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GIUSEPPE UNGARETTI

Nasce il 10 febbraio 1888 ad Alessandria


d’Egitto da genitori lucchesi, trasferiti in Africa
per lavorare alla costruzione del canale di Suez.
A due anni il poeta subisce il primo lutto in
famiglia: la morte del padre. Il periodo egiziano
lascia nella mente dello scrittore ricordi esotici,
uniti a esperienze giovanili di consolidate amicizie, come quella
con il compatriota Enrico Pea, fondatore del circolo anarchico la
Baracca Rossa. Nel 1912 Ungaretti si trasferisce a Parigi : studia
per due anni alla Sorbona, segue le lezioni di filosofia ma non si
laurea. Frequenta gli ambienti dell’avanguardia, venendo a
contatto con Apollinaire, Ricasso, Braque, e con gli italiani De
Chirico, Modiglioni, Soffici, Papini, Palazzeschi, Martinetti e
Boccioni. Ritornato in Italia nel 1914. Questo è il periodo in cui
inizia la sua poetica. Allo scoppio della guerra, è attivo come
interventista, si arruola come volontario ed è mandato a
combattere sul fronte del Carso. Questa esperienza in trincea
spinge Ungaretti a una profonda riflessione sull’effimera
condizione umana e sul valore della fratellanza tra gli uomini.
Nasce quindi in mezzo ai morti la sua prima raccolta (Il porto
sepolto,1916).Dal 1918 al 1921 vive a Parigi, lavora presso
l’Ambasciata italiana ed è corrispondente per il giornale fascista il
“ Popolo d’Italia”. Durante il suo soggiorno francese pubblica con
Vallecchi la prima edizione di Allegria di Naufragi (1919). A
causa della precaria condizione economica, nel 1912 si trasferisce
vicino Roma, a Marino, e viene impiegato al Ministero degli
Esteri. Questo è l’anno in cui esce la nuova edizione de l’
Allegria: il volume pubblicato a La Spezia ha come titolo Il Porto
Sepolto e reca la prefazione di Benito Mussolini. Nel 1925,
Ungaretti firma il Manifesto degli intellettuali fascisti. Dopo un
periodo di lavoro come corrispondente della “ Gazzetta del
Popolo”, che lo vede impegnato in diversi viaggi all’estero, nel
1936 è chiamato in Brasile a insegnare letteratura italiana
all’Università di San Paolo. Durante il soggiorno americano, il
poeta, che in pochi anni aveva visto la morte della madre e del
fratello, è ora colpito da un lutto ben più grave, la morte del figlio
di nove anni. A questo tragico evento sono dedicati molti dei versi
raccolti nella prima parte de Il dolore, in cui l’uomo ungarettiano
lotta per conservare la fede di fronte agli imperscrutabili disegni
divini. Nel 1942, a causa del conflitto mondiale, ritorna in Italia:
gli sono conferiti il titolo di Accademico d’Italia e la cattedra di
Letteratura italiana moderna e contemporanea all’ Università di
Roma. Alla fine della guerra, dopo una serie di difficoltà legate al
suo collaborazionismo con il regime fascista, è confermato
docente universitario. La poesia di Ungaretti presenta dunque uno
svolgimento di contenuti e di forme articolato nelle seguenti
raccolte:Il Porto sepolto (1917), Allegria di naufragi (1919),
Sentimento del tempo(1933), Il dolore (1947), e i frammenti La
Terra promessa(1950), Un grido e paesaggi (1952), Il taccuino del
vecchio (1960) e Vita di un uomo (1969).Ungaretti termina cosi la
sua opera letteraria, un anno prima della sua scomparsa, muore a
Milano nel 1970.

IL PORTO SEPOLTO.
La prima raccolta, Il porto sepolto(1916), contiene le poesie scritte
sul fronte di guerra, in trincea, su pezzi di carta occasionali,
conservati dal poeta nello zaino. Il titolo, ha soprattutto un
significato simbolico: Il porto sepolto è il mistero, l’assoluto, alla
cui ricerca il poeta si pone con la speranza di approdarvi come in
un porto di pace.

