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bimestrale per la formazione liturgica fondata nel1914 dall'abbazia benedettina di Finalpia
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;ABBAZIA DI S. GIUSTINA
:EDIZIONI MESSAGGERO PDOVA.
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COSA SDGNUIFBC.A ((IEDUCARIE
AILB..A PDIET. POPOILARlEn
A, PARTIRE DA SACROSANCTUM CONCILIUM 13
Corrado Maggioni
Educare a quale piet popolare? Alle forme o piuttosto allo spirito
ad esse sottcso? Educare alla piet popolare non porta a diseducare alla
liturgia e viceversa? Quando devozioni e pie pratiche insegnano dav-
vero a pregare? La piet popolare deve essere educata?
Introdotta da simili domande, la nostra riflessione occasionata
dalla pubblicazione del Direttorio su piet popolare e liturgia ( =
DPPL)
1
, avente come punto di riferimento c di ispirazione Sacrosanc-
tttm concilium (= SC). Sobrio ma preciso, se 13 presenta indicazioni
risolutrici di una polemica che ebbe un certo strascico nella prima
met del secolo scorso, sollevata da esponenti del movimento liturgico
e affrontata quindi da Pio XII nella Mediator Deil. Sui principi gene-
rali di se, del resto, sono ritornati successivi interventi del magistero,
volti a lumcggiarc la realt della piet del popolo cristiano
3
Ecco per-
ch da se 13, c dal suo contesto, prende luce la nostra riflessione.
L'educazione un'attivit che presume obiettivi chiari c percorsi
da seguire, differenziati e circostanziati, al fine di raggiungerli. Il chie-
dersi che cosa significa educare alla piet popolare deve, infatti, tener
presente una serie di variabili, tra cui non ultime le persone, con una
loro storia, cultura, sensibilit, formazione.
A nostro parere si profilano tre livelli per impostare la riflessione:
educare a comprendere che cos' (non ) la piet popolare; educare a
che essa abbia il suo posto nella vita dci singoli fedeli c delle comu-
nit cristiane; educare l piet popolare, ossia rinnovamento e armo-
nizzazione con la liturgia. La riforma della preghiera liturgica voluta
1
CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Direttorio SII
piet popolare e liturgia. Principi e orientamenti, LEV, Citt del Vaticano 2002.
2
Cf. H. ScriMIDT Introductio in liturgiam occidentalem, Hcrdcr, Roma 1960, pp.
90-97; G. BARAUNA La sacra liturgia rinnovata. dal Studi e comm.enti
intorno alla costituzione liturgica del concilio emmemco Vatzcano Il, LDC, Tonno-
Lcurnann 1964, pp. 229-277; AA.W., La Costitrtzi01ze sulla sacra liturgia(=
conciliare, 14), LDC, Torino-Lcurnann 1968, pp. 240-347; B. NEUNIIEUSER, Lzturgw e
piet popolare, in Notitiac 24 (1988) 211-212; DPPL 46. .
3
Cf. DPPL, cap. II: Litrtrgia e piet popolare 11el magistero della Cbzesa.
LXXXIX (2002) Rivista Liturgica 961-980
962
-
dal concilio Vaticano II non pu non avere una ricaduta anche sulla
piet non liturgica. Sarebbe contro l'intento del Direttorio promuove-
re la piet popolare lasciando le cose come sono o recuperando acriti-
camente le dismesse pratiche ereditate dal passato. Il Direttorio non ha
la mira di dare fiato a qualsiasi piet popolare, senza imprimerle un
orientamento rinnovatore sul versante dell'azione pastorale, quanto di
illuminare il rapporto della piet popolare con la liturgia. Lo evidenzia
il titolo c il sottotitolo del Direttorio.
1. ALCUNE PREMESSE
Accostiamo il tema sostando sui termini del nostro argomento
4

l. L Piet popolare
Mentre se 13 parla di pii esercizi del popolo cristiano c sacri eserci-
zi5, il Direttorio preferisce la categoria piet popolare. Se certo che i
pii esercizi fanno parte della piet popolare, questa tuttavia non esau-
rita da quelli. Senza pretendere di dare definizioni, il Direttorio descri-
ve il non univoco vocabolario invalso per indicare pratiche c devozioni
diverse, accomunabili sotto la comune accezione di piet popolarc
6

I criteri generali applicati da se 13 ai pii esercizi sono dal Diretto-
rio estesi alla piet popolare, senza per dimenticare le distinzioni
da fare al suo interno. Se con pii esercizi si intende un genere cui-
Cf. S. MARSILI, Liturgia e devozioni: tra storia e teologia, in <<Rivista Liturgica 63
(1976) 174-198; D. SARTORE, Il rinnovamento delle fomze devozionali. Orientamenti
pedagogici, in <<Rivista Liturgica 63 (1976) 199-210; R. FALSI N! (cd.), Litllrgia c forme
di piet. Per :m rz:nnova'!zcn.to d ~ l l a pict,! popolare, Edizioni OR, Milano .1979_; J.
EVENOU ]., Lzturgzc et dcvotzons, 10 Nouuae 23 (1987) 31-51; AA.VV., Lzturgza c
piet popolare. Un popolo nuovo dar lode al Signore (XL Settimana liturgica na-
zionale 1989), Edizioni Liturgiche, Roma 1990; A.M. TRIACCA, Liturgia c piet
popolare: validit della loro oSinosi (con riferimento alle espressioni mariane orientali),
in UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICI lE DEL SOMMO PONTEFICE, Liturgie dcl!'on'cn-
te cristiano a Roma nell'Anno Mariano 1987-1988. Testi c stlldi, LEV, Citt del Vati-
~ a n o 1990, pp. 1241-1300; S. GASPARI, La piet popolare: dialogo tra cultura c liturgia,
10 AA.W., Liturgia c m/tura. Se uno in Crzsto una crcatllra mtoV,t (XLVII
Settimana liturgica nazionale 1989), Edizioni Liturgiche, Roma 1996, pp. 155-205;
A.N. TERRIN - ]. CASTELLANO, Rcligiosit popolare c liturgia !III, in D. SARTORE-
A.M. TRIACCA - C. CllliEN (edd.), Liwrgia, San Paolo, Cinisello ll. 2001, pp. 1595-
1626 (con bibliografia).
s Ugualmente in SC 118; in SC 17 si menzionano esercizi di piet c in SC 105 pie
pratiche spirituali c corporali.
6
Cf. DPPL 6-10.
Corrado Maggioni
).
,'
r
tuale ben individuato
7
, la denominazione piet popolare rappresen-
ta piuttosto una categoria di riferimento comune a molteplici pratiche,
non assimilabili alla liturgia
8

