderla
perfetta nel tuo amore e raccoglila dai
quattro venti (cf. Mt 24,31), santificata,
nel tuo regno, che per lei hai preparato;
perch tua la potenza e la gloria nei

5
J . MAGNE, Klasma, sperma, poimnion. Le voeu pour le rassemblement de Didach IX,4, in Mlanges dhistoire des
religions offerts Henri-Charles Puech, Paris 1974, 197-208.
6
Cf. Michel Quesnel, Les premiers tmiognages du baptme au nom de J sus, in Alle origini del battesimo cristiano,
ed. P.R. Tragan (Studia anselmiana 106), Roma 1991, 129-144.
7
Nel NT solo in Paolo 1 Cor 15,53-54 e 1 Tim 6,16. Per lassociazione di conoscenza e fede, vedi Giov 6,69, 8,31-32,
10,38, 16,30.
7
oiovo,. secoli.
10.6 Eito _opi, |oi optito o
|ooo, ouo,. 1oovvo o to Loui.
Ei i, oyio, toiv, tp_too ti i, ou|
toi, tovotio opovoo Aqv.
10.6 Venga la grazia e passi questo
mondo. Osanna al Dio di Davide. Chi
santo venga, chi non lo si converta.
Maranath. Amen.
10.7 1oi, t poqoi, tipttt
tu_opiotiv, ooo tiouoiv.
10.7 Ai profeti, per, lasciate che
rendano grazie come vogliono.

Nel capitolo 10 della Didach, dando uno sguardo ai paragrafi si pu notare in modo evidente la
struttura della preghiera giudaica (la berak). Com gi stato detto, secondo il racconto di Luca, le
parole di Ges avvengono prima della cena (prima coppa) e dopo la cena (seconda coppa).
Il primo rito del calice sarebbe solo una benedizione preparatoria, come lo fu nellultima cena
descritta da Luca. Molti studiosi mettono il rito stesso in parallelo col Qiddush giudaico. Il fatto che
le altre tre fonti non ne fanno cenno, come atto iniziale, segno che le loro comunit lo ritenevano
del tutto secondario.

E probabile che altre comunit seguissero lo schema descritto da Luca. La Didach si
riferirebbe a tale uso, che poi spar perch si considerava non appartenente allazione essenziale,
come si pu dedurre da Marco, Matteo e da 1Cor 11.

Con tutta probabilit i capitoli 9-10 danno la pi antica preghiera eucaristica, giunta fino a noi.
Nel testo di questi due capitoli il rito del primo calice del tutto secondario, mentre quelli essenziali
sono il rito del pane prima e quello del vino dopo la cena.

Il capitolo 10, indica tra laltro, che il nome di Dio, come suggerisce il compilatore, soprattutto
la sua presenza nei nostri cuori. C' un concetto forte di conoscenza, seguito da una dossologia.

La preghiera, dopo una piccola dossologia, continua con un'orazione che si riferisce al cibo e alla
bevanda: si tratta di una preghiera di ringraziamento di tenore giudaico: Dio che onnipotente,
Dio ha creato tutte le cose. Tutto avvenuto a causa del tuo nome. Dio ha dato cibo e bevanda
agli uomini per il loro piacere. Questo fa comprendere che il cibo non dato solo per il corpo, ma
anche per la gioia dell'uomo. Dio ci ha dato gratis (da _opi, - _opiooi) cibo e bevanda
spirituale, nonch la vita eterna per mezzo del suo figlio Ges. Si sviluppa, cos, una cristologia
molto presente nei primi secoli, ma che tramonter dopo le prime controversie cristologiche. Prima
dogni cosa tu, Dio, hai il potere su tutto e puoi fare tutte le cose. Segue, poi, una piccola
dossologia.

La sezione cinque inizia con unintercessione: Ricordati Signore della tua chiesa, tu che lhai
preservata da ogni male. Ci richiama al contesto del Padre Nostro: non solo ci ha preservato da
ogni male, ma Dio ha reso la chiesa perfetta nel suo amore (cf. 1Giov 4,18). Dio ha raccolto la
chiesa dai quattro venti e dai quattro angoli del mondo e l'ha santificata verso il suo regno che Dio
ha preparato per la chiesa. Qui si trova una dossologia pi solenne: non c' solo un ringraziamento,
ma c' la coscienza di aver ricevuto un cibo ed una bevanda spirituale.

Dopo segue una serie dacclamazioni (nell'antichit vi era l'usanza di acclamare il re). Forse
erano usate in forma dialogica. Il testo chiede che venga la grazia (vedi il Padre Nostro), cio il
regno di Dio, e che questo mondo passi. L'acclamazione ha diverse forme: Osanna alla casa (oi|o)
di Davide (vedi Lc 1,69) corrisponde al copto; Osanna al figlio (uio) di Davide secondo la versione
delle Costituzioni apostoliche (vedi Mt 21,9.15); e Osanna al Dio (to) di Davide proprio del
testo greco della Didach. C' anche un riferimento ai santi cio i cristiani degni di partecipare
alleucaristia. Per i peccatori c bisogno di conversione. Le preghiere finiscono in aramaico con
8
l'espressione Maranath, che pu essere letto marana tha, un'invocazione che significa Vieni,
Signore, o maran atha, un'esclazione di giubilo che vuol dire Il Signore venuto, cio "Il
Signore qui!", o anche "Il Signore viene [o verr]", e con la risposta "Amen".

Secondo la rubrica finale, a coloro che sono profeti permesso di rendere grazie in ogni
circostanza secondo lispirazione profetica dognuno. Le preghiere eucaristiche della Didach non
sono formule prescritte, ma modelli di struttura e contenuto per le celebrazioni. Come nei capitoli 6
e 7, c una flessibilit dentro una struttura gi tradizionale.

Le sezioni che seguono dal 11 al 13 e 15 non sono propriamente liturgiche. Parlano in gran parte
delle diverse categorie di ministri. In esse vediamo tre figure:
a) ministri itineranti (capitolo 11);
b) ministri stabili di una chiesa locale (capitolo 13);
c) ministri con nuovi uffici che diventano vescovi o diaconi, dietro lelezione da parte della
comunit (capitolo 15,1-2).

11.1 O ov ouv tiov ioq uo,
ouo ovo o potipqt vo,
toot ouov
11.1 Se qualcuno, dunque, venuto (fra
voi), vinsegner tutte le cose che furono
dette sopra, accoglietelo;
11.2 tov t ouo, o io o|ov
opoti, ioo|q oiiqv io_qv ti,
o |ooiuooi, q ouou o|ouoqt ti,
t o pootivoi i|oioouvqv |oi
yvooiv |upiou, toot ouov o,
|upiov.
11.2 ma se il maestro stesso, pervertito,
vinsegnasse unaltra dottrina, mirando a
distruggere, non ascoltatelo; se invece (il
suo insegnamento) mira ad accrescere la
giustizia e la conoscenza del Signore,
accoglietelo come il Signore.
11.3 Htpi t ov ooooiov |oi
poqov, |oo o oyo ou
tuoyytiiou ouo oiqoot.
11.3 Riguardo agli apostoli e i profeti,
secondo il precetto del vangelo, fate cos:
11.4 Ho, t ooooio, tp_otvo,
po, uo, t_q o o, |upio,
11.4 Ogni apostolo che viene tra voi, sia
accolto come il Signore;
11.5 ou tvti t <ti q>qtpov iov
tov t q _ptio, |oi qv oiiqv pti,
t tov tivq, tuopoqq, toiv.
11.5 ma si fermer un solo giorno; se ve
ne fosse bisogno anche un secondo; ma
se si fermer tre giorni, egli un falso
profeta.
11.6 Etp_otvo, t o oo ooio,
qtv ioovto ti q o pov, to, ou
ouiioq tov t opyupiov oiq,
tuopoqq, toi .
11.6 Partendo, lapostolo non prenda (per
s) nulla se non il pane sufficiente fino al
luogo dove allogger; se invece chiede
denaro, un falso profeta.
11.7 Koi ovo poqqv ioiouvo
tv vtuoi ou tipoott out
io|pivtit ooo yop oopio
otqotoi, ouq t q oopio ou|
otqotoi.
11.7 E non metterete a prova n
giudicherete ogni profeta che parla in
spirito; poich qualunque peccato sar
rimesso, ma questo peccato non sar
rimesso (Mt 12,31).
11.8 Ou o, t o ioiov tv vtuoi
poqq, toiv, oii tov t_q ou,
poou, |upiou. Ao ouv ov
poov yvooqotoi o tuo
poqq, |oi o poqq,.
11.8 Non chiunque parla in spirito per
profeta, ma solo se abbia i costumi (o
modi) del Signore. Dai costumi, dunque,
si conosceranno il falso profeta e il (vero)
profeta.
11.9 Koi o, poqq, opiov 11.9 E ogni profeta che, in spirito, ordina
9
po tov tv vtuoi, ou oytoi
o ouq,, ti t qyt, tuopoqq,
toi .
dimbandire una mensa, non ne mangia, a
meno che non sia un falso profeta.
11.10 Ho, t poqq, ioo|ov
qv oiqtiov, ti o ioo|ti ou oiti,
tuopoqq, toi .
11.10 Ogni profeta che insegna la verit,
e non pratica quello che insegna, un
falso profeta.
11.11 Ho, t poqq,
to|iootvo,, oiqivo,, oiov ti,
uoqpiov |ooi|ov t||iqoio,, q
ioo|ov t oitiv, ooo ouo, oiti,
ou |piq otoi t uov to tou yop
t_ti qv |pioiv ooouo, yop
toiqoov |oi oi op_oioi poqoi.
11.11 Ogni profeta provato e veridico,
che opera in vista del mistero cosmico
della Chiesa, ma tuttavia non insegna che
si debba fare tutto quello che egli fa, non
deve essere giudicato da voi, perch ha il
giudizio da Dio; cos fecero anche gli
antichi profeti.
11.12 O, ov tiq tv vtuoi
o, oi opyu pio q ttpo ivo, ou|
o|ouotot ouou tov t tpi oiiov
uotpouvov tiq ouvoi, qti,
ouov |pivto.
11.12 Se per alcuno dir in spirito:
dammi denaro o qualche altra cosa, non
lo ascolterete; ma se egli dir di dare per
altri bisognosi, nessuno lo giudichi.

Il capitolo 11 parla dell'insegnamento. Dopo un ammonimento sulla dottrina corretta, la Didach
tratta degli apostoli e profeti cristiani. San Paolo, elencando i carismi, scrive: Dio pose nella sua
Chiesa, in primo luogo gli apostoli, in secondo luogo i profeti, in terzo luogo i maestri (1Cor
12,28).
8
Lo stesso ordine segue la Didach nellelencare i ministri carismatici. Gli apostoli (non si
tratta dei Dodici in senso stretto, ma della categoria pi estesa) sono elencati per primi, perch
depositari del |qpuyo, gli araldi del vangelo; hanno la missione di predicare il vangelo come
fecero Barnaba, Sila, Timoteo, ecc.. I profeti invece parlano sotto lispirazione dello Spirito Santo
ed hanno il compito di edificare, esortare, consolare ed interpretare la parola di Dio. I maestri o
dottori, infine, fanno valere la loro scienza nellinstruire. Come si vedr, i profeti ed i maestri
possono stabilirsi in una chiesa (capitolo 13), mentre lapostolo non pu rimanere pi di uno o due
giorni al massimo. Dunque per essere apostoli bisogna essere itineranti: per ci pare che non ci sia,
almeno apparentemente, una distinzione tra lapostolo ed il profeta itinerante, perch ambedue
hanno alcune cose in comune. Una condizione essenziale, per, che stabilisce chi il vero profeta -
o il vero apostolo - che da parte loro non ci deve essere linteresse per le cose materiali, tanto
meno per il denaro.

La chiesa locale non pu giudicare tutte le azioni del profeta. Lautore afferma pi volte che chi
insegna una dottrina diversa da quella della chiesa non va ascoltato, ma va considerato falso profeta
o falso apostolo. Chi, invece, imita il comportamento del Signore, venga accolto ed ascoltato. Il
vero apostolo pu chiedere il pane soltanto per il viaggio, ma non altro. Se c' un profeta che parla
in modo ispirato non va messo alla prova. Un elemento interessante la sezione 7 del capitolo 11,
perch sembra un riferimento alla possibilit della remissione dei peccati postbattesimali: lunico
peccato che non pu essere rimesso proprio quello contro lo Spirito Santo. Anche in questo caso
c unallusione al Padre Nostro quando si dice: Rimetti a noi il nostro debito come anche noi lo
rimettiamo ai nostri debitori. Tale contesto si ricollega a quello che lautore dice al capitolo 14,
sezione 2, dove pone una condizione primaria per celebrare leucaristia: necessario riconciliarsi
con i fratelli prima di alimentarsi del-lEucaristia. Certamente coloro che peccano contro lo Spirito
Santo, sono quelle persone che sottomettono alla prova il vero profeta, ispirato da Dio. Un altro

8
Cf. anche Ef 2,20: Voi siete costruiti sopra il fondamentodegli apostoli e dei profeti e Ef 4,11-12Ed lui che
costitu alcuni apostoli, altri profeti, altri evangelisti, altri pastori e dottori, organizando cos i santi per compiere
lopera del ministero, per la edificazione del corpo di Cristo.
10
criterio per distinguere i falsi dai veri profeti se costoro hanno le usanze del Signore, in altre
parole se vivono alla stessa maniera del Signore. Questa norma generale diventa un criterio per il
giudizio: vero o falso.

