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VI - LITURGIA AMBROSIANA

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N. VALLI, “La Veglia Pasquale nella liturgia ambrosiana (II). La catechesi veterotestamentaria”, Ecclesia
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N. VALLI, “La Veglia Pasquale nella liturgia ambrosiana (III). Dall’Annuncio della risurrezione ai riti
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2
N. VALLI, “La struttura dell’evangeliario ambrosiano e le sue radici storiche”, Rivista Liturgica 100/1
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N. VALLI, “Ordinamenti e forme celebrative della Chiesa di Gerusalemme tra IV e V secolo e loro
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N. VALLI, Breve introduzione al rito ambrosiano. Santa messa e liturgia delle ore, Ancora, Milano 2014.

N. VALLI, Il Triduo pasquale ambrosiano (BELS 176), CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 2016.

N. VALLI, «La domenica delle Palme nella liturgia ambrosiana», Ecclesia orans 33 (2016) 49-92.

N. VALLI, «Il Triduo pasquale ambrosiano: prospettive sintetiche», La Scuola Cattolica 144 (2016) 93-117.

N. VALLI, «Le tre messe di Natale nella liturgia ambrosiana», Ecclesia orans 35 (2018) 253-305.

N. VALLI, “La santa messa nella vigilia di Natale secondo il rito ambrosiano”, La Scuola Cattolica 148
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A. WARD, “The Lectionary of the Ambrosian Rite”, QL 70 (1988) 232-243.

N. B. Per una presentazione del rito ambrosiano si vedano i fascicoli:


Ambrosius 85/n. 1 (2009): Il Lezionario secondo il Rito della Santa Chiesa di Milano
Rivista Liturgica (96/n. 4) 2009: La tradizione liturgica della Chiesa ambrosiana.

1 – Nome
L’attributo “ambrosiana”, con il quale è conosciuta la liturgia della Chiesa di Milano, fa
riferimento evidentemente all'insigne Vescovo di questa Chiesa S. Ambrogio (+397). È
opportuno precisare l’eccezionalità, nel panorama sia orientale che occidentale, della
definizione di un rito in riferimento non a una città o a un territorio, bensì a una singola
personalità. Il santo vescovo Ambrogio (+397) non può, certo, essere considerato unico
organizzatore o autore del rito al quale ha dato il nome1. Prima di lui Milano aveva

1
Si potrebbe trovare un’analogia nell’attributo “isidoriano” assegnato da taluni al rito ispano-
mozarabico: “El adjectivo «isidoriano» asocia esta liturgia al arzopisbo de Sevilla san Isidoro (c.
560-636). Éste fue un personaje clave en la elaboración del rito: compuso varios textos litúrgicos,
presidió el concilio IV de Toledo (año 633), que fue el que más cánones dedicó a la liturgia, y
redactó personalmente las actas del mismo... Sin embargo, este arzobispo de Sevilla no fue el
único forjador del rito hispano-mozarabe”: J. A. GOÑI BEASOAIN DE PAULORENA, Compendio de
la misa en el rito hispano-mozarabe (Cuadernos Phase 195), Centre de Pastoral Liturgica,
Barcelona 2010, p. 11. Tuttavia, non risulta che tale appellativo abbia conosciuto l’uso e la
diffusione che si riconoscono ad “ambrosiano” per quel che concerne il rito della Chiesa di Milano
e, più in generale, tutto quel patrimonio di vita ecclesiale che da Landolfo Seniore in poi è stato
definito ordo ambrosianus (per una dettagliata presenazione dell’argomento cf. C. ALZATI, Il
3
maturato una propria tradizione liturgica; quando fu eletto vescovo, Ambrogio assunse
infatti la guida di una Chiesa retta già da una considerevole serie di pastori, ai quali
evidentemente si lega la pratica di un ordinamento cultuale2. L’Ambrosianum mysterium
non nasce pertanto con Ambrogio. Esso affonda le proprie radici nella vicenda ecclesiale
che precedette Ambrogio. Di Ambrogio porta comunque la voce e soprattutto manifesta le
modalità con cui l’eredità di lui è stata definita e vissuta lungo i secoli nel contesto
dell’ecumene cristiana3. Si ha notizia, inoltre, di vescovi suoi successori che hanno svolto
un ruolo assai rilevante nell’ambito liturgico. Ciò non toglie che la sua opera sia stata di
importanza capitale, al punto che “ambrosiana” fin dall’epoca alto-medievale è definita la
chiesa gravitante attorno alla sede episcopale di Ambrogio4 e, di conseguenza, la liturgia
che a lui si ispira; l’attributo “milanese”, spesso inteso quale sinonimo di ambrosiano, a
rigore dovrebbe essere usato come ulteriore specificazione in riferimento agli usi tipici
della Chiesa metropolitana, ancora oggi caratterizzati da elementi distintivi.
Volendo tracciare una mappatura dell’attuale diffusione del rito ambrosiano, si deve
rilevare la sua presenza in quasi tutta l’archidiocesi di Milano, alla quale appartengono
però anche parrocchie, per ragioni storiche, divenute di rito romano, dopo essere state

Lezionario della Chiesa ambrosiana. La tradizione liturgica e il rinnovato “ordo lectionum”


[Monumenta Studia Instrumenta Liturgica 50], Libreria Editrice Vaticana - Centro Ambrosiano,
Città del Vaticano – Milano 2009, 3-33). L’identità ambrosiana della Chiesa milanese, che trova
nel “mistero cultuale” la sua più evidente manifestazione, non è “disgiungibile da una tradizione di
carattere dottrinale (diretto riflesso del magistero di Ambrogio) e da precisi ordinamenti canonici e
forme di vita ecclesiale (le cui radici sono da ricercare nella concreta vicenda storica della Chiesa
di Ambrogio)”: ibid., 25.
2 È noto il passo della lettera alla sorella Marcellina in cui Ambrogio si riferisce alla lettura del

libro Giona nella celebrazione del giovedì santo, considerandola “de more” (cf. Epistula 76,25-26,
in Sancti Ambrosii Opera 10. Epistularum Liber decimus. Epistulae extra collectionem, Gesta
Concilii Aquileiensis, ed. M. Zelzer [CSEL 82], Tempsky-Freytag, Praha-Wien- Leipzig 1982, p.
123) e dunque già consolidata nell’ordinamento liturgico milanese. “Resta ovviamente aperto il
problema di quando sia stato stabilito un ordinamento di letture, che già Ambrogio poteva additare
quale mos nella Chiesa milanese...”: C. ALZATI, SANCTO AMBROSIO SERVIENTES CLERICI. Una
Chiesa, un presbiterio, l’ecumene, in La Scuola Cattolica 134 (2006) pp. 19-33: 29.
3 Ibid., pp. 29-30.
4 La consapevolezza del legame appare nitidissima nell’anonimo carolingio De vita et meritis

Ambrosii, 96: Quicquid namque in hac Mediolanensi eclesia potest esse uirtutum uel gratiae, ex
eius (scil. Ambrosii) magisterio per Deum processisse non dubitatur: P. COURCELLE, Recherches
sur saint Ambroise. “Vies” anciennes, culture, inconographie, Etudes Augustiniennes, Paris 1973,
p. 121 (l’opera era stata precedentemente pubblicata in Vita e meriti di S. Ambrogio. Testo inedito
del secolo nono illustrato con le miniature del salterio di Arnolfo, a cura di A. Paredi [Fontes
Ambrosiani 37], Ceschina, Milano 1964). In questa “Vita” di sant’Ambrogio, che gli studi più
recenti fanno risalire all’episcopato di Angilberto II (cf. P. TOMEA, Ambrogio e i suoi fratelli. Note
di agiografia milanese, in Filologia mediolatina 5 [1998] pp. 149-240: 186), si trova per la prima
volta l’espressione Ambrosiana Ecclesia (cf. P. COURCELLE, Recherches sur saint Ambroise, cit.
67, p. 99), ripresa in una lettera di Giovanni VIII dell’881: cf. Epistolae Karolini Aevi 5, 269
(MGH, Epistolae 7), p. 237.
4
“patriarchine”, cioè di tradizione liturgica aquileiese. Sono altresì di rito ambrosiano
alcune pievi delle diocesi di Lugano, Bergamo e Novara, anticamente legate alla
giurisdizione ecclesiastica della metropoli milanese. Si tratta dunque della liturgia
occidentale non romana praticata dal maggior numero di fedeli, il cui rinnovamento,
ispirato alle direttive conciliari, è tuttora in corso e, dopo la pubblicazione del messale, del
lezionario, di alcuni rituali e dei diversi volumi della Liturgia delle ore, mira a completare
la revisione dei restanti libri liturgici.

2 – Origini
Anzitutto dobbiamo accennare alla leggendaria tesi, rilanciata da Visconti nel suo De ritibus
Ecclesiae Mediolanensis, che sostiene l'origine apostolica della liturgia ambrosiana,
attribuendo la sua istituzione all’apostolo Barnaba. I Cataloghi apocrifi dei 72 discepoli
attribuiti a Epifanio e a Doroteo, seguiti da quelli posti sotto il nome di Ippolito e Simone
Logoteta, riprendendone altri di origine siro-palestinese, indicano infatti in Barnaba il primo
vescovo di Milano. Il Libellus de situ civitatis Mediolani, che gli studi più recenti collocano
tra la fine del X secolo egli inizi dell’XI, (Arnolfo II + 1018), fa di Anatalo, il proto-vescovo di
Milano, un discepolo di Barnaba che l’apostolo avrebbe istituito al momento di tornare in
Oriente. Da ciò l’insistita affermazione della superiorità della metropoli milanese su ogni altra
Chiesa d’Italia al di fuori di Roma.
Dal dato tradizionale, passiamo ora alle ipotesi storiografiche.

2.1 - Origine orientale: tesi di Duchesne e di Mercati

Duchesne, Mercati, Lejay e Cattaneo sostengono che i riti gallicani, fra i quali annoverano
il rito ambrosiano, hanno punti di convergenza con i riti orientali, siriaci e greci. Sarebbero
stati questi antichi riti, rielaborati a Milano, a dar vita nella stessa metropoli al rito
gallicano, che si sarebbe poi esteso alla Gallia e persino alla Spagna. Milano, nei secoli IV
e V aveva un influsso quasi patriarcale e fu punto nevralgico dello sviluppo liturgico.
Aussenzio, il vescovo ariano che ha guidato la Chiesa di Milano per venti anni (355-374),
come si è detto in precedenza, provenendo dalla Cappadocia sarebbe stato il responsabile
degli influssi orientali. Ambrogio avrebbe consacrato con l’accoglienza e la pratica usi
importanti anteriormente, eliminando le tracce di arianesimo5.
Mercati, più che proporre una teoria sulle origini della liturgia, espone una lunga serie di
presupposti per illustrare, almeno sul piano dell'ipotesi, l'origine orientale della liturgia
ambrosiana:
- la relazione e gli influssi tra ariani di Oriente ed Occidente;
- il soggiorno dei Vescovi occidentali nell’Oriente a motivo dei concili, dell’esilio, delle
visite alla corte imperiale, dei pellegrinaggi (in Terra Santa);
- le invasioni dei barbari ariani o pagani, la cui conversione forse supporrebbe una
adattamento al loro culto;
- la dominazione ostrogota e bizantina in Italia;
- la presenza di vescovi con nome greco fra i dieci predecessori di Ambrogio nella sede di
Milano;

5
L. DUCHESNE, Les origines du culte chrétien, Paris 1898, 81-99.
5
- il textus receptus del Simbolo degli Apostoli, in alcuni dettagli attestante una
provenienza dalla Siria (dall'Oriente è arrivato a Milano tramite i Balcani e Aquileia alla
fine del sec. IV. Da Milano è passato a Lerins);
Tutti questi dati sono indizi degli influssi tra Oriente ed Occidente tramite Milano6.

2.2 - Origine romana: tesi di Probst, Ceriani, Magistretti, Cagin

Parecchi autori intendono dimostrare, invece, le radici romane della liturgia ambrosiana.
Probst fu il primo a sostenere l’unità originaria delle antiche liturgie occidentali,
riconoscendo in Roma il centro di irradiazione.
Secondo Ceriani e Magistretti, l’ordinario della messa ambrosiana corrisponderebbe a
quello della messa romana anteriore alla riforma gregoriana e gelasiana. La conferma che
fosse giunto direttamente da Roma, si troverebbe, per Ceriani, nella lettera di Innocenzo I a
Decenzio di Gubbio, del 416.
Cagin, nel tomo V della sua Paléographie Musicale vuole dimostrare l’unità di tutte le
liturgie occidentali, fondando il suo asserto su due argomenti, quello che lui indica come
embolismo, ossia il fenomeno della variabilità delle formule, e l’incipit della narratio
institutionis nel canone (Qui pridie). Rispetto all’invariabilità dei testi della messa (letture
e canti esclusi) nelle liturgie orientali in ogni giorno dell’anno, le liturgie latine hanno
sviluppato formulari speciali per ogni ricorrenza liturgica, dando origine ai sacramentari.
L’altro dato da considerare è che al Qui pridie delle liturgie occidentali, è preferito l’In
qua nocte nelle orientali7.
In sintesi, l’idea di Cagin è che la liturgia ambrosiana rappresenti lo stadio primitivo della
liturgia romana8.

2.3. La tesi di Triacca

Triacca, sviluppando il tema delle origini del rito9, accenna alle due opinioni già citate,
cioè quelle della provenienza orientale e occidentale, e rifiuta la tesi di Duchesne sul
gallicanesimo della liturgia ambrosiana, ritenendo ugualmente errato sia porre la liturgia
ambrosiana nel filone gallicano, sia fare della liturgia gallicana una diramazione
dell’ambrosiana. Piuttosto si possono riconoscere influenze varie che, fuse con elementi di
antica romanità, hanno donato alla liturgia ambrosiana i suoi tratti peculiari.
Triacca presenta una serie di considerazioni a proposito degli ambiti da cui sono sorti i
testi eucologici e delle idee teologiche dalle quali essi hanno preso ispirazione.
La matrice profonda in cui si radica la liturgia ambrosiana è l’antiarianesimo
Nel suo sorgere (sec. IV-V), nel suo svilupparsi (secc. VI-VII), e nel suo stabilizzarsi
(secc. VIII-IX), la liturgia ambrosiana ha dovuto sempre lottare contro l’arianesimo, sia
quello puro (sec. IV-V), sia quello barbarico (secc. VI-VII), e pure contro gli epigoni
dell’arianesimo (secc. VIII-IX). Per lo studio delle fonti si deve dunque tener presente la
questione ariana. Il forte “cristocentrismo” è un riflesso della spinta a combattere

6
P. LEJAY, “Ambrosien (Rite)”, in DACL 1, 1373-1441.
7
Le argomentazioni non sono ritenute da altri studiosi così probanti.
8
Cf P. LEJAY, “Ambrosien (Rite)”, 1381.
9
A. M. TRIACCA, “La liturgia ambrosiana”, in Anàmnesis 2, Casale Monferrato 1978, 88-110.
6
l’arianesimo che cessa di esistere solo con la metà del sec. VIII, quando nei maggiori
centri a reggere il popolo di Dio è ormai un clero ortodosso. Il fondo eucologico, nelle sue
due redazioni di IV-V sec. e di VI-VII e poi nella revisione di IX-X, ha questo filo
conduttore.
Tra le fine del V e gli inizi del VI secolo sono da segnalare per Triacca eventi di notevole
rilievo nei quali fu coinvolta la Chiesa milanese: prima lo scisma acaciano (482-518)10,
durante il quale, forte della sua tradizione dottrinale, si mantenne fedele all’assunto
calcedonese, e poi la questione dei Tre Capitoli11, dalla cui condanna, sottoscritta da Roma
e Ravenna, prese le distanze con il resto dell’Occidente. Triacca ritiene che tali eventi
10
Acacio, patriarca di Costantinopoli (471-489), durante l’usurpazione del trono non approvó la
politica filomonofisita dell’Imperatore e confermò l’adesione a Calcedonia (una ipostasi e due
nature) e al Tomus Leonis. Restituito Zenone al trono, Acacio consigliò all’Imperatore una politica
di compromesso con i monofisiti, che si concretizzò nella publicazione dell’Henoticon (482). Ma a
Roma Felice III, dopo una infruttuosa missione romana a Costantinopoli, dichiarò Acacio deposto
e scomunicato: cf. M. SIMONETTI, Acacio di Constantinopoli (scisma acaciano), in Dizionario
patristico e di antichità cristiane 1, a cura di A. Di Berardino, Marietti, Casale Monferrato 1983, p.
23. Tutto questo avveniva nel 484 e, poiché Acacio non recedette dalle sue posizioni, era ormai un
fatto compiuto il cosiddetto «scisma acaciano», uno scisma in cui, escluse da tutte le parti, le
questioni di fede non ebbero parte alcuna, mentre furono implicate al massimo grado quelle
personali. Per tutta la vicenda, protrattasi fino alla morte dell’imperatore Anastasio, nella quale si
pose la questione della cancellazione del nome di Acacio dai dittici constantinopolitani, ribadita
con forza da papa Gelasio, cf. Storia della Chiesa 3. La Chiesa tra Oriente e Occidente, a cura di
H. Jedin, Jaca Book 1978, pp. 3-16.
11 Nel tentativo di cercare un accordo con i monofisiti, Giustiniano pubblicò nel 544 ca. un editto

