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LEGGERE LA BIBBIA NELLA LITURGIA

Renato De Zan

In uno degli studi seri pi recenti sul Lezionario domenicale[1] comparso in lingua inglese[2], che a sua volta per si rif a uno studio precedente in lingua tedesca[3], viene tracciata una breve storia dei Lezionari. In queste poche pagine lautore lega la liturgia della Parola della celebrazione cristiana alla tradizione liturgica ebraica sinagogale del sabato. Questa tesi ha molto del vero. Tuttavia bisogna affermare che la liturgia della Parola cristiana ha una sua storia e una sua teologia che la rende un unicum. Da questa storia e da questa teologia nasce lermeneutica liturgica dei testi biblici che compongono la liturgia della Parola, presente nella celebrazione sacramentale[4]. 1. Alcune note sulla liturgia della parola fino al sec. vi Sappiamo che nelle comunit paoline le lettere dellApostolo venivano lette (cf. 1Ts 5,27; 2Cor 1,13) quando la comunit si riuniva come ekklesia, cio come comunit celebrante (cf. Col 4,15-16)[5]. Sappiamo anche il vangelo di Giovanni potrebbe essere oppure nascondere un Lezionario della Chiesa primitiva[6], mentre i Vangeli, a livello del loro stadio orale, potrebbero celare delle vere e proprie sequenze di testi orali[7]. Parlare di Lezionari orali non sembra proprio il caso, ma tener presente che ci potessero essere delle unit letterarie orali abbastanza ben identificate che venivano riprese nelle celebrazioni, unipotesi non lontano dal vero[8]. La testimonianza diretta pi antica sulla liturgia della Parola della messa si trova nella prima Apologia di san Giustino martire (met del II sec. d.C.): Si leggono le memorie degli apostoli e gli scritti dei profeti per quel tanto che il tempo lo permette ( Apologia I,1,67)[9]. Senzaltro, questa consuetudine liturgica ha dei legami con il culto sabbatico sinagogale[10]. Il programma rituale della shachrit sabbatica sinagogale (o liturgia mattutina) prevedeva una proclamazione della Scrittura, ritmata in una parashah (una pericope del Pentateuco) e in una aftarah (una pericope tratta dai profeti)[11], e unomelia[12]. Nella liturgia cristiana del sec. II la lettura del Pentateuco sostituita dalle memorie degli apostoli, cio dai Vangeli (Apologia 1,66), ma gi con lepoca di Tertulliano la Chiesa di Roma mescola la legge e i profeti con i testi evangelici e apostolici[13]. Bisogna, tuttavia, dire che ben presto la struttura sinagogale venne superata con arricchimenti di forme nuove[14]. Dobbiamo arrivare al sec. IV per avere, in ambito latino, una prima testimonianza sicura su quale tipo di lettura biblica venisse fatta durante la liturgia della Parola. Ambrogio (340-397) ci informa che durante la settimana santa nella Chiesa ambrosiana veniva letto il libro di Giobbe cui seguiva il libro di Giona[15]. Agostino (354-430) ci offre una notizia ancora pi preziosa nel Prologo del commento allepistola di san Giovanni ai Parti[16]: Sono giunti quei giorni solenni e santi nei quali essendo nella Chiesa fissate particolari letture tratte dal vangelo e insostituibili in queste annuali ricorrenze, abbiamo dovuto sospendere la trattazione del programma iniziato (cio il commento al vangelo di Giovanni). Accanto a queste notizie sullordinamento delle letture troviamo, nella seconda met del sec. V, le prime notizie sui Lezionari. Sidonio Apollinare (430-489), vescovo di Clermont, redattore di un certo numero di prefazi[17], ci informa che il prete Claudiano, fratello del vescovo Claudio Mamerto di Vienne, aveva compilato una lista di pericopi bibliche come letture per la liturgia[18]. Gennadio (morto nel 505)[19], a sua volta, ci testimonia lesistenza del (probabile) primo Lezionario annuale: si tratta del Lezionario composto da Museo di Marsiglia (morto nel 458) per ordine del suo vescovo Venerio (morto nel 452)[20]. Dai sermoni di Cesario di Arles (470-542)[21], infine, si pu dedurre lesistenza e lidentit del Lezionario della Chiesa di Arles. Allo stesso secolo di Cesario, il sec. VI, appartengono i primi testimoni diretti per la conoscenza dei Lezionari in lingua latina della liturgia occidentale: il Lezionario palinsesto di Wolfenbttel (codice 4160 o Codex Weissenburgensis 76) e il Lezionario di Capua (ca. 546: Codex Bonifatianus I). Nessuno dei due romano: il primo appartiene alla liturgia della Gallia merovingia, il secondo alla liturgia dellItalia meridionale. Queste notizie sono essenziali per comprendere come la ricchezza del Lezionario sia nata e poi sia esplosa in numerose forme, secondo i tempi, i luoghi e le famiglie liturgiche. Tuttavia, bisogna annotare un dato: non conosciamo i criteri con cui venivano letti i testi biblici nella celebrazione[22]. 