L’ALLEGRIA.
Il nome della raccolta indica la gioia del sopravvissuto alla
tempesta, di colui che, avendo visto la morte vicina, sa apprezzare
la vita. Ungaretti è dunque il poeta delle emozioni forti,che
richiedono un’immediatezza espositiva, giocata sull’impiego di
analogie e sulla rottura delle regole della metrica tradizionale.
Successivamente, le liriche di Il porto sepolto confluiscono nella
raccolta Allegria di naufragi(1919) che poi diventerà
l’Allegria(1932). Anche questo titolo è allusivo: la guerra è come
un naufragio della vita; i superstiti del naufragio sono presi da una
sorta di ebbrezza per lo scampato pericolo e superano lo sgomento
e il dolore con la fede e la speranza di un domani migliore. Le due
raccolte contengono in gran parte le impressioni della Prima
Guerra Mondiale: il sentimento dell’attaccamento alla vita, che
spinge il poeta a scrivere lettere piene d’amore, quando è costretto
a passare un’intera nottata vicino a un compagno massacrato(
Veglia); il cuore impietrito dal dolore, divenuto simile alla pietra
refrattaria del San Michele, indurita dal sole( Sono una
creatura);il cuore ancora più straziato delle case sbriciolate dalla
guerra, per la morte di tanti che gli corrispondevano(San Martino
del Carso); il sentimento della precarietà della vita: Si sta come/
d’autunno/sugli alberi/le foglie (Soldati) ; il sentirsi docile fibra
dell’universo(I Fiumi), quando, durante un momento di poesia
della guerra, il poeta si bagna nelle acque dell’Isonzo e ricorda
altri fiumi(il Serchio,il Nilo, la Senna); infine il disperato anelito a
un paese innocente(Girovago), di uomini degni, liberi e fraterni.
In contrasto con la retorica dannunziana e nazionalistica, Ungaretti
sente la guerra non come un’occasione di eroismo o di
esaltazione patriottica, ma come una fatalità ineluttabile che si
abbatte sull’umile e povera gente d’Italia, la quale la subisce con
virile rassegnazione, con semplicità di gesti e di parole, perché la
guerra restituisce l’uomo alla condizione di creatura fragile e
indifesa. Ungaretti vuole esprimere questa condizione umana, che
è anche la sua, di combattente diseroicizzato, e lo fa in poesie
brevi, a volte brevissime, ridotte a semplici notazioni, ma
estremamente dense di significato, poesie da meditare, non da
declamare, contenenti impressioni fulminee, profonde. E per
esprimere queste impressioni, frutto di una scelta etica di fronte
alla guerra, che lo colloca dalla parte della sofferenza, il poeta
rinuncia alla retorica, ai metri e ai versi tradizionali , avvalendosi
di versi liberi, di parole semplici, essenziali, scavate, ricondotte
alla loro primitiva purezza e freschezza. Egli ricorre, inoltre, ai
mezzi tecnici escogitati già dai simbolisti e dai futuristi:
l’accostamento paratattico, l’abolizione della punteggiatura,
l’impiego di spazi bianchi e di pause, i titoli suggestivi ed evocati,
l’uso dell’analogia e della sinestesia per congiungere velocemente
sensazioni e sentimenti diversi. Terminata la guerra, Ungaretti
continua la sua meditazione sulla poesia e sulla condizione
dell’uomo. La prima lo porta al recupero dell’endecasillabo e del
settenario. Tale scelta, tuttavia, non si riduce ad una pura
esercitazione stilistica e metrica, ma risponde all’esigenza morale
del poeta di comunicare agli uomini le sue arcane scoperte, di
essere, insomma, il poeta”veggente”,teorizzato dai simbolisti.

IL SENTIMENTO DEL TEMPO.