in cui condannava post mortem Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Ciro e Iba di Edessa (Tre
Capitoli). Egli richiese l’approvazione di Roma. Papa Vigilio condannò i Tre Capitoli (548),
riaffermando la validità del Concilio di Calcedonia (che aveva riconosciuto l’ortodossia dei tre). Il
concilio cominciato a Costantinopoli confermò la condanna dei Tre Capitoli l’8 dicembre 553. Le
reazioni in Occidente furono negative (cf. M. SIMONETTI, Tre Capitoli [quesitone dei], in
Dizionario patristico e di antichità cristiane 2, a cura di A. Di Berardino, Marietti, Casale
Monferrato, 1983, pp. 3507-3508). L’iniziativa di Giustiniano non poteva in alcun modo trovare
approvazione presso gli occidentali, che rimanevano schiettamente legati ai contenuti dottrinali
espressi a Calcedonia e non avevano sperimentato in modo diretto i disagi della contestazione
monofisita (cf. C. PASINI, Le discussioni teologiche a Milano nei secoli dal IV al VII, in Diocesi di
Milano 1, a cura di A. Caprioli – A. Rimoldi – L. Vaccaro [Storia religiosa della Lombardia 9],
Editrice “La Scuola”, Brescia 1990, pp. 43-82: 67-68). Se il metropolita milanese Dazio, trattenuto
con papa Vigilio a Costantinopoli, fu probabilmente costretto come questi a piegarsi alle
deliberazioni del Concilio del 533, morendo subito dopo sulle rive del Bosforo, la sua Chiesa si
conservò irremovibile con Aquileia nella difesa della fede calcedonese (cf. C. ALZATI,
Ambrosianum Mysterium, cit., 2000, pp. 62-63). A giudizio di Alzati, “se ciò che le Chiese
tricapitoline intendevano fedelmente custodire si configurava per loro come l’autentica tradizione
ortodossa sancita dai padri, questo stesso patrimonio di fede non poteva non assumere ai loro occhi
anche una dimensione profondamente universale: in esso stava il fondamento di unità con tutte le
Chiese che, sparse nel mondo, erano compartecipi di quella comune eredità, base e criterio della
comunione cattolica”: C. ALZATI, «Pro sancta fide, pro dogma patrum». La tradizione dogmatica
delle Chiese italiciane di fronte alla questione dei Tre Capitoli. Caratteri dottrinali e implicazioni
ecclesiologiche, in IDEM, Ambrosiana Ecclesia. Studi su la Chiesa milanese e l’ecumene cristiana
fra tarda antichità e medioevo (Archivio Ambrosiano 65), Ned, Milano 1993, pp. 97-130: 115-
116.
7
abbiano avuto ripercussioni sulla liturgia12, ma non offre in merito una precisa
documentazione che possa giustificare la sua deduzione.
Lo studioso riconosce nell’alveo ambrosiano, insieme a elementi di antica romanità, varie
influenze, derivate, in primo luogo, dai vivi contatti con l’Oriente, anche tramite Ravenna,
specialmente nel periodo dell’esilio genovese dei vescovi (571-641), e poi dai rapporti con
Aquileia, ricordando che tra Milano e Aquileia è situata Verona, sede di un grande
scriptorium liturgico nell’antichità cristiana. A suo avviso non si possono altresì
dimenticare le relazioni con l’Africa cristiana risalenti al tempo di Ambrogio, pensando ad
Agostino, che ricevette il battesimo a Milano, e ad altre eminenti figure, presenti nella
metropoli, come il figlio Adeodato e Alipio futuro vescovo di Tagaste, né le tangenze con
l’oltralpe, in particolare con i monaci di provenienza iro-scozzese gravitanti intorno a
Bobbio13. Dunque per lui “è più che ovvio intravedere in questi contatti culturali, anzi in
questi autentici scambi, una massa di influssi” destinati a incidere in particolare
sull’eucologia ambrosiana. Si deve, tuttavia, rilevare che la dimostrazione di queste pur
interessanti intuizioni fu rinviata dallo studioso a ulteriori contributi, in verità non
disponibili.

2.4. Per concludere

Di recente Smyth ha osservato come tra IV e V secolo Milano abbia sviluppato un liturgia
propria, da lui considerata di tipo essenzialmente gallicano e arricchita di apporti romani,
orientali e autoctoni14. L’autore considera la “forte influence” da essa esercitata in
Occidente, ma sembra poi identificare la sua evoluzione semplicemente con un’inesorabile
romanizzazione15. Da sottolineare, a nostro avviso, è, invece, è la specificità che nei secoli
la liturgia ambrosiana ha continuato a mantenere nel contesto dell’intera ecumene
cristiana. Ineludibile riferimento, da questo punto di vista, è la modalità di disporre la
lettura dei testi biblici nel corso dell’anno liturgico.
Riprendendo il celebre Versum del Mediolano civitate16 si può opportunamente parlare di
pollens ordo lectionum quanto all’uso liturgico della Scrittura in ambito milanese tra tarda
antichità e alto medioevo17 grazie alle testimonianze pervenute fino a noi.

12
A. M. TRIACCA, La Liturgia ambrosiana, in La liturgia, panorama storico generale (Anamnesis
2), Marietti, Genova 1978 (rist. 1996), pp. 88-110: 94
13
Cf. A. M. TRIACCA, La Liturgia ambrosiana, cit., pp. 95-97.
14
M. SMYTH, «Ante altaria», cit., p. 18.
15
“Cependant, avec le temps, la liturgie milanaise tendra à se romaniser toujours davantage” (ibid.,
p. 19).
16
Cf. Versus de Verona. Versum de Mediolano civitate, a cura di G. B. Pighi (Studi pubblicati
dall’Istituto di filologia Classica 7), Bologna 1960.
17
“L’ordinamento delle letture nelle grandi solennità e nei periodi caratterizzanti il ciclo annuale
(ma altresì nelle maggiori feste dei santi, come suggeriscono le pericopi vetero e neotestamentarie
poste nel VI secolo in appendice al perduto Evangeliario F.VI. 1 della Biblioteca Nazionale di
Torino, nonché la presenza della Depositio di s. Ambrogio nel palinsesto sangallese 908, al f. 111)
era dunque in ambito ambrosiano già stabilmente fissato ben prima dei Carolingi: nella prima parte
del’VIII secolo si poteva pertanto fondatamente parlare di pollens ordo lectionum. Si trattava inoltre
8
3 - Le fonti

3.1 – Frammenti

• Settimo secolo
St. Gallen, Stifsbibliothek, cod. 908 (CLLA 201)
A. DOLD, Palimpsest. Studien 1 (TuA 45), Beuron 1955.
A DOLD, “Le texte de la missa cathecumenorum du cod. sangall. 908”, Rev Ben 36 (1924)
307-316.

Il codice è un palinsesto che reca nella scrittura superiore un florilegio teologico e dei
glossari latini. Lowe (in CLA 7, n.953) fa risalire questo strato al VIII-IX secolo, parlando
di provenienza norditalica o svizzera. M. Ferrari identifica la scrittura con una “precarolina
milanese”18. Tra le parti che compongono il palinsesto quella che ci riguarda direttamente
è costituita dal frammento di sacramentario ambrosiano del VII secolo, con quattro pericopi
scritte per esteso, pubblicata da Dold, che riconobbe nel medesimo palinsesto anche un
livello costituito da un frammento di antifonario ambrosiano del VII-VIII secolo19.

• Ottavo secolo
Monza, Bibli. Capitolare, cod. b-23/141 (CLLA 502).
K. GAMBER, “Teile eines ambrosianischen Messbuches im Palimpsest von Monza aus dem 8
Jh.”, Scriptorium 16 (1962) 3-15.

3.2 – Sacramentari

• Nono secolo (metà)

Bergamo, Archivio della Curia vescovile, 242 (CLLA 505)


Codex Sacramentorum Bergomensis, ed. P. Cagin (Auctarium Solesmense), Solesmes 1900, 1-
176.

di un organico sistema che in diversi suoi elementi, trasmessi alle età successive, manifestava una
precisa continuità rispetto all’età di Ambrogio e significative consonanze con le fonti d’altri ambiti
ecclesiali dell’Occidente latino” (C. ALZATI, Ambrosianum Mysterium, cit., p. 78); cf. anche P.
CARMASSI, Libri liturgici e istituzioni ecclesiastiche a Milano in età medioevale. Studio sulla
formazione del lezionario ambrosiano (Liturgiewissenschaftliche Quellen und Forschungen 85.
Corpus Ambrosiano-Liturgicum 4), Aschendorffsche Verlagsbuchhandlung, Münster 2001, pp.
24ss.
18
M. FERRARI, “Libri liturgici e diffusione della scrittura carolina nell’Italia settentrionale”, in
Culto cristiano e politica imperiale carolingia (Convegni del Centro di Studi sulla spiritualità
medievale 18), Todi 1979, 267-279: 277.
19
Cf A DOLD, Getilgte Paulus- und Psalmentexte unter getilgten ambrosianischen Liturgiestücken
aus Cod. Sangall. 908 (Texte und Arbeiten 14), Leipzig 1928, 3-6 e A. DOLD, “Dove si trovano le
più antiche tracce della Messa milanese”, in Quaderni di ambrosius. Supplementum ad Ambrosius
37 (1961), 3-15.
9
Sacramentarium Bergomense. Ms. del sec. IX della Biblioteca di S. Alessandro in
Colonna in Bergamo, ed. A. Paredi (Monumenta Bergomensia 6), Bergamo 1962
(=Bergomense)

Dall’introduzione di Paredi all’edizione da lui curata risulta che la controversia sulla


datazione possa ritenersi risolta, sulla base di ragioni di ordine paleografico, seguendo
l’opinione di Bischoff che ritiene il Bergomense scritto intorno alla metà del secolo IX20. Il
luogo di provenienza è Milano; destinataria è “una chiesa cattedrale che, almeno in certi
giorni seguiva l’uso liturgico ambrosiano: contiene infatti le preghiere per la benedizione
del crisma e dell’olio che mancano nei sacramentari in uso nella chiese ambrosiane” 21. In
età successiva fu annesso al messale (ff. 1r-11v) un antifonario che riporta, in alcuni casi,
anche gli incipit delle letture. Inoltre ai ff. 12r-17v compare un frammento di lezionario “di
altra mano del decimo secolo”22, con le letture veterotestamentarie delle domeniche di
Quaresima, fino alla domenica in ramis olivarum, e con tre passi degli Atti degli Apostoli
per la vigilia e il giorno di Pasqua e per la Pentecoste 23. Da ultimo si trova un brano
dell’Apocalisse per la messa di dedicazione di una chiesa e alcuni formulari eucologici.
Come gli altri sacramentari milanesi dei secoli IX-XI, anche il Bergomense fu copiato da un
messale destinato alla liturgia della cattedrale. Non è possibile però ricavare altri
particolari circa la sua destinazione.

• Nono secolo (seconda metà)

Milano, Biblioteca del Capitolo Metropolitano, cod. II. D 3. 3 (CLLA 510).


Das ambrosianische Sakramentar D 3-3 aus dem mailändischen Metropolitankapitel, ed. J.
Frei, (Corpus Ambrosiano-Liturgicum 3. Liturgiewissenschaftliche Quellen und
Forschungen 56), Aschendorffsche Verlagsbuchhandlung, Münster Westfalen, 1974.

La datazione proposta da J. Frei coloca il documento intorno all’inizio del secolo X. È


indubbia la sua provenienza dal monastero benedettino di San Simpliciano, in Milano, da
cui prende il nome, come chiara è la peculiare organizzazione liturgica da esso
testimoniata, in cui si evidenziano apporti monastici al rito ambrosiano.

• Decimo secolo

Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. A 24 bis inf. (CLLA 515).


Das ambrosianische Sakramentar von Biasca. Die Handschrift Mailand Ambrosiana A
24bis inf. 1. Teil: Text, ed. O. Heiming (Corpus Ambrosiano-Liturgicum 2
Liturgiewissenschaftliche Quellen und Forschungen 51), Aschendorffsche
Verlagsbuchhandlung, Münster Westfalen 1969.

Per la datazione Heiming, dopo aver riferito le proposte di Wilmart e di Amiet (fine IX
secolo), fa riferimento ad una sua corrispondenza con Bischoff che lo avrebbe condotto a
confermare l’ipotesi della fine del secolo IX. Tuttavia, a suo stesso dire, non vi sarebbero
20
Bergomense, VIII.
21
Bergomense, X.
22
Bergomense, X.
23
Quest’ultimo è erroneamente preceduto dall’indicazione LEC. ESAIE PROPHETE.
10
prove sicure. Il codice proviene dalla Val Leventina nel Canton Ticino. Prima del
1776, anno in cui fu donato all’Ambrosiana, era conservato nella chiesa di Biasca. “Anche
se non per essa, certamente fu scritto per una chiesa plebana, fuori di Milano”24.

Milano, Biblioteca del Capitolo metropolitano, cod. D 3. 2. (CLLA 530).


Il sacramentario di Ariberto, ed. A. Paredi, in Miscellanea Adriano Bernareggi (Monumenta
Bergomensia 1), Bergamo 1958, 327-488.

• Undicesimo secolo

Zürich, Zentralbibliotehk, ms. C 43 (CLLA 535).


Das Sacramentarium Triplex. Die Handschrift C 43 des Zentralbibliothek Zürich, ed. O.
Heiming (, Corpus Ambrosiano Liturgicum 1. Liturgiewissenschaftliche Quellen und
Forschungen 49), Münster 1968.

• Quindicesimo – diciassettesimo secolo25

• Diciottesimo secolo

Missale Ambrosianum. Joseph Cardinalis Puteobonelli Archiepiscopi


auctoritate recognitum, jussu Philippi Archiepiscopi novissime impressum,
Typis Galeatiorum Impressorum Archiepiscopalium, Mediolani 1795.

• Ventesimo secolo26

3.2 - Lezionari

• Quinto/sesto secolo

Tortona, Curia Vescovile (CLLA 545*).


G. GODU (ed.), Codex Sarzanensis. Fragments d’ancienne version latine du quatrième
évangile (Spicilegium Casinense complectens Analecta sacra et profana 2), Montecassino
1936.
N. GHIGLIONE, L'evangeliario purpureo di Sarezzano (s. V/VI) (Fontes Ambrosiani 75),
Vicenza 1984
N. VALLI, “Evangeliario purpureo di Sarezzano (Codex Sarzanensis)”, in Il nuovo
Evangeliario ambrosiano e capolavori antichi. La bellezza nella Parola, ed. U. Bordoni – N.
Valli, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2011, 56-58.

La tesi di N. Ghiglione, espressi in diversi suoi contributi, circa l’ambrosianità di questo


codice è messa in discussione da altri autori27.

24
P. CARMASSI, Libri liturgici, 291.
25
L’elenco degli incunaboli e dei messali a stampa è in A. M. TRIACCA, “Libri liturgici ambrosiani”,
212.
26
Per le edizioni del Messale sotto gli episcopati di Ferrari, Schuster e Colombo, cf ibidem.
27
Cf M. S. PAGANO, “Nuove ricerche sul codice biblico latino purpureo di Sarezzano”,
Benedictina 34 (1987) 3-143: 153-156.
11
• Sesto/settimo secolo

Orléans, Bibl. munic. ms. 184 (161), Leimabdrücke an beiden Innendeckeln (CLLA
540).
Cf K. GAMBER, “Leimbdrücke eines mailändischen Lektionars aus dem 6/7 Jh.”, Scriptorium
15 (1961) 117-121. .

• Nono secolo

Busto Arsizio, Biblioteca Capitolare San Giovanni Battista, M I 14


(CLLA 541, 542*) = Bu
P. BORELLA, “Il capitolare ed Evangeliario Ambrosiano di S. Giovanni Battista in Busto
Arsizio”, Ambrosisus 10 (1934) 210-232.
A. PAREDI, “L’evangeliario di Busto Arsizio”, in Miscellanea Liturgica Card. G. Lercaro 2,
Roma 1967, 207-249.

Il manoscritto M I 14 (Bu) della Biblioteca Capitolare di Busto Arsizio costituisce la


testimonianza più antica dell’ordinamento completo delle letture evangeliche in ambito
ambrosiano. Esso si presenta articolato in tre sezioni: la prima (ff. 1-11r) è costituita
dall’“unico sicuro testimone di un capitulare ambrosiano”28, pubblicato per la prima volta
da Borella nel 193429; la seconda coincide con il vero e proprio evangelistario (ff.11v-
191r) che comprende il testo integrale dei 162 brani elencati nel capitulare e altri 22 brani
per le Domeniche e i giorni dopo Pentecoste (ff. 176v-190v); da ultimo (ff. 191-197) si
trovano le quattro letture agiografiche per l’ordinazione e la deposizione di
sant’Ambrogio, per san Lorenzo e santo Stefano.

Milano, Biblioteca Ambrosiana, A 28 inf (CLLA 543) = I


N. VALLI, L’ordo evangeliorum a Milano in età alto-medievale. Edizione dell’evangelistario A
28 inf. della Biblioteca ambrosiana (Monumenta Liturgica), Libreria editrice Vaticana, Città
del Vaticano 2008.

Il codice A 28 inf. (I) appare complessivamente come un evangelistario, pur non in senso
stretto30. Infatti dei 223 fogli, quelli da 1r a 184r costituiscono un vero e proprio
evangelistario, i ff. 184r-194v contengono un breve epistolario, i ff. 194v-206v le letture
agiografiche per le feste di sant’Ambrogio (Ordinazione e Deposizione), di santo Stefano
(coincidente con la celebre narrazione del libro degli Atti) e di san Lorenzo. Infine i ff.
206v-223v riportano la Passione secondo Giovanni e la passione secondo Marco.
La sua datazione è ascrivibile alla seconda metà del IX secolo, secondo il parere di insigni
paleografi. È molto probabile che possa appartenere agli ultimi anni dell’episcopato di
Angilberto II (824-859), un periodo di creatività dal punto di vista liturgico, in sintonia con

28
P. CARMASSI, Libri liturgici, 89-90.
29
Cf nota bibliografica di inizio paragrafo.
30
Nel catalogo della mostra “La città e la sua memoria. Milano e la tradizione di sant’Ambrogio”
al n.53 viene impiegato il titolo ancor più impreciso di “Evangeliario e lezionario ambrosiano” per
indicare il manoscritto in esame.
12
le innovazioni segnalate da I, in rapporto a Bu. Molto probabilmente il manoscritto fu
realizzato nello scriptorium arcivescovile per la cattedrale, di cui riflette gli usi celebrativi.
Sono proprio questi, infatti, a giustificare la struttura del volume, asserendo l’origine
cattedrale del testo in esame. Infatti che nelle più importanti solennità, quando celebrava
l’arcivescovo, il vangelo competeva all’arcidiacono, mentre il diacono “recedeva, per così
dire, alla proclamazione della seconda lettura...L’evangeliario dell’Ambrosiana, proprio
attraverso l’appendice di epistole, ci permette di ricostruire il calendario secondo il quale,
nel sec. IX, l’arcivescovo di Milano celebrava la messa in rito pontificale”31. Durante
alcune feste stazionali, parimenti, era proclamata dal diacono la passio o depositio.
Da rilevare è infine la preziosa testimonianza offerta dal codice sui luoghi di culto milanesi
in età carolingia. Le 35 pericopi evangeliche riservate alle litanie triduane consentono, tra
l’altro, di ricostruire il percorso delle processioni e le stationes32. Interessandosi
specificamente di esse nelle sue Memorie storico critiche intorno le reliquie ed il culto di
S. Celso martire, il dottore dell’Ambrosiana G. Bugati è il primo autore che tramanda una
descrizione dell’A. 28 inf., risalente ad un’epoca in cui il codice era parte del patrimonio
della “Libreria della Metropolitana”, ossia della Biblioteca Capitolare del Duomo di
Milano, con la segnatura + 10533. La notizia trova conferma nell’Inventario Ceruti dei
manoscritti della Biblioteca Ambrosiana, dove si afferma che il codice fu acquistato dalla
Metropolitana di Milano nell’anno 180034. Non si ha ragione alcuna per dubitare che esso,
fino a quel momento, sia stato sempre conservato presso la Cattedrale milanese, dal
momento che non vi sono tracce di un suo utilizzo al di fuori delle celebrazioni
arcivescovili, e non si registrano interventi sul testo posteriori al XIII secolo.

