Sei sulla pagina 1di 12

MIRZA MEJDANIJA

L’INDUSTRIA, IL BOOM ECONOMICO E UNA NUOVA


LETTERATURA ITALIANA

Tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta l'Italia vive una nuova rivoluzione industriale che crea una nuova
realtà, caratteristica dei paesi moderni e sviluppati. Il miracolo economico italiano è un periodo di forte
crescita economica e di sviluppo tecnologico vissuto dall’Italia. Il progresso economico e industriale
cambia le condizioni materiali della vita degli uomini così come i rapporti sociali, i comportamenti e la
mentalità. Anche la letteratura si adatta ai cambiamenti sociali. Elio Vittorini, Italo Calvino, Umberto Eco e
Franco Fortini capiscono che la letteratura deve seguire i cambiamenti sociali nati con il boom economico.
I protagonisti dei romanzi di questo periodo, dopo un periodo di smarrimento e di resistenza iniziali,
vengono completamente assorbiti dagli ingranaggi del sistema, per poi trasformarsi in oggetti, in cose.
L'alienazione e la meccanicità del lavoro industriale sono interiorizzate dal personaggio del lavoratore che
finisce per perdere la sua individualità e per ridursi a un oggetto di vita propria, d'interiorità e di autonomia.

parole chiave: sviluppo, consumismo, divario territoriale, flussi migratori, alienazione

1. INTRODUZIONE
Verso l'inizio degli anni Sessanta l'Italia vive il periodo di una nuova rivoluzione industriale e di
una nuova realtà, diventando uno dei paesi più moderni e sviluppati. Il boom economico italiano
è il periodo di forte crescita economica e di sviluppo tecnologico compreso tra gli anni Cinquanta
e gli anni Settanta. Vittorini si rende conto che la letteratura è in ritardo nel seguire la situazione
sociale nata con lo sviluppo industriale, altri inttelletuali ritengono che, per sapere quali risposte
deve dare la letteratura, devono osservare i mutamenti della società e delle sue abitudini. Nasce
un dibattito vivace, accompagnato da una produzione narrativa che descrive il mondo industriale
e da romanzi che tematizzano il mondo della fabbrica. Quello che ci proponiamo in questo
articolo è di scoprire quale è il rapporto che unisce l’industria e la letteratura, quindi quali sono i
tratti caratterizzanti di questi romanzi.

2. IL MIRACOLO ECONOMICO ITALIANO


Il periodo della ricostruzione postbellica in Italia finisce tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio
degli anni Sessanta. Comincia l'era di una nuova rivoluzione industriale e il paese vive una nuova
realtà, caratteristica dei paesi moderni e sviluppati. Il miracolo economico italiano, il cosiddetto
boom economico, è il periodo di forte crescita economica e di sviluppo tecnologico di cui è

1
protagonista l’Italia tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta. Il progresso economico e
industriale cambia le condizioni materiali della vita degli uomini, così come i rapporti sociali, i
comportamenti e la mentalità; di conseguenza cambia la cultura e quindi la letteratura che, come
sempre, si adatta al contesto. Il boom economico italiano trasforma in modo evidente persino il
ruolo sociale dell'intellettuale. Infatti ora l'intellettuale non gode più di quella grande autonomia e
di quella libertà di pensiero che gli erano proprie nelle epoche precedenti; ora è un salariato
dell'industria culturale e dipende fortemente dal gusto editoriale, giornalistico e televisivo.
A partire dal 1947 l’Italia gode di continui finanziamenti provenienti dal Piano Marshall,
valutabili in circa 1,2 miliardi di dollari dell'epoca. La fine del piano e quindi delle sovvenzioni
coincide con il culmine della guerra di Corea (1950-1953), il cui fabbisogno di metallo e altre
materie lavorate stimola la crescita dell'industria pesante italiana. Si pongono così le basi di una
crescita economica spettacolare, che raggiunge l’apice nel 1960 ma che continua fino alla crisi
petrolifera del 1973 trasformando l’Italia da un paese sottosviluppato dall'economia
prevalentemente agricola a una delle nazioni più sviluppate del mondo. Questa grande espansione
economica è determinata dalla capacità di sfuttare le opportunità offerte dalla favorevole
congiuntura internazionale: più che l'intraprendenza e la lungimirante abilità degli imprenditori
italiani, è stato fondamentale l'incremento vertiginoso del commercio internazionale e il
conseguente scambio di prodotti che lo ha accompagnato. Grazie a questa apertura, il sistema
produttivo italiano si rivitalizza, è costretto ad ammodernarsi e ricompensa i settori più dinamici.
Ulteriori fattori decisivi sono la scoperta di nuove fonti di energia e la trasformazione
dell'industria dell'acciaio. La scoperta del metano e degli idrocarburi in Val Padana, quindi la
realizzazione di una moderna industria siderurgica sotto l'egida dell'IRI, permette di fornire alla
rinata industria italiana acciaio a prezzi sempre più bassi.
Il maggiore impulso a questa espansione viene appunto da quei settori che hanno raggiunto un
alto livello di sviluppo tecnologico e una diversificazione produttiva che consentono l'ingresso
dell'Italia nel Mercato comune 1. Il settore industriale registra così un incremento medio della
produzione del 31,4%. Tuttavia il miracolo economico non sarebbe stato possibile senza il basso