2. Una riflessione teologica previa[23] La parola di Dio viva, efficace e pi tagliente di ogni spada a doppio taglio (Eb 4,12). Il termine efficace soprattutto nella letteratura paolina e deuteropaolina indica lonnipotenza di Dio che abbraccia tutto nel suo operare (cf. 1Cor 12,2-4), anche quando si manifesta attraverso lo pnema (cf. 1Cor 12,7-11)[24]. La parola di Dio, dunque, non fornisce informazioni soltanto, ma agisce, opera. La Parola informazione e azione[25]. Con questa premessa si pu comprendere il legame tra Parola e celebrazione sia nellAntico sia nel Nuovo Testamento. Il testo biblico di Es 12,1-13,16 narra levento salvifico, la Pasqua di Yhwh (Es 12,11), che poi verr celebrato con rito perenne[26]. Una lettura attenta del testo permette di dire che l evento era fondamentalmente formato da un avvenimento divino (passaggio di Yhwh in mezzo alle case) e da un programma rituale proposto da Dio al popolo per mezzo di Mos. Il passaggio di Yhwh lazione portatrice di morte per chi non esegue il programma rituale, mentre portatrice di vita per chi adempie tale programma. La dimensione salvifica dell azione divina raggiungibile e fruibile solo per chi attua il programma rituale. Quando il popolo di Dio, obbedendo al comando del Signore (vv. 14.24-25), dar inizio alle celebrazioni successive, assocer al programma rituale (cf. Es 12,26-27) il raccontodellazione divina. In altre parole, si potrebbe dire che allorigine ci fu levento (azione divina e programma rituale) e poi ci furono le celebrazioni successive (racconto eprogramma rituale), dove il racconto prese il posto dellazione divina, ereditandone le caratteristiche di ricchezza ambivalente (racconto che porta morte e che porta vita). Il dabar-azione (azione divina) dellevento diventato nelle celebrazioni successive dabar-racconto[27]. Ci che, comunque, far accedere alla salvezza presente nel racconto (che comunque Parola che agisce)[28], sar ancora una volta il programma rituale. Il rapporto parola di Dio e culto nel Nuovo Testamento[29] ripete con elementi pi ampi e con caratteristiche definitive gli stessi componenti riscontrati nel legame tra parola di Dio e culto nellAntico Testamento. Nellevento della Pasqua ebraica lavvenimento e il programma rituale vengono vissuti in sincronia. Nellevento cristiano (mistero pasquale) lazione divina (morte-risurrezione) avviene dopo lesperienza del programma rituale (ultima cena), che ha anticipato profeticamente lazione divina stessa. In questa diacronia sui generis notiamo la capacit ermeneutica del programma rituale nei confronti dellazione divina (mistero pasquale)[30]. Questo stretto legame ermeneutico tra programma rituale e azione divina passa nelle celebrazioni successive. Ci significa che nelle celebrazioni cristiane il racconto, che prende il posto dellazione divina, viene interpretato dal programma rituale. Detto in altre parole e in modo sintetico: la Scrittura trova il suo massimo grado di comprensione, oltre che di attuazione[31], nella liturgia. Questo rapporto ermeneutico (Parola-Scrittura interpretata dal programma rituale) non deve far dimenticare un secondo rapporto ermeneutico che le celebrazioni cristiane ereditano da quelle veterotestamentarie: la celebrazione continua a essere sempre memoria ed ermeneutica dellevento originario. Mentre nelle primissime celebrazioni sembra che il racconto della passione-morte-risurrezione costituisse il racconto sostitutivo dellazione divina[32], successivamente, man mano che i Vangeli si formarono, tutti i singoli testi (con le loro varie identit, origini e funzionalit) presero significato dal mistero pasquale. Ogni singolo testo evangelico in qualche modo esprime un anticipo, una sottolineatura, un legame con il mistero della passione-morte-risurrezione di Ges. Ogni brano evangelico diventa il frammento dove presente sempre tutto il mistero di Cristo[33]. Per questo motivo La lettura del vangelo costituisce il culmine della stessa liturgia della Parola...[34]. Questa breve riflessione sul rapporto tra evento ( avvenimento + programma rituale) e celebrazione (racconto dellavvenimento + programma rituale) pone in primo piano lassoluto valore cristologico di ogni celebrazione. Da qui nasce il criterio ermeneutico principe che la liturgia adopera per proclamare e comprendere la Parola nella celebrazione. la convinzione indiscussa sia del mondo biblico[35] che del mondo liturgico[36].