• Secolo nono/decimo

Bergamo, Biblioteca di S. Alessandro in Colonna, s. n. (CLLA 547)


P. CAGIN, Auctarium Solesmense 1, Solesmes 1900 187-192
A. PAREDI, Sacramentarium Bergomense (Monumenta Bergomensia 6), Bergamo 1962, 28-
34.

• Dodicesimo secolo

Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Fondo Castiglioni, ms. 16


(CLLA 548).

31
M. NAVONI, “Pontificali (riti)”, in DLA, ed. M. Navoni 399-400.
32
Tali questioni, tuttavia, non saranno qui affrontate, ma riservate ad un’eventuale fase ulteriore di
ricerca.
33
G. BUGATI, Memorie storico-critiche intorno le reliquie ed il culto di S. Celso martire con
un’appendice nella quale si spiega un dittico d’avorio della Chiesa metropolitana di Milano,
Milano 1782, 96. Nel Catalogus Codicum Hagiographicorum Latinorum Bibliothecae
Ambrosianae civitatis Mediolanensis si legge alle pp.1-2, relativamente al Codice A. 28 inf.: “Olim
in bibliotheca metrop Mediolan. signatus +105, in bibliothecam Ambrosianam anno 1800 iure
emptionis translatus est”.
34
Inventario Ceruti, 17. Un anonimo bibliotecario dell’Ambrosiana annota, al f. II, che l’attuale
legatura fu eseguita proprio nel 1800, dunque in occasione dell’acquisto del codice.
13
Capitulare Lectionum, in Codex sacramentorum Bergomensis. Accedunt tres indiculi
sive capitularia lectionum epistolarum et evangeliorum antiqua, ed. P. Cagin (Suppl. sive
Auctarium Solesmense. Series liturgica 1), Solesmes 1900, 193-207.
P. CARMASSI, “Ein wiedergefundenes mittelalterliches Lektionar der ambrosianischen
Kirche. Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Fondo Castiglioni, ms. 16 (=CLLA
Nr.548)”, Archiv für Liturgiewissenschaft 35/36 (1993/1994) 358-365.193-207

Per i testi veterotestamentari non si trovano documenti anteriori al mille, salvo qualche
annotazione presente nei sacramentari. Una fonte preziosa per conoscere la serie delle
pericopi profetiche è il Liber Magistri Ceremoniarum, oggi alla Biblioteca Nazionale
Braidense di Milano sotto la segnatura Fondo Castiglioni, ms. 16, un tempo proprietà della
Biblioteca del Capitolo Metropolitano (Fondo del Maestro delle Sacre Cerimonie). Il
manoscritto per ragioni di carattere paleografico si può con sufficiente certezza attribuire
al secolo XII. Contiene soltanto pericopi non evangeliche per la celebrazione eucaristica
domenicale e festiva, tra le quali le letture per le solenni celebrazioni vespertine o per
sinassi mattutine non eucaristiche. Fu pubblicato da P. Cagin nel 1900 in appendice alla
sua edizione del Sacramentario Bergomense. Da lui sappiamo che un certo Franciscus
Castello comprò il libro da un antiquario e in alcuni punti lo ritoccò di propria mano.
Borella ci informa che Ceriani aveva deciso di pubblicare un’edizione del codice, migliore
della precedente, ma la sua opera non venne alla luce. Dalle sue carte però si apprende che
egli si era fatto prestare il manoscritto dalla Biblioteca Capitolare del Duomo. Dalla
rassegna di Gamber del 1968 risulta però che di esso non c’è più traccia. Dobbiamo a P.
Carmassi il suo ritrovamento alla Braidense e la ricostruzione delle sue vicende a partire
dagli anni quaranta35.
Estremamente importante per la ricostruzione del lezionario ambrosiano è pure il codice A
23 bis inf. della Biblioteca Ambrosiana, in cui si è potuto riconoscere una parte che rivela
tratti arcaici e che corrisponde precisamente allo svolgersi della liturgia cardinale, secondo
le dettagliate indicazioni di Beroldo, e insieme individuare alcune fasi evolutive del liber
lectionum36. A questo manoscritto inedito è necessario fare riferimento in particolare per
risalire ai testi scritturistici di alcune liturgie della Settimana Santa.

3.3 – Ordines

Milano, Biblioteca Ambrosiana I 152 inf.


Beroldus sive ecclesiae ambrosianae mediolanensis kalendarium et ordines s.
XII, ed. M. Magistretti, Milano 1894 (= Beroldus)

Il nome di Beroldo, “custos et cicendelarius” della cattedrale milanese, si associa ad una


raccolta di testi soprattutto liturgici di cui egli fu autore o semplice trascrittore, e che sono
stati tramandati in diverse redazioni, essendo andato perduto l’originale. Gli si
attribuiscono il Kalendarium, o meglio le note appostevi, l’Ordo pro denariorum

35
Dalla ricerca effettuata dalla studiosa risulta che il manoscritto arrivò non si sa come a Monaco
presso l’antiquario Halle, da dove ritornò a Milano in possesso dell’antiquario Ulrico Hoepli che lo
mise in vendita insieme a preziosi manoscritti e incunaboli. Acquirente fu l’ingengnere Daniele
Castiglioni che donò i documenti alla Braidense.
36
P. CARMASSI, Libri liturgici, 223.
14
divisione, l’Ordo et caeremoniae Ecclesiae ambrosianae Mediolanensis e l’Expositio
exceptati, che può essere considerata opera autonoma, pur essendo unita all’Ordo et
caeremoniae. Questo è senza dubbio lo scritto più completo e significativo e costituisce
una fonte basilare per conoscere la liturgia ambrosiana nel XII secolo (Beroldo aferma di
scrivere dopo la morte dell’arcivescovo Olrico, avvenuta nel 1126). Descrive infatti le
celebrazioni nel corso della gionata e passa in rassegna poi, secondo l’ordine del
calendario, le ricorrenze dell’anno liturgico. L’Expositio exceptati espone, in particolare, le
consuetudini liturgiche proprie dei giorni che precedono il Natale37

Milano, Biblioteca del Capitolo Metropolitano, cod. D. I. 12 (CLLA 570)


Pontificale in usum ecclesiae mediolanensis necnon Ordines Ambrosiani ex codicibus s. IX-XV
ed. M. MAGISTRETTI (Monumenta Veteris Liturgiae Ambrosianae 1), Milano 1897.

Milano, Biblioteca del Capitolo Metropolitano, cod. 2102 (CLLA 582)


Manuale Ambrosianum II – III, ed. M. MAGISTRETTI (Monumenta Veteris Liturgiae
Ambrosianae 2-3), Milano 105)

3.4. Libri liturgici attuali

• Messale ambrosiano

Missale Ambrosianum iuxta ritum sanctae Ecclesiae Mediolanensis. Ex decreto Sacrosancti


Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum, auctoritate Ioannis Colombo, Sanctae Romanae
Ecclesiae Presbyteri Cardinalis, Archiepiscopi Mediolanensis promulgatum (Mediolani
1981) [da rivedere e adeguare al calendario del 2008]
Messale Ambrosiano secondo il rito della santa Chiesa di Milano riformato a norma dei
decreti del Concilio Vaticano II promulgato dal signor cardinale Giovanni Colombo
arcivescovo di Milano, Centro Ambrosiano, Milano 1990 [da rivedere e adeguare al calendario del
2008]

Addende Messale Ambrosiano e Lezionario, Centro Ambrosiano, Milano 2006.

Libro delle Vigilie secondo il rito della santa Chiesa di Milano riformato a norma dei
decreti del Concilio Vaticano II promulgato dal signor cardinale Angelo Scola,
Arcivescovo di Milano e Capo Rito, ITL Milano 2016.

• Lezionario ambrosiano

37
Cf F. RUGGERI, “Beroldo”, in DLA, 75-77.

15
Lezionario Ambrosiano secondo il rito della Santa Chiesa di Milano, riformato a norma
dei decreti del Concilio Vaticano II promulgato dal Signor Cardinale Dionigi Tettamanzi,
Arcivescovo di Milano e Capo Rito, ITL Milano, 2008-2009:

Libro 1
Il Mistero della Incarnazione del Signore: festivo.
Il Mistero della Incarnazione del Signore: feriale.
Libro 2
Il Mistero della Pasqua del Signore: festivo.
Mistero della Pasqua del Signore: feriale.
Libro 3
Mistero della Pentecoste: Festivo.
Mistero della Pentecoste: Feriale
Parte 1 Settimane dopo la Pentecoste.
Parte 2 Settimane dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore, Settimane
dopo la Dedicazione del Duomo.

Lezionario per le celebrazioni dei santi (2 vv.)

• Rituali

Rito delle esequie secondo la liturgia della santa Chiesa di Milano, Centro Ambrosiano di
documentazione e studi religiosi, Milano 1977 (ristampa aggiornata 2002).

I sacramenti per gli infermi. Sussidio liturgico-pastorale per le comunità di rito ambrosiano,
Centro Ambrosiano, Milano 1999.

Rito del matrimonio. Sussidio liturgico pastorale per le comunità di rito ambrosiano, Centro
Ambrosiano, Milano 2008.

• Liturgia delle ore

Liturgia delle ore secondo il rito della Santa Chiesa ambrosiana riformata a norma dei
decreti del Concilio Vaticano II e promulgata dal Cardinale Carlo Maria Martini
Arcivescovo di Milano. Edizione tipica, Centro Ambrosiano, Milano 1983 (ristampa riveduta
e corretta 1988)

I. Dalla Prima Domenica di Avvento alla Festa del Battesimo del Signore
II. Dalla Prima Domenica di Quaresima al Sabato Santo
III. Dalla Domenica di Pasqua alla Domenica di Pentecoste
IV. Tempo ordinario dalla I alla XVII settimana [da rivedere e adeguare al calendario del 2008]
V. Tempo ordinario dalla XVIII alla XXXII settima [da rivedere e adeguare al calendario del 2008]

N. B. Il Pontificale, in tutte le sue articolazioni, i rituali per l’iniziazione cristiana e per la


Riconciliazione, nonché il Benedizionale sono attualmente quelli romani.

16
4 - Tappe principali nella formazione della Liturgia Ambrosiana

Nelle fonti manoscritte della liturgia ambrosiana giunte fino a noi (ascrivibili ai secoli IX e
seguenti, eccettuati alcuni frammenti), gli autori hanno individuato diverse stratificazioni
che ci permettono di parlare di tre momenti fondamentali nella sua formazione:
- una proto-redazione collocabile a metà del V secolo che corrisponderebbe ad una prima
stratificazione, identificata dagli studi di A. Paredi.
- una deutero-redazione che ha il suo apogeo nel secolo VII, messa in risalto da Heiming e
Triacca. Essa si inserisce in un quadro di vivacità culturale milanese e lombarda precedente la
cosiddetta rinascita carolingia.
Momento delicato è quello che deriva dal piano di unificazione liturgica attuato da
Pipino il Breve e soprattutto da Carlo Magno. Milano oppone resistenza a difesa della
propria tradizione, riuscendo a custodirla. La ricostruzione della vicenda non risulta
agevole. Il racconto, trasmessoci da Landolfo Seniore (sec. XI-XII)38 nella sua Historia
Mediolanensis, si colloca tra storia e leggenda39. L’autore ci informa che all’imperatore,
intenzionato a distruggere o, comunque a far sparire tutti i libri liturgici ambrosiani sia
stato impossibile estinguerli completamente40. Nel seguito della narrazione induce a
supporre che l’intervento di un tenace quanto disinteressato difensore del rito ambrosiano
abbia costituito la ragione determinante della sua salvaguardia. Landolfo presenta, infatti,
la figura del transmontanus episcopus Eugenio, che definisce amator et quasi pater
Ambrosiani mysterii nec non et protector, oltre che pater spiritualis Karlonis. Presso papa
Adriano, nel corso di un sinodo, costui avrebbe perorato la causa del rito ambrosiano e
ottenuto il riconoscimento pubblico della sua legittimità accanto al romano attraverso una
sorta di ordalia: “ in S. Pietro furono collocati i due sacramentari, romano ed ambrosiano,
simboli delle due tradizioni liturgiche attorno alle quali verteva la controversia, entrambi
sigillati, e dopo tre giorni di preghiera entrambi i libri furono miracolosamente ritrovati
aperti: si voleva così significare che accanto alla tradizione liturgica romana anche quella
ambrosiana poteva e doveva continuare legittimamente a sopravvivere”41.
Rilevante è l’annotazione a riguardo della vicinanza di Eugenio a Carlo Magno. Al di
là di vicende più o meno documentabili, è verosimile che l’imperatore abbia accolto il
consiglio di una persona di fiducia a ricredersi in merito alla sorte comminata alla liturgia

38 Cf. C. ALZATI, Landolfo Seniore, in Dizionario della Chiesa ambrosiana 3, Ned, Milano 1989,
pp. 1655-1658.
39 Landulfi Historia Mediolanensis 2, 10, a cura di L. C. Bethmann - W. Wattenbach (MGH

Scriptores 8), pp. 32-100: 49.


40 Più avanti Landolfo annota: Nichil enim praeter missale remansit, quod quidam bonus atque

fidelis sacerdos absconsus in cavernis montium per sex ebdomadas fideliter reservavit. Manualem
autem postea astante Eugenio episcopus fidelissimus, sapientes tam sacerdotum quam clericorum,
qui multa memoriter tenebant, convenientes in unum, Deo opitulante, ut antea integre fuit
invenientes, in posteris tradiderunt (ibid, 2,12, 50).
41 M. NAVONI, Dai Longobardi ai Carolingi, in Diocesi di Milano, a cura di A. Caprioli – A.

Rimoldi – L. Vaccaro (Storia Religiosa della Lombardia 9), La Scuola, Brescia 1990, 83-121: pp.
97-98.
17
milanese. Appare significativa, da questo punto di vista, la scelta di far battezzare sua
figlia Gisla all’arcivescovo Tomaso (755-783)42 durante il ritorno da Roma, dove nella
Pasqua del 780 suo figlio Pipino, e probabilmente anche Ludovico, avevano ricevuto il
battesimo da papa Adriano43. La storiografia milanese ha intravisto in questo gesto
dell’imperatore un segno di riavvicinamento44, dopo le tensioni di cui si è detto.

All’opera svolta dai Carolingi per l'unificazione liturgica nel loro impero, mediante la
diffusione del rito romano (secc. IX-X) corrisponderebbe, secondo Triacca, una nuova
stratificazione redazionale nel deposito eucologico ambrosiano, contaminata dagli influssi
romani, monastico-benedettini e altri. Il risultato è stato il consolidamento e la sopravvivenza
della liturgia ambrosiana in una forma che rivela però notevoli influssi romani tanto nei
formulari delle messe quanto nel calendario45.
Da notare è che la liturgia ambrosiana nel passaggio da una tappa all’altra, pur evolvendosi
e trasformandosi, sottoposta a diversi influssi, è riuscita a conservare in gran parte quelle
che sono le sue caratteristiche originarie. Il genio ambrosiano ha assunto da altri contesti,
ma tendendo sempre a rielaborare il materiale secondo la propria sensibilità e le proprie
tonalità specifiche. Più precisamente, nella redazione carolingia si nota la volontà di
inserirsi nella scia contenutistica precedente, continuando, ad es., a custodire
l’accentuazione cristocentrica. I testi copiati furono, inoltre, opportunamente adattati, in
modo che diventassero ambrosiani “sia per assunzione sia per redazione” (Triacca). La
stessa attitudine a collocare in modo migliore alcuni elementi eucologici rispetto alla fonte
da cui provengono dice la volontà di esprimere uno specifico ambrosiano.

Nei secoli successivi continueranno revisioni e sviluppi, nell’intento di salvaguardare e


incrementare la liturgia ambrosiana. Ricordiamo l’opera di Beroldo nel sec. XII, la revisione
dell’Ufficio divino e della celebrazione dei sacramenti nei secoli XII e XIII, testimoniata nel
Manuale della Valtravaglia e nel Pontificale in usum Ecclesiae Mediolanensis. Da ricordare è
poi una Reformatio et instauratio Missae Ambrosianae de anno 1304, ad opera
dell’arcivescovo Francesco Fontana da Parma (1296-1308) e, intorno al 1440, la Constitutio
archiepiscopalis edita circa reformationem officii ad opera dell’arcivescovo Francesco II
Piccolpasso (1425-1443).
Il periodo che va dalla fine del secolo XV al secolo XVII, è caratterizzato dalla stampa dei
primi libri liturgici. Dopo la riforma di Trento san Carlo (1560-1584) fonda la Congregazione
del Rito ambrosiano, riforma il messale, il breviario e il rituale. Ciò che predomina è però il
nuovo e pesante tentativo di romanizzazione della liturgia ambrosiana. Dopo l’edizione del

42
Gli Annales Lobienses (MGH Scriptores 13, p. 229) annotano: 781. Karolus rex Roma rediit, et
filia eius Gisla a Thoma Mediolanensi archiepiscopo baptizata, ab eodem de sacro fonte suscepta
est.
43 Ibid.: 780…Eodem anno Karolus rex profectus est Romam, ubi et pascha celebravit, ibique filius

eius Pippinus ab Adriano papa baptizatus est et de sacro fonte est susceptus; postea vero in regem
Italiae est unctus, Lodowicus, frater eius, in regem aquitaniae ab eodem pontifice.
44
Cf. F. SAVIO, Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni. La
Lombardia 1. Milano, Libreria editrice fiorentina, Firenze 1913, pp. 301-302.
45
Cf P. BORELLA, “Influssi carolingi e monastici sul Messale Ambrosiano”, in Miscellanea Liturgica
in honorem L. Cuniberti Mohlberg 1, Roma 1948, 73-115.
18
messale del card. Pozzobonelli (1744-1783), si giunge all’epoca del beato card. Ferrari,
quando, grazie ai curatori, del Missale Duplex (Ratti e Magistretti) e di altri, la tradizione
ambrosiana si innesta nell’alveo del Movimento liturgico. Dopo la rifioritura del rito, in
particolare del canto ambrosiano, ai tempi del beato card. A. I. Schuster (1929-1954), si
giunge agli anni del Concilio Vaticano II e al lavoro di revisione e adattamento della liturgia
ambrosiana ancora in corso. I risultati sono i nuovi libri liturgici: il Messale, il Lezionario ad
experimentum, la Liturgia delle Ore. Attualmente il lavoro di riforma è ancora in corso. Il
primo obiettivo che la Congregazione del Rito si propone di raggiungere è la pubblicazione di
un Lezionario ambrosiano completo.

