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Gianfelice Peron
Introduzione.
Curtius sulla strada verso Roma IX
Mario Mancini
Il giardino dei topoi 1
Helmut Meter
«Spirito tedesco» e «spirito francese» nel pensiero di Curtius tra le due guerre 25
Carlo Donà
Lo spirito tedesco e la crisi della mezza età.
Deutscher Geist in Gefahr (1932) 39
Roberto Antonelli
Auerbach, Curtius e la modernità, ricordando Warburg 57
Adone Brandalise
Rischi dello spirito. Etiche ed estetiche della tradizione in E. R. Curtius 75
Riccardo Campi
Crisi della cultura e apologia della tradizione in Curtius 85
Lorella Bosco
L’idea di Europa: Schlegel, Hoffmanstahl e Curtius 101
Angelo Pagliardini
Anticipazioni mazziniane dell’Europa di Curtius 121
Franco Arato
Virgilio e l’Occidente: Curtius e Haecker 131
Remo Ceserani
Un’idea diversa dell’Europa: da Denis de Rougemont a Jürgen Habermas 143
Mario Domenichelli
Le macerie d’Europa, The Waste Land, Das wüste Land:
T. S. Eliot, E. R. Curtius e Die Einheit der Europäischen Kultur 153
Donatella Pini
La corrispondenza tra Curtius e Ortega y Gasset 169
Lucrezia Lorenzini
Un intellettuale europeo e i limiti dinamici
dell’identità culturale mediterranea 181
Wolfram Krömer
Un’identità dimezzata? Aspetti dell’Europa e della sua cultura
negletti da Ernst Robert Curtius 189
Lorenzo Renzi
Curtius e i grandi romanisti tedeschi nell’opera di René Wellek 199
Alexandra Vrânceanu
La topologia di Curtius come metodo di strutturazione
della letteratura europea 235
Enrico Benella
L’arguto argonauta: appunti di critica tematologica su E. R. Curtius 253
Alessandro Grossato
Il tema del giardino e della foresta nella letteratura indiana medievale 263
Carlo Saccone
Rose e violette nei giardini lirici persiani 271
Max Siller
Storie del Mediterraneo antico nell’Europa del Nord medievale:
The Franks Casket (British Museum, VII secolo) 293
Patrizia Mazzadi
Il motivo della Brautwerbung: elemento letterario cardine
nella tradizione europea del Medioevo? 337
Veronica Orazi
Letteratura europea e Medio Evo latino: la prospettiva ispanica 353
Luca Pietromarchi
Il Proust di Curtius 363
*
Ringrazio gli amici Umberto Casaccia e Michael P. Bachmann.
302 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
nella continuità – rituale, iterativa più che ideale – con l’Antico1 e instaura
con esso un rapporto di imitazione tipologico (e retorico), che non sfocia
mai nella prospettiva del manierismo, ma in quella strumentale del reimpie-
go,2 secondo una strategia, caratterizzata dalla contaminazione e dall’ibri-
dizzazione dei modelli preesistenti. Dopo il 476 d.C., s’inaugura, così, in
Occidente, un tempo produttivo, generativo; una dimensione, che non co-
nosce l’archeologia della cultura, intesa come conservatorismo imitativo, ma
conosce l’attualità della cultura, intesa come dinamismo imitativo. Imitatio
si declina nell’uso e nel riuso delle forme:3 nel patchwork, nel bricolage, nella
composizione a «mosaico»; nella scrittura associativa e/o analogica; nella
citazione come intesto, come sostegno espressivo; nell’attualizzazione topi-
ca e figurale; nell’innesto memoriale; nell’innovazione per approssimazio-
ne o per accelerazione del canone; nella sostituzione per appropriazione.
È «innovazione entro una tradizione», per citare il De Robertis.4 Pertanto,
né il capitello fenicio, né la colonna, che lo sostiene; ma la cospirazione
formale di entrambi e, soprattutto, la volta, che, sola, non può reggersi.
1
J. Leclercq, L’amour des lettres et le désir de Dieu, Paris, Éditions du Cerf 1957, Cultura
umanistica e desiderio di Dio, trad. it. a cura del «Centro di Documentazione», Istituto per le
scienze religiose, Firenze, Sansoni, 1983, p. 142: «Non si considerava il passato come qualcosa
di concluso, ma come una realtà viva che continuava ad animare il presente. Accordarsi ad
esso è una reazione spontanea e, per così dire, vitale».
2
Cfr., sul tema, Ideologie e pratiche del reimpiego nell’Alto Medioevo. Settimane di studio del Centro
Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, 46, Spoleto, CISAM, 1999.
3
Cfr. P. Dronke, Riuso di forme e immagini antiche nella poesia, in Forms and Imaginings from
Antiquity to the Fifteenth Century, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2007, pp. 63-85.
4
D. De Robertis, L’ecloga volgare come segno di contraddizione, in «Metrica», II, 1981, p. 63.
5
C. Donà, Ernst Robert Curtius, in Lo spazio letterario del Medioevo, 2: Il Medioevo volgare, a
cura di P. Boitani - M. Mancini - A. Varvaro, IV: L’attualizzazione del testo, Roma, Salerno
editrice, 2004, p. 370.
6
F. Delle Donne, Recensione a Ernst Robert Curtius, Letteratura europea e Medioevo latino, in
«Vichiana», 4 (1993), p. 303; cfr. E. R. Curtius, Europäische Literatur und lateinisches Mittelalter,
Bern, Frncke, 1948, Letteratura europea e Medio Evo latino, trad. it. a cura di A. Luzzatto e M.
Candela, Firenze, La Nuova Italia, 1992, p. 9.
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 303
A partire dall’inizio del nostro secolo molte e varie correnti spirituali concor-
sero, insieme con lo scotimento interno ed esterno dell’Europa, a ridestare nei
romanisti tedeschi tanto lo storicismo in generale quanto anche la coscienza
dell’europeismo. Si trovarono studiosi quali non si potrebbero trovare in altre
discipline filologiche né in altri paesi [...]; essi erano o sono filologi europei
per l’ampiezza dei loro orizzonti. Penso soprattutto a Karl Vossler, Ernst Robert
Curtius e Leo Spitzer. I frammenti che qui seguono, e i miei lavori in genere,
sono nati dagli stessi presupposti. Soltanto, essi manifestano molto più chiara la
coscienza dello scotimento dell’Europa; a me infatti le possibilità europee della
filologia romanza sono apparse ben presto, e con urgenza sempre maggiore,
non più come semplici possibilità, ma come un compito che soltanto oggi e
proprio ancora oggi si può tentare di assolvere. La civiltà europea è al limite
della sua esistenza; la storia sua propria, ad essa limitata, sembra chiusa; la sua
unità sembra già sul punto di tramontare, operando su un’altra e più ampia
unità. Mi è parso e mi pare che sia venuto il tempo in cui si deve tentare di
afferrare ancora quell’unità storica in vista della sua vivente esistenza e della
vivente coscienza di essa.8
7
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 7, 15 e 18.
