Sei sulla pagina 1di 45

Istituto Comprensivo “F.

Amatuzio-Pallotta” di Bojano
Scuola Secondaria di I grado di Bojano
Classe: 3C (sezione ad indirizzo musicale)
ESAME DI STATO CONCLUSIVO DEL I CICLO DI ISTRUZIONE
ELABORATO

“LE VIE DELLA BELLEZZA”

ALUNNO: Cristiano Di Iorio


Anno Scolastico: 2020/21
INDICE
Premessa..................................................................pag. 3
ITALIANO: G. D’Annunzio - “Il Piacere” ................pag. 6
INGLESE: O. Wilde - “The Picture of Dorian Gray” pag. 12
FRANCESE: La beauté parisienne ….....................pag. 14
ARTE E IMMAGINE: Il preraffaellismo ….................pag. 16
STORIA: La Belle Epoque …....................................pag. 19
MUSICA: La nascita del Can Can,
del Moulin Rouge e l’operetta …..........................pag. 22
GEOGRAFIA: Il lusso di Dubai ….............................pag. 26
ED. CIVICA: Agenda 2030 …..................................pag. 29
TECNOLOGIA: I social media ….............................pag. 33
SCIENZE: Dipendenze e DCA ….............................pag. 35
ED. FISICA: Il doping …............................................pag. 39
PIANOFORTE: Once upon a time in America.......pag. 43
Il mio argomento d’esame verte su “Le vie della bellezza”. Ho scelto
questo argomento perché nel corso di quest’anno scolastico mi hanno
affascinato molto gli studi relativi all’estetismo. Mi è piaciuto come molte
persone percepivano la bellezza in modo diverso nel corso della storia.
Ho visto come i preraffaelliti potevano dipingere il bello, come
D’Annunzio considerava il lusso una cosa bella e mi ha affascinato come
noi oggi percepiamo e mostriamo il bello. Vorrei soffermarmi anche sulla
definizione di bellezza: “La bellezza è un concetto astratto legato
all'insieme delle qualità, percepite tramite i cinque sensi, che suscitano
sensazioni piacevoli e che attribuiamo a elementi dell'universo osservato
(come oggetti, persone, suoni, concetti), che si sente istantaneamente
durante l'esperienza, si sviluppa spontaneamente e tende a collegarsi a
un contenuto emozionale positivo, in seguito a un rapido paragone
effettuato.” Ci sono molti letterati e studiosi che hanno riflettuto su
questo concetto. Con Platone l’idea della bellezza diventa una
categoria letteraria, uno degli approdi più ambiti da coloro che alla
scrittura si dedicano. Ora ci si approssima alla teologia e ai profondi spiriti
religiosi. Agostino da Ippona, che diverrà santo, nel libro IV – capitolo XIII
delle Confessioni domandava al Signore: “Non è vero che noi non
amiamo se non il bello? Ma che cosa è il bello? Che cosa la bellezza?
Che cosa è quello che ci avvince, che ci fa piacere le cose che
amiamo?”. Agostino, che prima aveva amato solo le bellezze inferiori,
chiude gli occhi del corpo e apre quelli dell’anima e solo allora
comincia a scorgere la vera bellezza. In una tradizione che muove da
Platone e, attraverso i secoli, arriva a Bruno, a Montaigne e alla filosofia
del Rinascimento, la bellezza discende dalla nostra capacità di
accrescerla: rintracciarla nelle ore che scandiscono la nostra vita. Un
fiore che rinasce, una giornata di sole, un colore diverso del cielo che
annuncia un tramonto, un sorriso più sentito, una parola colorata in
mezzo a tante parole anonime, un gesto altruista. Le grandi e sofisticate
menti indicano il sentiero della semplicità per trovare il bello, che è
proprio lì accanto a noi ad ogni passo. Così la gioia ci ammanta e,
svelando la bellezza, ci dota di una forma di resistenza alla morte
(Thanatos); un qualcosa che si oppone alla caducità umana e di tutte
le cose. Dobbiamo comprendere e far nostro il pensiero che bellezza e
vita coincidono. Che la vita può essere bellezza se sappiamo osservarla,
nella fattispecie la storia dell’arte ci aiuta: pittori e scultori nel corso dei
secoli hanno cercato di metterci dinanzi agli occhi la “tela” di tutti quei
paradisi che nella dimenticanza abbiamo perduto. Cionondimeno se la
bellezza – che è parte dell’esistente – è una forma di resistenza alla
morte, lo è anche la vita. Goethe, nel Viaggio in Italia, parla della
bellezza che si manifesta nelle stratificazioni della storia come un
qualcosa che può essere percepito nella sua altezza solo se condiviso.
Secondo il tedesco la percezione della bellezza arriva al nostro cuore
solo mediante il veicolo della condivisione umana. Il cardinale
Gianfranco Ravasi, uomo di vastissima cultura e indefesso cercatore di
bellezze, scrisse che la possibilità di creare bellezza è presente anche in
ciò che normalmente viene percepito come brutto: “C’è la possibilità di
creare dalla bruttezza la bellezza quando si scopre il senso ultimo di tutte
le cose”. Una leggenda narra che baciando le labbra di un morente se
ne sugge l’anima. Prima che l’anima voli via la si assorbe e diventa parte
di noi, irrimediabilmente. Tra le primigenie forme di bellezza letteraria si
annoverano i personaggi dei poemi attribuiti ad Omero: l’Iliade e
l’Odissea. L’atto di nascita della letteratura occidentale è gremito di
immagini: ninfe, eroi, divinità. Immaginiamo la bellezza di Penelope
intenta a fare e disfare la sua tela in attesa di Ulisse, la gioia di Telemaco
nel riabbracciare il padre, la bellezza di una vittoria ottenuta dopo
estenuanti battaglie striate di sangue. Nel mondo antico le conquiste e
le vittorie in guerra erano origine di bellezza. Gli eroi omerici altro non
erano che uomini liberi, pronti ad affermare la propria libertà. Questa
navigazione rapsodica, attraverso i secoli, mi pone dinanzi agli occhi la
bellezza ideale di un giovinetto di nome Tadzio: protagonista di Morte a
Venezia, romanzo di Thomas Mann. Nell’opera si celebra la bellezza
ideale mediante gli occhi dello scrittore Gustav “von” Aschenbach,
laddove il giovane finisce per incarnare ai suoi occhi l’ideale di bellezza
classica, grecizzante, alla quale l’artista venuto dal nord da sempre
maggiormente aspira. Nella Recherche di Marcel Proust vi sono
momenti di bellezza estetica irripetibili, gli innumerevoli personaggi
dell’opera recano nelle loro fibre le tracce di quella bellezza superiore
che è impossibile da osservare con gli occhi della carne. Si tratta
dell’essenza delle emozioni. Un grande psichiatra italiano come Eugenio
Borgna, parlando di questo e citando Agostino, scrisse che è possibile
conoscere il numero di capelli che abbiamo ma non è possibile
conoscere il numero delle emozioni, dei sentimenti e dei moti del cuore
che vivono in ciascuno di noi. Un’altra immagine di bellezza di cui
dovremmo far tesoro la dobbiamo a Cèline, un addio tratto dal romanzo
Viaggio al termine della notte. Si parla di bellezza svanita, del valore
della conservazione, della memoria che si oppone al tempo:
“…Se lei non è più bella, ebbene tanto peggio! Ci arrangeremo! Ho
conservato tanto della sua bellezza in me, così viva, così calda che ne
ho ancora per tutti e due e almeno per vent’anni ancora, il tempo di
arrivare alla fine”.
La bellezza che inesorabile passa, diventa memoria e si deposita nella
nostra più profonda natura. Vi è un romanzo dove la bellezza è tutta
interiore, contenuta nelle pieghe dell’animo e nelle pulsazioni del cuore.
È nell’Idiota di Dostoevskij che si palesa la figura di un personaggio di
integerrimo splendore. Il principe Myskin è un uomo di una purezza
d’animo assoluta, di un candore e di una bontà ineguagliabili, una
creatura spiritualmente superiore, tra l’umano e il divino. Invece, attorno
a lui, orbitano personaggi che vivono nelle tenebre e sono animati da
passioni e sentimenti negativi; nei loro confronti il principe svolge
un’azione di conversione e redenzione. Lo sguardo del principe Myskin
è quello di un Cristo del XIX secolo, intento a redimere l’uomo. Ed è
proprio questa la bellezza che ci salverà, che salverà il mondo intero.
Come La Pietà di Michelangelo ben rappresenta: la bellezza che
trabocca dagli occhi della Madonna mentre posa lo sguardo sul figlio
morto.
Gabriele D’Annunzio nacque
a Pescara nel 1863. Nella sua giovinezza, si trasferì in varie città, quali
Roma, Napoli, Firenze, per poi andare in Francia, a Fiume e a Gardone
di Riviera nella vecchiaia. Fu un poeta, scrittore e giornalista. Alcuni
luoghi da lui visitati sono citati nei suoi libri. Ricordiamo Palazzo Zuccari,
dove visse con la Leone e dove ambientò la residenza di Andrea Sperelli
del romanzo “Il piacere”. Quest’ultimo, scritto nel 1888, è il primo
romanzo dannunziano. Dopo aver riscosso un immediato successo, la
figura di Andrea Sperelli diviene subito emblema di un ideale estetico-
decadente. “Il piacere” diviene così l’influenzatore della letteratura
italiana per vari decenni. “Il piacere” fece così da contraltare a tutta
quella tendenza naturalistico-positivista che in quel decennio aveva
preso piede in Italia e che portava alla luce, proprio nello stesso anno,
un altro capolavoro del calibro di Mastro Don Gesualdo di Giovanni
Verga.
Il romanzo si apre quindi a Palazzo Zuccari, dove risiede il conte Andrea
Sperelli, protagonista del racconto che fa della propria vita una miscela
di piaceri e una ricerca alla bellezza. Cerca di rendere tutta la sua vita
un’opera d’arte, pur ferendo le persone a lui più care, a volte sé stesso.
È nelle sue stanze che Andrea sta impazientemente aspettando la
contessa Elena Muti, l’ex amante da cui è stato abbandonato qualche
mese prima. Rivive così con la mente il “giorno del gran commiato”
avvenuto due anni prima quando, durante una gita romantica fuori
porta, Elena gli aveva dichiarato la propria intenzione di troncare la loro
relazione e di andarsene da Roma, pur provando ancora un reale e
tangibile sentimento per l’uomo. Elena, che nel frattempo si è sposata
con un Lord inglese, entrata in quella casa che per lungo tempo è stata
dimora dell’amore dei due ha un tuffo al cuore, ma tenta con tutte le
proprie forze di resistervi, riuscendovi. Andrea, infatti, rimane colpito dalla
freddezza con cui la Muti lo congeda e ne resta in modo riprovevole.
Deluso e amareggiato dal rifiuto, Andrea ripercorre con la mente tutti i
bei momenti vissuti al fianco di Elena: dall’accendersi della prima
fiamma di intesa, al divampare dell’incendio della passione, fino allo
spegnersi di tutto. Dopo la cocente delusione amorosa, Andrea decide
di dedicarsi alla vita mondana, e passa di donna in donna cercando in
ognuna qualcosa che gli ricordi Elena. Durante il corteggiamento a
Donna Ippolita Albonico, il giovane ragazzo si ritrova a duellare con
l’amante della donna e ne rimane ferito. Andrea passa così la
convalescenza a villa Schifanoja, un podere nella campagna di
Ravigliano, sotto le cure della propria cugina, la marchesa Francesca
d’Ateleta. Deciso a rinnegare la vita voluttuosa vissuta fino a quel
momento, Andrea fa la conoscenza di Maria Ferres, moglie del ministro
plenipotenziario di Guatemala. Irrimediabilmente colpito
dall’inclinazione spirituale della donna, il giovane Sperelli decide di
mettersi alla sua conquista. Maria, pur essendo fortemente tentata da
Andrea, cerca in tutti i modi di resistere alle sue avances, ma alla fine è
costretta a cedervi e a confessare il proprio amore. Tornato a Roma
dopo la convalescenza, Andrea si rende ben presto conto che la vita
mondana non lo soddisfa più, bensì gli lascia nell’anima un senso di
vuoto e di incompletezza. Si ritorna quindi all’avvenimento con cui si era
aperto il racconto: l’incontro tra Andrea ed Elena.
Andrea viene finalmente a conoscenza del reale motivo per cui Elena
lo aveva abbandonato: sull’orlo di una crisi finanziaria, la donna aveva