6 - L'ordo missae

6.1 - L'ordo missae di Ambrogio

Per il tempo di Ambrogio, E. Cattaneo46 ricostruisce l’ordo missae raccogliendo elementi


sparsi negli scritti del santo vescovo. Sono documentate tre letture: Prius propheta legitur et
Apostolus, et sic evangelium47. Segue l’omelia e la dimissio cathecumenorum48. La liturgia
eucaristica vera e propria prevede una prece litanica, il bacio di pace, l’offertorio
(sull’altare sono posti pane vino e acqua), la lettura dei nomi di coloro per i quali viene
offerto il sacrificio (cf dittici), il canone (il De Sacramentis contiene la testimonianza più
antica del canone romano), l’oratio dominica e la comunione.

6.2 - L'Expositio missae canonicae

Documento di grande interesse, risalente all’età carolingia, è la Exspositio missae canonicae,


tramandata dal ms. 76 dell'Università di Montpellier, degli inizi del secolo XI, e dai codd. T
103 sup. e I 152 inf. della Biblioteca Ambrosiana. Borella e Cattaneo sottolineano
l’importanza dell’Expositio per la ricostruzione della storia della messa ambrosiana. Dopo gli
studi di Wilmart, l’edizione di riferimento è ora quella approntata da F. Brovelli49, il quale,
opportunamente, fa notare che, per i riti fino al vangelo, siamo in presenza di un sommario di
natura composita, da cui non è possibile ricavare conclusioni apodittiche sull’ordo missae.

Si quis cathecuminus exeat foras.


Ingressa.
Gloria in excelsis.
46
Cf E. CATTANEO, La Messa nelle terre di Sant’Ambrogio, Opera Diocesana per la Preservazione
e la Diffusione della Fede, Milano 1964, 15-20.
47
AMBROSIUS, In psalmum CXVIII, 17, 10 (PL 15, 1448).
48
Ep. XX, 4-5: dimissis cathecumenis missam facere coepi. Qui missa è da intendersi come
sacrificio eucaristico.
49
A. WILMART, “Une exposition de la messe ambrosienne”, Jahrbuch für Liturgiewissenschaft 2
(1922) 47-67. F. BROVELLI, “La «Expositio Missae Canonicae». Edizione critica e studio liturgico-
teologico”, in Ricerche Storiche sulla Chiesa Ambrosiana 8 (Archivio Ambrosiano 35), Milano
1979, 5-151.
19
Antiphona.
Prophetia.
Epistula.
Alleluia.
Evangelium.
Oratio super populum.
Oratio super sindonem.
Oratio super oblata.
ANAPHORA EUCHARISTICA
Dominus vobiscum/Sursum corda/Gratias agamus
Praefatio.
Sanctus
Te igitur/Memento/Communicantes/Hanc igitur/Quam oblationem/Qui
pridie/Mandans/Unde et memores/Supra panem et alicem/Supplices/Memento
(Per quem/Et est tibi)
(Commixtio)
Oratio dominica.
Libera nos quaesumus.
Pax et communicatio...
Offerte vobis pacem.
Quod ore sumpsimus.

6.2 . L'ordo missae secondo Beroldus

Beroldus (secolo XII) descrive l'ordo missae episcopale, ma non ci ha lasciato una
descrizione completa; si ferma purtroppo alla recita della professione di fede, ossia dopo
l’offertorio e prima del canone:

Processio de sacrario ad altare.


Subdiaconi prius faciunt incensum in modum crucis ante altare.
Archiepiscopus facit confessionem.
Magister scholarum incipit ingressam.
Finita ingressa, archiepiscopus vel presbyter dicit: Dominus vobiscum.
Sequitur Gloria in excelsis.
Kyrie (ter)
Oratio super populum.
Lector hebdomadarius, accepta lectione vel de ambone aut de altari, ascendit pulpitum
et legit lectionem, recepta ab archiepiscopo benedictione. Illo legente sedet episcopus
in fuldione.
Finita lectione, puer magistri scholarum ascendit pulpìtum ut canat psalmellum.
Subdiaconus in pulpito epistolam perficit.
Notarius in pulpito canit alleluia.
Post versum, idem notarius dicit alleluia, tunc magister scholarum canit melodias cum
pueris suis.
20
Diaconus processionaliter cum subdiaconibus et incensum vadit ad pulpitum.
Diaconus observator dicit ad cornu altaris: Parcite fabulis. Duo custodes dicunt
excelsa voce: Silentium habete. Diaconus inclinatur ante archiepiscopum pro
benedictione. Tunc incipit legere evangelium.
Peracto evangelio, si qua festivitates sunt in sequenti septimana, pronuntiat eas
diaconus in pulpito.
Diaconus accedit ad altare, tunc osculatur illum.
Interea archiepiscopus vel presbyter dicit: Dominus vobiscum, et chorus dicit ter kyrie,
et item salutat.
Primicerius lectorum statim incipit antiphonam post evangelium.
Archiepiscopus aut presbyter revertitur ante altare et iterum salutat; diaconus dicit:
Pacem habete, respondet chorus: ad te Domine.
Tunc archiepiscopus aut presbyter et diaconus osculantur altare, et iterum salutat et
dicit orationem supra sindonem.
Apparatur panis et vinum et offertur archiepiscopo a diacono.
Tunc magister scholarum canit offerendam.

Beroldo descrive, a questo punto, l’offerta del pane e del vino da parte dell’ordo vetulorum er
vetularum.
Lotio manuum.
Orationes privatae pro offerendo calice.
Incensatio altaris.
Credo in unum Deum

Dopo aver descritto l’inclinatio all’et homo factus est, Beroldo annota: “Missa peragatur
ordine suo magistro scholarum officium canente cum pueris suis usque in finem”50.

6.3 – L’ordo missae nel Messale Ambrosiano attuale (1990)

Per studiare l’ordo missae ambrosiano51 dopo la riforma liturgica del Vaticano II è
indispensabile far riferimento all’edizione italiana del messale del 1990. Attualmente esiste
una sola editio typica latina pubblicata nel 1981, principalmente a uso degli studiosi e per
le celebrazioni quotidiane del Capitolo Metropolitano Milanese, alla quale il messale del
1990 apporta qualche variante e alcune aggiunte.

Ritus initiales

Ingressa (canto all’ingresso)

50
Beroldus, 46-53.
51
Per una presentazione sintetica e completa cf. N. VALLI, Breve introduzione al rito ambrosiano.
Santa messa e liturgia delle ore, Ancora, Milano 2014.

21
(pro opportunitate) 12 Kyrie “in gremio ecclesiae”52 e sallenda53.
(pro opportunitate) Incensazione (sacerdote sulla mensa e diacono intorno54).
Segno della croce
Saluto
Atto penitenziale55 (omesso se sono stati cantati i 12 kyrie).
Gloria in excelsis (se previsto)
Oratio super populum (all’inizio dell’assemblea liturgica)

LITURGIA VERBI

Benedizione del lettore56.


Lettura: Antico Testamento, Atti, Lettere non paoline
(Lectio hagiographica).
Salmo
Epistola: (Lettere di Paolo e Lettera agli Ebrei)
Alleluia57.
Benedizione del diacono58.
Vangelo (incensazione pro opportunitate).
Omelia59
Post Evangelium (mentre si canta o si recita il canto “dopo il Vangelo”) viene
steso il corporale sulla mensa e predisposti il purificatoio, i vasi sacri e quanto
occorre per la liturgia eucaristica).
Preghiera dei fedeli.
Oratio ad complendam Liturgiam Verbi (a conclusione della Liturgia della
Parola), nei codici detta super syndonem
(sempre obbligatoria anche se non si fa la preghiera dei fedeli)

52
Sono previsti dal messale obbligatoriamente dopo la processione che dà inizio alla celebrazione
nella Domenica delle Palme e nella festa della Presentazione di Gesù al Tempio. Sono
raccomandati ogni volta che la santa Messa inizia con una processione significativa.
53
È una forma di canto tipicamente ambrosiana che consiste in una antifona seguita dal Gloria
Patri e poi ripetuta. Il rito ambrosiano prevede una sallenda specifica ai Vespri delle feste e
solennità della Beata vergine e dei santi.
54
Nella messa pontificale procedono all’incensazione due diaconi con due turiboli (in loro assenza
due sacerdoti), mentre il vescovo, baciata la mensa, si reca subito alla sede.
55
La prima forma prevista è costituita da tre Kyrie eleison con tropi (il rito ambrosiano non
conosce l’invocazione Christe eleison); la seconda e la terza coincidono con le formule romane
Confiteor e Miserere nostri Domine.
56
Il lettore dice: Benedicimi, padre. Il sacerdote risponde: Leggi nel nome del Signore oppure La
Lettura profetica/sapienziale/apostolica ci illumini e ci giovi a salvezza. Se viene proclamata la
Vita del Santo patrono: La parola della Chiesa ci illumini e ci giovi a salvezza.
57
Nella messa pontificale durante il canto dell’alleluia quattro diaconi, due con i candelieri, uno
con il turibolo e uno (protodiacono) con l’evangeliario, si recano processionalmente all’ambone,
muovendo di solito dalla sacrestia.
58
Come le precedenti, anche questa benedizione è pronunciata dal presidente ad alta voce.
59
Nella celebrazione pontificale, il vescovo prima dell’omelia, baciato il libro dei vangeli, riceve
l’incensazione da parte del diacono o, in cattedrale, da parte dell’arciprete del Capitolo
metropolitano.
22
LITURGIA EUCHARISTICA

Rito della pace60.


Presentazione del pane e del vino (e di eventuali altri doni) da parte dei fedeli
con benedizione
Formule di presentazione da pronunciate del sacerdote61.
Incensazione dei doni e dell’altare (pro opportunitate).
Lavabo (pro opportunitate)
Professione di fede (Credo in unum Deum)
Oratio super oblata (sui doni)

PREX EUCHARISTICA
a) prex eucaristica I (canone romano in redazione ambrosiana)
b) prex eucharistica II (= romana)
c) prex eucharistica III (= romana)
d) prex eucharistica IV (= romana)
e) prex eucharistica V (solo ambrosiana)
f) prex eucharistica VI (solo ambrosiana)

prex eucaristica I / II Riconciliationis (= romana)


prex eucaristica quadriformis “pro diversis necessitatibus” (= romana)

Ritus communionis

Frazione del pane con il confractorium (canto “allo spezzare del pane”)
Pater noster
Embolismo e acclamazione
Oratio ad pacem.
Saluto: Pax et communicatio Domini nostri Iesu Christi sit semper vobiscum
Comunione accompagnata dal Transitorium (canto “alla comunione”)
Oratio post communionem (dopo la comunione)

Ritus conclusionis

Dominus vobiscum, R/ Et cum spiritu tuo. Kyrie eleison (ter).

60
Nel messale del 1990, il rito della pace ha trovato definitiva collocazione all’inizio della Liturgia
eucaristica. Solo per giusti motivi si può trasferire al momento che precede la presentazione della
SS. Eucarestia ai fedeli. L’editio typica recita ancora: Hic ritus ante communionem celebrari potest.
61
Le formule del rito romano (Benedetto sei tu Signore...) sono proposte come alternative a quella
più tradizionalmente ambrosiana: Suscipe, clementissime Pater, hunc panem/calicem vinum aqua
mixtum, ut fiat Unigeniti tui Corpus/ Sanguis (O Padre clementissimo accogli queso pane/vino,
perché diventi per noi il corpo/sangue di Cristo tuo Figlio. Amen). La stessa unione delle gocce
d’acqua al vino è accompagnata da una formula che veicola una comprensione differente del
significato rispetto a quella proposta dal rito romano: E latere Christi (Dal fianco aperto di Cristo
uscì sangue ed acqua)
23
Benedizione (triplice pro opportunitate).
Congedo: Procedamus cum pace R/ In nomine Christi.

7 - L'anno liturgico

Prima di affrontare le diverse parti dell’anno liturgico, è utile fare qualche considerazione
di carattere generale.
Alla fine del secolo IV, a Milano sono documentate le feste di Natale, Epifania, Pasqua,
Ascensione e Pentecoste. Inoltre il sabato ha carattere festivo, come la domenica, e dunque è
fatta proibizione del digiuno62. Forse il fondamento di questa consuetudine si deve cercare nel
testo delle Costituzioni Apostoliche63.
Il dies Domini assume nella liturgia ambrosiana un primato assoluto. Nessuna celebrazione
in onore della Beata Vergine Maria o di Santi, anche di primaria importanza, può
subentrarvi. A rimarcare il carattere di Pasqua settimanale, proprio della domenica, è il
peculiare ordinamento della liturgia vespertina vigiliare, concepita nella sua forma
solenne, quale celebrazione inter vesperas. Dopo i riti lucernali, l’inno e il responsorio, è
prevista la proclamazione di uno dei dodici vangeli della Risurrezione concluso con
l’acclamazione “Cristo Signore è risorto”, che rappresenta un esplicito rimando alla
Veglia pasquale64. La Chiesa ambrosiana, in tal modo, annuncia settimanalmente la
vittoria di Cristo sulla morte quale origine del primordialis dies festus65 e sua intrinseca
ragione. Solo in Quaresima, a partire dalla seconda domenica, si sospende tale
proclamazione, per accendere nel cuore dei fedeli un più vivo desiderio di giungere alla
Pasqua annuale, prefigurata dalla lettura vigiliare dei racconti della Trasfigurazione, fino
alla domenica del Cieco66.

62
Ipse autem vir venerabilis episcopus erat multae abstinentiae et multarum vigiliarum vel laborum,
cotidiano ieiunio macerans corpus; cui prandendi numquam consuetudo fuit, nisi die sabbati et
dominico, vel cum natalitia celeberrimorum martyrum essent (PAULINUS, Vita S. Ambrosii, 38,1; il
testo critico con traduzione italiana è in PAOLINO DI MILANO, Vita di Sant’Ambrogio, ed. M. Navoni,
San Paolo 1996). Cf anche la lettera di Agostino al compresbitero Casulano: Quando hic sum, non
ieiuno sabbato; quando Romae sum, ieiuno sabbato: et ad quamcumque ecclesiam veneritis, inquit,
eius morem servate, si pati scandalum non vultis aut facere (AUGUSTINUS, Epistula XXXVI, 3 in
Sancti Aurelli Augustini Epistulae I-LV, ed. K. D. Daur [CCSL 31], Brepols, Turnhout 2004, 153).
63
Constitutiones Apostolorum, V, 20, 19. Il testo critico è in Les Constitutions Apostoliques, ed. M.
Metzger (SChr 329), Paris 1986, 284.
64
Il vangelo della risurrezione, assegnato a ogni domenica, è desunto da un ciclo di dodici. La sua
proclamazione è mantenuta anche se non si celebra la vigilia in forma solenne. In questo caso,
dopo il canto d’ingresso e la monizione iniziale, essa prende il posto dell’atto penitenziale e tutto il
resto si svolge secondo l’ordinamento della messa domenicale. Il rito vigiliare completo prevede
invece, dopo il vangelo della risurrezione, un salmello e un’orazione a cui fa seguito l’Ingressa e
l’orazione super populum. La liturgia della parola è costituita dall’epistola o, in determinati tempi,
dalla lettura e dal vangelo del giorno. Dopo la comunione il Cantico della Beata Vergine con
l’antifona conclude la celebrazione.
65
Cf SC 106.
66
Dalla seconda alla quarta domenica di Quaresima nella liturgia vigiliare si leggono infatti Mc
92b-10, Lc 9,28b-36, Mc 17,1b-9. Le due domeniche che precedono la Pasqua, nella stessa linea,
prevedono Mt 12,38-40 e Gv 2,13-22.
24
Ordinamento della santa della santa messa vigiliare della Domenica

Forma solenne Forma semplice


Saluto liturgico (Il Signore sia con voi) Canto di Ingresso
Lucernario Segno della Croce
Inno e Responsorio Monizione
Vangelo della Resurrezione* (all’altare) Vangelo della Resurrezione*
Salmello Gloria (se prescritto)
Orazione Orazione all’inizio dell’assemblea
Canto liturgica
Orazione all’inizio dell’assemblea Lettura
liturgica Salmo
Epistola o Lettura Epistola
Canto al Vangelo Vangelo
Vangelo Omelia
Omelia Canto dopo il Vangelo
Canto dopo il Vangelo Preghiera dei fedeli
Preghiera dei fedeli Orazione
Orazione Liturgia eucaristica
Liturgia eucaristica Benedizione
Antifona Congedo
Cantico della Beata Vergine (Magnificat)
Antifona. Kyrie eleison (3v)
Orazione dopo la comunione
Benedizione
Congedo