Quanto alla meditazione sulla condizione dell’uomo, il titolo della
nuova raccolta , Sentimento del tempo,è allusivo: significa
sentimento del veloce correre del tempo, del rapido fluire delle
cose, delle persone amate, che produce, per contrasto, la nostalgia
del passato e un più tenace attaccamento alla vita. Ma accanto al
fluire delle cose appare l’altro tema della raccolta, il sentimento di
Dio, in cui si placa l’angoscia esistenziale del poeta. Per giudizio
unanime della critica le poesie contenute ne l’Allegria e nel
Sentimento del tempo sono tra le più suggestive di Ungaretti. Le
poesie raccolte in Il dolore furono scritte dal 1940 al 1946 e
traggono origine da due esperienze del poeta: la prima personale e
individuale ( la morte del figlio), l’altra universale,la tragedia della
Seconda Guerra Mondiale, che ispira al poeta un messaggio
d’amore e di solidarietà tra gli uomini(Non gridate più…). Le
altre raccolte − La Terra promessa( 1950), Un grido e
paesaggi(1952) e il Taccuino del vecchio(1960) − trattano ancora i
temi del dolore, del tempo, di Dio, ma la sincerità dell’ispirazione
è sorvegliata da una compiaciuta letterarietà di forme. Un cenno a
parte merita La Terra promessa , una raccolta di liriche che
dovevano costituire un poema, un libretto d’opera che però non fu
condotto a termine. Il tema era la storia del viaggio avventuroso di
Enea. Del progetto restano solo alcuni frammenti, come i Cori che
descrivono gli stati d’animo di Didone, e contengono le
meditazioni sulla morte, sul tempo e sull’amore. Ungaretti, la cui
fama fu dapprima ristretta negli ambienti della critica, è oggi
considerato uno dei più grandi poeti contemporanei. Egli è stato il
dissolvitore del linguaggio poetico tradizionale e il creatore di un
linguaggio poetico nuovo, meglio aderente al sentimento del
poeta e alla disincantata vita moderna. Il recupero
dell’endecasillabo e del settenario in Sentimento del tempo, dopo
l’esperienza innovatrice dell’ Allegria dà un connotato preciso alla
sua posizione che è quella di un “ classicismo moderno” di una “
avanguardia nella tradizione”. Questo spiega il suo amore per il
Petrarca ed il Leopardi, da lui considerato come il punto d’avvio
di ogni poetica. In questa sintesi tra antico e moderno egli supera
il disgregamento psicologico e formale dei simbolisti e dei
futuristi e conserva un posto di rilievo nella storia della poesia
contemporanea.

VEGLIA

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato


tanto
attaccato alla vita.

Qui la guerra è vista nella sua tragica ed assurda disumanità, in


modo del tutto opposto alle celebrazioni retoriche dei futuristi, che
la chiamarono “sola igiene dei popoli” (Martinetti), di
D’Annunzio e degli interventisti.
Veglia è scritta con la tecnica consueta di Ungaretti, volta alla
ricerca della parola scarnificata, essenziale, pura o assoluta,
immune cioè dalle incrostazioni del linguaggio convenzionale.
Ungaretti spesso spiegò la ragione di tale ricerca. “Stando tra i
morti egli scrisse non c’era tempo: bisognava dire delle parole
decise, assolute, ecco allora questa necessità di esprimersi con
pochissime parole, di liberarsi della retorica, di non dire quello che
era necessario".
La poesia indica la ragione della veglia notturna del poeta.

Per un’intera nottata buttato(come uno straccio) accanto ad un


compagno massacrato, con la bocca deformata rivolta verso il
plenilunio, e con le mani congestionate, impresse nel silenzio
assorto della mia anima( col gesto disperato di aggrapparsi alla
vita), ho scritto lettere piene d’amore(mosso da un incoercibile
bisogno di affetto). Mai(come in quel momento) davanti all’orrore
della morte violenta) ho sentito un più intenso attaccamento alla
vita(un attaccamento, si badi, non egoistico, ma sentito come
protesta contro la guerra, come proclamazione del diritto di tutti
gli uomini alla vita).Il plenilunio verso cui è rivolta la bocca del
compagno massacrato, è il simbolo della dolcezza e della bellezza
della vita. E’ questo uno dei testi dell’Allegria più intensamente
caratterizzato in senso espressionistico. Ciò si deve soprattutto alle
scelte lessicali, violentemente cariche e deformanti(buttato -
massacrato – digrignato – congestione – penetrata). Fra l’altro i
termini più forti hanno spesso una posizione rilevata nel verso( tre
dei cinque esempi ora fatti sono isolati in un unico verso). Vi è
infine una notevole insistenza su alcuni suoni(in particolare la
desinenza –ata/ato).

SOLDATI

Si sta come
d’autunno
su gli alberi
le foglie.

In questa brevissima lirica, il tema è ancora la guerra, vista nella


sua tragica vicenda di dolore e di morte.
Il poeta, che ha visto morire tanti compagni durante i
combattimenti, ha voluto rappresentare l’estrema precarietà della
vita dei soldati veramente sospesa a un esile filo, evidenziandola
con un paragone efficacissimo.

I soldati(nella loro condizione di essere esposti quotidianamente ai


rischi della guerra) sono simili alle foglie d’autunno sugli alberi, le
quali al più lieve soffio di vento si staccano dai rami e cadono per
marcire nel terreno.
L’analogia è espressa in pochi versi, brevi, essenziali, dal tono
epigrammatico, per fare meglio risaltare l’inesorabile destino di
morte che grava su ogni combattente.