8
E. Auerbach, Literatursprache und Publikum in der lateinischen Spätantike und im Mittelalter,
Bern, A. Francke Verlag AG, 1958, Lingua letteraria e pubblico nella tarda antichità latina e nel
Medioevo, trad. it. a cura di F. Codino, Milano, Feltrinelli, 2007 [I ed. 1960], pp. 13-14.
9
Cfr. M. Roberts, The Recovery of the West, Londra, Faber and Faber, s. d., Salvare l’Occiden-
te, trad. it. a cura di A. Gallone, Milano, Rizzoli, 1947.
10
Cfr. H. von Hofmannsthal, Gesammelte Werke, Frankfurt a.M., Fischer Verlag, 1950, La
rivoluzione conservatrice europea, trad. it. a cura di J. Bednarich e R. Cristin, Venezia, Marsilio,
2003, p. 80.
304 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
11
«Quella stagione che inizia con Il tramonto dell’Occidente (1918-1922) di O. Spengler e
la cui ricca messe va dalle Lettere dal lago di Como. Pensieri sulla tecnica (1927) di R. Guardini a
La posizione dell’uomo nel cosmo (1928) di M. Scheler, da Lo spirito europeo (1929) di L. Ziegler
a Il disagio della civiltà (1929) di S. Freud, da La situazione spirituale del nostro tempo (1931) di
K. Jaspers a La crisi della civiltà (1935) di J. Huizinga, concludendosi in grandezza con La
crisi delle scienze europee (1936) di E. Husserl, e avendo la sua ultima eco nelle riflessioni di M.
Horkheimer e T. W. Adorno in Dialettica dell’illuminismo (1944) e in Eclissi della ragione (1947)»
(F. Volpi, «Itinerarium mentis in nihilum», in E. Jünger - M. Heidegger, Oltre la linea, Milano,
Adelphi, 1989, p. 16). Sul tema, cfr. anche M. Nacci, Tecnica e cultura della crisi (1914-1939),
Torino, Loescher, 1982 e G. Sasso, Tramonto di un mito. L’idea di «progresso» fra Ottocento e No-
vecento, Bologna, il Mulino, 1984.
12
Cfr. R. Antonelli, Filologia e modernità, in Curtius, Europäische Literatur, cit., p. IX:
«Specialmente negli autori delle due summae, Auerbach e Curtius, la centralità della cultura
europeo-occidentale si afferma come presa di coscienza e riflessione sulla “Crisi” dell’Euro-
pa e dei suoi valori»; M. Youssef, Il mito della letteratura europea, in La letteratura europea vista
dagli altri, a cura di F. Sinopoli, Roma, Meltemi, 2003, p. 74, 86 e 102: «I volumi di Curtius,
Auerbach e Wellek furono pubblicati proprio tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni
Cinquanta, epoca caratterizzata da un preciso clima sociale e politico [...] Il contributo di
Auerbach è dunque in sintonia con quanto detto a proposito di Curtius e Wellek in quanto
fautori dell’eurocentrismo [...] entrambi sembrarono criticare il provincialismo nazionalisti-
co della Germania nazista, che cercò di germanizzare l’Europa tra il 1939 e il 1945».
13
Cfr. O. Spengler, Der Untergang des Abendlandes. Umrisse einer Morphologie der Weltge-
schichte, München, C. H. Beck, 1918-1922, Il tramonto dell’Occidente. Lineamenti di una morfologia
della storia mondiale, trad. it. a cura di J. Evola, Longanesi, Milano 2008.
14
E. Auerbach, Philologie der Weltliteratur, Bern und München, Francke Verlag, 1967,
Filologia della letteratura mondiale, trad. it. a cura di R. Engelmann, s.l., Book Editore, 2006;
sull’affinità fra Literatursprache und Publikum in der lateinischen Spätantike und im Mittelalter e
Philologie der Weltliteratur cfr. E. Salvaneschi, La letteratura cosmopolita di Erich Auerbach, in
E. Auerbach, Philologie der Weltliteratur, cit., pp. 22 e sgg.
15
Cfr. E. Auerbach, Philologie der Weltliteratur, cit., pp. 31-33: «Le culture europee, o quel-
le fondate da Europei, abituate a un lungo e fruttuoso rapporto reciproco e, inoltre, soste-
nute dalla consapevolezza della loro validità e attualità, conservano ancora al meglio le loro
peculiarità contrapposte, sebbene anche qui il processo di livellamento proceda in modo
molto più rapido di prima. Su tutto il resto, comunque, si estende l’omologazione, secondo
il modello europeo-americano o secondo quello russo-bolscevico».
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 305
16
Cfr. W. Laqueur, Weimar. A Cultural History 1918-1933, London, Weidenfeld and Ni-
colson, 1974, La repubblica di Weimar 1918-1933. I mali oscuri della democrazia europea, trad. it. a
cura di L. Magliano, Milano, Rizzoli, 2002, p. 329.
17
Per la iunctura, cfr. H. von Hofmannsthal, La rivoluzione conservatrice, cit., pp. 55-72;
vedi poi, fra l’altro, S. Breuer, Anatomie der Konservativen Revolution, Darmstadt, Wissenschaft-
lichen Buchgesellschaft, 1939, La rivoluzione conservatrice. Il pensiero di Destra nella Germania
di Weimar, trad. it. a cura di C. Miglio, Roma, Donzelli, 1995; A. Mohler, La rivoluzione
conservatrice in Germania 1918-1932, Firenze, La Roccia di Erec, 1990; E. Nolte, La rivoluzione
conservatrice nella Germania della Repubblica di Weimar, trad. it. a cura di L. Iannone, Soveria
Mannelli, Rubbettino, 2009.