Intorno all'aggettivo popolare
9
, sono da tenere presenti, a no-
stro avviso, almeno tre considerazioni. Anzitutto che popolare non si
oppone sbrigativamente a elitario, quasi a dire che la piet popolare si
contrappone alla liturgia, vista come non popolare. I padri conciliari
hanno asserito a chiare lettere che la celebrazione liturgica l'azione
per eccellenza del popolo di Dio, lo manifesta e lo implica (cf. SC 7 e
26 ). Del resto, devozioni e forme di piet sono praticate, gi nel Me-
dioevo, da chierici, religiosi c laici; non sono esclusive della gente
incolta, in breve del popolo visto come massa rispetto a pochi: la
piet popolare ha riguardato per secoli il clero come i laici, anche
se, almeno in certe epoche, i laici vi hanno trovato maggiore e diretto
coinvolgimento rispetto alla preghiera liturgica, alla quale per altro
dovevano assistere. Il concilio ha guidato a riscoprirc e, attraverso la
riforma, a promuovere la liturgia come azione del corpo di Cristo-
Chiesa, in cui ciascuno - ministro ordinato c laico - chiamato a
partcciparvi compiendo la propria parte (cf. se 26).
La seconda considerazione che sotto piet popolare viene accor-
pato ci che, pur essendo cultuale, non appartiene alla liturgia. In tal
senso, piet popolare equivale a preghiera non liturgica: sono preghie-
re c gesti, individualmente o comunitariamente compiuti, per esprime-
re la lode e la supplica a Dio, a Cristo, allo Spirito, alla V ergine, ai
santi, come i suffragi per i defunti, che si avvicinano in qualche aspetto
pi o meno evidente alla liturgia, senza tuttavia condividerne lo statu-
to. Per usare il vocabolario di Valcnziano, la piet (religiosit) popola-
re sta alla liturgia come l'homo ritualis sta all'homo liturgicus
10
La
seconda qualifica non esclude totalmente la prima: la suppone, ma nel
7
Cf. DPPL 7 c 70-72.
R Il cap. l del Direttorio traccia una panoramica storica che permette di avere una
visione dell'origine, scopo c spirito di svariate modalit di piet popolare che hanno
accompagnato due millenni di storia cristiana. Molte di pi esistevano in passato. Non
tutte sono arrivate a noi. Certune hanno prevalso c fatto soccombere altre.
9
Cf. R. COURTAS - F.-A. lSAMilERT, Ethnologues et sociologues aux prises avcc la
notion de populaire, in La Maison-Dicu>> 122 (1975) 20-42; G. DE RosA, La reli-
gione popo!are. Storia, teologia, pastorale, Paolinc, Roma 1981 (raccolta d studi apparsi
su La Civilt Cattolica>> negli anni 1979-1980); TRIACCA, Liturgia e piet popola-
re, cit., pp. 1242-1253; G. PANTEGliiNI, La religiosit popolare. Provocazioni culturali
cd ccclcszali, Edizioni Messaggero, Padova 1996; C. V ALENZIANO, Liturgia c antropo-
logia, EDll, Bologna 1997, pp. 46-68 (distingue tra il popolare connaturale, contrad-
dittorio c parallelo alla liturgia).
1
Cf. VALENZIANO, Litttrgia e antropologia, cit., p. 44.
Cosa significa ucducarc alla piet popolaren 963
964
contempo la supera, muovendosi su un piano tcandrico e non sempli-
cemente antropologico, con implicazione ecclesiale c non privata.
La terza considerazione che la piet popolare si distanzia dalla
rcligiosit popolare, essendo, la prima, informata dalla rivelazione bi-
blico-cristiana
11
Pur esprimendo il sentire dell'uomo verso Dio, ossia
l'aspetto dal basso verso l'alto, la piet popolare dovrebbe comunque
evidenziare tra gli altri aspetti - culturale, sociale, religioso, ccc. -, il
riferimento al vangelo c non semplicemente al trascendente indetermi-
nato, alla credenza soggettiva.
1.2. Il testo di se 13
Sui 130 numeri che la compongono, la Costituzione sulla sacra
liturgia dedica un solo numero ai pii esercizi del popolo cristiano
12

L'argomento viene toccato a conclusione del primo capitolo, titolato:
Natura della liturgia e sua importanza nella vita della Chiesa. Il con-
testo che precede se 13 alquanto significativo per coglierne la por-
tata: la liturgia, culmcn et fons (cf. se 1 0), non esaurisce tuttavia
tutto della vita spirituale: vi sono altri clementi, tra cui, appunto, i pii
esercizi (cf. se 12-13). Rileviamo: a) l'affermazione del nesso dci pii
esercizi (piet popolare) con la liturgia, senza assimilarli ad essa, essen-
do di gran lunga superiore; b) la loro qualifica di espressione cultua-
le cristiana (del popolo cristiano) c non qualsiasi.
I pii esercizi sono tutelati c garantiti dall'autorit della Chiesa. Os-
sia, sono quelle pratiche cultuali non liturgiche, conformi alle leggi e
norme della Chiesa c raccomandate dalla Santa Sede o dal vescovo per
11
Cf. DPPL 9-10. Le dizioni piet popolare c <<religiosit popolare sono tal-
volta usate indistintamente- anche nel magistero- per sigmficarc una medesima realt
che, come noto, assai variegata. La scelta di privilegiare piet popolare d ~
attribuire a Paolo VI, in EN 48: cf. la nota 9 del DPPL 6.
12
SC 13: I pii esercizi del popolo cristiano, purch siano conformi alle leggi c alle
norme della Chiesa, sono vivamente raccomandati, soprattutto quando si comp1ono per
disl?osizionc della Sede Apostolica. Di speciale dignit Bodono anche i sacri esercizi delle
Chtcsc particolari, che vengono celebrati per disposizione dci vescovi, secondo le con-
suetudini o i libri legittimamente approvati. Bisogna per che tali esercizi, tenuto conto
dei tempi liturgici, stano ordinati in modo da essere m armonia con la sacra liturgia (ut
sacrae /iturgiae congruant), derivino in qualche modo da essa (ab ea quodammodo
deriventur), c ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore, conducano il popolo
cristiano (ad eam populum manuducant, utpote quae natllra Sllct iisdem longe antecel-
lat). Come accennato, vi sono altri riferimenti: in SC 118 ai pia sacraque cxercitia a
P.roposito dci canti popolari; in SC 17, circa la formazione nei seminari c in case religiose,
SI ricordano anche clfia pietatis CXcrcitia imbevuti di spirito liturgico; in SC l 05 si parla di
completamento della formazione dci fedeli per pias animi et corporis cxcrcitationcs.
Corrado Maggioni
r.
la sua diocesi, secondo le consuetudini o i libri legittimamente appro-
vati. Rileviamo: a) non tutto ci che appartiene alla preghiera non
liturgica va posto sullo stesso piano c trattato con medesimo giudizio:
ci sono forme di piet approvate dai pastori, appartenenti alla tradizio-
ne di una Chiesa particolare (o di un Istituto religioso) e altre per cos
dire non regolamentate; b) la piet popolare si differenzia secondo le
consuetudini e tradizioni (anche culturali) delle Chiese particolari, e
dunque non dice uniformit.
Il senso c il posto dei pii esercizi , per cos dire, ipotecato dal
riferimento alla liturgia. Dopo la premessa: ratione habita temporum
liturgicorum, si esige che i pii esercizi siano regolati da una triplice
istanza, descritta con tre verbi da prendersi insieme: Ut sacrae litur-
giac congruant, ab ca quodammodo deriventur, ad eam populum ma-
nuducant, e cos motivata: Utpotc quae natura sua iisdem longe an-
tecellat.
I criteri esposti in SC per i pii esercizi sono estesi dal Direttorio
alle molteplici forme di devozione del popolo cristiano, articolando in
tal modo il rapporto piet popolare e liturgia. Chiarite queste premesse
che fanno da sfondo, entriamo in argomento.
2.
EDUCARE ALLA RETTA COMPRENSIONE
DELLA PIET POPOLARE
La posta in gioco di aiutare a cogliere la natura, lo scopo, la
funzione, le modalit, i valori, i limiti della piet popolare. In breve,
l'obiettivo educare a capire che cos' la piet popolare, distinguendola
sia da ci che non (religiosit, superstizione, ritualit precristiana),
sia da ci che la liturgia.
2.1. Piet popolare e non
Seguendo il Direttorio, che distingue tra piet popolare e religiosi-
t popolare, l'azione educativa deve abilitare a discernere gli elementi
connotativi la piet del popolo cristiano: il genio e la cultura di un
popolo rappresentano, infatti, la trama a cui si annodano le espressioni
della fede della Chiesa nel Dio di Ges Cristo. Se ogni popolo tende
a esprimere la sua visione totalizzante della trascendenza e la sua con-
cezione della natura, della societ c della storia attraverso mediazioni
cultuali, in una sintesi di grande significato umano c spirituale (DPPL
Cosa significa ucducarc alla piet popolare 965
10), non scontato che tali mediazioni cultuali e popolari- ossia co-
muni in un dato popolo - siano sempre positive e valide per dire la
fede e la preghiera cristiana. Come per il cristiano non basta dire che
esiste qualcuno o qualcosa, cos anche la piet popolare deve far
trasparire il volto di Cristo e la comunione con la Chiesa. Per dirsi
tale, la piet del popolo cristiano deve essere marcata - senza pretesa
di completezza e di sistematicit - dal riferimento alla rivelazione bi-
blica e dalla garanzia della Chiesa
13