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Le cause che diedero origine alla Prima Guerra Mondiale furono


quattro:
1. la causa politica: i contrasti tra gli Stati
In Europa esistevano molti territori:
a) la Francia voleva sottrarre alla Germania l’Alsazia e la
Lorena;
b) l’Italia voleva liberare Trento e Trieste dal dominio
dell’impero austro-ungarico;
c) Austria, Italia e Russia, volevano espandersi nella zona dei
Balcani.
Alla vigilia della guerra l’Europa era divisa in due
schieramenti:
a) la Triplice Alleanza che comprendeva Germania,Austria e
Italia;
b) la Triplice Intesa che comprendeva Francia, Gran Bretagna
e
Russia.

2. la causa militare: la corsa al riarmo


le grandi potenze europee, la Germania, soprattutto, da anni
si preparavano alla guerra dotandosi di grandi armamenti.

3. la causa economica: la gara tra le potenze industriali


Tra le potenze industriali si era scatenata una gara economica
e commerciale sempre più dura.
4. la causa militare: si diffonde un giudizio positivo sulla
guerra.
Parte dell’opinione pubblica credeva nella guerra, l’unica
possibilità di combattimento della situazione sociale e
politica.

La scintilla che innescò la prima guerra mondiale fu l’assassinio


dell’arciduca Francesco Ferdinando, che avrebbe dovuto
succedere sul trono dell’Austria-Ungheria al vecchio imperatore
Francesco Giuseppe. L’attentato fu opera di uno studente
nazionalista serbo e avvenne a Sarajevo,in Bosnia, il 28 giugno
1914. Per ritorsione l’Austria attaccò la Serbia un mese più tardi;
il 1° agosto l’alleata Germania dichiarò guerra alla Russia, e due
giorni dopo alla Francia. In realtà la Germania cercava di
accelerare la guerra, convinta che le potenze dell’Intesa fossero
ancora impreparate, I suoi piani militari predisposti fin dal 1905,
prevedevano di battere prima la Francia e, in un secondo tempo, la
Russia. La speranza di poter combattere sempre su un solo fronte
non si realizzò, ma non fu l’unico calcolo sbagliato dei Tedeschi:
essi credevano che l’Inghilterra non sarebbe entrata in guerra.
Invece, non appena l’esercito tedesco invase il Belgio, nazione
neutrale, l’Inghilterra dichiarò guerra alla Germania (4 agosto). Il
suo intervento fu decisivo, la sua forza sui mari servì a isolare gli
Imperi centrali, i cui porti non potevano più essere riforniti di
materie prime e derrate alimentari. Per contro, le navi inglesi
rifornivano incessantemente gli alleati dell’Intesa. In un primo
momento sembrò che la guerra lampo prevista dalla Germania
potesse realizzarsi. Dal Belgio neutrale i Tedeschi penetrarono
rapidamente in territorio francese, avvicinandosi a Parigi. L’epica
battaglia della Marna(6-12 settembre 1914), che vide lo scontro
di ben due milioni di soldati, fermò però l’avanzata dei Tedeschi,
costringendoli ad arretrare. La guerra di movimento era finita,
mentre iniziava la guerra di posizione: 800 chilometri di
trincea,lungo i quali Francesi e Tedeschi continuarono la loro
opera quotidiana di distruzione del nemico. In Estremo Oriente la
Germania, attaccata dal Giappone(alleato dell’Inghilterra), aveva
perso i suoi presidi coloniale in Cina, dove ora l’imperialismo
giapponese poteva espandersi incontrastato. I Tedeschi avevano
più successo, invece, sul fronte orientale europeo, grazie anche
alla disorganizzazione dell’esercito russo, che risentiva della crisi
generale dei domini dello zar. Le difficoltà della Russia
aumentarono quando l’intervento di Bulgaria e Turchia a fianco
degli Imperi centrali la costrinse a combattere su due fronti. A
questo punto( maggio 1915) l’ intervento dell’Italia contro
l’Austria tornò utile alla Russia, perché gli Austriaci dovettero
dividere il loro esercito su due fronti. La maggioranza degli
italiani non volevano la guerra. Erano neutralisti, cioè favorevoli
a una posizione di neutralità, i liberali giolittiani, i socialisti e i
cattolici. Rispecchiando questa maggioranza, il governo italiano
allo scoppio della guerra si era affrettato a proclamare la sua