18
H. von Hofmannsthal, La rivoluzione conservatrice, cit., pp. 91-92.
19
E. D. Weitz, Weimar Germany. Promise and Tragedy, s. l., Princeton University Press, 2007,
La Germania di Weimar. Speranza e tragedia, trad. it. a cura di P. Arlorio, Torino, Einaudi, 2008,
p. 392.
20
«L’immagine spengleriana della storia è [...] pessimistica, e a ragione, soprattutto per
quanto concerne la prognosi riguardo alla civiltà» (E. Jünger, An der Zeitmauer, cit., p. 70);
306 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
«Curtius [...] dalla teoria spengleriana (e prima ancora vichiana) dei cicli, ricava, al contrario
del modello, la possibilità-necessità che al buio segua la luce, alla barbarie una nuova civiltà»
(R. Antonelli, Filologia e modernità, cit., p. XXI).
21
C. Donà, Ernst Robert Curtius, cit., pp. 361-362.
22
Cfr. E. R. Curtius, Deutscher Geist in Gefhar, Stuttgart-Berlin, Deutsche Verlag, 1932, pp.
103-130.
23
W. Laqueur, Weimar, cit., p. 329. «Questo è l’humus sul quale cresce la cultura di Wei-
mar [...] La guerra è la catastrofe che porta sul ciglio del declino, in parte cupamente temuto
in parte bramato, la vecchia Europa e scava le trincee che più tardi divideranno in due campi
opposti il paesaggio culturale della Germania di Weimar» (H. Schulze, Weimar: Deutschland
1917-1933, Berlin, Siedler Verlag, 1982, La Repubblica di Weimar. La Germania dal 1918 al 1933,
trad. it. a cura di A. Roveri, Bologna, il Mulino, 1993, p. 149).
24
«Francia e Germania in quanto potenze egemoni sul continente avevano la responsa-
bilità di gettare le basi per una cultura “europea” che superasse i nazionalismi [...] Curtius
individua con straordinaria rapidità la sua via e si pone culturalmente, e simbolicamente, al
centro di un’Europa segnata dalla questione franco-tedesca: gli sforzi che la parte migliore
della borghesia europea stava compiendo per il superamento delle ferite della guerra trova-
no nel giovane alsaziano un interprete pronto e attento» (R. Antonelli, Filologia e modernità,
cit., pp. IX-XI).
25
C. Donà, Ernst Robert Curtius, cit., p. 357.
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 307
26
Sulla quale, cfr. C. Donà, Ernst Robert Curtius, cit., pp. 369-370.
27
«La lotta è passata sul terreno zoologico» (E. Jünger, Strahlungen, Tübingen, Heliopo-
lis, 1955, Irradiazioni, trad. it. a cura di H. Furst, Parma, Guanda, 19955, p. 83).
28
«La natura non conosce frontiere politiche. Essa semina gli uomini su questa terra, e
poi contempla il libero gioco delle forze: il più forte per coraggio e diligenza ottiene poi,
come fosse il suo prediletto, il diritto di signoria sulla vita [...] Lo Stato [...] non è un’associa-
zione di contraenti economici, in uno spazio vitale determinato per perseguire scopi econo-
mici, ma è piuttosto l’organizzazione di una comunità di esseri fisicamente e spiritualmente
solidali, per rendere possibile la conservazione della specie [...] L’istinto della conservazione
della specie è la esiziale causa che induce gli uomini a formare delle comunità. In questo
senso, lo Stato è un organismo di popolo e non un’organizzazione economica» (A. Hitler,
Mein Kampf, Milano, Kaos Edizioni, 2002, pp. 164-174).
29
H. von Hofmannsthal, La rivoluzione conservatrice, cit., p. 82.
30
Ibid., cit., pp. 55 e 58.
31
Cfr. J. Evola, Il Mito del sangue, a cura di P. Di Vona, Edizioni di Ar, Padova, 2009.
32
«Solo la lotta per la conservazione della specie, della terra o dello Stato che la proteg-
gono, spinge gli uomini contro le lance nemiche. Si può dunque accettare come eterna verità
la seguente affermazione: mai uno Stato fu fondato con pacifici mezzi economici, ma sempre
mediante gli istinti della conservazione della specie» (A. Hitler, Mein Kampf, cit., p. 176).
33
Cfr., in merito, E. D. Weitz, Weimar Germany, cit., pp. 392-394.
34
C. Donà, Ernst Robert Curtius, cit., p. 356.
308 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
Si tratta di Deutscher Geist in Gefhar, uscito agli inizi del 1932: pochi mesi prima,
cioè, della presa di potere da parte di Hitler. Il libro comprende cinque saggi,
pubblicati fra 1929 e 1932 su rivista. Pensati classicamente quasi come orazioni,
essi si intitolano rispettivamente Smantellamento dell’istruzione e odio per la cultu-
ra, Nazione o rivoluzione?, Crisi dell’Università, Sociologia o rivoluzione?, L’umane-
simo come iniziativa, e nell’insieme costituiscono l’estremo tentativo, da parte
di un conservatore convinto, chiuso all’interno di una Weltanschauung ormai
puramente mitica, per difendere l’élite culturale borghese e la cittadella della
tradizione umanistica, assediate da una infernale modernità “rivoluzionaria”,
dall’aggressiva e minacciosa avanzata delle masse e dall’azione dissolvente del
relativismo culturale. Formalmente, il libro si inserisce fra le numerose opere
che, negli anni ’30, tentarono di interpretare i preoccupanti segni dei tempi:
possiamo dunque paragonarlo a testi come La rebelión de la masas di José Orte-
ga y Gasset (1930), Die geistige Situation der Zeit di Karl Jaspers (1931), o In den