Il testo d, poi, alcuni esempi: colui che ispirato dallo Spirito colui che raccomandando la
comunit di organizzare la cena (mensa) per i poveri, non vi partecipa. Egli non pu insegnare la
verit se poi non la mette in pratica. Un altro esempio che se un profeta fa un mistero visibile,
ed assume un comportamento strano, ma non pretende che lo facciano anche gli altri, non pu
essere giudicato. Lui avr il giudizio da parte di Dio, per il suo operato. In tal senso, anche i profeti
dellAT facevano delle stranezze, ma non le insegnavano, n le imponevano, tanto che sul loro
esempio si devono adeguare anche i profeti della chiesa. Se chiedessero del denaro non per s, ma
per i poveri (come Paolo per la comunit di Gerusalemme), non possono essere giudicati, ma vanno
ascoltati. Un po di luce sui profeti della chiesa antica pu portare il passo di 1Cor 14,26-33.

12.1 Ho, t o tp_otvo, tv ovooi
|upiou t_qo ttio t
o|iooovt, ouov yvootot,
ouvtoiv yop ttt tiov |oi
opiotpov.
12.1 Chiunque viene a voi nel nome del
Signore (Sal 117,26), sia accolto. In
seguito, mettendolo alla prova, potrete
conoscerlo, poich avrete senno da
distinguere la destra dalla sinistra.
12.2 Ei tv opoio, toiv o
tp_otvo,, oqtit ouo, ooov
uvoot ou tvti t po, uo, ti q
uo q pti, qtpo,, tov q ovoy|q.
12.2 Se colui che viene di passaggio,
aiutatelo per quanto potete; non dovr
rimanere presso di voi che due o tre
giorni, se ce ne fosse bisogno.
12.3 Ei t titi po, uo, |oqooi,
t_viq, ov, tpyotoo |oi oyt o.
12.3 Se vuole stabilirsi presso di voi, ed
esercita un mestiere, lavori e mangi.
12.4 Ei t ou| t_ti t_vqv, |oo qv
ouvtoiv uov povoqoot, o, q
opyo, t uov qotoi _pioiovo,.
12.4 Se invece egli non ha alcun
mestiere, provvedete secondo il giudizio
vostro, affinch un cristiano non abbia a
vivere tra voi ozioso.
12.5 Ei ou titi ouo oitiv,
_piotopo, toi poot_tt oo
ov oiouov.
12.5 Se egli non vuole fare cos, un
trafficante di Cristo. Guardatevi da gente
simile.

Il capitolo 12 parla dei cristiani che vengono da fuori: i forestieri devono essere accolti.
Mettendoli alla prova si pu vedere se sono della destra o della sinistra (vedi Mt 25,31-46). Ma
come discernere? Tra laltro l'autore da un criterio basato sul permanere dei giorni in quella
comunit - 2 o se necessario 3 per un ospite. Ma se uno vuole stabilirsi ed ha un mestiere, lavori e si
guadagni da mangiare. Se non ha un mestiere, agisce secondo il buon senso, cos che nessun
cristiano possa vivere nellozio. Se qualcuno non vuole fare alcun lavoro chiaramente uno che fa
commercio di Cristo. Da questi bisogna stare attenti. In sostanza, tale regola il precetto ripetuto
pi volte da San Paolo e confermato costantemente dal suo esempio. A Corinto, in casa di Aquila
egli si mise a fabbricare le tende (At 18,1-4); parlando agli anziani di Efeso, pu asserire che ai suoi
bisogni hanno provveduto le sue mani (At 20,4). Nella 2Ts raccomanda con forza il lavoro, fino a
ricordare che chi non vuol lavorare neppure deve mangiare (2Ts 3,7-12). Si pu notare cos una
certa rassomiglianza tra la Didach e San Paolo: i due scritti sono vicini, sia per lo sviluppo di
questargomento, sia per il contesto generale che offrono.

13.1 Ho, t poqq, oiqivo,,
tiov |oqooi po, uo,, o io ,
toi q, poq, ouou .
13.1 Ogni vero profeta, che vuole
stabilirsi presso di voi degno del suo
nutrimento (Mt 10,10).
11
13.2 1oouo, ioo|oio,
oiqivo, toiv oio, |oi ouo ,
ootp o tpyoq, q, poq, ouou.
13.2 Similmente il vero maestro degno
egli pure, come loperaio, del suo
nutrimento.
13.3 Hooov ouv oop_qv ytvqoov
iqvou |oi oiovo,, oov t |oi
poo ov ioov ooti, qv
oop_qv oi, poqoi, ouoi yop
tioiv oi op_itpti, uov.
13.3 Prenderai dunque le primizie di tutti i
prodotti del torchio e dellaia, dei buoi e
delle pecore e le darai ai profeti; essi,
infatti, sono i vostri sommi sacerdoti.
13.4 Eov t q t_qt poqqv, ot
oi, o_oi,.
13.4 Se non avete un profeta, date ai
poveri.
13.5 Eov oiiov oiq,, qv oop_qv
ioov o, |oo qv tvoiqv.
13.5 Se tu fai il pane, prendi la primizia e
dlla secondo il precetto.
13.6 1oouo, |tpo iov oivou q
tioi ou ovoi o,, qv oop_qv ioov
o, oi, poq oi,
13.6 Similmente, se apri unanfora di vino
o dolio, prendi la primizia e dlla ai
profeti.
13.7 opyipiou t |oi ioiooou |oi
ovo, |qoo, ioov qv
oop_qv o, ov ooi oq, o, |oo
qv tvoiqv.
13.7 Del denaro, del vestiario e dogni tuo
possesso prendi la primizia, come ti parr
bene, e dlla secondo il precetto.

Con il capitolo 13 si tratta dei ministri stabili, cio i profeti e maestri della comunit locale. Il
vero profeta, che vuole stabilirsi in una comunit locale, degno del suo nutrimento (vedi Mt 10,10,
cf. Lc 10,7; 1Tim 5,18). Nello stesso modo uninsegnante degno, come un operaio, del suo
nutrimento. Il testo distingue, dunque, due tipi di ministri: il profeta ed il maestro. La comunit
dovrebbe prendere le primizie di tutte le cose per destinarle ai profeti: un'usanza veterotestamentaria
(Ez 44,30) viene applicata ai profeti (e maestri) perch essi sono considerati come equivalenti ai
sommi sacerdoti dellAT. Dogni suo bene un cristiano dovrebbe prendere le primizie secondo il
precetto e dare ai profeti o ai poveri. Rimane, dunque, viva la tradizione giudaica, in merito a
questusanza. Bisogna dare anche del denaro a questi ministri stabili, al contrario di quello che
lautore stabilisce per gli apostoli e profeti itineranti.

Per completare il quadro relativo alle diverse figure di ministri andiamo, per il momento, alla
prima sezione del capitolo 15 della Didach:

15.1 Xtipoovqoot ouv touoi,
tio|oou, |oi io|ovou, oiou, ou
|upiou, ovpo, poti, |oi oiiop
yupou, |oi oiqti, |oi to|ioo
tvou, uiv yop itioupyouoi |oi
ouoi qv itioupyi ov ov
poqov |oi ioo|oiov.
15.1 Eleggetevi dunque vescovi e diaconi
degni del Signore, uomini premurosi, non
attaccati al denaro, veraci e provati; essi,
infatti, esercitano per voi lo stesso
ministero dei profeti e dei maestri.
15.2 Mq ouv utpiqt ouou, ouoi
yop tioiv oi tiqtvoi uov to
ov poqov |oi ioo|oiov.
15.2 Perci non disprezzateli; essi, infatti,
insieme ai profeti e ai maestri, sono
uomini onorati tra voi.
15.3 Eity_tt t oiiqiou, q tv
opyq, oii tv tipqvq, o, t_tt tv o
tuoyytiio |oi ovi ooo_ouvi
|oo ou ttpou qti, ioitio qt
op uov o|outo, to, ou
15.3 Correggetevi a vicenda, non nellira,
ma nella pace, come avete nel vangelo.
Se alcuno offende il prossimo, nessuno
gli parli; che egli non abbia ad ascoltare
neppure una parola da voi, fino a che non
12
tovoq oq. si sia pentito.
15.4 1o, t tu_o, uov |oi o,
titqoouvo, |oi ooo, o, poti,
ouo oiqoot, o, t_tt tv o
tuoyytiio ou |upiou qov.
15.4 Le vostre preghiere, le elemosine e
tutte le azioni fatele come avete nel
vangelo del Signore nostro.

Nel capitolo 15 si trova la terza categoria di ministri: accanto ai profeti e maestri, cio i ministri
carismatici, ci sono gli episcopi ed i diaconi, funzionari scelti tra i membri della comunit locale
ed eletti dalla comunit stessa. Qui nominata nella Didach per la prima volta la gerarchia locale:
vescovi e diaconi (non sono menzionati i presbiteri!). Allinizio c' un invito all'elezione di coloro
che sono degni del Signore. Si tratta di coloro che sono solleciti per gli altri, non attaccati ai beni
di questo mondo, veraci e veritieri, fedeli, sicuri e ben preparati nella fede: sono dunque degni del
Signore. Il verbo _tipoovto ha due sensi: ha il senso di scegliere e di votare con la mano (_tip),
o eleggere, ma ha anche il senso di mettere la mano su qualcuno per indicare la scelta che rivolta a
quelle persone. Questa scelta indicata con la mano alzata o con la mano sulla testa diventa per il
cristianesimo la prassi normale per lordinazione dei futuri vescovi e dei futuri diaconi, in altre
parole di coloro destinati ad un servizio liturgico (pubblico) per il popolo. Ci troviamo in un
momento di sviluppo della chiesa, dove si nota il passaggio da un ministero profetico-carismatico a
quello pi istituzionale del-lepiscopato e del diaconato. L'autore sottolinea il servizio (liturgico)
come caratteristica dei vescovi o dei diaconi. I nuovi ordini di vescovi e diaconi non sembrano ben
accettate da tutti nella comunit; per questa ragione c linsistenza sulla loro uguaglianza in onore
con i didascaloi e i profeti: Non disprezzateli!

14.1 Koo |upio|qv t |upi ou
ouvo_tvt, |iooot opov |oi
tu_opioqoot,pootooioyqoo t
voi o opoooo uov, oo,
|oopo q uoio uov q .
14.1 Nel giorno del Signoredel
Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete
grazie, dopo avere confessato i vostri
peccati, affinch il vostro sacrificio sia
puro.
14.2 Ho, t t_ov qv oioii ov
to ou toipou ouou q ouvtito
uiv, to, ou ioiioyooiv, ivo q
|oivoq q uoio uov.
14.2 Chiunque abbia qualche discordia
con il suo compagno, non si unisca a voi
prima che siano riconciliati, affinch non
sia contaminato il vostro sacrificio.
14.3 Auq yop toiv q pqtioo uo
|upiou Ev ovi oo |oi _povo
pootptiv oi uoiov |oopov oi
ooiitu, tyo, tii, ityti |upio,, |oi
o o voo ou ouooov tv oi,
tvtoi.
14.3 Questo, infatti, (il sacrificio) di cui
ha detto il Signore: In ogni luogo e
tempo, mi sia offerto un sacrificio puro;
poich un grande re sono io, dice il
Signore, e il mio nome mirabile tra le
genti (Mal 1,11).

Ritornando al capitolo 14 c' un richiamo alla domenica quando tutta la comunit si raduna per
celebrare l'Eucaristia. Prima di tutto, ancora prima di spezzare il pane e rendere grazie, importante
confessare le vostre trasgressioni. Nel quarto capitolo della Didach c' un passo simile, dove si
afferma che prima di pregare nellassemblea (tv t||iqoio) bisogna confessare vicendevolmente i
peccati. In realt se uno santo pu venire, ma se uno non lo deve cambiare vita (Didach 10,6).
In questo contesto, c un richiamo alle parole di Ges nel Vangelo: Se uno viene per fare l'offerta
all'altare, ma ha qualcosa contro di qualcuno, lasci l'offerta per riconciliarsi con il fratello (Mt
5,23-24). Ci d il senso vero del sacrificio puro. Nel capitolo 14 la prima volta che si usa il
termine "sacrificio" in riferimento allEucaristia. Linsieme eucaristia-sacrificio segna l'inizio di
uno sviluppo teologico dellEucaristia nellorizzonte del pasto in seno alla Chiesa. C' una forte
raccomandazione al fatto di evitare i sacrifici contaminati o impuri. Alla sezione terza abbiamo la
13
ragione nella forma di una citazione della profezia di Malachia presentata come un detto del
Signore (una variante di Mal 1,11.14). La Didach aggiunge in ogni tempo a in ogni luogo, cio un
sacrificio universale e definitivo. C' nuovamente l'invito ad offrire un sacrificio puro, giacch il
Signore dice di essere un Dio grande tra le nazioni.

Concludendo, la Didach risale al tempo in cui il NT non gode ancora di una piena autorit
scritturistica. C ancora il vangelo che la predicazione di Ges, ma non c' ancora una versione
definitiva scritta sui detti ed insegnamenti di Ges. Ci troviamo ancora nellambiente della
tradizione orale. Certi elementi ripresi dalla Didach sono probabilmente anteriori ai nostri vangeli
canonici. La Didach attesta chiaramente il nesso fra la liturgia cristiana e quella della sinagoga
contemporanea, per non parlare della liturgia domestica, della cena, nonch il legame tra il
cristianesimo di questo documento e la dottrina morale delle due vie nel giudaismo. La Didach
anche il prototipo di tutti i documenti posteriori, circa lordinamento della vita ecclesiale. Si rivela,
cos, come fonte straordinaria circa l'ordinamento della vita ecclesiale. E' una fonte di valore
straordinario sia per la liturgia, sia per il diritto della Chiesa.