preso la decisione di sposarsi con il ricchissimo inglese Lord Heathfield.
Ancora troppo preso da Elena, Andrea decide di provare a
riconquistarla, invano. Nel frattempo anche Maria torna a Roma e
Andrea, desideroso di fare sua la donna, si mette all’attacco. Un
atteggiamento che fa ingelosire la Muti che, dopo aver assistito ad un
appuntamento a teatro tra i due, bacia appassionatamente Andrea.
Ma quest’ultimo è ora tutto concentrato sulla Ferres che, dopo così
tante avances, cede all’amore del giovane Sperelli. Nel momento in cui
è riuscito a conquistare la casta donna, il predatore sente però di nuovo
sorgere dentro di sé il desiderio di riconquistare Elena: ossessionato
dall’ex amante e venuto a conoscenza del fatto che la Muti frequenta
un nuovo uomo, nel bel mezzo del rapporto sessuale Andrea chiama
Maria con il nome dell’altra donna; abbandonato anche dalla Ferres,
resta infine solo.
Questo romanzo seppur pubblicato solamente nel 1889 era nella mente
di D’Annunzio già da vari anni prima. È nel 1887 che decide di scrivere
una storia d’amore tra due donne e un uomo, tutti elevati nella mente
e nello spirito. L’uomo, è l’alter ego di d’Annunzio. In quest’opera lo
Sperelli raffigura il ruolo dell’eroe decadente già presente nella
letteratura straniera. Infatti, lo Sperelli raffigura l’uomo colto, raffinato,
dandy, freddo, cultore solo del bello. Nel Piacere si trovano ancora
tracce della tradizione naturalistica del romanzo d’ambiente che si
mescola con la nuova tendenza decadente della narrativa lirico-
evocativa. È soprattutto l’impianto narrativo e strutturale che risente
ancora di modi di rappresentazione che appartengono al naturalismo
(per es. narratore esterno onnisciente), mentre lontano dal naturalismo
è invece l’utilizzo del discorso indiretto libero, l’analisi psicologica dei
personaggi, ricorso al flash-back ed anche il registrare in presa diretta il
punto di vista del protagonista o di altri personaggi (una parte della
narrazione è per esempio affidata al diario di Maria). D’Annunzio fa
spesso ricorso alla paratassi (le proposizioni possono essere tutte
principali accostate tra loro per coordinazione, esempio: “ella sarebbe
venuta, ella si sarebbe seduta in quella poltrona, togliendosi il velo di su
la faccia, un poco ansante, come una volta; ed avrebbe parlato”) ed i
singoli episodi e i diversi particolari della rappresentazione sono come
giustapposti. Il racconto non segue il corso cronologico degli
accadimenti ma avanza per blocchi discontinui, infatti spesso ci sono
flash-back (scarto temporale) legati ai ricordi di Andrea ed avvenimenti
passati, che mescolano passato e presente. D’Annunzio utilizza uno stile
molto ricercato e dotto, la prosa è levigata e preziosa, l’italiano utilizzato
è ricco e raffinato, lo scrittore sceglie infatti con grande accuratezza
parole rare e preziose, nomi esotici o sonori, latinismi, arcaismi, termini
liturgici e aulici, intenzionalmente non alla portata di tutti in cui le parole
sono ordinate secondo un preciso schema metrico. Il linguaggio mostra
di frequente procedimenti tipici della poesia, come il troncamento
(incitazion tanto forte), l’uso sistematico di simmetrie sintattiche (amato
e goduto e sofferto), il ricorso a figure retoriche come antitesi, analogie,
allitterazioni, similitudini, metafore ed assonanze. Grande spazio viene
riservato a lunghissime descrizioni e divagazioni erudite. Nonostante la
componente autobiografica il romanzo è scritto in terza persona. Il
Piacere affascina più per le atmosfere che per la vera e propria storia,
un po’ come il ritratto di Dorian Grey. L’autore vi esalta la sua esperienza
di vita salottiera, mondana, preziosa.
Il racconto è suddiviso in quattro libri. Ogni libro narra un aspetto della
vita del nobiluomo.
Il piacere è il fondamento su cui si basa la vita del protagonista, Andrea
Sperelli, fatta di piacere sensuale, lussuria, avventure amorose, culto
della bellezza, delle donne e delle opere d'arte, da qui la scelta del
titolo. Infatti, la vita dello Sperelli viene vissuta come un’opera d’arte. Per
Andrea Sperelli l’arte è un valore assoluto e la vita stessa viene
concepita come arte: “Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera
d’arte”, questo l’insegnamento trasmessogli dal padre. La massima
fondamentale dell’eroe decadente, data dall’equazione vita = opera
d’arte, comporta l’ossessionante ed esclusiva ricerca d’una dimensione
estetica del vivere, l’arte come principio e stile di vita. La meta da
raggiungere è la raffinatezza e la bellezza ad ogni costo e ciò implica a
livello sociale un’innalzarsi al di sopra degli altri ed a livello personale un
affinamento del gusto. In questo modo l’arte arriva a rappresentare il
valore supremo a cui vengono subordinati tutti gli altri valori, anche quelli
morali.
Il romanzo è ambientato quindi a Roma verso la fine dell’Ottocento.
Roma è l’ambiente in cui Andrea Sperelli conduce la propria
affermazione sociale e la propria ricerca di raffinatezza. Lo sfondo è
quello aristocratico della Roma tardo-rinascimentale e barocca.
L’ambientazione si adatta perfettamente alla personalità artificiosa del
protagonista, è la Roma dai cui palazzi, dalle fontane maestose e dalle
piazze emana il fascino d’una civiltà al vertice dell’opulenza in una
atmosfera di disfacimento e di decadenza. D’Annunzio descrive con
precisione i luoghi romani (celebre quella di Roma sotto la neve nel libro
III) con immagini da cartolina in cui il lettore coglie l’unicità e
l’eccezionalità di questa città degradata dalla modernità e dal
consumo di massa.
Le tematiche che emergono dal romanzo Il Piacere sono:
o la critica alla società alto borghese di fine ottocento,
completamente vuota di contenuti e sentimenti.
o La decadenza di questo tipo di società che ha mercificato tutto
finalizzando ogni fervore al profitto e trascurando il senso del bello;
o affermazione della figura dell’esteta intellettuale inquieto, che
vive in un mondo tutto suo, dominato dal culto della bellezza.
o La riflessione sui diversi tipi di amore: da quello finalizzato al puro
piacere, il cui raggiungimento diventa una vera e propria
ossessione, all’amore puro e spirituale.
o I vari temi vengono introdotti direttamente dal personaggio di
Andrea Sperelli attraversi i suoi pensieri e le sue passioni. L’intreccio
ha un’importanza secondaria e rimane in secondo piano rispetto
alle riflessioni di tipo esistenziale e di natura estetica, artistica e
letteraria.
D’ANNUNZIO, ESTETA DECADENTE
D’Annunzio fu uno dei massimi esponenti del Decadentismo e
dell’Estetismo italiano. Il Decadentismo fu una corrente artistico-
letterearia. Il Decadentismo nasce come reazione alla crisi del
Positivismo e del pensiero scientifico. La sfiducia nella ragione, tanto
esaltata prima nel Positivismo, determinò nel campo morale la crisi dei
valori tradizionali (libertà, patria, progresso…) generando insicurezza,
scetticismo e un senso di angoscia esistenziale. L’intellettuale si trova a
disagio nella nuova società che essendo tutta tesa alla produzione e al
guadagno, schernisce gli ideali di libertà e democrazia in nome dei quali
era incominciata. L’intellettuale assume così l’atteggiamento del ribelle,
del poeta maledetto e satanico che rifiuta la società borghese e ne
dissacra i valori. Tale corrente di pensiero concepisce la vita, oltre che
come mistero, anche come abbandono agli impulsi interiori e alle più
acute e raffinate sensazioni, esso diede origine a numerose poetiche
particolari, come il Simbolismo, l’Estetismo, il Surrealismo, il Dadaismo, il
Crepuscolarismo, il Futurismo, l’Ermetismo…
L’estetismo fu una delle correnti su cui si soffermò D’Annunzio. Egli fu
facilitato nella scrittura esteta data la sua vita lussuosa. L’estetismo
designava il culto del bello, ovvero, fare della propria vita un’opera
d’arte o vivere l’arte come se fosse la vita vera. Atteggiamento e
concezioni derivanti dal decadentismo francese che aveva come
assunto base quello in cui, il poeta, doveva distinguersi dalle masse.
D’Annunzio si dedicò anche ad altre correnti quali il panismo e il
superuomismo. Il pensiero di D’Annunzio è volto alla celebrazione dei
sensi: una fusione del mondo sensibile e dell’animo con la natura che lo
circonda, fusione che deve essere conquistata in modo totalitario:
fisicamente e spiritualmente. Nasce da qui il concetto di panismo in
D’Annunzio, un sentimento di unione totalizzante con la natura in cui si
aderisce attraverso i sensi ed in cui ci si immerge a tal punto con essa da
diventare un tutt’uno. Il concetto di panismo d’annunziano, trova
correlazione nella poesia “La pioggia del pineto”, esempio calzante
dell’accezione panica su come il Vate considerava i sensi, la natura, la
vita. Il superomismo è simile all’estetismo, ma non deve essere legato a
nessun principio sociale e morale: per questo cerca di elevarsi dalla
massa, realizzando quindi la sua superiorità a discapito delle persone
comuni. In delle sue opere si dedica all’antropomorfismo, dove
attribuisce caratteristiche e qualità umane a esseri inanimati. Per capire
al meglio l’antropomorfismo facciamo riferimento all’opera “O falce di
luna Calante”, riportando questo verso: “aneliti brevi di foglie sospiri di
fiori dal basco esalano al mare” (Il tremolio appena percepibile delle
foglie sembra un fremito (aneliti brevi), i profumi (sospiri) dei fiori dal
bosco si diffondono (esalano) sino al mare)
“The Picture of Dorian Gray”
was published in 1891. It’s Oscar Wilde’s only novel and it has never
been out of print. The story is set in London and it talks about a
young man, Dorian Gray, who’s painted in a portrait by Basil
Hallward. Dorian Gray wishes that he could always stay as young
as his image in the picture. Dorian sets out on a life of self-
indulgence and evil. One evening Basil Hallward shows him the
portrait and Dorian sees a corrupted man. He kills Hallward and he
lock the portrait in a locked room. One day he take the portarit and
he kills the man he portait, but killing the man in the portrait, he kills
himself.
Oscar Wilde was born in Dublin in 1854. His father was a famous
doctor and his mother was a poet as him. He went to London to
study at Oxford University. In this time he wrote some poetry. He
soon became a member of London high society. In 1884 he
married Constance Llyod because all men in Victorian Age were
forced to get married. In Victorian Age rules were very strict. All men
wore only black or grey clothes, but because he was eccentric he
began to wear only colorful clothes and to put a flower in his
buttonhole. He had two sons and for the first period of his marriage
he was happy but then he wasn’t so because he secretely loved
men. For all his life he was a founder member of “aesthetic”
movement which was considered dirty and immoral for sexual
matters. During he wrote “The Picture of Dorian Gray” he fell in love
with Lord Alfred Douglas. In Victorian Age it wasn’t illegal and he
was sent to prison. He was there for two years and it wasn’t healthy
for him. In fact when he came out of prison he went to Paris. There
he was very poor Constance refused to meet him, but sent him
money. She died in 1898 after an operation. He converted to
Roman Catholicism a few days before he died, on 30th November
1900. Only a few of his friends stayed with him until the end.
Paris possède près de 180 musèes publics et privés accueillant des
millions de visiteurs. Décrouvex avec Cristiano deux des plus grands
musées parisiens...
LE LOUVRE