neutralità, sottolineando che la Triplice alleanza prevedeva un
intervento degli alleati in caso di aggressione, ma non in caso di
attacco, come di fatto era avvenuto. Inoltre, le condizioni
dell’esercito nel 1914 non avrebbero permesso all’Italia di
affrontare una guerra. Già allora, i liberali di destra e i
nazionalisti imperialisti, appoggiati dai proprietari di industrie
belliche, erano interventisti, cioè favorevoli a un intervento che
garantisse all’Italia conquiste territoriali. A favore di un intervento
a fianco dell’Intesa si proclamarono anche gli irredentisti,
desiderosi di portare a termine gli obiettivi del Risorgimento
liberando Trento e Trieste. Attivo interventista divenne Benito
Mussolini( il futuro capo del fascismo), espulso dal Partito
socialista, dove militava. Gli interventisti continuavano ad essere
una minoranza in Parlamento e nel Paese, ma erano attivi e si
facevano sentire anche utilizzando i giornali e le radio. Senza
informare il Parlamento, il governo, guidato da Calandra, firmava
il 26 aprile 1915 un accordo segreto con le potenze dell’Intesa,
detto “ Patto di Londra”, col quale si impegnava ad entrare in
guerra entro un mese al loro fianco, con la promessa di ricevere, in
caso di vittoria, oltre a Trento e Trieste, tutta l’Istria, una parte
delle coste della Dalmazia e alcune colonie. Così il 24 maggio
1915 l’Italia dichiarava guerra all’impero austro-ungarico.
Comandate dal generale Luigi Cadorna, le truppe italiane erano
più numerose di quelle austriache, ma anche meno addestrate e
peggio armate. Gli Austriaci avevano inoltre il vantaggio di poter
utilizzare le postazioni alpine, strategicamente più efficaci. A parte
la conquista di Gorizia(agosto 1916), gli Italiani dovettero perciò
per due anni limitarsi a una guerra di trincea, interrotta da
battaglie( ben undici furono combattute sul fiume Isonzo) molto
sanguinose, ma perfettamente inutili dal punto di vista militare,
perché lasciarono la situazione invariata. Questa era d’altronde la
condizione generale di tutti i fronti, dopo le grandi battaglie del
1916. In quell’anno i Tedeschi attaccarono i Francesi a Verdun:
ma dopo quattro mesi di battaglia, costati 600.000 morti, le linee
di frontiera erano rimaste immutate. Per alleggerire l’attacco su
Verdun, Francesi e Inglesi scatenarono un’altra battaglia contro i
Tedeschi lungo il fiume Somme: questa volta in tre mesi morirono
un milione di soldati. Alle grandi battaglie seguiva un’estenuante
guerra li logoramento,combattuta dalle opposte trincee: avrebbe
vinto chi fosse riuscito a sopravvivere più a lungo alla mancanza
di cibo, di uomini validi, di armi e di denaro. Pur non essendo
superiori sul piano militare, le potenze dell’Intesa lo erano su
quello economico. Mentre infatti Germania e Austria erano isolate
dal blocco navale inglese, i loro avversari ricevevano cospicui
aiuti, specialmente dagli Stati Uniti d’America. La guerra si stava
rivelando un ottimo affare per gli USA: essi avevano
quadruplicato le esportazioni di grano in Europa, e le loro
industrie producevano a tutto ritmo per i Paesi dell’Intesa. Per
compiere il blocco navale la Germania lanciò, nel gennaio 1917, la
guerra sottomarina a oltranza: i suoi sottomarini, già in azione da
due anni, avrebbero colpito tutte le navi,a qualunque nazionalità
appartenessero, che portassero merci ai Paesi dell’Intesa. Gli Stati
Uniti, sentendosi minacciati nei loro interessi, nell’aprile del 1917
entrarono in guerra a fianco dell’Intesa. A questo punto la guerra
aveva assunto veramente dimensioni mondiali. L’intervento degli
Stati Uniti giunse nel momento più critico per l’Intesa. Infatti in
Russia, a causa della crisi economica e del profondo malessere
sociale acuiti dalle sconfitte militari, nel febbraio 1917 era
scoppiata una rivoluzione contro lo zar. Abbattuto lo zar, il nuovo
governo comunista nel marzo 1918 firmò una pace separata a
Brest-Litovsk: la Russa si ritirava dalla guerra, facendo ampie
concessioni territoriali alla Germania. L’anno cruciale fu il 1917.
La decisione tedesca di scatenare la “guerra sottomarina” a