GIUSTINO

Per la vita e le opere di Giustino sono utili tre studi di carattere generale:
Cf. A. WARTELLE, Bibliographie historique et critique de saint Justin philosophe et martyr, et des
apologists grecs du II
e
sicle, Paris 2001.
1) BARNARD, L.W., Justin Martyr: His Life and Thought, Cambridge 1967.
2) OSBORN, E.F., Justin Martyr (Beitrge zur historischen Theologie 47), Tbingen 1973.
3) ROBILLARD, E., Justin, Montreal 1989.
4) SANCHEZ, S.J .G., Justin, apologiste chrtien, Paris 2000.
5) KANNENGIESSER, CH., - A. SOLIGNAC, J ustin de Rome, in Dictionnaire de Spiritualit 8,
Paris 1974, 1640-1647.
In italiano vi un articolo della Bibliotheca Sanctorum 7.
Per il testo greco, c' una nuova edizione critica dellApologia (o meglio delle Apologie) di
Giustino: ed. C. Munier (Sources chrtiennes 507), Cerf, Paris 2001. C' solo un manoscritto
completo, scritto nel 1364, che non molto accurato. Per i capituli sulla liturgia (61-67) c un altro
manoscritto del 400. Troviamo anche dei brani nella Storia Ecclesiastica di Eusebio e nel De fide
orthodoxa di San Giovanni Damasceno. La versione italiana presa da S. Giustino martire.
Apologie (Corona patrum salesiana, serie greca 3), Torino 1938, 118-121.128-135.

San Giustino martire emerge tra i Padri del II secolo come il pi importante apologista greco e
tra le pi affascinanti e significative personalit del cristianesimo antico: egli stesso si presenta
come figlio di Prisco. Nacque a Flavia Neapolis (lodierna Nablus) in Palestina intorno al 100 d.C.,
probabilmente da coloni di origine latina. Frequent diverse scuole filosofiche (i peripatetici, gli
stoici, i pitagorici), ma rimase deluso. Approder per un certo tempo al platonismo, ma grazie ad un
episodio curioso (lincontro con un personaggio strano, un vegliardo) entrer in crisi e scoprir la
vera filosofia, cio la via che conduce a Dio, dopo aver scoperto che lanima da sola non in
grado di soddisfare la sua aspirazione al divino. Questa vera filosofia la scoprir nelle Sacre
Scritture. Il vegliardo lo esorta alla preghiera, perch a lui si aprano le porte della luce: infatti la
comprensione dei libri sacri dono concesso da Dio.
Cos egli si convertir al cristianesimo intorno al 130, forse ad Efeso, luogo in cui, secondo
Eusebio di Cesarea, si sarebbe svolto il dialogo con Trifone. Divenuto cristiano si impegn con
ardore a difendere la fede cristiana e divulgarla come la vera ed unica filosofia. Nel 140, giunto a
Roma, fond una scuola, durante il regno di Antonino Pio (138-161) per coloro che si volevano
iniziare al cristianesimo. Per la sua opera indefessa di diffusione della fede cristiana, viene arrestato,
14
condannato dal prefetto Giunio Rustico e decapitato intorno al 165 d.C. Uno dei discepoli fu
proprio Taziano, futuro apologista, mentre uno degli avversari fu proprio il filosofo cinico
Crescente.

I testi di Giustino che ci interessano in modo particolare si trovano nellApologia di questo
maestro (didascalos), filosofo e martire. LApologia, assieme al Dialogo con Trifone, sono tra i
pochi scritti che ci sono rimasti fra le opere assai numerose attribuite a Giustino. LApologia stata
composta a Roma verso l'anno 150. La cosiddetta Apologia seconda unappendice aggiunta verso
il 160. L'Apologia di Giustino formata dunque da due scritti.
Il genere letterario di questa opera rientra nel quadro del movimento apologetico del secolo
secondo. Gli apologisti greci del II secolo dovevano da una parte difendere lesistenza della
comunit cristiana: i loro diritti civili e la loro buona fama contro il comportamento della societ
pagana e dellautorit civile e anzitutto contro le false accuse nei loro confronti. La societ pagana
ha scatenato persecuzioni locali ed accusato i cristiani di misantropia, pratiche magiche,
cannibalismo, incesto, ateismo, mancanza di coinvolgimento nella vita politica e sociale. I dotti,
invece, hanno cercato di mettere in ridicolo o di smantellare le credenze dei cristiani. Quindi,
lapologia era quasi un documento legale di appello alle autorit statali per le ingiustizie subite e,
nel suo genere, difendeva i cristiani dalle accuse di gravi crimini. D'altra parte, gli apologisti
sentivano il bisogno di promuovere una propaganda missionaria, che arrivasse anche nei ceti pi alti
della societ di allora. Per questo duplice proposito essi rifiutavano le opinioni anti-cristiane e i miti
religiosi dei pagani, ma dallaltro lato esponevano le ragioni positive per unaffermazione della
religione cristiana. L'apologia aveva come scopo inoltre quello di spiegare ai cristiani stessi la realt
del cristianesimo nella mentalit e nella cultura ellenistica, ben sapendo che il cristianesimo era nato
nellambiente semitico e non in quello pagano. Ci comport anche un adattamento della
spiegazione del cristianesimo a quella che non era pi la realt giudaica, ma solo lellenismo che si
era diffuso a partire gi dal III secolo a.C.
Gli apologisti si prefiggono un triplice compito:
1) Confutare le accuse, cio sia i delitti legali sia quelle infamanti che giravano tra il popolo.
2) Contrattaccare la religione e la filosofia pagana, per giustificare il rifiuto dei cristiani di
aderire alla religione e al pensiero pagano, ritenuti immorali.
3) Esporre la dottrina cristiana, per dimostrare che solo i cristiani possiedono la verit.
Gli apologisti sono coloro che, convertiti al cristianesimo, non solo vogliono dimostrare la
superiorit della dottrina cristiana, ma vogliono rendere gli altri partecipi della loro personale
esperienza di conversione e di adesione al cristianesimo.
In conclusione latteggiamento degli apologisti di fronte alla filosofia e alla cultura pagana
piuttosto complesso, dove evidente una certa tensione dialettica di amore e odio che li porta da
una parte ad accettare il patrimonio della paideia greca nel suo complesso - soprattutto nella sua
componente retorica e filosofica - e per laltro verso a prendere per le distanze di fronte a
qualunque cedimento possibile circa il dato rivelato nella Bibbia e la moralit giudeo-cristiana.
Perci, lApologia di Giustino viene considerata come difesa davanti al pubblico non cristiano,
ma non manca del carattere di missionariet, per il quale, il contenuto dellapologia rivolto a tutti
sia ai cristiani, sia ai pagani per la loro conversione.
Per capire ancora meglio il significato dellApologia di Giustino, dobbiamo avere presente la sua
vita e dobbiamo soprattutto porre l'attenzione su due fatti:
1) il valore biografico dei primi capitoli nel Dialogo con Trifone (dove Giustino descrive il suo
passaggio dal paganesimo al cristianesimo come vera filosofia, quella primitiva, pi antica
della platonica);
2) la sua instancabile ricerca della verit tramite le diverse filosofie (stoicismo, aristotelismo,
pitagorismo, sino ad arrivare alla filosofia medio-platonica del suo tempo).
Giustino ha visto tuttavia nel cristianesimo la continuit della realt giudaica. Lo sfondo della
sua teologia molto pi biblico di quanto sembri a prima vista. Le sue considerazioni sono
15
simultaneamente di natura biblica, teologica e filosofica. Un buon esempio la sua dottrina del
Logos (ioyo,): in sostanza, egli presenta un dialogo tra logos nella cultura e filosofia greca
(ragione, intelletto, pensiero, parola e discorso) e il Logos della Bibbia (vedi il logos, principio della
creazione, ecc. in Gv 1,1ss.).

I capitoli 61, e 65-67 dellApologia danno una descrizione del culto cristiano, in contrasto con le
accuse false, ma ardentemente credute, della sua epoca. Essi si trovano nel contesto generale della
sua apologia. Dei 68 capp. della Apologia, i primi tre servono come un introduzione, mentre nei
capp. 4-12 si trova una confutazione delle accuse fatte ai cristiani ed una difesa dalle medesime. Dal
cap. 13 al cap. 67 Giustino presenta una giustificazione della religione cristiana, soprattutto della
condotta di vita del cristiano che risulta migliore rispetto a quella dei pagani. Lautore, tra laltro,
insiste molto sul fondamento storico del cristianesimo, a partire dal contesto del profetismo
veterotestamentario come preparazione e dalla stessa religione cristiana come attuazione delle verit
annunciate, mediante la quale si snoda tutto il discorso del culto cristiano e della via della verit.
Dopo aver parlato dei miti pagani, dei demoni (le divinit pagane), come lautore li ama definire,
egli illustra il concetto di consacrazione dei cristiani, della preparazione dei candidati al
battesimo, la preparazione in forma immediata sotto le forme delle preghiere comunitarie e del
digiuno. Infine parlando del rito battesimale, spiega, poi, il significato e lo svolgimento del
medesimo, presentando il battesimo come rigenerazione, come perdono di peccati e come
illuminazione. In questo senso, si pu notare uno sviluppo teologico del battesimo promosso da
Giustino. Il cap. 68 la conclusione. Lappendice, gi menzionata, costituisce una difesa contro
lopinione pubblica e una spiegazione delle persecuzioni contro i cristiani.
I nostri capitoli si trovano nella parte che espone in modo positivo come i cristiani pregano,
come anche loro sono credenti e devoti e quindi non sono atei.

Iniziazione cristiana
61.1
,
,
.
61.1 In qual modo rinnovati da Cristo ci siamo
consacrati a Dio, esporremo affinch non sembri
che tralasciando ci, noi nella esposizione siamo
in errore.
61.2

,
,

,
.
61.2 Quanti sono persuasi e credano che sono
vere queste cose che sono da noi insegnate e
dette, e promettono di poter vivere cos,
imparano a pregare e a chiedere con digiuni a
Dio la remissione dei peccati, mentre noi
preghiamo e digiuniamo assieme ad essi.
61.3
, ,
,



.
61.3 Quindi sono condotti da noi dove lacqua
e nello stesso modo di rigenerazione, col quale
noi medesimi fummo rigenerati, sono rigenerati
giacch nel nome di Dio padre di tutte le cose e
padrone e del salvatore nostro Ges Cristo e lo
Spirito Santo, compiono allora il lavacro
nellacqua.
61.4
,
.
61.4 E infatti Cristo disse: Se non sarete
rigenerati, non entrerete nel regno dei cieli (Gv
3,3.5; Mt 18,3).
61.5 61.5 Che sia impossibile che quelli che una volta
nati entrino nel seno delle madri chiaro a tutti.
16
,
.
61.6 ,
, ,

.
61.6 E dal profeta Isaia, come sopra abbiamo
scritto (cap. 44), stato detto in quale maniera
eviteranno i peccati quelli che li commisero e se
ne pentono.
61.7 ,
,
, ,
,
,
,
, ,
.
61.7 Fu detto cos: Lavatevi, purificatevi,
togliere il male dalle anime vostre, imparate a
fare il bene, difendete lorfano e rendete
giustizia alla vedova, e venite qua e discutiamo,
dice il Signore; e se i vostri peccati fossero
come porpora, come lana li schiarir; e se
fossero come scarlatto, come neve li
sbiancher.
61.8 ,

.
61.8 Ma se non mi ascoltate, una spada vi
divorer; infatti cos la bocca del Signore ha
parlato queste cose (Is 1,16-18.20).
61.9
.
61.9 Ed questa la dottrina su questo argomento
abbiamo imparato dagli apostoli.
61.10



,

,
,



,

.
61.10 Poich nella nostra prima nascita siamo
stati generati di necessit, senza averne
coscienza, da umido seme, per lunione dei
genitori fra loro, e siamo crescuti con cattive
abitudini e perverse inclinazioni, per non
rimanere per figli di necessit o dincoscienza,
ma di elezione e dintelligenza, otteniamo la
remissione dei peccati prima commessi, su colui
che ha deliberato di rigenerarsi e s pentito dei
peccati sinvoca nellacqua il nome di Dio padre
di tutte le cose e padrone. Chi conduce colui che
dovr essere lavato al lavacro pronunzia questo
solo nome.
61.11
,
.
61.11 Infatti, nessuno in grado di dare un nome
al Dio inesprimibile; e se qualcuno osasse dire
che vi sia, sarebbe preso da incurabile pazzia.
61.12
,
.
61.12 Ma questo lavacro si chiama
illuminazione in quanto illumina la mente di
coloro che hanno imparato queste cose.
61.13,
,
,

,.
61.13 E nel nome di Ges Cristo, crocifisso sotto
Ponzio Pilato, e nel nome dello Spirito Santo, il
quale per mezzo dei profeti predisse tutte le
cose che riguardano Ges, lavato chi
illuminato.