1
Le esportazioni italiane di questi anni sono segnate da una forte crescita, aumentano di 4,5 volte quelle
meccaniche, quasi quadruplicano quelle chimiche. Le esportazioni di prodotti meccanici e chimici,
all’inizio del boom pari all'84,5%, arrivano alla fine al 161%. Nell’ambito del settore meccanico i maggiori
incrementi riguardano i prodotti finiti, in particolare le macchine da scrivere e da calcolo. Per il tessile,
invece, la situazione peggiora nei primi anni Cinquanta con l’accentuarsi della concorrenza internazionale e
la perdita di alcuni mercati tradizionali come quelli dell’America del Sud.

2
costo della manodopera. Negli anni Cinquanta l’alto livello di disoccupazione fa sì che la
domanda di lavoro superi abbondantemente l'offerta, ripercuotendosi sull’andamento dei salari.
Nel dopoguerra i sindacati sono deboli, non riescono ad avere potere contrattuale perciò la
produttività continua ad aumentare indisturbata. Anche la politica agricola comunitaria asseconda
questa tendenza, prevedendo essa stessa benefici e incentivi destinati prevalentemente ai prodotti
agricoli del Nord Europa: tendenza del resto che è inevitabile, visto il peso specifico ormai
raggiunto da aziende quali Olivetti e Fiat dentro e fuori dall'Italia, e la potenza di capitani
d'industria come Gianni Agnelli rispetto ai deboli governi della Prima Repubblica. Il sistema
economico marcia a pieno regime, il reddito nazionale cresce e la nazione è rinfrancata
dall'incremento dell'occupazione e dei consumi. Il popolo si dimentica finalmente degli anni bui
del dopoguerra, quando il paese era ridotto a brandelli. I probemi da affrontare sono ancora tanti,
tuttavia prevale un clima di ottimismo.

3. IL DIVARIO FRA NORD E SUD, LE GRANDI MIGRAZIONI


La prevalente concentrazione industriale e le condizioni di maggiore produttività agricola e
terziaria nel Nord del paese continuano ad alimentare una situazione di forte divario territoriale,
con implicazioni sociali oltre che economiche. Anche l’integrazione nel mercato internazionale
finisce con il rafforzare le disparità perché gli sforzi volti ad acquisire una maggiore competitività
hanno interessato soprattutto le aziende proiettate sul mercato internazionale, concentrate
prevalentemente nell’Italia del Nord. Nel 1960, infatti, quattro regioni settentrionali assorbono un
volume di redditi da lavoro di 4,099 miliardi, praticamente il doppio rispetto a quello relativo a
sette regioni centro-meridionali. La situazione resta pressoché immutata persino dieci anni dopo,
confermando così il carattere dualistico del sistema economico italiano. Il divario territoriale non
riguarda soltanto gli aspetti della vita economica ma interessa anche quelli più propriamente
demografici.
Negli anni Cinquanta la popolazione italiana registra sia un incremento medio annuo del sei per
mille che un andamento decrescente della natalità e della mortalità, allineandosi così con i valori
registrati già da tempo in altri paesi europei. Tuttavia i diversi tassi di natalità e di mortalità,
dovuti anche alla differente struttura per età della popolazione, configurano una sorta di dualismo
demografico. In soli dieci anni l’incremento demografico è pari a circa 3 milioni ma è più
sostenuto nelle regioni centro-settentrionali che in quelle meridionali, nonostante queste ultime
abbiano registrato un più elevato tasso di natalità e un più basso tasso di mortalità. Gli effetti dei
flussi migratori, interni e verso l’estero, sono infatti superiori a quelli del movimento naturale, e
influenzano in modo decisivo la distribuzione geografica della popolazione, strettamente