I pericoli che possono sviare la piet popolarc
14
instradano a edu-
carsi ed educare a cogliere il discrimine tra piet popolare c non pir o
non ancora piet popolare: assenza c scarsit di clementi essenziali
della fede cristiana; squilibrio tra culto dci santi c coscienza dell'asso-
luto primato dovuto a Cristo; impercettibile contatto con la Sacra
Scrittura; isolamento dall'economia sacramentale; separazione tra gesti
di piet c impegno di vita; concezione utilitaristica c cosicistica della
piet; svilimcnto dci gesti di piet in spcttacolarit; induzione alla su-
perstizione, magia, fatalismo.
Poich si deve percepire il senso del credere in Cristo con la Chic-
sa c non dell'una o l'altra esperienza di rcligiosit o credenza, educare
alla piet popolare significa mettere in grado, chi la pratica, di cogliere
il significato vcicolato da atteggiamenti, gesti e parole cultuali. In effet-
ti, identiche forme esteriori, rinvcnibili nella piet come nella religiosi- .
t popolare - digiuni, pellegrinaggi, danza, accensione di ceri, immer-
sione in acqua sorgiva, ccc. - dicono di fatto un contenuto differente.
Affinch possa dirsi piet del popolo cristiano, vi dunque un dato
positivo da riscontrare (la retta dottrina della Chiesa) c uno negativo
da escludere (ci che contrasta la fede cristiana).
2.2. Piet popolare e celebrazione liturgica
SC 13, c nella stessa linea il Direttorio, tratta della piet popolare in
rapporto con la liturgia, mostrandonc il legame c insieme la distinzio-
ne. Due forme parallele di preghiera o piuttosto due modalit distinte
da caratteristiche non intcrcambiabili, ma entrambe legittime scppurc
con diverso peso specifico?
966
Il Come nessuna liturgia senza il vescovo, cos nessun altro tipo di preghiera cri-
stiana contro il vescovo. Cf. DPPL 21 (Responsabilit c competenze) c 50: La piet
popolare anch'essa una realt promossa e sorretta dallo Spirito, nella quale il Magi-
stero esercita la sua funzione di autenticazione c di garanzia.
11
Cf. DPPL 65 c 57.
Corrado Maggioni
l
)
r.
La piet popolare (o termine equivalente in passato) sempre esi-
stita nella Chiesa, ma non per ogni epoca si deve parlare di un distac-
co, talora di contrapposizione rispetto alla liturgia. Ci accaduto in
modo pi evidente in certi periodi
15
, anche se con fisionomie differenti
secondo le problematiche che via via si affacciavano per il popolo di
Dio in dati tempi c luoghi. Conoscere la storia bimillenaria di tale
rapporto
16
premessa per rendersi conto - c quindi educare - del
come c perch certi nodi si sono stretti, individuando la via per il loro
auspicabile scioglimento. Il Direttorio ricorda che: La storia mostra
anzitutto che il corretto rapporto tra liturgia c piet popolare viene
turbato allorch nei fedeli si attenua la coscienza di alcuni valori essen-
. ziali della liturgia stessa (DPPL 48, e successive esemplificazioni).
Il primato della liturgia, dunque, luce che rischiara in modo non
ideologico la portata c il senso della piet popolarc
17
Ecco la meditata
parola del concilio in proposito: Ogni celebrazione liturgica, in
quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che la Chiesa,
azione sacra per eccellenza c nessun'altra azione della Chiesa, allo stes-
so titolo e allo stesso grado, ne uguaglia l'efficacia (SC 7); e ancora:
La natura [della Jiturgia ] di gran lunga superiore rispetto ai pii
esercizi (SC 13). E facile osservare che a comprendere che cos' la
piet popolare si perviene mettendo a fuoco, nella mente e nell' espe-
rienza dei fedeli, che cos' la liturgia, la sua eccellenza e insostituibilit
per vivere in Cristo. Accenniamo ad alcuni principi.
La liturgia dipende dalla volont istitutiva di Cristo e dal pronun-
ciamento della Chiesa: nel noto adagio, La Chiesa fa la liturgia e la
liturgia fa la Chiesa non pu essere sostituito liturgia con piet popo-
lare. Le azioni liturgiche costituiscono e accrescono il vitale dinami-
smo della Chiesa di Cristo: pur nelle variazioni rituali occorse nei se-
coli c nella diversa tradizione delle famiglie liturgiche d'Oriente e Oc-
cidente, la sostanza della liturgia rimasta invariata. L'eucaristia
celebrata dalla comunit apostolica e nel corso dci secoli fino ad oggi,
11
Per il Medioevo si parla di cultuale: cf. DPPL 33; pi estesamente
vedi una lettura in MARSILI, Liturgia e devozioni, cit., pp. 174-198.
16
Cf. DPPL, cap. l: Litltrgia e piet popolare alla luce della storia.
17
Cos la pensava R. Guardini: Nulla sarebbe pi errto del voler sopprimere, per
amore della liturgia, sane c preziose forme di vita religiosa popolare; oppure anche solo
del voler adattare queste ultime alle prime. Quantunque, per, la htur&ia c la piet
popolare abbiano ambedue i propri presupposti c scopi legittimi, tuttavia il primato
deve essere riconosciuto al culto liturgico, la liturgia c rimane la !ex orandi. La
preghiera non liturgica deve sempre svolgersi sulle direttive di essa, c in essa sempre
rinnovarsi, se vuole rimanere vitale>>: R. GUARDINI, Lo spirito della liwrgia, Morccllia-
na, Brescia 1980
2
, pp. 18-19.
Cosa significa ucducarc alla piet popolare
967