schaduwen van Morgen di Johan Huizinga (1935) [...] Curtius si rivela una volta
di più un grande polemista, ma, per dirla a chiare lettere, sbaglia clamorosa-
mente il bersaglio.35
Man verstehe mich recht: keine Zeit wiederholt sich; keine kann durch Na-
chahmung einer früheren die eigne Wegfindung ersetzen. Wohl aber kann
sie sich an einer früheren orientieren. Kann ihre Gegenwartskonstellation
erhellen in Lichte der Analogie. Wenn es also wahr ist, daß vor uns dunkle
Jahrhunderte und spätere helle Renaissancen liegen, so folgt daraus, daß der
Humanismus von heute weder and die Antike noch an die Renaissance an-
knüpfen darf; daß er vielmehr an das Mittelalter anknüpfen muß. Der neue
Humanismus wird also, um es ganz klar und konkret zu sagen, nicht Klassizi-
smus und Renaissanceschwärmerei, sondern Medievalismus [...] Nicht Pindar
oder Sophokles, wohl aber die erlauchen Gründer unseres Abendlandes von
Augustinus bis Dante können uns die kräfte darbieten, die wir heute am nötig-
sten brauchen. Das ist die Form, in der sich humanistische Selbstbegegnung
und Selbstbesinnung heute vollziehen muß.37
35
C. Donà, Ernst Robert Curtius, cit., pp. 367-368.
36
Cfr. R. Antonelli, Filologia e modernità, cit., p. XVII: «In Deutscher Geist in Gefhar la “svol-
ta” tedesca degli anni 1931-32 è identificata, con molta chiarezza e quasi drammatica preveg-
genza, come la “più importante dalla fine della guerra mondiale”; i tedeschi sono “sul punto
(im Begriff) di liquidare tutto ciò che si era presentato fra il 1920 e il il 1930 con la pretesa di
un nuovo valore”». Su Weimar, cfr. W. Laqueur, La repubblica di Weimar, cit., p. 328.
37
E. R. Curtius, Deutscher Geist, cit., p. 126.
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 309
[Mi si comprenda bene: nessun tempo si ripete, nessun tempo può sostituire
la sua propria ricerca della via con l’imitazione di un tempo precedente. Però
esso può orientarsi grazie a un tempo passato, può rischiarare la costellazione
del presente alla luce dell’analogia. Se dunque è vero che davanti a noi si sten-
dono secoli oscuri e successivi, luminosi rinascimenti, ne consegue che l’uma-
nesimo di oggi non può riallacciarsi né all’Antichità, né al Rinascimento, ma
deve piuttosto rifarsi al Medioevo. Il nuovo Umanesimo, dunque, per dirlo nel
modo più chiaro e concreto, non sarà un classicismo o un’esaltazione rinasci-
mentale, ma dovrà essere medievalismo [...] Non sono Pindaro o Sofocle, che
possono offrirci quelle forze di cui oggi abbiamo tanto bisogno, ma gli illustri
fondatori del nostro occidente, da Agostino a Dante. Questa è la forma in cui
oggi l’umanesimo deve ritrovarsi e prendere coscienza di sé].38
Nel ’32, quindi, il Curtius pensa il Medioevo negli stessi termini politici
e rigenerativi, in cui, vent’anni dopo, lo penserà l’Auerbach:
Ist unsere philologische Heimat die Erde; die Nation kann es nicht mehr sein
[...] Wir müssen, unter veränderten Umständen, zurückkehren zu dem, was die
vornationale mittelalterliche Bildung schon besaß: zu der Erkenntnis, daß der
Geist nicht national ist.
[La nostra patria filologica è la Terra; la Nazione non lo può più essere [...]
Dobbiamo ritornare, in circostanze diverse, a ciò che già la cultura prenaziona-
le del Medioevo possedeva: la coscienza che lo spirito non è nazionale].39
38
La traduzione italiana è di C. Donà e si trova in Ernst Robert Curtius, cit., p. 369.
39
Si legge il testo tedesco in E. Auerbach, Philologie der Weltliteratur, cit., p. 71.
40
H. von Hofmannsthal, La rivoluzione conservatrice, cit., p. 81.
41
Ibid., p. 92.
42
«Soltanto con l’opera di Carlo Magno si trovò pienamente costituito quel complesso
storico che definisco Medio Evo latino» (E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 35).
43
Il taglio prospettico è chiaramente formulato dal Curtius nella sua opera maggiore:
«Questo punto di vista è offerto dalla latinità. Il latino è stato la lingua della cultura nei tredici
secoli che intercorrono tra Virgilio e Dante. Senza questo retroterra le letterature volgari del
Medio Evo sono incomprensibili [...] Noi ci riferiamo all’Europa non in senso geografico,
310 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
ma in senso storico. Quella “europeizzazione del quadro storico” oggi tanto necessaria deve
essere applicata anche alla letteratura. Se l’Europa è un organismo che partecipa di due insie-
mi culturali, quello antico-mediterraneo e quello moderno-occidentale, lo stesso deve valere
anche per la sua letteratura, che può essere intesa come un tutto unico soltanto se entrambe
le sue componenti vengono comprese in uno sguardo solo. Invece, secondo i criteri correnti,
la storia letteraria dell’Europa moderna avrebbe inizio appena attorno al 1500. Il che equi-
vale a proporre una descrizione totale del Reno realizzandola per il solo tratto da Magonza a
Colonia. È ben vero che esiste anche una storia letteraria “medievale”: essa ha inizio intorno
al 1000, cioè – per dirla ancora in metafora – all’altezza di Strasburgo, per il Reno. Ed allora,
dove troviamo la storia letteraria dal 400 al 1000? Dovremmo cominciare da Basilea [...].
Ma il primo tratto viene ignorato, per un motivo semplicissimo: le opere letterarie di questi
secoli sono scritte – salvo trascurabili eccezioni – in lingua latina» (E. R. Curtius, Europäische
Literatur, cit., p. 7 e p. 18).
44
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 9.
45
R. Antonelli, Filologia e modernità, cit., p. XVII.
46
«L’Europa di Curtius non è l’Europa, bensì – per usare un termine a lui caro – la
“Romania”. Spazio unitario latino-cristiano, di cui le culture nazionali moderne sono sempli
reincarnazioni locali» (F. Moretti, La letteratura europea, cit., p. 3). «Il continuum rappresen-
tato dalla memoria del Medioevo latino, per Curtius, lega miticamente alle rovine di Roma
l’hofmannsthaliana Romänitat: ma è ormai assai più ampia di quella di Hofmannsthal la sua
filologico-storica “Romània”, saldata a Roma attraverso quella memoria culturale» (C. Bolo-
gna, Il Medioevo latino, cit., p. 321).