3
connessa con l’evoluzione delle vicende economiche. 2 Gli spostamenti interni accentuano il
livello di concentrazione demografica nelle città capoluogo di provincia facendone aumentare in
modo considerevole il numero degli abitanti. Tra il 1951 e il 1961, in sostanza, si consolida quel
processo di intensa urbanizzazione che ha interessato il paese fin dalla sua unificazione e a cui si
contrappone il progressivo spopolamento delle zone montane. L'incremento demografico e
produttivo rendono possibile il boom economico, grazie al quale i beni un tempo elitari, come
l'automobile, diventano beni di massa. Nel dopoguerra, per esempio, i calzaturifici della provincia
lombarda conoscono una forte crescita, seguita da un vistoso incremento di manodopera
femminile.

4. IL CONSUMISMO E L’ALIENAZIONE
Gli anni della grande espansione sono anche teatro di straordinarie trasformazioni riguardanti lo
stile di vita, la lingua e i costumi degli italiani, seguite da un miglioramento del tenore di vita
delle famiglie. Nelle case di coloro che possono contare su uno stipendio e su un posto di lavoro
stabile cominciano a entrare numerosi beni di consumo durevoli, come lavatrici e frigoriferi,
mentre le strade iniziano a riempirsi di automobili, sopratutto di FIAT 600 e 500. Dopo le
autostrade costruite già sotto il fascismo (come l'Autostrada dei Laghi e l'Autostrada Firenze-
Mare), vengono costruite anche le prime autostrade di moderna concezione, per esempio
l'Autostrada del Sole che collega Milano a Napoli. Con le nuove vetture e lo sviluppo sia delle
strade che delle autostrade si diffonde l’abitudine delle vacanze estive e invernali, al mare o in
montagna, e si verificano i primi ingorghi cui consegue l'aumento vertiginoso di incidenti stradali.
Tuttavia nessuna invenzione ha un ruolo così rilevante nel mutamento delle abitudini della società
quanto la televisione. Nonostante all’inizio, a causa dello scarso numero di apparecchi presenti
sul territorio nazionale, la televisione favorisca nuove occasioni d'incontro, man mano che
diventa un bene comune impone un uso passivo e familiare del tempo libero a discapito delle
2
È il decennio in cui il tasso medio annuo di crescita della popolazione residente nei centri urbani più
popolosi è pari al 21,7 per mille, più che triplo rispetto a quello generale. Un'importante conseguenza di
questo processo è l'imponente movimento migratorio. È stato calcolato che nel periodo tra il 1955 e il 1971,
quasi 9 150 000 persone siano state coinvolte in migrazioni interregionali. Nel quadriennio 1960-1963, il
flusso migratorio dal Sud al Nord raggiunge il totale di 800 000 persone all'anno. Gli anni Sessanta sono,
ovviamente, teatro di un rimescolamento formidabile della popolazione italiana. I motivi che inducono
prevalentemente la popolazione rurale ad abbandonare il loro luogo d'origine sono diversi e tutti hanno a
che fare con l'assetto fondiario del Sud, con la scarsa fertilità delle terre e con la polverizzazione della
proprietà fondiaria, causata dalla riforma agraria del dopoguerra che ha espropriato i latifondisti e che ha
suddiviso la proprietà terriera in lotti troppo piccoli.

4
relazioni di carattere collettivo e socializzante, fino a modificare profondamente i ruoli personali
e gli stili di vita oltre che i modelli di comportamento.
Fino al 1962, in Italia, un lavoratore dipendente poteva lavorare fino a un massimo 200 ore al
mese, secondo la legge per un totale di cinque giornate lavorative di nove ore e un sabato
lavorativo di cinque. Dopo i numerosi scioperi contrattuali del 1969-1970, si è arrivati a 173 ore
mensili per gli operai e gli impiegati. Il lavoro viene straordinariamente semplificato grazie alla
catena di montaggio che sposta il materiale in fabbricazione alle successive stazioni di lavoro,
dove gli operai montano le parti componenti. Con questo sistema gli operai si riducono a ripetere
un grande numero di volte un lavoro abbastanza semplice. Questi gesti ripetittivi e privi di
competenze professionali da una parte fanno diminuire notevolmente i costi di produzione,
dall'altra causano l'alienazione dell'operaio:

Il lavoro stesso non dava alcun aiuto; non richiedeva l'accompagnamento del
pensiero, andava avanti per conto suo tirando le nostre mani perché nella fabbrica
non era possibile fare altro. I discorsi che si facevano erano anch'essi un'abitudine,
sempre gli stessi. Solo quando il lavoro stava per finire e s'aspettava l'uscita pulendo
le macchine e riordinando i posti, si allentavano le smorfie e i discorsi diventavano
diversi, più larghi, anche se solo di due parole.3

Tuttavia, nonostante lo sviluppo industriale, i costumi e la psicologia collettiva sono ancora


influenzati dalla cultura popolare del mondo contadino e da certi valori e rituali tradizionali. I
legami di parentela, le reti di solidarietà familiare, la raccomandazione del parroco o del notabile
di turno, la proverbiale arte di arrangiarsi e la ruvida furbizia ereditata dalla gente di campagna, il
controllo sociale esercitato dal vicino continuano a condizionare la vita e i modelli di
comportamento individuali. In quegli anni, in sostanza, in Italia è in atto una trasformazione per
certi aspetti rivoluzionaria sul piano strutturale, ma assai più circoscritta sul piano culturale e
sociale.

5. VITTORINI E LA SUA PROPOSTA DI UNA LETTERATURA LEGATA


ALL’INDUSTRIA
Il primo intellettuale che intuisce il rapporto tra letteratura e realtà industriale è Vittorini. Fonda
con Calvino la rivista Il menabò di letteratura e, nel numero 4 del 1961, dedica tutto lo spazio al
legame tra industria e cultura. Secondo Vittorini la letteratura ritarda a seguire la nuova situazione

3
Volponi, P. (1991). Memoriale. Torino: Einaudi., p. 112.

5
sociale nata con lo sviluppo industriale del paese, inoltre ritiene che la letteratura non debba
restare ai margini della vita nazionale né limitarsi a descrivere la fabbrica moderna, bensì che
debba esaminare gli intensi cambiamenti antropologici generati dallo sviluppo industriale per poi
rappresentarli. Lo scrittore dovrebbe cambiare la prospettiva da cui guarda il mondo e utilizzare
nuove tecniche e linguaggi adatti alla realtà industriale:

I significati di una realtà dipendono dagli effetti infiniti che si producono in essa a
partire da una certa causa. (...) E la realtà industriale è dal mondo degli effetti
messo in moto a mezzo delle fabbriche che può prendere i significati suoi. Poco
importa che il mondo delle fabbriche sia un mondo chiuso. La verità industriale
risiede nella catena di effetti che il mondo delle fabbriche mette in moto. E lo
scrittore, tratti o no della vita di fabbrica, sarà a livello industriale solo nella misura
in cui il suo sguardo e il suo giudizio si siano compenetrati di questa verità e delle
istanze (..) ch'essa contiene.4

Sostiene che l'indagine letteraria della vita industriale “doveva portarci presto o tardi a
raccogliere testi che ci consentissero di vedere a qual punto le ‘cose nuove’ tra cui oggi viviamo,
direttamente o indirettamente, per opera dell'ultima rivoluzione industriale abbiano un riscontro
di ‘novità’ nell'immaginazione umana”5. Con le sue tesi Vittorini fa nascere un vivo dibattito
tanto che al numero successivo della rivista partecipano Italo Calvino, Umberto Eco e Franco
Fortini. Con degli articoli volti a “valutare quanto la rivoluzione industriale avesse modificato
l'immaginario letterario e cioè quell'insieme e apparato di segni (...) che convenzionalmente viene
definito ‘letteratura’”6. Calvino ritiene che lo scrittore non debba solo rappresentare la
scompigliata situazione dei rapporti umani e sociali che si è creata, ma impegnarsi a cercarne le
vie di uscita. Eco ritiene che si debba trovare una risposta alla necessità di un nuovo linguaggio e
conferma che l'ottica della nuova letteratura deve essere l'alienazione causata dalla realtà
industriale. Dunque, si dovrebbe influenzare le scelte stilistiche e formali della letteratura, tesa a
imitare i caratteri del mondo da rappresentare. Franco Fortini si contrappone alle tesi di Eco, è
convinto infatti che la letteratura deve avere un atteggiamento di alterità totale e che perciò non
deve trovare un nuovo linguaggio perché altrimenti diventa complice della realtà industriale
neocapitalistica, nonostante ne debba seguire i cambiamenti sociali nati con il boom economico:

4
Vittorini. E., (1961). Industria e letteratura, in: Volponi, P., (1991). op.cit., p. 227.
5
Ibid.
6
Mariani, G./Petrucciani, M., (1982). Letteratura italiana contemporanea. Roma: Luciano Lucarini
Editore., p. 239.