3. Alcuni elementi fondamentali di ermeneutica liturgica del testo biblico Senza la pretesa della completezza, ma avendo come obiettivo una buona sintesi, si pu dire che lermeneutica liturgica del testo biblico si fonda su alcuni dati essenziali. La liturgia accoglie tutto ci che nella storia della Chiesa stato strumento di comprensione della Scrittura, senza escludere nessun apporto sia esso di metodologie pregresse o di metodologie contemporanee. Tuttavia, la liturgia non fa proprio nessun metodo. Si serve di tutti i frammenti metodologici che permettono la lettura cristologica dei testi biblici. Fedele alla legge del tutto (il mistero pasquale) nel frammento (di ogni singola realt biblica), la liturgia compie due azioni fondamentali: ritocca le pericopi bibliche e ricontestualizza le pericope bibliche. La prima operazione, il ritocco delle pericopi bibliche, viene fatta con interventi che operano sull incipit [37], sullexplicit[38] e sullintegrit del testo stesso[39]. Ci sta a indicare che i testi biblico-liturgici del Lezionario non sono esattamente i corrispondenti testi biblici della Scrittura. La seconda operazione, la ricontestualizzazione della pericope biblica, colloca il testo biblico-liturgico in un contesto letterario-teologico (formato da altre pericopi bibliche e dai testi eucologici) e pragmatico (programma rituale ricco di diversi codici[40]) diverso dal contesto che la pericope aveva quando si trovava nel suo sito biblico. Tutti conosciamo quanto sia importante il contesto[41] per comprendere un testo. Il cambio del contesto modifica i rapporti tematici allinterno della pericope stessa[42]. La Liturgia, per la ragione teologica fondamentale della celebrazione (celebrare il mistero di Cristo), organizza la lettura dei testi biblicoliturgici del Lezionario secondo una gerarchia e secondo dei legami precisi. La gerarchizzazione delle letture fatte dalla liturgia segue quattro principi: la priorit indiscussa del vangelo, la lettura cristologica della prima lettura, la relazione tra la prima lettura e il vangelo, la relazione tra la seconda lettura e il vangelo. Vediamone la fisionomia in modo pi preciso. * La gerarchizzazione dei testi biblico-liturgici indicata nei POLM che danno al vangelo la posizione di assoluta preminenza: La lettura del vangelo costituisce il culmine della stessa liturgia della Parola; allascolto del vangelo lassemblea viene preparata dalle altre letture, proclamate nel loro ordine tradizionale, prima cio quelle dellAntico Testamento e poi quelle del Nuovo (n. 13). Ogni brano evangelico, perci, va compreso come unesplicitazione e unangolatura particolare attraverso le quali rileggere e comprendere il mistero pasquale di Ges celebrato in quel momento liturgico. Poich gli altri due testi biblico-liturgici sono essenzialmente orientati al vangelo, chiaro che la loro lettura condizionata sia dal tipo di legame che hanno con il vangelo sia dalla lettura fondamentalmente cristologica delle pericopi. In questa ottica ci potrebbe essere il pericolo di assolutizzare in modo cos radicale il vangelo da riproporre una visione neomarcionita del testo biblico-liturgico. Per evitare questa assolutizzazione secondo la quale lAntico Testamento non vale pi niente di fronte al Nuovo, basti ricordare Lc 24,27.44, dove lAntico Testamento viene presentato dal Risorto come essenziale per la comprensione del mistero di Cristo. * La lettura cristologica che il criterio fondamentale con cui leggere ogni brano biblico-liturgico (compresi i testi per le messe della beata Maria Vergine) va adoperato in modo particolare per la