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 311
47
«Già all’inizio degli anni Trenta, prima dell’ascesa al potere dei nazisti, egli [sc. Cur-
tius] aveva dibattuto con gli ideologi nazisti riguardo alla questione della tradizione culturale
dei popoli tedeschi. Anziché accontentarsi delle limitate risorse di miti e leggende presenti
in ambito germanico, in sintonia con quanto tendeva a fare la politica culturale hitleriana,
Curtius si appellava a una inclusione della ricca mitologia dell’antica Roma al fine di conso-
lidare e rinforzare lo “spirito” (Geist) tedesco [...] La proposta da lui avanzata di una Roma
medievale o, come la chiamava, di una “Romania”, anziché di una Germania, costituì di fatto
un secondo elemento di contraddizione con le autorità naziste» (M. Youssef, Il mito della
letteratura europea, cit., pp. 74-75).
48
«Nel 1933 [...] Deutscher Geist in Gefhar fu duramente attaccato dall’organo ufficiale
della cultura nazista, il “Völkischer Beobachter”, che rimproverava la professore di Bonn
di sbagliarsi sulla mentalità tedesca “a causa dei suoi contatti con ebrei o con spiriti corrotti
dalla mentalità ebraica” e di non comprendere “i veri fondamenti biologici della germanici-
tà”. L’attacco mise fine non solo al successo dell’opera, ma anche e soprattutto alla nascente
attività di polemista di Curtius: da pedagogo della nazione, egli si trovò da un giorno all’altro
ridotto al ruolo di puro erudito» (C. Donà, Ernst Robert Curtius, cit., p. 367).
49
«La Bildung – ovvero la formazione culturale radicata nell’essere dell’uomo – viene pre-
sentandosi come un elemento decisivo per impedire la dispersione dell’umano, fin dalla sua
origine [...] il nazionalsocialismo antisemita ha poi cercato di annullare la Bildung stessa»
(A. Kaiser, Introduzione, in La Bildung ebraico-tedesca del Novecento, a cura di A. Kaiser, Milano,
Bompiani, 2006, p. 2). Sull’idea di Bildung nell’àmbito di Weimar, cfr. E. D. Weitz, La Germa-
nia di Weimar, cit., pp. 297-298.
50
«Nel gennaio del 1933 Hitler salì al potere; fino al 1948 Curtius non pubblicherà più
libri ma quasi esclusivamente articoli preparatori per Letteratura europea e Midio Evo latino.
L’opera rappresenta la sintesi di scelte e di vocazioni via via precisate più che una verae
propria “svolta” senza relazioni con l’attività precedente: la cultura europea, l’umanesimo e
l’europeismo rimangono il motivo conduttore in cui sono rappresentati diversi spazi e tempi
ideali. In questo senso il libro non è solo, o prevalentemente, il prodotto di una “emeigrazio-
ne interna” ma anche e soprattutto della riflessione sulla crisi della cultura europea e della
classe dirigente liberale» (R. Antonelli, Filologia e modernità, cit., p. XXII).
51
«La fioritura artistica del periodo weimariano è [...] un fenomeno elitario, una cultura
da intellettuali, non diversamente dalle precedenti. Tutto avviene in una ristretta cerchia
di letterati, pittori, musicisti, pensatori, di mecenati, di aristocratici consumatori di cultura
e pubblicisti, tra borghesia colta e bohème. È una cultura molto borghese e al tempo stesso
antiborghese» (E. Schulze, Weimar, cit., p. 148).
52
E. Jünger, Strahlungen, cit., p. 331.
312 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
messa del ’32, puntando al Medioevo latino come alla radice «più oscura»53
della Kultur occidentale, al luogo dove la Zivilisation può «trovare le proprie
ragioni seminali», «il modello per un adeguamento alle mutate e mutanti
condizioni di vita e di cultura».54
Schon einmal hat Europa “dunkle Jahrhunderte” erlebt [...] Es hat sich dann
später gezeigt, daß diese negative Epoche die Inkubationszeit neuer Geburt
und Hochblüte war.
[«L’Europa ha già vissuto una volta “secoli bui” [...] ma ha mostrato più tardi
che quest’epoca negativa è stata il tempo di incubazione di una nuova nascita
e di una nuova fioritura»].55
53
Cfr. E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., pp. 21-22.
54
E. Salvaneschi, La letteratura cosmopolita, cit., p. 23. Cfr. E. R. Curtius, Europäische Li-
teratur, cit., p. 22: «La letteratura europea (...) sfugge alla nostra osservazione quando viene
frazionata»; vedi anche E. Auerbach, Philologie der Weltliteratur, cit., p. 31.
55
E. R. Curtius, Deutscher Geist, cit., pp. 124-125.
56
C. Donà, Ernst Robert Curtius, cit., p. 369.
57
«Una distensione non può avvenire né con la soluzione atlantica, né con quella orien-
tale, ma soltanto da una terza possibilità: l’unione delle varie nazionalità in uno spirito eu-
ropeo. Bisogna cercare il terzo giocatore, che sappia far incontrare e far fondere sul suo
terreno non soltanto gli interessi, ma anche i motivi dell’oriente e dell’occidente. Soltanto
così c’è speranza che la vecchia cultura rimargini le sue fratture e le sue ferite. L’Europa sola
può compiere quest’opera di mediazione» (E. Jünger, Strahlungen, cit., p. 10).
58
L. Ritter Santini, Il piacere delle affinità, in E. R. Curtius, Letteratura della letteratura, a
cura di L. Ritter Santini, Bologna, il Mulino, 1984, p. 13.
59
«Curtius rimanda esplicitamente alla prima guerra mondiale come al momento in cui
era stata posta in assoluta evidenza la crisi della civiltà europea» (R. Antonelli, Filologia e
modernità, cit., p. XXII). Cfr. E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 12: «La prima guerra
mondiale aveva posto in evidenza la crisi della cultura europea. Come nascono, come cre-
scono e tramontano le culture e gli elementi storici che le sostengono? La risposta a questa
domanda può venire solo da una morfologia comparata delle culture».
60
R. Antonelli, Filologia e modernità, cit., p. XIX; cfr. anche quanto in M. Youssef, Il
mito della letteratura europea, cit., p. 74: «Curtius ricercava appunto le costanti della letteratura
europea. Sembrava che fosse convinto di poterle ritrovare in ciò che gli appariva essere una
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 313
Coloro che fanno progredire la conoscenza della storia sono sempre singoli in-
dividui isolati che, da sconvolgimenti storici, come guerre e rivoluzioni, vengo-
no indotti ad affrontare nuove problematiche. Tucidide si trovò chiamato alla
sua opera storica perché riteneva che la guerra del Peloponneso fosse la più
ricorrenza di simboli, temi e forme retoriche della cultura latina medievale nelle opere degli
scrittori europei moderni e contemporanei. Nel suo ragionamento è implicito il concetto di
“tradizione”».