. l do la medesima nella
in oni Chiesa cattolica sparsa ne mon. u'rrczionc di Cristo c partcci-
" 1 , Iclb morte c ns l ,
za c nel fine: mcmona c c , l N . , dt'rc invece che a pteta
. squa c on SI puo ' ' h
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popolare del tempo
1
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q uclla di un paese del su cii tltgua n'osqciam.o fiorite soprattutto
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lane a. c ptc prat!c te d . r la loro non csscnzta!Ita a VI-
a partire dal Mcdwcvo, cpongono pc '
vere in Cristo
1
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La prcscnz<t reale di Cristo definisce l'cconon:ua !Iturgic?-s,acra-
mcntalc (cf. SC 7). Uguale presenza non. assenta per la


polare:J. Ci non significa squalificare o chsprezzarc. com.c mstgdtfi
cante ci> che non ha lo statu'to <<sacramentale della liturgia, ma are
ad esso la sua giusta valenza. . .
La liturgia necessaria per vivere c crescere in Cristo nella Cluesa,
mentre la piet popolare appartiene al facoltativo, pur .se racco:
mandato:. Ci non equivale a screditare le forme eh prcglucra c dt
devozione, bens educare a valutare le cose con occhio lucido
22
La
"Gi sant'Agostino trovava di che obiettare davanti ad alcune forme nel culto ?ci
santi: "Altro quello che noi insegniamo, altro quello che noi siamo costretti a
tollerare: Comra Faustum, 20, 21, in CSEL 25, 263.
Giustamente si osserva che col passare del tempo la Chiesa si arricchita di
di preghiera: certo, ci ha. segnato un .senza
scnZJalc. Del resto, sono da cons1dcrarc anche le mvoluzJOnt mscmc aglt sviiupp1.
n Si veda in MC 48 b differenza esrosta da Paolo VI tra memoriale dci misteri di
Cristo nella liturgia c ricordo dci medcsuni misteri nel rosario .
. rileva J?PPL 1.1: della liturg_ia rispetto a ogni pos.sibilc
legmuna forma ti. prcghJCra cnstlana deve trovare nscontro nella cosc1cnza dct fcdch:
se le azioni sacramentali sono mccss,tric per vivere in Cristo, le forme della piet
invece all'ambito delf,tcoltativo. Prova veneranda il precetto
d1 alla messa domenicale, mentre nessun obbligo ha mai riguardato i pii
eserCIZI, pcr quanto raccomandati c diffusi, i possono tuttavia essere assunti con
c:trattcre obblig:ttorio da comunit o singoli fedeli. Ci chiama in causa la formazione
dci saccnloti c dci fedeli, affinch vcng:t data la preminenza alla preghiera liturgica c
all'anno liturgico su ogni altra pratica di devoz10nc. In ogni caso, questa
preminenza non pu comprendersi in termini di esclusione, contrapposizione, cmargt-
n.lzione. Anche DPPL 73.
!! Al rigu.mlo, non fuori luogo acccnrurc quale era la prospettiva
esposta tblb Mccli.ttor Dci (1947): mentre da una parte la supcnonta
(potiorc cxccffcnti,r pr.rcst,tt) della preghiera liturgica, d:tll'altra asseriva che tutte le
l
,ratiche di piet non strettamente liturgiche ... non sono solo degne di essere molto
odate, 111.1 sono assolut.lmentc necessarie; su questo si veda un'interpretazione in
l\IMtSIU, Litm-gi.t c ch:vo.zim!i, .cit., pp. 185-188. nozione di. culto si anche:
l\ l. l'nnap.t!r drvcrsrtil nel concetto clr culto pubblrco a partrrc dal XVI
secolo ,rf nmcilio V,ttic,mo !!, in Libro dc Acttts. I Congrcso intcmational dc llcrman-
y Rcl(l!josidatll'opular, Scvilla, 27 al 31 dc octobrc dc 1999 (edito dall'organiz-
zaZione del Congresso), pp. 123-128.
Corrado Maggioni


r
---.----------
facoltativit non dice scarsa bens giusta valutazione2J I . , l
l
' l 1 d' b'l n vcnta ta val
ta a pteta popo are nsu ta m tspensa 1 e ai fedeli (c ' .
1
-
) d l l f l l
ompreso 1 cle-
ro , essen o a so a orma eu tua c concretamente posst'b'l d .
( ' d Il
1
e m ate cir-
costanze e sJtuaztom ranta c a messa o Impossibilita' . .
l
d' d a partectparvt
per ma attla, tmpc cocrclZlonc. a parte di altri ... ).
La celebraziOne hturgtca sta alla ptet popolare com l'
l
( h ' e oggettzvo
sta a soggettzvo c c non c soggetttvtsmo - secondo il m
. d l l d Io ptacere
sentire, gusto- essen o m qua c 1c mo o sottoposta all'aut 't' '
24) L' d' h l' d' on a com-
petente . oggettivo tcc c c acca tmcnto avviene al d' l' d 11
. , b , d d' D' l a e a
capacita c onta umana, essen o opera 1 to perci la lt't . ,
l Il d' . ' urgta e an-
Zitutto teo ogza. soggettivo Ice, mvecc, Il rclazionarsi d ll'
D
. . d l . d e uomo
con 10 a partJre a propno mon o; perci si muove piutt t
nell'ambito antropologico
25
. os
0
liturgica principale Dio, anzitutto la di-
me?stonc dzscendente a La dtmc.nsionc ascendente della
Chtcsa. celebrante (lode, mvocazwne, :isposta _ in, con,
per Cnsto - che alla precedente aZIOne dtvina. La piet po-
polare fa leva sul movnncnto ascendente, senza escludere la dimensio-
ne disccndcntc
26
, che tuttavia non uguaglia l'efficacia della liturgia allo
stesso titolo e allo stesso grado (cf. se 7).
Nulla nella csse?do sempre azione ecclesiale (cf.
SC 26). La ptcta popolare c mvece przvata: anche se compiuta insieme
ad altri.' anche

del non varca la soglia


ccclestalc della hturgta , tant e che nel nto romano la sostanziale
unit viene richiesta dalla Chiesa soltanto in materia liturgica: una
medesima liturgia per l'unica Chiesa
28
, a fronte di una molteplicit di
espressioni c modalit nella piet popolare.
23
Ad es., il rosario espressamente raccomandato nella formazione c nella vita
spirituale di chierici c rcl_igiosi: _cf. c,ai?-n. 246, 3;_ 276, , 2, so? 4; C<?NGRE-
GAZIONE PER IL CLERO, Dzrettorzo per zl mmzstero e la vzta dez presbzterz, LEV, Cm del
Vaticano 1994, p. 39.
24
Cf. SC 13 c DPPL 21.
2
5
Non a caso un. capitolo importante della piet rappresentato infatti
dall' <<umano sentire m <<questo>> tempo c contesto stonco-socw-culturalc.
26
Anche la piet popolare sta sotto la mozione dello Spirito: cf. DPPL 50.
27
Gi Guardini osservava cl_1c nelle forme di devozione poJ?ol::rc ,:<il momento
soggettivo si presenta con forza. [ ... ] ?ssc .rortan.o assa1 pm 11?1J?ronta
tempo particolare c dell'ambiente! sono. spec1ah
stichc della comunit. Per quant<? m ogm caso p m c. c}? e l_c pre,?luerc
affatto private dci singoli, a loro volta pm_l?arucolan,. pm_ pr:1vate della
preghiera della Chiesa, della hturg1a: GuARDINI, Lo spmto della lzturgza, clt., p. 19.
2s Cf. GIOVANNI PAoLO II, Lettera apostolica Vicesimus q11intrts annus ( 4.12.1988),
n. 9.
Cosa significa ucducarc alla piet popolare ..
969
Per chi educa, come per chi educato, rilevante nutrire una vi-
sione teologica del fatto cultuale della Chiesa: vi un cuore c una
circolarit di rete sanguigna. C' una gerarchia di valori, dove tutto
importante al proprio posto
29
: al centro ci sono i sacramenti (istituiti
da Cristo), quindi i sacramentali (istituiti dalla Chiesa), le benedizioni
(celebrazioni normatc da libri liturgici), la piet popolare (formule e
pratiche approvate e raccomandate dalla Chiesa, senza una forma as-
solutamente vincolante
30
). Nel Catechismo della Chiesa cattolica il te-
ma della religiosit popolare si trova, dopo le benedizioni, nell'articolo
sui sacramentali (cf. 1674-1676). Valga, a conclusione, quanto ricorda-
to al n. 58 del Direttorio:
<<Liturgia c piet popolare sono due espressioni legittime del culto cristia-
no, anche se non omologabili. Esse non sono da opporre, n da cquipa-
/
rare, ma da armonizzare come viene descritto nella Costituzione liturgica
[ ... ]. L.iturgia c piet popolare sono quindi due espressioni cultuali da
porre m mutuo c fecondo contatto: in ogni caso tuttavia la liturgia dovr
costituire il punto di riferimento per "incanalare con lucidit c prudenza
gli aneliti di preghiera c di vita carismatica" che si riscontrano nella piet
popolare; dal canto suo la piet popolare, con i suoi valori simbolici cd
espressivi, potr fornire alla liturgia alcune coordinate per una valida in-
culturazionc c stimoli per un efficace dinamismo creatore.
970
3. EDUCARE ALLA PIET POPOLARE
Come la risposta a che cos' la piet popolare si chiarisce alla luce
della liturgia, cos l'ed,ucazione alla piet popolare si declina con l'edu-
cazione alla liturgia. E difficile ipotizzare un percorso che isoli i due
ambiti, pena condannare la vita spirituale in una dicotomia.
Nel dire che la piet popolare serve a disporre alla celebrazione
liturgica e a prolungarla, bisogna anche domandarsi: quale piet popo-
lare? Per evitare di fare di ogni erba un fascio. Non qualsiasi forma di
2
'' Cf. TRIACCA, Liturgia e piet popolare, ci t., pp. 1254-1257 (parla di <<gra-
duatoria nelle manifestazioni cultuali).
30
Pur dall'Ordinario, i libri di devozione sono proP.ositivi. La Vt crucis
ha le 14 stazwni che conosciamo, ma non proibito variarnc 1! numero c i misteri
meditati (cf. DPPL 133-134); la tradizione del rosario si assestata attorno ai noti 15
misteri, ma il numero c l'enunciato di essi possono anche variare (cf. DPPL 200). In
questa linea, a integrazione della tradizionale corona del rosario, Giovanni Paolo II ha
recentemente proposto la serie dci mystcria lucis, cf. Lettera apostolica Rosarium
Virginis Mariae (16.10.2002), nn. 19 c 21.
Corrado Maggioni
piet aiuta a prepararsi c a interiorizzare quanto liturgicamente cele-
brato in un dato giorno o tempo: ad esempio, la Via crucis un eser-
cizio di piet particolarmente adatto al tempo di Quaresii:na
31
, come
la Via