oltranza(febbraio) provocò l’intervento degli Stati Uniti(aprile),
che, divenuti la più grande potenza economica del mondo, non
potevano tollerare che fosse ostacolata la “libertà dei mari”,
ovvero il diritto di commerciare liberamente con l’Europa. Il ritiro
della Russia, determinato dal tracollo dello varismo e dalla
rivoluzione bolscevica, consentì agli austro-tedeschi di spostare
truppe sul fronte italiano, che fu sfondato a Caporetto,
sull’Isonzo(ottobre 1917). Dopo aver resistito sul nuovo fronte del
Piave, l’Italia lanciò una controffensiva che portò alla vittoria
finale sull’Austria( Vittorio Veneto, ottobre 1918). Il 4 novembre
l’Austria firmò l’armistizio con l’Intesa; l’11 novembre 1918(resa
della Germania) cessarono tutte le ostilità sul fronte occidentale.
La prima guerra mondiale terminò nel 1918, ma i trattati di pace
furono firmati in cinque diverse località nei pressi di Parigi(una
delle quali fu Versailles)tra il 1919 e il 1920. Il presidente
americano Wilson aveva steso un elenco di quattordici punti che
riassumevano i progetti per la futura politica europea e mondiale,
finalizzati a garantire un’epoca di pace tra gli Stati. Wilson dava
molta importanza all’autodeterminazione dei popoli: ogni nazione
aveva diritto a raggiungere l’indipendenza politica e scegliere la
propria forma di governo. I trattati di pace stipulati a Parigi
rispettarono però solamente in parte questo principio:
 venne riconosciuta l’indipendenza di molti nuovi Stati
europei(Ungheria, Cecoslovacchia, Iugoslavia, Lettonia,
Lituania, Estonia);
 l’Austria perse circa i 7/8 dei territori dell’antico Impero; la
Turchia perse tutti i territori europei, tranne la zona degli
Stretti e la città di Instabul; la Palestina e l’Iraq furono
affidati agli Inglesi; la Siria alla Francia;
 la Germania, con il Trattato di Versailles, venne riconosciuta
quale responsabile della guerra, l’Alsazia e la Lorena
ritornarono alla Francia, che venne anche autorizzata a
sfruttare per 15 anni le miniere della regione tedesca della
Saar; altri territori passarono alla Danimarca e alla Polonia.
Anche l’Italia era scontenta dei compensi territoriali ottenuti
dall’Austria(il Trentino,l’Alto Adige, la Venezia Giulia e
Trieste). Il Primo ministro Orlando e il ministro degli Esteri
Sonnino chiedevano però anche i territori accordati all’Italia
col patto di Londra del 1915(situati in Albania, Dalmazia e
Turchia). Le altre potenze vincitrici ritenevano però che
queste concessioni avrebbero violato il principio
dell’autodeterminazione: l’Italia, cioè, si sarebbe costituita
dalle colonie sul territorio europeo. Pertanto si opposero. Per
protesta, la delegazione italiana abbandonò i colloqui.
Quando tornò al tavolo delle trattative, Francia ed Inghilterra
si erano già spartite le colonie tedesche; l’Italia così non ebbe
alcun vantaggio. Questo fatto causò nel paese grandi proteste.
Nazionalisti e reduci di guerra definirono quella italiana una
vittoria mutilata, incompleta: gli alleati, comportandosi da
traditori, non avevano dato all’Italia quello che avevano
promesso col patto di Londra. L’Europa che uscì dalla prima
guerra mondiale e dalla pace di Versailles non somigliava più
a quella di prima. Tre imperi erano scomparsi(turco,
russo,austro-ungarico);in nome del principio di nazionalità,
sostenuto dal presidente americano Wilson, erano sorti nuovi
stati sovrani(Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Jugoslavia).
E questo mentre in Russia stava nascendo il primo regime
comunista della storia. Sempre per volontà di Wilson fu
istituita a Versailles la società delle Nazioni, un organismo
composto inizialmente da 32 paesi cui spettava il
mantenimento della pace mondiale. In realtà, la Società delle
Nazioni esercitò appena per un decennio la sua funzione di
garante della sicurezza collettiva. Nata già indebolita per la
defezione del paese leader, gli Stati Uniti-il Congresso negò a
Wilson l’adesione- la Società delle Nazioni mostrò tutti i suoi
