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I t a l i a n i s t i c a s e d i n e n s i s

C o l l a n a d i r e t t a d a A n g e l o R e l l a

gna
TRASMISSIONE DEL TESTO
DAL MEDIOEVO
ALL’ETÀ MODERNA
Leggere, copiare, pubblicare

a cura di
Andrea Piccardi

Szczecin 2012
I t a l i a n i s t i c a S e d i n e n s i s 3
C o l l a n a d i r e t t a d a A n g e l o R e l l a

TRASMISSIONE DEL TESTO


DAL MEDIOEVO ALL’Età MODERNA
Leggere, copia re, pubblicare
a cura di Andrea Piccardi

Comitato scientifico - Rada naukowa:


Pasquale Guaragnella – Università degli Studi di Bari A. Moro
Piotr Salwa – Università di Varsavia
Helene Harth – Università di Stettino
Elvio Guagnini – Università degli Studi di Trieste
Angelo Rella – Università di Stettino

Recenzent:
Stefano Pittaluga – Università degli Studi di Genova

© 2012 Katedra Italianistyki US – Dipartimento di Italianistica US

In copertina - Okładka:
Aristoteles, De interpretatione, Firenze, eredi di Filippo Giunti, 1521,
pagina con postille marginali in latino, al testo greco, di mano di Benedetto Varchi
Firenze, Biblioteca Riccardiana, Stamp. 15826

Kredyt zdięcie: pp. 254-255: Biblioteca Riccardiana – Firenze - Prot.199 Cl.28.13.10.01

Impaginazione - Układ stron:


Edizioni Polistampa – Firenze

ISBN 978-83-7518-498-3
978-83-7867-043-8

Druk i wydanie
volumina.pl Daniel Krzanowski
ul. Ks. Witolda 7-9, 71-063 Szczecin
tel. 91 812 09 08
e-mail: druk@printgroup.pl
Indice

PREFAZIONE IX
di Stefano Pittaluga

INTRODUZIONE XXII
di Andrea Piccardi

IL SAPERE E LA PAROLA. NOTERELLE FILOSOFICO-FILOLOGICHE 1


di Clara Fossati

LEGGERE GIOVENALE NELL’ALTO MEDIOEVO 11


di Stefano Grazzini

IN MARGINE A TITO LIVIO 47


di Giuliana Crevatin

CIMELI PETRARCHESCHI IN UN CODICE DI DANZICA.


LA REDAZIONE ORIGINARIA DELLE INVECTIVE CONTRA MEDICUM 65
di Francesco Bausi

UN HERMAPHRODITUS CENSURATO:
L’EDIZIONE VENEZIANA DEL 1553 87
di Donatella Coppini
LEON BATTISTA ALBERTI LETTORE DELLA BIBBIA 117
di Andrea Piccardi

LORENZO VALLA LETTORE DELLA CIROPEDIA DI SENOFONTE 133


di Laura Saccardi

ANGELO POLIZIANO LETTORE DI PLAUTO (MISCELLANEA I, 66) 149


di Paolo Viti

“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI. GENESI E PROVENIENZA


DI UN DEMOSTENE TRA UDINE E SKOKLOSTER 163
di Pia Carolla

PIETRO SUMMONTE, EDITORE E COPISTA DI GIOVANNI PONTANO.


ALTRE NOTE PER UNA NUOVA EDIZIONE DELL’ACTIUS 197
di Francesco Tateo

I LETTORI DI ARISTOTELE NEL CINQUECENTO:


I LIBRI E LE CARTE DI BENEDETTO VARCHI 237
di Anna Siekiera

“IN PENNA E A STAMPA”: LA CULTURA DEL LIBRO


NELLA SECONDA METÀ DEL ’500
NEI CARTEGGI DI BELLISARIO BULGARINI 273
di Daniele Danesi

LA CORNICE E IL RITRATTO.
RIFLESSIONI ESTETICHE SULLA ‘SOGLIA’ DEI LIBRI 305
di Elisabetta Di Stefano

CLASSICI E MODERNI NELLA BIBLIOTECA “POLACCA”


DI UN ETERODOSSO ITALIANO:
I LIBRI DI GIOVANNI BERNARDINO BONIFACIO 333
di Sebastiano Valerio
LA BIBLIOTECA STROZZI: FORMAZIONE E VICENDE 357
di Paola Pirolo

LE PROVENIENZE DELLA BIBLIOTECA RICCARDIANA DI FIRENZE


LEGATE AL MARCHESE SUDDECANO GABRIELLO RICCARDI 373
di Guglielmo Bartoletti

COPIALETTERE E COPIE DI LETTERE NEGLI ARCHIVI PRIVATI


DELL’OTTOCENTO E DEL NOVECENTO: TESTIMONIANZE
AL GABINETTO G.P. VIEUSSEUX DI FIRENZE 383
di Caterina Del Vivo

IL “GRADO INFINITO” DELLA SCRITTURA:


SU MICROFILM DI ANDREA ZANZOTTO 415
di Alessandro Baldacci

AUTORI 429

INDICI
a cura di Laura Saccardi
INDICE DEI MANOSCRITTI E DEI DOCUMENTI D’ARCHIVIO 441
INDICE DELLE STAMPE ANTICHE 447
INDICE DEI TIPOGRAFI E DEGLI EDITORI ANTICHI 449
INDICE DEI NOMI E DEI LUOGHI 453
INDICE DELLE TAVOLE 475
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI.
GENESI E PROVENIENZA DI UN DEMOSTENE
TRA UDINE E SKOKLOSTER
di Pia Carolla

1. Il manoscritto di Demostene a Skokloster

Sullo scorcio di un fruttuoso periodo di studio in Sve-


zia ho avuto la possibilità di esaminare brevemente il ma-
noscritto greco Skokloster VII.4.14 (già Stockholm, Riksarki-
vet, Skokloster ms. 2).1 Vi si trova una raccolta di alcune

1
La segnatura odierna mi è stata fornita dalla bibliotecaria di Skokloster, Elisabeth
Westin Berg, che non ringrazierò mai abbastanza per la squisita gentilezza e l’effi-
cienza con cui ha assistito le mie ricerche, sia in loco sia a distanza.
Questo articolo non sarebbe stato possibile senza la fattiva collaborazione di tanti bi-
bliotecari, tra i quali mi è caro ringraziare soprattutto Nicola Mantovani della Biblio-
teca del Seminario arcivescovile di Ferrara, Roberta Ribichini e Mauro Mocavini della
Biblioteca Vaticana, Stefano Trovato della Biblioteca Marciana di Venezia, Marina Ve-
nier e Livia Martinoli della Biblioteca nazionale centrale di Roma. Tra il personale del-
l’Archivio di Stato (Riksarkivet) di Stoccolma ringrazio, inoltre, in particolare Lena
Ånimmer (Person, släkt- och gårdsarkiv = Private Archives Department) e Claes Gej-
rot (Enhet Svenskt Diplomatarium = Swedish Diplomatic Department), oltre a tutti gli
assistenti di sala, per la proficua collaborazione iniziata nel 2007.
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

orazioni di Demostene, accompagnata da pochi scoli, dall’a-


nonima vita Demosthenis e dall’epistola di Libanio con cui
questi dedica a Monzio le sue ὑποθέσει̋:2 una raccolta

Tra gli studiosi, mi sia consentito ringraziare di cuore anzitutto Andrea Piccardi, per
aver accolto il mio contributo nel presente volume; inoltre sono estremamente grata ad
Augusto Guida, per i suoi preziosi consigli sull’ambito culturale friulano, ed a Liliana
Cargnelutti, per la squisita disponibilità e la capacità di sintesi in un ambito storico la-
cunoso e complesso, ma anche interessante ed entusiasmante, come quello della di-
spersione di alcune biblioteche friulane di pregio. A Maria Jagoda Luzzatto e David
Speranzi va la mia gratitudine per alcune preziose consulenze.
Il manoscritto di Skokloster, catalogato sommariamente da Graux-Martin nella prima
e pionieristica selezione dei codici svedesi [CH. GRAUX-A. MARTIN, Notices sommaires des
manuscrits grecs de Suède, «Archives des Missions scientifiques et littéraires», s. III, XV
(1889), pp. 293-370: 367-368], appartiene al fondo del castello di Skokloster, i cui mano-
scritti si suppongono da tempo nell’Archivio di Stato di Stoccolma (Stockholm, Rik-
sarkivet); cfr. J.-M. OLIVIER, Répertoire des bibliothèques et des catalogues de manuscrits grecs
de Marcel Richard, Turnhout 19953 (Corpus Christianorum), p. 754; tuttavia alcuni di essi
sono in realtà rimasti (o tornati) a Skokloster e, in particolare, il codice demostenico vi
si trovava sia nel 1935, quando Pierre Costil lo indicava come “Skokloster (Suède), n. 2”
[PIERRE COSTIL, André Dudith, humaniste hongrois, 1533-1589: sa vie, son œuvre et ses ma-
nuscrits grecs, (Collection d’études anciennes publiée sous le patronage de l’Association
Guillaume Budé), Paris 1935, p. 256, n. 1], sia nel 1979, quando Dilts lo catalogava come
“Codex Brahé 2 (Sh), Skokloster, Sweden” [M.R. DILTS, Notes on Demosthenic Mss. con-
taining scholia, «Prometheus», V (1979), pp. 256-266, partic. p. 258 n. 7: “O. Jägerskiöld
of the Riksarkivet, Stockholm, kindly sent me a conspectus of the contents of this ms.
and verifies that it is in fact at Skokloster, contrary to the report of M. Richard”; il rife-
rimento è a M. RICHARD, Répertoire des bibliothèques et des catalogues de manuscrits grecs.
Supplément 1 (1958-1963), Paris 1964, p. 56]. Per una panoramica sui fondi del Riksarki-
vet cfr. la preziosa opera in svedese di INGEMAR CARLSSON, Riksarkivets beståndsöversikt.
Del 8.1-3. Enskilda arkiv: person-, släkt- och gårdsarkiv [Indagine sul patrimonio dell’Ar-
chivio di Stato. Parte 8.1-3. Archivi privati: archivi personali, familiari e patrimoniali],
bearbatad av Gun-Britt Aagård, Kerstin Abukhanfusa, Lars-Olof Skoglund, Lars-Olof
Welander, I-III (Skrifter utgivna av Svenska Riksarkivet 8), Stockholm 2006; in partico-
lare sulla collezione di Skokloster, dai nobili proprietari Brahe consegnata a Riksarkivet
nel 1929 e nel 1968 acquisita dallo Stato, si veda il vol. III, pp. 1116-1118.
2
Per il testo della dedica al proconsole di Costantinopoli del 352 si veda l’edizione di
R. FOERSTER: Libanius, Opera, Lipsiae 1915, VIII, pp. 600-607; si noti che il manoscritto