invece la Y,ia

con tempo pasqua-
le c la domemca. Da qm tl comptto dt educare alla ptet popolare in
accordo con la liturgia, evitando di indicare ancora due direzioni che
non possono armonizzarsi nella vita spirituale perch proposte in di-
sarmonia tra di loro. ('
3.1. Tra ieri e oggi \
interessante prendere avvio da quanto osserva il Neunheuser: se
nell'antichit la preghiera liturgica (specie monastica) contemplava
spazi c luoghi per la preghiera silenziosa, progressivamente tale spazio
si organizzato in un momento di preghiera comune (ne esempio la
colletta salmica), fino a trovare, quindi, una propria espressione, fiori-
tura e organizzazione al di fuori della liturgia
3
4.
Conosciamo come e perch nel Medioevo sorgano preghiere so-
stitutive, alternative, parallele, alle celebrazioni liturgiche: la gente si
sente a suo agio pregando e cantando in lingua volgare, secondo mo-
dalit pi vicine e facili da seguire, derivate in qualche modo dalle
liturgie officiatc in latino dal clero. Tali forme di piet non nascono
con l'idea di sostituire la liturgia, anche se ci accaduto di fatto: la
fede, la preghiera, la carit della gente trovano espressione piuttosto
attraverso la piet popolare che la liturgia, peraltro mai disertata (pre-
cetto di assistere alla messa domenicale).
Occorre fare attenzione nell'evitare semplificazioni consistenti, ieri
come oggi, nell'apprezzare una parte per svalutare l'altra
35
Cio, nel
dire che nel Medioevo la liturgia era tutta negativa, mentre la piet
popolare tutta positiva, si asseconda una concezione che vede la litur-
31
DPPL 133.
32
Cf. DPPL 137.
33
Cf. DPPL 153.
l
4
<<A poco a poco nei secoli la preghiera personale si separava dalla preghiera
liturgica. L'Opus Dei, la preghiera comune liturgica soffriva sotto il suo carattere trop-
po solenne, troppo istituzionalizzato. La l?reghtera personale, silenziosa, cercava altre
forme forme devozionali, utilisstme anzitutto per tutti coloro che non pote-
vano captre le forme latine, solenni. Il felice equilibrio che una volta regnava tra gli
clementi oggettivi della liturgia ufficiale delle ore e gli elementi soggettivi di una pre-
ghiera personale silenziosa immediatamente congiunta con la liturgia ufficiale dispari-
va: NEUNIIEUSER, Liturgia e piet popolare, cit., p. 215.
31
Cf. DPPL 50-57, specie 53.
Cosa significa <educare alla piet popolare
971
/
972
gia come esteriorit e la piet popolare come interiorit. Il rischio del
materialismo e del ritualismo intaccava e intacca la preghiera liturgica
come la piet popolare. L'oggetto dell'azione educativa resta, in ogni
epoca, di aiutare i cristiani a comprendere anzitutto che cosa significa
pregare, prima del come fare.
L'istanza avvertita oggi - qui deve misurarsi l'opera educativa! -
trovare sapientemente la strada per sciogliere i nodi che, nel corso dei
secoli, si sono aggrovigliati attorno alla tradizione della preghiera cri-
stiana. Due forme parallele di culto? o piuttosto due modi distinti c
legittimi di culto, l'uno prioritario c l'altro subordinato? l'uno auto-
revolmente normato e l'altro lasciato a maggiore creativit?
Esemplifichiamo. Ci sono forme di piet popolare, come il pelle-
grinaggio a un santuario, che non suscitano contrapposizioni con la
liturgia: gesti e preghiere di devozione dispongono (c fanno eco) alla
celebrazione liturgica - eucaristia, penitenza -, che avvertita come il
centro dell'esperienza spirituale dci pellegrini.
Ci sono forme, invece, che creano imbarazzo: come conciliare la
novcna (mese) di San Giuseppe col tcmpo.quarcsimalc? c il mese di
maggio col tempo pasquale? Pratiche sorte in tempi in cui la liturgia
non era partecipata appieno si scontrano oggi con la centralit della
liturgica; in effetti, si muovono su piani di non immediato
mcontro oggettivo. Risolvere la tensione escludendo una delle due
istanze non giova. Risolvere il problema mescolando le cose soltan-
to una falsa via di uscita. Qui sta la sfida che l'educazione deve racco-
gliere. Rimuovere la questione dicendo che l'importante che la gente
preghi una possibilit: ma certo non educare secondo se 13.
Ancora, ci sono esercizi di piet sorti come alternativi, per i laici,
all'Ufficio divino del clero c dci monaci: ad esempio, la recita di 150
Padre nostro o Ave Maria (rosario) al posto dei 150 Salmi; conoscia-
mo che cosa ha significato il rosario per generazioni di cristiani, per la
tradizione spirituale di istituti religiosi c di movimenti laicali (ancora
oggi). Riscoprirc la liturgia delle ore vuoi dire allora abbandonare pra-
tiche sorte in sostituzione di quella? Adottata la preghiera dci Vespri
in una comunit religiosa non obbligata ad essa, ha ancora senso un
pio esercizio ereditato da tempi in cui pregare comunitariamente
corrispondeva a compiere le pie preghiere c pratiche prescritte dalla
regola? e se ha ancora valore, dato che non pi inteso come sostitu-
tivo di ci che ormai si fa, qual allora il senso?
La problcmatica si pu riassumere nella domanda: chi partecipa
alla liturgia (eucaristia, sacramenti, liturgia delle ore, ccc.), ha ancora
bisogno di altre forme di preghiera, pii esercizi, devozioni? basta la
Corrado Maggioni
J
l
r
.iy.
r
sola azione liturgica a sostenere una vita spirituale, oppure la piet
popolare ha la sua parte da svolgere? come nutrire la fede oltre la
messa della domenica? Ecco quanto osserva il Direttorio:
<<Nel nostro tempo il tema del rapporto tra liturgia e piet popolare va
guardato soprattutto alla luce delle direttive impartite dalla Costituzione
Sacrosanctum concilium, le quali sono ordinate alla ricerca di un rapporto
armonico tra ambedue le espressioni di piet, in cui tuttavia la seconda sia
oggettivamente subordinata c finalizzata alla prima. Ci significa che bi-
sogna anzitutto evitare di porre la questione del rapporto tra liturgia e
piet popolare in termini di opposizione, come pure di equiparazione o
di sostituzione. Infatti, la coscienza dell'importanza primordiale della li-
turgia c la ricerca delle sue pi genuine espressioni non devono condurre
a trascurare la realt della piet popolare c tanto meno a disprezzarla o a
ritcncrla superflua o addirittura dannosa per la vita cultuale della Chiesa
(DPPL 50).
3.2. La preghiera liturgica non esaurisce tutto
Dopo aver sottolineato che la liturgia il culmine e la fonte della
vita della Chiesa (SC 10) e le disposizioni d'animo per parteciparvi
con frutto (SC 11 ), Sacrosanctum concilium tiene a precisare che la
vita spirituale, tuttavia, non si esaurisce nella partecipazione alla sola
sacra liturgia, introducendo cos la vocazione di ciascun credente alla
preghiera incessante, privata, tradotta in vita cristianamente vissuta
(SC 12). Quindi tocca l'argomento dei pii esercizi del popolo cristia-
no, alle note condizioni (SC 13 ).
In tale contesto, l'educazione alla piet popolare ha la funzione di
formare i cristiani a coltivare quella vita spirituale che permette loro
di farsi coinvolgere con frutto nell'effusione dello Spirito di Cristo
operante nella celebrazione liturgica. Quale culmen, alla liturgia oc-
corre disporsi e giungervi con le necessarie disposizioni interiori.
Quale fans, la celebrazione liturgica domanda a chi vi partecipa un
prosieguo nel custodire e interiorizzare i misteri celebrati, affinch
possano trasfondersi nella vita. In questo movimento di accesso alla
celebrazione liturgica e di congedo da essa in vista del prossimo acces-
so, trova il suo posto la piet popolare (preghiera privata o comuni-
taria, pii esercizi, devozioni, pratiche ascetiche, silenzio, raccoglimen-
to, orazione meditativa, ecc.)
36