Installé dans l’ancien


palais des rois de France, le Louvre est l’un des musées les plus
riches, beaux et plus grands au monde. Un lieu d’exception par
l’étendue de ses collections, le nombre d’ouvres qu’il révèle à vos
yeux (35.000!), sa pyramide de verre... géante! Il est visité chaque
année par plus de 8 millions d’amateurs d’art. C‘est le roi François
1er qui a eu l’idée de commencer une collection d’ouvres d’art et
c’est lui aussi qui a eu l’idée d’acheter “la Joconde”, une de les
ouvres les plus admirée dans le musée. A partir de Louis XIV le
Louvre est délaissé au profit du Chateau de Versailles. Avec la
Revolution germe l’idée de transformer le Louvre en musée des arts.
Aux XVIIIeme – XIXeme siècle le musée réunit déjà les plus belles
collections d’ouvres d’art notamment issues des campagnes
napoléoniennes. En 1891 le president François Mitterand annonce
le projet de modernisation du musée qui commincera en 1983 par
la construction d’une pyramide de verre projetée par Ieoh Ming
Pei. Ce grand projet achevé en 1995 comprend la restaurations des
differents zones. Il y a la plus grand librairie d’art de Paris une
photothèque.
LE MUSEE D’ORSAY
Créé en 1986 sous l’impulsion du président Valéry Giscard d’Estaing
et réorgranisé en 2011, le musée, installé dans l’enceinte de
l’ancienne gare d’Orsay, vous offre la plus grande collection
d’ouvres impressionistes et postimpressionistes au monde. 5000
ouvres pour le période 1848-1944! Dans la Galerie des Hauteurs et
dans la Galerie Bellechasse il y a les ouvres les plus admirées, celles
des impressionistes (Manet, Renoir, Degas, Siley, Monet, Toulouse-
Lautrec) et des postimpressionistes (Van Gogh, Cézanne,
Gauguin). Nous pouvons découvrir Le déjeuner sur lìherbe de
Manet, Coquelicots de Monet, L’autoportarit de Van Gogh qui
nous regarde dans ses teintes de turquoise et de roux

PLACE VENDOME
C’est la plus élégante place de Paris. Au centre s’élève la colonne
de la Grande Armée d’Austerliz, surmontée par la statue de
Napoléon Bonaparte habillé en empereur romain. CetTe colonne
haute de 44m a été fondue grace aux 12000 cannons rappportes
d’Austerliz et célèbre l’exploit des armées napoléoniennes.
Raffinement et création se sont donnes rendez-vous autour de
cette colonne; en effet, tout autour de la place on retrouve les plus
célèbres maisons joaillères (Cartier, Boucheron, Van Cleef,
Bucellati) et le prestigeux hotel Ritz ou séjournent les plus riches
personnes du monde.
Bellezza melanconica, delicata,
cagionevole, il volto Preraffaellita è incorniciato da lunghissimi capelli
rossi. Elizabeth Eleanor Siddal, detta Lizzie, musa fragile e brillante diventa
il volto perfetto per incarnare lo stile Preraffaellita. Corrente artistica della
pittura vittoriana, nasce e muore in Gran Bretagna, che può essere
definita, insieme al simbolismo di Klimt e alle forme del liberty, come
l’unica trasposizione pittorica del decadentismo. Lizzie entra nel mondo
dei Preraffaelliti grazie al suo scopritore: il pittore William Holman Hunt.
Posa per i dipinti di Hunt e per quelli di John Everett Millais e diventa
modella di punta nei dipinti di Dante Gabriel Rossetti. Nel 1852 John
Everett Millais decide di ritrarla come “Ofelia”. Per riprodurla al meglio, il
pittore chiede alla sua modella di posare vestita immersa in una vasca
da bagno riscaldata solo da delle candele. La Siddal è costretta a
rimanere a lungo immersa in una vasca da bagno, per rappresentare al
meglio la morte del personaggio shakespeariano. Durante una delle
sedute, mentre Millais ignaro dell’accaduto continua a dipingere, una
delle lampade si spegne, facendo svenire Elizabeth per il troppo freddo.
La ragazza viene portata a casa del padre, che come risarcimento
chiede al pittore 50 sterline. Ma questo prezzo non può comprare la
salute di Lizzie ormai compromessa per sempre da una forte forma di
bronchite.