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“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

molto comune nei recentiores e in questo caso, almeno per


quanto riguarda gli scholia, probabilmente copiata diretta-
mente dal Parigino Greco 2997 (XIII-XIV sec.), a sua volta
apografo del ms. Lambeth Palace 1027 (XIII-XIV sec.).3
Tuttavia il manoscritto di Skokloster presenta anche
una particolarità che lo differenzia dagli altri recentiores:
esso premette all’antologia demostenica il trattato di Dio-
nigi di Alicarnasso, de Demosthenis dictione, che in genere è
tràdito a parte4 e che qui invece occupa i ff. <1>r-31r del co-
dice. Proprio sui primi fogli conviene soffermarsi per indi-
viduare anzitutto un noto copista. In seguito sarà bene af-
frontare la questione dei possessori, almeno tra Seicento e
Settecento.

di Skokloster non figura nell’elenco dei 131 codici con gli argumenta Demosthenica di
Libanio collazionati da Foerster, cfr. pp. 575-597. Per la figura di Monzio Magno si
vedano A.H.M. JONES-J.R. MARTINDALE-J. MORRIS, The Prosopography of the Later Roman
Empire, I. A.D. 260-395, s.v. Montius Magnus 11, pp. 535-536; A.F. NORMAN, The library
of Libanius, RhMus, CVII (1974), pp. 158-175: 169. Per il valore pedagogico dell’intro-
duzione di Libanio a Demostene cfr. R. CRIBIORE, The school of Libanius in late antique
Antioch, Princeton 2007, p. 157.
3
Così Dilts, Notes (cit. n. 1), p. 258.
4
A mia conoscenza, l’unico ad occuparsi en passant del ms. Skokloster (dopo la cata-
logazione Graux-Martin) è Costil, André Dudith, (cit. n. 1), p. 256, n. 1. Egli si limita a
notare la particolarità della raccolta; per la sua impressione che si tratti di descriptus
si veda qui, infra, § 3 e n. 21. Basandosi su Costil e, in particolare, sulla sua inedita
dissertazione (P. COSTIL, Recherches sur la tradition manuscrite des Opera Rhetorica de
Denys d’Halicarnasse, Paris 1949), non menzionano il ms. Skokloster né l’edizione pa-
rigina di Germaine Aujac (Denys d’Halicarnasse, Opuscules Rhétoriques, tome II. Dé-
mosthène, texte établi et traduit par G. Aujac, Paris, Les Belles Lettres, 1988), pp. 34-36,
né lo studio di Sotera Fornaro sulla tradizione degli opuscula rhetorica di Dionigi [S.
FORNARO, Dionisio di Alicarnasso. Epistola a Pompeo Gemino, (Beiträge zur Altertum-
skunde 95) Leipzig 1997, pp. 23-27].

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TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

2. Michele Suliardo e la sua scrittura

Nel poco tempo a mia disposizione ho potuto anno-


tare solo qualche dato del codice di Skokloster, che intendo
esaminare con più calma. Tuttavia, per farsi un’idea del ma-
nufatto, basti accennare che il manoscritto è in-quarto, di di-
mensioni ridotte, e sicuramente ha sofferto di una pesante
rifilatura nel taglio di testa, tanto da aver perso abbastanza
degli scholia nel margine superiore.5 Poco, invece, manca in
quello inferiore: infatti nel taglio di piede si notano ancora le
tracce della doratura originaria con impressioni, laddove i
tagli attuali sono spruzzati di rosso.
Si tratta di 364 fogli di carta italiana, non tutti nume-
rati, con la filigrana di un cappello cardinalizio che dovrebbe
essere molto comune e che invece non trova riscontri iden-
tici nei repertori: i paralleli più vicini si aggirano in Veneto
nell’ultima decina d’anni del XV secolo.6 Se non è possibile
misurare la filigrana e riprodurla interamente, a causa del

5
Cfr. ad es. f. <182>r, dove ne rimane solo un rigo.
6
Poiché il codice è in-quarto, non è possibile misurare esattamente le dimensioni della
filigrana nella piegatura; inoltre non è visibile la contromarca, per quanto ho potuto
constatare. Comunque, il galero ha “cupola tonda” e misura 44 mm di larghezza e 23
di altezza dalla linea orizzontale del cappello alla sua sommità (escludendo dunque
tutta la parte delle filigrana sotto tale linea e, in particolare, le lunghe “code”). I pa-
ralleli più simili sono lo Chapeau di Briquet 3400 (attestato nell’anno 1488, Udine; esso
ha la medesima altezza ma è sensibilmente più stretto, con i suoi 40mm, e si presenta
a “cupola piana”; una var. sim. a 3400, secondo Briquet stesso, si trova a Vicenza, negli
anni 1487-92; cfr. E. BODEMANN, Xylographische und typographische incunabeln der köni-
glichen Öffentlichen bibliothek zu Hannover, Hannover 1866, n. 81 [Venezia 1488]; cfr. F.
ONGANIA, L’arte della stampa nel Rinascimento italiano, Venezia 1895-96, p. 85, n. 21 [Ve-
nezia 1490]) e il galero di Likhachev 3505 (aa. 1488, 1492, 1498), che ha 2 mm in più di
altezza ed 1 in più di larghezza ed è, anch’esso, “a cupola piana”.

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“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

formato in-quarto – difficile tra l’altro è anche vederla tra le


fitte righe del testo, di interlineo ridotto – ne è invece asso-
lutamente agevole l’identificazione, grazie ai ff. <317-323>,
bianchi e non numerati, che precedono l’ultima sezione del-
l’antologia demostenica, l’orazione de corona.7 Grazie alla
presenza di 7 fogli privi di testo e ben conservati si può es-
sere certi che la filigrana sia la stessa in tutti i fascicoli, pur
con le consuete oscillazioni di disegno delle gemelle.
Al proposito risultano assai interessanti le somi-
glianze con la filigrana inedita dei manoscritti degli oratori
attici minori che potrebbero, secondo i recenti studi di David
Speranzi, essere stati vergati a Corfù nell’ambito di Giovanni
Mosco, prima del 1491, per poi essere trasportati in Italia da
Giano Lascari e/o dai copisti che lo seguirono a Firenze nel
viaggio del 1491-1492.8 Su tale ipotesi conviene ritornare tra
poco, dopo aver meglio inquadrato il codice e la sua genesi,
per quanto attualmente possibile.
Il codice di Skokloster appare frutto di collaborazione
tra più copisti ed è predisposto per accogliere gli scoli nel
margine superiore, esterno e inferiore, secondo un’impagi-
nazione molto accurata che in realtà, poi, rimane spesso
priva di marginalia.

7
Nel codice l’unico titolo recita: ἑτέρα ὑπόθεσι̋ τοῦ περὶ στεϕάνου.
8
D. SPERANZI, Giano Lascari e i suoi copisti. Gli oratori attici minori tra l’Athos e Firenze, «Me-
dioevo e Rinascimento», n.s., XXI (2010), pp. 337-377: in particolare, su Michele Suliardo,
si vedano le pp. 350-353; 361-367. Molto attesa l’annunciata monografia dello stesso au-
tore su Marco Musuro. Libri e scrittura, in corso di pubblicazione presso l’Accademia Na-
zionale dei Lincei, con un approfondimento quanto mai necessario sull’ἐργαστήριον di
Giano Lascari e sui copisti greci che vi si coinvolgono nel 1492-1494/5, tra cui Suliardo.

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TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

I primi fogli, per quanto ho potuto verificare dalla


scrittura in assenza di subscriptio, possono essere con sicu-
rezza attribuiti alla mano di Michele Suliardo (RGK I 286 =
II 392 = III 468) grazie al confronto con il manoscritto di Mo-
dena, Biblioteca Estense e Universitaria α.T.9.6 (40)9 e, ancor
più, con Madrid, Biblioteca Nacional 4612,10 entrambi da lui
sottoscritti.
Come è possibile verificare nella tav. 1 (Skokloster
VII.4.14, f. <1>r), sono molto simili alla mano di Suliardo sia
l’impronta cancelleresca della scrittura e la sua inclinazione
verso destra, sia l’interlineo, la frequente alternanza di for-
mato delle lettere e la rilevante percentuale di abbreviazioni.
Inoltre, per citare solo i tratti più significativi, si pos-
sono notare le consonanze:
– la morbida legatura αθ: Skokloster f. <1>r, ll. 20 προπαθεῖν;
si noti che il testo acefalo di Dion. Hal. de Demosth. inizia a l.
2 del f. <1>r, sebbene nella tavola non si distingua bene il ti-
tolo in rosso (l. 1: + περὶ τῆ̋ δηµοσθένου̋ λέξεω̋); l. 26
(ἀγαθοὺ̋); così RGK IC, ll. 1, 5 καθόλου); cfr. Matrit. f. 3v,
l. 7 (καθ΄αὑτὴν);
– (παρὰ): Skokloster, l. 16, cfr. RGK IC, l. 1; (παρα-): Skokl. l.
17 (a fine rigo), cfr. Matrit. f. 3v, l. 12;

9
Il ms. è datato 20 ottobre 1489, a Methone; la tavola del f. 3v si trova in RGK IC 286.
10
Per il Matritense 4612 si vedano le tavole di Michele Suliardo nell’Álbum de copistas de
manuscritos griegos en España, a cura di Felipe G. Hernández Muñoz e dei suoi collabo-
ratori dell’Università Complutense di Madrid. Seminario para el estudio de los manu-
scritos griegos en España (S.E.M.G.E.), cfr. http://www.ucm.es/info/copistas/
dib/letra169.png (f. 3v); http://www.ucm.es/info/copistas/dib/subsc169.png (f. 59v,
subscriptio).