61
«Le conseguenze della guerra dei Trent’anni per i popoli che vi furono coinvolti e per la
loro civiltà si rivelarono ben più fatali di quelle dei due ultimi conflitti mondiali» (E. Jünger,
An der Zeitmauer, Stuttgart, Ernst Klett, 1981, Al muro del tempo, trad. it. a cura di A. La Rocca
e A. Grieco, Milano, Adelphi, 2000, p. 78).
62
H. von Hofmannsthal, La rivoluzione conservatrice, cit., pp. 80-81.
314 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
È lecito chiedersi, a questo punto, quale opera sia stata provocata dalla
conclusione del secondo conflitto mondiale; Curtius, dopo la sequenza,
tace: ma la risposta è implicita e ci fa comprendere come il continuum dei
topoi, in lui, sia talmente radicato, da far sì che egli percepisca se stesso
come topos.
Quando tentai di determinare con esattezza gli inizi del mondo medievale, fui
trascinato a ritroso fino alla Roma imperiale e alla tarda antichità [...] Se mi
concederete un paradosso, mi sembrò di scoprire che non c’era nulla che io
avessi cercato come il Medioevo.66
63
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., pp. 11-12.
64
E. Jünger, Die Hütte im Weinberg. Jahre der Okkupation, Stuttgart, Keltt-Cotta 1979, La ca-
panna nella vigna. Gli anni dell’occupazione, 1945-1948, trad. it. a cura di A. Iadicicco, Parma,
Guanda, 2009, p. 189.
65
Che paragona all’«impulso sentimentale di un uomo [...] che si avviasse a trovare la
madre perduta» (E. R. Curtius, Letteratura della letteratura, cit., p. 330).
66
Ibidem.
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 315
67
Cfr. Angilbertus, Versus de bella quae fuit acta Fontaneto, 14.1-4 (E. Dümmler ed., in
Poetae Latini aevi Carolini, II, Berolini 1884, rist. anast. München 1978, p. 139).
68
G. Vinay, Filologia e ambizioni storiografiche, in «Studi Medievali», I (1960), pp. 195-202;
noi leggiamo lo stesso saggio nella versione riproposta con il titolo Da Omero in poi, in G. Vinay,
Peccato che non leggessero Lucrezio, Spoleto, CISAM, 1989, pp. 51-59; vedi in particolare la p. 58.
69
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., pp. 20-22.
70
F. Moretti, La letteratura europea, cit., p. 2.
316 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
71
Cfr. C. Bologna, Il Medioevo latino nelle letterature moderne, in Lo spazio letterario del Medioe-
vo, 1: Il Medioevo latino, a cura di G. Cavallo - C. Leonardi - E. Menestò, IV: L’attualizzazione
del testo, Roma, Salerno, 1997, p. 318.
72
R. Antonelli, Filologia e modernità, cit., p. V.
73
«L’opera non è una storia della letteratura secondo l’ordine cronologico. La materia è
suddivisa secondo la problematica, così si progredisce per gradi e si sale seguendo una spira-
le» (E. Auerbach, Gesammelte Aufsätze zur Romanischen Philologie, Bern und München, Franke
Verlag, 1967, San Francesco, Dante, Vico ed altri saggi di filologia romanza, trad. it. di V. Ruberi,
Bari, De Donato, 1970, p. 215).
74
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 21.
75
Cfr. E. Auerbach, Rec. a E.R. Curtius - Europäische Literatur und latenisches Mittelalter, in
«Romanische Forschungen», LXII (1950), p. 238: «Die Absicht des Buches ist, die europäi-
sche Literatur als Einheit zu begreifen und diese Einheit auf die latenische Tradition zu
gründen».
76
«Curtius mirava a recuperare, al di là dell’aspetto strettamente retorico-erudito, una
costante congruità culturale, che poteva essere proposta come elemento di coesione anche
politica, specie dopo i disastrosi anni della seconda guerra mondiale» (A. Casadei, La critica
letteraria del Novecento, Bologna, il Mulino, 2008, p. 92).
77
Rispettivamente: G. Vinay, Da Omero in poi, cit., p. 52; C. Donà, Ernst Robert Curtius,
cit., p. 353. A entrambe le critiche risponde, indirettamente, l’Auerbach: «Al tempo stesso
repertorio di consultazione e abbozzo unitario (che invita con le sue idee così nette e
convincenti, a collaborare e proseguire l’opera), essa è sostenuta da un metodo che in verità
può produrre risultati simili solo in menti chiare e fortemente organizzate, ma che permette
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 317
L’analisi dei testi ci ha portati al convincimento che il Medio Evo doveva essere
visto nella sua continuità con l’Antichità e anche con l’Età moderna. Solo così
si rivelò un intelligible field of study (Toynbee), cioè un campo di studi intellegi-
bile. Ma questo campo era – appunto – la letteratura europea.79
83
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 15.
84
Ibid., p. 9.
85
L. Ritter Santini, Il piacere delle affinità, cit., p. 43.
86
Cfr. C. Donà, Ernst Robert Curtius, cit., p. 359: «La critica di Curtius non è mai, né pre-
tende di essere “oggettiva” [...] è invece una critica empatica, che nasce da una profonda
identificazione con il suo oggetto».
87
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 8.
88
E. Franceschini, Limiti e compiti di una nuova disciplina. Profilo letterario del Medioevo
latino, a cura di C. Leonardi e F. Santi, Spoleto, Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo,
1993, p. 67.
89
G. Vinay, Da Omero in poi, cit., p. 52.
90
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 23.
91
Ibid., p. 27.