2Ad entrare prepotentemente nella vita della donna, in quel periodo


oltre alla malattia, è il pittore Dante Gabriele Rossetti in veste di amante
e maestro. La Siddal, pur continuando ad essere l’unico volto per i dipinti
di Rossetti, impara dal giovane Dante i rudimenti della pittura, tanto che,
con il passare del tempo, lo stesso Ruskin, eccelso critico e sostenitore
della confraternita, afferma che l’allieva è ormai di gran lunga superiore
al maestro. Nel 1857 Elizabeth Siddal espone per la prima volta al salone
Preraffaellita i suoi disegni ed un suo autoritratto ad olio. La donna in quel
periodo è costretta, soprattutto a causa della sua cagionevole salute,
ad assentarsi per lunghi periodi da casa, periodi nei quali Rossetti si
avvale di altre modelle e non di rado intreccia della relazione con
qualcuna di loro. Una fra tutte è Annie Miller. Per Elizabeth è un boccone
amaro da digerire e la perdita del padre, avvenuta nel 1859, non fa che
peggiorare il suo malessere. Lizzie si affida al laudano, un sedativo
derivato dall’oppio, per cercare di placare i suoi tormenti. Un anno
dopo, per alleviare i dolori, causati si crede dalla tubercolosi o da dei
disordini alimentari, da disturbi psichici o più semplicemente dallo stesso
elevato consumo di laudano, va in overdose per la prima volta.
Percependo, finalmente, il grande disagio nel cuore della rossa musa,
dopo dieci anni dal loro primo incontro Dante decide, nonostante il
parere contrario della famiglia, di sposare Elizabeth, una donna ormai
debole e psicologicamente provata. La coppia si sposa nel maggio del
1860, un anno dopo Lizzie rimarrà incinta di una bambina che perderà
in seguito ad un parto prematuro. Lo strazio di questa donna non ha fine
ed un altro immenso dolore si aggiunge nel suo cuore di madre. Jane
Morris, moglie di William Morris, importante pittore della confraternita,
partorisce una bambina. La donna posa per le tele di Rossetti ed è sua
amante da prima della celebrazione del matrimonio con Elizabeth. Il
dolore è troppo. La vergogna lacera il suo animo. Lizzie non ha più la
forza di combattere, quel volto fonte di bellezza per i suoi pittori è per lei
una maschera corrosa dal tempo che non riesce più a riconoscere.

3La notte dell’11 febbraio del 1862, sola in casa, scrive un biglietto
d’addio e beve un’elevata dose di laudano. Modella, poetessa e
scrittrice inglese muore a soli 32 anni. Rossetti, sotto consiglio del suo
amico e pittore Ford Madox Brown, nasconde il suicidio della moglie
bruciando la lettera d’addio della donna, evitando lo scandalo per la
sua famiglia e riuscendo a seppellirla in terra consacrata. Disperato
l’uomo seppellisce, insieme al corpo della sua amata, l’unica copia di
un manoscritto di poesie a lei dedicate, scritte di suo pugno, che
nasconde tra i suoi lunghi capelli rossi. Sette anni più tardi, povero e
pieno di debiti si reca nel cimitero di Highgate, con il suo agente
letterario. Durante una notte del 1869 trafugano la tomba della donna
per poter recuperare i versi a lei dedicati. La leggenda narra che il corpo
di Elizabeth e il suo viso fossero rimasti intatti e che i suoi splendidi capelli
rossi fossero cresciuti sino a riempire completamente la bara. Nel 1872,
Dante Gabriele Rossetti emulerà Lizzie tentando il suicidio con
un’elevata dose di laudano. Gesto che non porterà a termine grazie
all’intervento di alcuni suoi amici. Muore di solitudine, povero e folle nel
1882. Qualche anno dopo è il fratello di Dante, William Michael Rossetti,
a rendere omaggio a questa donna pubblicando un saggio su Elizabeth
Siddal e pubblicando nel 1906 le sue poesie: quindici intime e
drammatiche poesie di cui una incompiuta dove si evince chiaramente
il dolore che il suo folle amore le ha procurato in vita: “Tesoro, non
piangere per ciò che non può essere, per quello che Dio non ti ha dato.
Se il più puro sogno d’amore fosse vero allora, amore, dovremmo essere
in paradiso, invece è solo la terra, mio caro, dove il vero amore non ci è
concesso”.
Il termine Belle Époque viene
coniato in Francia alla fine dell’ottocento e più precisamente
rappresenta il periodo che va dal 1871 al 1914.Si tratta di una realtà
storica contrassegnata da uno sviluppo culturale, tecnologico, sociale,
architettonico. Il miglioramento delle condizioni di vita riguardano sia la
classe operaia che la borghesia. I precedenti anni caratterizzati da
dure egemonie, vengono sostituiti da positività e voglia di vivere. Si
assiste ad uno sviluppo tecnologico: la scoperta della radio,
l'illuminazione elettrica, il cinema e le persone cominciano a vivere
momenti di svago e ad avere un benessere economico e sociale.
Le capitale europee, prima medioevali, ricevono una modernizzazione
grazie al lavoro di esperti urbanisti e architetti i quali progettano e
costruiscono nuovi elementi architettonici al fine di abbellire le citta.
Vengono differenziate le zone di commercio da quelle private
creando strade più ampie per garantire una migliore circolazione del
traffico. Oltre allo sviluppo del traffico automobilistico, si potenzia
anche il traffico marittimo. I materiali da costruzione provenivano
spesso da terre lontane quali Gran Bretagna o America e quindi
potevano arrivare solo via mare. In Italia si assiste ad un vivace sviluppo
architettonico: a Milano, ad esempio, si costruisce la Galleria Vittorio
Emanuele, progettata dall’architetto Giuseppe Mengoni. La struttura
doveva costituire lo snodo urbanistico tra Piazza Duomo, centro
medievale urbano, e il Teatro La Scala, simbolo della cultura
neoclassica. La Galleria presenta una struttura a quattro bracci, voltati
a botte, che convergono in un ottagono centrale coperto da una
grande cupola. La novità è rappresentata dagli affreschi e dalle
decorazioni a stucco, di gusto squisitamente eclettico, che mettono in
risalto l’ingegno umano e il desiderio della citta di aprirsi al mondo.
In tutta Europa si assiste all’abbellimento delle capitali, come Parigi con
la costruzione della magnifica Tour Eiffel del 1889, simbolo di fascino e
di modernità.
Durante questo periodo nascono anche nuove forme di
intrattenimento come il cabaret, il can can, il cinema che rendono la
scena culturale più interessante e l’arte che si compone nuove forme
quali l’impressionismo, il preraffaellismo, il simbolismo e l’Art Noveau.
Queste forme d’arte diedero un ulteriore impulso allo svago concesso
alla popolazione sostenendo lo sviluppo culturale dell’epoca.
Questo manifesto, per esempio, raffigura la Torre Eiffel con una donna
benvestita con una gonna larghe, tipica di quel periodo, e un
cappello pieno di piume, osservata da uomini e donne che ammirano
la sua bellezza. È proprio questo che la Belle Époque vuole far
comprendere al mondo, il senso del bello. La Belle Epoque si evidenzia
anche nell’arredamento e nella decorazione delle case private: si
utilizzano nuovi materiali come il vetro e nuovi oggetti di arredamento
come la sedia a dondolo.

A New York, nel 1892, su


iniziativa di Luouis Comfort Tiffany, nasce la Tiffany Glass and
Decorating Company, che si occupa principalmente dell’allestimento
e della decorazione degli interni. All’inizio del secolo tutte queste
tendenze confluiranno in una vera e propria corrente artistica, quella
dell’Art Nouveau, proposta in tutta Europa dalle scuole di secessione.
In quest’ottica di pace, prosperità, fioritura delle arti industriali la Belle
Époque si prospetta dunque come vera età dell’oro. Ma è così per
tutti? Si tratta in realtà anche di un periodo denso di contraddizioni, di
eccessi nazionalistici, di conflitti sociali gravidi di conseguenze
drammatiche. Accanto al volto illuminato e moderno ogni grande
città ne ha anche uno oscuro e nascosto, nelle periferie degradate si
ammassano in convivenza forzata migliaia di lavoratori, che devono
ancora lottare per vedere riconosciuti equi salari e condizioni di lavoro
dignitose. La classe contadina si disgrega completamente, quelli che
non trovano posto nelle nuove fabbriche emigrano nel nuovo
continente, perdendo terra, affetti e identità. È anche l’età
dell’Imperialismo e del Colonialismo e le potenze europee sfruttano le
colonie dell’Asia e dell’India. Il sogno di progresso, democrazia e
felicità si infrange contro un iceberg insieme al Titanic, simbolo della
tecnologia e del lusso, l’Europa si risveglia bruscamente con uno sparo
in mattino a Sarajevo.
Il can can nasce nella Belle Époque in Francia. Era molto diffusa nei
cabaret e soprattutto veniva ma ancora viene eseguito nel famoso
Moulin Rouge a Parigi. Le origini del can-can sono piuttosto incerte.
Molto probabilmente il più famoso ballo deriva dal galop della
quadriglia, inventato nel 1850 dalla ballerina vedette del Bal Mabille. Si
sostiene, inoltre, che il can-can, in gran parte di origine popolare, derivi
dall'usanza delle lavandaie di Montmartre di mostrare, ogni domenica,
le gonne per le strade del quartiere. Il compositore Jacques Offenbach
scrisse famosi can-can per operette, il più celebre dei quali è quello del
Galop infernal, nell'operetta Orfeo all'inferno del 1858. È proprio in
questo periodo che si afferma anche il balletto che caratterizza questa
musica. Il balletto, proposto dalla ballerina francese Louise Weber, detta
la Goulue, è eseguito da donne con gonne lunghe e dei sottogonna
tipici dell’epoca schierate in fila e al tempo di una musica molto veloce
e ritmata alzavano ritmicamente le gambe: durante questo movimento
esse si scoprivano parzialmente, emergendo dalle lunghe e ampie
gonne e sottogonne in uso all'epoca, suscitando l'entusiasmo degli
spettatori, che spesso accompagnavano il ritmo battendo le mani.
Questa è la versione del Moulin Rouge che continua a proporre versioni
più tecnologiche.
Il Moulin Rouge nasce il 6 ottobre 1891 da Charles Zidler e da Joseph
Oller. Il locale divenne particolarmente famoso per la presenza di un
mulino a vento di colore rosso sul tetto della struttura, che appunto
diede il nome al locale. Il Moulin Rouge è noto universalmente per essere
il luogo di nascita spirituale del can-can. Originariamente introdotto
come danza seduttiva utilizzata dalle cortigiane che qui si trovavano per
intrattenere i clienti, il can-can divenne una vera e propria forma di
spettacolo, dal Moulin Rouge a tutti i cabaret d'Europa. Attualmente il
Moulin Rouge, che ancora è operativo come locale, è principalmente
una attrazione turistica che offre spettacoli di musica e danza ai visitatori
di tutto il mondo. L'interno è decorato con uno stile ancora tipicamente

fin de siècle francese.