Un’ulteriore precisazione si rende necessaria: per comprendere i dati offerti dalle fonti è
necessario conoscere che, dall’età santambrosiana fino agli inizi del XV secolo, come molte
città dell’Occidente e dell’Oriente cristiano, Milano aveva due edifici di culto strettamente
connessi che costituivano la cattedrale. Già Ambrogio, nella lettera 76 alla sorella Marcellina,
parla di una basilica maior o nova e di una basilica minor o vetus; si ricava inoltre dai suoi
scritti che erano officiate contemporaneamente e non contraddicevano l’idea di unità della
cattedrale. In età medievale (sec. IX) risulta chiaro che l’edificio erede della maior era
dedicato alla martire Tecla (secondo il Liber notitiae sanctorum Mediolani sarebbe stato
prima dedicato al SS. Salvatore); quello erede della minor porta invece il titolo di Santa Maria
maggiore. In epoca carolingia è definito l’uso stagionale dei due edifici. Santa Tecla nel
testamento di Ansperto (879) compare come cattedrale estiva, Santa Maria Maggiore come
cattedrale invernale. Da Pasqua alla terza di ottobre l’arcivescovo con l’alto clero officiava
nella maior, dalla terza di Ottobre a Pasqua nella minor passando dall’una all’altra con la
solenne processione (Transmigratio) per il trasporto dell’arca contenente i libri sacri. Nella
basilica non officiata dal vescovo prestava servizio il clero “decumano”. Quando nel 1386
cominciò la costruzione dell’attuale Duomo, la basilica di Santa Maggiore fu inglobata in
esso e poi demolita, conservandone l’altare; in seguito fu demolita anche Santa Tecla per far
posto alla piazza. Si estingueva così la duplice cattedrale con l’articolazione rituale annessa.
25
7.1 - L'Avvento e il Natale

L’anno liturgico ambrosiano67 inizia, come il romano, con la prima domenica di Avvento.
Subito però occorre segnalare che questo tempo si estende per sei settimane. La domenica
con la quale si apre è quella seguente la festa di San Martino. Può così accadere, quando il
giorno 11 novembre (San Martino) coincide con un sabato, che la Vigilia di Natale cada in
una domenica, non considerata “settima di Avvento”, bensì “domenica prenatalizia”. Per
essa è previsto un ordinamento proprio.
Non possono essere affrontate in questa sede le diverse problematiche sull’origine
dell’Avvento. Paredi, in ogni caso, lo dà per esistente nella prima metà del V secolo nelle
chiese d’occidente. Circa la durata di sei settimane, mancano documenti, anteriori a quelli
in esame, atti a fornire dimostrazioni inconfutabili a riguardo del suo sviluppo. Secondo
Chavasse, tale durata rappresenterebbe lo stadio romano primitivo, prima che Gregorio
Magno operasse la riduzione a quattro settimane68.
Le sei domeniche di Avvento denotano, nelle fonti ambrosiane medievali, una sostanziale
convergenza nella scelta delle pericopi evangeliche. Le caratteristiche più peculiari da
rilevare: esordio escatologico con il discorso matteano sulla venuta del Figlio dell’uomo,
letto quasi per intero; conclusione caratterizzata da una tonalità mariologica.
Come sia avvenuta l’evoluzione fino a sei domeniche, e la conseguente distribuzione delle
pericopi evangeliche in ciascuna di esse, non è deducibile con chiarezza dalle fonti
pervenuteci. Il confronto con le altre liturgie fa risaltare la tendenza delle fonti ambrosiane
ad ordinare le pericopi di Avvento in modo tale da porre in evidenza anzitutto l’attesa delle
“cose ultime”. Solo il codex Rehdigeranus di tradizione aquileiese si segnala per un
analogo esordio dell’Avvento. Benché le testimonianze siano frammentarie, in ambito
gallicano risulta che Mt 24 non venga proclamato alla prima domenica. Nel rito ispanico è
assente.

7.1.1. L’attuale struttura dell’Avvento

Nell’attuale configurazione dell’Avvento, le sei domeniche di Avvento denotano, nelle


fonti ambrosiane medievali, una sostanziale convergenza nella scelta delle pericopi
evangeliche. Le caratteristiche più peculiari da rilevare: esordio escatologico con il
discorso matteano sulla venuta del Figlio dell’uomo, letto quasi per intero; conclusione
caratterizzata da una tonalità mariologica.
La profezia, il brano paolino e la lettura evangelica della prima domenica (“La venuta del
Signore”) rimangono contraddistinte nella scansione attuale, conformemente al dato delle
fonti, dalla tonalità apocalittica che proclama la venuta finale di Cristo e la sua signoria
sulla storia.

67
Per una presentazone sintetica dell’anno liturgico ambrosiano cf. l’articolo citato nella
bibliografia iniziale N. VALLI, «Redemptionis enim nostrae magna mysteria celebramus» . Il ciclo
De tempore nella liturgia ambrosiana, RL (96/n. 4) 2009, 508-530. Per una presentazione più
analitica cf. i diversi articoli in Ambrosius 85/n. 1 (2009): Il Lezionario secondo il Rito della Santa
Chiesa di Milano.
68
Cf A. CHAVASSE, L’Avent romain du VI a VIII siècle, in Eph lit 67 (1953) 297-308: 298.
26
Mentre il lezionario ad experimentum aveva scelto di anticipare alla seconda domenica la
proclamazione dell’ingresso messianico in Gerusalemme, già presente nelle fonti
ambrosiane alla quarta, con l’evidente obiettivo di creare una corrispondenza con la
solennità romana di Cristo Re, in una più organica impostazione dell’intero ciclo la
seconda domenica di Avvento (“I figli del Regno”) pone ora in risalto il carattere
universale della salvezza. La terza (“Le profezie adempiute”) mette in risalto come in
Cristo le profezie dell’anticostestamentarie si compiano. La quarta, come si è detto, è
tornata a essere la celebrazione dell’ingresso del Messia in Gerusalemme. Essendo la
narrazione giovannea di questo evento riservata alla messa con la processione nella
Domenica delle Palme, in Avvento sono i sinottici, nell’ordine consueto, ad annunciare la
venuta di Cristo nella città degli uomini.
Alle soglie ormai del Natale, la quinta domenica (“Il Precursore”) pone in evidenza la
totale relatività a Cristo della figura di Giovanni Battista, in costante rapporto con la
teologia del quarto vangelo, da cui nei tre anni sono tratte le pericopi. Nei diversi formulari
la profezia e l’epistola invitano, per tanto, a puntare lo sguardo sull’Atteso dai popoli.
La sesta domenica di Avvento, come sapete, si configura in qualità di vera e propria festa
dell’Incarnazione del Verbo nel grembo di Maria santissima. Per evidenziare il carattere
marcatamente cristologico di questa solennità, prima del titolo divenuto abituale (“Divina
Maternità della Beata Vergine Maria”) figura nel nuovo Lezionario quello ancor più
appropriato di Domenica dell’Incarnazione. A caratterizzare questo giorno è sempre la
proclamazione di Lc 1,26-38.
Le ferie maggiori che iniziano sette giorni prima del Natale, tradizionalmente dette de
Exceptato (“del Figlio Accolto”), hanno una notevole rilevanza, che si nota, in particolare
nell’Ufficiatura e nella proclamazione della parola durante la messa (si leggono pericopi tratte
da Rut, Ester e i brani del vangelo di Luca immediatamente precedenti quello della nascita di
Gesù). L’ultimo giorno (24 dicembre) coincide con la Vigilia del Santo Natale e dovrebbe
prevedere solo la solenne Eucaristia inter vesperas. Per ragioni pastorali è data però la
possibilità di celebrare anche messe al mattino.

7.1.2. Il Natale e la sua Ottava

Le celebrazioni natalizie costituiscono poi un interessante segnale dello sviluppo avvenuto,


in ambito ambrosiano, in età carolingia69. Mentre i capitolari raccolti da Klauser registrano
tre messe in natale domini, ad sanctam Mariam maiorem, item ad sanctam Anastasiam e
item ad sanctum Petrum, nelle quali si susseguono le pericopi di Lc 2,1-14, Lc 2,15-20 e
Io 1,1-14, il mondo occidentale non romano manifesta una diversa sensibilità.
L’articolazione in più sinassi non è certamente originaria e là dove appare, come a Milano,
risente di un influsso romano. Nel rito ispanico, nonché nelle fonti nord-italiche, si ha la
sola missa in die con il racconto lucano70. Il codice di Busto non prevede alcuna pericope
per la messa in nocte che, evidentemente, rappresenta un’innovazione rispetto all’uso più
arcaico e, di conseguenza, non viene ancora registrata dal codice. Cattaneo è propenso a

69
Per un’analisi dettagliata cf. N. VALLI, «Le tre messe di Natale nella liturgia ambrosiana»,
Ecclesia orans 35 (2018) 253-305.
70
Le note del Mediolanensis (C 39 inf.) stabiliscono, analogamente al lezionario di Luxeuil, la
lettura di Lc 2,1-20; i documenti aquileiesi forniscono solo l’incipit, ovvero Lc 2,1.
27
credere che sia derivata dai Gelasiani del secolo VIII71. Non è accettabile, tuttavia,
l’affermazione da lui fatta, secondo la quale nel rito milanese la messa in nocte sia entrata
ufficialmente nella seconda metà del secolo XI o al principio del XII, se si considera che
l’evangelistario dell’Ambrosiana, testimoniando l’uso metropolitano in età carolingia,
contiene già pericope di Gv 1,9-14, che ancora oggi caratterizza la missa in nocte
ambrosiana. La permanenza della narrazione lucana nella messa del giorno attesta che
l’introduzione della sinassi notturna non ha causato mutamenti nella celebrazione più
antica, quella in die, caratterizzata sempre da maggiore solennità nel rito ambrosiano.
Questo pare essere un elemento fortemente distintivo rispetto a Roma, condiviso con la
tradizione gallicana, che presenta una solenne vigilia, nella quale si contemplava l’eterna
generazione del Verbo, con il prologo giovanneo, prediligendo, come a Milano, la
memoria della nascita a Betlemme nel giorno72.
Ulteriore elemento che accomuna le liturgie milanese e gallicana è la celebrazione vigiliare
piuttosto articolata. Stando al lezionario di Luxeuil, nel corso di essa si leggeva il prologo
giovanneo, che Milano riserva alla missa in nocte, dal momento in cui viene recepita da
Roma. Per la vigilia la liturgia ambrosiana ha Mt 1,18-25, che pure i capitolari romani,
benché in forma meno estesa (Mt 1,18-21), contrassegnano con l’indicazione die XXIV
mensis decembris vigilia domini. L’attuale configurazione della messa vigiliare, nella sua
forma ufficiale, è inter vesperas, come accade per l’Epifania e la Pentecoste, sul modello
della Veglia pasquale. La liturgia prevede il lucernario, l’inno e il responsorio, le quattro
letture vesperali, a cui seguono l’epistola e il vangelo vigiliari. Dopo la comunione si
esegue il Magnificat che conclude i vespri73.
Da ultimo, con l’introduzione a Milano della messa in aurora74, si crea l’incongruenza
cronologica, mantenutasi fino all’ordinamento attuale, della proclamazione di Lc 2,15-20
in antecedenza rispetto a Lc 2,1-14, sempre riservato alla missa in die75. Il silenzio di
Beroldo a proposito di questa ulteriore messa natalizia lascia intuire che, se mai fosse stata
celebrata ai suoi tempi in cattedrale, non era una celebrazione che prevedesse la presenza
dell’arcivescovo.

71
Cf E. CATTANEO, “Le tre messe di Natale nel rito ambrosiano”, in Ambrosius 10 (1934) 306-
316: 312. La tesi accolta da Cattaneo (ibid., 311) è che sia stata concepita come uno sdoppiamento
della messa di vigilia, su impulso della devozione popolare.
72
I capitolari romani sono concordi, invece, nell’assegnare alla messa nella notte Lc 2,1-14 e alla
messa nel giorno Io 1,1-14. Per la vigilia, inoltre, prevedono esclusivamente Mt 1,18-21.
73
Cf. N. VALLI, “In lumine tuo videbimus lumen. Le grandi vigilie ambrosiane: una tradizione
rinnovata”, Ecclesia orans 26 (2009) 189-229, e soprattutto: N. VALLI, “La santa messa nella vigilia
di Natale secondo il rito ambrosiano”, La Scuola Cattolica 148 (2020) 537-571.
74
Si trova per la prima volta come missa sanctae Anastasiae nei fogli, di mano del X secolo,
premessi al sacramentario Bergomense e pure nell’inedito sacramentario di Lodrino (A 24 inf.
della Biblioteca Ambrosiana), la cui origine romana è confermata dall’assenza dell’oratio super
sindonem, come già notava Cattaneo (cf E. CATTANEO, “Le tre messe...”, 314). Lo studioso però
non si accorse che tale orazione è presente nel citato supplemento al Bergomense, affermando che
si trova per la prima volta nel sacramentario di Bedero del XII secolo (ibid., 314).
75
Il confronto con l’ambito gallicano e nord-italico farebbe supporre che Lc 2,15-20 fosse
originariamente parte della pericope riservata al giorno di Natale.
28
Al Natale seguono le feste di Santo Stefano, di San Giovanni apostolo, dei Santi Innocenti
Martiri. La festa di S. Giacomo, presente nelle fonti medievali76, fu eliminata dal Cardinale
F. Borromeo nel 1625 per celebrare la festa di S. Tommaso di Canterbury. Da allora anche
a Milano Giacomo il Maggiore è ricordato il 25 luglio. Nell’attuale ordinamento la festa di
Sant’Eugenio, esimio difensore del rito ambrosiano, è fissata nel Calendario urbano
milanese al 30 dicembre nella sola chiesa di Sant’Eustorgio; è conservata per il 31 la
possibilità di festeggiare San Silvestro a livello locale solo dove sia solennità patronale.
L’ottava dunque prevede nel secondo, terzo, quarto giorno ufficiature miste con un
ordinamento liturgico particolare che poermette di annoverarle fra le feste del Signore (da
celebrarsi dunque anche di domenica), pur senza oscurare il ricordo dei santi Stefano,
Giovanni e Innocenti e, nei giorni seguenti, è esclusivamente un’espansione del Natale.
Il primo gennaio, nel rito ambrosiano, non coincide con la solennità di Maria SS. Madre di
Dio (la Divina Maternità si celebra infatti nella sesta domenica di Avvento). Il giorno ottavo
del Natale commemora, secondo il dato evangelico, la circoncisione del Signore, ma reca
anche tracce di un’antica celebrazione ad prohibendum ab idolis77.
Analogamente in Gallia, alla sottolineatura della circoncisione o dell’ottavo giorno dalla
nascita di Cristo, registrata nelle rubriche, fanno riscontro letture vetero- e
neotestamentarie che riflettono ancora la preoccupazione di combattere i culti pagani78.
Nella liturgia milanese il compito di ricordare l’indole antiidolatrica propria di questo
giorno, era assunto, oltre che da elementi eucologici79, tuttora presenti, dal testo profetico,
risultato della composizione di versetti di Bar 6 e Ier 51, in cui risuona solennemente
l’affermazione: tibi oportet adorari Domine (Bar 6,5b). Dopo la riforma anche il rito
ambrosiano ha accolto il famoso testo della benedizione degli Aronnitidi tratta dal Libro
dei Numeri (6,22-27), in ossequio al tema della pace, sottolineato da Paolo VI.
La solennità dell’Epifania è corredata nel rito ambrosiano da una grande vigilia, con la
celebrazione dell’Eucaristia inter vesperas, nella forma già incontrata per il Natale80.

7.1.3. L’Epifania: breve saggio di liturgia comparata

76
Le fonti manoscritte ambrosiane, come quelle nord-italiche e gallicane, tendono a mescolare
riferimenti a Giacomo, fratello di Giovanni, con allusioni a Giacomo, “fratello del Signore”. Un
fenomeno analogo è presente, prima ancora, nel lezionario armeno di Gerusalemme, nel quale, in
almeno due casi, i redattori “ont pris occasion du prénom du saint commémoré pour choisir un
texte faisant allusion à un autre personnage du même nom” (Le codex arménien Jérusalem 121. 1.
Introduction aux origines de la liturgie hiérosolimitaine, lumières nouvelles, ed. A Renoux
[Patrologia Orientalis 35/1 n.163], Brepols, Turnhout 1969, 373). Gli esempi addotti da Renoux
sono la memoria del profeta Zaccaria, in cui si legge Mt 23,34-24,1 con l’allusione a Zaccaria,
figlio di Barachia, e quella dell’apostolo Filippo che prevede la proclamazione di At 8,26-40, ossia
del noto episodio del diacono Filippo. Il lezionario georgiano, in quest’ultimo caso, attesta un
intervento di sostituzione del brano con At 11,19-30 (cf ibid., 363).
77
Per un approfondimento cf. N. VALLI, “Il giorno ottavo del Natale del Signore nel rito
ambrosiano”, Ecclesia orans 37 (2020) 13-46.
78
Anche l’epistola in Kal ianuarias del Reginensis 9 (I Cor 8,4-11) ha il medesimo significato.
79
Un esempio: Omnipotens sempiterne deus. qui tuae mensae participes. a diabolico iubes
abstinere convivio. da quaesumus plebi tuae ut gustu mortiferae profanitatis abiecto. puris
mentibus ad epulas aeternae salutis accedat. per (Bergomense 179, 75).
29
A conclusione del ciclo natalizio si colloca la solennità dell’Epifania la cui complessità
di contenuti impone un’indagine accurata. Mentre il brano evangelico per la messa del
giorno è, sia nel codice di Busto Arsizio (sigla Bu) che nell’evangelistario A 28 inf. della
cattedrale, pubblicato da N. Valli, (sigla I), Mt 2,1-12, per la vigilia i due codici non sono
concordi: nel primo si trova Io 2,1-11, nel secondo invece Mt 3,13-17. Per cercare di
comprendere i dati forniti dai documenti ambrosiani, è indispensabile prendere in
considerazione quanto si registra nelle altre tradizioni liturgiche, a partire dall’ambito
gallicano81, in cui si incontra nella messa del giorno l’uso di un testo evangelico
composito:

Lux W B Tr K
Mt 3,13-17; Mt 3,13-17; Mt 3,13-17 Mt 3,1-13 Io 6,1-14
Lc 3,23; Io 2,1-11; Lc 3,23; Io 2,1 Lc 24,13
Io 2,1-11 Mt 15,29-31; Io 2,1-11 Io, 6,5
Io 6,1-2.5-14