36
Cf. C. VAGAGGINI, Il senso teologico della liturgia, Paolinc, Roma 19654, pp. 632-
634; P. TENA, La liturgia y los pw exercitia, in <<Notitiae 25 (1989) 237-243; TRIAC-
CA, Liturgia e piet popolare, cit., pp. 1279-1284.
Cosa significa ucducare alla piet popolare"
\
973
/
/
974
Del resto, i temi cari alla piet popolare (devozione all'infanzia e
passione di Ges, alla Vergine Maria, agli ai ai
hanno il loro originale alveo dentro la celebrazw?e la r.a?tce
da cui sono fioriti e si sono ramificati gesti e prauche devozwnah e, al
fine, la celebrazione liturgica. Questa il punto di par-
tenza e di approdo. La riprova sta nel massimo di conccntrazwnc delle
forme di piet popolare attorno alle celebrazioni liturgiche di Pasqua e
di Natale.
Riscoprire e promuovere la liturgia porta a eliminare la piet po-
polare? Una certa piet popolare s, quando positivamente contrap-
posta o in concorrenza con la liturgia
37
Certo, il verbo eliminare
esclusivista c non rende ragione della complessit del concreto
38
:
orientare, ridimensionare, possono risultare verbi pi consoni, nella
linea segnalata dalla stesso Direttorio: l movimenti di rinnovamento
liturgico c l'accrescimento del senso liturgico nei fedeli danno luogo a
un ridimensionamento della piet popolare nei confronti della liturgia.
Ci si deve ritenere un fatto positivo, conforme all'orientamento pi
profondo della piet cristiana (DPPL 49).
Si deve tuttavia considerare anche la ncgativit di una promozione
della liturgia, a discapito di altre forme tradizionali di pn;-
ghiCra: proporre la messa in ogni occasione di tridui c novcnc, tradi-
zionalmente legate a forme di piet popolare, davvero indice di ri-
scopcrta della centralit della preghiera liturgica? Bisogna dire di no. Il
rischio del solo messa, come spesso avviene, non giova n alla litur-
gia n alla piet popolare. L'educazione alla preghiera passa anche at-
traverso proposte diversificate c diverse dalla liturgia.
Tra i Vespri dci giorni di Avvento o la novcna dell'Immacolata,
oggettivamente la precedenza da accordare alla preghiera
Tuttavia, non pu sfuggire la storicit di chi conviene a pregare:
potrebbe darsi che, in una data comunit, la pratica della tradizionale
novcna aiuti meglio dei V cspri a toccare i cuori. Dico questo per evi-
tare le generalizzazioni che, alla fine, risultano diseducative. Quando
si tratta di riunione di preghiera (nel pregare individualmente si capi-
sce che la questione un po' diversa) la strada quella di ridurre,
appunto con la catechesi c la formazione, la tensione dell'aut aut
39