Il verbo principale spiegheremo; toi spesso un termine tecnico per
lattivit di sacerdoti o altri che comunicano informazioni su cose sacre e segrete. Il tema indicato
la realt della consacrazione di chi si fa cristiano. La forma indica di mettere qualcosa
17
in alto (ovoitoi), cos d lidea di consacrazione, ma come tale il concetto non presente nel
NT. Lespressione proverrebbe dal paganesimo, dove presente lidea di consacrare o dedicare
altari e statue alle divinit pagane. In questo modo pone un confronto tra una usanza pagana e quella
cristiana, utilizzando una forma medio-riflessiva ( ). Cosa vuol dire
essere cristiani? Vuol dire dedicarsi totalmente a Dio. Ma per essere tali occorre diventare
. Anche questo termine non presente nel NT, ma presente gi nellambiente
cristiano come realt. Come cristiani sono diventati nuovi tramite Ges e cos si sono consacrati a
Dio. Sono, dunque, una nuova creazione (2 Cor 5,17; Gal 6,15; Col 3,9-10).Giustino usa dei termini
che provengono dalle religioni misteriche.
Quali sono le tappe di questo processo che comporta la consacrazione? Nel NT abbiamo due
elementi: convertitevi e credete al Vangelo (Mc 1,15). In Giustino viene prima di tutto l'espressione
, sono persuasi, una categoria razionale e non una semplice categoria affettiva. Se nel
NT credere credere in Cristo, nella prima Apologia vuol dire considerare e credere che le cose
insegnate (nella catechesi) sono vere. C' un'espressione di fede molto intellettiva, ma non un senso
di fede come una relazione che comporta una fiducia in Dio, un abbandono totale a lui. La
presentazione di Giustino tipica del mondo greco e ci introduce al contrasto tra il concetto di fede
nellAT e nel NT e quello presente nel mondo ellenistico.
Per Giustino la fede cristiana come lunica vera filosofia cerca la verit, e la verit si trova
nellinsegnamento della vera religione. Giustino parla anche della promessa che si pu vivere
secondo la verit che fa parte del catecumenato. Viene a svilupparsi in questo caso una vera e
propria catechesi di ordine dogmatico e morale, a differenza della Didach in cui di sola natura
morale. Di questa promessa non c alcuna traccia prima di Giustino. Il catecumenato comporta
qundi sia la piena convinzione della propria fede cristiana e la capacit di vivere in una maniera che
corrisponde alla fede.
Poi si impara a pregare e digiunare per la remissione dei peccati. La preghiera e il digiuno
coinvolgono tutta la comunit cristiana in solidariet con i catecumeni. Ci costituisce la
preparazione immediata al battesimo. Lintera chiesa partecipe di questo evento battesimale e
questa prassi dar luogo alla spiritualit liturgica della Quaresima. Questo coinvolgimento di aiuto
per i catecumeni preparandosi a ricevere il battesimo.
Il fatto che i candidati sono condotti dove c' l'acqua, indica a Roma probabilmente il fiume
Tevere. Qui manca, per, la categoria giudaica di "acqua viva". Giustino introduce anche l'idea di
rigenerazione (nascere una seconda volta). Il vocabolario greco che troviamo nel 3: -
si trova soltanto nella 1Pt 1,3.23; , invece, una terminologia gi nota alla cultura
ellenistica, dove non estraneo il concetto di rinascita. Anche qui abbiamo elementi di un ponte
tra tradizione cristiana e cultura ellenistica. La struttura del battesimo simile a quella che si trova
anche nella Didach.
L'altro elemento nella rigenerazione linvocazione del nome di Dio padre e signore
delluniverso, del salvatore nostro Ges Cristo e dello Spirito Santo nel quale avviene il
battesimo nellacqua; ci segna l'inizio del credo battesimale. C' il richiamo al lavacro nell'acqua:
l'acqua non solo per rigenerare ma anche per lavare.
Giustino passer a dare alcune giustificazioni richiamandosi a Gv 3,3-5 in una forma
rimaneggiata con al posto di (dove si parla dellincontro di
Ges con Nicodemo). Cristo ci invita in Giovanni a rigenerarci nellacqua e nello spirito.
Successivamente Giustino cita la profezia di Isaia (Is 1,16-18.20): il lavacro anche per togliere il
male dalle nostre anime (i peccati) e per imparare a fare il bene. C' dunque una giustificazione
dell'AT (lavare le colpe) e del NT (remissione dei peccati). L'autore cita questi passi per dimostrare
la veridicit della tradizione degli Apostoli. Giustino fa anche un paragone tra la nostra prima
nascita (la realt delluomo perduto / pagano) e la seconda nascita suggellata della remissione dei
peccati (la realt delluomo convertito / rigenerato). Per tale ragione c' l'invocazione del nome
sull'acqua per la remissione dei peccati. Il lavacro avviene nel nome di Dio, padre di tutte le cose e
padrone (). Giustino usa questi titoli non per dare un nome proprio al Dio indicibile ma
18
come descrizione dellazione di Dio nel mondo. Se qualcuno tentasse di dare un nome a Dio,
sarebbe irrimediabilmente pazzo.
Un altro elemento teologico l'uso del termine (illuminazione): lo troviamo nella
Sacra Scrittura, ma lindicare il battesimo come illuminazione un fatto nuovo, anche se il termine
fotismos presente gi nelle religioni misteriche. Il NT non parla dell'illuminazione dell'intelletto,
ma della conoscenza delle cose. Ancora oggi, nella chiesa di lingua greca il candidato nel rito dell
battesimo chiamato tvo, cio lilluminando, e il neo-battezzato , cio
illuminato nella mente e nel cuore. Ci indica una certa enfasi che anche tipica del mondo greco.
Una cosa simile la troviamo nellattuale rito romano delliniziazione cristiana degli adulti (OICA).
Giustino richiamandosi a ci passa a parlare una seconda volta dellinvocazione battesimale del
nome di Ges Cristo crocifisso sotto Ponzio Pilato e dello Spirito Santo che ha preannunziato
tramite i profeti tutto che riguarda Ges.
Giustino ci fornisce una descrizione delliniziazione cristiana e promuove anche uno sviluppo
teologico del battesimo secondo tre temi: rigenerazione, bagno lustrale per la remissione dei peccati
ed illuminazione. Lesposizione delliniziazione cristiana indica i seguenti componenti:
a) Preparazione / catechesi dottrinale e morale per i catecumeni;
b) Consenso intelletuale ben informato alla fede;
c) Promessa di vivere cristianamente secondo la fede;
d) Istruzione sulla preghiera;
e) Preparazione immediata per il battesimo: preghiera e digiuno con la comunit associata;
f) Lavacro / bagno in acqua in un luogo adatto con invocazione trinitaria.
Nei capp. 62-64, la spiegazione del battesimo viene approfondita mediante un confronto
dettagliato tra i riti cristiani e quelli pagani (ad es., il culto di Mitra), visti come imitazione
demoniaca del rito cristiano.
Il cap. 65 continua la descrizione delliniziazione cristiana, con la spiegazione del secondo
momento del rito battesimale, quando i neo-battezzati entrano nel luogo di culto della comunit,
entrano anche nella comunit stessa come suoi nuovi membri. Giustino parla poi della celebrazione
eucaristica e della comunione.

La celebrazione eucaristica per i neobattezzati
65.1

,
,

,


,
.

65.1 Noi dopo aver cos lavato (col battesimo)
chi stato persuaso e ha acconsentito, lo
conduciamo tra quelli che si chiamano fratelli,
dove essi sono radunati, per fare con fervore
preghiere comuni per noi stessi e per
lilluminato e per tutti gli altri in qualunque
luogo siano, affinch meritiamo, dopo aver
appreso la verit, di diventare attraverso le
opere buoni cittadini e osservanti dei
comandamenti, al fine di conseguire leterna
salvezza.
65.2
.
65.2 Cessate le preghiere, ci salutiamo lum
laltro con un bacio.
65.3

,



65.3 Quindi viene portato al preposto dei fratelli
un pane e una coppa dacqua e vino temperato,
ed egli, avendolo preso, innalza lode e gloria al
Padre di tutte les cose per il nome del Figlio e
dello Spirito Santo, e fa per lungo tempo
uneucaristia (azione di grazie), per essere stati
19

.
fatti degni da Lui di questi doni. Quando egli ha
terminato le preghiere e leucaristia, tutto il
popolo presente acclama dicendo Amen.
65.4
.
65.4 Lamen in lingua ebraica significa cos
sia.
65.5




.
65.5 Quando il preposito ha terminato lazione
di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli
che da noi sono chiamiati diaconi, fanno
partecipe ciascuno dei presenti del pane, del
vino e dellacqua su cui stata compiuta
lazione di grazie, e ne portano agli assenti.

Giustino prosegue nel discorso sul battesimo e nella descrizione del rito: ritorna allintroduzione
del cap. 61 e richiama nuovamente al concetto di adesione intellettuale, di convincimento del neo-
battezzato che ha acconsentito al suo battesimo. Si verifica il passaggio dal luogo del battesimo a
quello dove i fratelli sono riuniti. Quelli che si chiamano fratelli indicano un modo di essere e di
parlare. Nel difendere i cristiani dallaccusa di orge sessuali, Giustino ci fa notare il contrasto con il
mondo greco-romano in cui usare i vocaboli fratello e sorella potrebbero avere il significato di
indirizzare il proprio amore fisico verso il marito o verso la moglie, mentre nel mondo cristiano
richiama al concetto di agap fraterna. Si tratta di coloro che sono uniti da ununica fede e, figli di
un unico Padre, sono fratelli e sorelle. Descrivendo lassemblea cristiana e fraterna, Giustino rileva,
dunque, la falsit della accusa fatta ai cristiani di orge.
Segue subito la menzione dell'offerta delle preghiere comuni, cio le preghiere dei fedeli, fatte
con vigore e con fervore. Giustino raccomanda preghiere per colui che stato battezzato, ma anche
per le proprie necessit personali e degli altri. Si tratta quidi di un tipo di preghiera universale. Lo
scopo delle preghiere che tutti meritino di diventare degni di Cristo nella verit accolta e vissuta.
Cos i cristiani si mostrano buoni cittadini tramite le buone opere e losservanza dei comandamenti.
Questa idea di essere buoni cittadini (i ) una risposta allaccusa di essere estranei
dalla vita sociale e civile dell'Impero Romano, giacch la polis il cuore della vita civile-sociale di
tutti i giorni. I veri buoni cittadini sono quelli che osservano i comandamenti di Dio che portano alla
salvezza come realt eterna.
Giustino descrive, poi, la fine delle preghiere contraddistinta dal saluto del bacio: si tratta di un
bacio di fraternit (vedi il termine iio,). Questa usanza tipica delle liturgie antiche (e moderne)
ed indica l'essere veramente in pace con gli altri. Ci avviene dopo la preghiera dei fedeli, ma si
differenzia dalla liturgia romana che con Papa Gregorio I, ha spostato il saluto fraterno alla
preparazione alla comunione. Liturgicamente parlando, tale saluto andrebbe posto come
allorigine avveniva prima delle offerte allaltare (dopo la preghiera dei fedeli): il suo significato
sta nel fatto che non si pu celebrare lEucaristia se i fratelli vivono in discordia. Si pu notare
linflusso di Mt 5,23-24: Se, dunque, tu stai presentando la tua offerta allaltare ed ivi ti ricordi che
tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta l dinanzi allaltare e va prima a
riconciliarti con tuo fratello; poi torna e presenta la tua offerta.
Successivamente Giustino descrive lazione preparatoria per la celebrazione eucaristica: il
portare i doni. Assieme al pane il testo parla del vino e dell'acqua, perch? Non c nei racconti del
NT. Nell'antichit greco-romana chi beveva il vino puro, veniva considerato un uomo ubriaco. Cos
la chiesa, per un motivo culturale, mescola il vino con l'acqua. Solo la chiesa armena (fuori
dellambiente ellenistico) ha conservato la tradizione del solo vino.
Nella preghiera eucaristica il presidente innalza la lode e la glorificazione prendendo la coppa
del vino mescolato con acqua ed il pane. Il contenuto di questa preghiera propriamente lode e
gloria al Padre tramite il Figlio e dello Spirito Santo. Si tratta di unenfasi sulla forma trinitaria. Un
20
altro elemento dellorazione proprio il ringraziamento (eucharista) per essere resi degni delle cose
di Dio. E' una preghiera non breve ( per molto tempo).
Continuando a leggere il testo, per, non sembra una sola preghiera, ma diverse preci. Tutto il
popolo reso partecipe della celebrazione eucaristica con un'acclamazione, un genere letterario che
era gi presente nel mondo greco-romano. Giustino intendi lespressione Amen come
unacclamazione, giacch ne fa rilevare la sua origine ebraica. Al termine dellazione di grazie,
coloro, che sono chiamati i diaconi, distribuiscono ai presenti i doni eucarizzati, il pane e il vino
mescolato con lacqua, ed anche a coloro che non sono presenti.
La struttura della seconda parte del rito, dunque, include:
a) Ingresso nellassemblea (gi riunita);
b) Preghiere comuni;
c) Bacio di pace;
d) Offerta dei doni (pane e vino mescolato con acqua);
e) Lunga orazione del presidente: lode, gloria, ringraziamento al Padre per il Figlio e lo Spirito
Santo;
f) Risposta del popolo: Amen;
g) Distribuzione dei doni benedetti per leucharistia ai presenti e agli assenti tramite i diaconi.