Fin dalla più antica testimonianza (Wolfenbüttel), risulta inequivocabile il carattere


abbastanza secondario dell’adorazione dei magi che, laddove è ricordata, appare, come
sembra, alla vigilia (Treviri) o in rapporto alla memoria degli Innocenti (Luxeuil). La
connessione dei brani evangelici in Wolfenbüttel rivela un intreccio interessante di due
filoni: quello teofanico e quello battesimale.
Sarebbe facile tracciare un quadro unitario a proposito dell’Occidente non romano, se nelle
fonti medievali milanesi e ispaniche82 non comparisse, in primo piano, nel giorno

80
Cf. N. VALLI, “In lumine tuo videbimus lumen. Le grandi vigilie ambrosiane: una tradizione
rinnovata”, Ecclesia orans 26 (2009) 189-229.
81
L’area gallicana rivela uno stretto rapporto con concezioni liturgico-teologiche di matrice
orientale, che fanno dell’Epifania, non del Natale il momento originario della celebrazione del
mistero dell’Incarnazione. Prima dell’adozione della festa del 25 dicembre, sia a Costantinopoli
che in Cappadocia e in Siria, l’Epifania celebrava contestualmente Natività e Battesimo di Gesù (cf
J. TALLEY, Le origini dell’anno liturgico, ed. D. Sartore, Queriniana, Brescia 1991 [ed. orig. The
Origins of the Liturgical Year, Liturgical Press, Collegeville - Minnesota 21991], 127. L’autore
precisa che “tra le chiese orientali, nel sec. IV, solo quella palestinese ometteva il tema del
battesimo nel Giordano nella festa del 6 gennaio”). La prima menzione di tale festa in occidente si
deve ad Ammiano Marcellino (cf B. BOTTE, Les origines de la Noël et de l’Epiphanie, o.c., 46),
che riferisce dell’ingresso dell’imperatore Giuliano, in una chiesa cristiana, nel giorno detto
Epiphania, celebrato mense Ianuario. L’episodio è localizzato in Gallia e datato con precisione
all’inizio del 361. Il contenuto della festa, secondo Botte, potrebbe essere restituito da una fonte del
XII secolo, lo storico Zonara, che, riferendosi alla medesima circostanza, usa l’espressione tes
ghenethlìou toû sotêros eméras (ZONARA JOHANNES, Annales 13, 2 [PG 134, 1141]). Dalla
combinazione dei dati risulta dunque, pur con tutta la fragilità attribuibile ad un’ipotesi, che “il
contenuto della Epiphania in Gallia nel 361 era la Natività, e la festa era ben stabilita in questo
luogo... In occidente è solo riguardo a questo paese che mancano le testimonianze della
celebrazione del 25 dicembre nel secolo IV” (J. TALLEY, Le origini, 143). La più antica fonte
liturgica gallicana, il palinsesto di Wolfenbüttel, non è risolutiva, a causa della lacuna in
corrispondenza di Avvento e Natale. Tracce dell’esistenza di due celebrazioni distinte si hanno,
stando allo studio di Botte, solo a partire dal V secolo.
82
L’unica celebrazione che le due tradizioni ispaniche riservano all’Epifania è contraddistinta dalla
proclamazione del racconto dei magi che, in tradizione B si estende fino ad includere la strage
30
dell’Epifania la sola adorazione dei Magi, come a Roma e in Africa del Nord, pur
mantenendosi la menzione degli altri eventi. Tuttavia, stupisce la corrispondenza piena
delle pericopi evangeliche gallicane con i contenuti dell’inno ambrosiano per l’Epifania
Illuminans Altissimus, nel quale al riferimento alla stella, guida dei Magi83, si affiancano
quelli al Battesimo, alle nozze di Cana e alla moltiplicazione dei pani. Ai due miracoli è
riservato, per di più, il maggiore sviluppo: cinque strofe su nove, rispettivamente due e
tre84.
Riassumendo. Un primo dato di fatto è la divaricazione fra ambito gallicano da una parte e
ambiti italico ed ispanico dall’altra. A fare la differenza è l’uso prioritario che questi ultimi
mostrano del racconto matteano dei magi, sempre presente nella messa del giorno, come
nel rito romano. Si intuisce però che la prospettiva secondo la quale la liturgia gallicana
celebra l’Epifania non è estranea né al contesto ispanico né a quello milanese. Lo
manifesta la presenza in Bu del vangelo delle nozze di Cana per la messa di vigilia85, alla
quale I assegna il Battesimo di Gesù nel Giordano, secondo la redazione di Matteo,
riservando Io 2,1-11 alla seconda domenica dopo l’Epifania. L’analisi dell’eucologia
ambrosiana conferma un interesse preciso per tutti e tre gli episodi evangelici: magi,
Battesimo e Cana; il miracolo dei pani è presente solo nell’inno Illuminans, Altissimus.
Si intuisce, di conseguenza, che sull’Italia del Nord (ma pure sulla Spagna) si deve essere
manifestata una pluralità di influssi. È noto infatti che Roma e l’Africa intendono
primariamente l’Epifania quale manifestazione di Cristo ai pagani, di cui i magi sono le
primizie. Questa tradizione, che sembrerebbe preponderante, si è innestata ben presto,
nelle fonti liturgiche del settentrione d’Italia, su un’altra concezione della festa in
questione. Filastrio di Brescia attesta verso il 383 come temi dell’Epifania in alcune chiese,
diverse dalla sua, oltre all’adorazione dei magi, il Battesimo e la Trasfigurazione di

degli Innocenti. Nonostante non vi sia traccia della lettura dei testi relativi al battesimo, a Cana e
alla moltiplicazione dei pani, l’eucologia associa chiaramente questi eventi alla solennità
comunemente detta Apparitio.
83
Il testo proposto da Fontaine in edizione critica presenta come seconda strofa quella relativa al
battesimo, anteposta dunque alla menzione dei magi (AMBROISE DE MILAN, Hymnes. Texte établi,
traduit et annoté sous la direction de J. Fontaine, ed. J.-L. Charlet - S. Deléani - Y.-M. Duval - J.
Fontaine - A. Goulon - M.-H. Jullien - J. De Montgolfier - G. Nauroy - M. Perrin - H. Savon, Cerf,
Paris 1992, 345); quello adottato nell’attuale Liturgia ambrosiana delle Ore inverte le posizioni.
Quanto all’attribuzione, lo stesso Fontaine così si esprime: “Nous conclurons à l’inauthenticité
probable de l’hymne; son inspiration ambrosienne directe (Traité sur Luc) et sa présence dans les
manuscrits milanais anciens incitent néanmoins à placer sa composition à Milan, mais au plus tôt
dans le second quart du Ve siècle” (AMBROISE DE MILAN, Hymnes, 343).
84
Del miracolo dei pani, al di fuori dell’inno Illuminans, Altissimus, non si trova nessun’altra
menzione nella liturgia milanese di questa solennità, a differenza degli altri episodi, a cui si fa
preciso riferimento nel Prefazio di vigilia (cf Bergomense 189, 77) e nel Transitorio del giorno (cf
Manuale, 91). Sembra più ragionevole, a nostro avviso, riconoscere nell’inno echi gallicani,
piuttosto che, come Frank, pensare che l’introduzione di tale miracolo nelle liturgie gallicana ed
ispanica dell’Epifania trovererebbe una spiegazione nella diffusione dell’inno.
85
Prova di quest’uso in area vicina all’ambrosiana si ha dalle note del codice della Biblioteca
Ambrosiana C 39 inf. (Mediolanensis).
31
Cristo86. Non si può escludere che, parlando in questi termini, alluda proprio a Milano.
Frank, a suo tempo, lo aveva affermato con molta sicurezza, sostenendo che ai tempi di
Ambrogio la chiesa milanese dovesse annoverarsi tra quelle che “nach Filastrius Epiphanie
zunächst als Tag der Taufe Christi betrachten”87. Ambrogio, in verità, menziona nei suoi
scritti una sola volta l’Epifania, precisamente, nel Commento al Vangelo di Luca, laddove
parla della necessità per i catecumeni di dare il proprio nome, in vista del Battesimo di
Pasqua88. Secondo Fontaine “cela peut laisser supposer que le Baptême du Christ tenait
une place dans la liturgie milanaise de l’Épiphanie”89. Che sia stato così fino ad un dato
momento lo confermerebbero i testi eucologici tramandati nei sacramentari medievali. Se è
vero che il prefazio per la messa di vigilia attestato dal Bergomense fa riferimento ai tre
episodi90, non può sfuggire che quello per la messa del giorno è dedicato esclusivamente al
momento del Battesimo di Gesù e della conseguente santificazione delle acque, rese atte
alla rigenerazione battesimale91, in perfetto accordo con la visione orientale dell’Epifania.
È spontaneo domandarsi come mai non vi sia in questo testo nessun riferimento
all’adorazione dei magi, che pure costituisce il contenuto del brano evangelico della
messa, nelle fonti giunte fino a noi. Dall’interrogativo discende l’ipotesi che
originariamente la celebrazione non conoscesse questa come suo motivo dominante, bensì
il Battesimo nel Giordano92.
A complicare ulteriormente la situazione è, però, il fatto che Bu, riportando alla vigilia il
vangelo delle nozze di Cana, non serba più traccia di Mt 3,13-17. Il manoscritto bustese,
tuttavia, fornisce una possibile chiave di interpretazione dell’evoluzione della liturgia
dell’Epifania a Milano. Lascia, infatti, intravedere ciò che può essere accaduto in seguito
all’introduzione, nella messa del giorno, di Mt 2,1-12: in un primo momento nella vigilia si

86
Quidam autem diem Epiphaniorum baptismi, alii transformationis in monte quae facta est esse
opinantur (Filastrii Episcopi Brixiensis Diversarum Haereseon Liber, ed. F. Heylen [CCSL 9],
Brepols, Turhout 1957, 140, 4, 304).
87
H. FRANK, “Zur Geschichte von Weinachten und Epiphanie”, in Jahrbuch für
Liturgiewissenshaft 13 (1936) 1-38: 20. La categoricità con la quale Frank si esprime deriva, tra
l’altro, dalla convinzione, ora del tutto superata, che l’inno Illuminans, Altissimus sia di
sant’Ambrogio.
88
Nemo adhuc dedit nomen suum, adhuc noctem habeo. Misi iaculum vocis per epifania et adhuc
nihil cepi, misi per diem. Expecto ut iubeas; in verbo tuo laxabo retia (Exp. Ev. sec. Lucam 4, 76,
SAEMO 11, 360).
89
AMBROISE, Hymnes, o.c., 338. L’autore osserva però che quando il vescovo milanese commenta
l’adorazione dei magi, il Battesimo di Gesù, il miracolo di Cana o la moltiplicazione dei pani, non
fa mai allusione esplicita all’Epifania.
90
…quia puerperio celesti intulit mundo suae miracula maiestatis ut adorandam magis ostenderet
stellam et transacto temporis intervallo aquam mutaret in vinum et suo quoque baptismate
sanctificaret fluenta iordanis idem Iesus Christus Dominus noster…(Bergomense 189, 77).
91
…Caelos aperuisti aerem benedixisti fontem purificasti et tuum unicum Filium per speciem
columbae per sanctum Spiritum declarasti. Susceperunt hodie fontes benedictionem tuam et
abstulerunt maledictionem nostram…(Bergomense 199, 79).
92
A causa della caduta in C 39 inf. dei fogli corrispondenti a Mt 1,25-3,12 non si ha la certezza
assoluta che le note liturgiche del codice, prevedendo Io 2,1-11 per la vigilia e ad matotino (sic) Mt
3,13-17, escludessero la proclamazione del racconto dei magi. È però non privo di rilevanza che
esse siano concordi con Bu nella collocazione di Io 2,1-11 e testimonino l’uso di Mt 3,13-17 nel
giorno dell’Epifania.
32
sarebbe conservata la pericope giovannea del miracolo a Cana, successivamente
trasferita alla seconda domenica dopo l’Epifania93, secondo l’uso romano, con il recupero,
nella celebrazione vigiliare, di Mt 3,13-1794. L’oblio del racconto del Battesimo di Gesù,
testimoniato da Bu, diventa comprensibile alla luce dei conflitti teologici conseguenti alla
vittoria sull’Arianesimo95. Superati i problemi di interpretazione e dimenticate le
polemiche, è plausibile che sia avvenuto un recupero della pericope da cui dipende
l’eucologia ambrosiana della solennità dell’Epifania, senza intaccare però la priorità
assunta ormai dall’adorazione dei Magi nella messa del giorno. I e la tradizione posteriore
collocano, di conseguenza, il brano matteano del battesimo di Gesù nella celebrazione
vigiliare.
In sintesi. La comprensione orientale dell’Epifania, conservata e arricchita dalla liturgia
gallicana, non ha tardato molto, nel Nord Italia ed in Spagna, ad intrecciarsi con quella
scaturita dall’adozione della festa di gennaio a Roma e in Africa dopo lo scisma
donatista96, ossia con l’idea della manifestazione di Cristo ai “gentili”, raffigurata
nell’adorazione dei magi. Se la festa ha ben presto recepito l’accentuazione romana, il
contenuto primordiale ha lasciato, comunque, tracce consistenti. A Milano eucologia e
lezionario97, hanno perpetuato l’insistenza originaria sul Battesimo di Cristo, risentendo
altresì di quei contenuti teologici, più che altrove, sviluppati in Gallia.
Dopo la riforma liturgica, anche la liturgia ambrosiana ha voluto collocare la festa del
Battesimo di Gesù nella domenica dopo l’Epifania, a conclusione del tempo di Natale.
Dunque, l’epifania al Giordano già vissuta nella solenne vigilia del 6 gennaio, viene poi
celebrata nuovamente per un intero giorno.

93
Di questo cambiamento conserva traccia evidente Bu, in cui la rubrica IN VIGIL EP porta un
segno di cancellatura. A lato una nota di mano posteriore segnala che il brano è riservato alla DOM
II POST EPIPHANIA.
94
Per la messa in stilla (sic) Domini nocte anche S. Cuthbert e Burchard hanno Mt 3,13 così come
per la missa publica Mt 2,1ss. Se ne deduce che in Occidente non è stato immediato e neppure
netto il distacco dalla concezione dell’Epifania orientale, che ha continuato a sopravvivere, accanto
a quella africano-romana. La prima delle due sinassi qui nominate ci riporta all’antico uso, narrato
da Egeria, di una stazione notturna a Betlemme la notte del 6 gennaio, allora festa della Natività,
seguita dalla processione verso l’Anastasis a Gerusalemme (cf Egeria, 25), da cui Sisto III avrebbe
derivati la stazione notturna ad presepe (cf M. RIGHETTI, Manuale di Storia liturgica 2, 74). Morin
ritiene probabile che tale celebrazione in nocte prevedesse l’amministrazione del battesimo,
mantenuto dalle chiese dell’Italia meridionale, malgrado le reiterate proibizioni dei papi (cf G.
MORIN, La liturgie à Naples..., 534). La lettura di Mt 3,13 sarebbe orientata, in tale contesto,
all’amministrazione del sacramento.
95
Cf J. TALLEY, Le origini, 148.
96
Cf J. TALLEY, Le origini, 146. Quando la festa di gennaio fu adottata in occidente non fu assunta
come celebrazione del battesimo di Cristo nel Giordano, secondo la comprensione orientale, ma
come data alternativa per la Natività. Si è andata così stabilendo una distinzione tra la narrazione
della Natività e quella dell’adorazione dei magi (che un sermone natalizio di Ottato di Milevi
considera ad modum unius), assegnata al giorno dell’Epifania (cf J. TALLEY, Le origini, 146-148).
97
Molto significative, a riguardo, sono le letture veterotestamentarie vigiliari: Is 49,8-13; IV Reg
2,1-12; Nm 24,15-25; IV Reg 6,1-7.
33
7.1.4. Il tempo dopo l’Epifania

Il tempo dopo l’Epifania ha inizio il lunedì seguente la festa del Battesimo di Gesù e si
conclude il sabato che precede la domenica In capite Quadragesimae. È caratterizzato
dalla continua celebrazione delle manifestazioni dell’identità divina di Gesù. La seconda
domenica dopo l’Epifania, in particolare, è sempre dedicata al segno di Cana, al quale già
si riferiscono i testi liturgici della vigilia e del giorno dell’Epifania. La domenica
successiva è dedicata al segno della moltiplicazione dei pani, evocato nell’inno
santambrosiano dell’Epifania Illuminans altissimus dopo gli altri tre (Magi, Battesimo,
Cana). Quando tale domenica coincide con l’ultima di gennaio, prevale su di essa la
celebrazione della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, che per il rito ambrosiano
non capita mai durante l’ottava di Natale. La durata del tempo dopo l’Epifania dipende
dalla collocazione della Pasqua, evidentemente. È dunque variabile. In ogni caso si
celebrano sempre la penultima domenica, detta della “divina clemenza”, e l’ultima, detta
“del perdono” che preparano, all’ingresso in Quaresima, facendo contemplare le
manifestazioni della misericordia di Dio98.

7.2 - Quaresima e Pasqua

Il ciclo pasquale, ossia la memoria annuale della passione, morte e resurrezione di Gesù,
come è noto, tende in tutti i riti a conservarsi in forme appartenenti al loro stadio più
antico99. In particolare, appare evidente il forte radicamento del triduo pasquale
ambrosiano nell’uso agiopolita, così come è attestato da Egeria nel suo diario 100. La
ricchezza di questo ciclo rende indispensabile articolarne la trattazione in diverse sezioni.