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“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

Tav. 1. SKOKLOSTERS SLOTT, BIBLIOTEK, ms. VII.4.14, f.


<1>r. Copista qui identificato con Michele Suliardo;
nota di possesso di Lucrezio Palladio.

– legatura πλ con π minuscolo: Skokloster, all’inizio di l. 8


πλήκτω, cfr. RGK IC, l. 1 πλησί(α̋);
– legatura προ con il tratto inferiore del rho che si adagia pa-
rallelo al rigo: Skokl. l. 2 προ(γε)νοµ(έν)(ων); l. 9
πρόϕασι̋; cfr. RGK IC, l. 21 πρόγνωσιν. La stessa legatura,
invece, tra rho ed omicron è ad angolo acuto in Skokl. l. 11
προβουλεύσθ(αι), cfr. RGK IC, l. 5 προϊούση̋;

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TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

– legatura στερ: Skokl. l. 2 ἀϕυστερίζοντα, RGK IC l. 19


ἀστέρ(ων);
– legatura ὑπερ- con ampio υ e π minuscolo: Skokl. l. 3; Ma-
trit. f. 3v, l. 13; cfr. anche gli amplissimi υ in RGK IC, ad es.
l. 15 αἱγύπτω (sic).
– sigma aperto in legatura, simile ad υ: Skokl. l. 8 ἀσϕάλ(ει)α;
Matrit. f. 3v, l. 13 τυγχάνουσα;
– legatura sigma-tau a forma, per così dire, di piccolo epsilon
aperto (ovvero con il tratto inferiore che tende ad incurvarsi
verso la lettera seguente, anziché verso sinistra): Skokl. l. 27
προστάτα̋; Matrit. f. 59v l. 8 ἄριστα; altrove invece con
tratto diritto, Skokl. l. 9 πιστὸ̋.
Le analogie sono tanto più significative quanto più si
consideri che questa mano, come la maggior parte delle
umanistiche, varia continuamente non solo il formato, ma
anche il tratteggio delle lettere.11 Così, ad esempio, la stessa
legatura αθ è tutt’altro che morbida nello stesso ms. di
Skokloster, f. <1>r, l. 16 (καθεστῶτα̋); la legatura πλ se-
guita da η ha sia π sia η maiuscoli nel Matritense, f. 3v, l. 5
πληρ(οῦ)τ(αι) ed ha π minuscolo ma comunque tratteggio
diverso al f. 59v, l. 2 πλ(εί)(ου̋). Per il tratto sigma-tau, si
vedano ancora sullo stesso rigo 2 del ms. di Skokloster le
differenze tra ἀϕυστερίζοντα e πύστει.
Una volta identificata la mano del copista, si può pas-
sare ad esaminare la genesi del codice.

Cfr. ad es. P. ELEUTERI-P. CANART, Scrittura greca nell’Umanesimo italiano, Milano 1991,
11

pp. 133-134 (Ermolao Barbaro).

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“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

3. Corfù, Firenze o Venezia?

Almeno per la parte iniziale, ovvero per il trattato di


Dionigi di Alicarnasso su Demostene, il manoscritto di Skok-
loster deriva senza dubbio dallo stesso manoscritto Z, ace-
falo ed assai malridotto, che fu copiato più volte, probabil-
mente a Venezia intorno al 1480, e poi si perse definiti-
vamente.12
Inoltre, il testo del de Demosth. occupa 32 fogli nel
ms. Skokloster, proprio come nell’Ambrosiano D 119 sup.,
ff. 98-139 (copia diretta di Z), che si deve alla mano di Gio-
vanni Roso, a Venezia, e fu acquistato da Giorgio Merula
(ca.1430-1494) il 16 novembre 1482.13 Tra l’altro, la prima
parte del testo nell’Ambrosiano (ff. 98-114) ha la filigrana di
un galero che trova paralleli alla fine degli anni Settanta del
XV sec. Questo, tuttavia, in base alle indicazioni di Costil-
Aujac, è un cappello cardinalizio sensibilmente diverso
dalla carta di Skokloster.14 Esso si ritrova, secondo Aujac,
anche nel manoscritto Mutinense α. K. 5. 15 (Puntoni 68),
ff. 17-50, di cui Costil evidenzia l’appartenenza a Giorgio

12
Gli studi più approfonditi su Z sono quelli di P. Costil (v. supra n. 4); si veda l’accu-
rata sintesi di Aujac in Denys d’Halicarnasse, Opuscules (cit. ibid.), t. II, pp. 33-34, che
di Costil ha consultato anche la dissertazione inedita del 1949, a me inaccessibile.
13
V. da ultimo N. ZORZI, Un feltrino nel circolo di Ermolao Barbaro: il notaio Tommaso Za-
netelli, alias Dydimus Zenoteles, copista di codici greci (c. 1450-1514), in Bellunesi e Feltrini
tra Umanesimo e Rinascimento. Filologia, erudizione e biblioteche. Atti del Convegno di
Belluno, 4 aprile 2003, a cura di P. Pellegrini, Roma-Padova 2008 (Medioevo e Uma-
nesimo, 113), pp. 43-106 (e tavv. IV-XI): 69.
14
Aujac (cit. n. 4), p. 34, rimanda al tipo Briquet 3388 (Firenze 1475-79; var. ident. Ve-
nezia 1480). Tale filigrana è simile al ms. Skokloster solo per le dimensioni del cappello
(46×25mm), non per forma.

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TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

Valla e poi ad Alberto Pio, dunque la medesima origine ve-


neziana dell’altro.15
Ancora più stringenti i paralleli tra Skokloster ed il
Marciano Greco app. X. 34 (coll. 1449), vergato da Ermolao
Barbaro il Giovane (1454-1493) per i primi quattro fascicoli
fino al f. 31v e poi proseguito dal suo segretario, Tommaso
Zanetelli, alias Didymus Zeneteles, che sottoscrive al f. 119v,
dando notizia di entrambe le mani.16 Si tratta di un mano-
scritto in cui il trattato de Demosthene occupa i primi 32 ff. ed
ha quasi sempre 31 righe per pagina; la stessa posizione al-
l’inizio del manoscritto, lo stesso numero di fogli e di righe
per pagina, con sporadiche variazioni di queste ultime, si
trovano nel codice Skokloster.
Le filigrane del Marciano, indicate nel catalogo
Mioni, sono di tipo estremamente comune in ambito veneto
e, più in generale, italiano; la loro identificazione, tuttavia,
non è sempre corroborata da riscontri nei repertori. Grazie
alla cortesia di Stefano Trovato, che ha controllato il mano-
scritto per me, posso confermare che la mano di Ermolao si

15
Per la biblioteca di Giorgio Valla si vedano G. AVEZZÙ, Ἀνδρονίκια γράµµατα: per
l’identificazione di Andronico Callisto copista. Con alcune notizie su Giano Lascaris e la bi-
blioteca di Giorgio Valla, in “Atti e memorie dell’Accademia patavina di scienze lettere
ed arti. Memorie della classe di scienze morali, lettere ed arti”, 102.2 (1989-1990), pp.
75-93; A. TESSIER, Un corso veneziano su Sofocle di Giorgio Valla (con un piccolo “adden-
dum” euripideo), «Italia medievale e umanistica», XCIV (2003), pp. 189-198 e tavv. VII-
VIII.
16
Aujac (cit. n. 4), p. 34. Sulla biblioteca di Ermolao Barbaro cfr. M. ZORZI, I Barbaro e
i libri, in Una famiglia veneziana nella storia: i Barbaro. Atti del convegno di studi in oc-
casione del quinto centenario della morte dell’umanista Ermolao. Venezia, 4-6 no-
vembre 1993, raccolti da M. Marangoni-M. Pastore Stocchi, Venezia 1996, pp. 363-396:
376-383. Per il secondo copista si veda N. ZORZI, Un feltrino (cit. n. 13).

172
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

arresta alla fine del f. 31r, come indicato da Mioni,17 e posso


escludere che i primi quattro fascicoli, quelli con il de Demo-
sthene, abbiano lo stesso galero del codice Skokloster.
Ora, la copia di mano di Ermolao Barbaro è sicura-
mente anteriore al 1493 (quando l’umanista muore di peste
a Roma) e, sebbene non datata, probabilmente coeva al-
l’Ambrosiano e all’Estense (ca. 1482) in quanto derivata di-
rettamente da Z che poco dopo il 1480, a Venezia, scompare.
«L’ambiente veneziano, e il circolo di Ermolao in particolare,
ebbero quindi importanza fondamentale per la diffusione
degli opuscoli di Dionigi», per usare le parole di Nicolò
Zorzi.18 Verosimilmente il codice di Ermolao, visto che oggi
è in Marciana, rientra nella parte di biblioteca dei Barbaro
rimasta a Venezia, allorché invece l’umanista, suo malgrado
nominato patriarca di Aquileia nel 1491 a dispetto della Re-
pubblica veneziana, è costretto a trasferirsi in esilio a Roma.19
È facile, di conseguenza, ipotizzare che anche il co-
dice di Skokloster, almeno per la parte di Dionigi di Alicar-
nasso, de Demosthene, sia stato prodotto in ambito veneto.
Inoltre la carta del manoscritto che oggi si trova in Svezia è,
per quanto ho potuto verificare, identica per tutto il codice:

17
E. MIONI, Bibliothecae Divi Marci Venetiarum Codices Graeci (Ministero della Pubblica
Istruzione, Indici e Cataloghi n.s. VI 3), Romae 1972, vol. III, p. 67, dove si indica il nu-
mero del f. 31; occorre comunque precisare che Ermolao ne scrive solo il recto, men-
tre su f. 31v subentra già Zanetelli, che poi verga i successivi fascicoli fino al f. 119
dove sottoscrive. Le indicazioni degli studiosi oscillano talora tra f. 31 e f. 32, in modo
non sempre esatto né coerente. Il dettaglio è correttamente ricostruito da N. Zorzi (cit.
n. 13), p. 70.
18
ZORZI, Un feltrino (cit. n. 13), p. 70.
19
E. BIGI, s.v. Barbaro, Ermolao (Almorò), in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1964,
VI, pp. 95-99.