93
«Egli [sc. Von Hofmannsthal] per Curtius è innanzitutto il grande conservatore, l’ul-
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 319
timo custode di una tradizione millenaria che in lui rivive miracolosamnete intatta, pregna
di senso e di bellezza. Ma è anche l’araldo di quella rivoluzione conservatrice in cui il nostro
professore crede fermamente, e insieme il praeceptor Germaniae che con la parola e con l’esem-
pio sa esercitare un’altissima missione pedagogica. La sua prematura e improvvisa scomparsa,
nel 1929, lascia libero il posto, ed Ernst Robert Curtius, insieme ad altri, ambisce a ricoprirlo»
(C. Donà, Ernst Robert Curtius, cit., p. 365). Alla dipendenza da Hofmannsthal sembra, in
qualche modo, alludere lo stesso Curtius: «Della letteratura europea l’eroe fondatore (he-
ros ktistes) è Omero, l’ultimo autore universale è Goethe. Ciò che questi rappresenta per la
Germania la ha riassunto Hofmannsthal in due brevi frasi: “Goethe come fondamento della
formazione culturale (Bildung), può sostituire un’intera cultura”; e: “Non possediamo una
letteratura moderna; abbiamo Goethe e i suoi seguaci”» (E. R. Curtius, Europäische Literatur,
cit., p. 24).
93
H. von Hofmannsthal, La rivoluzione conservatrice, cit., pp. 92-94. Un «oriente inte-
riore», la cui sostanza sarà, poi, ben presente anche all’Auerbach, quando scriverà: «Vi sono
alcuni che, almeno per quanto riguarda l’Europa, posseggono una sovrana visione d’insieme
di tutto il materiale; ma tutti appartengono, per quanto ne so, alla generazione cresciuta pri-
ma delle guerre. Sarà difficile sostituirli; perché, nel frattempo, la cultura umanistica tardo-
borghese, la cui scuola prevedeva il greco, il latino e la conoscenza della Bibbia, è crollata
quasi dappertutto» (E. Auerbach, Philologie der Weltliteratur, cit., pp. 50-51).
320 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
94
E. Franceschini, Limiti e compiti, cit., p. 67.
95
F. Moretti, La letteratura europea, cit., p. 3.
96
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 20.
97
R. Antonelli, Filologia e modernità, cit., p. XXII.
98
R. Fertonani, Goethe, l’Italia e gli Italiani, in J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Milano,
Mondadori, 1983, p. XXXIII.
99
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 21.
100
Ibid, p. 28.
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 321
101
Ibid., p. 26.
102
E. Jünger, Strahlungen cit., p. 287.
103
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 21.
104
«Curtius [...] basa la sua teoria della letteratura europea sui così detti topoi o luoghi
comuni derivanti dai simboli archetipici del Medioevo latino, che si ripresentano in modo co-
stante nelle opere degli scrittori europei» (Youssef, Il mito della letteratura europea, cit., p. 74).
106
«Caratteri medioevali di vita sussistono fino circa al 1750» (E. R. Curtius, Letteratura
della letteratura, cit., p. 330). Cfr. C. Bologna, Il Medioevo latino, cit., p. 315.
106
Benché, apparentemente, lo neghi: «Mi avevano insegnato alcune cose, ma errate.
Mi sentivo come lo scolaretto che scriveva nel suo quaderno: «Il Medioevo è ciò che sta fra
antichità e posterità». C’è troppa dispersione di pensiero, credo, nelle tradizionali divisioni
in periodi. Queste dovranno essere riviste» (E. R. Curtius, Le basi medioevali, cit., p. 330).
107
C. Bologna, Il Medioevo latino, cit., p. 315.
322 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
108
Angilbertus, Versus de bella quae fuit acta Fontaneto, 10.2-3 (E. Dümmler ed., in Poetae
Latini aevi Carolini, II, Berolini 1884, rist. anast. München 1978, p. 139).
109
C. Leonardi, L’eredità medievale, in Storia della letteratura italiana, I: Dalle origini a Dante,
a cura di E. Malato, Roma, Salerno, 1995, p. 46.
110
C. Leonardi, Il Medioevo e i classici latini secondo Birger Munk Olsen, in B. Munk Olsen,
L’atteggiamento medievale di fronte alla cultura classica, Roma, Unione Internazionale degli Istitu-
ti di Archeologia, Storia e Storia dell’Arte in Roma, 1994, p. 12.
111
H. R. Jauss, Alterität und Modernität der mittelalterlichen Literatur. Gesammelte Aufsätze
1956-1976, München, W. Finck, 1977, Alterità e modernità della letteratura medievale, trad. it. a
cura di M. G. Saibene Andreotti e R. Venuti, Torino, Bollati Boringhieri, 1989, p. 29.
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 323
Il Medioevo aveva una sua visione dell’antichità. Si tratta di una cosa del tipo
di quella che ho chiamato altrove antichità medievale [...] Le basi del pensiero
occidentale sono l’antichità classica e la Cristianità. La funzione del Medioevo
fu di ricevere quell’eredità, di trasmetterla e di modificarla, adattandola [...] La
lezione del Medioevo è un accoglimento reverente ed una trasmissione fedele
d’un prezioso lascito.116
112
R. McKitterick cur., Carolingian Culture: Emulation and Innovation, Cambridge,
Cambridge University Press, 1994.
113
Cfr. J. C. Schmitt, Religione, folklore e società nell’Occidente medievale, Roma-Bari, Laterza,
1988, p. 9.
114
«La forma in cui l’Antichità rivive nel Medio Evo è nello stesso tempo accettazione
e trasformazione» (E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 27); «Al gusto raffinato dei
moderni può apparire distorta, mutilata o bizzarra. Ma fu una forza in grado di plasmare le
menti [...] Vedere il contatto di questa giovinezza con l’età passata è uno spettacolo delizioso
[...] «Le cose vecchie sono morte; guarda, esse sono divenute nuove» (E. R. Curtius, Lettera-
tura della letteratura, cit., p. 333).
115
A. Casadei, La critica letteraria, cit., p. 92.
116
E. R. Curtius, Letteratura della letteratura, cit., p. 333 e 343.
117
Curtius, Europäische Literatur, cit., pp. 436-437.
324 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
Non importa che, come osservava l’Auerbach, gli errori di latino di Gre-
gorio di Tours non possano essere spiegati in termini di topos,121 ma in ter-
mini di assestamenti, di continue approssimazioni, di riletture del canone,
che non tendono alla sua deformazione, bensì alla sua attualizzazione. Non
importa che il «Medioevo» sia «provocazione di una diversità», di una forte
e poliedrica personalità, non riducibile solo all’evoluzione del pre-esisten-
te, ma risultato della cospirazione di tre grandi fattori, Classicità, Cristia-
nesimo e Germanità; o, per altri versi, della Cultura dotta, popolare e orale.122
Non importa, insomma, che il Medioevo viva da sé, si regga senza appog-
giarsi perché «ha il senso dell’innovazione»,123 Benché Curtius riconosca la
necessità «di una nuova scienza del Medio Evo»,124 il «suo» Medioevo resta
apofatico, una tessera immersa in un mosaico letterario più grande, più
vasto e di maggior durata;125 agganciato alla forza traente e pacificatrice
dell’europeizzazione; agganciato, cioè, a un centro di gravità esterno e su-
118
Cfr. F. Moretti, La letteratura europea, cit., p. 3.