pericope dellAntico Testamento. Questa prospettiva ermeneutica presente sia in DV 15 sia in POLM 5[43]. La relazione tra la prima lettura[44] e il vangelo normalmente di tipo tematico, secondo le indicazioni dei POLM 67. La migliore forma di concordanza tematica fra le letture dellAntico e del Nuovo Testamento quella gi presente nella Scrittura stessa, in quanto che gli insegnamenti e i fatti riferiti nei testi del Nuovo Testamento hanno una relazione pi o meno esplicita con fatti e insegnamenti dellAntico Testamento. Questa relazione, denominata genericamente tematica, ha pi fisionomie, secondo quanto viene determinato dal testo di DV 15[45]: il legame tematico pu essere legame tematico-profetico (schema promessa-adempimento), legame tipologico (schema anticipo-pienezza) e legame pedagogico (schema culturale della mentalit, della sapienza, ecc.). Oltre a queste forme di legame tematico ne esiste una pi elementare: relazione suggerita direttamente dai titoli che sono preposti alle singole letture nello stesso Ordo Lectionum Missae[46]. * Si sa che nel tempo ordinario la seconda lettura del Lezionario domenicale-festivo viene fatta con il criterio della lectio semicontinua[47], criterio che secondo il parere di alcuni, ma non condiviso da altri, agli inizi della Chiesa era valido in quasi tutto larco dellanno liturgico[48]. Per i tempi forti si hanno sufficienti indicazioni[49], che indicano nella seconda lettura una delle fonti migliori per tradurre autoritativamente laspetto del mistero pasquale celebrato in testimonianza di vita. 4. Quasi un epilogo: un discorso di contestualit Rimanendo allinterno del contesto letterario-teologico in quanto quello pragmatico celebrativo necessiterebbe di una riflessione piuttosto ampia, almeno quanto la presente, bisogna dire che i testi biblico-liturgici del Lezionario possiedono tre contesti che non si possono tralasciare: il contesto eucologico, il contesto della liturgia delle Ore e il contesto del tempo liturgico. Il contesto eucologico il contesto letterario-celebrativo allinterno del quale si trova collocato il Lezionario di ogni messa. Tutto il formulario in qualche modo offre un orientamento di comprensione dei testi biblico-liturgici del Lezionario. In modo particolare tale contesto diventa pi comprensibile se si prendono in esame le nuove collette del Messale in lingua nazionale. Accanto al contesto eucologico necessario esaminare il contesto fornito dalla liturgia della Ore: La liturgia delle Ore estende alle diverse ore del giorno le prerogative del mistero eucaristico [...]. La celebrazione delleucaristia viene anche preparata ottimamente mediante la liturgia delle Ore...[50]. Infine, bisogna ricordare che esiste anche il contesto del tempo liturgico. Le domeniche dei tempi forti sono, infatti, collocate come singoli elementi che costituiscono una grande unit corrispondente al ciclo nel suo insieme[51]. Questo contesto che si pu chiamare temporale richiede di leggere ogni singolo vangelo allinterno dellinsieme di tutti i brani biblico-liturgici evangelici delle domeniche del ciclo. Lo stesso discorso vale per le altre letture. Linsieme dei testi biblico-liturgici contribuir a comprendere le singole domeniche. Questa veloce, sintetica e, ovviamente, non completa presentazione del modo con cui la liturgia legge il testo biblico-liturgico nella celebrazione offre al lettore una visione sufficiente per comprendere quante attenzioni siano necessarie per accostare il formulario delle letture del Lezionario. Peccato che i biblisti, che spesso commentano il Lezionario, non sempre le conoscano.