173
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

dunque esso potrebbe essere stato prodotto interamente a


Venezia o dintorni.
Ciò interessa particolarmente per la possibile con-
nessione con l’Aldina del 1504: a partire da tale data Scipione
Carteromaco e Aldo Manuzio pubblicano l’editio princeps del
corpus di Demostene, orr. 1-61, le cui fonti manoscritte non
sono state ancora del tutto chiarite.20 Vi può essere stato un
ruolo di Michele Suliardo in tutto questo?
Anche riguardo al trattato di Dionigi di Alicarnasso,
il codice Skokloster va investigato meglio: Costil, infatti, si è
basato solo su alcune foto dei primi fogli di Skokloster, come
ci informa lui stesso,21 per collocarlo nello stemma. Non sarà
inutile precisare che sia l’Ambrosiano D 119 sup., sia il Mo-
dena, Biblioteca Estense e Universitaria, α. K. 5. 15, sia il
Marciano Greco app. X. 34 sono copie dirette di Z, mentre,
secondo Costil, il manoscritto di Skokloster pare descriptus
dall’Ambrosiano e così, di fatto, nell’edizione di Aujac non
viene neppure menzionato. Tuttavia rimane da verificare se
Skokloster sia una copia diretta del Marciano, anziché del-
l’Ambrosiano, oppure, addirittura, un testimone indipen-
dente di Z.
In entrambi i casi si aprirebbero nuovi scenari: ipo-
tizzare una dipendenza dal codice di Ermolao potrebbe col-
locare la copia altrove, sempre in Italia ma non in Veneto,

20
M.R. DILTS, Praefatio, in Demosthenes, Orationes, Oxonii 2002, I, p. xii; A. CATALDI
PALAU, Gian Francesco d’Asola e la tipografia aldina, Genova 1998, pp. 99-100 (Paris. gr.
2938); F.-G. HERNÁNDEZ MUÑOZ, Notas al Matritensis núm. 4647: Constantino Láscaris y
el texto de Demóstenes, CFC 10 (2000), pp. 253-256.
21
COSTIL, André Dudith,(cit. n.1), p. 256, n. 1.

174
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

dati gli spostamenti del Barbaro e del copista Zanetelli al suo


seguito; pensare ad una copia diretta di Z equivarrebbe in-
vece a collocare il manoscritto a Venezia, ma anche ad al-
zarne la datazione ai primi anni Ottanta, contrariamente agli
indizi delle filigrane.
A proposito di queste ultime, conviene adesso af-
frontare la questione della somiglianza, davvero impressio-
nante, con la carta dei manoscritti lascariani o, almeno, pro-
dotti in Grecia per Lascari. Come emerge dagli approfonditi
studi di David Speranzi, almeno tre manoscritti degli oratori
attici cosiddetti minori vengono approntati intorno a Gio-
vanni Mosco, con ogni verosimiglianza a Corfù, per la bi-
blioteca medicea privata: Laur. Plut. 69.14, Laur. Plut. 58.2 e
Ambr. A 99 sup., ff. 217-265; essi sono portati a Firenze (“so-
luti et non ligati”) nel viaggio di Giano Lascari del 1491-1492
e dunque devono essere stati prodotti entro tale data, vero-
similmente poco prima, in quanto commissionati dallo
stesso Lascari all’inizio della sua trasferta in Oriente.22
Tutti e tre condividono una filigrana inedita, simile
a Briquet 3400 e identica nelle varianti delle gemelle, di una
carta che, a quanto pare, Lascari stesso ha portato con sé dal-
l’Italia in abbondanza allo scopo di procurare copie di qua-
lità a Lorenzo de’ Medici.
Ora va osservato che tale filigrana, pur inedita, è
molto più simile a quella di Skokloster che allo stesso Cha-
peau di Briquet 3400. Presenta, infatti, una larghezza para-
gonabile del galero, laddove a Briquet mancano ben 4 mm;

22
Sui delicati problemi della cronologia lascariana si veda la sintesi di Speranzi, (cit.
n. 8), in particolare le pp. 365-366.

175
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

un’altezza quasi identica, mentre nel modello del repertorio


si trovano dai 3 ai 5 mm di meno; una certa distanza tra il
galero ed il fiocco sotto di esso, che invece sono attaccati
nello specimen di Briquet. Pertanto, la carta dei manoscritti
“lascariani” può essere considerata vicinissima a quella di
Skokloster. Certamente, le due non sono identiche: anzitutto
la cupola della prima non è perfettamente tonda (né piana
come Briquet 3400), ma segue una curva un po’ irregolare;
inoltre c’è sempre qualche millimetro di differenza nelle di-
mensioni. Tuttavia, i due specimina danno l’impressione di
poter rientrare nelle varianti di una stessa cartiera, magari a
qualche anno di distanza.23
Tali considerazioni, comunque, non attenuano il pro-
blema della localizzazione della copia.
Anzitutto la prudenza è d’obbligo, trattandosi di fili-
grana Chapeau e dunque di un tipo molto diffuso: le impres-
sioni, in questo campo, non possono trasformarsi in prove
certe.
In secondo luogo, la stessa carta “lascariana” è ser-
vita per realizzare l’altro Laurenziano degli oratori attici mi-
nori, il Plut. 4.11, che viene sì commissionato in Grecia, ma
a Vatopedi, sull’Athos, ed ivi esemplato sul modello del
Crippsianus (oggi Londra, British Library, Burney 95).24

23
Si ricordino le misure del galero Skokloster e di Briquet 3400 (v. supra n. 6). Per il
confronto con la filigrana inedita dei manoscritti degli oratori minori, ho personal-
mente visionato i codici Laur. Plut. 4.11 e 69.14.
24
Si veda la panoramica bibliografica di W. WYSE, Critical Introduction, in Id., The Spee-
ches of Isaeus, Cambridge 1904 (rist. Hildesheim 1967), p. I.

176
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

In terzo luogo, ed è questo il fattore più importante,


la presenza di Michele Suliardo nei primi fogli del codice col-
loca con certezza il codice Skokloster a fine Quattrocento in
un fervido ambito di copia, ma esso è talmente produttivo da
necessitare ancora un’adeguata indagine. Suliardo, infatti,
collabora molto e si sposta solo temporaneamente da Corfù
a Firenze nel 1491-1492, per poi allontanarsi dall’ambito me-
diceo dopo il 1494-1495 per ovvie ragioni politiche. Anche
volendo ipotizzare che il Demostene in questione sia stato
prodotto per Lascari, non si riesce a collocarlo in Grecia né,
più precisamente, nell’ambito di Corfù, a meno di supporre
che anche Z a Venezia sia arrivato dall’Oriente, tramite La-
scari;25 su questo, però, è difficile raggiungere una conclu-
sione poiché Z è andato perduto troppo presto. È molto più
probabile che Suliardo abbia realizzato la propria antologia
demostenica, con il guizzo di originalità di premettervi il de
Demosthene di Dionigi, in Italia e grazie alla disponibilità di
umanisti della cerchia di Ermolao Barbaro, sebbene non ne-
cessariamente in Veneto. In effetti, gli scambi tra Venezia e
Firenze non mancano: solo per citare un esempio, nel 1492,
poco prima di morire, Lorenzo de’ Medici si fa copiare il co-
dice di Stefano di Bisanzio della biblioteca Barbaro dallo
stesso Giovanni Roso che dieci anni prima ha copiato il de
Demosthene per Giorgio Merula.26

25
D. SPERANZI, Per la storia della libreria medicea privata. Il Laur. Plut. 58.2, Giano Lascaris e
Giovanni Mosco, «Medioevo e Rinascimento», n.s., XVIII (2007), pp. 181-215: pp. 196-208.
26
S. GENTILE-Biblioteca medicea laurenziana-Comitato nazionale per le celebrazioni
del V centenario della scoperta dell’America, Firenze e la scoperta dell’America. Umane-
simo e geografia nel ’400 Fiorentino, Firenze 1992, p. 60.

177
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

In altre parole, in attesa di una monografia su Mi-


chele Suliardo e sui suoi spostamenti, conviene sospendere
il giudizio e approfondire lo studio sui collaboratori del co-
dice demostenico, che al presente non è possibile collocare
con più precisione.

4. Due note di possesso e quasi settant’anni di oscurità

Nonostante la rifilatura e la perdita di eventuali fogli


di guardia originari, sul f. <1>r si legge ancora una nota di
possesso (tav. 1) che ha attirato la mia attenzione:

mei Lucretij Palladij 1670

Indubbiamente il possessore utilizza un latino poco


elegante; d’altra parte, grazie alla fierezza con cui si è an-
notato in prima fronte ci consente di metterci sulle sue tracce.
Dal 1670 devono passare quasi settant’anni perché,
nel 1739, il manoscritto venga rilegato a Stoccolma da un
nuovo proprietario, il conte Carl Gustav Bielke. Questi ne fa
segnare la provenienza immediata sulla controguardia ante-
riore: si tratta, a suo dire, di un dono che ha ricevuto quando
era governatore di Gefle (“Gävle”, secondo l’odierna grafia),
nella Svezia del nord. Vi è indicata anche la data della lega-
tura in mezza pelle bianca, con carta marmorizzata e tagli
spruzzati di rosso, «23.Oktober 1739.», il luogo, «Stockholm»,
ed il prezzo, 4 corone svedesi.
In effetti il conte Carl Gustaf Bielke (1683-1754), figlio
di Nils, è un diplomatico che viaggia a Parigi per conto della
corona svedese nel 1719 e dai primi anni Venti tesse una trama

178
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

di rapporti con la nobiltà europea; è poi governatore della


contea di Gästrikland, con sede nella città di Gävle, per circa
un decennio (1727-1739) e diviene presidente della tesoreria di
Stato a Stoccolma esattamente nel 1739, quando fa rilegare il
Demostene greco.
È famosa la sua passione per i libri, che egli cerca
avidamente sul mercato antiquario in patria e all’estero, ri-
ceve anche spesso in dono ed accumula nella biblioteca del
castello di Salsta, nell’Uppland: la ricca collezione, che ar-
riva con Carl Gustaf a contare non meno di 8.000 volumi tra
manoscritti e stampati, confluisce in seguito in quella di
Skokloster tramite il nipote di Bielke, Erik Brahe (1722-
1756).27
Se dobbiamo credere all’indicazione sulla contro-
guardia anteriore, il volume è donato a Bielke mentre si
trova nel Gästrikland, dunque tra 1727 e 1739.
Come può esservi arrivato e chi è il misterioso Lu-
crezio Palladio che lo possedeva nel 1670, quasi settant’anni
prima?