119
C. Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, Torino, Einaudi, 1985, p. 338: «Il topos
infatti era un qualunque asserto di accettabile validità adatto a porre le basi di un ragio-
namento, se non di un sillogismo o di un entimema. Invece Curtius si avvicina di più alle
connotazioni assunte dai suoi derivati moderni: luogo comune, lieu commun, commonplace (dove
c’è recursività e, anche, banalità). Ma sono proprio questi spostamenti che fanno l’interesse
dell’indagine di Curtius».
120
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 261 e p. 434.
121
Cfr. E. Auerbach, Rec. a E. R. Curtius, cit., p. 241.
122
Cfr. M. Oldoni, Cultura dotta, popolare e orale, Roma, Donzelli, 1999.
123
U. Eco, Arte e bellezza nell’estetica medievale, Milano, Bompiani, 1997, p. 5.
124
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 599.
125
«Curtius [...] non vuole delimitare il Medioevo, ma dimostrarne il permanere ben
dentro l’età moderna» (F. Moretti, La letteratura europea, cit., p. 3).
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 325
Se dovessi riassumere in due parole quello che credo sia il messaggio più im-
portante del pensiero medioevale, direi: È lo spirito in cui diede nuovo signifi-
cato alla tradizione.126
Alcuni dei miei critici hanno avuto da ridire perché nel libro non figurano molti
aspetti importanti della letteratura medievale (p. es. la Chanson de Roland, i tro-
vatori, il teatro). Questi critici forse non hanno letto il titolo del libro: rinvia al
Medio Evo latino, non al Medio Evo in genere. Non mancano buone opere sulle
letterature volgari in Francia, Inghilterra, Germania, Italia, Spagna. Il mio libro
non vuole porsi in concorrenza con esse, ma dare ciò che esse non danno.131
«Dare ciò che esse non danno». Ancora una volta, affiora, nitido, il com-
pito filologico dell’opera, che non è affatto esornativo o didascalico, ma è
126
Curtius, Letteratura della letteratura, cit., p. 345.
127
Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 599.
128
«Il Medio evo latino è uno dei fuochi dell’ellisse che abbiamo qui esaminato. L’altro è
la letteratura europea» (Ibidem, cit., p. 7).
129
Per un rapido e cursorio excursus nell’accoglimento critico del volume del Curtius si
cfr. E. J. Richards, Bibliografia scelta su Ernst Robert Curtius, in Curtius, Letteratura della lette-
ratura, cit., pp. 431-486.
130
Cfr. E. Auerbach, Epilegomena zu Mimesis, in «Romanische Forschungen», LXV (1953),
pp. 10 e sgg. Cfr. anche Antonelli, Filologia e modernità, cit., pp. XXXI-XXXII.
131
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 7.
326 FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
Nel 1981, Italo Calvino scrive: «I classici servono a capire chi siamo e
dove siamo arrivati».137 L’esito più evidente della «coscienza della tradizio-
ne» espressa dal Curtius e basata sulla durata retorico-estetica della latinità
sta nel passaggio di stato da unanimitas quale conforto identitario dell’Eu-
ropa, a universitas 138 come Literatur des Abendlandes. Questo eurocentrismo
132
Ibidem, p. 22.
133
E. Jünger, An den Zeitmauer, cit., p. 159.
134
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 8.
135
Cfr. W. Tatarkiewicz, Storia dell’estetica, a cura di G. Cavaglià, II: L’estetica medievale,
Torino, Einaudi, 1979, p. 336.
136
E. R. Curtius, Europäische Literatur, cit., p. 8.
137
I. Calvino, Perché leggere i classici, Milano, Mondadori, 2001, p. 13.
138
Parafrasiamo qui, il noto saggio di M. Cristiani, Dall’«unanimitas» all’«universitas». Da
Alcuino a Giovanni Eriugena. Lineamenti ideologici e terminologia politica della cultura del secolo IX,
CURTIUS E IL MEDIOEVO LATINO 327
propositivo (e, per altri versi, quello di Mimesis di Erich Auerbach o quello
di Theory of Literature di René Wellek e Austin Warren),139 se privato delle
sue immediate motivazioni storiche e politiche, non porta solo alla Philolo-
gie der Weltliteratur nel segno di Goethe: innesca anche il processo euristico
di formazione del cosiddetto «canone occidentale».140 Ora, finché questa
metamorfosi resta solare, come in Calvino, si tratta di un felice approdo;
quando, invece, si ripiega su se stessa e diventa apocalittica, crepuscolare,
assume il tono funebre di un’elegia spengleriana:
Viviamo tra le rovine di una grande epoca, durata cinquecento anni: quella
dell’umanesimo. Siamo circondati da questo “colossale relitto”. La nostra cul-
tura è una piatta distesa di macerie. A malapena ci offre riparo da una mite
brezza cosmica, men che mai dalle gelide bufere che periodicamente tornano
a strapparci dall’accogliente intimità delle nostre vite quotidiane mettendoci
di fronte all’oblio. C’è forse da sorprendersi che siamo così malridotti? Siamo
disperati, eppure non ci importa più molto. Siamo spaventati, eppure nien-
te ci colpisce. Siamo inerti nella nostra frenesia. Siamo bisognosi nella nostra
abbondanza. Siamo senza tetto nelle nostre case. Ciò che dovrebbe essere lì a
tenerci per mano non c’è. La nostra cultura si è assentata. Ci ha lasciati terri-
bilmente soli.141
Il mondo moderno è nato come rivolta contro l’ordine intellettuale del medio-
evo. Ma la cattedrale gotica, espressione di quell’ordine, esiste e svolge ancora
143
O. von Simson, The Gothic Cathedral, Princeton, Princeton University Press, 1988, La
cattedrale gotica. Il concetto medievale di ordine, trad. it. di M. A. Coppola, Bologna, il Mulino,
p. 3.