Nei primi anni del XX secolo, il repertorio del Moulin Rouge si trasformò
parzialmente lasciando un maggiore spazio all'operetta e aprendo la
strada verso il successo a molti artisti. Dal 29 novembre 1902 al gennaio
del 1903, il locale rimase chiuso per dei lavori di rifacimento che vennero
realizzati da Édouard Niermans, uno degli architetti parigini più noti della
Belle Époque (progettista tra l'altro de le Folies Bergère), divenendo ben
presto uno dei templi internazionali per l'operetta. Il 3 gennaio 1907 fece
particolare scandalo il bacio nel corso dell'operetta "Il sogno egiziano"
tra l'attrice Colette e la sua amante, la duchessa de Morny (Mathilde de
Morny detta "Missy") sul palco del teatro. Il 29 luglio 1907 vi fu la prima
apparizione pubblica di Mistinguett sul palco del Moulin-Rouge nello
spettacolo "La Revue de la Femme", artista oggi riconosciuta a giudizio
unanime come la più famosa vedette del locale parigino. Il suo talento
emerse ben presto allo scoperto al punto che l'anno successivo la sua
partecipazione con Max Dearly in "The Sled Waltz" segnerà il suo primo
vero grande trionfo. Il 9 aprile 1910 fece sensazione il fatto che durante
una rappresentazione dell'operetta "Revue amoureuse" un'ex dama di
compagnia dell'imperatrice Eugenia che assisteva in sala allo
spettacolo, affascinata dalla fedele ricostruzione della cerimonia di
ritorno delle truppe napoleoniche dall'Italia dopo la seconda guerra
d'indipendenza italiana non riuscì a trattenersi dal gridare a gran voce
"Lunga vita all'Imperatrice!".Il Moulin Rouge viene distrutto da un
incendio il 27 febbraio 1915. I lavori di ricostruzione iniziarono subito, ma
vennero completati solo nel 1921 con le forme attuali.
L'operetta è un genere teatrale e musicale nato nel 1856 (con La Rose
de Saint-Flour di Jacques Offenbach) e divenuta famosa nel 1860 in
Francia e solo successivamente in Austria. Differisce dal più tradizionale
melodramma per l'alternanza sistematica di brani musicali e parti
dialogate. La peculiarità dell'operetta non consiste nella presenza di
parti recitate e di trame semplici e inverosimili, né nella sua sfarzosa
cornice scenica o nel gusto della parodia; in realtà, ciò che la
caratterizza è la vivacità musicale, l'immediata godibilità e, soprattutto,
l'aspetto coreografico: infatti sono proprio le danze a costituire il nucleo
fondamentale dello spettacolo e ad esercitare sugli spettatori un
interesse quasi ossessivo. Uno dei padri dell'operetta francese fu l'ebreo
tedesco (naturalizzato francese) Offenbach. Il genere dell'operetta
ebbe vita breve ma tra i suoi eredi si possono annoverare la rivista, il
musical e la commedia musicale. Spesso viene scambiata per l'opera
buffa.
L’ascolto del Can Can:
MOULIN ROUGE CANCAN / FRENCH TOUCH 2019

Ascolto dell’operetta:
Cin-Ci-Là
Dubai è uno dei sette emirati degli
Emirati Arabi Uniti, situati sulla penisola araba affacciati per la maggior
parte sul Golfo Persico. L'emirato di Dubai confina a sud con la citta’ di
Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti. Abu Dhabi ha subito un
notevole sviluppo nell’ultimo decennio diventando una delle metropoli
più attive al mondo. È sede dei più importanti uffici della città nonché’
residenza del Presidente degli Emirati Arabi Uniti.
Dubai è suddivisa in città vecchia, chiamata Bastakia, di grande
interesse storico e piena di attività culturali e la parte nuova, dove sorge
il quartiere di Deira principale centro di attività commerciali. Proprio a
Deira sorge il mercato dell’oro, il Gold Suq dove è possibile acquistare
oro a buon prezzo. Numerosi mercanti spingono i turisti all’acquisto di
merce varia, spesso contraffatta, difficilmente differenziabile
dall’originale.
Lo sviluppo commerciale e turistico della citta di Dubai è stato parallelo
allo sviluppo architettonico. Sorgono strutture innovative uniche al
mondo soprattutto per dimensioni. Nel 2010 viene inaugurato il Burj
Khalifa, il grattacielo più alto al mondo nonché il più lussuoso.
Gli interni furono progettati dalla casa di moda italiana Armani e c’è
tuttora tra il 9° e il 16° piano l’Armani Hotel Dubai, mentre le suites
dell’Armani Hotel Dubai sono tra il 38° e il 39° piano. Il grattacielo in vari
piani ospita residenze private che si distinguono per uso privato o
commerciale. Ai piani superiori si trovano palestre, una moschea, due
terrazze panoramiche e locali per trasmissioni televisive. Ovviamente il
grattacielo più alto del mondo non poteva non essere set di vari film. La
maggior parte blockbusters. Ai piedi del grattacielo si trova la Dubai
Fountain, che con i suoi giochi di luce ed acqua crea un’atmosfera
surreale.
Dubai ha investito molto sulla tecnologia creando una vera e propria
città ultra tecnologica e sviluppata nei settori dell’hardware e della
ricerca tecnologica. La TECOM (Technology, Electronic Commerce) è
una delle recenti zone di libera iniziativa economica create dalle
autorità per incentivare gli investimenti stranieri. Dubai, infatti, punta
entro i prossimi 10 anni a divenire la città del futuro... e il progetto sembra
si stia realizzando. La città si è perciò fornita dell’intelligenza artificiale
che noi possiamo usare con i dispositivi di Google, Amazon e Apple.
Dubai sembra domotizzarsi ogni giorno di più ed è persino arrivata la
guida automatica che in questi anni si è sviluppata molto per l’azienda
Tesla. Il turismo oltre ad essere aumentato grazie agli incentivi che il
governo ha dato a tutti i servizi turistici, si è sviluppato anche grazie a
questa tecnologia che travolge questa città e dal lusso che la circonda,
una bellezza che si confonde tra l’oro e la tecnologia, storia e futuro.
Quando parliamo di storia a Dubai parliamo delle moschee che la
ornano da moltissimi anni. La Grande Moschea è l’edificio più
importante e lussuoso della città per il culto islamico e non è data la
possibilità di accesso ai fedeli di altre religioni. Nonostante ciò,
rappresenta un’attrazione per i turisti di tutto il mondo.

Seppur Dubai ha un grande numero di visitatori al mondo punta ad


essere la più popolare destinazione turistica da qui al 2025
raddoppiando il suo attuale numero di turisti. Il principe reggente, infatti,
continua ad investire e basta pensare ai bilioni di dollari che sono stati
investiti per la costruzione del più grande centro commerciale, che
presenta tantissime attrazioni al suo interno. E, infine, le due nuove isole
artificiali che presto vedranno la luce, e che sono pensate per attrarre
famiglie e milionari di tutto il mondo. Tutte queste costruzioni sono
accompagnate da uno sviluppo sostenibile, garantito dal progetto
“Dubai 2040”. Nel 2020 la popolazione di Dubai era di circa 3,3 milioni e,
secondo le stime, dovrebbe raggiungere i 5,8 milioni entro il 2040.
Pertanto, è un’assoluta priorità del Governo rendere la città il più
“verde” possibile nei prossimi 20 anni. Il Dubai 2040 Urban Master Plan
fornisce una mappa futura completa di quella che sarà Dubai nel 2040.
Il piano prevede l’utilizzo degli spazi disponibili (entro i limiti della città
attuale) e il miglioramento delle aree urbane già esistenti. Il progetto
mira, infatti, a rendere Dubai la città migliore al mondo in cui vivere sia
per la qualità della vita, sia per le opportunità di investimento per
cittadini, residenti e visitatori. Sono maggiormente 5 le aree interessate
allo sviluppo di questo progetto:
1) Deira e Bur Dubai, le zone più antiche della città;
2) Downtown e Business Bay, il cuore commerciale e finanziario della
città;
3) Dubai Marina e JBR, l’area più amata dai turisti e da chi desidera
staccare la spina.
Invece, le nuove aree urbane includono:
4) Expo 2020 Centre, una zona piuttosto economica e all’avanguardia,
ma centrale per i settori delle mostre, del turismo e della logistica;
5) Dubai Silicon Oasis Center, il luogo della scienza, della tecnologia e
della conoscenza che guida l’innovazione.
Inoltre questo piano di sviluppo incita la popolazione all'uso del trasporto
di massa, a piedi, in bicicletta e l'uso di mezzi di trasporto flessibili, oltre a
sviluppare un database di pianificazione completo per supportare il
processo decisionale e migliorare la trasparenza.
L'Agenda 2030 rappresenta il nuovo quadro di riferimento globale per
l'impegno nazionale e internazionale teso a trovare soluzioni comuni alle
grandi sfide del pianeta, quali l'estrema povertà, i cambiamenti
climatici, il degrado dell'ambiente e le crisi sanitarie. Si basa sui seguenti
17 obiettivi:
1. Povertà zero
2. Fame zero
3. salute e benessere
4. istruzione di qualità
5. uguaglianza di genere
6. acqua pulita e igiene
7. energia pulita e accessibile
8. lavoro dignitoso e crescita economica
9. industria, innovazione e infrastrutture
10. ridurre le disuguaglianze
11. città e comunità sostenibili
12. consumo e produzione responsabili
13. agire per il clima
14. la vita sott’acqua
15. la vita sulla terra
16. pace, giustizia e istituzioni forti
17. partnership per gli obiettivi
L’obiettivo a cui sono interessato è l’obiettivo 11. Questo goal punta a
far diventare le città più sostenibili e ad eliminare le baraccopoli. Infatti
le cifre parlano:
• Oggi metà dell’umanità, vale a dire 3,5 miliardi di persone, vive in città
• Entro il 2030, quasi il 60% della popolazione mondiale abiterà in aree
urbane
• Il 95% dell’espansione urbana nei prossimi decenni avverrà nei Paesi
in via di sviluppo
• Attualmente 828 milioni di persone vivono in baraccopoli, e il numero
è in continuo aumento
• Le città occupano solamente il 3 per cento della superficie terrestre,
tuttavia sono responsabili del 60-80% del consumo energetico e del 75%
delle emissioni di carbonio
• La rapida urbanizzazione esercita pressione sulle forniture di acqua
dolce, sulle fognature, sull’ambiente e sulla salute pubblica
• L’alta densità delle città può portare efficienza e sviluppo
tecnologico, riducendo il consumo di risorse e di energia.
Questo obiettivo ha anche dei traguardi:
11.1 Entro il 2030, garantire a tutti l’accesso ad alloggi adeguati, sicuri
e convenienti e ai servizi di base e riqualificare i quartieri poveri