limiti negli anni Trenta, quando il quadro internazionale
degenerò a causa delle ripercussioni della crisi economica del
’29 e dell’ascesa della Germania hitleriana. La pace anziché
la guerra; la democrazia invece dell’imperialismo e del
militarismo: era questo il sogno wilsoniano per l’Europa del
dopoguerra. Negli anni Venti e Trenta, infatti, si assistette
non all’affermazione dei regimi democratici, ma dei regimi
totalitari(fascismo n Italia, nazismo in Germania, stanilismo
in Unione Sovietica). Il totalitarismo è un sistema politico nel
quale lo Stato, retto da un partito unico e guidato da un “capo
carismatico”(Mussolini, Hitler, Stalin), esercita un controllo
completo,”totale”appunto, su ogni aspetto della società. E’
l’esatto opposto della democrazia, perché non rispetta i diritti
del singolo. Si regge, invece, sul consenso delle masse: per
questo utilizza i moderni mezzi di comunicazione
sociale(radio, cinema, giornali), lo sport, le organizzazioni
giovanili per propagandare le sue parole d’ordine. Nel regime
totalitario, libertà e individualità vengono sacrificate a un
valore assoluto, supremo: per comunismo, la vittoria del
proletariato; per il fascismo, lo Stato; per il nazismo, la
superiorità della razza tedesca. Per tutto l’arco dell’Ottocento
la Russia mantenne la sua caratteristica di paese
prevalentemente agricolo governato da un monarca dispotico,
lo zar. Alla fine del secolo, un grande sviluppo
industriale,sostenuto da capitali stranieri, cambiò il volto
delle grandi città, che si riempirono di masse di operai. In
questo contesto si diffusero le idee marxisiste e si costituì un
partito socialista molto forte(Partito operaio
socialdemocratico russo,1898), caratterizzatola due
correnti:quella dei menscevichi, che intendevano muoversi
sul piano delle riforme sociali e politiche in alleanza con la
borghesia; e quella dei bolscevichi, che individuava nella
rivoluzione lo strumento per liberare la Russia
dall’assolutismo zarista. Nel 1905, lo zar Nicola II concesse
un Parlamento, la Duma. L’aggravarsi delle condizioni di vita
del proletariato e dei contadini durante la prima guerra
mondiale portò alle rivoluzione del febbraio 1917, che vide la
nascita della repubblica retta da un governo provvisorio
appoggiato dalla borghesia. A tale governo legale, si
contrapponeva un “governo di fatto” costituito dai Soviet. Il
nuovo regime si dimostrò incapace di dare al popolo russo
ciò che più desiderava: pace e lavoro. Questa situazione
rafforzò la posizione dei bolscevichi, guidati da Lenin(1870-
1924),che attuarono una s4econda rivoluzione di ispirazione
socialista(la rivoluzione di ottobre)dando inizio alla
repubblica dei Soviet. Nonostante alcuni provvedimenti
molto popolari(come l’abolizione della proprietà privata delle
terre) le elezioni per l’Assemblea costituente segnarono una
sconfitta dei bolscevichi. Lenin sciolse allora con la forza
l’assemblea e impose la dittatura del proletariato. In seguito
si scatenò una drammatica guerra civile(1918-20)vinta alla
fine dall’esercito bolscevico organizzato da Lev
Trockij(1879-1940). La situazione economica e sociale della
nuova repubblica era disastrosa. Ciò indusse Lenin ad avviare
una nuova politica economica attraverso l’introduzione di
piccole forme di libero mercato e di proprietà privata. Alla
morte di Lenin(1924), la lotta per la successione fra Stalin,
segretario organizzativo del partito, e Trockij si risolse a
favore del primo(1925), che in breve tempo acquisì un potere
assoluto grazie all’eliminazione di tutti gli avversari di
partito. Il suo governo impose grandi sacrifici ai russi per
accelerare il processo di industrializzazione, da realizzarsi a
tappe forzate attraverso la realizzazione di piani
quinquennali. L’Unione Sovietica divenne rapidamente una
potenza industriale ma si trasformò sempre più in un paese
totalitario: con il pretesto della lotta di classe, infatti Stalin
eliminò milioni di avversari, in particolare i contadini agiati(i
kulaki) che si opponevano alla collettivizzazione della terra.