7.2.1 Quaresima

La Quaresima ha una durata di quaranta giorni; il sabato e la domenica non sono


considerati di digiuno, ma sono comunque inclusi nel computo. Per questa ragione Milano
non ha sentito l’esigenza di anticipare l’inizio al mercoledì delle Ceneri, fissando
l’apertura al lunedì dopo la domenica In capite ieiunii, attualmente considerata prima di
Quaresima101. Le domeniche successive prendono il nome dai brani di vangelo conservati
costantemente nella liturgia: De Samaritana, De Abraham, De Caeco, De Lazaro.
La testimonianza delle catechesi quotidiane di Sant’Ambrogio sulla Genesi e sul Libro dei
Proverbi102 ha determinato la conservazione nella liturgia feriale di due pericopi
veterotestamentarie tratte dai medesimi testi. Ogni venerdì di Quaresima è rigorosamente
98
Per un approfondimento, cf. N. VALLI, “Libro I – Mistero dell’Incarnazione”, Ambrosius 85/n. 1
(2009): Il Lezionario secondo il Rito della Santa Chiesa di Milano, 123-159: 145-154.
99
Cf. A. BAUMSTARK, Liturgie comparée, Chevetogne 31953, 30.
100
Cf. ÉGERIE, Journal de voyage, ed. P. MARAVAL (= Sources Chrétiennes 296), Cerf, Paris 1982.
101
La prima domenica di Quaresima non era considerata penitenziale; il congedo dall’alleluia
anticamente si faceva ai Vespri Secondi. Nella struttura attuale è previsto ai Primi, dopo l’inno.
L’imposizione delle Ceneri, un tempo riservata alle Litanie Triduane, si è introdotta al lunedì della
prima settimana, ma per ragioni pastorali si può anticipare alla domenica.
102
Cf AMBROSIUS MEDIOLANENSIS, De Mysteriis 1.
34
“aneucaristico”, ossia privo di celebrazione della S. Messa. I vespri di questo giorno
hanno una struttura particolare con quattro letture bibliche (il Breviario ambrosiano ne
riporta solo due, ma il nuovo Lezionario ha adottato l’originario ordinamento) come per le
vigilie e senza il cantico della Beata Vergine. Fortemente connotati in senso battesimale
sono i sabati, l’ultimo dei quali, alle soglie della Settimana Santa, è detto in traditione
Symboli. Durante la messa si recita solennemente il Credo, che in questo giorno veniva
consegnato ai catecumeni.

7.2.2. La Settimana Autentica

La Settimana Santa, definita nelle fonti hebdomada autentica, è il momento più


conservativo, rispetto alla genuina tradizione ambrosiana, secondo la tendenza tipica di
molte liturgie. Un aspetto estremamente interessante è il forte radicamento nell’uso
gerosolimitano così come è attestato in Egeria, che si esprime nella preferenza per
un’impostazione cronologica delle celebrazioni.
Nella domenica delle Palme103, Milano non ha mai conosciuto la proclamazione
dell’intera passione. La Messa del giorno fa memoria dell’unzione di Betania, presagio
della morte imminente, che avvenne, come canta l’inno dell’Ufficio e della processione,
sex ante Paschae ferias, ossia a sei giorni dalla Pasqua di passione. Le letture sono: Is 52,
13-53, 12; Eb 12, 1b-3; Gv 11, 55-12,11. Vi è poi una messa di tono festoso, che rievoca
l’ingresso messianico in Gerusalemme, preceduta dalla benedizione delle palme e degli
ulivi e dalla processione, durante la quale si cantano antifone specifiche e l’inno Magnum
salutis gaudium. Dopo il canto dei 12 kyrie e della sallenda Benedictus qui venit la
celebrazione dell’Eucarestia prevede letture proprie: Zc 9,9-10; Col 1,15-20 e Gv 12,12-
16.
Nei primi tre giorni feriali della Settimana Santa vengono proclamate pericopi dai libri di
Giobbe, come già in età santambrosiana, e di Tobia, al quale lo stesso Ambrogio dedicò un
commento.
Se il Vangelo del Lunedì (Luca 21, 34-36) richiama la tensione spirituale con cui la Sposa
deve muovere verso l’incontro con il suo Signore, in sintonia con il tema della Pasqua-
Parousia, a cui la tradizione milanese appare molto sensibile, il vangelo di Martedì (Matteo
26,1-5) avvia, attraverso la decisione del Sinedrio di arrestare Gesù per metterlo a morte, la
meditazione degli eventi della passione. Come nell’antico uso gerosolimitano, al
Mercoledì è prevista la pericope dell’accordo di Giuda con i sommi sacerdoti per la
consegna di Gesù (Matteo 26, 14-16).
Nel Giovedì Santo, dopo l’ora Terza, in cattedrale si svolge la Messa con la Benedizione
degli Oli (Crisma e olio dei catecumeni sono benedetti prima della Preghiera eucaristica,
l’olio degli infermi al termine del Canone Romano). È prevista inoltre nelle altre chiese
una celebrazione della Parola che, come anticamente negli altri primi tre giorni di questa
stessa settimana e in tutte le ferie quaresimali, è articolata in due pericopi vetero-
testamentarie (Dn 13,1-64; Sap 2,12 – 3,9).

103
Per una presentazione dettagliata cf. N. VALLI, «La domenica delle Palme nella liturgia
ambrosiana», Ecclesia orans 33 (2016) 49-92.
35
La Messa in Caena Domini si celebra nel pomeriggio o a sera, sempre inter
Vesperas104. Dopo i riti lucernali, l’inno e il responsorio, si proclama come lettura vesperale
Giona 1-3,5.10 con un salmello; dopo l’orazione seguono l’epistola di Paolo ai Corinzi (1Cor
11,20- 34) e poi la passione secondo Matteo (Mt 26,17-75) fino al pianto di Pietro (“flevit
amare”). La liturgia prevede un’anafora propria (cf. scheda nell’antologia dei testi
ambrosiani). Dopo la comunione avviene la solenne riposizione del SS. Sacramento e la
conclusione dei Vespri. Il rito della Lavanda dei piedi non è organicamente inserito nella
celebrazione; può essere fatto prima o dopo o in altro momento ritenuto opportuno.
Il Venerdì Santo prevede attualmente la celebrazione della morte del Signore all’interno di un
ordinamento che vorrebbe, in qualche modo, riprendere la struttura dei vespri105.
Evidentemente, l’intenzione al momento della riforma è stata quella di concludere così il
primo giorno del triduo iniziato la sera precedente. In realtà, la tradizione ambrosiana non ha
mai collocato nei vespri la morte di Gesù, per ragioni di cronologia, essendo avvenuta all’ora
nona. Per di più ha conosciuto per secoli una memoria liturgica della sepoltura. Quando tutto
si era concentrato nelle ore mattutine, la recita delle ore dell’Ufficio consentiva, almeno
idealmente di vivere i diversi momenti secondo i tempi determinati dal testo evangelico.
Secondo la struttura ora vigente, l’azione liturgica della passione si può svolgere nel
pomeriggio o nella sera del venerdì e prevede un lucernario a cui si può aggiungere l’inno
Vexilla regis (che il messale, inspiegabilmente non prevede). Segue la proclamazione di due
profezie di Isaia (Is 49,24-50,10; Is 52,13-53,12) intervallate da un salmello e da un’orazione.
Dopo il responsorio Tenebrae factae sunt si continua la proclamazione della passione (Mt
27,1-56)106. Al momento della morte si spengono le luci e si spogliano gli altari. Dopo
l’omelia avviene l’adorazione della croce (Milano non conosce la “develatio”, ma solo la
processione con le tre ostensioni). Il rito si conclude con la preghiera universale. Per ovvie
ragioni non è mai stata ammessa la distribuzione ai fedeli dell’Eucarestia, essendone privi
anche tutti i venerdì quaresimali.
L’antica celebrazione della sepoltura, confluita dopo il Vaticano II in una liturgia della Parola
ad libitum già prevista per il mattino del sabato santo, è proposta nuovamente dal lezionario
rinnovato a conclusione del venerdì santo, con un ordinamento molto sobrio, incentrato sulla
pericope di Matteo 27,57-61, come nel modello gerosolimitano del IV secolo a cui rimanda.
Il brano evangelico è preceduto dalla proclamazione di Dan 3,1-24 e Dan 3,91-100: la
vicenda dei fanciulli nella fornace ardente è interpretata anche in riferimento al mistero
della discesa del Cristo agli Inferi.
Il sabato in authentica al mattino prevede nei libri ambrosiani una liturgia della Parola
che, in ossequio alla cronologia degli eventi della passione, propone Mt 27, 62-66, non
senza sostare sulla storia genesiaca di Noè che funge da catechesi battesimale. Si attende

104
Per una presentazione dettagliata cf. N. VALLI, “La santa messa in Cena Domini nella liturgia
ambrosiana”, Ecclesia orans (2010) 327-374; N. VALLI, “Ille se pro mundi redemptione piae ac
venerandae tradidit passioni”. Msza święta „in Cena Domini” w liturgii ambrozjańskiej, Słowo
Krzyża 6 (2012) 123-169. Per una visione dettagliata dell’intero Triduo cf. N. VALLI, Il Triduo
pasquale ambrosiano (BELS 176), CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 2016; M. NAVONI, La
Settimana Santa ambrosiana. Storia e spiritualità, Centro Ambrosiano, Milano 2013.
105
Per una presentazione dettagliata cf. N. VALLI, “Passione e Deposizione del Signore nel rito
ambrosiano”, Ecclesia orans 28 (2011) 225-266.
106
Nella liturgia episcopale è il vescovo assistito da sei diaconi a proclamare solennemente la
passio Domini.
36
quindi nel silenzio la solenne Veglia pasquale con la quale ha inizio il terzo giorno del
Triduo e il Tempo di Pasqua.
Anche in essa si osservano le specificità ambrosiane107. La benedizione del fuoco, o meglio
del lume, è facoltativa. L’inizio della veglia avviene con l’accensione del cero e la
processione di ingresso. Dopo il saluto del presidente il Praeconium paschale ha un testo più
ampio di quello romano e, nella parte conclusiva, illustra quanto avverrà durante la
celebrazione.
La liturgia della Parola prevede sei letture veterotestamentarie con salmi, cantici e orazioni.
Dopo la sesta lettura, vera e propria invitatio ad fontem, seguita dal canto Sicut cervus e da
un’orazione per i catecumeni, prima della riforma si procedeva ai riti battesimali, ora
trasferiti, per influsso romano a dopo l’omelia. Segue dunque subito il momento culminante
della veglia, ossia il triplice annuncio della resurrezione (Christus Dominus resurrexit. Deo
gratias), fatto dal vescovo o dal sacerdote che presiede. Dopo l’oratio super populum si
proclamano tre letture neotestamentarie, un brano di Atti, uno di Paolo ai Romani e il vangelo
di Matteo a cui, come nei giorni precedenti, è riservato un ruolo privilegiato, secondo la
consuetudine gerosolimitana attestata da Egeria. La Veglia prevede poi i riti battesimali che si
concludono con l’aspersione del popolo, l’eventuale conferimento del sacramento della
cresima, il canto delle litanie dei santi ambrosiane e l’orazione a conclusione della Liturgia
della Parola. La liturgia eucaristica presenta un’anafora specifica, il canone VI.

7.2.3. Il tempo pasquale

Durante la settimana di Pasqua l’antica consuetudine di celebrare due messe ogni giorno, una
nella chiesa minore (hiemalis) per i battezzati ed una seconda nella chiesa maggiore per tutto
il popolo, è evocata dal duplice formulario quotidiano conservato nel messale.
Nel corso della Cinquantina la tradizione ambrosiana ha mantenuto fino alla riforma la
celebrazione in mediante die festo, oggi solo ricordata nel lezionario dal vangelo del
giovedì della IV settimana (Gv 7,14-24) e le “Litanie triduane”, il lunedì, martedì e
mercoledì seguenti la domenica dopo l’Ascensione. A conclusione di questo tempo
liturgico, dopo l’Ascensione, al quarantesimo giorno, il sottrarsi dello Sposo alla vista dei
suoi e l’attesa dello Spirito sono sottolineati dalla proclamazione di pericopi del Cantico
dei Cantici, nelle quali la Sposa lamenta la lontananza del suo Sposo, da testi paolini di
carattere pneumatologico e dai discorsi di congedo da parte di Gesù (Gv 14-16).
La Pentecoste ambrosiana è caratterizzata da una vigilia che prevede la solenne messa
inter vesperas. Dopo i riti lucernali e quattro letture, tratte dall’Antico Testamento (le
medesime presenti anche nel Lezionario romano per l’eventuale celebrazione della Veglia
di Pentecoste), il formulario dell’eucarestia vigiliare si apre con epistola e vangelo. Al

107
Per una presentazione dettagliata cf. N. VALLI, “La Veglia Pasquale nella liturgia ambrosiana
(I). I riti lucernali”, Ecclesia Orans 30 (2013) 547-578; N. VALLI, “La Veglia Pasquale nella
liturgia ambrosiana (II). La catechesi veterotestamentaria”, Ecclesia orans 31 (2014) 13-46; N.
VALLI, “La Veglia Pasquale nella liturgia ambrosiana (III). Dall’Annuncio della risurrezione ai riti
conclusivi” Ecclesia orans 31 (2014) [in via di pubblicazione]

37
termine della comunione il canto del Magnificat chiude il rito vespertino, sul
quale, come si può intuire, è modellato quello vigiliare di ogni domenica108.

7.3 - Settimane dopo Pentecoste

Nell’attuale configurazione del Messale ambrosiano si trovano 32 formulari completi (quattro


orazioni, quattro canti e prefazio proprio) per le domeniche e le ferie del tempo detto, come
nel messale romano, “per annum”. Fino alla riforma conciliare, il rito ambrosiano non ha mai
conosciuto una simile denominazione, possedendo una peculiare organizzazione delle
settimane dall’Epifania alla Quaresima e di quelle che dalla Pentecoste conducono
all’Avvento successivo. Queste, nelle fonti medievali, risultano strutturate in tre tempi
liturgici, articolati attorno a due snodi: la festa del Martirio di san Giovanni, il 29 agosto, e
l’anniversario della Dedicazione della Chiesa maggiore, il Duomo di Milano, sempre
coincidente con la terza domenica di ottobre. A partire da questi punti di riferimento si
delineano così le settimane dette “dopo la Pentecoste”, quelle “dopo il Martirio del
Precursore” e, da ultimo, quelle “dopo la Dedicazione”. Il nuovo lezionario ambrosiano ha
ripristinato questa scansione che prossimamente sarà ripresa anche dal messale.

7.3.1. Tempo dopo la Pentecoste (fino al Martirio del Precursore)

La durata di questo tempo liturgico è variabile, essendo legata alla fluttuazione della data
della Pasqua. Esso prende avvio con il lunedì dopo la Pentecoste e si conclude il sabato
che precede la prima domenica dopo il Martirio del Precursore.
Se con la Pentecoste giunge a compimento il mistero Pasquale, sette giorni dopo, nella
solennità della Santissima Trinità, si contempla tutta l’economia divina. Nelle settimane
seguenti la Chiesa ambrosiana ripercorre tutta la storia della salvezza, che ha avuto origine
dalla comunicazione dell’Amore trinitario, si è manifestato nell’Alleanza del Sinai e
nell’Incarnazione del Verbo ha avuto la sua piena attuazione. Le domeniche celebrano
dunque il compiersi in Cristo degli eventi narrati nelle pagine dell’Antico Testamento,
dalla creazione al ritorno dall’esilio con la ripresa di una nuova vita da parte del popolo
d’Israele. Nella domenica che precede il 29 agosto è sempre la testimonianza dei
Maccabei109, riletta in chiave cristologica, a preparare il passaggio al tempo dopo il
Martirio di Giovanni.
La solennità del Corpo e sangue del Signore è collocata al Giovedì seguente la prima
Domenica dopo Pentecoste, con la possibilità, come per l’Ascensione, di ripetere la sua
celebrazione la domenica seguente.

108
Cf. N. VALLI, “In lumine tuo videbimus lumen. Le grandi vigilie ambrosiane: una tradizione
rinnovata”, Ecclesia orans 26 (2009) 189-229.
109
Beroldo testimonia la presenza alle Calende di agosto della festa liturgica dei santi Maccabei,
che si mantenne fino alla riforma liturgica nel messale ambrosiano congiuntamente a quella di
sant’Eusebio.
38
7.3.2. Settimane dopo il Martirio del Precursore

Dopo la domenica segnata dal ricordo dei martiri Maccabei110, la fedeltà a Dio di
Giovanni Battista manifesta l’unità tra l’antica e la nuova Alleanza: “La Legge e i Profeti
fino a Giovanni” (Mt 11,13).
Le Domeniche dopo il Martirio del Precursore fanno dunque risaltare l’identità di
Giovanni quale ultimo profeta dell’Antica Alleanza, venuto per rendere testimonianza
diretta dell’adempimento in Cristo delle promesse divine. Mettono, inoltre, a tema l’azione
dello Spirito Santo che suscita la testimonianza, concentrando poi l’attenzione sul
discepolato e sul Regno, descritto dalle parabole di Gesù. Nelle ferie coerentemente si
leggono i testi del Nuovo Testamento che custodiscono la parola annunciata dagli apostoli
con la vita e le direttive per le prime comunità cristiane.

7.3.3. Settimane dopo la Dedicazione del Duomo

Nel calendario ambrosiano recentemente approvato si precisa che il Duomo di Milano è la


chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani: tra essi sono inclusi, naturalmente, i fedeli della
diocesi che vivono in parrocchie che per antica tradizione seguono il rito romano, ma
anche coloro che, pur appartenendo ad altre diocesi con proprie cattedrali, osservano
legittimamente il rito ambrosiano. Dunque, la domenica della Dedicazione è da
considerare una solennità di grande rilievo per tutte le comunità ambrosiane, sia in diocesi
di Milano che al di fuori; con essa prende avvio il tempo che conclude l’anno liturgico:
dalla Chiesa diocesana, al mandato missionario universale (I domenica dopo Ded.),
all’unversalità della chiamata alla salvezza in ogni luogo e in ogni epoca (II domenica
dopo Ded.), alla fine della storia ricapitolata in Cristo Re dell’universo (ultima domenica).
Le Premesse al lezionario ambrosiano111, al n. 221, affermano che “Verrò presto!” (cf Ap
22,7) è l’annuncio posto a conclusione dell’anno liturgico, ed è l’approdo cui anela quale
Sposa la Chiesa, dopo aver ripercorso attraverso il succedersi dei tempi rituali l’intera
storia della salvezza e averla rivissuta nelle celebrazioni.