La comunione del corpo e del sangue di Cristo.
66.1
,

,

,
.
66.1 E questo cibo da noi chiamiato
eucaristia, di cui lecito partecipare a nessun
altro se non a colui che crede essere vere le cose
da noi insegnate, e che stato lavato col lavacro
per la remissione dei peccati e per la
rigenerazione, per vivere cos come Cristo ha
tramandato.
66.2



,

,
,

.
66.2 Poich noi non lo prendiamo come un pane
comune ed una comune bevanda, ma a quel
modo che, in virt del verbo di Dio, Ges
Cristo, il nostro Salvatore, incarnatosi prese
carne e sangue per la nostra salvezza, cos anche
il cibo sul quale fu compiuta lazione di grazie
tramite la parola di preghiera tramandat da lui,
di cui si nutrono il nostro sangue e le nostre
carni per assimilazione, abbiamo imparato che
carne e sangue del medesimo Ges incarnato.
66.3
,
,


,


.
66.3 Gli apostoli infatti nelle Memorie da loro
fatte, le quali si chiamono Evangeli, proprio
questo tramandarono che fosse stato loro
ordinato, che Ges avendo preso il pane e
avendo reso grazie abbia detto loro: Fate
questo in memoria di me. Questo il mio
corpo; e poi avendo preso similmente il calice
e avendo reso grazie, abbia detto: Questo il
mio sangue; e ne abbia dato ad essi soli.
66.4


66.4 Per imitazione i malvagi demoni
tramandarono che si facesse nei misteri di
Mitra; infatti anchessi pongono innanzi del
pane e un calice dacqua nei riti diniziazione,
21

,
.
pronunziando alcune formule, come voi sapete o
potete apprendere.

Nel cap. 66 Giustino spiega ulteriormente l'Eucaristia nell'orizzonte del mistero
dell'incarnazione. Giustino porta il paragone tra il pane e il vino che diventano carne e sangue di
Cristo e lincarnazione medesima: il pane ed il vino benedetto, in un certo senso, diventano la
garanzia vera e propria dellincarnazione e vice versa. Il cibo eucaristizzato tramite la parola
della preghiera che viene dal Signore.
9
Giustino si riferisce cos allistituzione da Ges e menziona
le imitazioni da parte delle religioni misteriche (il culto di Mitra) dei riti cristiani.
Per Giustino, come nella Didach, lEucaristia riservata al soli battezzati, lavati per la
remissione dei peccati e per la rigenerazione, che continuano a vivere secondo i comandamenti. Un
concetto molto importante in questo capitolo il riferimento alle memorie degli apostoli o
Vangeli che suggella la tradizione della chiesa sulla celebrazione eucaristica garantita dalla
successione apostolica, insieme allautenticit delle parole e dei gesti sul pane e vino mescolato che
arrivano fino a noi tramite la opoooi (tradizione).

Lassemblea eucaristica della domenica, giorno chiamato del Sole
67.1

,
.

67.1 Del resto noi dopo ci sempre ricordiamo a
vicenda tra noi la memoria di queste cose. Cos
quelli che hanno (di pi) aiutiamo tutti i
bisognosi, e siamo sempre uniti gli uni con gli
altri.
67.2


.
67.2 In tutte le cose che offriamo, benediciamo
il creatore di tutte le cose per mezzo del Figlio
suo Ges Cristo e per mezzo dello Spirito Santo.
67.3

,

,
.
67.3 E nel giorno chiamato del Sole, si fa
ladunanza nello stesso luogo di tutti quelli che
dimorano in citt o in campagna, e si leggono le
Memorie degli apostoli e gli scritti dei profeti,
finch il tempo lo permette,
67.4


.
67.4 Quando il lettore ha terminato, il presidente
fa per un discorso ammonizione e esortazione
allimitazione di questi esempi buoni.
67.5
, ,

,
,
, ,
,

,
67.5 Quindi tutti insieme ci alziamo in piedi ed
innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto
sopra, avendo noi terminato la preghiera
(comune), si porta pane, vino ed acqua, e il
presidente, secondo la sua capacit, innalza
preghiere come anche rendimenti di grazie, e il
popolo acclama dicendo Amen. La
distribuzione e la partecipazione ai doni
benedetti (eucaristizzati) si fa a ciascuno e se ne
manda, per mezzo dei diaconi, anche ai non

9
Cf. G.J. CUMING, (JustinApologyi.66.2),JournalofTheologicalStudies31(1980)8082.
22
. presenti.
67.6

,
,
,
,
,
,
.
67.6 Quelli che hanno in abbondanza invero e lo
vogliono, ciascuno a suo piacemento d ci che
vuole. Ci che viene raccolto, depositato
presso il presidente ed egli soccorre gli orfani e
le vedove, e coloro che, per malatia o per altra
ragione, sono bisognosi, quindi anche coloro
che sono in carcere e i pellegrini che arrivano da
fuori. In una parola, egli si prende cura di tutti
coloro che hanno bisogno.
67.7
,
,
,


,,
,

,
.
67.7 Ci raduniamo tutti in comune il giorno del
Sole, perch il primo giorno in cui Dio cre il
mondo, avendo mutato la tenebra e la materia;
nello stesso giorno anche il nostro Signore Ges
Cristo risuscit dai morti. Di fatto lo
crocifissero prima del giorno di Saturno e nel
giorno dopo quello di Saturno, cio il giorno del
Sole, apparso agli apostoli suoi e discepoli,
insegn loro le queste cose, che abbiamo
presentato anche al vostro esame.

Il Cap. 67 d una descrizione e spiegazione del giorno di domenica chiamato anche il giorno
del Sole. La stessa vita cristiana si snoda intorno a questo giorno santo, nel quale si celebra la
risurrezione del Signore. Circa la celebrazione dellEucaristia nel giorno del Sole, ci sono diversi
elementi aggiunti al analogo rito nella celebrazione del battesimo:
1) assemblea di tutti i fedeli della citt e della campagna;
2) lettura degli scritti profetici e delle memorie degli Apostoli (non c ancora il lezionario);
3) il discorso del presidente(ha gi il senso di omelia, come discorso organizzato);
Giustino da delle ammonizioni vere e proprie di natura spirituale, ribadisce il valore della
celebrazione dellEucaristia ed esprime un invito forte all'imitazione di Cristo. Si tratta di una vera e
propria omelia.
In questo capitolo si nota, dunque, gi una struttura della liturgia domenicale attuale, giacch
lautore parla delle offerte per le persone pi bisognose, ma dopo la celebrazione liturgica. Dunque,
si pu cos individuare la struttura della celebrazione domenicale gi al tempo di Giustino in
questo modo:
a) Liturgia della parola;
b) Lomelia;
c) Preghiere di intercessione
d) Liturgia delle offerte;
e) Prece eucaristica;
f) Comunione;
g) Conclusione e congedo.
Da tale schema si pu comprendere come gi a quel tempo ci fosse una struttura gi fissata.
Giustino, concludendo il cap. 67, parla della domenica come il "giorno del Sole": si tratta della
liturgia domenicale. La chiesa fa adunanza in un determinato luogo. Si hanno due momenti della
liturgia: la parola e lEucaristia.
Il sermone ha due elementi principali: l'ammonimento e l'incoraggiamento.
E' importante l'invito ad alzarsi dopo la predica perch indica un particolare modo di pregare. La
descrizione di queste preghiere universali, richiama profondamente al sensus ecclesiae. C' poi la
23
preghiera di ringraziamento. importante la figura del presidente, che secondo la sua perizia eleva
la preghiera eucaristica, mentre il popolo alla fine acclama con espressione di assenso. suo
compito di disporre delle opere caritative. Coloro che sono benestanti, devono fare parte comune
con coloro che non hanno: essi danno secondo il proprio piacere, mentre il presidente
dell'assemblea liturgica si prende cura di tutti quelli che hanno bisogno. Come si gi visto per il
battesimo viene distribuita la comunione, anche ai non presenti, mediante il diacono.
Dopo segue una teologia della domenica che :
a) una commemorazione della creazione (Dio avendo cambiato le tenebre in luce, ha creato il
mondo ordinato, cio il kosmos);
b) Ges Cristo risorto. Egli il nostro salvatore. Giustino d un senso pasquale della
domenica come giorno in cui si festeggia la resurrezione di Cristo.
c) Ges Cristo apparso ai suoi apostoli e discepoli, e ha insegnato a loro tutte queste cose,
vuol dire anche le tradizioni liturgiche.

IRENEO DI LIONE

Epideixis

Guardando alla sua vita e attivit, si pu dire che SantIreneo, vescovo di Lione, il pi
importante tra i teologi del II secolo e, in un certo senso, il padre della teologia sistematica
cristiana. Oriundo dellAsia Minore, era stato in giovent discepolo di San Policarpo, vescovo di
Smirne e martire (Eusebio, Storia Ecclesiastica 5,20,4ss.). Di Ireneo non si conosce lanno esatto
della sua nascita, ma esso va probabilmente fra il 130 ed il 140. La sua citt natale senza dubbio
Smirne. Sembra che Ireneo ha studiato a Roma per un certo periodo. Ai tempi dellimperatore
Marco Aurelio era prete a Lione in Gallia; venne inviato a Roma, presso Papa Eleuterio, per avere
chiarimenti sulla controversia con i Montanisti. Divenne poi successore del vescovo e martire
Fotino di Lione, nel 177 o 178. Ireneo condusse una strenue lotta contro la falsa gnosi. Quando
Papa Vittore I (189-198) lanci la scomunica contro le chiese dellAsia Minore, sulla questione del
giorno della celebrazione di Pasqua, Ireneo esort il papa alla pace. Nullaltro di certo si sa della
sua vita. Molto pi tardi e solo con Gregorio di Tours (Historia Francorum 1,27) si ha la notizia del
suo martirio, avvenuto intorno al 202. Poich Eusebio non vi fa nessun riferimento, questa tardiva
notizia sembra molto discutibile.
Dopo la sua morte, Ireneo ha avuto un influsso immenso sulla teologia posteriore, sia greca che
latina, ad es. su Tertulliano (e, tramite Tertulliano, su Cipriano), su Metodio di Olimpo e sul grande
Atanasio. Pu essere considerato come uno dei padri preferiti della teologia moderna, specialmente
per ragione del suo concetto della storia della salvezza. Il suo indirizzo anti-gnostico si esprime
concretamente nella difesa forte della salvezza delluomo intero, della risurrezione del corpo. A
questo scopo servono le affermazioni dellunit della creazione e della risurrezione, cio della bont
della creazione, della realt dellincarnazione del Verbo di Dio, dellunit della storia salvifica. Alla
tematica dellunit corresponde anche un metodo teologico: cercare di dimostrare la validit della
Scrittura (VT) ispirata dallo Spirito profetico, riferirsi per questo ai vangeli e scritti apostolici, e
confermare le prove neotestamentarie tramite la tradizione apostolica garatita dalla succesione dei
vescovi nelle chiese di fondazione apostolica.
Fra le numerose opere di Ireneo, a parte qualche frammento di epistole nella Storia ecclesiastica
di Eusebio di Cesarea, solo due opere ci sono state trasmesse. Si tratta dei cinque libri dellAdversus
Haereses (o Esposizione e Rifutazione della cosiddetta gnosi) e lEpideixis. Sfortunatemente,
loriginale greco di ambedue perduto. Mentre abbaimo la prima opera per intero solo in una
versione latina antica e letterale, la Dimostrazione (epideixis) ci pervenuta unicamente in una
versione armena. Il titolo completo : Dimostrazione della predicazione degli apostoli. Il testo,
scoperta solo nel 1904 nella chiesa di Nostra Signora di Erevan, fu tradotto presto in lingue
moderne. La prima pubblicazione in armeno di Karapet Ter Mekertschian e E.T. Minassiantz
24
([TU 31,1], Leipzig 1907). A causa della lingua e del metodo di traduzione il testo rimane ancora di
difficile interpretazione. Un certo aiuto ci troviamo nella versione francese dell'Adversus Haereses
che si trova nella collana Sources chrtiennes, per la quale diversi studiosi hanno cercato di
ricostituire il testo greco delle parti conservate in latino e nei diversi frammenti in armeno. Con
laiuto del greco ristabilito, accanto ai frammenti armeni, possiamo farci unidea anche della forma
originale dellEpideixis.
Il testo qui presentato include una versione latina molto letterale del armeno (SCh 406, Cerf,
Paris 1995; utile anche la buona introduzione con le note). Non mancano versioni nelle lingue
moderne: italiano, francese, tedesco, inglese e spagnolo. Non c' nessun dubbio che l'Epideixis sia
di Ireneo a cui Eusebio lha gi attribuito nella sua Historia Ecclesiastica.
Lo scopo della Dimostrazione apparentamente apologetico, ma in realt lopera piuttosto
catechetica. LEpideixis ha la forma di una lettera, ma il suo genere letterario rassomiglia pi a un
riassunto e guida per la catechesi pre-battesimale fondata sulla regula fidei tramandata dagli
anziani. In breve si pu parlare di unesposizione della fede che si professa nel battesimo per la
comprensione pi profonda di questo compendio tradizionale delle verit rivelate. Importante
luso ampio della Sacra Scrittura. Il scritto provvede pure una dimostrazione esegetica della fede
accetta da tutti i battezzati. Ireneo si appoggia su dati che ovviamente facevano parte della
catechesi: spiegazione della fede battesimale, dei tre articoli e dellillustrazione biblica di questa
fede. Del resto manifesto che questa presentazione catechetica include anche la dottrina morale,
cio limpegno cristiano che fondato sull retta fede.
La Dimostrazione il primo esempio che abbiamo di una presentazione catechetica della storia
della salvezza, che diverr importante nello sviluppo di nuove catechesi, nei secoli successivi.
Lesposizione di Ireneo presenta una certa organicit che si inserisce nella tradizione catechetica dei
primi tempi. Essa, per, non pi una catechesi morale, ma piuttosto una catechesi dottrinale,
sacramentale e biblica (nel senso dellinterpretazione della Scrittura). Anche se lEpideixis
un'iniziazione alla dottrina cristiana, indirizzata inoltre alla vita cristiana vissuta. Da una parte
lopera orientata verso i tre articoli della fede, Padre, Figlio e Spirito Santo, che un cristiano
professa con il battesimo, mentre dallaltra essa presenta la fede battesimale come fondamento della
vita stessa, secondo i comandamenti di Dio. In questo ambiente Ireneo ci fa capire che pure il culto
cristiano, in special modo liniziazione cristiano-sacramentale sempre da mettere nellambito
dellunit dei due Testamenti e della vita di Ges e dei suoi misteri. In questo quadro storico della
storia della salvezza, si possono enumerare i seguenti punti:
1) l'Eucaristia un simbolo di unit della creazione e della redenzione;
2) la celebrazione del battesimo, che culmina nellinvocazione del nome trinitario, richiede anche
l'ortodossia del ministro del battesimo stesso (ad es., chi non crede nel nome trinitario non pu
battezzare);
3) la vita nuova delluomo intero (corpo e anima) la gloria di Dio, suggellata dallunione con
lo Spirito Santo che d nel battesimo la salvezza sia del corpo che dellanima.
Il libretto da unesposizione dellapredicazione degli apostoli in cento capitoletti. Cento il
numero simbolico che allude alla parabola del seminatore: il seme che trova un suolo buono,
produce il centuplo. stato scritto verso la fine del II secolo dopo lAdversus Haereses come una
presentazione sintetica di ci che fu insegnato dagli apostoli e che la chiesa continua a proclamare.
La struttura semplice: unintroduzione, due parti principali e una conclusione.
Lintroduzione (cc. 1-3) spiega lo scopo dello scritto.
La prima parte (cc. 4-41) tratta le verit principali della fede battesimale, presentate nel quadro
della storia della salvezza, dalla creazione sino allincarnazione, base dellimmortalit.
La seconda parte (cc. 42-97) contiene la dimostrazione della nostra fede in Ges Cristo, per
mezzo delle prove riprese dal VT, considerato come la Scrittura, e gi utilizzate in grand parte dalla
tradizione anteriore.
La conclusione (cc. 98-100) un riassunto polemico contro le eresie e un insistenza energica
sullortodossia.
25
La prima parte pi espositiva, mentre la seconda pi dimostrativa. Infatti, Epidexis vuol dire
tutte e due le cose e prende forza dallinterazione delle due parti.