27
E. WESTIN BERG, Carl Gustaf Bielkes bibliotek [La biblioteca di Carl Gustaf Bielke], in C.
Bergström (ed.), Skoklosters slott under 350 år [Il castello di Skokloster nel corso di 350
anni], Stockholm 2004, pp. 203-225; G. BARBER-B. FABIAN, Buch und Buchhandel in Eu-
ropa im achtzehnten Jahrhundert, (Wolfenbütteler Schriften für Geschichte des Bu-
chwesens 4), Hamburg 1981, pp. 234–237; D.H. STAM, International dictionary of li-
brary histories, Routledge 2001, p. 697. Per la biografia, un’utile sintesi si trova ancora
nella voce del Dizionario svedese del 1924: G. CARLQUIST, s.v. Carl Gustaf Bielke [Bielke
n. 26], in J.A. ALMQUIST-S.J. BOETHIUS-E. NAUMANN-H. SCHUECK-L. STAVENOW, redak-
tor B. Boethius, Svenskt Biografiskt Lexikon, Stockholm 1924, IV. Berndes-Block, pp.
257-261.

179
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

5. Lucrezio Palladio degli Olivi, gli Sventati di Udine ed i “libri


dottissimi”

Per quanto il nome possa sembrare abbastanza co-


mune, i repertori biografici28 ci danno notizia solo di due Lu-
crezio Palladio: si tratta degli omonimi Lucrezio Palladio
degli Olivi senior e iunior, due nobili friulani di Udine, ri-
spettivamente nonno e nipote. Purtroppo, solo di quest’ul-
timo sappiamo le date esatte di nascita e di morte (1697-
1767), mentre per Lucrezio senior è probabile che la nascita
vada collocata nei primi anni del Seicento e la morte intorno
al 1685.29 Per ovvi motivi cronologici, il possessore del De-
mostene nel 1670 deve essere il nonno, visto che in tale data
Lucrezio iunior non è ancora nato. Di Lucrezio senior non è
conservato alcun autografo, a mia conoscenza:30 dunque, a
rigore, non si può essere del tutto certi dell’identità del pos-
sessore poiché il cognome Palladio è diffuso e talora usato

28
Si fa riferimento all’intera collana, di respiro mondiale, dei K. G. Saur Verlag’s Bio-
graphical Archives, oggi reperibili anche nel database integrato World Biographical Infor-
mation System Online (WBIS Online, http://www.degruyter.com/cont/imp/
saur/saurGvEn.cfm?rc=35520&fg=AT-01), da me consultata per tutti i volumi dispo-
nibili, così come ai repertori biografici, nazionali o locali, di cui gli Indices danno no-
tizia. Cfr. ad es. T. NAPPO, Indice Biografico Italiano, 1-10, München 20074.
29
È da attendere con vivo interesse la prossima monografia di Liliana Cargnelutti,
con un inedito di Lucrezio Palladio iunior ed uno status quaestionis sulla storia fami-
liare dei Palladio degli Olivi. Devo alla sua squisita gentilezza la maggior parte delle
notizie biografiche su Lucrezio Palladio senior, il possessore del manoscritto. Scarne,
infatti, risultano le notizie edite: si veda la sintesi in L. CARGNELUTTI, s.v. Palladio degli
Olivi Lucrezio, cronista, in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani, a cura di C. Sca-
lon-C. Griggio-U. Rozzo, vol. II. L’età veneta, Udine 2009, pp. 1905-1909.
30
Faccio riferimento ancora alla bontà di L. Cargnelutti, che mi conferma il dato.

180
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

per latinizzare le più diverse famiglie.31 Tuttavia, il binomio


con Lucrezio non è affatto comune, trovandosi attestato solo
nel caso dei due Palladio degli Olivi.
Certo, è da auspicare che Liliana Cargnelutti esplori
presto le note di possesso nella biblioteca Florio, a Udine, di
cui è esperta, per verificare se vi sono conferme della stessa
provenienza32 e, dunque, dell’identificazione del nostro Lu-
crezio con il Palladio degli Olivi.
Va inoltre evidenziato che, proprio per l’assenza di
altri autografi, la nota di possesso del manoscritto greco di
Skokloster è un apporto prezioso per individuare eventuali
inediti anonimi di Lucrezio senior.
Di certo, con lo stesso latino inelegante di quest’ul-
timo è vergata la nota di Pierpaolo Pellario di San Daniele, in
Friuli, sul f. 3v del manoscritto greco di Esopo: «Est mei Petri
Pauli Pellari Sand<anielensis>».33 Si noti che tale codice, oggi

31
Per citare solo i più noti, oltre ad Andrea Palladio, si ricordino i nomi degli umani-
sti Blosius Palladius (Biagio Pallai), e i fratelli danesi Petrus e Nicolaus (Peder, 1503-
1560, e Niels, 1541-1596) Palladius.
32
Sul dono di parte dei libri Palladio degli Olivi alla famiglia Florio nel 1783 si veda
L. CARGNELUTTI, La biblioteca di Daniele Florio in Udine, in Nel Friuli del Settecento: bi-
blioteche, accademie e libri, a cura di U. Rozzo, Tavagnacco (Udine) 1996, t. II, pp. 9-19;
Ead., Antonio Zanon e la famiglia Florio, «Metodi e ricerche», n.s., XII (1992), 1, pp. 79-
114. Per i tesori della biblioteca Florio si vedano C. Scalon, Su alcuni codici ritrovati
della biblioteca Florio, «Memorie Storiche Forogiuliesi», 83 (2003), pp. 91-111; G. MAZ-
ZATINTI, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, III, Forlì 1893, pp. 215-217;
E. DORIGO, I codici della Divina Commedia in Friuli, «Dante Studies», CXXVI (2008), pp.
175-224: 188-195 e 214-222.
33
A. COSATTINI, Index Codicum Graecorum bybliothecae archiepiscopalis vtinensis, pp. 395-
400. Sulla biblioteca arcivescovile si veda C. SCALON, La biblioteca arcivescovile di Udine,
(Medioevo e umanesimo, 37), Padova 1979.

181
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

Udine, Biblioteca Arcivescovile, ms. 6, è sottoscritto da Gio-


vanni Roso a fine secolo XV (f. 1r) e quindi risulta coevo del
nostro Demostene, oltre che vergato da uno scriba che ab-
biamo già incontrato a proposito delle copie di oratori greci.34
E chissà che l’appunto «Domini Palladii» sul ms. la-
tino Yale, Beinecke Library, Marston 161 non faccia riferi-
mento a un membro della stessa famiglia degli Olivi, ad
esempio Arrigo, anziché ad Andrea Palladio?35
Lucrezio senior appartiene all’Accademia udinese
degli Sventati,36 che viene fondata nel 1606, tra gli altri, da suo
zio Enrico (alias Arrigo, ca. 1580-1629), detto “il Vario”, di cui
rimangono un compendio di storia del Friuli fino al 452 d.C.
in latino e, nella medesima lingua, una storia della cosiddetta
“guerra di Gradisca” (1615-1617) tra Venezia e l’Austria.37
L’accademia di Udine è frequentata anche da altri membri

34
V. supra, § 3, l’Ambrosiano D 119 sup. per il trattato de Demosthene di Dionigi di Ali-
carnasso.
35
«Domini [A.] Palladii» vi legge, sulla coperta in pergamena, Scalon, Su alcuni codici
(cit. n. 32), pp. 84-85. Il codice (oggi Yale, Beinecke Library, Marston 161), è composto
da soli 16 fogli e contiene i Carmi di Quinto Emiliano Vegenzio, detto il Cimbriaco, che
li dedica al patriarca di Aquileia Nicolò Donato (1493-1497). Cesare Scalon attesta
«senza ombra di dubbio la sua [sc. del codicetto] origine udinese» e dubitosamente
avanza l’ipotesi di una provenienza Florio.
36
A. TONUTTO, Le accademie udinesi tra XVI e XVIII secolo, in Nel Friuli del Settecento (cit.
n. 32), I, pp. 75-82: 75-76; lo stemma degli Sventati è riprodotto, ad esempio, nell’En-
ciclopedia monografica del Friuli Venezia Giulia, a cura di D. Cerroni Cadoresi-C. Russo,
Udine 1983, vol. III.1. Storia, p. 219.
37
Rervm Foro-Ivliensivm Ab Orbe condito vsque ad an. Redemptoris Domini Nostri 452. Libri
vndecim; de oppvgnatione Gradiscana libri quinque: avctore Henrico Palladio de Olivis
Patritio Vtinensi, Medico & Philosopho celeberrimo, Vario Academico Sventato. […]
Vtini, Ex typographia Nicolai Schiratti. MDCLIX.
La guerra di Gradisca è già stata pubblicata per prima a parte l’anno precedente, sem-
pre ad Udine presso lo Schiratti nel 1658: Henrici Palladii de Olivis patritij Vtinensis, me-