11.2 Entro il 2030, garantire a tutti l’accesso a un sistema di trasporti


sicuro, conveniente, accessibile e sostenibile, migliorando la sicurezza
delle strade, in particolar modo potenziando i trasporti pubblici, con
particolare attenzione ai bisogni di coloro che sono più vulnerabili,
donne, bambini, persone con invalidità e anziani

11.3 Entro il 2030, potenziare un’urbanizzazione inclusiva e sostenibile e


la capacità di pianificare e gestire in tutti i paesi un insediamento umano
che sia partecipativo, integrato e sostenibile

11.4 Potenziare gli sforzi per proteggere e salvaguardare il patrimonio


culturale e naturale del mondo

11.5 Entro il 2030, ridurre in modo significativo il numero di decessi e il


numero di persone colpite e diminuire in modo sostanziale le perdite
economiche dirette rispetto al prodotto interno lordo globale causate
da calamità, comprese quelle legate all’acqua, con particolare
riguardo alla protezione dei poveri e delle persone più vulnerabili
11.6 Entro il 2030, ridurre l’impatto ambientale negativo pro-capite delle
città, prestando particolare attenzione alla qualità dell’aria e alla
gestione dei rifiuti urbani e di altri rifiuti

11.7 Entro il 2030, fornire accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri,
inclusivi e accessibili, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili

11.a Supportare i positivi legami economici, sociali e ambientali tra aree


urbane, periurbane e rurali rafforzando la pianificazione dello sviluppo
nazionale e regionale

11.b Entro il 2020, aumentare considerevolmente il numero di città e


insediamenti umani che adottano e attuano politiche integrate e piani
tesi all’inclusione, all’efficienza delle risorse, alla mitigazione e
all’adattamento ai cambiamenti climatici, alla resistenza ai disastri, e
che promuovono e attuano una gestione olistica del rischio di disastri su
tutti i livelli, in linea con il Quadro di Sendai per la Riduzione del Rischio di
Disastri 2015-2030

11.c Supportare i paesi meno sviluppati, anche con assistenza tecnica


e finanziaria, nel costruire edifici sostenibili e resilienti utilizzando materiali
locali

“La nuova Agenda è una promessa da parte dei leader a tutte le


persone in tutto il mondo.
È un'Agenda per le persone, per sradicare la povertà in tutte le sue
forme, un'Agenda per il Pianeta, la nostra casa".
(Ban Ki-moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite)

"Siamo determinati a fare i passi audaci e trasformativi che sono


urgentemente necessari per portare il mondo sulla strada della
sostenibilità e della resilienza.
Nell’intraprendere questo grande viaggio collettivo, promettiamo che
nessuno verrà lasciato indietro".
(Onu, Agenda 2030)

È proprio questa la collaborazione, impegnarci per il nostro pianeta.