8 – L’Ufficio divino

Notizie circa l’antica ufficiatura ambrosiana sono arrivate fino a noi attraverso i trattati
editi da Magistretti nel Manuale Ambrosianum, risalenti ai secoli IX-X: De ordine
antiquae psalmodie ambrosianae112; Expositio matutini officii S. Ambrosianae
Mediolanensis Ecclesiae, edita a S. Theodoro archiepiscopo eiusdem ecclesiae113.
110
La sua precisa denominazione è “Domenica che precede il Martirio di san Giovanni il
Precursore”.
111
Sono pubblicate, in lingua italiana e latina, nel Supplemento alla Rivista Diocesana Milanese
99/3 (2008).
112
Manuale ambrosianum 1, ed. M. Magistretti (Monumenta Veteris Liturgiae Ambrosianae 1),
Milano 1905, 40-73.
113
Ibid., 114-142.
39
Non possiamo qui ripercorrere la storia dell’Ufficio114. Ci limitiamo a dire che alla
fine del secolo IV, nella Chiesa milanese esistono le Lodi e i Vespri, e una veglia notturna
ad galli cantum per la quale Sant’Ambrogio compose l’inno Aeterne rerum Conditor. Il
Santo accenna anche a vigilie vespertine. Egli avrebbe reso più solenne l’ordo vigiliarum
e avrebbe reso quotidiano l’uso delle vigilie, secondo il costume orientale. Avrebbe inoltre
introdotto il canto degli inni nell’ufficio e anche l’antifonia nel canto dei salmi. Non
abbiamo però una precisa documentazione fino al Manuale ambrosiano. Nei secoli XV e
XVI, il Breviario subisce diverse riforme: nel 1440 quella dell’Arcivescovo Francesco
Picolpasso; nel 1490-1492, quella del Casola. Nell’edizione curata da S. Carlo Borromeo,
nel 1625, si divide il mattutino dalle lodi, che cominciano con il versetto: Deus in
adiutorium... L’edizione del Borromeo è alla base di tutte le altre edizioni fino al 1957.
L’ultima grande revisione, prima della riforma postconciliare, fu fatta dal beato card.
Schuster, con il contributo dei monaci di Maria Laach.

8.1 – Struttura dell’ufficio prima della riforma

Un dato essenziale, che contraddistingue l’ufficiatura ambrosiana è la conservazione


dell’inizio del giorno liturgico ai primi Vespri. A differenza del rito romano questi sono
sempre celebrati sia nelle memorie che nelle domeniche, feste e solennità; i secondi invece
caratterizzano solo le domeniche, feste e solennità. Non sono concepibili, ovviamente,
primi vespri di feria.
Per mostrare la ricchezza e insieme la complessità dell’Ufficio ambrosiano prima della
riforma, offriamo lo schema di Vespri e Mattutino-Lodi.

VESPRI
(Pater noster – Ave Maria secreto)
- Dominus vobiscum. Et cum spiritu tuo
- Lucernarium
- Antiphona in choro (diebus dominicis).
- Hymnus
- Responsorium in choro (aut cum infantibus)
- Dominus vobiscum. Et cum spiritu tuo

(In diebus dominicis et ferialibus)


- quinque antiphonae cum psalmis Kyrie ter
- Dominus vobiscum. – oratio I

(In vesperis de Sanctis)


- Ant. psalmus + Ecce nunc + Laudate Dominum, Gloria Patri ant. Kyrie ter
- Dominus vobiscum – oratio I
- Dominus vobiscum Ant. psalmus ant. Kyrie ter

Per l’approfondimento cf Excursus III in M. RIGHETTI, Storia liturgica 2, Ancora, Milano 1969,
114

839ss.
40
- Dominus vobiscum. – oratio II
- Dominus vobiscum Ant. Magnificat Magnificat anima mea Dominum ant. Kyrie
ter
- Dominus vobiscum Oratio II / III (de Sanctis)

(In diebus dominicis)


- Psallenda I - Completorium I - Completorium II Kyrie ter
- Oratio III
- Psallenda II – Completorium I – Completorium II
- Oratio ultima
- Commemorationes
- Conclusio

(In vesperis de Sanctis)


- Psallenda – Completorium I – Completorium II Kyrie ter
- Oratio IV
- Commemorationes
- Conclusio

(In diebus ferialibus)


- Responsorium in Baptisterio – oratio
- psalmi versus quatuor cum antiphona
- Completorium Kyrie ter
- Oratio IV

MATTUTINO
(Pater noster – Ave Maria secreto)
- Deus in adiutorium...Gloria...Halleluja
- Hymnus (Aeterne rerum Conditor)
- Responsorium
- Ant / Canticum Trium Puerorum (Benedictus es Domine) Ant. Kyrie ter
- Benedictus es, Deus. Amen.
- Tres antiphonae cum canticis (diebus dominicis), cum decuria psalmorum
(diebus ferialibus)115.
- Tres lectiones116 cum duobus responsoriis
- Te Deum (post tertiam lectionem) si ratio postulet

115
I salmi per il mattutino erano disposti per ciascuna ferie in dieci decuriae; ciascuna di essa era
suddivisa in tre notturni composti da un numero variabile di salmi (da tre a otto secondo la
lunghezza). Le antifone dunque introducevano e concludevano il blocco di salmi di ciascun
notturno. I sabati e le domeniche avevano un ordinamento a se stante. Così le ferie de exceptatato
e in authentica
116
Nelle domeniche si leggevano omelie patristiche, nelle ferie testi della Sacra Scrittura, nelle
feste dei santi, in mancanza di un omelia appropriata, una o due letture scritturistiche e,
rispettivamente due o una lettura tratta dalle opere del santo o inerenti. Ogni lettura era, come
ancora è, preceduta dalla benedizione.
41
- Oratio et Benedicamus Domino (si non dicantur statim Laudes117)
- Ant. Benedictus118 Ant. Kyrie ter

• (in Dominicis, solemmnitatibus Domini et festis Sanctorum sollemnibus)


- Antiphona ad crucem119
- Oratio I (secreta) Deus qui populum
- Ant. Canticum Cantemus (Ex 15) Ant. Kyrie ter
- Oratio II (secreta) Deus qui tribus... Dominus vobiscum
- Ant. Canticum Benedicite (Dan 3) Ant. Kyrie ter
- Dominus vobiscum – Oratio I - Dominus vobiscum

• (in feriis)
- Ant. Miserere (Ps. 50)120 Ant. Kyrie ter
- Dominus vobiscum - Oratio I Dominus vobiscum

• (semper)
- Ant. Psalmi 148-150, 116; Capitulum; Ant. Kyrie ter Dominus vobiscum
- Psalmus directus
- Hymnus
- Kyrie duodecies

• (in festis de sanctis)


- Psallenda – Completorium – oratio II
- Commemorationes
- Conclusio
• (in dominicis et sollemnitatibus)
- Psallenda I - Completorium I kyrie ter –
- Oratio II
- Dominus vobiscum - Psallenda II – Completorium kyrie ter
- Oratio III
- Commemorationes
- Conclusio
• (in feriis)
- Dominus vobiscum.
- Responsorium in Baptisterio
- Oratio II
- Psalmi versus quatuor cum ant.
- Completorium Kyrie ter
- Oratio III
- Conclusio
117
Se le Lodi erano separate dal Mattutino iniziavano con il versetto Deus in adiutorium...
118
Nelle domeniche di Avvento, e nelle solennità di Natale, Circoncisione ed Epifania, in luogo del
Benedictus si cantava il Cantico di Dt 32.
119
Abitualmente si cantava una sola volta; in alcune circostanze è ripetuta cinque, o anche sette
volte.
120
Nei sabati era previsto il Confitemini (Sl.117).
42
8.2 – Struttura dell’ufficio attuale

Nel 1983 si stampò il nuovo breviario riformato: Liturgia delle Ore secondo il rito della
Santa Chiesa ambrosiana. Riformato a norma dei decreti del Concilio Vaticano II e
promulgato dal Cardinale Carlo-Maria Martini, Arcivescovo di Milano, Edizione Tipica
(Milano 1983). Esso ridisegna la celebrazione di Vespri, Compieta, Ufficio delle Letture,
Lodi mattutine, e Ore Minori, non rinunciando a mantenere un legame stretto con la
tradizione ambrosiana, sapientemente ripresa e aggiornata121.

VESPRI

- Il Signore sia con voi. E con il tuo Spirito122


- Rito della luce o Lucernario
È un responsorio triplice opportunamente accompagnato dall’accensione delle luci e
dell’incenso.
- (Antifona in choro nei secondi vespri dell’Epifania)
- Inno.
- Responsorio in choro:
Nelle domeniche di Quaresima e del tempo pasquale, nelle ottave di Natale e di Pasqua,
nelle ferie prenatalizie, nella Settimana Santa, e in alcune solennità e feste.
- Notizia del Santo (se prevista) o proclamazione della Parola di Dio
Dopo l’inno o dopo il responsorio, nei primi vespri delle celebrazione dei Santi, si legge
sempre la notizia della loro vita.
In tutti gli altri casi è sempre possibile inserire una o più letture della Sacra Scrittura e
tenere un’omelia.
Nei primi vespri del Natale, dll’Epifania e di Pentecoste, dopo l’inno e il responsorio si
leggono quattro letture con il loro salmelli e si cantano le rispettive orazioni.
Nei venerdì di Quaresima, dopo l’inno e prima della salmodia, si leggono quattro letture
con i loro salmelli e le rispettive orazioni (nel Breviario attuale si trovano solo due letture,
ma il Lezionario del 2008 ha ripristinato il tradizionale numero di quattro, predisponendo
inoltre una ciclicità biennale).
Nel Giovedì Santo, dopo l’inno ed il responsorio, si proclama come lettura vesperale, il una
lunga pericope tratta dal libro di Giona. Dopo il salmello si legge l’epistola prevista per la
messa in caena Domini e si celebra l’Eucarestia. Terminata la comunione, dopo la solenne
riposizione, si cantano i salmi e, omesso il Magnificat, si conclude la celebrazione.
- Salmodia:
a) due salmi con le loro antifone (nelle domeniche, memorie e ferie);
b) un salmo seguito dei salmi 113 e 116 con una antifona e una dossologia
(nelle solennità e feste).
- Prima orazione.
- Cantico della Beata Vergine con l’antifona
È omesso nei venerdi di Quaresima e nella Settimana Santa.

121
Per una presentazione sintetica cf. N. VALLI, Breve introduzione al rito ambrosiano. Santa
messa e liturgia delle ore, Ancora, Milano 2014.
122
Se non presiede il sacerodote o il diacono: Signore ascolta la nostra preghiera. E il nostro
grido giunga fino a te.
43
Prima dell’antifona, alla fine del cantico si ripete sempre il primo versetto del
Magnificat.
- Kyrie eleison (tre volte)
- Seconda orazione.
- Commemorazione del battesimo:
a) canto dal N.T. con antifona e orazione conclusiva, nelle domeniche,
nelle feste e nelle solennità del Signore;
b) responsorio con la sua orazione negli altri giorni:
Nella celebrazione pubblica si raccomanda la processione al battistero. Mentre ci si reca al
battistero si esegue il cantico o il responsorio. Dopo l’orazione, tornando all’altare si
asperge l’assemblea, metre si esegue un canto adatto.
Oppure:
- Lode del Santo (o dei Santi): “sallenda” e orazione:
Nella celebrazione pubblica è opportuno recarsi in processione al luogo dove c’è un ricordo
del Santo di cui si fa memoria (altare laterale, immagine, reliquia...). Mentre si torna
all’altare si possono cantare le litanie dei santi.
- Intercessioni.
- Padre nostro.
- Benedizione (se i Vespri sono presieduti da un prebitero o da un diacono).

COMPIETA

- Convertici Dio nostra salvezza. E placa il tuo sdegno verso di noi.


- O Dio vieni a salvarmi
- Inno.
- Salmodia (uno o due salmi) con antifona.
- Lettura breve e responsorio.
- Nunc dimittis con antifona.
- Orazione conclusiva.
- Antifona alla vergine (secondo il tempo liturgico)
- Esame di coscienza (ed eventualmente atto penitenziale)
- Dormiamo in pace. R/ Vigiliamo in Cristo

UFFICIO DELLE LETTURE

- Versetto di introduzione (O Dio vieni a salvarmi...Gloria...Alleluia)


- Inno.
- Cantico dei tre giovani
Nelle domeniche dei tempi forti, nelle ferie prenatalizie, nella settimana santa, nell’ottava
del Natale e Pasqua, e in alcune solennità e feste, al posto del canto si dice un responsorio.
- Salmodia con antifone
Nella domenica si dicono tre cantici; nei sabati un canto e due salmi; nelle ferie
prenatalizie, nei giorni dell’ottava del Natale la salmodia è propria. Durante la settimana
santa i salmi sono sei.
- Kyrie (tre volte). Tu sei benedetto Signore. R/ Amen.
- Prima lettura (biblica).
- Responsorio.
- Seconda lettura (patristica o agiografica).
- Te Deum o Laus angelorum magna
44
Il Te Deum si recita nelle domeniche fuori dell’Avvento e della Quaresima,
nelle solennità e nelle feste, nelle ottave di Natale e di Pasqua. Quando non si recita il Te
Deum, si può lodevolmente eseguire la Laus angelorum magna (Gloria in excelsis con
ampliamenti) tranne che nel tempo quaresimale.
- Orazione123
- Benediciamo il Signore. R/ Rendiamo grazie a Dio.

LODI MATTUTINE

- Versetto di introduzione (O Dio vieni a salvarmi...Gloria...Alleluia)


Cantico di Zaccaria con l’antifona
- Kyrie eleison (tre volte).
- Prima orazione.
- Antifona ad crucem e Orazione
È prevista nelle domeniche del tempo di Pasqua, Avvento e Natale, nelle ottave di Natale e
di Pasqua e in alcune solennità e feste.
- Cantico dell’A.T. con antifona
- Salmi laudativi con antifona
Nelle solennità e nelle feste sono conservati i quattro salmi Laudate (148, 149, 150, 116).
Ogni giorno al salmo laudativo previsto nel salterio si associa il salmo 116, come invito
universale alla lode.
- Salmo diretto senza antifona
È sempre recitato da tutti senza alternanza di cori.
- Seconda orazione.
- Inno.
- Acclamazioni a Cristo Signore (in forma litanica).
Si tratta di sei acclamazioni concluse dalla formula Kyrie eleison ripeuta dall’assemblea in
modo che risuoni dodici volte.
- Padre nostro.
- Benedizione (se le lodi sono presiedute da un presbitero o diacono).

ORE MINORI

- Versetto d’introduzione.
- Inno.
- Salmodia (tre salmi con tre antifone o, in alcuni casi, con una sola).
- Lettura breve
- Responsorio
- Orazione conclusiva.
- Benediciamo il Signore. R/ Rendiamo grazie a Dio.

123
Se la celebrazione dell’Ufficio è congiunta alle lodi si omettono l’orazione, il versetto
conclusivo e il successivo versetto di introduzione, passando subito al Benedictus.
45
8.3 Bibliografia sulla Liturgia delle ore

G. BIFFI, “La «ambrosianità» della nostra liturgia delle ore”, Rivista Diocesana Milanese 73 (1982) 483-
489;

I. BIFFI , “Commento alla Diurna Laus ambrosiana:


1) I lucernari”, Ambrosius 57 (1981) 318-343;
2) Le commemorazioni battesimali dei vespri”, Ambrosius 57 (1981) 398-444;
3) Le acclamazioni a Cristo Signore nelle lodi”, Ambrosius 58 (1982) 75-81.

I. BIFFI, “La giustificazione cristiana nelle orazioni di sesta del Salterio ambrosiano”, Ambrosius 61 (1985)
313-333;

I. BIFFI, “La teologia della croce nelle orazioni di Nona del Salterio ambrosiano”, Ambrosius 61 (1985) 135-
152.

I. BIFFI, “Le orazioni salmiche della Diurna Laus ambrosiana”, Ambrosius 59 (1983) 261-303.

I. BIFFI, “Nuova eucologia nella liturgia ambrosiana delle ore:


1) Le orazioni a conclusione dell'ufficio delle letture nel tempo d'Avvento”, Ambrosius 62 (1986) 511-542.
2) Le orazioni conclusive dell'ufficio delle letture nel tempo natalizio”, Ambrosius 63 (1987) 485-508.
3) Le orazioni conclusive dell'ufficio delle letture del tempo di Quaresima”, Ambrosius 64 (1988) 20-45.
4) Le orazioni conclusive dell'ufficio delle letture nella Settimana Santa”, Ambrosius 64 (1988) 129-145.
5) Le orazioni conclusive dell'ufficio delle letture dell'Ascensione, della VII Settimana di Pasqua e della
Pentecoste”, Ambrosius 64 (1988) 220-230.
6) Le orazioni conclusive dell'ufficio delle Letture del Tempo Ordinario”, Ambrosius 64 (1988) 413-425.
7) Le orazioni conclusive dell'Ufficio delle letture del tempo pasquale (Ia-VIa Settimana)”, Ambrosius 65 (1989)
155 - 179.

I. BIFFI, “Teologia dello Spirito santo nel salterio feriale ambrosiano”, Ambrosius 60 (1984) 20 – 31.

F. DELL'ORO, “Annotazioni in margine alla «Diurna Laus»”, Rivista Liturgica 73 (1983) 236 – 256.

A. GANDINI, “Il nuovo testo liturgico per la «lode del Signore» nella chiesa ambrosiana”, Rivista Liturgica
70 (1983) 223-231.

La Liturgia ambrosiana delle Ore. «Institutio Generalis». Testo e commento, ed. Ufficio per i Sacramenti e il
Culto divino, Milano, 1983, pp. 110.

La nuova liturgia ambrosiana delle ore in: La Scuola Cattolica 114 (1986) 171-407:
G. TERRANEO, “La L. delle ore ambrosiana: vicende, ragioni e prospettive di un cammino di riforma”, 173-234;
M. NAVONI, “La nuova liturgia ambrosiana delle ore: lettura storico – comparativa”, 235-324;
C. MAGNOLI, “Un direttorio.... Confronto tra la «Institutio» ambrosiana delle Ore e quella romana”, 325-351.

M. NAVONI, “Natura e funzione dell'antifona «ad Crucem»: appunti per una storia dell'uffiatura mattutina
ambrosiana”, La Scuola Cattolica 112 (1984) 449-462.

M. NAVONI, “Le antifone «ad Crucem» dell’ufficiatura ambrosiana del tempo pasquale”, Ephemerides
Liturgicae 99 (1985) 239-271.

M. NAVONI, Liturgia delle ore in: Dizionario della Chiesa ambrosiana III, NED, Milano 1989, 1749-1755.

M. NAVONI, Appunti sulla liturgia delle ore, NED, Mlano 1989, pp. 63.

M. NAVONI, Liturgia ambrosiana delle ore, RL 96/n. 4 (2009), 562-573.

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