182
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

della famiglia Palladio degli Olivi, in particolare dal fratello di


Lucrezio senior, l’abate Gian Francesco (ca. 1610/5-1669), detto
“il Ferace”, editore dei manoscritti di Enrico e a sua volta con-
tinuatore dell’opera storica con due volumi in volgare che co-
prono il lungo periodo dal 452 al 1658.38
In essa l’abate non manca di far cenno alla storia della
sua famiglia, di cui espone in dettaglio le conoscenze illustri
nell’ambito culturale e politico del Cinque-Seicento. Ap-
prendiamo da lui, per esempio, che suo padre Alessandro è
fratello dello storico Enrico, e che quest’ultimo ha avuto im-
portanti riconoscimenti dal patriarca di Aquileia Antonio
Grimani (in carica nel 1622-1628), parente del cardinale Do-
menico Grimani (1461-1523), anch’egli patriarca di Aquileia,
ben più famoso di Antonio e proprietario della splendida bi-
blioteca che viene, alla sua morte, legata a S. Antonio di Ca-
stello, a Venezia.39
Proprio Antonio Grimani, coadiutore del patriarca di
Aquileia Ermolao II Barbaro dal 1617, poi a sua volta ivi pa-

dici, et philosophi celeberrimi. Varij Academici Suentati. De oppvgnatione Gradiscana Libri


quinque. Vtini, Ex Typographia Nicolai Schiratti. MDCLVIII.
38
Historie della provincia del Frivli dell’abbate (sic) Gio: Francesco Palladio degli Olivi, gi-
vreconsvlto, e patritio vdinese. Nell’Academia de gli Sventati detto il Ferace. Divise in
dve parti. Dedicate all’illustrissimo, & eccellentissimo sig. Co. Giacomo Cabriel Per la
Sereniss. Republica di Venetia, &c. Luogotenente Generale della stessa Provincia. In
Vdine, Appresso Nicolò Schiratti. MDCLX.
39
Nella vasta bibliografia disponibile sulla biblioteca di Domenico Grimani si vedano
in particolare i volumi di A. DILLER-H.D. SAFFREY-L.G. WESTERINK, Bibliotheca Graeca
Manuscripta Cardinalis Dominici Grimani (1461-1523), (Biblioteca Nazionale Marciana,
Collana di Studi 1), Venezia 2003; per le provenienze Grimani di codici greci udinesi
si vedano C. SCALON, I codici Grimani, in Id., La biblioteca arcivescovile di Udine (cit. n. 33),
pp. 54-59; A. DILLER, Some locations of Greek codices, «Scriptorium», (1975), pp. 159-161.

183
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

triarca dal 1622 al 1628, nel testamento ricompensa da par


suo Enrico Palladio degli Olivi, lo storico, come appren-
diamo dal nipote Gian Francesco: «fra gli altri opulenti Le-
gati vno fù ad Henrico Palladio Oliua mio Zio: volle per di-
mostratione del non ordinario affetto, che à lui portaua,
regalarlo di vn nobile donatiuo di libri dottissimi, e di due
candelieri di Argento».40
È possibile che il manoscritto di Demostene sia ap-
partenuto ad Antonio Grimani e da questi sia passato ad En-
rico (morto nel 1629), per arrivare poi a Lucrezio senior nel
1670? Nulla vieta tale ipotesi che, per quanto indimostrabile,
è assai seducente. La famiglia Palladio degli Olivi non ha
problemi economici, almeno dalla metà del Seicento, anzi
consolida la propria posizione fondiaria e finanziaria grazie
a permute e compravendite; fino alla metà del Settecento la
biblioteca continua ad arricchirsi grazie agli acquisti e ai
doni. Proprio per questo, è possibile che le eredità in libri
siano state conservate in famiglia, anziché vendute.41 Ora,
l’abate Gian Francesco è colui che dà notizia del lascito Gri-
mani ad Enrico, sebbene non aggiunga nulla sulla sorte dei
volumi. Si può facilmente ipotizzare che essi siano passati a
lui, visto che Gian Francesco è il nipote più colto di Enrico ed
anche quello che ne cura la pubblicazione dei manoscritti
storici. Ora, l’abate Gian Francesco muore nel 1669, mentre

40
Historie della provincia del Frivli (cit. n. 38), p. 284 D.
41
Faccio ancora riferimento alle notizie cortesemente fornitemi da Liliana Cargnelutti,
che mi ha messo a parte dei suoi approfonditi studi sulla famiglia Palladio degli Olivi
e sul dono di parte della biblioteca Palladio alla famiglia Florio nel 1783. La maggior
parte dei volumi, comunque, rimangono in possesso dei Palladio fino a quando le eredi
di Lucrezio iunior iniziano a disperderli, alla fine del Settecento (v. anche, infra, n. 53).

184
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

la nota di possesso di suo fratello, Lucrezio senior, sul De-


mostene è datata 1670. I tempi sarebbero adatti per sostenere
il passaggio di qualche libro pregiato, in eredità, dall’abate
al suo colto fratello; tuttavia è impossibile dimostrarlo defi-
nitivamente, in assenza di documentazione.

6. Terenzio, Baldana e la California

La stessa nota di possesso del manoscritto di Demo-


stene si ritrova, sia pur raramente, altrove. Mettendomi dun-
que sulle tracce dei libri di Lucrezio Palladio degli Olivi se-
nior, ho attraversato idealmente l’Atlantico e, grazie alle
possibilità di Internet, ho identificato la provenienza udinese
nell’incunabolo del 1475 di Diogene Laerzio, conservato oggi
a Los Angeles, University of California Research Library, De-
partment of Special Collections A1 D621v 1475.42 In esso si
trova, verosimilmente inserito al momento della legatura a
mo’ di controguardia, oggi staccata, un “partial bifolium” per-
gamenaceo con il commento anonimo a Terenzio, Adelphoe,
vv. 237/38-256, vergato in Italia da mano anonima della se-
conda metà del Quattrocento.43

42
Catalogato da R.H. ROUSE in M. FERRARI-R.H. ROUSE, Medieval and Renaissance manu-
scripts at the University of California. Appendix: Medieval and Renaissance Manuscripts Iden-
tified or Acquired 1978-1990, Los Angeles, p. 154. La pagina è consultabile online sul sito
di OCA (Online Archive California), UCLA, Special Collections, Young (Charles E.) Re-
search Library, Finding Aid for the Medieval and Renaissance Manuscripts Collection,
http://www.oac.cdlib.org/view?docId=kt6b69q574;query=baldana;style=oac4;view=d
sc#c01-1.2.15.5. Ringrazio R.H. Rouse per le notizie che mi ha personalmente fornito ri-
guardo al “partial bifolium” (comunicazione inedita).
43
DIOGENES LAERTIUS, Vitae et sententiae philosophorum, Venetiis, Nicolaus Jenson gal-
licus, 1475. Si tratta della traduzione latina di Ambrogio Traversari (1386-1439).

185
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

Sul frontespizio dell’incunabolo si leggono ben tre


note di possesso, in base al catalogo di R.H. Rouse:
a) «N. Sig. principe Zuan Maria Baldana», di mano tardo-
quattrocentesca;
b) «Laus Deo 13 luglio 1666»;
c) «Lucretii Palladii 1670».
Dell’ultima nota è facile constatare l’identità con
quella del possessore del Demostene di Skokloster, che sta-
volta ha evitato l’infelice «mei». La nota b) è la più oscura,
perché sembra presupporre un rapido passaggio di mano nel
giro di soli quattro anni.
Della provenienza a) non si può dire nulla di assolu-
tamente certo; è comunque interessante l’ambito veneto, cui
il nome Zuan (Giovanni) rimanda, altro indizio che supporta
l’identificazione del successivo Lucrezio Palladio con il no-
stro Lucrezio senior, di Udine. Per quanto riguarda il Bal-
dana, sarebbe attraente l’ipotesi che si tratti di Giovanni, fi-
glio naturale di Bartolomeo Baldana e genero di Guarnerio
d’Artegna (di questi infatti Giovanni sposa la figlia naturale,
Pasqua). Ma non è possibile identificarlo con lui: non solo
non ne è attestato il doppio nome Giovanni Maria, ma, so-
prattutto, è certo che nel 1466 Giovanni sia già morto,44
quando i libri del suocero passano alla chiesa di S. Michele,
in località San Daniele del Friuli, a costituire la pregiata bi-

44
Nel 1466 Guarnerio prevede nel suo testamento di tutelare non solo la figlia e la ni-
pote Samaritana, figlia di Giovanni Baldana, ma anche il secondo nipote, Cipriano,
che Pasqua ha dal secondo marito. Di fatto, entrambi sono ampiamente indennizzati
dalla chiesa di S. Michele per il lascito librario guarneriano. Cfr. C. SCALON, s.v. Guar-
nerio d’Artegna, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 2003, LX, pp. 415-419.

186
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

blioteca che da Guarnerio prende il nome. Inoltre, negli in-


ventari di quest’ultimo non vi è traccia di un commentario a
Terenzio su pergamena: l’unico volume di Terenzio, oggi
perduto, era “in papiro”.45 Giovanni potrebbe aver ereditato
il bifoglio dal padre, anziché dal suocero, oppure averlo ac-
quistato per conto proprio; ma non può aver vergato il pro-
prio nome su un volume uscito a stampa nel 1475.46
Un’altra possibilità è che il possessore/donatore del
Diogene Laerzio sia un oscuro mezzadro veneziano, l’unico
“Zuan Maria Baldan” nelle fonti a mia conoscenza, al quale
nel 1582 viene affittato un campo dalla famiglia Contarini,
che nel frattempo ha ristrutturato completamente la propria
dimora in contrada San Samuele, sul Canal Grande. Questa
però è una provenienza troppo tarda, così come quella del fi-
glio di Bartolomeo Baldana sarebbe troppo precoce. Secondo
Rouse, la legatura dell’incunabolo è italiana e coeva, così
come la mano della nota di possesso deve essere di fine
Quattrocento, quindi di almeno novant’anni anteriore al do-

45
L. CASARSA - M. D’ANGELO - C. SCALON, La libreria di Guarnerio d’Artegna, Udine 1991,
p. 491. Negli inventari quattrocenteschi approntati per Guarnerio, il Terenzio cartaceo
è il n. 163 Casarsa, ovvero il terzultimo titolo.
46
Per l’estrema povertà di Giovanni dopo l’incendio che distrugge la spezieria nel 1453,
cfr. M. D’ANGELO, s.v. Baldana Bartolomeo, in Nuovo Liruti (cit. n. 29), t. 1, pp. 363-366:
365. Il trasferimento della famiglia Baldana da Parma al Friuli avviene all’inizio del XIV
secolo; per le loro attestazioni come medici e speziali si veda P. GUERRINI, Le illustrazioni
nel De magno schismate di Antonio Baldana, in Alle origini della nuova Roma, Martino V
(1417-1431): atti del convegno, Roma, 2-5 marzo 1992, a cura di M. Chiabò, Roma 1992,
(Nuovi studi storici, 20) pp. 383-398: 398. Per la “butega de spiciaria” (spezieria) dei fra-
telli Baldana cfr. già il Quaderno della Fabbrica del Duomo di Udine aa. 1500-1501, ms.
1200/VII, c. 2r, in Carte friulane antiche dalla biblioteca civica di Udine […], a cura di F. Vi-
cario, Udine 2008 (Quaderni della Biblioteca Civica “V. Joppi”. Fonti e Documenti, 13).