[1] Questo articolo avr come oggetto diretto di attenzione il Lezionario domenicale-festivo della messa. Per uno sviluppo pi ampio si vedano i miei contributi in di M. Sodi-A.M. Triacca (edd.), Dizionario di omiletica , Ldc-Velar, Leumann-Bergamo 1998: Antico Testamento (pp. 73-81); Ges Cristo omileta (pp. 620-623); e Nuovo Testamento (pp. 1004-1013). [2]N.Bonneau, The Sunday Lectionary. Ritual Word, Paschal Shape, Collegeville (MN) 1996. [3]E.Nbold, Entstehung und Bewertung der neuen Perikopenordnung des Rmischen Ritus fr die Messfeier an Sonn- und Festtagen , Paderbon 1986. [4] Cf. P.R. Tragan, Culto e Scrittura: una dinamica ermeneutica , in A. Grillo-M. Perroni-P.R. Tragan (edd.), Corso di teologia sacramentaria. 1. Metodi e prospettive , Queriniana, Brescia 2000, pp. 197-226. [5] Cf. P. Grelot, Introduzione al Nuovo Testamento. 9. La liturgia nel Nuovo Testamento, Borla, Roma 1992, pp. 22-29.31-38. [6] Cf. A. Guilding, The Fourth Gospel and Jewish Worship, Oxford 1960. [7] P. Perrier, Karozoutha. Annonce orale de la bonne nouvelle en arameen et evangils greco-latins , Paris 1986. [8] Questa ipotesi pu trovare in qualche modo una valida radice nel testo di At 20,7-12. Sotto il profilo celebrativo il testo dice che Paolo compie quattro azioni fondamentali: conversava (gr. dialegomai: v. 7), spezz il pane (gr. klao ton arton: v. 11), ne mangi (gr. geuomai: v. 11) e aver parlato (gr. omileo: v. 11). Le due azioni centrali (spezzare il pane e mangiare) sono indubbiamente liturgicoeucaristiche, le altre due fanno parte di una presa di parola. La prima (conversare - dialegomai) una presa di parola simile a quella che veniva praticata normalmente nella sinagoga (At 17,2.17; 18,4.19; 19,8) ed eccezionalmente in altri ambiti (in una scuola: At 19,9; nel tempio: At 24,12; davanti a un rappresentante di Roma: At 24,25). Potrebbe trattarsi non dellomelia sinagogale, ma piuttosto della discussione teologica fatta nella sinagoga il sabato pomeriggio (R.T.Beckwith, The daily and weekly worship of the primitive Church in relation to its Jewish antecedents, in Evangelical Quarterly 56 [1984] 65-80; 139-158). Potrebbe anche trattarsi di una vera e propria proclamazione dialogata in forma dididach . La seconda presa di parola, quella espressa con il verbo greco omileo, compare nellopera lucana solo quattro volte (Lc 24,14.15; At 20,11; 24,26): due volte riguardano la conversazione del Risorto con i discepoli di Emmaus, una appartiene al nostro brano e, infine, lultima legata alla conversazione fatta da Paolo con Felice sulla fede in Cristo Ges. Potrebbe indicare la predicazione liturgica legata alla Parola (cf. M. Lattke,homileo, homilia , in H. Balz-G. Schneider [edd.], Dizionario esegetico del Nuovo Testamento, vol. 2, Paideia, Brescia 1998, coll. 589-591). [9] S. Justin, Premire Apologie , Introd., texte critique, trad., com. et ind. par A. Wartelle (= Etudes Augustiniennes), Paris 1987, pp. 190192. [10] Dietro a questa consuetudine liturgica c lo sfondo del culto sinagogale, le cui prime testimonianze conosciute si trovano in testi cristiani (E. Kopciowski, I libri dei profeti e la Torah oggi, Marietti, Genova 1992, pp. 5-6): Lc 4,16-21 (proclamazione della propria missione fatta da Ges nella sinagoga di Nazaret); At 13,14-43 (discorso di Paolo alla sinagoga di Antiochia di Pisidia); At 15,21 (conclusione dellintervento di Giacomo allassemblea apostolica di Gerusalemme). [11] Per il problema delle letture bibliche nella liturgia sinagogale si veda il lavoro classico di C. Perrot, La lecture de la Bible dans la synagogue. Les anciennes lectures palestiniennes du Shabbat et des ftes, Gerstenberg, Hildesheim 1973. [12] Cf. Lc 4,21. [13]Tertulliano, De praescriptione haereticorum, 36 (PL II,58). [14] Cf. E. Bermejo Carera, La proclamacin de la Escritura en la liturgia de Jerusaln. Estudio terminolgico del Itinerarium Egeriae (= Sbf Collectio Maior, 37), Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem 1993. [15] Epistula XX ad Marcellinum 14.25 (PL XVI, 1040.1044). [16]SantAgostino, Commento allepistola ai Parti di san