L’ONU si impegna infatti da tantissimo tempo per la coesione tra Paesi.
I social media sono gli strumenti del Web che gli utenti più utilizzano per
comunicare contenuti testuali, immagini, video e audio. I contenuti da
condividere possono essere creati direttamente dagli utenti e diffusi
facilmente, velocemente e in maniera molto efficace, dato l’enorme
bacino d’utenza che hanno queste pagine Web.
Ciascun utente può pubblicare le proprie fotografie e i propri video e
curiosare fra quelli degli amici, interagire in tempo reale con i propri
contatti, chattare, cercare i gruppi di persone che condividono i propri
interessi, utilizzare un numero sempre crescente di applicazioni (giochi,
oroscopo online, ecc.) condividere link a siti interessati ecc.
I social media sono numerosissimi, possono assumere diverse forme,
svolgere diverse funzioni ed essere rivolti a diversi tipi di utenze. Tra i più
diffusi in Italia abbiamo:
1. YouTube: consente agli utenti di condividere video, che possono
essere poi votati e commentati da parte dei visualizzatori.
2. Facebook: consente di creare un profilo personale, includere
amici nella propria rete sociale, con i quali scambiarsi messaggi e
condividere documenti, foto, video, link ad altre pagine web ecc.,
fondare e unirsi a gruppi per condividere interessi in comune con
altri utenti.
3. Instagram: consente agli utenti di condividere immagini e video,
anche in diretta. Gli utenti possono seguirne altri di loro interesse o
fare delle ricerche generiche attraverso parole chiave, chiamate
hashtag e precedute dal simbolo #.
4. LinkedIn: consente agli utenti di condividere il proprio curriculum
professionale pubblicare offerte di lavoro, e realizzare una lista di
persone conosciute e ritenute affidabili in ambito lavorativo. Gli
utenti possono sviluppare i propri contatti professionali e valutare
eventuali offerte di lavoro candidature.
5. Pinterest: consente agli utenti di condividere immagini e video sulle
proprie bacheche, catalogandoli secondo i temi di interesse. A
differenza di altri social media simili, i contenuti condivisi vengono
visti da tutti, perché presenti sul web.
Abbiamo anche altri social, come TripAdvisor, che consente agli utenti
di pubblicare la propria recensione riguardo strutture alberghiere, mete
turistiche, ristoranti e punti di interesse delle località visitate. Gli utenti
possono leggere le recensioni pubblicate e farsi un'opinione migliore
rispetto i posti e le strutture che vogliono visitare. Consente inoltre di
partecipare a forum tematici. Molto utilizzati sono anche Snapchat,
Twitter e Facebook Messenger.
Su tutti questi social, come vediamo sono pubblicate foto, video e
recensioni allo scopo di far vedere agli utenti luoghi o persone. La
bellezza però molte volte traspare, e perciò quello che vediamo sui
social non è mai la realtà.
“I social media sembrano incoraggiare i giovani a concentrarsi
fortemente sul loro aspetto e sul modo in cui vengono giudicati o
percepiti dagli altri. Trovare queste chiare associazioni tra alimentazione
disordinata e uso dei social media nelle ragazze e nei ragazzi
adolescenti suggerisce che si deve fare molto di più per aumentare la
resilienza nei giovani, per essere meno influenzati negativamente dalle
pressioni dei social media”.
Simon Wilksch
Molte volte questa dipendenza dall’essere bello porta a malattie
psichiatriche. È il caso della disformia da Snapchat. Questo social, infatti,
consente ai suoi utenti di modificare foto con dei filtri. A coniare il termine
questa volta è stato un medico cosmetico, Tijion Esho, il quale ha iniziato
a preoccuparsi notando quanto nei suoi pazienti fosse radicata e
pervasiva l’idea di rassomigliare al fotoritocco. I cosiddetti “filtri bellezza”
sono molto diversi rispetto a quelli che aggiungono del colore o a quelli
dichiaratamente “ridicoli”. Quest’ultimi modificano in modo ben visibile
ed esagerato il volto con fini goliardici. I filtri bellezza, invece, sono
subdoli; modificano i connotati in modo non sempre evidente,
rendendoti ancora simile a te, ma con un naso più sottile, delle labbra
più gonfie, una pelle uniforme e luminosa. Se ci si guarda
frequentemente attraverso lo schermo di un telefono applicando
queste piccole distorsioni, si inizia a pensare di essere più belle utilizzando
il filtro e ci si sente brutte guardandosi allo specchio. Si arriva perfino a
desiderare di sottoporsi ad interventi chirurgici per somigliare a quella
versione alterata di sé. Addirittura, osserva Esho, molto spesso le pazienti
non si lamentano di un difetto, ma di come quel difetto le disturbi
particolarmente quando provano a fare dei selfie. Il problema, dopo
aver avuto un termine apposito che lo designasse, ha avuto una certa
risonanza. Uno studio pubblicato sulla rivista medica JAMA Facial Plastic
Surgery parla di quanto le immagini filtrate abbiano reso labile il confine
che separa la realtà dalla fantasia.
Molte volte per vedere il mondo più bello o per piacere si fa uso di
sostanze. Molte volte l’abuso di droghe o alcol creano dipendenza.
L’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive la dipendenza
patologica come una “condizione psichica, talvolta anche fisica,
derivante dall’interazione tra un organismo e una sostanza,
caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni che
comprendono un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo
continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e
talvolta di evitare il malessere della sua privazione”. Le dipendenze
possono essere causate da varie sostanze. Andremo a vedere nello
specifico le dipendenze da droga e alcol. Una storica campagna di
Pubblicità Progresso del 1989 recitava Chi ti droga ti spegne. Uno slogan
perfetto, sia in termini pubblicitari sia scientifici: alcool, canne e
pasticche infatti spengono lo sguardo e intere zone del cervello,
ingannano i meccanismi chimici che regolano il suo funzionamento e
alterano in chi le utilizza la percezione della realtà. Secondo
l'Organizzazione Mondiale della Sanità, sono sostanze psicoattive tutte
quelle che, una volta assunte, sono in grado di modificare l'equilibrio
psicofisico di un individuo, il suo umore e le sue attività mentali. Queste
sostanze agiscono nel cervello sui meccanismi che normalmente
regolano il comportamento, il pensiero e la motivazione. «Le droghe non
sono infinite», spiega Gian Luigi Gessa, neuro-psico-farmacologo e
professore emerito presso il Dipartimento di neuroscienze dell'Università
di Cagliari. «Sono cinque sostanze naturali dalle quali provengono tutte
le altre: alcool, cocaina, morfina/eroina, cannabis e nicotina.» Tutte le
altre droghe, chiamate anche droghe di sintesi (o droghe d'autore), si
limitano a imitare effetti e caratteristiche di queste cinque. Per esempio
le benzodiazepine, utilizzate in alcuni farmaci ansiolitici, imitano l'azione
dell'alcool sul cervello senza portarsi dietro anche gli effetti dell'abuso di
alcool sul fegato. L'Organizzazione mondiale della sanità, classifica le
droghe in tre grandi gruppi:
• Sostanze psicoattive a uso terapeutico: medicinali che agiscono
sul cervello e sul sistema nervoso, come sonniferi, tranquillanti,
psicofarmaci, anestetici e alcuni antidolorifici.
• Droghe legali: le sostanze il cui utilizzo è normalmente ammesso
dalle legislazioni dei diversi paesi, che hanno comunque qualche
tipo di effetto psicoattivo sul cervello del consumatore. Alcool,
nicotina e caffeina sono le più diffuse.
• Droghe illecite: sostanze psicoattive normalmente non usate in
medicina. Sono oppiacei, cannabinoidi, allucinogeni, ipnotici,
inalanti, sedativi, cocaina e altri stimolanti la cui produzione e
commercializzazione sono proibite nella maggior parte dei paesi
occidentali.
«La dipendenza da sostanze psicoattive è una vera e propria malattia
neurologica, come il Parkinson o l'Alzheimer, che coinvolge il sistema
motivazionale del cervello, ingannandolo», spiega Gessa. Le droghe di
cui parliamo riescono infatti a sostituirsi ad alcune sostanze chimiche
prodotte normalmente dal nostro organismo, le cosiddette sostanze (o
droghe) endogene, indispensabili per regolare meccanismi di
sopravvivenza come l'alimentazione o la riproduzione. In un cervello
sano, la percezione dell'oggetto del desiderio, e poco importa che sia il
profumo di pizza o la vista di un potenziale partner, attiva una sequenza
ben precisa, regolata appunto da sostanze endogene:
• aumento dell'attenzione;
• desiderio (di consumare);
• consumo;
• piacere;
• voglia di rifarlo...
Le droghe esogene, ossia quelle introdotte artificialmente
nell'organismo, fanno inceppare questo processo: il piacere derivante
dal loro consumo è così tanto più intenso rispetto a quello prodotto
dall'azione normale da rendere quest'ultima trascurabile. Le sensazioni
prodotte dall'eroina possono per esempio essere molto più intense di
quelle che si provano durante un orgasmo, e sono perciò capaci di
sostituire il desiderio sessuale. Gli stimoli fisiologici come la fame, la sete
o il sesso non vengono insomma più recepiti e l'unico desiderio è per la
droga. La diagnostica per immagini di ultima generazione (una tecnica
di risonanza magnetica) ha per esempio permesso di scoprire che la
cocaina agisce sugli stessi centri nervosi dell'amore, e il cervello impara
in fretta ad apprezzare - e a preferire - questa "scorciatoia".
Il principio attivo della marijuana, il THC, si lega a neuroni specifici
chiamati recettori dei cannabinoidi, che regolano il movimento, la
coordinazione motoria, la memoria e altre funzioni cognitive complesse.
Come la maggior parte delle droghe, quando "entra in circolo" produce
euforia e benessere perché stimola il rilascio di dopamina. Colori e suoni
sembrano più intensi, il tempo sembra passare più lentamente e, a volte,
il tutto si accompagna con fame e sete. Passata la fase dell'euforia
possono manifestarsi ansia, paura, diffidenza nei confronti degli altri e
panico. Il THC si lega inoltre ad alcuni recettori del cervelletto che
regolano la coordinazione motoria, l'equilibrio, la postura e il movimento.
La cocaina agisce direttamente sul nucleo accumbens, una delle aree
del cervello associate ai meccanismi del piacere. Sesso, cibo, acqua e
tutto ciò che provoca una sensazione di benessere aumentano l'attività
di questa zona e innescano una super produzione di dopamina.
Normalmente questo neurotrasmettitore, dopo aver inviato il segnale
del piacere al neurone adiacente viene eliminato: la cocaina provoca
invece un accumulo di dopamina nelle sinapsi, che si traduce in una
stimolazione continua dei neuroni riceventi e nella conseguente euforia
manifestata dai consumatori di questa sostanza.
Il 20% dell'alcool ingerito viene assorbito immediatamente, senza
bisogno di digestione, dallo stomaco e dal primo tratto dell'intestino, e
da qui passa direttamente nel sangue: ecco perché a stomaco vuoto
gli effetti dell'alcool si manifestano prima e in modo più intenso. Dopo
circa 10 minuti dall'ingestione le molecole di etanolo arrivano al fegato,
al cuore, ai reni e al cervello, dove si scatenano gli effetti più evidenti.
Nel cervello infatti l'alcool agisce sui neuroni: disaggrega la membrana
plasmatica riducendo la funzione cellulare.
L'ecstasy altera l'attività di alcuni neurotrasmettitori: in particolare,
aumenta il rilascio di serotonina e riduce la produzione di dopamina. Il
livello di serotonina è determinante nella regolazione dell'umore e del
comportamento: ecco perché l'assunzione di ecstasy provoca
comportamenti aggressivi che possono durare anche parecchi giorni.
Ma i primi effetti dell'ecstasy sono assolutamente piacevoli: stimolazione
mentale, calore, benessere, apertura verso gli altri e diminuzione
dell'ansia. È la diretta conseguenza dell'alterazione del circuito della
dopamina e dei meccanismi del piacere. Le sue proprietà stimolanti
consentono, per esempio, di ballare ininterrottamente per ore senza
avvertire la fatica né altri "segnali d'allarme" dal proprio corpo (salvo poi
"collassare" improvvisamente). Le sensazioni spiacevoli subentrano in un
secondo momento: vertigini, ansia, agitazione, indifferenza verso il
pericolo e depressione, che possono manifestarsi anche per diversi
giorni dopo l'assunzione. L'ecstasy comporta dunque disturbi gravi del
comportamento, e la mancanza di appetito o il ridotto interesse verso il
sesso sono solo alcune delle conseguenze sui consumatori abituali.
Anche se non "brucia" i neuroni nel vero senso della parola, nel lungo
periodo compromette le facoltà mentali: la diagnostica per immagini
(risonanza magnetica) ha permesso di scoprire, nei forti consumatori di
questa sostanza, una diminuzione dell'attività cerebrale nelle aree che
riguardano la conoscenza e il movimento. Le conseguenze sono