Non di meno occorre notare che educare significa anche lasciar
37
Per chi si fermato solo ad alcune pie pratiche, eliminate le quali, resta il vuoto
assoluto nella sua vita, il discorso allora di altro genere.
18
Cf. Marialis cu!tus 31; DPPL 74, ultima frase.
l? Si veda in proposito l'auspicio presentato da DPPL 103 circa la Novena del
Natale, c 155 per la Novena di Pentecoste.
Corrado Maggioni
l
qualcosa: ci che di fatto incompatibile, fuorviante, cos par-
ziale da non portare mai al cuore dell'esperienza cultuale della Chiesa,
che la liturgia. Se una devozione o un pio esercizio non conducono
chi li pratica alla celebrazione del mistero di Cristo, anzi scosta da
questa ritenendo sufficiente quella, evidentemente da auspicarne la
scomparsa ... Penso a quanti, in occasione di feste patronali, ripetono
scrupolosamente pratiche di piet ereditate da secoli, le quali segnano
per essi l'inizio c anche la fine di una piet cristiana che fa a meno
della partecipazione ai sacramenti.
Continuando, la riscoperta della liturgia delle ore non pu coinci-
dere con l'unico indirizzo educativo, per tutti, di pregare mattino e
sera le Lodi c i Vespri. Ci facile in una comunit religiosa, in un
seminario, per i fedeli che hanno disponibilit di recarsi in chiesa c
dimestichezza con il libro della liturgia delle ore. Ma per chi non rien-
tra in queste categorie, ha orari c impegni da rispettare, non c' altro
da raccomandare in fatto di preghiera quotidiana? Ecco il posto di
momenti di preghiera (la visita al Santissimo, una parte del rosario, la
meditazione di un passo del vangelo, il pio esercizio della Via crucis il
venerd, ccc.), che non sono un'alternativa paritctica alla preghiera li-
turgica, ma un reale c facile aiuto a coltivare una vita spiritualmente
significativa. Una delle carte vincenti della diffusione della piet popo-
lare senza dubbio la facilit dci modi: si pensi, ad esempio, alle for-
mule ripetute a memoria, senza necessit di ricorrere a uno o pi libri
per pregare.
L'ottica autenticamente educativa vede le cose per quel che sono,
tiene i piedi per terra, punta all'armonia della vita spirituale. L'educa-
zione alla liturgia non esclude l'educazione alla piet popolare; anzi, la
richiede. In questa linea da segnalare il n. 59 del titolato
appunto l'importanza della formazione:
Alla luce di quanto richiamato, la via per risolvere motivi di squilibrio o
di tensione tra liturgia c piet popolare quella della formazione, sia del
clero che dci laici. Insieme alla necessaria formazione liturgica, opera di
lungo respiro, sempre da riscoprirc c approfondire, a complemento di
essa c in vista di una spiritualit armonica e ricca, si impone anche la
formazione alla piet popolare.
Infatti, poich "la vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla
sola liturgia" (SC 12), il limitarsi esclusivamente all'educazione liturgica
non soddisfa ogni ambito di accompagnamento c di crescita spirituale.
Del resto, l'azione liturgica, specie la partecipazione all'eucaristia, non
pu permeare un vissuto dal quale assente la preghiera individuale e
sono carenti i valori vcicolati dalle tradizionali forme di devozione del
popolo cristiano. Il rivolgersi odierno a pratiche "religiose" di provenien-
Cosa significa ucducare alla piet popolare
/
975
976
4.
za orientale, variamente rielaboratc, indice di una ricerca di
dell'esistere, del soffrire, del condividere. Le generazioni
a seconda dci paesi - non hanno l'esperienza delle forme dt
che avevano le generazioni precedenti: ceco perch l.a c
educativa non possono trascurare, nella proposta dt una spmtuahta VIS-
suta, il riferimento al patrimonio rappresentato dalla piet popolare, in
modo speciale dai pii esercizi raccomandati dal magistero.
EDUCARE LA PIET POPOLARE
Non solamente le persone sono destinatarie dell'accompagnamen-
to educativo (vedi sopra), ma anche lo stesso deposito della piet
popolare rappresentato da formule, preghiere, pratiche, sussidi, devo-
zioni, canti, gesti, immagini, ecc. Non pochi esercizi di piet sono sorti
con un motivo particolare c specifiche modalit, il mutamento dei
quali- altro contesto, luogo, tempo -li ha rivestiti di un diverso spcs-
sore40. Spesso sono proprio le formule, il loro vocabolario, i modi e
i tempi, che favoriscono od ostacolano l'armonia con la liturgia.
4.1. Valorizzazione e rinnovamento
Sappiamo come sia un tipo di sussidio per la Via crucis o per il
rosario o per una data devozione ad avere concretamente influsso sulla
loro pratica. Sussidi che ripropongono testi e preghiere - raccolta di
ogni genere di orazioni, devozioni, novcne - come se con il rinno-
vamento liturgico non fosse avvenuto nulla nel popolo cristiano, come
se la Sacra Scrittura non esistesse, come se l'anno liturgico fosse un
optional c non una guida per la vita spirituale di tutti e ciascuno nella
Chiesa ... lasciano perplessi c invocano un'azione educativa che pro-
babilmente trascurata
41

Si ha l'impressione che nella catechesi- nelle sue varie fasi- abbia-
no praticamente scarso rilievo le tradizionali forme di piet popolare
42
,
'
0
Pensiamo, ad esempio, al pio esercizio della Via crucis compiuto comunitaria-
mente a Gerusalemme, dove esso nato, pcllcgrinando in quei luoghi c a quell'ora
pomeridiana, c al compimento individuale di esso seduti in poltrona a casa o spostan-
oosi in chiesa aiutati dalla figurazione delle stazioni (anche 111 questi casi vi sono delle
motivazioni, ma facile percepire la diversit di portata del medesimo pio esercizio).
41
In DPPL 21 c anche 92 sono ricordate le responsabilit c le competenze in
materia.
'
1
La catechesi il momento adatto in cui la piet popolare pu essere vagliata cd
Corrado Maggioni
lasciate comunemente alla trasmissione da un fedele all'altro, alla fre-
quentazione di associazioni, confraternite
43
, gruppi. Questi sono <<luo-
ghi per educare sapientemente alla e la piet popolare. Uno de-
gli intenti del Direttorio certamente di educare a pregare median-
te la piet popolare: sono numerose le precisazioni e i suggerimenti
disseminati nella seconda parte del Direttorio, a proposito dell'armo-
con la liturgia dell'una o l'altra espressione di piet e devo-
ZIOne.
Educare la piet popolare significa aiutarla a esprimere e custodire
i preziosi e innumerevoli valori che possiede
4
\ tenendo presente nel
contempo anche i suoi limiti, che sono di duplice segno. Ci sono dei
limiti positivi, ossia lo stile semplice, il dire per accenti il mistero
cristiano senza pretesa di interezza, ecc., che sono da conservare nella
piet popolare, pena la trasformazione in ci che non , la confusione /
di funzioni, lo snaturamento di essa. Ci sono poi dei limiti negativi,
che invece chiamata a superare, quali lo scarso riferimento alla Scrit-
tura, l'impercettibilit della fede cattolica, l'esaurirsi in se stessa senza \
disporre alla liturgia, l'autonormarsi senza armonizzarsi con la pre-
ghiera liturgica.
Alla luce della riforma conciliare della liturgia, il rinnovamento
della piet popolare matura nel recepire l'afflato biblico, liturgico, ecu-
menico, antropologico
45
Poich il rinnovamento si vede dal visibile e
dall' udibile, la sua presenza si riflette nei testi e nelle formule di
devozione
46
, nei canti
47
, nelle immagini impiegate
48
A livello di conte-
nuti, il rinnovamento implica di rafforzare il riferimento al Dio di
educata: cf. GIOVANNI PAOLO Il, Esortazione apostolica Catechesi tradendae
(16.10.1979), n. 54. Lo stesso Catechismo della Chiesa cattolica ricorda che la catechesi
deve tener conto della piet popolare ai nn. 1674. e 2688; anche
PER IL CLERO, Direttorio generale per la catechest, LEV, Cttta del Vaticano 1979, pp.
195-196.
43
Cf. DPPL 69.
44
Cf. PAOLO VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (8.12.1975), n. 48;
DPPL 61-64.
45
Cf. DPPL 12 c 75.
46
DPPL 16: <<Pur redatti con linguaggio, _per cos dire, meno rigoroso rispetto alle
preghiere della liturgia,i testi di preghiere e formule di devozione ocvono trarre ispi-
raZIOne dalle pagine della Sacra Scrittura, della liturgia, dei Padri c del magistero,
concordare con la fede della Chiesa. I testi stabili c pubblici di preghiere c atti di piet
devono recare l'approvazione dell'Ordinario del luogo.
47
DPPL 17: <<Anche il canto, espressione naturale dell'anima di un popolo, occupa
una funzione di rilievo nella piet popolare. La cura nel conservare l'eredit di canti
ricevuti dalla tradizione deve coniugarsi con il sentire biblico ed ecclesiale, aperta alla
necessit di revisioni o di nuove composizioni>>,
48
Cf. DPPL 18.
Cosa significa ucducare alla piet popolare
977
978
- ~ ~ - !
Ges Cristo, alla Trinit, all'azione dello Spirito, al sentire con la ',
Chiesa, alla rivelazione custodita nella Sacra Scrittura, all'armonia con '.;.]
la liturgia e il suo primato, al rispetto c risalto dci valori, autenticamcn- .
te tradizionali c culturali, di un dato popolo
49