Giovanni, intr., trad. G. Madurini, revis. L.Muscolino, indici F. Monteverde (Opera Omnia, vol. XXIV/2), Citt Nuova, Roma 1968, pp. 1627-1855, in particolare p. 1637. [17]Gregorio di Tours, Historia Francorum, II,22, in B. Krusch-W. Levison-R. Holtzmann (edd.), Monumenta Germaniae Historica. Scriptores rerum Merovingicarum , I,1, Hannover-Lipsia 1937-19512. [18]Sidonio Apollinare, Epistulae. Liber IV, 11,6 (PL LVIII, 616). [19]Gennadio, De viris illustribus , ed. E.C. Richardson), Leipzig 1896, p. 88. [20] Il Lezionario stato perso. Qualche studioso, per, penserebbe di identificarlo con il palinsesto di Wolfenbttel ( Codex Weissenburgensis 76). Cf. G. Morin, Le plus ancien monument qui existe de la liturgie gallicane , in Ephemerides Liturgicae 51 (1937) 3-12. Lipotesi stata ripresa nel 1959 da K. Gamber, Das Lectionar und Sakramentar des Musus von Massilia , in Revue bndictine 69 (1959) 118-215. [21] G. Morin, S. Cesarii episcopi Arelatensis Opera omnia , 3 voll., Maredsous 1937-1942. [22] Si trova ancora oggi unopinione piuttosto diffusa secondo la quale nei primi secoli della Chiesa sarebbe stato usato nella celebrazione eucaristica la lectio continua oscriptura currens (cf. T. Federici, La Bibbia diventa Lezionario. Storia e criteri attuali, in R. Cecolin [ed.], Dallesegesi allermeneutica attraverso la celebrazione. Bibbia e Liturgia I [= Caro salutis cardo. Contributi, 6], Edizioni Messaggero Padova, Padova 1991, pp. 192-222). Questa opinione si fonda su due Comes (Comes di Wurzbourg; Comes di Donaueschingen), i commenti omiletici di alcuni Padri e una affermazione di Cesario di Arles (Regula monachorum , 69). Purtroppo, nei Comes non si trova la lectio continua, ma quella eclogadica o lectio discontinua / semicontinua (Cf. A. Dold, Das Donaueschinger Comes-Fragment B.II.7. , in Jahrbuch fr Liturgiewissenschaft VI [1926] 16-53). I commenti omiletici dei Padri non sono tutti stati scritti per essere pronunciati: sono commenti al libro biblico e non al Lezionario. Lindicazione di Cesario, poi, non si riferisce alla celebrazione eucaristica. La prudenza, dunque, dobbligo: non sappiamo quale fosse lermeneutica dei testi liturgici nei primi secoli; al riguardo, prezioso pu risultare il confronto con i numerosi contributi di area patristica presenti nel Dizionario di omileticasopra citato. [23] Per una trattazione meno schematica del tema si veda R.L. De Zan, Bibbia e Liturgia, in A.J. Chupungco (ed.), Scientia Liturgica. Manuale di Liturgia. I: Introduzione alla liturgia, Piemme, Casale M. 1998, pp. 48-66. [24] La parola di Dio efficace; provoca lefficacia di cui parla. Dio veglia sulla propria parola affinch essa avvenga (Is 55,11). Pu essere fonte di salvezza o di perdizione, come mostra in modo esemplare la storia dIsraele (A. Strobel, Der Brief an die Hebrer, Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen 1991; tr. it. Paideia, Brescia 1997, p. 72). Cf. H. Paulsen, energo - operare, in H. Balz-G. Schneider (edd.), Dizionario esegetico del Nuovo Testamento, vol. 1, Paideia, Brescia 1995, coll. 1208-1210. [25] La Scrittura ricca di una forza divina di salvezza che supera la pura memoria e la pura interpretazione: la parola di Dio, infatti, creatrice (cf. Gn 1,1-2,4a), non ritorna a Dio senza compiere ci per cui Dio lha mandata (cf. Is 55,10-11) ed come gi detto efficace (cf. Eb 4,12). [26] I commenti a questo testo sono numerosissimi, ma non tutti sono attenti al suo profondo valore liturgico. Per questo motivo si consiglia: B.S. Childs, Il libro dellEsodo. Commentario critico-teologico, Piemme, Casale M. 1995, pp. 190-225; M. Noth, Esodo, Paideia, Brescia 1977, pp. 104-126. [27] Per il valore di dabar come avvenimento, parola, cosa, ecc., si veda G. Gerlemann,Dabar-parola, in E. Jenni-C. Westermann (edd.), Dizionario teologico dellAntico Testamento, vol. I, Marietti, Torino 1978, coll. 375-283. [28] Il racconto della prima celebrazione (successiva allevento) costituisce il primo anello della tradizione che diventer Sacra Scrittura. Nel testo scritto, dunque, si trover la memoria dellevento originario, la sua interpretazione primigenia, le sue leggi celebrative