Alla fine della prima guerra mondiale, la crisi economica era,
in Italia, particolarmente grave, con la lira pesantemente
svalutata e il dramma di milioni di disoccupati. A impoverirsi
non erano soltanto gli operai, ma anche i ceti medi, che
manifestavano il loro disagio assumendo atteggiamenti
nazionalistici. In questo contesto prese il via un’ondata di
scioperi. Gli operai, chiedevano aumenti salariali e garanzie
contro i licenziamenti, i contadini del Sud e della Pianura
Padana, volevano la riforma agraria. Le agitazioni si
concentrarono tra il 1919 e il 1920(Biennio rosso). Gli agrari
e gli industriali decisero di affidarsi a una nuova forza
politica, il Movimento dei fasci di combattimento, fondato
dall’ex –socialista Benito Mussolini. Nel 1921 Mussolini
giunse in Parlamento e trasformò il suo movimento nel
Partito nazionale fascista. Il 28 ottobre 1922 migliaia di
camice nere marciarono su Roma. In seguito, l’assassinio di
Giacomo Matteotti, il deputato socialista che aveva
denunziato in Parlamento le violenze e le irregolarità
compiute dai fascisti durante le elezioni del 1924, costrinse
Mussolini a rivendicare pubblicamente il diritto di usare la
forza contro chi si opponeva al fascismo. Il fascismo si
trasformava in regime. Attraverso la cosiddette “leggi
fascistissime” Mussolini procedette all’eliminazione di ogni
forma di opposizione politica, alla costruzione della sua
personale dittatura e alla creazione di un consenso di massa.
Per guadagnarsi le simpatie cattoliche, siglò un concordato
con la Santa Sede( Patti Lateranensi, 1929), che chiuse
l’annoso conflitto tra la Chiesa lo Stato apertosi con l’unità
d’Italia. Nell’ottobre 1936 Italia e Germania strinsero un
patto di amicizia(Asse Roma-Berlino), poi rafforzato l’anno
successivo dall’adesione dell’Italia al patto tedesco-
giapponese contro il comunismo internazionale. La disfatta
subita nella prima guerra mondiale gettò la Germania in una
situazione rivoluzionaria: la monarchia fu abbattuta e venne
proclamata la repubblica(novembre 1918). Dal caos politico e
dai disordini sociali nacque una repubblica democratica, che
prese il nome di Repubblica di Weimar. La Repubblica di
Weimar accentuò il suo carattere borghese con il ritorno delle
vecchie classi conservatrici. La situazione generale era
drammatica: l’inflazione aveva raggiunto livelli insostenibili.
La ripresa non resse all’urto della crisi che nel ’29 aveva
travolto l’economia mondiale. La conseguenza più grave fu
politica: l’affermazione del nazismo. Il partito
nazionalsocialista dei lavoratori Tedeschi nacque nel 1920
per iniziativa di Adolf Hitler, un eroe di guerra. Nei mesi
trascorsi in carcere per un fallito colpo di stato nazionalista a
Monaco, aveva lavorato a un libro”La mia battaglia” dove
indicava l’ideologia nazista: lotta al liberalismo, lotta al
bolscevismo;antisemitismo, l’ineguaglianza delle razze,
ovvero la superiorità della razza ariana. Hitler conquistò il
potere con regolari elezioni. Formato il suo governo, Hitler
non perse tempo e in soli 18 mesi edificò lo stato totalitario e
la sua dittatura personale: assunse i pieni poteri divenendo il
Fuhrer(“capo”)del Reich(“stato”), sciolse partiti e sindacati,
istituì una speciale polizia segreta(Gestapo). Durante il
secondo conflitto mondiale, la persecuzione si trasformò in
uno sterminio pianificato, il cui obiettivo era la totale
eliminazione fisica del popolo ebraico(soluzione finale).
Milioni di ebrei morti per la fatica, la fame o nelle camere a
gas. Questa cifra, sommata a quella di coloro che già in
precedenza erano stati uccisi nei ghetti o durante e azioni
delle squadre speciali, portò il numero degli ebrei eliminati
dai nazisti a circa sei milioni di persone. “Nazistissima” la
Germania, Hitler poté dedicarsi alla realizzazione del suo
progetto più ambizioso: la costruzione di un nuovo ordine
europeo dominato dalla Germania. Per compiere questo
nuovo “assalto al potere mondiale”, la strada era una sola: il
riarmo totale.

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