6
Nonostante il persistere di sacche di arretratezza, l'industrializzazione del
dopoguerra raggiunge rapidamente anche la provincia lombardo-piemontese,
trasformando, con le antiche abitudini di vita, le linee di un paesaggio insieme
geografico e letterario. L'urgenza delle verifiche, anche per quanto riguarda il
problema del rapporto industria-letteratura, tocca non solo le grandi città, ma i
centri più attivi e intraprendenti della provincia.7

Durante gli anni Sessanta questo dibattito viene accompagnato da una produzione narrativa che
descrive il mondo industriale: “il romanzo è il genere letterario sul quale è possibile osservare
alcuni dei più vistosi effetti di questo mutamento” 8. Il primo scrittore che se ne interessa è Ottiero
Ottieri prima con il romanzo Tempi stretti del 1957, poi con Donnaruma all'assalto del 1959. Nel
1962 lo segue Paolo Volponi con Memoriale. I due scrittori, infatti, lavorano presso l'Olivetti,
un'importantissima azienda nel campo della produzione di macchine da scrivere, e le storie dei
loro romanzi sono ambientate proprio in questa fabbrica. Volendo instaurare un rapporto nuovo
tra letteratura e lavoro, il presidente dell'azienda Adriano Olivetti concepisce un progetto
ambizioso in base al quale inserisce gli intellettuali nel mondo industriale:

Ivrea, in particolare, trova nell'Olivetti l'impegno di una politica industriale attenta


alla dimensione culturale, all'integrazione fra vita della fabbrica e apporto degli
intellettuali, ad un'elaborazione di principi teoretici che coinvolgano la società e
l'ambiente. Le linee di questo progetto sono ampiamente svolte negli scritti di
Adriano Olivetti (1901-60), presidente della società e figlio primogenito del suo
fondatore.9

Nel 1953 la Finmeccanica promuove la rivista Civiltà delle macchine, alla quale collaborano i
maggiori artisti e scrittori del tempo. A questo fervore si aggiunge l'iniziativa della rivista Il
Menabò, diretta da Vittorini e Calvino e concepita sia per fare il quadro della situazione della
letteratura italiana che per contribuire al suo rilancio. In Italia la cultura umanistica e quella
scientifica sono sempre state distinte e tenute separate, quindi diviene impellente la necessità di
abbattere il muro che le divide. Gli intellettuali giovani e aperti devono superare questo divario

7
Zaccaria, G. (1991). Ivrea e Vigevano: la letteratura industriale, in: Volponi, P. (1991). Memoriale,
Torino: Einaudi., p. 227.
8
Mariani, G./ Petrucciani, M. (1982). op.cit., p. 239..
9
Zaccaria, G. (1991). op.cit., pp. 227-228.

7
per adeguarsi alla cultura della modernità. Al fianco di Ottieri e Volponi ci sono altri intellettuali
come Franco Fortini, Geno Pampaloni, Carlo Brizzolara e Giovanni Giudici, tutti impegnati a
focalizzare i problemi dell'individuo nel contesto sociale. Nel 1945 Olivetti pubblica il volume
L'ordine politico delle comunità, poi nel 1952 Società stato comunità, realizzando così un
progetto dove una nuova comunità riconcilia le istanze opposte del socialismo e del capitalismo.
L'intento di Olivetti è di tutelare la dignità dell'uomo nella sua integrità. Queste pubblicazioni
stimolano non solo importanti iniziative culturali ma anche miglioramenti delle condizioni
igienico-sanitarie della fabbrica, tesi a rendere l'ambiente più vivibile, a integrarlo con l'edilizia
circostante e a proteggere in modo maggiore gli operai e le loro famiglie. 10
Poi ci sono scrittori che non collaborano strettamente con Olivetti che tuttavia esprimono la loro
visione critica e problematica del mondo industriale, come Goffredo Parise nel romanzo Il
padrone in cui mette in evidenza l'alienazione dell'individuo nel mondo industriale o ancora
Lucio Mastronardi che con i romanzi Il calzolaio di Vigevano (1959), Il maestro di Vigevano
(1962) e Il meridionale di Vigevano (1964) mostra gli squilibri sociali nati nella provincia
lombarda dal sorgere dei numerosi calzaturifici. Vittorio Sereni nella poesia Una visita in
fabbrica descrive l'ambiente lavorativo come una sorta di crudele prigione. Primo Levi ha un
atteggiamento diverso e, con la raccolta di racconti Il sistema periodico, rappresenta il tentativo
di rappacificare la cultura scientifica con quella umanistica.