fondamentali, le reinterpretazioni e le modifiche celebrative successive, la spiegazione essenziale dei vari legami: legame didentit tra assemblea primigenia e assemblea successiva; legame didentit tra levento e la prima celebrazione successiva; ecc. [29] I testi da prendere in esame sono diversi: lultima cena (1Cor 11,23-26; Mt 26,26-28; Mc 14,22-24; Lc 22,19-20), il mistero della passione-risurrezione e le varie confessioni di fede. [30] Si ricordi che il cartiglio della croce indica nella morte di Ges la fine di un facinoroso politico (re dei Giudei), mentre le beffe degli Ebrei, ai piedi della croce, indicano nella morte di Ges la fine di un bestemmiatore e millantatore. Nellultima cena le parole eucaristiche danno il vero valore e significato del mistero di morte e risurrezione (cf. F.X.Durrwell, Leucaristia, sacramento del mistero pasquale , Edizioni Paoline, Roma 1982). [31] In linea di massima, la liturgia, e specialmente la liturgia sacramentale, di cui la celebrazione eucaristica il vertice, realizza lattuazione perfetta dei testi biblici... (Pontificia commissione biblica, Linterpretazione della Bibbia nella Chiesa , LEV, Citt del Vaticano 1993, pp. 110-111). [32] Sappiamo che la narrazione della passione-morte-risurrezione la parte che per prima trov la sua identit narrativa sia nei Sinottici sia in Giovanni, e che questa narrazione sia stata impiegata per lanamnesi del Messia Ges nel culto della comunit (cf. R. Pesch, Il vangelo di Marco. Parte seconda, Paideia, Brescia 1982, pp. 18-54). [33] I singoli elementi evangelici esprimono sempre lunica rivelazione di Ges. Cf. il commento a Gv 6,63 di Schanckenburg: Le parole [rmata] non sono altro che il discorso di rivelazione [ lgos] di Ges, visto nei suoi singoli enunciati (R. Schanckenburg, Il vangelo di

Giovani. Parte seconda, Paideia, Brescia 1977, p. 149). [34] Praenotanda dell Ordo Lectionum Missae (= POLM), del 1981 al n. 13. [35] Cf. Dei Verbum (= DV) 15: Leconomia del Vecchio Testamento era soprattutto ordinata a preparare, ad annunziare profeticamente [cf. Lc 24,44; Gv 5,39; 1Pt 1,10] e a significare con vari tipi [cf. 1Cor 10,11] lavvento di Cristo redentore delluniverso e del regno messianico... Poich, anche se Cristo ha fondato la nuova alleanza nel sangue suo [cf. Lc 22,20; 1Cor 11,25], tuttavia i libri del Vecchio Testamento, integralmente assunti nella predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro pieno significato nel Nuovo Testamento [cf. Mt 5,17; Lc 24,27; Rm 16,25-26; 2Cor 3,14-15], che essi illuminano e spiegano. [36] Cf. POLM 5: Di tutta la Scrittura, come di tutta la celebrazione liturgica, Cristo il centro e la pienezza. [37] Lincipit del testo biblico spesso modificato. Il testo biblico-liturgico frequentemente incomincia con il classico: In quel tempo. Ci sono casi in cui il ritocco pi consistente (cf. Mt 10,46-52; il testo biblico inizia in questo modo: E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli...; il testo biblico-liturgico, invece, ha il seguente incipit: In quel tempo mentre Ges partiva da Gerico insieme ai discepoli.... chiaro che ritocchi di questo genere modificano il significato del testo. Ci che prima ritornando allesempio di Mt 10,46-52 si collocava nel progressivo avvicinarsi di Ges al compimento del disegno di salvezza (Gerusalemme), con la modifica dell incipit lepisodio viene biblicamente decontestualizzato. Inoltre, bisogna osservare che lincipit rilevante nei confronti dell explicit. Ritornando allesempio, il testo biblico originale obbliga a leggere lespressione finale (E subito riacquist la vista e prese a seguirlo per la strada) come lindicazione di una sequela del discepolo che accompagna il Maestro verso il compimento del disegno di salvezza. L incipit del testo biblico-liturgico induce a leggere lexplicit come lindicazione di una sequela che assume la fisionomia della gratitudine. [38] Per il testo di Mc 9,38-48 lanalisi letteraria indica che lexplicit della prima pericope si colloca al v. 41 (Chiunque vi dar da bere un bicchiere dacqua nel mio nome perch siete di Cristo, vi dico in verit che non perder