187
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

cumento pubblicato da Chiara Scarpa47 e di quasi due secoli


rispetto a Lucrezio Palladio senior.
Di sicuro il bifoglio latino è stato utilizzato come con-
troguardia dell’incunabolo; è possibile che, a distanza di al-
cuni anni, il volume sia stato donato ad un principe (magari
di un’accademia), visto che tale titolo difficilmente può ap-
partenere a una famiglia Baldana/Baldan.

7. Odissea di volumi
Al medesimo Lucrezio Palladio del Demostene greco
è necessario restituire la provenienza di una cinquecentina
dell’Odissea oggi posseduta dalla Biblioteca del Seminario
arcivescovile di Ferrara e segnata A1 I°E 28/(157)48 (parte in-
feriore di tav. 2, ottenuta grazie alla cortesia di Nicola Man-

47
C. SCARPA, Ca’ Contarini dalle Figure a San Samuele: un progetto a più mani, «Annali di
architettura», XVII (2005), pp. 69-93: Appendice. 14, p. 88: si tratta di un documento
presentato da Giacomo Contarini, figlio di Pietro, e dai fratelli per la redecima del
1582, dove tra le proprietà della famiglia è menzionato che «Soto Caponogara campi
cinue (sic) trequarti si affittano a Zuan Maria Baldan formento stara otto venetiani,
vino la mittà un anno per l’altro si può cavar mastelli uno et mezo».
48
Riproduco qui la scheda catalografica della cinquecentina [con l’errore «Laurentij
Palladii» pro Lucretij, che invece è lettura certa (tav. 2)], così come si trova su Ibisweb
(il catalogo collettivo delle Biblioteche Ecclesiastiche Italiane su piattaforma ISIS, rea-
lizzato da Valerio Vestrini, bibliotecario nel Seminario Vescovile di Vicenza, dove è in-
serito il patrimonio librario del seminario di Ferrara): “Odisseae Homeri libri XXIIII.
Nuper à Simone Lemnio Emporico Rheto Curiensi, heroico Latino carmine facti, & à
mendis […] repurgati. Accesssit [sic] et Batrachomyomachia Homeri, ab eodem […]
latinitate donata. – Basileae: [ex officina Johannis Oporini, 1549]. – [40], 692 [ma 694]
p.; 8° (17 cm.). – Parte delle note tip. si ricavano dal colophon. – Sul dorso ms. in nero
560. – Sul piatto ant. ms. in nero: n. 337; 451 (a matita). – In calce al front. ms. in nero:
Laurentij (sic) Palladii 1670. – Sul dorso e sul taglio di piede titolo e autore. Impronta:
sis, o.us e:s. DuFo (3) 1549 (R).” Per la storia della biblioteca del seminario si veda il
sito http://www.seminariodiferrara.com/biblioteca/storia.html.

188
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

Tav. 2. Firma di Lucrezio Palladio su SKOKLOSTERS


SLOTT, BIBLIOTEK, ms. VII.4.14, f. <1>r (in alto) e
sulla cinquecentina della Biblioteca del Seminario
arcivescovile di Ferrara, A1 I°E 28/(157) (in basso).

tovani; copyright della stessa Biblioteca del Seminario arci-


vescovile, Ferrara).
Si notino l’identità della grafia di Lucrezio nei tratti
più significativi, quali c appena accennato, e spezzato (in due
tempi e col tratto minore separato dall’altro), la legatura ti
con la seconda lettera più corta dell’altra, la stessa inclina-
zione di j obliquo e terminante in un ricciolo, d alto sul rigo
e tendente a chiudersi in legatura, l’analogia del tratteggio
tra tij e dij a fine parola, la data sottolineata e, soprattutto, l’i
al posto della cifra 1.
Anche qui siamo grati al possessore di averci rispar-
miato il fastidioso «mei» che troviamo in Skokloster VII.4.14.
Di altri volumi a stampa appartenuti a Lucrezio Pal-
ladio e venduti all’asta si trova notizia in rete, senza però
poter appurare dove siano stati portati: si tratta dell’incuna-
bolo veneziano di Werner Rolewinck (1425-1502), Fasciculus

189
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

temporum, del 1481,49 e di un’editio princeps di Galileo, su cui


v. infra § 9. Per quanto riguarda l’opera di cronologia di Ro-
lewinck, la nota di Lucretius Palladius è datata ancora 1670,
secondo la scheda di Christie’s del 2003, ed il prezioso incu-
nabolo ha fatto parte della collezione del conte Oswald Sei-
lern.50 Misteriosa rimane la provenienza anteriore a quella
di Lucrezio senior: si tratta infatti di un oscuro Nicolò Bra-
saeco, il cui nome è stato scritto da mano cinquecentesca e
poi cancellato. In questo caso, gli Indici biografici non ci aiu-
tano e forte è la tentazione di congetturare chi si celi sotto
tale nome latinizzato: sarà azzardato collegarlo ad un non
meglio identificato Nicolò Braschi?51
Ad Oslo approda, invece, per fermarvisi un altro vo-
lume di Lucrezio senior: è uno degli ultimi incunaboli con il
Compendium historiae Romanae di Pomponio Leto (1425-1497).
Il volume reca la nota «Lucretij Palladij» ed è un dono del re
Federico VI di Danimarca.52 Ora, quest’ultimo è anche re di

49
W. ROLEWINCK, Fasciculus temporum, Venetiis, Erhard Ratdolt, 21 December 1481.
50
Vendita 6704 del 26 marzo 2003, a King Street, London; per ulteriori dettagli sul vo-
lume e sulla sua vendita cfr. http://www.christies.com/LotFinder/lot_details.
aspx?intObjectID=4068907. Il lotto del conte Seilern contava nel 2003 ben 90 pezzi,
tutti di eccezionale valore.
51
Non certo il vicentino omonimo, che fu assassinato già nel 1440: cfr. L. PUPPI, Andrea
Palladio, il testo, l’immagine, la città: bibliografia e iconografia palladiane, cartografia vicen-
tina, Palladio accademico olimpico: catalogo delle mostre, Milano 1980, p. 139.
52
Il volume è catalogato tra le stampe antiche, cfr. L. ÅMUNDSEN, Katalog over universitetsbi-
bliotekets paleotypsamling, Universitetsbiblioteket i Oslo 1926, p. 48: “Julius Pomponius Lae-
tus (1425-1497)/180. Compendium historiae Romanae./Venedig: Bernardinus de Vitali-
bus, 12. xij. 1500. 4°. H*9831 = 4848. Pr 5537. BM V 549. VB 4476. CU 1252». Si noti che
l’Università stessa è nata nel 1811 ed è stata subito intitolata al re Federico (Det Kongelige Fre-
deriks Universitet = Regia Universitas Federiciana); solo nel 1939 ha ricevuto il nome attuale,
Universitetet i Oslo. Dunque i doni del fondatore sono da annoverarsi tra i più pregiati.

190
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

Norvegia tra 1808 e 1814, dunque nel periodo in cui l’eredità


dei Palladio degli Olivi, libri compresi, è già dispersa a causa
delle ripetute vendite,53 se si eccettuano i volumi donati da
Francesco Palladio a Daniele Florio (1783).
Anche qui, forte è la tentazione di ipotizzare che l’incu-
nabolo di Pomponio Leto, per qualche strana combinazione, sia
stato donato ad un illustre personaggio scandinavo, paragona-
bile per rango o per bibliofilia a Carl Gustaf Bielke, e che si sia poi
avviato verso le collezioni reali, mentre per analoghe strade il
Demostene si è fermato a Gefle-Salsta, per poi confluire a Skok-
loster. Non si può neanche escludere l’ipotesi inversa, ovvero
che il dono fosse destinato ad una delle case reali scandinave e
che, poi, il sovrano in questione ne abbia fatto dono ad un di-
plomatico di suo gradimento. Tuttavia, se Bielke avesse ricevuto
il Demostene dal re Federico I di Svezia (1720-1751), probabil-
mente ne avrebbe conservato la memoria sul volume stesso.