6. LA NUOVA POETICA
In questi romanzi emerge la contrapposizione fra due concezioni della realtà, quella
razionalistica, pianificata e scientifica del narratore, che prende in considerazione l'individuo del
lavoratore solo in funzione delle sue capacità produttive, e quella dell'operaio proveniente da una
cultura contadina che stenta a comprendere questa nuova logica e non riesce ad accettarla, poiché
è abituato a ritmi di vita e a rapporti diversi. Emerge anche la secolare diffidenza dei contadini nei
confronti della parola scritta, considerata una trappola tesa dal potere cittadino agli analfabeti e ai
meno colti. Inoltre viene descritto l'ambiente della fabbrica moderna, che da una parte, a
differenza di quella ottocentesca, si prende cura del benessere degli operai e ha un apparato
organizzato ed efficiente per proteggere la loro salute; dall'altra invece li imprigiona in un sistema

10
Adriano Olivetti costruisce nel 1959 l'edificio della mensa aziendale per rendere confortevole la pausa
per il pranzo degli operai e impiegati. Fa costruire un grande edificio per permettere di servire
contemporaneamente 2500 pasti. Nel suo stabilimento a Pozzuoli pone una grande cura, facendo attenzione
e rispetto per il paesaggio e la realtà locale. Infatti, tutti i lavoratori possono vedere un po di cielo e di
paesaggio circostante, e nessuno di loro è più lontano di sei metri dalla luce naturale del sole.

8
produttivistico alienante, trasformandoli in oggetti sprovvisti di individualità e di libertà, come
fossero le appendici delle macchine. La narrazione dal punto di vista del lavoratore ha una grande
forza di penetrazione critica e conoscitiva. Spesso, dopo un periodo di smarrimento e di
resistenza iniziali, i protagonisti vengono completamente assorbiti dagli ingranaggi del sistema,
per poi trasformarsi in oggetti, in cose. Il padrone, colui che detiene il potere economico, viene
considerato come un essere superiore, supremo, crudele e inaccessibile; ed è a lui che deve
sempre uniformarsi e adeguarsi la volontà dell'individuo, schiacciato e annullato. L'alienazione e
la meccanicità del lavoro industriale vengono interiorizzate dal personaggio del lavoratore che
finisce per perdere la propria individualità e per ridursi a una cosa priva di vita propria,
d'interiorità e di autonomia. Il lavoratore spesso diviene un automa, passivo e incapace di
pensare; in un mondo pietrificato e assurdo e dove non esistono scelte alternative, esistono solo
oggetti e non soggetti umani. Spesso il protagonista si convince che l'unica scelta possibile è
quella tra l'essere un oggetto emarginato, distrutto e abbandonato dal sistema oppure un oggetto
funzionante che si asserve alle richieste disumane del sistema. Il personaggio modello è l'operaio
che sorveglia diligentemente il funzionamento della macchina e riesce a sventare il pericolo di
una catastrofe con abilità e prontezza diventando così l'emblema dell'ordine imposto
dall'intelligenza al caos della realtà. L'operaio vive la vittoria sul pericolo come una cosa semplice
e banale, per lui è importante solo svolgere bene il proprio lavoro, dopo il quale può compiere
gesti abituali. Il sistema fa accumulare velocemente ricchezza, concentrandola però nelle mani di
persone spregiudicate e intraprendenti, tanto da trasformare le abitudini della provincia. Emerge
così una nuova classe, quella dei ricchi industriali, arroganti e presuntuosi:

C'è da chiedersi quale rapporto intercorra fra queste opere e l'ideologia della
fabbrica, come risulta dagli scritti e dai programmi di Adriano Olivetti. In che
misura, in altri termini, il volontarismo riformatore si concilia con il carattere
critico di opere che mettono in evidenza, preferibilmente, l'aspetto disumano e
contraddittorio del mondo del lavoro, con il duro prezzo che occorre pagare alle sue
conquiste. Il limite, difficile da percepire, dovrebbe essere cercato nella linea sottile
in cui la scoperta del male si trasforma in un rifiuto radicale dei valori che lo
producono, oppure lo addita per favorirne i rimedi.11

Il romanzo che apre la cosiddetta ‘letteratura industriale’ è Tempi stretti di Ottiero Ottieri. Vi è
rappresentata la realtà industriale di Milano, le sue ripercussioni nel paesaggio urbano e nelle

11
Zaccaria, G. (1991). op.cit., pp. 231.

9
campagne invase dalle periferie, e le sue conseguenze nella vita degli individui, come la
solitudine, le nevrosi e la depressione. Donnarumma all'assalto di Ottieri si ispira all'esperienza
lavorativa dello stesso autore come psicologo inviato in una fabbrica recentemente aperta.
L'iniziale esaltazione per questo nuovo incarico lascia presto spazio ai dubbi e alle delusioni, a
conferma che l'intellettuale, con il suo diverso incarico, non riesce a rappresentare autenticamente
la condizione operaia. Il momento più significativo del romanzo è l'incontro con Donnarumma,
quando si rifuta di capire che può ottenere il lavoro solo presentandone la domanda. Nel suo
comportamento troviamo la rabbia per l'ancestrale condizione di miseria e di ingiustizia sociale.
Anche Volponi con il romanzo Memoriale ci presenta un conflitto di civiltà e di cultura, il
conflitto “fra la mentalità arcaico-contadina e quella moderno-industriale” 12. L'io narrante è un
contadino che, dopo l'esperienza della guerra e della prigionia, diventa operaio. Il conflitto è
presente in più luoghi nel romanzo, formando un'omologia simbolica che si inserisce nel tema più
generale della malattia come una condizione applicata all'universo concentrazionario della
fabbrica. Il rapporto lavoro-salute, ritenuto importante dal protagonista perché fonte di stabilità e
di sicurezza, svanisce davanti alla progressiva scoperta dell'alienazione, della natura nemica degli
uomini e dei luoghi.
Lucio Mastronardi nel suo Calzolaio di Vigevano considera il processo di industrializzazione
attraverso gli effetti risentiti dal personaggio e dal tessuto sociale. La dinamica economica viene
osservata attraverso le conseguenze subite dal protagonista e la sua identificazione con la ‘roba’.
Nel Maestro di Vigevano la prospettiva passa dalla terza alla prima persona e il protagonista non
è più un operaio ma un maestro che si ritrova in un mondo sclerotizzato dalle ipocrisie e dai
pregiudizi, dove l'ambiente scolastico è giudicato in modo caricaturale e negativo, e dove regna
una meschinità che non lascia spazio alla formazione e alla cultura. Il protagonista, soggiogato
dalla rabbia e paralizzato dall'impotenza, non riesce a trovare la via della liberazione né del
riscatto, anzi retrocede in uno stato infantile fino ad alienarsi del tutto con gesti assurdi e
soluzioni grottesche. Giuseppe Zaccaria trova che c'è molto di pirandelliano nel suo
comportamento: “il guardarsi allo specchio, ad esempio, o la scoperta dell'estraneità alla
pronuncia del proprio nome; l'idea di pensare agli altri – qui ai superiori – nei gesti più comuni e
volgari dell'esistenza, per ristabilire un illusorio ‘equilibrio interiore’” 13. Il meridionale di
Vigevano conclude questa trilogia affrontando sia il problema dell'industrializzazione che
dell'emigrazione.

12
Ivi, p. 230.
13
Ivi, p. 233.

10
Goffredo Parise osserva, nel suo romanzo Il padrone, il percorso di un giovane provinciale che si
inserisce progressivamente nella grande città e nel mondo della produzione. Il romanzo si
sviluppa nei toni di una favola allegorica. Dopo un iniziale periodo di smarrimento e di
resistenza, il protagonista si lascia completamente assorbire dagli ingranaggi del sistema,
diventando un puro oggetto. Questo processo è accelerato dalla frequentazione della famiglia del
padrone, incarnazione del male, vista come una divinità infallibile e onnipotente.
Il sistema periodico di Primo Levi è una raccolta di racconti in cui si incontrano due figure,
quella letteraria e quella tecnico-scientifica. L'operaio sorveglia diligentemente il funzionamento
della macchina e riesce a sventare il pericolo di una catastrofe, così da diventare l'emblema
dell'ordine imposto dall'intelligenza al caos della realtà.