Utilizziamo la versione italiana tenedo conto della versione latina che completamente letterale.
OSTENSIO APOSTOLICAE PRAEDICATIONIS ESPOSIZIONE DELLA PREDICAZIONE DEGLI
APOSTOLI
10
1. Sciens, dilecte mi Marciane,
promptitudinem tuam circa pietatem-
conversationis (), quae et sola ad
aeternam vitam ducit hominem, et
congratulor tibi et vota facio ut intactam
fdem conservans placeas (ei) qui fecit te
Deo. Et utinam simul liceret semper esse nos
et invicem utilitatem praestare () et
adlevare (eam quae) circa terrestrem vitam
(est) occupationem per adsiduam de utilibus
communicationem-collocutionis ().
Quoniam igitur in praesenti tempore
corporaliter procul sumus ab invicem, sicut
possibilitas est, per scriptum tecum pauca
loqui non cunctati sumus et per compendiosa
() veritatis ostendere (
) praedicationem () ad confr-
mandam tuam fidem. Velut summarium
() commentarium (
) mittimus tibi, ut per pauca multa sis
nanciscens et omnia membra corporis
veritatis per modica intellegens et
demonstrationes () rerum (quae) a
Deo (sunt) per compendiosa ()
recipiens: sic enim et tuam fructificabit
() salutem et confundes omnes
falso opinantes () et, omni qui
vult cognoscere, nostrum sermonem sanum et
incontaminatum exhibebis () cum
omni fiducia ().
1. Conosco, o mio diletto Marciano, quanto
tu sia disposto a camminare nella via del
servizio di Dio, che sola conduce luomo
alla vita eterna; me ne rallegro e prego che,
custodendo intemeratamente la fede, tu
riesca gradito a Dio tuo Creatore. Volesse il
cielo che ci fosse possibile star insieme e
giovarci lun laltro e alleviarci le
preoccupazioni di questa vita terrena per
mezzo della continua comunanza di
colloqui su utili argomenti! Ma ora, poich
in questo momento siamo col corpo lontani
luno dallaltro, noi non abbiamo tardato a
discorrere un po con te, per quanto
possibile, mediante lo scritto e a farti una
breve esposizione della predicazione della
verit allo scopo di confermare la tua fede.
Ti mandiamo questo compendio dei punti
principali: molta materia in poco spazio, ma
tu verrai a conoscere in succinto tutte le
membra del corpo della verit e riceverai in
breve le prove delle verit divine. Ci
recher frutto non solo alla tua salvezza, ma
potrai confondere tutti quelli che hanno idee
errate, e a chi voglia conoscerle potrai
esporre con piena sicurezza, nella loro
integrit e purezza, le nostre ragioni.

Una est enim et elevans ()
omnium videntium via illuminata a caelesti
lumine, sed multae et caliginosae-et-opacae
() non videntium viae; et illa
(quidem) in caelorum ducit regnum uniens
hominem Deo, hae autem deferunt in mortem
separantes hominem a Deo. Propter quod
necessarium est et tibi et omnibus qui curam
habent suae ipsorum salutis sine diversione
() et strenue-et-firmiter ()
La via di coloro che vedono una sola,
ascendente e illuminata dalla luce del cielo,
molte, invece, e tenebrose sono le strade di
quelli che non vedono; quella conduce al
regno dei cieli, congiungendo luomo con
Dio, mentre queste precipitano nella morte,
separando luomo da Dio. E perci
necessario a te e a tutti quelli che attendono
alla loro salvezza, procedere senza
fuorviare, con coraggio e tenacia, sotto la

10
La versione italiana di V. Dellagiacoma (tr.), S. Ireneo di Lione. La dottrina apostolica, Siena
2
1968.
26
iter facere per fdem, ne remissi-et-
desistentes transeant-maneant () in
materialibus concupiscentiis vel deviantes
excidant a recto.

guida della fede, affinch non accada che,
mancando di impegno e di costanza, essi si
diano alle cupidigie materiali, oppure,
traviati, escano dal retto cammino.
La parola greca un termine che indica la piet. Letteralmente si traduce: il timore
di Dio o riverenza verso Dio. Ireneo, con questa parola, vuole dire che Marciano gi un buon
esempio di vera piet e di vera religione che conduce alla vita eterna. La comunicazione fraterna
sulla vera religione pu essere utile allo scopo di confermare la fede tra fratelli in Cristo, anche se
lontani luno dallaltro. Ci costituisce il preludio a tutto il suo discorso sul krygma, la parola
utilizzata dalla chiesa per la predicazione tradizionale del messaggio cristiano. Ireneo, illustra, poi, a
Marciano, i contenuti dellEpideixis, secondo i suoi punti principali. Questa presentazione degli
elementi del corpo della verit si oppone alla falsa opinione dei gnostici ( - la parola
greca , non si richiama soltanto alla gloria, ma anche al concetto di opinione). Nel nostro caso
si tratta di una dottrina falsa dalla quale bene discostarsi.
Quando Ireneo scrive che la via di coloro che vedono una sola, ascendente e illuminata dalla
luce del cielo, molte, invece, e tenebrose sono le strade di quelli che non vedono, indica che dietro
a questo discorso c' il senso di battesimo come illuminazione: un concetto, come abbiamo gi
visto, presente anche in Giustino. Pu essere anche unallusione al tema tradizionale delle due vie
incontrata nella Didach. La prima strada conduce al regno dei cieli che, per Ireneo, ci che
congiunge l'uomo a Dio: indica una realt ed una relazione spirituali. La seconda, invece, porta alla
morte eterna e alle tenebre senza fine. In questo senso Ireneo parla anche della necessit della via
dritta una vita conforme alla morale cristiana - che si intraprende per mezzo della fede. Ci
richiede un certo coraggio ed una certa audacia. Dunque, la strada del cristiano sempre diritta,
malgrado i pericoli, le debolezze e le tentazioni. In sostanza, Ireneo raccomanda la costanza e la
perseveranza, come lunico modo di evitare il pericolo di deviazione dalla via retta.
Nel secondo capitolo, si riscontrano elementi antropologici, direttamente collegabili al contesto
della storia della salvezza:

Quoniam autem compositum animal ()
est homo ex anima et corpore, per utraque
haec fieri istud oportetet-et-convenit ().
Etenim ex utrisque his consequuntur lapsus,
et est corporis puritas (), (scilicet)
continentia-abstinentiae () omnium
turpium rerum et omnium iniquorum operum,
et animae puritas (), (eam quae) ad
Deum (est) fidem integram ()
servare, non addendo neque auferendo ab ea.
Nam obfuscatur-et-taetratur ()
pietas () foeditate-inqui-namenti
() corporis, et confringitur-et-
labefactatur-et-non-est-integra falsitate
introeunte in animam servabit<ur>autem in
pulchritudine et in sua mensura quando
veritas in anima et puritas in corpore
continuo erit. Quid enim prodest cognoscere
(quidem) verum in verbis, corpus autem
inquinare et nequitiae perficere opera? Aut
Luomo un animale composto danima
e di corpo e deve vivere secondo tutte due
questi elementi; e poich dalluno e
dallaltro possono derivare colpe, per la
purezza del corpo necessario astenersi e
fuggire da ogni cosa indecente e da ogni
azione iniqua, e per la purezza dellanima
conservare intatta la fede in Dio senza
aggiungervi o togliervi nulla.
Il culto di Dio viene offuscato e privato
del suo decoro, quando sia insozzato e
profanato il corpo e viene rotto e
contaminato e perde la sua integrit quando
la falsit si annida nellanima; sar invece
conservato nella sua bellezza e armonia,
finch regna la verit nellanima e la
purezza nel corpo. Che giova conoscere la
verit a parole, se il corpo profanato da
azioni vergognose? Oppure, che utilit pu
offrire la purezza del corpo, quando la verit
sia assente dallanima? Esse gioiscono luna
27
quid sane potest utilitatis praestare corporis
puritas, non exsistente veritate in anima?
Congratulantur enim ad invicem haec et
consociantur-et-commilitant ()
ut hominem exhibeant () Deo.
della compagnia dellaltra e combattono
insieme per porre luomo alla presenza di
Dio.

Et propter hoc Spiritus sanctus per David
dicit Beatus vir qui non abiit in consilium
impiorum, hoc est Deum non cognoscentium
gentium [consilium] nam hi impii sunt qui
eum qui est vere () Deum non colunt,
et propter hoc Verbum ad Moysen dicit Ego
sum is qui est: ergo qui eum qui est Deum
non colunt, hi sunt impii - et in via
peccatorum non stetit peccatores autem
sunt qui cognitionem Dei habent et non
custodiunt eius praeceptum, hoc est
spernentes-contemptores (),
et in cathedra pestilentium non sedit -
pestilentes autem sunt qui non solum seipsos
sed et reliquos corrumpunt perversa-et-
tortuosa doctrina: cathedra enim symbolum
scholae () est; tales autem
sunt omnes haeretici: in cathedris
pestilentium sedent et corrumpunt (eos) qui
doctrinae eorum recipiunt venenum.
Molto bene dice lo Spirito Santo per
bocca di Davide: Beato luomo, che non
ha camminato nel consiglio degli empi
(Sal 1,1), cio, il consiglio delle genti che
non conoscono Dio. Empi sono coloro che
non adorano Colui che vero Dio. Infatti, il
Verbo dice a Mos: Io sono Colui che
(Es 3,14). Quindi coloro che non adorarono
Colui che e Dio sono empi. E non stato
continua il Salmo nella via dei peccatori.
Peccatori sono quelli che hanno la
conoscenza di Dio, ma non osservano i suoi
comandamenti, e li disprezzano e li violano.
E non s seduto nella cattedra degli
scellerati. Scellerati sono coloro che
corrompono non solo se stessi, ma anche gli
altri con la loro diversa dottrina, giacch la
cattedra il simbolo della scuola. Tali sono
tutti gli eretici: siedono sulla cattedra degli
scellerati e vanno in perdizione coloro che
ricevono il veleno della loro dottrina.

Ireneo, in modo quasi filosofico, definisce luomo come animale, ma in realt rispetto al
termine greco , forse meglio tradurre essere vivente, come colui che vive. In effetti,
Ireneo si oppone alla dottrina gnostica anti-materiale, tanto che egli insiste ripetutamente sull'uomo
intero, anima e corpo assieme. Luomo non in essenza solo anima, o solo corpo, ma composto di
tutte e due.
Successivamente, Ireneo, passa a parlare dei mezzi per rimanere puri in corpo e anima: evitare
ogni azione vergognosa e conservare intatta la fede. Tutto congiunto alla fede, senza la quale non
pu essere il servizio di Dio (). Se il corpo non puro, non puro nemmeno il culto
(vedi cap. XIV della Didach). Quindi, non c solo un effetto negativo sul corpo e sullanima, ma
limpurit contamina anche il culto da rendere a Dio. Avendo parlato dell'iniquit corporale, Ireneo
afferma la necessit per lanima di vivere e di conoscere la verit. Tutto va posto nel segno di Dio:
un mettersi alla presenza di Dio che esige una purezza di corpo e danima. Questo mettersi alla
presenza di Dio costituisce gi una definizione di culto.
Poi Ireneo, compiendo un ulteriore passo, arriva a parlare dellencomio di Davide: Beato
luomo, che non ha camminato nel consiglio degli empi (Sal 1,1). La definizione di "empi" una
definizione del culto: si tratta di coloro che non adorano il vero Dio. Se uno ha la vera conoscenza
di Dio, si deve adorare Dio in Spirito e verit. Dunque, nel culto, la conoscenza non pu essere
disgiunta dalladorazione, tanto che per Ireneo il culto sempre inserito nella totalit della sua
teologia. Infatti, il Verbo parla a Mos dicendo: Io sono Colui che (Es 3,14).
Ireneo, continua in un certo modo a commentare il primo salmo. In effetti gli empi sono
inoltre coloro che non osservano i comandamenti di Dio e li disprezzano. Dunque, Ireneo insiste
molto sulla condotta e sulla falsa opinione di alcuni (soprattuto gnostici), che vanno assolutamente
evitate. Gli scellerati sono coloro che non corrompono soltanto se stessi, ma anche gli altri,
28
mediante false dottrine. In questo senso, Ireneo, non parla direttamente della condotta, ma la collega
al contesto di dottrine che non rispecchiano la fede cristiana.