Di conseguenza, l'evangelizzazione e la purificazione della piet p o- q
polare, sono reciprocamente implicate. Evangelizzare la piet popolare .;..J
significa porla in esplicito contatto con il vangelo, favorendone l'acco- ~
glimcnto visibile, udibile, testimoniato. Nella misura in cui accolta, la 1
novit evangelica opera inevitabilmente la purificazionc da ambiguit
1
ereditate da credenze prccristianc, religiosit cosmico-naturalistica, 'l.
concezione pscicologica e ritualit utilitaristica nel rapporto con Dio
50

4.2. Alla luce della liturgia
I tre verbi indicati da SC 13 per i pii esercizi - siano in armonia
con la liturgia, derivino in qualche modo da essa, conducano ad essa-
tracciano delle lince anche per educare l'espressione e la visibilit della
piet popolare, i suoi contenuti, formulazioni, modi c tempi di svolgi-
mento 51. Eloquente la scelta del Direttorio di aver primariamente
adottato l'anno liturgico come criterio per menzionare le pi diffuse
forme di piet del popolo cristiano (una scelta dovuta al fatto che esse
sono sorte attorno a giorni c tempi liturgici).
La volont del concilio di aprire ai fedeli con maggior abbondanza
i tesori della Sacra Scrittura (cf. SC 35), stimola c guida nell'educare in
tal senso anche la piet popolare
52
Essendo improponibile una pre-
ghiera cristiana senza riferimento diretto o indiretto alla pagina bibli-
ca
5
1, la piet popolare deve essere educata a sostenersi respirando
l'ossigeno della rivelazione. Alcuni pii esercizi di collaudata tradizione
e diffusione sono sostanzialmente radicati nelle pagine del vangelo
(rosario, Via crucis). Non si tratta di sottrarre semplicit c facilit alla
49
Cf. DPPL 76-90.
5
Cf. DPPL 57 c 66.
51
Cf.]. EvENOU, La liturgie, fennent de rnovation des dvotions traditionnelles, in
Libro de Actas. I Congreso intemational, cit., pp. 128-134.
51
,,Jl rimedio migliore contro deviazioni sempre possibili di permeare queste
manifestazioni di piet popolare con la parola del vangelo, portando coloro che vivono
di queste forme dt rcligwstt popolare da un movimento di fede iniziale c qualche volta
balbettante a un atto di fede cristiana autentica: GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
vescovi dell'Abruzzo e .Molise (24 aprile 1986), in L'Osservatore Romano 25 aprile
1986.
SJ DPPL 12.
Corrado Maggioni
r
l
l
~
u
'
1
piet popolare, infarcendola di lunghi testi biblici, quanto di promuo-
v ~ r c la consapevolezza che il contesto necessario della preghiera cri-
stiana offerto dalla Sacra Scrittura
54
Non si tratta di trasformare in
celebrazioni della Parola i pii esercizi, quanto di ispirarsi al modello
della liturgia, consapevoli che poich alle espressioni della piet po-
polare si. riconosce una legittima variet di disegno e di articolazione,
non certo necessario che in esse la disposizione delle pericopi bibli-
che ricalchi in tutto le strutture rituali con cui la liturgia proclama la
parola di Dio
55
Un esempio per intenderei: un testo di Via crucis in
cui sono i passi evangelici del passione del Signore a suscitare la medi-
tazione c la preghiera, preferibile rispetto a uno in cui sono i senti-
menti umani a fare da motore.
Lo spirito che ha rinnovato la liturgia deve informare, analoga- /
mente, la piet popolare. La partecipazione piena, consapevole e attiva
desiderata per le celebrazioni liturgiche (cf. se 14) di per s conna-
turale alle forme di devozione popolare, dove gesti, parole e canto \"'
esprimono l'anima di un popolo. Tuttavia, un rischio concreto quel-
lo di vedere una manifestazione di piet popolare, una volta coinvol-
gente tutti in prima persona, trasformarsi oggi in una sorta di spetta-
colo folkloristico che la gente si appaga di ammirare, meritandosi il
medesimo rimprovero di muti spettatori che Pio X muoveva circa
l'assistenza passiva alla liturgia.
Come la partecipazione attiva alle celebrazioni liturgiche favorita
da acclamazioni, ritornelli, canto di salmi e cantici, spazi di silenzio,
gesti e atteggiamenti del corpo (cf. se 30), cos anche la piet popolare
non dovrebbe mai smarrire il coinvolgimento diretto che la caratteriz-
za originalmente: da valorizzare, ad esempio, la predilezione della
gente per la ripetizione corale di espressioni di lode o di supplica (for-
mule litaniche derivate da modelli liturgici), evitando per di scadere
nell'abitudine, nella ripetizione meccanica e nell'esagerazione.
All'incrocio tra liturgia e piet popolare si trovano le benedizioni.
Il Benedizionale
56
contiene una ricca proposta celebrativa che aiuta a
disegnare, ispirandosi a sequenze derivate dal modello liturgico, m o ~
menti di preghiera che vitalizzino consuetudini e tradizioni popolari
(benedizione al mare, a un fiume, a una sorgente, al pane, al vino,
all'olio, ecc.), situazioni di malattia, di dolore, di ringraziamento per-
Sonale, familiare c sociale.
54
Cf. DPPL 87-89.
55
DPPL 89.
56
CEI, Benedizionale, LEV, Citt del Vaticano 1992.
Cosa significa ucducare alla piet popolare
979
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Educare la piet popolare ad armonizzarsi alla liturgia, derivare da
essa e ad essa condurre non significa, per, commistione n confusio-
ne con la celebrazione liturgica. Cos il Direttorio:
<<Da una parte, si deve evitare la sovrapposizionc, poich il linguaggio, il
ritmo, l'andamento, gli accenti teologici della piet popolare si differen-
ziano dai corrispondenti delle azioni liturgiche. Similmente, da supera-
re, dove il caso, la concorrenza o la contrapposizione con le azioni
liturgiche: va salvaguardata la precedenza da dare alla domenica, alla so-
lennit, ai tempi c giorni liturgici. Dall'altra parte, si eviti di apportare
modalit di "celebrazione liturgica" ai pii esercizi, che debbono conser-
vare il loro stile, la loro semplicit, il proprio linguaggio 5
7

In tale ottica, educare la piet popolare sospinge a non mutarle i
connotati, ma a rispettarli custodendone la natura, i valori, la funzione,
le possibilit, la carismaticit, la semplicit, la spontaneit ...
s. CONCLUSIONE
Volendo conoscere in breve che cosa significa c implica educare
alla piet popolare, la miglior sintesi quella espressa da Giovanni
Paolo II: la piet popolare non pu essere n ignorata, n trattata
con indifferenza o disprezzo, perch ricca di valori, c gi di per s
esprime l'atteggiamento religioso di fronte a Dio. Ma essa ha bisogno
di essere di continuo evangelizzata, affinch la fede che esprime, di-
venga un atto sempre pi maturo c autentico. Tanto i pii esercizi del
popolo cristiano, quanto altre forme di devozione, sono accolti c rac-,
comandati purch non sostituiscano c non si mescolino alle celebra-
zioni liturgiche. Un'autentica pastorale liturgica sapr appoggiarsi sul-
le ricchezze della piet popolare, purificarlc c oricntarlc verso la litur-
gia come offerta dci popoli 5
8

Via Romagna, 44
I- 00187 Roma
cormag@iol. i t
57
DPPL 13; vedi anche 74.
C.M.
58
GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Vicesimus quintus annus (4.12.1988), n.
18.
Corrado Maggioni

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