8. Palludij o Palladij? Alcune strade che portano a Roma

Così pure va certamente restituita alla medesima pro-


venienza di Lucrezio Palladio senior una delle copie del Trac-
tatus de potestate summi pontificis in rebus temporalibus. Aduersus
Gulielmum Barclaium. Auctore Roberto S.R.E. card. Bellarmino,
del 1610, oggi posseduta dalla Biblioteca Nazionale Centrale
di Roma con la segnatura 13.22.A.19.54 I catalogatori vi hanno

53
Le nipoti di Lucrezio Palladio iunior vendono la casa, le ville ed i beni di famiglia
tra fine Settecento ed inizi Ottocento, come mi informa Liliana Cargnelutti (comuni-
cazione inedita, v. supra n. 41).
54
La scheda catalografica nell’OPAC della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma dà
i seguenti dettagli: Tractatus de potestate summi pontificis in rebus temporalibus. Aduersus

191
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

letto il nome di un Lucrezio Palludi (non altrimenti attestato),


poiché il cognome del nostro possessore si presenta stavolta
con una a completamente aperta e simile alla u del nome; tut-
tavia il tratteggio delle altre lettere è talmente simile, sia alla
nota di Skokloster sia a quella di Ferrara, da non lasciare adito
al dubbio.55
Nella stessa biblioteca sono conservate altre sette copie
del Tractatus bellarminiano che è un best-seller nel primo Sei-
cento e che al tempo di Lucrezio Palladio senior è già ampia-
mente diffuso nelle biblioteche, non solo ecclesiastiche. Come
dunque sia arrivata a Roma, dal Friuli, l’ennesima copia di un
libro tutt’altro che raro, resta da investigare.56

Gulielmum Barclaium. Auctore Roberto S.R.E. card. Bellarmino, Romæ ex typographia


Bartholomæi Zannetti, 1610, pp. 277, [3], in-8º, Segn.: A-R8 S4 Stemma xil. di Paolo V sul
front. Impronta: m,ta o.o- m.um tePr (3) 1610 (R).
55
Osserva giustamente Marina Venier, consultata in Sala Manoscritti della BNCR, che
semmai il nome dell’ignoto avrebbe dovuto essere Lucrezio Palludio, non Palludi come
nella scheda catalografica. Ma dopo il confronto della scrittura con gli specimina di tav.
2 posso affermare con certezza che il possessore è lo stesso Lucrezio Palladio. Assolu-
tamente consonanti sia L sia P maiuscoli, sia la legatura uc con c appena accennato; re
con e “spezzato”, t che non sale sul rigo, stessa inclinazione di j obliquo, stavolta con
ricciolo di chiusura più ampio; ll di cui il primo più largo, il secondo sottile e senza oc-
chiello, dij con occhiello superiore del d chiuso e più alto degli altri due esempi di Skok-
loster e Ferrara. Non è stato possibile avere una riproduzione del frontespizio del 1610
in tempo per il presente volume; in ogni caso mi riprometto di tornare sull’argomento,
anche per approfondire alcuni marginalia anonimi del volumetto.
56
L’opera è stata rilegata in cartoncino nel Settecento e sul foglio di guardia anteriore
reca, oltre ad una vecchia segnatura della BNCR, un’indicazione manoscritta a inchio-
stro marrone, che Marina Venier mi dice significativa: “28.A.” Si tratta di segnatura
anteriore all’ingresso in Nazionale, ma non corrisponde a quelle del Collegio Romano.
È quindi interessante avanzare su queste tracce, sebbene al momento le banche dati di
HPB/CERL (Hand Press Book/Consortium of European Research Libraries), e CERL
Thesaurus (http://thesaurus.cerl.org/cgi-bin/search.pl) non abbiano fornito riscon-
tri utili riguardo ai volumi di Lucrezio Palladio.

192
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

9. Eppur si muove… Galileo e la dispersione delle biblioteche private

Nel LXXV volume delle aste di Londra, New York ed


Edimburgo, Frank Karslake annota la presenza di un’editio
princeps del trattato di Galileo sulle macchie solari (1613), of-
ferta a 2200 sterline e recante la firma di Lucrezio Palladio in
data 1676. Evidentemente il pezzo è rimasto invenduto, visto
che lo ritroviamo identico nelle schede del volume succes-
sivo con un prezzo più “modico”.57
L’interesse per Galileo in ambito friulano è ben noto
agli studiosi del Seicento: dal periodo padovano rimangono
infatti i legami tra il maestro e ottimi allievi quali fra Paolo
Sarpi, Santorio Santorio, Alfonso e Daniele Antonini.58 Pro-
prio questi ultimi sono affini del nostro Lucrezio senior da
parte dello zio Enrico59 e prendono parte attiva alla storia e
alla cultura: Alfonso (1584-1657), oltre che matematico, è fon-
datore e «primo Prencipe»60 dell’Accademia degli Sventati

57
Dal secondo report, a cura di W. Y. Heath-F. Karslake, Book auction records. A priced and
annotated annual record of London, New York and Edinburgh book-auctions, 76, Folke-
stone 1980, p. 204: “Galileo Galilei, Istoria E Dimostrazioni Intorno Alle Macchine (sic!) Solari.
1613. 1st Edn. 2 pts in 1 vol, 1st pt with licence-lf & final blank, 2nd with 2 advt-ll at end,
bkpl, (…) 1 dbl-p & 44 full-p, wdct diags, wdct device on title, sigd by Lucrezio Palladio
on title, dtd 1676, mod veil, 4to. Rome (C. Nov. 8; 143) Gibbons. £ 1,500” (mio è il neretto).
58
C. SCALON, Introduzione, in Nuovo Liruti. 2 (cit. n. 29), p. 73.
59
La madre di Enrico è infatti Cornelia, «della Famiglia Antonini tra le prime della No-
biltà Vdinese», secondo la definizione del nipote di Enrico e fratello di Lucrezio senior,
l’abate Gian Francesco, nelle Historie della provincia del Frivli (cit. n. 38), p. 64D. Cfr.
L. CARGNELUTTI, s.v. Palladio degli Olivi Enrico, storico, ibid., pp. 1901-1905: 1901.
60
Si vedano ancora le Historie della provincia del Frivli (cit. n. 38), p. 241B: «Indi si no-
minarono gli Suentati. Il primo Prencipe di essa Academia fù Alfonso Antonini chia-
mato il Sereno, che in quei primi anni della sua giouentù daua ben certo segno del-
l’alto suo intendimento. […] Il Palagio di detto Alfonso Antonini fù il primo ricouero
di questa virtuosa adunanza.»

193
TRASMISSIONE DEL TESTO DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ MODERNA

di Udine; Daniele (1588-1616), studioso di astronomia e cor-


rispondente di Galileo «per il tramite del Micanzio»,61 è il ge-
nerale della Repubblica che muore nella sfortunata “guerra
di Gradisca” immortalata dall’operetta storica in latino del
nipote, Enrico Palladio degli Olivi.62
Nel 1676 Lucrezio senior annota con soddisfazione di
essere entrato in possesso del pregiato volume di Galileo, in-
serendosi perfettamente nella tradizione familiare.

Conclusioni
Nel percorso, sempre complesso, dei volumi di pregio
tra Quattrocento e Seicento, si è cercato di illuminare alcune
piste di ricerca aperte dal codice greco Skokloster VII.4.14.
I primi risultati del presente contributo sono inco-
raggianti: sono emersi, infatti, nuovi rilevanti dati a propo-
sito del copista Michele Suliardo, del circolo di umanisti in-
torno ad Ermolao Barbaro, dell’uso di carta italiana e, con
ogni probabilità, veneta di fine Quattrocento, assai simile a
quella che Giano Lascari porta in Grecia per commissionare
le copie destinate alla biblioteca medicea (§§ 1-3).
Per quanto riguarda il successivo peregrinare del co-
dice, ne ho potuto identificare, quasi certamente, il passag-
gio all’udinese Lucrezio Palladio degli Olivi senior (§§ 4-5), i
cui volumi manoscritti ed a stampa, dispersi sul mercato an-
tiquario e nelle più diverse biblioteche in Italia e all’estero,
tratteggiano il profilo di un’ottima biblioteca tardo-seicen-
tesca, attenta alle novità e fedele alla tradizione (§§ 6-9).

61
C. GRIGGIO, Civiltà letteraria del Friuli, in Nuovo Liruti.2 (cit. n. 29), pp. 89-150: 123.
62
V. supra § 5.

194
“LIBRI DOTTISSIMI” E COLTI POSSESSORI – P. Carolla

Per quanto riguarda il seguito, il manoscritto riporta


esplicitamente i dettagli sulla provenienza svedese nella
prima metà del Settecento, come dono al conte Carl Gustaf
Bielke, diplomatico di respiro europeo (§ 4).
Restano aperte nuove strade di ricerca, anzitutto ri-
guardo al ruolo del codice nella tradizione del testo di De-
mostene e del relativo trattato di Dionigi di Alicarnasso, in
secondo luogo per le eventuali connessioni con l’edizione
Aldina del 1504, in terzo luogo a proposito dei collaboratori
di Suliardo e degli umanisti veneti.
Infine, molto è ancora da fare per ricostruire lo studio
del greco, nell’ambito delle ricche biblioteche friulane pri-
vate di tardo Cinquecento, Seicento e Settecento.
Dal 1739 il Demostene greco, oggi Skokloster VII.4.14,
attende di essere studiato appieno e di fornire così il suo tas-
sello nel mosaico della cultura europea.63

63
Questo articolo era già in bozze quando ho saputo delle ricerche di Donald McGay
sulla tradizione di Demostene 54, incluso il codice di Skokloster: D.S. McGay, The Ma-
nuscript Tradition of Demosthenes’ Oration 54, Contra Cononem, Ph. D. Dissertation,
Fordham University 2005. L’autore mi ha consentito molto gentilmente di consultarne
le pagine relative al codice (siglato Sh) di cui egli ha dato una rapida descrizione del
contenuto (22 orazioni di Demostene) senza soffermarsi sull’operetta di Dionigi. Ha
inoltre accennato ad un copista (ancora anonimo), collocandolo nel XV secolo. Infine, ha
ricostruito lo smarrimento del manoscritto nella biblioteca di Skokloster tra 1972 e 2002,
dovuto a errata collocazione tra le stampe turche, ed il suo recupero grazie alla cura di
Elisabeth Westin-Berg.
Augusto Guida annuncia la scoperta di nuovi frammenti inediti, con ogni verosimi-
glianza dal de Demosthene di Dionigi di Alicarnasso, nel suo Citazioni dai trattati di Dio-
nigi di Alicarnasso: passi editi e inediti, probabilmente dal “De Demosthene”, in Harmonia:
scritti in onore di Angelo Casanova, a cura di G. Bastianini, W. Lapini, M. Tulli, Firenze
2012, pp. 377-390.
Di un manoscritto di Libanio della collezione di Skokloster (oggi al Riksarkivet di
Stockholm), già appartenuto ad André Schott, si occupa G. CARLUCCI, I Prolegomena
di André Schott alla Biblioteca di Fozio, Bari 2012 (Paradosis, 18), pp. 293-304.

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