Lautore, nel cap. 3, citando il pericolo di una deviazione dalla sana dottrina, insiste sulla
necessit di ancorarsi alla vera fede:

Igitur, ne tale quid patiamur nos,
indeclinatam () fidei regulam
() tenere debemus et facere praecepta
Dei, credentes Deo, et timentes eum,
quoniam Dominus est, et diligentes eum,
quoniam Pater est. Facere ergo ex fide
adquiritur (): nam, nisi
credideritis, ait Esaias, neque intellegetis;
fidem autem veritas adquirere facit
(), nam fides super vere
() exsistentes stat res, (ita) ut his
quae sunt, sicut sunt, credamus, et creden<tes
his>quae sunt, sicut sunt, semper (eam quae)
ad illa (est) adsensionem ()
firmiter-custodiamus (). Igitur,
quoniam salutis nostrae continens
() fides est, multam diligentiam-
curae () huic oportet-et-convenit
facere, ut eorum quae sunt apprehensionem
() habeamus veram.
Ora, perch non ci venga addosso tale
disgrazia, dobbiamo tenere senza
traviamenti la norma della fede e ubbidire ai
comandamenti di Dio avendo fede in Lui,
temendolo quale Signore e amandolo quale
Padre. Le opere sono preservate dalla fede,
giacch, come diceIsaia, se non crederete
non persevererete (Is 7,9); e la fede data
dalla verit poich fondata sulla realt.
Noi crediamo in cose che realmente
esistono ed esercitando la fede in ci che
esiste, come sempre, ad esso dobbiamo
prestare costantemente il nostro assenso. E
la fede che conserva la nostra salvezza;
perci necessario che ad essa consacriamo
molte cure e sollecitudini per ottenere la
vera intelligenza della realt.

La regula fidei la norma, il criterio della fede, attraverso la quale si ha la misura giusta della
fede, lontana da ogni falso credo. Questo un concetto molto importante perch il canone della
fede serve in modo efficace contro ogni falsa dottrina e d la verit della fede, cio la tradizione
apostolica. La fede in torno esige l'obbedienza ai comandamenti, il cui frutto la carit, che
scaturisce nella vita quotidiana e nella condotta privata. Le opere sono preservate dalla fede come
opere buone. C dunque un legame, che non si pu distruggere, tra le opere e la fede. In altre
parole, esercitando la fede si vive e si manifesta la salvezza. Le azioni sono determinate dalla fede,
tanto che Isaia dice che se non crediamo non possiamo perseverare in una condotta di vita cristiana.
La fede data dalla verit perch data dalla conoscenza della realt concreta. La fede attiva;
domanda costantamente il nostro consenso.

Poi lo scritto parla del contenuto del kerygma tramandato a noi dalla tradizone apostolica per
mezzo degli anziani, cio i vescovi, discepoli e successori degli apostoli. Di questa parte
riportiamo solo alcune sezioni, che ci danno un senso globale dellopera intera.

La predicazione apostolica
Fides autem conciliat () nobis
hoc, quemadmodum presbyteri, apostolorum
discipuli, tradiderunt nobis: primo meminisse
consilium dat quoniam baptismum recepimus
in remissionem peccatorum in nomen Dei
Ed la fede che ci fa ottenere tutto ci,
come ci hanno tradizionalmente insegnato i
presbiteri, discepoli degli apostoli. (La fede)
anzitutto ci ammonisce di ricordare, che
abbiamo avuto il battesimo in remissione
dei peccati nel nome di Dio Padre e nel
29
Patris et in nomen Iesu Christi, Filii Dei
incarnati et mortui et resuscitati, et in
Spiritum sanctum Dei; et baptismum hunc
sigillum () esse aeternae vitae et
regenerationem () in Deum,
(ita) ut non iam mortuorum ()
hominum sed sempiterni-et-perpetui Dei filii
simus; et eum qui semper-et-perpetuo est
<Deum>[et]

super omnia esse (quae) facta
(sunt), et omnia sub ipso posita esse et (quae)
posita (sunt) sub ipso omnia eum fecisse,
(ita) ut non alterius cuiusdam dominetur-et-
dominus-sit () Deus, sed
propriorum, et sint omnes res Dei, et propter
hoc omnipotens sit Deus et omnia ex Deo.
nome di Ges Cristo, Figlio di Dio,
incarnato, morto e risorto, e nello Spirito
Santo di Dio; che questo battesimo il
sigillo della vita eterna e della rinascita in
Dio, cos che non siamo pi figli di uomini
morituri, ma figli di Dio eterno e senza fine.
Essa ammonisce ancora, che leterno e
senza fine Dio, che Egli superiore ad
ogni cosa, che tutto a Lui sottoposto e che
tutto ci che a Lui soggetto fu fatto da
Lui. Dio non Padrone e Signore di
creature di un altro, ma delle sue, ed ogni
cosa di Dio; perci e Padrone di tutto ed
ogni cosa proviene da Dio.

La fede ci fa ottenere tutto: essa tramandata a noi per mezzo degli apostoli e dei presbiteri.
Ireneo accentua la trasmissione della fede; ci troviamo qui nel contesto della traditio apostolica per
successionem apostolorum. Per questa Ireneo ha dato un elenco dei vescovi nellAdversus
Haereses. Ireneo stesso ha una linea diretta dagli apostoli per l'insegnamento della fede, giacch lui
era discepolo di Policarpo, che a sua volta era discepolo di Giovanni, lapostolo amato dal
Signore. Si pu notare che nel I secolo si trova spesso l'usanza di non distinguere il vescovo dal
presbitero-anziano. In Asia, in Siria ed Antiochia, inizier un movimento verso la distinzione tra
vescovo e presbitero.
Ora, al primo posto c' la fede, che spinge la memoria a ricordare il battesimo ricevuto, in
remissione dei peccati, e con un credo trinitario professato. Ci conduce alla verit che il battesimo
comporta una rinascita in Dio delluomo stesso. Cos il battesimo il sigillo della vita eterna. Il rito
non solo il lavacro in remissione dei peccati, ma , cio il marchio di appartenenza a
Dio. Questa rinascita () una rigenerazione in Dio per diventare figli di Dio. Ireneo
ricorda che Dio leterno e senza fine, creator di tutto; dunque tutto a lui sottoposto. Si tratta di un
argomento anti-gnostico, perch la creazione non viene dal demiurgo, ma da Dio stesso.
Forse abbiamo qui elementi di un antico credo battesimale: Dio Padreonnipotente, Ges
Cristo, Figlio di Dio, incarnato, morto e risorto, Spirito santo di Dio.
Rispetto a Giustino, Ireneo insiste sullopera di Dio Padre nella creazione. In questo modo,
Ireneo prende una certa distanza dal contesto del Vangelo di Giovanni, in relazione al ruolo del
Logos. Gli gnostici hanno utilizzato il primo capitolo di Giovanni per negare che fosse Dio a creare.
Secondo loro tutta la creazione venuta dal Logos.
Con il cap. 4 Ireneo riprende nuovamente il discorso della creazione, secondo il principio che
ogni realt riconducibile alla causa ultima, cio Dio:

Necesse est enim (ea quae) facta (sunt) ex
magna quadam causa initium facturae
() habere. Initium autem omnium
Deus est: non enim ipse factus est ab aliquo,
et ab ipso facta sunt omnia. Et propter hoc
primo credere oportet-et-convenit quoniam
unus Deus est Pater, qui omnia condidit et
aptavit et fecit (ea quae) non erant ad (hoc ut)
essent et, omnia capiens, solus est
incapabilis. In omnibus autem et hic qui
In verit necessario che ci che esiste
ripeta il principio della sua esistenza da una
qualche ultima causa; ora, il principio
dogni cosa Dio. Egli non deriva da
alcuno e da Lui tutto riceve origine. Perci
occorre, in primo luogo, riconoscere che c
un solo Dio Padre, che tutto ha fatto e for-
mato, facendo si che ci che non era
esistesse e che, tutto contenendo, solo
incircoscritto. Fra tutte queste cose anche
30
secundum nos mundus est, et in mundo
homo: ergo et mundus a Deo creatus est.
questo nostro mondo e nel mondo luomo.
Dunque, anche questo mondo stato creato
da Dio.

Ma da dove viene questo principio secondo il quale Tutte le cose create necessariamente
derivano de una causa prima il fondamento della loro esistenza: ora, il principio di tutto Dio?
Essa viene da Aristotele, secondo il quale il principio di ogni cosa Dio.

Ireneo usa l'argomento comunemente accolto nel suo tempo contro lo gnosticismo che sosteneva
un dio sconosciuto, non corrispondente al dio creatore del mondo. Dio Padre ha creato tutto e non
stato creato da nessuno. Perci importante conoscere che vi un solo Dio, Padre, che ha fatto e
formato tutto luniverso. Dio ha creato dal non essere, cio ex nihilo, dal nulla tutte le cose (quindi
non ha usato una materia pre-esistente). Dio contiene tutto e da nessuna cosa pu essere contenuto.
Cos il nostro mondo, e nel mondo luomo, sono creati da Dio e non da qualque demiurgo. Cos
Ireneo insiste energicamente e con fermezza: Dio creatore. Non si pu prescindere da questo
elemento molto importante nel nostro credo.

Il cap. 5 considera, in torno, le altre due persone della Trinit: il Verbo e lo Spirito.
Sic igitur ostenditur unus Deus Pater, infectus
(), invisibilis, factor omnium,
super quem deus alius non est et post quem
alius deus non est. Etenim rationabilis
() est Deus, et propter hoc Verbo (ea
quae) facta (sunt) fecit. Et Spiritus Deus:
itaque Spiritu omnia adornavit ().
Quemadmodum et propheta dicit Verbo
Domini caeli firmati sunt, et Spiritu eius
omnis virtus () eorum. Igitur,
quoniam Verbum (quidem) firmat, hoc est
corporalia facit () et
subsistentiam-exsistentiae () donat
(), Spiritus autem aptat-et-format
diversitates virtutum (), iuste-et-
convenienter () Verbum (quidem)
Filius, Spiritus autem Sapientia Dei vocatur.
Bene igitur et Paulus apostolus eius ait: Unus
Deus Pater qui super omnia et per omnia et
in omnibus nobis. Nam super omnia (quidem)
Pater est, per omnia autem Verbum per
hunc enim omnia facta sunt a Patre , in
omnibus autem nobis Spiritus qui clamat
Abba, Pater et perfcit hominem in
similitudinem Dei. Igitur Spiritus (quidem)
ostendit Verbum, et propter hoc prophetae
Filium Dei adnuntiabant, Verbum autem
articulat () Spiritum, et propter hoc
interpetator () prophetarum ipse
est, et ducens-erigit () hominem ad
Patrem.
Cosi si dimostra che c un solo Dio Padre,
increato, invisibile, autore dogni cosa, al di
sopra del quale non v alcun altro dio e
dopo il quale non v' altro dio. E poich Dio
razionale, perci col Verbo ha creato le
cose. E Iddio Spirito e perci con lo
Spirito tutto ha disposto, come dice il
profeta: Per opera del Verbo di Dio
vennero stabiliti i cieli e per opera del suo
Spirito tutta la loro potenza (Sal 32,6). Il
Verbo stabilisce, cio, compie le opere
fisiche consolidando gli esseri (materiali),
mentre lo Spirito ordina e conforma la
variet delle potenze; perci giustamente
e conveniente-mente il Verbo viene
chiamato Figlio e lo Spirito Sapienza di
Dio. Bene dice lapostolo suo Paolo: Uno
Iddio Padre, che sopra tutti e con tutti e
in tutti noi (Ef 4,6). Infatti, sopra tutti il
Padre, con tutti il Verbo, poich per
mezzo suo ogni cosa stata fatta dal Padre,
e in noi tutti lo Spirito che grida: Padre
(Gal 4,6) ed egli ha conformato luomo a
somiglianza di Dio. Dunque, lo Spirito
manifesta il Verbo e perci i profeti
annunziavano il Figlio di Dio, ma il Verbo
comunica lo Spirito e perci Lui che
comunica ai profeti i loro messaggi e porta
e innalza luomo fino al Padre.
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C' un solo Dio Padre, increato, che non ha inizio. E' Dio invisibile e creatore di tutte le cose. Al
di sopra del Padre non vi altro dio. Ci ci richiama al contesto del credo della chiesa, che
stabilisce il cuore della fede contro le eresie del tempo. Poich Dio razionale (loghikos) ha creato
le cose tramite la razione (logos). Lo Spirito ha portato a compimento tutta la creazione; ha fatto le
cose per la bellezza della creazione (). Per opera del Logos sono stati stabiliti i cieli, e per
opera dello Spirito ha portato a compimento tutta la creazione. Il Verbo compie le opere fisiche,
mentre lo Spirito ordina tutto, le varie potenze angeliche incluse. In sostanza Ireneo spiega che tutta
la trinit responsabile ed presente nellopera della creazione. Perci, giustamente e
convenientemente il Verbo viene chiamato Figlio, mentre lo Spirito chiamato Sapienza di Dio (v.
il termine Sofia usato anche dagli gnostici che vedono in essa l'origine del mondo materiale, nel
senso che la Sofia era leone che ha tentato di conoscere il padre con la sua propria forza e non ha
avuto successo, cadendo, cos, dal mondo celeste). Il nesso tra lo Spirito e la Sapienza proviene dal
mondo semitico: il ruah sostantivo femminile nel ambiente asiatico e semitico.
Sopra tutte le cose c il Padre, tra tutte le cose c il Verbo. Qui si nota una distinzione
importante che evidenzia lespressione per mezzo di lui, che distingue il Verbo dal Padre. In noi
tutti vi lo Spirito, che modella luomo a somiglianza di Dio (Gen 1,26). Ci un aspetto
caratteristico della dottrina di Ireneo, perch nei sui scritti c una distinzione tra limmagine e
similitudine di Dio nelluomo. A causa del peccato, pur rimanendo nelluomo limmagine di Dio,
viene oscurata la somiglianza dell'uomo con Dio. Lopera dello Spirito quella di ripristinare la
somiglianza con Dio. Con la redenzione questa viene ristabilita, rinnovata e perfezionata. Lo Spirito
rivela il Verbo che, in torno, comunica lo Spirito. Lo Spirito innalza l'uomo fino al Padre.