l'incapacità di elaborare informazioni e di svolgere attività come la
guida dell'auto o della moto.
I DCA invece, sono le dipendenze verso il cibo o verso il peso. Tra i più
comuni abbiamo. L'anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da
alimentazione incontrollata. Il primo consiste nella paura da prendere
peso e nel rifiuto verso il cibo. Porta gravi danni come la continua perdita
dipeso, disidratazione, amenorrea e osteoporosi. La bulimia nervosa
invece consiste nel vomitare dopo qualsiasi pasto. Porta a una instabilità
del peso, disidratazione, rottura della parete esofagea e infiammazione
delle ghiandole salivari. Queste conseguenze sono date dagli acidi
contenuti nei succhi gastrici, che rovinano la parete esofagea. Poi
abbiamo il disturbo da alimentazione incontrollata che consiste nel
mangiare esageratamente in qualsiasi pasto. A fine pasto non si vomita
e non si fa uso di lassativi.
Molti atleti per il piacere di vincere o di migliorare la propria resistenza
fanno uso di sostanze dopanti.
"Costituiscono doping la somministrazione o l'assunzione o la
somministrazione di farmaci o di sostanze biologicamente o
farmacologicamente attive e l'adozione o la sottoposizione a pratiche
mediche non giustificate da condizioni patologiche e idonee a
modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo al fine
di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti."
Purtroppo da tantissimo tempo è diffuso il doping. La parola ‘doping’
viene introdotta nell’ambito dell’ippica nel 1889, in America del Nord,
con riferimento a un mix di oppio, tabacco e narcotici somministrato ai
cavalli da corsa per migliorarne resistenza e prestazioni. Il termine deriva
dal verbo ‘to dope’ la cui traduzione in italiano risulta essere: drogare,
narcotizzare, somministrare sostanze stupefacenti o eccitanti. La
problematica inizia a destare interesse già nell’antichità, al tempo dei
Giochi Olimpici della Grecia classica, quando gli atleti assumevano
decotti e preparati a base di piante e funghi dalle proprietà ‘particolari’
per aumentare la resistenza. Stesso discorso per gli Antichi Romani, che
associavano differenti tipologie di carni, a seconda della disciplina, a
sostanze stimolanti. I guerrieri della mitologia nordica si affidavano a
decotti preparati con un fungo alcaloide, dotato di eccellenti proprietà
stimolanti; in America del Sud si utilizzava una miscela a base di coca,
matè e guaranà; in America del Nord dilagava il peyote, una pianta
succulenta contenente la mescalina (sostanza psicotropa
stupefacente); in Africa la miscela dopante era composta per lo più da
foglie di cola, sostanze stimolanti e alcol. Per quanto le origini della
tematica siano piuttosto datate, dietro l’assunzione di sostanze dopanti
si ‘celavano’, allora come oggi, differenti finalità: aumentare la massa
muscolare, diminuire la percezione del dolore e della fatica, modificare
rapidamente il peso. Il 1960, anno in cui durante le Olimpiadi di Roma
muore il ciclista danese Jensen, viene identificato come il periodo
storico nel quale parte ufficialmente la lotta alle sostanze dopanti
assunte dagli atleti. Nel 1966 la federazione internazionale del ciclismo
(UCI) e la federazione calcistica internazionale (FIFA) introducono,
nell’ambito delle rispettive competizioni, i test anti-doping. Nel 1967 il
Comitato Olimpico Internazionale istituisce una commissione medica,
preposta ai controlli e alle analisi, e definisce una lista di sostanze
dopanti, illecite e proibite. Un altro passo importante, tendente verso un
agonismo sano, si registra nel 1988, quando il corridore Ben Johnson
risulta dopato durante le Olimpiadi di Seoul. A seguito di tale evento le
autorità competenti istituirono l’agenzia internazionale WADA (World
Anti-Doping Agency) autrice del Codice Mondiale Antidoping,
successivamente sottoscritto dalle varie federazioni sportive.
Attualmente i controlli sugli atleti sono serratissimi, ma non mancano
tuttavia casi in cui risulta evidente l’assunzione di sostanze illecite e non
consentite dai regolamenti. Nello sport si parla di doping quando
nell’organismo dello sportivo viene rilevata la presenza di sostanze
vietate e/o proibite, assunte con l’intento di modificare in maniera
artificiosa la performance agonistica. Nell’ambito sportivo il doping
rappresenta un’infrazione dei regolamenti e della legislazione penale
italiana; è contrario ai principi di correttezza e ai valori morali e culturali
insiti in tutte le attività sportive praticate a livello agonistico e non. Da
non sottovalutare i rischi per la salute; l’assunzione di sostanze dopanti,
assunte senza una vera e propria esigenza terapeutica, può risultare
dannosa e provocare pericolosi effetti collaterali all’organismo, anche
a distanza di tempo.
In Italia abbiamo delle leggi che permettono molti controlli. È quanto
cita l’art. 1 della Legge 14 dicembre 2000, n. 376 che disciplina in Italia
la tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping. Il
doping è un reato penale, punito fino a tre anni di reclusione (che
possono diventare di più se insorgono danni effettivi per la salute), se ad
essere indotto ad assumere sostanze vietate per doping è un minorenne
o se, a distribuire le sostanze, è un dipendente del CONI.
Solo in presenza di condizioni patologiche dell'atleta documentate e
certificate da un medico e verificata l'assenza di pericoli per la salute, è
consentito un trattamento specifico con sostanze vietate per doping e
la possibilità di partecipare ugualmente alla competizione sportiva. Ma
anche in questo caso il trattamento deve rispondere a specifiche
esigenze terapeutiche e la documentazione deve essere conservata e
tenuta sempre a disposizione dall'atleta. Il controllo anti-doping vero e
proprio sulle competizioni e sulle attività sportive spetta ad alcuni
laboratori accreditati dal Comitato Internazionale Olimpico (CIO). La
lista delle sostanze biologicamente e farmacologicamente attive che
circolano negli spogliatoi e nelle palestre è molto lunga. Si possono
raggruppare in tre categorie principali:
• i farmaci non vietati per doping, ma utilizzati per scopi diversi da
quelli autorizzati
• i farmaci vietati per doping
• gli integratori, ovvero i prodotti salutistici, vale a dire tutti quei
prodotti che servono a reintegrare eventuali perdite di macro e
micronutrienti (sali, aminoacidi, vitamine).
Tra i farmaci vietati per doping, la Eritropoietina (EPO) e i suoi derivati, gli
anabolizzanti e gli stimolanti. La EPO è una glicoproteina prodotta dal
rene che agisce stimolando la proliferazione e la maturazione di globuli
rossi. Il suo uso in medicina è relativo al trattamento dell'anemia nei
pazienti con insufficienza renale cronica. Per questo motivo (ossia per la
sua capacità di regolare la produzione dei globuli rossi e dunque di
aumentare l'apporto di ossigeno nel sangue), è molto diffusa tra ciclisti
e maratoneti, costretti a prestazioni atletiche di lunga durata. Il ricorso
all'EPO comporta rischi non trascurabili per la salute dell'atleta, correlati
all'aumento della viscosità del sangue e della pressione arteriosa, come
ictus, trombosi e infarto del miocardio. Nella pratica sportiva, l'utilizzo di
steroidi anabolizzanti accresce lo sviluppo muscolare, potenziando la
forza fisica e la resistenza allo sforzo. Gli effetti negativi includono tossicità
a carico del fegato, degli apparati cardiovascolare e endocrino,
sviluppo di tumori e disturbi psichiatrici. Gli stimolanti (ad esempio
amfetamine, cocaina, efedrina, pseudoefredina, caffeina) sono
impiegati ad uso doping in quanto aumentano il livello di vigilanza,
riducono il senso di fatica e possono aumentare l'agonismo e
l'aggressività. Altri effetti negativi comprendono disturbi cardiovascolari
fino ad aritmie anche mortali e veri e propri disturbi neurologici e
psichiatrici.
Gli integratori alimentari sono alimenti, che costituiscono una fonte
concentrata di sostanze nutritive, come vitamine e minerali, o altre
sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico. Sono presentati in forme
predosate, come capsule, pastiglie, compresse, pillole, liquidi contenuti
in fiale, flaconi a contagocce e altre forme simili di liquidi e di polveri,
destinati ad essere somministrati in dosi unitarie. In ambito sportivo
vengono spesso usati con la speranza di incrementare la massa
muscolare, ridurre il grasso corporeo, aumentare la velocità, migliorare
la resistenza ed avere un recupero più rapido. Sono facilmente reperibili
in quanto presenti anche sugli scaffali dei supermercati. Dal punto di
vista legale, non essendo considerati farmaci, non sono sottoposti ad
una rigorosa regolamentazione. Per quelli ad uso sportivo è prevista
l'autorizzazione ministeriale, per altri la semplice notifica presso il
Ministero, ma ve ne sono innumerevoli altri ancora, che vanno sotto il
nome di prodotti salutistici (dai prodotti erboristici e dietetici a quelli
omeopatici, dagli antiossidanti alle tavolette energetiche).
Tra le pratiche proibite quelle più diffuse sono:
• Il doping ematico
• Le manipolazioni fisiche e chimiche dei campioni di urina.
Nel primo caso, all'atleta vengono somministrati, per via endovenosa,
sostanze di sintesi correlate all'EPO che migliorano il trasporto di ossigeno
nel sangue.
Un'altra pratica è quella dell'autotrasfusione: l'atleta cioè, si sottopone a
un prelievo di sangue, che, dopo essere stato adeguatamente
conservato e non appena i globuli rossi sono tornati a livello normale, gli
viene trasfuso nuovamente, ottenendo così un incremento del numero
dei globuli rossi. I rischi connessi al doping ematico includono reazioni
allergiche, possibile trasmissione di malattie infettive, sovraccarico del
sistema circolatorio e shock metabolico.
Per manipolazione farmacologica, chimica o fisica quale metodo
doping si intende "l'uso di sostanze e di metodi in grado di alterare
l'integrità e la validità dei campioni di urine utilizzati per i controlli
antidoping". Le manipolazioni vanno dallo scambio dei campioni d'urina
alla diluizione con altri liquidi, fino all'inserimento nella vescica, tramite
catetere, dell'urina altrui. Possono inoltre essere usati i diuretici chiamati
non a caso mascheranti, perché in grado di eliminare più velocemente,
favorendo la diuresi, le sostanze proibite rintracciabili ai test antidoping.
Inoltre, la prima cosa che si esamina nei campioni di urina è il pH, in
quanto è possibile facilitare l'eliminazione di farmaci vietati
alcalinizzando o acidificando l'urina; la seconda è la densità: un'urina
con basso peso specifico, può indicare una manipolazione finalizzata
ad abbassare la concentrazione di un farmaco al di sotto della soglia di
rilevazione.
Il brano che eseguirò, dal titolo C'era una volta in America, è tratto dalla
colonna sonora dell’omonimo film del regista Sergio Leone.
Colonna sonora immortale, scritta e diretta dal maestro Ennio Morricone,
collaboratore di lunga data del regista. Leone infatti non ebbe mai
alcun dubbio sulla scelta musicale. Si dice che la commissionò così tanto
in anticipo che la si poteva ascoltare sul set durante le riprese del film.
La scelta di eseguire le musiche sul set favorì delle interpretazioni migliori
da parte degli attori, che definirono questa tecnica “d'ispirazione”.
Morricone per il film compose delle musiche incantevoli, sicuramente
una delle sue colonne sonore più famose che si adatta perfettamente
all’umore malinconico e romantico della storia, diventando essa stessa
cuore ed anima della pellicola.
Quando si esegue questo brano al pianoforte è fondamentale l’utilizzo
dei pedali, sia quello del piano che quello del forte, che consentono di
lavorare sugli aspetti dinamici. favorendo lo sviluppo di chiaroscuri
sonori. Nel pianoforte verticale di pedali ne abbiamo tre:
• il pedale sinistro, detto anche pedale di una corda che
avvicinando i martelletti alle corde permette di ridurre l’intensità
del suono;
• Il pedale destro che allontanando gli smorzi dalle corde le lascia
libere di vibrare.
• Il pedale centrale, detto anche “sordina” che solitamente non
viene utilizzato nelle esecuzioni ma solo nello studio.
Questo brano, candidato a vari premi internazionali, ha un curriculum
molto ricco da un punto di vista dei riconoscimenti. Infatti, la colonna
sonora del film, considerata da alcuni massimo capolavoro di Ennio
Morricone, ha fatto vincere al suo compositore diversi premi, tra cui: un
Los Angeles Film Critics Awards (1984), un BAFTA (1985) e un Nastro
d'argento (1985), oltre a una candidatura ai Golden Globe del 1985.
Dopo averlo studiato, quando lo eseguo, provo sempre una forte
emozione e penso inoltre a quanto lavoro e studio ci siano dietro una
composizione straordinaria come questa.

Potrebbero piacerti anche