7. CONCLUSIONE
Il boom economico degli anni Sessanta produce una nuova rivoluzione industriale e il paese vive
una nuova realtà, caratteristica dei paesi moderni e sviluppati. Il progresso economico e
industriale non cambia radicalmente solo le condizioni materiali della vita degli uomini, ma
anche i rapporti sociali, i comportamenti e la mentalità. Questo fa cambiare la cultura e la
letteratura, che, come sempre, si adatta al contesto in cui nasce. Gli scrittori capiscono che
devono cambiare la prospettiva da cui guardano il mondo e utilizzare nuove tecniche e linguaggi
adatti alla realtà industriale. La figura letteraria presente nei romanzi di questo periodo è il
lavoratore prigioniero di un sistema produttivistico alienante che lo trasforma in oggetto
sprovvisto di individualità e di libertà. Finisce per perdere la sua individualità e diventare un
automa, passivo e incapace di pensare.

LETTERATURA
Altarocca, C. (1972). Goffredo Parise. Firenze: La Nuova Italia.
Belpoliti, M. (1998). Primo Levi. Milano: Bruno Mondadori.
Levi, P. (2005). Il sistema periodico. Milano: Einaudi.
Mariani, G., Petrucciani, M. (1982). Letteratura italiana contemporanea. Roma: Luciano
Lucarini Editore.
Mastronardi, L. (2005). Il calzolaio di Vigevano. Milano: Einaudi.
Mastronardi, L. (2005). Il maestro di Vigevano. Milano: Einaudi.
Mastronardi, L. (2005). Il meridionale di Vigevano. Milano: Einaudi.

11
Ottieri, O. (2012). Tempi stretti. Matelica: Hacca.
Ottieri, O. (2004). Donnaruma all'assalto. Matelica: Hacca.
Parise, G. (2011). Il padrone. Milano: Adelphi.
Petroni, P. (1975). Invito alla lettura di Goffredo Parise. Milano: Mursia.
Procacci, G. (2001). Storia del XX secolo. Milano: Mondadori.
Prosperi, A., Viola, P. (2000). Storia moderna e contemporanea. Torino: Einaudi.
Volponi, P. (1991). Memoriale. Torino: Einaudi.
Vincenti, F. (1987). Invito alla lettura di Primo Levi. Milano: Mursia.
Vittorini, E. (1961). Industria e letteratura. in: Volponi, P. (1991). Memoriale. Torino: Einaudi.
Zaccaria, G. (1991). Ivrea e Vigevano: la letteratura industriale, in: Volponi, P. (1991).
Memoriale. Torino: Einaudi.

INDUSTRIJA, EKONOMSKI BUM I NOVA ITALIJANSKA KNJIŽEVNOST


Rezime
Pedesetih i šezdesetih godina prošlog stoljeća Italija živi novu industrijsku revoluciju koja stvara
novu realnost, karakterističnu za moderne i razvijene zemlje. Italijansko ekonomsko čudo je
period jakog ekonomskog rasta i tehnološkog razvoja. Ekonomski i industrijski napredak mijenja
materijalne uslove života ljudi kao i društvene odnose, ponašanje, mentalitet. I književnost se
prilagođava društvenim promjenama. Elio Vittorini, Italo Calvino, Umberto Eco i Franco Fortini
shvataju da književnost mora slijediti društvene promjene nastale ekonomskim bumom.
Protagonisti romana ovog perioda, nakon perioda početne izgubljenosti i otpora, bivaju u
potpunosti uvučeni u sistem, da bi se onda pretvorili u predmete, stvari. Alijenacija i mehaničnost
industrijskog posla bivaju interiorizirani od strane lika radnika koji na kraju gubi svoju
individualnost i svodi se na objekat lišen vlastitog života, interiornosti i autonomije.

Ključne riječi: razvoj, konzumizam, teritorijalni rascjep, migracijski tokovi, alijenacija

Mirza Mejdanija
Filozofski fakultet Univerziteta u Sarajevu
mejdanijam@yahoo.com

12

Potrebbero piacerti anche