la sua ricompensa). La seconda pericope compresa nei vv. 42-50 e ha per tema non pi lestraneo, ma lo scandalo. Il taglio innaturale del testo biblico-liturgico ha due effetti: toglie la difficolt esegetica (Cf. POLM 76) dei due ultimi versetti (vv. 49-50) e obbliga alla lettura unitiva dei due temi (estraneo-scandalo), facendo diventare scandaloso il rifiuto dellestraneo. [39] Il testo biblico-liturgico con una certa frequenza viene impoverito di uno o pi versetti. il caso di At 13,14.43-52 dove si nota senza fatica la soppressione de vv. 15-42 (intervento omiletico di Paolo). Leffetto della congiunzione tra il v. 14 e il v. 43 il seguente: In quei giorni, Paolo e Barnaba, attraversando Perge arrivarono ad Antiochia di Pisidia ed entrati nella sinagoga nel giorno di sabato si sedettero. Molti Giudei e proseliti credenti in Dio seguirono Paolo e Barnaba.... Perch avrebbero dovuto seguirli? Mentre nel testo biblico originale si dice che, dopo lomelia di Paolo molti Giudei e proseliti seguirono Paolo e Barnaba, nel testo biblico-liturgico la cattiva giuntura rende il testo non comprensibile. [40] Cf. G. Bonaccorso, Celebrare la salvezza. Lineamenti di liturgia (= Strumenti di scienze religiose), Edizioni Messaggero Padova, Padova 1996, pp. 217-231; dello stesso autore cf., Id., Il rito e lAltro. La liturgia come tempo, linguaggio e azione (= Monumenta Studia Instrumenta Liturgica, 13), LEV, Citt del Vaticano 2001. [41] Cf. W. Egger, Metodologia del Nuovo Testamento. Introduzione allo studio scientifico del Nuovo Testamento , EDB, Bologna 1989: per il contesto, in senso classico, cf. p. 56; per quello sintagmatico e paradigmatico, cf. pp. 118-119; per quello semantico globale, cf. pp. 222223. [42] Si veda la nota 7 in POLM 3 dove si afferma che un solo e identico testo si pu leggere e usare sotto diversi aspetti. Lesemplificazione fatta su Rm 6 e Rm 8 il cui uso si colloca nei diversi tempi dellanno liturgico e nelle diverse celebrazioni dei sacramenti e dei sacramentali quanto mai convincente sul ruolo del contesto liturgico nella comprensione dei testi biblici del Lezionario. [43] Si vedano le citazioni per esteso alla fine del paragrafo 3 (Una riflessione teologica previa). [44] Nelle domeniche di Pasqua si leggono come prima lettura pericopi tratte dagli Atti degli apostoli e non dallAntico Testamento (cf. POLM 100). [45] Leconomia del Vecchio Testamento era soprattutto ordinata a preparare, ad annunciare profeticamente (cf. Lc 24,44; Gv 5,39; 1Pt 1,10) e a significare con vari tipi (cf. 1Cor 10,11) lavvento di Cristo redentore delluniverso e del regno messianico. I libri poi del Vecchio Testamento, secondo la condizione del genere umano prima dei tempi della salvezza instaurata da Cristo, manifestano a tutti la conoscenza di Dio e delluomo e il modo con cui Iddio giusto e misericordioso si comporta con gli uomini. I quali libri, sebbene contengano anche cose imperfette e temporanee, dimostrano tuttavia una vera pedagogia divina. [46] Cf. POLM 106. [47] Cf. POLM 107. [48] T. Federici, La Bibbia diventa Lezionario. Storia e criteri attuali, in Cecolin (ed.),Dallesegesi allermeneutica, cit., p. 192-222. [49] I POLM hanno alcuni suggerimenti per ogni tempo forte. Per lAvvento le letture dellApostolo contengono esortazioni e annunzi, in armonia con le caratteristiche di questo tempo (n. 93). Per il Natale le seconde letture sono tratte in genere dalla tradizione romana e hanno una particolare connotazione per la festa della Santa Famiglia virt della vita familiare e per lEpifania vocazione delle genti alla salvezza (n. 95). Per la Quaresima le letture dellApostolo sono scelte con il criterio di farle concordare tematicamente con quelle del vangelo e dellAntico Testamento e presentarle tutte nel pi stretto rapporto possibile fra loro (n. 97). Per il tempo di Pasqua, infine, la seconda lettura, quella dellApostolo, si sofferma sul mistero pasquale, cos come deve essere vissuto nella Chiesa (n. 99). [50] Ufficio Divino, Principi e norme per la Liturgia delle Ore, n. 12. [51] Cf. POLM 93-100.

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