Dopo larticolo del credo sulla creazione, Ireneo spiega nel cap. 6 che questo sia lordo
dispositionis, cio l'economia, del sistema della nostra fede. Esso costituisce il fondamento
dell'edificio cristiano, ma costituisce anche la conversatio con Dio, cio non il dialogo ma la
nostra condotta di vita.

Et hoc est ordo-dispositionis () fidei
nostrae et fundamentum aedificii et
firmamentum conversationis:
Deus Pater infectus (), incapabilis
(), invisibilis, unus Deus, Factor
universi hoc primum captulum ()
fidei nostrae.
Secundum autem capitulum Verbum Dei,
Filius Dei, Iesus Christus Dominus noster qui
prophetis apparuit secundum characterem
() prophetiae eorum et secundum
habitum () dispositionum
() Patris, per quem facta sunt
omnia, qui et in fine temporum ad
recapitulanda-et-instauranda (
) omnia homo in hominibus factus (est)
visibilis et palpabilis, ad destruendam
mortem et ostendendam vitam et
comunionem-concordiae () Dei et
hominis operandam.
Tertium autem capitulum: Sanctus Spiritus,
Questa leconomia della nostra fede, il
fondamento delledificio e la base della
nostra condotta:
Dio Padre, increato, illimitato, invisibile,
unico Dio creatore di ogni cosa: ecco il
primo articolo della nostra fede.

Il secondo il Verbo di Dio, Figlio di Dio,
il Signor nostro Ges Cristo, manifestato ai
profeti in forme diverse secondo le
disposizioni (testamenti) del Padre, per
opera del quale fu creata ogni cosa. E lui
che nella pienezza dei tempi (Dn 11,13), per
ricapitolare (cfr. Ef 1, 10) ogni cosa, si
fatto uomo tra gli uomini, visibile e
tangibile, per distruggere la morte e
manifestare la vita, per operare lunione tra
Dio e luomo.



E il terzo articolo lo Spirito Santo, per
virt del quale i profeti hanno profetato e i
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per quem prophetae prophetaverunt et patres
didicerunt (ea quae sunt) Dei et iusti directi
sunt in viam iustitiae, et qui in fine temporum
effusus est nove in humanitatem in omnem
terram renovans hominem Deo.
patriarchi furono istruiti nella scienza di Dio
e i giusti guidati nella via della giustizia; il
quale alla fine dei tempi (Dn 11,13) stato
diffuso in nuovo modo sullumanit, per
tutta la terra, rinnovando luomo in Dio.

Dio Padre increato, non circonscritto, invisibile, unico Dio, creatore delluniverso. Ci il
primo kefalaion della nostra fede. Poi il secondo articolo: il Verbo di Dio, il Figlio di Dio, Ges
Cristo, nostro Signore, che si manifesta ai profeti secondo i disegni provvidenziali del Padre. Poi
nella pienezza dei tempi attua la storia della salvezza: egli venuto come uomo tra gli uomini per
ricapitolare la storia dell'uomo, per riportarlo alla sua vera origine. Si fatto visibile ed tangibile,
per distruggere la morte. In questo senso, Ireneo parla anche della koinonia, lunit tra Dio e gli
uomini che la vera comunione: lui venuto per rinnovare ristabilendo la rassomiglianza
delluomo con Dio. Lo Spirito Santo stato diffuso sullumanit per far nuovo luomo ovunque e
riportarlo a Dio.

Con il cap. 7 si chiude il cerchio del discorso che Ireneo fa sul rinnovamento delluomo e del
creato, introducendo il lettore alla realt battesimale di ogni cristiano:
Et propter hoc regenerationis
() nostrae baptisma per tria
haec perficitur capitula () (eam
quae est) in Deum Patrem regenerationem
() nobis donans ()
per Filium suum in Spiritu sancto: qui enim
tollentes-portant () Spiritum Dei
cedunt () in Verbum, hoc est in
Filium, Filius autem ducens-offert
() Patri, Pater autem tribuit
() incorruptibilitatem. Igitur non
sine Spirito est videre Verbum Dei, neque
sine Filio potest quis accedere ad Patrem:
cognitio enim Patris Filius, cognitio autem
Filii Dei per Spiritum sanctum; Spiritum
autem secundum beneplacitum Patris Filius
ministerialiter-dispensat () in quos
voluerit et quemadmodum voluerit Pater.
Per questo nella nostra rigenerazione il
battesimo procede per questi tre articoli
elargendoci in grazia la rinascita in Dio
Padre mediante il Figlio per opera dello
Spirito Santo. Coloro che possiedono lo
Spirito di Dio vengono condotti al Verbo,
cio al Figlio e il Figlio li accoglie e li
presenta al Padre e il Padre li costituisce
incorruttibili. Senza lo Spirito non dato di
vedere il Verbo di Dio, come nessuno pu
senza il Figlio accostarsi al Padre. Il Figlio
la sapienza del Padre e la conoscenza del
Figlio opera dello Spirito Santo; ma il
Figlio dispensa lo Spirito, secondo che
piace al Padre, attraverso il ministero
carismatico, a quelli che vuole e come vuole
il Padre.

Il medesimo Spirito ci rinnova perfezionando la nostra rassomiglianza con il Padre. Ci avviene
sempre nella formula trinitaria del credo battesimale (v. anche la Traditio Apostolica attribuita ad
Ippolito). Ireneo pone in evidenza il dinamismo che si sviluppa tra le tre Persone divine che sono
impegnate nel rifare luomo nuovo. Ci richiama nuovamente al tema della ricapitolazione, molto
caro ad Ireneo.
Il battesimo procede attraverso i tre articoli di fede sopra menzionati: il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo. La formula trinitaria usata durante il battesimo ci accorda la grazia della nuova
nascita in Dio per mezzo del Figlio nello Spirito. Coloro che portano in s lo Spirito di Dio vengono
condotti al Verbo ed egli poi li presenta al Padre. Il Padre dono loro lincorruptibilit. Senza lo
Spirito nessuno pu vedere il Figlio e senza il Figlio nessuno pu avvicinarsi al Padre, Tramite lo
Spirito possiamo conoscere Ges e tramit lui l'opera del Padre.

33
Conclusione
98. Haec est, dilectissime, praedicatio
() veritatis, et hic est character
salutis nostrae, et baec est via vitae quam
adnuntiaverunt (quidem) prophetae,
confinavit autem Christus, apostoli vero
tradiderunt (), ecclesia autem in
universo mondo tradit () filiis
suis. Quam oportet cum omni diligentia
custodire [sana sententia et] placentes Deo
operibus bonis et sana sententiamentis
().
Questa, carissimo, la predicazione della
verit, questa la via della nostra salvezza,
la via della vita annunziata dai profeti,
confermata da Cristo, presentata dagli
apostoli e trasmessa dalla chiesa in tutto il
mondo ai suoi figli. Essa deve essere
custodita con ogni fedelt, con buona
volont e con piacere a Dio mediante opere
buone e sani costumi.

Ireneo sottolinea il kerygma come proclamazione della verit. La predicazione indica la via e la
vita. la stessa strada della salvezza proclamata dai profeti, da Cristo, dagli apostoli e dalla chiesa,
secondo una successione (tradizione apostolica) che garantisce la verit in seno alla tradizione.
Questa fede che la proclamazione della verit, d il carattere al nostro peregrinaggio verso le
promesse celesti. Ireneo segue la successione della tradizione, per accenare la verit che deve essere
custodita. Questa tradizione non va soltanto custodita solo nella mente, ma soprattutto coinvolge
tutta la vita del cristiano caratterizzata dalle opere buone; perci non pu essere solo un credo
intellettuale.

Con i capp. 99-100 Ireneo torna a criticare gli eretici contrapponendo nuovamente alla loro
dottrina quella cristiana ortodossa:

Quando non Deum Patrem alium quendam
esse putaverit quispiam praeter (eum qui)
fecit nos, quemadmodum haeretici putant;
(eum quidem) qui est Deum frustrant
(), (eum) autem (qui) non est idolum
faciunt () et Patrem sibi sopra
(coni qui) fecit nos plasmant, maius aliquid
quam veritatem putant seipsos invenire:
omnes enim hi impii et blasphemi in suum
Factorem et Patrem sunt, quemamodum in
Exprobratione et eversione falsi nominis
agnitionis demonstravimus.
Alii autem iterum adventum Filii Dei et
dispositionem () incarnationis
eius contemnunt quam apostoli tradiderunt et
prophetae antea indicaverunt recapitulatio-
nem () futuram esse
humanitatis, quemadmodum per pauca
ostendimus tibi, et huiusmodi adhuc cum
incredulis disponentur-adnumerati (
).
Alii autem dona Spiritus sancti non recipiunt
et abiciunt a seipsis charisma propheticum,
quo homo irrigatus fructificat vitam Dei. Hi
Non permettere che alcuno pensi che vi sia
altro Dio Padre che il demiurgo, come
pensano gli eretici; essi disprezzano il vero
Dio e si fanno un idolo di uno irreale e
creano per se stessi un padre superiore al
nostro creatore e credono di aver trovato per
conto loro qualche cosa di pi grande che la
verit. Essi sono tutti malvagi e
bestemmiano il loro creatore e Padre, come
noi abbiamo dimostrato nella Denuncia e
confutazione della pseudo-gnosi.

Altri ancora disprezzano la venuta del
Figlio di Dio e leconomia della sua
incarnazione, che gli apostoli ci hanno
tramandato e che i profeti hanno predetto
come ricapitolazione dellumanit, come ti
abbiamo dimostrato in breve. Anche questa
gente deve essere contata tra gli increduli.



Altri non ammettono i doni dello Spirito
Santo e respingono il carisma della profezia,
imbevuto della quale luomo d frutti di vita
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autem sunt (qui) ab Esaia dicti (sunt) Erunt
enim, ait, sicut terebinthus foliis orbata et
sicut hortus qui aquam non habet. Et
huiusmodi in nihilo sunt utiles Deo, cum
nullum possint fructum ferre
(karpoforw).
in Dio. Questi sono quelli dei quali dice
Isaia che saranno come un terebinto senza
foglie e come un giardino senza acqua (Is
1,30). E difatti questa gente inutile per
Iddio, al quale non possono portare alcun
frutto.
100. Igitur, erga tria capitula sigilli
() nostri error plurimos excidentes
fecit a veritate: vel Patrem enim contemnunt,
vel Filium non admittunt dispositioni
() incarnationis eius contradicunt
-, vel Spiritum non accipiunt, hoc est prophe-
tiam spernunt. A talibus autem omnibus nos
cavere oportet et fugere ab eorum sententia
(), siquidem volumus placere Deo et
(eam quae) ab eo (est) consequi salutem.
Cos lerrore, rispetto a questi tre articoli del
nostro sigillo, ha portato a divagazioni
molto lontane dalla verit. Essi, o
disprezzano il Padre, o respingono il Figlio
parlando contro leconomia della sua
incarnazione, o non accettano lo Spirito,
ossia rinnegano la profezia. Noi dobbiamo
conoscere tutta questa gente e fuggire le
loro vie, se vogliamo veramente piacere a
Dio e ricevere da lui la salvezza.

Per Ireneo, gli gnostici sono i veri disprezzatori e nemici di Dio: pongono il loro Dio al di sopra
della verit stessa. Disprezzano la venuta del Figlio di Dio come uomo vero (v. i Doceti che parlano
di un Cristo che viene solo in apparenza: essi negano l'incarnazione di Cristo). Altri ancora non
ammettono o negano lo Spirito Santo e i suoi doni e perci respingono il carisma della profezia.
Per Ireneo la ricapitolazione ha due momenti: l'incarnazione e la consegna della storia dell'uomo
da parte del Figlio (o dello Spirito) nelle mani del Padre alla fine del tempo. Ireneo arriva a dire che
lerrore degli gnostici contro gli articoli del sigillo cristiano (sfraghis), cio contro i tre articoli
principali della fede professata nel battesimo. La soluzione per i fedeli: conoscere questa gente e
fuggire le loro vie, se vogliamo la salvezza.

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